Resoconto seduta n. 199 del 22/07/2004
La seduta inizia alle 10,15



Proposta di legge regionale statutaria (Esame degli articoli e votazione finale): «Statuto della Regione Marche» Amati, Ceroni, Modesti, Franceschetti, Tontini, Luchetti, Benatti, Giannotti (247)

PRESIDENTE. Riprendiamo dal titolo II, "Forma di governo".
Articolo 6. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Penso che questo articolo si possa votare senza problemi.

PRESIDENTE. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 7. Emendamento n. 49. Se passa decadono gli emendamenti dal n. 50 al n. 56. Se non passa, decadono il 58, il 59, il 62, il 63, il 68, il 69, il 72, il 73 e il 60, primo comma.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Voglio anzitutto esprimere, a nome del partito e del gruppo dei Comunisti italiani la solidarietà all'assessore Ugo Ascoli per l'aggressione che ha subito ieri nella discussione da parte del capogruppo di Forza Italia. La forma di governo, in particolare l'art. 7 della proposta, secondo noi rappresenta il punto politicamente più rilevante, il cuore dello Statuto. Questa forma di governo presidenziale prevista è molto negativa e contro questa forma di governo abbiamo votato in maniera contraria in Commissione. Se non cambia questa impostazione i Comunisti italiani voteranno contro l'intero Statuto, in primo luogo per un motivo che discende dall'esperienza concreta. Infatti dal 2000 ai giorni nostri anche nelle Marche — ma non è un fatto del tutto soggettivo — con l'elezione diretta il Consiglio regionale è stato subalterno alla Giunta. Con l'elezione diretta si sono invertite le gerarchie: la Giunta, emanazione diretta del presidente, che con la norma statutaria diventerebbe "presidente-governatore" che nomina e revoca gli assessori, detta i tempi al Consiglio e non l'inverso, cioè la Giunta dovrebbe essere esecutrice della volontà del Consiglio medesimo. Non ditemi che non è così, voi presidenzialisti di centro-destra e di centro-sinistra delle Marche, che ora per ora, giorno per giorno vi lamentate di questo fatto. Non è solo colpa del presidente D'Ambrosio e degli assessori che certo anche loro ci mettono del proprio, ma è colpa del meccanismo elettorale che accentua la personalizzazione della politica, svilisce la rappresentanza ed i ruolo delle Assemblee elettive e dei Consigli.
Se non fosse per un punto preso sbagliato facendo tesoro anche dell'esperienza della nostra Regione si potrebbe votare con larghissima maggioranza almeno una delle nostre due proposte, appunto quella che prevede l'indicazione del presidente da parte del corpo elettorale, in modo tale da limitare i danni, da attenuare il legame tra il destino personale del presidente e il ruolo del Consiglio regionale.
Ma c'è un secondo fatto che sconsiglia il presidenzialismo, il presidenzialismo regionale in particolare. Infatti, con la modifica del titolo V della Costituzione le Regioni non dovrebbero più fare gestione diretta, gran parte delle attribuzioni sono passate alle Province e molte competenze addirittura sono state trasferite ai Comuni, quindi la Regione in via prioritaria è un organo legislativo, dio indirizzo generale, che non ha bisogno di un capo, di un dominus, di un governatore ma ha bisogno di un Consiglio regionale rappresentativo di tutte le istanze sociali, di tutte le istanze politiche e avrebbe bisogno di un presidente autorevole che sia capace di relazionarsi con la sua maggioranza e con l'intero Consiglio regionale, il contrario di quello che avviene attualmente nelle Regioni e nelle Marche.
In terzo luogo c'è un motivo politico più generale che consiglierebbe alle forze democratiche, in particolare quelle di sinistra, di abolire l'elezione diretta. Proprio in queste ore il Governo, con la sofferenza di qualche componente più centrista, che però non ha né la forza né il coraggio necessari ad opporsi fino in fondo, sta concretizzando la controriforma dello Stato voluta da Bossi e da Berlusconi, la cosiddetta devolution con la centro il presidenzialismo. E' in discussione l'unità dello Stato, l'unità della nazione, non certo intesa in modo nazionalistico ma come diritti e come solidarietà. Sta passando una concezione liberista che separa la parte povera da quella ricca, sta passando con modi del tutto anomali un fatto gravissimo: si realizza la privatizzazione di parte dello Stato attraverso la cosiddetta sussidiarietà orizzontale, lo Stato diventa subalterno e residuale rispetto all'interesse economico, rispetto al profitto.
Il centro-sinistra unità è contro questa ipotesi, ma non solo, ha una proposta alternativa. Vi diciamo allora, compagni ed amici del centro-sinistra: come si fa a dire di no a quel presidenzialismo e dire di sì al presidenzialismo regionale? E' una posizione debole, molto debole e subalterna ad una deriva presidenzialista più generale. Noi Comunisti italiani abbiamo due proposte che sottoponiamo a questo Consiglio. Non le illustro in maniera molto prolissa perché sono chiare. La prima proposta concretizzata con l'emendamento n. 49 prevede l'elezione del presidente tutta consiliare. Sarebbe la più forte ma purtroppo, per i rapporti di forza, culturali e politici sbagliati è anche la più impraticabile. Ma c'è un'altra proposta, quella della indicazione senza vincoli del presidente da parte del corpo elettorale. Questo è possibile. Il corpo elettorale indica, il Consiglio nella propria autonomia elegge, ma è chiaro che il vincolo politico è un vincolo forte, perché non ci sarà nessun Consiglio che eleggerà un presidente diverso da quello indicato dal corpo elettorale, anche se non è scritto in maniera formale.
Il Consiglio regionale non deve essere un organismo di autoriproduzione ma di effettiva rappresentanza, non già di ceto politico ma del popolo, con la previsione che il presidente solo una volta può essere sfiduciato, dopodiché si deve tornare al corpo elettorale.
Come vedete sono proposte politiche e proposte di buon senso. Sta a voi ora decidere e i Comunisti italiani possono recuperare, insieme a tutto il centro-sinistra, un rapporto più forte con questa maggioranza che in alcuni casi non secondari ha avuto una deriva moderata, oppure continuare su questa strada non di accordi unitari ma di accordi consociativi con la destra. Non ci sono voti tecnici sullo Statuto, ci sono voti politici, tanto più che parti dello Statuto attengono anche a concezioni politiche ideali, addirittura ideologiche, come per il preambolo e questo non dovrebbe comportare crisi formali, tuttavia più forte sarà la maggioranza di centro-sinistra, più forti saranno Marche democratiche, più unite anche sullo Statuto e più forte si dispiegherà, per la fine della legislatura, l'azione del Governo e della maggioranza.

PRESIDENTE. Ricordo all'aula che discutiamo congiuntamente e votiamo separatamente gli emendamenti 49, 50 e 51. Voglio altresì ricordare che il tempo concesso ai consiglieri per illustrare gli emendamenti è cinque minuti.
Ha la parola il consigliere Favia per illustrare il proprio emendamento.

David FAVIA. Intanto farò, se mi è consentito, un intervento unitario su tutti gli emendamenti afferenti la forma di governo, perché credo sia inutile parlare articolo per articolo in quanto si tratta di un corpus più complessivo. Voterò favorevolmente all'emendamento 49 così come a tutti gli emendamenti che siano protesi ad eliminare l'elezione diretta del presidente della Regione in quanto, come ho già in parte relazionato nella discussione generale, credo fermamente che l'elezione diretta del Presidente della Regione, così come del Sindaco, così come del presidente della Provincia, così come del presidente del Consiglio sia la peggiore forma di governo possibile, che ha già dato mostra della sua assoluta insufficienza.
Credo che le motivazioni che vengono addotte a favore del presidenzialismo siano assolutamente speciose. Si dice anzitutto che nella elezione diretta del presidente si limita il potere dei partiti. Questo non è assolutamente vero, in quanto, tranne rarissimi casi di liste civiche comunali, non esiste sindaco di un Comune importante o di una Provincia o di una Regione che non sia assolutamente deciso dai partiti, cioè non esiste nessuno talmente forte, autonomamente, da ottenere l'investitura diretta dal popolo se non è appoggiato dai partiti.
Voglio anche far notare che le assemblee elettive sono anch'esse, oltre che decise dai partiti ma in maniera assolutamente minore rispetto a quanto non lo sia il capo dell'esecutivo, elette dal popolo, quindi se vogliamo andare a ricercare qual è l'organo che ha una maggiore investitura popolare, questa è l'assemblea elettiva a qualunque livello, anche perché passa, oltre che attraverso l'indicazione dei partiti, che on voglio assolutamente demonizzare, anche attraverso il vaglio dell'elettore, un vaglio libero, perché mentre nell'eleggere il sindaco, il presidente di Provincia, il presidente di Regione l'elettore non ha scelta in quanto, se si riconosce in un certo partito sa che quella è l'indicazione del partito e quindi ha una sola scelta, mentre nel votare all'interno della lista del proprio partito ha la facoltà di esprimere una preferenza. Per cui è l'insieme dei componenti dell'assemblea elettiva che ha la massima rappresentanza popolare ed è assolutamente giusto che sia questa massima rappresentanza popolare a nominare, eventualmente, il capo dell'esecutivo e non con la cosiddetta elezione diretta in cui il corpus elettorale, di fatto, è costretto a fare una scelta che gli viene imposta.
Non c'è dubbio che due equilibrate mediazioni sarebbero state l'indicazione con la sfiducia costruttiva od anche l'elezione diretta del capo dell'esecutivo con la sfiducia costruttiva una sola volta a metà legislatura, ma purtroppo sono due forme, la prima delle quali è stata bocciata dalla Corte costituzionale, la seconda è impedita da una malaugurata norma costituzionale varata di recente, quindi credo che non rimanga che essere favorevoli alla elezione del presidente fatta dalla assemblea elettiva.
Altri problemi che abbiamo vissuto — non personalizzo minimamente, non porto come esemplificazione questo ente, questa istituzione — riguardano l'assoluto azzeramento dei poteri delle assemblee elettive, siano essere il Consiglio comunale, il Consiglio provinciale, il Consiglio regionale e, pur non essendo ancora in vigore l'elezione diretta del presidente del Consiglio, già questa sorta di indicazione che c'è stata del nome del presidente del Consiglio ha portato, come effetto, ad un azzeramento dei poteri del Parlamento che stiamo vivendo giorno dopo giorno, soprattutto a causa dell'uso ed abuso della fiducia sui provvedimenti legislativi, ultimo quello sulla finanziaria.
Purtroppo questo nuovo Statuto non migliora nemmeno la situazione del riequilibrio dei poteri tra Consiglio e Giunta in quanto il Consiglio regionale non ha mezzi per poter lavorare, per poter produrre legislativamente e non ha poteri coercitivi di alcun tipo nei confronti della Giunta se non quello della sfiducia, quindi dell'andare a casa tutti, quando invece vediamo che nelle democrazia presidenzialiste tipo quella degli Stati Uniti c'è uno scollegamento totale tra l'organo legislativo e quello esecutivo e non si è voluti andare nemmeno su questa legge. Prova di quello che sto dicendo è che in questa legislatura abbiamo visto che le proposte di legge sono tutte provenute dall'Esecutivo. Non che ciò non sia positivo e legittimo, in quanto l'Esecutivo è uno degli organi che ha legittimazione a proporre leggi, ma quando il 99% delle leggi provengono dall'Esecutivo — e questo vale, in gran parte, anche per il Parlamento — probabilmente qualcosa che non funziona c'è, nel senso che è l'organo legislativo che in primis dovrebbe essere il promotore delle leggi e non l’organo esecutivo che di fatto, in questo momento — parlo anche per il livello nazionale — sta racchiudendo in sé sia il potere esecutivo che quello legislativo, essendo il legislativo diventato soltanto un luogo dove si alzano le mani, il più delle volte, a livello nazionale, con la proposizione della fiducia.
Il bipolarismo o tripolarismo, comunque la contrapposizione di due o più coalizioni non si coniuga assolutamente con il presidenzialismo, perché potrebbe tranquillamente prevedersi una contrapposizione di coalizioni previste già prima, le quali poi, in aula vanno a nominare, nella prima seduta, il capo dell’esecutivo. L'ultima grande fandonia che viene proposta dai fautori del presidenzialismo, è che il presidenzialismo, rispetto al sistema che noi proponiamo darebbe stabilità. Questo non è assolutamente vero perché nella nostra proposta la stabilità è assolutamente garantita in quanto noi proponiamo che nella prima seduta il "Parlamentino delle Marche" — ma a me piacerebbe che fosse così anche a livello nazionale — nomina il capo dell'esecutivo, che poi ha tutta la libertà di nominare e revocare i propri assessori e ha metà legislatura di intoccabilità, nella nostra proposta. Se poi, a metà legislatura, la maggioranza che lo ha proposto decide di sfiduciarlo costruttivamente può farlo, per una sola volta, dopodiché cadrebbe assieme all'esecutivo.
Ricordo che questa normativa era già presente nel 1995 e ha dato grande stabilità, in quanto credo che la sfiducia costruttiva sia stata utilizzata soltanto in un paio di Regioni: la Campania, forse la Calabria, il Molise, comunque marginalmente rispetto alle 20 Regioni italiane.
Credo quindi che questo sistema presidenziale — purtroppo la nostra soluzione è l'ultima spiaggia, in quanto altre soluzioni, forse migliori, intermedie ci sono negate dalla Costituzione e dall'orientamento della Corte costituzionale — sia il sistema più lontano dalla volontà reale dei cittadini, anche se può sembrare il contrario e il più antidemocratico possibile.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. A partire dalla seconda metà degli anni '70 è stata perseguita una precisa strategia da parte delle classi e dei poteri dominanti del mondo occidentale per far fronte alla crescita della conflittualità sociale e dei progetti di trasformazione che segnarono quel decennio. All'interno di questa strategia fu teorizzata la necessità di restringere gli spazi di democrazia nei sistemi democratici occidentali e in modo particolare in quelli europei. Ben noto è il documento bilaterale del 1975 in cui veniva espressamente indicato l’obiettivo di trasformare tutti i sistemi democratici occidentali in sistemi presidenziali e neo autoritari. Basta ricordare, in Italia, il famoso "piano della Loggia P2", quella del famigerato Licio Gelli, che prevedeva al primo punto la trasformazione del sistema politico e istituzionale italiano, da parlamentare con rappresentanza proporzionale a presidenziale con rappresentanza maggioritaria.
Lo scopo era quello di impedire che nelle istituzioni si potessero rappresentare le domande sociali e i conflitti che queste domande producevano nella società e ovviamente ciò doveva tradursi nella riduzione del pluralismo della rappresentanza politica.
Questa strategia ha trovato realizzazione nel nostro paese negli anni '90 e gli assi su cui questa strategia nel nostro paese si è delineata sono stati quelli dell'introduzione del sistema maggioritario, dell'estensione del sistema presidenziale e della deriva federalista che disintegra l'unità nazionale.
Il presidenzialismo è stato introdotto nel 1992 nei Comuni e nelle Province. Con l'introduzione, nel 2000, del sistema presidenziale nelle Regioni, questo disegno ha fatto un ulteriore passo in avanti, perché mentre si poteva affermare che i Comuni e le Province, non essendo dotati di potestà legislativa, avessero una connotazione prevalentemente gestionale e amministrativa, l'introduzione del sistema presidenziale nelle Regioni ne muta la natura rispetto a quanto era avvenuto negli enti locali, perché le Regioni, al pari dello Stato, nel nostro assetto istituzionale determinano leggi valide per tutti e non solo organismi puramente amministrativi e gestionali.
Il restringimento degli spazi di democrazia e di rappresentanza avvenuto con l'introduzione del presidenzialismo nel sistema regionale è stato quindi molto forte e non è un caso che oggi quelle stesse forze che hanno modificato il nostro sistema istituzionale a livello regionale e locale puntano a una trasformazione a livello nazionale. L'ipotesi del presidenzialismo è perseguita esplicitamente dall'attuale maggioranza di governo e il centro-sinistra insieme a Rifondazione a livello nazionale ha condotto e sta conducendo una battaglia contro questa ipotesi.
Sarebbe stato il caso, di fronte a questo quadro, che a livello regionale le forze democratiche di sinistra e di centro-sinistra avessero adottato una strategia diversa e avessero riportato all'interno dell'Assemblea democratica la elezione del capo dell'esecutivo e del governo regionale.
Infatti a livello regionale, nel nostro paese assistiamo a un presidenzialismo esasperato, che non ha eguali in nessun'altra parte del mondo, perché con la riforma costituzionale che c'è stata e con l'interpretazione datane dalla Corte costituzionale, oggi il presidente della Regione, diretto direttamente, è il rappresentante legale della Regione e quindi ha una funzione analoga di rappresentanza dell'intera comunità regionale, pari a quella del presidente della Repubblica in uno stato nazionale; è capo dell'esecutivo, nomina e revoca direttamente, senza il passaggio consiliare, gli assessori e quindi i membri del governo ma è anche, sostanzialmente, capo del potere legislativo, perché attraverso un suo atto volontario o involontario, attraverso un evento che lo riguarda, che può determinare direttamente o che avviene accidentalmente, il Consiglio regionale cessa di esistere e quindi il potere del presidente della Regione, oggi è molto più grande di quanto non sia il potere del presidente degli Stati Uniti, ad esempio, dove vi è una netta separazione tra il potere legislativo e il potere esecutivo.
Siamo di fronte, quindi, ad una deriva autoritaria che a livello regionale ha raggiunto il massimo. In questi dieci anni abbiamo avuto una fortuna: quella di avere come Presidente della Regione una persona come Vito D'Ambrosio che ha un profondo senso delle istituzioni, della democrazia, sa che cosa vuol dire la separazione dei poteri avendo l'esperienza che gli deriva dall'essere stato magistrato di questa Repubblica, ma nessuno ci dà la garanzia e la certezza che sarà sempre così, anzi l'introduzione di questo sistema alla fine corrompe l'istituzione e il mondo politico stesso, accentuando la personalizzazione della politica e producendo una selezione avversa, nella classe dirigente, delle istituzioni, nel senso che sempre più prevarranno quelle tipologie di personale politico che più si adattano alla personalizzazione e alla concentrazione del potere. Sarà sempre più difficile avere, come presidenti delle Regioni personalità come Vito D'Ambrosio, con la sua correttezza istituzionale.
Credo che l'esperienza di questi 12 anni di elezione diretta nei Comuni e nelle Province dimostri in maniera inequivocabile quello che sto sostenendo, perché in questi 12 anni abbiamo assistito, nei Comuni e nelle Province, ad un continuo accrescimento della concentrazione personale e dell'arbitrio, in alcuni casi, dei sindaci e dei presidenti eletti dal popolo.
Per queste ragioni noi riteniamo che nella nostra Regione si può ancora scegliere un'altra strada: quella di avere un sistema non presidenziale, con un'elezione da parte dell'Assemblea legislativa del capo dell'Esecutivo e della sua Giunta e contemporaneamente garantire l'autorevolezza e la stabilità necessaria dei governi. Vi sono tanti meccanismi istituzionali che consentono questo, non è vero che l'autorevolezza di una istituzione dipende dalla elezione diretta del capo dell'esecutivo, perché l'autorevolezza di una istituzione e la sua legittimazione dipende dalla capacità di saper rappresentare il pluralismo sociale e non dalla capacità di avere un accentramento decisionale al vertice, perché questa è una semplificazione arbitraria della rappresentanza democratica.
Queste sono le questioni fondamentali di questo Statuto da cui, se venisse confermata la scelta del sistema presidenziale deriverà il nostro voto contrario nelle Marche, così come in altre Regioni d'Italia. Ci rendiamo conto che non era facile andare contro questa tendenza e ribaltare una situazione già consolidata, lo sappiamo, tuttavia il nostro voto contrario allo Statuto — perché presumo che il nostro e gli altri emendamenti in questa direzione non passeranno — vuol significare l'esistenza di un problema aperto, cioè di una partita che non si chiude e che in futuro, non essendoci l'unanimità delle forze che compongono il Consiglio regionale, potrà portare anche ad un ripensamento più generale. In qualche modo il nostro voto contrario sullo Statuto, motivato su questa questione, ha anche una funzione di testimonianza, che non vuol dire di impotenza ma vuol dire di precorrimento di un possibile futuro migliore del presente attuale.

PRESIDENTE. Abbiamo concluso l'illustrazione degli emendamenti 40, 59 e 51 che erano perfettamente identici.
Per illustrare l'emendamento n. 53, che è simile, ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Vorrei anzitutto rilevare la piccola differenza tra gli emendamenti presentati e il mio. Negli emendamenti che sono stati illustrati è il Consiglio regionale che nomina un consigliere regionale a presidente della coalizione e poi si costruiscono i meccanismi affinché il sistema parlamentare consenta al Consiglio regionale di essere Assemblea legislativa perfetta. Il mio emendamento si differenzia non tanto nella sostanza, perché anche il mio ragiona sulla forma di governo regionale come forma di valore pieno dell'Assemblea. La differenza è che già il corpo elettorale ha un'indicazione, cioè il capo della coalizione della lista non collegata ad altre che ottiene la maggioranza dei seggi nel Consiglio regionale è candidato alla carica del presidente della Regione, di conseguenza nella prima seduta il Consiglio regionale elegge il presidente, approva il programma di governo, nomina, revoca, ha rapporti con l'Assemblea e tutto il resto.
Qual è la questione che si intende sottolineare, già largamente presente nei ragionamenti di chi mi ha preceduto? La volontà di dare un'ipotesi ulteriore all'Assemblea di ragionare sui margini che ci consente la sentenza della Corte costituzionale 2/2004 che dice chiaramente che cos'è il sistema presidenziale così come la Costituzione lo ha indicato agli statuti regionali e di conseguenza lascia l'unico margine di manovra, che è quello del voto consiliare, al presidente della Regione. Quindi il problema vero diventa il nodo semplice: presidenzialismo oppure no? La risposta è no, perché tra l'altro, come è stato detto bene da Procaccini questo è un voto che divide il centro-sinistra e pone i Democratici di sinistra assieme ad Alleanza nazionale ed a Forza Italia. Non c'era proprio bisogno di costruire un'ipotesi di presidenzialismo nello Statuto regionale. Il governo doveva garantire stabilità e consenso e questo si poteva fare con un rafforzamento dei poteri dell’Assemblea. Tanto più quando una battaglia di questo tipo è in piedi in Parlamento, portare una semplificazione presidenzialista nella vita dell'istituzione regionale mi sembra del tutto sbagliato, quindi il mio emendamento è solo una forma ulteriore, ma rispetto alla questione politica è identico a quanto già espresso da Procaccini, Ricci e Favia: sostanzialmente si ragiona sulla possibilità vera di questa Assemblea legislativa. Dopodiché è chiaro che una volta fatta la scelta del presidenzialismo, i poteri del Consiglio regionale diventeranno residuali. Non si capisce, allora, perché tutta questa discussione sul numero di consiglieri, perché la discussione sul numero dei consiglieri poteva avere un qualche senso qualora avessimo ragionato di poteri veri di una Assemblea legislativa; noi parliamo solo di poteri residuali di controllo, pochissimo di indirizzo politico, nulla sulla gestione che viene affidata al presidente, alla sua Giunta e alla classe amministrativa che aiuta la Giunta ad amministrare e a gestire, quindi il ruolo del Consiglio regionale diventa del tutto residuo. Purtroppo la sinistra moderata va nella via di scegliere il presidenzialismo e quindi si definisce in questo modo il vero vulnus della discussione di questo Statuto, che è il vero cuore della discussione. Nel momento in cui definiamo un sistema presidenzialista è chiaro quello che andiamo a realizzare. Ne parliamo spesso del Governo nazionale, ma il Governo nazionale è riuscito ad approvare quegli emendamenti proprio in forza della maggioranza parlamentare che ha, in forza di questo condizionamento presidenzialista che oggi, in modo molto sereno, i Ds e la Margherita, assieme a Forza Italia e ad An vogliono far approvare anche alla Regione Marche.
Per questo, pur lavorando sui singoli articoli per migliorare i testo e per cercare di condividere l’impostazione dei singoli articoli, è chiaro che l'impostazione sull'art. 7 è la più importante e qualora si riconfermasse la maggioranza che è stata già definita in Commissione Statuto, il voto sarà negativo sull'intero impianto statutario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

Pietro D'ANGELO. Presidente, colleghi, come ho avuto modo di dire nel dibattito generale, non ritengo che la forma presidenzialista di governo proposta attraverso l'articolo 7 che possa vedere l’accordo dei verdi a livello nazionale e del sottoscritto che ritiene che le assemblee elettive debbano avere un ruolo di garante democratico di un'amministrazione. Riteniamo che la scelta presidenzialista già avviata nei Comuni e nelle Province abbia dimostrato tutte le sue carenze. Ci dobbiamo sempre affidare alla buona sorte, cioè la senso di responsabilità dell’eletto di turno. Questo è un fatto pericoloso. Questo voglio dire a quella parte di sinistra, o che dice di essere di sinistra e vorrei chiedere a questa parte della sinistra che cosa ha il presidenzialismo con la cultura di sinistra. Qualcuno me lo dovrà pure spiegare. Come è possibile che si sia arrivati ad una situazione, per me, di involuzione politica. Non a caso tutti i mass-media parlano di questo scollamento tra la sinistra tradizionale e il proprio elettorato, il quale non si riconosce più nella sinistra che dovrebbe rappresentarlo, perché si fanno scelte che con la cultura di sinistra nulla hanno a che vedere.
Mi auguro che qualcuno chieda il voto per appello nominale sull'art. 7, perché deve restare agli atti chi ha paventato una scelta sbagliata e chi invece è convinto di andare nella direzione giusta. Auguro alla sinistra fautrice del presidenzialismo di vincere sempre le elezioni in questa regione, ma non sono convinto. Vedremo. Mi auguro che chi pretende di fare questa scelta se ne assuma tutte le responsabilità.
Noi abbiamo già visto il virus del delirio di onnipotenza di alcuni sindaci, di alcuni presidenti di Provincia, che non si confrontano, che ignorano tutto. L'abbiamo già visto: vogliamo correre il rischio di vedere questa epidemia tra gli amministratori, che si diffonde con una certa velocità? Lo vogliamo vedere anche in Regione? Il virus del delirio di onnipotenza è più pericoloso dell'Aids, perché tantissimi guasti ha combinato.
Il ruolo di un'Amministrazione elettiva è fondamentale. Con una scelta presidenzialista questo ruolo viene ad essere estremamente ridotto l'abbiamo anche visto in questo Consiglio, in qualche piccolo passaggio e sono convinto di questo. Ritengo che questa sia una scelta scellerata; chiedo — ma so già che questa richiesta cadrà inascoltata — a tutti coloro che dicono di avere una cultura di sinistra di avere un momento di ripensamento. Ho i miei dubbi che questo avverrà. E' chiaro che non potrò condividere una scelta di questo genere. Ripeto, per mia storia personale, per mia cultura e per mia estrema convinzione sul ruolo fondamentale di garante della democrazia delle Assemblee elettive.
Ho presentato in tal senso un emendamento, non come quello del collega Procaccini, ma che propone di dare solamente l'indicazione del candidato presidente, sotto controllo del Consiglio. So anche che una sentenza politica della Corte costituzionale ha già annullato la possibilità di questa via semipresidenzialista attraverso l'esame dello Statuto della Regione Calabria, so altrettanto che all'interno della Corte costituzionale c'è stato un notevole malessere su questa sentenza, tanto da portare il relatore designato alle dimissioni. Quindi capite bene che questa è una problematica molto sentita da molti cittadini, non solo in quest'aula ma su tutto il territorio regionale e nazionale. Mi auguro che insieme al sottoscritto ci sia qualcuno che chieda il voto per appello nominale sull'art. 7, sul presidenzialismo, non come atto di polemica, ma perché resti agli atti e poi si vedrà. Ognuno, in questo Consiglio deve avere il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Non potrò mai votare un articolo che preveda una forma di governo presidenzialista.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli, anche per illustrare il proprio emendamento n. 55.

Sergio NOVELLI. Vorrei limitarmi alla forma di governo, su cui molto si è detto e scritto e spendere una parola sull'illustrazione del imo emendamento, perché secondo me è sfuggito tecnicamente un aspetto estremamente delicato della gestione interinale dell'Esecutivo regionale nella fase intercorrente tra l'eventuale sfiducia e la elezione del successivo organo esecutivo, elezione che deve comunque avvenire per dettato costituzionale quando la sfiducia c'è, tuttavia credo che dal momento che molti colleghi si sono posti il problema del conferimento di poteri esecutivi monocratici rilevanti a un presidente eletto o dal corpo elettorale o dall'aula consiliare, il problema della gestione, anche solo per un anno, di questi ampi poteri a una persona che non è eletta né dal corpo elettorale né dall'aula ma semplicemente designata con atto grazioso e monocratico, sicuramente pone una questione che va risolta.
Circa la prima problematica del Presidente, su cui si sono dilungati colleghi che hanno proposto emendamenti specifici, certamente il rischio è di trasformare la questione in guerra di religione e fare di ogni erba un fascio in relazione alle diverse forme di elezione dell'organo monocratico che si sono viste. Qualcuno ha detto "come è errata l'elezione del sindaco ed è errata l'elezione del presidente del Consiglio dei ministri, tutti i passaggi intermedi" ecc. Personalmente sono convinto che l'elezione diretta del presidente dell'organo esecutivo sia una scelta non solo opportuna — la propugnò l'Msi quando non aveva assolutamente i numeri elettorali per farlo — ma nella esperienza degli enti amministrativi, Comuni e Province ha dato risultati che non credo siano disastrosi come qualcuno qui li ha dipinti e che certamente non sono ritenuti tali dal corpo elettorale, dal popolo italiano. Quando si deve eleggere un organo esecutivo-amministrativo di un ente che amministra, il fatto che l'amministratore possa effettivamente farlo, senza dover essere in qualche misura riportato al filtro delle cento mediazioni, rende riconoscibile la scelta dell'esecutivo, responsabilizzabile chi di quella scelta ha onori ed oneri, un meccanismo più diretto fra amministratore e amministrato c'è. Questo è certamente vero per gli organi amministrativi.
Il problema del presidente del Consiglio dei Ministri e di un ente regionale, è che la Regione non è soltanto una pubblica amministrazione, non è un grosso Comune e io condivido le preoccupazioni di chi mi ha preceduto, mi pare il presidente Ricci, allorquando paventa il rischio che, attraverso l'elezione diretta del Presidente della Giunta, anche il Consiglio regionale istituendo che è pur sempre un corpo legislativo, venga degradato al rango di "Consiglione comunale", cioè uno strumento che non ha più né ruolo né legittimità per avere funzione. In effetti il problema si pone nel momento in cui la funzione dell'organo consiliare non è soltanto quella di controllare l'Esecutivo, ma di svolgere funzioni sue proprie: che l'organo consiliare sia soltanto proiezione dell'organo monocratico eletto, effettivamente da un lato sminuisce dignità dei rapporti, dall'altro rende difficile l'esercizio della funzione legislativa autonoma e funzionante, per cui non sento di poter votare gli emendamenti 49, 50 e 51 perché segnerebbero una riconsegna alle mediazioni interminabili e alla paralisi amministrativa dell'organo esecutivo; che l’esecutivo debba, possa essere rafforzato senza rischi di ordine sistemico mi sembra che anche l'esperienza lo dimostra. Che questo rafforzamento dell'organo amministrativo non debba poi debordare fino alla compressione e all'invasione degli spazi dell'organo rappresentativo e legislativo, mi sembra che siano una sensibilità e una problematica reale.
Spendo un'altra parola sul discorso del vicepresidente. Qualcuno si è posto la questione che il meccanismo dell'elezione congiunta di presidente e vicepresidente sia intollerabile perché elusivo del divieto di temperare la scelta presidenzialista con una elezione consiliare in modo surrettizio, cioè "eleggo il vice e poi, in Consiglio, promuovo il vicepresidente". Questo sicuramente non è possibile, perché nella lettera del testo che risulterebbe con il mio emendamento, rimarrebbe il principio che alla sfiducia da parte dell'organo rappresentativo all'esecutivo si torna al corpo elettorale. Temo che nessuno si sia posto seriamente il problema di che cosa accade nei 5, 6, 12 mesi che intercorrono tra la sfiducia e la elezione del Consiglio successivo. L'aula può sfiduciare il presidente il quale, nelle 72 ore che devono intercorrere tra la presentazione della mozione di sfiducia e la sua discussione, può nominare vicepresidente con pienezza di poteri il proprio fratello gemello... (Interruzione). Se il vicepresidente è eletto congiuntamente al presidente, la sfiducia consegna il potere interinale a uno. Diciamo che la sfiducia consegna il potere interinale al presidente del Consiglio che, quanto meno, non è eletto dal popolo ma è eletto dall'aula in tempi non sospetti. Ma il potere che, nel momento in cui il presidente si accinge a lasciare l'incarico, può condizionarlo per determinati mesi successivi... Poi non succederà, il consigliere Ricci ha detto "abbiamo avuto un presidente di buon senso", però siccome non credo che ci sia una norma ed esempi di conflitti aspri fra organo monocratico e organo rappresentativo ci sono stati in enti meno rilevanti della Regione, che ci sia contrapposizione fra il presidente eletto dal popolo e il presidente eletto dall'aula lo capisco, ma che ci sia addirittura la possibilità del presidente eletto da nessuno e meramente designato con atto grazioso e sovrano, se questo vicepresidente può essere promosso a vertice, mi pare un deficit di sistema, forse una svista che meriterebbe di essere corretta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Credo che questo articolo sia stato impostato molto bene, per diversi motivi. Innanzitutto non sopprime lo spazio di democrazia, tutt'altro, elimina la frammentazione — tutto ciò non significa che elimini la volontà di pensiero di alcune forze politiche — elimina tanti vecchi vizi della prima Repubblica di ricatti, di lacci, di lacciuoli, e lo stiamo vedendo anche oggi in quest'aula, perché basta una semplice forza dello 0,6% che si metta contro un'amministrazione, può far saltare non solo un sistema elettorale ma anche amministrativo. Qui la riflessione deve essere molto seria e ponderata. Gli italiani ancora vanno al voto, perché nonostante tutto chi voleva demolire definitivamente una classe politica quale quella italiana che ha retto le sorti fino al 1992, non è l'ha demolita del tutto, perché ancora c'erano delle forze giovani che saggiamente, intelligentemente hanno acquisito e portato avanti quel patrimonio che molti uomini validi della "prima Repubblica" — da Cossiga a Moro, Fanfani, Forlani, Andreotti — hanno costruito dal dopoguerra in poi. Per non parlare di Donat Cattin, la cui dottrina è ancora oggi una "dritta" per molti, in Italia, che si riscoprono fautori del sociale e che rivendicano delle politiche che nulla hanno avuto a che fare con il passato. Tanto è vero che ieri l'amico Luchetti definiva farisei i cattolici, ma io non ricordo di averlo mai visto in convegni interessanti, dove si parlava veramente di politica e si faceva politica con la "P" maiuscola, e oggi lo ritrovo in partiti che fanno poca politica ma più partitica.... (Interruzione). Ieri ci hai insultato, per mezz'ora ci hai detto che eravamo cattolici farisei... (Interruzione)

PRESIDENTE. Consiglieri, per cortesia non interrompete l'intervento del consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Mi riferisco ai compagni Ricci e Procaccini: a livello locale la legge sui Comuni e sulle Province, oltre che garantire stabilità piace anche ai cittadini.? Tutto ciò non significa che quella legge produca dei podestà o dei dittatori, tutt'altro. Le percentuali dei voti nei Comuni oscillano dall'80 al 90%, il che significa che è un modello giusto, che garantisce governabilità, che dà stabilità e nello stesso tempo non mette i partitini che hanno lo 0,6% in condizione di ricattare le coalizioni ampie che garantiscono governo e stabilità. Quindi il principio che stiamo seguendo a livello regionale è un principio giusto, che va difeso e supportato, ma con determinazione, perché dobbiamo mettere i cittadini al primo posto, poiché gli eletti rappresentano i cittadini. Quando uno è eletto nel listino che rappresenta se stesso, come successo in passato, non può avere diritto di decidere per un milione e mezzo di abitanti. E' giusto che una persona si metta in prima persona in lista e dica "voglio amministrare le Marche con questa coalizione". Non dobbiamo permettere di fare giochi, giochini, verifiche. Ci siete passati voi in cinque anni, avete cambiato tre-quattro premier, ci stiamo passando noi, oggi, con partiti che chiedono la verifica prima per uno starnuto, poi per il consiglio di amministrazione della Rai, poi per altre motivazioni. Volete che ancora vada avanti questo teatrino della politica, o vogliamo veramente dare governi stabili e duraturi? Uno prende un impegno per cinque anni, fa un programma, deve attenersi a quel programma, non cambiarlo in corsa. Ecco allora che il proporzionale puro porta a queste situazioni, perché poi il programma lo fa la gente che sta in quest'aula, non i cittadini che l'hanno votato. Quindi non dovete aver paura dei cittadini, non dovete difendere i cittadini a seconda delle circostanze e delle occasioni.
Ecco perché noi di Forza Italia non siamo per un presidenzialismo esasperato, siamo per un presidenzialismo che indichi un presidente con una sua coalizione, con un 60% di consiglieri eletti nella maggioranza che vince e questa maggioranza deve governare per cinque anni, senza la possibilità di fare cambi in corsa o di uscire in corsa da un Governo, come successo da parte di Rifondazione con Prodi, come può succedere a Berlusconi oggi, visto le sirene che ci sono da parte dei centristi. Quando uno prende un impegno deve garantirlo per cinque anni, si deve assumere la responsabilità per cinque anni e dopo cinque anni si può rimettere in discussione, ma con nuove alleanze, se veramente ci crede, perché non è possibile che 40 consiglieri decidano il presidente. Lo dobbiamo dire prima ai cittadini chi è il presidente e qual è la coalizione.
Nella prima seduta per l'elezione del nostro Presidente del Consiglio, abbiamo dato un segnale disgustoso della politica, poi è stata tutta una catena che si è susseguita, con trame che ognuno può definire come vuole, con rapporti personali, con voti di scambio, non si è capito quello che è successo.
Il Presidente del Consiglio nella prima votazione ha preso 19 voti, non aveva la maggioranza di chi i marchigiani aveva eletto come maggioranza in quest'aula. Vogliamo questo tipo di governo, Ricci e Procaccini? Vogliamo che chi non fa l'assessore ricatti o condizioni un'Amministrazione, una maggioranza? Noi siamo contrari. Si dica prima ai cittadini con chi si vuol governare, si dica prima la squadra con cui si vuol governare, ma durante la campagna elettorale, non alla fine, in base ai voti che si prendono e alle percentuali, perché nelle coalizioni sono importanti gli uomini, è importante lo spessore degli uomini, non l'appartenenza politica o l'apparato politico. Questi sono gli argomenti che dobbiamo affrontare e non dobbiamo avere paura del voto popolare, perché il voto popolare è importantissimo, non possiamo vivere di rendita, secondo vecchie logiche o vecchi criteri.
Quindi con forza voteremo contro l'emendamento per queste considerazioni, per questi principi e per queste scelte.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Non avrei potuto programmare meglio il mio intervento dopo quello del collega Brini, perché mi dà la possibilità di agganciarci subito un ragionamento e comunque sono soddisfatto perché, dopo quattro anni, l'occasione dello Statuto per me è stata eccezionale, intanto perché ho potuto l'altro giorno esternare quali erano i miei sentimenti nei confronti degli avversari che hanno militato nella sinistra italiana, facendo un riferimento anche storico e per gli amici e compagni che hanno assistito sono contento di avere esternato loro quali erano veramente i miei sentimenti. Adesso questo intervento mi dà l'occasione di fare un altro ragionamento, per chiuderlo con una riflessione sulla "prima Repubblica". Questa storia sul presidenzialismo è emersa nella Commissione Statuto, emerge qui, emerge continuamente, emerge nei partiti nazionali e locali e in qualche modo trascina tutti noi a una riflessione sulla "prima Repubblica", perché ogni volta che si parla di presidenzialismo si contrappone questo concetto ai mali della "prima Repubblica". Siccome dobbiamo essere molto sinceri tra noi, diciamoci tutti gli imbarazzi che ci sono, così potremo tra noi lavorare meglio e con meno diffidenza reciproca.
Sulla "prima Repubblica" ci sono sempre pareri discordanti: sgombro subito il campo: io sono uno che all’ultimo congresso della Dc ha votato contro Andreotti, Forlani, De Mita e l’establishment che governava la Dc, perché a mio avviso era ora che andassero a casa a lasciassero il campo a forze più giovani. Quindi non sono qui a fare il nostalgico della "prima Repubblica".
Se parliamo degli anni dal 1994 al 1996 è accaduto di tutto: un centro-sinistra imbarazzato che attaccava, giustamente, per la sua parte, i mali della "prima Repubblica" ma aveva al suo interno tutti gli eredi, anzi i protagonisti della "prima Repubblica". Nel centro-destra — perché non ho intenzione di turarmi gli occhi e la bocca e non dire certe cose — nel 1994, quando Berlusconi formò il primo Governo, ministro della giustizia doveva essere Pier Camillo Davigo, che fu contattato tramite Berlusconi, da Berlusconi tramite Larussa per un'offerta di governo, perché era normale, in quanto il Governo Berlusconi nel 1994 doveva porsi al paese come il Governo che licenziava l'esperienza della "prima Repubblica". Quindi abbiamo avuto un 1994 in cui Forza Italia era il partito che chiudeva l'esperienza della "prima Repubblica" e poi nel 1996, 1998, 1999, 2000 Forza Italia ha recuperato non dico i personaggi ma l'esperienza della "prima Repubblica", in gran parte: l'area socialista, l'area democristiana, l'area liberale, forse con una moderazione maggiore, a nostro avviso. Quindi, se ci spertichiamo nel giudizio sulla "prima Repubblica" non andremo mai d’accordo, ci divideremo ancora di più. Meglio non essere nostalgici per nessuna parte e guardare al futuro.
Sul futuro cosa ci diciamo? Che il malessere vero del presidenzialismo è che in Italia, partendo da quello più basso, quello del Comune, è stato portato avanti ben sapendo qual è la stortura vera: in tutti i paesi dove c'è un presidenzialismo spiccato — lo dico ai colleghi come Ricci, come Procaccini, che parlano del peso dei partiti, attualmente più scarso rispetto ad operazioni che sulla persona, sul singolo portano valori diversi da quelli del parlamentarismo, dell'Assemblea — c'è una pre-consultazione interna ai partiti, che in Italia non cresce da nessuna parte, questa è la verità. Il disagio è tale che se ci fossero stati meccanismi diversi, probabilmente Valentini non sarebbe stato candidato a Fano, la Colli non sarebbe stata candidata a Milano, Pili non sarebbe stato candidato in Sardegna, Clementi non sarebbe stato candidato a Sant'Elpidio, Scaltritti non sarebbe stato candidato presidente della Provincia di Ascoli e neanche Rossi, probabilmente.
Siccome manca tutta questa cultura della pre-consultazione, del filtro dei partiti con i cittadini per arrivare alla candidatura presidenziale, vizio americano, tutti diciamo dello "spettacolo americano", ma almeno quelli lo fanno. Io non sono filo-americano, ma certamente quelli hanno la cultura delle primarie, come ce l'hanno anche gli altri paesi che puntano sull'uninominale e sul presidenzialismo. Da noi questo non esiste, perché rimane presidenzialismo con fortissimo patere dei partiti, delle segreterie che non aprono ai cittadini.
Noi abbiamo elaborato — ringrazio i consulenti che ci hanno sempre sostenuto — la teoria dei due soli, per cui siamo per il presidente eletto a suffragio universale, ma puntiamo su questo perché dall'altra parte vogliamo un forte controbilanciamento sui poteri dell'Assemblea, ci siamo battuti per questo, non so se il livello che abbiamo raggiunto oggi è buono, credo che sia migliore rispetto al passato: Assemblea legislativa che deve avere sempre più poteri.
Un elemento, secondo me ci pressa dall'esterno. Certa opinione pubblica, tecnica, magari legata ai poteri locali dice "non è concepibile che nell'era in cui la Regione deve fermarsi ad essere, più che altro, ente legislativo e perdere i poteri gestionali, mandiamo al suffragio universale una persona che dovrebbe assemblare in sé i poteri veri della gestione, quando invece la gestione deve essere trasferita o delegata agli enti locali". La risposta è, a mio avviso, che oggi sono invece cresciuti i poteri del Presidente, della Conferenza Stato-Regioni, della Conferenza interistituzionale ecc., per cui l'individuazione in una sola persona eletta a suffragio universale, dei poteri anche di sintesi delle istanze che vengono dal territorio si giustifica con questo. Certo occorrerebbe una correzione — maggiore sarebbe stata quella della sfiducia costruttiva — che oggi non ci è consentita, c'è una parziale attenuazione del principio "simul stabunt simul cadent", che è già molto rispetto al passato.
Credo quindi che dobbiamo lavorare tutti per cambiare una cultura, non si torna indietro, il pacchetto autonomistico si presenta su un sistema presidenziale unitario. Noi dell'Udc non abbiamo una contraddizione su questo, una battuta la dico all'amico Procaccini quando invoca la contraddizione del centro-sinistra, perché dice "siete presidenzialisti qui e non lo siete a livello nazionale". Con la tua consueta razionalità hai ragione, Procaccini, però secondo me dobbiamo lavorare su una cultura che porta presidenzialismo con una vasta consultazione preventiva.
Per questo motivo non siamo per il sistema di cui agli emendamenti proposti dai colleghi e siamo invece per la teoria "dei due soli".

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Ritengo molto interessante la discussione sulla forma di governo, che poi è il clou dello Statuto e soprattutto la grande innovazione sta proprio nel consentire alle Regioni di decidere la propria forma di governo nonché la propria legge elettorale, quindi è qui che si sostanzia tutta l'innovazione che stiamo vivendo e che abbiamo portato a termine con la stesura dello Statuto. Ritengo però alcuni toni, da parte di coloro che si oppongono a questa scelta un po' radicali, un po' estremizzati, perché non è possibile porre in questi termini la questione, cioè in maniera quasi manichea o addirittura di allarme per la democrazia chi sceglie il presidenzialismo e l'elezione diretta del presidente è, mi sembra di capire dalle parole di Ricci, quasi un attentatore della democrazia, sicuramente una scelta che va verso la deriva plebiscitaria o comunque verso letture lobbistiche della politica, un attentato alla rappresentanza, una esautorazione della rappresentanza e del Consiglio e dall'altro lato chi invece sostiene l'elezione assembleare del presidente, difensore e paladino della politica, dei partiti, della democrazia.
Intanto ci muoviamo nell’ambito dei paletti imposti dalla Costituzione e stiamo comunque, sia noi, che i Comunisti italiani, che Rifondazione, parlando di scelte di governo prettamente costituzionali, non mi risulta che una sia meno costituzionale dell'altra, anzi se andiamo a spulciare giuridicamente la cosa, dalla tendenza e dall'orientamento delle ultime sentenze, sia la n. 1 del 1999 sia la 2 del 2004 che la 304 del 2002, tutto l'orientamento della Corte costituzionale, che può essere politicizzata quanto vogliamo, ma non lo può essere ad usum delphini, oggi per me e domani per te, gridiamo all'allarme della politicizzazione della Corte, vediamo che stiamo sicuramente compiendo una scelta più costituzionale di quella che avremmo compiuto se avessimo ribadito o ripristinato il sistema della elezione proporzionale, quindi non al maggioritario, soprattutto l'elezione diretta del premier. Noi, come An apparteniamo a questa cultura presidenziale, soprattutto della elezione diretta delle figure più importanti, dal sindaco in poi al premier, come sosterremo in sede di riforme anche nazionali, a quella del presidente della Regione.
Fu all'avanguardia Almirante — mi piace citarlo — quando negli anni '70, addirittura, parlava di elezione diretta dei sindaci. Era l'unico a parlarne, ci facemmo campagne su campagne, opuscoli che ancora mi trovo per casa e sembrava che fosse un delirante in questo senso. La legge 82 del 1991 recepì e fece questo primo passo in avanti e poi sappiamo l'evoluzione di questi anni. Non è pensabile dire che l'elezione diretta, per quanto comporti e richieda sicuramente degli assestamenti e dei correttivi, giustissimi, che credo questo Statuto abbia tentato di fare, sia meno democratica di un'elezione assembleare di coloro che sono stati a loro volta eletti. E' un concetto che fa acqua da tute le parti. D’altronde il valore della persona che viene candidata, che non è solo espressione di lobby, non è solo l'attentato ai partiti — ai partiti ci crediamo tutti, ci crediamo in particolare noi di Alleanza nazionale — è anche qualcosa che spesso si è aggiunto al valore dei partiti, qualcosa che spesso ha anche rivoluzionato quello che gli stessi partiti in certe città ritenevano un assetto immodificabile e definitivo: "qui vince sempre la sinistra e con questa persona vinciamo ancora; di qua vince sempre la destra e con questo vinciamo ancora". Così non è stato in molti casi, proprio a significare quanto il ricorso al voto diretto, quanto il cittadino acquisisca e abbia sempre più acquisito, in questo periodo, libertà di voto e di coscienza, anche indipendentemente da quello che le segreterie e i partiti o le coalizioni indicano. Come si può dire che questo sia un sistema meno democratico di quello della elezione in aula da parte degli eletti? Tutti noi abbiamo vissuto, chi più chi meno, parte di questa "prima Repubblica", seppure noi rigorosamente all'opposizione e sappiamo con quanti condizionamenti, con quanti giochi e con quanti vulnus alla rappresentanza e a quello che gli elettori avevano espresso, si svolgevano le elezioni dei sindaci in aula e dei presidenti in aula, spesso in maniera totalmente difforme da quella che era stata l'indicazione dell'elettorato e spesso, anzi, sotto ricatto di partiti insignificanti dal punto di vista della rappresentanza, che perennemente esprimevano i sindaci, perché erano il cosiddetto ago della bilancia. Non è possibile rimpiangere quei periodi.
Ritengo che il problema dei correttivi ci sia, perché è chiaro che l'elezione diretta del presidente predilige e favorisce concetti quali la governabilità e la stabilità, il famoso "pugno chiuso" di De Rita, a fronte della "mano aperta" che è invece il Consiglio, il quale deve rimanere il momento dialettico e di rappresentanza sommo. Credo che in questo senso qualcosa questo Statuto abbia fatto, anche nella anche per quanto riguarda il Consiglio regionale dell'economia. Sia il CAL che il Consiglio regionale dell'economia intanto consentono l'ingresso di voci della società su sede consultiva e quindi favoriscono questa rappresentanza. Molto si poteva fare, si poteva introdurre la sfiducia costruttiva, che comunque non è oggi giuridicamente consentita. Si è cercato di rinvigorire i poteri del Consiglio, si poteva fare di più riguardo anche i poteri delle commissioni. E' naturale che un esecutivo così rafforzato a fronte di un Consiglio che non compensi con adeguati poteri forti di ispezione e di controllo squilibra la vita democratica e la democrazia. Crediamo che sia un rischio da correre, cercando di vivere sempre al meglio il momento del Consiglio, valorizzandolo ed esercitando tutte le nostre funzioni noi per primi.
Da qui studiare i correttivi, indirizzarci anche, se la Corte cambierà orientamento, verso l'individuazione del ticket, del tandem: quello è sicuramente un ulteriore vantaggio per la rappresentatività del presidente, per far sì che il vicepresidente non sia il designato ma anche questo goda di una investitura popolare. Allo stato non è possibile, comunque ci siamo mossi entro paletti rigidamente costituzionali, quindi lavoriamo a che il Consiglio recuperi al massimo la sua funzione, la sua forza, la sua visibilità ma non scardiniamo quanto di buono c'è in direzione del presidenzialismo, soprattutto dell'elezione diretta. E' quello il primo principio che poi porta al presidenzialismo e a questa forte investitura del presidente, ma non eliminiamo quanto a fatica in tal senso è stato costruito e che è sicuramente un vantaggio per la democrazia.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Il sistema politico italiano, dopo il crollo della 'prima Repubblica" si è fatto carico di rimuovere i difetti e i limiti che il sistema aveva presentato nel corso degli anni e si è mosso tenendo bene in evidenza alcuni principi importanti, quale quello di assicurare il bipolarismo, l'alternanza fra gli schieramenti, la stabilità dei governi e il principio della responsabilità verso gli elettori. Quindi rispetto a queste linee l'elezione diretta del presidente serve per assicurare stabilità ai governi. L'esempio è anche in quest'aula, in questa Regione: se il Presidente D'Ambrosio non fosse stato eletto direttamente, certamente avremmo avuto almeno 5-6 presidenti nel corso di questi nove anni. La dimostrazione di questo è data anche dagli assessori che non sono scritti nella scheda per cui vengono scelti da presidente. In nove anni abbiamo avuto la bellezza, la bontà, il piacere di conoscere almeno 25 assessori. Questa maggioranza ha fatto ruotare in questo Consiglio la bellezza di 25 assessori: l'unica faccia che vedo sempre, da quando a casa, da spettatore guardavo la televisione per seguire il Consiglio regionale è l'amico Spacca, perché gli altri hanno ruotato in continuazione. Spacca è l'unico assessore che è restato dopo l'esperienza 1995-2000, ma non so quanto potrà restare ancora, perché anche la sua posizione è forse messa in discussione.
Vorrei anche spiegare che questa elezione non è il presidenzialismo: il presidenzialismo è una cosa, l'elezione diretta del presidente della Regione un'altra. Presidenzialismo significa mettere in una scheda il nome del presidente e votare sul presidente. Questa è l'elezione diretta del presidente, che viene scelto contemporaneamente alla maggioranza, contemporaneamente ai rappresentanti dei partiti nel Consiglio regionale, è un'altra cosa. In America c'è il presidenzialismo, invece qui abbiamo scelto, tanto per il presidente della Regione quanto per il sindaco e per il presidente della Provincia l'elezione diretta. Non v'è dubbio che questo sistema rafforza la stabilità dei governi regionali, quindi scegliendo presidente, maggioranza, programma, consiglieri e lasciando al presidente la possibilità di scegliere gli assessori, c'è la garanzia che gli impegni presi nei confronti degli elettori possano essere portati a termine.
D'altra parte, affidando al presidente una maggiore responsabilità, questi è in grado di rispondere meglio alle esigenze di una società che è in continua evoluzione.
Il problema è un altro: di garantire al Consiglio regionale che è eletto direttamente dai cittadini, la stessa autorevolezza, bisogna trovare delle norme, delle regole che obblighino il presidente a informare il Consiglio puntualmente, in ogni determinato periodo, a rendere conto dell'attività che porta avanti.
Non posso però sottrarmi dal segnalare — così condanno le intemperanze del Consiglio regionale di ieri sera, pronti a rilevare un errore nell'esprimere un pensiero — che nessuno può permettersi di tenere un atteggiamento arrogante. Lo dico perché la vostra maggioranza non è in grado, senza il nostro voto, senza il nostro senso di responsabilità, né di approvare lo Statuto, che approviamo per grande senso di responsabilità, per fare in modo che questa Regione abbia quanto prima un nuovo Statuto e una legge elettorale equa, né di approvare il principio dell'elezione diretta del presidente. Se non ci fossero i voti di Forza Italia e del centro-destra la vostra maggioranza non sarebbe in grado di approvare l'elezione diretta del presidente, è un dato di fatto. Mentre in Commissione, con il nostro voto abbiamo direttamente potuto far passare questo principio, questa maggioranza, che si avvale di questa condizione importante, perché come dicevo prima, D'Ambrosio sarebbe già stato mandato a casa in precedenza, senza il voto di Forza Italia non riuscirebbe a far passare questo principio. Mi auguro che, al limite, si riesca a trovare la migliore formulazione del ruolo del Consiglio regionale, perché anche esso, eletto direttamente, abbia il ruolo che gli spetta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Circa il presidenzialismo esprimo una convinzione forte, vera ed autentica, avendo noi, come Forza Italia fondato il movimento proprio su un presidente che va oltre il significato comune che in politica si può avere di presidenzialismo. Lui è presidenzialista per eccesso e per competenza. Questo però pone secondo me l'attenzione sul limite del presidenzialismo: quando si vuol pretendere di scindere il presidente dal controllo dei partiti. Ho sentito parlare della teoria dei due soli, e va bene, va bene tutto, ma nell'aula di Consiglio non possiamo non essere d'accordo tutti sul presidenzialismo, proprio per la funzione specifica che questo ha direttamente, quando direttamente viene investito dalla volontà popolare che dice "diamo stabilità al Governo con la figura del presidente che è garante della totalità della nostra comunità". Quando portiamo il discorso in aula e lo garantiamo in eccesso, dovremmo poi capire il passaggio successivo: il controllo dei partiti nell'azione politico-amministrativa e quindi nella funzione di legiferatore di quello che è un consesso civile come un'aula. Quindi non possiamo non essere d'accordo sul presidenzialismo, dobbiamo però, nell'ambito di questo concetto così chiaro ed estremamente democratico, capire qual è la funzione di supporto di un Consiglio che deve, nella sua valenza principale non rinunciare mai alla sua qualità specifica che è quella di controllo amministrativo.
Io andrei oltre: al presidente darei il mandato preciso di farsi una squadra esterna ai partiti, vincolando noi, consiglieri tutti, nella nostra totalità, in funzione di supporto e controllo il mandato elettorale specifico dato, altrimenti nessuno può dimenticare come fu mandato a casa, dopo pochi mesi, nel mercimonio, il presidente Berlusconi. Capisco che quando pronuncio "presidente Berlusconi" do fastidio a una parte, perché a volte si esaspera. Il presidenzialismo è stato trasferito in un "berlusconismo" che di fatto non esiste. Questa è l'essenza vera del concetto di presidenzialismo, cioè un uomo che dà garanzie di stabilità di governo ad una comunità, nel compimento del suo mandato specifico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Il passaggio che ci accingiamo a compiere è di estrema rilevanza, anche se, a differenza delle voci che si sono levate da qualche banco della sinistra, ritengo che questa questione della elezione diretta del presidente della Regione, non solo sia nei fatti, per quanto riguarda questa Regione come tutte le altre, perché il meccanismo elettorale che abbiamo avuto fino ad oggi aveva in sé, comunque, una forte indicazione del presidente, ma è soprattutto nelle coscienze degli italiani, cioè ormai è dato acquisito da parte di tutti gli italiani, di qualsiasi schieramento siano o a qualsiasi schieramento si riferiscano, che l'assunzione della responsabilità di guida non può essere demandata a un momento successivo alla elezione ma a un momento precedente. Si deve sapere chi ha responsabilità di guida e quale sia la coalizione che sostiene quel tipo di indicazione di primus interpares della coalizione stessa.
C'è una condivisione del momento della scelta di campo, perché la scelta di campo è fatta sotto un duplice profilo: la coalizione e colui che rappresenta la coalizione, è garante di quel patto tra i partiti, che è il presidente. Ecco perché dico primus interpares: perché gli interpares sono non gli altri, perché gli assessori sono da lui nominati, perché il Consiglio ha altre funzioni, il presidente del Consiglio ha altre funzioni ancora, che forse sono intermedie, di equilibrio tra i due organi, ma comunque non possono essere considerati pares. I pares sono i partiti, perché si vota il presidente, si vota una coalizione, caro Luchetti. Ecco perché è importantissimo sottolineare questo dato e dire che questo è nelle coscienze degli italiani: dal sindaco al presidente della Provincia al premier, che poi è l'indicazione, la guida, la linea tracciata dalle riforme che si stanno oggi discutendo in sede centrale, in tutti questi livelli sappiamo che vi è una forte indicazione di colui che deve essere il garante della coalizione, una indicazione precisa, lineare, chiara, trasparente di quell'insieme di forze che vogliono governare intorno a principi e valori comuni, intorno a un programma comune.
Ritengo che talune voci allarmanti dai banchi dei verdi e dei Comunisti italiani siano assolutamente fuori luogo. Siamo nelle condizioni, oggi, di dire serenamente e bipartisan, che questa questione della indicazione diretta, della elezione diretta del sindaco, del presidente della Provincia ecc., è stata una felice intuizione di chi, tanti anni prima che le leggi fossero approvate, le modifiche fossero effettuate aveva predetto — e la destra in questo senso è stata protagonista in gran parte di questo percorso — che, per rafforzare il patto con gli italiani, con gli elettori, con i conterranei, con i concittadini, occorreva avere la possibilità di indicare nella scheda la preferenza per il sindaco, il presidente della Provincia, il presidente della Repubblica o il premier. Oggi possiamo finalmente parlare anche del presidente della Regione che esplicitamente, nel nostro Statuto viene eletto a suffragio universale. Tutto questo fa parte del nostro patrimonio, del patrimonio di questa opposizione, di questi banchi, di Alleanza nazionale, della destra, quindi su questo siamo assolutamente convinti che sia non solo la strada già tracciata, ma il suggello, la sintesi di un percorso già fatto nelle coscienze degli italiani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Credo che possiamo tranquillamente affermare che quando si parla, nell’ambito della democrazia, come premessa, di qualsiasi forma di governo, così come di qualsiasi forma di legge elettorale, si parla di qualcosa che è di per sé imperfetto, che porta con sé luci e ombre, che porta con sé pro e contro e credo che il dibattito attorno a questi emendamenti e alla discussione su questo articolo che reca al proprio interno, come forma di governo l'elezione diretta del presidente della Regione, debba essere affrontato in primo luogo con questo spirito, sapendo che parliamo di cose parziali, che portano con sé vantaggi e svantaggi, luci ed ombre. Proprio perché sono imperfetti e proprio perché questo deve essere l'approccio, noi pensiamo, come gruppo Ds, che la cosa principale alla quale bisogna guardare quando si parla di forma di governo, alla individuazione di una forma di governo che sia la più appropriata rispetto al momento storico, politico, sociale ed economico che un paese sta attraversando. Quindi trovare la forma di governo che meglio sia capace di coniugare democrazia e governabilità, di assicurare rappresentanza e allo stesso tempo capacità di decisione di un governo.
Credo che questo binomio e lo stretto rapporto di questo binomio si porti dietro un concetto forte, che è quello della trasparenza e di un legame forte, democratico, attraverso la trasparenza e la responsabilità delle scelte.
La società è cambiata profondamente in questi ultimi anni, in questi ultimi due decenni e oggi la società e il sistema politico e sociale necessitano sempre di più di una capacità di governo più forte e più stabile rispetto al passato. Non sono lontani i ricordi di forme di governo, che erano quelle della elezione parlamentare dei presidenti delle Province, dei presidenti delle Regioni e dei sindaci, che molto spesso davano origine ai "governi balneari", che nell'ambito di una legislatura ci vedevano trovarci continuamente in crisi di governo e cambiare continuamente presidenti. Il tutto non tanto per il fatto che si cambiasse, ma che in realtà creava una situazione di instabilità tale, che portava molto spesso i governi a non decidere. Questo era il dato più negativo di quella situazione. Credo che l'esperienza delle elezioni dei sindaci, dei presidenti della Provincia, la stessa esperienza della nostra Regione e delle Regioni italiane in quest'ultima legislatura, si possa giudicare con soddisfazione, nella capacità di aver rappresentato la stabilità e una capacità di governo maggiore rispetto al passato.
C'è un dato importante che ugualmente va sottolineato in questa accresciuta capacità, attraverso questa forma di governo, di dare maggior peso alla volontà dei cittadini. Non è ininfluente e credo che non sia da sottovalutare, come elemento di maggiore democrazia, il fatto che i cittadini possano meglio intervenire, attraverso l'elezione diretta, anche rispetto alla scelta del governo e rispetto alla scelta di coloro dai quali vogliono essere rappresentati. Credo che questo non debba influire e andare a scapito del fondamentale ruolo che le forze politiche, i partiti politici debbono avere e rispetto all'ultimo decennio, che è stato caratterizzato molto dall'antipolitica, o meglio dalla politica degli antipartiti, va recuperato in forme di maggiore presenza, maggiore peso e maggiore ruolo dei partiti politici, come forma unica di intermediazione e di rappresentanza vera tra l’elettorato, le forme di governo e la politica. Ma credo che anche per gli stessi partiti questa forma di elezione possa essere un ulteriore stimolo a fare in modo che le forze politiche stesse siano meno autoreferenziali e superino alcuni vizi nei quali gli stessi partiti in alcuni casi cadono con troppa autorerferenzialità.
Sappiamo che questa scelta incide in un contesto anche nazionale e di organizzazione del nostro Stato che si trova ad essere a metà del guado. Questo è reso possibile dalla riforma del titolo V della Costituzione precedentemente approvata, che interviene a modificare parte della Costituzione, prevalentemente nelle parti legate ai poteri esecutivi. Ci troviamo di fronte, oggi, alla necessità di dare corpo e corso anche al maggior peso e al maggior ruolo del potere legislativo, oltre al potere esecutivo e insieme alla forma di governo noi abbiamo fatto un lavoro importante, pur nell'ambito di quelli che sono i paletti, i limiti che ci pone la Costituzione italiana, a dare peso e ruolo al Consiglio, cercando di individuare meglio i compiti dell'esecutivo, ma rafforzando, dall'altra parte, i compiti dell'Assemblea rappresentativa, in primo luogo i poteri legislativi, i poteri regolamentari, i poteri di indirizzo e i poteri di controllo. Certo ancora può essere fatto da questo punto di vista, anche attraverso un lavoro che deve continuare nella direzione di un impegno di riforme nazionali, che ad esempio, sul tema del "simul stabunt simul cadent", sul tema della sfiducia costruttiva possono intervenire anche a livello nazionale, modificando parte della Costituzione che oggi lo impedisce ed impedisce anche le forme di indicazione, così come in alcuni interventi precedenti sono state suggerite, in quanto la Corte costituzionale le individua comunque come forme mascherate di elezione diretta e come tale impossibile. Quindi la scelta, oggi è tra elezione diretta o elezione in Consiglio del presidente della Regione.
C'è un'altra ragione importante, che attiene alla legittimazione della figura del presidente della Regione, che credo non possa essere, da questo punto di vista, diversa dalla legittimazione che i sindaci e i presidenti delle Province hanno, essendo loro diretti direttamente. Credo che anche questo sia uno degli elementi che faccia pesare la bilancia a favore di una elezione diretta del presidente della Regione.
In base a queste motivazioni, in base a queste ragioni, sapendo che il percorso della organizzazione dello Stato e della Regione non finisce qui e sapendo che quando parliamo della elezione diretta a livello regionale parliamo di qualche cosa di differente rispetto alla elezione diretta del presidente del Consiglio, perché sono diversi compiti e funzioni, pur avendo le Regioni potere legislativo, come il Parlamento e lo Stato nazionale, parliamo di compiti e funzioni differenti anche rispetto alle materie, ma parliamo soprattutto anche di differenze fondamentali dovute al fatto che a livello nazionale siamo in presenza non soltanto della elezione del presidente del Consiglio, ma abbiamo una importante e fondamentale figura, che è la figura del presidente della Repubblica, che va ad equilibrare, ad avere un ruolo rispetto a quello del presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questo è uno dei pochi passaggi dello Statuto in cui mi ritrovo a mio agio. Credo che il presidenzialismo sia la linea maestra delle istituzioni moderne. Fa parte del bagaglio della nostra storia politico-culturale. Fu Giorgio Almirante che, quando ero ragazzino, pure in una situazione di estrema minoranza in cui il leader presidenzialista non sarebbe stato assolutamente lui, né uno della nostra area politica, indicava questo cambiamento per uscire dai gorghi della partitocrazia.
Oggi vediamo le difficoltà, le disfunzioni del presidenzialismo e ci siamo dimenticati completamente il male della partitocrazia e quanto negli anni successivi al dopoguerra, giorno per giorno, ci sia stata una patologia del sistema politico. Qualcuno afferma, soprattutto negli ambienti del vecchio centrismo, che la politica vera, con la “P” maiuscola è quella fatta nelle aule delle assemblee e che invece queste politiche che puntano sui governi sono sbagliate. Voglio invece ricordare che la politica è quella delle scelte, non quella della capacità estrema di tentare tutti gli accordi, di fare tutti gli inciuci possibili, in cui il migliore era quello che riusciva sostanzialmente a imbrogliare tutti. Voglio ricordare la patologia delle correnti, no solo della lotta tra i partiti all’interno delle coalizioni ma addirittura la lotta tra i gruppi all’interno degli stessi partiti.
Quindi credo che la scelta di un presidente della Giunta eletto a suffragio universale diretto in concomitanza con l’elezione del Consiglio regionale sia fondamentale.
Io ho partecipato a una legislatura, quando ero molto giovane, dal 1985 al 1990 e sono testimone delle disfunzioni di quelle Assemblee. Ricordo che l’allora Presidente socialista Massi, fu un grande Presidente perché aveva una grande capacità di fare psicoterapia ai consiglieri, alle correnti. Riusciva a parlare uno per uno, a riportare dentro la maggioranza tutte le tensioni che esplodevano continuamente. Così non fu per altri. Gli altri invece — non cito i nomi, alcuni oggetto di vicende giudiziarie anche estreme — andavano continuamente alle rotture, continuamente i governi cadevano, si ricomponevano, usciva un assessore, ne rientrava un altro e via di seguito. Ogni gruppetto, ogni correntina poteva mettere in crisi l’Assemblea, allora si interrompevano i lavori, si doveva rifare la quadratura delle correnti e dei gruppi. Ricordo quando Tambroni — è stato sottosegretario, onorevole — assessore nel Consiglio regionale di allora, espresso dalla provincia di Macerata, si arrabbiava e allora entrava in crisi la Giunta perché uno si era arrabbiato, magari per una cosa che era l’estremo lembo della provincia, la zona della montagna del maceratese.
Ci sono in tutti i presidenzialismi dei problemi. Per esempio, citiamo il presidenzialismo dei sindaci: come non vedere che Sturani è un problema per i Ds, il presidente della Provincia di Ancona Giancarli, o Silenzi a Macerata sono un problema. Così come, nella nostra area, potremmo dire che il sindaco di Civitanova Marinelli o il sindaco di Fermo Di Ruscio spesso non ascoltano i partiti e prendono delle decisioni. Però sono patologie minori rispetto alle patologie della partitocrazia e dei ricatti delle correnti, del singolo consigliere che può mettere in crisi una Giunta, un’Amministrazione, una maggioranza.
Quindi credo che la politica sia quella delle grandi scelte, di cui uno è titolare della responsabilità. Se il Presidente della Giunta fa dei gravi errori, alla fine paga personalmente, perché viene sfiduciato, viene sconfessato.
Credo quindi che la scelta della elezione diretta del Presidente sia una scelta giusta, su questa mi riconosco e la voterò. Credo che la maggior parte dei consiglieri della Casa delle libertà si ritrovino in questa scelta e quindi siamo totalmente d’accordo nel votare questo articolo che fa da discriminante tra scelte politiche forti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Su questa tematica già nella prima tornata di interventi relativi al preambolo siamo entrati, parlando in generale dell’impostazione dello Statuto che prevede nella forma di governo una delle questioni rilevanti che la Costituzione aveva posto come obiettivo degli statuti regionali.
Mi sento di sottolineare, rispetto a questa scelta, alcune questioni che secondo me vanno comunque sottolineate, perché ritengo che in questa fase di transizione della nostra democrazia, dove a fatica le istituzioni si stanno adeguando alle nuove esigenze della società complessa, a nessuno sfugge che ci troviamo, anche nel decidere questa scelta, in una situazione di estrema confusione, non perché non sia chiaro il disegno che il titolo V ha proposto alle Regioni, ma credo che siamo in uno stato di indeterminatezza istituzionale, perché siamo usciti da una situazione istituzionale collaudata, precisa, dove sostanzialmente le forze politiche ma anche la cultura complessiva del popolo italiano aveva trovato una determinata stabilità, in una fase in cui le istituzioni, che non sono state modificate in maniera armonica ed organica si trovano gradatamente a dover dare delle risposte urgenti alle necessità del profondo cambiamento in atto e purtroppo, in questo divenire delle norme istituzionali si corre il rischio di comporre un mosaico istituzionale che non ha più quella caratteristica di stabilità e di omogeneità, o quanto meno di armonia istituzionale che esisteva prima, considerato che anche la vecchia forma istituzionale aveva dei limiti, che sono esplosi, ovviamente, nel momento in cui è andata in crisi la politica, che era la base e che era di supporto inevitabile, indefettibile del disegno istituzionale. Tant’è che al legge 142 all’inizio degli anni ‘90 fu introdotta, secondo me sulla base di due esigenze fondamentali. Una era sicuramente la governabilità. Eravamo arrivati al punto in cui i partiti non riuscivano più ad esprimere non solo una classe dirigente stabile ma non erano più in grado di dare quella stabilità alle istituzioni, talché nelle autonomie locali si era prodotta in più parti del paese una situazione di estrema confusione e di ingovernabilità.
Secondo me si è data risposta ad una esigenza della politica che stava assolutamente cambiando ed era entrata in crisi, correndo dietro delle forme che non erano del tutto consone ad una tradizione culturale politica. Mi riferisco ad una esigenza di personalizzazione che in qualche modo era il segno dei tempi e in qualche modo corrispondeva ad una visibilità che i mass-media imperanti, che avanzavano nella loro efficacia nei confronti del convincimento delle persone, prospettavano, talché da quell’epoca la questione del leaderaggio è entrata nella politica con prepotenza e non è un caso che anche oggi ne siamo in qualche modo vittime, talché anche leader che si appropinguano ad affrontare la stagione della politica, basta siano noti, basta abbiano la riconoscibilità da parte del pubblico e diventano leader politici, salvo poi dimostrare, siccome la politica non si inventa, tutti i limiti di questo fenomeno.
Questi due fenomeni, alla base di questa scelta che fu fatta all’inizio degli anni ‘90 ha condizionato inevitabilmente il prosieguo del processo di decentramento che, grazie alla grande forzatura che è stata fatta negli anni ‘90 per effetto della spinta della lega, ha portato a bruciare le tappe verso un sistema federale che indubbiamente non solo non rientrerebbe, secondo il mio modo di vedere verso una cultura del popolo italiano, che di tutto ha bisogno meno che di dividersi ulteriormente, visto che, secondo me, la religione e la lingua, tutto sommato, hanno fatto il miracolo di farne un popolo abbastanza unito, ma se le istituzioni dovessero correre dietro ad un frazionismo incontrollato ed incontrollabile, correremmo dei rischi ulteriori nel prosieguo della nostra storia e del divenire della nostra democrazia.
Ecco perché credo che questa nostra scelta, oggi, deve essere inquadrata in questo divenire delle istituzioni, che non può continuare a realizzare istituzioni a macchie di leopardo. Dobbiamo dare una omogeneità e una certa armonia alle nostre istituzioni. Ecco perché io stesso argomentavo, nell’intervento che ho fatto introducendo il dibattito sullo Statuto, che la scelta della nomina diretta del presidente non può, in questo particolare momento, essere disgiunta da quella delle altre autonomie locali in un momento in cui il titolo V ha fatto una scelta specifica a livello di decentramento, cioè di attribuire, sulla base del nuovo 117, una serie di competenze molto più importanti di quanto il vecchio 117 prevedesse e ha previsto anche una articolazione del governo territoriale del tutto originale, che ancora non si è colta fino in fondo, cioè di rapporto tra un organo legislativo come quello della Regione e i governi delle autonomie, cioè quello comunale e quello provinciale.
Dico questo perché se non riuscissimo a mettere ordine almeno a livello periferico nella gerarchia delle responsabilità istituzionali non faremmo un buon lavoro e, proprio per effetto di quei fenomeni di cui prima parlavo nell’illustrare le motivazioni della 142, non riusciremmo a far comprendere alla gente e non riusciremmo a dare peso politico, stante quei fenomeni, ad un importante punto di riferimento quale quello che viene ad essere il presidente di una Regione, che a maggior ragione di prima intende ricoprire, proprio come figura istituzionale, l’unitarietà della regione stessa. Credo che a maggior ragione nelle Marche questo si ponga, considerando le Marche come una regione che ha bisogno di maggiore sintesi rispetto al passato e ha bisogno di sentirsi quanto meno una comunità più unitaria. Manteniamo questo nome al plurale, tant’è che mi era venuta l’idea, che va analizzata — lo dico con un po’ di coraggio, perché ne serva — di cambiare addirittura “Marche” in “Marca”, nel senso che questo nome al plurale sicuramente non corrisponde a quell’esigenza di sintesi. In un momento in cui la globalizzazione ci impone una diversa correlazione, una diversa coesione credo che questo plurale debba significare qualche cosa di più unitario.
Ecco perché la rappresentazione del presidente nominato dai cittadini, in questo momento diventa un messaggio politico di unitarietà e secondo me rappresenta una necessaria omogeneità con il resto dei governi territoriali.
Penso che questo dato lo colgano anche i colleghi che difendono e hanno difeso strenuamente, fino al limite di non voler votare questo Statuto, una posizione che sul piano culturale, sul piano politico capisco e capisco anche tutti i risvolti di adesione ad una forma di democrazia che deve essere più partecipata.
Voglio solo sottolineare, in questo momento, che probabilmente, se le istituzioni non dessero una risposta alla “balcanizzazione” delle forze politiche che neanche il maggioritario e il sistema bipolare stanno realizzando, correremmo il rischio di una ingovernabilità.
Non credo che il sistema bipolare ci abbiamo portato fuori da queste secche, però le istituzioni non possono non considerare questo come un problema fondamentale.
Ecco perché credo che questa sia una scelta coerente, con un sistema istituzionale periferico fatto in un determinato modo, che prevede l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle Province, però — questo è un dato che ho colto in molti altri interventi, almeno nei pour-parler con i colleghi — credo che sicuramente occorre una sperimentazione di questa realtà istituzionale periferica, perché fin quando non definiremo esattamente e coerentemente il disegno istituzionale complessivo della nostra Repubblica, rendendo aderente anche la forma di stato, attraverso la riforma del bicameralismo, attraverso una forma di presenza più costruttiva delle Regioni nel Senato delle Regioni, occorre considerare anche queste scelte una fase di sperimentazione verso quelle forme di istituzioni che dovranno essere sempre più aderenti alle mutate condizioni di vita della gente e alle mutate condizioni culturali di una politica che secondo me ancora stenta a trovare una strada nuova, più originale, che convinca di più i cittadini alla partecipazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Sarò molto più breve del collega Luchetti, il quale ha utilizzato esattamente il doppio del tempo a disposizione.
Ho sentito questa mattina grossi attacchi alla “prima Repubblica” da molte parti. Visto quello che sta succedendo adesso c’è qualcuno che già la rimpiange, perché non abbiamo dato grossi spettacoli di miglioramento, con la “seconda Repubblica”.
L’Udc è sicuramente su una posizione, che stiamo discutendo anche a livello nazionale: per noi il sistema migliore sarebbe quello del cancellierato come in Germania. Sono sempre stato convinto di questo, l’ho detto in Commissione, lo ripeto in aula. Oggi, per quanto riguarda il sistema regionale che dobbiamo governare, in effetti la formula che è stata utilizzata è quella che più si avvicina a questo modello, anche se ovviamente non è questo il modello, perché il sistema proporzionale c’è per la ripartizione dei seggi tra i partiti, e questo è per noi un fatto positivo. L’elezione diretta del presidente ha sicuramente la funzione di calmierare le istanze eccessive partitocratiche. Se non fosse stata incostituzionale come norma e avessimo potuto inserire l’istituto della sfiducia costruttiva, questo sistema sarebbe stato il migliore. Ora il migliore non è perché quella norma è incostituzionale, quindi manca questo passaggio, per cui voteremo a favore di questo articolo, perché è quello che più si avvicina al nostro modello, anche se non rappresenta il nostro modello ideale. Però una sintesi va fatta, quindi riteniamo che questo sia un momento condivisibile all’interno di altre norme statutarie che invece non condividiamo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Cercherò anch’io di non dilungarmi, anche se riconosco a Marco Luchetti il diritto di usufruire del doppio del tempo, perché il suo ruolo di mediazione consueto richiede delle energie e delle risorse che non possono esaurirsi in quello che il regolamento consiliare consente. Devo ammettere che per la prima volta Luchetti, facendo riferimento al tasso di confusione che vige nel sistema delle autonomie locali, non ha dato la colpa al Governo Berlusconi ma ha dovuto ammettere, in questa difficile mediazione logica, che la confusione è generata dalla riforma ulivista della Costituzione, perché quel che stiamo facendo oggi deriva direttamente da un impianto che anche la Margherita ha contribuito ad approvare. Quindi una volta tanto la colpa è del centro-sinistra. Oggi sappiamo che in quest’aula si apprestano a formarsi maggioranze verosimilmente anomale, quindi debbo dire che anche questa “botta di vita” di Luchetti che una volta tanto non se la prende con Berlusconi va accettata.
Ricollegandomi alle valutazioni che già sono state fatte dai miei colleghi di maggioranza, per tanti decenni sulla questione dell’elezione diretta del presidente della Repubblica e dei sindaci si era formato un atteggiamento di vera superstizione ideologica in Italia, perché ricordavamo le battaglie solitarie di Giorgio Almirante in favore dell’elezione diretta, che ne hanno di fatto e oggettivamente consentito il ruolo di anticipatore delle svolte degli anni ‘90. Vorrei aggiungere, anche se con meno coinvolgimento emotivo e politico la figura di Pacciardi, il repubblicano che scontò una vera e propria marginalizzazione, ghettizzazione politica, perché verso gli anni ‘50 osò, da parte non neofascista, alludere ai sistemi presidenzialisti e diretti, come a soluzioni possibili per evitare o ridurre i rischi di una partitocrazia che esisteva e che già allora cominciava a muovere passi da gigante. Se questo è vero mi pare che da parte della sinistra estrema che compone questa maggioranza, un tanto di questa superstizione ideologica stenta a morire, proprio perché da alcune considerazioni che sono risuonate in quest’aula mi sembra che ancora ci sia una posizione, ripeto legittima, che ancora trae spunto da un atteggiamento psicologico e ideologico che probabilmente fa di tutt’erba un fascio e non va a cogliere i tanti aspetti positivi del sistema che andiamo ad approvare in questo Statuto. Onestà intellettuale impone di ricordare che Churchill diceva che la democrazia intellettuale è il peggior sistema, esclusi tutti gli altri e questo vale anche per le forme di governo, perché le forme di governo sono un mezzo e non un fine e non c’è forma di governo che in sé possa sommare tutti i pregi di questo mondo, quindi quando Viventi fa riferimento al modello costituzionale del cancellierato, che ha sicuramente tanti pregi, non si può dimenticare — lo dico con stima e benevolenza verso Viventi — che la Germania è un conto e l’Italia è un’altra cosa e che quindi, anche alcune forme di ammirazione istituzionale devono valutare le storie, le tradizioni di chi è destinatario di certi modelli istituzionali.
Vi è un altro elemento molto importante, che aggiunge meriti e assicura una certa efficacia e una certa forte considerazione del ruolo dell’elettore nel modello che ci apprestiamo a votare: il fatto che comporta la preventiva assunzione delle decisioni in ordine alla coalizione che deve andare a governare quando l’elettore si reca al voto. Questo è sicuramente un fatto che attiene ad un principio di responsabilità che le forze politiche non possono non avere, perché per quanto siano, soprattutto in queste settimane, aumentati gli epigoni della “prima Repubblica”, non si può non considerare come, al di là delle degenerazioni partitocratiche sulle quali si è intrattenuto ieri il mio collega Gasperi, vi è sicuramente un fatto che rappresenta un’importantissima conquista democratica per effetto dell’introduzione nel nostro sistema di questi modelli di elezione diretta: che le scelte si fanno prima e non dopo. Tutto ciò che attiene al negoziato e al conciliabolo partitocratico rischia di riportarci indietro qualora vi fossero meccanismi che consentono di applicare il principio “fatta la festa — o meglio le elezioni — gabbato lo’ santo”. Questo è sicuramente un principio di civiltà che va ad aggiungere meriti a questo modello che sicuramente ha dei limiti, come ve ne sono nel nostro sistema regionale e come ve ne sono anche nei sistemi di elezione diretta delle autonomie locali. Il vero contrappeso a quelli che possono essere gli eccessi che ci sono, del presidenzialismo, deve essere una forte consapevolezza formale e sostanziale del ruolo delle Assemblee elettive, torniamo sempre lì: l’anatra è zoppa fintanto che le forze politiche, la classe dirigente italiana, di tutti i partiti non farà questo passo, perché non vi è presidenzialismo possibile in assenza di un forte ruolo che non è solo frutto di assegnazioni di poteri formali ma è soprattutto frutto di un processo culturale e politico che stenta a farsi avanti, soprattutto in questo consesso regionale. Se non riprendiamo la consapevolezza del nostro ruolo, allora davvero gli eccessi presidenzialisti potrebbero tradire distorsioni che pagheremo e che probabilmente stiamo pagando. In occasione delle mie quattro parole di apertura su questa sessione di bilancio facevo riferimento al fatto che non mi interessa il tema delle deterrenze, sia sul piano dei regolamenti, che sul piano della fiducia, più o meno costruttiva, che deve avere il Consiglio nei confronti del Presidente, ciò che mi interessa è che vengano assicurate le condizioni perché la funzione di controllo politico possa essere legittimamente, effettivamente esercitata dall’Assemblea regionale nei confronti degli atti dell’Esecutivo: che l’Esecutivo operi, che faccia le sue nomine, ma io voglio avere i mezzi e gli strumenti per poter controllare tutto di quello che fa l’Esecutivo. Di qui a poco andrete ad approvare un conto consuntivo e un assestamento che sono la prova cartacea di come siamo noi stessi ad abdicare al ruolo che ci dovrebbe competere nel momento in cui accettiamo che uno dei documenti contabili più importanti sia reso virtualmente illeggibile, incomprensiblie, valutabile solo nella ristrettezza dei tempi. Siamos stati Speedy Gonzales questa volta, perché pioveva, cascava il mondo se non facevamo il consuntivo e l’assestamento in cinque minuti e mezzo, con appena due riunioni della Commissione, perché c’è fretta.
Nel momento in cui accettiamo lo svilimento del nostro ruolo, nel momento in cui accettiamo che soprattutto nella materia finanziaria ci possa essere sottratta la possibilità concreta di una lettura di ciò che legittimamente il Presidente della Giunta cerca di fare, lì l’Assemblea elettiva rinuncia a se stessa, non perché vi siano delle distorsioni imposte dalla forma di governo ma perché le distorsioni sono il nostro cervello, soprattutto nel rischio incessante di cedere a quelle che sono, quelle sì, le tentazioni dell’opportunismo partitocratico, che non era solo quello della “prima Repubblica” ma è anche quello di una “seconda Repubblica” che svilisce le assemblee elettive e davvero rendere improbabili certe scelte presidenzialiste che dovrebbero essere legittimamente assunte, ma altrettanto legittimamente valutate, se del caso censurate, dall’intero corpo elettivo che insieme al presidente l’elettorato sceglie.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Sono d’accordo con il gruppo di votare questo articolo, che ha una grossa valenza. Se ieri mattina non ci fosse stato un presidente eletto direttamente dai cittadini marchigiani, con i giochi, con le pressioni e con i “ricatti” che ci sono stati — parlo sotto l’aspetto politico — da parte dei piccoli partiti della minoranza, molto probabilmente il nostro Presidente D'Ambrosio sarebbe caduto, sarebbe avvenuto quello che è avvenuto sempre in questo Consiglio nelle altre legislatura, cioè prima del 1995, con situazioni di ingovernabilità e di cambio di assessori, fino ad arrivare allo stesso Presidente.
Noi abbiamo dei doveri, non solo per garantire gli equilibri, ma per garantire anche il mondo economico, oltre che politico nell’ambito della nostra regione e a livello nazionale, alla stessa Repubblica. Basta vedere le intemperanze che vi sono state nell’ambito dei partiti della maggioranza dieci giorni fa, che avevano determinato situazioni di grande difficoltà proprio nel settore economico, specialmente azionario, del nostro Stato. Questo, in piccolo, può avvenire nella nostra Regione. Ecco perché è importante e fondamentale, indipendentemente dalla maturazione avvenuta in senso politico vero, perseguire questa forma di presidenzialismo, che può avere situazioni di non perfezione, ma nell’ambito di una realtà, nell’ambito di una situazione economica all’interno della nostra regione e all’interno della nostra nazione è quello che dà una garanzia e una certezza affinché ci sia, successivamente, una richiesta di consenso o una bocciatura da parte dell’elettorato nel omento in cui si sa con certezza chi sono i responsabili o coloro che devono essere premiati per ciò che hanno fatto e per ciò che hanno portato a compimento in funzione dei programmi che erano stati approvati o non approvati con il consenso elettorale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Non voglio assolutamente chiudere il dibattito e non voglio neanche fare un lungo intervento su una tematica così complessa. Voglio però avere l’occasione per esprimere non tanto un punto di vista ma l’orientamento del voto.
Le questioni che qui sono state trattate mi hanno sempre visto in una posizione molto precisa, contraria all’elezione del Presidente della Giunta regionale intesa come elezione diretta. Per quello che attiene al lavoro fatto in questi anni e al dibattito che c’è stato già nel quinquennio precedente, voglio fare riferimento a quello che per me è stato il punto emblematicamente più alto, pensando ai documenti che resteranno comunque alla Camera dei deputati, al confronto che ho avuto in Bicamerale quando rappresentavo i presidenti dei Consigli regionali, un confronto diretto con l’allora presidente della Conferenza dei presidenti delle Giunte collega Formigoni. Le cose lì dette restano a documentazione di un percorso culturale che ha rappresentato un’esperienza di vita e che ha segnato la storia piccola, minima della democrazia delle Regioni in questo periodo.
Per queste questioni, per un riferimento proprio alla storia di questi anni, alla documentazione vasta degli interventi di questi anni, per la storia personale, per una questione di coscienza dirò via via, nella discussione degli emendamenti, qual è la posizione della Commissione, che in realtà è di rigetto degli emendamenti stessi, che non sarà l’espressione del mio voto personale, così come rispetto al voto finale sull’articolo 7 dichiaro adesso, perché resti agli atti, il mio voto contrario nella memoria anche di quel lontano concittadino senigalliese, Mondolfo, che quando se ne andò lontano da un’Italia che stava molto peggiorando, decise di assumere posizioni precise su quelli che erano sistemi che si avvicinavano a una deriva plebiscitaria che non condivido.

PRESIDENTE. Propongo di procedere nello stesso modo con cui abbiamo lavorato ieri, cioè fare la discussione congiunta e poi votare separatamente, senza riaprire la discussione.
Pongo in votazione l’emendamento n. 49, che è identico al 50 e al 51.

Il Consiglio non approva

Decadono il 50, il 51, il 58, il 59, il 60, il 62, il 63, il 68, il 69, il 72, il 73.
Emendamento n. 52. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Decade l’emendamento n. 54.
Emendamento n. 53. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 55. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Decade l’emendamento n. 61.
Emendamento n. 56. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

Fabrizio GRANDINETTI. Questo emendamento vuol mettere un freno agli assessori esterni di nomina del Presidente della Giunta, anche perché abbiamo combattuto una battaglia per il limite del numero dei consiglieri regionali, quindi è chiaro che quello che passa dalla porta non può passare dalla finestra come successo qualche ora fa a Macerata in cui l’ex collega Silenzi ha nominato 7 assessori esterni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Una Giunta autorevole ha le radici dentro il Consiglio. E’ una cosa su cui ci siamo più volte confrontati in questo Consiglio regionale, perché, senza nulla togliere alle persone, gli assessori che non sono contemporaneamente consiglieri hanno un minor peso. Questo accade nei Consigli comunali, dove gli assessori che si dimettono da consiglieri, in tutti i comuni sopra i 15.000 abitanti, hanno poi uno scarso impatto con le decisioni dell’aula. Quindi, per dare maggiore importanza all’istituzione, crediamo che non debbano superare il numero di due.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Veramente è la fiera delle incongruenze quello che sento. Da una parte si patrocina il presidenzialismo, che è il massimo della scissione tra il potere esecutivo e il potere legislativo e consiliare e dall’altra si dice che l’esecutivo deve affondare le sue radici assessorili dentro il Consiglio.

Carlo CICCIOLI. E’ il contrappeso politico al presidente.

David FAVIA. Ma quale contrappeso? Bisogna essere coerenti: o il presidente ha il potere proprio perché il presidenzialismo che voi patrocinate porta il presidente a scegliere all’interno del Consiglio o come vuole, oppure questa è una cosa di una incoerenza assoluta. Addirittura limitare a due: che senso ha? O tutto o niente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. A sostegno di quello che diceva il consigliere Ciccioli voglio ricordare al consigliere Favia che il candidato Presidente della nostra Regione si presenta come leader di una coalizione che è fatta di liste, di partiti, di programma preventivo e quindi quello che dice Favia potrebbe valere per gli Stati Uniti d’America, dove la lotta la fanno i due presidenti, qui invece il presidenzialismo è mitigato e corretto, anzi arricchito da un sistema fatto su un programma, su una coalizione di partito di cui come leader, elemento di punta è il presidente.
Pongo in votazione l’emendamento n. 56.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 7 come emendato.

Pietro D'ANGELO. Chiedo la votazione per appello nominale, a nome anche dei consiglieri Ricci e Procaccini.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, a partire dal n. 1.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini sì
Amagliani no
Amati no
Ascoli sì
Avenali astenuto
Benatti sì
Brini sì
Castelli sì
Cecchini no
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli sì
Comi sì
D’Ambrosio sì
D’Angelo no
Donati sì
Favia no
Franceschetti sì
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti sì
Luchetti sì
Martoni no
Massi sì
Melappioni sì
Minardi sì
Modesti sì
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi astenuto
Romagnoli sì
Secchiaroli sì
Spacca sì
Tontini sì
Trenta sì
Viventi sì

Il Consiglio approva

PRESIDENTE. Emendamento n. 57. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Articolo 8. Gli emendamenti nn. 58, 59, 60 e 61 sono decaduti. Pongo in votazione l’articolo.

Il Consiglio approva

Decadono gli emendamenti 64 e 65.
Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Emendamento n. 66. E’ identico al 67. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Questa soppressione era funzionale agli emendamenti precedenti, perché erano legati alla elezione indiretta del Presidente, per via consiliare o per indicazione. Comunque lo ritiro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 10.

Il Consiglio approva

Decadono gli emendamenti 70, 71, 72, 73, 74, 75, 76, 77
Articolo 11. Ci sono sette emendamenti. Li discutiamo tutti insieme e li votiamo separatamente.
Ha la parola il consigliere Grandinetti.

Fabrizio GRANDINETTI. Propongo di cassare “democratica” in quanto ritengo che l’affermazione sia pleonastica. Penso non vi sia alcun dubbio sul fatto che viviamo in un regime di democrazia. Inoltre, se si fanno richiami alla Costituzione italiana, vi ricordo che è stata approvata subito dopo un’epoca non liberale, di conseguenza il richiamo alla democrazia è oggi una cosa superata, anzi il ricordo alla democrazia, più direttamente nella storia è dato dalle repubbliche democratiche dell’est, che non erano proprio democratiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. L’emendamento 79 intende esplicitare il comma aggiungendo: “indirizzo politico e di controllo, poi rimane tutto qual quale. Siccome questa funzione di indirizzo politico e di controllo non è esplicitata mi sembrava opportuno che l’Assemblea legislativa l’avesse come funzione definita e non acquisita come prassi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. L’emendamento 81 a questo punto è non più votabile, perché presupponeva che il vicepresidente venisse eletto unitamente al presidente. Avevo già spiegato i motivi per cui era necessario, l’aula non li ha colti, quindi non ha senso.
Altrettanto inutilmente, credo, spiego il senso dell’emendamento 82, che pone una composizione numerica del Consiglio. Ho visto che altri colleghi hanno proposto la soppressione tout-court del comma secondo dell’art. 11, il che vincolerebbe automaticamente anche la questione della legge elettorale al numero dei consiglieri assegnati all’attuale normativa del 1995. Il problema che vorrei porre rispetto alla soppressione del secondo comma, è che a questo punto verrebbe a mancare la precisazione che il Presidente della Giunta regionale è anche un componente sui generis e necessario del Consiglio regionale. Mi sembra, proprio nello spirito della riforma presidenzialista che tutti hanno valutato e che l’aula a larga maggioranza ha riconfermato, che la Giunta del presidente eletto sia una necessità coerente e conseguente.
Circa il numero dei consiglieri, che suggerisco in 43 piuttosto che in 40, al di là della scelta della cifra tonda, che è un dato meramente estetico né politico né funzionale e ovunque è vulnerato quando si diventa 42 o 44 o 45, si è aperta una piccola corsa di numeri validi peri l gioco del lotto rispetto al quale non si può trovare una sintesi. Il problema dei 43 è un modo per affrontare sotto il profilo strettamente numerico la questione della ripartizione della popolazione delle marche nelle cinque province. Dato per certo il numero degli abitanti della regione Marche, che ci viene dal censimento del 2001, dato per noto il numero degli abitanti delle cinque province, la soluzione dei 40 è matematicamente una delle più inique perché pota le province di Fermo, Ascoli e Pesaro ad avere resti grosso modo della stessa consistenza numerica, di circa mezzo quoziente, con una differenza di poche migliaia di abitanti, se non poche centinaia. Il meccanismo dei resti premia Pesaro e penalizza Fermo rispetto ad Ascoli, con delle soluzioni che sono già sperequative rispetto alla ripartizione dei seggi per province. Porsi poi, come qualcuno vorrebbe, il problema di riequilibrare con l’alterazione postuma dei numeri del Consiglio una situazione che già è sperequata a nuovo, mi sembra abbastanza inopportuno e allora, con la elevazione da 40 a 43 consiglieri si evita il meccanismo che province con popolazione diversa, come Pesaro e Macerata, abbiano lo stesso numero di seggi, o che province con popolazione non così differenziata, come Fermo e Ascoli, abbiano un numero di seggi fortemente divaricato. E’ una prima occasione di evitare una distorsione, poi altre distorsioni possono essere risolte in altro modo, anche se nel dibattito extraconsiliare ed extraformale che si è respirato in questi corridoi non sembra che una soluzione tecnicamente soddisfacente sia stata prospettata. Almeno il meccanismo della indicazione del numero dei seggi a 43 corregge ic et nunc il rischio di una sperequazione sull’assegnazione dei seggi delle province.
Certo che chi parla non ignora che i dati delle popolazioni non dovrebbero differire più di tanto. Esiste il rischio che ulteriori spostamenti dei confini fra province rendano nuovamente non equamente ripartibile il numero di 43, ma siccome stiamo licenziando un atto che va pressoché subito ad un’(applicazione pratica e credo di non scandalizzare nessuno se dico che la prima applicazione pratica, quella dei prossimi mesi, ha tenuto banco in tutte le valutazioni teoricamente istituzionali e teoricamente permanenti che avrebbero dovuto presiedere questo discorso, mi sembra che la soluzione dei 43 possa rispondere, al di là delle esigenze personali ed elettoralistiche di ciascuno, che ciascuno guarda, a criteri oggettivi che sono gli unici che possono trovare un momento di riequilibrio anche tra le diverse posizioni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

Fabrizio GRANDINETTI. Intervengo in quanto presentatore del subemendamento 081, per confermare che noi chiediamo che sia lasciato il numero a 40 come oggi, e nemmeno a 40+2 come nella bozza di Statuto che stiamo approvando. Io ritengo che era possibile anche aumentare, ma con una norma transitoria che ci permettesse di arrivare fino al 2010 con i 40 e poi di aumentare quando si fosse ridotto il numero di parlamentari di Camera e Senato, anche se il 2011 è troppo tardi, a mio avviso. Non vedo perché noi dobbiamo aumentare i seggi sei anni prima. Ritengo che siano discutibili anche le motivazioni per cui si va a fare un’operazione di questo genere, in quanto se è vero che abbiamo nuove competenze è anche vero che ne avremo altre di competenze, con la devolution, è vero pure che abbiamo passato competenze amministrative a Comuni e Province, poi è anche vero che si potrebbe ridurre il numero delle Commissioni a quattro, in quanto ve ne sono di obsolete, create ad arte per nominare un presidente e un vicepresidente. Porto ad esempio la VI Commissione che è stata fatta per collocare qualche carica in più per i consiglieri regionali, ma non ha un’utilità e si riunisce molto poco. Queste sono le motivazioni per cui propongo questo emendamento.

PRESIDENTE. Gli emendamenti 83 e 84 di Modesti e di Favia-Rocchi sono ritirati. Resta il subemendamento presentato da Franceschetti, 081 bis.
Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Chiedo di sostituire il comma 2 dell’art. 11 dicendo semplicemente che il Consiglio è composto da 42 consiglieri, perché attenstandoci sul risultato scaturito dal lavoro della Commissione, che prevedeva 40+2, è opportuno mettere un numero fisso, preciso, perché sappiamo che c’è un rischio se facciamo riferimenti, nello Statuto, che dettano condizioni alla legge elettorale, cioè che lo stesso Statuto possa essere impugnato da parte del Governo, quindi per evitare questo rischio noi diciamo che il numero dei consiglieri è 42, poi sarà la legge elettorale a decidere come ripartire questi 42 consiglieri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. C’è un emendamento del gruppo An con il quale si propone di rimandare alla legge elettorale e non allo Statuto il compito di individuare il numero dei consiglieri, cosa che avrebbe risparmiato a quest’aula ore e giorni di attesa e ulteriori fibrillazioni. Mi si dice che non era possibile sottrarsi a questo tipo di indicazione perché c’è un parere. A questo punto ho voluto esternare le motivazioni che ci avevano spinto a proporre l’emendamento, ma sotto questo profilo lo dobbiamo considerare ritirato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Noi abbiamo di fronte la necessità di coniugare la rappresentanza dei territori in maniera equa e possibilmente con numeri che siano abbastanza vicini a una ripartizione intera. In questo senso l’emendamento di Novelli è centrato dal punto di vista matematico, con delle unità intere, dei quozienti. Infatti 43 è l’unico numero in cui, in tutte le Province i resti sono minimali e questo sarebbe il migliore criterio di rappresentanza numerica delle Province, perché non ci sono resti significativi. Su un quoziente di 35.000, rappresenta una cifra modesta. Quindi se scegliamo questo criterio, la migliore proposta è quella di 43, perché dà la rappresentanza a tutte le province, sia quelle attuali che quelle nuove potenziali. Se andiamo a un discorso di ripartizione, l’altro numero accettabile è 42 che permette, anche se c’è una punizione notevole nei confronti di Macerata — che ha un resto molto forte che non viene rappresentato — una rappresentanza abbastanza equa. Credo che il pendolo si debba fermare a 42 tutti insieme o 43 con il presidente perdente, che aumenta il numero dei consiglieri regionali, ma questo è quanto io credevo personalmente, cioè di avere una rappresentanza equa e le possibilità di lavoro ripartite nelle Commissioni abbastanza significative.
Se riusciamo a raggiungere un equilibrio su questo, a nome del gruppo di An dico che questi emendamenti li voteremo. O 42 tutti comprensivi, oppure 43+2.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D'ANGELO. Già dal dibattito generale era emersa questa volontà e questa spinta frenetica da parte di qualche componente politica e di qualche collega all’aumento del numero dei consiglieri, addirittura si parlava di 50. Per fortuna vedo che questo Consiglio, tenuto conto di molte cose, non ultima quella relativa all’appesantimento economico del bilancio regionale, ha avuto un ripensamento, ma fino all’ultimo si sta lottando per “sgraffignare” 1, 2, 3 consiglieri che possano dare più garanzia a uno piuttosto che a un altro. Ritengo, come ho già detto, che 40 è un numero sufficiente, per cui sono contro gli emendamenti che aumentano i numero dei consiglieri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Come Forza Italia non vogliamo dare la sensazione che si sta ad un mercato o si giocano i numeri al lotto. La valutazione che bisogna dare con serenità è quella di avere tutte le garanzie territoriali. Tra non molto si innescherà un altro motivo di discussione, la nuova Provincia di Fermo. Stiamo discutendo questa legge elettorale non più su 4 ma su 5 Province. Il problema non è un posto in più o in meno, ma la territorialità, se la vogliamo rispettare. Non è giusto che in una nuova Provincia ci siano 4 consiglieri regionali, nella provincia “Anconacentrica” ce ne siano 17. Questo è il dato che dobbiamo affrontare e discutere. Non è possibile polarizzare, per interessi di Ancona, dare la sensazione che gli altri sono accaparratori di posti e di logiche di assegnazioni per il proprio partito, per il proprio orticello.
Siccome non si vuol eliminare il grosso ostacolo di questa legge, dobbiamo dircele tutte fino in fondo: per accontentare gli anconetani dobbiamo fare una legge che metta d’accordo tutti i partiti della maggioranza.

Lidio ROCCHI. Prendi i voti, prendi i voti a Civitanova...

Ottavio BRINI. Non ti agitare... Ti agiti... Per chiamare te bisogna fare il prefisso. I voti li avevi una volta, “ei fu”... Siccome non fai più parte... (Interruzione). A Civitanova c’è Marinelli che governa.

Lidio ROCCHI. ..Silenzi! Silenzi ti ha portato via tutto!

Ottavio BRINI. Ma Silenzi faceva le leggi bene, tu le stai facendo da somaro. Si rimpiange Silenzi, tra te e Silenzi c’è un abisso. Silenzi faceva l’amministratore, tu lo fai per diritto divino, questa è la differenza.

Lidio ROCCHI. Ma che dici, che dici?

PRESIDENTE. Assessore!

Ottavio BRINI. Tanto è vero che ti dovresti vergognare: hai chiamato Ceroni, hai chiamato Cesaroni quando eri in difficoltà per il tuo collegio. Hai chiamato un consigliere anconetano di Forza Italia per pararti la tua poltrona. Vergognati! Hai chiamato un consigliere di Forza Italia anconetano per dire “qui mancano i posti”. E ancora fai il moralista? Ma smettila! Ma non vi vergognate? Hai chiamato un consigliere di Forza Italia in aiuto a una legge, per garantirti il posto. Tu preoccupati dei voti che non hai.

PRESIDENTE. Consigliere, per cortesia, concluda il suo intervento.

Ottavio BRINI. Io concludo, ma quando gli si tocca quel “posticino” si agita.

Lidio ROCCHI. Se vuoi un po’ di voti, te li do io.

Ottavio BRINI. Rocchi, tu hai fatto parte di tutte le coalizioni, non darmi lezioni, oggi.

Lidio ROCCHI. No, no, te le posso dare, perché tu dimentichi una cosa...

Ottavio BRINI. Chi te lo ha detto?

Roberto GIANNOTTI. Presidente, può garantire il diritto di un consigliere di parlare?

Ottavio BRINI. Ti posso dire con serenità che quando mi giro non trovo un tuo amico dietro di me, a Civitanova. Io Cesaroni non l’ho chiamato mai per fare la legge elettorale, l’hai chiamato tu. Non ti agitare, che tanto un “postarello” te lo trovano comunque.

Lidio ROCCHI. Che lezioni dai?

Ottavio BRINI. Ma parla per te, per lo 0,6 che rappresenti.

Lidio ROCCHI. E tu ci arrivi fra poco.

Ottavio BRINI. Ci arriveremo, non è un problema. Però noi non siamo “Anconacentrici”, non siamo eletti con il Cur, noi andiamo sul campo Personalmente ho preso 4.747 preferenze, su una provincia di 290.000 abitanti e alla prima legislatura, se ti serve come esempio. Con il collega Grandinetti abbiamo 10.000 preferenze su 30.000 voti. E tu fai lezioni a noi? Stai calmo, rilassati, che forse ti ci lascerà il nuovo coordinatore regionale Pieroni.
Il problema è che adesso abbiamo una provincia in più e bisogna tenerne conto, perché è una realtà nuova, che deve avere una sua rappresentanza. Noi abbiamo fatto un emendamento con i colleghi Grandinetti e altri, per 40 consiglieri. Poi c’è chi intendeva 40+2 ecc., ma la soglia è questa. Noi non ci eravamo preoccupati di farne 40 o 50 perché a Forza Italia di più non ne scattano. Però noi vogliamo fare una legge che sia equa e rispetti tutto il territorio.
A Macerata ce ne spettavano 7, è rimasto fuori Modesti ingiustamente, per una legge sbagliata. Macerata è rappresentata da 5 consiglieri regionali, quando gliene spettavano 7. Non è giusto questo. Questo è il dato che dobbiamo discutere. Perché Modesti per una legge sbagliata non è stato eletto, oppure per una legge sbagliata non è stato eletto uno di Pesaro ed è stato eletto uno di Macerata? Perdendo sempre seggi. Noi chiediamo una legge equa, giusta, che rispetti il territorio, non i partiti politici.
Quindi, se mi avessi fatto completare il discorso, sicuramente avresti condiviso quello che dicevo. Non è che noi facciamo una battaglia per il partito ma per la rappresentanza del territorio. Infatti avevo iniziato chiedendo di dare garanzie territoriali, poi sono il primo a dire che non sono bravo a distinguere fra D’Hondt, proporzionale ecc. Infatti non ho mai partecipato a una riunione perché non è mia competenza, però chi se ne intende e sa fare queste cose sta lavorando per dare veramente quella territorialità che è giusto dare, perché noi dobbiamo essere seri nei confronti di tutti, poiché il territorio deve essere coperto da tutti in base ai seggi che spettano a ognuno. Se ad Ascoli ne spettano 8 è giusto che ne prenda 8, se a Pesaro ne spettano 10 è giusto che ne prenda 10, a Macerata 8, ad Ancona 14. Altrimenti diamo anche un brutto spettacolo all’esterno, a chi ci sta ascoltando, anche per come vengono riportate le notizie sulla stampa. Sembra che siamo ad un mercato. Invece dobbiamo fare una legge equa e giusta e che rispecchi e tuteli il territorio e soprattutto la legge in base ai consiglieri che a ognuno spetta. Poi sono 42, 43, 40? Questo è il discorso finale, però prima dobbiamo fare una legge equa e giusta, che rispecchi tutte le province.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Presidente, riterrei opportuno una sospensione per una riunione dei presidenti di gruppo, per concordare su questi subemendamenti ed emendamenti.

PRESIDENTE. Non la riunione dei presidenti di gruppo, che presiedo io, ma una sospensione siamo abituati a concederla, anche per valutare un emendamento che non comprendiamo.
La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,25,
riprende alle 13,55

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 78.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 79. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

L’emendamento 80 è ritirato. Subemendamento n. 081. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Carlo CICCIOLI. Chiedo la ripetizione del voto.

PRESIDENTE. Pongo nuovamente in votazione il subemendamento 081.

Il Consiglio approva

Decadono gli emendamenti 81, 82, l’83 e l’84 sono ritirati.
Pongo in votazione l’articolo come emendato

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Emendamento 85. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Mi è sembrato più opportuno dare una chanche ai giovani in funzione del fatto che i consiglieri segretari, in prima seduta sono i due consiglieri più giovani quindi riterrei opportuno che in caso di parità tra i vicepresidenti sia eletto il più anziano e di parità tra i segretari il più giovane. Mi sembrerebbe un omaggio ai giovani che fanno politica.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 13 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Emendamento 85 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 86. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Questo emendamento, insieme ad altri rientra in una richiesta che i gruppi attualmente all’opposizione hanno fatto un’esigenza che hanno posto: quella di disegnare nel nuovo Consiglio regionale un ruolo più preciso e più attivo delle opposizioni. A noi sembra che l’attuale norma e anche la proposta di nuovo Statuto non tenga conto di questa esigenza di rafforzare la possibilità di controllo e di vigilanza da parte dei consiglieri regionali. Le proposte emendative che abbiamo presentato vanno tutte in questa direzione, tanto da configurare quello che abbiamo chiamato “Statuto delle opposizioni”. E’ stato detto che al posto degli emendamenti avremmo dovuto porre la questione. Ho voluto richiamare queste proposte emendative, partendo da quelle più modeste, per ribadire che abbiamo comunque presentato una risoluzione che verrà messa ai voti alla fine della seduta, rispetto alla quale mi sembra sia stato espresso un orientamento abbastanza favorevole da parte dei membri della Commissione. Questa è un’altra delle questioni, insieme a quelle di valore, insieme alle modifiche sul preambolo che noi abbiamo posto. Questo emendamento in particolare vuol sanare una difficoltà oggettiva che i consiglieri regionali incontrano tutti i giorni nell’espletamento del loro lavoro, cioè la possibilità di poter accedere agli atti preparatori. Di norma, se il funzionario è troppo zelante o se l’assessore non si assume la sua parte, il rischio è che questo tipo di documentazione che può essere importantissima per la predisposizione di un atto di sindacato ispettivo o altro, possa venire legata. La richiesta è di eliminare questo concetto e di consentire questa possibilità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Rispetto a questo emendamento non avrei niente da eccepire se non sapere se con atti deliberatori siano individuabili atti specifici, nel senso che quando si parla di atti credo che si tratti di atti formalizzati. Con “preparatori” diventa difficile poter racchiudere in una categoria specifica una cosa molto indefinita. Quindi credo che sia inopportuno metterlo in questo modo, a meno che nel regolamento del Consiglio si possa avere la possibilità di precisare bene questa questione. Forse è meglio demandare questa possibilità al regolamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Secondo me questo emendamento merita attenzione. L’aggettivo è “atto preparatorio”, non “atto istruttorio”, quindi non si va a interferire su “semilavorati” che potrebbero essere forieri di equivoco o di interferenza indebita nella legittima formazione del processo decisionale dell’Esecutivo, si fa riferimento agli atti preparatori. Questo è un problema serio. Rientra, ancora una volta, nella questione della dignità del Consiglio. Sancire con precisione che il diritto di accesso non può essere sottoposto a valutazione o a giudizio di accettabilità o meno quando la richiesta è “chiedo un atto preparatorio”, è importante che si evidenzi, proprio per quella necessaria sottolineatura della funzione consiliare di cui si ha bisogno. Credo che sia questo il luogo fisico e giuridico perché si fa riferimento alla legge suprema, che sullo status dei consiglieri, inteso come facoltà, attribuzione, è bene che sia indicato, proprio perché si possa invocare lo Statuto ogni qualvolta, nel disbrigo quotidiano, nella prassi che ci vede interlocutori degli operatori amministrativi non vi possa essere dubbio alcuno.
La realtà dei fatti è che spesso, rispetto ai nostri diritti così come formalmente sanciti la nostra possibilità di accesso viene vanificata nella prassi, nella Costituzione materiale. Ecco l’importanza per questa Assemblea che tante volte ha richiesto dignità, possibilità di esercitare al meglio la propria funzione. Quindi dire “gli atti, anche preparatori”... (Interruzione). Per esempio, quando facciamo il rendiconto l’atto preparatorio sono le tabelle che via via si formano, quelle che avete cambiato anche questa mattina. Quindi la possibilità di conoscere, non solo in occasione della sessione di bilancio, ma via via quali sono le consistenze patrimoniali dei beni e dei cespiti. Quello è un atto preparatorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. La categoria di atti preparatori è talmente vaga che, messa qui significa tutto e niente. Gli atti preparatori possono essere anche una lettera che mi scrive un dirigente dicendo “facciamo questo”. E’ una categoria troppo vaga e, in quanto tale, la trovo inappropriata in questo testo. Anche perché sotto ci sono i dati e i documenti, quindi quelli sono gli elementi fondamentali.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 87. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Noi siamo per superare il segreto d’ufficio.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 16. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Il nostro è un giudizio sospeso, nel senso che noi voteremo a favore, perché non si può non votare a favore di un articolo come questo, ma c’è una proposta di ordine del giorno sottoscritta da tutti i consiglieri di opposizione che chiede che il regolamento consiliare preveda uno specifico “Statuto delle opposizioni”. Evidentemente questo giudizio è legato anche al tipo di atteggiamento che la maggioranza avrà su questo documento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 16.

Il Consiglio approva

Articolo 17, emendamento n. 88. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 17.

Il Consiglio approva

Articolo 18. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 19, emendamento n. 91. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Lo ritiro. La Regione non è abituata a strumenti di controllo precisi. Noi riteniamo invece che il nuovo “Statuto delle opposizioni” debba prevedere la possibilità che alle stesse opposizioni possa essere affidata la presidenza di alcune Commissioni di controllo dell’attività, che vanno istituite.

Emendamento n. 91 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo n. 19 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 20. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 21, emendamento n. 92. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 92 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 92 ter. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 93. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 21 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 22, emendamento n. 94. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Noi insistiamo per l’ammissione di questo emendamento, perché riteniamo che in Commissione Statuto, nonostante se ne sia parlato, si sia sorvolato sulle funzioni delle Commissioni. In linea con l’aumento delle funzioni e delle competenze regionali ed anche con l’aumento a 42 dei consiglieri regionali per questa stessa ragione, riteniamo che vada rivista anche la funzione delle Commissioni verso un maggiore snellimento e una maggiore funzionalità delle stesse, anche prevedendone competenze nuove, perché siamo l’unica Regione che non prevede la funzione deliberante o legislativa ed anche redigente, delle Commissioni. Siamo rimasti alla Commissione con funzioni esclusivamente consultive e questo è grave, perché buona parte dell’attività preparatoria legislativa può essere svolta, e in alcuni casi definita, dalle Commissioni. D’altronde questo è un articolo molto corretto e rispettoso delle minoranze, perché prevede in linea di massima la funzione esclusivamente consultiva, in casi di particolari richieste, quindi quando venga richiesto dalla unanimità della Conferenza dei presidenti di gruppo e dalla unanimità delle forze presenti nella Commissione, la possibilità di svolgere la funzione redigente, che significherebbe rimettere il voto esclusivamente finale in aula, oppure deliberante, con possibilità di stop e di veto in qualunque momento e tornare in aula. Mi auguro che una riflessione possa essere fatta, diversamente faremo un ordine del giorno che recepisca questo orientamento, perché abbiamo parlato di valorizzazione e di snellimento, nonché di risorsa dell’attività del Consiglio, riteniamo che questo vada esattamente verso quella direzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Noi abbiamo lungamente discusso questo tema in Commissione e la sintesi finale era di non avvalorare il percorso che adesso viene indicato. Tra l’altro il testo proposto dall’emendamento all’art. 22 firmato da Romagnoli ed altri è così corposo da modificare sostanzialmente, comunque da avere un peso eccessivo. Quindi sono per bocciarlo e poi di valutare l’ipotesi di un ordine del giorno che dia delle indicazioni al regolamento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 95. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo.

Il Consiglio approva

Articolo 23, emendamento n. 95 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 96. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Questo emendamento recepisce, in concreto, un’esigenza osta dalle associazioni degli imprenditori, quella di avere un ruolo attivo rispetto alle scelte di politica regionale. E’ stata fatta l’obiezione che questa possibilità è comunque garantita. Noi diciamo che è garantita ma dipende sempre dalla discrezionalità della Commissione. Invece, evidentemente, questa proposta emendativa intende porre una questione di metodo: che rispetto a scelte di fondo che riguardano le politiche regionali, le Commissioni devono sentire preventivamente il sistema degli enti locali e delle formazioni sociali. Se mi consente, Presidente, vorrei segnalare che alle 12,30 di oggi è stato ucciso un carabiniere nella città di Sant’Agata Feltria, un comune della provincia di Pesaro. Credo che sia più che lei si faccia carico di esternare all’Arma dei carabinieri e alla famiglia il cordoglio del Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Grazie per l’informazione.
Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Siamo contrari a questo emendamento, mentre siamo assolutamente d’accordo con la proposta del consigliere Giannotti rispetto a questo tragico lutto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 23 come emendato.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 97 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 24. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 25. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 26. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 27. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 28. Emendamento n. 99. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 99 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 100. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 28 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 29, emendamento n. 101. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 101 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 102 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 29 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 30. Emendamento 0103. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 104. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Tenendo conto della sintesi fatta in Commissione, già a nostro modo di vedere rappresentava una forzatura, ma prevedere che si formalizzi nello Statuto il fatto che organismi di tipo tecnico abbiano, al pari degli enti locali, la potestà legislativa, mi sembra una deriva eccessiva e comunque noi non lo voteremo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 30 come emendato.

Cesare PROCACCINI. Chiedo la ripetizione del voto dell’emendamento precedente, altrimenti abbandoniamo l’aula.

Roberto GIANNOTTI. Non è possibile, perché il Presidente ha proclamato la votazione.

PRESIDENTE. Come fatto anche in precedenza, pongo nuovamente in votazione l’emendamento 104.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 30 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 31, emendamento n. 105. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Noi abbiamo voluto porre una questione, anche qui, raccogliendo l’invito formulato dalla p residente della Commissione, per richiamare un fatto di democrazia. Questo Consiglio regionale rischia, sul piano legislativo di non essere democratico. Non è pensabile che la facoltà che viene data ai consiglieri e quindi anche ai consiglieri aggregati in un gruppo politico, di presentare una proposta di legge, venga mortificata da sotterfugi o alchimie di qualsiasi genere. Noi chiediamo che le proposte di legge possano essere sottoposte all’esame del Consiglio regionale. Il Consiglio regionale è lo strumento sovrano, che può decidere di non trattare una proposta. Non può avvenire come oggi che una proposta viene assegnata alla Commissione, viene nominato il relatore, dopodiché rimane impantanata dentro la burocrazia delle Commissioni consiliari. Il senso della nostra richiesta è questo. Ci batteremo perché il regolamento consiliare preveda questa possibilità. Comunque ritiriamo l’emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 31.

Il Consiglio approva

Articolo 32. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 33. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 34. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 35. Emendamento 105 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 35 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 36. Emendamento 106. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

Fabrizio GRANDINETTI. Illustro tre emendamenti. Sono contrario a che venga formalizzato e costituito il CAL, anche se previsto dalla Costituzione, perché a mio avviso è un’altra Assemblea pletorica dove sistemare del personale politico e probabilmente ci saranno gettoni di presenza. Non ne sentiamo il bisogno, perché si sono sempre consultati Comuni, Province, vari enti. Ritengo sia più necessario il CREL che porta competenze del mondo economico, davvero necessarie.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento 106.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 107. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 36 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 37. Emendamento 108. Se passa decadono il 108 e il 110. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Decade l’emendamento n. 109.
Emendamento n. 110. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Credo che questo emendamento possa essere interpretato più come tecnico che altro, nel senso che l’articolo sul CAL al terzo comma prevede, alla lettera a) la modalità di elezione, cioè indica come debba essere eletto nell’autonomia regolamentare del Consiglio e si dice che deve essere eletto da una base composta da eletti negli enti locali. Credo che questo sia estremamente limitativo della democrazia interna di questo Consiglio, quindi suggerisco che questa base sia composta da tutti gli eletti negli enti locali, che mi sembra la base elettorale naturale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 37.

Il Consiglio approva

Chiedo scusa all’aula, perché l’emendamento 109 non era decaduto, quindi lo pongo in votazione. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Crediamo che il CAL sa una delle tante cose che può regolare la legge e non un elemento costitutivo importante da dover inserire nello Statuto.

Silvana AMATI. Noi riteniamo di mantenere il numero, perché temiamo rischi di ipertrofia e perché riteniamo che quando abbiamo fatto la lunga riflessione in base alla quale andava ancorato il numero dei componenti il CAL a quello dei consiglieri regionali, abbiamo seguito un lungo filo di riflessione, anche articolato, quindi riteniamo di respingere l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Articolo 38. Emendamento n. 111. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 112. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 38.

Il Consiglio approva

Emendamento 113. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 114. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 115. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 116. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Articolo 39. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 40. Subemendamento 0117. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Decadono gli emendamenti 117, 118, 119 e 128.
Pongo in votazione l’art. 40 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 41. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 1. Emendamento n. 119 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 42. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Mi sembra giusto e opportuno che al comma 7 venga stabilita una verità che io invano ho cercato di affermare in tempi che probabilmente non consentivano verità. Mi riferisco al fatto che il comma 7 svela l’arcano che invece ci ha impegnato a una disposizione giuridica qualche mese fa. Finalmente viene fatto proprio dal Consiglio regionale in tempi molto sospetti, perché siamo a 12 mesi dalle elezioni, un principio che io avevo fatto oggetto di una proposta di modifica alla legge sul referendum, secondo il quale il famoso anno anteriore alle elezioni, nell’ambito del quale non potevano svolgersi referendum abrogativi alle leggi regionali, doveva essere inteso come 12 mesi e non come anno solare. Parlammo di questa cosa, la maggioranza fu particolarmente in difficoltà, perché, come è noto, una delle ragioni che ha portato a cassare la richiesta di svolgimento del referendum abrogativo della legge istitutiva dell’Asur fu proprio questo cavillo. Mi fa piacere che dopo una lunga conflittualità sul punto, dal punto di vista giuridico, finalmente si chiarisce quello che cercavo di chiarire allora: sarebbe stato massimamente opportuno, anche nell’interesse generale dei marchigiani, che quei cavilli non fossero stati utilizzati come cavilli per impedire il libero pronunciamento dei marchigiani in rodine alla richiesta abrogrativa del referendum. E’ un fatto che a posteriori conferma il sospetto che vi fosse una volontà preconcetta di impedire ai cittadini marchigiani di esprimersi su quella legge. Ecco che, anche se con ritardo, le logiche giuridiche e politiche vengono fuori. I tempi per la logica giuridica ci sono, quelli per la logica politica no e probabilmente quel referendum non si sa esattamente che fine farà, però possiamo oggi dire che, con un atteggiamento cavilloso, è stata impedita la libera espressione del popolo marchigiano rispetto a quella grande questione. Popolo marchigiano che noi invochiamo nel preambolo, nei principi generali, ma quando si fa sul serio, come sulla sanità, è bene che il popolo marchigiano non si esprima.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho qui il verbale da cui risulta che lei riconobbe la correttezza dell’interpretazione, all’epoca.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’art. 42.

Il Consiglio approva

Articolo 43. Emendamento 119 ter. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 43 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 44. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 45. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 46. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 47. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 48. Emendamento 119 quater. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 120. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 120 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 48.

Il Consiglio approva

Articolo 49. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 121. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Articolo 50. Emendamento 121 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 121 ter. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio

Pongo in votazione l’art. 50 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 51. Emendamento 121 quater. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 51 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 52. Emendamento 122. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 123. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 52 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 53. Emendamento 124. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 53. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Secondo noi, o mettiamo tutte le istituzioni di garanzia che sono di collegamento — e ce ne sono altre — oppure l’elenco non è satisfattivo. Ecco perché chiedevamo di stralciare questa parte e lasciarla alle nostre leggi, quelle ordinarie, nelle quali prevediamo vari meccanismi di garanzia e di tutela come quello per i minori, per l’infanzia, per le pari opportunità o per la cittadinanza regionale per quanto riguarda il difensore civico. Ecco la spiegazione di questo nostro emendamento. Sul voto siamo a favore della figura del garante. Non eravamo d’accordo su questo inserimento limitativo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Noi riteniamo che questo Statuto garantisca sostanzialmente la donna, soprattutto con l’art. 3 e con l’impegno preso proprio adoperando il verbo “garantire”, neanche “favorire” o altri verbi che altre Regioni hanno adoperato, quindi speriamo che questo venga tradotto nella legge elettorale e siamo per questa garanzia sostanziale, non la garanzia formale affidata a Commissioni di cui abbiamo chiesto lo scioglimento. Non riteniamo che sia quello il modo per risolvere i problemi delle donne, cioè la pari opportunità attraverso Commissioni che anche la Commissione pari opportunità nazionale ha soppresso. E’ questa la spiegazione che va in direzione di una reale, sostanziale difesa delle pari opportunità e non soltanto formale, relegata a quello che può rappresentare una Commissione, peraltro spesso scarsamente rappresentativa e non sempre funzionante e funzionale come in molti casi non lo è stata questa della Regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Vorrei ripetere la mia contrarietà alla soppressione della Commissione pari opportunità, ritenendo che il nostro Statuto si fa carico di queste problematiche cercando di perseguire due obiettivi: quello di avere più donne nella politica — gli articoli che citava il consigliere Romagnoli, il 5 e il 7 a questo si richiamano, quindi parità di accesso nelle cariche elettive, al presenza delle donne nel governo della Regione — ma oltre a questo credo che noi dobbiamo continuare ad occuparci di avere una politica per le donne. Non solo più donne nella politica ma una politica per le donne e la CPO è uno degli strumenti possibili. Ritengo quindi che debba essere mantenuto e che dovremmo rivedere la legge che istituisce questa Commissione. Quella sarà la sede nella quale daremo qualità e contenuti a questo strumento. Ogni strumento è di per sé imperfetto, si tratta di vedere con quali contenuti vogliamo riempirlo. Credo che il regolamento del Consiglio possa anche prendere in considerazione l’ipotesi di una Commissione permanente che si occupi dell’impatto di genere delle politiche regionali. Ritengo che questa debba essere la strada che ci diamo. Quindi più donne in politica ma anche più politica per le donne, perché ancora si conservano tante differenza nel lavoro, nel welfare.

PRESIDENTE. Gli interventi che sono stati fatti, riguardavano l’articolo successivo, ovviamente.
Ha la parola il consigliere Amati sull’art. 53.

Silvana AMATI. Nell’intervento fatto qui si è richiesta una abolizione generale, ritenendo che l’elenco degli organi di garanzia che noi abbiamo fatto non fosse esaustivo. Gli articoli 52, 53 e 54 sono per noi articoli che designano figure essenziali. Resta, nella riflessione generale, la possibilità, che abbiamo ricompreso nell’art. 55, di istituire nuovi organi di garanzia che potranno o dovranno essere previsti. Riconoscere un ruolo particolare, quindi statutario, al difensore civico, al garante per l’infanzia, in un momento delicato quale quello che stiamo vivendo, a livello generale e anche alla Commissione pari opportunità — non credo sia stato buono il risultato esercitato dal ministro nell’abolizione della Commissione a livello nazionale — riteniamo sia cosa giusta. Non prevederla avrebbe voluto dire fare un primo passo nel percorso della valorizzazione di possibilità di intervento sempre più forte per le politiche di pari opportunità.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’art. 53.

Il Consiglio approva

Articolo 54. Emendamento 125, che è identico al 126.

Fabrizio GRANDINETTI. Si è vista la diversità di mentalità tra le donne di destra e di sinistra su questo argomento. Ho proposto l’abolizione della Commissione pari opportunità perché ritengo che sia una gabbia solo per le donne questa Commissione, però ho anche proposto un emendamento che è stato bocciato ieri, che riguardava la riserva del 50% nella legge elettorale regionale, e le proposte sugli incarichi regionali riservati alle donne. Quello è un primo percorso per farle diventare rappresentanti, farle progredire come percentuale all’interno di questo e di altri consessi. Questo significa, secondo me, progresso della donna. Non vedo come una donna possa essere ingabbiata in una Commissione, come fosse una specie di persona diversa. La vera parità è quella di cui ha parlato Franca Romagnoli e non sono affatto d’accordo con le colleghe Amati e Mollaroli nella loro visione che ormai stenta a reggersi in questa ideologia dell’ingabbiare la donna. Noi la vogliamo far progredire veramente, avevo tentato con questo emendamento di dare spazio, evidentemente questo spazio il Consiglio regionale ha ritenuto di non doverlo dare. Passeranno ancora una decina di anni per avere una percentuale consistente nelle cariche importanti in questo consesso e in altri.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento 125.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 54.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 127. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Credo che varrebbe la pena fare una riflessione su questa proposta e non bocciarla per partito preso. Se in qualche modo vogliamo dare una dignità superiore, come con le riforme costituzionali più o meno buone, più o meno dividenti, in cui principi sono condivisibili, non nel senso che io approvi quello verso il quale stiamo andando, comunque un federalismo solidale e di un certo tipo, e incontrerebbe il mio favore, così come lo Stato ha le Commissioni affari costituzionali e la Corte costituzionale, credo che un organismo di garanzia similare, ovviamente non avente funzioni giurisdizionali, ma più o meno terzo, sarebbe opportuno costituirlo. Propongo la costituzione della Commissione di garanzia statutaria, la quale sarebbe composta, in parte da membri nominati dal Consiglio regionale e in parte da membri nominati da un organismo assolutamente terzo, che sarebbe la presidenza della Corte d’appello delle Marche, la quale Commissione esprimerebbe il proprio parere preventivo, di conformità allo Statuto delle leggi in elaborazione e sarebbe il punto di riferimento di qualsiasi cittadino o di qualsiasi organismo che ritenesse contrastante con lo Statuto una legge vigente. Ovviamente, non avendo poteri giurisdizionali, un parere di non conformità allo Statuto di questo organismo avrebbe soltanto il potere di segnalare questa situazione al Consiglio regionale il quale, nel caso di legge in gestazione la dovrebbe approvare con i due terzi e in caso di legge investita di una censura di contrasto con lo Statuto la dovrebbe confermare pur sempre con i due terzi.
Ho sentito qualche critica riguardo al fatto che questo potrebbe essere un organismo per dare posti. Se 121 componenti, come io ho indicato nella proposta, sono tropi, si possono tranquillamente diminuire, però credo che questo di questo organismo non possiamo fare a meno, perché non ce n’è uno che possa rispondere a queste esigenze, sia di disamina tecnica della legge che di punto di riferimento del cittadino, perché un cittadino che ritenesse una legge non conforme allo Statuto non avrebbe assolutamente punti di riferimento se non il difensore civico, i cui poteri sono estremamente più limitati di quelli che avrebbe questo organismo, che costringerebbe comunque il Consiglio regionale a pronunciarsi con una maggioranza molto qualificata.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Vorrei illustrare il mio successivo emendamento, il 130, che decadrebbe nel caso di non approvazione di questo emendamento.
Oltre a tutte le questioni poste da Favia ne volevo sottolineare un’altra, posta dalla Giunta regionale al momento in cui abbiamo parlato del referendum abrogativo.
Sarebbe bene che l’ammissibilità fosse in capo alla presidenza del Consiglio e la gestione diretta del referendum non fosse in capo alla Giunta, se non altro perché stiamo ragionando di un eventuale referendum su una legge del Consiglio e quindi pensata, molto probabilmente, dalla Giunta. Fra tutti i compiti di garanzia statutaria — ho verificato gli statuti sinora scritti dalle varie Regioni, che hanno abbondantemente utilizzato questa consulta di garanzia statutaria — oltre a tutte le questioni di cui parlava Favia ho aggiunto questa che era uscita nel nostro dibattito interno. Al comma 1 ho scritto “decide sull’ammissibilità del referendum e sovraintende alle funzioni relative all’organizzazione dell’eventuale competizione referendaria”. Quindi, se si vuole valutare questa come ipotesi possibile, potrebbe avere anche questo compito, quindi un organo autonomo, indipendente, costruito da componenti la cui competenza è fuori discussione (magistrati in quiescenza, fuori ruolo, docenti universitari, figure che abbiano una significativa esperienza nel settore giuridico-amministrativo) alle quali affidiamo la compatibilità statutaria. Quindi non un organo politico al quale affidare la protesta consiliare di una minoranza, ma sto prefigurando un ragionamento su un organo di garanzia statutaria che lavora sugli eventi che hanno rilevanza statutaria.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento 127.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 55.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 129. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Articolo 56. Emendamento n. 131. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Viene soppresso l’articolo 56.
Articolo 57. Emendamento 132. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 57 emendato.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 133. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Se siete d’accordo, potremmo fare le dichiarazione di voto comprendendo nelle stesse anche la componente che interviene sugli ordini del giorno.
Ha la parola il consigliere Brini.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Ottavio BRINI. Vorrei motivare l’attenzione che c’è stata per questa discussione. Abbiamo visto che quando c’è buona volontà e c’è buon senso si lavora bene, quindi non ci sono prevaricazioni e strumentalizzazioni da parte dei gruppi dell’opposizione. Abbiamo perso due giorni: se ci fosse stata prima questa buona volontà, sicuramente avremmo prodotto qualche cosa di ancora più positivo.
Abbiamo una posizione critica, soprattutto sul discorso della famiglia. Non dimentichiamo che se anche da parte della maggioranza c’è qualcuno che recrimina sulla poca chiarezza che è stata data a questa problematica, soprattutto per l’interpretazione che si dà al ruolo e alla funzione della famiglia, noi su questi valori ancora teniamo barra ferma e siamo contrari. Però come Forza Italia, per senso di responsabilità, poiché questo Statuto deve andare avanti, diamo il voto favorevole, anche se in posizione critica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Al termine di questa discussione voglio anch’io ringraziare la presidente della Commissione Statuto che ha svolto un lavoro di spessore, di relazione esterna ed anche di autonomia in alcuni passaggi sulla discussione dell’articolato. Voglio ringraziare i consulenti esterni della Commissione Statuto, in particolare il dott. D’Andrea e il prof. Mercuri.
Il Consiglio regionale a questo punto aveva ed ha una enorme possibilità: quella di contrastare a livello istituzionale la deriva presidenzialista propugnata dal centro-destra ma mi pare che la maggioranza del Consiglio e la maggioranza della maggioranza politica, ubriacata anch’essa dal presidenzialismo, stanno buttando a mare questa possibilità.
L’interesse maggiore di Ds, Margherita, Sdi ed altri è stato ed è quello di raccogliere tutte le istanze, anche esterne, anche positive e non trovare una sintesi, o semplicemente una possibilità di ascolto sulle posizioni di coloro che, come i Comunisti italiani, sono contrari all’elezione diretta del Presidente della Regione.
Si è preferito un trasversalismo, indebolendo così una battaglia più complessiva. Il cedimento sul presidenzialismo rappresenta una crisi di identità, ma anche una crisi di visione politica, perché il presidenzialismo regionale è un assist al centro-destra che oggi è in una profonda crisi, non solo a livello nazionale di governo ma anche nelle Marche, dove è incapace, a livello regionale, di prospettare un modello alternativo.
Quindi il compito politico, prima ancora che di merito e programmatico, sarebbe stato quello di contrastare questa visione. Contrastare il disegno presidenzialista è oggi una necessità democratica, perché in una visione diversa la politica viene depotenziata nella sua strategia. Si esalta la tattica, come se il presidenzialismo fosse una declinazione tecnica ineluttabile. Viene concepita, questa visione, nella sua impotenza come fosse una moda; non legge il contesto, è prigioniera di una logica non unitaria, che al contrario sarebbe necessaria, ma consociativa. Già le esperienze di Comuni e Province dovrebbero far rivedere il presidenzialismo, perché esse non sono positive nel rapporto Presidente della Giunta e Consiglio, ma sono critiche, sono negative. Tuttavia i Comuni e le Province non sono organi legislativi, come il Parlamento e le Regioni, per cui l’esempio di allineare tutte le elezioni dei diversi presidenti non tiene, non è valido. Si sta determinando un asse moderato che addirittura sta peggiorando, ha peggiorato il testo proposto dalla Commissione.
Abbiamo detto che la forma di governo rappresenta per noi il cuore della proposta statutaria. Noi abbiamo agito politicamente e non per ideologia, offrendo due possibilità. La prima una elezione tutta consiliare, che sarebbe stata la migliore ma la più impraticabile, la seconda prevedeva e prevede l’indicazione del Presidente della Giunta da parte del corpo elettorale, dopodiché il Consiglio, senza vincoli avrebbe eletto al suo interno il presidente, un presidente più forte, non più debole dell’attuale, eletto senza vincoli. Tuttavia sappiamo che nessun Consiglio regionale avrebbe tenuto conto del vincolo politico dell’indicazione del corpo elettorale. Non solo, abbiamo proposto che solo una volta si poteva sfiduciare il Presidente, dopodiché si sarebbe andati alle elezioni anticipate. In realtà questa seconda ipotesi si può definire semipresidenzialista, perché il Consiglio regionale solo una volta può sfiduciare il Presidente, dopodiché si torna al voto. Queste proposte sono state respinte, non c’è stato il coraggio di affrontare le questioni per quelle che sono, è prevalsa la logica dell’unione dei presidenzialismi, ma le istituzioni non possono essere lasciate al soggettivismo, alla disponibilità o meno di un presidente buono o cattivo. Noi non siamo per la separazione meccanica dei ruoli, per la separatezza tra Consiglio e Giunta regionale, ma per una visione unitaria della Regione, perché abbiamo una visione ed una logica di governo, anche quando non siamo al governo. La separazione dei ruoli, in realtà dà il primato al Presidente, perché eletto direttamente dal popolo, anziché al Consiglio che passerebbe in secondo piano, come forma residuale.
C’è un fatto politico. Lo Statuto oggi viene approvato con il voto decisivo di Forza Italia. Noi, per la verità avremmo fatto volentieri a meno del vostro “senso di responsabilità” e del sostegno di An che sul presidenzialismo addirittura riesuma il fascista Almirante. Lo Statuto viene approvato contro la parte di sinistra della maggioranza e del Consiglio. Speriamo che questa deriva si fermi, che si ragioni per tempo, ma il fatto dello Statuto, come con l’art. 7 viene aggravato da un altro apporto, da un ordine del giorno contro il quale abbiamo votato in Commissione e che respingeremo anche in aula, che fissa le linee guida della futura legge elettorale.
Se questo ordine del giorno si dovesse concretizzare in una legge rappresenterebbe un attacco alle forze politiche minori. Ha solo una certezza: quella dell’abolizione del cosiddetto “listino” tanto bistrattato. Noi lo abbiamo difeso e lo difendiamo a viso aperto, perché da un lato, visto la deriva personalistica della politica, garantirebbe una presenza più politica, anzi oserei dire partitica, perché c’è questa necessità. Dall’altro darebbe alle forze minori la possibilità non di avere certezze ma maggiori possibilità.
I Comunisti italiani sono un partito piccolo, anche se in crescita, tuttavia non vogliono essere tutelati per legge ma neanche penalizzati e spazzati via per legge. Ma in questo vedo un disegno che va oltre le Marche, è più generale. Noi lavoreremo per accrescere la nostra forza. Speriamo di non tornare ai tempi in cui il diritto di tribuna, nella duma post-zarista era un fatto rivoluzionario.
La nostra rappresentanza istituzionale deve essere vista come un fatto unitario per accrescere la presenza delle forze democratiche dentro il Consiglio regionale, perché maggiore sarà questa presenza, in particolare la presenza dei Comunisti italiani nelle istituzioni, più forte sarà la voce dei lavoratori.
Sullo Statuto, così come uscirà, emerge un problema di divisione nella maggioranza, nelle Marche e nel resto d’Italia, una crisi della maggioranza, ma non c’è una crisi politica della maggioranza di tipo formale. Cosa diversa sarà la nuova legge elettorale, che dovrà in primo luogo realizzare e recuperare appieno l’unità della maggioranza, altrimenti sì, si andrebbe ad una crisi politica. Se si pensasse di scrivere la nuova legge elettorale a prescindere dalla maggioranza politica di Marche democratiche, a quel punto si aprirebbe senz’altro una crisi politica.
I Comunisti non vogliono questo. Voteranno in maniera diversa sullo Statuto ma al tempo stesso richiamano le altre forze del centro-sinistra, il Presidente D'Ambrosio a dispiegare tutta la forza iniziale della coalizione per risolvere i problemi ancora aperti.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei semplicemente illustrare l’ordine del giorno da me presentato. E’ chiaro che si riferisce, e non può che riferirsi, al futuro, perché la legge stabilisce per il futuro, quindi statuisce per il futuro ed è chiaro che l’ineleggibilità è a Presidente della Giunta regionale, non a consigliere, ovviamente. Dal 2005 scatterà, ove venisse approvato, questo tipo di limite temporale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Ho sentito dire che il voto di Forza Italia in quest’aula sarà decisivo per il voto di questo Statuto, ma non sarà così, perché il nostro gruppo voterà favorevolmente questo Statuto, ma credo che nessun voto sarà a questo punto determinante, credo che sarà determinante il lavoro che è stato fatto in qui e la prevalenza dei ragionamenti politici sui contenuti di questo Statuto. La decisione dei verdi è quella di dare un voto di carattere tecnico, pur non condividendo alcuni contenuti, in particolare il capo dello Statuto relativo al presidenzialismo.
Faccio una valutazione complessiva sullo Statuto, uno Statuto sul quale il voto su cosiddetti emendamenti “semi presidenziali” ha trovato un consenso tale da non prevalere sulla ipotesi presidenzialista. Certo, sull’ipotesi presidenzialista il voto di Forza Italia è stato in questo caso determinante. Questa impostazione continuiamo a non condividerla e voglio anche richiamare alcune affermazioni fatte durante la discussione di questi emendamenti da parte di alcuni colleghi, quando dicevano che si deve garantire l’autorevolezza del Consiglio in un quadro presidenzialista come quello delineato attualmente, che si deve trovare un ruolo del Consiglio, perché effettivamente, con un presidenzialismo neanche mitigato — perché questa è la strada intrapresa dallo Statuto, che si muove nelle secche di una legge nazionale che non permette mitigazioni del presidenzialismo — rimane ancora da risolvere il ruolo del Consiglio.
Il presidenzialismo garantisce una maggiore stabilità rispetto ad altre soluzioni, ma quale stabilità, e a quale prezzo?
Dopo avere conosciuto i limiti di sistemi elettorali che erano tutt’altro che presidenzialisti, in questi anni abbiamo verificato i limiti dell’elezione diretta, i limiti di questa forma di governo, i limiti del presidenzialismo. Non dobbiamo guardare soltanto alla situazione delle Marche, dove, oggettivamente, c’è un tentativo di colmare la distanza che si crea tra le assemblee e il governo, dobbiamo guardare la situazione anche di altre Regioni dove per interi periodi i Consigli regionali non si riuniscono e dove c’è un muro tra Consiglio e Giunta, anche tra Giunta e maggioranza, in molti casi. Quindi la nostra è una situazione che non fa fede dello scenario, delle situazioni che comportano le scelte presidenzialiste.
Ciononostante, pur non condividendo la forma di governo, non sarebbe giusto dare una valutazione dello Statuto soltanto sulla base di questo elemento, che peraltro, ripeto, viene ingessato da una legge nazionale che impedisce delle forme di mitigazione, fermo restando che anche alcune proposte presentate in quest’aula non sono state accolte.
Il voto sarà, complessivamente, sullo Statuto nel suo insieme e per questo motivo sarà favorevole. Ci sono molti motivi di soddisfazione per alcuni contenuti che sono emersi già dalla proposta elaborata in Commissione, per la quale dobbiamo ringraziare il presidente, i consulenti, tutto il personale, tutti i consiglieri che hanno lavorato a far giungere in aula questo risultato e soddisfazione anche per alcuni aggiustamenti che si sono avuti in questi giorni, le cui premesse si sono create prima e durante la discussione in aula.
Una delle ultime è quella relativa al numero dei consiglieri. Si è fatta una scelta di buon senso, a mio avviso: quella di bloccare sul numero di 42 i futuri eletti, lasciando intendere che ai 40 attuali consiglieri si possa pensare, ma sarà la legge elettorale, giustamente, a definire il meccanismo, le modalità ecc. Quindi, su un’ipotesi di 40 consiglieri attuali, ipotizzando due candidati presidenti che si presentano alle elezioni, si arriverà ad un massimo di 42 consiglieri. C’erano spinte molto forti per un aumento basato su calcoli di collegio, su calcoli di partito e non su altro tipo di valutazione. Un orientamento, quello di portare a 50, non era condiviso dalla gran parte dei nostri concittadini e sarebbe stata una scelta veramente difficile da spiegare. Credo che abbiamo scelto una strada di ragionevolezza, nessuno si è irrigidito su posizioni irriducibili e mi auguro che andremo, con queste indicazioni, a fare una buona legge elettorale, una legge che consenta la rappresentanza di tutte le forze radicate nel territorio, di tutte le forze politiche che hanno una loro consistenza, rappresentatività di valori e di cittadini, una legge che permetta di sviluppare al meglio la dialettica democratica all’interno di quest’aula e permetta al governo regionale di esercitare nel migliore dei modi il mandato ricevuto dai cittadini.
I verdi hanno concorso a ottenere questo risultato e sarebbe ingiusto non sottolinearlo e non manifestare la soddisfazione per il contributo che abbiamo dato e per il risultato che abbiamo raggiunto.
Voglio soffermarmi anche sull’art. 5, un’altra formulazione che è stata modificata nel passaggio dalla Commissione Statuto all’aula. L’art. 5 riguarda il diritto alla salute, il diritto all’ambiente, la tutela dei beni culturali. Sono stati presentati una serie di emendamenti dai verdi relativi all’art. 5, in particolare è stato meglio esplicitato il tema della tutela del paesaggio, come il tema della tutela della natura e quello della salvaguardia dell’ambiente intesa nel suo senso più ampio e soprattutto, nello Statuto sono stati individuati, paesaggio, natura e ambiente, come beni strategici da conservare per le generazioni future.
Non è un aspetto secondario. In un sistema economico che macina tutto — i diritti delle persone, il territorio, i diritti fondamentali dell’uomo — individuare questi beni come strategici per le generazioni future significa dare una indicazione di modello di sviluppo economico molto chiaro e molto esplicito, cosa che in passato mancava, pur essendo questi valori ricompresi nella tutela costituzionale, ma non c’era un riferimento così chiaro a una conservazione per le generazioni future.
Così come, all’art. 4, parlando di sviluppo della nostra regione si parla di equità sociale recependo un’altra proposta di emendamento dei verdi che è tutt’altro che trascurabile. All’art. 5 vengono anche recepiti e richiamati i diritti degli animali, aspetto per tanti nostri concittadini tutt’altro che secondario, ancorché dimenticato da gran parte della legislazione e delle normative, anche se su questa materia c’è una fortissima evoluzione, a dimostrazione di una società che pone attenzione anche a questi valori.
All’art. 4, a seguito di un emendamento c’è un richiamo al ripudio di ogni forma di discriminazione: credo che questo possa calarsi nel discorso e negli interventi che sono stati fatti in quest’aula consiliare a proposito di altri articoli in tema di riconoscimento dei diritti dei cittadini marchigiani.
Lo Statuto regionale precisa con chiarezza che c’è il ripudio di ogni forma di discriminazione. Anche questo è un elemento importante a cui credo, nella legislazione futura, questo Consiglio dovrà dare sostanza e contenuti, esplicitandoli in questa direzione.
Saluto con favore anche il riconoscimento del lavoro, del ruolo dell’impresa e anche l’introduzione di organismi di maggior partecipazione delle forze sociali. Sono elementi importanti, perché se non istituissimo e non puntassimo su queste forme di consultazione rischieremmo di dimenticare le caratteristiche della nostra regione, gli elementi strutturali che hanno consentito un tipo di sviluppo che è differente rispetto allo sviluppo di altre regioni, uno sviluppo che è economia, che è rapporti sociali, che è ambiente, che è la complessità di un sistema che molti hanno preso ad esempio e che speriamo anche in futuro possa continuare ad essere di esempio, in relazione alla qualità della vita e del lavoro, senza negare che tante sono le contraddizioni e le difficoltà anche in questo momento, anche nella nostra regione, una regione sostanzialmente ricca, ma in cui le nuove povertà compaiono così come in altri territori. Quindi, qui l’attenzione al sociale, l’attenzione a fasce di nuova povertà e di nuova discriminazione che fanno delle Marche una realtà in cui non si può parlare di isola felice, anche se è sotto gli occhi di tutti che la nostra condizione è sicuramente più favorevole di altre realtà all’interno del nostro paese.
Quindi un voto favorevole, che si sostanzierà anche con un voto sulle risoluzioni presentate, salvo la risoluzione presentata dal gruppo di Forza Italia che noi non condividiamo nel momento in cui si vuol prefigurare un orientamento generale in ordine alla legge elettorale, perché nello Statuto non possiamo dare indicazioni relative alla legge elettorale se non limitatamente ad alcuni parametri — numero dei consiglieri e poco altro — in quanto si indica un metodo di ripartizione degli eletti che è quello che più di ogni altro all’interno dei metodi proporzionali favorisce le forze maggiori nell’attribuzione dei resti. Quindi non condividiamo che all’interno di questa risoluzione si preveda un’indicazione sul “metodo D’Hondt”, non voteremo questa risoluzione, a meno non venga modificata. Siamo d’accordo sull’ipotesi di istituire Commissioni che si preoccupino di garantire il pluralismo dell’informazione e la vigilanza e il monitoraggio sul rispetto di questi principi. In questo senso il ruolo dell’opposizione, giustamente, deve essere valorizzato e riconosciuto.
Ci sarà il voto favorevole alla risoluzione che prevede, nel rispetto delle norme costituzionali, l’impegno al diritto di voto agli immigrati e comunque a garantire la loro partecipazione nella rappresentanza politica regionale. Anche questo è un tema sul quale la Commissione ha svolto un lavoro istruttorio importante, che ci ha permesso di evitare di mettere delle dichiarazioni di principio all’interno dello Statuto che poi rischiano di non poter essere applicate, ma che allo stesso tempo è servito a chiarire, tra le forze politiche, qual è l’indirizzo che vogliamo dare in relazione alla partecipazione diretta di cittadine e cittadini stranieri residenti in Italia che partecipano a pieno titolo allo sviluppo della nostra regione e alla sua vita sociale, ai quali va data la possibilità di esprimere la rappresentanza all’interno degli organismi costituzionali.

Presidenza del Vicepresidente
GILBERTO GASPERI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

Fabrizio GRANDINETTI. Quello che andiamo ad approvare, secondo me è uno Statuto in chiaroscuro, con delle positività ma anche con molte negatività. C’è stata una blindatura troppo forte, sono state poco recepite le proposte fatte in aula, mentre l’aula è sovrana e la Commissione doveva lasciare più spazio ai contributi che i consiglieri non hanno potuto dare in Commissione stessa perché non ne facevano parte.
E’ un errore ingabbiare le donne nella CPO, poteva essere meglio definito il ruolo dell’impresa, della famiglia, della persona. E’ sorprendente che si rifiuti un emendamento che parla della cultura dell’occidente ed europea, quando ci riempiamo tutti la bocca di Europa. Voglio anche dire che la questione del preambolo è un punto cruciale. Forse aveva ragione Alleanza nazionale, sarebbe stato meglio cassarlo che portarcelo dietro così, perché non ci rappresenta tutti. Noi non contestiamo quello che c’è scritto, ma quello che non c’è scritto, quello che non avete voluto recepire, che pure è nella storia di questa regione, di questa nazione, in particolare di questa regione.
Non sottovaluterei il fatto che questo è uno Statuto che viene approvato con il contributo di Forza Italia che lo voterà perché abbiamo strappato cose importanti e qualificanti. parlo del presidenzialismo. Non capisco come possiate dissentire fra di voi e dire che non abbiamo rappresentato un contributo importante nell’approvare lo Statuto quando il presidenzialismo è passato con il contributo forte non solo di Forza Italia ma di tutto il centro-destra e riteniamo che da questo non si debba tornare indietro. Cerchiamo di andare verso la modernizzazione, anche sotto l’aspetto istituzionale, perché non vogliamo che si torni indietro.
Riteniamo che sia importante avere ottenuto il CREL, perché è il contributo di un mondo concreto, molto più concreto del nostro, un contributo di livello, per far fare un salto di qualità anche a noi, non certo il CAL che comincia a essere uno di quei doppioni che si sovrappongono, servono alla sistemazione della classe politica.
Dulcis in fundo, abbiamo strappato un risultato più che buono: è stata vinta la battaglia da che l’ha portata avanti in modo solitario e per tanti mesi. Si sono aggiunti — prima Ceroni, poi D’Angelo — dei consensi: evidentemente la riflessione sulle mie dichiarazioni continue sui giornali per spiegare perché non dovevano aumentare i consiglieri regionali oggi, ma domani, quando diminuirà il numero dei parlamentari, ha sortito effetti. Oggi ci troviamo con 42 consiglieri e non 50, con un “moderato aumento”, come si è detto. Io ho votato contro l’emendamento Franceschetti che portava il numero dei consiglieri a 42 per coerenza, perché ho sempre affermato che il componenti del Consiglio andavano lasciati a 40, però sono soddisfatto del risultato. Questo significa che se si combattono delle battaglia, anche solitarie, piano piano un po’ di buon senso nelle persone, negli enti, nelle associazioni, negli stessi consiglieri è venuto fuori e mi soddisfa abbastanza.
Ho parlato di chiaroscuro perché ci sono state delle negatività, ma anche delle positività importanti. Questo è il senso del voto che daremo, con una grossa difficoltà da parte mia, che mi ha tenuto in bilico fino a farmi dire “voterò per disciplina di partito o per dire cosa mi piace e cosa non mi piace?”. Il preambolo crea dei problemi non solo al mio cuore e al mio credo, ma specialmente all’intelligenza, alla cultura, al fatto che la storia presupponeva che noi dovessimo citare in modo deciso, inequivocabile, al di là di tutto, la storia della nostra regione. Questo mi ha messo in difficoltà fino alla fine, comunque, pur con questo grosso dolore che provo personalmente e sinceramente, il senso delle istituzioni, il senso della serietà, il senso di rispetto delle idee degli altri, che è una caratteristica nostra, inequivocabile, mi fa dare un voto, molto sofferto, a favore di questo Statuto.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Rifondazione comunista voterà contro la proposta di Statuto perché la conferma del sistema presidenziale incontra un nostro deciso dissenso. Ho già spiegato a sufficienza, nel corso del dibattito, le ragioni di questa posizione, quindi non le ripeterò in sede di dichiarazione di voto. Vorrei invece fare alcune riflessioni che riguardano il dibattito che si è avuto nel corso di queste sedute del Consiglio regionale e la situazione politica nella nostra Regione. Il dissenso che noi esprimiamo sullo Statuto in merito alla questione del presidenzialismo era in qualche modo scontato fin dall’inizio di questo percorso, è la registrazione di differenze generali che esistono tra Rifondazione comunista e alcune delle principali forze del centro-sinistra in merito al sistema di governo negli enti locali e nelle Regioni. Mentre sul sistema di governo a livello nazionale esiste una concordanza di vedute che ci porta tutti insieme a rifiutare la proposta presidenzialista di Forza Italia e del centro-destra, a livello locale, nel corso di questi anni le differenze sul sistema di governo, invece, tra centro-sinistra e Rifondazione, non sono state superate.
Detto questo voglio sottolineare il fatto che Rifondazione comunista ha dato un contributo fattivo alla stesura di questo Statuto, al di là della questione del presidenzialismo. Lo ha dato in sede di Commissione, che è stata diretta in modo serio, autorevole e preparato dalla presidente Amati che voglio anch’io ringraziare per il lavoro svolto che trova oggi, in questa seduta, un suo primo compimento, e ha dato un contributo fattivo alla stesura di questo Statuto anche in aula.
Noi riteniamo che sulla questione dei principi fondamentali e del preambolo si sia riusciti a dare una connotazione sull’ispirazione dello Statuto che vede coinvolte e partecipi tutte le forze di maggioranza, Rifondazione comunista compresa, tanto è vero che noi su quella parte abbiamo espresso voto favorevole. Così come riteniamo che, pur nell’ambito della conferma, da noi giudicata sbagliata, del sistema presidenziale, tuttavia si sono fatti degli sforzi per attenuare l’esasperazione dei poteri del presidente attraverso una più precisa definizione dei poteri, dei ruoli e delle funzioni del Consiglio regionale.
Per queste ragioni, essendo il nostro voto contrario la registrazione di differenze generali di impostazione politica, non comporta conseguenze direttamente politiche sul piano della maggioranza di governo. Fin dall’inizio noi abbiamo sostenuto che esiste una distinzione tra le questioni istituzionali e le questioni di governo, naturalmente non oltre un certo limite, come è del tutto evidente, ma trovandoci in questo caso di fronte ad un sistema che è già presidenziale ed avendo noi già partecipato alla coalizione elettorale che poi ha vinto le prime elezioni presidenziali nella regione Marche, è evidente che non avrebbe senso, cinque anni dopo, trarre conseguenze dalla modifica della forma di governo regionale che a livello nazionale è stata introdotta quando il centro-sinistra disponeva della maggioranza.
Naturalmente ci attende ora un altro ulteriore passaggio che sarà ugualmente importante e significativo, quello della legge elettorale. Già in Commissione Statuto e poi con gli ordini del giorno che ci accingiamo a votare indichiamo le linee della legge elettorale, sulle quali, sostanzialmente e in linea di massima vi è l’assenso di Rifondazione comunista.
La legge elettorale, a differenza dello  Statuto è un fatto politico, non vi è in questo caso distinzione tra la maggioranza politica e la concordanza rispetto al sistema della rappresentanza. Naturalmente la legge elettorale non deve essere fatta dalla maggioranza contro le minoranze, deve prevedere il coinvolgimento integrale del Consiglio regionale, ma è altrettanto evidente che sulla legge elettorale la maggioranza deve andare al confronto con la minoranza con una posizione comune, sulla quale trovare l’accordo che veda tutti partecipi.
Siamo su questa strada e io credo che alla fine, se le indicazioni che sono presenti anche negli ordini del giorno della Commissione, così come modificati nel corso della discussione avuta in questi giorni in sede di maggioranza, saranno recepite, questa strada si compirà.
In conclusione ci attenderà, fra tre mesi, la seconda lettura di questo Statuto. Noi non adotteremo, come non abbiamo adottato, neanche in questa occasione, forme di ostruzionismo rispetto ad uno Statuto che non condividiamo e quindi non ostacoleremo fino all’estremo, con atteggiamenti di contrasto istituzionale, l’approvazione di questo Statuto, tuttavia è altrettanto evidente che nessuno potrà farci recedere dalle nostre posizioni di principio, contrarie al sistema presidenziale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Non so quanti di voi abbiano partecipato in questi anni, in questa legislatura e nella precedente, a quelle assolutamente non patetiche ma interessanti, stimolanti riunioni promosse dall’associazione degli ex consiglieri regionali. Io ho partecipato qualche volta e l’aspetto più romantico che mi ha colpito in quelle riunioni sono stati l’enfasi e l’emozione esternati quando si parlava della fase costituente della redazione del primo Statuto della Regione Marche, nei primi anni ‘70. Ancora oggi ne parlano con emozione, con gli occhi lucidi, per cui a chi non c’era appare evidente, oggi, come quel momento sia stato particolarmente esaltante nell’unità delle forze politiche, nel rispetto reciproco, nella coscienza di costruire veramente una fase nuova. Quella solennità avrei voluto che ci fosse stata anche in questi giorni, però alzi la mano qualcuno se pensa di avere avvertito una particolare solennità. Io non l’ho purtroppo avvertita. Abbiamo trattato lo Statuto benissimo durante i lavori della Commissione, con una dignità e una consapevolezza particolari, non abbiamo avuto lo stesso slancio in questi giorni. Sapete perché? Perché questo è diventato un atto come un altro, come un bilancio, come il piano sanitario. Per di più, su di esso si sono scaricati tanti altri problemi che non c’entrano niente con la costruzione che vogliamo in qualche modo per gli anni futuri di un modello di Regione adeguata ai tempi.
Si è avvertita una trattativa estenuante, non tanto su principi e meccanismi, peraltro già noti fin dall’inizio, per cui le posizioni contro il presidenzialismo erano ben note fin dall’inizio. Ne do atto, per la glaciale coerenza, ai Comunisti italiani e a Rifondazione comunista che l’hanno sempre detto. Oppure dalla parte nostra, per principi che riguardavano la famiglia o il preambolo. Quindi niente di nuovo su questo, ma una trattativa dentro il centro-sinistra, una trattativa volta a mettere ipoteche sulle reciproche sicurezze e sulle reciproche strategie per gli anni futuri e per i mesi futuri, almeno fino alle elezioni.
Pur non scandalizzandomi di questo, sono però convinto che questo sentimento ha finito per prevalere sullo slancio un po’ più culturale che avrebbe dovuto esserci in questo momento. E allora legge elettorale, meccanismi, ripicche, perché questo di fatto c’è stato. Non mi baso più di tanto su questo, per non essere eccessivamente pessimisti sull’approvazione di questo atto, perché come ogni atto ci sono sempre luci e ombre.
Dico subito le luci, almeno secondo noi. Tutte le norme che riguardano il rapporto con il mondo dell’impresa nella nostra regione, trovano oggi una redazione che ci soddisfa. Il rammarico è che si è dovuto mediare, quasi a convincere alcuni del centro-sinistra che quelle potevano essere cose da scrivere sul ruolo dell’impresa, sulla partecipazione, sul CREL. Avremmo voluto un’apertura diversa fin dall’inizio, però la mediazione ha portato, secondo me, a un testo abbastanza accettabile, quindi vicino alle nostre idee. Abbiamo inciso sull’ampliamento della lista dei soggetti abilitati all’iniziativa legislativa, quindi ci trova soddisfatti il fatto che oggi, oltre al CREL ci siano anche la Comunità montana e l’unione dei Comuni, e di questo siamo soddisfatti. Anche qui c’è stato bisogno di spingere un po’, però ci siamo arrivati.
Abbiamo trovato una chiusura su famiglia, preambolo e radici cristiane e secondo me gli amici della sinistra sono stati un po’ più chiusi di quanto non sarebbero stati i loro stessi elettori. Credo che anche i vostri elettori non avrebbero fatto alcun problema se ci fosse stata una vostra maggiore apertura per l’unità di tutti, su questo argomento, su famiglia e preambolo.
Quindi luci e ombre sicuramente, il peso di una contrattazione elettorale è stato eccessivo perché ha inciso sugli stati d’animo, ha represso quella voglia di slancio, quella voglia di concepire lo Statuto con una visione molto più ampia del piccolo e medio termine. Comunque ci sarà la seconda lettura.
Naturalmente avrete capito che noi abbiamo forti difficoltà a votare, per questi motivi, lo Statuto, però non vogliamo bloccare niente, anzi sappiamo che strumenti di partecipazione, come quelli che abbiamo scritto, attendono di essere attuati e che la nostra cosiddetta società civile ha interesse e attenzione per questo, quindi ci sarà uno slancio di partecipazione che favoriremo in ogni modo, anche con le norme da approvare subito dopo l’esecutività dello Statuto. Non è uno scandalo avere parlato, insieme allo Statuto, di legge elettorale: forse avremmo dovuto farlo ancora di più alla luce del sole, ancora di più in maniera palese fin dal primo giorno, forse il rammarico è questo, però che sia chiaro che l’attribuzione dei seggi alle diverse province secondo la popolazione non si tocca, a nessuno venga in mente di diminuire questo concetto che insieme abbiamo sottoscritto; che al “listino” non si torna, perché è una cosa che oggi non sarebbe più tollerata (lasciamo stare gli anni passati, perché i tempi giustificano sempre le situazioni). Cerchiamo di chiarirci su questo, perché alla ripresa dei lavori, a settembre, si riformerà sicuramente un tavolo di persone responsabili, spero unitariamente, per arrivare all’approvazione e alla seconda lettura dello Statuto ed anche a una buona legge elettorale.
Lo “stiramento” elastico che si è fatto sui numeri del Consiglio non ha entusiasmato i cittadini, era meglio rifuggire da posizioni demagogiche, era meglio coinvolgere i cittadini subito, come hanno fatto le altre Regioni, senza scandali (sinistra, destra, centro-destra, centro-sinistra) sul numero dei consiglieri, perché a tutela di una più ampia rappresentanza sull’ente Regione dei cittadini in questa Assemblea, altrimenti non possiamo presentarci ai cittadini con posizioni demagogiche che non capirebbero.
Comunque si è arrivati all’individuazione di un numero, speriamo che quel numero sia riempito in futuro di contenuti, di valori, di meno tatticismi, di più programmi, di più visione profetica come si diceva una volta, oggi prospettica, per affermare il prestigio dell’ente Regione, soprattutto della Regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Signor Presidente, signori colleghi. Ho ascoltato Moruzzi che ha fatto un bell’excursus, ribadendo un concetto di democrazia molto personale, che mi costringe ad un intervento, sostituendo il “metodo D’Hondt” con il “metodo DAM”, che è la trattativa, in sintesi, che ha fatto Moruzzi...

Ottavio BRINI. Anche Procaccini...

Umberto TRENTA. Procaccini viene dopo. Quindi, secondo la “legge Moruzzi”, noi rivedremo il nostro Statuto e la legge elettorale. Faccio un’osservazione a Moruzzi, quando parla degli schieramenti maggiori, che non disprezzo e non faccio particolari osservazioni sul contributo che si può dare per uno Statuto giusto, equo, solidale, morale, etico e chi più ne ha più ne metta.
Noi siamo gli schieramenti maggiori per suffragio popolare. Cioè, chi ha votato ha votato, anche con tutti i limiti di parte, sia i Ds, perché credo si parlasse di questo, sia Forza Italia. All’amico Cesare Procaccini, al “compagno” Cesare Procaccini, che tanto sa quanto lo stimo, vorrei dire che vado più in là di Almirante, come riferimento per il presidenzialismo e ricordo all’aula che un leader della Casa delle libertà, Gianfranco Fini, ebbe a dire che il più grande statista fu Benito Mussolini, che oggi ha una bellissima nipote che guida uno schieramento politico, democraticamente votata ed espressa...

David FAVIA. Con adepti meno belli...

Umberto TRENTA. Sicuramente più gradevoli di lei che, come Moruzzi, cito nel mio intervento, secondo la “legge Favia” sulla coerenza tout-court. Quando condividevamo lo “schifo” su Forza Italia espresso da questa maggioranza eri con noi, oggi sei di là e ti adegui. Si chiama “schieramento tout-court”.
Forza Italia ancora una volta fa da guida democratica sull’atto dovuto che è lo Statuto. Quindi, Presidente, io ho espresso, con posizione personale, una posizione rispetto alla quale ho poi avuto pressioni politiche di parte, perché lo Statuto è un atto dovuto. Lo avremmo dovuto fare qualche anno prima, perché oggi l’equivoco è il mercimonio dei partiti: i piccoli partiti si sentono offesi da questo Statuto, perché nella legge elettorale si fa la trattativa privata. Non è questo. Mi rivolgo al Presidente D'Ambrosio, al quale faccio spesso il richiamo di magistrato-Presidente o Presidente-magistrato. Io ho avuto molto da apprendere dalle sue elezioni in aula sui principi della democrazia, a volte anche trovandomi in disaccordo, a volte eccedendo in quella vis polemica che è tipica dello scontro tra le parti, sempre nel dialogo, però, e per questo mi sono anche scusato quando ho alzato i toni. Ma scusarsi non è umiliarsi, scusarsi significa avere capito dov’è l’errore e di questo chiedere davanti a tutti, nell’aula democratica, la scusa dovuta. Questo significa crescere insieme. Quindi non è il discorso sulle parti che divide uno Statuto, è l’atto dovuto che ci dovrebbe trovare solidali insieme, è evitare interventi per dire “Forza Italia vota lo Statuto ma non ci serve”. Forza Italia, con il suo atteggiamento responsabile e il suo senso alto delle istituzioni, ha dato il suo contributo, anche se qualcosa in questi passaggi non ci garba, perché la nostra tradizione cattolica, cristiana, ci fa fare delle riflessioni sul senso della famiglia che è un valore assoluto ma non è relativo, per cui l’esaltazione del relativo che sostituisce l’assoluto mi preoccupa, ma il dovere istituzionale del mandato elettorale mi obbliga a dire sì allo Statuto, con tutti i limiti che rappresenta e le contraddizioni in esso contenute.
“Intelligenti pauca e pluribus unum, nihil solidum nisi unum”. Posso ricordare al mio presidente Giannotti alcune parole sul senso della cultura, che ci deve far capire che in queste frasi c’è un contenuto anche delle radici latine, quindi del senso del diritto vero, il diritto romano e tutte le variabili dipendenti e indipendenti, nel tempo poi adattate.
L’evolvere relativo sui valori assoluti: non ci sono risposte e riferimenti sui principi assoluti di questo Statuto, o se sono contenuti, nel relativo. Famiglia, scuola, lavoro, principio democratico del voto internazionalizzazione, globalizzazione, dialogo interreligioso, condivisione istituzionale: una comparazione con gli Statuti delle Regioni d’Europa, l’Europa dei popoli.
Ci sono passaggi delicatissimi e, rivolgendomi al magistrato-Presidente, gli auguro di affrontare il terzo mandato, spiego perché. Perché anche dall’opposizione, mi auguro domani maggioranza, ci sia sempre quel confronto con cui, insieme, posso dire di essere cresciuto. Vado oltre e anticipo il mio voto sul bilancio... (Interruzione). Luchetti, presidente della Commissione bilancio, mi devi ascoltare. Io dico sempre che una buona opposizione fa una grande maggioranza. Oggi in questo vi chiedo considerazione e rispetto, per cui dico all’amico Procaccini e a Moruzzi: lavoriamo per il senso comune, troviamoci e uniamoci sulle cose positive del lavoro del Consiglio, come abbiamo fatto per la legge sulla pace, una legge profonda, che va anche a toccare lo Statuto, pur se in esso non menzionata e nessuno oggi vi abbia ancora fatto riferimento.
Quindi confermo il mio voto allo Statuto e anticipo il mio voto sul bilancio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Contrariamente al consigliere Trenta mi limiterò a ragionare esclusivamente dello Statuto e non so come interpretare le sue parole relativamente a un’adesione anche...

Roberto GIANNOTTI. Ha detto “voto contrario” sul bilancio.

Cristina CECCHINI. Non si era capito...
Vorrei utilizzare il ragionamento che il consigliere Trenta ha fatto, per ritornare su questa adesione di Forza Italia, già iniziale alla definizione dello Statuto, a questa ipotesi di Statuto così come lo stiamo votando. Mentre siamo arrivati in quest’aula con Forza Italia, Margherita e Ds, usciamo, probabilmente, con un voto tecnico dei verdi e io credo un’acquisizione politica di Forza Italia relativamente a punti nodali dello Statuto. Su questo voglio tornare, il presidenzialismo. Di questo abbiamo parlato e non voglio tornare sulla sentenza 2 del 2004 che consentiva a questa Assemblea di scegliere il voto parlamentare che non ha voluto scegliere. Il presidenzialismo, così come è stato qui definito, adombra nel nostro Statuto e dà un peso sostanziale a questo monopolio di potere forte che gli esecutivi possono in ogni fase avere, quindi nella fase iniziale della legislatura, nella fase generale della legislatura e comunque in ogni momento rispetto al Consiglio. Questa tendenza che si doveva sconfiggere è invece largamente premiata nell’articolato, quindi Forza Italia incassa su questo punto un risultato importante, portando il centro-sinistra delle Marche a una definizione di Statuto molto netta. La seconda questione riguarda il CREL. Non solo la definizione di questo organismo, ma la potestà legislativa che gli viene assegnata, e questo la dice lunga sul ruolo corporativo. Io stessa avevo definito in quest’aula un emendamento che lo istituiva come luogo di partecipazione, come luogo di discussione, di studio, di riflessione sulle politiche economiche, dando una istituzionalizzazione a quella concertazione che oggi è una pratica di questa Regione. L’emendamento di Forza Italia acquisisce a questo organismo una dignità molto forte e ritengo, personalmente, molto grave. Secondo me questo è un punto netto di non condivisione dello Statuto.
La terza questione riguarda la famiglia. La formulazione uscita lascia intendere un elevato compromesso.
La quarta questione riguarda il metodo elettorale. Su questo si è perso tempo per due giorni fuori dall’aula, però si è rimandato, per “amore dei verdi”, a un futuro la definizione della legge elettorale.
Le cose che sono accadute sono tante e l’unica cosa che si può fare è leggerle politicamente, perché avremo modo di entrare meglio in un articolato di legge, quando ci saranno definizioni giuridiche a riguardo. Vorrei però ragionare su quello che è scomparso, quei 2 in più che dovevano essere il presidente uscente e il miglior perdente. Il tutto scomparso perché non era bene dare una indicazione precisa alla legge elettorale da parte dello Statuto, perché sarà la sede legislativa che definirà, in Commissione, se questa sarà una modalità giusta. Però, nella discussione fra di noi questa cosa c’è stata, ci sono state discussioni nella Commissione Statuto, nelle assemblee più o meno formali. Questa questione, assieme al “metodo D’Hondt” e all’ordine del giorno che dovremo discutere subito dopo, non è secondaria. Infatti, non è secondario capire se questo ordine del giorno, che probabilmente oggi verrà bocciato, non sia una traccia utile per un ragionamento futuro con Forza Italia. Cosa voglio dire? Il ragionamento sul “metodo D’Hondt” prima di essere fatto deve essere esaminato attentamente, perché partiti piccoli, partiti grandi, non può ognuno qui rivendicare il “listino” o che si garantisca il pluralismo politico con tecniche elettorali. Possono gli schieramenti più grandi definire la politica bipolare come due schieramenti? Lo possono pensare? E’ utile pensare che la minoranza abbia un solo schieramento? Il problema di come si costruisce il sistema di ripartizione dei seggi non è una questione secondaria, di tecnica elettorale, riguarda il fatto se gli schieramenti devono essere per forza due o devono essere di più, se ci si possa accordare in senso politico o atecnico, perché si trovano poi le soluzioni più fantasiose e strane, ma il punto è se vogliamo rendere la politica un minimo leggibile dalla gente, un minimo trasparente. Questa è una questione sulla quale vale la pena di ragionare.
Un conto è che il “metodo D’Hondt” sia collegato agli schieramenti, che l’assegnazione sia fatta a livello regionale agli schieramenti, un conto che sia fatta a livello regionale ai singoli partiti. La differenza è la vita o la morte dello Sdi, del Pdci e dei Verdi di qua, il terzo consigliere dell’Udc di là o la possibilità che ci sia un terzo schieramento oppure no.
Questa questione porterebbe a far aumentare i seggi dei Ds, le possibilità della Margherita? C’è un problema anche di rappresentanza politica, culturale, istituzionale fra i partiti? Credo che questa questione non possa essere discussa fra pochi o lasciata sottintesa a qualcuno che ha voglia di fare un po’ di conti o abbia un po’ di predisposizione per fare le percentuali in modo veloce e non venga invece detta in modo esplicito, perché cosa stiamo facendo se non un’Assemblea legislativa che in qualche modo faccia capire agli altri che tipo di costruzione politica facciamo? Discutiamo solo il preambolo? Se la rappresentanza cattolica e laica di questa regione hanno un senso, dovrà pur avere una rappresentanza istituzionale, poi. O riguarda solo la storia? Non può riguardare solo il preambolo, ha bisogno anche di riguardare la modalità concreta.
Mi sembra che questo Statuto, nonostante il grandissimo apprezzamento che va a Silvana Amati, abbia una connotazione estremamente moderata ed esca da quest’aula peggiorato rispetto a come era entrato, per i ragionamenti sul presidenzialismo, per il ruolo forte che è stato dato al CREL, per le modalità con le quali si è ragionato sulla famiglia, per questo metodo elettorale non esplicito, che personalmente non ho apprezzato, e credo che questa questione non possa rimanere sopita dentro un ragionamento che si è fatto capire solo per il numero dei consiglieri regionali, una questione grandissima e abbiamo fatto bene a essere moderati nell’aumento. Io alla fine ho votato per 40, ma credo che anche 42 non cambi la sostanza, siamo stati uno dei Consigli regionali che su questa questione ha avuto saggezza, dato che con il presidenzialismo che avete voluto inserire nel mantenere questa formula politica nella forma di governo, non si poteva che fare questo.
Capisco che quando si deve lavorare su tante cose è complicato e si deve tendere a tenere in piedi il testo perché è più facile, però è anche vero che tutte le questioni che riguardavano la possibilità che i cittadini potessero partecipare con l’istruttoria pubblica, con possibilità di maggiore trasparenza e informazione, con i diritti di partecipazione, con poteri veri al difensore civico, con la consulta di garanzia statutaria n on si è voluto far passare o definire in qualche modo. Questo la dice lunga su uno Statuto che alla fine guarda molto al ceto politico e poco ai cittadini.
Per tutte queste ragioni mantengo il voto contrario inizialmente dichiarato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Alleanza nazionale è stata molto presa dal clima solenne che lo Statuto richiedeva, sia in Commissione, dove ritengo anch’io si sia maggiormente realizzato, che in Consiglio dove le interruzioni per trovare la quadra soprattutto dentro la maggioranza, sono state continue. Abbiamo subito tutte le varie richieste di interruzione e di sospensione, che hanno dato uno spettacolo non altrettanto adeguato all’importanza del momento.
Le divisioni di questa maggioranza non ci sono nuove. Dice Ricci che non c’è nulla da temere, però a noi sembra che ogni qualvolta si va alla profondità dei problemi — non dico neanche principi, valori dove è più evidente — ogni qualvolta si parla di questioni squisitamente politiche come la forma di governo, la legge elettorale dove vedo che già Rifondazione ha ipotecato una primogenitura nell’ambito di quella che sarà la discussione futura, la maggioranza va in frantumi, poi qualche pezzo si recupera, ma il “blocco rosso” non è stato questa volta recuperato.
Noi non siamo stati messi in condizioni di votare questo Statuto. Ci siamo astenuti in maniera veramente attendista in Commissione perché aspettavamo un miglioramento di questa bozza di Statuto che non è avvenuto, anzi per alcuni aspetti siamo più allarmati ora di quanto lo fossimo in Commissione, alla luce di certe interpretazioni che non sono state smentite in aula. Noi, con un ordine del giorno cercheremo di far sì che avvenga una sorta di interpretazione autentica di alcune locuzioni che ci preoccupano.
Tanto per trattare gli aspetti positivi che comunque ci sono: la scelta di questa forma di governo per noi è una suggestione particolare e quindi anche una motivazione politica forte ad approvare e comunque a guardare con benevolenza questo Statuto, ma non è stata una scelta sufficiente a determinarci per un voto favorevole. Probabilmente ci asterremo, dipende anche da come questo ordine del giorno nel quale crediamo verrà o meno recepito. MI dispiace che a qualcuno abbia dato fastidio il riferimento a quelli che noi consideriamo con fierezza nostri padri politici, però qualcuno aveva avuto questa intuizione della elezione diretta del presidente della Repubblica, di tutta un’altra serie di figure di presidenti locali prima anche della legge 1 del 1999, prima del centro-sinistra e dell’Ulivo. Inutile sottolineare che siamo fieri di dirlo e di ricordarlo, a futura memoria.
Un altro punto che ci soddisfa parzialmente è quello della composizione del Consiglio. Noi avevamo proposto addirittura l’abolizione del numero proprio per evitare che ci si fermasse su un aspetto che poteva, a nostro parere, venire affrontato con la legge elettorale. Così non è stato, riteniamo che l’aumento da 40 a 42 non sia scandaloso, noi eravamo possibilisti su questo, purché fosse stata una osa moderata e purché, soprattutto, risponda ad una riorganizzazione del Consiglio — ecco perché auspicavamo anche le Commissioni — che giustificasse, anche se poco, l’aumento avvenuto. Da qui dovrà prendere avvio tutta una serie di attenzioni, soprattutto sulla legge elettorale, in particolare verso il riequilibrio dei seggi assegnati ai territori. Saremo vigili affinché questo avvenga nella legge elettorale, soprattutto non avvenga il premio ai territori, quel quid in più di cui ha sempre finora goduto, per la legge elettorale, la provincia di Ancona, che è andato ben oltre, nel numero, di quello che la rappresentanza imponeva. Quindi ognuno abbia il suo. In questo senso spero che con i 42 si trovi la soluzione perché ogni territorio, anche i più piccoli, come potrebbero essere Ascoli e Fermo, abbiano effettivamente i seggi assegnati, non si verifichino quelle sperequazioni che non sono più possibili, soprattutto oggi che oltre alla rappresentanza dei partiti bisogna comunque garantire anche quella equa territoriale.
Non abbiamo avuto nessuna tesa di mano sui temi che più ci premevano, che dico per ultimi ma che sono i primi e che davvero determinano il nostro voto favorevole, quelli delle radici cristiane, ma soprattutto della famiglia e della precisazione di queste coppie giovani che non ci tranquillizza. Riguardo alla famiglia posso dire che ritengo che il termine famiglia sia comunque, anche di per sé, esaustivo, è già un termine che esclude altre unioni atipiche ed è già termine che potrebbe ricondursi automaticamente alla dizione giuridica e costituzionale della parola, perché famiglia è già di per sé l’unione naturale fondata sul matrimonio.
Riguardo invece le coppie giovani, che sono state oggetto anche di varie interpretazioni giornalistiche, noi vorremmo che in questa interpretazione vasta ci fosse un impegno o un chiarimento del Consiglio su quale di queste interpretazioni verrà favorita. E’ una cosa che attiene all’azione futura esecutiva di questo Statuto, dovremo poi eseguire queste politiche di sostegno che vengono qui enunciate, chiediamo che ci si dica, anche alla luce delle perplessità che ha espresso il consigliere Benatti, che testualmente dice “Non è possibile che sui giornali si discutano temi di questo tipo in forza di più o meno forzate interpretazioni di due semplici parole”. Noi vorremmo che il Consiglio si impegnasse a favorire una interpretazione dell’allocuzione “giovani coppie” nel senso, nella direzione di “coppie naturali”. Questo ci venga detto, oppure venga respinto, per sapere che tipo di apertura questo Consiglio ha svolto, così lo sapranno anche gli elettori, perché è giusto anche che una Regione di sinistra faccia i suoi statuti di sinistra e faccia le sue aperture di sinistra o di altro genere, però per lo meno si abbia il coraggio di scegliere una strada anziché un’altra.
Ribadisco quindi, e concludo, che il nostro voto finale dipenderà anche dall’accoglimento o meno, o meglio dall’interpretazione in questa direzione dell’ordine del giorno che abbiamo presentato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. A conclusione di questa maratona sul nuovo Statuto è con grande amarezza e forte disagio che confermo un voto favorevole a questo Statuto che Forza Italia avrebbe voluto molto diverso e che, se la Casa delle libertà sarà maggioranza dalla prossima legislatura, ci impegniamo, fin da ora, a modificare profondamente. E’ solo per alto senso di responsabilità nei confronti delle nostre Marche, della nostra gente che esprimiamo il nostro consenso per non lasciare la nostra Regione priva della nuova Carta costituzionale, convinti che le regole di funzionamento delle istituzioni debbono essere il più possibile condivise. Carta costituzionale che prende la luce in un momento molto delicato e particolare, certamente di transizione, che a livello nazionale vede il nostro Parlamento profondamente impegnato nella revisione e modificazione della Costituzione italiana. A ciò si aggiungano le sfide terribili del XXI secolo, alle quali le Marche, sempre più vicina all’Europa e al mondo, non potrà sottrarsi.
Avremmo voluto uno Statuto che avesse colto le peculiarità civili, sociali ed economiche della regione Marche al fine di perseguire obiettivi forti: una più alta democrazia ed un migliore e più concreto sviluppo.
Così non è, perché lo Statuto che ci accingiamo a votare è sotto molti aspetti ed in diverse parti, ove si trattano argomenti decisivi del nostro vivere civile, vago e talvolta reticente, confuso, addirittura equivoco, il che mette a nudo le contraddizioni all'interno delle forze di maggioranza che guidano la regione Marche e che hanno preferito "non dire o dire poco", piuttosto che esplicitare chiaramente le proprie convinzioni.
Soprattutto sul preambolo e sui principi, ma non solo, che costituiscono la ”spina dorsale" e parte fondante dello Statuto, si notano carenze e manchevolezze, che abbiamo sottolineato a più riprese nel nostro intervento.
Avremmo voluto più libertà e meno statalismo, più chiarezza sui nemici di ieri e di oggi della democrazia, più coraggio sull'affermazione delle nostre radici civili e religiose, sul ruolo centrale della famiglia, sul concetto di eguaglianza e sui suoi valori sostanziali, sul ruolo determinante della società civile nelle sue diverse espressioni sociali ed economiche, e di quelle fondanti dell'impresa, sulla diversità delle Marche a livello di comunità e territori e la loro capacità di apertura nei confronti del mondo esterno, sul principio della sussidiarietà orizzontale e verticale.
Uno Statuto quindi che sapesse cogliere i mutamenti in atto nel paese, in Europa e nel mondo e quindi favorire il cambiamento e lo sviluppo della nostra società marchigiana. Uno Statuto valido per noi e non per tutte le Regioni e per tutte le stagioni: purtroppo un’occasione sprecata e perduta che ci auguriamo in un prossimo futuro di poter recuperare per dare un avvenire migliore alle popolazioni marchigiane ed alle future generazioni.
Per concludere, questi giorni di lavoro hanno sancito in maniera evidente un dato politico: che la vostra maggioranza è un cartello elettorale contro, perché tra di voi c’è una grande differenza di principi e di valori di riferimento. Senza il grande senso di responsabilità di Forza Italia la maggioranza non sarebbe stata in grado di dare una nuova Carta costituzionale alle marche.
Certamente il nostro contributo è stato determinante non solo per migliorare il testo ma anche per tre grandi questioni: la conferma dell’elezione diretta del Presidente che ha avuto in quest’aula molti partiti contrari, anche componenti importanti di questa maggioranza; non è passato l’aumento dei consiglieri regionali che, come abbiamo noi detto, non avrebbe trovato giustificazioni in quanto nelle Marche il rapporto tra elettori e consiglieri regionali è già esiguo. Questo numero contenuto evita l’ulteriore frazionamento della politica marchigiana. Inoltre c’è il vantaggio di non determinare costi aggiuntivi al sistema.
E’ passato anche l’impegno per una legge elettorale più equa, che rispetti i partiti, ma anche il territorio. Attualmente abbiamo una legge che discrimina fortemente i territori: nessuna provincia deve avere più eletti di quanti gliene spettano in proporzione alla propria popolazione e nessuna provincia deve avere meno eletti di quanti gliene spettano in proporzione alla popolazione. Questo principio deve essere molto chiaro.
Mi auguro che subito dopo l’approvazione dello Statuto in prima lettura si proceda a scrivere insieme, in Commissione, la legge elettorale, sulla base di quell’impegno a suo tempo sottoscritto e in base al quale abbiamo dato il nostro voto favorevole allo Statuto.
Sono queste tre questioni importanti — elezione diretta, aumento contenuto dei consiglieri regionali; legge elettorale equa — che giustificano ampiamente il nostro voto favorevole allo Statuto. Ritengo che questo Statuto sia il migliore che le posizioni dell’Italia centrale riescano a strappare alle maggioranza, spesso arroccate su se stesse, chiuse e molto lontane dai nostri principi e dai nostri valori di riferimento.
Rinnovo il ringraziamento alla presidente della Commissione Silvana Amati per il lavoro che ha fatto, per l’impegno che ha profuso, per la disponibilità che ha mostrato, la pazienza che ha avuto in ogni occasione. Ringrazio anche tutti quelli che hanno lavorato per costruire questo importante strumento per le Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Signor Presidente, come prima cosa, a nome del gruppo del Ds voglio esprimere il voto favorevole allo Statuto ma voglio esprimere anche — lo debbo dire con grande soddisfazione — tutto il nostro compiacimento per essere arrivati oggi ad una prima tappa, una tappa importante, che riguarda l’approvazione in prima lettura di un atto fondamentale come lo Statuto regionale. Credo che l’approvazione dello Statuto rappresenti uno degli atti fondamentali di questa legislatura, che qualifica il lavoro di tutto il Consiglio regionale, perché attraverso di esso daremo nuove regole alla nostra Regione, nuove regole nel rapporto con i cittadini, siano essi singoli o associati e perché questa approvazione dello Statuto pone le basi per una futura e prossima approvazione di una legge elettorale più moderna ed efficiente.
Credo che va dato atto, intanto, alla presidente della Commissione collega e compagna Amati, a tutta la Commissione ma anche al Consiglio di avere svolto e realizzato un buon lavoro, che è stato improntato in tutti questi anni, soprattutto in questi mesi in cui abbiamo tirato le fila, a un reciproco ascolto, a una reciproca attenzione e anche alla ricerca di una sintesi che fosse la più larga e la più condivisa possibile.
E’ anche vero che in questi ultimi giorni ci sono stati momenti anche non esaltanti, c’è stato un confronto a volte anche aspro, ci sono state discussioni interne al centro-sinistra ma interne anche all’opposizione su questioni importanti.
Vedo la ricerca per realizzare questo coinvolgimento delle forze politiche e dei gruppi consiliari presenti in Consiglio, comprese le forze dell’opposizione, come un fatto sicuramente da salutare positivamente. Il fatto che una parte dell’opposizione voti favorevolmente allo Statuto, come del resto già successo nei lavori della Commissione e una parte della stessa opposizione si astenga, non lo vedo come un limite, anzi credo che sia un fatto positivo, perché quando parliamo di regole, siano esse riguardanti lo Statuto che la legge elettorale, questo, almeno per noi, è stato sempre uno dei punti qualificanti della nostra azione. Credo che sia anche un fatto positivo, che saluto come tale, la decisione dei Verdi di esprimere un voto finale positivo sullo Statuto, anche se spinto e determinato da una valutazione tecnica.
Penso che lo Statuto abbia espresso una buona sintesi sulle questioni relative ai valori e ai principi fondamentali, tenendo conto di tutte le sensibilità che il Consiglio regionale esprime ma che si esprimono anche al di fuori dello stesso Consiglio regionale.
E’ stato attribuito un forte ruolo al Consiglio, non solo relativamente ai propri poteri di indirizzo e controllo, come abbiamo detto nel corso del dibattito generale due giorni fa, ma abbiamo introdotto anche novità. Una cosa che qui non è stata ricordata è che abbiamo introdotto questa novità della stabilità dei vertici del Consiglio, Presidente e Ufficio di presidenza che, contrariamente al passato, non dovranno essere sottoposti a verifica dopo 30 mesi. Credo che questo sia un altro passo che va in direzione di un accrescimento del ruolo, della forza e del potere del Consiglio stesso, così come abbiamo controbilanciato, con alcune misure, anche uno spostamento che l’elezione diretta porta, verso l’Esecutivo, il Presidente della Giunta, con l’introduzione della possibilità, per il Consiglio, di esprime la sfiducia nei confronti di uno o più assessori.
Si è molto discusso, credo giustamente, su un punto fondamentale, quello della elezione diretta del Presidente. Non voglio su questo riprendere le argomentazioni che abbiamo portato a sostegno della posizione del gruppo dei Ds, favorevole all’elezione diretta — lo abbiamo fatto nella discussione generale, lo ha fatto il collega Tontini intervenendo nello specifico sull’articolo 7 dello Statuto — ma è chiaro che su questa materia, su questo punto fondamentale ci sono posizioni politiche differenti che si conoscevano da tempo. Credo che queste posizioni diverse anche all’interno del centro-sinistra, siano posizioni che non solo non vanno drammatizzate, perché rappresentano posizioni che traggono origine da una valutazione più complessiva che ognuno di noi ha fatto, a partire dal livello nazionale, ma sono soprattutto differenze che, intanto, ovviamente non inficiano i rapporti all’interno d questa maggioranza che è nata su un accordo politico-programmatico ben preciso, ma non inficiano una condivisione larga che c’è stata su tutto il resto dello Statuto e sulle questioni principali che abbiamo affrontato con lo Statuto stesso.
Un’ultima cosa legata agli ordini del giorno che saremo chiamati a votare, in particolare l’ordine del giorno presentato dal gruppo di Forza Italia sugli indirizzi della legge elettorale.
Intanto credo che anche sulla legge elettorale, come abbiamo fatto per lo statuto, deve continuare un confronto aperto con tutte le forze politiche presenti in Consiglio, di maggioranza e dell’opposizione, perché anche riguardo alle leggi elettorali noi parliamo delle regole che dobbiamo definire.
Come gruppo condividiamo pienamente questo ordine del giorno che detta gli indirizzi per la prossima legge elettorale. Del resto non potrebbe che essere così, visto che non solo l’abbiamo approvato nella Commissione, ma su questo ordine del giorno c’è stato un contributo importante del nostro gruppo consiliare e dei nostri rappresentanti dentro la Commissione Statuto. Lo condividiamo soprattutto in due questioni fondamentali che anche altri colleghi qui hanno ricordato e che riguardano, da una parte l’abolizione del “listino” e dall’altra parte la possibilità che la nuova legge elettorale deve dare, affinché ogni provincia venga rappresentata con il numero di consiglieri ad essa assegnati in rapporto alla popolazione. L’unica modifica che mi sento di proporre e che poi formalizzerò con un emendamento è quella di togliere al punto 2 di questo ordine del giorno il riferimento al “metodo D’Hondt”. credo che sia giusto farlo, perché dobbiamo lasciare nell’indirizzo generale alla prossima legge elettorale il riferimento che la ripartizione sia fatta su base proporzionale, perché credo che questo sia condiviso unanimemente in questo Consiglio regionale, ma prefigurare già oggi con quale metodo andare alla suddivisione dei seggi mi sembra inopportuno. Credo che sia più giusto lasciare campo libero al confronto, al rapporto e alle decisioni che prenderemo insieme quando discuteremo la legge elettorale, perché, come tutti sappiamo, il D’Hondt è uno dei metodi, non l’unico, ce ne sono altri, quindi formalizzerò un emendamento che toglie questo riferimento al punto 2 dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D'ANGELO. Colleghi, Presidente, voglio iniziare questo intervento ringraziando per il lavoro fatto dalla Commissione, soprattutto dalla collega Silvana Amati, che oltre ad avere condotto in porto, sembrerebbe, il lavoro, ha dato dimostrazione anche di estrema coerenza, con alcune prese di posizione chiare legate al voto sul presidenzialismo. Quindi va dato atto, oltre che alle capacità, anche alla coerenza.
Abbiamo già parlato abbondantemente dei con tenuti generali dello Statuto, ne abbiamo parlato in ambito di dibattito generale, in ambito di emendamenti. Sapete bene, anche perché l’ho detto in modo molto chiaro, qual era la posizione del sottoscritto, una posizione di critica relativamente ad alcuni passaggi dello Statuto e ad alcuni tentativi di modifica che si volevano fare.
Mi riferisco all’art. 7 sul presidenzialismo, rispetto al quale mi sono espresso con estrema chiarezza dicendo che e questo sistema di forma di governo non appartiene alla mia cultura e non dovrebbe appartenere nemmeno alla cultura di sinistra. Ho detto che ero preoccupato per il tentativo di aumento di numero di consiglieri in una situazione economica della regione — lo sanno bene i marchigiani che un anno e mezzo fa hanno dovuto subire una pressione fiscale — che non è certamente rosea e quindi non era opportuno portare il numero dei consiglieri a 50, 47 o quant’altro. Sembrerebbe che questo tentativo sia rientrato, siamo riusciti in qualche modo a contenere l’aumento ad un numero decente, ritengo che 40 o 42 non cambi molto, poi, come detto da qualche precedente intervento, bisogna vedere anche questa sorta di subemendamento Franceschetti sul 42 secco, non legato ai due concorrenti presidenti. Questo lo rimandiamo alla legge elettorale. Come viene rimandato alla legge elettorale anche il sistema di voto.
Io ho sempre detto che lo Statuto è strettamente correlato alla legge elettorale. Mi dispiace avere ascoltato alcuni interventi che difendono la prerogativa della maggioranza di voler stabilire un metodo o un altro o stabilire dei principi sulla legge elettorale che vanno a cancellare le piccole forze politiche. Io ritengo che nessuna forza politica, la più grande che ‘è, si possa arrogare il diritto di decidere di far scomparire forze politiche radicate su tutto il territorio nazionale, con una storia e una identità e una sensibilità. Non c’è maggioranza che tiene, su questo. E’ una questione dei democrazia, è una questione di sapersi confrontare. Io faccio parte di quella grande famiglia del centro-sinistra, attualmente all’opposizione in questo Consiglio, perché non mi risulta che i verdi siano rientrati in maggioranza. Ebbene faccio parte di quella grande famiglia del centro-sinistra, anche se a volte mi sento lontanissimo da alcune scelte. Come mi sento lontanissimo dalla famiglia del centro-sinistra sulla scelta del presidenzialismo, lontanissimo anni luce. Ma mi sento ancora più lontano da una politica di centro-destra che a volte non riesco neanche a capire.
In questo contesto ritengo che la rappresentatività politica, la legge elettorale deve garantire la pluralità politica in questo Consiglio e come Assemblea elettiva questo Consiglio deve comunque essere un baluardo alla salvaguardia democratica del nostro paese.
Io sono preoccupato, l’ho già detto nell’ambito della discussione dell’art. 7, di questo presidenzialismo. Per questo ho chiesto il voto per appello nominale, non per polemica ma perché resti agli atti chi si è presa la responsabilità di fare una scelta.? A ognuno la propria scelta: io ero preoccupato, sono preoccupato di questa scelta, perché non tutte le persone sono responsabili e io ritengo che un presidente debba sempre e comunque in compartecipazione alla gestione amministrativa, con l’assemblea elettiva. Non mi pare che scindere il Consiglio regionale dal presidente sia un fatto positivo, è pericoloso. Mi auguro di non essere la Cassandra di turno, ma ritengo che sia pericoloso. Comunque ad ognuno le proprie responsabilità. Devo dire che ben 12 colleghi hanno dimostrato queste perplessità, 10 con il voto contro, 2 con l’astensione, quindi non devo dire neanche che ero solo.
Ritengo che la legge elettorale che garantisca la pluralità della presenza delle forze politiche in questo Consiglio sia fondamentale. Mi dispiace che il Presidente sia assente, perché questo è un passaggio importante. Pur non essendo d’accordo su alcuni aspetti dello Statuto (articolo 7 sul presidenzialismo, e comunque abbiamo già ottenuto un risultato sul numero dei consiglieri), e anche se allo Statuto può essere dato una valutazione positiva, con atto di responsabilità, come componente di minoranza di questo Consiglio ma come appartenente alla famiglia di centro-sinistra, per atto di responsabilità politica e per non dare adito a Forza Italia... Ho ascoltato l’intervento del collega Ceroni che dice che senza Forza Italia la famiglia del centro-sinistra non sarebbe riuscita ad approvare lo Statuto. Ebbene, ti dimostro, Ceroni, che questa cosa non la potete dire.
In condizioni formali avrei votato contro questo Statuto perché non condivido l’art. 7, ma in queste condizioni, per non dare l’opportunità a Forza Italia di dire che ha concesso a questo Consiglio la possibilità di varare lo Statuto, poiché mi è stato chiesto un atto di responsabilità politica — ma la responsabilità politica il sottoscritto troppe volte l’ha dimostrata e la responsabilità politica non può essere un fatto univoco, non si può sempre chiedere agli altri, e questo lo dico all’interno della famiglia di centro-sinistra cui appartengo —... (Interruzione). Non è possibile chiedere atti di responsabilità politica sempre in senso univoco. Lo dico in modo chiaro. IL mio voto sarà legato anche a quanto verrà approvato negli ordini del giorno che sono arrivati, perché o si danno delle garanzie o il senso di responsabilità politica potrebbe anche venire meno.
Quindi mi auguro che la legge elettorale garantisca non quello che dice il collega Trenta. Il collega Trenta ha una cultura di centro-destra, è normale che dica quello...

Umberto TRENTA. La cultura non è di centro-destra o di centro-sinistra: tu sei come un cocomero, sei verde fuori e rosso dentro.

Pietro D'ANGELO. Io sarò un cocomero, tu sei un poveretto.

Umberto TRENTA. Cafone.

Pietro D'ANGELO. Non c’è alcuna maggioranza che possa decidere l’eliminazione di forze politiche radicate su tutto il territorio nazionale. E’ questo il concetto che vi manca: da un lato si vuol far fuori qualcuno che dà fastidio nel centro-destra, qualche forza politica che dà troppo fastidio nel centro-destra, da quest’altra parte si vuol togliere di torno qualche altra forza ben radicata su tutto il territorio con una storia, un’identità e una sensibilità radicata e non c’è nessun Trenta, nessun partito di Forza Italia o nessun partito Ds o qualsivoglia altro partito che possa decidere l’estinzione della presenza in questo Consiglio...

Ottavio BRINI. Sono i cittadini che decidono.

Pietro D'ANGELO. Ricordatevi, che un amministratore che non riesce a confrontarsi non è un buon amministratore e non va lontano. Mi pare che troppo spesso si sia diffusa la cultura che il confronto è fastidio il problema odierno di questa società, soprattutto della classe politica contemporanea, è valutare il confronto come sinonimo di fastidio.
Quindi chiedo responsabilità politica alla famiglia del centro-sinistra a cui appartengo...

Umberto TRENTA. A quale, a quella gay?

Pietro D'ANGELO. ...ma vedremo nel prossimo futuro se questa responsabilità debba essere sempre chiesta e mai data nei confronti degli altri. Lo vedremo nella valutazione degli ordini del giorno, lo vedremo nella legge elettorale, lo vedremo nei contenuti programmatici legati a questo scorcio di fine legislatura.
Ripeto, i verdi sono estremamente sensibili ai contenuti programmatici. Non tutti per la verità, ma voglio generalizzare, questa volta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Umberto TRENTA. Chiedo la parola per fatto personale, Presidente.

PRESIDENTE. Prego, consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Siamo arrivati alla fine di un confronto intenso, abbastanza aspro sotto certi aspetti, ma ritengo comunque costruttivo, che ci consente di votare il nuovo Statuto regionale. Se vanno spese delle considerazioni rispetto allo Statuto che ci lasciamo alle spalle, che ha guidato in qualche modo l’Amministrazione regionale per più di trent’anni, è che coloro che ci hanno preceduto, i nostri predecessori, i consiglieri che avevano originariamente dato vita al primo Statuto erano riusciti, nonostante il clima di scontro, che era ideologico, a trovare una sintesi più larga e io credo sia stato il frutto, allora, di una consapevolezza che sulle regole comuni non è possibile una divisione radicale ma è doveroso da parte di tutti trovare una sintesi e sacrificare anche parte di se stessi per raggiungere una sintesi comune di guida della propria comunità. Questa è la valutazione che secondo me deve essere anche di ammonimento al nostro modo di fare politica, al nostro modo di confrontarci. Questo non vuol essere un richiamo paternalista, è una valutazione della qualità della politica che si esprime in questo Consiglio, che esprimono le attuali forze politiche e che io credo ci debba fare riflettere anche sul modo con cui dobbiamo andare avanti rispetto ad una dinamica politica che è forse più complessa di un tempo, che ha abbandonato ancoraggi piuttosto forti che consentivano, probabilmente, altre capacità di sintesi e credo anche che una società complessa come la nostra ha comunque bisogno di forze politiche che si rendano conto che se non si sacrifica parte di se stessi e non si arriverà alla capacità e al coraggio di affrontare con gli altri i problemi della nostra quotidianità, non faremo un buon servizio alla comunità stessa.
Ecco perché non capisco l’astensione di alcune forze politiche del centro-destra, così come mi rammarico di avere dentro la mia coalizione forze che non voteranno questo Statuto regionale. Mi rivolgo proprio a Ricci, il quale sostiene questa sua posizione dichiarando che il voto contrario di Rifondazione, così come il collega Procaccini per i Comunisti italiani, non avrà ripercussioni per quanto riguarda la coalizione di centro-sinistra, però credo non sia possibile non sottolineare che oggi abbiamo bisogno di atteggiamenti diversi se vogliamo governare questo paese e questa nostra Regione, perché se sull’altare della maggioranza della coalizione non si sacrifica anche parte di se stessi, credo che la governabilità sia impossibile e su un fatto come quello dello Statuto, dove tutto sommato già le indicazioni che si erano avute a livello costituzionale, anche se il nuovo titolo V ha dato libertà di scelta a livello periferico, dovevano portare comunque la consapevolezza che, pur difendendo le proprie posizioni, legittime, non si poteva non trovare sintesi nella maggioranza di appartenenza.
Questo lo dico da parte del centro-sinistra, dove c’è stata una impossibilità di sintesi, ma lo dico anche per il centro-destra e do atto a Forza Italia di avere dimostrato senso istituzionale, accedendo alla votazione. Non capisco perché l’amarezza di Ceroni. E’ un atto politico che si prende in considerazione e che dà forza a chi si rende conto che le istituzioni a livello di comunità vanno oltre gli schieramenti politici.
Prendo atto con piacere che i nostri colleghi e amici verdi, Moruzzi e D’Angelo, di fronte a questo atto così importante per la comunità, del grande sforzo di riprendere un cammino comune. Questo dimostra una grande consapevolezza ed una grande capacità politica di leggere i tempi e di capire quando è ora di riprendere un cammino che non può che essere comune, a fronte delle sfide che abbiamo davanti, sia nella regione che nel paese.
Per quanto riguarda alcuni aspetti che sono stati discussi, partirei dalla considerazione che non ci si trovava di fronte al compito di dover ridefinire i principi sanciti dalla nostra Costituzione, su cui tutti si ritrovano. A me spiace anche la banalità con cui si sono affrontati temi come quello della famiglia, ridotto ad un ballottaggio tra chi è favorevole e chi non è favorevole. E’ veramente una banalità. Il problema della famiglia è fondamentale per la nostra comunità, tutti se ne rendono conto. Tutti auspicherebbero una famiglia fondata sulla Costituzione come dice l’art. 29, sia quelli di destra che quelli di sinistra. La verità è come affrontare questa grande confusione che la nostra comunità si è creata per i figli che si sposano dopo i 30 e i 40 anni, per il fatto che i figli che si sposano prima dei 30 anni si dividono dopo tre anni, senza parlare dei cinquantenni che dovrebbero essere più maturi ma che, statisticamente, sono quelli che mandano all’aria più degli altri i propri matrimoni.
Banalizzare la questione della famiglia in questa realtà così disaggregata e così difficile, secondo me non è una buona cosa, per una divisione schematica e, se permettete, unicamente strumentale rispetto ad una sintesi che in Commissione avevamo trovato e che andava bene a tutti.
Non entro sul discorso del Cristianesimo, ne abbiamo sentite troppe in quest’aula e forse fuori dalle righe. Colgo l’occasione per dare solidarietà al collega Ascoli per l’aggettivo che secondo me, in un momento assolutamente non riflessivo e fuori dagli schemi, gli è stato attribuito. Credo che sia stato un episodio banale ma che resta e su cui dobbiamo riflettere. Forse, cari colleghi, nel dibattito politico molte volte andiamo a dire cose che trascendono lo stesso valore delle parole e qualche volta vorremmo riflettere di più quando parliamo tra di noi.
Per le altre questioni che qui sono state enunciate, credo che il problema della sussidiarietà in questo Statuto sia stato abbondantemente affrontato e accuratamente risolto. Abbiamo fugato anche i dubbi di chi interpreta la sussidiarietà — mi rivolgo ai colleghi dei Comunisti italiani e di Rifondazione — come l’anticamera della privatizzazione. Sicuramente va interpretata come responsabilità della società che deve riprendere il suo ruolo di fronte a uno Stato che ormai, è dimostrato, tutto non può fare. Così anche il discorso dell’impresa. L’abbiamo definita meglio, l’abbiamo inserita in un contesto sicuramente giusto, ma ritengo che il tempo perso su tutte queste definizioni, avremmo fatto bene a dedicarlo ad altre questioni riguardanti lo Statuto stesso.
Abbiamo definito la questione del CREL, secondo me in misura adeguata e in merito alla questione elettorale sottolineo un fatto: che giustamente la legge elettorale non fa parte dello Statuto, tra l’altro ha fonte e indicazione diretta dalla Costituzione, e lo Statuto non può esserne fonte, ovviamente. Dobbiamo renderci conto che occorre trovare una formula che sia soddisfacente per tutti, però ce l’abbiamo davanti ed è nostra responsabilità affrontarla.
Una cosa vorrei dire, e credo sia la seconda volta, in quest’aula. Il documento che probabilmente voteremo sancisce una ripartizione provinciale dei consiglieri, per evitare il famoso slittamento che era dovuto ad un meccanismo elettorale che non era peregrino, che non nasceva dal nulla ma prendeva atto da una considerazione: che cioè si votava e si è votato sempre a livello regionale, perché le elezioni del Consiglio regionale sono di livello regionale. Il fatto di ripartire i consiglieri per provincia, se pare assolutamente giusto, come io ritengo sia giusto e proporzionale anch’esso, potrebbe determinare ancor di più una lacerazione del tessuto politico-istituzionale di questo Consiglio regionale che tradizionalmente ha sempre portato avanti una politica anti capoluogo e non so fino a che punto ce ne possiamo avvantaggiare anche come comunità regionale. Così come abbiamo fatto per la sanità, abbiamo dimostrato anche con la legge elettorale di essere responsabili rispetto a questo dato, ma adesso basta, perché non è giusto portare avanti un atteggiamento anti anconetano — mi rivolgo anche a te, Ceroni, perché sei stato uno di quelli che maggiormente si è battuto contro Ancona, quasi ci fosse qualche cosa da dover conquistare —...

Remigio CERONI. Per il riequilibrio.

Marco LUCHETTI. Occorre farla finita una volta per tutte con questo tipo di discussione, perché non rispettare — e non lo dico per spirito di campanile — una legittima rappresentanza del capoluogo in questa regione, così come si fa in tutte le altre regioni, non è un buon servizio alla comunità regionale, anche perché, se ci fosse un capoluogo di più alto riferimento — ed è competenza anche della classe dirigente e del Comune che lo rappresenta — probabilmente ci guadagnerebbero il capoluogo e tutta la regione. Credo che questa cultura la dobbiamo diffondere in tutti noi, perché questo fatto ha ancora una volta determinato nel dibattito intorno a queste cose, delle situazioni poco piacevoli.
Il nostro gruppo voterà questo Statuto, gli ordini del giorno presentati, con la speranza e con l’auspicio la prossima legislatura possa essere migliore di quanto non abbiamo potuto fare questa volta, con maggioranze e minoranze più coese, in virtù di una nuova responsabilità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Non so se è dovuto agli interessi culturali, politici, ideologici che uno ha, però tutta la discussione su questa vicenda non mi ha appassionato tantissimo. Il documento che viene prodotto, come tutte le cose articolate contiene luci ed ombre. Noi siamo soddisfatti di essere stati importanti, forse determinanti, con i nostri consiglieri della Commissione Statuto per l’elaborazione presidenzialista del documento, perché il presidenzialismo era una delle nostre stelle polari ed è passato. Questa è una cosa a cui diamo un valore fortemente positivo. Così come l’approvazione del CREL è stato un valore aggiunto al documento, un’altra cosa che qualifica.
Viceversa non si può tacere che ci sono alcune cose che non ci piacciono, cominciando proprio dalle prime parole del documento, il preambolo. Noi abbiamo fatto una battaglia sul preambolo perché ci sembrava che aprisse a carico di tutto il documento un taglio di parte che non può essere a uno Statuto che deve appartenere a tutti i marchigiani a qualunque forza politica si riconoscano, a qualunque filone culturale. Sul preambolo noi abbiamo duramente polemizzato. Io sono arrivato al paradosso di dire che la storia di questa regione è legata fortissimamente alla battaglia sul Metauro tra cartaginesi e romani, all’assedio di Federico Barbarossa che pure è stata cosa importantissima, che ha forse condizionato cento anni di storia di questa Regione, nonché altre vicende più recenti.
Quindi il preambolo è per noi una zona d’ombra, una zona scura, veramente scura, accanto ad alcune ambiguità forti. Mi riferisco per esempio a quella sulla famiglia. Il riconoscimento della famiglia naturale è un dato politico di grande forza. Oggi leggevo l’intervista di S.E. l’arcivescovo di Ascoli Piceno, che scrive che la Regione Marche sbaglia sulla famiglia, perché la famiglia deve essere cellula naturale della società. Se la famiglia non funziona tutta la società è debole, non dà risposte di solidarietà; se la famiglia tiene il modello sociale tiene e questo è un dato che va al di là della nostra regione, è proprio un dato di fatto.
Io non mi appassiono molto alle polemiche sulle vicende della sessualità, perché credo che siano fuori posto. Viceversa mi appassiono molto sul sostegno alla famiglia naturale, perché la famiglia naturale, eterossessuale, che procrea, è un dato sociale forte, poi tutto è opinabile, accettabile, non ho né paraocchi né pregiudizi, però quello che interessa alla società, allo Stato, alle istituzioni è altro.
Gli assessori esterni. In questa legislatura abbiamo avuto due assessori esterni, Ottaviani e Mattei. Entrambi hanno avuto uno scarso impatto politico sulle istituzioni, erano gli assessori deboli, al di là di qualunque area politica o partito appartenessero. Come si può non notare che l’assessore esterno, che non ha avuto la legittimazione dell’elezione popolare, quindi del voto, è un assessore che opera in regime di difficoltà? Si è poi arrivati a un punto di caduta: sul numero dei consiglieri si è fatto troppo tatticismo, è un passaggio che a me non è piaciuto, perché in generale non è che un’istituzione viene valutata bene o male se ha qualche consigliere regionale in più o in meno, qualche consigliere d’amministrazione in più o in meno o qualche consigliere comunale in più o in meno. Bisogna vedere come funziona l’articolazione e qual è la qualità della partecipazione delle persone deputate a svolgere il ruolo. Il punto di caduta è stato di 42 consiglieri. A questo punto il nodo si scioglie sulla legge elettorale, perché la rappresentanza del territorio è legata alla legge elettorale che verrà fatta, ma se noi siamo al 40+2, il territorio delle province più piccole è fortemente penalizzato. Se invece utilizziamo tutti i 42 seggi nella ripartizione dei consiglieri, tuteliamo un po’ le province minori. Questo è un impegno che dobbiamo prenderci, altrimenti hanno ragione coloro che dicono che le province con un po’ di popolazione in meno non vengono rappresentate. La mia idea di marcare il numero dei consiglieri proprio su questo aspetto, era saggia, scevra da ogni problema di rappresentanza diretta del mio gruppo, della mia persona. Altri hanno preferito un’altra politica, io non credo alla politica dei patti parasociali e qui mi sento di dire qualcosa.
Quando mi è stato richiesto di fare un tavolo diverso da quello istituzionale ho ritenuto che non fosse opportuno. Non so se ci sono dei patti parasociali intorno al documento ufficiale che esce da questo Consiglio regionale. E’ però un dato di fatto che su questo noi non ci ritroviamo, non siamo rimasti soddisfatti di come è stato sciolto questo nodo.
Concludo dicendo che su questo documento non ci ritroviamo. Noi siamo soddisfatti di aver contribuito ad alcuni passaggi, però vogliamo anche marcare la differenza da un documento che a nostro parere non recepisce i nostri valori di fondo. Noi riteniamo che se alcuni valori di fondo non vengono recepiti, non ci sono mediazioni, anzi siamo stupiti di qualcuno che sostiene una cosa e in aula ne fa un’altra, prende una posizione addirittura esagerata che poi viene completamente riassorbita.
Quindi riconfermo che a questo testo non daremo il voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Anzitutto, avendo partecipato lungamente alla redazione di questo Statuto voglio ringraziare, in conclusione dei lavori, i colleghi della Commissione, la presidente Amati, i funzionari, soprattutto il dott. Misiti, il dott. Fioravanti e i consulenti dott. Mercuri e prof. D’Andrea, tutti per il prezioso contributo che hanno dato alla stesura di questo testo che da un punto di vista tecnico credo sia assolutamente apprezzabile.
Ricordo che lo Statuto che fu approvato circa 30 anni fa, fu approvato all’unanimità, con il solo voto contrario dell’allora Movimento Sociale. Sono andato a rileggermi gli atti e la maggioranza che governava allora non impose i propri principi alla minoranza di allora che è maggioranza di oggi. Nel vecchio Statuto si trovano soluzioni relative ad alcuni valori sui quali abbiamo lungamente dibattuto, meno avanzate di quelle che si trovano in questo testo. La maggioranza dell’epoca, che era una maggioranza sicuramente cattolica, cristiana, più orientata in questo senso di quella di oggi, ebbe il buon gusto di non forzare la mano.
Credo che ognuno in questo testo possa ritrovare i propri valori. Non c’è dubbio che la matrice religiosa di cui parla il preambolo è per me e per il mio partito la matrice religiosa cristiana e cattolica, pure se, come ho già detto nel mio intervento, non sottovaluto e riconosco assolutamente l’importanza passata e odierna di altre religioni presenti da tempo antico e da tempo meno antico nella nostra comunità. Penso quindi che ci debba essere attenzione e pari dignità nei confronti di tutte le confessioni, come peraltro dice la nostra Costituzione.
Così come ritengo che sulla famiglia si sia fatta una buona sintesi, non sufficiente per alcune sensibilità come la mia, ma per me governa sul discorso afferente la famiglia l’art. 29 della Costituzione e non altro e non viene detta una cosa contraria.
Voglio dire con questo che forse non era possibile stendere un testo che fosse qualcosa di diverso, non so se dall’accontentare quasi tutti o dallo scontentare quasi tutti come una buona transazione.
E’ stato migliorato questo testo con il riconoscimento del ruolo sociale dell’impresa assieme a quello del lavoro, è stato accolto personalmente il mio emendamento che inserisce una particolare attenzione nei confronti delle famiglie con disabili e con invalidi, è stato introdotto il CREL, a maggiore riconoscimento dell’importanza delle categorie produttive nella società marchigiana, è stato bene enunciato, anche se si sarebbe potuto fare di più, il principio di sussidiarietà.
Bisogna guardare soprattutto alle cose che ci uniscono. Avete sentito il mio disaccordo nei confronti della forma di governo, ma io credo che, così come, con grande spirito istituzionale e costituente, coloro che ci hanno preceduto 30 anni fa, pur non condividendo alcune parti dello Statuto di allora lo votarono, credo che questo Statuto debba passare con il più alto numero di voti possibile, preso atto del fatto che c’è una maggioranza che gradisce questo testo, che rappresenta una sintesi, forse non il miglior testo per ogni sensibilità ma forse la migliore sintesi possibile e credo che con spirito istituzionale costituente, in omaggio a questa maggioranza questo testo vada approvato con il maggior numero di voti possibile, proprio per non offendere l’istituzionalità di quest’aula e la comunità marchigiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Lo Statuto ha posto in evidenza gravi divisioni di questa maggioranza di sinistra che governa a fatica la Regione Marche. Doveva essere un momento alto e invece è stato un momento di compromesso poco nobile sulle radici e sui principi. La storia triturata e liofilizzata di quella espressione preambolare non ha soddisfatto nessuno, perché prima dell’opera di trituramento della storia c’è stata un’altra operazione, la modificazione genetica. Un solo esempio: si è riusciti a parlare di forze laiche e cattoliche. Altro che radici! Si è fatto solo un riferimento politico ad un passaggio della nostra storia regionale. L’autore in questo caso è stata la Margherita, ma sulla famiglia gli autori sono stati i gruppi dei Comunisti italiani, di Rifondazione, dei verdi quando hanno voluto parlare ambiguamente di giovani coppie, senza specificare quali direttrici e quali azioni positive, verso quali soggetti individuati, quelli che compongono il nucleo familiare fondato sul matrimonio, costituzionalmente inteso.
Nessuna riflessione organica sulla composizione del Consiglio regionale ma un numero buttato là, senza parlare di attribuzioni di competenze e del perché quel numero. Qui gli autori sono stati l’intera maggioranza, forse anche parte dell’opposizione.
Sulla elezione diretta del Presidente: non è stata votata da larghi settori della vostra maggioranza, la presidente Amati non ha votato l’opzione presidenzialista. Anche la stessa doverosa apertura al terzo settore, con la sussidiarietà o alle forze economiche per il CREL, anche questi passaggi hanno visto una maggioranza lacerata e divisa. Siamo arrivati, pertanto, ad uno Statuto che nella sua stesura finale è assolutamente insoddisfacente e come ha detto il capogruppo Ciccioli, non vedrà il nostro voto favorevole, vedrà il nostro voto contrario. Lo Statuto così com’è non rappresenta le sensibilità, le aspirazioni, i principi, le volontà della maggioranza dei marchigiani, non rappresenta neppure appieno la volontà della minoranza dei marchigiani, perché non c’è stato neppure il coraggio di dire chiaramente che si era a favore delle coppie di fatto, ma si è lasciato nell’ambiguità il passaggio sulla famiglia e sulle azioni positive che questa Regione deve compiere. Questo è il più grosso atto di accusa verso il documento finale: non rappresenta né l’una né l’altra opzione. Un compromesso in basso che rende tutti insoddisfatti.
Ecco perché la nostra posizione, come ho detto già due giorni fa in apertura dei lavori, è stata una posizione responsabile, perché siamo venuti in questa aula, malgrado il fatto che addirittura il Consiglio regionale, pur convocato, non riusciva ad aprire i suoi lavori, perché la “maggioranza in servizio permanente effettivo” stava cercando di trovare equilibri che faticosamente erano alle viste soltanto attraverso dei compromessi, sempre più riduttivi, malgrado questo noi siamo venuti in aula, abbiamo atteso l’inizio dei lavori, abbiamo partecipato ai lavori e ai passaggi fondamentali delle discussioni, lo abbiamo fatto anche se non eravamo per scelta politica tra coloro che hanno firmato quali proponenti questo atto, perché i commissari della Commissione Statuto non hanno firmato, non sono tra coloro che sono stati indicati dai nostri atti formali come promotori, così hanno fatto altri gruppi dell’opposizione come l’Udc o il gruppo del consigliere Novelli.
Malgrado questo siamo venuti e abbiamo in maniera trasparente, chiara, coerente, lineare e diretta sostenuto le nostre argomentazioni, i nostri emendamenti, le nostre posizioni, ricercando, se ancora era possibile — la cosa era molto difficile — in aula quelle risposte che non sono state mai date in maniera positiva in Commissione alle richieste sui principi, sui valori. Noi crediamo alla famiglia, sappiamo che le nostre radici sono profondamente cristiane e cattoliche; Noi crediamo sulla sussidiarietà forte, orizzontale e verticale, noi crediamo nel fatto che le imprese debbano essere poste nelle condizioni di collaborare direttamente con le istituzioni e non essere considerate sempre la controparte di qualche cosa o di qualcuno.
Crediamo in tutto questo, ma questo nello Statuto non viene fuori. Crediamo in una definizione della composizione del Consiglio regionale legata a funzioni, compiti e attribuzioni precisi, non a sorte, casualità, numeri o equilibri matematico-elettorali che poi non riportano mai, alla fine. Crediamo in tutto questo. Questo non c’è nello Statuto che ci apprestiamo a licenziare, perciò responsabilmente siamo stati fino in fondo a discutere in questo Consiglio, a partecipare ai lavori, ma vista la conclusione, visto l’ultima versione del lavoro svolto, non possiamo aderire, come ha detto il capogruppo Ciccioli, ad un documento che dovrebbe essere la sintesi alta e non lo è, che dovrebbe essere l’espressione di tutti e non lo è, né della maggioranza, né della minoranza, né di coloro che si trovano un po’ da una parte e un po’ dall’altra. Non lo è di nessuno.
Per questo motivo voteremo contro questo Statuto, rammaricandoci del fatto che questa potrebbe essere un’occasione per fare sì che le Marche ritrovassero veramente, in una sintesi alta, quella loro caratteristica di essere plurali ma in grado di navigare con forti braccia per remare tutti verso una stessa direzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Effettivamente l’iter in aula di questo atto non è esaltante. Qualcuno ha espresso valutazioni di soddisfazione per il fatto che comunque si va all’abolizione dello Statuto, e allora l’ottimismo, come la bellezza, è l’occhio di chi guarda, per cui se uno vuole comunque essere ottimista poteva andare peggio, poteva crollare il soffitto dell’aula. Ma al di là degli eventi esterni, oggettivamente la pagina non è bella.
Questa proposta di legge, anche se, come qualcuno ha ricordato, non è stata venuta sottoscritta da tutti i gruppi, è entrata in quest’aula con la disponibilità di tutti i 40 consiglieri a partecipare, ovviamente con qualche rinuncia e qualche accettazione, perché nessuno si prefigge mai il 100% su tutta la linea, ma tutti erano dichiaratamente disponibili a partecipare con un voto favorevole, ove ne esistessero le condizioni, a questo atto istituzionale. Sbaglia chi riprende il gruppo di Forza Italia per voler votare lo Statuto, benché di minoranza, o chi riprende i consiglieri di maggioranza che preannunciano l’intenzione di non voler votare lo Statuto, perché il voto di uno Statuto è atto istituzionale e non di parte politica, per cui mi sembra perfettamente naturale che di fronte a un atto che esprime valori condivisi, salti la suddivisione fra maggioranza e minoranza.
Il collega Luchetti ha detto che il voto contrario allo Statuto del 1971 venne soltanto dall’allora Msi. Quando mi fu chiesto dalla presidente, dalla Rai se era mia intenzione votare contro a prescindere, dissi che assolutamente non c’era una decisione a prescindere, sia perché qualcuna decisione a prescindere sa di mancata intelligenza, di mancato approfondimento, sia perché oggettivamente non pensavo che la collocazione all’opposizione dal governo comportasse un’opposizione allo Statuto. Quindi non ha sbagliato Forza Italia a votare a favore, benché di minoranza; sbaglia Forza Italia nel momento in cui vota a favore per un atto di cui espressamente dichiara la incondivisibilità di quasi tutte le scelte.
Quello che non riesco a capire è che se uno condivise qualcosa dell’atto, può dire “il condivisibile fa aggio sull’inaccettabile, lo voto lo stesso”. Però il collega “Penelope Ceroni” ha detto che si accinge a dare un voto favorevole allo Statuto nella previsione di poterlo abrogare non appena si trovasse in una maggioranza per la prossima legislatura. Ma allora, o qualcuno scava la buche e altri non fanno altro che riempirle un’altra volta, oppure, oggettivamente, occorre dire che lo sforzo, la disponibilità mostrati per produrre un risultato accettabile, non lo hanno prodotto tranne nei confronti di chi era pronto ad accettare qualsiasi cosa.
Il dato oggettivo è che abbiamo avuto un testo licenziato in Commissione con una forte maggioranza, poi sottoposto al Consiglio che ha impiegato 72 ore non a vedere approvato articolo per articolo ma a vedere riunito il Consiglio, perché abbiamo passato due giornate di sessione praticamente a fare ricreazione nei corridoi, in attesa che si compisse quel lavoro di mediazione-sintesi che a logica avrebbe dovuto e potuto essere già stato compiuto. Circa la posizione di chi aveva detto “noi siamo desiderosi di votare lo Statuto, dateci una scusa, un pretesto, un qualcosa per poter giustificare il nostro voto favorevole”, nulla c’è.
Sul preambolo abbiamo ragione, la sua storia comincia 200 anni fa. Sulla famiglia non avete avuto neanche il coraggio, questa mattina, di richiamare l’art. 29 della Costituzione. In tutto lo Statuto non c’è una sola scelta. Alcune Regioni — l’Emilia Romagna — hanno fatto delle affermazioni in favore della famiglia di fatto che personalmente non avrei mai accettato, ma è una scelta, un quid pluris rispetto all’impianto preesistente che invece questo Statuto non contiene. Sfido chiunque dei colleghi a trovarmi in questo lavoro, che ha impegnato tanti colleghi per quattro anni e l’aula per una settimana, un solo contenuto, a parte la foglia di fico del CREL, ulteriore rispetto all’impianto che c’era nel precedente Statuto e nella Costituzione della Repubblica. Non c’è nulla, c’è soltanto una parafrasi di valori che non solo sono già condivisi ma sono comunque nella Costituzione. Lo stesso presidenzialismo, che per chi parla è una scelta positiva e condivisibile non è una conquista ma una riconferma di qualcosa che già nella legge istituzionale 2 del 2000 esisteva.
Personalmente avevo proposto qualche emendamento non di stravolgimento. Ad esempio mi ero permesso di segnalare — un po’ perché di attualità, all’esame del Parlamento — un po’ perché è un problema grosso, la questione del risparmio e di segnalare l’assurdità che nella fondazione della Banca d’Italia delle Marche, cui partecipano notai, imprenditori, aziende di credito — tutti controllati dalla Banca d’Italia — la necessità di controllo. Avevo scritto quattro righe di emendamento, sono state stralciate le quattro righe che chiedevano ciò ed è stata mantenuta la mozione di affetti. Ho anche detto, in un comunicato stampa, che mi rendo conto che è pericoloso proporsi il controllo del credito, però una scelta non dico di coraggio ma di minima volontà di valori condivisi non c’è stata.
L’ultimo esempio è il “comitato di pietra” di questa vicenda, cioè la legge elettorale. La scelta sul numero di consiglieri è ovviamente al ribasso, la decisione della Toscana di andare a 65 consiglieri regionali, a mio avviso è poco giustificabile. Mi ero posto il problema di cercare un criterio non opportunistico-soggetivo ma matematico, per dare una composizione numerica al Consiglio venturo: esce un numero 42 che è inspiegabile. Non si poteva allora rimanere a 40? Volete eleggere il presidente eletto e il presidente non eletto? 40 come 42. Un motivo logico, numerico, politico, funzionale — avremo più Commissioni — non esiste.
Sulla legge elettorale è condivisibile l’ordine del giorno dei Comunisti italiani circa la scelta del proporzionale puro, per la buona ragione che essendo io presidenzialista, ho votato l’art. 7 e ho votato pressoché contro tutti gli altri articoli, ritengo che, di fronte alla scelta di dare una forza e una legislazione chiara e visibile al presidente, all’organo esecutivo e amministrativo, sia opportuno controbilanciare con una legislazione altrettanto forte e altrettanto chiara alla Assemblea legislativa e all’organo rappresentativo. Però, che una scelta come questa possa essere poi inserita in sede di limatura su un ordine del giorno a firma del gruppo di Forza Italia, che chiede tutto e il suo contrario, non è condivisibile, perché vuole un 60-40 che a mio avviso automaticamente porta al “metodo D’Hondt”, perché se si prefissano queste quote, solo con il metodo dei quozienti, come avviene per i Comuni lo si può fare, però il “metodo D’Hondt” no perché qualcuno vuole stralciarlo ed emendarlo, vuole che ci sia la ripartizione con il riequilibrio provinciale, non si riesce a capire in quale modo concreto questa contemporanea rincorsa di tre diverse lepri possa essere condotta, perché si può rincorrere una lepre per acchiapparla — la proporzione fra partiti, oppure la proporzione fra territori — ma che con una stessa rincorsa si possa acchiappare “+3” è evidentemente ipocrisia verso se stessi o verso i colleghi che si suppongono abbastanza stolti. Quindi voterò per stima e per una convinzione sul proporzionalismo l’emendamento dei Comunisti italiani, ma poi esprimerò voto contrario all’ordine del giorno nel suo complesso, perché nessuno ha avuto l’onestà intellettuale o forse la capacità tecnica in materia di legge elettorale, di spiegare come questi obiettivi, incompatibili tra loro, possano o essere perseguiti se e quando — ma sottolineo il “se” — verremo a trattare di legge elettorale sarà facile dimostrare come il 60-40 non si può fare senza il D’Hondt e se si fa il D’Hondt anche tra le liste, si ammazzano i partiti piccoli come è nelle intenzioni, ma si penalizzano anche le circoscrizioni piccole, come si dice che non deve essere nelle intenzioni. A fronte di questa ipocrisia sul “convitato di pietra” e sul compromesso al ribasso sulle scelte dei valori condivisi, che poi sono solo tralasciati, credo che il voto, malvolentieri non possa che essere contrario. Piuttosto che votare a favore tra le lacrime, è meglio votare sanamente e coerentemente, con qualche rammarico, contro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto per l’Udc sarà breve ma credo molto chiara, come sempre.
L’Udc ha partecipato ai lavori della Commissione cercando di dare, come sua consuetudine, un contributo di idee, di proposte e direi che alcune di esse, soprattutto quelle riguardanti la parte economica sono state, in parte, anche accolte. Non sono state invece accolte quelle più significative riguardanti i valori, che per noi erano fondamentali.
Questo non ci consente e non ci pone nella condizione di votare a favore dello Statuto ma di votare contro per una questione di chiarezza. Sapete che già in Commissione non abbiamo votato a favore dello Statuto, proprio perché ritenevamo che il riconoscimento di alcuni principi fosse per noi fondamentale rispetto a tutto il resto. A me dispiace che il collega e amico Remigio Ceroni, coordinatore regionale di Forza Italia, che ha svolto una relazione contenente giudizi condivisibili e sicuramente più pesanti di quelli che io ho espresso, poi abbia concluso dichiarando il voto a favore di Forza Italia per “senso di responsabilità” — così ha dichiarato — nei confronti delle istituzioni, ma qui non c’è problema della responsabilità, perché lo Statuto si fa comunque, la maggioranza lo approva comunque. Evidentemente credo di avere capito — poi non sono un padreterno, il futuro mi dirà se sbaglio o se ho azzeccato — perché, secondo me, ciò che non hanno potuto i principi hanno potuto certi tentativi di accordo sulla legge elettorale. Questo a me dispiace doppiamente, perché alcuni colleghi della Casa delle libertà hanno qui messo in evidenza le differenze, i contrasti che ci sono stati e ci sono all’interno del centro-sinistra, dimostrati anche dal voto contrario di alcuni gruppi. Noi, con molta più coerenza dobbiamo mettere in evidenza i contrasti che ci sono al nostro interno, perché è più facile vedere la pagliuzza nell’occhio altrui che la trave nel proprio occhio.
E’ evidente che lo spirito di coalizione non c’è, qui si guarda più al tornaconto personale, fino ad arrivare a dire “facciamo un ordine del giorno sul sistema D’Hondt che ci consente di penalizzare i partiti più piccoli e prendere tutto come partiti più grandi”. Come si possono fare questi ragionamenti se si vuol fare politica, se si vuol parlare di coalizione vincente, sforzandoci di mettersi d’accordo, magari, la controparte per fregare gli alleati? Non ho mai visto una cosa simile. Probabilmente sono più abituato a gestire altre questioni che la politica, ma se la politica è questa è conveniente cambiare mestiere, tornare a fare quello che si fa.
La mia è una dichiarazione forte, che faccio a nome dell’Udc. La nostra direzione regionale si era riunita e aveva dato ampio mandato di votare anche a favore dello Statuto, se ci fossero state le condizioni, perché per noi non ci sono pregiudiziali ideologiche sotto questo punto di vista. Abbiamo detto che arriviamo in una situazione monca perché abbiamo uno Statuto e non abbiamo la legge elettorale che cercheremo adesso di definire con una serie infinita di ordini del giorno che faccio fatica anche a riordinare, perché l’uno contraddice l’altro. Non credo sia la condizione migliore per approvare un documento, tant’è che mi ero permesso di proporre di tornare in quest’aula il 15 settembre con Statuto e legge elettorale insieme, definiti, in maniera tale che le carte fossero chiare per tutti e non solo per alcuni. Ciò non è stato possibile, non è stato accolto dai gruppi di maggioranza, quindi questa sera arriviamo a queste conclusioni, però sia chiaro che l’Udc, che non ha problemi a votare a favore di provvedimenti del centro-sinistra quando essi sono giusti, non è disponibile a situazioni o manovre che non siano estremamente chiare, quindi tutto deve avvenire nella chiarezza, tutto deve avvenire in Commissione, tutto deve avvenire in aula, parlando con tutti e non solo con alcuni. La nostra posizione è ferma su questo punto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Voglio anch’io ringraziare il presidente della Commissione, il vicepresidente, gli esperti e il personale che hanno contribuito al lavoro di questi anni, ma voglio soprattutto esprimere un ringraziamento ai colleghi del gruppo di Forza Italia che hanno consentito di affermare in questo Consiglio il ruolo di primo partito dell’opposizione in questa Regione. Questo ruolo è stato dimostrato con l’impegno, con la capacità di proposta, con gli interventi in aula che sono stati numerosi e ricchi. Un ringraziamento particolare ai miei colleghi, perché hanno saputo far prevalere la consapevolezza del valore dell’unità anche rispetto alle sensibilità particolari che ognuno di loro aveva ed ha sulle singole questioni. Nello specifico non possiamo che ribadire che con la scelta di questo preambolo si è realizzata una rottura insanabile con la società marchigiana, perché sono stati disattesi una sensibilità e alcuni valori che fondano sulla tradizione cristiana di questa regione, che certo non è una tradizione unica ma che, oggettivamente, è la tradizione prevalente nel popolo marchigiano.
Non abbiamo condiviso e non ci riconosciamo in alcune delle scelte di fondo che sono state realizzate, quelle sulla famiglia, su cui è stata affermata una neutralità, una scelta in negativo che non condividiamo, sia rispetto al tipo di famiglia — il dibattito sulla famiglia fondata sul matrimonio nella quale ci riconosciamo, le famiglie di fatto, anche aperte alla logica dell’omosessualità — ma soprattutto rispetto al mancato riferimento alle politiche regionali. Non siamo completamente soddisfatti di quanto si è detto e scritto sul problema della sussidiarietà orizzontale, perché alle affermazioni di principio vanno declinate scelte concrete nelle politiche regionali, cosa che non ci sembra ancora ci sia.
Non siamo assolutamente soddisfatti delle scelte negative fatte in ordine alla richiesta delle famiglie marchigiane di realizzare il diritto alla parità scolastica, un diritto ancora negato in questa regione. Non siamo completamente soddisfatti del ruolo dell’impresa, anche se grazie al pressing che è stato fatto da tanti consiglieri regionali, è passata una interpretazione più consona alle richieste del mondo imprenditoriale. Non siamo soddisfatti di quanto si è detto e si è fatto per lo “Statuto delle opposizioni”, cioè il riconoscimento e l’affermazione di un diritto che noi abbiamo posto e poniamo con forza, un ruolo che rimane aperto, che dovrà essere definito nella norma regolamentare. Per questo il gruppo di Forza Italia propone che, in parallelo all’approvazione della legge elettorale si metta mano anche ad una rivisitazione del regolamento consiliare che recepisca questa esigenza di fondo.
Credo che il nostro atteggiamento, il voto del  Consiglio regionale abbia smentito tante cassandre di sventura, abbia fatto chiarezza su tante polemiche che ci hanno accompagnato in queste settimane. Alla fine ha prevalso il senso di responsabilità e si è dimostrato che era giusta la nostra affermazione che il problema non erano e non sono i numeri del nuovo Consiglio regionale. L’aumento credo sia addirittura risibile, perché abbiamo votato un articolo che prevede 42 consiglieri, credo uno più di oggi, se i numeri non mi danno torto e credo che questo risultato sia merito di tutti. Certo è merito del collega Grandinetti, è merito del collega Ceroni, ma è anche merito dei colleghi Brini, Cesaroni e Trenta che hanno mantenuto la promessa fatta in queste settimane di venire in Consiglio regionale, ascoltare, confrontarsi con altre idee e rimettersi ad una valutazione collegiale. Questo è stato fatto. La scelta del nostro assenso a quell’ipotesi di articolazione del Consiglio parte da questa considerazione.
Per essere coerenti con il lavoro fatto in questi mesi, per quanto riguarda la legge elettorale noi abbiamo riproposto il documento approvato nella Commissione Statuto, un documento che fissa i punti rispetto ai quali noi non siamo assolutamente decisi a demordere, cioè la conferma del sistema proporzionale, di confronto tra coalizioni, con un premio di maggioranza — 60 — alla coalizione vincente, l’attribuzione dei seggi a ciascun partito in proporzione al totale dei voti ottenuti su scala regionale in base al metodo D’Hondt, l’assegnazione degli eletti nelle circoscrizioni provinciali sulla base della popolazione, onde evitare che qualche provincia prenda di meno e qualcuna prenda di più, il superamento del “listino”, il mantenimento degli attuali meccanismi relativi alle soglie di sbarramento.
L’obiettivo che ci ponevamo e che abbiamo raggiunto è quello di ridurre l’invadenza degli apparati dei partiti, del riequilibrio territoriale, di meccanismi elettorali che premino il consenso popolare e riconoscano il ruolo di rappresentanza a tutte le forze politiche. Ma noi insistiamo sull’approvazione di una legge elettorale che preveda un meccanismo che eviti la frammentazione. Da questo punto di vista non capiamo l’emendamento presentato dal collega Franceschetti, che non va nella direzione di confermare il voto espresso in Commissione e la posizione maggioritaria espressa in quell’occasione e non possiamo che votare contro quella proposta di emendamento e ribadire la nostra opzione per l’applicazione di un metodo che viti la frammentazione politica. Comunque dobbiamo fare la legge e dobbiamo farla prima del voto in seconda battuta, della norma statutaria.
Se mi è consentito, Presidente Minardi e Presidente D’Ambrosio, vorrei anche dire due cose rispetto ai fatti accaduti ieri sera.
Io ritengo che si tratti di un grande, grosso equivoco. E’ stato travisato un discorso, anzi è stato preso un discorso nei termini in cui non doveva essere preso. Io non ho mai voluto mettere in discussione il diritto di cittadinanza di ognuno. Questo problema è lontano mille anni luce dalla mia sensibilità. Questa è un’affermazione che ritengo doveroso fare, perché credo sia una cosa inconcepibile per la mia cultura politica. Se ho usato un termine sbagliato, ieri sera ho chiesto scusa, quindi il caso per me è chiuso e spero che lo sia anche per qualcun altro. Ritengo invece inaccettabile il tentativo di strumentalizzazione politica, cioè il tentativo di qualcuno di far passare un “incidente di percorso”, di cui mi assumo le responsabilità, innescando un caso politico che non ha ragione di esistere per la posizione da sempre espressa dal nostro partito in ordine a quanto rappresenta la comunità ebraica marchigiana e nazionale, a cui vanno la nostra stima e la nostra amicizia.
Credo che i valori della democrazia, della tolleranza e della libertà siano il portato dell’azione politica di Forza Italia. Mi dispiace che alcuni amici abbiano voluto porre delle questioni di metodo e di contenuto. Debbo dire a questi amici con molta libertà, che non essendo eletto nel “listino” rispondo ai miei 5.000 elettori e per quello che riguarda le mie responsabilità rispondo solo al mio gruppo consiliare, non certamente a Rifondazione comunista e ad altre forze politiche.
E’ stato detto che il nostro sarà un voto favorevole allo Statuto della Regione Marche. Questo non è un voto politico, l’abbiamo detto fin dal primo momento. Se qualcuno tenta, come il consigliere dei verdi, di richiamare una valenza politica ad uno strumento normativo, che fissa le regole — e le regole non sono né di maggioranza né di minoranza, le regole sono di tutti — il gruppo di Forza Italia ha dimostrato la sua responsabilità sul piano istituzionale, decidendo di contribuire a scrivere le regole per tutti i consiglieri.
Il nostro è un voto sofferto, è stato ribadito da tutti quelli che mi hanno preceduto, perché la prima parte dello Statuto noi non la condividiamo, non condividiamo le scelte fatte in ordine all’esclusione dei valori cristiani, non condividiamo le scelte di valore, mentre invece condividiamo altri passaggi, come la scelta che abbiamo fatto sulla forma di governo, il ruolo e la competenza degli organi. Il nostro impegno è quello di continuare a lottare perché queste cose possano essere modificate in seconda battuta.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente Minardi.

Luigi MINARDI, Presidente del Consiglio. Presidente, colleghi consiglieri, all’inizio di questa nostra discussione ho dichiarato che sarebbe stato il primo e l’ultimo mio intervento in questo Consiglio. Emendo la mia dichiarazione al 50%: confermo che questo è l’ultimo.
Intervengo per dire essenzialmente, a tutti i consiglieri che hanno partecipato a questa discussione, che dobbiamo essere più contenti della nostra discussione, di quanto non viene fatto dalle dichiarazioni dei consiglieri, non tanto per il risultato raggiunto, perché mi pare anche scontato che il risultato possa essere valutato diversamente dai consiglieri, più contenti per avere contribuito comunque, in queste due giornate durissime di lavoro, a cambiare lo Statuto così come venuto in aula.
A me pare che questo Statuto sia stato consegnato all’aula con la più ampia disponibilità al miglioramento e di questo devo dare atto al presidente della Commissione, a tutta la Commissione che ha lavorato in questi anni, ai tecnici che l’hanno sostenuta.
Ci siamo presentati in questo consesso con uno Statuto di 57 articoli, di cui ne abbiamo cambiati 23 durante la nostra discussione. Lo dico, perché non vorrei che nella società marchigiana marciasse l’idea che noi, in questi due giorni di lavoro, abbiamo discusso quasi esclusivamente di 50, 47, 45, 42 o 40 consiglieri, perché ogni “trattativa sindacale” sui numeri è difficile, difficilissima, in particolare se i “sindacalisti” si esercitano nella condizione di mettere un +1 rispetto all’equilibrio possibile, se l’obiettivo è quello di comunque contestare, contrastare, non votare. Spesso mi è parso di cogliere anche questo obiettivo.
Comunque la disponibilità al miglioramento, al cambiamento dello Statuto mi pare che sia stata notevole: sono stati cambiati 26 articoli. Certo è discutibile il risultato raggiunto, in particolare se si decide che questo Statuto debba contenere il preambolo. C’è stata una discussione se preambolo era giusto che ci fosse nello Statuto o meno, ma una volta accettato di inserire il preambolo nello Statuto, onestà intellettuale di ogni membro di questo Consiglio credo fosse quella di cercare di individuare i punti di convergenza, quindi non il pieno riconoscimento della propria cultura, perché il piano riconoscimento della propria cultura significa principio di distinzione, non principio di sintesi.
Tutte le culture in quest’aula hanno rinunciato a qualcosa di sé, non hanno imposto qualcosa di non digeribile. E’ cosa diversa parlare di Resistenza, di Risorgimento e di radici cristiane.
Ho seguito con attenzione questo dibattito, ho riletto anche gli interventi più significativi per cercare di coglierne gli argomenti e le motivazioni. Mi pare che questo dibattito arrivi nella nostra aula quasi per caduta rispetto al dibattito europeo. Trovo più legittima, anche se discutibile e non con divisibile, la discussione a livello europeo sulle radici cristiane, che la discussione a livello regionale sullo stesso argomento, perché se è vero che la radice cristiana in Europa è fortissima, così come nelle Marche, non mi pare che sia automatica la necessità di metterla in relazione alla questione del Risorgimento e della Resistenza, perché sono momenti fondativi dal punto di vista istituzionale, della storia delle nostre istituzioni. Cosa che non ritroviamo nelle tracce della storia europea. Però credo che sia stato giusto, una volta accettata l’idea di mettere il preambolo nello Statuto, limitare i momenti di distinzione dal punto di vista culturale e credo che questo doveva essere apprezzato.
Mi sono chiesto, in questo periodo: perché nel momento in cui la politica è più debole di 50 anni fa, nel momento in cui la secolarizzazione è più forte di 50 anni fa, dobbiamo fare una discussione che non c’è stata da parte dei padri fondatori di questa Repubblica? Forse quei padri fondatori erano portatori di un valore, di una adesione ai valori cristiani più debole degli attuali padri che riformano lo Statuto della nostra Regione? O forse anche questa non è — me lo chiedo — una delle risposte alla crisi della politica? Nel momento in cui c’è una crisi della politica e le culture politiche si devono rifondare, forse nasce, come necessità simbolica di fissare un paletto, perché se avessi riconosciuto in quella discussione l’evidenziazione della negazione dei valori cristiani, sarebbe stato molto più grave che l’evidenziazione della mancanza di un termine nella nostra Costituzione. In questo senso credo che sia giusto che ogni consigliere regionale — che, per coscienza, per convinzione, per sensibilità decide la sua strada — non possa radicare sul preambolo i motivi di un mancato voto alla riforma del nostro Statuto.
Molti che hanno partecipato alla discussione del primo Statuto, negli anni ‘70 hanno messo in evidenza la differenza di clima. Questo è un clima molto diverso da quello che c’era trent’anni fa, non in quest’aula, ovviamente, ma in quest’aula simbolica. Quello era il culmine della partecipazione, si avviavano gli anni ‘70, la politica era capace di grandi mobilitazioni, la società era scossa e completamente diversa. Chiunque ha affrontato discussioni nella società marchigiana sa della fatica che abbiamo fatto a mettere insieme una discussione seria sulle questioni dello Statuto. E’ il segno di quanto è cambiata la politica in questi trent’anni. Vorrei ricordare che questo è uno dei nostri compiti principali: appena il 6% dei cittadini marchigiani ha fiducia nella politica, oggi. E’ un’affermazione, questa che ci deve far accapponare la pelle, perché il 6% della fiducia dei cittadini marchigiani sulla politica significa che siamo quasi a livello della borsa e il primo dovere morale che noi abbiamo è quello di recuperare la fiducia dei cittadini marchigiani. In questo non ci ha aiutato, in questi giorni, anche come emersa sulla stampa, la nostra discussione, tutta avvinghiata attorno ad un numero. Anch’io, attento a questa discussione, spesse volte ho smarrito, in alcuni casi, il senso più profondo della discussione e l’ho trovato intorcinato a una unità, a un’altra unità, a un’altra unità ancora che poteva far la sintesi rispetto a una questione che aveva ben altro spessore.
E allora il principio della riconquista della fiducia nella politica è un principio basilare che ci deve muovere. E’ giusto ed è bene, e ritengo che sia un bel segnale alla società marchigiana, che noi votiamo lo Statuto e non lo si voti facendo il gioco dei due marciapiedi che non si incontrano mai, perché questo sarebbe stato assolutamente deleterio. Quindi ringrazio tutti coloro che hanno avuto il coraggio di stare su questi principi e di marcare una presenza diversa rispetto a quella che è stata la collocazione politica, rimarcando anche la possibilità concreta di scrivere insieme le regole, perché è assurdo che si scrivano le regole oggi e la parte che le regole le subisce domani tenda a cambiarle completamente. E’ giusto che sulle regole ci si ritrovi.
Noi siamo a metà del cammino. E’ chiaro che lo Statuto approvato questa sera sarà una pietra basilare del prossimo lavoro che faremo, però è chiaro che questo compito è anche della legge elettorale, perché abbiamo un compito nei confronti dei cittadini marchigiani, che è quello di far sì che il nostro sistema politico non continui a frammentarsi a frantumarsi, a diventare molecolare, poiché diventa sempre più difficile, per un sistema che si frantuma, che non ha un punto di convergenza, che non ha un baricentro permanente, un centro di gravità, governare una situazione complessa. E noi dovremmo scongiurare, con la legge elettorale, che questo continui, che continui il proliferare di forze politiche legate attorno a un nome, che rappresentano segmenti minimali della società marchigiana e dovremmo farlo con l’intelligenza di chi sa che le forze politiche tradizionali, storiche, che hanno un radicamento nella società marchigiana, non possono essere escluse da un marchingegno elettorale. Ma pensare di mettere in piedi una legge elettorale che permette il pieno, libero accesso nelle aule consiliari di qualunque forza politica, indipendentemente dal peso elettorale, significa compiere un atto che va nella direzione opposta rispetto all’obiettivo che abbiamo, che è quello di riconquistare la fiducia, perché più si frammenta il sistema, più ha bisogno di differenziarsi nelle sue parti, meno renderà credibile la ricerca dell’interesse generale, che è l’unico modo per riconquistare la fiducia nei cittadini marchigiani.
E’ anche in questo senso che accetto la questione del presidenzialismo. Non credo che il presidenzialismo sia una formula che vada bene sempre, comunque e dovunque. Per me la formula del presidenzialismo va bene ora, perché mentre si può vedere come una limitazione della dialettica, io la vedo come un argine allo sfarinamento del sistema politico e una formula che ci permette anche di governare la complessità.
Non abbiamo ancora trovato la soluzione a questo problema, è tutta davanti a noi. E’ la società che dal punto di vista economico cambia e che ci impone istituzioni nuove, più agili, capaci di dare indirizzi, di gestire di meno e tutto sommato ancora non abbiamo individuato come portare a sintesi una rappresentanza che si è dispersa. Non è solo la rappresentanza politica che si è dispersa, perché non è il tradimento della politica che è accaduto in questi anni, è l’incapacità delle culture politiche di comprendere il cambiamento, è l’incapacità della rappresentanza di dare risposte adeguate, sia alla rappresentanza economica, sociale, ma anche alla rappresentanza politica, che non poteva che seguire la stessa scia.
Credo che abbiamo fatto un passo avanti. Il passo ulteriore sta nei prossimi cinque anni quando, insieme alla personalizzazione legata al presidenzialismo, dimostreremo noi di essere capaci di costruirci anche l’organizzazione, la presenza territoriale, la relazione, la forza del Consiglio che è fatta di indirizzo e di controllo: questioni che non sappiamo assolutamente trattare.
Sono convinto che sui limiti del lavoro che abbiamo fatto prevalga enormemente il buon lavoro, e che questa possa essere per noi l’occasione di completare le riforme nella periferia, perché nella parte finale di questa legislatura noi potremmo approvare legge elettorale, Statuto, regolamento interno, Consiglio delle autonomie locali e Consiglio regionale dell’economia e del lavoro. E non sarebbe poco: saremmo l’unica Regione, in Italia, ad avere completato il ciclo delle riforme della periferia.
Mi auguro che questo possa essere fatto con il contributo di tutti, indipendentemente dal voto di questa sera.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI, Presidente della Commissione speciale per la riforma dello Statuto regionale. C’è stato un riferimento, in quest’aula, da parte di qualche collega della minoranza, al dato che forse questo Statuto si poteva votare prima. Voglio ribadire che questa opportunità secondo me non c’era e che siamo arrivati al momento giusto, anche perché ritengo sia utile rimanga agli atti un riferimento a quella che è oggi la situazione italiana. Per quello che io so solamente due Regioni, la Puglia e la Toscana, hanno votato in seconda lettura un testo e tra l’altro il testo della Toscana ha tante di quelle particolarità da lasciare qualche dubbio sul fatto che esso sia accolto dal Governo e non sia interloquito e solamente Umbria, Emilia, Abruzzo e Calabria — oggi anche noi — sono arrivate alla prima lettura. Quindi, se vogliamo fare riferimento soltanto alle Regioni a Statuto ordinario, 7 su 15 hanno completato o sono in via di completamento di un percorso che evidentemente è stato difficile.
Ho già cercato di dire più volte — e lo ripeto ancora — che questa difficoltà sta prevalentemente nella mancanza di quel punto fermo costituzionale che doveva esserci. Quando uno Stato centrale, comunque amministrato — perché qui la responsabilità è plurale — non è in grado di riformare se stesso dando regole certe, è evidente che gli enti diversi, che a queste si debbono attenere, non possono che avere delle difficoltà, soprattutto se la loro intenzione è quella di fare un lavoro serio, non frettoloso. Denuncio il fatto, secondo me grave, che tutte le forze politiche, prima e dopo, di maggioranza e di opposizione dei Governi passati e presente che hanno gestito il nostro paese, oltre ad avere, forse frettolosamente, varato alcune riforme parziali, non hanno poi trovato il modo di porre essi riferimenti centrali che potessero essere risolutivi di alcuni punti aperti. Mi riferisco in particolare alla difficoltà di valorizzare e mantenere il ruolo delle Assemblee elettive, quando nella forma prevista oggi, e che noi oggi confermiamo, resta il “simul stabunt simul cadent” che io credo non sia un valore. Non credo che nel percorso della stabilità sia giusto mantenere quanto oggi noi confermiamo, però non era il Consiglio regionale delle Marche, come non erano i Consigli regionali d’Italia a poter rispondere a questa questione. Era indispensabile una modifica costituzionale che non c’è stata ed era possibile anche una modifica costituzionale che, magri messa in qualche norma vagante della devolution, riconoscesse la possibilità di eleggere il Presidente in un tempo e l’aula in un altro, realizzando un modello che non condivido ma che evidentemente ha una sua dignità, un modello presidenziale di tipo americano. Il fatto che la non contemporaneità non sia stata messa in discussione o prevista, sapendo che tutte le Assemblee elettive dell’Italia ponevano a livello regionale alcune perplessità, credo che sia un altro elemento di debolezza che si deve alla qualità politica complessiva di chi gestisce il livello nazionale, anche qui con piena serenità, con responsabilità plurali.
Quindi chiedo che oggi abbiamo realizzato — di questo sono abbastanza soddisfatta — il migliore Statuto possibile, in una situazione data, che era quella dell’incertezza costituzionale, della superficialità rispetto ai ruoli e alle funzioni, della superficialità nazionale di avere lasciato, come ho cercato di dire nell’introduzione, qualche giorno fa, tutto sulle spalle delle Assemblee elettive, il tema grande, complesso, secondo me irrisolvibile, del riequilibrio dei poteri. Irrisolvibile ma comunque qualche tentativo qui si è fatto. Io sono ugualmente sufficientemente soddisfatta che comunque questo tentativo sia stato realizzato nelle Marche, per esempio rispetto a un riequilibrio sugli esecutivi, con l’introduzione della sfiducia agli assessori, con una serie di limitazioni o comunque di precisazioni dei poteri residui, vasti al Consiglio, che credo rappresentino un punto di riferimento importante.
Credo quindi sinceramente che il nostro lavoro, al di là del tema centrale della forma di governo, che aveva i limiti che ho cercato di dire e che mi hanno visto in posizione diversa dalla maggioranza che ha votato lo Statuto, comunque sia stato un lavoro costruttivo per valorizzare l’aula e devo dire che da questo punto di vista non abbiamo avuto difficoltà od ostacoli, che comunque sarebbero potuti venire e che in altre parti del paese sono venuti, da chi governa gli esecutivi, quindi di questo dobbiamo rendere atto.
Credo che altre cose importanti siano state comunque messe in luce e realizzate. Ritengo che l’applicazione del Consiglio delle autonomie locali sia un riferimento utile, abbiamo dato sostanza all’indicazione costituzionale, lasciando alla legge in oggetto il tempo e il modo di poter meglio sviluppare questo organismo. Abbiamo previsto il Consiglio regionale delle autonomie locali. Non c’era nessuna resistenza da parte della Commissione, però noi abbiamo sempre lavorato per una sintesi e se la sintesi più alta l’ha realizzata l’aula, vuol dire che questo sarà stato un contributo in più.
Devo anche dire che non ho alcuna difficoltà a ragionare sullo Statuto con un’ottica che va al di là delle maggioranze politiche. Anche qui confesso di aver lavorato, fino a gennaio, con l’idea che si potesse realizzare una forma di Statuto che tenesse insieme la maggioranza politica che governa questa Regione e nel contempo si allargasse alla minoranza perché le regole si scrivono insieme. Questo non è stato possibile per questioni di politica nazionale, però il fatto che oggi forze di minoranza votino le regole non mi sembra uno scandalo, anzi credo che sarebbe sempre auspicabile. Se mai è un problema che non lo votino le forze di maggioranza, non che si vada al di là di questo per poterlo votare.
Sono anche convinta che sia stato giusto mantenere il preambolo, che siano state giuste le attestazioni di continuità e di novità nei principi. Ho sentito molto parlare qui della matrice religiosa, che peraltro noi abbiamo introdotto facendo un riferimento puntuale ad alcune richieste che venivano, cercando però di renderle coerenti a quella che era la storia del nostro territorio. Non ho sentito nessuno valorizzare un punto che abbiamo messo: credo che sia giusto avere introdotto nel preambolo anche la tradizione laica di questa regione, una tradizione laica al plurale che credo abbia molto realizzato la democrazia e la storia delle Marche. Sono contenta che all’interno del preambolo lo spazio per la pace e per i diritti umani sia cresciuto, che sia stato accolto l’emendamento-Cecchini che si riferiva all’art. 11 della Costituzione italiana, certamente pleonastico nella sua interezza, meno pleonastico nella parzialità con la quale è stato introdotto, anche se va al di là delle nostre competenze. Comunque il ripudio rimane un fatto culturale che ci fa piacere poter mantenere.
Credo anche che sia stato giusto avere un’attenzione di costruzione utile con i colleghi che oggi si trovano all’opposizione, non solo perché le regole si scrivono insieme, ma anche per una tradizione antica che viene da molti anni fa, quella che consiglia di non dare ruoli precisi a chi sta al governo e a chi sta all’opposizione. Credo che sia interesse comune, non solo dell’attuale opposizione, ragionare sullo Statuto delle opposizioni, su una Commissione o quant’altro sia utile per la vigilanza dell’informazione. Credo che in fondo, con questa logica i padri costituenti della Repubblica avevano garantito uno Stato fortemente ancorato al Parlamento e ancorato, allora, a un sistema proporzionale. La storia di questi anni è diversa, non mi stupisce un diverso spirito costituente, perché noi costituenti non siamo, i costituenti furono quelli del 1970 e lo Statuto, allora, fu il primo atto di quel Consiglio, quindi caricato di una tensione diversa, perché la storia dell’oggi è una storia diversa.
Credo anche che sia stato utile lasciare gli istituti di garanzia, credo che sia stato utile — di questo sono particolarmente contenta — avere realizzato alcuni elementi di pari opportunità, unici in Italia. Sufficienti? No, perché avrei gradito poter votare l’emendamento-Grandinetti sul 50% delle cariche degli enti regionali date alle donne, è ovvio. Non era possibile farlo perché, a mio avviso, non era praticabile dal punto di vista formale, sostanziale, ma credo che avere previsto per norma statutaria, che in una Giunta, comunque, almeno una donna ci sia, rappresenta un impegno e una novità che come voi vedete, oggi non si realizza, quindi certamente un passo avanti rispetto all’oggi. Così come credo che avere obbligato per regola statutaria — ma bisognerà vigilare sull’applicazione — che negli enti regionali ci sia un’attenzione alla pari opportunità, è un altro elemento che insieme alle colleghe, anche qui di maggioranza e di minoranza, abbiamo potuto realizzare, anche perché condiviso, perché comunque votato dall’unanimità dei colleghi.
Chiudo facendo riferimento — anche se è stato anomalo il modo di gestire quest’ultima parte, quindi ci può essere qualche confusione, anche da parte mia — al fatto che alcuni ordini del giorno li abbiamo accolti sulla base di quanto avevamo concordato in Commissione e nelle audizioni successive. Mi riferisco, per esempio, a un ordine del giorno da me depositato che fa riferimento alla questione che attiene al voto agli immigrati. Sappiamo — l’abbiamo discusso e lo ribadiamo — che il voto oggi agli immigrati, ai residenti non cittadini non è costituzionalmente praticabile. Cosa diversa è poter ragionare perché nel rispetto delle norme costituzionali si possa garantire loro la partecipazione, nelle forme varie possibili, rispetto al Consiglio regionale. L’ordine del giorno n. 6 cerca allora di rappresentare al meglio, come possibile, quello che negli incontri con gli immigrati, le associazioni, le forze sociali, insieme con i colleghi delle Commissioni abbiamo definito. Così come ho inteso rappresentare, in un altro ordine del giorno, quanto insieme avevamo deciso, anche quando abbiamo fatto, insieme al Presidente Minardi, tanti incontri, ossia che il CAL e il CREL vengano attuati con la prossima legislatura e quindi vengano, con legge, ove possibile, definiti entro questa legislatura.
L’ultima questione attiene a due valutazioni rispetto alle richieste delle minoranze. Credo che noi si possa votare, anche se con qualche difficoltà — perché sarebbe meglio emendarlo — l’ordine del giorno n. 3 che definisce tempi certi per garantire le proposte in aula e credo che sarebbe più utile, rispetto alla questione della vigilanza, trasformare l’ordine del giorno proposto da Forza Italia in quello che abbiamo cercato di scrivere con i nostri consulenti, tenendo conto della necessità di garantire e definire un organismo di vigilanza, ma riteniamo che la forma che io ho proposto, non come Silvana Amati ma cercando di rappresentare, come nelle altre situazioni, un punto di vista generale, possa corrispondere meglio alle nostre necessità.
Anch’io credo che il dibattito sia stato migliore di quello che ci potevamo aspettare ieri quando abbiamo cominciato questo percorso. Infatti ieri, quando abbiamo cominciato a votare gli articoli non sapevamo che oggi avremmo potuto, con soddisfazione, valutare un dibattito sereno, senza asperità, senza disagi, con una gestione dell’aula serena che ha visto un confronto civile e democratico che ha portato, alla fine, un risultato plurale, utile e sicuramente positivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Al termine di questa lunga maratona non ho molte cose da dire. Ribadisco quello che ho detto all’inizio, che cioè c’è, per tutto quello che riguarda i dati fondamentali, la grande rete di sicurezza della Costituzione, qualche volta richiamata anche in maniera non propria, visto che noi la guerra non la possiamo dichiarare.
Il discorso che mi sento di fare, anche rispetto ad alcune critiche che ho sentito, è che sembra che noi abbiamo scritto una cosa senza avere nulla alle nostre spalle, non è così. Noi abbiamo scritto una cosa che si è tenuta più su del livello minimo richiesto dalla Costituzione attuale, cosa prevedibilissima, ammissibilissima, non si è mai messa in contrasto, non credo che si potesse fare, e comunque non mi pare che si sia messa in contrasto con queste regole, e questo ci lascia tutti tranquilli, anche se forse anch’io, se avessi dovuto scrivere questo Statuto forse lo avrei scritto in maniera diversa, probabilmente l’avrei “asciugato”, l’avrei reso più snello. Ma non è questo il dato, perché ognuno di noi, probabilmente, l’avrebbe scritto in maniera diversa. Il discorso è che si è trovato un punto di con divisione su un documento che non è un atto — questo è stato messo in rilievo da chi, anche nella maggioranza, ha dichiarato di non votarlo, cosa che non fa piacere — politicamente contrassegnato in maniera tale che non votarlo entra nei discorsi di una maggioranza e di un patto politico di maggioranza: non ha provenienza dall’Esecutivo, quindi che venga votato anche da altre forze è un dato positivo. Credo e spero che in una seconda lettura si possa allargare questo ventaglio.
Non possiamo, alla fine di tutto, dirci insoddisfatti, se non per chi avesse voluto uno Statuto che a quel punto sì, probabilmente, avrebbe avuto delle punte o dei rischi di lettura non sicuramente aperti, non sicuramente di accettazione, non sicuramente di convivenza tranquilla, pacifica, che è quella a cui questa regione è abituata.
E’ vero quello che dice la presidente Amati, probabilmente l’aver lasciato senza punti di riferimento un’opera faticosa e difficile comporterà delle conseguenze non tutte positive, avremo forse degli statuti abbastanza diversi fra di loro e avremo delle leggi elettorali — questo sì, è negativo — diverse fra di loro. Questo non è un bene, perché è un avventurarsi su strade non di federalismo ma di pericolosa spezzettatura dell’unità nazionale.
Io dico sempre — e questo mi ha sempre indicato la strada — che l’art. 5, “La Repubblica è una e indivisibile” rimane il punto di riferimento, come costantemente ripete il presidente della Repubblica e credo che non sia mai sufficientemente ripetuto.
Voteremo, probabilmente, nelle varie regioni d’Italia, con leggi diverse. Non è un bene, perché c’è già una enorme varietà di leggi elettorali a seconda delle occasioni nelle quali siamo chiamati a votare. Già oggi votiamo in maniera diversa per qualunque tipo di elezione: per il Comune in un modo, per la Provincia in un altro, per la Regione in un altro, per le europee in un altro, per quelle nazionali in un altro. Spero che questo pensiero, questa preoccupazione rimanga viva quando stenderemo la legge elettorale, che richiederà grande equilibrio e grande capacità di bilanciare interessi non facilmente bilanciabili, quali quelli di non distribuire vantaggi e svantaggi, di mantenere il più possibile un equilibrio fra territori, fra forze, fra sistemi, tenendo conto che alla fine, in democrazia, chi ha più consenso numericamente espresso, deve avere necessariamente maggiori responsabilità e maggiori riflessi necessari di questo suo più alto consenso.
Bisogna capire che le logiche di coalizione non sono ancora sufficientemente sviluppate proprio a livello politico, di vissuto e probabilmente vanno ancora pensate, ancora raffinate, ancora aggiustate. In fondo la legge elettorale che andremo a scrivere, o sarà in grado di recuperare lo spirito con cui questa sera andiamo a votare lo Statuto o sarà un momento estremamente difficile.
Credo che con questo tipo di coscienza possiamo dire che abbiamo comunque approvato uno Statuto che rappresenta un buon punto di equilibrio, arricchito da una legge elettorale fatta calibrando attentamente gli interessi e la tutela degli interessi, che possa portare, in una seconda lettura, ad una approvazione ancora più ampia.
Per rendere ancora più chiaro il discorso della vigenza, approfittando di un errore materiale ho fatto un emendamento alla mia proposta di ordine del giorno, sì da rendere chiaro che partirà dall’applicazione della nuova legge elettorale partirà questo che mi sembra un ulteriore, ragionevole limite ad una posizione dell’Esecutivo che è bene che non sia squilibrata, altrimenti il bilanciamento di poteri su cui comunque si fonda la democrazia, corre il rischio di essere un po’ meno osservato e il dato non sarebbe positivo, a prescindere da chi, volta a volta, si trova a rivestire ruoli nell’Esecutivo e nel Legislativo.
Credo che possiamo cominciare tranquillamente a ragionare sul prosieguo, quando voteremo gli ordini del giorno, cercando di capire quali sono quelli che mettono di nuovo elementi di divisione e quali sono quelli che tranquillamente ci aiutano ad andare avanti.

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli ordini del giorno. Il primo e il secondo riguardano lo stesso tema. Il primo è stato ritirato, quindi pongo in votazione il secondo ordine del giorno.

Il Consiglio approva

Ordine del giorno n. 3: “Al fine di garantire la corretta applicazione del procedimento legislativo, il regolamento interno del Consiglio regionale definirà tempi certi per garantire la discussione in aula delle proposte di legge formulate dalle opposizioni”.

Silvana AMATI. Noi siamo d’accordo a votare favorevolmente questo ordine del giorno, proprio per accogliere quello spirito di cui qui si parlava. Sarebbe stato più opportuno attenuare il termine “in tempi certi”, però abbiamo ritenuto di lasciarlo comunque così.

Marco LUCHETTI. C’è un problema di discriminazione dei consiglieri, quindi propongo di togliere “formulate dalle opposizioni”.

PRESIDENTE. Dato che non vi sono obiezioni, pongo in votazione l’ordine del giorno così come modificato.

Il Consiglio approva

Ordine del giorno n. 4: “Il regolamento interno del Consiglio regionale dovrà disciplinare forme di garanzia e di partecipazione dei consiglieri ai lavori del Consiglio valutando, in particolare, la possibilità di attribuire all’opposizione la presidenza degli organi consiliari di controllo e di vigilanza”.
Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Lo spirito di questo ordine del giorno lo accogliamo. Il punto è che “valutare la possibilità di attribuire” non è cosa da scrivere in un ordine del giorno. L’idea che ci sia una possibilità delle opposizioni di stare negli organi di garanzia ci trova d’accordo, la forma ci sembra non idonea.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Qui ci sono due concetti che non dicono la stessa cosa. Una cosa è la partecipazione dei consiglieri ai lavori del Consiglio ed è un problema, altra cosa è “valutando in particolare la possibilità di attribuire all’opposizione la presidenza degli organi consiliari di controllo e di vigilanza” è un altro problema. Un conto è dire “di assegnare le presidenze delle commissioni alle opposizioni”, ma non c’entra niente... (Interruzione)

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Bisogna intanto intendersi su cosa vuol dire “organi consiliari di controllo e di vigilanza” vuol dire la presidenza del Consiglio e la presidenza delle Commissioni consiliari io sono contrario.

Carlo CICCIOLI. Quelli non sono organi di garanzia.

PRESIDENTE. Ma gli altri non sono “organi”.

Andrea RICCI. Esatto. Siccome si parla di “organi”, gli organi del Consiglio sono questi. Da questo punto di vista sono contrario, perché ritengo che le Commissioni e la presidenza sia giusto attribuirle alla maggioranza, sia in questa Regione sia in qualunque altra Assemblea. Altro discorso è la partecipazione all’ufficio di presidenza, la vicepresidenza o la presidenza di Commissioni d’inchiesta, ma su “organi consiliari” non sono d’accordo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. C’è stato un dibattito sulla possibilità di riconoscere uno status ai consiglieri di opposizione, lo “Statuto delle opposizioni”. Ci avete detto “non è possibile metterlo nello Statuto, rinviamo ad una successiva valutazione, al regolamento”. Nel regolamento dobbiamo definire modalità che garantiscono meglio di oggi il ruolo dei consiglieri di opposizione, di tutti i consiglieri. E’ un suggerimento, c’è un richiamo alla possibilità di valutare, non è imperativo. E’ una disponibilità che viene chiesta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Se il significato di “valutando in particolare la possibilità di attribuire” — quindi parliamo di possibilità di attribuire — significa che il regolamento possa anche prevedere la possibilità che le Commissioni possano essere presiedute anche da membri dell’opposizione, non diciamo niente di nuovo rispetto a quello che c’è adesso, perché anche attualmente questo è possibile farlo. Nulla toglie che, con i voti, la maggioranza decida di attribuire alla minoranza, la presidenza.

Roberto GIANNOTTI. In Parlamento ci sono istituti di controllo che sono...

Roberto TONTINI. Qui parlate di “valutare la possibilità di”, che significa questo. Quello che invece voi chiedete è un ragionamento che attiene ad un precedente ordine del giorno, che è quello che va normato con lo “Statuto delle minoranze”. Lì lo vedremo, qui non serve.

Roberto GIANNOTTI. Ma un impegno in questo senso, vogliamo prenderlo?

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Subemenderei l’ordine del giorno dicendo “Il regolamento interno del Consiglio regionale dovrà disciplinare forme di garanzia e di partecipazione dei consiglieri ai lavori del Consiglio”, cancellando tutto il resto e sostituendolo con “definendo quali presidenze di Commissioni di controllo e vigilanza vadano attribuite all’opposizione”.

PRESIDENTE. L’aula ha votato un emendamento all’art. 19 che recita: aggiungere dopo la lettera f) la seguente: “...le forme di garanzia per le minoranze consiliari, ai fini della loro partecipazione all’attività del Consiglio e dello svolgimento delle funzioni di vigilanza e di controllo”. A cosa serve l’ordine del giorno? E’ già previsto nello Statuto.

Carlo CICCIOLI. Va bene...

PRESIDENTE. L’ordine del giorno viene quindi ritirato.
Ordine del giorno n. 5, presentato dalla Commissione: “si impegna ad approvare le suddette disposizioni legislative entro il termine della legislatura”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Ordine del giorno n. 6, presentato dalla Commissione. C’è un emendamento, n. 06, presentato sempre dalla Commissione, sostitutivo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento, che è sostitutivo dell’ordine del giorno.

Il Consiglio approva

Roberto GIANNOTTI. Si può darne lettura?

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Abbiamo già fatto una Commissione a cui erano presenti illustri presenti della minoranza, nella quale abbiamo preso come impegno, rispetto ai residenti immigrati di vedere quali ipotetiche forme di partecipazione si potessero realizzare per loro rispetto al Consiglio regionale. E’ chiaro che il voto, oggi, ai residenti non esiste, quindi abbiamo detto che ci impegniamo, nel rispetto delle norme costituzionali sul diritto di voto, a garantire forme di partecipazione. Credo che questo sia esaustivo di quello che avevamo comunemente deciso.

Sergio NOVELLI. Al di là della tutela del diritto di voto agli immigrati, andrebbe tutelato anche il diritto di voto dei consiglieri regionali. Io ho alzato la mano per poter fare la dichiarazione di voto, lei l’ha interpretato come voto favorevole all’ordine del giorno..

PRESIDENTE. Chi, “lei”?

Sergio NOVELLI. Lei Presidente Minardi.

PRESIDENTE. In questo momento, alzare la mano significa prevalentemente aderire...

Sergio NOVELLI. Rimanga allora agli atti che sono contrario all’ordine del giorno n. 6.

PRESIDENTE. Ordine del giorno n. 7, presentato da Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti e Trenta. Viene subemendato in tre modi, da Cecchini, Procaccini e Franceschetti.
Partiamo dall’emendamento più lontano, che propone di cancellare le parole “metodo D’Hondt”.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Noi ribadiamo la nostra posizione contenuta nel documento. Crediamo che quel metodo, che è il frutto di una valutazione collegiale fatta in Commissione sia il più corrispondente alle esigenze di garantire una limitata frammentazione del quadro politico regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Voglio rassicurare i colleghi, in primo luogo della Giunta e della maggioranza, che questo non è un emendamento che divide, anzi secondo me coglie il dibattito e unisce, perché se passasse questo emendamento, il nostro gruppo, rispetto a posizioni congelate, voterebbe a favore. Quindi siamo fortemente unitari, non è né trabocchetto né bandierina, si tiene conto di una necessità politica di democrazia, si tiene conto delle esigenze politiche non soggettive dei consiglieri che rappresentano un gruppo ma una forza politica.

PRESIDENTE. Dobbiamo votare tre emendamenti, il primo dei quali è di Franceschetti, che intende fermare il secondo punto alla parola “scala regionale”, togliendo “in base al metodo D’Hondt”, intendendo quindi non intervenire sul metodo. L’emendamento Franceschetti sostituisce quindi l’emendamento 007 bis e l’emendamento successivo che norma il “D’Hondt”, quindi ove fosse approvato il sub emendamento Franceschetti...
Pongo in votazione il sub emendamento.

Il Consiglio approva

Decadono gli altri emendamenti.

Cesare PROCACCINI. Chiedo la parola, Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Cesare PROCACCINI. Da questo punto di vista chiedo il conforto tecnico della dott.ssa Santoncini, perché a mio modo di vedere si doveva votare prima quello più lontano, presentato dal nostro gruppo. A parte questo, ritengo questo modo di una gravità politica inaudita, perché non solo non si risponde alle proposte di una forza politica leale, la più leale e la più presente della maggioranza in quest’aula e nella Commissione Statuto, l’unica che ha sempre partecipato. Si dà uno schiaffo, un pugno nello stomaco rispondendo con una concezione formalistica e si realizzano accordi sottobanco e soprabanco con la destra.

Pietro D'ANGELO. Presidente, essendo gli emendamenti di contenuto diverso, non può uno annullare l’altro. Ma come si fa?

Andrea RICCI. Chiedo che sia l’aula a dare l’interpretazione del regolamento. Chiedo il voto dell’aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Modesti.

Cataldo MODESTI. Non è una questione procedurale, il fatto è che si sta enfatizzando una differenza che non esiste, perché l’emendamento votato, proposto da Franceschetti, è il sinonimo dell’emendamento presentato dal collega Procaccini...

Andrea RICCI. Presidente, siamo in discussione?

PRESIDENTE. L’interpretazione che io ho dato di questi emendamenti è la seguente.
L’emendamento Franceschetti intende fermare l’ordine del giorno presentato dal consigliere Giannotti esattamente al punto “su scala regionale”. Ho interpretato gli emendamenti in questo modo. Si chiede di far esprimere l’aula. Sono convinto che quella sia l’interpretazione. Non ho intenzione di non far votare l’aula su una cosa diversa, quindi mettiamo in votazione la mia interpretazione, dopodiché vediamo come procedere.
L’interpretazione che ho dato è la seguente: l’emendamento intende fermare il secondo comma alle seguenti parole “attribuzione dei seggi a ciascun partito in proporzione del totale dei voti ottenuti su scala regionale”. E’ chiaro che toglie il modo con il quale si assegnano i seggi e quindi non vanno messi in votazione gli altri, perché intervengono sulla modalità.
Pongo in votazione la mia interpretazione.

Il Consiglio approva

Pietro D'ANGELO. Questo è gravissimo, Presidente. Si abbia il coraggio di dire no! Questo non può essere accettato, abbiate il coraggio di dire no!

Andrea RICCI. E’ una gestione strumentale, dal punto di vista politico, della presidenza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno n. 7 come emendato.

Il Consiglio approva

Ordine del giorno n. 8. C’è un emendamento 08, che è sostitutivo e che pongo in votazione.
Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Non parteciperò alla votazione di questo ordine del giorno per due motivi. Primo, mi pare inopportuno andare a vincolare adesso la legge elettorale futura, quindi non voto contro ed esco dall’aula per rispetto del Presidente, perché mi sembra che sarebbe quasi una legge ad personam — tanto si parla di quando le fanno nel Parlamento nazionale — nella fase in cui specifica ciò che peraltro è ovvio, che l’eventuale limite di rielezione non si applicherebbe ai presenti presidenti. E’ superfluo inserire ciò che è scritto a penna, perché mai potrebbe, quest’aula, imporre un limite sul pregresso.
Per fair-play non partecipo al voto, ma vorrei cogliere l’occasione per segnalare, perché sulle modalità di voto non c’è discussione ma vorrei lasciare agli atti il fatto che ritengo contrario alla educazione personale, oltre che alla correttezza politico-istituzionale il modo in cui la presidenza del Consiglio ha gestito le votazioni di questi ordini del giorno. Fare in fretta è un’esigenza di tutti, alle 19,15, impedire che avvenga il voto, come lei ha fatto poco fa, Presidente, leggere l’ordine del giorno Franceschetti con un testo diverso da quello come era scritto... Perché se Franceschetti avesse detto “il punto 2 recita così”, lei aveva ragione, ma Franceschetti non ha scritto questo e lei ha letto una cosa diversa. Questo è al di là del decoro istituzionale e dell’educazione personale, anche per questo non partecipo al voto.

PRESIDENTE. Questo è il suo punto di vista.
Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Come Forza Italia noi siamo favorevoli al limite del secondo mandato. Come sa, in Parlamento c’è stato un ampi dibattito per rimuovere questa norma. C’erano dei sindaci che avevano 45 anni di presenza in qualità di sindaci e volevano l’eliminazione di questa norma perché erano preoccupati di non dover fare ancora parte del Consiglio comunale del loro paese, però questo cambiamento di testo mi sorprende, perché riteniamo che la norma sia implicita, cioè nessuna norma può avere effetto retroattivo, quindi forse qualcuno della maggioranza ha detto “non vogliamo tenerla ancora qui”, quindi davano subito parere favorevole alla norma con applicazione immediata. Noi vorremo cambiarla per ragioni diverse, ma probabilmente i suoi “compagni di viaggio” l’avrebbero già sostituita in precedenza, come ho avuto modo di dire questa mattina.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Votiamo a favore dell’emendamento D’Ambrosio, perché riteniamo che dopo dieci anni di governo con i poteri che l’attuale Statuto dà al Presidente della Regione sia necessario, come avviene anche in altri contesti istituzionali, garantire un ricambio. Voglio però cogliere l’occasione per affermare che a mio avviso è stato leso in modo grave dalla conduzione della presidenza del Consiglio regionale un diritto inalienabile di un consigliere regionale, che è quello di poter mettere in discussione e in votazione una proposta che comunque era diversa dal punto di vista del contenuto rispetto a quella che è stata approvata e ritengo altrettanto grave che questa interpretazione sia stata avallata anche dai consulenti tecnici della presidenza. La ritengo una scorrettezza che non si è mai verificata nei nove anni in cui io sono presente in questo Consiglio regionale e voglio quindi che rimanga.

Remigio CERONI. La conduzione della presidenza, spesse volte ha danneggiato questa opposizione.

Andrea RICCI. No, io credo che mai, fino ad oggi, è stato vietato... Naturalmente la responsabilità primaria è del Presidente, ma la responsabilità secondaria è dell’intera aula che ha avallato l’interpretazione del Presidente. In ogni caso ritengo che ci siano anche gli estremi, qualora i consiglieri interessati lo volessero, per porre questioni in sede di ricorso nelle sedi competenti.

PRESIDENTE. Credo che ogni consigliere può esprimere liberamente, in quest’aula, il suo punto di vista sulla base del regolamento. Non ho mai vietato nulla a nessuno, tanto meno in questa circostanza. E’ stata l’aula ad accogliere la mia interpretazione.
Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Voglio semplicemente dire che ha ragione Novelli, ma è chiaro, per chi ha una certa esperienza in materia, che le leggi non possono stabilire che per il futuro e non per il passato. Era chiaro nella precedente dizione che valeva per il dopo e non per il prima, non poteva valere per il prima, nessuno lo pensa. Ma siccome c’è stato qualche dubbio, ho ritenuto necessario scriverlo, perché è sicuramente superfluo, ma rende più chiaro il tutto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. L’intervento del Presidente D'Ambrosio è stato, dal punto di vista giuridico perfetto, così come perfetta era stata la valutazione del consigliere Ceroni, però a questo punto mi sento di dire che si apre un caso politico, perché la precisazione che si è fatta al testo dà origine a interpretazioni politiche sul fatto in sé, che saranno oggetto di interpretazioni, perché mentre il primo testo era chiaro, il secondo testo è ancora più chiaro, però la necessità del secondo testo pone delle interpretazioni politiche sul raccordo tra la maggioranza e il suo Presidente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento 08, sostitutivo dell’ordine del giorno n. 8.
Ordine del giorno n. 9, presentato da Viventi e Massi. Viene ritirato in quanto già contenuto nel precedente.
Ordine del giorno n. 10. Su questo ha già votato il Consiglio, quindi non è ammissibile. (Interruzioni). C’è un’agitazione strana: è possibile spiegare il punto di vista su questo? L’ammissibilità o meno la dichiaro io, caso mai la vota l’aula.
Non è ammissibile per il seguente motivo: perché sulla questione delle coppie naturali eterosessuali si è già espressa l’aula durante la discussione sullo Statuto, quindi dichiaro questo ordine del giorno non ammissibile.
Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Presidente, delle due l’una. Il primo ordine del giorno presentato dal Presidente D'Ambrosio era chiarissimo, però non essendo abbastanza chiaro ha presentato una ulteriore esplicitazione ed è diventato super chiaro. Credo che anche noi si abbia diritto ad esplicitare il punto di vista, perché questo ordine del giorno è esplicativo, quindi abbiamo diritto come il Presidente D'Ambrosio aveva diritto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la mia interpretazione di non ammissibilità.

Il Consiglio approva

Ordine del giorno n. 11 a firma Mollaroli, Amati, Benatti, Romagnoli e Cecchini.
Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Vorrei sostituire, per una questione di maggiore correttezza lessicale, quindi di contenuto, il termine “prevedere” con “attribuire”.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reciterebbe, come modificato: “Il Consiglio regionale si impegna, in sede di stesura del regolamento, ad attribuire la funzione di valutazione dell’impatto di genere delle politiche regionali ad una Commissione consiliare permanente”.
Ha la parola il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Ritengo che vada ripresentato, perché se è stato presentato con “prevedere” e adesso in corso si cambia con “‘attribuire” è cosa diversa.

PRESIDENTE. E’ stato presentato un emendamento.

Umberto TRENTA. Chiedo scusa...

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno.

Il Consiglio approva

Passiamo ora alla votazione dello Statuto. E’ stata chiesta la votazione per appello nominale, a nome dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti e Trenta. Nomino consigliere segretario il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini sì
Amagliani no
Amati sì
Ascoli sì
Avenali sì
Benatti sì
Brini sì
Castelli no
Cecchini assente
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli no
Comi sì
D’Ambrosio sì
D’Angelo assente
Donati sì
Favia sì
Franceschetti sì
Gasperi no
Giannotti sì
Grandinetti sì
Luchetti sì
Martoni assente
Massi Gentiloni Silveri no
Melappioni sì
Minardi sì
Modesti sì
Mollaroli sì
Moruzzi sì
Novelli no
Pistarelli no
Procaccini assente
Ricci no
Rocchi sì
Romagnoli no
Secchiaroli sì
Spacca sì
Tontini sì
Trenta sì
Viventi no

Il Consiglio approva

Nella Conferenza dei presidenti di gruppo avevamo preso impegno ieri, tutti, di concludere entro oggi e di continuare in seduta notturna. Non ho messo in votazione la proposta perché eravamo al limite e perché credevo anche di non dover votarla per gli impegni già presi.
Visto che è passato il termine di un minuto, non di più, dico di mantenere l'impegno già preso in una sede ufficiale, non ufficiosa. Siccome non ho alcuna intenzione di imporre niente, ma neanche di farmi imporre niente, chiedo a Ciccioli prima e a Ceroni poi di dire cosa intendono rispetto a questa interpretazione.

Carlo CICCIOLI. Noi siamo dentro quest'aula da quattro giorni e ci sono state sedute continuate e anche Commissioni, quindi facendo la notturna andremmo ad approvare un atto di grande importanza. Voteremmo l'assestamento di bilancio della Regione, che non è un atto trascurabile, cioè criteri di ripartizione di una legge di spesa già approvata ma un atto di grande importanza rispetto a un bilancio regionale "difficile", quindi chiediamo per questo atto non la discussione notturna ma una seduta apposita da tenersi domani, lunedì o martedì o quando direte voi, perché non accettiamo di discutere l'assestamento di bilancio questa sera dopo le ore 20, non va bene. E' un fatto politico, non un fatto organizzativo, non un fatto legato all'andamento dei lavori. Chiediamo che la discussione sull'assestamento di bilancio abbia dignità politica e si tenga con apposita seduta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Condivido quanto ha detto Ciccioli. A norma di regolamento siamo già oltre le 19,30, quindi se questa cosa si voleva fare bisognava chiederla prima delle 19,30. Comunque ritengo veramente inopportuno proseguire, perché il bilancio consuntivo e l'assestamento sono atti importanti che non possiamo discutere in cinque minuti. D'altra parte avete fatto pure numerose irregolarità, questa mattina avete convocato la Commissione senza che i consiglieri potessero parteciparvi, avete cambiato le carte all'ultimo istante. Vi chiedo, continuando ad avere il clima di collaborazione che abbiamo avuto per l'approvazione dello Statuto, di rinviare a quando volete la votazione di questo atto.

PRESIDENTE. Distinguiamo le questioni di tipo politico da quelle organizzative. La riunione era prevista nella convocazione, perché così avevano deciso i presidenti di gruppo, ed era prevista nel patto siglato ieri sera, quando abbiamo concordato di andare questa sera in seduta notturna e non ieri sera, quindi era già stata votata anche dall'aula, però siccome la politica prevale sull'organizzazione, la politica può decidere anche diversamente.
Due consiglieri hanno dichiarato che è politicamente inopportuno continuare.

Carlo CICCIOLI. Ha colto il lato politico, Presidente.
Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Capisco che dopo quattro giorni che stiamo qui dentro ognuno di noi vorrebbe sospendere, però credo che c'era un impegno sostanziale che avevamo preso tutti quanti che entro giovedì finivamo sia lo Statuto che l'assestamento. Oltretutto credo che sia importante che approviamo l'assestamento prima delle ferie estive, perché poi, come si diceva in Commissione, c'è il tempo per preparare il bilancio preventivo e la finanziaria molto prima della fine dell'anno, quindi il Consiglio è chiamato anche ad esprimere un voto sugli atti fondamentali quali sono il bilancio preventivo e la finanziaria stessa. Noi siamo quindi per andare avanti e chiediamo, da questo punto di vista, anche uno sforzo dai colleghi dell'opposizione...

Carlo CICCIOLI. E' un atto politico...

Fausto FRANCESCHETTI. Ho capito, ma si è discusso in Commissione, poi grandi mutamenti sull'assestamento non sono neanche previsti, quindi per noi è opportuno andare avanti.

Remigio CERONI. Non facevi così ieri e avanti ieri.

PRESIDENTE. Consigliere Ceroni, ha già parlato. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Mi voglio riferire al consigliere Franceschetti e al consigliere Luchetti. L'inopportunità politica, al di là di ogni affermazione di principio, secondo me deriva a due argomenti. Il primo, che c'era quell'impegno ma i lavori per lo Statuto si sono protratti invadendo del tempo che non rende seria la possibilità di discutere su questa cosa. Chiudere in tre-quattro ore vorrebbe dire non consentirci di poter parlare, di poter capire, di poter vedere. Nonostante che la minoranza non ha detto nulla quando la presidenza della Commissione ha chiesto tempi celeri, snellire i lavori per quanto più possibile. Non mi sembra che ci siano stati logomachie, ostacoli, atteggiamenti strumentali e ostili, non ci sono stati mai, questo è il primo motivo, quindi non mi sembra che muoia nessuno anche se ci rivediamo la prossima settimana. Oggi sono piovute sulla Commissione bilancio ulteriori proposte emendative che cambiano di molto il quadro complessivo. Se dobbiamo rinunciare a parlare, se questo è un modo per dire "il Consiglio è un orpello che nulla o punto deve fare sull'argomento" d'accordo, ma voi già ci portate delle modifiche per miliardi e miliardi, non abbiamo avuto materialmente il tempo neanche di capirci qualcosa. Non penso che sia interesse del Consiglio mettere semplicemente un timbro su quello che la Giunta in "zona Cesarini" chiede. Ritorna l'aspetto, che dicevo prima, della dignità del Consiglio. Allora è vero che sono tutte chiacchiere. Presidente, lei ci ha fatto un sermone per dire che bisogna evitare la frammentazione, la complessità e bla-bla-bla, ma questi sono i problemi: che dell'assestamento si debba parlare mezz'ora, dopo emendamenti per decine di miliardi... Allora facciamo il Consiglio a 5 consiglieri, sono troppi, se i consiglieri sono così rinunciatari rispetto al diritto di capire. Avete modificato la copertura dei perenti per 70 miliardi, ci avete detto "si deve fare così" e questa sera si vota alle 20... Veramente allibisco. Questo vuol dire svilire il Consiglio, altro che le chiacchiere sui posti e sul metodo D'Hondt, ha ragione Trenta, il metodo D'Hondt interessa voi, non ci consentite di lavorare, neanche di capire. Assestamento, si vota alle 20, chi c'è c'è... Non è serio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere segretario Grandinetti.
Gli interventi ormai sono chiarissimi, potrei fare le conclusioni di questo dibattito. Non voglio togliere la parola a Grandinetti ma non la do più a nessuno, non per toglierla, semplicemente perché non è più opportuno continuare a fare interventi.

Fabrizio GRANDINETTI. Siamo alla fine di una giornata in cui c'è stato il dibattito sullo Statuto, è stato approvato Statuto dopo trent'anni dal primo, sono le 20, il dibattito è stato corretto, una giornata in cui non c'è stato ostruzionismo. Mi appello alla presidenza del Consiglio per rinviare il punto importante dell'assestamento di bilancio a domani mattina, a lunedì mattina, penso che sia una questione di sensibilità. Se poi oggi la maggioranza ha i numeri per approvarselo e lo vuol fare in poco tempo, andiamo a svilire una importante discussione su un argomento altamente qualificante. Le esperienze istituzionali di nove anni di Ufficio di presidenza, mi dicono che sarebbe meglio, se ci vuol essere rispetto reciproco, rinviare il punto.

PRESIDENTE. Dagli interventi, compreso quello accalorato e pieno di verve del consigliere Castelli, emerge che il quadro non è cambiato alcunché dagli interventi fatti precedentemente, in particolare da Ciccioli il quale, con molta semplicità, ha detto che non si tratta di una questione tecnica ma di una questione politica e se si tratta di una questione politica il Presidente non esprime volontà complessiva dell'aula, ma il Presidente deve semplicemente far rispettare il regolamento. Di fronte a un caso del genere in cui ci sono due punti di vista, quello della minoranza e quello della minoranza, il Presidente ha un unico compito: mettere in votazione la richiesta di andare avanti. Questo è l'unico modo per risolvere una divergenza, anche se mi rendo conto che l'ora tarda può far uscire qualche parola di troppo.

Carlo CICCIOLI. Tenete presente che è uno strappo...

PRESIDENTE. Possiamo soltanto votare, perché le posizioni sono due e nessuno ha sostenuto che si deve approvare in mezz'ora.
Pongo in votazione la prosecuzione.

Il Consiglio approva

Carlo CICCIOLI. E' una vergogna! Faremo 14 interventi su ogni punto... (Dissensi da parte delle minoranze)

PRESIDENTE. Procediamo alla discussione congiunta delle proposte 244 e...

Carlo CICCIOLI. No, no... Separate.

PRESIDENTE. D'accordo.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Propongo di fare le relazioni di maggioranza e di minoranza e di rinviare la seduta, altrimenti ci facciamo solo male.

PRESIDENTE. Propongo di accogliere la richiesta di fare le relazioni sui due atti.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho fatto una proposta che mantengo e che mi sembra l'unico punto ragionevole di accordo: si fanno una relazione di maggioranza e una relazione di minoranza su tutto, dopodiché vediamo a quando andare.

Carlo CICCIOLI. D'accordo.

Marco LUCHETTI. Visto che il Presidente della Giunta ha fatto una proposta che mi sembra un'apertura rispetto a quanto richiesto dalla minoranza, non avrebbe eccessivo senso andare oltre, se dovessimo stare qui unicamente per le due relazioni e poi chiudere i lavori. A me sembra che sia di buon senso metterci d'accordo su quando ci si rivede per discutere tutto. Se si apre la discussione andiamo avanti, altrimenti non ha senso fare una relazione e chiudere i lavori dopo la relazione. (Interruzione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno è stato recapitato a tutti voi e prevede la continuazione domani. Però adesso è stata votata un'altra cosa.

Ottavio BRINI. Domani sarebbe una scorrettezza nei confronti dei Comunisti italiani che domani dovranno essere a Roma.

PRESIDENTE. Sospendiamo la seduta, per riunire la Conferenza dei presidenti di gruppo.

La seduta, sospesa alle 20,00
riprende alle 20,10

PRESIDENTE. La Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito di continuare, dando la parola ai relatori di maggioranza e di minoranza per fare la relazione su entrambe le proposte di legge, dopodiché i presidenti di gruppo ritengono che questa sera si concluda così il Consiglio e si rinvii a lunedì mattina.

(Così rimane stabilito)



Proposte di legge (Discussione generale):
«Approvazione del rendiconto generale dell’Amministrazione per l’anno 2003» Giunta (244)
«Assestamento del bilancio 2004» Giunta (251)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge n. 244 e n. 251, ad iniziativa della Giunta. Procediamo con una unica discussione.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Il rendiconto e l’assestamento sono due atti sempre affrontati in maniera congiunta. Questa questione potremmo risolverla anche con una revisione della legge 31, perché a mio modo di vedere e secondo quanto si è sostenuto anche in Commissione, la legge 31 potrebbe essere visita per un aggiornamento che potrebbe, in questo caso, interessare la questione di cui stiamo discutendo.
I problemi a cui ci troviamo di fronte in questa occasione derivano non solo dalle difficoltà della finanza regionale in rapporto alle politiche di restringimento che il Governo ha adottato in questi ultimi anni. Non essendo stato ancora approvato l’art. 119 della Costituzione, o attuato con legislazione statale, si determina inevitabilmente una discrasia delle finanze regionali in modo particolare, piuttosto che quelle delle autonomie locali, che vedono ormai le proprie risorse autonome raggiungere anche il 70% del proprio bilancio. Diversamente le finanze regionali rimangono ancora sostanzialmente di totale derivazione dei trasferimenti nazionali, quindi è inevitabile che la finanza derivata comporti una subordinazione fondamentale, dal punto di vista della agibilità finanziaria ed economica dei bilanci regionali, in modo tale che, addirittura, lo stesso bilancio preventivo, così come l’abbiamo definito all’inizio di quest’anno, si trova in forte carenza di indicazione, perché fino a quella data, nonostante la finanziaria nazionale approvata, non è possibile poter fare una legittima previsione per il fatto che i trasferimenti vengono abbondantemente dati successivamente e del loro importo non è possibile fare una previsione esatta.
Un primo aspetto da sottolineare riguarda il rispetto dei tempi. Noi ci siamo proposti un cammino in questa legislatura, che è stato quello di adattare il più possibile le decisioni del Consiglio regionale e il lavoro delle Commissioni relative ai tempi che sono stati stabiliti dalla legge di contabilità. Come sapete in anni passati abbiamo approvato i preventivi e gli assestamenti assolutamente fuori tempo, abbiamo utilizzato esercizi provvisori molto lunghi e invece, dal 2004, sia con il bilancio di previsione ma soprattutto con il rendiconto e l’assestamento di quest’anno ci accingiamo a rispettare assolutamente i tempi previsti dalla legge. Credo che sia un risultato buono.
Questo non dà solamente la possibilità di amministrare con più adeguatezza le risorse date, per quanto le difficoltà di cui prima parlavo sono oggettive e permangono, ma ci consente, per quanto possibile, di avere l’agibilità di una gestione di bilancio più adeguata, che consente, tra l’altro, anche una decisionalità più concreta nelle previsioni finanziarie, sia dei bilanci preventivi che dell’assestamento.
Pertanto l’assestamento lo facciamo entro il mese di luglio e questo ci dà la possibilità di poter discutere anche il bilancio preventivo futuro in tempi accettabili.
Questo ci consente di ridimensionare lo svantaggio derivante dall’approvazione dell’assestamento quasi a fine anno, che di fatto comportava la formazione di economie o, nel migliore dei casi, di residui relativamente a molti degli interventi definiti in quella sede, rinviando sostanzialmente all’esercizio successivo piuttosto che a quello corrente, gli effetti dell’aggiustamento.
Riguardo al rendiconto 2003, sui dati cito solo alcuni elementi più significativi, parte dei quali peraltro hanno un riflesso diretto sull’assestamento:
I residui attivi provenienti dagli anni precedenti ammontano a euro 717.086.569,75 quelli provenienti dalla gestione 2003 a euro 500.509.293,97. Ovviamente le dimensioni di questi residui attivi derivano dalla sostanziale subalternità dei trasferimenti centrali, che non consentono l’utilizzo delle risorse segnatamente all’anno di destinazione, per cui ci troviamo sempre di fronte a delle reiscrizioni, perché le somme che vengono trasferite durante l’anno corrente vanno reiscritte, in quanto obbligatorie per larga parte, perché i residui attivi riguardano soprattutto trasferimenti statali, per l’anno successivo.
Per quello che riguarda i residui passivi, sono provenienti
dagli anni precedenti euro 688.895.671,53 e provenienti dalla gestione 2003 euro 825.064.259,98.
Il saldo finanziario positivo è determinato in euro 743.563.521,45. Questo avanzo amministrativo corrisponde esattamente soprattutto alle reiscrizioni delle spese già individuate, in quanto sono fondi canalizzati dai trasferimenti statali, mentre rispetto all'avanzo effettivamente disponibile si determina una disavanzo di 85 milioni di euro. Questo disavanzo è stato modificato dal decreto legge che dovrebbe essere convertito in queste ore dal Parlamento con una richiesta di fiducia. L’effetto di questo decreto ha comportato una revisione abbastanza forte di parte delle autorizzazioni di mutui in quanto, mentre si è sbloccata la partita complessiva che si era definita con l’art. 3 della legge finanziaria, il quale aveva bloccato tutte le autorizzazioni di mutui, salvo quelli relativi alla patrimonializzazione, con il decreto assunto con la “manovrina” di 7,5 miliardi, si è sbloccata questa interpretazione, però si è operata una modifica sostanziale dell’autorizzazione di mutui, in quanto si sono considerate non conteggiabili le minori spese e la differenza tra le maggiori e le minori entrate. In buona sostanza i mutui sono stati tutti ri-autorizzati, meno quelli che riguardavano le minori spese registrate e la differenza tra le maggiori entrate e le minori entrate che si sono rilevate.
Il dato del disavanzo che sarebbe stato fissato, se tutto fosse rimasto invariato, a 51 milioni di euro, passa così agli 85 milioni di euro. E’ sempre un abbassamento rispetto ai 97 del 2002, pertanto c’è un leggero miglioramento, però ciò è stato appesantito da questa manovra di stretta finanziaria.
Il dato del disavanzo, seppur negativo, esprime tuttavia un trend positivo di progressiva diminuzione dei disavanzi. Infatti rispetto agli anni precedenti la situazione mostra un sostanziale miglioramento. Rispetto alle minori spese da riportare nel bilancio 2004, risultano euro 511.467.927,13 quali somme a destinazione specifica finanziate da assegnazioni dello Stato, della Ue ed altri enti, ed euro 332.166.350,66 quali risorse proprie queste ultime composte, solo per citare le poste più significative, da: quote di cofinanziamento regionale su interventi dell'OB 2; fondo regionale per l'occupazione dei disabili;spese a tutela dell'ambiente di cui al decreto legislativo 112 (demanio idrico); finanziamento dei livelli assistenziali 2003; ripiano disavanzi aziende sanitarie; progetti speciali sanità 2003; corsi professionali universitari ed interventi di risanamento e profilassi veterinaria.
Tutte queste cifre, sostanzialmente, hanno composto, complessivamente, i 322 milioni di euro.
Per quanto concerne i mutui il rendiconto 2003 determina in euro 277 milioni l'ammontare dei mutui non contratti da ri-autorizzare, corrispondenti agli impegni assunti per le spese di investimento per gli anni 2003 e precedenti. Questi 277 milioni di euro erano ovviamente maggiori, perché noi potevamo ri-autorizzare 311 milioni di euro, ma abbiamo dovuto togliere i mutui che erano attribuibili alle minori spese e alla differenza tra le maggiori e minori entrate.
Al proposito si osserva che ci sono state minori spese da portare in detrazione del mutuo del bilancio 2001, per euro 676.941,68 del bilancio 2002, per euro 2.541.087,85 del bilancio 2003 per euro 31.394.991,30. Sono le minori spese che abbiamo detratto dai mutui da ri-autorizzare
Inoltre con l'emissione del Bramante bond si è provveduto all'estinzione di due mutui precedenti , entrambi relativi alla sanità, anni 1990-999, per cogliere le migliori condizioni di mercato.
Questo, sostanzialmente, è il panorama, in termini molto sintetici, della prospettiva del rendiconto.
Per quanto riguarda l’assestamento, esso contiene naturalmente i due elementi sostanziali: l'elemento obbligatorio di recepimento delle risultanze del rendiconto agli articoli 1, 2, 3 e 6 e l'elemento prettamente connesso alla manovra di assestamento dell'esercizio finanziario in corso.
L'autorizzazione alla contrazione del mutuo per le spese di investimento per l'anno 2004 è incrementata di euro 4.233.722,63 di cui euro 3.900.000,00 sono destinati all'acquisto delle sedi di Bruxelles e Roma e per interventi di manutenzione straordinaria sul patrimonio immobiliare regionale.
Le nuove autorizzazioni di spesa sono comprese nell'articolo 7 della proposta di legge; a riguardo la Commissione ha approvato soltanto due interventi (contributi per le bande e la cooperazione internazionale).
Nell'articolo 12 la spesa per le ARSTEL viene specificata rispetto alla legge finanziaria 2004. Inoltre sono state introdotte alcune modifiche normative. La Commissione ha accolto una serie di variazioni della spesa richieste dalla Giunta regionale per nuove occorrenze finanziarie e per variazioni di entrata e spesa correlate, intervenute dopo la presentazione della proposta di legge, mentre ha accolto ed approvato modifiche normative esclusivamente attinenti a modifiche di termini tali da giustificarne l'urgenza e il relativo inserimento nella legge di assestamento, mentre per modifiche più sostanziali della legislazione regionale si è ritenuto fosse più opportuno il percorso attraverso le commissioni referenti per materia. Questo è un problema che abbiamo da tanto tempo: c’è l’opportunità dell’assestamento o della finanziaria, che diventano leggi sostanzialmente relative alla possibilità di portare variazioni di normative altre, che rischiano di contravvenire a quello che la legge 31 prevede, non contemplando l’inserimento di tali norme in quanto ordinamentali, nelle leggi relative.
Dal punto di vista finanziario l'assestamento contiene una variazione dello stato di previsione della spesa di euro 1.644.825.388,99 in cui sono compresi aumenti di spesa per la somma complessiva — parte della quale riguarda il mutuo per l’acquisto delle sedi di Bruxelles e di Roma — di euro 8.573.630,41.
Dal punto di vista delle sedi ci siamo trovati in una situazione piuttosto delicata, sia a Bruxelles che a Roma, dove sono stati sfrattati i nostri uffici e pertanto dovevamo provvedere, congiuntamente ad altre Regioni, sia a Bruxelles, sia a Roma. Questa cifra ci consente di intervenire, insieme alle altre Regioni, per costituire i nostri punti di riferimento, sia in Europa che nella capitale.
Tante cose si potrebbero dire, soprattutto per quello che riguarda la comprensibilità di questi atti. In Commissione ne abbiamo parlato, ci siamo prefissi anche di fare delle sessioni che chairiscano meglio la capacità dei consiglieri di interloquire con documenti finanziari che sono assolutamente astrusi e che non danno la dimensione corretta di una comprensibilità necessaria delle manovre di bilancio. Anche questa volta, nonostante io ritenga che c’è uno sforzo in atto molto interessante da parte della struttura del bilancio e della ragioneria per fare chiarezza nella contabilità — se qualcuno avesse l’opportunità e la voglia di analizzare questi documenti ne coglierebbe effettivamente il miglioramento — la farraginosità della contabilità può consentire a pochissimi consiglieri regionali di avere il quadro dei flussi finanziari delle entrate e delle uscite, per poter avere una capacità di giudizio compiuta rispetto a queste questioni. Tant’è che credo che, soprattutto in termini di consuntivo, potrebbe essere possibile prendere in considerazione anni successivi solamente se riusciremo a semplificare i parametri di riferimento che potrebbero consentirci di essere in grado di vedere i preventivi in un’altra ottica, un’ottica che ci possa consentire di capire quale sforzo è possibile fare, con le risorse proprie e derivate, in rapporto all’indebitamento. Ancora noi manteniamo margini piuttosto cospicui, nel senso che abbiamo quasi più di mille miliardi di vecchie lire di disponibilità ulteriore di indebitamento. Il problema è che l’indebitamento fino ad oggi utilizzato soprattutto per intervenire sia in lavori pubblici, sia in attività produttive, con il blocco che si verificherà nel 2005 non sarà possibile utilizzarlo. Questo fatto ci imporrà dei sacrifici non di poco conto.
L’indebitamento ha questa ulteriore capacità, però è da sottolineare che i nostri interventi, compreso il famoso mutuo di 500 miliardi per la sanità, stanno determinando un appesantimento di rata di mutuo di circa 60 milioni di euro l’anno, quindi siamo già ad una fase piuttosto delicata. Il problema reale è questo ulteriore abbassamento della capacità di investimento che in qualche modo, seppure ci consente di poter utilizzare la capacità di indebitamento, non ci rende più possibile finanziare canali di spesa che tradizionalmente erano riconducibili alla spesa per mutuo. Per esempio, la possibilità di intervenire presso le attività produttive, sia in agricoltura che nell’artigianato, che nella media industria, consentendoci di dare la possibilità, attraverso il mutuo, di finanziare impianti, non è più possibile e indubbiamente ci pone un problema, perché al di là del fondo unico nazionale era uno dei pochi canali che ci consentiva di avere valvole aggiuntive, come sempre è stato fatto tutti gli anni, per intervenire nei settori produttivi.
L’altra questione importante riguarda spese correnti e anche in conto capitale, per quanto riguarda la sanità e i servizi sociali. Sul problema della sanità è inutile che intervenga, perché ormai tutti conoscono lo stato in cui siamo. Tutte le Regioni sono in una grandissima difficoltà. Il fatto stesso che dal 2001 al 2004 i finanziamenti che sono arrivati, così come erano stati definiti dall’8 agosto 2001, e che hanno previsto anche tranches relative alla copertura dei mutui pregressi, non hanno coperto la reale inflazione del settore della sanità. Questo determina una strozzatura incredibile dal punto di vista finanziario. Pensate che un punto di inflazione non riconosciuto corrisponde esattamente a circa 40 miliardi di vecchie lire. Dal 2001 al 2004 siamo stati abbondantemente sotto la cifra del 4% di inflazione non riconosciuta rispetto a quella programmatica, quindi capite bene qual è la situazione di un fondo che già era asfittico. Quindi non si può prevedere un futuro roseo per quanto riguarda la sanità, che è il riferimento essenziale per rendere il bilancio agibile, nel senso che abbiamo raggiunto sì l’obiettivo dei 92 milioni di euro di deficit nel 2003, ma stiamo puntando ai 72 milioni, così come la scalettatura del piano sanitario prevedeva per il 23004. Sta di fatto che il continuo aumento dell’inflazione ci pone veramente in serie difficoltà.
Così anche per i servizi sociali. Il fatto stesso che il fondo sia stato redistribuito — sapete che è stato ridistribuito con ritardi — denota un limite nel trasferimento che non tiene conto della effettiva inflazione.
Sono tagli continui che arrivano nella finanza regionale, che tra l’altro prevede un costante confronto in sede di Conferenza Stato-Regioni tra Amministrazione centrale e Regioni, perché questa trattativa non solo rende impossibile una programmazione seria, ma obiettivamente comporta dei tagli ulteriori che mettono in seria difficoltà l’equilibrio del bilancio regionale.
So che il collega Castelli è molto attento all’assestamento, pur se non ha avuto molto tempo a disposizione, però una sostanziale collaborazione da parte della Commissione, da questo punto di vista c’è stata. Credo che i dati essenziali possano comunque essere rilevati nonostante la intelligibilità di questo documento, però il fatto che oggi siamo a discuterne, in luglio, credo sia un dato quasi storico dal punto di vista dell’Amministrazione regionale che è riuscita a definire il documento in tempo utile e questo ci consentirà di poter predisporre il bilancio preventivo in una scansione di tempo più adeguata. Il bilancio preventivo avrà le difficoltà di cui parlavo, che l’assestamento ha messo in evidenza, ma che dovrà riguardare anche la politica delle entrate in riferimento alla pressione fiscale. Sappiamo che da questo punto di vista c’è un impegno dell’Amministrazione a ridimensionare ulteriormente la pressione fiscale, pertanto il bilancio preventivo dovrà tenere conto anche di questo dato. Il fatto che ci stiamo apprestando a votare questo documento in questa data, ci renderà possibile programmare anche l’eventuale ritocco delle aliquote fiscali, che ci porterà sicuramente a presentarci all’elettorato con gli impegni mantenuti rispetto a quanto avevamo detto nei provvedimenti assunti a fine 2001.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Non posso nascondere la frustrazione, da relatore di minoranza e da consigliere regionale, che deriva da questa situazione, perché neppure Ionescu avrebbe potuto pensare che la manovra di assestamento fosse discussa in un’aula che assomiglia più ad un’aula da bar che non ad un’aula del Consiglio regionale. Quindi, quando in occasione dello Statuto parlavo della frustrazione delle Assemblee elettive sono stato accontentato, perché la plastica dimostrazione dello svilimento dell’Assemblea elettiva è rappresentata dalle poche orecchie attente a quella che è una relazione che già di per sé è molto difficile, perché ancora una volta il Consiglio, in particolare il relatore di minoranza non è stato messo in condizione di conoscere con esattezza e con i dovuti elementi di accompagnamento, di aiuto, di assistenza che sarebbero stati necessari, per capire un atto che già di per sé poco intelligibile è risultato anche profondamente modificato in “zona Cesarini”. Ho scoperto solo qualche giorno fa che Cesarini, il noto calciatore della Juventus, aveva parenti a Senigallia, quindi la maggioranza si è ispirata a questo quasi concittadino per procurare al 93° del secondo tempo delle modifiche importanti che riguardano sia l’assestamento che il consuntivo, ma che la dicono lunga sul fatto che non vi sa, sostanzialmente, da parte del Consiglio regionale, la possibilità concreta e materiale di esaminare con la dovuta accortezza e con il dovuto approfondimento il rendiconto. Lo dice la parola stessa, “rendere il conto”, ma in realtà non lo si rende se non si mette il Consiglio in condizione di avere, ad esempio, una relazione che sia qualcosa di diverso dall’indice sommario degli articoli dell’assestamento del bilancio. Quindi non abbiamo una relazione esplicativa, non abbiamo il rapporto di gestione, non sappiamo cosa pensa del consuntivo la Corte dei conti, nonostante che vi fosse stato un impegno dei dirigenti a munire il Consiglio... (Interruzione). Però discutiamo il rendiconto senza sapere cosa ne pensa la Corte dei conti nonostante vi fosse stato l’impegno del Consiglio di fornire la relazione della stessa Corte dei conti, quindi non sappiamo nulla, non possiamo comprendere nulla, la voglia irresistibile sarebbe quella di buttare tutto all’aria e di dire “votatevelo, questo consuntivo” che veramente non è votabile proprio perché non è comprensibile, perché non si dice nulla sulla sanità, non si dice nulla sullo stato di attuazione del Poa, non si dà alcun elemento per capire qual è il reale stato di salute dei nostri conti. Non è dato saperlo, non è dato trarre valutazione alcuna da questa situazione di estrema confusione: appena cinque mesi fa il bilancio chiudeva in pareggio, ecco che oggi, dopo 4-5 mesi il rendiconto chiude con un disavanzo finanziario. I pochi giornalisti eroici che sono rimasti questo possono saperlo e riconoscerlo: un disavanzo finanziario indicato dal consuntivo, pari a 85 milioni di euro. Questo è un dato. E’ passato da 51 a 85 per il motivo che sappiamo, c’erano i 51 comunque, quindi 100 miliardi di disavanzo. Adesso 85 milioni di euro di disavanzo dichiarato nel mentre aumentano le spese. Sempre i pochi giornalisti rimasti penso siano interessati del fatto che, nonostante gli 85 milioni di disavanzo, nonostante la cifra astronomica del debito che ormai è dichiarato nella misura di circa 1.400.000 euro, debito consolidato, si continua a fare spesa, si continua con l’assestamento a spendere. Abbiamo 85 milioni di disavanzo, ci sono comunque nuovi 277 milioni di euro di mutui che vengono nuovamente autorizzati, ci sono altre spese che attengono anche ad aspetti non strategici dell’Amministrazione regionale, come la comunicazione istituzionale che viene aumentata più di un terzo, più 32% di denaro per la comunicazione istituzionale. Viste le condizioni in cui dobbiamo comunicare nell’aula, diventa quasi giustificato dover ricorrere a strumenti esterni mediatici, anche perché, se sapessero i cittadini come vengono amministrati, gestiti e rendicontati i loro soldi penso che ci prenderebbero a calci nel sedere e farebbero bene, perché stiamo amministrando migliaia di miliardi nelle condizioni che conosciamo.
Una situazione caotica, confusionaria, inintelligibile, che possiamo esaminare solo ponendo dei quesiti, degli interrogativi: sarà così? Cosa c’è dietro questo aspetto? Molte sono le anomalie, molte le disfunzioni. Pensate che nel breve lasso di tempo dei cinque mesi che sono corsi dall’approvazione del bilancio di previsione all’assestamento di oggi sono state modificate delle previsioni tipo quella per gli stipendi del personale, che addirittura vengono incrementati nell’assestamento — a dimostrazione del fatto che la previsione di febbraio era errata — di 4 milioni di euro. Su una voce che normalmente viene qualificata in termini sostanzialmente prevedibili, “stipendi e retribuzioni”, abbiamo 4 milioni di euro in più, 8 miliardi di lire. Una situazione davvero strana, davvero anomala, incomprensibile, viene la voglia di ricordare quella famosa espressione “deficit spending”, che voleva qualificare il malvezzo di qualcuno...

Marco LUCHETTI. Sul personale abbiamo pagato il contratto.

Guido CASTELLI. Se me lo spiegate va bene. Io chiedo solo spiegazioni, lancio l’anomalia e chiedo spiegazioni. Certo è che la situazione debitoria corre verso i 2.800 miliardi di vecchie lire, gli 85 milioni di euro di disavanzo, 277 milioni di nuovi mutui, o meglio vecchi mutui autorizzati di cui si chiede il rinnovo: quando parlo di “deficit spending” parlo del dubbio, perché di dubbio si deve parlare, che sostanzialmente il disavanzo si copre con nuovi debiti. Questo è il succo di un ragionamento che svilupperò in maniera sintetica, anche perché non voglio prendermi in giro e non voglio prendere in giro i pochi che mi stanno, per ragioni più di cortesia istituzionale, ad ascoltare.
Sul rendiconto mi ero preparato diverse annotazioni, avevo annotato diverse anomalie, avevo preparato diverse considerazioni che sarebbe valso la pena esaminare. Pensate, in Commissione la scorsa settimana è stata corretta una tabella del rendiconto. Il rendiconto di un mese fa lo correggiamo, nuove correzioni sono state apportate, in parte motivate questa mattina, però di correzioni necessarie sarebbe stato utile parlare anche in riferimento a tanti altri piccoli, grandi problemi che non siamo stati in grado di conoscere e di capire. Perché non si reiscrivono 4.452.000 euro in un certo capitolo, che sono ugualmente correlati all’entrata? Quindi una disarmonia, una discrasia fra mancate reiscrizioni di introiti che sono previsti nelle entrate. Sarebbe curioso, lecito conoscere su quali capitoli del bilancio 2004 si reiscrivono gli importi della tabella A8 delle pagg. 223-224 della nota preliminare. Sono residui perenti già cancellati, ma su quali capitoli si reiscrivono? A pag. 221 della nota preliminare, a fronte di maggiori entrate sul capitolo 40311002, di 935.000 euro che occorrerebbe reiscrivere, si espone che la reiscrizione non avviene perché si compensa con una minore entrata in un certo capitolo, che nel conto del bilancio non coincide con il capitolo a cui si riferisce. Sono pieni questi documenti, soprattutto il consuntivo, di cose che non quadrano, che non vanno, alcune sono state correte, altre dovrebbero essere corrette: sarebbe stato probabilmente il caso di rimandare in Commissione anche il consuntivo, per avere la possibilità, se non altro, di capire tutti i dubbi che non è stato possibile fugare.
Ma il colmo della reticenza questo consuntivo lo manifesta in riferimento a una partita che riguarda proprio la sanità, rispetto alla quale né Luchetti né altri hanno espresso giudizio alcuno. Mi riferisco alla famosa delibera Cipe 45 del 2003, che non ci è stata fornita fra l’altro, che muove in favore della Regione Marche per quanto riguarda gli stanziamenti per la sanità degli anni pregressi, qualcosa come 250 miliardi in più, che la delibera Cipe 45 del 2003 attribuisce al nostro bilancio. Ce ne ha parlato qualcuno? Qualcuno ci ha detto “c’è questa posta, valutiamo”. Guardate, 250 miliardi in più non è roba da poco. Una cifra da questo genere sarebbe stato da dettagliare, da capire, da far comprendere. I riflessi sul bilancio 2003 di una simile cifra potrebbero teoricamente muovere 371 milioni di euro per quanto riguarda l’uscita e 335 milioni di euro in più per quanto riguarda le entrate. Pensate come possiamo parlare di un rendiconto che registra il riflesso di una massa finanziaria così enorme, rispetto alla quale non si dice nulla. Noi vorremmo sapere, vorremmo capire come si manifestano e se certi riflessi finanziari sono da riferirsi a questa benedetta delibera Cipe, che evidentemente ha portato questo Governo a dare qualcosa in più, ritengo, immagino, presumo. Nessuno mi ha portato a capire se sia così o meno.
Credo che questo fatto della delibera Cipe sintetizzi in sé tutta la reticenza, tutta la non chiarezza, l’opacità di un documento che, ripeto, non definisco truccato come per la vecchia polemica. Non lo so, non sono messo in grado di saperlo. Certo è che quando ci sono 250 miliardi in più sulle annualità pregresse della sanità che il Governo ha dato, in questa delibera che per il 99,9% riguarda la Regione Marche, nessuno sente il bisogno di dire A: niente, non esiste, non c’è. Noi siamo abituati a sentire le lamentazioni ogni settimana della maggioranza su quello che il Governo non dà, però quando dà, se dà — immagino che dia, nessuno mi dice il contrario —... (Interruzione). Se l’avesse riportato la relazione non avrei perso tempo. Voi ricordate l’anno scorso la polemica sul fondo per le attività produttive? Avete pianto sei mesi e il fondo delle attività produttive non è stato diminuito, ma nessuno lo dice. Quindi, la polemica governativa serve ora a coprire le nudità, la pochezza di idee e di fantasia, però poi, quando le cose si allineano, ecco che nessuno ne parla.
Circa la delibera Cipe leggo “250 miliardi in più”, però nessuno ha sentito il bisogno, il dovere di dire di cosa si tratta. (Interruzione). Magari mi sbaglio, però se qualcuno me l’avesse detto, se l’aveste scritto nella relazione avrei fatto perdere meno tempo ai pochi colleghi consiglieri.
Credo che su questo insieme di elementi e di obiettive difficoltà a capire il consuntivo, tralasciando i dati crudi degli 85 milioni di euro di disavanzo, che restano, poco o punto si possa dire, c’è solo grande confusione, grande cortina fumogena, impossibilità di capire se i presunti miglioramenti dei conti sanitari rispondono a qualcosa di concreto o no. Ci dobbiamo fidare. Nonostante che 4/5 del bilancio siano assorbiti dalla spesa sanitaria, nessuno si sente in dovere di formulare, redigere una relazione che dettagli questa cosa. Ma vogliamo capirlo o no? Allora ritorno ai discorsi che facevo in occasione dell’approvazione dello Statuto: altro che regole, altro che gentleman agreement su quelli che dovrebbero essere i grandi archetipi della comunità marchigiana, sono tutte stupidate se poi i consiglieri comunali... Scusate, “regionali”. E’ un lapsus freudiano. Era molto più elevato il dibattito nel nostro Consiglio comunale di Offida, caro Agostini, perché ricordo che almeno ci stavamo tutti sempre, ma soprattutto quando si faceva il bilancio. A me hanno abituato così, ecco perché, nonostante mi prenda io stesso un pochino in giro, continuo a fare la mia relazione.
Credo che la cosa migliore sarebbe davvero rimandare alla Commissione questo testo, per poter esaminare nel dettaglio tutto ciò — ed è molto — che non ci convince, non tanto perché riteniamo che vi siano distorsioni, ma perché, come dicevo, non siamo messi in condizioni di capire esattamente cosa accada. Quando poi gli stravolgimenti accadono in “zona Cesarini”, alle 9,30 della mattina e si spostano cifre miliardarie dall’oggi al domani, credo che sia obiettivamente un compito da super uomo, da parte soprattutto della minoranza, cercare di capire qualcosa di più.
Questo è un fatto che riguarda non soltanto il consuntivo ma anche l’assestamento, un assestamento approvato 20 giorni fa, ulteriormente modificato, che ci dovrebbe spiegare davvero tante cose che emergono dall’ultima riunione di questa mattina in cui si è fatta un’operazione, spacciata per necessità superiore, ovvero quella di spostare il disavanzo del nostro ente, di rimodularlo, di rideterminarlo da 51 a 85 milioni di euro. Questo è accaduto nello spazio di pochi minuti, noi siamo qui senza spiegazione, senza specificazione, l’unica cosa certa è che nelle nuove tabelle e negli articoli così come emendati questa mattina se ne vedono ancora delle belle: per il disavanzo dell’anno 2004, mentre a febbraio pensavamo fossero necessari 121 milioni di euro, dopo quattro mesi, per ripianare il disavanzo del 2004 si rendono necessari 146 milioni di euro, cioè 25 milioni di euro in più che in quattro mesi i nostri dirigenti del servizio finanziario ci dicono necessari per il ripiano del disavanzo del 2004. Probabilmente il Presidente D'Ambrosio e il mio concittadino Agostini hanno vinto al superenalotto e nonostante il disavanzo finanziario ci sono spese in più, le sedi, la comunicazione istituzionale, qualcosa su Sant’Ippolito che ci sta sempre bene, per una mostra, perché non si devono dimenticare anche le esigenze dei più piccoli. Ci sono 25 milioni in più di euro per quanto riguarda il disavanzo del 2004 e soprattutto si deve anche, in qualche misura, far fronte ai famosi 85 milioni di euro.
Ho notato gli spostamenti nel primo emendamento presentato questa mattina dalla Giunta, dove c’è una variazione importante: 34 milioni in meno, che sono stati inseriti nell’assestamento oggi, che devono essere compensati. Come vengono compensati? Lo sappiamo: attraverso il ricorso alla riduzione della copertura dei perenti. Questi soldi, in qualche modo vanno a coprire delle spese, perché la copertura dei perenti che 20 giorni fa era pari al 70% cade al 56% per effetto della...

Marco LUCHETTI. Non per effetto di quella manovra.

Guido CASTELLI. Non lo so perché ignoro, non sono messo in condizioni di conoscere. Io so che i perenti che 20 giorni fa venivano coperti nella misura del 70%, oggi vengono coperti nella misura del 56 o 57%. E’ così. O se non è così ci dovevate spiegare. Il dubbio è che la copertura dei perenti venga utilizzata — ecco il “deficit spending”, ecco l’utilizzo del debito per colmare il disavanzo — per poter utilizzare risorse da destinare.

Marco LUCHETTI. Sono risorse disponibili, non è aumento del debito.

Guido CASTELLI. Sono per risorse disponibili che tu hai accantonato perché ci sono dei debitori della Regione. Sono soldi accantonati perché i nostri debitori, prima o poi, busseranno alle porte. Venti giorni fa dicevamo “noi riteniamo giusto e opportuno coprire il 70% di tutta la massa debitoria che abbiamo nei confronti di terzi”. Passano venti giorni e la copertura, l’accantonamento cade di 70 miliardi di vecchie lire, non poche, ma che sicuramente a questo punto ci servono per coprire le nuove spese. Se aumentano le spese, probabilmente ci si prepara alla campagna elettorale del 2005 attraverso la comunicazione istituzionale, attraverso gli stanziamenti in favore di Sant’Ippolito e tante altre piccolezze. Come le si finanzia? Attraverso la riduzione dei soldi che dobbiamo restituire ai terzi. Allora saremmo tutti capaci di questo, saremmo tacciati di essere debitori poco seri, ma soprattutto è poco serio che nel lasso di 20 giorni si riducano le previsioni che 20 giorni fa giustificavano l’accantonamento di 70 miliardi per poter far fronte a dei debiti ritenuti prossimi, oggi invece si ritiene che quei debiti non sono più così prossimi e si cambia registro.
Sono valutazioni che non ci consentono non solo di capire ma di esprimere un voto sicuramente negativo rispetto a una manovra che è stata corretta in “zona Cesarini”, che sconta ancora vecchi vizi, come quelli di inserire nell’ambito dell’articolato dell’assestamento delle norme di natura addirittura organizzativa, che non avrebbero potuto neanche trovare collocazione nella stessa manovra finanziaria. Mi riferisco all’ultimo emendamento, quello che fa riferimento al collegio sindacale dell’agenzia sanitaria.

Marco LUCHETTI. E’ stato ritirato.

Guido CASTELLI. Questo io non lo so. Neanche ci dite questo...

Marco LUCHETTI. In Commissione abbiamo stabilito che quelli di carattere ordinatorio andavano tolti, e li abbiamo tolti.

Guido CASTELLI. Meno male, c’è stato un ruggito di dignità della Commissione che almeno questa cosa non l’ha accettata. Certo è che nell’articolato rimangono comunque norme che probabilmente avrebbero meritato altra considerazione.
Chiudo facendo riferimento al “decreto salvaspese” e a ciò che è possibile finanziare con il ricorso a mutuo per quanto riguarda gli investimenti diretti.
Con il ricorso al credito per l’anno 2004 rispetto al bilancio di previsione, vengono finanziati due capitoli, uno relativo ai contributi alle piccole e medie imprese industriali ed artigiane e un altro ai contributi all’Ente regionale fieristico che a me pare confliggano proprio con il disposto del famoso “decreto tagliaspese” e mi riferisco alla lettera B. Non so se ce l’ho. Ricorderà sicuramente Luchetti che ci sono dei limiti alla possibilità di finanziare gli investimenti indiretti. Il decreto, alla lettera b) stabilisce due limiti. Il primo è quello della lettera a) che vi ha imposto la correzione di questa mattina, ovvero gli impegni assunti al 31 dicembre 2003 al netto di quelli già coperti con maggiori entrate o minori spese, poi c’è un secondo limite, quello della lettera b) che fa riferimento a impegni assunti nel corso dell’anno 2004 derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultanti dalla elencazione effettuata dei prospetti dei mutui autorizzati alla data di approvazione della legge di bilancio per l’anno 2004. Invece voi, con ricorso al mutuo prevedete il finanziamento di due voci che sono investimenti indiretti non previsti dalla legge di approvazione del bilancio. Prego Luchetti di verificare questa cosa, perché quella deroga prevede che le obbligazioni debbano essere giuridicamente già perfezionate o comunque previste nel bilancio di previsione, proprio per evitare che nel corso dell’anno finanziario ci possano essere ulteriori finanziamenti anomali. Ebbene, i contributi alle piccole e medie imprese industriali e artigiane per interventi per la qualità e l’innovazione e i contributi all’Ente regionale fieristico per l’allestimento degli impianti sono un classico tipo di finanziamento per investimento indiretto che non possono essere presi in quanto non già previsti dalla legge di bilancio di previsione del 2004, quella del mese di febbraio. Questa è una spiegazione che non potrò ottenere lunedì, perché lunedì, come noto, non ci sarò...

Marco LUCHETTI. I finanziamenti non erano in preventivo?

Guido CASTELLI. Sono spese con ricorso al mutuo. Sono spese finanziate con ricorso al credito, quindi devo ritenere: sede di Bruxelles, interventi di manutenzione straordinaria sul patrimonio immobiliare, tutte cose che vengono finanziate con ricorso al mutuo, ma proprio perché sono introdotte con l’assestamento, senza che fossero già indicate nella legge di approvazione del bilancio. Vi invito a verificare questa cosa — mi potrei sbagliare — a dimostrazione del fatto che il modo migliore per poter chiudere la mia relazione è quello di dire “non capisco ma mi adeguo perché sono tenuto ad adeguarmi”. L’ultima rivendicazione di libertà consiliare la rimetto al diritto di esprimere il voto contrario a un documento che non capisco, non sono stato messo in grado di capire e che comunque mi sembra foriero di tanti dubbi anche per quanto riguarda l’indebitamento. Diceva Luchetti che c’è ancora una disponibilità enorme, a mio modo di vedere vi ha salvato il “decreto tagliaspese”, perché questo slittamento da 311 a 277 milioni di euro vi consente di rientrare nei limiti della capacità mutuabile, che diversamente non ci sarebbe stata. A mio modo di vedere, con la versione dell’assestamento pre-emendamento antimeridiano avevamo sforato la capacità di indebitamento, ora rientriamo per effetto di questo ulteriore regalo del Governo Berlusconi.

PRESIDENTE. Ringrazio entrambi i relatori per l’impegno profuso.




In memoria del carabiniere Alessandro Giorgioni

PRESIDENTE. Avevamo preso impegno, durante lo svolgimento dei lavori, di fare una sorta di ordine del giorno sull’incidente che c’è stato oggi. Io ho preparato alcune righe, così come mi ero impegnato a fare e intendo leggerle, alzandomi in piedi, perché credo che l’occasione, l’aula e i presenti lo richiedano, chiedendo un minuto di silenzio per la memoria dell’appuntato Alessandro Giorgioni, il giovane carabiniere ucciso oggi.
La notizia dell’uccisione del carabiniere Alessandro Giorgioni, 36 anni, in servizio nella caserma di Sant’Agata Feltria, colpisce profondamente l’intera comunità marchigiana, non abituata ad atti di così grande violenza. Un giovane caduto mentre svolgeva il proprio lavoro, ucciso questa mattina a sangue freddo, a Pereto di Sant’Agata, nel compimento del proprio dovere. Un episodio tragico che ci lascia costernati, che siamo certi troverà presto giustizia in una regione, le Marche, che ha radicati da sempre valori democratici legati alla giustizia e alla libertà.
A nome di tutta l’Assemblea voglio esprimere ferma condanna per un assassinio che ha tolto la vita ad un giovane marito e ad un giovane padre di un bambino. E’ alla sua famiglia, a sua moglie, a suo figlio che vanno il nostro pensiero ed il nostro cordoglio. All’Arma dei carabinieri va la nostra solidarietà.
Propongo che l’Assemblea, in ricordo dell’appuntato Alessandro Giorgioni osservi un minuto di silenzio.
Invieremo un telegramma con questo documento alla famiglia e all’Arma dei carabinieri.

Il Consiglio osserva un minuto di silenzio

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 21,15