Leggi e regolamenti regionali
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Atto:LEGGE REGIONALE 10 novembre 2009, n. 27
Titolo:

Testo unico in materia di commercio

Pubblicazione:( B.U. 13 novembre 2009, n. 106 )
Stato:Abrogata
Tema: SVILUPPO ECONOMICO E ATTIVITA’ PRODUTTIVE
Settore:COMMERCIO
Materia:Disposizioni generali
Note:

Abrogata dall'art. 141, l.r. 5 agosto 2021, n. 22.
Ai sensi del comma 2 dell'art. 140, l.r. 5 agosto 2021, n. 22, fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all'art. 16 e delle altre disposizioni attuative della medesima legge regionale, continuano ad applicarsi le corrispondenti disposizioni adottate ai sensi delle norme abrogate.
In attuazione della presente legge vedi il r.r. 16 febbraio 2011, n. 1 (sull'ordinamento fieristico regionale di cui al Titolo VI); il r.r. 16 febbraio 2011, n. 2 (sulla disciplina della distribuzione dei carburanti per autotrazione di cui al Titolo IV); il r.r. 27 giugno 2011, n. 4 (sulla disciplina del commercio su aree pubbliche di cui al Titolo II, Capo II); il r.r. 4 agosto 2011, n. 5 (sulla disciplina delle attivita' di somministrazione di alimenti e bevande di cui al Titolo III); il r.r. 2 marzo 2015, n. 1 (sulla disciplina delle attivita' di commercio in sede fissa di cui al Capo I del Titolo II), e il r.r. 4 dicembre 2015, n. 8 (sulla disciplina delle attività di commercio su aree pubbliche).
Testo del l.r. 27/2009 in vigore alla data di promulgazione della l.r. 5 agosto 2021, n. 22


Sommario


TITOLO I Disposizioni generali
Art. 1 (Finalità e oggetto)
Art. 2 (Funzioni della Regione)
Art. 3 (Funzioni delle Province)
Art. 4 (Funzioni dei Comuni)
Art. 5 (Osservatorio sulla rete commerciale)
Art. 6 (Centri di assistenza tecnica)
Art. 7 (Settori merceologici)
Art. 8 (Requisiti morali)
Art. 9 (Requisiti professionali per il commercio alimentare)
TITOLO II Attivita' di commercio
CAPO I Commercio in sede fissa
SEZIONE I Commercio al dettaglio e all'ingrosso
Art. 10 (Definizioni)
Art. 11 (Sviluppo della rete distributiva)
Art. 12 (Vendita all’ingrosso)
Art. 13 (Commercio al dettaglio negli esercizi di vicinato)
Art. 14 (Commercio al dettaglio nelle medie strutture di vendita)
Art. 15 (Commercio al dettaglio nelle grandi strutture di vendita)
Art. 16 (Centri commerciali)
Art. 17 (Outlet)
Art. 18 (Centri in sede fissa di telefonia e servizi internet)
Art. 19 (Esercizi polifunzionali)
SEZIONE II Forme speciali di vendita al dettaglio
Art. 20 (Esercizio dell’attività)
Art. 21 (Spacci interni)
Art. 22 (Distributori automatici)
Art. 23 (Vendita per corrispondenza, tramite televisione, internet o altri sistemi di comunicazione)
Art. 24 (Vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori)
SEZIONE III Stampa quotidiana e periodica
Art. 25 (Sistema di vendita)
Art. 26 (Punti vendita esclusivi)
Art. 27 (Punti vendita non esclusivi)
Art. 28 (Dichiarazione di inizio attività)
SEZIONE IV Vendite straordinarie e promozionali
Art. 29 (Vendite straordinarie)
Art. 30 (Vendite di liquidazione)
Art. 31 (Vendite di fine stagione)
Art. 32 (Vendite promozionali)
CAPO II Commercio su aree pubbliche
Art. 33 (Definizioni)
Art. 34 (Ambito di applicazione)
Art. 35 (Regolamento comunale)
Art. 36 (Soppressione e trasferimento)
Art. 37 (Calendario regionale delle manifestazioni su aree pubbliche)
Art. 38 (Esercizio dell’attività)
Art. 39 (Posteggi nelle fiere)
Art. 40 (Posteggi nei mercati)
Art. 41 (Autorizzazione all’esercizio dell’attività su posteggio)
Art. 42 (Autorizzazione all’esercizio dell’attività in forma itinerante)
Art. 43 (Hobbisti)
Art. 44 (Orari)
Art. 45 (Sanzioni)
Art. 46 (Rinuncia)
CAPO III Mercati all'ingrosso e centri agroalimentari
Art. 47 (Definizioni)
Art. 48 (Soggetti istitutori e autorizzazioni)
Art. 49 (Gestione)
Art. 50 (Regolamenti)
Art. 51 (Commissione di mercato)
Art. 52 (Direttore di mercato)
Art. 53 (Prodotti ittici)
Art. 54 (Vigilanza)
CAPO IV Norme comuni
Art. 55 (Orari)
Art. 56 (Pubblicità dei prezzi)
Art. 57 (Affidamento reparto)
Art. 58 (Subingresso, sospensione e cessazione)
Art. 59 (Sanzioni)
TITOLO III Disciplina delle attività di somministrazione
Art. 60 (Definizioni e ambito di applicazione)
Art. 61 (Requisiti morali e professionali)
Art. 62 (Indirizzi e criteri)
Art. 63 (Autorizzazione)
Art. 64 (Dichiarazione di inizio attività)
Art. 65 (Autorizzazione temporanea)
Art. 66 (Limitazioni all’esercizio dell’attività)
Art. 67 (Monitoraggio)
Art. 68 (Orari e pubblicità dei prezzi)
Art. 69 (Sanzioni)
Art. 70 (Disposizioni transitorie)
TITOLO IV Distribuzione dei carburanti
Art. 71 (Definizioni)
Art. 72 (Indirizzi regionali)
Art. 73 (Disciplina urbanistica e servizi accessori)
Art. 74 (Funzioni della Regione)
Art. 75 (Funzioni dei Comuni)
Art. 76 (Sospensione e decadenza)
Art. 77 (Collaudo degli impianti)
Art. 78 (Monitoraggio e osservatorio)
Art. 79 (Incompatibilità degli impianti stradali)
Art. 80 (Vigilanza e controllo)
Art. 81 (Sanzioni)
Art. 82 (Norme transitorie e finali)
TITOLO V Interventi finanziari per il commercio
Art. 83 (Interventi finanziabili)
Art. 84 (Destinatari dei contributi)
Art. 85 (Programma di utilizzo delle risorse)
TITOLO VI Sistema fieristico regionale
Art. 86 (Ordinamento del sistema)
Art. 87 (Regolamento di attuazione)
Art. 88 (Qualificazione delle manifestazioni fieristiche)
Art. 89 (Svolgimento delle manifestazioni fieristiche)
Art. 90 (Calendario regionale delle manifestazioni fieristiche)
Art. 91 (Quartieri fieristici)
Art. 92 (Enti fieristici)
Art. 93 (Promozione e sviluppo del sistema fieristico regionale)
Art. 94 (Vigilanza e sanzioni)
Art. 95 (Norme transitorie e finali)
TITOLO VII Norme finali
Art. 96 (Potere sostitutivo)
Art. 97 (Fondo unico per il commercio)
Art. 98 (Disposizioni finanziarie)
Art. 99 (Norme transitorie e finali)
Art. 100 (Abrogazioni)

TITOLO I
Disposizioni generali



1. La presente legge disciplina il settore dell’attività commerciale in attuazione dei principi comunitari e delle leggi statali in materia di tutela della concorrenza, allo scopo di favorire la migliore distribuzione delle merci e dei prodotti, la promozione e l’internazionalizzazione del settore ed un equilibrato sviluppo delle attività commerciali in base ai seguenti principi:
a) la trasparenza del mercato, la libera concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci e dei servizi;
b) l’equilibrato sviluppo e la modernizzazione della rete distributiva in base a criteri di efficienza con particolare riguardo alla crescita qualitativa ed alla capacità competitiva dei sistemi commerciali naturali, anche al fine del contenimento dei prezzi;
c) il contrasto dei processi di depauperamento delle aree territoriali più deboli;
d) lo sviluppo del commercio elettronico e delle infrastrutture e delle competenze a tal fine necessarie;
e) il pluralismo e l’equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese, nonché la tutela dei negozi e dei mercati di interesse storico, di tradizione e di tipicità;
f) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane, costiere e termali, ai fini di una equilibrata articolazione del sistema distributivo nell’intero territorio regionale, con particolare riferimento alle aree a minore dotazione di servizi, agevolando l’insediamento di nuove attività nei centri abitati non dotati di adeguate strutture;
g) la salvaguardia e lo sviluppo qualificato delle attività imprenditoriali con particolare attenzione allo sviluppo e all’aggiornamento professionale degli operatori, nonché la protezione del lavoro dipendente riguardo anche alla sicurezza dei lavoratori;
h) lo sviluppo della rete di vendita della produzione locale, ai fini dell’internazionalizzazione e della promozione in ambito nazionale ed estero;
i) lo sviluppo del sistema fieristico regionale per la promozione delle attività economiche, del commercio e l’innovazione tecnologica dei sistemi produttivi;
l) la promozione e lo sviluppo della concertazione come metodo di relazione e di collaborazione tra gli Enti locali, le categorie economiche, le organizzazioni dei lavoratori e le associazioni dei consumatori, anche ai fini delle diverse articolazioni e funzioni del sistema distributivo, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza;
m) il riconoscimento e il sostegno del commercio equo e solidale quale funzione rilevante della promozione dei valori di giustizia sociale ed economica, dello sviluppo sostenibile fondato sulla cooperazione e sul rispetto per le persone e per l’ambiente;
n) la tutela del consumatore, con particolare riguardo alla correttezza dell’informazione, alla sicurezza e alla genuinità dei prodotti, al contenimento dei prezzi, alla qualificazione dei consumi.
o) il riconoscimento della funzione sociale espletata dalle cooperative costituitesi fra i consumatori, nonché il contributo allo sviluppo del commercio recato dalle imprese esercenti l’attività di rappresentanza e di intermediazione commerciale.

2. Ai fini della presente legge costituiscono attività commerciali:
a) il commercio al dettaglio e all’ingrosso in sede fissa;
b) le forme speciali di vendita;
c) la vendita di stampa quotidiana e periodica;
d) il commercio su aree pubbliche;
e) la somministrazione di alimenti e bevande;
f) la distribuzione dei carburanti.

3. E’ altresì soggetta alle disposizioni di cui alla presente legge l’attività di commercio equo e solidale di cui alla legge regionale 29 aprile 2008, n. 8 (Interventi di sostegno e promozione del commercio equo e solidale).
4. Le disposizioni della presente legge non si applicano:
a) ai farmacisti e ai direttori di farmacie comunali qualora vendano esclusivamente prodotti farmaceutici, specialità medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici;
b) ai titolari di rivendite di generi di monopolio qualora vendano esclusivamente generi di monopolio di cui alla legge 22 dicembre 1957, n. 1293 (Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio) e al relativo regolamento di esecuzione, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1958, n. 1074;
c) agli imprenditori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di vendita di prodotti agricoli ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), salvo che per le disposizioni previste per il commercio su aree pubbliche;
d) alle attività di cui alla l.r. 3 aprile 2002, n. 3 (Norme per l’attività agrituristica e per il turismo rurale);
e) alle attività disciplinate dalla l.r. 11 luglio 2006, n. 9 (Testo unico delle norme regionali in materia di turismo), limitatamente alla somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati;
f) agli artigiani iscritti nell’albo di cui all’articolo 32 della l.r. 28 ottobre 2003, n. 20 (Testo unico delle norme in materia industriale, artigiana e dei servizi alla produzione), per la vendita dei beni di produzione propria nei locali in cui avviene la produzione medesima o a questi adiacenti, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio;
g) ai pescatori e alle cooperative di pescatori, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall’esercizio della loro attività e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell’esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari;
h) alle imprese industriali, per la vendita dei beni di produzione propria nei locali in cui avviene la produzione medesima o a questi adiacenti;
i) a chi venda o esponga per la vendita le proprie opere d’arte, nonché quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica od informativa, realizzate anche mediante supporto informatico;
l) alla vendita dei beni del fallimento effettuata ai sensi dell’articolo 106 delle disposizioni di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa);
m) all’attività di vendita effettuata durante il periodo di svolgimento delle fiere campionarie e delle mostre di prodotti nei confronti dei visitatori, purché riguardi le sole merci oggetto delle manifestazioni e non duri oltre il periodo di svolgimento delle manifestazioni stesse;
n) agli enti pubblici ovvero alle persone giuridiche private alle quali partecipano lo Stato o enti territoriali che vendano pubblicazioni o altro materiale informativo, anche su supporto informatico, di propria o altrui elaborazione, concernenti l’oggetto della loro attività;
o) all’offerta gratuita di assaggi di alimenti e bevande a fini promozionali.

5. Alle vendite di cui alla presente legge si applicano le disposizioni di cui al d.p.r. 6 aprile 2001, n. 218 (Regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto, a norma dell’articolo 15, comma 8, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114) e al d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229).




1. La Giunta regionale, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle imprese del commercio, dei consumatori e dei lavoratori del settore, adotta, previo parere della competente Commissione assembleare, uno o più regolamenti per l’attuazione della presente legge.
2. Il regolamento di cui al comma 1 è adottato tenendo conto dei seguenti principi e criteri direttivi:
a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che, in collegamento con le altre funzioni di servizio, assicuri la migliore produttività del sistema e la qualità dei servizi da rendere al consumatore;
b) assicurare il rispetto del principio della libera concorrenza e della libera prestazione di servizi, favorendo l’equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive con particolare attenzione alla tutela e alla valorizzazione delle piccole imprese commerciali;
c) rendere compatibile l’impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali e valorizzare la funzione del commercio per la riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio;
d) salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali;
e) salvaguardare e riqualificare la rete distributiva nelle zone di montagna e rurali anche attraverso la creazione di servizi commerciali polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale;
f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero, ammodernamento e sviluppo delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali;
g) rendere effettivo l’esercizio delle funzioni dello sportello unico.

3. La Giunta regionale approva, altresì, il programma di cui all’articolo 85 per il finanziamento degli interventi previsti dalla presente legge.
4. Il dirigente della struttura regionale competente in materia di commercio predispone modelli uniformi per le dichiarazioni di inizio attività, le comunicazioni e le autorizzazioni previste dalla presente legge.




1. Le Province in conformità al regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, stabiliscono i criteri per la pianificazione territoriale nel settore commerciale mediante il piano territoriale di coordinamento (PTC) di cui all’articolo 12 della l.r. 5 agosto 1992, n. 34 (Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio) e in particolare quelli finalizzati ad individuare le aree di localizzazione delle grandi strutture di vendita attraverso la valutazione dell’impatto dei flussi di traffico, nonché in relazione alla rete viaria ed agli accessi.
2. Il PTC individua le aree di localizzazione delle grandi strutture di vendita, tenendo anche conto degli effetti d’ambito sovracomunale e di fenomeni di concentrazione territoriale di altri esercizi che producono impatti equivalenti a quelli delle grandi strutture di vendita.




1. I Comuni adeguano i propri strumenti urbanistici secondo le modalità ed entro i termini previsti nel regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, e nel rispetto dei PTC provinciali, attraverso forme di consultazione e di confronto con le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello regionale delle imprese e dei lavoratori del settore e delle associazioni dei consumatori.
2. Nelle materie oggetto della presente legge sono di competenza dei Comuni singoli o associati tutte le funzioni amministrative non espressamente riservate ad altri enti.




1. E’ istituito l’Osservatorio regionale del commercio, quale organismo permanente per l’acquisizione degli elementi informativi e conoscitivi utili alla definizione e alla attuazione degli interventi per lo sviluppo e la qualificazione del commercio e per assicurare un sistema coordinato di monitoraggio riferito all’entità e all’efficienza della rete distributiva.
2. L’Osservatorio sulla rete commerciale è composto da:
a) l’assessore regionale competente in materia di commercio o suo delegato, che lo presiede;
b) un rappresentante dell’ANCI;
c) un rappresentante dell’UPI;
d) un rappresentante dell’UNCEM;
e) un rappresentante designato dall’Unione regionale delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA);
f) un rappresentante designato congiuntamente dalle associazioni dei consumatori iscritte nel registro regionale;
g) un rappresentante per ciascuna delle organizzazioni degli imprenditori commerciali maggiormente rappresentative a livello regionale;
h) un rappresentante designato congiuntamente dalle organizzazioni sindacali nazionali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello regionale.

3. L’Osservatorio svolge, in particolare, le seguenti funzioni:
a) promuovere un’ attività permanente di rilevazione, di analisi e di studio delle problematiche del settore;
b) monitorare la rete distributiva e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, anche con riferimento alla consistenza, alla modificazione e all’efficienza dei punti di vendita e di somministrazione, al commercio sulle aree pubbliche e alle altre forme di distribuzione, in coordinamento con l’Osservatorio nazionale;
c) monitorare l’andamento e la situazione del mercato nel settore commerciale in collaborazione con le rappresentanze sindacali, con le CCIAA e i Centri di assistenza tecnica di cui all’articolo 6.

4. L’Osservatorio opera all’interno della struttura regionale competente in materia di commercio e svolge un’attività di monitoraggio riferita all’entità e all’efficienza della rete distributiva, nonché alle dinamiche occupazionali del settore.
5. Al fine dell’aggiornamento del sistema informatico, i Comuni trasmettono annualmente alla struttura regionale competente in materia di commercio i dati relativi alla situazione delle rete distributiva del proprio territorio e ogni altro dato ritenuto necessario al monitoraggio, secondo modalità stabilite dalla Giunta regionale.
6. I componenti dell’Osservatorio operano a titolo gratuito.




1. Per sviluppare processi di ammodernamento della rete distributiva, le associazioni di categoria del settore del commercio, del turismo e dei servizi maggiormente rappresentative a livello provinciale, presenti nell’ambito dei consigli provinciali delle CCIAA, possono istituire, anche in forma consortile, centri di assistenza tecnica alle imprese (CAT).
2. I CAT svolgono attività di assistenza per l’ammodernamento della rete distributiva a favore delle imprese del terziario, associate o meno alle organizzazioni di categoria, e in particolare in materia di:
a) assistenza tecnica generale;
b) formazione e aggiornamento professionale;
c) innovazione tecnologica e organizzativa;
d) gestione economica e finanziaria dell’impresa;
e) accesso ai finanziamenti comunitari, statali e regionali;
f) sicurezza ed igiene dell’ambiente di lavoro;
g) gestione delle risorse umane;
h) sicurezza e tutela del consumatore;
i) tutela dell’ambiente;
l) formazione, promozione e sviluppo di nuova imprenditoria;
m) rapporti con le pubbliche amministrazioni;
n) certificazione di qualità secondo gli standard internazionali.

3. L’esercizio dell’attività dei CAT è autorizzato dalla Regione. La Giunta regionale definisce i requisiti e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione.
4. La Regione e gli enti locali possono avvalersi dei CAT per l’espletamento:
a) di attività istruttorie in materia di contributi, finanziamenti o provvidenze a favore delle imprese commerciali, turistiche e di servizio;
b) delle funzioni di assistenza previste in materia di sportello unico;
c) delle attività di formazione, inclusi i corsi professionali abilitanti l’iscrizione al ruolo dei mediatori e degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché tutti i corsi di formazione previsti dalla normativa di settore.

5. La Regione finanzia specifici programmi di informazione e assistenza gratuita riguardanti la realizzazione di indagini, progetti, studi e ricerche in ambito regionale sulla consistenza della rete distributiva, la presenza turistica, la dinamica dei prezzi, la dinamica dei consumi e l’andamento dell’occupazione del settore terziario, nonché in materia di evoluzione del mercato distributivo e turistico e di promozione dell’imprenditoria femminile.
6. Per il raggiungimento del migliore livello di assistenza e lo svolgimento di specifici servizi, i CAT possono convenzionarsi con enti pubblici e con privati, compresi i Consorzi garanzia fidi tra le piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizio e con società di consulenza o assistenza.




1. L’attività commerciale all’ingrosso e al dettaglio può essere esercitata con riferimento ai settori merceologici alimentare e non alimentare.
2. La vendita dei mangimi per animali domestici non destinati al consumo umano rientra nel settore non alimentare, mentre la vendita di mangimi per animali destinati al consumo umano rientra nel settore alimentare ed è subordinata al possesso dei relativi requisiti professionali di cui all’articolo 9
3. I soggetti titolari di autorizzazione per l’esercizio dell’attività di vendita dei prodotti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui all’allegato 5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375 (Norme di esecuzione della legge 11 giugno 1971, n. 426, sulla disciplina del commercio), e all’articolo 2 del decreto ministeriale 16 settembre 1996, n. 561 hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico corrispondente, fatto salvo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari, e ad ottenere che l’autorizzazione sia modificata d’ufficio con l’indicazione del settore medesimo, ad eccezione dei soggetti in possesso delle tabelle speciali riservate ai titolari di farmacie di cui all’allegato 9 del d.m. 375/1988, nonché quelle riservate ai soggetti titolari di rivendite di generi di monopolio di cui all’articolo 1 del d.m. 561/1996.
4. L’attività di vendita di prodotti alimentari è soggetta al rispetto delle disposizioni comunitarie, statali e regionali vigenti in materia di sicurezza alimentare, alimentazione, benessere e di igiene per gli alimenti di origine animale.




1. Non possono esercitare l’attività commerciale:
a) coloro che sono stati dichiarati falliti, fino alla chiusura del fallimento nei modi di legge, anche se intervenuta prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 80/2005);
b) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione;
c) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni per delitto non colposo;
d) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione;
e) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, titolo VI, capo II, del codice penale;
f) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali;
g) coloro che sono sottoposti ad una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) da ultimo modificata dalla legge 26 marzo 2001, n. 128 o nei cui confronti è stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia) da ultimo modificata dalla legge 11 agosto 2003, n. 228, ovvero sono sottoposti a misure di sicurezza.

2. Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 1, lettere c), d), e), f), permane per la durata di tre anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di tre anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.
3. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, non si applica il divieto di esercizio dell’attività.
4. In caso di società, associazioni o organismi collettivi, i requisiti di cui al comma 1 devono essere posseduti dal legale rappresentante, da altra persona preposta all’attività commerciale e da tutti i soggetti individuati dall’articolo 2, comma 3, del d.p.r. 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia).




1. L’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività commerciale alimentare è consentito a chi è in possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:
a) avere frequentato con esito positivo un corso di formazione professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare;
b) essere in possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado o di laurea aventi un indirizzo attinente alle materie dell’alimentazione o della somministrazione.

2. Ove l’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare sia svolta da società, associazioni o organismi collettivi, il possesso dei requisiti di cui al comma 1 è richiesto con riferimento al legale rappresentante o ad altra persona specificamente preposta all’attività commerciale.
3. Ai fini di cui al presente articolo, ai soggetti residenti in altre regioni sono riconosciuti i requisiti per l’esercizio dell’attività previsti dalla normativa della Regione di residenza.
4. La Giunta regionale con apposito atto definisce:
a) le modalità di organizzazione, la durata e le materie dei corsi professionali garantendone l’effettuazione anche tramite rapporti convenzionali con soggetti idonei. A tale fine, sono considerate in via prioritaria le CCIAA, le organizzazioni imprenditoriali del commercio più rappresentative e gli enti da queste costituiti;
b) le modalità di organizzazione, la durata e le materie di corsi di aggiornamento finalizzati ad elevare il livello professionale o riqualificare gli operatori in attività, prevedendo forme di incentivazione per la partecipazione ai corsi da parte degli operatori delle piccole e medie imprese del settore commerciale.

5. Sono fatti salvi i requisiti professionali posseduti prima dell’entrata in vigore della presente legge.



TITOLO II
Attivita' di commercio

CAPO I
Commercio in sede fissa

SEZIONE I
Commercio al dettaglio e all'ingrosso



1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella presente sezione si intendono per:
a) bacini commerciali, gli ambiti sovracomunali individuati dal regolamento di cui all’articolo 2, comma 1;
b) parcheggi, le aree di pertinenza dell’attività commerciale destinate alle soste dei veicoli ed individuate per ogni singola attività commerciale nel regolamento di cui all’articolo 2, comma 1;
c) commercio all’ingrosso, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti, all’ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali o ad altri utilizzatori in grande;
d) commercio al dettaglio, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale;
e) superficie di vendita di un esercizio commerciale, l’area destinata alla vendita, compresa quella occupata da banchi, scaffalature e simili, aree di esposizioni se aperte al pubblico. Non costituisce superficie di vendita quella destinata a magazzini, depositi, locali di lavorazione, uffici, servizi;
f) esercizi di vicinato, quelli aventi superficie di vendita:
1) non superiore a 150 metri quadrati nei Comuni con popolazione residente fino a diecimila abitanti;
2) non superiore a 250 metri quadrati nei Comuni con popolazione residente superiore a diecimila abitanti;
g) medie strutture di vendita, gli esercizi aventi superficie di vendita superiore a quella degli esercizi di vicinato nei limiti stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 2, comma 1;
h) grandi strutture di vendita, gli esercizi aventi superficie di vendita superiore a quella delle medie strutture, nei limiti stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 2, comma 1;
i) centro commerciale, una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi di commercio al dettaglio in esso presenti;
l) outlet, una attività commerciale professionale nel cui ambito si vendono merci del settore non alimentare, identificate da un unico marchio, che sono state prodotte almeno dodici mesi prima della vendita stessa o presentano lievi difetti non occulti di produzione;
m) centro di telefonia, phone center o internet point, l’esercizio aperto al pubblico che pone a disposizione dei clienti apparecchi telefonici o personal computer o altri strumenti telematici, utilizzati per fornire servizi telefonici, telematici, anche abbinato ad altre attività;
n) esercizio polifunzionale, l’esercizio in cui si svolgono congiuntamente, oltre all’attività commerciale della tipologia alimentare e non alimentare, la somministrazione di alimenti e bevande e altri servizi di particolare interesse per la collettività;
o) preposto, la persona in possesso dei requisiti professionali per non più di una società, associazione o organismo collettivo in cui il legale rappresentante non possiede i requisiti professionali.




1. La Giunta regionale, nel regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, per favorire lo sviluppo della rete commerciale nelle aree montane e rurali, per riqualificare la rete distributiva e rivitalizzare il tessuto economico, sociale e culturale nei centri storici, nonché per consentire una equilibrata e graduale evoluzione delle imprese esistenti nelle aree di particolare interesse del proprio territorio, prevede:
a) per centri storici, aree o edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale, l’attribuzione di maggiori poteri ai Comuni relativamente alla localizzazione e alla apertura degli esercizi di vendita, in particolare al fine di rendere compatibili i servizi commerciali con le funzioni territoriali in ordine alla viabilità, alla mobilità dei consumatori e all’arredo urbano, utilizzando anche specifiche misure di agevolazione tributaria e di sostegno finanziario;
b) per le aree di cui alla lettera a), ed, eventualmente, in altre aree di particolare interesse del proprio territorio, l’indicazione dei criteri in base ai quali i Comuni possono sospendere o inibire gli effetti della dichiarazione inizio attività all’apertura degli esercizi di vicinato o sottoporre le attività commerciali a particolari limitazioni, in relazione a programmi di qualificazione della rete commerciale finalizzati alla realizzazione di infrastrutture e servizi adeguati alle esigenze dei consumatori;
c) nelle zone montane, la facoltà, attraverso forme consortili tra Comuni e soggetti privati, di realizzare forme di aggregazione commerciali polifunzionali, anche a mezzo di concentrazione di attività commerciali già esistenti, con l’offerta di vari servizi di interesse per la collettività, prevedendo criteri di priorità per l’accesso ai contributi regionali.

2. La Giunta regionale con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, stabilisce in particolare:
a) le aree commerciali e i bacini omogenei di utenza;
b) le zone del territorio alle quali applicare i limiti massimi di superficie di vendita con riferimento al PTC;
c) la superficie di vendita massima delle medie e delle grandi strutture di vendita;
d) gli indirizzi relativi alle medie e grandi strutture di vendita, privilegiando la riqualificazione degli esercizi già operanti e le iniziative di operatori commerciali associati, tenendo conto della sostenibilità infrastrutturale, logistica e di mobilità relative a specifici ambiti territoriali ed evitando fenomeni di concentrazione di medie strutture di vendita che possano produrre impatti ambientali e territoriali equivalenti a quelli della grande distribuzione;
e) eventuali vincoli di trasferimento e accorpamenti di medie e grandi strutture di vendita per l’apertura di grandi strutture di vendita;
f) i parametri di parcheggio per la realizzazione delle medie, grandi strutture di vendita ed i centri commerciali;
g) gli elementi di qualità e di prestazione delle grandi strutture di vendita, con particolare riguardo all’inserimento all’interno delle stesse di sistemi informativi per la promozione delle produzioni tipiche, nonché della promozione della fruizione delle risorse ambientali e turistiche del territorio;
h) la realizzazione di spazi appositi ed esclusivi destinati alla vendita di prodotti agricoli regionali nelle grandi strutture di vendita;
i) i criteri e le modalità per l’apertura degli esercizi commerciali specializzati nella vendita esclusiva di merci ingombranti ed a consegna differita;
l) le modalità per l’attuazione della concertazione locale prevista nella presente legge;
m) le norme sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alle medie e grandi strutture di vendita;
n) i criteri per il rilascio dell’autorizzazione per le attività di cui al presente titolo.




1. Il commercio all’ingrosso, ivi compreso quello relativo ai prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici, è esercitato previa verifica dei requisiti urbanistici e di destinazione d’uso, nonché dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9, effettuata dalla CCIAA competente al momento dell’iscrizione al registro delle imprese. Tale iscrizione costituisce titolo abilitante all’esercizio dell’attività.
2. È vietato l’esercizio congiunto nello stesso locale dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio.
3. Il divieto di cui al comma 2 non si applica per la vendita dei seguenti prodotti:
a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato;
b) materiale elettrico;
c) colori e vernici, carte da parati;
d) ferramenta ed utensileria;
e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici;
f) articoli per riscaldamento;
g) strumenti scientifici e di misura;
h) macchine per ufficio;
i) auto, moto, cicli e relativi accessori e parti di ricambio;
l) combustibili;
m) materiali per l’edilizia;
n) legnami.

4. La perdita dei requisiti di cui al comma 1 comporta la cancellazione dal registro delle imprese a cura della CCIAA.




1. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie di vendita e la modifica di settore merceologico di un esercizio di vicinato sono soggetti a dichiarazione di inizio di attività (DIA) da presentare, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), al Comune competente per territorio.
2. Alla DIA deve essere allegata apposita planimetria che individui i locali e le aree in cui si intende esercitare l’attività di vendita.
3. Il Comune provvede a comunicare alla CCIAA le variazioni mensili pervenute dai soggetti interessati.
4. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione al Comune e alla CCIAA territorialmente competenti.
5. L’attività di vendita è esercitata nel rispetto delle vigenti norme in materia igienico - sanitaria, dei regolamenti edilizi e delle norme urbanistiche e di sicurezza e di destinazioni d’uso dei locali.
6. Negli esercizi di vicinato abilitati alla vendita dei prodotti alimentari è consentito il consumo immediato dei medesimi prodotti, a condizione che siano esclusi il servizio di somministrazione e le attrezzature ad esso direttamente finalizzate. E’ consentita la dotazione di soli piani di appoggio.
7. Ai fini di cui al comma 6 per i locali dell’esercizio si intendono i locali e le aree individuate nella planimetria allegata alla DIA di cui al comma 2.
8. Il Comune dispone la chiusura di un esercizio di vicinato:
a) qualora vengano meno i requisiti di cui agli articoli 8 e 9;
b) qualora l’attività sia sospesa per un periodo superiore a quello di cui all’articolo 58, indipendentemente da intervenuti trasferimenti di titolarità;
c) qualora non siano osservati i provvedimenti di sospensione dell’attività;
d) qualora vengano commesse gravi e reiterate violazioni delle disposizioni contenute nella presente legge. La reiterazione si verifica qualora la stessa violazione sia stata commessa per due volte in un periodo di dodici mesi, anche se si è proceduto al pagamento in misura ridotta della sanzione.




1. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie di vendita e la modifica di settore merceologico di una media struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune competente per territorio.
2. Il Comune, sulla base di quanto stabilito nel regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, definisce le condizioni, le procedure ed i criteri per il rilascio delle autorizzazioni di cui al comma 1, previa concertazione con le organizzazioni imprenditoriali del commercio, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative, nonché con le altre parti sociali interessate individuate dal Comune medesimo.
3. Il Comune stabilisce il termine, comunque non superiore ai novanta giorni dalla data di ricevimento, entro il quale le domande di autorizzazione devono ritenersi accolte qualora non venga comunicato il provvedimento di diniego, nonché stabilisce la correlazione dei procedimenti di rilascio del permesso di costruire inerente l’immobile e dell’autorizzazione di cui al comma 1.
4. L’attività di vendita è esercitata nel rispetto delle vigenti norme in materia igienico-sanitaria, dei regolamenti edilizi, delle norme urbanistiche e di sicurezza nonché di quelle relative alle destinazioni d’uso dei locali.
5. L’autorizzazione di cui al comma 1 decade:
a) qualora vengano meno i requisiti di cui agli articoli 8 e 9;
b) qualora, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, l’attività non sia iniziata entro un anno dalla data del rilascio;
c) qualora l’attività sia sospesa per un periodo superiore a quello di cui all’articolo 58, indipendentemente da intervenuti trasferimenti di titolarità;
d) qualora non siano osservati i provvedimenti di sospensione.




1. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie e la modifica di settore merceologico di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune competente per territorio secondo le procedure previste nel presente articolo.
2. La domanda di rilascio dell’autorizzazione è esaminata da una conferenza di servizi indetta dal Comune e composta da un rappresentante della Regione, un rappresentante della Provincia e un rappresentante del Comune.
3. La conferenza di servizi di cui al comma 2 decide in base alla conformità dell’insediamento al regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, nonché agli strumenti urbanistici vigenti e al rispetto del PTC di cui all’articolo 3, comma 1.
4. Alle riunioni della conferenza di servizi, svolte in seduta pubblica, partecipano a titolo consultivo rappresentanti dei Comuni contermini, delle organizzazioni imprenditoriali del commercio, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle associazioni dei consumatori e delle altre parti sociali interessate individuate dal Comune, maggiormente rappresentative in relazione al bacino d’utenza interessato dall’insediamento. Ove il bacino d’utenza riguardi anche parte del territorio di altra regione confinante, la conferenza di servizi richiede alla stessa un parere non vincolante.
5. Le deliberazioni della conferenza sono adottate a maggioranza dei componenti entro novanta giorni dallo svolgimento della prima riunione. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della Regione.
6. La domanda si intende accolta qualora, entro centoventi giorni dalla data della prima riunione della conferenza di servizi, non sia stato comunicato al richiedente il provvedimento di diniego.
7. In caso di parere positivo della conferenza di servizi, il Comune provvede al rilascio dell’autorizzazione entro trenta giorni dallo svolgimento della conferenza stessa; entro lo stesso termine, in caso di parere negativo, il comune provvede a comunicare al richiedente il motivato diniego. La domanda si intende accolta qualora, decorsi trenta giorni dal parere positivo espresso dalla conferenza di servizi, il Comune non abbia provveduto al rilascio dell’autorizzazione.
8. Il Comune definisce la correlazione dei procedimenti di rilascio del permesso di costruire inerente l’immobile e dell’autorizzazione di cui al comma 1.
9. L’attività di vendita è esercitata nel rispetto delle vigenti norme in materia igienico-sanitaria, di edilizia, di urbanistica, di sicurezza e di destinazione d’uso dei locali.
10. L’autorizzazione di cui al comma 1 decade:
a) qualora vengono meno i requisiti di cui agli articoli 8 e 9;
b) qualora, salvo proroga in caso di comprovata necessità e su motivata istanza, l’attività non sia iniziata entro due anni dalla data del rilascio;
c) qualora l’attività sia sospesa per un periodo superiore a quello di cui all’articolo 58, indipendentemente da intervenuti trasferimenti di titolarità;
d) qualora non siano osservati i provvedimenti di sospensione.




1. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento della superficie e la modifica del settore merceologico di un centro commerciale sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune competente per territorio, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 14 e 15 in relazione alle dimensioni complessive della struttura.
2. La domanda di autorizzazione può essere presentata da un unico promotore o da singoli esercenti, anche mediante un rappresentante degli stessi.
3. Le medie e le grandi strutture di vendita presenti all’interno del centro commerciale sono autorizzate con autonomi atti contestuali o successivi; gli esercizi di vicinato sono soggetti alla DIA di cui all’articolo 13.
4. L’intestazione dell’autorizzazione ad altro soggetto, diverso dal promotore originario, non configura subingresso.
5. Il Comune regola uniformemente gli orari delle attività presenti all’interno del centro commerciale.




1. La denominazione di outlet di cui all’articolo 10, comma 1, lettera l), può essere impiegata nelle insegne, nelle ditte, nei marchi e nella pubblicità riferita all’attività commerciale.
2. E’ vietato porre in vendita negli outlet merci diverse da quelle identificate dall’unico marchio.
3. I soggetti titolari di outlet sono tenuti a rispettare le norme inerenti le vendite straordinarie e promozionali.
4. Gli outlet possono assumere la forma di esercizio di vicinato, media struttura di vendita, grande struttura di vendita, centro commerciale.
5. Ferma restando l’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di pubblicità ingannevole, l’uso della denominazione di outlet in violazione del presente articolo è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000,00 a euro 30.000,00. In caso di violazione grave o di recidiva, il Comune ove ha sede l’esercizio dispone la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non inferiore a cinque giorni e non superiore a trenta giorni.
6. Le imprese commerciali esistenti che utilizzano la denominazione di outlet in difformità da quanto previsto dalla presente legge, devono adeguarsi entro sei mesi dalla sua entrata in vigore.




1. Fermo restando quanto previsto dal d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche), l’apertura, il trasferimento di sede, nonché l’ampliamento della superficie di centri di telefonia e servizi internet in sede fissa, sono soggetti a comunicazione al Comune competente per territorio.
2. L’attività è esercitata nel rispetto delle vigenti norme in materia igienico - sanitaria, dei regolamenti edilizi e delle norme urbanistiche, di sicurezza e di destinazione d’uso dei locali.
3. Le attività commerciali o di somministrazione di alimenti e bevande, svolte congiuntamente nei centri di cui al comma 1 sono soggette alle disposizioni rispettivamente previste dalla presente legge per le medesime attività.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano agli esercizi commerciali o di somministrazione di alimenti e bevande che mettono a disposizione della clientela un solo terminale di rete, nonché alle biblioteche, alle mediateche, alle scuole, alle strutture ricettive e alle tabaccherie.
5. Sono fatte salve le disposizioni contenute nel decreto legge 27 luglio 2005, n. 144 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale) convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 155.




1. Nei Comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti e nei centri e nuclei abitati con popolazione inferiore a 500 abitanti di tutti i Comuni, è possibile svolgere congiuntamente in un solo esercizio, oltre all’attività commerciale della tipologia alimentare e non alimentare, la somministrazione di alimenti e bevande e altri servizi di particolare interesse per la collettività, anche in convenzione con soggetti pubblici e privati e in deroga alle disposizioni di cui alla presente legge riferite a ciascuna delle tipologie commerciali interessate.
2. Gli esercizi polifunzionali devono garantire orari settimanali e periodi di apertura minimi da stabilire in accordo con il Comune.
3. I Comuni possono concedere, con convenzione, l’uso di immobili ad aziende commerciali che ne facciano richiesta per l’attivazione di esercizi polifunzionali.
4. I Comuni possono stabilire particolari agevolazioni a favore degli esercizi polifunzionali.
5. Gli esercizi polifunzionali, nonché gli esercizi commerciali di cui agli articoli 13, 14, 15 e 16 che effettuano attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione ai sensi dell’articolo 5 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, inviano copia della comunicazione di cui al comma 1 dell’articolo 5 del d.l. 223/2006 medesimo anche al Comune e all’Azienda sanitaria unica regionale (ASUR).

SEZIONE II
Forme speciali di vendita al dettaglio



1. Sono considerate forme speciali di vendita al dettaglio:
a)  gli spacci interni;
b)  la vendita per mezzo di apparecchi automatici;
c)  la vendita per corrispondenza o tramite televisione, internet o altri sistemi di comunicazione;
d)  la vendita presso il domicilio dei consumatori.



1. L’attività di commercio al dettaglio di prodotti a favore di dipendenti da enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi, deve essere svolta in locali non aperti al pubblico e che non abbiano accesso dalla pubblica via.
2. Nella DIA di cui all’articolo 13 deve essere dichiarata, in particolare, la sussistenza dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9 della persona preposta alla gestione dello spaccio, il rispetto delle normative  in materia igienico-sanitaria, di sicurezza alimentare e sicurezza  dei locali, il settore merceologico, l’ubicazione e la superficie di vendita.



1. L’attività di commercio al dettaglio mediante distributori automatici è soggetta alla DIA di cui all’articolo 13, nella quale deve essere dichiarata  la sussistenza dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9, il settore merceologico, l’ubicazione, nonché l’osservanza delle norme sull’occupazione del suolo pubblico nel caso in cui l’apparecchio automatico viene installato sulle aree pubbliche.
2. L’attività di commercio al dettaglio mediante distributori automatici effettuata in apposito locale ad essa adibito in modo esclusivo è soggetta alle disposizioni concernenti l’apertura di un esercizio di vendita, fatto salvo quanto stabilito agli articoli 63 e 64 per la somministrazione di alimenti e bevande mediante distributori.
3. E’ vietata la vendita mediante distributori automatici di bevande alcoliche.


1. Per l’esercizio della vendita al dettaglio per corrispondenza, tramite televisione, internet o altri sistemi di comunicazione, la DIA di cui all’articolo 13 è presentata al Comune nel quale l’esercente ha la residenza o la sede legale con l’indicazione della sussistenza dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9 e del settore merceologico interessato.
2. E’ vietato l’invio di prodotti al consumatore, se non a seguito di specifica richiesta, salvo che si tratti di campioni ovvero di omaggi senza spese o vincoli per il consumatore.
3. Sono vietate le operazioni di vendita all’asta realizzate per mezzo della televisione o di altri sistemi di comunicazione.
4. In caso di vendita tramite televisione l’emittente televisiva deve accertare, prima della messa in onda, l’avvenuta dichiarazione d’inizio attività dell’esercente.
5. Durante la trasmissione devono essere indicati il nome e la denominazione o la ragione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese ed il numero della partita IVA.
6. Sono fatte salve le disposizioni comunitarie e statali in materia di commercio elettronico.


1. Per l’esercizio dell’attività di vendita al dettaglio e di raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori la DIA di cui all’articolo 13 è presentata al Comune nel quale l’esercente ha la residenza o la sede legale con l’indicazione della sussistenza dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9 e del settore merceologico interessato.
2. Durante le operazioni di vendita e di raccolta di ordinativi di acquisto l’esercente deve esporre in modo ben visibile un tesserino di riconoscimento contenente:
a)  le generalità e la fotografia dell’esercente;
b)  l’indicazione a stampa della sede e dei prodotti oggetto dell’attività dell’impresa, nonché del nome del responsabile dell’impresa stessa;
c)  la firma del responsabile dell’impresa.

3. L’attività può essere svolta anche mediante persone incaricate in possesso dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9. In tal caso, l’esercente comunica, entro trenta giorni, l’elenco delle persone incaricate all’autorità di pubblica sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede legale e risponde agli effetti civili dell’attività delle persone medesime.
4. L’esercente rilascia agli incaricati un tesserino di riconoscimento, che deve essere ritirato non appena gli stessi perdano i requisiti di cui agli articoli 8 e 9. Il tesserino contenente quanto indicato al comma 2 deve essere numerato ed esposto in modo ben visibile durante le operazioni di vendita e di raccolta degli ordinativi di acquisto.
SEZIONE III
Stampa quotidiana e periodica



1. Il sistema di vendita della stampa quotidiana e periodica si articola in punti vendita esclusivi e non esclusivi soggetti alla DIA di cui all’articolo 28.
2. Le disposizioni della presente sezione si applicano anche alla stampa estera posta in vendita  sul territorio regionale.


1. I punti vendita esclusivi sono gli esercizi adibiti alla vendita generale di quotidiani e periodici. Essi assicurano parità di trattamento tra le diverse testate. Rientrano tra i punti vendita esclusivi gli esercizi già autorizzati alla vendita di quotidiani e periodici in aggiunta o meno ad altre merci, ai sensi dell’articolo 14 della legge 5 agosto 1981, n. 416 (Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria).
2. I punti vendita esclusivi possono destinare una parte della superficie dell’esercizio alla vendita di prodotti appartenenti al settore merceologico non alimentare a condizione che l’esercizio medesimo abbia una superficie di vendita inferiore o uguale a quella di un esercizio di vicinato di cui all’articolo 10, comma 1, lettera f), e che la superficie destinata alla vendita dei prodotti appartenenti al settore non alimentare non sia superiore al 30 per cento della superficie totale di vendita.
3. Fatto salvo quanto previsto al comma 2, la vendita di quotidiani e periodici effettuata da un punto vendita esclusivo deve avere il carattere prevalente rispetto alla restante attività commerciale.


1. I punti vendita non esclusivi sono gli esercizi adibiti, in aggiunta ad altre merci, alla vendita di soli quotidiani, di soli periodici o di entrambe le tipologie di prodotti editoriali.
2. L’esercizio di un punto vendita non esclusivo è svolto nell’ambito degli stessi locali nelle seguenti attività:
a)  rivendite di generi di monopolio;
b)  impianti di distribuzione di carburanti;
c)  esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande;
d)  medie strutture di vendita, con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 700;
e)  grandi strutture di vendita;
f)   esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti editoriali equiparati, con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 120;
g)  esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento ai periodici di identica specializzazione.

3. La vendita della stampa negli esercizi di cui al comma 2 è legata e complementare all’attività primaria.
 4. La vendita della stampa non può essere fisicamente disgiunta dall’attività di vendita primaria.
 5. I punti  vendita non esclusivi assicurano parità di trattamento nell’ambito della tipologia di prodotto editoriale prescelta, ossia dei soli quotidiani, dei soli periodici o di entrambe  le  tipologie.


1. L’apertura, il trasferimento e l’ampliamento di un esercizio di vendita della stampa quotidiana e periodica, anche a carattere stagionale,  sono soggetti a DIA inviata al Comune competente per territorio.
2. Il Comune sulla base del regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, e previa concertazione con le organizzazioni imprenditoriali del commercio, turismo e servizi e le organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore maggiormente rappresentative a livello regionale, definisce i criteri e le modalità per l’apertura, il trasferimento e l’ampliamento dell’esercizio.

3. Ai soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 8 è consentita la vendita di prodotti da banco preconfezionati quali caramelle, confetti, cioccolatini, gomme da masticare e simili, senza il possesso dei requisiti di cui all’articolo 9.
4. Sono soggette a comunicazione da presentare al Comune competente per territorio:
a)  la vendita, nelle sedi di partiti, enti, chiese, comunità religiose, sindacati, associazioni, di pertinenti pubblicazioni specializzate;
b)  la vendita in forma ambulante di quotidiani di partito, sindacali e religiosi che ricorrano all’opera di volontari a scopo di propaganda politica, sindacale e religiosa;
c)  la vendita nelle sedi di società editrici e delle loro redazioni distaccate, dei giornali da esse editi;
d)  la vendita di pubblicazioni specializzate non distribuite nei punti vendita di cui al presente capo;
e)  la consegna porta a porta e la vendita in forma ambulante da parte degli editori, distributori ed edicolanti;
f)   la vendita di giornali e riviste nelle strutture turistico ricettive, ove questa costituisca un servizio ai clienti;
g)  la vendita di giornali e riviste all’interno di strutture pubbliche o private, l’accesso alle quali sia riservato esclusivamente a determinate categorie di soggetti e sia regolamentato con qualsiasi modalità.

5. L’esercizio per la vendita della stampa quotidiana e periodica cessa qualora:
a)  vengano meno i requisiti di cui all’articolo 8;
b)  non vengano rispettati i limiti di cui al comma 2 dell’articolo 26;
c)  l’attività sia sospesa per un periodo superiore a quello di cui all’articolo 58, indipendentemente da  intervenuti trasferimenti di titolarità;
d)  qualora non siano osservati i provvedimenti di sospensione.

6. I Comuni determinano gli orari di apertura e di chiusura al pubblico dei punti di vendita esclusivi di quotidiani e periodici, previa consultazione e confronto con le associazioni degli editori e dei distributori, le organizzazioni sindacali dei rivenditori, le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale. I punti vendita non esclusivi di quotidiani e periodici osservano l’orario previsto per l’attività prevalente.
SEZIONE IV
Vendite straordinarie e promozionali



1. Le vendite straordinarie, con le quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti sono:
a) le vendite di liquidazione
b) le vendite di fine stagione.

2. Le vendite  di cui al comma 1 devono essere presentate al pubblico con adeguati cartelli che ne indicano l’esatta tipologia ed il periodo di svolgimento.
3. Le merci in vendita debbono essere esposte con l’indicazione del prezzo praticato prima della vendita di liquidazione o di fine stagione e del nuovo prezzo con relativo sconto o ribasso effettuato espresso in percentuale.
4. Nel caso che per una stessa voce merceologica si pratichino prezzi di vendita diversi a seconda della varietà degli articoli che rientrano in tale voce, nella pubblicità deve essere indicato il prezzo più alto e quello più basso con lo stesso rilievo tipografico.
5. Nel caso in cui sia indicato un solo prezzo tutti gli articoli che rientrano nella voce reclamizzata devono essere venduti a tale prezzo.
6. I prezzi pubblicizzati devono essere praticati nei confronti di qualsiasi compratore, senza limitazioni di quantità e senza abbinamento di vendite, fino all’esaurimento delle scorte.
7. E’ vietata la vendita con il sistema del pubblico incanto.
8. E’ vietato nella presentazione della vendita straordinaria o nella pubblicità, comunque configurata, il riferimento alle vendite fallimentari.
9. L’esercente dettagliante deve essere in grado di dimostrare la veridicità di qualsiasi asserzione pubblicitaria relativa sia alla composizione merceologica ed alla qualità delle merci vendute, sia agli sconti o ribassi dichiarati.


1. Le vendite di liquidazione sono effettuate dall’esercente al fine di esitare in breve tempo tutte le merci o gran parte di esse, a seguito di cessazione dell’attività commerciale, cessione dell’azienda o dell’unità locale, trasferimento dell’azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali, per un periodo non eccedente le tredici settimane.
2. Durante il periodo delle vendite di liquidazione è possibile mettere in vendita solo le merci già presenti nei locali di pertinenza del punto vendita ed indicate nell’inventario presentato al Comune.
3. L’interessato dà comunicazione al Comune dell’inizio della vendita di liquidazione almeno quindici giorni prima dell’inizio, specificando i motivi, la data di inizio, la durata e l’inventario delle merci poste in liquidazione.
4. Dopo la conclusione delle vendite il Comune verifica la realizzazione di quanto dichiarato dall’interessato e in caso di cessazione di attività provvede d’ufficio all’ordine di chiusura dell’esercizio.
5. Nei casi di trasformazione o rinnovo dei locali, al termine del periodo di vendita di liquidazione, è obbligatoria la chiusura dell’esercizio per un periodo di quindici giorni.
6. Nell’ipotesi di cessazione dell’attività, l’esercente non può richiedere l’apertura per la medesima attività nello stesso locale, se non sono decorsi centottanta giorni dalla data della cessazione medesima.
7. E’ vietato effettuare vendite di liquidazione nei trenta giorni antecedenti il periodo di vendite di fine stagione, fatto salvo il caso di cessione o cessazione dell’attività commerciale e trasferimento di sede.


1. Per vendite di fine stagione si intendono forme di vendita che riguardano i prodotti di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo.
2. Il periodo e le modalità delle vendite di fine stagione sono stabiliti dalla Giunta regionale, sentite le organizzazioni delle imprese del commercio e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale.
3. Durante la vendita di fine stagione è fatto divieto di rifornimento di ulteriori merci sia acquistate che in conto deposito destinate a tale vendita straordinaria.


1. Le vendite promozionali sono quelle effettuate dall’esercente dettagliante applicando sconti, reali ed effettivi, sui normali prezzi praticati, dandone informazione al consumatore tramite l’utilizzo di qualsiasi mezzo pubblicitario, ivi compresa la cartellonistica apposta in vetrina.
2. Durante le vendite promozionali i prodotti a prezzo scontato devono essere tenuti separati da quelli posti in vendita a prezzo normale.
3. La pubblicità relativa alle vendite promozionali deve essere presentata in modo non ingannevole per il consumatore e deve contenere la data di comunicazione al Comune e la durata della vendita.
4. E’ vietato effettuare le vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti alle vendite di fine stagione, limitatamente agli articoli di vestiario confezionati, compresi quelli di maglieria esterna, camiceria, accessori di abbigliamento, biancheria intima, nonché abbigliamento ed articoli sportivi, calzature ed articoli in pelle e cuoio, borsetteria, valigeria ed accessori, articoli tessili, mobili ed articoli per l’arredamento.
5. Non rientra nelle vendite promozionali la vendita di prodotti a prezzi scontati effettuata all’interno dell’esercizio commerciale senza alcuna forma pubblicitaria esterna. Si intende per pubblicità esterna anche quella effettuata in vetrina, in qualsiasi forma, ivi compresi i cartellini con l’indicazione del doppio prezzo apposti sulla singola merce esposta.
6. Il comma 2 non si applica al settore alimentare.
CAPO II
Commercio su aree pubbliche



1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nel presente capo si intendono per:
a) commercio su aree pubbliche, le attività di vendita di merci al dettaglio e di somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o su aree private delle quali il Comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte;
b) aree pubbliche, le strade, le piazze, i canali, comprese quelle di proprietà privata gravate da servitù di pubblico passaggio ed ogni altra area di qualunque natura destinata ad uso pubblico;
c) mercato, l’area pubblica o privata di cui il Comune abbia la disponibilità, composta da più posteggi, attrezzata o meno e destinata all’esercizio dell’attività commerciale, nei giorni stabiliti dal Comune, per l’offerta di merci al dettaglio, per la somministrazione di alimenti e bevande e l’erogazione di pubblici servizi;
d) mercato ordinario, il mercato in cui non vi è alcuna limitazione merceologica se non in relazione ai settori merceologici alimentari e non alimentari;
e) mercato specializzato, il mercato in cui il 90 per cento dei posteggi e delle merceologie offerte sono del medesimo genere o affini e il 10 per cento sono merceologie di servizio al mercato stesso;
f) mercato stagionale, il mercato di durata non inferiore ad un mese e non superiore a sei mesi;
g) mercato straordinario, il mercato che si svolge in un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, nel periodo natalizio, pasquale ed estivo, o collegato ad altri eventi particolari;
h) mercato dell’usato, dell’antiquariato e del collezionismo non avente valore storico-artistico, il mercato che si svolge anche nei giorni domenicali o festivi sul suolo pubblico o privato in convenzione con il Comune, avente in particolare come specializzazioni merceologiche esclusive o prevalenti: l’antiquariato, l’oggettistica antica, le cose vecchie anche usate, i fumetti, i libri, le stampe, gli oggetti da collezione e simili;
i) mercatini degli hobbisti, i mercati e le fiere e le altre manifestazioni comunque denominate sulle aree pubbliche, o sulle aree private delle quali il Comune abbia la disponibilità;
l) mercato riservato ai produttori agricoli, mercato riservato all’esercizio della vendita diretta da parte dei produttori agricoli di cui all’articolo 1, comma 1065, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2007);
m) posteggio, la parte di area pubblica o privata di cui il Comune abbia la disponibilità, che viene data in concessione all’operatore autorizzato all’esercizio dell’attività;
n) posteggio isolato, uno o più posteggi dati in concessione su area pubblica ubicati in zone non individuabili come mercati;
o) fiera, la manifestazione caratterizzata dall’afflusso, nei giorni stabiliti, sulle aree pubbliche o private delle quali il Comune abbia la disponibilità, di operatori autorizzati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, in occasione di particolari ricorrenze, eventi o festività;
p) fiera specializzata, la manifestazione dove per il 90 per cento dei posteggi, le merceologie offerte sono del medesimo genere o affini e per il 10 per cento sono merceologie di servizio alla fiera stessa;
q) mercato o fiera del commercio equo e solidale, quelli riservati a coloro che sono iscritti nel registro di cui alla l.r. 8/2008;
r) manifestazione commerciale a carattere straordinario, la manifestazione finalizzata alla promozione del territorio o di determinate specializzazioni merceologiche, all’integrazione tra operatori comunitari ed extracomunitari, alla conoscenza delle produzioni etniche e allo sviluppo del commercio equo e solidale, nonché alla valorizzazione di iniziative di animazione, culturali e sportive;
s) fiera promozionale, la manifestazione commerciale indetta al fine di promuovere o valorizzare i centri storici, specifiche aree urbane, centri o aree rurali, nonché attività culturali, economiche e sociali o particolari tipologie merceologiche o produttive;
t) spunta in un mercato o in una fiera, l’appello per l’assegnazione dei posteggi liberi;
u) presenze effettive in un mercato o in una fiera, il numero di volte che l’operatore ha effettivamente esercitato l’attività;
v) presenze di spunta in un mercato o in una fiera, il numero di volte che l’operatore si è presentato senza aver avuto la possibilità di svolgere l’attività.




1. Le disposizioni di cui al presente capo si applicano anche:
a) alle imprese che intendano esercitare il commercio dei loro prodotti su aree pubbliche;
b) ai soggetti che intendano vendere o esporre per la vendita al dettaglio sulle aree previste dalla legge oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico di cui al d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137).

2. Oltre ai soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, le disposizioni di cui al presente capo non si applicano in particolare:
a) a coloro che esercitano esclusivamente la vendita a domicilio ai sensi della normativa vigente;
b) ai produttori agricoli che esercitano la vendita sulle aree pubbliche al di fuori dei mercati riservati di cui all’articolo 33, comma 1, lettera l), salvo che per le disposizioni relative alle concessioni di posteggi ed alle soste per l’esercizio delle attività in forma itinerante.




1. Il Comune, sentite le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio, adotta il regolamento dei mercati e delle fiere che contiene in particolare:
a) la tipologia del mercato o della fiera, specificando i giorni di svolgimento e il numero dei posteggi;
b) la localizzazione e l’articolazione del mercato, compresa l’eventuale sua suddivisione in zone distinte riservate al commercio di generi alimentari;
c) le modalità di accesso degli operatori e la sistemazione delle attrezzature di vendita;
d) la regolazione della circolazione pedonale e veicolare;
e) le modalità di assegnazione dei posteggi occasionalmente liberi o comunque non assegnati;
f) le modalità di registrazione delle presenze e delle assenze degli operatori;
g) le modalità di assegnazione dei posteggi a seguito di ristrutturazione o spostamento del mercato;
h) le modalità e i divieti da osservarsi nell’esercizio dell’attività di vendita;
i) le ipotesi di decadenza e di revoca delle concessioni di posteggio;
l) le norme igienico-sanitarie da osservarsi per la vendita dei prodotti alimentari, nel rispetto delle disposizioni di legge;
m) le sanzioni da applicarsi nell’ipotesi di violazione dei regolamenti comunali e delle norme della presente legge;
n) le modalità di esercizio della vigilanza;
o) i posteggi riservati ai produttori agricoli, agli artigiani, ai mestieranti, alle associazioni senza scopo di lucro, nonché ai soggetti iscritti nel registro di cui alla l.r. 8/2008;
p) le modalità di svolgimento della fiera e del mercato in caso di coincidenza delle due manifestazioni.

2. I Comuni aggiungono posteggi riservati ai soggetti svantaggiati e in percentuale non superiore al 10 per cento del numero complessivo.




1. La soppressione ed il trasferimento del mercato o della fiera, la modifica della dislocazione dei posteggi, la diminuzione o l’aumento del numero dei posteggi e lo spostamento della data di svolgimento del mercato o della fiera sono disposti dal Comune, sentite le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio maggiormente rappresentative a livello regionale.
2. Il trasferimento del mercato o della fiera temporaneo o definitivo in altra sede o altro giorno è disposta dal Comune per:
a) motivi di pubblico interesse;
b) cause di forza maggiore;
c) limitazioni e vincoli imposti da motivi di viabilità, di traffico o igienico-sanitari.

3. Qualora si proceda al trasferimento del mercato o della fiera di cui all’articolo 39, comma 9, in altra sede, il Comune per la riassegnazione dei posteggi agli operatori già titolari di concessioni tiene conto dei seguenti criteri:
a) anzianità di presenza su base annua. Nel caso di subentro, si considerano le presenze del cedente;
b) anzianità di inizio dell’attività di commercio su aree pubbliche. In caso di acquisto di azienda, si considera la data di inizio dell’attività da parte dell’acquirente. In caso di affitto o di affidamento della gestione si considera la data di inizio dell’attività da parte del titolare. In fase di subentro nell’attività, per causa di morte o atto tra vivi, tra familiari si considera la data di inizio di attività del dante causa;
c) dimensioni e caratteristiche dei posteggi disponibili, in relazione alle merceologie, alimentari o non alimentari, o al tipo di attrezzatura di vendita.

4. Nel caso di trasferimento parziale del mercato o della fiera relativamente ai posteggi di cui all’articolo 39, comma 9, e fino ad un massimo del 40 per cento dei posteggi, il Comune individua ulteriori aree da destinare ai soggetti che operano nella zona oggetto di trasferimento. La riassegnazione dei posteggi è effettuata tenendo conto dei criteri di cui al comma 3.




1. La Giunta regionale predispone il calendario regionale ufficiale dei mercati e delle fiere su aree pubbliche. Il calendario, pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione entro il 30 dicembre di ogni anno, elenca, in ordine cronologico e per Comune, i mercati e le fiere con le seguenti indicazioni:
a) luogo in cui si svolge la manifestazione;
b) denominazione;
c) data di svolgimento;
d) settori merceologici;
e) orario di apertura;
f) numero complessivo di posteggi.

2. Entro il 30 giugno di ogni anno i Comuni inviano alla struttura regionale competente la situazione relativa ai loro mercati e fiere con l’indicazione della denominazione, della localizzazione, dell’ampiezza delle aree, del numero dei posteggi, della durata di svolgimento, dell’orario di apertura e chiusura e, nell’ipotesi di mercati, anche del nominativo dell’assegnatario del posteggio.
3. Al fine dell’aggiornamento, i Comuni inviano alla struttura regionale competente, entro trenta giorni, i dati relativi al rilascio di nuove autorizzazioni, subingressi, cessazioni e decadenze.




1. L’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche è subordinato al possesso dei requisiti per l’esercizio dell’attività commerciale di cui agli articoli 8 e 9, al rilascio dell’autorizzazione di cui agli articoli 41 e 42 e può essere svolto:
a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;
b) in forma itinerante.

2. Possono essere titolari di autorizzazione al commercio su aree pubbliche le persone fisiche e le società di persone e di capitali.
3. L’autorizzazione rilasciata dal Comune abilita sia alla vendita che alla somministrazione di prodotti alimentari sempre che il titolare sia in possesso dei requisiti richiesti per l’esercizio di tale attività.
4. L’autorizzazione deve essere esibita ad ogni richiesta degli organi di vigilanza.
5. L’esercizio del commercio sulle aree pubbliche dei prodotti alimentari è soggetto alle norme comunitarie e statali che tutelano le esigenze igienico-sanitarie.
6. Il Comune individua le zone aventi valore archeologico, storico, artistico e ambientale nelle quali l’esercizio del commercio su aree pubbliche è vietato o sottoposto a condizioni particolari ai fini della salvaguardia delle zone predette. Possono essere stabiliti divieti e limitazioni all’esercizio anche per motivi di viabilità, di carattere igienico-sanitario o per altri motivi di pubblico interesse.
7. E’ vietato porre limitazioni e divieti per l’esercizio dell’attività disciplinata dal presente capo al fine di creare zone di rispetto a tutela della posizione di operatori in sede fissa.
8. L’esercizio del commercio disciplinato dal presente capo nelle aree demaniali marittime è soggetto al nulla osta da parte delle competenti autorità che stabiliscono modalità, condizioni, limiti e divieti per l’accesso alle aree predette.
9. Senza permesso del soggetto proprietario o gestore è vietato il commercio negli aeroporti, nelle stazioni e nelle autostrade.
10. L’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche, sia su posteggio che in forma itinerante, è consentito su delega ai collaboratori familiari di cui all’articolo 230 bis del codice civile, ai lavoratori dipendenti anche con contratto di lavoro interinale, all’associato in partecipazione di cui agli articoli 2549 e 2554 del codice civile, nonché a tutti i soggetti previsti dalla legislazione statale in materia di lavoro. Nel caso di società di persone regolarmente costituita, i soci possono svolgere l’attività purché il loro nominativo sia indicato nell’autorizzazione o nella domanda di autorizzazione o di integrazione della stessa. Ai fini della vigilanza sui mercati e sulle fiere, qualora il delegato non sia indicato nell’autorizzazione stessa, è sufficiente la presentazione di copia della comunicazione inoltrata al Comune interessato.
11. In occasione di particolari eventi o riunioni di persone, il Comune può rilasciare anche a coloro che non siano già titolari di autorizzazione all’esercizio del commercio su aree pubbliche, nei limiti dei posteggi appositamente previsti, concessioni od autorizzazioni temporanee valide per i giorni di svolgimento dei predetti eventi e riunioni.
12. I Comuni procedono al rilascio della nuova autorizzazione per conversione e per subentro agli operatori marchigiani in possesso di titolo autorizzatorio rilasciato da altra Regione la cui normativa regionale non preveda la conversione e il subentro ad operatori non residenti. Le modalità operative per il rilascio della nuova autorizzazione sono predisposte dalla Giunta regionale.
13. Non possono esercitare l’attività di commercio su aree pubbliche nel territorio regionale coloro che non sono titolari di autorizzazione rilasciata ai sensi della legge 28 marzo 1991, n. 112 (Norme in materia di commercio su aree pubbliche).
14. I soggetti che esercitano il commercio sulle aree pubbliche sono sottoposti alle medesime disposizioni che riguardano gli altri commercianti al dettaglio, purché non contrastino con le specifiche disposizioni del presente capo.
15. Sono fatti salvi i diritti acquisiti alla data di entrata in vigore della presente legge.




1. Le aree destinate alle fiere sono determinate dal Comune, sentite le organizzazioni delle imprese del commercio e dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale, e sono riservate ai titolari delle autorizzazioni previste dalla vigente normativa.
2. I posteggi nelle fiere sono assegnati in base ai seguenti criteri di priorità:
a) maggior numero di presenze effettive nella fiera riferite ad una specifica autorizzazione amministrativa;
b) anzianità di inizio dell’attività di commercio su aree pubbliche;
c) certificazione di invalidità per l’accesso al lavoro secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
d) istanza presentata da imprenditrici donne;
e) ulteriori criteri previsti dal Comune, fermo restando che sono inammissibili priorità basate sulla cittadinanza, residenza e sede legale dell’operatore.

3. Le domande di concessione dei posteggi liberi debbono essere inviate a mezzo di lettera raccomandata o presentate al Comune sede della fiera almeno sessanta giorni prima dello svolgimento della fiera o entro il termine inferiore previsto dal regolamento di cui all’articolo 35.
4. La graduatoria per l’assegnazione dei posteggi è affissa all’albo comunale almeno venti giorni prima dello svolgimento della fiera. Dopo la formulazione della graduatoria non sono accoglibili modifiche relative a subentro per affitto di azienda.
5. La registrazione delle presenze effettive in una fiera viene effettuata entro l’orario stabilito dal regolamento comunale di cui all’articolo 35, annotando nome e cognome dell’operatore, tipo e numero di autorizzazione amministrativa.
6. L’operatore commerciale, qualora sia titolare di più autorizzazioni, presenta ai fini della registrazione della presenza una sola autorizzazione.
7. Il possesso del titolo di priorità relativo al maggior numero di presenze è attestato dall’organo comunale competente sulla base di documenti probanti l’effettiva partecipazione alla manifestazione.
8. L’assegnazione dei posteggi non occupati all’apertura della fiera è effettuata, durante l’orario previsto dal regolamento comunale di cui all’articolo 35, procedendo in primo luogo ad esaurire la graduatoria tra gli operatori presenti. Ultimata la graduatoria si procederà all’assegnazione dei posteggi eventualmente liberi agli operatori che non hanno inoltrato la domanda, ma presenti nella giornata della fiera, secondo i seguenti criteri:
a) maggior numero di presenze effettive nella fiera;
b) maggior numero di presenze per spunta di cui all’apposito registro comunale;
c) anzianità di inizio dell’attività di commercio su aree pubbliche.

9. Nelle fiere che si svolgono almeno una volta l’anno l’80 per cento dei posteggi può essere assegnato, per un periodo di dieci anni rinnovabile, agli operatori che vi hanno operato almeno tre anni nell’ultimo quinquennio e che ne fanno richiesta nei modi e nei tempi previsti da apposito bando comunale secondo i criteri di priorità di cui al comma 2.
10. La concessione decennale di cui al comma 9 è limitata ai giorni della fiera e decade, con la relativa autorizzazione, quando l’operatore non partecipa alla fiera per tre anni, salvi i casi di malattia e gravidanza, previa comunicazione.
11. Nell’assegnazione dei posteggi liberi nelle fiere sono osservati i criteri di cui al comma 2.
12. Al fine di favorire l’integrazione e lo scambio di operatori tra i diversi paesi dell’Unione europea, il Comune può autorizzare posteggi aggiuntivi riservati ad operatori comunitari.
13. Il Comune può destinare posteggi riservati a merceologie mancanti o carenti nella fiera nel limite massimo del 5 per cento del totale.
14. In caso di fiere o mercati concomitanti, l’operatore commerciale può operare anche con la copia autenticata dell’autorizzazione e idonea certificazione comunale dove risulti l’assegnazione del posteggio nella fiera o nel mercato concomitante.
15. Lo scambio consensuale di posteggio all’interno della stessa fiera, ove non contrasti con la normativa in vigore, è subordinato alla presentazione di apposita domanda, con allegata scrittura privata, al Comune, che provvede ad annotare nelle autorizzazioni la nuova numerazione.
16. Nessun operatore può esercitare in più di un posteggio contemporaneamente nella stessa fiera, ad esclusione di chi subentri nell’attività di altre aziende già operanti nella stessa fiera.




1. La concessione del posteggio nei mercati ha una durata di dieci anni. La concessione del posteggio non può essere ceduta se non con l’azienda commerciale o un ramo d’azienda.
2. L’operatore ha diritto ad utilizzare il posteggio per tutti i prodotti oggetto della sua attività, fatto salvo il rispetto delle esigenze igienico-sanitarie, nonché delle prescrizioni e limitazioni di cui alla legislazione vigente.
3. Nessun operatore può utilizzare più di un posteggio contemporaneamente nello stesso mercato. Tale divieto non si applica a chi, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, sia titolare di più posteggi nello stesso mercato e a chi subentri nell’attività di altre aziende già operanti nello stesso mercato.
4. I posteggi non assegnati o temporaneamente non occupati dai titolari delle relative concessioni sono assegnati giornalmente durante il periodo di non utilizzazione da parte del titolare ai soggetti legittimati ad esercitare il commercio su aree pubbliche, secondo criteri stabiliti dal Comune sulla base delle seguenti priorità:
a) maggior numero di presenze effettive maturate nel mercato;
b) maggior numero di presenze di spunta maturate nel mercato;
c) anzianità di inizio attività di commercio su aree pubbliche.

5. L’area in concessione di cui al comma 4 non può essere assegnata qualora si tratti di un box o chiosco o locale o in essa si trovino strutture o attrezzature fissate stabilmente al suolo.
6. Non è ammesso a partecipare alla spunta l’operatore già titolare di concessione di posteggio nel mercato o nella fiera.
7. La concessione del posteggio può essere revocata per motivi di pubblico interesse. In tal caso l’interessato ha diritto ad ottenere un altro posteggio libero nell’area di mercato o, in mancanza, nell’ambito del territorio comunale. In attesa dell’assegnazione del nuovo posteggio, l’interessato ha facoltà di esercitare l’attività nell’area libera del mercato di appartenenza.
8. L’assegnazione dei posteggi occasionalmente liberi o comunque non assegnati è effettuata giornalmente entro l’orario stabilito dal regolamento comunale di cui all’articolo 35.
9. La registrazione delle presenze nel mercato viene effettuata entro l’orario stabilito dal regolamento di cui all’articolo 35, annotando cognome e nome dell’operatore, tipo e numero di autorizzazione amministrativa.
10. L’operatore commerciale, qualora sia titolare di più autorizzazioni, deve presentare ai fini della registrazione della presenza una sola autorizzazione.
11. Lo scambio consensuale di posteggio all’interno dello stesso mercato, ove non contrasti con la normativa in vigore, è subordinato alla presentazione di apposita domanda, con allegata scrittura privata, al Comune, che provvede ad annotare nelle autorizzazioni la nuova numerazione.




1. L’autorizzazione all’esercizio del commercio su aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio è rilasciata dal Comune sede di posteggio e abilita anche all’esercizio dell’attività in forma itinerante nell’ambito del territorio regionale, nelle aree dove tale tipologia di vendita non è espressamente vietata.
2. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla disponibilità del posteggio richiesto.
3. Un operatore commerciale può richiedere più autorizzazioni in mercati diversi che si svolgono negli stessi giorni.
4. Al fine del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1, il Comune comunica, entro sessanta giorni dalla disponibilità del posteggio, l’elenco dei posteggi da assegnare nei mercati, con l’indicazione del numero identificativo e delle caratteristiche delle aree, alla struttura regionale competente, che pubblica nel Bollettino ufficiale della Regione un apposito bando contenente:
a) l’elenco, ripartito per Comune, dei posteggi da assegnare;
b) il termine entro il quale gli interessati devono far pervenire al Comune sede del posteggio la domanda corredata della relativa documentazione;
c) il termine entro il quale il Comune redige la graduatoria, che non può comunque superare i sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui alla lettera b);
d) il modello fac-simile della domanda, nonché le ulteriori modalità di presentazione della stessa;
e) il nominativo del funzionario responsabile del procedimento amministrativo.

5. Per la formazione della graduatoria dei posteggi in caso di mercati già esistenti, il Comune tiene conto del seguente ordine di priorità:
a) assegnazione per miglioramento ai titolari dell’attività già presenti sul mercato sulla base di:
1) maggior numero di presenze effettive maturate nell’ambito del mercato;
2) anzianità di inizio dell’attività di commercio su aree pubbliche;
3) certificazione di invalidità per l’accesso al lavoro, secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
4) istanza presentata da imprenditrici donne;
b) assegnazione ai nuovi richiedenti di posteggio sulla base di:
1) maggior numero di presenze effettive nell’ambito del mercato;
2) maggior numero di presenze di spunta maturate nell’ambito del mercato;
3) richiesta di posteggio da parte di soggetti già titolari di autorizzazione all’esercizio del commercio su aree pubbliche, con priorità all’operatore con minor numero di posteggi nell’ambito del territorio nazionale;
4) anzianità dell’attività di commercio su aree pubbliche;
5) certificazione di invalidità per l’accesso al lavoro, secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
6) istanza presentata da imprenditrici donne.

6. I criteri per la formazione della graduatoria dei posteggi in caso di nuovi mercati, sono determinati dal Comune tenendo conto delle seguenti priorità:
a) anzianità di inizio dell’attività di commercio su aree pubbliche;
b) richiesta di posteggio da parte di soggetti già titolari di autorizzazione all’esercizio del commercio su aree pubbliche, con priorità all’operatore con minor numero di posteggi nell’ambito del territorio nazionale;
c) certificazione di invalidità per l’accesso al lavoro, secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
d) istanza presentata da imprenditrici donne.

7. L’autorizzazione è revocata:
a) nel caso in cui il titolare non inizi l’attività entro sei mesi dalla data dell’avvenuto rilascio, salvo proroga in caso di comprovata necessità;
b) per mancato utilizzo del posteggio in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, salvo il caso di assenza per malattia, gravidanza o legata ai permessi di cui alla l. 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate). Nel caso di mercato con svolgimento inferiore all’anno, le assenze sono calcolate in proporzione all’effettiva durata. La decadenza dalla concessione del posteggio per la mancata utilizzazione dello stesso, in ciascun anno solare per periodi di tempo complessivamente superiori a quattro mesi, riguarda chi non utilizzi il posteggio per un numero di giorni complessivamente superiore al numero dei giorni di attività possibili secondo il tipo di autorizzazione nel corso di quattro mesi. Qualora il posteggio venga utilizzato per l’esercizio di un’attività stagionale, il numero dei giorni di mancato utilizzo del medesimo oltre il quale si verifica la decadenza dalla concessione è ridotto in proporzione alla durata dell’attività. Accertato il mancato utilizzo del posteggio nei termini suindicati, la decadenza va notificata all’interessato dall’organo comunale competente;
c) nel caso in cui l’operatore sospenda l’attività itinerante per più di un anno, salvo proroga in caso di comprovata necessità non superiore a sei mesi;
d) nel caso in cui il titolare non sia più in possesso dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9;
e) nel caso di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria, avvenuta dopo la sospensione dell’attività.

8. L’autorizzazione è sospesa, nel caso in cui l’operatore commerciale non provveda al pagamento degli oneri relativi all’occupazione del suolo pubblico, fino alla regolarizzazione del pagamento con le modalità previste dal regolamento comunale di cui all’articolo 35.




1. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività di vendita sulle aree pubbliche in forma itinerante è rilasciata dal Comune di residenza o di dimora dell’operatore.
2. L’autorizzazione di cui al comma 1 abilita l’operatore anche:
a) alla vendita al domicilio del consumatore, nonché nei locali ove questi si trova per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago;
b) all’esercizio dell’attività nelle aree dove la tipologia di vendita non è espressamente vietata;
c) alla partecipazione ai mercati e alle fiere.

3. La domanda di autorizzazione contiene, pena l’esclusione, le seguenti dichiarazioni:
a) i dati anagrafici e il codice fiscale e, nel caso di società di persone, la ragione sociale;
b) il possesso dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9;
c) il settore o i settori merceologici.

4. Alla domanda è allegata, pena l’esclusione, dichiarazione sostitutiva di non possedere altre autorizzazioni per l’esercizio di attività in forma itinerante.
5. Ad un soggetto non può essere rilasciata più di un’autorizzazione. Tale divieto non si applica a chi, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, sia titolare di più autorizzazioni itineranti e a chi subentri nell’attività di altre aziende già operanti.
6. Una società di persone può avere tante autorizzazioni quanti sono i soci, nel rispetto dei requisiti morali e professionali di cui agli articoli 8 e 9. Tali soggetti devono essere nominativamente indicati nelle stesse autorizzazioni.
7. L’attività di vendita itinerante può essere effettuata con mezzi motorizzati o altro, in qualunque area pubblica non espressamente interdetta dal Comune, per il tempo strettamente necessario a servire il consumatore, senza esposizione della merce su banchi fissi.
8. L’operatore commerciale che eserciti l’attività in forma itinerante può sostare nello stesso punto per non più di un’ora, oltre la quale deve spostarsi di almeno cinquecento metri e non può rioccupare la stessa area nell’arco della giornata. Lo stesso può sostare nei posteggi isolati nei tempi e nei modi previsti dal regolamento comunale.
9. Il Comune, con il regolamento di cui all’articolo 35, individua le zone interdette al commercio itinerante. E’ fatto divieto di interdire al commercio itinerante l’intero territorio comunale. Il commercio itinerante è vietato nell’ambito delle aree adiacenti lo svolgimento del mercato o della fiera, intendendosi come aree adiacenti quelle poste ad una distanza inferiore a un chilometro o ad altra distanza eventualmente prevista dal medesimo Comune.
10. Nel caso di cambiamento di residenza, previa comunicazione del titolare dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività in forma itinerante, il Comune che ha rilasciato l’autorizzazione stessa provvede, entro trenta giorni, a trasmettere al Comune di nuova residenza tutta la documentazione per la variazione.




1. Ai fini della presente legge, sono hobbisti i soggetti che vendono, barattano, propongono o espongono, in modo saltuario ed occasionale, merci di modico valore che non superino il prezzo unitario di euro 250,00. Essi possono operare solo nei mercatini degli hobbisti di cui all’articolo 33, comma 1, lettera i), senza l’autorizzazione di cui agli articoli 41 e 42, purché in possesso dei requisiti di cui all’articolo 8. Non rientrano nella definizione di hobbisti i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4. Per l’esposizione dei prezzi si applica quanto previsto all’articolo 56.
2. Gli hobbisti devono essere in possesso di un tesserino rilasciato dal Comune di residenza. Per i residenti in altra regione il tesserino è rilasciato dal Comune dove si svolge il primo mercatino scelto. La Giunta regionale stabilisce le caratteristiche del tesserino identificativo e le modalità di rilascio e di restituzione in caso di perdita dei requisiti di cui all’articolo 8.
3. Il tesserino ha validità annuale ed è rilasciato per un massimo di cinque anni, anche non consecutivi, trascorsi i quali l’hobbista per poter esercitare l’attività deve ottenerne il rinnovo.
4. Il tesserino non è cedibile o trasferibile e deve essere esposto durante il mercatino in modo visibile e leggibile al pubblico e agli organi preposti al controllo. Il tesserino è vidimato dal Comune che organizza il mercatino di cui al comma 1 prima dell’assegnazione del posteggio che è effettuata con criteri di rotazione e senza il riconoscimento di priorità ottenute per la presenza ad edizioni precedenti.
5. Gli hobbisti autorizzati secondo le modalità di cui al comma 2 possono partecipare ad un massimo di dodici manifestazioni l’anno. Si considera unitaria la partecipazione a manifestazioni della durata di due giorni, purché consecutivi. I Comuni sono tenuti a redigere un elenco degli hobbisti che partecipano a ciascuna manifestazione.
6. La mancanza del tesserino di cui al comma 2 o della vidimazione relativa al mercatino in corso di svolgimento comporta l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 45, comma 1. In caso di assenza del titolare del tesserino identificativo, o di mancata esposizione del tesserino al pubblico o agli organi preposti alla vigilanza, oppure di vendita, con un prezzo unitario superiore a euro 250,00, si applica la sanzione di cui all’articolo 45, comma 2.


1. Previa concertazione con le organizzazioni imprenditoriali del commercio, le organizzazioni  sindacali dei lavoratori del settore e le associazioni dei consumatori maggiormente  rappresentative, il Comune definisce gli orari per l’attività di commercio nei mercati, nei posteggi  fuori mercato, nelle fiere e per l’attività in forma itinerante tenendo conto che:
a)  i giorni e gli orari di attività dei commercianti su aree pubbliche possono essere diversi da quelli previsti per gli altri operatori al dettaglio;
b)  possono essere stabilite limitazioni per motivi di polizia stradale, igienico-sanitari e di pubblico interesse.



1. Chiunque esercita l’attività di commercio su aree pubbliche senza l’autorizzazione o concessione di posteggio ovvero senza i requisiti di cui agli articoli 8 e 9 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500,00 ad euro 15.000,00, al sequestro cautelare delle attrezzature e delle merci ed alla successiva confisca delle stesse, ai sensi della l.r. 10 agosto 1998, n. 33 (Disciplina generale e delega per l’applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale).
2. In caso di assenza del titolare, l’esercizio del commercio su aree pubbliche svolto fuori dai casi previsti dall’articolo 38, comma 10, o senza il possesso dei requisiti previsti dagli articoli 8 e 9,  è punito con una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250,00 ad  euro 1.500,00. Tale sanzione è irrogata al titolare dell’autorizzazione.
3. Per ogni altra violazione delle disposizioni del presente capo si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250,00 ad euro 1.500,00.
4. Chiunque violi le limitazioni ed i divieti stabiliti dal Comune per l’esercizio del commercio su aree pubbliche è soggetto alla sanzione amministrativa di cui al comma  3,  al sequestro cautelare delle attrezzature e delle merci ed alla successiva confisca delle stesse, ai sensi della l.r. 33/1998.
5. In caso di particolare gravità o di reiterate violazioni può essere disposta la sospensione dell’attività di vendita per un periodo da uno a venti giorni. La reiterazione si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un periodo di dodici mesi, anche se si è proceduto al pagamento in misura ridotta della sanzione. Ai fini della reiterazione, hanno rilievo le violazioni compiute nel territorio regionale.


1. L’operatore commerciale titolare di più autorizzazioni amministrative al commercio su aree pubbliche, che rinuncia ad una delle autorizzazioni, può chiedere al Comune competente la trascrizione nell’autorizzazione scelta delle presenze maturate nei mercati e nelle fiere che si svolgono nelle Marche.
CAPO III
Mercati all'ingrosso e centri agroalimentari



1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) mercato all’ingrosso, un’area attrezzata costituita da un insieme di immobili, strutture, attrezzature ed aree adiacenti, gestita in modo unitario, ove avvenga il commercio all’ingrosso dei prodotti della pesca, agricoloalimentari e vitivinicoli, dei prodotti floricoli, delle piante ornamentali, delle sementi, dei prodotti degli allevamenti, compresi gli avicunicoli, delle carni e dei prodotti della caccia e della pesca, sia freschi, sia comunque trasformati o conservati, ad opera di una pluralità di venditori o di compratori. Nel mercato all’ingrosso possono essere commercializzati anche altri prodotti alimentari, compatibilmente con le esigenze di funzionalità del mercato stesso. Nel mercato all’ingrosso è assicurata la prestazione dei seguenti servizi essenziali:
1) direzione del mercato;
2) rilevazione statistica;
3) verifica del peso o della quantità e della qualità;
b) centro agroalimentare, la infrastruttura costituita da più mercati all’ingrosso e da insediamenti produttivi, commerciali, di servizio e direzionali autonomi, ma collegati e tali da completare nel modo più organico possibile la gamma merceologica delle attività, delle funzioni e dei servizi. In particolare il centro agroalimentare:
1) è dotato di servizi e funzioni complessi ed opera con riferimento ad un ambito territoriale più ampio di quello provinciale;
2) è caratterizzato dall’unitarietà della gestione, pur in presenza di una articolazione funzionale operativa e contabile tra le diverse strutture di cui il centro è composto.




1. Possono istituire mercati all’ingrosso e centri agroalimentari:
a) il Comune, la Provincia e la CCIAA competenti per territorio;
b) i consorzi costituiti fra enti locali ed enti di diritto pubblico;
c) le società consortili per azioni a partecipazione maggioritaria di capitale pubblico;
d) i consorzi aventi personalità giuridica o cooperative costituiti da operatori economici dei settori della produzione e del commercio ai quali possono partecipare operatori economici della lavorazione e della movimentazione dei prodotti.

2. Il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, stabilisce i criteri per la realizzazione dei mercati all’ingrosso e dei centri agroalimentari tenendo conto:
a) dei mercati e dei centri, distinti per specializzazione merceologica e per caratterizzazione funzionale, operanti nel territorio regionale e nelle relative aree di influenza;
b) dell’individuazione delle localizzazioni di massima per l’insediamento di nuovi mercati o centri, distinti per tipologia funzionale e per specializzazione merceologica;
c) del fabbisogno nella regione per una razionale ed efficiente commercializzazione all’ingrosso;
d) della qualifica di mercato di interesse regionale dei mercati esistenti;
e) dell’indicazione per i diversi tipi di mercati e di centri delle superfici minime e delle attrezzature minime occorrenti;
f) degli standard minimi degli impianti, dei servizi tecnici e delle infrastrutture primarie.

3. Nel rispetto di quanto disposto dal regolamento di cui all’articolo 2, comma 1:
a) i Comuni competenti per territorio concedono l’autorizzazione alla costituzione di mercati all’ingrosso;
b) la Giunta regionale concede l’autorizzazione alla costituzione dei centri agroalimentari.

4. La Giunta regionale può deliberare la sottoscrizione di quote di partecipazione ai mercati all’ingrosso e ai centri agroalimentari già costituiti o da costituire.




1. I mercati all’ingrosso sono gestiti dai soggetti istitutori o affidati in gestione, con apposita convenzione, ad uno dei soggetti dell’articolo 48, comma 1.
2. La convenzione di cui al comma 1 stabilisce, fra l’altro, l’importo del canone annuo da corrispondere da parte del soggetto gestore. Nei casi in cui il gestore sia uno dei soggetti istitutori del mercato, il canone è ridotto proporzionalmente alla quota di partecipazione.
3. Il soggetto istitutore fornisce al gestore la struttura immobiliare ed il compendio delle attrezzature di mercato. La struttura immobiliare è affidata al gestore in concessione o in locazione e gli interventi di manutenzione straordinaria della stessa, compresi quelli di trasformazione e ampliamento, sono di norma a carico dell’istitutore.
4. La gestione del mercato è svolta secondo criteri di efficienza e di economicità e deve tendere al pareggio del bilancio.
5. I canoni di concessione o di locazione e le tariffe di mercato per l’utilizzo degli spazi, anche attrezzati, sono corrisposti dai soggetti operanti nel mercato al soggetto gestore e devono assicurare almeno la copertura dei costi di gestione nonché dei costi dei servizi a domanda collettiva, dell’ammortamento tecnico degli impianti elettrotermoidraulici e di telecomunicazione e delle attrezzature di mercato, nonché degli oneri per la manutenzione ordinaria delle strutture mercantili e dei costi dei servizi a domanda individuale eventualmente resi.
6. I canoni di concessione o di locazione sono determinati in relazione alla superficie utilizzata per la propria attività e, limitatamente al mercato ittico, anche dalla quantificazione dei diritti sul fatturato.
7. In ogni caso non possono essere imposti o esatti pagamenti che non siano il corrispettivo di prestazioni effettivamente rese, nel rispetto dei principi di efficienza ed economicità.
8. I centri agroalimentari sono gestiti nel loro complesso dall’ente che li ha realizzati anche tramite un consorzio degli operatori assegnatari degli spazi interni al centro, così come previsto dalla deliberazione CIPE 31 gennaio 1992 (Determinazione degli indirizzi per la concessione delle agevolazioni finanziarie ai centri commerciali ed ai mercati agroalimentari all’ingrosso).
9. Il gestore del mercato all’ingrosso e del centro agroalimentare provvede ai servizi di interesse generale idonei ad assicurare la funzionalità dell’intera struttura mercantile ed ai servizi a domanda individuale complementari all’esercizio dell’attività mercantile. Provvede altresì:
a) alla manutenzione ordinaria della struttura mercantile;
b) alla funzionalità degli impianti elettrotermo-idraulici e di telecomunicazione;
c) alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti e delle attrezzature di mercato.




1. La Giunta regionale, entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della presente legge, approva i regolamenti tipo di mercato e di gestione per i centri agroalimentari, distinti per settori merceologici e tipologia funzionale, ai quali debbono uniformarsi i rispettivi regolamenti.
2. Il regolamento tipo non può recare norme che ostacolino l’afflusso, la conservazione, l’offerta e la riduzione del costo di distribuzione dei prodotti e deve prevedere in particolare:
a) i criteri e le modalità per la concessione dei punti di vendita, ivi compresa la fissazione dei quantitativi minimi di prodotti che ogni concessionario deve introdurre annualmente nel mercato;
b) la disciplina degli operatori e del personale da essi dipendente;
c) la determinazione della cauzione imposta ai commissionari e ai mandatari;
d) il calendario e l’orario per le operazioni mercantili;
e) la nomina del direttore di mercato e le sue attribuzioni;
f) la pianta organica del personale con indicazione delle qualifiche e compiti del rapporto di impiego, del trattamento economico e dello sviluppo di carriera di ciascun dipendente;
g) la composizione e il funzionamento della commissione di mercato;
h) l’organizzazione e la disciplina dei servizi, ivi compresa l’organizzazione dei servizi di vigilanza sanitaria e di controllo sulla rispondenza dei prodotti alle norme di qualità vigenti;
i) la pulizia e la destinazione dei rifiuti;
l) i limiti massimi delle provvigioni spettanti a commissionari, mandatari e astatori;
m) per i mercati alla produzione, le modalità di preavviso per il ritiro dei prodotti introdotti nel mercato nel rispetto delle norme UE e nazionali vigenti in materia;
n) la nomina di un commissionario in caso di inefficienza e di irregolarità;
o) ogni altra materia attinente alla disciplina e al funzionamento del mercato.

3. In caso di violazione delle disposizioni regolamentari si applica una sanzione amministrativa il cui ammontare è determinato fra un minimo di euro 500,00 ed un massimo di euro 2.500,00.
4. Il Comune nel cui territorio è situato il mercato approva il regolamento prima dell’entrata in funzione del mercato medesimo.
5. Entro tre mesi dall’autorizzazione del centro agroalimentare, l’ente promotore adotta il regolamento di gestione del centro e lo invia alla Giunta regionale per l’approvazione entro i successivi sessanta giorni.




1. I Comuni presso ogni mercato all’ingrosso possono istituire una commissione di mercato, con funzioni consultive e propositive nei confronti del gestore, in base alle modalità stabilite dal regolamento tipo di cui all’articolo 50, comma 2.


1. Ad ogni mercato è preposto un direttore che deve provvedere al regolare funzionamento del mercato e dei servizi in ottemperanza alle disposizioni legislative e regolamentari.
2. Il direttore in particolare:
a) vigila sull’osservanza delle disposizioni vigenti per la qualificazione, la calibrazione, la tolleranza, l’imballaggio e la presentazione dei prodotti;
b) provvede giornalmente e con sintesi mensili ed annuali alla rilevazione delle quantità affluite ed uscite dal mercato per qualità mercantie, provenienza e destinazione, rileva i prezzi delle derrate effettivamente contrattate, separatamente per singole partite di prodotti e secondo la qualità.

3. I requisiti e le modalità per la nomina del direttore di mercato, nonché i compiti specifici, sono stabiliti dal regolamento di mercato.
4. Nei centri agroalimentari il responsabile dell’ente gestore, o persona da lui delegata, esercita i compiti previsti dal comma 2.


1. Nei mercati all’ingrosso di prodotti ittici e nei centri agroalimentari in cui operano mercati ittici, la vendita dei prodotti deve avvenire mediante asta pubblica da parte dell’ente gestore, che si avvale di astatori alle sue dirette dipendenze. A tal fine tutti i prodotti destinati alla vendita sono consegnati direttamente alla direzione del mercato o all’ente gestore del centro.




1. La vigilanza sui mercati all’ingrosso e sui centri agroalimentari è esercitata dalla Giunta regionale con la collaborazione dei Comuni competenti per territorio.
2. La vigilanza è rivolta particolarmente ad accertare la regolarità della istituzione e della gestione, la corretta emanazione ed applicazione delle disposizioni regolamentari, amministrative e disciplinari, la funzionalità della direzione, degli uffici e dei servizi di ogni singolo mercato.
3. Ai fini di cui al comma 2 l’ente gestore del centro agroalimentare invia alla Giunta regionale il bilancio annuale entro trenta giorni dalla sua approvazione.
4. La vigilanza igienico-sanitaria è effettuata dagli organi sanitari competenti sulla base delle norme comunitarie, statali e regionali vigenti.



CAPO IV
Norme comuni



1. Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa possono restare aperti al pubblico dalle ore sette alle ore ventidue, fino a un massimo di tredici ore giornaliere.
2. Il Comune, previa concertazione con le organizzazioni di categoria delle imprese del commercio, dei lavoratori dipendenti e delle associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale può consentire, nei periodi di maggiore afflusso turistico, in occasione di eventi e manifestazioni di particolare rilevanza e limitatamente alle aree interessate da tali eventi, l’esercizio dell’attività di vendita fino alle ore ventiquattro e di anticipare l’apertura fino ad un massimo di due ore, determinando le aree ed i periodi di apertura, anche in relazione alle caratteristiche delle diverse zone. In tali casi gli esercizi sono esonerati dal rispetto del limite di tredici ore giornaliere di cui al comma 1.
3. Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa osservano la chiusura domenicale e festiva.
4. Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa devono rimanere chiusi nei seguenti giorni:
a) 1° maggio;
b) 25 aprile;
c) 25 dicembre;
d) 26 dicembre;
e) 1° gennaio;
f) Pasqua.

5. I Comuni, previa concertazione con le associazioni sindacali e di categoria, disciplinano le deroghe alla chiusura domenicale e festiva, le quali non possono superare il numero massimo di ventitre giornate annue, elevabili a ventisei, previo accordo con le organizzazioni delle imprese del commercio, dei lavoratori dipendenti e dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale.
6. I Comuni possono superare i limiti massimi previsti al comma 5 relativamente alle attività commerciali operanti all’interno di:
a) centri storici, come delimitati dalla zona A del piano regolatore generale (PRG) comunale;
b) zone del lungomare, che il Comune individua entro il limite massimo di metri 250 dalla battigia;
c) territori situati all’interno dei confini dei parchi o delle aree protette;
d) comuni montani sotto i 2.500 abitanti;
e) centri e nuclei abitati inferiori a 500 abitanti dei comuni montani diversi da quelli della lettera d).

7. I Comuni individuano le deroghe domenicali e festive di cui al comma 5 di concerto con gli altri comuni limitrofi o dello stesso bacino commerciale.
8. I Comuni, previo parere delle organizzazioni delle imprese del commercio, dei lavoratori dipendenti e dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale, disciplinano gli orari e le deroghe in attuazione di quanto previsto dal presente articolo entro il mese di novembre di ogni anno e inviano i relativi dati alla Giunta regionale entro il 15 dicembre successivo.
9. La Giunta regionale, previa diffida, sentite le organizzazioni delle imprese del commercio, dei consumatori e dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative a livello regionale, provvede a disciplinare gli orari e le deroghe per i Comuni che non adempiono nei termini di cui ai commi 3, 4, 5, 6, 7, 8.
10. I Comuni definiscono le modalità per permettere agli esercizi del settore alimentare di garantire l’apertura al pubblico in caso di più di due festività consecutive.
11. I Comuni possono autorizzare, in base alle esigenze dell’utenza e alle peculiari caratteristiche del territorio, l’esercizio dell’attività di vendita in orario notturno esclusivamente per un limitato numero di esercizi di vicinato.
12. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle seguenti tipologie di attività:
a) rivendite di generi di monopolio;
b) esercizi di vendita interni ai campeggi, ai villaggi e ai complessi turistici e alberghieri;
c) esercizi di vendita al dettaglio situati nelle aree di servizio lungo le autostrade, nelle stazioni ferroviarie, marittime ed aeroportuali;
d) vendita di stampa quotidiana e periodica;
e) gelaterie, pasticcerie, gastronomie, rosticcerie e simili;
f) esercizi specializzati nella vendita di bevande, fiori, piante e articoli da giardinaggio, mobili, libri, dischi, nastri magnetici, musicassette, videocassette, opere d’arte, oggetti d’antiquariato, stampe, cartoline, articoli da ricordo e artigianato locale;
g) sale cinematografiche.




1. Ogni prodotto direttamente esposto in vista al pubblico, ovunque collocato, deve indicare in modo chiaro e ben leggibile il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre modalità idonee allo scopo.
2. Nel caso di prodotti d’arte, di antiquariato e di oreficeria, l’obbligo di pubblicità del prezzo di cui al comma 1 è rispettato mediante l’utilizzo sul singolo prodotto di un cartellino visibile solo all’interno dell’esercizio.
3. Nel periodo necessario all’allestimento dell’esposizione è consentito non apporre i prezzi dei prodotti esposti in vista al pubblico per un tempo massimo non superiore a due giorni.
4. Quando sono esposti insieme prodotti dello stesso prezzo è sufficiente l’uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l’obbligo dell’indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque esposte al pubblico.
5. Per l’obbligo di indicazione dei prezzi per unità di misura si applicano le vigenti disposizioni comunitarie e nazionali.
6. Ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 15 del d. lgs. 206/2005, i prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione, esposti e pubblicizzati presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti stradali, autostradali e dei raccordi autostradali, devono essere esclusivamente quelli effettivamente praticati ai consumatori. E’ fatto obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata stradale i prezzi praticati al consumo.




1. La gestione di uno o più reparti di un esercizio commerciale può essere affidata, per un periodo di tempo convenuto, ad un soggetto in possesso dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9, dandone comunicazione al Comune.
2. Il gestore è tenuto al mantenimento dei livelli occupazionali relativi al reparto di cui ha assunto la gestione ed al rispetto dei contratti collettivi di lavoro e dei contratti integrativi siglati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
3. Il dante causa, qualora non abbia provveduto alla comunicazione di cui al comma 1, risponde in proprio dell’attività esercitata dal gestore.
4. Il reparto dato in gestione deve presentare un collegamento strutturale con l’esercizio ove il reparto è collocato e non avere un accesso autonomo.




1. In caso di trasferimento della gestione o della proprietà, il subentro nell’attività è comunicato al Comune entro trenta giorni dall’acquisizione del titolo, con indicazione degli estremi della DIA o dell’autorizzazione interessata e del contratto di cessione d’azienda, nonché del possesso dei requisiti di cui agli articoli 8 e 9. Trascorso tale termine, il subentrante non può esercitare l’attività fino alla comunicazione dell’avvenuto subingresso.
2. Il subentrante per causa di morte in una attività del settore alimentare ha la facoltà di continuare provvisoriamente l’attività per ulteriori dodici mesi al fine di ottenere i requisiti di cui all’articolo 9.
3. L’attività di commercio, previa comunicazione al Comune competente, può essere sospesa per un periodo massimo di dodici mesi.
4. Su richiesta dell’interessato, effettuata almeno trenta giorni prima della scadenza di cui al comma 3, il Comune può concedere la proroga della sospensione di ulteriori sei mesi in caso di comprovata necessità.
5. La cessazione dell’attività è soggetta alla sola comunicazione al Comune competente per territorio, con l’indicazione degli estremi dell’autorizzazione o della DIA, del settore merceologico, dell’ubicazione e della superficie di vendita dell’esercizio.




1. Chiunque esercita l’attività di commercio senza autorizzazione o in mancanza della DIA, ovvero senza i requisiti di cui agli articoli 8 e 9 è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.500,00 ad euro 15.000,00 e alla chiusura immediata dell’esercizio, fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 4, 18, comma 5, e 45.
2. Per ogni altra violazione delle disposizioni del presente titolo, nonché di quelle contenute nei regolamenti di cui all’articolo 2, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 500,00 ad euro 3.000,00.
3. Qualora venga rilevata la mancanza dei requisiti igienico-sanitari, edilizi o di sicurezza necessari per il rilascio dell’autorizzazione o del titolo abilitativo, è disposta la sospensione dell’attività, assegnando un termine per il ripristino dei requisiti mancanti.
4. Nel caso di violazione degli obblighi di cui all’articolo 58 reiterata per almeno due volte nel corso di tre anni solari, il Comune sospende l’attività di vendita per un periodo da cinque a venti giorni, anche se si è provveduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.



TITOLO III
Disciplina delle attività di somministrazione



1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, la vendita per il consumo sul posto, che comprende tutti i casi in cui gli acquirenti consumano il prodotto nei locali dell’esercizio o in un’area aperta al pubblico attrezzati allo scopo;
b) area aperta al pubblico, quella adiacente o comunque pertinente al locale cui si riferisce l’autorizzazione o la DIA;
c) attrezzatura ed impianti di somministrazione, tutti i mezzi e gli strumenti idonei a consentire il consumo sul posto di alimenti e bevande;
d) somministrazione nel domicilio del consumatore o catering, l’organizzazione di somministrazione di alimenti e bevande rivolta al consumatore presso la sua dimora, nonché presso il luogo in cui si trovi per motivi di lavoro o di studio o per lo svolgimento di particolari eventi quali cerimonie o convegni;
e) esercizi non aperti al pubblico, quelli a cui può accedere esclusivamente una cerchia limitata ed individuabile di persone;
f) somministrazione nelle mense aziendali, la somministrazione di pasti offerta dal datore di lavoro ai propri dipendenti ed ai dipendenti di altre aziende convenzionate, in forma diretta o indiretta.

2. Gli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande sono costituiti da un’unica tipologia, che comprende anche la somministrazione di bevande alcoliche nei limiti previsti dalla relativa autorizzazione sanitaria.
3. Sono ricompresi nella tipologia di cui al comma 2 i centri rurali di ristoro e degustazione, di cui all’articolo 21, comma 1, lettera b), della l.r. 3/2002.
4. Le norme contenute nel presente titolo non si applicano alle attività turistiche ed agrituristiche che restano disciplinate dalle rispettive leggi regionali. Non si applicano, altresì, agli artigiani di cui all’articolo 1, comma 4, lettera f), che svolgono attività di somministrazione di alimenti e bevande, nei locali di produzione e in quelli ad essi adiacenti e comunicanti, in via strumentale o accessoria, senza attrezzature di somministrazione finalizzate. E’ consentita la dotazione di soli piani di appoggio e la fornitura di stoviglie e posate a perdere.
5. Sono fatte salve le disposizioni di cui al d.p.r. 4 aprile 2001, n. 235 (Regolamento recante la semplificazione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati), agli articoli 86 e 110 del r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), nonché ogni altra disposizione statale in materia di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande e in materia di ordine pubblico e sicurezza.




1. L’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di somministrazione di alimenti e bevande è consentito a chi è in possesso dei requisiti morali di cui all’articolo 8.
2. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti, per reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine, per infrazione alle norme sui giochi.
3. Il divieto di esercizio dell’attività, ai sensi del comma 2, permane per la durata di tre anni a decorrere dal giorno in cui la pena è stata scontata. Qualora la pena si sia estinta in altro modo, il termine di tre anni decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza.
4. Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, non si applica il divieto di esercizio dell’attività.
5. Per l’esercizio dell’attività è necessario il possesso di uno dei seguenti requisiti professionali:
a) avere frequentato e superato con esito positivo un corso professionale con esame finale istituito o riconosciuto dalla Regione Marche o da un’altra Regione, attinente l’attività;
b) essere in possesso di un diploma di istruzione secondaria o universitario attinente l’attività;
c) aver superato davanti ad apposita commissione costituita dalla Giunta regionale un esame di idoneità all’esercizio dell’attività.

6. Sono ammessi all’esame di cui al comma 5, lettera c), coloro che sono in possesso di titolo di studio di istruzione secondaria superiore o coloro che hanno conseguito la maggiore età e hanno assolto agli obblighi scolastici. L’esame può essere effettuato anche presso le CCIAA, previa convenzione.
7. Sono considerati in possesso dei requisiti professionali per la somministrazione di alimenti e bevande i dipendenti di amministrazioni pubbliche inquadrati con profilo professionale di cuoco ed aiuto cuoco anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
8. La Giunta regionale stabilisce le modalità di organizzazione, la durata, le materie del corso di formazione professionale di cui al comma 5, lettera a), dei relativi esami finali, nonché dei corsi di aggiornamento con frequenza obbligatoria per chi già esercita l’attività; la Giunta regionale individua, altresì, i titoli di studio di cui al comma 5, lettera b).
9. La Giunta regionale garantisce l’effettuazione dei corsi di cui al comma 5, lettera a), con soggetti accreditati per la formazione continua. A tal fine sono considerati in via prioritaria le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi più rappresentative a livello regionale, i centri di assistenza tecnica di cui all’articolo 6 e le CCIAA.
10. In caso di società, associazioni, organismi collettivi, i requisiti di cui al comma 5 devono essere posseduti dal legale rappresentante o da un preposto all’esercizio. Lo stesso soggetto non può contemporaneamente essere preposto all’esercizio dell’attività per più società, associazioni, organismi collettivi.
11. Ai fini di cui al comma 5, ai soggetti residenti in altre regioni sono riconosciuti i requisiti per l’esercizio dell’attività previsti dalla normativa della Regione di residenza.
12. Ai cittadini e alle società di Stati non appartenenti all’Unione europea si applicano le norme statali ed internazionali in materia di riconoscimento di titoli di studio.
13. Sono fatti salvi i requisiti professionali posseduti prima dell’entrata in vigore della presente legge.




1. La Giunta regionale, sentite le organizzazioni del commercio, turismo e servizi e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale, con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, stabilisce gli indirizzi ai Comuni per il rilascio della autorizzazione di cui all’articolo 63, tenendo conto, in particolare:
a) della popolazione residente e fluttuante;
b) delle caratteristiche e dello sviluppo urbanistico del territorio;
c) del traffico, della mobilità, dell’inquinamento acustico e ambientale;
d) della necessità di tutelare i locali storici.

2. I Comuni, sentite le organizzazioni del commercio, turismo e servizi e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale, sulla base degli indirizzi di cui al comma 1, stabiliscono i criteri, con esclusione di quello numerico, e le procedure relativi al rilascio delle autorizzazioni all’apertura, al trasferimento di sede e all’ampliamento della superficie.
3. Il Comune, ove riscontri che parti del proprio territorio, in relazione alla loro specificità, risultano carenti di servizio, può prevedere misure ed interventi volti a favorire ed incentivare l’insediamento di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, con particolare riguardo alle aree montane e rurali.
4. I Comuni determinano altresì le condizioni per l’esercizio delle attività in forma stagionale, da svolgersi in modo continuativo per uno o più periodi da uno a sette mesi.
5. I Comuni individuano altresì i criteri e le modalità per l’esercizio dell’attività di catering.




1. L’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal Comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio.
2. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato all’accertamento dei requisiti di cui all’articolo 61, al rispetto dei criteri comunali di cui all’articolo 62, nonché:
a) alla disponibilità da parte dell’interessato dei locali nei quali intende esercitare l’attività;
b) all’indicazione, in caso di società, dell’eventuale preposto all’esercizio;
c) alla presentazione della DIA sanitaria e al certificato di prevenzione incendi, ove previsto;
d) all’accertamento della conformità dei locali ai criteri stabiliti dal decreto del Ministro dell’interno 17 dicembre 1992, n. 564 (Regolamento concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande).

3. L’attività di somministrazione di alimenti e bevande è esercitata nel rispetto delle disposizioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria, di sicurezza, di prevenzione incendi, di inquinamento acustico.
4. L’autorizzazione è rilasciata a tempo indeterminato ed ha validità limitatamente ai locali in essa indicati.
5. Entro trenta giorni dal rilascio dell’autorizzazione il Comune ne comunica gli estremi, anche in via telematica, al Prefetto, al Questore, alla zona territoriale competente dell’ASUR e alla CCIAA.
6. Gli esercizi di somministrazione aperti al pubblico autorizzati ai sensi del comma 1 hanno facoltà di vendere per asporto i prodotti per i quali sono stati autorizzati alla somministrazione e sono abilitati all’installazione e all’uso di apparecchi radiotelevisivi ed impianti per la diffusione sonora e di immagini, nonché di giochi, nel rispetto delle disposizioni previste dalle leggi di settore.
7. L’installazione di distributori automatici per la somministrazione di alimenti e bevande in locali aperti al pubblico esclusivamente adibiti a tale attività è soggetta alle disposizioni di cui al presente articolo, fatto salvo quanto previsto all’articolo 64, comma 3.




1. Sono soggette a DIA, da presentare al Comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio, le attività per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande esercitate:
a) nel domicilio del consumatore;
b) negli esercizi situati all’interno delle autostrade, delle stazioni dei mezzi di trasporto pubblico, delle stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime;
c) all’interno di musei, teatri, sale da concerto, cinema e simili;
d) nelle mense aziendali e negli spacci di aziende, enti, scuole ed università, ospedali, case di riposo, caserme, stabilimenti delle forze dell’ordine, strutture di accoglienza per immigrati o rifugiati ed altre strutture simili;
e) negli esercizi polifunzionali di cui all’articolo 19;
f) negli esercizi situati all’interno dei centri commerciali, dei centri agroalimentari e dei mercati all’ingrosso;
g) negli esercizi in cui la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande viene svolta congiuntamente ad una prevalente attività di spettacolo, intrattenimento e svago, quali: sale da ballo, locali notturni, impianti sportivi, sale da gioco, stabilimenti balneari;
h) negli esercizi posti nell’ambito degli impianti stradali di distribuzione carburanti, di cui al titolo IV;
i) negli esercizi di somministrazione annessi ai rifugi alpini.

2. La somministrazione di alimenti e bevande negli esercizi di cui al comma 1, ad esclusione di quelli di cui alle lettere b) ed h), è effettuata esclusivamente a favore di chi usufruisce dell’attività degli esercizi medesimi e negli orari di apertura degli stessi. Lo spazio in cui si svolge l’attività di somministrazione prevista alla lettera g) del comma 1 non deve superare il 25 per cento dell’intera superficie del locale.
3. E’ soggetta, altresì, a DIA con decorrenza dalla data di ricevimento della dichiarazione medesima la somministrazione di alimenti e bevande mediante distributori automatici effettuata in modo non esclusivo.
4. La dichiarazione di cui ai commi 1 e 3 deve indicare:
a) il possesso dei requisiti di cui all’articolo 61;
b) le caratteristiche specifiche dell’attività da svolgere;
c) l’ubicazione e la superficie specifica dei locali adibiti alla somministrazione e, per gli esercizi di cui al comma 1, lettera g), la superficie utilizzata per l’intrattenimento;
d) la disponibilità e la conformità del locale ove è esercitata la somministrazione alle norme e prescrizioni edilizie, urbanistiche, igienico sanitarie, di sicurezza, di prevenzione incendi, di inquinamento acustico e di sorvegliabilità, ove previsti e, in particolare, il possesso delle prescritte autorizzazioni in materia;
e) il possesso dei requisiti dell’eventuale preposto all’esercizio.




1. In occasione di fiere, feste, mercati o di altre riunioni straordinarie di persone, il Comune può rilasciare autorizzazioni temporanee alla somministrazione di alimenti e bevande valide soltanto per il periodo di effettivo svolgimento delle manifestazioni e per i locali o le aree cui si riferiscono e comunque per un periodo non superiore a trenta giorni.
2. L’autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata previo accertamento dei requisiti di cui all’articolo 61, nonché dei requisiti di sicurezza e igienico-sanitari.
3. Per lo svolgimento dell’attività di somministrazione in forma temporanea nell’ambito di manifestazioni a carattere religioso, benefico, politico, sociale, sportivo, organizzate da soggetti pubblici o privati, non sono richiesti i requisiti professionali di cui all’articolo 61.
4. L’attività di somministrazione di cui al comma 1 non è soggetta al rispetto della normativa vigente in materia di destinazione d’uso dei locali, delle aree e degli edifici.




1. I Comuni vietano la somministrazione di bevande alcoliche o superalcoliche in relazione a esigenze di interesse pubblico. Il divieto di somministrazione di bevande alcoliche o superalcoliche può essere:
a) permanente o temporaneo;
b) adottato come disposizione generale per tutti gli esercizi di una determinata area del territorio comunale ovvero come prescrizione data ai sensi dell’articolo 9 del r.d. 773/1931;
c) adottato in occasione di particolari eventi o manifestazioni o anche in determinate fasce orarie per prevenire conseguenze dannose derivanti dall’assunzione di alcolici e superalcolici.

2. E’ vietata la somministrazione di bevande alcoliche mediante distributori automatici.




1. Ai fini dell’attività di programmazione regionale e comunale la Giunta regionale organizza, nell’ambito del sistema informativo integrato regionale, la raccolta e la diffusione di dati degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.
2. I Comuni, entro il 31 gennaio di ciascun anno, inviano alla Regione, anche in via telematica, gli elenchi delle autorizzazioni rilasciate o revocate nel corso dell’anno precedente, nonché delle dichiarazioni di inizio attività pervenute nello stesso periodo.



1. L’orario di apertura al pubblico degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande è rimesso alla libera determinazione degli esercenti entro il limite giornaliero minimo e massimo stabilito dal Comune, sentite le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative a livello regionale.
2. Il Comune può, altresì, sentite le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi e le associazioni dei consumatori, fissare fasce orarie di apertura in ragione delle diverse esigenze dei consumatori e delle caratteristiche del territorio comunale.
3. L’orario prescelto è comunicato al Comune, in base ai criteri e alle modalità previsti dagli indirizzi regionali e pubblicizzato mediante l’esposizione di cartelli all’interno e all’esterno dell’esercizio.
4. Gli esercizi aperti al pubblico possono osservare una o più giornate di riposo settimanale, che devono essere indicate nei cartelli di cui al comma 3.
5. La chiusura temporanea degli esercizi è pubblicizzata mediante l’esposizione di un cartello leggibile dall’esterno ed è comunicata al Comune.
6. Il Comune, sentite le organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi e le associazioni dei consumatori, può predisporre programmi di apertura per turno degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande. Gli esercenti sono tenuti ad osservare i turni predisposti e a renderli noti al pubblico mediante l’esposizione di un cartello visibile sia all’interno che all’esterno.
7. Per i prodotti destinati alla somministrazione, l’obbligo di esposizione dei prezzi è assolto:
a) per quanto concerne le bevande, mediante esposizione, all’interno dell’esercizio, di apposita tabella ben visibile;
b) per quanto concerne gli alimenti, con le stesse modalità di cui alla lettera a), cui si aggiunge, per le attività di ristorazione, l’obbligo di esposizione della tabella anche all’esterno dell’esercizio o comunque leggibile dall’esterno.

8. Per l’offerta dei prodotti di cui al comma 7, lettera b), con formule a prezzo fisso, è vietata l’applicazione di costi aggiuntivi per servizio e coperto e deve essere chiaramente espresso il costo delle bevande non comprese nel costo fisso.
9. Qualora il servizio di somministrazione sia effettuato al tavolo, il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve indicare l’eventuale componente del servizio, con modalità tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico.


1. A chiunque eserciti l’attività di somministrazione di alimenti e bevande senza il prescritto titolo abilitativo o quando questo sia revocato o sospeso o decaduto ovvero in mancanza dei requisiti di cui all’articolo 61, si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 17 bis, comma 1, del r.d. 773/1931.
2. Per ogni altra violazione alle disposizioni della presente legge e a quelle adottate dai Comuni si applica la sanzione amministrativa prevista dall’articolo 17 bis, comma 3, del r.d. 773/1931.
3. Nelle fattispecie di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 17 ter e 17 quater del r.d. 773/1931.




1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale adotta il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, riguardante gli indirizzi e i criteri dell’articolo 62. Entro i centottanta giorni successivi, i Comuni stabiliscono i criteri di cui all’articolo 62, comma 2.
2. Fino all’entrata in vigore degli indirizzi regionali di cui all’articolo 62, comma 1, rimangono in vigore i criteri ed i parametri approvati dai singoli Comuni in base alla l.r. 9 dicembre 2005, n. 30 (Disciplina delle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande), abrogata dalla presente legge.
3. Entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Comune disciplina gli orari di cui all’articolo 68.



TITOLO IV
Distribuzione dei carburanti



1. Ai fini del presente titolo, si intende per:
a) rete di distribuzione di carburanti per autotrazione, l’insieme dei punti di vendita eroganti benzine, gasoli, gas di petrolio liquefatto (GPL), metano, nonché tutti i carburanti per autotrazione in commercio ivi comprese le colonnine per l’alimentazione di veicoli elettrici, ad esclusione degli impianti di cui alle lettere i), l) e m);
b) carburanti, le benzine, il gasolio, il GPL, il gas metano, l’olio lubrificante e tutti gli altri carburanti conformi ai requisiti tecnici indicati per ciascun carburante nelle tabelle della commissione tecnica di unificazione dell’autoveicolo (CUNA);
c) distributore, l’insieme delle attrezzature che permettono il trasferimento del carburante dal serbatoio dell’impianto al serbatoio del mezzo, misurando contemporaneamente i volumi o la quantità trasferiti, composto da:
1) una o più pompe o altro sistema di adduzione;
2) uno o più contatori o misuratori del volume di carburante erogato;
3) un dispositivo per la quantificazione dell’importo da pagare;
4) una o più pistole o valvole di intercettazione;
5) le tubazioni che li connettono;
d) impianto di distribuzione dei carburanti per autotrazione, il complesso commerciale unitario costituito da uno o più distributori e dai serbatoi dei carburanti erogabili, con le relative attrezzature, locali e attività accessorie, ubicato lungo la rete stradale ordinaria e lungo le autostrade;
e) potenziamento dell’impianto, l’aggiunta di uno o più carburanti erogabili o di colonnine per l’alimentazione di veicoli elettrici non presenti nell’autorizzazione o concessione originaria;
f) self-service pre-pagamento, il complesso di apparecchiature a moneta, a carta magnetica o a lettura ottica per l’erogazione automatica del carburante di cui l’utente si serve direttamente con pagamento anticipato e per il cui funzionamento non è necessaria l’assistenza di apposito personale;
g) self-service post-pagamento, il complesso di apparecchiature per l’erogazione automatica del carburante usato direttamente dall’utente, con pagamento effettuato successivamente al prelievo di carburante a personale incaricato, il quale provvede al controllo e al comando dell’erogazione mediante apparecchiatura elettronica e cassa centralizzata;
h) accettatore di carta di credito, l’apparecchio per il pagamento dell’importo relativo all’erogazione dei carburanti mediante carta di credito;
i) impianto di distribuzione di carburante per unità da diporto e avio ad uso pubblico, l’impianto ubicato all’interno delle aree portuali e aeroportuali, destinato all’esclusivo rifornimento dei natanti e degli aeromobili;
l) impianto di distribuzione di carburante esente da accisa per motovela e motopesca, l’impianto ubicato all’interno delle aree portuali, destinato all’esclusivo rifornimento di coloro che usufruiscono del carburante per autotrazione a esenzione da accisa;
m) impianto ad uso privato, l’impianto ubicato all’interno di aree di proprietà privata o pubblica non aperte al pubblico, quali stabilimenti, cantieri, magazzini e depositi, destinato all’esclusivo rifornimento di uno o più automezzi di proprietà, in locazione e in uso al titolare dell’autorizzazione. Tale impianto può erogare gasolio, benzine, GPL, metano e detenere oli lubrificanti in confezioni regolamentari. L’erogazione del carburante avviene con apparecchiature automatiche, per aspirazione, o con qualsiasi mezzo non automatico, comunque provvisto di un idoneo sistema di misurazione dell’erogato. I serbatoi devono essere interrati. Per i liquidi di categoria C (gasolio) possono essere utilizzati contenitori-distributori omologati con capacità non superiore a 9 metri cubi limitatamente ai casi previsti dalla normativa di sicurezza;
n) impianto ad uso privato per trasporto pubblico locale, l’impianto ubicato all’interno di aree di proprietà pubblica o privata non aperte al pubblico, quali stabilimenti o depositi o aree all’uopo attrezzate, destinato all’esclusivo rifornimento dei veicoli utilizzati per il trasporto pubblico e per i mezzi di servizio ausiliari dei soggetti che ivi esercitano tale attività e delle altre aziende di trasporto pubblico locale facenti parte delle società consortili di bacino firmatarie di contratti di servizio, nonché da parte delle amministrazioni comunali esercenti i servizi di trasporto in forma diretta.




1. Per gli impianti di distribuzione lungo le autostrade e i raccordi autostradali, la Giunta regionale con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, stabilisce:
a) la definizione degli indirizzi per l’ammodernamento della rete degli impianti autostradali di carburante, allo scopo di assicurare il miglioramento dell’efficienza della rete e l’incremento dei servizi resi all’utenza, in coerenza con le scelte effettuate in materia di assetto del territorio e di tutela dell’ambiente;
b) l’individuazione dei criteri e delle modalità per lo sviluppo delle attività commerciali integrative, artigianali, di somministrazione di alimenti e bevande e di altre eventuali attività negli impianti;
c) l’individuazione di eventuali altri criteri e parametri per le attività di distribuzione carburanti e per le attività commerciali accessorie.

2. Per gli impianti di distribuzione stradali, con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, la Giunta regionale stabilisce:
a) gli indirizzi per la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete degli impianti, allo scopo di assicurare il miglioramento dell’efficienza della rete e l’incremento dei servizi resi all’utenza, in coerenza con le scelte effettuate in materia di assetto del territorio e di tutela dell’ambiente;
b) le tipologie e le caratteristiche degli impianti;
c) gli standard di qualità e di prestazione dei servizi;
d) l’individuazione di eventuali altri criteri e parametri per le attività di distribuzione carburanti e per le attività commerciali accessorie;
e) l’incentivazione alla diffusione dei carburanti a basso impatto ambientale e all’efficienza energetica, privilegiando l’uso di fonti energetiche rinnovabili.

3. La Giunta regionale, con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, determina altresì:
a) le procedure relative all’installazione e alla modifica degli impianti;
b) gli orari di apertura e le turnazioni, in relazione alla tipologia degli impianti, alle caratteristiche del territorio, all’interesse dell’utenza e alla presenza del personale addetto al servizio;
c) le agevolazioni per le zone montane e i comuni svantaggiati.




1. Gli impianti di distribuzione dei carburanti sono realizzati, nel rispetto del regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, in tutte le zone omogenee del piano regolatore generale comunale, ad eccezione delle zone A ai sensi del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765). Gli impianti possono essere realizzati anche nelle fasce di rispetto a protezione del nastro stradale.
2. Presso gli impianti di distribuzione carburanti possono essere esercitate attività commerciali al dettaglio qualificabili come esercizi di vicinato, ivi comprese le rivendite di giornali e riviste, nonché attività artigianali, ricettive, di servizio e di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, in deroga alle norme di settore.
3. I soggetti titolari della licenza di esercizio dell’impianto di distributori di carburanti, rilasciata dall’Agenzia delle dogane, in possesso della tabella riservata di cui all’articolo 1 del d.m. 561/1996, hanno titolo a porre in vendita tutti i prodotti relativi al settore merceologico non alimentare. La vendita dei prodotti relativi al settore merceologico alimentare è svolta nel rispetto dei requisiti richiesti per il settore medesimo.
4. Le attività di cui al comma 2 sono accessorie all’attività di esercizio dell’impianto di distribuzione dei carburanti e non possono essere trasferite autonomamente e seguono gli orari e le turnazioni previsti per gli impianti di distribuzione carburanti.
5. Nelle aree tutelate ai sensi delle disposizioni in materia di beni ambientali e culturali di cui al d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), gli insediamenti devono essere realizzati nel rispetto delle norme di tutela.
6. La localizzazione degli impianti di carburanti stradali costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici su tutte le zone e sottozone del PRG non sottoposte a vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A.




1. La Giunta regionale esercita le funzioni amministrative relative agli impianti delle autostrade e dei raccordi autostradali concernenti:
a) il rilascio delle concessioni per l’installazione e l’esercizio degli impianti della rete autostradale;
b) il rilascio delle autorizzazioni per le modifiche, la ristrutturazione e il trasferimento della titolarità degli impianti della rete autostradale.

2. Alle concessioni di cui al comma 1, per quanto non previsto dalla presente legge si applica il d.p.r. 27 ottobre 1971, n. 1269 (Norme per l’esecuzione dell’articolo 16 del decreto legge 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge, con modificazioni, con la legge 18 dicembre 1970, n. 1034, riguardante la disciplina dei distributori automatici di carburante per autotrazione).
3. Spetta inoltre alla Regione ricevere le comunicazioni relative alle modifiche degli impianti costituenti potenziamento.
4. Per la sospensione e la decadenza della concessione si applica la disciplina di cui all’articolo 76.




1. I Comuni, sulla base di quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell’articolo 72, esercitano le funzioni amministrative relative agli impianti della rete ordinaria concernenti:
a) il rilascio delle autorizzazioni per l’installazione e l’esercizio di nuovi impianti;
b) il rilascio delle autorizzazioni al trasferimento degli impianti dalla posizione originaria ad altra all’interno del territorio comunale;
c) il rilascio delle autorizzazioni al prelievo ed al trasporto di carburanti in recipienti mobili;
d) il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti di distribuzione di carburante ad uso privato, per unità da diporto ad uso pubblico, avio per uso pubblico, motovela, nonché per motopesca esente da accisa;
e) il rilascio delle autorizzazioni all’esercizio di un impianto temporaneo in caso di ristrutturazione totale o parziale degli impianti già autorizzati;
f) la revoca, la sospensione e la decadenza delle autorizzazioni;
g) la fissazione degli orari e delle turnazioni;
h) l’applicazione delle sanzioni amministrative.

2. Spetta inoltre ai Comuni ricevere le comunicazioni relative al trasferimento della titolarità delle autorizzazioni e alle modifiche degli impianti costituenti potenziamento.




1. Il titolare dell’autorizzazione comunica al Comune la sospensione temporanea dell’attività degli impianti per un periodo non superiore a sei mesi, eccezionalmente prorogabile per altri sei mesi qualora non ostino le esigenze dell’utenza. Nei casi di documentata forza maggiore la sospensione si protrae per tutta la durata dell’impedimento.
2. Al termine del periodo di sospensione dell’attività dell’impianto il titolare deve rimettere in esercizio l’impianto. Trascorso inutilmente tale termine, il Comune diffida l’interessato a riattivare l’impianto entro il termine di trenta giorni, pena la decadenza dell’autorizzazione.
3. I lavori per la realizzazione di nuovi impianti e per trasferimenti sono ultimati nel termine massimo di dodici mesi dalla data di esecutività del provvedimento di autorizzazione, salvo proroga di ulteriori sei mesi che può essere concessa dal Comune, su richiesta presentata almeno un mese prima della data di scadenza del termine di ultimazione, in caso di comprovata impossibilità ad eseguire i lavori nel termine indicato. Nei casi di documentata forza maggiore, il Comune può autorizzare la proroga per tutta la durata dell’impedimento. Il superamento dei termini suddetti per un periodo inferiore a tre mesi determina l’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 81, comma 1, lettera c); in caso di superamento eccedente i tre mesi, l’autorizzazione decade.
4. Il Comune, altresì, dichiara la decadenza dell’autorizzazione qualora vengano meno i requisiti di cui all’articolo 8.
5. La decadenza dell’autorizzazione comporta lo smantellamento dell’impianto e il ripristino del sito da parte del titolare entro il termine fissato dal Comune. Trascorso inutilmente tale termine il Comune provvede con spese a carico del titolare.



1. Gli impianti autostradali e stradali, compresi quelli ad uso privato, sono collaudati, prima di essere posti in esercizio, su richiesta degli interessati rispettivamente alla Regione e al Comune competente per territorio, da una commissione costituita da un rappresentante dell’Agenzia delle dogane, da un rappresentante del Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio, da un rappresentante della struttura regionale competente in materia di commercio e da un rappresentante comunale.
2. Il collaudo è obbligatorio per i nuovi impianti, i potenziamenti, i trasferimenti, nonché per le seguenti modifiche:
a) aggiunta di distributori per prodotti già autorizzati;
b) aumento del numero e della capacità di stoccaggio dei serbatoi;
c) installazione dei dispositivi self-service pre-pagamento.

3. Le modifiche non soggette a collaudo devono essere realizzate nel rispetto delle norme di sicurezza e di quelle fiscali, documentato da un’attestazione, rilasciata da tecnico abilitato, da trasmettere alla Regione e al Comune, al Comando provinciale dei vigili del fuoco e all’Agenzia delle dogane.
4. La Regione o il Comune, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta di cui al comma 1, convoca la commissione di collaudo, che provvede entro i trenta giorni successivi.
5. Ai componenti la commissione spetta, per ogni collaudo, un rimborso spese forfettario a carico della ditta richiedente, il cui importo e le cui modalità di pagamento sono stabilite dalla Giunta regionale.
6. La Regione o il Comune, in attesa del collaudo, rilascia, su richiesta del titolare, l’autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impianto fino all’effettuazione del collaudo medesimo. La domanda è presentata alla Regione o al Comune competente, unitamente alla perizia giurata a firma di un tecnico abilitato attestante il rispetto delle norme vigenti.




1. La struttura regionale competente in materia procede alla costante verifica dei dati relativi alla consistenza e alla dinamica della rete di distribuzione dei carburanti.
2. I Comuni, l’Agenzia delle dogane, i Comandi provinciali dei vigili del fuoco, l’ANAS, le Province, i titolari delle concessioni e delle autorizzazioni, nonché i gestori degli impianti, trasmettono, su richiesta della Regione, i dati necessari, anche ai fini dell’aggiornamento dell’anagrafe tributaria regionale, utilizzando l’apposito modello predisposto dalla struttura regionale competente. I Comuni trasmettono altresì alla Regione copia degli atti amministrativi adottati.
3. La struttura di cui al comma 1 svolge altresì la funzione di osservatorio permanente per l’analisi e lo studio delle problematiche strutturali e congiunturali del settore attraverso la raccolta e l’aggiornamento delle informazioni sulla rete distributiva in una banca dati informatizzata, nonché attraverso la promozione di indagini e ricerche e la realizzazione di strumenti di informazione periodica destinati agli operatori, alle organizzazioni professionali, agli istituti di ricerca ed alle istituzioni pubbliche.




1. È considerato incompatibile l’impianto stradale che versa in una delle seguenti condizioni:
a) è situato in zona A ai sensi del vigente piano regolatore generale;
b) crea intralcio al traffico ai sensi del comma 2;
c) è privo di fuoristrada;
d) ha accessi non conformi alle disposizioni del codice della strada;
e) non è provvisto di servizi igienico-sanitari per gli utenti, anche in condizione di disabilità;
f) è localizzato fuori del centro abitato, in corrispondenza di biforcazioni di strade con incroci ad ipsilon e ubicato sulla cuspide degli stessi con accessi su più strade pubbliche;
g) è localizzato fuori del centro abitato all’interno di curve aventi raggio minore od uguale a metri 100, salvo si tratti di un unico impianto.

2. Un impianto crea intralcio al traffico quando nel tratto di sede stradale ad esso prospiciente, dove la circolazione avviene in un solo o nei due sensi di marcia e qualunque sia l’ampiezza della strada stessa, chi deve effettuare il rifornimento o il travaso di carburanti è costretto ad arrestarsi sulla carreggiata.
3. Gli impianti non dotati di attività accessorie che non sono provvisti dei servizi di cui al comma 1, lettera e), esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, devono essere adeguati in occasione della prima richiesta di modifica successiva alla data di entrata in vigore della legge medesima.
4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge i titolari degli impianti esistenti, che non hanno avuto da parte del Comune la verifica di compatibilità ai sensi dell’articolo 10 della l.r. 24 luglio 2002, n. 15 (Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione), trasmettono al Comune una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, corredata da perizia giurata di un tecnico abilitato, che attesta che l’impianto non si trova nelle condizioni di cui al comma 1, salvo quanto previsto al comma 3, ovvero è stato adeguato.
5. Per gli impianti incompatibili l’autorizzazione decade e l’impianto deve essere smantellato con le modalità di cui all’articolo 76, comma 5.




1. La vigilanza sull’applicazione del presente titolo è esercitata dalla Regione e dai Comuni. I titolari delle concessioni e delle autorizzazioni sono tenuti a consentire agli incaricati il libero accesso agli impianti, nonché a fornire tutte le informazioni richieste.
2. Restano fermi i controlli di natura fiscale e quelli attinenti alla tutela della sicurezza e incolumità pubblica, nonché alla sicurezza sanitaria, ambientale e stradale demandati alle amministrazioni competenti.




1. È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500,00 ad euro 15.000,00 colui che:
a) installa o mantiene in esercizio un impianto senza autorizzazione;
b) procede ad una modifica dell’impianto o ne modifica la composizione in mancanza di autorizzazione o di comunicazione;
c) non rispetta il termine di esecuzione lavori;
d) installa un impianto ad uso privato senza autorizzazione o fornisce carburante a veicoli non rientranti nell’autorizzazione medesima;
e) rifornisce utenti sprovvisti di recipienti mobili conformi alle norme di sicurezza o operatori privi di autorizzazione; per recipienti mobili con quantitativi inferiori a litri 30 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 150,00 ad euro 300,00;
f) attiva l’impianto prima dell’effettuazione del collaudo di cui all’articolo 77.

2. È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500,00 ad euro 3.000,00 colui che:
a) effettua modifiche all’impianto non costituenti potenziamento, omettendone la comunicazione;
b) attiva le modifiche all’impianto in mancanza dell’attestazione di cui all’articolo 77, comma 3;
c) non espone il cartello relativo ai prezzi praticati;
d) non rispetta gli orari e le turnazioni;
e) espone cartelli o qualsiasi altro mezzo pubblicitario con i quali si creino nell’utente false aspettative e si eluda la normativa in materia di pubblicità ingannevole.

3. Nei casi di particolare gravità o in caso di recidiva, il Comune può disporre la sospensione dell’attività per un periodo non superiore a trenta giorni.
4. Nel caso previsto dal comma 1, lettera a), l’attività dell’impianto è sospesa fino all’ottenimento dell’autorizzazione, e, ove non concessa, l’impianto viene smantellato con le modalità di cui all’articolo 76, comma 5.




1. Le domande di autorizzazione già presentate ai Comuni alla data di entrata in vigore della presente legge sono esaminate ai sensi della normativa in vigore alla data di presentazione.
2. Il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, riguardante la disciplina del titolo IV, è adottato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I Comuni adeguano le proprie disposizioni regolamentari entro un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 2.



TITOLO V
Interventi finanziari per il commercio



1. La Regione concede contributi per:
a) la realizzazione di progetti relativi alla riqualificazione e alla valorizzazione commerciale di vie, aree o piazze, con particolare riguardo ai centri storici, zone pedonalizzate e a traffico limitato;
b) la sistemazione e la riqualificazione di aree destinate ai mercati;
c) la realizzazione dell’assistenza tecnica, della progettazione, dell’innovazione tecnologica ed organizzativa;
d) la realizzazione di programmi di intervento per la promozione e l’attivazione di “Centri commerciali naturali”, intesi come centri urbanizzati a vocazione commerciale, volti alla rigenerazione e al rinnovo commerciale attraverso la formazione di partnership pubblico-privato;
e) la promozione delle produzioni tipiche, di qualità e di eccellenza delle Marche;
f) la promozione e la diffusione presso le imprese, di metodologie per l’adeguamento della qualità aziendale complessiva agli standard richiesti dalla normativa statale e comunitaria;
g) la realizzazione di progetti aziendali per l’attuazione di sistemi di qualità per la fornitura e la realizzazione di servizi e prodotti, in conformità alla normativa nazionale e comunitaria;
h) la certificazione di sistemi di qualità per imprese del commercio e dei servizi;
i) progetti riguardanti l’insediamento e lo sviluppo di esercizi commerciali polifunzionali;
l) misure per lo sviluppo del commercio elettronico, del commercio equo e solidale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche;
m) lo sviluppo di cooperative di garanzia e di consorzi fidi e di credito mediante l’ integrazione dei fondi rischi e del patrimonio di garanzia, nonché per l’installazione di attrezzature elettroniche e meccanografiche;
n) la promozione e l’incentivazione di misure concrete per garantire una maggiore sicurezza alle imprese commerciali che all’interno dei loro luoghi di lavoro svolgono attività sottoposte al rischio criminalità.

2. La Regione concede, altresì, contributi ai Comuni per la costituzione di un fondo da destinare alle attività commerciali ed eventualmente anche alle attività artigianali e di servizio, per i danni subiti a causa dell’esecuzione dei lavori pubblici.




1. Possono concorrere alla concessione dei contributi previsti dalla presente legge i Comuni, le Comunità Montane e le Unioni di Comuni, e i seguenti soggetti, aventi sede operativa nella regione:
a) le piccole e medie imprese esercenti il commercio, nonché quelle esercenti la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande;
b) i soggetti distributivi costituiti in forma cooperativa o in altra forma societaria aventi, quale attività primaria, l’acquisto in comune di merci per conto delle imprese associate;
c) le cooperative e i consorzi fidi, aventi fini di mutualità tra gli aderenti, con sede nel territorio della regione, costituiti tra esercenti il commercio all’ingrosso e al dettaglio in sede fissa o ambulante, tra esercenti la somministrazione di alimenti e bevande e altri operatori del settore commerciale, turistico e dei servizi;
d) consorzi fidi di secondo grado costituiti da cooperative di garanzia o consorzi fidi di operatori commerciali e turistici, operanti nell’ambito della regione e costituiti da almeno mille soci complessivamente;
e) i centri di assistenza tecnica di cui all’articolo 6.

2. Ai fini della presente legge sono considerate piccole e medie imprese quelle così individuate dalla normativa comunitaria.
3. I soggetti di cui al comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), ammessi a contributo regionale sono tenuti ad esercitare l’attività per un periodo di almeno quattro anni a decorrere dalla data di concessione del contributo.
4. Le cooperative e i consorzi fidi di cui al comma 1, lettera c), per accedere ai contributi previsti dalla presente legge, devono essere composti da almeno duecento soci e avere in atto, al momento della presentazione della domanda un ammontare di affidamenti superiore ad un milione di euro.




1. La Giunta regionale, previo parere della competente Commissione assembleare, approva un programma annuale di utilizzo delle risorse destinate al finanziamento degli interventi di cui alla presente legge.
2. La Giunta regionale, sulla base del programma di cui al comma 1, per ciascun intervento ivi previsto, adotta i criteri e le modalità per la concessione dei contributi.



TITOLO VI
Sistema fieristico regionale



1. Il sistema fieristico regionale è costituito dai quartieri fieristici e dalle manifestazioni realizzate nell’ambito del territorio regionale.
2. Ai fini del presente titolo si intendono per:
a) manifestazioni fieristiche, le attività svolte in via ordinaria, in regime di diritto privato ed in ambito concorrenziale per la presentazione e la promozione o la commercializzazione, limitate nel tempo ed in idonei complessi espositivi, di beni e servizi, destinate a visitatori generici e ad operatori professionali dei settori economici coinvolti;
b) quartieri fieristici, le aree appositamente edificate e attrezzate per ospitare manifestazioni fieristiche internazionali o nazionali, a tal fine destinate dalla pianificazione urbanistica territoriale;
c) organizzatori, i soggetti pubblici e privati che esercitano attività di progettazione, realizzazione e promozione di manifestazioni fieristiche;
d) enti fieristici, i soggetti che hanno la disponibilità, a qualunque titolo, dei quartieri fieristici, anche al fine di promuovere l’attività fieristica;
e) superficie netta, la superficie in metri quadrati effettivamente occupata, a titolo oneroso, dagli espositori nei quartieri fieristici.

3. Tra le manifestazioni fieristiche di cui al comma 2, lettera a), sono individuate in particolare le seguenti tipologie:
a) fiere generali, senza limitazione merceologica, aperte al pubblico, dirette alla presentazione e all’eventuale vendita, anche con consegna immediata, dei beni e dei servizi esposti;
b) fiere specializzate, limitate ad uno o più settori merceologici omogenei o tra loro connessi, riservate agli operatori professionali, dirette alla presentazione e alla promozione dei beni e dei servizi esposti, con contrattazione solo su campione e con possibile accesso del pubblico in qualità di visitatore;
c) mostre mercato, limitate ad uno o più settori merceologici omogenei o connessi tra loro, aperte al pubblico indifferenziato o ad operatori professionali, dirette alla promozione o anche alla vendita dei prodotti esposti;
d) esposizioni aperte al pubblico, dirette alla promozione sociale, tecnica, scientifica e culturale, con esclusione di ogni immediata finalità commerciale.
4. L’attività fieristica è libera ed è esercitata secondo i principi di trasparenza e di tutela della concorrenza. Nello svolgimento delle manifestazioni fieristiche si applicano le norme igienico-sanitarie, di sicurezza ambientale e sul lavoro vigenti.
5. L’attività di vendita all’interno delle fiere generali e delle mostre mercato e l’accesso del pubblico indifferenziato alle fiere specializzate sono disciplinate dal regolamento della manifestazione.
6. La Regione e i Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, garantiscono la parità di condizioni per l’accesso alle strutture e l’adeguatezza della qualità dei servizi agli espositori e agli utenti, assicurando il coordinamento delle manifestazioni ufficiali, nonché la pubblicità dei dati e delle informazioni ad esse relativi.
7. Sono escluse dall’ambito di applicazione del presente titolo:
a) le esposizioni universali, disciplinate dalla Convenzione sulle esposizioni internazionali firmata a Parigi il 22 novembre 1928;
b) le esposizioni permanenti di beni e di servizi;
c) le iniziative volte alla vendita di beni e servizi esposti presso i locali di produzione;
d) l’attività di esposizione e di vendita di opere di interesse artistico e culturale, in quanto disciplinate dalle leggi di settore;
e) le esposizioni a carattere non commerciale di opere d’arte o di beni culturali;
f) le esposizioni, a scopo promozionale o di vendita, realizzate nell’ambito di convegni o manifestazioni culturali, purché non superino i mille metri quadrati di superficie netta;
g) le attività di vendita di beni e servizi disciplinate dalla normativa sul commercio in sede fissa e sul commercio al dettaglio in aree pubbliche;
h) le manifestazioni legate a tradizioni locali, quali le feste e le sagre paesane, comprese quelle collegate a celebrazioni devozionali o di culto;
i) le mostre collegate al collezionismo qualora non abbiano finalità di vendita o di mercato.




1. Con il regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, la Giunta regionale stabilisce in particolare:
a) i requisiti e le modalità per l’attribuzione della qualifica di cui all’articolo 88;
b) i termini, le modalità e i requisiti relativi alla comunicazione di cui all’articolo 89;
c) le modalità per la redazione del calendario di cui all’articolo 90;
d) i requisiti di idoneità dei quartieri fieristici e le modalità di verifica degli stessi ai sensi dell’articolo 91;
e) le modalità per l’iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 92;
f) le modalità per la creazione di un sistema omogeneo di controllo e certificazione dei dati relativi alle manifestazioni internazionali e nazionali.




1. Le manifestazioni fieristiche sono qualificate di rilevanza internazionale, nazionale o locale in relazione al loro grado di rappresentatività dei settori economici cui la manifestazione è rivolta, al programma ed agli scopi dell’iniziativa, alla provenienza degli espositori e dei visitatori.
2. La qualifica di manifestazione fieristica di rilevanza internazionale e nazionale è attribuita dalla Regione, con decreto del dirigente della struttura organizzativa competente in materia, in base ai requisiti e alle modalità stabiliti con il regolamento adottato ai sensi dell’articolo 87, in conformità ai seguenti criteri:
a) numero, provenienza e rappresentatività degli espositori dei settori cui la manifestazione è rivolta;
b) numero e qualificazione professionale e commerciale dei visitatori.

3. La qualifica di manifestazione fieristica di rilevanza locale è attribuita dal Comune nel cui territorio si svolge la manifestazione, con le modalità stabilite dal regolamento adottato ai sensi dell’articolo 87.
4. Gli organizzatori di manifestazioni fieristiche con qualifica internazionale o nazionale hanno l’obbligo di certificazione del proprio bilancio annuale da parte di una società di revisione contabile iscritta nell’apposito albo della Commissione nazionale per la società e la borsa (CONSOB) o di equivalente organo di Stati membri dell’Unione europea o di Stati terzi.




1. I soggetti pubblici e privati che intendono organizzare manifestazioni fieristiche inviano agli enti indicati al comma 2 una comunicazione contenente i dati relativi alle manifestazioni medesime e la dichiarazione del possesso dei requisiti stabiliti ai sensi del comma 4, al fine di garantire la necessaria qualità del servizio offerto e la sicurezza della manifestazione.
2. La comunicazione è inviata al dirigente della struttura organizzativa regionale competente in caso di manifestazioni di rilevanza internazionale e al Comune competente per territorio negli altri casi. Il Comune trasmette alla Regione i dati delle manifestazioni di propria competenza al fine della redazione del calendario di cui all’articolo 90.
3. La manifestazione fieristica può essere effettuata decorsi sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione o delle eventuali informazioni integrative richieste.
4. I termini e le modalità di presentazione della comunicazione, i dati e i requisiti da comunicare sono stabiliti con il regolamento adottato ai sensi dell’articolo 87. Nella fissazione dei requisiti, il regolamento deve tener conto, per gli operatori provenienti da altri Stati membri dell’Unione europea, delle norme alle quali gli stessi sono sottoposti nello Stato di provenienza. L’organizzazione di manifestazioni da parte di soggetti aventi sede legale in Stati non appartenenti all’Unione europea può essere subordinata all’esistenza di condizioni di reciprocità, nel rispetto delle norme internazionali.
5. La durata delle manifestazioni fieristiche non può essere superiore a quindici giorni, salvo deroghe consentite in presenza di particolari condizioni produttive e commerciali.




1. Il calendario regionale delle manifestazioni fieristiche che si svolgono sul territorio regionale è pubblicato a cura della struttura organizzativa regionale competente nel Bollettino ufficiale della Regione entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello in cui si svolgono le manifestazioni.
2. Il calendario è redatto in base alle modalità stabilite dal regolamento adottato ai sensi dell’articolo 87 e riporta per ogni manifestazione:
a) la denominazione ufficiale;
b) la tipologia e la qualifica;
c) il luogo e il periodo di svolgimento;
d) i settori merceologici interessati;
e) gli estremi della comunicazione di cui all’articolo 89.

3. Gli organizzatori indicano gli estremi della comunicazione di cui all’articolo 89 in ogni genere di pubblicità relativa alla singola manifestazione.




1. I requisiti di idoneità dei quartieri fieristici per lo svolgimento di manifestazioni rispettivamente internazionali, nazionali e locali, nonché le modalità di verifica di tali requisiti da parte del Comune competente per territorio sono determinati dal regolamento adottato ai sensi dell’articolo 87.




1. Gli enti fieristici devono:
a) avere la proprietà o la disponibilità del quartiere fieristico per un periodo non inferiore a sei anni;
b) avere ad oggetto la gestione del quartiere fieristico, e specificatamente dei beni immobili e mobili adibiti a finalità ed usi fieristici, nonché dei servizi essenziali ad esso relativi;
c) assicurare su base annuale il reinvestimento di parte degli utili in iniziative di sviluppo, valorizzazione e promozione delle strutture e delle attività fieristiche.

2. Al fine di consentire la verifica periodica del rispetto dei requisiti di cui al comma 1, gli enti inviano annualmente al Comune competente per territorio, entro il mese di settembre, una dichiarazione del legale rappresentante attestante il rispetto dei requisiti stessi, evidenziando le variazioni intervenute rispetto all’anno precedente.
3. Al fine di assicurare trasparenza e parità di condizioni tra tutti gli operatori, i soggetti di cui al comma 1 che svolgano anche attività di organizzazione di manifestazioni fieristiche provvedono all’amministrazione e alla rendicontazione contabile separate delle diverse attività.
4. Presso la struttura organizzativa regionale competente è istituito l’elenco regionale degli enti fieristici, al fine di monitorare l’evoluzione del settore, delle tipologie concorrenziali e della distribuzione delle manifestazioni fieristiche sul territorio regionale.
5. La Giunta regionale determina le modalità per la tenuta dell’elenco di cui al comma 4.




1. Ai fini della promozione e dello sviluppo del sistema fieristico regionale, la Giunta regionale adotta annualmente il programma delle attività promozionali per l’anno successivo, con l’individuazione delle iniziative da svolgere nel territorio regionale.
2. Nell’ambito del programma di cui al comma 1 ed in base alle disponibilità di bilancio, la Giunta regionale, secondo i principi di cui al d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123 (Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59), detta i criteri e le modalità per la concessione di contributi ai soggetti organizzatori delle manifestazioni fieristiche iscritte nel calendario di cui all’articolo 90, nonché per la concessione di contributi agli enti di cui all’articolo 92 per progetti di investimento presentati dai medesimi.




1. La vigilanza sul rispetto delle norme di cui al presente titolo è esercitata dai Comuni, nonché da personale regionale incaricato.
2. In caso di organizzazione o svolgimento di manifestazioni fieristiche in mancanza della previa comunicazione o in caso di svolgimento di manifestazioni fieristiche con modalità diverse da quelle comunicate, è disposta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di euro 5,00 ad un massimo di euro 50,00 per ciascun metro quadrato di superficie netta, nonché la revoca della qualifica e l’esclusione dal calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica per un periodo da due a cinque anni.
3. In caso di abuso della qualifica di manifestazione internazionale o nazionale, è disposta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma compresa tra il 10 e il 30 per cento del fatturato della manifestazione, nonché l’esclusione dal calendario regionale e dal riconoscimento di qualifica nei due anni successivi.
4. In caso di violazione degli obblighi sulla correttezza e veridicità dell’informazione e della pubblicità verso gli utenti, è disposta la sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma compresa tra l’1 e il 10 per cento del fatturato della manifestazione.
5. In caso di violazione delle norme del regolamento della singola manifestazione fieristica, è disposta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10,00 ad euro 100,00 per ogni metro quadrato di superficie netta.
6. In caso di recidiva, le sanzioni amministrative pecuniarie di cui al presente articolo sono raddoppiate.
7. Le sanzioni sono irrogate dai Comuni in base a quanto previsto dalla l.r. 33/1998.




1. Sono iscritti d’ufficio nell’elenco di cui all’articolo 92, comma 4, gli enti fieristici già iscritti ai sensi dell’articolo 10 della l.r. 24 novembre 2004, n. 24 (Ordinamento del sistema fieristico regionale) abrogata dalla presente legge.
2. La riorganizzazione dell’Ente unico regionale per le manifestazioni fieristiche (ERF), istituito dalla l.r. 13 aprile 1995, n. 52 (Disciplina delle manifestazioni fieristiche), è effettuata ai sensi dell’articolo 11 della l.r. 24/2004.



TITOLO VII
Norme finali



1. In caso di inadempienza degli enti locali nell’esercizio delle funzioni e compiti di cui alla presente legge, la Giunta regionale, previa diffida, sentito il Consiglio delle autonomie locali, interviene in via sostitutiva nominando un commissario per il compimento degli atti dovuti.
2. Gli oneri conseguenti all’attività del commissario sono posti a carico dell’ente interessato.




1. E’ istituito il fondo unico per il commercio finalizzato a sostenere ed a incrementare le attività di cui alla presente legge.
2. Il fondo è alimentato dalle risorse comunitarie, statali e regionali destinate al settore.
3. La Giunta regionale determina le modalità di riparto del fondo sulla base del programma di cui all’articolo 85.




1. Alla realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge concorrono risorse statali e regionali.
2. A decorrere dall’anno 2010, l’entità della spesa regionale sarà stabilita dalla legge finanziaria regionale nel rispetto degli equilibri di bilancio.
3. Le somme occorrenti per il pagamento delle spese relative alla realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge sono iscritte nelle seguenti UPB: 3.16.03, 3.16.04, 3.17.01, 3.17.02, 3.17.03 e 3.17.04 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno 2010 a carico dei capitoli che la Giunta regionale è autorizzata ad istituire ai fini della gestione nel programma operativo annuale.




1. Le Province, entro un anno dall’approvazione del regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, adeguano i propri PTC alle disposizioni di cui all’articolo 3.
2. Le disposizioni contenute nell’articolo 31 della l.r. 24 dicembre 2008, n. 37 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2009 e pluriennale 2009/2011 della Regione. Legge finanziaria 2009) sono prorogate fino all’approvazione del regolamento di cui all’articolo 2, comma 1, della presente legge.
3. Le disposizioni della presente legge prevalgono sulle eventuali diverse previsioni degli strumenti urbanistici provinciali e comunali, finché le Province ed i Comuni non abbiano adeguato i propri strumenti di programmazione urbanistica e commerciale al regolamento di cui all’articolo 2, comma 1.
4. I regolamenti dei mercati e dei centri di cui all’articolo 47, già operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, sono adeguati entro un anno dalla data di adozione del regolamento tipo di cui all’articolo 50.
5. Fino alla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 2 e delle altre disposizioni attuative della presente legge, continuano ad applicarsi le corrispondenti disposizioni adottate ai sensi delle norme abrogate salvo quanto previsto per le grandi strutture di vendita ai sensi del comma 6.
6. Le Province, in attesa dell’adeguamento di cui al comma 1, hanno la facoltà di sospendere le autorizzazioni al rilascio delle aperture delle grandi strutture di vendita per un periodo massimo di due anni dall’entrata in vigore del regolamento regionale di cui all’articolo 2.
7. Gli interventi di cui alla presente legge sono attuati in base ai principi di cui al d.lgs. 123/1998.
8. I contributi sono concessi nel rispetto della normativa comunitaria.




1. Sono o restano abrogate le seguenti leggi regionali:
a) 21 maggio 1975, n. 41 (Costituzione di un fondo speciale per la concessione di contributi a favore delle piccole e medie imprese commerciali che intendono associarsi sia nella fase dell’approvvigionamento sia nella fase di vendita delle merci);
b) 21 luglio 1977, n. 27 (Costituzione di un fondo per l’erogazione di contributi a favore delle piccole e medie imprese commerciali che intendono associarsi sia nella fase dell’approvvigionamento sia nella fase di vendita delle merci. Rifinanziamento della l.r. 21 maggio 1975, n. 41);
c) 15 maggio 1978, n. 11 (Costituzione di un fondo per l’erogazione di contributi in favore delle piccole e medie imprese commerciali che intendono associarsi sia nella fase dell’approvvigionamento sia nella fase di vendita delle merci. Rifinanziamento della l.r. 21 maggio 1975, n. 41);
d) 3 giugno 1982, n. 19 (Integrazione e rifinanziamento della l.r. 21 maggio 1975, n. 41 avente ad oggetto: Costituzione di un fondo speciale per la concessione di contributi a favore di piccole e medie imprese commerciali che intendono associarsi sia nella fase di approvvigionamento, sia nella fase della vendita delle merci);
e) 25 agosto 1983, n. 29 (Indirizzi programmatici ai comuni per la predisposizione dei piani di localizzazione dei punti ottimali di vendita di giornali e riviste);
f) 31 agosto 1984, n. 29 (Disciplina dei mercati all’ingrosso);
g) 22 gennaio 1987, n. 11 (Interventi finanziari per il commercio);
h) 12 aprile 1991, n. 10 (Integrazione e modifiche alla l.r. 25 agosto 1983, n. 29 “Indirizzi programmatici ai comuni per la predisposizione dei piani di localizzazione dei punti ottimali di vendita di giornali e riviste”);
i) 13 aprile 1995, n. 52 (Disciplina delle manifestazioni fieristiche);
l) 21 novembre 1997, n. 67 (Disciplina dei centri agroalimentari);
m) 6 luglio 1998, n. 21 (Interventi finanziari per il commercio);
n) 4 ottobre 1999, n. 26 (Norme ed indirizzi per il settore del commercio);
o) 24 luglio 2002, n. 15 (Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione);
p) 15 ottobre 2002, n. 19 (Modifiche della legge regionale 4 ottobre 1999, n. 26 concernente: “Norme ed indirizzi per il settore del commercio”);
q) 24 novembre 2004, n. 24 (Ordinamento del sistema fieristico regionale) fatto salvo quanto previsto all’articolo 95, comma 2, della presente legge;
r) 23 febbraio 2005, n. 9 (Ulteriori modifiche della l.r. 4 ottobre 1999, n. 26 “Norme e indirizzi per il settore del commercio” e modifica della l.r. 24 luglio 2002, n. 15 “Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione”);
s) 9 dicembre 2005, n. 30 (Disciplina delle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande);
t) 21 dicembre 2006, n. 19 (Modifiche della legge regionale 4 ottobre 1999, n. 26 “Norme ed indirizzi per il settore del commercio”).

2. Sono o restano altresì abrogati:
a) l’articolo 30 della l.r. 28 dicembre 2000, n. 30 (Assestamento del bilancio 2000);
b) gli articoli 27 e 28 della l.r. 23 aprile 2002, n. 6 (Provvedimento generale di rifinanziamento e modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 2002);
c) il regolamento regionale 20 luglio 2004, n. 5 (Norme di attuazione della legge regionale 24 luglio 2002, n. 15 in materia di razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione);
d) l’articolo 12 della l.r. 28 ottobre 2003, n. 19 (Assestamento del bilancio 2003);
e) l’articolo 6 della l.r. 20 gennaio 2004, n. 1 (Modificazioni delle leggi regionali contenenti disposizioni che attribuiscono il potere regolamentare alla Giunta regionale);
f) l’articolo 22 della l.r. 24 dicembre 2004, n. 29 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 2005);
g) l’articolo 33 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 2006);
h) i commi 14 e 15 dell’articolo 12 della l.r. 2 agosto 2006, n. 13 (Assestamento del bilancio 2006);
i) la lettera hh) del comma 2 dell’articolo 16 della l.r. 10 aprile 2007, n. 4 (Disciplina del Consiglio delle Autonomie locali);
l) il regolamento regionale 30 ottobre 2007, n. 3 (Attuazione della legge regionale 24 novembre 2004, n. 24 “Ordinamento del sistema fieristico regionale”).