Resoconto della seduta n.303 del 29/11/2016
Rapporto annuale illustrativo
sul fenomeno della violenza
contro le donne nella regione Marche
L.r. 32/2008, articolo 2 bis

PRESIDENTE. Cominciamo questa prima parte della seduta Assembleare con la sessione dedicata al “Rapporto annuale illustrativo sul fenomeno della violenza contro le donne nella regione Marche – Legge regionale 32/2008, articolo 2 bis”.
Ringrazio le nostre ospiti, la dott.ssa Margherita Carlini, psicologa e criminologa, la dott.ssa Elisabetta Melotti, Procuratrice della Repubblica presso il Tribunale di Ancona.
Quello di oggi vuole essere un momento significativo di ascolto e di riflessione proposto dall'Assemblea legislativa regionale nel momento in cui, alla luce dei dati e delle esperienze riportate da diversi soggetti che operano nel settore e che fra poco interverranno, si potrà avere un'idea aggiornata su un fenomeno che attualmente vede finalmente la giusta mobilitazione sociale e delle istituzioni.
Oggi possiamo dire con soddisfazione che la lotta alle discriminazioni ed alle violenze sulle donne, fino a ieri tristemente dimenticata, sta assumendo una sua centralità mediatica, anche in termini di produzione normativa. Ricordiamo ad esempio l'introduzione del reato di stalking, avvenuta nel 2009, e gli interventi recenti in termini di finanziamento per la lotta contro le violenze. Sono infatti stati stanziati 15 milioni di euro in tre anni a livello nazionale e 31 milioni di euro del piano di azione straordinario, ripartiti di recente all'interno della Conferenza Stato-Regioni, di cui circa 800 mila euro destinati alle Marche. Risorse che saranno utilizzate per i centri antiviolenza, le case rifugio e gli interventi a sostegno delle vittime e dei loro figli.
E' tempo ormai che anche l'Unione europea faccia un passo decisivo e conclusivo verso l'adesione alla Convenzione di Istanbul, il primo strumento giuridicamente vincolante per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne a livello internazionale. Ciò potrà consentire l'adozione di politiche unitarie più efficaci nel contrasto alla violenza e nella promozione delle pari opportunità tra uomo e donna.
Sappiamo che questa attenzione purtroppo rappresenta il tentativo di recuperare il terreno rispetto ad un fenomeno che ha radici antiche e profonde e che oggi si ripropone in forme tristemente attuali. Si è finalmente compreso che è assolutamente fondamentale colmare questa forte ingiustizia che ogni anno si tramuta in fatti tragicamente concreti, con elenchi impietosi e statistiche che dietro la freddezza dei numeri nascondono persone e storie individuali.
Sono storie che impariamo a conoscere sempre meglio, che spesso si ripetono, alcune addirittura diventano un simbolo e le loro protagoniste, che hanno la forza di superare il trauma e le ingiustizie subìte, diventano testimoni viventi di questo fenomeno ed incarnano, attraverso la loro storia e il coraggio di raccontarla, tutte le vittime che chiedono giustizia, ma soprattutto chiedono di porre fine alle violenze ed alle discriminazioni che non possiamo rassegnarci ad accettare come una semplice fatalità.
Chiedo ora di intervenire al Presidente della Commissione Pari Opportunità, Meri Marziali, poi lascerò la parola ai relatori di maggioranza e di minoranza ed infine alle nostre ospiti.

Meri MARZIALI. Grazie, buongiorno a lei Presidente e a tutti i Consiglieri ed agli Assessori.
Ringrazio a nome della Commissione regionale per questo spazio di confronto e di discussione sui dati del nostro territorio relativi al fenomeno della violenza contro le donne, dati che anche quest'anno ci confermano il coinvolgimento delle nuove generazioni in questi episodi di violenza.
Il fatto che la classe di età delle giovani donne, che sono vittime di violenza e degli autori in questo caso di maltrattamenti, ci ricordano, come lo scorso anno, che il nostro impegno istituzionale deve essere dirottato sotto un aspetto di carattere culturale.
Il fatto che un numero maggiore di giovani donne abbiano fatto riferimento ai centri antiviolenza può essere letto in un duplice modo, o che purtroppo le nuove generazioni sono attraversate da episodi di violenza o che le giovani donne hanno sicuramente degli strumenti, una maggiore consapevolezza, per poter accedere ai centri antiviolenza.
Probabilmente la sintesi di questi dati sarà un punto di equilibrio tra le due cose, ci auguriamo. Il nostro impegno istituzionale deve essere incentrato innanzitutto ad un cambiamento culturale, quindi l'impegno verso le nuove generazioni, attraverso un lavoro che dovremmo fare con le scuole, con i giovani, a produrre quel cambiamento culturale.
In questi giorni abbiamo molto spesso sentito dire che la violenza contro le donne non è un problema di ordine pubblico, ma è un problema di carattere culturale e le nuove generazioni sono realmente il terreno nel quale dovremo seminare questo cambiamento culturale da contrapporre alla violenza.
Altro aspetto che impegna le istituzioni è certamente il livello operativo, quindi le reti territoriali antiviolenza.
Il fatto che dall'ultima Conferenza Stato-Regioni siano state sbloccate delle risorse importanti per i centri antiviolenza, per l'istituzione di nuovi centri in zone territoriali che non li comprendono e la possibilità, anche attraverso queste risorse, di mettere in piedi delle attività e degli strumenti aggiuntivi, come ad esempio l'inserimento lavorativo delle donne vittime di violenza, l'autonomia abitativa e molti altri aspetti che possono riguardare la vita delle donne, sicuramente permetterà anche alla nostra Regione di lavorare con strumenti e risorse concrete.
Quello che mi preme dire in questa Assemblea, visto che rappresentiamo tutto il territorio regionale, è che le reti territoriali antiviolenza non coprono l'intero territorio regionale, ci sono province che da molto tempo vedono reti antiviolenza, protocolli operativi con i servizi pubblici che lavorano nel territorio, parlo delle forze dell'ordine, dei presidi sanitari, esperienze territoriali che sono ben avviate, e ci sono altre realtà nelle quali non c'è nulla.
Credo che, rappresentando un organismo che ha tra i suoi fini istituzionali il contrasto alla violenza di genere, dovremmo lavorare insieme. Questo è già stato avviato dal Dipartimento delle pari opportunità, dall'Assessorato nel Forum contro la violenza, affinché ogni zona del territorio possa essere realmente coperta da queste reti, da questi servizi, perché quando diciamo alle donne di denunciare e poi a seguito della denuncia fuori non c'è nulla, significa che non siamo completamente onesti nel nostro fine istituzionale.
Dobbiamo mettere le donne nella condizione si, di denunciare, perché la violenza domestica non è un fatto privato, ma è un fatto che va denunciato, però dobbiamo anche mettere le donne nella condizione di sicurezza e le istituzioni in questo hanno un ruolo importante nell'essere da riferimento. Grazie, buon lavoro a tutti noi.

PRESIDENTE. Grazie Presidente Marziali.
Ora la parola ai due Consiglieri di maggioranza e minoranza che sono i relatori del rapporto.
Ha la parola il Consigliere Micucci.

Francesco MICUCCI. Grazie Presidente. Grazie ai presenti.
Quando ci sono queste giornate il sentimento è sempre contrastante, da una parte un sentimento di tristezza nel dover affrontare nuovamente queste tematiche e queste problematiche, quando uno penserebbe che in un'era moderna dovrebbero non essere più presenti nelle nostre realtà.
Dall'altra, come diceva la Presidente poco fa, un sentimento positivo perché finalmente di questi temi si riesce a parlare, non sono più relegati a vicende private o da tenere nascosti sotto il tappeto, ma finalmente c'è una presa di coscienza ed un coraggio da parte delle forze pubbliche, civiche e politiche, nell’affrontare questo tema.
Visto il ritardo con cui abbiamo iniziato, non vorrei stare troppo sui numeri, nel senso che i numeri sono molto simili a quelli del report dello scorso anno, evidenziano purtroppo un contesto che ancora è inserito nella nostra società. I numeri ci dicono che all'incirca più di un episodio al giorno viene denunciato nella realtà marchigiana e questo certamente non può essere visto positivamente, tenendo conto che probabilmente ci sono situazioni che non vengono denunciate per una serie di motivazioni.
E' un tema, quello della violenza contro le donne, che, come si diceva, coglie soprattutto un aspetto culturale, quindi credo che parlarne, tirarlo fuori ed avere una normativa che, in qualche modo accompagni questo percorso, sia sicuramente positivo soprattutto in una prospettiva futura.
Noi sappiamo che la politica deve seguire anche e soprattutto questo aspetto, di conseguenza la normativa è abbastanza adeguata, poi chiaramente si può migliorare, però c'è una normativa sia nazionale che regionale che in qualche modo dà sostegno a questo dibattito contro la violenza sulle donne.
C'è la presenza sul territorio dei centri antiviolenza, si stanno strutturando anche le case di accoglienza, è chiaro che, come si diceva, questo va migliorato ed il dibattito che oggi è sul tavolo è quello di creare una rete tra una serie di soggetti coinvolti, dai centri antiviolenza, alla parte politica, alle forze dell'ordine ed anche alle forze socio-sanitarie che in qualche modo si trovano ogni giorno ad affrontare questo tipo di tematiche. Possono far rete per cercare di accogliere, come si diceva, queste donne che hanno il coraggio di uscire allo scoperto e di denunciare questi episodi.
Credo che parallelamente a questo ci sia bisogno di una rete educativa che si faccia carico di questa problematica, perché è chiaro che i problemi che noi oggi affrontiamo saranno anche i problemi del domani se in qualche modo non sosteniamo, come si diceva, nelle scuole, negli ambiti educativi dei ragazzi, uno sforzo per cercare di educare le nuove generazioni, sulle quali ricadranno le conseguenze di questo tema.
Da un paio di anni i nostri centri antiviolenza hanno adottato, grazie anche alla normativa regionale, sia un software che delle schede per recuperare i dati riferiti alle donne che hanno il coraggio di denunciare.
Un aspetto ancora poco indagato, ma che vediamo quotidianamente, la stessa Presidente della Camera Boldrini ha avuto il coraggio di denunciarlo in maniera forte, è la violenza che le donne subiscono attraverso il web, attraverso i social network. Questa è una violenza nascosta, ma purtroppo, lo vediamo quotidianamente nei report della stampa e dei media, miete vittime. Anche da questo punto di vista un rapporto con le nuove generazioni va affrontato per educarle all'utilizzo di questi mezzi, per evitare che poi si ritorcano in maniera negativa contro settori specifici della società.
Un tema che va affrontato, che vediamo purtroppo emergere dall'analisi di queste schede, è che molto spesso le donne che sono vittime di violenza hanno al loro fianco figli, spesso minorenni, che subiscono la violenza diretta o indiretta da parte dell'aggressore e questo, in qualche modo, può avere una ripercussione negativa nella crescita di queste nuove generazioni sia da un punto di vista attivo che passivo, nel senso che queste nuove generazioni potranno essere sia le vittime che i carnefici, passatemi il termine, del domani. Anche su questo un'analisi deve essere fatta approfonditamente.
Brevemente, il quadro che emerge da questi dati non è come si potrebbe pensare il quadro di un ambito di violenza generalizzata, ma molto spesso parliamo di ambiti “emancipati” in cui la donna lavora e l'aggressore lavora, nuclei familiari in cui spesso c'è un buon livello culturale, con licenza medio superiore, addirittura lauree universitarie. Questo denota da una parte la trasversalità del problema, dall'altra probabilmente queste donne, che ho appena enunciato, grazie alla propria emancipazione culturale ed economica, hanno la forza di denunciare, ma c'è anche un contesto che per scarse risorse economiche, scarsa autonomia economica, scarsa cultura fa si che ci sia meno spinta e meno forza nel denunciare gli episodi.
L'obiettivo che credo dobbiamo porci come Consiglio regionale ed anche come Forum, come parte di quella rete di cui parlavo prima, è quello, laddove risulti necessario, di incrementare la parte normativa e riuscire a dare quelle risorse che, come in tutti i campi, sono necessarie per poter affrontare bene il tema.
Penso che ci sia stato un impegno forte di questa Giunta, di questa amministrazione per reperire risorse proprie che hanno fatto si che i centri antiviolenza e le strutture di accoglienza, pur tra le difficoltà che sono note, siano riusciti ad operare in questi anni.
Lo ha detto il Presidente, è di poco fa la notizia che finalmente anche le risorse statali sono state sbloccate per il prossimo biennio, quindi potremo far fronte, nella nostra attività regionale, ai Cav e alle case d'accoglienza. Mi auguro che questo possa espandere la rete nei territori, perché oggi i Cav sono uno per provincia, ma sappiamo che le realtà provinciali sono molto eterogenee. Magari ragionare su come ampliare la presenza fisica, perché è vero che molte denunce vengono fatte telefonicamente, quindi ad un numero “esterno e terzo”, però è vero che la presenza vicina delle istituzioni, quindi dei Cav o di personale formato, che riesce ad accogliere le donne che hanno la forza di denunciare, può stimolare sia le vittime a denunciare sia a fungere da deterrente. Un piccolo Ato (Ambito Territoriale Ottimale) di cui discutevamo anche ultimamente.
Nella raccolta dei dati ancora molti campi non sono indicati, nel senso che c'è una buona fetta di schede che non li riportano, e questo è importante non per fare gossip, ma perché la raccolta dei dati permette di analizzare meglio il problema e di mettere in campo delle soluzioni più vicine alla realtà.
E' chiaro che quando la donna va a denunciare, l'operatore che accoglie questa denuncia è impegnato in altro che non a raccogliere i dati, però una maggiore sensibilizzazione in questo campo credo che possa essere utile, ripeto, per avere un'informazione maggiore e per poter meglio raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo per il futuro.
Mi sento di fare un ringraziamento a tutti gli operatori che in questi anni hanno operato sul campo, vicino a questa realtà che purtroppo è ancora molto presente.
Mi auguro nei prossimi anni di riuscire, grazie alle risorse e alla vicinanza che possiamo mettere in campo, a dare dei numeri “migliori”, che siano il segno tangibile di un problema che va verso la sua soluzione. Grazie.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Leonardi.

Elena LEONARDI. Grazie Presidente. Il Consigliere Micucci e la Presidente della Commissione Pari Opportunità Marziali, hanno ben relazionato i dati e le considerazioni contenuti nel Rapporto annuale sul fenomeno della violenza contro le donne, frutto del lavoro di accoglienza e raccolta dati fatto dai Cav delle province marchigiane.
Eviterò quindi di ripetere quanto già espresso facendo un intervento diverso, anche se mi associo anch'io al ringraziamento ai tanti operatori di questo settore, ai tanti volontari che lavorano affiancati da personale qualificato.
Oggi sarò "politicamente scorretta", cosa che di solito non mi succede, ma credo che sia un dovere in questa giornata e lo faccio per: Elisabeth, Anna, Maria, Rosa Maria, Angela, Maria Rita, Miranda, Teresa, Giada, Martina, Rosanna, Aisha, Nona, Natalina, Stefania, Patrizia, Nadia, Santina, Olga, Lamiae, Olga, Natalina, Giulia, Elisa, Paske, Carmela, Gianna, Maddalena, Barbara, Rosaria, Vania, Marina, Giuseppina, Gisella, Loretta, Maria, Catia, Diana, Mariela, Gilberta, Manuela, Bernadetta, Simona, Paola, Maria, Bruna, Virginia, Angelina, Fernanda, Ester, Micaela, Maria, Rosa, Alessandra, Michela, Laudeje, Federica, Kamalit, Maria Teresa, Isabella, Sana, Daniela, Anna, Deborah, Natalia, Michela, Mariangela, Mariana, Slavica, Annalisa, Assunta, Emilia, Liliana, Valentina, Fiorella, Liliana, Moira, Franca, Elena, Monica, Sabina, Rosa, Laura, Mirella, Mariana, Gisella, Maria, Rodica, Anna Maria, Marianna, Ernestina, Larica, Mariela, Marinella, Laura, Anna, Marina, Patrizia, Isabella, Gloria, Nelly, Nadia, Ashley, Bonaria, Katia, Maria e Gemma.
Sono 116 le vittime di femminicidio in questo 2016 in Italia, una ogni 3 giorni, colleghi pensate, ogni settimana che ci ritroviamo in questa Aula 2 donne non ci sono più, vittime troppo spesso di chi sosteneva di amarle.
Perché questa ricorrenza non si riduca in sostanza ad una triste conta delle vittime, che poi sono tante, forse è arrivato il momento di alzare la voce, quella voce che loro non hanno più, perché le facce della violenza sono molteplici e vanno da quella fisica a quella psicologica, in una miriade di perverse variabili che non risparmiano neanche i bambini.
Alzare la voce significa anche dire scomode verità, alzare un velo su ciò che non va o almeno che io reputo non vada bene.
Non possiamo accettare che sia garantita a vita una scorta come un privilegio, ad esempio, per i figli dei Presidenti della Repubblica deceduti da anni, o per chi ha ricoperto alte cariche dello Stato, come i Presidenti della Camera e del Senato, e poi non abbiamo uomini e strumenti per proteggere donne che rischiano la vita ora. Donne perseguitate che hanno avuto il coraggio di denunciare e di fuggire da situazioni di violenza.
No, io non credo che sia accettabile, come non posso accettare che Chiara, 19 anni, massacrata di botte per ore dal compagno ed ora, da ragazza piena di vita, sia intrappolata in un corpo che non risponde, che non cammina, in stato di coscienza minima. Non sarà mai più la ragazza di prima, ed è senza risarcimenti dal suo carnefice risultato nullatenente - al quale hanno riconosciuto solo 16 anni di prigione – e non ha un alloggio popolare in cui stare con suo padre che non la vuole chiusa in un istituto e che percepisce una pensione di 288 euro al mese.
Come non posso accettare che il padre di una ragazza stuprata da un professore quand'era poco più che una bambina, che poi a soli 22 anni si è tolta la vita, debba pagare un risarcimento allo stupratore della figlia.
C'è qualcosa che non va se questa diventa la normalità! Se quando sentiamo la notizia dell'ennesimo brutale femminicidio non ci assale con la pietà per la vittima la rabbia di voler intervenire per sanare un’inaccettabile ingiustizia!
Che società è la nostra? Sbirciamo come voyeur le vite degli altri attraverso i social network e poi nessuno si ferma quando una ragazza disperata, fugge cosparsa di benzina dal suo ex, che di lì a poco la ucciderà e le darà fuoco, mentre chi le passa accanto tira dritto senza provare né a soccorrerla né a chiamare la polizia.
Se non iniziamo a cambiare qualcosa sul serio, a rivedere certi modelli assurdi, se lo Stato non dimostra di considerare realmente una priorità il contrasto alla violenza di genere, investendo in prevenzione, ma soprattutto garantendo la sicurezza e le tutele per queste donne e spesso per i loro figli, ogni anno sarà la stessa triste conta, inaccettabile perché anche una sola vittima è troppo.
Lo scorso anno chiedevo un coinvolgimento diretto della cosiddetta altra metà, degli uomini, in un impegno per aiutare la creazione di un percorso di rispetto e consapevolezza dell'altro, della donna, che dovrebbe iniziare fin da giovani.
Questo anno chiedo un coinvolgimento delle Istituzioni, dello Stato in primis, basta ridicole campagne per declinare al femminile i ruoli ricoperti, non me ne vogliano l'Assessore Bora, l'Assessore Casini e l'Assessore Bravi, ma chiamarle "assessore" per me è una diminutio non solo del ruolo ricoperto ma anche della loro persona, vogliamo la parità e poi pensiamo di esprimerla unicamente attraverso una differenza, io lo trovo un controsenso!
Va costruita, finanziata e resa efficace una rete di tutela che sia capace di prevenire, di intervenire tempestivamente e di garantire la sicurezza e la possibilità di una vita da persona libera ad ogni donna. Questo dovrebbe essere l'impegno che ci prendiamo anche noi qui oggi. Grazie.

(Applausi)

PRESIDENTE. Saluto anche le componenti della Commissione Pari Opportunità presenti in Aula.
Lascio la parola alla dott.ssa Margherita Carlini.

Margherita CARLINI. Buongiorno a tutti. Grazie a voi, grazie Presidente e grazie alla Presidente Marziali per avermi voluta qua oggi a parlare di questo tema di cui mi occupo come professionista e come psicologa che opera all'interno di un centro antiviolenza ormai da diversi anni.
Mi fa piacere che oggi si sia parlato molto di rete che secondo me è un approccio fondamentale per riuscire a fronteggiare il problema della violenza alle donne.
Si è parlato di dati che, all'interno del centro antiviolenza nel quale svolgo la mia attività, nuovamente vanno a sfatare uno stereotipo ed un pregiudizio molto diffuso e cioè che la maggior parte delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza sono donne italiane, come è stato detto, con uno status sia sociale che culturale abbastanza elevato. Molto spesso questo rappresenta un fortissimo deterrente per le donne a denunciare perché va in contrasto con quello che è il loro ruolo sociale ed istituzionale e la maggior parte dei maltrattanti sono i loro mariti o compagni, uomini italiani che altrettanto fanno parte di uno status sociale quanto meno medio.
Si è parlato di rete, che per me è fondamentale, sul nostro territorio, su quello che è il territorio della città di Ancona e quindi della provincia. Dal 2013 sono state avviate delle buone prassi che sono state fortemente volute dal nostro centro antiviolenza e dalla Consigliera provinciale di parità perché siamo convinte, proprio sulla base della nostra esperienza, che nessun soggetto istituzionale possa svolgere un ruolo risolutivo lavorando da solo, ma che la collaborazione sia assolutamente fondamentale per poter riuscire a garantire un accompagnamento costante dall'inizio alla fine ad ogni donna. Dall'inizio alla fine del suo percorso di uscita dalla violenza che, nella stragrande maggioranza dei casi, per non parlare della totalità, impiega anni e necessita di un lungo tempo.
Come dicevo sono state avviate queste buone prassi che spero siano prese ad esempio anche per essere replicate a livello regionale.
Noi come centro antiviolenza, penso lo sappiate, siamo 1 dei 50 centri antiviolenza voluti a seguito della legge regionale del 2008 e come sapete ci occupiamo della prima accoglienza e del sostegno psicologico alle vittime e forniamo loro una assistenza ed informazioni legali.
Questo lo facciamo seguendole per tutto quello che è l'iter. Penso che in questo abbiamo un ruolo che ci distingue rispetto alle altre istituzioni, agli altri soggetti che fanno parte della rete, perché, come giustamente diceva la Presidente, è vero che esistono degli strumenti legislativi, che sono state adottate con le nuove leggi delle misure cautelari aggiuntive, però ogni momento non può essere isolato dal resto del contesto. In riferimento a questo credo che una caratteristica che ci contraddistingue è quella di effettuare per tutta la rete la valutazione del rischio che la donna corre di recidiva delle violenze e del fatto che queste violenze vadano ad acuirsi fino ad arrivare ad atti lesivi, come quelli del femminicidio, di cui abbiamo sentito parlare.
Questo nostro apporto credo che sia un contributo fondamentale che funge da trait d'union tra tutti i soggetti della rete, perché noi ci occupiamo di effettuare la valutazione del rischio per tutti i soggetti della rete. Questo dà anche modo di stringere legami e soprattutto di andare a strutturare e pianificare dei progetti di uscita dalla violenza che sono assolutamente personalizzati e nell'ottica di una messa in sicurezza della donna e dei suoi figli.

(Applausi)

PRESIDENTE. Do la parola alla dott.ssa Melotti che ringrazio ancora per la sua presenza.

Elisabetta MELOTTI. Grazie e buongiorno. Ringrazio dell'invito al quale ho aderito con piacere perché anch'io ritengo che sia una occasione utile per ribadire l'importanza dell'approccio interdisciplinare alla materia.
Il relatore precedente ha già fatto richiamo al protocollo che è stato siglato in Prefettura quest'anno, quello che mi preme sottolineare è che è stato preceduto da due anni di incontri reciproci dei vari interlocutori coinvolti nella materia, quindi le forze dell'ordine e gli uffici giudiziari, nel rispetto delle differenti competenze perché è evidente che le forze dell'ordine e la Procura, poi l'Autorità Giudiziaria, hanno il compito di accertare la veridicità della denuncia.
Direi che il Protocollo è anche un punto di partenza, nel senso che richiede una verifica costante, un aggiornamento ed una formazione continua. Infatti nell'approccio interdisciplinare credo che occorra soffermarsi su tre punti che sono i punti centrali delle normative che si sono susseguite a partire dal 2009. In particolare ricordiamo quelle degli ultimi 3 anni, in recepimento di normative internazionali, dalla Convenzione di Lanzarote, quindi normativa del 2012 incentrata sui minori, a quella del 2013 di Istanbul sulla violenza di genere, fino al 2015 di recepimento delle direttive comunitarie sulla tutela della vittima in situazione di particolare vulnerabilità.
Quali sono i punti? Molto brevemente, sono: l'informazione per permettere alla vittima una scelta processuale consapevole, evitare una vittimizzazione secondaria tramite processo, la valutazione del rischio ed evitare la reiterazione di condotte ai suoi danni.
In tutti questi tre punti la rete diventa fondamentale. Io mi soffermo brevemente in questa sede sulla prima, sull'informazione, perché l'informazione non è soltanto preliminare affinché la persona possa fare una scelta consapevole nella fase della denuncia, ma è anche un'informazione relativa a tutte le varie tappe processuali, quindi alla necessità dell'assistenza legale, fino alla fase finale in cui spesso si ha una situazione in cui, passati alcuni anni, la parte lesa non ha più sostegni e a volte si rischia di non avere il controllo e la verifica sull'autenticità di scelte processuali diverse, come possono essere le remissioni di querele che magari sono perfettamente consapevoli o possono essere addebitabili a comportamenti di pressione o ritorsivi a cui la vittima può essere stata sottoposta.
Al di là di questo dato quello che mi preme sottolineare è l'informazione da parte della rete per fare emergere il sommerso. Penso che questo sia il dato su cui occorre soffermarsi perché vi sono vari enti, istituti coinvolti che sono già ampiamente organizzati. Parliamo dell'ospedale per quello che riguarda i protocolli, ma credo che ci sia una formazione che coinvolge tutti: forze dell'ordine, magistratura, sempre, e deve coinvolgerli perché è necessaria una costante formazione. Ma direi anche che occorrerebbe ragionare su altri soggetti, penso in particolare alle scuole, agli assistenti sociali, ai medici di base, perché si tratta di persone che a volte si possono trovare sole nel momento in cui devono fare segnalazioni e la rete può garantire una maggiore forza, laddove la persona da sola magari ci pensa prima di segnalare i fatti che poi la possono esporre in prima persona.
Credo che la formazione dovrebbe avere tre punti: la comprensione degli indicatori di rischio, la modalità di approccio all'indicatore di rischio e gli obblighi relativi alle rispettive posizioni. Questo per garantire che vi siano innanzitutto il maggior numero di informazioni per garantire che le notizie di reato siano redatte in modo da ridurre al massimo i possibili fattori di inquinamento, che in questa materia sono ovviamente sempre presenti, alcuni anche in assoluta buona fede, ma ci sono. Direi che soprattutto questo è importante anche perché permette di cogliere e di comprendere in tempi abbastanza ridotti quali sono le denunce strumentali su cui tante volte si accentua l'attenzione, come se fosse un fenomeno che vi è sempre stato, tanto più è approfondita la fase iniziale, tanto più sono competenti gli interlocutori, tanto più la strumentalità delle denunce non è un problema.
Il problema è l'emersione del sommerso, ma solo la competenza e l'informazione in questa fase la garantisce, quindi io credo, ed è questo il senso del mio intervento, che ciò che dovrebbe essere fatto a livello territoriale sia iniziare a ragionare reciprocamente su come formarsi anche in questi tipi di settori con incontri o altro.
Questo è l'aspetto su cui, tenendo conto del lavoro che si è già fatto in questi due anni, credo sia opportuno investire per il futuro.
L'altro dato, e poi concludo, è che la rete è fondamentale nella fase successiva alla denuncia, su cui non entro perché sarebbe una tematica estremamente ampia, che è la valutazione del rischio e la presa in carico della persona offesa, su due finalità.
Innanzitutto voi dovete capire che le forze dell'ordine spesso agiscono, sulla base veramente di volontariato in situazioni di emergenza, dando disponibilità 24 ore su 24 a persone offese, ma vi sono una serie di informazioni che sono indispensabili per poter capire qual è la tutela da prestare alla parte lesa perché il rischio qual è? Io vi dico soltanto i numeri, ad esempio, dal 2014 abbiamo una media che va dai 150 ai 190 procedimenti iscritti per maltrattamenti e un centinaio circa per stalking, non vanno presi questi come procedimenti iscritti tutti a seguito di denuncia perché per garantire un afflusso informativo adeguato, le forze dell'ordine segnalano anche possibili indicatori di rischio conseguenti a verifiche, interventi domestici, quindi non significa che siano sempre 150 procedimenti per maltrattamenti all'anno, una parte è una denuncia, una parte sfocia in archiviazioni perché sono segnalazioni a cui non corrisponde un'effettività di maltrattamento. Però qual è il rischio? Il rischio è che occorre un approfondimento per comprendere le situazioni che richiedono un intervento immediato, un intervento urgente, un intervento adeguato, che nella pluralità dei casi in questa materia è il divieto di avvicinamento, oppure l'allontanamento dalla casa familiare. Difficilmente ci sono misure più alte, se non in casi particolarmente gravi, ma è evidente che queste misure sono adeguate se si conoscono le situazioni perché in alcuni casi possono essere in realtà foriere di danno, quindi anche in questa situazione le informazioni diventano fondamentali.
Faccio degli esempi banali, ci sono situazioni in cui sono chiesti divieti di avvicinamento senza dare informazioni sui rapporti tra i coniugi che magari sono già stati disciplinati in sede civile, o sul fatto che vi sono dei figli, o situazioni lavorative che costringono le parti a frequentarsi.
Quello che importa anche in questo caso è la massima informazione, massima comunicazione di rete per poter fare una scelta adeguata, perché il rischio altrimenti è che si cada in risposte omologate, trattare cioè situazioni diverse allo stesso modo, tutelare la persona che magari ha più possibilità e quindi fa una denuncia al giorno tramite l'avvocato, mentre la persona che ne ha fa una sola, ed è convinta di aver risolto i suoi problemi, rischia di essere sostanzialmente messa da parte.
Approfitto e ringrazio ancora per questa occasione per sottolineare l’importanza del lavoro che si è già svolto. Quindi ringrazio tutti quelli che hanno contribuito a questa rete e l’impegno ovviamente per il futuro. Grazie.

(Applausi)

PRESIDENTE. Grazie a voi, dott.ssa Carlini e dott.ssa Melotti, per i vostri preziosissimi ed interessantissimi interventi.
Le conclusioni all’Assessore Bora

Manuela BORA. Grazie Presidente. Questo Consiglio regionale è dedicato a un tema importante: quello della violenza contro le donne, che prende origine da una data, quella del 25 novembre, in ricordo del brutale assassinio avvenuto nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, che erano state accusate di aver contrastato il regime Trujillo, il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nel caos e nell’arretratezza per oltre 30 anni.
La giornata internazionale contro la violenza sulle donne è una data simbolo, ma non possiamo permetterci di ridurre un tema così profondo ad una banale ricorrenza. Da Assessora regionale alle pari opportunità ho sempre detto che questo rappresenta anzitutto una battaglia di civiltà.
La violenza contro le donne è un fenomeno trasversale a tutte le società. E’ un fenomeno culturale che affonda le sue radici in una società patriarcale.
Quando le donne hanno iniziato ad emanciparsi nel lavoro e nella società e ad occupare lo spazio pubblico, la situazione si è aggravata. Gli uomini hanno sentito il potere sfuggire di mano e la violenza, che a volte sfocia nell’assassinio, è solo una delle conseguenze.
Sono stati citati molti dati, i circa 400 accessi ai Cav è un dato che fa riflettere, ma quello che più mi ha colpito è che solo il 31% delle donne che vi si sono rivolte hanno un'occupazione stabile. Questo significa che oltre al problema della violenza si somma anche quello della mancata indipendenza economica. Credo che anche su questo dovremmo cercare di lavorare.
Nelle Marche la violenza contro le donne avviene in ambito familiare: per il 77% dei casi si tratta di un marito, di un fidanzato, di un convivente, per il 26% si tratta di un ex e, signori colleghi, nel 65% dei casi il maltrattante è italiano.
Nelle Marche il 35% degli uomini maltrattanti aveva già avuto problemi con le forze dell’ordine o denunce a carico in corso, era già stato imputato, condannato per violenza o per reati diversi. A questo punto non si può non aprire una riflessione sull’efficacia delle attuali misure di prevenzione e protezione delle donne vittime di maltrattamenti.
Nella Regione Marche molto è stato fatto a partire dalla legge regionale n. 32 del 2008 che ha attivato politiche efficaci di contrasto alla violenza sulle donne con la costituzione dei centri antiviolenza.
L’obiettivo ora è consentire la prosecuzione dei servizi nel 2016 resi dai centri e dalle case: negli ultimi due anni sono stati destinati al sostegno a centri e case oltre 715 mila euro, di cui circa 391 mila euro fondi statali e oltre 324 mila euro fondi regionali, importo triplicato rispetto alla dotazione storica veramente esigua. Ad oggi abbiamo circa 5 centri e case, di cui una di emergenza a valenza regionale, tre attive, una per ogni territorio provinciale, ed una interprovinciale nel fermano-ascolano che verrà attivata entro l’anno.
L’Assessorato alle pari opportunità ha fatto specifica richiesta di una posta finanziaria annua su base triennale per consentire la prosecuzione dei servizi sulla base della programmazione degli ambiti territoriali sociali d’area vasta e degli altri ambiti dei relativi territori provinciali.
Inoltre, nel primo incontro del Forum rinnovato il 15 novembre scorso si è ipotizzato un modello di governance regionale, finalizzato all’istituzione di una rete regionale antiviolenza delle Marche proprio per lavorare e creare un sistema articolato di interventi equilibrato su tutto il territorio, con tutti gli enti pubblici, le istituzioni scolastiche, le forze dell’ordine e le realtà associative.
Ma questo non basta. Sono ancora troppo alti i numeri della violenza, numeri che parlano da soli e che continuano a stupirci.
Come si combatte questo assurdo fenomeno? La Giunta non certo pensa di accontentarsi che venga rispettata la lingua italiana nella declinazione al femminile di cariche pubbliche, ma la risposta deve essere di tutta la società, la violenza contro le donne è una piaga da combattere a livello di sistema: ogni persona deve considerarlo un problema di tutti. Nessuna società democratica che si consideri tale può tollerare questi abusi. Il vero nemico è l’indifferenza.
Insisto, serve rivalutare i percorsi formativi didattici promuovendo il superamento degli stereotipi di genere attraverso una educazione alla differenza lungo tutto il percorso scolastico affinché la cultura che tenga conto delle differenze sia un valore aggiunto alle relazioni tra uomini e donne.
Il ruolo importante e fondamentale è dell’educazione. Nelle scuole bisogna insegnare le storture dei modelli sessisti proposti. Va messa in campo una sensibilizzazione preventiva, un tavolo che vada oltre il perimetro classico delle Prefetture e delle Questure.
Questa è la novità che vi propongo: richiedere ai vari istituti scolastici di ogni ordine e grado di inserire nei piani formativi progetti per l’educazione alla parità di genere.
Inoltre, ritengo sia necessaria una maggiore comunicazione a livello mediatico su questo tema, che arrivi capillarmente, perché la violenza di genere è veicolata e si radica nella cultura prevalentemente attraverso discorsi e immagini stereotipati che propongono modelli di rappresentazione delle relazioni tra uomini e donne fortemente asimmetrici.
Quanti uomini, anche potenti (è cronaca recente), denigrano le donne, considerandole un oggetto, utilizzando argomenti da medioevo. Un modello “machista” che non può più essere liquidato con un sorriso di circostanza o considerare certe affermazioni come argomenti da spogliatoio.
Vi dico la verità, sentire certe parole, ascoltare certe battute, mi ferisce. E penso che lo stesso succeda a molti di voi, soprattutto alle donne. La mancanza di rispetto verso la nostra intelligenza. La convinzione che ad una donna si possa fare tutto quello che si vuole.
Nel 2016 in Italia è stata ammazzata una donna ogni 3 giorni, da un marito, da un fidanzato, da un familiare, ma il femminicidio è solo la punta dell’iceberg che trova terreno fertile in tante forme di violenza quotidiana.
E’ violenza sulle donne quando la chiami prostituta, se deridi il suo aspetto fisico per scherno, quando al lavoro prevarichi su di lei perché donna, se con prepotenza sottolinei che una femmina dovrebbe fare la casalinga senza perdere tempo a studiare o fare carriera, quando sostieni che con quella minigonna lo stupro se l’è cercato! E' violenza sulle donne quando discriminiamo l’accesso alle cariche politiche.
Io non ho sentito in quest’Aula uno sdegno per il fatto che sono 9 mesi che la Giunta regionale ha approvato quella proposta di legge e ancora questa non è stata nemmeno calendarizzata nella Commissione affari istituzionali, mi è stato detto di aspettare il referendum, ci sarà domenica, io mi aspetto che a partire dalla prossima settimana la discussione torni ad essere al centro dei nostri dibattiti politici perché mi sono stufata di sentire tanti bei discorsi e quando si tratta di fare davvero qualcosa per le donne si continua a perdere tempo.
Io sogno un futuro dove ci sia uguaglianza tra donne e uomini, un futuro in cui non si parli più di quote rosa. Purtroppo però, al momento, costruire una legge per favorire l’accesso paritario alle cariche elettive è fondamentale, per accelerare un percorso di emancipazione delle donne, ma deve limitarsi ad una misura temporanea.
Al termine di questa giornata, colma di considerazioni sul tema, il migliore augurio che posso fare e che possiamo fare alla nostra società è che ogni giorno sia la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Signori, purtroppo non è parlare o scrivere di queste cose che cambierà gli uomini e le donne, non è una giornata come quella che celebriamo che farà la differenza per quanto importante. Non c’è indignazione che possa competere con il reale rimboccarsi le maniche. Grazie.

(Applausi)

PRESIDENTE. Grazie Assessore. A questo punto ringrazio ancora le nostre ospiti per la nostra presenza e chiudo la prima parte della sessione odierna.
Riprenderemo i lavori fra 5 minuti con la sessione ordinaria.