Leggi e regolamenti regionali
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Atto:LEGGE REGIONALE 19 aprile 1990, n. 22
Titolo:Legge Urbanistica Regionale.
Pubblicazione:(B.u.r. 26 aprile 1990, n. 54)
Stato:Abrogata
Tema: TERRITORIO - AMBIENTE E INFRASTRUTTURE
Settore:URBANISTICA
Materia:Disposizioni generali
Note:Abrogata dall'art. 1, l.r. 18 aprile 2001, n. 10.

Ai sensi del citato art. 1, l.r. 10/2001, le disposizioni abrogate continuano ad applicarsi ai rapporti sorti in base alle disposizioni medesime, nel periodo della loro vigenza, al fine della completa esecuzione dei procedimenti di entrata e di spesa.

Sommario


Art. 1 (Finalità)
TITOLO I Funzioni amministrative delegate agli enti locali
Art. 2 (Delega di funzioni alle province in materia urbanistica)
Art. 3 (Adeguamento degli strumenti urbanistici comunali ai piani regionali di assetto territoriale. Coordinamento dei piani territoriali d’area)
Art. 4 (Delega di funzioni in materia di protezione delle bellezze naturali)
Art. 5 (Limiti alle concessioni in deroga)
TITOLO II Piano regolatore generale comunale
Art. 6 (Unificazione degli strumenti urbanistici generali comunali)
Art. 7 (Contenuti del piano regolatore)
Art. 8 (Elaborati del piano regolatore generale)
Art. 9 (Dimensionamento del piano regolatore generale e capacità insediativa teorica)
Art. 10 (Zone territoriali omogenee)
Art. 11 (Piano attuativo per i servizi)
Art. 12 (Spazi pubblici per parco, gioco, sport ed attrezzature generali. Distanze minime)
Art. 13 (Aree inedificabili lungo le strade)
Art. 14 (Adeguamento del contributo per le opere di urbanizzazione)
Art. 15 (Formazione ed adozione del piano regolatore generale)
Art. 16 (Determinazione della provincia in ordine al piano regolatore generale)
Art. 17 (Approvazione del piano regolatore generale con modifiche)
Art. 18 (Restituzione)
Art. 19 (Misure di salvaguardia)
Art. 20 (Revoca del piano regolatore generale)
Art. 21 (Norme speciali)
TITOLO III Comitato regionale per il territorio
Art. 22 (Composizione del comitato)
Art. 23 (Riunioni del comitato)
Art. 24 (Funzioni del comitato)
Art. 25 (Funzionamento del comitato)
Art. 26 (Direttive)
TITOLO IV Personale per l'esercizio delle funzioni delegate
Art. 27 (Trasferimento del personale)
Art. 28 (Strutture organizzative)
Allegati



1. La presente legge, in attuazione dell'articolo 15 della L.R. 8 giugno 1987, n. 26 disciplina la delega agli enti locali delle funzioni amministrative di competenza regionale relative all'approvazione degli strumenti urbanistici generali comunali, alle concessioni edilizie e alla protezione delle bellezze naturali di cui alla L.R. 21 agosto 1984, n. 24. Essa disciplina altresì le procedure di adozione ed approvazione nonché i contenuti dei piani regolatori generali comunali.
2. La presente legge dispone le prime misure organizzative conseguenti alla disciplina di cui al comma 1, nonché l'istituzione di un comitato regionale per il territorio, quale organo consultivo della Regione nelle materie di cui all'articolo 79 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
TITOLO I
Funzioni amministrative delegate agli enti locali



1. Sono delegate alle province, per il rispettivo territorio, le funzioni amministrative di competenza regionale riguardanti gli strumenti urbanistici generali comunali e le concessioni edilizie.
2. La delega comprende le seguenti funzioni:
a) l'approvazione degli strumenti urbanistici generali comunali, dei regolamenti edilizi e delle relative varianti salvo quanto disposto al comma 3;
b) l'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi di cui all'articolo 3, secondo comma della L.R. 24/84, salvo il disposto dell'articolo 3, comma 4, della presente legge;
c) l'adozione delle misure previste dall'articolo 8, quinto comma della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;
d) il nulla-osta al rilascio di concessioni edilizie in deroga alle norme degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, comprese le deroghe alle altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere;
e) i poteri di cui agli articoli 26 e 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e integrazioni;
f) il ricevimento delle comunicazioni di cui all'articolo 4, ultimo comma della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni ed integrazioni e l'adozione dei relativi provvedimenti, compresi quelli di cui all'articolo 7, ottavo comma della stessa legge.

3. La delega di funzioni di cui alla lettera a) del comma 2 ha effetto dal momento dell'entrata in vigore del Piano di Inquadramento Territoriale (PIT) di cui alla L.R. 8 giugno 1987, n. 26 e, comunque decorsi due anni dall'entrata in vigore della presente legge.


1. In sede di approvazione degli strumenti urbanistici adottati dai comuni, la provincia provvede anche a verificare la loro conformità ai piani di assetto territoriale indicati dall'articolo 1, comma 2 della L.R. 8 giugno 1987, n. 26. A tal fine è delegato alle province l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 10 della legge 1150/42, così come modificato dall'articolo 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765.
2. E' altresì delegato alle province l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 10, comma 6 della citata L.R. 26/87, riguardanti le varianti di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle indicazioni del Piani Paesistico Ambientale Regionale (PPAR), del PIT e dei Piani Territoriali di Area (PTA) di cui alla stessa legge.
3. Le province coordinano l'elaborazione dei PTA per i rispettivi territori.
4. I comuni che hanno adeguato lo strumento urbanistico generale alle indicazioni del PPAR, provvedono anche all'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi relativi alle zone totalmente o parzialmente comprese negli elenchi delle zone tutelate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497. In mancanza di adeguamento, all'approvazione di detti strumenti urbanistici attuativi provvedono le province.


1. Le funzioni amministrative di competenza regionale concernenti le autorizzazioni di cui all'articolo 7 della legge 1497/1939, sono delegate alle province, per il rispettivo territorio, fino alla data di entrata in vigore nei singoli comuni dei piani regolatori generali adeguati al PPAR. Dopo tale data dette funzioni sono delegate ai singoli comuni per il rispettivo territorio. Sono fatte comunque salve le competenze già delegate ai comuni ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 3, della L.R. 24/84.
2. Sono altresì delegate alle province, per il rispettivo territorio, le funzioni amministrative di competenza regionale riguardanti:
a) l'adozione dei provvedimenti cautelari per la salvaguardia dei beni non inclusi negli elenchi delle bellezze naturali, anche ricadenti in zone limitrofe;
b) i poteri previsti dall'articolo 7 della L.R. 24/84 e dall'articolo 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, così come integrato dall'articolo 1 del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni della legge 8 agosto 1985, n. 431.

3. La delega di cui al presente articolo ha effetto decorsi 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Dalla stessa data sono abrogati il quarto e quinto comma dell'articolo 2 della L.R. 24/84.
5. Resta ferma la competenza della giunta regionale in materia di dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale delle opere di rilevante trasformazione ai sensi dell'articolo 63ter delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del PPAR approvato dal consiglio regionale con deliberazione 3 novembre 1989, n. 197.


1. Il nulla-osta di cui al precedente articolo 2, comma 2, lettera d), non può essere concesso:
a) per concessioni in deroga ricadenti nelle zone omogenee A previste dall'articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1144, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 16 aprile 1968, n. 97, di seguito indicato come decreto ministeriale;
b) per concessioni in deroga alle norme relative alle destinazioni di zona, per le quali si provvede con specifiche varianti allo strumento urbanistico;
c) per concessioni in deroga alle disposizioni del PPAR, del PIT e dei PTA immediatamente prevalenti sulle previsioni degli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 10 della L.R. 8 giugno 1987, n. 26.

2. Tale nulla osta, in ogni altro caso, può essere concesso soltanto qualora:
a) la facoltà di rilasciare concessioni in deroga sia prevista dai regolamenti o strumenti urbanistici comunali;
b) la concessione in deroga interessi impianti od opere pubbliche e di interesse pubblico, ove quest'ultimo sia circostanzialmente motivato;
c) il volume o la superficie utili assentiti non superino del 10% il corrispondente valore stabilito dagli indici di fabbricabilità per la zona interessata;
d) non ostino ragioni di natura ambientale ed architettonica.

TITOLO II
Piano regolatore generale comunale



1. Gli strumenti urbanistici generali comunali sono costituiti esclusivamente dai piani regolatori generali ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150, secondo i contenuti e le procedure di cui alla presente legge.
2. A tal fine, entro i termini previsti dall'articolo 59 delle NTA del PPAR, i comuni sono tenuti ad adottare piani regolatori generali in sostituzione dei vigenti programmi di fabbricazione, oppure ad adeguare i vigenti piani regolatori generali in base a quanto stabilito dalle seguenti norme.


1. Il piano regolatore generale comunale indica essenzialmente:
a) la rete delle principali vie di comunicazione;
b) la divisione del territorio comunale nelle zone omogenee di cui al successivo articolo 10, evidenziando le scelte relative alle direttrici di espansione, alle previsioni di completamento, al recupero urbanistico-edilizio, alle zone agricole, alla localizzazione delle attrezzature pubbliche o di interesse pubblico ed alla tutela delle risorse ambientali;
c) la determinazione dei vincoli e delle caratteristiche costruttive da osservare in ciascuna zona, con particolare riguardo alle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;
d) le norme per l'attuazione del piano;
e) la previsione di massima delle spese occorrenti per l'attuazione del piano stesso con particolare riferimento agli interventi di ristrutturazione urbanistica nonchè alla realizzazione delle opere pubbliche di carattere prioritario.

2. Il piano regolatore generale può individuare le aree ed i beni da assoggettare a vincoli preordinati alla espropriazione, oppure limitarsi a dettare al riguardo, in tutto o in parte, disposizioni di massima rinviando al piano attuativo per i servizi di cui al successivo articolo 11 la loro specifica individuazione.
3. I comuni obbligati a dotarsi di programmi pluriennali di attuazione (PPA) ai sensi della L.R. 26 aprile 1979, n. 18 e della L.R. 9 dicembre 1982, n. 41, individuano le zone da assoggettare obbligatoriamente a piani attuativi o di recupero, con riferimento alle quali possono limitarsi a definire le destinazioni d'uso delle aree, la distribuzione dei carichi insediativi e la dotazione degli standards, di cui al D.M., da osservarsi in ciascuna zona, rimettendo allo strumento urbanistico attuativo le ulteriori indicazioni.
4. Nei comuni di cui al comma precedente le varianti al piano regolatore generale che non incidono sul suo dimensionamento globale e non comportano modificazione alle destinazioni d'uso delle aree, alla distribuzione dei carichi insediativi ed alla dotazione degli standards di cui al citato D.M., sono adottate in via definitiva dal Consiglio comunale ai sensi degli articoli 1 e 2 della L.R. 16 maggio 1979, n. 19 e successive modificazioni ed integrazioni.
5. I comuni non obbligati a dotarsi di PPA ai sensi delle citate L.R. 18/79 e 41/82, adottano il piano regolatore generale con i contenuti di cui al precedente comma 1 e con le ulteriori specificazioni stabilite dall'articolo 3 della L.R. 16 maggio 1979, n. 19.


1. Il piano regolatore generale è composto da:
a) gli elaborati relativi alla stato di fatto comprendenti:
a1) la relazione con le analisi, anche ripartite per aree significative concernenti la popolazione, l'occupazione e le attività produttive, le residenze, i servizi e le relative infrastrutture, i beni culturali ed ambientali, l'ambiente fisico, lo stato di dissesto idrogeologico, i vincoli esistenti, le attitudini colturali del territorio agricolo;
a2) una cartografia dell' intero territorio comunale almeno in scala 1:10.000 e, per tutte le aree urbanizzate, in scala 1:2.000 che rilevi: gli edifici significativi esistenti e le aree pertinenti, la viabilità, i servizi a rete, le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, lo stato del suolo, le zone meritevoli di particolare tutela, i beni culturali ed ambientali;
a3) una cartografia tecnica almeno in scala 1:10.000, indicante le attitudini delle unità del terreno in relazione all'assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico, ed ai processi geodinamici in atto, distinta in: carta geologica, carta geomorfologica, carta idrogeologica. A tale cartografia vanno uniti gli elaborati cartografici almeno in scala 1:10.000 a corredo delle indagini svolte in relazione alla pericolosità geologica, alla vulnerabilità dell' ambiente, alle caratteristiche sismiche locali;
b) gli elaborati di progetto comprendente:
b1) una relazione che, in corrispondenza ai contenuti del PPAR, del PIT e del PTA, indica gli obiettivi del piano regolatore generale con la quantificazione dei fabbisogni abitativi, delle infrastrutture e dei servizi relativi all'arco temporale di riferimento, le soluzioni previste, i criteri adottati e gli interventi prescelti, le verifiche analitiche e sintetiche degli standards di cui al D.M., la graduazione nel tempo dei programmi attuativi e le priorità;
b2) una cartografia dell'intero territorio comunale almeno in scala 1:10.000 e, per tutte le aree urbanizzate, in scala 1:2.000 che rilevi:
- le prescrizioni ed i vincoli del PPAR, del PIT e del PTA;
- la suddivisione dell'intero territorio comunale nelle zone omogenee di cui all' articolo 10;
- la delimitazione, nei comuni di cui al precedente articolo 7, comma 3 delle aree da riservare agli strumenti urbanistici attuativi;
- le zone da sottoporre a particolari vincoli ai fini della difesa del suolo e del relativo sistema idrogeologico e forestale;
- le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico, nonché ad opere o impianti di interesse collettivo;
- le aree da riservare alle vie di comunicazione, compresi i percorsi ciclabili e pedonali;
- il tracciato di massima delle reti tecnologiche o l'indicazione degli eventuali piani o programmi di settore;
- le forme di tutela degli edifici aventi valore culturale ed ambientale in relazione ai tipi di intervento previsti;
- le norme di attuazione, con particolare riferimento a quelle che, nell'ambito della tutela di singole zone e delle loro destinazioni, stabiliscono gli interventi ammessi, la massima e minima densità edilizia, la percentuale di copertura ammissibile, gli allineamenti obbligatori, specificando i casi in cui è ammesso, oltre al recupero degli edifici esistenti, il loro completamento e la nuova edificazione;
b3) il regolamento edilizio.

2. Allo scopo di coordinare gli effetti dipendenti dagli interventi programmati nel proprio territorio dagli enti pubblici, la provincia provvede annualmente a richiedere agli stessi i programmi ed i progetti e trasmettere i dati ai comuni interessati.


1. Il piano regolatore generale deve assicurare:
a) una dotazione minima di superfici pubbliche o riservate all'attività collettive, a verde pubblico e a parcheggio, nelle diverse zone territoriali omogenee in rapporto agli abitanti ed alle attività insediati o insediabili;
b) limiti minimi e massimi di densità edilizia territoriale e distanze minime tra le costruzioni, dalle strade o dai manufatti pubblici o di uso pubblico nelle diverse zone territoriali omogenee, nonché limiti di altezza degli edifici.

2. Il dimensionamento del piano regolatore generale avviene in base alla capacità insediativa teorica, che risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree previste dal piano stesso.
3. Per il calcolo della capacità insediativa teorica delle zone residenziali esistenti, per le quali il piano prevede il mantenimento dello stato di fatto, si assume come numero dei residenti il maggior valore tra quello corrispondente al 75% dei vani abitabili - al netto dei lotti inedificati - e quello corrispondente al numero dei residenti insediati al momento dell'adozione del piano, purchè non si superi il rapporto di un abitante per vano. Non si computa l'incremento di volume teoricamente possibile per l'ampliamento fino al 20% degli edifici unifamiliari esistenti ai sensi dell'articolo 9, lettera d), della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
4. Per le aree in cui è prevista la nuova edificazione o la ricostruzione previa demolizione, la capacità teorica si calcola attribuendo ad ogni abitante da insediare, mc. 120 di volume edificabile. Per le aree con destinazione d'uso turistico e/o turistico-residenziale, detta attribuzione è diminuita a mc. 80 per abitante.
5. Il volume da considerare per il calcolo del numero degli abitanti è pari al prodotto delle superfici delle singole zone territoriali per il rispettivo indice di edificabilità territoriale.


1. Il piano regolatore generale individua le zone territoriali omogenee stabilite dall'articolo 2 del D.M.
2. Il piano regolatore generale può prevedere, anche agli effetti dell'articolo 6 della L.R. 18 giugno 1986, n. 14, zone risultanti dalla combinazione di destinazioni d'uso diverse purchè compatibili, tra cui zone destinate anche parzialmente ad insediamenti turistici, commerciali e direzionali. La dotazione complessiva degli standards di tali zone è determinata in base alla somma degli standards relativi alle diverse destinazioni d'uso.
3. Per gli interventi urbanistici o edilizi oggetto di convenzione con il comune, deve essere specificata nella convenzione stessa la percentuale massima di incidenza dei mutamenti ammissibili delle destinazioni d'uso, con la contestuale indicazione degli interventi per realizzare la corrispondente dotazione di standards.
4. Per zone territoriali omogenee "A" e "B" e, nei comuni di cui all'articolo 7, comma 5, anche per le zone "C" il piano regolatore delimita:
a) le aree da mantenere allo stato di fatto, ove sono ammessi gli interventi compatibili con il grado di protezione previsto per la zona, compresi gli interventi di cui all'articolo 9, primo comma, lettere b), c), d), e), f) e g) della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
b) le aree ove è possibile l'uso di lotti residui e l'ampliamento degli edifici esistenti secondo limiti di edificabilità prefissati;
c) le aree da destinare a verde pubblico, le aree e gli edifici da destinare a servizi pubblici e ad attrezzature di interesse generale;
d) le aree in condizioni di degrado da sottoporre a piani o interventi di recupero.

5. Per le zone di cui al comma 4, gli obiettivi della pianificazione sono volti: al recupero degli edifici esistenti ed alla riutilizzazione del patrimonio edilizio; al completamento delle zone parzialmente utilizzate; al completamento delle opere di urbanizzazione.
6. Per le stesse zone il piano regolatore generale determina una capacità insediativa teorica non superiore a quella esistente. La capacità insediativa esistente può essere superata solo ove risultino soddisfatti i limiti ed i rapporti di dimensionamento previsti dalla presente legge in relazione agli abitanti ed alle attività esistenti per la stessa zona.
7. Il piano regolatore stabilisce il dimensionamento delle zone "C" detraendo dal fabbisogno complessivo di interventi edilizi la quota da soddisfare con gli interventi di recupero dell'esistente e con le nuove costruzioni previste nelle zone edificate "B".
8. Nei comuni di cui all'articolo 7, comma 3, per le zone "C", l'intervento edilizio deve essere preceduto dall'approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, mentre le norme di attuazione del piano regolatore stabiliscono i criteri della progettazione, obbligando al rispetto del tessuto viario ed edilizio e dell'ambiente circostante, ponendo limiti di altezza e distanza tra edifici, individuando tipologia e destinazioni d'uso, nonchè la dotazione degli standards.


1. Con riferimento alle aree ed ai beni di cui all'articolo 7, comma 2, i comuni possono approvare un apposito piano attuativo per i servizi (PAS).
2. Tale piano, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni del piano regolatore generale (PRG), identifica le aree ed i beni da assoggettare ad esproprio e le relative destinazioni.
3. Il PAS è composto dai seguenti elaborati:
a) relazione sulle previsioni del PRG e sulla conformità ad esse del PAS, con previsione sommaria di spesa;
b) identificazione delle aree sulle planimetrie dello stesso PRG oppure, facoltativamente, in tutto o in parte, su planimetrie catastali.

4. Il PAS può essere adottato dal consiglio comunale contestualmente all'adozione del PRG e, comunque, approvato definitivamente dopo l'entrata in vigore del PRG stesso.
5. Salvo quanto previsto al comma 4, si applicano al PAS le norme statali e regionali che disciplinano i piani particolareggiati ed in particolare quelle che ne regolano i procedimenti di approvazione e l'efficacia.


1. I piani regolatori comunali o i piani attuativi per i servizi devono prevedere aree pubbliche, distinte in aree per i parchi urbani, per il verde di vicinato, per lo sport e per il gioco.
2. La dimensione delle aree destinate a verde pubblico attrezzato o alla creazione di parchi urbani o al gioco o allo sport, deve essere tale da garantire la loro effettiva utilizzazione e rispettare inoltre le dotazioni obbligatorie in rapporto alle capacità insediative del piano.
3. Per la formazione di parchi urbani sono prescelte aree aventi nell'ordine le seguenti caratteristiche:
a) parco già formato;
b) facile accesso al pubblico e vicinanza al centro urbano;
c) prevalente assenza di colture agricole pregiate.

4. Negli strumenti urbanistici attuativi per le zone residenziali di nuova formazione devono essere previsti specifici spazi per il verde pubblico nella misura di almeno mq. 3 per abitante da insediare. Detta dotazione è aggiuntiva rispetto alle dotazioni minime di cui al D.M. ed in essa non vanno ricomprese le aree destinate ad attrezzature sportive.
5. Per le distanze minime tra fabbricati si applica l'articolo 9 del D.M. Sono fatte salve le maggiori distanze stabilite per le zone sismiche.
6. Minori distanze tra fabbricati e dalle strade sono ammesse nei casi di gruppi di edifici che formano oggetto di piani urbanistici attuativi planivolumetrici o per interventi puntuali disciplinati dal piano regolatore comunale.


1. Il limite delle zone di rispetto stradale di cui al D.M. 1° aprile 1968, dovrà essere graficamente percepibile tramite specifica zonizzazione di PRG.


1. La misura del contributo per le opere di urbanizzazione è soggetta ad adeguamento annuale in relazione all'andamento dei costi di costruzione, con provvedimento del consiglio regionale, su proposta della giunta.
2. Ove il consiglio regionale non provveda entro il 31 dicembre dell'anno di riferimento, il contributo si intende adeguato automaticamente nella misura dell'80% della variazione del costo di costruzione per i nuovi edifici di edilizia residenziale pubblica convenzionata, determinato per l'anno di riferimento con decreto del Ministro dei Lavori Pubblici, fermo restando quanto previsto dall'articolo 7 del Reg.reg. 23 luglio 1977, n. 6.
3. E' abrogato l'articolo 12 del citato Reg.reg. 6/77.


1. Il piano regolatore generale è adottato dal consiglio comunale.
2. Entro otto giorni dall'adozione, il piano regolatore è depositato a disposizione del pubblico, per trenta giorni, presso la segreteria del comune. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'albo del comune, mediante l'affissione di manifesti e la pubblicazione di apposito avviso sulle pagine locali di almeno due giornali quotidiani di diffusione regionale.
3. Entro sessanta giorni successivi al deposito chiunque può formulare osservazioni sui criteri e le linee generali del piano regolatore adottato.
4. Il comune con propria deliberazione motivata si esprime sulle osservazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3.
5. Nei successivi otto giorni il sindaco trasmette alla provincia il piano adottato unitamente alle osservazioni pervenute ed alle controdeduzioni del comune.


1. La provincia, entro centoventi giorni dal ricevimento del piano regolatore generale comunale, sentito il parere della rispettiva sezione del comitato regionale per il territorio, adotta una delle seguenti determinazioni:
a) approvazione del piano;
b) approvazione del piano con proposta di modifiche al comune;
c) restituzione del piano al comune per la rielaborazione.

2. Le varianti agli strumenti urbanistici generali che costituiscono adeguamento agli standards urbanistici di cui al D.M., nonché i piani per gli insediamenti produttivi, i piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani di recupero di iniziativa pubblica di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457, in variante agli strumenti urbanistici generali, sono approvati dalla provincia entro e non oltre il termine di cui al comma 1; trascorso detto termine senza che la provincia abbia provveduto a comunicare al comune le proprie determinazioni, le varianti si intendono approvate purchè successive all'adeguamento al PPAR ed eccettuati i casi in cui riguardino le zone comprese negli elenchi delle bellezze naturali o i sottosistemi territoriali di tipo A definiti dal PPAR.


1. La provincia approva il piano regolatore generale condizionatamente all'accoglimento di modifiche espressamente indicate, quando accerta che i criteri informatori e le caratteristiche del piano stesso sono conformi alle previsioni del PPAR, e del PIT e dei PTA, ma si rendono necessarie particolari modificazioni ed integrazioni, quali:
a) il rispetto di specifici, vincoli e prescrizioni contenuti nel PPAR, nel PIT e PTA;
b) l'accoglimento delle osservazioni presentate durante il procedimento di adozione, di cui all'articolo 15 e che abbiano ottenuto il parere favorevole del comune ma non siano state recepite negli elaborati o nelle norme di attuazione del piano;
c) l'osservanza piena dei limiti dei rapporti di cui al precedenti articoli 9, 10 e 12.

2. Entro novanta giorni dal ricevimento del provvedimento della provincia, il comune può far pervenire alla stessa le proprie determinazioni. In caso di accoglimento delle modifiche proposte, il piano è immediatamente approvato con provvedimento dell'amministrazione provinciale. In caso di controdeduzioni presentate dal comune, la provincia adotta un provvedimento definitivo di approvazione o non approvazione del piano entro centoventi giorni dal ricevimento delle controdeduzioni stesse.
3. Decorso il termine di novanta giorni di cui al comma 2, senza che il comune abbia assunto alcuna determinazione, il piano si intende non approvato.


1. Ove la provincia accerti che i criteri informatori e le caratteristiche essenziali dello strumento urbanistico generale sono difformi dalle previsioni del PPAR, del PIT e dei PTA, lo strumento è restituito al comune per la rielaborazione.


1. Dalla data di adozione degli strumenti urbanistici o delle relative varianti e fino alla loro entrata in vigore si applicano le misure di salvaguardia ai sensi della legge 3 novembre 1952, n. 1902, come integrata e modificata dalla legge 5 luglio 1966, n. 517.
2. L'applicazione delle misure di salvaguardia cessa se lo strumento urbanistico è restituito al comune per la rielaborazione o, comunque, non è approvato.
3. In caso di approvazione condizionata alle modifiche di cui al precedente articolo 17, anche quando il termine di applicazione delle misure di salvaguardia sia già scaduto, non possono essere assentite le domande di concessione o di autorizzazione in contrasto con il piano fino all'entrata in vigore dello strumento urbanistico stesso, e comunque per un periodo non superiore ad un anno.


1. La revoca del piano regolatore generale approvato oppure adottato e trasmesso non può essere deliberata dal comune senza la contemporanea adozione di un nuovo piano regolatore.
2. In ogni caso, quando si tratti di piano regolatore approvato, la revoca non ha effetto fino all'approvazione del nuovo piano regolatore comunale da parte della provincia.


1. I piani per gli insediamenti produttivi approvato dopo l'entrata in vigore della presente legge hanno efficacia eguale a quella dei piani per l'edilizia economica popolare.
2. Salvo quanto previsto dalla presente legge, i procedimenti di variante previsti dall'articolo 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 si applicano in ogni caso anche alle opere pubbliche che non sono di competenza del comune.
TITOLO III
Comitato regionale per il territorio



1. E' istituito il comitato regionale per il territorio.
2. Il comitato è presieduto dal presidente della giunta regionale. In caso di assenza o impedimento del presidente o suo delegato, la presidenza è assunta dal funzionario regionali di qualifica superiore presente alla riunione.
3. Il comitato è composto:
a) da sei esperti scelti in modo che risultino presenti le discipline relative alla pianificazione urbanistica, ai lavori pubblici, alla tutela del suolo e dell'ambiente naturale, alla tutela dei beni culturali ambientali, designati in base alla L.R. 11 luglio 1977, n. 26;
b) da quattro funzionari della Regione, rispettivamente del servizio programmazione, del servizio urbanistica, del servizio tutela e risanamento ambientale, del servizio lavori pubblici, designati dalla giunta regionale.

4. Per le funzioni di cui all'articolo 24, comma 2, lettera a), il comitato si articola in quattro sezioni, una per ogni provincia.
5. Le sezioni sono presiedute dai presidenti delle rispettive amministrazioni provinciali o dall'assessore all'uopo delegato. In caso di assenza o impedimento del presidente o suo delegato si applica quanto previsto dal comma 2.
6. La composizione delle sezioni è quella prevista dal comma 3, integrata da:
a) un funzionario dell'amministrazione provinciale appartenente all'ufficio cui è attribuita la materia, designato dalla giunta provinciale;
b) tre esperti in pianificazione territoriale, designati dal consiglio provinciale;
c) un funzionario regionale del servizio decentrato opere pubbliche e difesa del suolo competente per territorio;
d) un funzionario dell'ispettorato dipartimentale delle foreste competente per territorio.

7. Il comitato è nominato con decreto del presidente della giunta regionale, è convocato entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge e dura in carica quanto il consiglio regionale. I componenti del comitato esercitano le loro funzioni fino al rinnovo del comitato stesso.
8. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario della Regione designato dalla giunta, senza diritto di voto.
9. A decorrere dalla data indicata dall'articolo 2, comma 3, le sezioni si riuniscono presso la sede delle rispettive province e le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario nominato da ciascuna amministrazione provinciale, senza diritto di voto.
10. Per assicurare il regolare svolgimento delle riunioni delle sezioni il calendario delle stesse è stabilito dal presidente della giunta regionale.
11. Ai componenti il comitato spettano il rimborso spese, il trattamento di missione e le indennità di presenza previsti per i componenti del comitato urbanistico regionale dalla L.R. 2 agosto 1984, n. 20 e successive modifiche e integrazioni.


1. Alle riunioni del comitato, su invito del presidente, possono essere chiamati per fornire pareri, chiarimenti e notizie, funzionari della Regione, di uffici periferici dell'amministrazione statale o di aziende autonome dell'amministrazione statale o di enti pubblici. Tali funzionari devono assentarsi al momento del voto.
2. Gli enti locali possono chiedere di essere rappresentati nelle riunioni al cui ordine del giorno sia iscritta la discussione su strumenti urbanistici da essi adottati. A tal fine la segreteria del comitato comunica tempestivamente agli enti locali interessati la data, l'ora ed il luogo in cui deve tenersi la riunione per la discussione sugli strumenti urbanistici.
3. I rappresentanti degli enti locali hanno diritto di intervento durante la discussione, ma debbono assentarsi al momento del voto.


1. Il comitato regionale per il territorio è organo consultivo della Regione e, limitatamente alle funzioni amministrative delegate con la presente legge, delle province nelle materie di cui all'articolo 79 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
2. In particolare, il comitato esprime parere obbligatorio, ma non vincolante:
a) sugli strumenti urbanistici, regolamenti edilizi e loro varianti la cui approvazione è di competenza della Regione o, in base a funzioni delegate con la presente legge, della provincia;
b) sui piani territoriali paesaggistici di cui all'articolo 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ed all'articolo 10 della legge 21 agosto 1984, n. 24, nonchè sui piani regionali di assetto territoriale di cui all'articolo 1, comma 2, della L.R. 8 giugno 1987, n. 26.

3. Il comitato svolge le funzioni previste dalla L.R. 21 agosto 1984, n. 24 per la commissione regionale per la tutela dei beni ambientali, dalla L.R. 22 maggio 1980, n. 37, per la commissione tecnica per le cave ed esprime il parere di cui all'articolo 6 della L.R. 18 aprile 1979, n. 17.
4. Il comitato urbanistico regionale previsto dalla L.R. 2 novembre 1972, n. 8, la commissione regionale per la tutela dei beni ambientali nonchè la commissione tecnica per le cave cessano le proprie funzioni alla data di insediamento del comitato regionale per il territorio.


1. Il comitato è convocato dal suo presidente.
2. Esso deve essere convocato quando lo richiede la giunta regionale ovvero l'ufficio di presidenza del consiglio regionale o il presidente di una provincia.
3. Le convocazioni debbono essere disposte con preavviso di almeno cinque giorni, salvi casi di urgenza, per i quali il termine minimo è di due giorni.
4. Le sedute del comitato sono valide se è presente le maggioranza dei suoi componenti. Le decisioni sono validi se approvate dalla maggioranza dei presenti. I membri dissenzienti possono chiedere che siano riportate a verbale le ragioni del loro dissenso.
5. Le decisioni del comitato ed i relativi verbali debbono essere tempestivamente comunicati al presidente dell'amministrazione che ha richiesto il parere.
6. La giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, può fornire indicazioni ed orientamenti al comitato, nel rispetto degli atti di indirizzo e coordinamento spettanti allo Stato ai sensi dell'articolo 4 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.


1. Sulla base delle norme contenute nella presente legge e su proposta della giunta regionale approvata dalla competente commissione consiliare, il presidente della giunta emana entro quattro mesi dalla entrata in vigore della presente legge le direttive generali cui si attengono gli enti locali. In ogni caso, la delega delle funzioni agli enti locali si attua successivamente alla emanazione delle direttive stesse.
2. La funzione di vigilanza spetta alla giunta regionale.
3. Nei casi di accertata inerzia degli enti delegati, per ciò che attiene ad atti obbligatori sottoposti a termini fissati dalle leggi o provvisti di scadenze essenziali derivanti dalla natura degli interventi oggetto di delega, il consiglio regionale adotta i necessari provvedimenti per la messa in atto di interventi sostitutivi e ne dà immediata comunicazione agli enti interessati.
TITOLO IV
Personale per l'esercizio delle funzioni delegate



1. Per l'esercizio delle funzioni delegate è trasferito alle province il contingente di personale regionale indicato nella tabella allegata alla presente legge. Per il personale di 8a qualifica funzionale e di 1a qualifica dirigenziale, di cui alla predetta tabella che non provengono dai servizi regionali aventi competenza nella materia delegata con la presente legge, sono istituiti appositi corsi di specializzazione.
2. Le province per l'esercizio delle predette funzioni possono avvalersi altresì di personale comandato dagli enti locali.
3. La giunta regionale entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle norme che disciplinano la mobilità connessa a processi di delega, provvede al trasferimento del personale a ciascuna provincia. La delega di funzioni di cui all'articolo 2 non potrà comunque avere effetto prima di sessanta giorni dall'avvenuto trasferimento del personale di cui al presente articolo.


1. Le province utilizzano il personale di cui all' articolo 27 per la costituzione o il potenziamento di strutture organizzative a carattere pluridisciplinare preposte agli adempimenti previsti dalla presente legge.
2. Le predette strutture organizzative svolgono l'istruttoria delle pratiche attinenti le funzioni delegate.

Allegati

tabella


Contingente del personale trasferito alle province



















































QUALIFICHE FUNZIONALI             N. DIPENDENTI

3a qualifica funzionale  
8
4a qualifica funzionale  
4
6a qualifica funzionale  
4
8a qualifica funzionale  
4
1a qualifica funzionale dirigenziale  
2

TOTALE  
22