AVORO FEMMINILE E COVID-19 Nei dati Istat più donne nei settori rischio per l'esposizione al virus e difficoltà a conciliare famiglia e occupazione

“Fattori di vulnerabilità delle occupate per effetto della pandemia”. E' il titolo dell'approfondimento che l'Istat dedica al lavoro femminile all'interno della sua relazione sulle ricadute occupazionali dell'epidemia. Un segnale di attenzione forte che non è passato inosservato alla Commissione regionale Pari opportunità e alla sua Presidente, Meri Marziali, intervenuta nei giorni scorsi per sollecitare interventi mirati a tutela delle donne lavoratrici. Lo scorso 28 maggio i dati dell'Istituto nazionale di statistica sono stati presentati in Senato, nel corso dell'audizione con la Commissione “Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale”, impegnata a valutare le ricadute occupazionali dell'epidemia e azioni idonee a garantire la sicurezza sanitaria nei luoghi di lavoro. Le donne occupate sono presenti in molti settori classificati a medio e ad alto rischio rispetto alla possibile esposizione al virus. Facendo riferimento alla classificazione fornita dall’Inail (“Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione”), si stima che gli occupati uomini lavorino in settori a basso rischio nel 62,9% dei casi, contro il 37% delle donne. Viceversa è più alta la quota di lavoratrici nei settori a rischio alto o medio-alto (28% contro 12%). In base agli ultimi dati del 2019, le donne costituiscono il 64,4% del personale impiegato nell’assistenza sanitaria e l’83,8% di quello operante nell’assistenza sociale non residenziale, entrambi settori posizionati nel livello di rischiosità più elevato. Fra i settori a rischio medio-alto ci sono le attività lavorative presso le famiglie (88,1%), i servizi di assistenza sociale residenziale (80,2%) e le altre attività di servizi alla persona (70,0%). Altro elemento di criticità è rappresentato dalla difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, in assenza di reti preposte all’accudimento, alla cura e all’educazione dei figli, a seguito della chiusura delle scuole. Nel settore della “Sanità e assistenza sociale” oggi le donne occupate sono 1 milione 343 mila, di queste 417 mila hanno un figlio di età inferiore ai 15 anni (31%). Infine si osservare che circa un quarto delle mamme lavoratrici con figli minori (796 mila) lavora in settori “sospesi” per la pandemia e il 26,4% di quelle occupate nei settori rimasti attivi ha un lavoro classificato a medio/alto o alto rischio.
L.V.
Comunicato n.118, Giovedì 4 Giugno 2020