Resoconto seduta n.12 del 18/10/2005
La seduta inizia alle 11,10


Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute n. 10 e 11 del 4 ottobre 2005.

(Sono approvati)



Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 10 ottobre 2005, a iniziativa della Giunta, la proposta di legge n. 46: «Disciplina delle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande», assegnata alla III Commissione.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 32 del consigliere Ortenzi: «Istituzione del corso di laurea triennale delle professioni sanitarie infermieristiche presso la sede decentrata di Fermo»;
— n. 33 del consigliere Castelli: «Favorire la qualità della lingua italiana utilizzata negli atti amministrativi e normativi della Regione Marche»;
— n. 34 del consigliere D’Anna: «Impianto a Biomasse da costruirsi in località Schieppe di Orciano»;
— n. 35 dei consiglieri Mollaroli e Ricci: «Realizzazione di un impianto di una centrale a biomasse in località Schieppe di Orciano (PU)».



Nomine

PRESIDENTE. Con mio decreto, n. 81 del 27 luglio 2005 ho provveduto alla sostituzione di un componente del Consiglio di amministrazione dell’Istituto autonomo per le case popolari di Fermo.



Leggi regionali promulgate

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha promulgato le seguenti leggi:
— in data 11 ottobre 2005: «Rendiconto generale dell’amministrazione per l’anno 2004»;
— in data 11 ottobre 2005: «Assestamento del bilancio 2005».



Deliberazione amministrativa
inviata dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta regionale ha trasmesso la deliberazione n. 1156 in data 12 ottobre 2005 «Art. 26, comma 1 della L.R. n. 30/2004 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2005 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato alla Regione Marche per programma di monitoraggio marino – euro 123.639,79».



Annullamento mozione

PRESIDENTE. Comunico infine che, a seguito di una verifica degli uffici consiliari, si è proceduto all’annullamento della mozione n. 29, attraverso la quale i consiglieri firmatari avevano inteso procedere non alla presentazione di una mozione vera e propria, ma di una richiesta di istituzione di una Commissione consiliare di inchiesta relativa alle recenti vicende CEMIM.
Come è noto, tali richieste vanno presentate ed esaminate preventivamente dall’Ufficio di Presidenza, che in caso di accoglimento presenta apposita proposta di istituzione in Consiglio. L’Ufficio di Presidenza effettuerà quanto prima gli adempimenti di competenza.



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Agostini, Comi e Bucciarelli.



Commemorazione

PRESIDENTE. Prima di cominciare la seduta odierna vorrei leggere un messaggio relativo ai tragici fatti accaduti in Calabria domenica scorsa.
Vogliamo cominciare questa seduta con il ricordo commosso del collega Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria, barbaramente ucciso domenica sera a Locri mentre si accingeva ad esprimere il proprio voto alle elezioni primarie.
Il Consiglio regionale delle Marche, nel condannare il gravissimo attacco alle istituzioni ed alla democrazia esprime il proprio cordoglio alla famiglia e solidarietà all’Assemblea della Regione Calabria ed al partito della Margherita di cui Fortugno era autorevole esponente.
Chiedo all’aula di raccogliersi in un minuto di silenzio.

Il Consiglio osserva un minuto di silenzio



Ordine del giorno della seduta odierna

PRESIDENTE. Informo l’aula che nella Conferenza dei presidenti di gruppo si è giunti alla determinazione di procedere in seduta continua.



Interrogazione (Svolgimento): «Crisi azienda che produce macchine utensili di San Benedetto del Tronto» Procaccini e Bucciarelli (92)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 92 dei consiglieri Procaccini e Bucciarelli.
Per la Giunta risponde l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. La ditta Medori Macchine Spa di San Benedetto del Tronto è un’azienda che opera nel campo della commercializzazione all'ingrosso e al dettaglio di macchine e apparecchiature industriali e macchine utensili per la lavorazione dei metalli e utensileria in genere. Esercita inoltre attività di installazione manutenzione, riparazione e messa a norma di macchine utensili.
Oltre alla sede principale di San Benedetto l'azienda possiede una unità locale a Colonnella (TE) con un organico complessivo di 41 unità.
In data 27 luglio 2005, l'azienda per il tramite dell'Associazione Industriali di Ascoli Piceno ha avviato la procedura di mobilità per cessazione di attività che riguarda tutto il personale attualmente in forza presso le due unità locali citate.
Le motivazioni che hanno condotto l'azienda ad assumere tale decisione possono così sinteticamente riassumersi: dal 2002 l'azienda ha registrato un progressivo decremento del volume d'affari, cui si è associata a risultati di esercizio con valori fortemente negativi; la crisi del comparto della meccanica ha influito negativamente sulla specifica tipologia dell'azienda che è rivolta esclusivamente alla commercializzazione di beni strumentali per il suddetto settore della meccanica; la preferenza di clienti tradizionali verso prodotti più concorrenziali - anche se di qualità inferiore - provenienti da paesi extracomunitari che in virtù del basso costo del lavoro e l'utilizzo del dollaro per le transazioni sono divenuti concorrenti agguerriti che, possono praticare prezzi estremamente competitivi; alle suddette motivazioni si aggiunge quella, non irrilevante, del diradarsi di opportunità del mercato sul territorio, caratterizzato negli ultimi anni da dimissioni o riduzioni da parte di aziende storicamente presenti.
L'azienda, non prevedendo, nel breve-medio periodo nessuna inversione di tendenza è di fatto costretta alla cessazione dell'attività commerciale in quanto non più produttiva di risultati economici positivi.
In sostanza si intende mantenere temporaneamente e fino al disbrigo delle residuali attività n. 1 unità sia per l'amministrazione che per l'assistenza, due per l'utensileria e due per il settore macchine al fine di gestire la spedizione e le consegue per l'alienazione del magazzino esistente.
Negli incontri che si sono succeduti tra rappresentanti dell'azienda e OO.SS. di categoria sono state affrontate le varie problematiche dell'azienda con particolare riguardo alla gestione delle eccedenze, ma ad oggi, senza pervenire ad un accordo.
Va infine rilevato che la procedura, essendo pluriregionale- in quanto le due unità aziendali interessate dalla procedura insistono in due regioni, Marche e Abruzzo, non è di competenza della regione, bensì del Ministero del Lavorò e delle Politiche Sociali, che attiverà la fase di mediazione conseguente ad un eventuale mancato accordo nella fase sindacale.
In fase di consultazione sindacale, si sono succeduti vari incontri tra le parti per l'analisi complessiva della situazione aziendale avendo riguardo ai motivi che hanno determinato la dichiarazione di eccedenza e le varie misure che potrebbero fronteggiare le conseguenze della messa in mobilità dei lavoratori.
Non avendo trovato un accordo nella prima fase della procedura il confronto è proseguito in sede ministeriale in quanto i licenziamenti prospettati riguardano i lavoratori di due sedi collocate in due regioni.
Nell'incontro avvenuto presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 12 ottobre 2005 la parti hanno formalizzato un accordo articolato sui seguenti punti: licenziamento di 15 lavoratori dichiarati in esubero; ulteriori 5 unità potranno essere licenziate - entro 18 mesi dalla definizione della procedura - nell'ipotesi che la commercializzazione di macchine utensili continui a registrare una ulteriore flessione; circa i criteri per individuare i lavoratori da collocare in mobilità si provvederà adottando i criteri tecnico organizzativi e produttivi; l'azienda erogherà ai lavoratori licenziati un incentivo economico all'esodo calcolata sulla base dell'anzianità di servizio.
Il verbale di accordo è stato sottoposto, nella stessa giornata, a ratifica da parte dei lavoratori che lo hanno approvato all'unanimità.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Ringrazio l’assessore per l’informazione ed esprimo una certa soddisfazione per l’accordo. La Regione Marche è intervenuta anche se la competenza formale è del Ministero del lavoro, essendo questa una ditta che opera a livello interregionale. Le motivazioni che la ditta adduce rispetto alla crisi sono reali ma non del tutto a mio modo di vedere, perché parliamo di una ditta che commercializza prodotti anche di alta tecnologia provenienti da paesi esteri ed extracomunitari, per cui se c’è la permeabilità di questi paesi ormai asiatici, rispetto al mercato italiano, questa ditta che da anni opera sul mercato potrebbe essere il terminale, in Italia, di questa produzione, di questa vendita.
Tuttavia è una scelta autonoma sulla quale le istituzioni, purtroppo, non possono intervenire e quello che preme, a questo punto — ringrazio anche per questo la Giunta regionale e l’informazione dell’assessore Ascoli — è che questa fuoriuscita di venti lavoratori su un organico di 72 sia una fuoriuscita con ammortizzatori sociali, in modo tale che non ci sia una ulteriore penalizzazione della situazione economico-sociale e dell’occupazione in quella realtà delle Marche.



Interrogazione (Svolgimento): «Centri di permanenza temporanea» Ciccioli (101)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 101 del consigliere Ciccioli.
Per la Giunta risponde l’assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Il Consiglio regionale delle Marche, già nella scorsa legislatura, approvando la mozione n. 306 proposta dal Gruppo consiliare di Rifondazione Comunista, si dichiarò "indisponibile alla costruzione e alla presenza sul proprio territorio di Centri di Permanenza Temporanei (CPT) per cittadini migranti, perché strutture lesive dei diritti universali delle persone".
La stessa mozione impegnava la Giunta regionale ad operare in tutte le sedi, affinché in nessun luogo del territorio regionale tali strutture potessero "essere realizzate o attivate".
E' con questo spirito che il sottoscritto, quale Assessore regionale all'immigrazione, ha partecipato, in rappresentanza della Regione Marche, al forum "Mare aperto, idee per aprire le frontiere e chiudere i CPT” tenutosi l’11 luglio scorso a Bari su iniziativa del Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Edifici inadeguati, scarsi contatti con il Servizio sanitario nazionale, insufficiente assistenza legale e psicologica, abuso nella somministrazione di psicofarmaci, aggressioni fisiche da parte di agenti delle forze dell'ordine e del personale di sorveglianza: sono alcune delle principali violazioni riscontrate nei CPT e raccolte, in appositi rapporti, da due associazioni Premio Nobel per la Pace, Medici Senza Frontiere e Amnesty International.
A Bari, la politica ha ascoltato le testimonianze di chi i CPT li ha vissuti e ha ragionato insieme alle associazioni e alle organizzazioni del volontariato sulle proposte concrete da fare al Governo.
Il documento finale sottoscritto dai rappresentanti di tutte le 14 Regioni presenti al Forum di Bari, che mi accingo a leggere, ben rappresenta le intenzioni di chi vuole affrontare il fenomeno dell'immigrazione con umanità e giustizia, consapevole che quella del clandestino è una condizione e non un reato e ciò che va perseguita è la clandestinità, non la persona.
Do lettura del documento finale del Forum "Mare aperto, idee per aprire le frontiere e chiudere i CPT":
"L'Europa e il mondo devono rispondere positivamente e con lungimiranza alle sfide politiche e culturali incardinate nei fenomeni di mobilità degli essere umani
L'immigrazione non può essere affrontata come una questione di "0rdine pubblico" spesso affidata alle cure di legislazioni emergenziali. Né si possono mettere in mora i diritti fondamentali degli individui, a cominciare dal diritto di asilo fino al diritto indisponibile alla libertà personale. Non si tratta solo di richiamare la non negoziabilità di principi cruciali della nostra civiltà, si tratta di affrontare con realismo e cioè nel pieno rispetto delle Leggi, le grandi problematiche dell'accoglienza, dell'inclusione, dell’interculturalità. In questa cornice noi, Presidenti di Regione, ci assumiamo la responsabilità di riaprire una discussione che riguardi l'efficacia e l'equità delle politiche dei flussi migra tori sin qui perseguite.
Lo facciamo di seguito senza spirito di contrapposizione politica e senza prefigurare lacerazioni in quello che auspichiamo possa essere un fecondo colloquio interistituzionale.
Lo facciamo cogliendo il punto più dolente di caduta delle scelte operate dall’Italia: i cosiddetti CPT.
Chiediamo il superamento dei Centri di Permanenza Temporanea, chiediamo al Governo l'istituzione di un tavolo di confronto per definire risposte alternative che tutelino i diritti e promuovano la sicurezza sociale. Perché i CPT hanno sostanzialmente attratto l'intera materia dentro un quadro di mera regolamentazione repressiva. Perché essi si fondano su un'idea assai discutibile di "detenzione amministrativa". Perché invece di aggredire i nodi spinosi della clandestinità colpiscono nei loro diritti le singole persone, che nella maggior parte dei casi sono le vere vittime della clandestinità.
In particolare con la Bossi-Fini si è accentuato oltremodo il periodo di trattenimento e si è creata una pericolosa commistione di presenze fra lavoratori clandestini, richiedenti asilo, che rende ingovernabili i centri stessi.
Crediamo inoltre che i respingimenti collettivi di migranti, spesso in direzione di Paesi di provenienza noti per la sistematica violazione dei diritti umani, siano in contrasto con le convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese.
Noi pensiamo che la clandestinità vada combattuta favorendo l'apertura di canali d'ingresso legali, varando programmi seri di cooperazione allo sviluppo, riconoscendo il diritto di asilo, promuovendo la cultura dei pari diritti e dei pari doveri ma anche consentendo i ricongiungimenti familiari e serie politiche di integrazione sociale. Superando un approccio ideologico alla regolamentazione dei flussi che contrasta sia con la tutela dei diritti delle persone che con le stesse necessità economiche del nostro paese, visto il rinnovarsi della pratica dei decreti aggiuntivi e non programmati.
Del resto non possiamo dimenticare le condizioni drammatiche di molti paesi da cui si originano i flussi migratori.
Per questo riteniamo urgente lavorare perché il Mediterraneo diventi un mare di pace, di convivenza tra diversi, di diritti. E chiediamo dunque all’Italia e all'Europa di riaprire il capitolo delle politiche dell'immigrazione".
Aggiungo inoltre, che per quanto riguarda la politica dell'Assessorato regionale all'immigrazione, poiché ritengo di fondamentale importanza il dialogo costante tra l'istituzione Regione, il mondo dell'associazionismo degli immigrati e quello del volontariato, ho promosso l'istituzione di un tavolo di partecipazione attiva sui diritti di uguaglianza dei cittadini immigrati residenti nelle Marche". Tutto ciò al fine di costruire un percorso che permetta alla nostra regione di diventare un territorio dove nessuno si senta più straniero e dove nessuno venga più considerato straniero.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Avevo rivolto l’interrogazione al Presidente della Giunta Spacca, perché ritenevo che questa fosse materia di valutazione politica complessiva. Mi risponde, per delega, l’assessore Amagliani. Ovviamente prendo atto della risposta, però mi chiedo se questo rappresenta il pensiero di tutta la Giunta, perché è uno spostamento dell’asse politico della Giunta stessa.
L’interrogazione è di qualche mese fa, ma ovviamente i tempi della risposta scorrono sempre. Era stato promosso da Nichi Vendola, neo “governatore” della Regione Puglia, un incontro tra i rappresentanti di più Regioni per stabilire la linea d’azione riguardo i centri di permanenza temporanea, che sono i centri dove vengono avviati gli extracomunitari clandestini che generalmente raggiungono le coste, soprattutto dell’Italia meridionale, ma anche altre zone italiane.
Rispetto all’esistenza di questi centri che, voglio ricordare, vengono dalla legge 40, la “legge Turco-Napolitano” della precedente legislatura, votata anche da Rifondazione comunista, ci sono state varie valutazioni. Questi centri vengono poi recepiti dalla “legge Bossi-Fini” e vengono in qualche modo regolamentati. Quindi il passaggio dalla “legge Turco-Napolitano” viene valorizzato, perché il problema era che i clandestini venivano avvertiti che entro 15 giorni potevano lasciare il paese e di fatto il clandestino prendeva il documento e poi spariva nell’Italia.
Questi centri consentono di controllare le persone, di verificare se ci sono motivi umanitari, cioè persecuzioni politiche o altri casi. Un’aliquota delle persone che entrano in questi centri viene autorizzata a rimanere in Italia, la maggioranza di questi cittadini viene invece espulsa, riportata alle frontiere, ai paesi d’origine, a seconda delle convenzioni vigenti.
Riguardo a questi centri alcuni autorevoli esponenti anche della sinistra hanno detto che ci devono essere. Probabilmente può esistere — e qui assolutamente concordo — il problema della umanizzazione di questi centri, perché a volte le persone ospitate sono il doppio degli spazi predisposti, perché ci sono ondate di affluenza che non sono contingentate, per cui a volte all’interno del centro stesso vi sono il doppio delle persone che dovrebbero esserci perché non ci sono altri spazi di accoglienza. Quindi il problema della gestione, dell’umanizzazione degli spazi esiste e questo non ho alcun problema a negarlo.
Ma il fatto che ci debbano essere dei centri in cui le persone entrate clandestinamente in Italia possono essere trattenute è un fatto di civiltà. Credo che non si possa seguire in Italia la linea Zapatero, cioè la linea che si spara ai clandestini che cercano di varcare la frontiera della Spagna, cose accadute nelle scorse settimane in un paese dove c’è un governo di estrema sinistra che dice di essere più accogliente dell’Italia governata da un governo reazionario qual è quello Berlusconi.
Quindi credo che la posizione della Regione Marche non possa essere quella sottolineata adesso da Amagliani. Le Marche tra l’altro, per un motivo di identificazione del luogo non hanno il centro di accoglienza. Doveva essere fatto a Corridonia, Comune di centro-destra che poi non l’ha voluto perché la popolazione ha detto che non voleva un centro di questo tipo, poiché i clandestini nella nostra zona sono in numero talmente modesto, per fortuna, che non costituiscono un problema, mentre in Sicilia, in Puglia, in Calabria e in altre regioni italiane questo costituisce un problema grave, per cui l’istituzione di questi centri è assolutamente necessaria.
Sono insoddisfatto, non della risposta di Amagliani, perché Amagliani ha dato una risposta compiuta. Sono assolutamente insoddisfatto se quella di Amagliani è la posizione dell’intera Giunta Spacca da cui rilevo un problema politico. Evidentemente prevale l’opinione dell’area di Rifondazione comunista rispetto all’area cosiddetta di centro-sinistra che risponde all’asse Margherita-Ds. Di questo prendo atto.



Interrogazione (Svolgimento) «Problema della delocalizzazione e dei licenziamenti in alcune società del fabrianese» Bugaro (5)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 5 del consigliere Bugaro.
Per la Giunta risponde l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. L’interrogazione del consigliere Bugaro riguarda, sostanzialmente, alcune aziende del fabrianese, ma riguarda soprattutto la Best e la Antonio Merloni. Si tratta di due aziende molto importanti che hanno una rilevanza notevole nel panorama economico regionale e del fabrianese.
Per quanto riguarda la Best che produce apparecchi domestici ed elettronici per uso domestico e industriale (cappe aspiranti) insieme alla Elektromek di Montefano (MC) che produce motori per cappe aspiranti, fa parte del gruppo americano Nortek: holding finanziaria organizzata in quattro gruppi. Il capogruppo operativo che ha acquisito la Best e la Elektromec è la Broan, il maggior produttore di cappe aspiranti e di elettroventilatori. Negli USA controlla il 100% della distribuzione tradizionale di questi prodotti e il 90% di quella effettuata presso supermercati e centri commerciali. Attualmente la Best occupa negli stabilimenti di Fabriano e Cerreto d'Esi n. 450 lavoratori, se contiamo anche quelli della Elektromec arriviamo complessivamente a circa 700 unità.
La direzione aziendale ha come filosofia operativa il miglioramento continuo del servizio al fine di competere con le aziende che operano sullo stesso mercato, quindi tra i programmi di sviluppo vi sono varie opzioni strategiche che puntano a qualificare l'offerta avendo come riferimento il made in Italy, la qualità dei servizi forniti al cliente e il design. Per prassi interna i programmi di sviluppo proposti dalla Best - che comprendono anche ipotesi di delocalizzazione produttiva - sono all'attenzione del Consiglio di Amministrazione della Broan, per la necessaria approvazione. Allo stato attuale, non è quindi possibile conoscere quali soluzioni verranno prese dall'organo di governo del gruppo, ad ogni modo secondo una prassi consolidata, tutte le novità riguardanti l'azienda e i lavoratori verranno portate a conoscenza delle OO.SS. e quindi dei lavoratori.
La situazione è diversa, invece per quanto riguarda la Antonio Merloni Spa. Ci sono preoccupazioni per il destino dell'azienda dei suoi lavoratori e delle piccole o piccolissime aziende che ruotano intorno al gruppo impegnate nella subfornitura e altre aziende di servizi locali. Nel 2004 era stata attivata la cassa integrazione per far fronte alla crisi che l'azienda stava attraversando. Nei mesi scorsi, i giornali hanno dato la notizia che alcune banche hanno messo a disposizione risorse finanziarie per la ristrutturazione e il rilancio dell'azienda. Il 6 ottobre 2005 è stato presentato alle 0O.SS. il piano industriale della Antonio Merloni che per il momento non affronta il problema degli esuberi ma programma investimenti per 122,5 milioni di euro in tre anni.
Il piano analizza l'evoluzione del mercato degli elettrodomestici ed evidenza la flessione delle vendite di Antonio Merloni Spa nei mercati dove l'azienda opera, dovuta ad una diminuzione dei prezzi di vendita per effetto della competizione di nuovi produttori provenienti da paesi a basso costo e da competitori tradizionali che hanno rilocato la produzione in paesi competitivi sul piano del costo del lavoro, l'aumento dei costi delle materie prime. Il piano inoltre dopo aver analizzato i motivi di crisi dell’azienda prevede le seguenti linee di intervento: sul piano dello sviluppo organizzativo (realizzazione di una nuova struttura organizzativa con l'inserimento di nuove funzioni manageriali); sul piano finanziario (per assicurare la stabilità finanziaria e le risorse necessarie al la realizzazione del nuovo piano e la ristrutturazione del debito, la Antonio Merloni ha firmato un accordo con un pool di banche); sul piano della riduzione dei costi è stato varato un piano che avrà un impatto su più voci del conto economico ( riduzione del capitale circolante dal 29% del 2004 al 24% per il 2007, centralizzazione della distribuzione logistica e ottimizzazione della struttura dei magazzini, creazione di un magazzino unico per la gestione dei ricambi, e un programma di contenimento dei costi su tutti i poli produttivi); una nuova politica di brand, con la creazione di due piattaforme ARDO e ASKO ,che si affiancherà all'attività tradizionale del terzismo; sul piano dell'innovazione ; entro il 2006 saranno lanciati nuovi modelli per tutti i segmenti di prodotto; sul piano delle politiche del personale che deve rispondere a due esigenze specifiche strutturare le esigenze della produzione in base alle effettive richieste di mercato e pianificare l'effetto dei programmi di efficienza sull'evoluzione del personale.
Le OO.SS. si sono riservate di dare un giudizio generale sul piano industriale presentato, avendo come obiettivo finale ottenere le massime garanzie per i lavoratori, e hanno chiesto all'azienda di poter analizzare nel dettaglio proponendo nuovi incontri per il 26 e 27 ottobre 2005 dove si entrerà nel merito del piano e quindi anche della gestione degli eventuali esuberi.
Certamente, in tale ipotesi, la Regione e le altre istituzioni si impegneranno affinché sia l'azienda che le 00.55. si accordino su un percorso teso a limitare il più possibile le ripercussioni sul piano sociale, utilizzando, certamente tutti gli strumenti di ammortizzazione sociale che la normativa consente.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Bugaro.

Giacomo BUGARO. Ho ascoltato attentamente la relazione dell’assessore, anche perché questo è un argomento estremamente delicato e questa mia interrogazione non era volta ad avere una morbosità nella conoscenza della risposta. Sono parzialmente soddisfatto soltanto per l’ultima parte della risposta. Nella prima parte si chiedeva la situazione di queste due aziende e mi è stato risposto che non si conoscono ancora le strategie dell’azionista Best e invito l’assessore e la Giunta tutta a monitorare e a relazionarsi quanto più possibile con il consiglio della Best, perché voci di corridoio abbastanza corpose indicano che la stessa non abbia deliberato ma guardi a un trasferimento come a un’opportunità molto concreta.
Per quanto riguarda la Antonio Merloni fui attaccato quando presentati questa interrogazione, dai sindacati, dicendo che io gettavo allarmismo. I fatti scaturiti successivamente, dal 30 aprile, data di presentazione dell’interrogazione, hanno dimostrato che il mio non era allarmismo ma un dato di fatto e un grido di dolore verso il territorio per il problema reale che sussiste.
L’assessore ha elencato le azioni meritorie che l’azionista ha posto in essere per salvare l’azienda e io auguro ogni bene all’azienda stessa, perché è una risorsa del nostro territorio, perché sia il management che i dipendenti hanno lavorato in questi anni contribuendo a rendere grande la nostra regione dal punto di vista industriale e sociale.
Non sono soddisfatto per quanto riguarda il contributo della Regione Marche che mi sembra completamente assente in questa fase.
L’interrogazione partiva dall’esempio di queste due aziende per arrivare a una discussione più ampia, verso la quale non c’è stata assolutamente attenzione nella risposta e per questo mi sono detto parzialmente soddisfatto, perché questo fenomeno della delocalizzazione è estremamente pericoloso. Se è vero come è vero che noi assistiamo a un processo di profonda mutazione delle dinamiche industriali, è anche vero che ci dobbiamo porre, soprattutto in costanza di una regione come la nostra che ha fortissima vocazione manifatturiera, il problema di come redistribuire al suo interno le risorse che oggi sono a rischio, per i costi delle infrastrutture, dell’energia, del lavoro, mettendo a rischio i posti di lavoro.
Non bisogna confondere l’internazionalizzazione con la delocalizzazione, cioè l’apertura di nuovi mercati commerciali, favorire da parte degli enti deputati l’apertura di nuovi mercati commerciali, con il fatto che alcune aziende chiudono e si spostano laddove è più conveniente produrre. Questo è un fatto estremamente grave perché favorisce solamente la proprietà che vedrebbe abbassarsi il costo della manodopera, quindi guadagnerebbe di più ma impoverirebbe fortemente il territorio andando a investire altrove.
Qui è il cuore del problema: che cosa la Regione Marche ha intenzione di fare, per favorire da una parte l’internazionalizzazione, quindi l’apertura di nuovi mercati commerciali alle imprese, ma per frenare, dall’altra, la paura che molte aziende scappino dal nostro territorio.
Questo è un fenomeno che nella nostra regione comincia ad essere preoccupante, che investe un numero di risorse assolutamente smisurato, che ha colpito e sta colpendo i distretti della provincia di Ancona. Ritengo che su questo argomento occorra un approfondimento e che l’ente Regione possa fare molto con gli strumenti che gli sono delegati dallo Stato, di concerto con le istituzioni nazionali, però da questo punto di vista non sono riuscito a capire qual è la vostra politica, quali sono le vostre idee in tal senso. Vedo che siete impegnati in missione in tutto il mondo, non riesco a capire qual è la politica industriale di contenimento del fenomeno della localizzazione che si vuole attuare in questa regione. Sarebbe il caso che questa Giunta regionale iniziasse ad affrontare in maniera profonda, mettendo a conoscenza anche l’Assemblea legislativa delle Marche, delle linee guida per contenere questo pericolosissimo problema.



Interrogazione (Rinvio): «Adeguamento circoscrizione dei tribunali di Ascoli Piceno e Fermo» Castelli (58)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 58 del consigliere Castelli. La Giunta non è in grado di rispondere perché attende informazioni dal tribunale, quindi viene rinviata.



Interrogazione (Svolgimento): «Prevenzione e tutela dei cittadini dalle emissioni di gas nocivi (radon)» Santori e Capponi (73)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 73 dei consiglieri Santori e Capponi. Per la giunta risponde l’assessore Mezzolani.

Almerino MEZZOLANI. In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, premesso che il Servizio Sanità Pubblica della Regione Marche, con la nota prot. n. 16988 DIP5/SAP, del 12 agosto 2005, ha interessato sui temi ivi trattati l'ARPAM, che ha formulato le osservazioni di propria competenza, con la nota prot. n. 16453/SRR/lR/2397 del 5 settembre 2005, si comunica quanto segue.
Negli anni 1991-1993 nella regione Marche fu effettuata una campagna di misure della concentrazione di gas radon nelle abitazioni, a cura delI'ARPAM, già Centro Regionale di Riferimento per il controllo della Radioattività Ambientale, facente parte dell'Area Fisica del Servizio Multizonale di Sanità Pubblica della ex USL 12 di Ancona, in collaborazione con l'Assessorato Regionale alla Sanità, nell'ambito dell'indagine nazionale per la valutazione dell'esposizione media della popolazione italiana alla radioattività naturale nelle abitazioni, promossa nel 1988 dall'ENEA/DISP (poi ANPA) e dall'istituto Superiore di Sanità e finanziata dal Ministero della Sanità e dalla stessa ENEA/DISP.
Come comunicato dall'ARPAM con la nota sopracitata, da tali misure risultò, tra l'altro, che “il valore medio annuo di concentrazione di gas radon nelle abitazioni di questa regione, 2 Bq/m, e che pertanto si trattava di un valore tra i più bassi rilevati nelle varie regioni italiane, in quanto il valore medio annuo nazionale di concentrazione di gas radon, misurato su un totale di 5361 abitazioni italiane, è risultato essere pari a 70+Bq/m.
Inoltre il valore riscontrato in questa regione risultò essere inferiore ai livelli di concentrazione media annua del radon sia negli edifici esistenti che in quelli da costruire, stabiliti nel 1990 dalla Raccomandazione Europea n. 90/143 dell'Euratom.
La normativa italiana in materia di protezione dei lavoratori e della popolazione dai rischi connessi alle radiazioni ionizzanti, prevede all'art. 10 sexies del Decreto Legislativo n. 230195 e sue modificazioni ed interrogazioni che, sulla base delle linee-guida e dei criteri emanati da un'apposita Commissione tecnica per le esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni), istituita ai sensi dell'art. 10 septies del decreto stesso, le Regioni e le Province autonome individuino le zone o i luoghi di lavoro con elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon.
Ad oggi tale Commissione non risulta essere stata istituita e pertanto non é ancora possibile dare seguito alle disposizione previste da detta normativa, come ad esempio, la prima individuazione, da parte delle Regioni, delle aree ad elevata concentrazione di gas radon: la data già fissata dalla normativa per questa rilevazione di competenza delle Regioni era stata stabilita al 31/8/2005, come previsto dall'art 37, comma 5 del Decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241.
Ciò premesso, si condivide l'opportunità di una nuova campagna di mappatura della concentrazione di gas radon nella regione Marche, considerato che i tra i rischi ambientali, questa problematica meriti la giusta e dovuta attenzione, ma tale piano ad oggi non riveste i caratteri dell'urgenza e dell’indifferibilità.
Inoltre, come sopra esposto, si è in attesa dell'emanazione delle linee-guida e dei criteri che saranno emanati dalla Commissione nazionale competente in materia, che costituiscono la "conditio sine qua non" del prossimo piano radon della Regione.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Santori.

Vittorio SANTORI. Sono insoddisfatto della risposta ma sono orgoglioso di questa interrogazione che ha dato modo alla Regione Marche di iniziare un nuovo monitoraggio in data 12 agosto 2005. Sono orgoglioso perché l’interrogazione è stata presentata il 7 luglio, quindi la nostra iniziativa è stata raccolta. Ma non ha importanza da quale parte viene la spinta, l’importante è fare qualcosa per i cittadini.
Ricordo all’assessore, che si è documentato sulla questione, che però ci sono alcune lacune che vorrei sottolineare, in quanto la rilevazione cui faceva riferimento, del 2003, è stata fatta su campione, un campione molto ridotto sul territorio regionale. Se non vado errato, qualcosa come 186 rilevazioni in tutto il territorio regionale, quindi l’attendibilità di questa rilevazione è davvero molto scarsa.
Inoltre vorrei aggiornare e dare un contributo sull’argomento, dicendo che non occorre aspettare la direttiva, perché già la Regione Veneto con delibera 79 dell’8 gennaio 2002 ha recepito e attuato la raccomandazione europea 90/143 da lei citata, fissando un livello regionale per quanto riguarda l’adozione di particolari cautele nelle nuove costruzioni. E’ qualcosa che si aspetterei anche da parte di questa Giunta regionale, perché, ripeto, oltre i 6.000 casi di tumore evidenziati dal servizio sanitario nazionale e riconducibili direttamente all’esposizione al radon, vi sono altri e più numerosi casi di malattie neoplastiche, e mi riferisco ai linfomi per i quali la causa non è riconducibile a qualcosa di certo ma si tratta pur sempre di fattori ambientali, quindi anche nel settore ambientale ritorna il discorso dell’esposizione a radon o forse ad altri campi magnetici, ad altre vicende. E’ quindi importante che a seguito di questa nuova rilevazione, la questione venga studiata anche dal punto di vista di emettere una direttiva interna, regionale per assicurare nelle nuove costruzioni qualcosa di più per la tutela dei cittadini e delle persone, soprattutto quando si tratta di immobili adibiti a studenti o persone che debbono stare parecchio tempo all’interno degli stessi.



Interrogazione (Svolgimento): «Affidamento del servizio di trasporto sanitario» Benatti (113)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 113 del consigliere Benatti.
Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.

Almerino MEZZOLANI. Con riferimento alla interrogazione in oggetto si fa presente quanto segue.
Il trasporto sanitario viene affidato dalla Regione Marche con L.R. sull'Emergenza Sanitaria 36/98 prioritariamente al volontariato nel caso di servizio affidato all'esterno.
Questa scelta è stata ripetutamente Confermata negli atti che hanno regolamentato i rapporti con le Associazioni di volontariato.
Al momento è in corso di verifica il livello di applicabilità al contesto marchigiano della normativa europea che prevede di affidare alcune tipologie di trasporto con procedure di evidenza pubblica.
Il gruppo di lavoro congiunto Dipartimento Servizi alla Persona e alla Comunità/ASUR/Ospedali Riuniti dopo una serie di riunioni, ha impostato una bozza di atto legislativo regionale in grado di affrontare la problematica dell'affidamento dei servizi di trasporto sanitario in linea con le indicazioni della L.R. 36/98 sull'Emergenza sanitaria.
La politica di attenzione nei confronti del volontariato non è dunque in alcun modo in discussione ed i lavori in corso sono orientati ad una analisi delle indicazioni e delle ricadute delle normative europee nel solo settore dei trasporti programmati.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatta o meno, il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Ringrazio l’assessore, mi dichiaro soddisfatta della risposta che ha fornito, perché è evidente che un’interrogazione non può esaurire un dibattito così ampio in questo settore, ma la risposta dell’assessore lascia aperti molti spazi di dibattito che anche questo Consiglio regionale svilupperà nei prossimi mesi e soprattutto riafferma, se ce n’era bisogno, alcuni principi fondamentali che hanno guidato l’azione della Regione in questi anni.
Anche in questo caso è stato detto che le interrogazioni non servono a niente. Io credo invece che i consiglieri regionali abbiano il dovere di segnalare all’Amministrazione le situazioni che possono generare equivoci e incomprensioni nei cittadini, quindi il senso dell’interrogazione che ho presentato il 6 settembre, era proprio questo. Seguiva all’interrogazione una lettera che era stata inviata dall’Asur un mese prima ai direttori delle zone, dove si prefigurava l’ipotesi di mandare a gara d’appalto tutti i servizi di trasporto necessari.
Lei sa, assessore, che in Italia c’è un’ampia produzione normativa e amministrativa in genere, ma nei mesi di agosto ed a Natale e all’Epifania questa produzione aumenta a dismisura ed è proprio in questi periodi feriali che si possono generare più pericoli, perché poi i cittadini non hanno interlocutori diretti disponibili. Quindi credo che sia necessario mettere mano a tutta questa materia, dando finalmente a tutti i soggetti, siano essi organizzazioni senza scopo di lucro, siano essi operatori pubblici, siano essi operatori privati, la certezza del chi fa cosa e di come la Regione intende organizzare questo servizio.
Parliamo del volontariato, il cui valore non debbo certo ribadire io, l’ha già fatto l’assessore e lo facciamo tutti quanti quotidianamente nei tanti convegni a cui siamo invitati, quindi è bene che in quest’aula noi facciamo seguire alle parole i fatti e se diciamo che il volontariato è un valore per la regione Marche — e valore lo è sicuramente — facciamo seguire a queste affermazioni di principio dei concreti atti legislativi, normativi, amministrativi.
Parliamo del trasporto pubblico sanitario, che è un bene pubblico a cui noi dobbiamo dare una risposta anche negli anni a venire. E’ un settore a cui la risposta deve essere data in termini commerciali o in termini di servizio pubblico? A nostro giudizio questo servizio deve rimanere pubblico e questa è una delle peculiarità che contraddistinguono l’Italia e le Marche anche in ambito europeo. C’è un dibattito a livello europeo e questo dibattito, se lo guardiamo oggettivamente porta l’Ue anche su posizioni a volte contraddittorie. Abbiamo la Commissione europea che sta rigidamente richiamando gli stati membri a fare, a fronte di servizi pubblici, appalti pubblici e quindi in questo senso si è aperto anche in Italia e nella nostra regione un dibattito. C’è anche una procedura di infrazione che interessa la Regione Toscana, che riguarda questa materia. Dall’altra parte abbiamo invece i principi ispiratori dei trattati europei che richiamano l’esigenza anche di poter disporre di deroghe su questi argomenti.
Credo quindi che noi dobbiamo percorrere anche questa valutazione e questa revisione di cui parlava l’assessore, tenendo conto di questo scenario, uno scenario che vede l’Ue che chiede soprattutto agli stati membri — non impone — e sempre più anche alle Regioni, perché l’Unione sta riconoscendo anche il valore legislativo delle Regioni stesse, di dare delle normative chiare. E’ evidente che la legislazione, l’impostazione, l’approccio che ha l’Italia, ma anche le Marche, in questo settore, sono diversi da quelli che può avere una Regione, per esempio, dell’Inghilterra. Per noi la sanità è un valore pubblico, quindi dobbiamo dichiarare all’Ue che proprio sulla base di questo valore pubblico, che noi vogliamo sottrarre al mercato quanto più possibile, dobbiamo legiferare e quindi mantenere un’impostazione politica.
A fronte di questa questione, nel mentre ho citato la procedura d’infrazione nei confronti della Toscana, abbiamo un pronunciamento dell’Ue per quanto riguarda la normativa regionale della Renania Palatinata che prevede appunto la conferma di una convenzione diretta a determinate condizioni di trasporti sanitarie e organizzazioni senza scopo di lucro, quindi credo che il dibattito sia aperto. Bene ha fatto l’assessore ad aprire un confronto con tutti gli attori in modo da poterne definire bene i controlli e credo che nei prossimi mesi anche il Consiglio regionale dovrà riflettere su questa materia, sapendo appunto che è sicuramente complessa, però non ci sono rigidità assolute da parte dell’Ue, c’è un confronto che noi dobbiamo tenere in senso ascendente con l’Unione e la Commissione europea e in senso orizzontale nel nostro territorio con tutti gli attori, in modo tale che da una parte possiamo preservare questo servizio pubblico e tutto quello che significa l’attività del volontariato. Oggi parliamo di sanità, ma domani potremmo parlare di sociale, di protezione civile, di cultura, di tutta quella che è la vitalità del mondo del volontariato oggi in Italia e nelle Marche, mantenendo sempre una chiarezza e dando delle risposte agli operatori pubblici e privati del volontariato, ma soprattutto ai cittadini delle Marche.



Interrogazione (Svolgimento): «Influenza aviaria», Binci (135)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 135 del consigliere Binci. Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.

Almerino MEZZOLANI. Risponderò in ordine ai punti indicati nell’interrogazione, poi integrerà questa mia risposta, per la parte di sua competenza, l’assessore Petrini.
In merito al punto 1, si informa che con nota n. 17293/DIP5/SAN/GT del 23.08.05 il Servizio Sanità Pubblica del Dipartimento Servizio alla Persona e alla Collettività ha trasmesso, a tutte le Strutture Sanitarie del SSR interessate una Circolare informativa relativa alla prevenzione e controllo dell'influenza umana per la stagione 2005/2006.
Tale documento, redatto sulla base delle indicazioni contenute nella specifica circolare del Ministero della Salute del 05.08.05, contiene anche le raccomandazioni sull'impiego del vaccino antinfluenzale.
Tali raccomandazioni, derivanti a loro volta dalle indicazioni dell'OMS, asseriscono che la vaccinazione antinfluenzale "con i vaccini attualmente disponibili è in grado di ridurre la possibilità di co-circolazione, nello stesso individuo".
Nella operatività tali linee-guida, a differenza di quelle inviate negli anni passati, si indica in aggiunta di "offrire la vaccinazione antinfluenzale a personale, che, per motivi occupazionali, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonti di infezione da virus influenzali non umani”.
Non è quindi prevista una estensione dell'offerta vaccinale in tutta la popolazione in modo indiscriminato.
Al fine di offrire una corretta comunicazione, è già programmata oggi stesso una conferenza stampa istituzionale regionale, ed è in corso la organizzazione di una giornata informativa per i soggetti del SSR più interessati dalla "comunicazione all'utenza" (medici e assistenti sanitari dei SISP, Rappresentanti Medicina Generale e Pediatri di libera scelta, medici Divisione Malattie Infettive).
In merito al punto 2 dell'interrogazione si fa presente che il Ministero della Salute il 7 settembre 2005, con nota prot. DGVA-III/3 1783/P ha emanato delle disposizioni sulla selvaggina da ripopolamento, valide per tutto il territorio nazionale, disposizioni che di seguito si riportano in estratto: è vietato introdurre nel territorio nazionale in provenienza da qualunque Paese Terzo i volatili di cui all'art. 2, comma 2, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica 3 marzo 1993, n. 587, e successive modifiche, nonché le starne, destinati ad essere utilizzati come selvaggina da ripopolamento anche per finalità faunistico-venatorie; fermi restando i controlli effettuati dai Posti d'ispezione frontaliera italiani, in attesa che, per le altre destinazioni nazionali, sia assicurata l'esecuzione del divieto di cui al comma 1 anche da parte dei Posti d'ispezione frontaliera degli altri Stati membri dell’Unione Europea, i titolari e i responsabili delle strutture italiane che operano nel settore del ripopolamento sono obbligati all'immediata sospensione delle importazioni dei volatili assoggettati al divieto di cui al già citato comma 1; i volatili cui è fatto riferimento al comma 1, comprese le starne, introdotti nel territorio nazionale in provenienza da altri Stati membri dell'Unione europea per essere utilizzati come selvaggina da ripopolamento anche faunistico-venatoria, non possono essere immessi in libertà prima della scadenza del periodo di quarantena da effettuare nella struttura di prima destinazione, per il tempo e in conformità alle modalità stabiliti al comma 1, lettera b) e comma 2 dell'articolo 2 dell'ordinanza del 26 agosto 2005, citata in preambolo; il titolare e il responsabile delle predette strutture assicurano l'osservanza della presente disposizione su ogni partita introdotta.
Relativamente al punto 3 dell'interrogazione si precisa che il Ministero della Salute con Ordinanza del 26 agosto 2005 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 2 settembre, ha emanato le seguenti disposizioni relative all'etichettatura delle carni fresche di volatili da cortile: l'operatore alimentare che effettua le operazioni di macellazione delle carni di volatili da cortile deve fornire le seguenti informazioni, mediante l'apposizione su un'apposita etichetta sulla carcassa, o sul materiale di confezionamento o di imballaggio: a) la sigla IT seguita dal numero identificativo di registrazione presso la AUSL dell'allevamento di provenienza degli animali, riportato sul documento di accompagnamento di cui all'art. 1 del decreto ministeriale li febbraio 2003; b) la data o il numero di lotto di macellazione; c) il numero di riconoscimento dello stabilimento di macellazione. L'operatore del settore alimentare che effettua le operazioni di sezionamento deve riportare le seguenti informazioni su un'apposita etichetta apposta su ogni singolo pezzo o sul materiale di confezionamento od imballaggio: a) la sigla IT seguita dalla sigla della provincia o province degli allevamenti che hanno costituito il lotto di sezionamento delle carni; b) data di sezionamento o il numero di lotto di sezionamento; c) numero di riconoscimento dello stabilimento di sezionamento. Nel caso di carcasse o parti di carcasse fornite al consumatore non confezionate singolarmente nello stabilimento di produzione l'informazione di cui ai commi 1 e 2 possono essere apposte sull'imballaggio. Il punto vendita delle carni di volatili da cortile intere o sezionate, ove presentate al consumatore finale non confezionate individualmente all'origine è tenuto ad esporre le informazioni di cui ai commi 1 e 2 o a collocare suddette informazioni su un'etichetta da apporre sul prodotto preincartato.
Tali disposizioni sono in vigore dal 17 ottobre 2005.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Petrini per la risposta di sua competenza.

Paolo PETRINI. In relazione al punto 3 integro per quanto l’interrogazione chiede circa gli interventi volti a favorire lo sviluppo dell’etichettatura in questa regione.
Si fa presente che la legge regionale n. 23 del l0, dicembre 2003 prevede alcune misure di carattere orizzontale che possono trovare opportuna applicazione nel settore avicolo.
Segnatamente, l'articolo 4 istituisce un regime di aiuti per il finanziamento di progetti finalizzati all'implementazione di sistemi di tracciabilità (aziendale e/o di filiera) certificati da organismi indipendenti. Tale articolo è stato recentemente attivato, per l'anno 2005, con apposito bando scaduto il 20 settembre e se ne prevede l'attivazione anche per l'anno 2006.
Inoltre, il Servizio Sistema Agroalimentare, Ambiente Rurale e Foreste, con decreto dirigenziale n. 76 del 4 luglio 2005, ha approvato le linee guida per la gestione del sistema di tracciabilità delle produzioni agricole ed alimentari denominato SITRA. Tale sistema, ancora in fase di realizzazione, potrà operare su qualsiasi filiera produttiva e sarà gestito dall'Assam.
Infine, un ulteriore strumento a garanzia della rintracciabilità e della corretta informazione al consumatore in merito all'origine dei prodotti è il “marchio regionale”. Tale strumento sarà attivato non appena ne sarà formalizzata l'approvazione da parte della Commissione Europea. Allo stato attuale è stato approvato il regolamento d'uso del marchio ed è stato emanato il DDS n. 196104 che approva le linee guida per la redazione dei disciplinari di produzione. Sono inoltre stati attivati dei "focus group" presso l'Assam incaricati di redigere i disciplinari delle singole filiere, tra cui anche uno specifico per il settore zootecnico.
Per i prodotti a marchio è previsto l'obbligo di aderire al SITRA e quindi di fornire al consumatore, a livello delle singole unità poste in vendita, tutte le informazioni relative alla tracciabilità (origine, operatori coinvolti, specifiche di processo ecc...). È inoltre prevista la possibilità di indicare in etichetta l’origine del prodotto (tale disposizione non può tuttavia essere resa obbligatoria stante l'orientamento contrario della Commissione Europea).

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Ho voluto fare questa interrogazione principalmente per due aspetti. Anzitutto mi ritengo soddisfatto dalle risposte e dalle iniziative che ci si accinge a fare. L’altra cosa fondamentale è che sui giornali c’erano delle notizie che come verdi giudichiamo allarmistiche. Notizie di quel genere dovrebbero essere ad uso esclusivo, eventualmente, dei ministeri. I verdi, per avere denunciato i pericoli di Chernobyl sono andati in galera per avere causato allarmismo. Secondo me qui sta succedendo la stessa cosa. La sostanza è che in tre anni di epidemia nel sud-est asiatico, su centinaia di milioni di abitanti ci sono stati 120 casi di positività tra le persone, una sessantina dei quali hanno provocato mortalità, ma in una condizione di non igiene di vita assieme agli animali, in situazioni di scarsa copertura di tipo ospedaliero. Quest’anno ancora non sembra ci sia stata la trasmissione da uomo a uomo, quindi la pandemia sembra non essere ancora partita. Abbiamo denunciato che le campagne indiscriminate di vaccinazione, proprio perché ancora non c’è stata la fissazione del virus da uomo a uomo, non possono essere che una speculazione di chi vuole vendere vaccini, oppure c’è un errore, magari fatto in buona fede, perché i farmaci attualmente in commercio — vaccini antinfluenzali — non coprono, eventualmente, rispetto a questo rischio.
Le informazioni da dare sono quindi: non c’è ancora la pandemia umana; il rischio di trasmissione avviene per contagio diretto, quindi chi non opera nel settore dell’allevamento dei polli non è a rischio; la cottura delle carni elimina l’eventualità. Addirittura nelle uova in cui fosse presente il virus, con la semplice covatura, quindi la temperatura per farle schiudere il virus viene disattivato. L’altra informazione da dare è che i nostri allevamenti nelle Marche sono tutti a terra, dentro capannoni areati e con addirittura le reti antipassero e ci sono controlli severissimi e il ciclo vitale dei polli d’allevamento va dai 60 agli 80 giorni e per ogni ciclo di 80 giorni i capannoni vengono puliti e disinfettati. Qui c’è quindi moltissimo controllo.
Occorre anche dare un’informazione ai cittadini su che cosa possono fare: devono vaccinarsi le persone che dovevano vaccinarsi l’anno scorso e l’unica forma di prevenzione possibile è un tipo di prevenzione immunitaria specifica, data da regole semplicissime come una buona alimentazione con frutta, verdura, pochi zuccheri, un buon ritmo del sonno, attività fisica e stare all’aria aperta. Queste sono le informazioni, soprattutto per i bambini fino a 9 anni quando il sistema immunitario ancora si deve fermare.
Secondo me è l’occasione anche per una campagna d’informazione verso la popolazione.
La campagna che ha ripercussione sul bilancio regionale è la campagna fatta dal Ministero della sanità con i 50 milioni di euro per i vaccini. Il 10% di quella quota è a carico del sistema sanitario regionale. Quindi direi che in questo senso non capisco perché dobbiamo sprecare per la quota parte delle Marche questo 10% per un’ipotesi che non è attualmente verosimile.
Queste sono le cose che volevo dire e secondo me bisogna andare avanti nella campagna di corretta informazione verso la popolazione, a vantaggio dei nostri produttori avicoli.



Interpellanza (Svolgimento): «Destinazione area ex Farfisa sita lungo la S.S. 16 Adriatica. Comune di Camerano» Ciccioli (16)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interpellanza n. 16 del consigliere Ciccioli che ha la parola per illustrarla.

Carlo CICCIOLI. Questa interpellanza è legata all’insediamento di un nuovo centro commerciale nella zona Ancona sud che è già fortemente satura di centri commerciali. Di fatto sono uno dei sostenitori dei principi della concorrenza del mercato, quindi se ci sono più occasioni bene. Però, in questo caso la situazione pone dei rischi seri al territorio dal punto di vista di tutti i cittadini (la viabilità), perché in quella zona già ci sono grossi insediamenti come l’Auchan, il Mercatone — ma ce ne sono anche altri come Carrefour e altri due centri commerciali un po’ più a sud — e nei giorni di venerdì, sabato e domenica la viabilità è assolutamente impraticabile. L’insediamento di un altro centro commerciale creerebbe ulteriori problemi, ma soprattutto voglio ricordare la volontà di questo Consiglio regionale che aveva detto che non era possibile aprire ulteriori centri commerciali al di fuori del piano già attivato. Contraddicendo ogni nostra autodisposizione — avevamo votato un ordine del giorno tutti i gruppi in questo Consiglio regionale, c’era stata una legge, c’erano state polemiche — viene rilasciato questo ulteriore permesso, con una superficialità, ma potrei dire con un atteggiamento di estremo possibilismo anche su norme precise che ci sono. Il problema solleva non solo l’opposizione dell’associazione dei commercianti, che già hanno avuto dei problemi seri nella competizione di mercato, ma anche degli artigiani in quanto la zona di Camerano è una zona distrettuale dal punto di vista imprenditoriale legata al mobile, in particolare le cucine e gli oggetti di casa e l’insediamento di un’azienda che produce altrove crea problemi seri alle aziende, quindi all’occupazione artigianale e anche industriale della zona nel settore del mobile e in particolare dell’utensile da casa. Inoltre non vengono rispettate assolutamente le norme urbanistiche che ci sono. Attraverso il meccanismo della conferenza dei servizi vengono saltate in maniera brillante tutte le norme precise.
Non starò qui a prefigurare le precise violazioni di legge, come il mancato adeguamento ai Prg. Essendo un esercizio di grande dimensione era obbligatorio il bacino d’utenza come popolazione. Non essendoci nel comune di Camerano una popolazione sufficiente è stato associato il comune di Numana. I Comuni limitrofi di Osimo e Sirolo hanno preso posizione contraria ma questo non è stato tenuto in alcun conto. Attraverso una serie di procedure non è stato permesso neanche a coloro che in qualche modo vengono danneggiati, di vedere i propri diritti tutelati. Addirittura il progetto prevede la demolizione di una casa di civile abitazione con delle persone dentro, senza che queste siano minimamente d’accordo. C’erano degli indici sul verde pubblico, sull’edificabilità: niente, tutto passa in cavalleria.
Richiamo la Regione ai poteri che ha, perché questa operazione è partita dalla Provincia, è la Provincia che ha tenuto mano ai Comuni, facendo superare ai Comuni stessi, attraverso sue indicazioni generiche, impedimenti che i Comuni non avrebbero potuto superare.
Noi ci chiediamo cosa c’è dietro, perché è vero che questo può creare occupazione nella zona, ma crea, contemporaneamente, forte disoccupazione su altre aziende che già lavorano nella zona, quindi è una falsa nuova occupazione, è una occupazione nuova per alcuni e disoccupazione per altri.
Sia l’associazione commercianti che l’associazione artigiani — ancora più importante, perché non sono competitori — sono sfavorevoli. Non ci sono le condizioni di viabilità. Negli ultimi giorni è emerso un dato “carino” che riguarda il bilancio del Comune di Camerano e gli atti sono proprio di due settimane fa. Il Comune di Camerano mette a bilancio per il 2005, 2 milioni di euro come oneri di urbanizzazione per il 2005 sull’insediamento della nuova struttura, senza che questi oneri siano passati — quindi sono fondi presunti — in cui c’è una responsabilità penale dello stesso collegio dei revisori dei conti del Comune di Camerano che non può mettere a bilancio dei fondi che non ci sono, eventualmente dovrebbero essere messi nel 2006.
Di fronte a tutte queste irregolarità, prima che si apra un’azione penale, chiedo che la Regione Marche, attraverso l’assessorato e gli organi di controllo dal punto di vista delle leggi che ci danno l’autorità per valutare sugli insediamenti della grande distribuzione — perché la grande distribuzione passa attraverso autorizzazioni regionali — provveda a inibire, almeno in questa fase, la realizzazione di questa decisione, perché altrimenti l’atteggiamento della Regione quanto meno è dissociato: da una parte vota ordini del giorno che dicono che non si possono più aprire grandi strutture, le Marche sono addirittura sopra gli indici che noi stessi ci eravamo dati, poi, di fatto, dall’altra parte li autorizza e non interviene — la Regione Marche è parte della conferenza di servizi — neanche a frenare iniziative che compromettono una viabilità già fortemente compromessa.
Mi esimo dal citare tutta un’altra serie di violazioni di legge, perché ritengo che poi ci debba essere una valutazione politica, a parte quella tecnica che è più che sufficiente.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la risposta, l’assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. Con l’interpellanza n. 12/05, che riguarda aspetti di varia natura, Il Consigliere Carlo Ciccioli, tra l'altro, e per la competenza dell'Autorità di Bacino Regionale, chiede: di sapere se effettivamente sono state date precise direttive dalla Regione Marche per interventi di consolidamento e messa in sicurezza dell'area interessata dall'intervento; di sapere nel dettaglio gli interventi prescritti.
I quesiti di cui sopra si riferiscono all'atto conclusivo (parere vincolante) dell'Autorità di Bacino Regionale) del procedimento relativo all’intervento di ristrutturazione urbanistica — Piano attuativo di iniziativa privata ex Farfisa — Località Aspio Terme (cosiddetto centro direzionale).
Preliminarmente va puntualizzato che il PAI è finalizzato: all'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, associando a ciascuna di esse il livello di rischio (da Ri a R4) rappresentativo della presenza di beni esposti al fenomeno); alla definizione di una normativa d'uso del suolo, volta a prevenire l'aggravamento dei dissesti esistenti o potenziali mediante direttive di gestione del territorio (in modo da non aggravare la pericolosità, cioè la gravosità del fenomeno in sé) e di limitazione di nuovi insediamenti (in modo da non aggravare il rischio correlato a ciascun fenomeno pericoloso); alla individuazione delle priorità di intervento, scalate a partire dai livelli R4 e R3; alla individuazione delle tipologie di intervento (opere, monitoraggi, manutenzioni, sistemazioni, delocalizzazioni).
Pertanto, con il PAI la Regione ha definito l'obiettivo di regolamentare, con la collaborazione istituzionale degli enti locali, l'uso del suolo in modo da non aggravare lo stato attuale di dissesto, ed ha formalizzato i criteri e le priorità di intervento sulle situazioni in tutto o in parte compromesse.
L'istanza, relativa all'interpellanza del Consigliere Ciccioli, è stata presentata dal Comune di Camerano il 20 aprile 2005, ai sensi dell'art. 9 delle "Norme di Attuazione" del Piano stralcio di Bacino per l'Assetto Idrogeologico (PAI) approvato con Del. Consiglio Reg.le n. 11612004 (Suppl. n. 5 al BUR n. 15 del 13.02.2004).
L'area di intervento (ex Farfisa in loc. Aspio Terme) è stata inizialmente classificata come area a rischio idraulico massimo R4 nel dicembre 2001 (Piano Straordinario ex Legge 267/98 - c.d. "Sarno"); con il PAI del 2004 la perimetrazione dell'area è stata sostanzialmente confermata, mentre il livello di rischio è stato ridotto (da R4 a R3) a seguito di una specifica rivalutazione intervenuta prima dell'adozione del PAI (giugno 2001 a seguito della legge 365/200 - c.d. "Soverato").
Considerato che nel PAI sono state censite circa 20.000 aree a rischio (da R1 a R4), con coinvolgimento di più del 15% del territorio considerato, durante l'iter tecnico-amministrativo di definitiva approvazione del Piano sono state tra l'altro concertate con l'ANCI e con i singoli Comuni, oltre che con le categorie professionali e di portatori di interesse, specifiche misure normative che tenessero nel giusto conto i processi urbanistici già avviati al momento dell'approvazione del PAI stesso (avvenuta nel gennaio 2004).
L'applicazione di alcune di queste norme sta peraltro consentendo l'introduzione di opportunità tecnico-finanziarie complementari o sostitutive delle competenze pubbliche, con beneficio dei contesti già insediati e attualmente a rischio.
Nel caso dell'area ex Farfisa è stato applicato il citato art. 9 - comma 1, lett. e) delle Norme del PAI, che consente gli interventi di ristrutturazione urbanistica "a condizione che venga valutata la pericolosità dell'area ed apportati gli eventuali interventi per la mitigazione del rischio; i predetti interventi sono eseguiti previo parere vincolante dell'Autorità di Bacino".
Il procedimento - che ha modalità tipicamente pubblicistiche in quanto ne sono titolari enti pubblici ancorché promosso su istanza di soggetti privati - si è concluso con esito favorevole con prescrizioni (parere del Segretario Generale dell'Autorità di Bacino Regionale del 21 giugno 2005, prot. n. 19834).
Le prescrizioni imposte dall'Autorità di Bacino Regionale in sintesi prevedono la realizzazione di interventi di sistemazione idraulica del Torrente Aspio, l'adeguamento delle sezioni fluviali attraversate da ponti e la manutenzione periodica del corso d'acqua, nonché l'apposizione di sistemi di pre-allertamento ed emergenza.
Tali prescrizioni integrano le proposte tecniche allegate all'istanza; tra queste, la collocazione del primo solaio dalla quota di piano campagna (edificio ex Farfisa) ad una quota elevata a +3,00 m. dall'attuale piano di sedime (futuro edificio), con un notevole recupero di volume utile al deflusso delle acque di possibile esondazione dal Torrente Aspio, e la realizzazione di interventi minimi sul corso d'acqua.
A seguito dell'emanazione del parere (definito in due sedute del Comitato Tecnico dell'Autorità, in cui sono rappresentate anche le Province) risulta che l'insieme delle prescrizioni sarà posto nel previsto accordo di programma tra gli oneri della convenzione - e quindi a carico del soggetto privato interessato - per un costo di almeno 700.000 euro.
Trattandosi di interventi di mitigazione del rischio già previsti dagli strumenti regionali di settore (area a rischio R4), ma per i quali non sono al momento programmate risorse pubbliche ulteriori a quelle - insufficienti - già disponibili, il parere vincolante con prescrizioni pone le condizioni per la concreta e rilevante riduzione dell'attuale livello di rischio cui l'area perimetrata è soggetta.
Per quanto riguarda il dettaglio degli interventi prescritti, si ritiene opportuno fornire la schematizzazione di cui in allegato, che viene consegnata al Consigliere Ciccioli, anche per evitarne la lunga lettura in aula che farebbe travalicare i tempi regolamentari concessi.

PRESIDENTE. Ha la parola, per quanto riguarda la parte di risposta di sua competenza, l’assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. In merito alle questioni urbanistiche che ha posto il consigliere Ciccioli, come lui giustamente ricordava le competenze in materia urbanistica per l’approvazione dei piani regolatori dei Comuni attengono le Province e non la Regione, quindi sta alla Provincia di Ancona approvare i piani regolatori e le eventuali varianti che prevedano l’insediamento della nuova società Ikea, con riuso del fabbricato industriale ex Farfisa, dismesso da diversi anni in quanto le decisioni della Provincia sugli strumenti urbanistici dei Comuni non vengono trasmesse alla Regione in quanto non sono obbligati a trasmetterle. Le informazioni che abbiamo acquisito sono quindi quelle che il Comune ha trasmesso al servizio commercio della Regione, il quale sulla base della legge regionale sul commercio è competente al rilascio delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita, quale si configura il nuovo centro commerciale dell’Ikea.
Dalla documentazione esaminata presso il servizio commercio si è rilevato che il Comune ha attivato il provvedimento amministrativo finalizzato al raggiungimento dell’intesa con i Comuni confinanti, sia per quanto riguarda la normativa della legge regionale che per quanto riguarda il Ptc della Provincia di Ancona, il quale richiede una stipula di un accordo di programma con ripartizione di oneri e utili tra i Comuni interessati quale condizione necessaria per la variazione urbanistica e per proseguire nell’iter amministrativo di competenza della Regione per le autorizzazioni commerciali.
A riguardo si è visto che non hanno firmato l’accordo, quindi si dichiarano contrari all’insediamento i Comuni di Osimo e Sirolo, mentre hanno firmato quelli di Ancona, Camerano, Offagna e Numana.
Il documento principale è l’adozione della proposta di accordo di programma, costituente adozione della variante al Prg, formulata dal Comune di Camerano, per la realizzazione delle strutture edilizie dell’insediamento in base alla legge regionale n. 16 del 2005, che all’articolo 13 introduce l’articolo 26 bis alla legge urbanistica regionale n. 34/92 e regolamenta gli accordi di programma e tra le previsioni, al punto 7 stabilisce che il decreto di approvazione dell’accordo di programma è emanato dal presidente della Provincia per gli accordi in variante agli strumenti urbanistici comunali. Il decreto di approvazione (punto 6) produce gli effetti di variante urbanistica a condizione che ciascun Comune ratifichi con deliberazione del Consiglio comunale, entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di approvazione.
In data 4 ottobre 2005 si è tenuta la prima conferenza dei servizi presso il Comune di Camerano per il rilascio dell’autorizzazione amministrativa per l’apertura di una grande struttura di vendita a favore dell’”Aspio Immobiliare”. I rappresentanti della Regione Marche hanno chiesto la sospensione della conferenza in quanto, come previsto dal Ptc non è stato ancora concluso l’iter di programma tra Provincia di Ancona e Comuni contermini, condizione necessaria per la convocazione della conferenza stessa. Nel merito i funzionari regionali hanno eccepito la mancanza di parcheggi, in quanto dalla produzione della documentazione risultava una grande struttura alimentare e non alimentare. Si è evidenziato il cambio del presidente e del legale rappresentante della ditta, quindi sono cambiati i requisiti soggettivi, morali e professionali. Risultavano carenti della documentazione relativa al trasferimento del 30% di superficie vendita previsto dalla legge. Lo stesso 4 ottobre è stata presentata da parte della ditta, per mezzo del Comune, ulteriore documentazione integrativa al vaglio del servizio commercio. In conclusione, il problema principale per autorizzare il centro commerciale è costituito dall’accordo di programma che comporta la variante al Prg del Comune per poter costruire il contenitore edilizio necessario e per quanto si è visto dai documenti trasmessi al servizio commercio ci sono due Comuni che non hanno aderito all’accordo. Si tratta quindi di vedere quale atteggiamento assume la Provincia di Ancona per queste due questioni che sono di esclusiva sua competenza, sia con riguardo alla norma del suo Ptc che per l’articolo 26 bis della legge regionale n. 34/92 la quale attribuisce le competenze in materia urbanistica alle Province e ai Comuni.
Allo stato attuale la Regione non ha competenze ad agire fintanto che non saranno risolti i problemi che riguardano gli aspetti della conformità urbanistica dell’insediamento. La Provincia di Ancona è il decisore della fase attuale in quanto competente ad emanare il decreto di accordo di programma che produce gli effetti di variante al Prg. L’assenso alla conclusione dell’accordo ed alla variante deve essere ratificato dai Consigli comunali entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto del presidente della Provincia di Ancona.
Vista l’importanza e la tensione che questo insediamento comporta sarà anche compito e onere della Regione seguire e acquisire ulteriori informazioni sull’iter procedurale da parte della Provincia.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Sono soddisfatto che la Regione abbia recepito, nella conferenza di servizi del 4 ottobre le mie perplessità. Non vorrei che questo fosse solo un passaggio per dire che poi verranno risolti i problemi. Nella prossima convocazione credo che debba essere chiarito bene che se non si sono risolti i problemi della viabilità, delle procedure da parte dei Comuni — varianti ai piani regolatori ecc. — non è possibile. Rimane in sospeso il computo dei grandi contenitori commerciali rispetto agli indici che la nostra regione ha. A mio parere noi siamo già sopra gli indici previsti dalla legge quadro. Ricordo che quando fu data la concessione in provincia di Ascoli Piceno a un grande Ipercoop dicemmo “questo è l’ultimo grande contenitore commerciale che si fa nella regione”. Ovviamente quello era l’ultimo fino a quel momento, adesso diventa il penultimo.
Ci sono dei documenti ufficiali del Consiglio votati da tutti, fu una cosa trasversale, maggioranza-minoranza, quindi un impegno che ci eravamo presi di fronte alle associazioni sia dei commercianti che degli artigiani.
Vorrei che fosse tenuto in considerazione, essendo un atto approvato da questo Consiglio.



Interpellanza (Svolgimento): «Apertura tavolo di confronto con la società che gestisce l’autostrada A24 per definire tracciato connessione autostrade A24-A14» Ciccioli (5)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interpellanza n. 5 del consigliere Castelli, che ha la parola per illustrarla.

Guido CASTELLI. Questa interpellanza riguarda una vicenda su cui si è molto detto, della quale si è molto parlato e che trae spunto dalle dichiarazioni rese dal presidente della Società autostradale dei due parchi che non più tardi del giugno del 2005 lanciò, nel corso di un convegno tenutosi a Pescara quella che a qualcuno parve una provocazione, ma che in realtà, ad una valutazione più approfondita, rappresenta invece una vera e propria linea possibile di sviluppo delle infrastrutture marchigiane. In particolare il dott. Toto espresse la disponibilità della società da lui presieduta, di favorire, attraverso anche un meccanismo di autofinanziamento per 300 milioni di euro, la possibilità di un raccordo tra l’autostrada L’Aquila-Roma e la A14, una connessione fra due tronchi autostradali che ad oggi sono gestiti da concessionarie diverse, che nell’ottica e nella valutazione del gestore della Società dei due parchi avrebbe potuto consentire, in qualche misura, anche il superamento delle difficoltà che ad oggi ancora si registrano per quanto riguarda lo sviluppo meridionale della terza corsia dell’A14.
Ripeto, da parte della Giunta regionale non vi sono state reazioni precise, o meglio considerabili ufficiali, vi è stata invece una presa di posizione nel senso dell’interesse verso questa proposta da parte delle autorità istituzionali della Provincia di Ascoli Piceno, si è fatta una delegazione composta dal presidente della Provincia Massimo Rossi, dal senatore Ciccanti, dal sottoscritto, dal sindaco di Ascoli Piceno, che si è recata presso la sede della Società dei due parchi proprio per valutare il grado di concretezza di quelle che a qualcuno erano parse dichiarazioni estemporanee ma che invece, all’esito dell’incontro sono risultate essere delle disponibilità che hanno il pregio della serietà e della concretezza.
Voi sapete che attualmente la connessione tra A24 e A14 non è di fatto garantita da un percorso viario comodo o agibile, visto che anche coloro i quali vogliono raggiungere Roma passando da sud, sono costretti ad uscire allo svincolo di Giulianova per poi affrontare le peripezie del raccordo fra Giulianova e Teramo che si presenta in maniera tutt’altro che comoda. L’interesse della Società dei due parchi è quello di predisporsi in qualche misura a concorrere, una volta che saranno ultimate le opere del “Quadrilatero”, con le altre strutture viarie per quanto riguarda la raccolta di tutto il bacino dei marchigiani che anche dal centro e dal nord della regione intendono recarsi a Roma. Attualmente una ponderosa percentuale di utenti si indirizza verso Roma proprio attraverso la A24.
A fronte di questa presa di posizione, l’interpellanza era inizialmente finalizzata proprio a capire quale fosse la posizione della Regione Marche. Sono contento che sia presente anche il Presidente Spacca, perché rispetto a questa problematica, al di là poi della possibilità di connessione con la A24 è evidente che il problema involge anche la lunga, vorrei dire annosa polemica che riguarda lo sviluppo meridionale del progetto della terza corsia che ad oggi, amministrativamente parlando, nelle valutazioni dell’Anas, dovrebbe arrivare fino a Pedaso ma che, come noto, alcuni sindaci della zona fermana intenderebbero arrestare fino al casello di Porto San Giorgio o, i più illuminati, fino al casello di Civitanova Marche.
Penso che l’interpellanza abbia quindi una valenza duplice: la prima quella di capire se questa Regione è interessata o meno ad aprire un tavolo e se eventualmente lo ha già fatto, con la Società dei due parchi. Questo per dare una risposta che può essere valutata positivamente sia in termini di collegamento di area vasta e vastissima, perché non può sfuggire a nessuno che la possibilità di una connessione tra l’A24 e la A14, diversa e più agevole rispetto a quella avventurosa garantita attualmente dalla percorrenza Giulianova-Teramo, darebbe davvero un largo respiro a tutta l’esigenza di percorrenza che dalla Campania, dal Lazio si orienta verso il nord-est dell’Italia, quindi stiamo parlando di una situazione che potrebbe potenzialmente interessare non solo la Regione Marche per quello che è l’interesse parcellizzato ma legittimo, e anzi doveroso, di un collegamento diverso e migliore tra Roma e le Marche, ma addirittura, in qualche modo, garantire una nuova direttrice che potrebbe avere i crismi dell’interesse dal punto di vista della viabilità, anche per collegare il basso Tirreno e l’alto Adriatico proprio attraverso le Marche, proprio attraverso la provincia di Ascoli Piceno, dando anche una risposta a quella frazione del problema che pure mi sembra debba essere oggetto di un atteggiamento da parte della Regione anche meno equivoco e mi riferisco, per l’appunto, al benedetto futuro del progetto della terza corsia.
Notai, proprio in occasione del primo Consiglio regionale, come, curiosamente la mozione presentata dal presidente Spacca in Consiglio, per quanto riguarda le infrastrutture differisse dal suo programma elettorale proprio in un punto. Sulle infrastrutture, infatti, il candidato presidente della Giunta regionale Spacca aveva inserito, come priorità, anche una risposta, una soluzione al problema dell’arretramento dell’autostrada da Pedaso fin verso la valle del Tronto e questa notazione è invece scomparsa nel momento in cui il candidato Spacca è diventato presidente della Giunta regionale. Da questo punto di vista è evidente che troppe sono le ragioni che a mio modo di vedere militano a favore di una scelta chiara e concreta che attende non solo il sud delle Marche, per quanto riguarda, appunto, il destino della terza corsia, o meglio lo sviluppo della A14 a sud di Pedaso. Quindi la mia interpellanza è volta in primis ad accertare se la Regione Marche ha interesse, desidera o ritiene coerente con i propri programmi aprire un tavolo con la A24 per dare una risposta a quelle esigenze di macro aree interne alla nazione italiana per quanto riguarda le infrastrutture e la viabilità e anche, incidentalmente — ma non penso che sia un discorso eccentrico rispetto al ragionamento che faceva — novità, chiarimenti anche per quanto riguarda lo sviluppo a sud di Pedaso dei progetti di ampliamento della A14 che oggi sono “funestati” da una serie di valutazioni che vengono espresse legittimamente da alcuni sindaci che sono anche i sindaci del centro-destra ma rispetto ai quali mi sento in obbligo di dover fare una riflessione: il federalismo riannette alla competenza dei sindaci tante e maggiori competenze, tante e maggiori responsabilità, però anche i sindaci, soprattutto i sindaci che, come il famoso lupo rispetto all’agnello, stanno più verso la sorgente dei problemi e delle possibilità di prospettiva e di sviluppo, devono farsi carico non solo della difesa, legittima sicuramente, del proprio territorio così come perimetrato dal sistema amministrativo, ma anche di quello che accade fuori dai propri territori. Il federalismo dà più competenze, dà più opportunità ma dà anche più responsabilità e io ritengo inaccettabile che alcuni sindaci si mettano su e dicano “chi se ne importa di quello che accade a sud di quanto riguarda la mia diretta competenza amministrativa, perché sarà problema di qualche altro”. Rispetto a questo rischio di centrifugazione dei problemi e degli interessi che soprattutto le politiche di sviluppo presentano rispetto alla nuova stagione federalista, credo che la parola della Regione non solo è doverosa ma sarebbe sicuramente anche salutare, quindi su questo chiedevo spiegazioni.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la risposta, l’assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. In riferimento all'interpellanza in oggetto, si formulano le seguenti osservazioni.
La Regione, da diversi anni, persegue l'obiettivo di migliorare la viabilità autostradale nell'area sud delle Marche inserendo tale previsione nel Piano Regionale dei Trasporti del 1994 e poi predisponendo un progetto preliminare per l'arretramento dell'A14 nel tratto Pedaso-S.Benedetto con contestuale trasformazione dell'attuale autostrada in variante della strada statale 16.
Gli alti costi di realizzazione dovuti principalmente alla difficile orografia del territorio e l’ampio dibattito, che non è unidirezionale, che si è aperto in quella realtà, non hanno permesso di completare, ancora, tutti gli approfondimenti che sono necessari per definire le ipotesi formulate e per scegliere anche le indicazioni necessarie al territorio.
Recentemente sono apparsi sulla stampa degli articoli in merito alla dichiarata disponibilità del Presidente della società "Strada dei Parchi", che gestisce l'autostrada A24 Roma-l'Aquila, ad investire 300 milioni di euro per la realizzazione del collegamento diretto tra la A14 e la A24 a Teramo.
A seguito ditali dichiarazioni è stata contattata Autostrade per l'Italia s.p.a. per verificare la possibilità di realizzare il tratto. La stima dei costi relativi a tale realizzazione, ipotizzata dalla Società di gestione dell'A14 è pari a 3-4 mila milioni di euro. Quindi superiore di oltre dieci volte la disponibilità dichiarata da Carlo Toto.
Inoltre trattandosi di una nuova autostrada si dovrebbe procedere all'assegnazione (con gara) di una nuova concessione.
Nella consapevolezza che un investimento di tale portata è difficilmente sostenibile ad oggi da parte dello Stato, la Regione avvierà iniziative con il Governo e con l'ANAS per valutare la fattibilità dell'opera.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Solo per auspicare che questi contatti che vi dovranno essere con la Società dei due parchi, possano essere svolti con la giusta sollecitudine in considerazione del problema. Mi sia permesso di ricordare come era presente un rappresentante della società A14 anche all’incontro istituzionale che tenemmo presso la sede Autostrada dei due parchi la scorsa estate e l’avviso sembrava diverso, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di connettere, attraverso un raccordo autostradale, Teramo alla Vallata del Tronto e alla superstrada Ascoli Mare. Questo perché è evidente che anche l’espressione di cifre deve tener conto di ciò di cui si sta parlando. Attualmente, infatti, la provincia di Teramo e l’Anas hanno già predisposto, previsto e progettato un collegamento che potrebbe essere utilmente aggiornato anche sulla base delle esigenze e delle finalità di un raccordo autostradale tra Teramo, San Nicolò a Tordino fin verso la zona di Nereto. Nella valutazione che facemmo insieme anche ad esponenti della società A14, l’opzione, da indagare, sarebbe stata quella di rammodernare, ampliare, rendere fruibile in senso autostradale, anche prevedendo un’ipotesi di pedaggio, proprio quel tratto. Quindi valutazioni di tipo diverso che avevano e potrebbero avere il merito di assecondare una manovra infrastrutturale che è già non vorrei dire pronta ma prossima alla realizzazione, secondo uno schema terzo — questa è l’opzione che la Provincia di Teramo ha individuato per collegare alla vallata del Tronto proprio Teramo — e a mio modo di vedere nei confronti di cui parlava l’assessore Pistelli, che dovrebbero essere avviati con la Società dei due parchi, sarebbe giusto e opportuno mantenersi, proprio per non sognare troppo, su questa ipotesi: assecondare e aggiornare strutture viarie coesistenti o prossime alla definizione.
Su questo punto rimane però: il grande punto interrogativo che riguarda il destino della A14 a sud di Pedaso. E’ rientrato il Presidente Spacca: sono convinto che con la sua intelligenza e con la sua sensibilità saprà dare una risposta a quella che credo essere un’esigenza di tutti, non solo dei “meridionali delle Marche”, me compreso, ovvero l’esigenza di capire e di predisporre qualcosa che dia una risposta, tra Pedaso e San Benedetto del Tronto, all’esigenza di ampliamento di una terza corsia, che addirittura per qualcuno è anche sub-judice, che dovrebbe comunque finire a Pedaso.
La regione non finisce all’Aso. Spero che questa Regione possa, fatto uno studio — e questo va ascritto a merito di questa Giunta regionale — concentrare l’attenzione perché il dopo Pedaso possa essere qualcosa di diverso e suscitare qualche emozione diversa rispetto a quella dei naviganti che nell’antica Grecia andavano oltre le Colonne d’Ercole pensando che Pedaso, come le Colonne d’Ercole abbiano poi a digradare in un baratro che la zona del sud non merita sicuramente.



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Modifiche alla l.r. 3 aprile 2002, n. 3: Norme per l’attività agrituristica per il turismo rurale» Giunta (37)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 37 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Binci.

Massimo BINCI. Con questa modifica della legge regionale n. 3 del 2002 che regola le norme per l’attività agrituristica e per il turismo rurale, sono stati esaminati principalmente tre aspetti. Quello riguardante l’art. 1, in cui viene inserito il limite minimo dell’azienda a cui si fa riferimento per alcune tipologie di accoglienza agrituristica: l’azienda deve avere almeno una superficie di due ettari. Alcune deroghe sono previste nel caso di aziende orticole, frutticole, floricole, vivaistiche, vitivinicole, a più alta redditività. Viene quindi introdotto il limite dei due ettari, anche per legare sempre più l’attività agrituristica al territorio e alla terra.
All’articolo 3 viene derogata la norma che prevedeva che se entro tre anni dall’iscrizione non veniva attivata l’attività l’iscrizione all’elenco sarebbe cessata. Non c’è più il limite dei tre anni, nel caso di ristrutturazione, proprio perché molte attività agrituristiche avvengono su vecchi casolari e l’attività di ristrutturazione dà incertezze rispetto ai tempi precisi per terminare l’attività di ristrutturazione stessa. Quindi viene tolto il limite dei tre anni per la cancellazione e vengono messi, come limite, dieci mesi dopo il termine dei lavori di ristrutturazione.
L’altro modifica è all’articolo 4. Praticamente riprende il limite dei due ettari, però fa salve le iscrizioni alla data attuale, anche sotto il limite dei due ettari di proprietà.
Queste modifiche sono state verificate e confrontate con le associazioni agrituristiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Non devo aggiungere molto a quello che è stato detto dal mio collega di maggioranza, anche perché le modifiche apportate a questa legge sono abbastanza semplici, completano un quadro normativo che abbiamo definito circa 2-3 anni fa quando approvammo la legge regionale sull’agriturismo.
Come in tutte le situazioni, una volta che si applica una legge poi si fa una esperienza pratica, concreta e strada facendo ci si accorge che si debbono modificare alcune questioni che magari non sono state prese in considerazione prima.
Ho partecipato già un’altra volta, in Commissione, alla stesura di questa normativa, ritengo giuste le proposte di modifica presentate oggi, quindi ho votato a favore in Commissione, voterò a favore anche in aula, d’accordo anche con gli altri colleghi dell’opposizione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Il gruppo di Forza Italia non ha nulla da aggiungere, essendo questa proposta solamente una rettifica tecnica alla legge sull’agriturismo. Negli ultimi anni abbiamo avuto moltissime iscrizioni all’albo regionale degli agriturismi. Esiste una problematica, nel senso che noi risultiamo una delle regioni a più alto indice di attività agrituristiche presenti, mentre quelle che effettivamente svolgono l’attività sono un numero limitato.
Secondo me la legge aveva anche altri aspetti da verificare, quale quello dei controlli proprio sull’effettivo svolgimento e sulla rispondenza dello svolgimento delle attività alle norme di legge, sia regionali che nazionali. Su questo chiediamo un maggiore impegno da parte della Giunta regionale a svolgere tutte quelle funzioni che sono previste dalla legge che non mi sembra ad oggi siano state svolte.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Petrini.

Paolo PETRINI. Questa proposta di legge che va a modificare la legge già approvata nella precedente legislatura, si propone di qualificare ulteriormente l’attività agrituristica e di esaltare la connessione che esiste tra l’attività agricola e quella agrituristica. Il limite di due ettari è rivolto questo fine, anche in adeguamento a una proposta di legge che, approvata alla Camera, giace in Senato.
Con l’altra norma, di fatto si salvaguarda la posizione di circa 120 aziende che hanno partecipato al piano di sviluppo rurale e che non avrebbero potuto beneficiare, causa i tempi, di questi fondi.
Relativamente a quanto diceva il consigliere Capponi, questo è un ulteriore passo nella qualificazione e nell’adeguamento della legge. Il prossimo, sono convinto anch’io, dovrà investire l’aspetto dei controlli.

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Individuazione, ai sensi dell’art. 4 della l.r. 13 maggio 2004, n. 11, delle aree demaniali per attività di acquacoltura e ricerca scientifica» Giunta (8)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 8 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Binci.

Massimo BINCI. Questo atto amministrativo prevede l’individuazione, ai sensi della legge regionale 4 del 2004 delle aree demaniali marittime per attività di acquacoltura e ricerca scientifica. Il crescente numero di impianti presente lungo la costa impone una regolamentazione del settore volta a garantire sia uno sviluppo ecocompatibile sia un’integrazione sostenibile con le realtà socio-economiche esistenti, in quanto il comparto, inevitabilmente, entra in competizione con altri settori quali la pesca tradizionale, le attività turistico-ricreative e quelle industriali.
Nelle Marche, a causa delle caratteristiche geomorfologiche della costa e delle condizioni meteomarine presenti non è finora stato possibile installare redditivi impianti di piscicoltura, pertanto la maricoltura regionale si traduce essenzialmente in mitilicoltura e molluschicoltura. Tuttavia nuove tecnologie potrebbero permettere la piscicoltura, quindi si rende fin d’ora necessario regolamentare anche lo sviluppo di questo settore all’interno di questo piano.
La Regione, mediante l’adozione del presente piano intende incentivare il comparto ittico promuovendo l’organizzazione della gestione delle acque demaniali prospicienti la costa regionale, al fine di promuovere uno sviluppo integrato e sostenibile delle varie attività produttive (pesca, allevamento, turismo ecc.), mirante a ridurre le conflittualità tra i diversi soggetti operanti in mare, proprio delimitando gli spazi riservati ad ognuno; l’ampliamento degli impianti di mitilicoltura in mare aperto tramite iniziative volte a potenziare la produzione tramite lo sviluppo delle tecnologie di allevamento e la diversificazione delle specie prodotte; la realizzazione di nuovi impianti in mare aperto che prevedano sistemi integrati di allevamento, la razionalizzazione dei controlli volti alla tutela del prodotto e contro la contaminazione ad opera di tossine algali.
La Ue richiede un impulso di tale attività e favorisce l’aumento dell’offerta delle aree destinate a tale spazio. Per risolvere i conflitti indica le seguenti strade rispetto all’uso degli spazi: promuovere l’uso di piani di gestione integrata delle zone costiere; migliorare la tecnologia di allevamento in alto mare sia per i pesci che per i molluschi; sviluppare sistemi chiusi a ricircolo per gli impianti a terra.
Per dare un’idea delle prescrizioni previste in questo piano, le singole aree di nuova concessione verranno rilasciate su base compartimentale e dovranno rispettare i seguenti requisiti: area massima pari alla superficie (ogni area avrà una superficie pari a 1,5 chilometri quadrati); durata massima della concessione 6 anni rinnovabili alla scadenza; divieto di allevare specie non autoctone né organismi ibridi geneticamente modificati; eventuali limitazioni particolari indicate dalla ricerca scientifica su determinate specie allevate; gli impianti sommersi dovranno essere strutturati in maniera da lasciare libero uno strato sufficiente a consentire la navigazione.
Criteri per l’individuazione delle zone utilizzati sono i seguenti: utilizzo delle concessioni esistenti quale nucleo attorno cui definire le zone laddove esistano le condizioni; rispetto dei vincoli imposti dalle capitanerie; rispetto delle principali località turistiche costiere; indicazioni e suggerimenti provenienti dagli istituti di ricerca.
Voglio ricordare che questo piano di individuazione per le attività di acquacoltura e ricerca scientifica è stato confrontato con le associazioni del settore ed è stato approvato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Non intendo aggiungere alter parole, perché quando le parole non servono si possono risparmiare e sono dell’avviso che vadano risparmiate. Su questo atto siamo stati d’accordo in Commissione, lo abbiamo condivido, lo condividiamo anche qui in aula, non c’è altro da aggiungere. Ho visto adesso girare un rodine del giorno che impegna la Giunta sugli indirizzi. Non so se vada discusso e affrontato contemporaneamente, io direi di no. Questa mattina, per quanto mi riguarda noi votiamo l’atto, poi vedremo se ci sarà necessità di ritornarci.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Premesso che condivido e voterò questo atto, ritengo che con la devolution delle competenze alle Regioni l’aspetto della maricoltura e dell’acquacoltura deve essere preso in particolare considerazione. E’ di tutti i giorni il segnale della protesta da parte dei pescatori, di scarsità di pescato e di difficoltà a contenere i costi delle aziende. Soprattutto in virtù dell’aumento del gasolio e dei costi complessivi queste aziende di pesca non riescono più a realizzare quegli utili, anche molto forti in passato, ma oggi neanche gli utili che consentano di mantenere l’esercizio in attivo.
Quindi una riconversione di una parte dell’attività di pesca verso la coltivazione del mare, che è poi l’obiettivo finale, è assolutamente necessaria. Mi sento quindi di dire che accanto al piano che si occupa soprattutto della mitilicoltura, vi sono degli articoli che riguardano la sperimentazione, che però sono marginali rispetto al complesso, mentre io credo che occorra andare all’individuazione di un piano complessivo per lo sviluppo di queste attività.
Credo che proprio su questo si debba investire, si debbano coinvolgere, così come in passato è stato fatto, il Cnr che ha l’apposito istituto di scienze del mare per quanto riguarda l’individuazione delle specie, le metodologie di coltivazione e quant’altro e che questo debba consentire alle associazioni che già ci sono, nonché ai privati che vogliano attivarsi in questo senso, di coltivare specchi di mare che altrimenti non solo non sono coltivati ma tendono ad andare in degrado con il sistema di pesca attuale dell’aratura del fondo. Perché attualmente i sistemi di pesca, fortemente motorizzata, quivi fortemente incentivata, tendono alla distruzione dell’habitat. E’ un fatto di cui gli stessi pescatori si lamentano, ma gli stessi pescatori spesso utilizzano questo sistema.
Sull’atto c’è stato un confronto con le associazioni, le categorie, ma c’è la necessità di investire nel settore e di promuovere una campagna per l’utilizzazione degli specchi acquei che altrimenti sono di tutti, sono demaniali, ma sono di nessuno, talvolta vanno in degrado e comunque non sono utilizzabili per il fine per il quale potrebbero invece essere utilizzati anche come riconversione di aziende di pesca che attualmente rischiano la chiusura.
Detto questo, il mio voto è favorevole.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci per la replica.

Massimo BINCI. Rispetto all’intervento del consigliere Ciccioli, vorrei dire che sono previsti interventi di finanziamento europeo e proprio in questa direzione va la redazione dei pani, perché una razionale programmazione di attività di concessione appare ancora più importante in quanto ci sono possibilità di finanziamento offerte dalla Ue per lo sviluppo della maricoltura. In particolare i fondi messi a disposizione con lo Sfop, misura 3.2, acquacoltura e maricoltura, hanno contribuito con un finanziamento pari al 40% delle spese ammissibili, alla realizzazione di 20 progetti tra il 2000 e il 2006, che si sono concretizzati con la nascita di altrettanti impianti di molluschicoltura. Quindi il piano va nella direzione di adeguarsi agli indirizzi europei e permette anche di attivare risorse comunitarie.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Petrini.

Paolo PETRINI. Ho partecipato alla discussione in Commissione, dove oltre ai consiglieri che ne fanno parte erano presenti gli operatori delle associazioni della pesca. Questo piano è stato condiviso, anche per le motivazioni che sono state qui ricordate.
Mi preme dire, anche in relazione a una mozione d’impegno presentata dal consigliere Michele Altomeni, che, come detto in Commissione, nel regolamento di attuazione che è quasi pronto e che presto verrà approvato, l’assessorato si impegna a far sì che le norme attualmente in vigore per le concessioni che prevedono l’utilizzo e lo spazio del 20% entro un determinato periodo, del 40% per un periodo successivo, diventino più stringenti, molto più stringenti di quelle che si propongono con questo atto di impegno. Qui si propone che entro 48 mesi dalla concessione gli impianti debbano occupare, in maniera produttiva, il 60% e di fatto, nei 60 mesi, l’80%. Le norme che inseriremo nel regolamento di attuazione saranno severamente più stringenti di quelle proposte.
Quindi propongo, se siete d’accordo, di ritirare l’ordine del giorno, perché l’impegno dell’assessorato è quello di inserire norme ancor più stringenti, proprio per garantire il fatto che non possano svolgersi protezionismi di sorta da parte degli operatori interessati.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento presentato dal consigliere Lippi che corre un errore materiale.

Il Consiglio approva

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Ho fatto delle proposte che mi sembravano moderate e accoglibili. Rispetto alla richiesta dell’assessore prendo atto dell’impegno, quindi tra gentiluomini ritiro l’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Prendo atto con compiacimento della dichiarazione che il consigliere Altomeni è un moderato. Condivido totalmente l’ordine del giorno, che è anche fatto bene, tecnicamente, perché va nella direzione di sbloccare un meccanismo che permette ad alcune associazioni di prendersi l’area, impedendo agli altri di lavorare. Quindi condivido totalmente l’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo n. 8.

Il Consiglio approva all’unanimità



Mozione (Discussione e votazione): «Direttiva Bolkestein (liberalizzazione servizi)» Procaccini e Bucciarelli (27)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 27 dei consiglieri Procaccini e Bucciarelli.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Sabato scorso si è svolta a Roma una grande manifestazione contro questa direttiva e manifestazioni analoghe si stanno svolgendo in tutta Europa. Infatti la maggioranza di centro-destra al Parlamento europeo ha rimesso all’ordine del giorno l’approvazione della cosiddetta Direttiva Bolkestein esattamente con gli stessi contenuti originari, quelli della privatizzazione dei principali servizi e diritti quali la sanità, la scuola, la cultura e tutto il resto.
Esiste il rischio reale che nelle prossime settimane la direttiva venga approvata nonostante la battaglia delle forze di opposizione che hanno presentato più di mille proposte di modifica.
Questa approvazione secondo noi va vietata, va bloccata, perché l’approvazione di questa direttiva sarebbe la legalizzazione del pensiero unico liberista, trasformando in maniera definitiva i beni comuni ed i servizi pubblici in beni economici, di commercio.
I diritti universali saranno trasformati in merci da comprare e da vendere, si determinerebbe una condizione in cui ciascuna persona si troverà sola e proiettata sul mercato del lavoro, in diretta competizione con tutti gli altri, scomparirebbe ogni spazio di controllo pubblico e di intervento pubblico e, con esso, i diritti sociali del lavoro e di cittadinanza che da tempo sono sotto attacco. Acqua, aria, energia sono beni necessari alla sopravvivenza delle persone e di tutto l’ecosistema, non possono essere disponibili come merce di scambio.
Dunque questa direttiva, se possibile deve essere bloccata con una larga maggioranza di forze democratiche ed istituzionali. In parte già sta avvenendo un privatizzazione, perché attraverso i negoziati dell’Organizzazione mondiale del commercio, si spinge per la completa liberalizzazione dei servizi, consolidando il dominio dei paesi ricchi sul sud del mondo. Istruzione, salute, previdenza, casa, cultura, trasporti sono beni sociali di cui la gestione pubblica o maggioranza pubblica rappresenta la garanzia di universalità.
La direttiva si prefigge anche l’azzeramento dei poteri decisionali delle Regioni e degli enti locali ed è per questo che il Consiglio regionale ha competenza per esprimersi, deve esprimersi. Si prefigge, la direttiva, la legalizzazione della più completa e devastante precarizzazione del lavoro e dei lavoratori, che attraverso il cosiddetto “principio del paese di origine”, in base al quale il lavoratore non ha più diritto ad un trattamento economico innovativo sulla base dei contratti e delle leggi in vigore nel paese in cui lavora, ma ha quelli esistenti nel paese dove ha sede legale la società o l’azienda da cui dipende.
Quindi il Consiglio regionale capirà bene che gli effetti sarebbero disastrosi, in primo luogo per i lavoratori ridotti a merci, ma altrettanto sui livelli di sicurezza e sulla qualità.
Per tutto ciò che ho espresso in maniera sommaria, occorre che tutte le forze democratiche e le istituzioni si pronuncino, così come hanno già fatto altre istituzioni — Province, Comuni e Regioni d’Italia — contro una impostazione di questo tipo, per assumere gli obiettivi della difesa dei diritti sociali e dei principali servizi collettivi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Condivido profondamente la mozione presentata dal gruppo dei Comunisti italiani che ringrazio e all’illustrazione fatta dal consigliere Procaccini che ha fatto il quadro delle ripercussioni che ha questa direttiva, volevo solo aggiungere un aspetto altrettanto preoccupante. Questa vicenda della Direttiva Bolkestein come tante altre che avvengono sopra la nostra testa stanno ad indicare un processo molto preoccupante dal punto di vista di un’istituzione democratica che dovrebbe tutelare i cittadini, ossia la tendenza a rinchiudere sempre di più all’interno di organismi tecnocratici le decisioni su questioni fondamentali per la vita dei cittadini. Qui ancora una volta si afferma il principio per cui la politica si spoglia delle sue prerogative e in qualche modo delega ad altri soggetti che non hanno alcun tipo di controllo democratico le scelte che poi sono quelle che realmente incidono anche sul benessere delle persone.
Fino ad alcuni anni fa un grosso movimento di cittadini, di associazioni era riuscito a porre questo problema con il G8 e l’Organizzazione mondiale del commercio sollevando proprio il problema di metodo, il fatto che la politica si stava spogliando delle sue prerogative e qualcun altro stava prendendo decisioni senza processi democratici. Questo movimento emerso alcuni anni fa era riuscito in qualche modo a segnare un’inversione di tendenza: importanti trattati internazionali con questo taglio erano stati sospesi, erano stati rinviati o accantonati definitivamente, come l’accordo multilaterale sugli investimenti o gli stessi round dell’Organizzazione mondiale del commercio. Oggi, a distanza di anni l’eco di quel movimento sembra un po’ spegnersi e vediamo che subito la tecnocrazia comincia a riaffermare il metodo delle decisioni prese nelle segrete stanze. Quindi un organismo democratico come il Consiglio regionale ha il dovere, a mio avviso, di ribadire, al di là della contrarietà ai contenuti, la contrarietà assoluta a un metodo: che le decisioni rispetto alla vita dei cittadini debbono essere prese all’interno dei consessi democratici i cui rappresentanti sono stati democraticamente eletti e non da chissà quale ufficio o quale tecnocrazia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Ritengo che questa direttiva sia ancora poco approfondita e poco conosciuta a tutti i livelli politici, anche italiani. Ritengo che questa direttiva contenga delle indicazioni positive per il nostro sistema organizzativo, soprattutto la gestione dei servizi pubblici, ma un eventuale recepimento da parte del paese deve passare attraverso molte altre valutazioni di tipo organizzativo e soprattutto riesca a far concepire che anche in questo paese le liberalizzazioni debbono avere uno scopo, che è quello di abbassare il costo dei servizi per i cittadini. Purtroppo in questo nostro paese abbiamo fatto delle privatizzazioni ma non abbiamo fatto ancora le liberalizzazioni necessarie.
Noi condividiamo una parte delle preoccupazioni del consigliere Procaccini, ma riteniamo che sulle liberalizzazioni che dovremo portare avanti in questo paese, l’obiettivo sia proprio quello della effettiva concorrenza dei servizi privatizzati. C’è un problema su questo, come c’è un grave problema di ingerenza da parte delle forze politiche nella gestione delle società privatizzate, sia attraverso delle partecipazioni che prevedono golden share, che prevedono la totale dipendenza dall’organo politico anche di queste aziende. E’ un discorso che dovremo affrontare, sul quale sicuramente ritorneremo, anche come partito, nel prosieguo dei lavori di questo Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Innanzitutto vorrei ringraziare il gruppo dei Comunisti italiani e il consigliere Procaccini per avere presentato questa mozione. Non ci ha anticipato ma ci aiuta a un dibattito e dispiace che sia in coda a una seduta del Consiglio, questa mozione che invece dovrebbe avere l’onore addirittura di un confronto più ampio e più partecipato. Faccio, anche qui, appello a tutte le forze della maggioranza e non solo della maggioranza alla riflessione politica che induce questa mozione.
Non credo che oggi facciamo un atto formale. Ha ricordato molto bene il consigliere Altomeni che in primo luogo ci riappropriamo di un nostro dovere. La Direttiva Bolkestein in realtà è la mercificazione del lavoro umano nella forma peggiore. Di questo stiamo parlando e probabilmente questo ci induce a pensare su quanto e come dovremo intervenire nella riflessione sull’Europa che vogliamo rispetto all’Europa che è.
Quindi un voto impegnativo anche per questo consesso, perché poi, attraverso questo impegno e questa riflessione dovremo legiferare e costruire in maniera consona, in maniera adeguata, logica, il nostro percorso legislativo.
Quando oggi — mi auguro che questa mozione passi — diremo no alla Direttiva Bolkestein, dovremo poi riflettere sulle nostre norme che riguardano il lavoro, perché una Direttiva Bolkestein già esiste nel nostro territorio, si chiama precarietà, è una Direttiva Bolkestein drammatica. Ogni giorno tanti nostri giovani e non solo sono nella drammatica condizione di vivere. Pochi giorni or sono ho presentato, come segretario di Rifondazione comunista, un lavoro d’inchiesta sulla precarietà nella nostra regione. Era un lavoro artigianale ma ha dato risultati preoccupanti: degli intervistati, oltre il 50% erano intervistati davanti agli uffici di collocamento, oltre il 50% erano non più giovani, persone che si trovano nella fascia tra i 30 e i 40 anni e la stragrande maggioranza di costoro era già inserita nel mondo del lavoro in forma precaria, instabile e io credo che la riflessione che facciamo oggi si collega a questo tipo di impostazione.
Ecco perché il voto del gruppo di Rifondazione comunista sarà convinto, perché accanto a questo atto, che è un atto anche di carattere morale, noi vogliamo che susseguano una serie di interventi di carattere politico che combattano la Bolkestein di oggi e le Bolkestein quotidiane che tanti cittadini nella nostra regione, purtroppo, sono costretti a vivere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Esprimo dissenso rispetto a questa direttiva non tanto per il discorso della possibilità anche di concorrere a gare e servizi in Italia e in paesi europei quanto per il fatto che questa direttiva permette che si lavori in territorio italiano con normative e tutele sindacali, retribuzioni e costi indiretti del mercato del lavoro, di altri paesi. Penso che qui ci sia una contraddizione della legge comunitaria, in quanto un allargamento globale di questa normativa, di fatto va contro la nostra carta dei diritti dei lavoratori, contro la normativa e la tutela sindacale, quindi porterebbe a una globalizzazione del lavoro che di fatto c’è, ma c’è con uno spostamento delle aziende, mentre era assodato che i lavoratori fossero sottoposti alla normativa del paese ospitante, specie se migliore di quella da cui provenivano.
Quindi, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di tante nostre aziende di sopravvivere, in quanto le nostre aziende sarebbero sottoposte ad una normativa a fronte di aziende concorrenti che non la debbono rispettare.
Volevo semplicemente dire la contrarietà di noi verdi a questo tipo di normativa.

Presidenza del Vicepresidente
DAVID FAVIA

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Innanzitutto la direttiva nacque in epoca Prodi, patrocinata dallo stesso Prodi. Contiene delle cose positive e delle cose negative: ci sono delle cose che condividiamo e delle cose che non condividiamo assolutamente, perché nei servizi pubblici una certa destra aveva l’idea forte del servizio sociale.
Detto questo noi manteniamo un atteggiamento di estrema prudenza su questa direttiva che andrebbe modificata, perché così com’è non va bene, benché sia stata patrocinata da Prodi. Nello stesso tempo ci sono alcuni principi di introdurre la liberalizzazione anche nell’ambito dei servizi pubblici con prudenza e con paletti e questo è un dato positivo.
Detto questo non ce la sentiamo di bocciare questa mozione, non ce la sentiamo assolutamente neanche di approvarla, quindi il nostro atteggiamento è di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Un breve intervento come dichiarazione di voto a nome dei gruppi dell’Ulivo.
Noi votiamo favorevolmente questa mozione proposta dal gruppo dei Comunisti italiani, indipendentemente da chi ha proposto la Direttiva Bolkestein, perché è evidente che la direttiva apre un dibattito e il dibattito è ancora aperto. Credo che bene farebbe il Consiglio regionale a votare all’unanimità questa mozione.
Condivido quello che ha detto il consigliere Capponi, che in questo momento, in mancanza anche di una adeguata informativa da parte dei cittadini degli stati membri e un approfondimento da parte nostra che siamo i legislatori regionali, probabilmente la cosa più importante è fermare un approccio che rischia di essere pericoloso, senza poi entrare nel merito di quella che dovrà essere la nuova direttiva che ci auguriamo tenga conto di tutte le situazioni in campo.
Noi crediamo che l’ispirazione, l’impostazione con cui era nata la direttiva sia condivisibile, ma non sia condivisibile, attualmente, la stesura che viene proposta al Parlamento europeo. Sappiamo che il dibattito è aperto in tutta Europa, sappiamo che la Svezia ha rigettato la direttiva e che il Belgio ha posto 16 condizioni di inapplicabilità. Sappiamo che a livello nazionale e internazionale i partiti hanno posizioni diverse, quindi il sapore di un voto del Consiglio regionale oggi è un sapore squisitamente istituzionale, che cerca di spogliarsi anche dal giudizio politico che invece sarà il giudizio nel merito, ma rispetto a questa stesura non ci convincono una serie di questioni. Alcune sono state già sollevate e sottolineate dai colleghi, in particolare la destrutturazione dei diritti del lavoro all’interno dell’Ue, il fatto che si avrebbe a creare una situazione di grande difficoltà, confusione e anche disparità all’interno dei singoli stati e complessivamente in tutta l’Unione che potrebbe generare anche dei sentimenti xenofobi, perché è evidente che là dove c’è un lavoratore che lavora con un certo regime potrebbe essercene un altro a fianco che lavora con un altro regime. Si potrebbe sviluppare un’istigazione da parte delle imprese a localizzare la sede in questo o quel paese a seconda della convenienza al ribasso e non al rialzo.
Per continuare nei discorsi che abbiamo fatto questa mattina, questo nel campo della sanità aprirebbe per il nostro paese una situazione molto difficile dove non solo il trasporto di cui parlavamo prima ma anche gran parte dei servizi sanitari verrebbero ad avere una deregolamentazione. Quindi rischi e difficoltà ci sono.
Non siamo noi che dobbiamo decidere in questa materia, siamo noi che però possiamo dare un segnale e il segnale, in questo momento, è di dire al Parlamento europeo che, così com’è scritta, non va. Questo è il significato, al di là del merito e dell’approccio su cui vorremmo discutere e in questo crediamo invece che c’è da fare un’azione molto forte. Il Governo italiano in questo momento deve far sentire forte la sua voce per applicare una trattazione che sia orientata al ritiro per migliorare la proposta stessa.
Con questo spirito e con queste finalità noi annunciamo il voto favorevole dei gruppi dell’Ulivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Prendo atto della discussione avvenuta in questo consesso. Ritengo che per rispettare l’invito alla massima responsabilità in merito a una direttiva che probabilmente non è così efficacemente trasferibile all’organizzazione del nostro sistema-paese, del nostro sistema di organizzazione del lavoro e per l’importanza che ancora hanno in questo paese i servizi pubblici, soprattutto quelli di garanzia primaria quali la salute e l’assistenza, ci asteniamo perché fortemente critici rispetto all’attuale proposizione della Direttiva Bolkestein. Ci impegneremo, anche nel futuro, a portare avanti una proposta dei gruppi della Casa delle libertà univoca, su cui chiederemo anche alla maggioranza una adeguata presa in considerazione delle nostre posizioni.
Per questo il nostro voto è di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Mi sento di condividere questa mozione, quindi faccio mie le preoccupazioni esposte nella stessa, senza discuterne tanto, visto che già sia il consigliere Altomeni che gli altri consiglieri hanno espresso le loro preoccupazioni che faccio mie, ma anche e soprattutto per un modello che non convince affatto. Ci sono dei rischi seri, quindi mi sento, a titolo personale, di votare a favore.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la mozione n. 27.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 13,50