Leggi e regolamenti regionali
Atto: | LEGGE REGIONALE 29 marzo 1983, n. 8 |
Titolo: | Norme per la protezione e la tutela della fauna e per la disciplina della caccia. |
Pubblicazione: | (B.u.r. 30 marzo 1983, n. 34) |
Stato: | Abrogata |
Tema: | SVILUPPO ECONOMICO E ATTIVITA’ PRODUTTIVE |
Settore: | CACCIA - PESCA - ACQUACOLTURA |
Materia: | Protezione della fauna - Attività venatoria |
Note: | Abrogata dall'art. 44, l.r. 5 gennaio 1995, n. 7. |
Sommario
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1 (Finalità)
Art. 2 (Oggetto della tutela)
Art. 3 (Soppressione dei comitati provinciali della caccia)
TITOLO II Piano faunistico regionale
Art. 4 (Oggetto del piano faunistico)
Art. 5 (Carta faunistico-venatoria)
Art. 6 (Controlli sulla selvaggina)
Art. 7 (Oasi di protezione della fauna)
Art. 8 (Zone di ripopolamento e cattura)
Art. 9 (Aziende faunistico-venatorie)
Art. 10 (Centri pubblici di produzione della selvaggina)
Art. 11 (Centri privati di produzione di selvaggina)
Art. 12 (Zone di addestramento cani)
Art. 13 (Aree faunistico-venatorie a gestione sociale)
Art. 14 (Osservatori ornitologici a scopo scientifico)
Art. 15 (Cattura della fauna selvatica a scopo scientifico ed amatoriale)
Art. 16 (Incentivi per il ripristino e la salvaguardia dell'ambiente ai fini della produzione della selvaggina)
Art. 17 (Fondo di tutela delle produzioni agricole)
Art. 18 (Procedura per l'istituzione degli ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica)
Art. 19 (Aree demaniali)
Art. 20 (Commissione tecnica provinciale sulla fauna e sui problemi venatori)
TITOLO III Esercizio di caccia
Art. 21 (Nozione di attività venatoria)
Art. 22 (Abilitazione venatoria)
Art. 23 (Commissione d'esame per l'abilitazione venatoria)
Art. 24 (Materie oggetto di esame)
Art. 25 (Ammissione all'esame di abilitazione venatoria)
Art. 26 (Registro dei cacciatori)
Art. 27 (Tesserino di caccia)
Art. 28 (Giornate di caccia)
Art. 29 (Calendario venatorio regionale)
Art. 30 (Addestramento ed allenamento dei cani da caccia)
Art. 31 (Appostamenti di caccia)
Art. 32 (Fondi chiusi)
Art. 33 (Terreni in attualità di coltivazione)
Art. 34 (Allevamenti di selvaggina)
Art. 35 (Controlo della fauna)
Art. 36 (Attività di tassidermia ed imbalsamazione)
TITOLO IV Divieti - Vigilanza venatoria sanzioni
Art. 37 (Divieti)
Art. 38 (Vigilanza faunistico-venatoria)
Art. 39 (Corsi di qualificazione ed aggiornamento per agenti venatori)
Art. 40 (Tasse di concessione regionale)
Art. 41 (Sanzioni)
Art. 42 (Sospensione, esclusione e revoca della licenza di porto d'armi per uso di caccia)
Art. 43 (Associazioni venatorie)
TITOLO V Esercizio della delega
Art. 44 (Disciplina del rapporto di delega)
Art. 45 (Corresponsione alle province di somme per l'esercizio delle funzioni delegate)
TITOLO VI Disposizioni finanziarie
Art. 46 (Autorizzazioni di spesa)
TITOLO VII Disposizioni transitorie e finali
Art. 47 (Rinvio e abrogazione)
Art. 1 (Finalità)
Art. 2 (Oggetto della tutela)
Art. 3 (Soppressione dei comitati provinciali della caccia)
TITOLO II Piano faunistico regionale
Art. 4 (Oggetto del piano faunistico)
Art. 5 (Carta faunistico-venatoria)
Art. 6 (Controlli sulla selvaggina)
Art. 7 (Oasi di protezione della fauna)
Art. 8 (Zone di ripopolamento e cattura)
Art. 9 (Aziende faunistico-venatorie)
Art. 10 (Centri pubblici di produzione della selvaggina)
Art. 11 (Centri privati di produzione di selvaggina)
Art. 12 (Zone di addestramento cani)
Art. 13 (Aree faunistico-venatorie a gestione sociale)
Art. 14 (Osservatori ornitologici a scopo scientifico)
Art. 15 (Cattura della fauna selvatica a scopo scientifico ed amatoriale)
Art. 16 (Incentivi per il ripristino e la salvaguardia dell'ambiente ai fini della produzione della selvaggina)
Art. 17 (Fondo di tutela delle produzioni agricole)
Art. 18 (Procedura per l'istituzione degli ambiti territoriali per la protezione e l'incremento della fauna selvatica)
Art. 19 (Aree demaniali)
Art. 20 (Commissione tecnica provinciale sulla fauna e sui problemi venatori)
TITOLO III Esercizio di caccia
Art. 21 (Nozione di attività venatoria)
Art. 22 (Abilitazione venatoria)
Art. 23 (Commissione d'esame per l'abilitazione venatoria)
Art. 24 (Materie oggetto di esame)
Art. 25 (Ammissione all'esame di abilitazione venatoria)
Art. 26 (Registro dei cacciatori)
Art. 27 (Tesserino di caccia)
Art. 28 (Giornate di caccia)
Art. 29 (Calendario venatorio regionale)
Art. 30 (Addestramento ed allenamento dei cani da caccia)
Art. 31 (Appostamenti di caccia)
Art. 32 (Fondi chiusi)
Art. 33 (Terreni in attualità di coltivazione)
Art. 34 (Allevamenti di selvaggina)
Art. 35 (Controlo della fauna)
Art. 36 (Attività di tassidermia ed imbalsamazione)
TITOLO IV Divieti - Vigilanza venatoria sanzioni
Art. 37 (Divieti)
Art. 38 (Vigilanza faunistico-venatoria)
Art. 39 (Corsi di qualificazione ed aggiornamento per agenti venatori)
Art. 40 (Tasse di concessione regionale)
Art. 41 (Sanzioni)
Art. 42 (Sospensione, esclusione e revoca della licenza di porto d'armi per uso di caccia)
Art. 43 (Associazioni venatorie)
TITOLO V Esercizio della delega
Art. 44 (Disciplina del rapporto di delega)
Art. 45 (Corresponsione alle province di somme per l'esercizio delle funzioni delegate)
TITOLO VI Disposizioni finanziarie
Art. 46 (Autorizzazioni di spesa)
TITOLO VII Disposizioni transitorie e finali
Art. 47 (Rinvio e abrogazione)
Disposizioni generali
Ai fini della protezione e della razionale gestione delle risorse ambientali, la Regione tutela il patrimonio faunistico, disciplina l'attività venatoria, promuove ed attua studi sull'ambiente e sulla fauna, in particolare sulla selvaggina, adotta le opportune iniziative atte allo sviluppo delle conoscenze ecologiche e predispone il piano per la tutela e l'incremento delle risorse faunistiche.
Le funzioni amministrative di cui alla presente legge sono delegate agli enti locali secondo le modalità previste dai successivi articoli.
La fauna selvatica regionale è patrimonio indisponibile dello stato ed è tutelata dalla Regione nell'interesse della comunità nazionale e regionale.
Fanno parte della fauna selvatica, oggetto della tutela della presente legge, i mammiferi e gli uccelli, dei quali esistono popolazioni o esemplari viventi, stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio regionale. Sono particolarmente protette le seguenti specie: aquile, vulturidi, gufi reali, cicogne, gru, fenicotteri, cigni, lupi, orsi, foche monache, stambecchi, camosci di Abruzzo ed altri ungulati di cui si vieti l'abbattimento ai sensi del secondo comma dell'art. 29 della presente legge.
Ai fini dell'indennizzo dei danni causati al patrimonio zootecnico dalle specie di cui al precedente comma si applica la normativa di cui alla legge regionale 25 agosto 1977, n. 33.
La tutela non si estende alle talpe, ai ratti, ai topi propriamente detti, alle arvicole ed ai gatti domestici vaganti ad una distanza superiore a 100 metri dalle abitazioni.
Salvo quanto previsto dal successivo art. 15 della presente legge è vietata in tutto il territorio regionale qualsiasi forma di uccellagione.
I comitati provinciali della caccia sono soppressi.
I presidenti dei comitati provinciali della caccia provvedono, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a rendere alle amministrazioni provinciali il conto della situazione amministrativa e contabile.
Le amministrazioni provinciali subentrano nella titolarità dei rapporti giuridici di competenza dei comitati provinciali della caccia.
Esse con proprie deliberazioni provvedono agli adempimenti di ordine amministrativo conseguenti l'attuazione del presente articolo.
Piano faunistico regionale
Entro un anno a decorrere dall'entrata in vigore della presente legge la giunta regionale predispone il piano faunistico quinquennale, corredato dalla carta faunistico-venatoria di cui al successivo articolo, da sottoporre all'approvzione del consiglio regionale.
Il piano faunistico contiene i criteri e gli indirizzi in ordine:
a) alle percentuali massime e minime di aree del territorio da destinarsi alle diverse zone da costituire per la tutela e la protezione della fauna;
b) alla gestione della fauna della regione e delle specie oggetto di caccia e alle specie che devono essere ripopolate o reintrodotte;
c) all'educazione e sensibilizzazione faunistico-ambientale, alla preparazione e all'aggiornamento professionale del personale che esercita le funzioni della presente legge nell'ambito del piano della formazione professionale;
d) alla raccolta ed elaborazione dei dati sulla entità delle specie faunistiche;
e) alla istituzione di un centro regionale di recupero della fauna;
f) ai piani di intervento agro-faunistico-venatori articolati per zone omogenee che prevedono:
1) oasi di protezione;
2) zone di ripopolamento;
3) aziende faunistico-venatorie;
4) centri pubblici di produzione della selvaggina;
5) centri privati di produzione della selvaggina;
6) zone di addestramento cani;
7) aree faunistiche a gestione sociale;
8) osservatori ornitologici a scopo scientifico;
9) cattura della fauna selvatica a scopo scientifico ed amatoriale;
10) incentivi per il ripristino e la salvaguardia di determinati ambienti ai fini della produzione naturale della fauna.
La superficie del territorio di ogni provincia da destinare per la costituzione delle zone previste dai punti 1), 2) e 4) del precedente comma, ai fini della tutela e della protezione della fauna, non può essere complessivamente inferiore ad un ottavo nè superiore ad un quarto del territorio provinciale agro-forestale.
Il piano rileva altresì le bandite di caccia di cui all'articolo 20 della legge 27 dicembre 1977, n. 968.
Al fine della verifica della validità tecnica del piano faunistico di cui al presente articolo lo stesso, trascorsi tre anni dalla data di approvazione, può essere sottoposto a revisione.
La carta faunistico-venatoria deve indicare:
- la situazione pedologica, d'uso del suolo e vegetazionale del territorio regionale, con particolare riferimento alle zone che consentono il popolamento naturale della fauna e l'esercizio della caccia;
- la distribuzione, in funzione delle caratteristiche esistenti del territorio, delle specie animali di interesse faunistico e venatorio;
- i dati della distribuzione storica delle specie suddette;
- attraverso una analisi dei dati precedenti, le vocazioni complessive e preminenti delle diverse zone e gli elementi utili alla pianificazione del settore.
Ai fini del ripopolamento e della rilevazione dei dati tecnici sulle condizioni ambientali della fauna, nonchè sull'introduzione di specie animali di origine estera e sull'ambientamento della fauna selvatica autoctona, la giunta regionale si avvale della collaborazione dell'istituto nazionale di biologia della selvaggina.
La selvaggina proveniente dall'estero, da allevamenti o dalle zone di ripopolamento o cattura, prima di essere liberata deve essere soggetta al preventivo controllo dell'autorità sanitaria territorialmente competente al fine di impedire la diffusione di malattie infettive.
La selvaggina rinvenuta morta o in stato fisico anormale deve essere consegnata agli agenti di vigilanza provinciali che provvederanno ad affidarla all'autorità sanitaria per i controlli necessari. In caso di epizoozia la provincia e l'autorità sanitaria, per quanto di rispettiva competenza, adottano gli interventi a salvaguardia del patrimonio faunistico sentito il parere dell'istituto nazionale di biologia della selvaggina. Delle situazioni rilevate e delle decisioni prese le amministrazioni provinciali devono dare tempestiva comunicazione alla Regione.
In base al piano regionale di cui all'art. 4 sono istituite oasi di protezione della fauna destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica nei casi in cui se ne ravvisi la necessità per fini di particolare interesse faunistico e naturalistico, per esigenze di immediato intervento o a tutela di specie rare o in estinzione.
Esse devono essere costituite in territori idonei per ambienti naturali ove non esistono consistenti colture specializzate e comprendono nel loro insieme tratti di fiume, zone collinari e montane per assicurare una efficace protezione di tutte le specie presenti nel territorio regionale e del loro habitat. In questi ambienti territoriali sono vietati l'esercizio venatorio, salvo quanto previsto dal successivo art. 35, la immissione e la cattura di selvaggina a scopo di ripopolamento di altre zone.
L'amministrazione provinciale, su richiesta dell'istituto nazionale di biologia della selvaggina, può autorizzare nelle oasi di protezione catture a scopo di studio; può altresì autorizzare il personale di vigilanza, in collaborazione con le associazioni venatorie, sentito l'istituto stesso, alla cattura di determinate specie di selvaggina quando esse arrechino danni rilevanti alle colture agricole o forestali e siano in soprannumero tale da turbare l'equilibrio biologico dell'ambiente.
I confini delle oasi di protezione devono essere delimitati da tabelle perimetrali di colore rosso, recanti la scritta "oasi di protezione - divieto di caccia ai sensi della legge 27.12.1977, n. 968" e apposte ad una distanza di circa mt. 100 l'una dall'altra e comunque in modo che ogni tabella sia visibile dalle due contigue. Le tabelle possono essere collocate anche all'interno della zona, ovunque se ne ravvisi l'opportunità.
Quando si tratti di terreni vallivi, laghi e specchi d'acqua, le tabelle possono essere collocate su natanti ancorati al fondo e devono emergere almeno cinquanta centimetri dal livello dell'acqua.
Se la zona è delimitata da un corso d'acqua, il tabellamento deve avvenire all'interno del greto sulla riva opposta a quella compresa nel territorio vincolato.
Qualora il territorio delle oasi di protezione, per motivate ragioni tecniche, dovesse essere restituito alla libera caccia, lo stesso sarà riammesso alla libera caccia a favore dei cacciatori residenti nella provincia ove sussisteva l'oasi stessa per una sola stagione venatoria prevedendo opportune limitazioni di tempo e di capi da abbattere.
In base alle previsioni del piano regionale di cui al precedente art. 4, l'amministrazione provinciale istituisce zone di ripopolamento e cattura.
Le zone di ripopolamento e cattura sono destinate alla riproduzione e all'incremento della selvaggina stanziale per il ripopolamento del territorio libero e per la prima immissione di selvaggina nelle zone di ripopolamento di successiva istituzione.
Le operazioni di cattura e di immissione di selvaggina sono disposte dall'amministrazione provinciale che si avvale di cacciatori volontari incaricati dalle rispettive associazioni sotto la sua diretta vigilanza.
La selvaggina catturata viene destinata al ripopolamento di territori depauperati. Le catture devono essere compiute in modo da garantire la continuità della riproduzione della selvaggina.
E' vietato disporre catture prima di due anni dalla costituzione della relativa zona. Una quota della selvaggina catturata deve essere liberata nei territori dei comuni ove insiste la zona di ripopolamento e cattura.
La durata di ogni zona di ripopolamento e cattura non può essere inferiore a 3 anni nè superiore a 6 e può essere rinnovata alla scadenza per uguali periodi.
In mancanza di rinnovo e alla scadenza, il territorio della zona di ripopolamento, previe intense catture, è restituito alla libera caccia in favore dei cacciatori residenti nei comuni ove insiste la zona stessa per una sola stagione venatoria, prevedendo opportune limitazioni di tempo e di capi da abbattere e tempestive forme di pubblicità .
Nel territorio delle zone di ripopolamento possono essere realizzate attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di protezione e di incremento delle specie di selvaggina per i quali esse sono state costituite.
Il territorio costituito in zone di ripopolamento è delimitato da tabelle di colore giallo, recanti la scritta "zone di ripopolamento - divieto di caccia - ai sensi della legge 27 dicembre 1977, n. 968".
Le tabelle sono apposte con le modalità previste dall'articolo precedente.
Nel territorio vincolato ai sensi del presente articolo ogni forma di caccia è permanentemente vietata, salvo quanto previsto dal successivo articolo 35.
L'amministrazione provinciale provvede con proprio personale di vigilanza, sentito l'istituto nazionale di biologia della selvaggina, alla cattura o all'abbattimento di determinate specie di selvaggina quando esse arrechino effettivi e gravissimi danni alle colture agricole e siano in soprannumero tale da turbare l'equilibrio biologico dell'ambiente.
Ai sensi dell'art. 36 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 ed in base alle previsioni del piano regionale di cui al precedente art. 4 l'amministrazione provinciale autorizza l'istituzione di aziende faunistico-venatorie che hanno per oggetto la salvaguardia, il mantenimento, l'organizzazione ed il miglioramento degli ambienti naturali nonchè l'incremento della fauna selvatica.
Le aziende faunistico-venatorie sono disciplinate dal relativo regolamento regionale.
Nel territorio regionale possono essere istituiti dalle amministrazioni provinciali centri pubblici di prouduzione di selvaggina stanziale anche allo stato naturale, in base alle previsioni del piano regionale di cui al precedente art. 4.
Nei centri di produzione di selvaggina è vietata ogni forma di caccia salvo quanto previsto al successivo art. 35.
La cessione di selvaggina autoctona di specie cacciabili proveniente o comunque allevata in campo aperto nelle zone di ripopolamento e cattura di cui al precedente art. 8 e nei centri di produzione pubblici di cui al presente articolo è consentita solo per scopo di ripopolamento.
I centri di produzione di selvaggina di cui al presente articolo devono essere costituiti preferibilmente su terreni di proprietà di enti pubblici.
Nel territorio dei centri di produzione di selvaggina possono essere realizzate attrezzature ed interventi tecnici atti a perseguire gli scopi di produzione e di incremento delle specie di selvaggina per le quali lo stesso è stato costituito.
Il territorio costituito in centro di produzione della selvaggina è delimitato da tabelle recanti la scritta "centro di produzione di selvaggina - divieto di caccia - ai sensi della legge 27 dicembre 1977, n. 968".
Le tabelle sono apposte con le modalità previste dal precedente art. 7.
Qualora il territorio dei centri pubblici di produzione della selvaggina, per motivate ragioni tecniche, dovesse essere restituito alla libera caccia, si applica quanto disposto dal settimo comma del precedente art. 8.
I proprietari o possessori di fondi, singoli o associati, possono istituire centri privati per la produzione di selvaggina anche allo stato naturale.
Detti centri privati, organizzati in forma d'azienda, sono soggetti ad autorizzazione dell'amministrazione provinciale in conformità alle previsioni del piano faunistico.
La richiesta di autorizzazione deve essere corredata dalla planimetria del territorio interessato, da una relazione tecnica sull'ambiente da vincolare e sulla attività che si intende svolgere, dall'atto comprovante il titolo di proprietà o di possesso dei fondi interessati.
L'autorizzazione alla costituzione del centro privato di produzione della selvaggina è revocata quando risulti:
a) che il titolare non osserva le disposizioni di legge o le disposizioni contenute nell'atto di autorizzazione;
b) che il centro privato non svolga attività per due anni consecutivi.
L'atto di revoca è notificato al concessionario il quale ha facoltà di proporre ricorso alla giunta regionale entro il termine di 60 giorni.
Il titolare del centro privato per la produzione di selvaggina provvede, previa autorizzazione dell'amministrazione provinciale competente, all'eventuale riduzione degli animali predatori.
Nessuna indennità è dovuta al concessionario per i danni eventualmente arrecati da specie selvatiche alle colture del centro privato o a quelle circostanti in possesso del titolare del centro privato stesso.
Nei centri privati di produzione della selvaggina la caccia è vietata ai sensi della presente legge. Il territorio dei centri stessi è delimitato da tabelle di colore bianco recanti la scritta "Centro privato di produzione selvaggina - divieto di caccia ai sensi della legge vigente".
Chiunque istituisce un centro privato di produzione della selvaggina senza autorizzazione è soggetto alla sanzione amministrativa da un minimo di L. 50.000 ad un massimo di L. 300.000.
In determinate zone del territorio regionale non comprese fra gli ambiti territoriali protetti di cui ai precedenti articoli, su specifica richiesta di organizzazioni venatorie e cinofile e previo assenso dei proprietari o conduttori dei terreni interessati, le amministrazioni provinciali possono autorizzare gli allevatori ed addestratori ad allenare ed addestrare i cani da caccia.
Durante l'addestramento deve essere assicurata la sorveglianza. I danni prodotti alle colture agricole, ad animali o cose nei terreni in cui si svolgono dette attività , sono a totale carico degli addestratori che, solidalmente con le associazioni richiedenti, sono obbligati al risarcimento dei danni stessi entro 30 giorni dalla loro verifica.
In tali zone le amministrazioni provinciali possono autorizzare le suddette associazioni ad effetturae gare per cani da ferma stabilendo misure per la salvaguardia della selvaggina e delle colture agricole.
Analogamente possono essere autorizzate dalle amministrazioni provinciali aree di addestramento anche con sparo, in cui utilizzare quaglie di allevamento.
Gare cinofile di particolare rilevanza possono essere autorizzate dalle amministrazioni provinciali, con divieto di sparo, nelle zone di ripopolamento e cattura.
L'amministrazione provinciale può autorizzare gare cinofile e l'addestramento dei cani nelle zone di ripopolamento e cattura per particolari periodi e per tempi limitati. L'addestramento dei cani e le gare cinofile possono altresì essere autorizzati nelle altre zone precluse alla caccia, su specifica richiesta delle organizzazioni venatorie e cinofile.
Nelle zone di cui al presente articolo l'addestramento e l'allenamento dei cani è consentito per tutto l'anno.
Le zone di addestramento cani sono ubicate a distanza non inferiore a quattrocento metri da quelle ove comunque è vietata la caccia ai sensi della presente legge.
Il territorio costituito in zone di addestramento ed allenamento cani è delimitato da tabelle recanti la scritta " zona di addestramento ed allenamento cani", apposte secondo le modalità previste dal precedente art. 7.
Nell'ambito delle indicazioni del piano regionale di cui al precedente art. 4, le amministrazioni provinciali, sentiti i comuni e le comunità montane interessati, possono affidare la gestione di terreni per l'esercizio della caccia ad associazioni venatorie riconosciute o a strutture associative aperte ai cacciatori residenti nella Regione o ai proprietari e ai conduttori dei fondi compresi in tali territori, che ne facciano richiesta.
La domanda di affidamento in gestione è presentata dai soggetti richiedenti alla provincia territorialmente competente ed è corredata da:
a) planimetria del territorio in scala 1/10.000;
b) statuto e atto costitutivo dell'associazione venatoria o della struttura associativa;
c) piano di gestione che deve prevedere anche il ripristino delle condizioni naturali ottimali dei fondi facenti parte del territorio delle aree, con particolare riguardo ai terreni incolti, al disinquinamento di falde e di acque sorgive e agli eventuali necessari rimboschimenti.
L'affidamento ha luogo entro 90 giorni dalla richiesta ed è subordinato all'apertura a tutti i cacciatori della Regione. Nel provvedimento di affidamento sono indicati il nome dell'associazione venatoria o della struttura associativa cui è affidata la gestione, la superficie della zona gestita e gli estremi necessari per l'identificazione della stessa.
La mancata attuazione dei fini previsti è causa di revoca dell'affidamento.
Alla regolamentazione dei modi di gestione e di accesso dei cacciatori, compresi quelli residenti in altre Regioni, provvedono le amministrazioni provinciali, sentita la commissione tecnica provinciale di cui al successivo art. 20 e sentiti:
- le comunità montane qualora l'area faunistica sia ubicata all'interno del proprio territorio;
- al di fuori del territorio montano i comuni in forma associata qualora l'area stessa comprenda territori di più comuni e il comune singolo, qualora la stessa sia ubicata esclusivamente all'interno del suo territorio.
Le amministrazioni provinciali, sentita la commissione tecnica provinciale di cui al comma precedente, le comunità montane ed i comuni interessati, fissano il numero massimo di cacciatori ai quali consentire l'accesso nell'area faunistica in rapporto all'estensione, alle caratteristiche ambientali ed alle risorse faunistiche. Nel caso le richieste di accesso siano superiori al numero consentito, può essere accordata la precedenza di accesso all'area faunistica ai residenti da almento un anno nei comuni in cui insiste l'area stessa e subordinatamente ai residenti negli altri comuni della provincia o in altre province della regione.
Le amministrazioni provinciali possono autorizzare gli organismi di gestione ad esigere un contributo finanziario di partecipazione per tutti i cacciatori ammessi.
Ogni area faunistica da costituirsi preferibilmente in zone vallive, in zone umide, in zone classificate montane e in quelle ad agricoltura svantaggiata deve avere un'estensione non inferiore a 3.000 ettari.
Il territorio delle aree faunistiche a gestione sociale è delimitato da apposite tabelle di colore bianco, apposte a cura dell'organo di gestione, con le modalità di cui al precedente art. 7, recanti la scritta "Aree faunistiche a gestione sociale della caccia".
Chiunque esercita la caccia nelle aree di cui al presente articolo senza aver corrisposto il prescritto contributo finanziario è soggetto, oltre che al pagamento immediato del contributo stesso, alla sanzione amministrativa da un minimo di L. 50.000 a un massimo di L. 300.000. Qualsiasi infrazione al regolamento dell'area faunistica a gestione sociale comporta il divieto di accesso a tutte le autogestite della regione per un anno dalla data dell'infrazione.
La giunta regionale, sentito l'istituto di biologia della selvaggina e le amministrazioni provinciali interessate, in relazione alle previsioni del piano faunistico di cui al precedente art. 4 può istituire, anche all'interno di ambienti protetti ai sensi della presente legge, osservatori ornitologici, funzionanti per tutto l'anno e di notte, allo scopo di sviluppare le attività indicate nel successivo comma, di predisporre lo studio della biologia degli uccelli e delle popolazioni ornitologiche nel loro rapporto con l'ambiente.
I settori di sviluppo delle attività di cui al comma precedente sono:
- nidificazione: censimento delle popolazioni nidificanti e studi sulla loro distribuzione e consistenza numerica, sulle uova, sui nidi e sui nidacei;
- ecologia: studio sui rapporti fra avifauna ed ambiente, proposte ed iniziative per la salvaguardia di zone di notevole interesse orinitologico ed ambientale;
- etologia: studi sul comportanmento delle varie specie nell'ambiente in cui vivono;
- migrazione: formazione di nuclei regionali di osservatori e segnalatori, studi qualitativi e quantitativi in materia di censimento sulle popolazioni svernanti;
- studi particolareggiati: sistematica e malattie.
Le spese relative all'impianto ed alla gestione degli osservatori ornitologici sono a carico della Regione.
Il presidente della giunta regionale rilascia le autorizzazioni nominative per gli addetti agli osservatori ornitologici a personale incaricato da istituti o laboratori pubblici al solo fine di utilizzare per motivi di studio e di ricerca scientifica.
I dati dei rilevamenti sono mensilmente rimessi all'istituto nazionale di biologia della selvaggina entro e non oltre il decimo giorno del mese successivo a quello di rilevazione.
E' soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 10 mila a lire 60 mila il titolare dell'autorizzazione di cui al presente articolo che non effettui la rimessione dei dati dei rilevamenti effettuati all'istituto nazionale di biologia della selvaggina nel termine stabilito.
E' vietata ogni forma di caccia entro il raggio di 400 metri dagli osservarori ornitologici. I contravventori sono puniti ai sensi dell'art. 31, lettera c), della legge 27 dicembre 1977, n. 968.
L'amministrazione provinciale nel cui territorio esistono gli osservatori di cui al presente articolo è tenuta ad apporre apposite tabelle per delimitare la zona di rispetto di cui al comma precedente. Dette tabelle, recanti la scritta "osservatorio ornitologico - divieto di caccia - ai sensi della vigente legge regionale", devono essere apposte con le modalità di cui al precedente art. 7.
La giunta regionale, ai sensi dell'art. 18 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, sentiti l'istituto nazionale di biologia della selvaggina e le amministrazioni provinciali interessate, può rilasciare, dietro motivata richiesta, l'autorizzazione per la cattura di mammiferi e di uccelli, nonchè per il prelievo di uova, di nidi e di piccoli nati delle specie selvatiche, anche all'interno di ambienti protetti ai sensi della presente legge, al personale qualificato degli istituti o laboratori pubblici o a persone esperte da questi appositamente incaricate, al fine di utilizzazione per motivi di studio, di ricerca scientifica ed amatoriale.
Nell'autorizzazione di cui al comma precedente sono indicate le finalità dello studio, le specie ed il numero degli animali selvatici, dei nidi, delle uova, e dei piccoli nati che possono essere catturati o prelevati.
E' vietata ogni forma di caccia entro il raggio di 400 metri dagli impianti di cattura di cui al presente articolo.
Dei risultati dello studio e della ricerca l'istituto o il laboratorio autorizzati danno comunicazione alla Regione.
Chiunque uccide volontariamente gli animali legittimamente catturati ai sensi del presente articolo è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 100 mila a lire 500 mila per ogni capo.
In base alle previsioni del piano faunistico di cui al precedente art. 4 i comuni provvedono all'erogazione di contributi a tutti coloro che si impegnanano a ripristinare territori incolti mediante la semina di granaglie o erbacee o altre colture idonee all'alimentazione della fauna selvatica, nel limite delle risorse messe a loro disposizione ai sensi degli artt. 45 e 46 della presente legge.
Le colture di cui al comma precedente devono essere lasciate nei campi per tutto il periodo invernale per consentire l'alimentazione della fauna stessa.
L'entità dei contributi di cui al comma precedente è commisurata alla resa media determinata dalla piantagione delle colture tipiche del territorio comunale.
I comuni promuovono il completamento del ciclo naturale di riproduzione e di sviluppo della fauna mediante la concessione di premi ai conduttori e laboratori agricoli che provvedono alla salvaguardia dei nidi, dei piccoli nati di selvaggina ed alla tutela dell'ambiente nei territori di loro proprietà o in uso secondo le modalità stabilite dal piano faunistico di cui all'art. 4 della presente legge.
Chi raccoglie uova o piccoli nati di selvaggina per motivi di immediata necessità , al fine di salvaguardarli da sicura distruzione o morte, deve darne comunicazione entro e non oltre ventiquattro ore al comune competente per territorio, ovvero ad una guardia venatoria e all'organismo competente per la gestione del territorio, i quali provvedono agli opportuni interventi di tutela. Per la protezione della natura e la tutela del paesaggio e della fauna, sull'intero territorio della regione è fatto divieto di dar fuoco alle stoppie derivanti dalle colture graminacee e leguminose, da erbe pratensi palustri ed infestanti in campagna, da arbusti e da erbe lungo gli argini dei fiumi e dei corsi d'acqua in genere nonchè lungo le strade comunali, provinciali, statali, autostrade e strade ferrate a distanza di mt. 100 dagli argini laterali delle dette strade.
Il divieto di cui al comma precedente non sussiste nelle campagna e per i periodi consentiti dagli usi agricoli locali, purchè l'incendio di dette materie non arrechi danno immediato a persone, animali e cose. Il materiale risultante dalle distribuzioni di erbe infestanti, rovi e simili, può essere incendiato puchè riunito in cumuli.
L'operatore deve assistere di persona fino a quando il fuoco sia completamente spento.
Il contravventore alle disposizioni di cui al quinto e sesto comma del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 50.000 a lire 300.000.
I cani randagi ed inselvatichiti trovati a vagare nelle campagne devono essere catturati dagli agenti di vigilanza ed affidati in custodia al comune nel cui territorio è avvenuta la cattura il quale provvederà ai sensi delle vigenti disposizioni in materia.
I cani randagi o inselvatichiti possono essere abbattuti dagli agenti di vigilanza dipendenti dalla provincia o da guardie giurate e volontarie quando arrechino danno alla fauna selvatica o sussistano pericoli per gli allevamenti zootecnici, ovvero ne sia impossibile la cattura.
I gatti inselvatichiti trovati a vagare nelle campagne possono essere catturati o uccisi dagli agenti di vigilanza dipendenti dalle province o da guardie giurate o volontarie.
Il cane trovato a vagare nelle compagne in tempo di divieto viene catturato dagli agenti di vigilanza.
Il suo proprietario o colui che lo tiene in custodia anche temporaneamente è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento della somma da un minimo di L. 20.000 ad un massimo di L. 60.000.
I cani di ogni razza a guardia del bestiame non devono essere lasciati incustoditi nelle campagne.
Il contravventore è soggetto alla sanzione amministrativa da un minimo di L. 20.000 ad un massimo di L. 60.000 fatta salva l'applicazione delle norme penali qualora il fatto costituisca reato.
E' costituito a cura delle amministrazioni provinciali un fondo provinciale per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alle produzioni agricole dalle attività venatorie e dalla selvaggina.
E' fatta eccezione per i danni arrecati alle produzioni agricole nei terreni compresi nelle zone di cui ai precedenti artt. 11 e 12 nonchè nelle aziende faunistico-venatorie.
L'entità del fondo è determinata ai sensi degli artt. 45 e 46 della presente legge.
Le direttive emanate dal presidente della giunta regionale ai sensi dell'art. 44 della presente legge riguardano anche il funzionamento dei fondi provinciali di cui al comma precedente, prevedendo, per la relativa gestione, la costituzione di comitati composti da rappresentanti delle organizzazioni agricole e dalle associazioni venatorie più rappresentative.
Il risarcimento dei danni causati alle colture agricole nei terreni inclusi nelle zone vincolate ai sensi dei precedenti artt. 7, 8 e 10 ha priorità su tutti gli altri.
Le funzioni amministrative relative alla costituzione, alla modifica e alla soppressione delle zone da vincolare ai sensi dei precedenti artt. 7, 8 e 10 sono delegate alla province che provvedono ad esercitarle sentiti i comuni singoli o associati ai sensi della L.R. 12.3.1980, n. 10.
I comuni rendono pubblica la proposta di istituzione di zone di ripopolamento e cattura, di oasi di protezione della fauna e di centri pubblici di produzione di selvaggina almeno 60 giorni prima della presentazione della proposta medesima al consiglio provinciale territorialmente competente.
La proposta è affissa all'albo pretorio dei comuni in cui ricadono i terreni e viene pubblicizzata anche mediante manifesti e altre idonee forme di pubblicità e deve essere notificata ai proprietari e conduttori dei fondi compresi nella zona da vincolare.
I comuni sono tenuti ad indicare, tra l'altro, il perimetro e la estensione del territorio da destinare a uno degli ambiti territoriali di cui al primo comma, la durata della zona, le finalità tecniche di protezione e di produzione e i modi secondo i quali, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione o di notificazione, i cittadini possono presentare osservazioni ed opposizioni.
Le osservazioni e le opposizioni sono proposte in carta semplice e sono esenti da oneri fiscali.
Se le opposizioni sono espresse da un numero di proprietari o conduttori di fondi costituenti più di un terzo della superficie complessiva che si intende vincolare, la proposta di istituzione decade.
Il consiglio provinciale, sentita la commissione tecnica venatoria di cui al successivo art. 20, delibera sulla proposta e le opposizioni presentate, verificando tra l'altro la rispondenza e la compatibilità della proposta con le previsioni della pianificazione territoriale regionale.
Approvata la proposta, i comuni provvedono a nominare una commissione di gestione aperta alle associazioni venatorie, naturalistiche ed agricole, ad approvare il piano degli interventi iniziali e il regolamento per la gestione dell'ambito territoriale nonchè le misure necessarie ad assicurare una efficace sorveglianza delle zone medesime anche a mezzo di appositi agenti o guardie venatorie, sentito il parere della commissione di cui al successivo articolo 20.
Al fine di assicurare una vigilanza più efficace nelle zone vincolate di cui agli artt. 7, 8 e 10 della presente legge gli agenti venatori provinciali possono essere distaccati presso i comuni interessati alle zone di cui sopra, fermo restando il loro rapporto di servizio con l'amministrazione provinciale da cui dipendono, per l'espletamento dei loro compiti negli ambiti territoriali loro destinati.
Per l'ampliamento e la riduzione nonchè per la proroga della durata degli ambiti territoriali di cui al primo comma si osserva la procedura di cui al presente articolo.
Il consiglio provinciale, in via eccezionale ed in vista di particolari necessità faunistiche, può disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e cattura.
Al fine di coordinare razionalmente gli interventi nel settore la amministrazione provinciale interessata dà dettagliata comunicazione alla giunta regionale dell'avvenuta costituzione, modifica o revoca degli ambiti protetti di cui al presente articolo.
E' confermato per tutte le aree demaniali esistenti sul territorio il vigente regime generalizzato di bandita di caccia con conseguente divieto assoluto di attività venatoria, fatte salve le disposizioni di cui al successivo art. 35.
I confini delle bandite di caccia devono essere delimitati da tabelle perimetrali recanti la scritta bandita di caccia, foresta demaniale o parco regionale o riserva naturale o parco nazionale - divieto di caccia.
Al fine di contribuire al riequilibrio faunistico del territorio, i terreni del demanio regionale che presentano favorevoli condizioni ambientali possono essere destinati a fini di produzione o di protezione delle specie animali di cui viene programmato l'incremento.
In ogni provincia è costituita con funzioni consultive la commissione tecnica provinciale della quale si avvalgono gli enti delegati nell'esercizio delle funzioni di cui alla presente legge.
La commissione, nominata dal consiglio provinciale, assicura la rappresentanza delle associazioni venatorie regionale riconosciute a livello nazionale, delle associazioni naturalistiche regionali riconosciute a livello nazionale, dell'ente nazionale della cinofilia, delle associazioni professionali e sindacali degli imprenditori e dei lavoratori agricoli e di esperti designati dall'unione zoologica italiana e dalla società botanica italiana.
La commissione è presieduta dall'assessore provinciale alla caccia.
La commissione tecnica provinciale per la caccia esprime pareri agli enti delegati sui compiti e sulle attribuzioni di cui alla presente legge.
Esercizio di caccia
Costituisce esercizio di caccia ogni atto diretto all'uccisione o alla cattura di selvaggina mediante l'impiego di armi, animali o di arnesi a ciò destinati.
E' considerato, altresì, esercizio di caccia il vagare o il soffermarsi con armi, arnesi o altri mezzi idonei, in attitudine di ricerca o di attesa della selvaggina per ucciderla o per catturarla.
Agli effetti della presente legge è considerato esercizio di caccia anche l'uccisione o la cattura di selvaggina compiute in qualsiasi altro modo, a meno che esse ono siano avvenute per forza maggiore o caso fortuito.
La selvaggina appartiene a colui che, nel rispetto delle disposizioni della legge 27 dicembre 1977, n. 968 e della presente legge, la abbatte e quella palesemente ferita al suo feritore; appartiene altresì a colui che la scova, fino a quando non abbandoni l'inseguimento.
La caccia può essere esercitata da chi, compiuto il diciottesimo anni di età , sia in possesso della licenza di porto d'armi per uso di caccia e del tesserino regionale di cui ai successivi articoli.
Per praticare l'esercizio venatorio è altresì necessario essere in possesso del certificato attestante la stipulazione di un contratto di assicurazione per la responsabilità civile verso terzi nei limiti previsti dalle vigenti norme.
Il rilascio della licenza di porto d'armi per uso di caccia è subordinato al conseguimento dell'abilitazione all'esercizio venatorio il cui attestato è rilasciato dall'amministrazione provinciale competente per territorio a seguito di esame sostenuto innanzi alla commissione prevista dal successivo articolo.
Il rilascio dell'attestato di cui al comma precedente è soggetto alla tassa di concessione regionale prevista dal successivo art. 40.
Nei dodici mesi successivi al rilascio della prima licenza, il cacciatore potrà praticare l'esercizio venatorio solo se accompagnato da cacciatore in possesso di licenza rilasciata almeno tre anni prima.
La commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio è nominata in ogni provincia dal consiglio provinciale.
La commissione è composta da:
- un presidente;
- 4 esperti nelle materie di esame;
- 2 esperti supplenti.
Funge da segretario il responsabile dell'ufficio della provincia competente in materia di caccia.
La commissione di cui al precedente comma dura in carica fino al rinnovo del consiglio provinciale.
In caso di dimissioni, di revoca e comunque di vacanza di posto il componente nominato dura in carica fino alla scadenza del periodo di nomina del membro sostituito.
Il presidente della commissione può convocare la stessa sino alla nomina della nuova commissione per l'esame delle domande giacenti.
Ai componenti della commissione viene corrisposta, per ogni giornata di effettiva partecipazione alle sedute, una indennità fissata dal consiglio provinciale in misura non superiore a L. 30.000. All'onere relativo le amministrazioni medesime provvedono con le risorse messe loro a disposizione ai sensi degli artt. 45 e 46 della presente legge.
Per la validità dell'esame è necessaria la presenza di 5 componenti.
Fino a quando non siano nominate le commissioni di cui al presente articolo, quelle attualmente in carica continueranno nell'espletamento delle proprie competenze, osservando le disposizioni previste dalla presente legge.
L'esame di abilitazione all'esercizio venatorio deve in particolare riguardare le sotto elencate materie:
1) legislazione venatoria:nozioni sul calendario venatorio e sulle forme di esercizio della caccia; definizione di selvaggina stanziale e di selvaggina migratoria; elenco della selvaggina stanziale protetta; limitazione all'esercizio venatorio rispetto ai tempi e luoghi; mezzi consentiti e mezzi vietati per la caccia; appostamenti di caccia; divieto di detenzione e vendita della fauna selvatica; nozioni sulle licenze di caccia; rilascio e rinnovo delle licenze; validità ed assicurazione per responsabilità civile; forme di partecipazione democratica alle attività venatorie e per il riequilibrio faunistico del territorio; zone di ripopolamento e cattura; oasi di protezione della fauna e organismi di gestione;
zona faunistica delle alpi; agenti di vigilanza, loro compiti e poteri; custodia e addestramento cani; organi preposti all'amministrazione della caccia; sanzioni amministrative e relative procedure;
2) zoologia applicata alla caccia: concetto elementare di equilibrio della natura, correlazione tra fauna e ambiente; analisi che sono esclusi dal novero della selvaggina a termine di legge; conoscenza della selvaggina appartenente alla fauna stanziale e migratoria; riconoscimento dei mammiferi e degli uccelli oggetto di caccia;
3) tutela e produzione della selvaggina, catene alimentari, cenni sulla biologia delle popolazioni e ruolo dei predatori in natura; tutela della natura e principi di salvaguardia delle colture agricole; cenni sui rapporti tra la selvaggina, l'agricoltura e la caccia; tecniche di protezione e di ripopolamento della selvaggina e mezzi per realizzarli; salvaguardia dell'ambiente naturale; prevenzione dei danni derivanti alle colture agricole dall'esercizio venatorio; norme di comportamento per la prevenzione degli incendi;
4) armi e munizioni di caccia e loro uso: nozioni generali e particolari sulle armi e munizioni usate per la caccia; custodia, manutenzione, controllo e trasporto delle armi da caccia; uso delle armi durante l'esercizio venatorio, nozioni sul tiro con armi da caccia e sulle misure di sicurezza da osservare nel maneggio delle armi; prevenzione degli incidenti contro la propria persona nonchè nei confronti di altre persone.
Per gli scopi di cui al presente articolo la giunta regionale adotta ogni iniziativa idonea a favorire la preparazione degli aspiranti cacciatori ed a promuovere l'educazione sportiva e faunistica dei cacciatori.
L'aspirante all'abilitazione all'esercizio venatorio deve presentare domanda in carta legale all'amministrazione provinciale nel cui territorio risiede, corredata dai seguenti documenti;
- certificato di residenza;
- certificato medico di idoneità fisica all'esercizio venatorio rilasciato dalla unità sanitaria locale competente per territorio.
L'attestato di abilitazione è rilasciato su modello conforme a quello allegato alla presente legge.
L'aspirante cacciatore per essere ammesso all'esame di abilitazione deve sostenere una prova preliminare rispondendo per iscritto ad un questionario contenente quindici domande. Ad ogni domanda corrispondono 3 risposte. Il candidato deve indicare quella esatta. Il questionario è edito dalla giunta regionale.
In presenza di tre errori commessi dal candidato, lo stesso è rinviato ad altra sessione e riammesso alla prova scritta, trascorsi almeno tre mesi da quella precedente.
Il candidato che ha superato la prova preliminare è sottoposto all'esame di abilitazione costituito da una prova teorica e da una prova pratica.
L'aspirante cacciatore deve dimostrare, nel corso dell'esame in forma di colloquio, di conoscere le materie del programma di cui al precedente articolo.
Superata positivamente la prova teorica, il candidato viene sottoposto ad una prova pratica sulle armi comprendente lo smontaggio, il montaggio e l'uso di un fucile da caccia.
La commissione di cui al precedente art. 23 esprime la propria valutazione collegiale con il guidizio di "idoneo" oppure "non idoneo".
Il provvedimento contenente il giudizio della commissione è definitivo.
Il candidato valutato "non idoneo" può presentare domanda di riammissione all'esame trascorsi tre mesi dalla data dell'esame già sostenuto.
Il candidato giudicato "non idoneo" per due volte, trascorsi almeno tre mesi, può ripresentare domanda ed è tenuto a produrre di nuovo la documentazione prescritta dal presente articolo.
I titolari delle licenze di caccia rilasciate a norma delle leggi vigenti anteriormente all'entrata in vigore della presente legge non sono soggetti all'esame di cui al presente articolo.
Presso le amministrazioni provinciali è tenuto un registro di titolari dell'abilitazione all'esercizio venatorio debitamente numerato, timbrato e vidimato dai rispettivi presidenti.
Nel registro di cui al comma precedente sono riportati i dati contenuti nell'attestato di abilitazione e le eventuali infrazioni alle leggi sulla caccia commesse dal titolare dell'abilitazione stessa, nonchè i provvedimenti d'irrogazione delle sanzioni, i possibili giudizi di opposizione e le conseguenti pronunce definitive.
Le amministrazioni provinciali sono tenute a comunicare alla giunta regionale, entro e non oltre il 31 gennaio di ogni anno, il numero delle abilitazioni rilasciate.
I titolari di licenze di caccia che esercitano l'attività venatoria nel territorio regionale devono essere in possesso di apposito tesserino rilasciato dalla Regione Marche tramite i comuni o da altre Regioni, purchè rispondente ai requisiti di cui all'art. 8, ultimo comma, della legge 27 dicembre 1977, n. 968.
Il tesserino viene rilasciato gratuitamente ed è valido su tutto il territorio nazionale.
Durante l'esercizio della caccia è obbligatorio esser muniti della licenza, del tesserino di cui al presente articolo, dei permessi di caccia, ove necessari, e della polizza di assicurazione. Tali documenti devono essere esibiti a richiesta degli agenti di vigilanza.
I cacciatori muniti di tesserino rilasciato da altra Regione sono ammessi all'esercizio venatorio nel territorio della regione Marche secondo i tempi, i luoghi, le modalità e le specie stabiliti in base alla presente legge ed al calendario venatorio regionale.
Le sanzioni comminate ai cacciatori in altre regioni sono ritenute efficaci per gli effetti amministrativi che ad esse conseguono anche nella Regione Marche.
Il tesserino di caccia, predisposto dalla giunta regionale in conformità a quanto stabilito dal calendario venatorio, valido per una sola stagione di caccia, è distribuito dai comuni ai cacciatori residenti nei rispettivi territori e contiene, tra l'altro, le seguenti indicazioni:
a) le giornate di caccia;
b) il numero dei capi e le specie che possono essere abbattuti.
Il tesserino è predisposto in modo da consentire il controllo sull'attività venatoria giornaliera, nonchè sul numero dei capi di selvaggina abbattuti.
Il tesserino è personale; non può essere rilasciato più di un tesserino intestato alla stessa persona.
In caso di deterioramento involontario o smarrimento del tesserino, il titolare, per ottenere il duplicato, può rivolgersi al comune di residenza, previa esibizione della copia della denuncia di smarrimento presentata agli organi di polizia o del vecchio tesserino deteriorato che deve essere ritirato.
Ai fini del rilascio del tesserino di cui ai commi precedenti ai cittadini della Repubblica di San Marino ivi residenti, la giunta regionale provvede a trasmettere un congruo numero di tesserini della regione al competente organo in materia di caccia della Repubblica stessa.
Le amministrazioni comunali sono tenute a comunicare alla giunta regionale o alla rispettiva amministrazione provinciale, entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno, il numero dei tesserini rilasciati nella precedente annata venatoria.
Nel periodo dal 18 agosto alla prima domenica di settembre la caccia è consentita nelle giornate di sabato e domenica:
- nel territorio delle comunità montane solo da appostamento fisso e temporaneo senza l'ausilio del cane;
- nel rimanente territorio regionale anche in forma vagante con l'ausilio del cane.
Dalla terza domenica di settembre fino alla fine della stagione venatoria la caccia è consentita per tre giorni alla settimana determinati annualmente nel calendario venatorio con possibilità di usare il cane su tutto il territorio regionale, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e venerdì.
Dal primo ottobre al 30 novembre e dal 15 febbraio al termine della stagione venatoria la caccia alla selvaggina migratoria è consentita cinque giorni alla settimana, fermo restando il silenzio venatorio nelle giornate di martedì e venerdì.
Entro il quindici giugno la giunta regionale, con le modalità più idonee a consentirne la diffusione, pubblica il calendario venatorio previsto dall'art. 14 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, relativo all'intera annata venatoria.
Nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, la giunta regionale approva il calendario venatorio, tenendo conto dello stato della fauna selvatica e dell'andamento delle colture agricole, nonchè delle particolari condizioni ambientali, stagionali, climatiche e sanitarie.
Nel calendario venatorio sono determinate le giornate settimanali di caccia fermi restando i limiti di cui al precedente art. 28, nonchè il numero dei capi di selvaggina che ciascun titolare di licenza può abbattere.
In esecuzione di convenzioni internazionali o di direttive comunitarie operanti in Italia a norma di legge, la giunta regionale provvede ad adeguare il calendario venatorio, già pubblicato, alle disposizioni dalle stesse previste.
Per importanti sopravvenute e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità , la giunta regionale, sentite le amministrazioni provinciali interessate, in deroga al calendario venatorio pubblicato, può vietare o ridurre la caccia, per periodi prestabiliti, a determinate specie di selvaggina cacciabile o alla totalità di esse.
L'addestramento e l'allenamento dei cani, prima dell'apertura della caccia al di fuori delle zone di cui al precedente art. 12, in terreni che non insistono in ambiti territoriali protetti, sono consentiti a partire dal primo agosto fino alla seconda domenica di settembre da un'ora dopo la levata del sole fino al tramonto. Dal 18 agosto alla prima domenica di settembre nei giorni in cui è consentita la caccia vengono precluse all'addestramento e all'allenamento dei cani le zone ove la caccia è consentita solamente da appostamento fisso o temporaneo.
E' fatto comunque divieto di accesso con il cane nei terreni con colture intensive, specializzate e da semi nonchè nelle macchie, nei boschi e calanchi.
Le violazioni alle disposizioni di cui al presente articolo sono soggette alla sanzione amministrativa da un minimo di L. 30.000 a un massimo di L. 180.000.
Nel territorio della Regione la caccia, oltrechè in forma vagante, può essere esercitata da appostamento fisso o temporaneo.
Sono considerati appostamenti fissi di caccia quelli costituiti in muratura, metallo, legno materiale plastico o plasticato, faisite o materiale simile, comunque approntati stabilmente ed atti a consentire un uso per l'intera stagione venatoria.
L'appostamento fisso è consentito da un solo capanno nel quale possono cacciare contemporaneamente non più di tre cacciatori oltre il titolare, fatta eccezione per gli appostamenti tradizionali ove si esercita la caccia al colombaccio che possono avere anche più di un capanno purchè si trovino tutti entro il raggio di metri 300 dal capanno principale preventivamente indicato con apposita planimetria catastale nella richiesta di autorizzazione.
Chiunque intenda costituire un appostamento con materiale atto a renderlo efficiente per almeno una stagione di caccia (ossia fisso) deve ottenere il consenso scritto sia del proprietario sia del conduttore del fondo, lago o stagno privato.
La distanza fra due appostamenti fissi di caccia non può essere inferiore a m. 200; la distanza da un appostamento fisso di caccia al colombaccio deve calcolarsi dai capanni posti all'estremità dell'impianto.
E' vietata l'apposizione di tabelle per la delimitazione delle zone di rispetto.
Gli appostamenti fissi sono soggetti ad autorizzazione annuale da rilasciarsi dalla amministrazione provinciale territorialmente competente, sentita la commissione tecnica provinciale. Il titolare di un'autorizzazione non può richiederne altre nell'ambito regionale.
Gli appostamenti fissi sono annotati in un apposito registro, tenuto dall'amministrazione provinciale.
Il titolare dell'appostamento fisso, ai fini della pubblica incolumità , è tenuto a segnalare con idonei cartelli l'esistenza dell'appostamento.
Non è consentito allestire appostamenti fissi a distanza inferiore a m. 400 dagli impianti di cattura e inanellamento, dal confine delle zone in cui la caccia è vietata e da appostamenti fissi preesistenti. Sono vietati appostamenti fissi dentro gli argini dei fiumi.
Sono considerati appostamenti temporanei di caccia quelli costituiti da ripari provvisori o da attrezzature smontabili da non usarsi, comunque, per più di una giornata di caccia.
Il sostare dietro a un riparo naturale non costituisce esercizio di caccia da appostamento temporaneo.
Quando l'appostamento temporaneo comporta modificazione del terreno e preparazione del sito, il cacciatore deve richiedere il consenso al proprietario o conduttore del terreno.
E' fatto divieto di impiantare appostamenti temporanei a distanza minore di m. 200 dal perimetro di area dove la caccia sia vietata.
Tali norme non si applicano ai fondi chiusi.
L'appostamento temporaneo di caccia è usato dal cacciatore che per primo ha occupato il terreno sul quale viene allestito.
In ogni appostamento temporaneo non possono trovarsi contemporaneamente più di due cacciatori.
E' vietato l'impianto di appostamenti fissi o temporanei di caccia sui valichi montani o collinari o entro un raggio di m. 1.000 intorno ad essi. Non costituisce appostamento temporaneo il soffermarsi di cacciatori sui detti valichi al riparo da alberi e frascame.
E' altresì vietato l'esercizio venatorio, salvo il consenso del titolare, a distanza minore di m. 100 da un appostamento fisso o temporaneo purchè esso sia in funzione.
Il percorso di andata e ritorno dagli appostamenti di caccia, nelle giornate o nelle località in cui non è ammessa la caccia in forma vagante, è consentito con il fucile smontato o chiuso in un'apposita custodia.
E' vietato l'uso di specchi e di altri dispositivi abbaglianti ai fini dell'esercizio venatorio.
Qualora si eserciti la caccia da appostamento fisso non autorizzato si applica la sanzione amministrativa da un minimo di L. 100.000 a un massimo di L. 600.000; per le violazioni delle altre norme del presente articolo si applica la sanzione amministrativa da un minimo di L. 30.000 a un massimo di L. 180.000.
L'esercizio venatorio è vietato a chiunque nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra effettiva chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,80 o da corsi o da specchi di acqua perenni il cui letto abbia la profondità almeno di metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri.
I fondi chiusi esistenti o da istituire devono essere notificati alla provincia ed al comune nel cui territorio il fondo stesso insiste.
I proprietari o i conduttori dei fondi di cui ai commi precedenti provvedono ad apporre a loro carico adeguate tabellazioni esenti da tasse.
Le tabelle perimetrali dei fondi di cui al comma precedente sono apposte secondo quanto previsto dal precedente art. 7.
Nei fondi chiusi, su richiesta del proprietario, l'amministrazione provinciale può disporre la cattura di selvaggina per la protezione delle colture agricole. La selvaggina catturata viene destinata dalla provincia a scopo di ripopolamento.
Qualora, durante la stagione venatoria, vengano a cessare le condizioni di fondo chiuso, il proprietario o conduttore del fondo deve darne tempestiva comunicazione al comune competente per territorio.
Le tabelle di divieto di esercizio venatorio devono essere mantenute in efficienza fino alla conclusione della stagione venatoria in corso.
Per le violazioni delle norme di cui al comma secondo, terzo, sesto e settimo del presente articolo, si applica la sanzione amministrativa da un minimo di L. 25.000 ad un massimo di L. 150.000.
Agli effetti della presente legge sono considerate coltivazioni in atto suscettibili di danneggiamento:
- le coltivazioni floreali e orticole anche a pieno campo;
- le colture erbacee e foraggere da sementi e da frutto fino al raccolto;
- i prati artificiali e naturali;
- le foraggere mature per lo sfalcio e i vivai;
- i vigneti e i frutteti.
I proprietari o conduttori dei terreni devono segnalare le coltivazioni in atto suscettibili di danneggiamento di cui al comma precedente mediante apposite tabelle, esenti da tributi regionali e recanti la scritta " divieto di caccia - colture in atto", disposte almeno ogni 100 metri lungo il perimetro dei terreni coltivati, con obbligo della loro rimozione al termine della raccolta dei prodotti.
Nei terreni in attualità di coltivazione di cui al primo comma del presente articolo è vietato l'esercizio venatorio in forma vagante.
La rimozione delle tabelle deve avvenire nel primo giorno di silenzio venatorio successivo al raccolto.
Chiunque appone tabelle di divieto di caccia in terreni ove non siano in atto le coltivazioni di cui al presente articolo, oppure non provvede alla rimozione delle tabelle legittimamente apposte, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 25.000 a lire 150.000, più lire 5.000 per ogni tabella abusivamente apposta o non rimossa nei termini prescritti.
L'impianto e l'esercizio degli allevamenti di selvaggina a scopo di lucro per uso alimentare o di ripopolamento od ornamentale è sottoposto ad autorizzazione, rilasciata a persone nominativamente indicate.
L'autorizzazione è rilasciata subordinatamente alla dimostrazione della legittima provenienza della selvaggina e con le cautele del caso:
a) dalla giunta regionale, sentito l'istituto nazionale di biologia della selvaggina, per gli allevamenti di ungulati, conigli selvatici, lepri, galliformi e anatidi a scopo alimentare o di ripopolamento;
b) dal comune competente per territorio per tutti gli altri allevamenti di mammiferi ed uccelli appartenenti alla fauna cacciabile ed esotica, a scopo ornamentale.
Nell'atto di autorizzazione sono riportati gli obbligi alla cui osservanza è tenuto l'allevatore con particolare riferimento alle condizioni igienico - sanitarie ed all'obbligo di tenere appositi registri riportanti i dati essenziali sull'andamento dell'allevamento; restano fermi gli obblighi imposti dal D.P.R. 10 agosto 1972, n. 967 e successive modificazione ed integrazioni.
E' vietato procedere all'allevamento di selvaggina per scopo di ripopolamento che non sia delle sottospecie autoctone del territorio marchigiano.
Ai titolari di allevamenti della selvaggina da caccia di cui alla lettera a) del secondo comma del presente articolo, possono essere concessi, con deliberazione della giunta regionale, sulla scorta di una relazione tecnico - finanziaria, contributi fino al 30 per cento della spesa riconosciuta ammissibile e comunque non superiori a lire 50 milioni.
I contributi riguarderanno esclusivamente le spese riferite all'acquisto dei soggetti riproduttori e delle attrezzature mobili degli allevamenti accertate dalle amministrazioni provinciali.
Per gli allevamenti di nuovo impianto l'erogazione dei contributi è subordinata alla preventiva presentazione del progetto all'amministrazione provinciale che provvede a trasmetterlo, con proprio parere, alla giunta regionale.
I contributi per l'acquisto di nuovi riproduttori, purchè ne sia dimostrata la legittima provenienza e per l'acquisto di nuove attrezzature possono avere cadenza annuale.
Ai fini del controllo dell'andamento degli allevamenti e della verifica delle caratteristiche genetiche delle specie riprodotte nel provvedimento di autorizzazione può essere previsto l'obbligo di inanellare alcuni o tutti i soggetti riproduttori.
I controlli sull'andamento degli allevamenti di cui al presente articolo spettano agli agenti di vigilanza dipendenti dalle amministrazioni provinciali e ai tecnici dell'istituto nazionale di biologia della selvaggina di Bologna.
L'inosservanza degli obblighi previsti dall'autorizzazione comporta l'immediata revoca della stessa.
L'esercizio delle attività di cui al presente articolo senza le prescritte autorizzazioni è soggetto alla sanzione amministrativa da un minimo di lire 50.000 ad un massimo di lire 300.000 per ogni capo rinvenuto nell'allevamento.
L'amministrazione provinciale, sentiti l'istituto nazionale di biologia della selvaggina di Bologna, nonchè i comuni e le comunità montane interessate, può autorizzare la cattura e l'abbattimento delle specie cacciabili sempre con mezzi selettivi e da parte di persone nominativamente indicate nel caso che, moltiplicandosi eccessivamente, arrechino danni gravi alle colture agricole, al patrimonio faunistico ed alla piscicoltura.
Le catture o l'abbattimento delle specie cacciabili in soprannumero debbono essere effettuate da agenti venatori provinciali che si avvalgono anche della collaborazione delle guardie volontarie, anche in tempo di divieto, nel territorio libero, nelle zone di ripopolamento e cattura e nei centri pubblici di produzione della selvaggina.
Gli agenti venatori provinciali possono avvalersi della collaborazione di cacciatori nominativamente designati soltanto nelle zone aperte alla libera caccia e nei giorni in cui la caccia è consentita.
Il provvedimento di cui al primo comma indica altresì le zone specifiche di intervento, il numero massimo e le specie da catturare o da abbattere, il periodo ed i mezzi.
E' vietato l'uso di bocconi avvelenati e di tutti i mezzi non selettivi.
Gli interventi diretti al controllo della fauna sono attuati, ove possibile, mediante cattura; gli animali catturati, quando non possono essere liberati a scopo di ripopolamento, vengono destinati, ove possibile, al mercato alimentare dei comuni nel cui territorio la selvaggina è stata abbattuta.
L'introito eventuale viene incamerato dai comuni.
Le amministrazioni provinciali rilasciano l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di tassidermia ed imbalsamazione previo parere della commissione tecnica provinciale di cui all'art. 20 ed accertamento della buona conoscenza della fauna e delle tecniche della tassidermia e della imbalsamazione.
E' consentita l'imbalsamazione esclusivamente di esemplari appartenenti:
a) alla fauna selvatica indigena oggetto di caccia, purchè catturata nel pieno rispetto di tutte le norme venatorie vigenti;
b) alla fauna esotica, purchè l'abbattimento e l'importazione o, comunque, l'impossessamento siano avvenuti in conformità alla legislazione vigente in materia e non si tratti di specie protette da accordi internazionali;
c) alla fauna domestica.
Il tassidermista o imbalsamatore deve annotare giornalmente in apposito registro, fornito dall'amministrazione provinciale, tutti i dati relativi agli animali consegnatigli o che comunque vengano in suo possesso anche temporaneo, con particolare riferimento alla specie e provenienza di ogni esemplare. Dovranno essere inoltre indicate le generalità del cliente che ha consegnato l'animale o le circostanze nelle quali l'imbalsamatore ne è venuto altrimenti in possesso.
All'atto della presentazione della istanza di autorizzazione l'interessato è tenuto ad indicare tutti gli animali, vivi, morti o già preparati, a qualsiasi titolo posseduti.
Il tassidermista o imbalsamatore deve apporre su tutti gli animali preparati o comunque consegnati al cliente o posti in circolazione dopo l'approvazione della presente legge un'etichetta inamovibile con l'indicazione del proprio nome, del numero dell'autorizzazione, della data di preparazione del numero di riferimento del registro di cui al terzo comma del presente articolo.
L'esercizio della tassidermia o imbalsamazione senza l'autorizzazione di cui al presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa da lire 25.000 a lire 160.000 per ogni capo rnvenuto.
La violazione di ogni altro obbligo previsto dal presente articolo o dalle prescrizioni contenute nell'autorizzazione è soggetta, oltre che alla sospensione o alla revoca dell'autorizzazione, alla sanzione amministrativa da lire 25.000 a lire 150.000 per ogni esemplare cui la violazione si riferisce.
Divieti - Vigilanza venatoria sanzioni
Fatti salvi i divieti previsti dai precedenti articoli e dall'art. 20 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, è vietato a chiunque cacciare sui territori in tutto o nella maggior parte coperti di neve salvo lungo i litorali, i laghi e i corsi d'acqua perenni determinati dalla amministrazioni provinciali, i soli palmipedi e trampolieri elencati nall'art. 11 della legge 27 dicembre 1977, n. 968.
Ai fini del divieto di sparare a meno di 150 metri dagli stabbi, stazzi ed altri ricoveri e recinti previsti dalla lett. c) dell'art. 20 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 il conduttore deve segnalare la presenza del bestiame in tutti i recinti sopradetti con apposite tabelle, esenti da tributi regionali, aventi la scritta "bestiame al pascolo".
I cani devono essere condotti dal cacciatore in modo che il bestiame al pascolo e gli animali in cattività non siano distrubati o danneggiati.
Chiunque alla data di entrata in vigore della presente legge detiene selvaggina per la quale vige il divieto di detenzione è tenuto entro e non oltre due mesi a darne comunicazione alla provincia.
La vigilanza venatoria è affidata agli agenti venatori dipendenti dalle amministrazioni provinciali nonchè agli ufficiali e sottoufficiali e guardie del corpo forestale dello Stato, alle guardie addette ai parchi nazionali e regionali, agli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, alle guardie giurate comunali, forestali e compestri ed alle guardie private riconosciute ai termini della legge di pubblica sicurezza; la vigilanza è altresì affidata alle guardie volontarie appartenenti ad enti ed associazioni venatorie, protezionistiche e naturalistiche nazionali riconosciute alle quali sia conferita la qualifica di guardia giurata ai sensi delle norme di pubblica sicurezza.
Gli agenti venatori dipendenti dalle amministrazioni provinciali, in quanto titolari delle funzioni di polizia giudiziaria loro conferite dall'art. 27 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, effettuano la vigilanza sull'applicazione delle leggi venatorie statali e regionali nell'ambito del territorio della provincia di appartenenza.
Le guardie giurate comunali, campestri e le guardie private riconosciute svolgono le loro funzioni limitatamente al territorio dei comuni nei quali risiedono e dei comuni con essi confinanti o associati ai sensi della legge regionale 12 marzo 1980, n. 10.
Per quanto concerne il sequestro delle armi, dei mezzi di caccia e della selvaggina si applicano le disposizioni previste dall'art. 28 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 e dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Gli agenti venatori, che non esercitano funzioni di polizia giudiziaria, i quali accertino, anche a seguito di denunzia, violazioni delle leggi sulla caccia, redigono verbali di riferimento, nei quali devono essere specificate tutte le circostanze del fatto e le eventuali osservazioni del trasgressore, e li trasmettono alle province e per conoscenza all'ente da cui dipendono.
Gli agenti venatori dipendenti dalle amministrazioni provinciali oltre alla vigilanza venatoria svolgono i seguenti compiti:
a) la vigilanza sulla pesca nelle acque interne;
b) la vigilanza per la tutela della fauna inferiore e della flora ai sensi della legge regionale del 22 febbraio 1973, n. 6 e della legge regionale 30 dicembre 1974, n. 52;
c) la vigilanza sull'impiego in agricoltura dei presidi vietati dalle vigenti leggi in quanto nocivi alla vita ed alla produzione della selvaggina;
d) la vigilanza contro gli incendi dei boschi, delle siepi, degli incolti e stoppie;
e) la vigilanza contro gli inquinamenti delle acque superficiali per versamenti non autorizzati di materia e liquami di risulta da lavorazioni industriali, da attività zootecniche intensive o da altre attività;
f) il controllo dell'attività di tassidermia e di imbalsamazione.
Nei casi previsti dalle lettere c), d), e) l'agente venatorio segnala il fatto al comando da cui dipendono gli agenti istituzionalmente preposti al settore, cui spetta in ogni caso provvedere alla compilazione del relativo processo verbale di accertamento.
Agli agenti venatori è vietata la caccia nell'ambito del territorio in cui svolgono le funzioni, salvo che per particolari motivi previa autorizzazione dell'amministrazione provinciale.
La giunta regionale promuove annualmente corsi di preparazione ed aggiornamento per gli agenti di vigilanza nel rispetto del precedente art. 4 lett. c).
Le materie oggetto dei corsi riguardano particolarmente la legislazione sulla salvaguardia dell'ambiente, la protezione della fauna, il controllo sull'uso delle armi da caccia.
I soggetti che aspirano all'abilitazione e alla nomina a guardia giurata volontaria debbono aver frequentato con esito positivo uno speciale corso di addestramento.
Le organizzazioni venatorie e le associazioni protezionistiche ai fini di ottenere l'autorizzazione per lo svolgimento di corsi di cui al precedente comma inoltrano domanda agli enti delegati corredata dal programma di svolgimento dei corsi e dal provvedimento di designazione del direttore responsabile dei corsi stessi.
Sono soggetti a tasse annuali di concessione regionale l'abilitazione venatoria, i centri privati di produzione di selvaggina, le aziende faunistico-venatorie gli appostamenti fissi e le riserve di caccia fino alla loro scadenza, nella misura e con le modalità previste dalle vigenti leggi regionali sulle tasse di concessione regionale.
Per le aziende faunistico-venatorie non aventi fini di lucro, ubicate in zone montane ed istituite con la diretta partecipazione dei proprietari di terreni ed immobili, coltivatori diretti, affittuari e residenti nel comprensorio della azienda stessa, la tassa di concessione regionale è ridotta ad un decimo di quella fissata dalla legge regionale.
La tassa di concessione per l'abilitazione venatoria non è dovuta qualora non si eserciti la caccia durante l'anno; essa è dovuta comunque al momento del rilascio e del rinnovo dell'abilitazione.
Per tutte le infrazioni e violazioni per le quali non siano determinate dalla presente legge specifiche sanzioni amministrative si applicano le sanzioni previste dall'art. 31 della legge 27 dicembre 1977, n. 968.
Per quanto non previsto dalla presente legge e dalla legge 27 dicembre 1977, n. 968 per le procedure di applicazione delle sanzioni amministrative si osservano le norme previste dalla legge regionale 27 febbraio 1980, n. 8 e successive modificazioni e integrazioni e dalla legge 24 novembre 1981, n. 689.
Le funzioni inerenti l'irrogazione delle sanzioni amministrative sono delegate alle province.
I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni sono integralmente devolute alle amministrazioni provinciali a titolo di finanziamento per l'esercizio delle funzioni delegate.
Le norme della legge regionale 23 agosto 1977, n. 31 in contrasto con le disposizioni della presente legge, della legge 27 dicembre 1977, n. 968 e della legge 24 novembre 1981, n. 689, sono abrogate.
La proposta di sospensione o di revoca, o di esclusione definitiva, della concessione della licenza di caccia, prevista nei casi di illecito amministrativo, è formulata dalla provincia che ne dà comunicazione al questore del luogo di residenza del trasgressore affinchè provveda a tale sospensione o revoca o esclusione definitiva.
Agli effetti della proposta di revoca, sospensione, o esclusione definitiva, del rilascio della licenza di caccia e per ciò che concerne la applicazione delle sanzioni ai recidivi si considera definitivamente accertata la violazione qualora il soggetto nei cui confronti sia stato redatto processo verbale di accertamento abbia provveduto al pagamento della sanzione pecuniaria avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, o nei confronti dei quali siano state emesse, ai sensi dell'art. 8 della legge predetta e dell'art. 9 della legge regionale 23 agosto 1977, n. 31, l'ordinanza e l'ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria, senza che sia stata proposta, nel termine prescritto, opposizione all'autorità giudiziaria, oppure qualora l'opposizione proposta sia stata respinta con sentenza passata in giudicato.
L'avvenuta revoca, sospensione della validità, o esclusione del rilascio della licenza di caccia da parte del questore comportano l'automatica revoca, sospensione, o esclusione, del rilascio del tesserino regionale di caccia e la perdita di efficacia o la presclusione al rilascio di ogni altra autorizzazione o permesso previsti dalla presente legge.
Nel caso di pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa ai sensi dell'art. 7 della legge regionale 23 agosto 1977, n. 31, le armi e i mezzi di caccia sequestrati, ove non si dia luogo alla proposta di revoca o di esclusione definitiva della concessione della licenza, sono restituiti al legittimo proprietario previa dimostrazione dell'estinzione della sanzione amministrativa.
Le associazioni venatorie sono libere e sono regolate dagli articoli 29 e 30 della legge 27 dicembre 1977, n. 968.
Le associazioni venatorie cinofile e naturalistiche possono ottenere contributi per la organizzazione di gare, mostre, esposizioni, concorsi ed interventi in materia di gestione faunistica e di tutela ambientale.
La richiesta di contributo, contenente tra l'altro l'importo della spesa necessaria alla realizzazione delle iniziative va inoltrata alla amministrazione provinciale competente, la quale, dopo aver espresso il proprio parere invia la domanda alla giunta regionale.
Ai fini dell'assegnazione dei contributi alle associazioni venatorie e naturalistiche, la giunta regionale tiene conto della rilevanza dell'iniziativa e del numero degli associati, da accertarsi tramite i competenti uffici regionali.
L'erogazione del contributo è subordinata alla presentazione di idonea documentazione comprovante l'effettivo svolgimento delle iniziative.
Esercizio della delega
Il presidente della giunta regionale emana direttive riguardanti le funzioni regionali delegate sulla base dei criteri contenuti nella presente legge e nei sensi e nei modi di cui all'art. 59 dello statuto regionale.
In caso di inerzia degli enti delegati, la giunta regionale può invitare gli stessi a provvedere entro congruo termine, decorso il quale al compimento del singolo atto provvede direttamente la giunta stessa.
La giunta regionale è autorizzata a corrispondere alle amministrazioni provinciali somme per un importo fino al 70 per cento dei proventi relativi alle tasse sulle concessioni regionali inerenti la caccia riscossi in ciascuna provincia, da destinarsi per l'esercizio delle funzioni delegate.
L'amministrazione provinciale entro il 31 marzo di ciascun anno, è tenuta a presentare alla giunta regionale una relazione indicante le spese effettuate con i fondi introitati nell'anno precedente ai sensi del presente articolo.
La giunta regionale è altresì autorizzata a corrispondere ai comuni somme per l'esercizio delle funzioni delegate ai sensi dell'art. 16 della presente legge.
Gli importi sono ripartiti tra i comuni che pongono in essere gli interventi previsti, sulla base di una dettagliata relazione.
La giunta regionale è autorizzata a corrispondere ai comuni una somma da determinarsi annualmente all'atto dell'emanazione del calendario venatorio, a titolo di rimborso spese per il rilascio del tesserino di cui al precedente art. 27.
Le somme da introitare dalle amministrazioni provinciali e dai comuni sono iscritte nei rispettivi bilanci con l'osservanza dell'art. 54 della legge regionale 30 aprile 1980, n. 25.
Disposizioni finanziarie
I proventi delle tasse di concessione regionale in materia venatoria affluiscono al capitolo del bilancio regionale n. 1001003, già istituito nello stato di previsione delle entrate, al titolo I, categoria I, così modificato "proventi delle tasse di concessione regionale in materia venatoria" e, per gli anni successivi, ai capitoli corrispondenti.
Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si fa fronte con le entrate di cui al comma precedente.
La legge di bilancio determina annualmente l'entità delle seguenti spese a carattere continuativo previste nella presente legge:
a) studi e ricerche per la formazione del piano faunistico (art. 4);
b) impianti di osservatori ornitologici e relativa gestione (art. 14);
c) erogazione ai comuni ed alle comunità montane delle somme occorrenti per il finanziamento delle spese per l'esercizio delle funzioni agli stessi delegate (artt. 16 e 27);
d) spese per la promozione dell'educazione sportiva e faunistica dei cacciatori, per la divulgazione della normativa relativa alla disciplina della caccia, nonceh'per la preparazione tecnica degli aspiranti cacciatori (art. 24);
e) concessione contributi agli allevatori di selvaggina (art. 34);
f) organizzazione corsi di qualificazione e di aggiornamento per gli agenti venatori (art. 39);
g) concessione contributi alle associazioni venatorie, cinofile e naturalistiche per l'organizzazione di gare, mostre, esposizioni, concorsi ed interventi in materia di gestione faunistica e di tutela ambientale (art. 43);
h) erogazione alle province delle somme occorrenti per il finanziamento delle spese per l'esercizio delle funzioni alle stesse delegate (art. 45);
i) erogazione alle province delle somme destinate al finanziamento del fondo per la tutela delle produzioni agricole (art. 17).
L'ammontare delle autorizzazioni di spesa previste dal presente articolo non può superare l'importo dei proventi di cui al primo comma, accertati alla data del 30 settembre dell'anno precedente quello cui il bilancio si riferisce.
Disposizioni transitorie e finali
Per quanto non previsto dalla presente legge si osservano le norme di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 968.
La legge regionale 21 giugno 1979, n. 24 è abrogata.