Resoconto seduta n.81 del 23/10/2007
SEDUTA N. 81 DEL 23 OTTOBRE 2007


La seduta inizia alle ore 10,30


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli



Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 80 del 16 ottobre 2007 il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’articolo 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 212 dei Consiglieri Lippi, Favia, Brandoni, Massi, Solazzi, Rocchi, Comi, Donati “Criteri di ridefinizione dei requisiti per l’appartenenza alle comunità montane inseriti nella Legge Finanziaria 2008”;
- n. 213 dei Consiglieri Brandoni, Altomeni “Sanzioni amministrative e pecuniarie applicate da Trenitalia ai viaggiatori per la mancanza o l’irregolarità del titolo di viaggio nell’ambito della Regione Marche”.
Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato, in data 12 ottobre 2007, la seguente legge:
- n. 11 “Modifica alla legge regionale 14 aprile 2004, n. 7 “Disciplina alla procedura di valutazione di impatto ambientale” come modificata dalla successiva legge regionale 12 giugno 2007, n. 6”.
Hanno chiesto congedo i Consiglieri Castelli e Favia.



Interrogazione n. 784
del Consigliere Pistarelli
“Scelte Aerdorica annunciate dal Direttore Morriale”
Decadenza

PRESIDENTE. L’interrogazione n. 784 del Consigliere Pistelli decade per assenza dell’interrogante.


Interrogazione n. 458
del Consigliere Capponi
“Assegnazione fondi di investimento per la rete viaria di interesse regionale”
Svolgimento

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 458 del Consigliere Capponi. Per la Giunta risponde l’Assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. L'andamento dei trasferimenti delle risorse alla Regione da parte dello Stato, a seguito dell'attuazione del d.lgs. n. 112/98 e del d.p.c.m. Marche del 22 dicembre 2000, è considerato transitorio fino al 2004, in quanto l'Anas ha continuato la gestione delle strade introitando parte delle risorse ed in quanto nei primi tre anni dal 2001 al 2003 sono intervenute norme di contenimento della spesa (per la legge finanziaria del 2000 si è avuta una riduzione dei trasferimenti di 9,7 Meuro). Peraltro il trasferimento finanziario annuale assegnato alle Marche è stato suddiviso in due parti: quella attribuita alla Regione, che svolge il ruolo di programmazione (art. 57, comma 1, della legge regionale n. 10/1999) che è destinata agli investimenti; quella attribuita alle singole Province, alle quali è assegnata la gestione delle strade trasferite (art. 58, comma 1, della legge regionale n. 10/1999) che è destinata alla manutenzione ordinaria.
Le risorse che sono state trasferite alla Regione sono di 24.913.890,99 Meuro più 2.151.755,86 del bilancio regionale derivanti dal regionalismo fiscale nel settore del demanio idrico, in più quella alle Province direttamente di 8.21.664,70 Meuro.
Le risorse dei primi tre anni dei trasferimenti statali sono state assegnate alle Province sulla base di una programmazione regionale. Poiché all'epoca la riduzione era solo temporanea, le risorse relative sono state ugualmente attribuite, secondo le disposizioni ministeriali, ma collocate in un capitolo denominato "inseribilità" per indicare che mancava la immediata liquidità.
Questo ha poi portato all'insorgere di un contenzioso, tuttora aperto, tra la Regione ed il Ministero in quanto le risorse mancanti non sono più state trasferite alla Regione e quindi alle Province destinatarie (soprattutto Ascoli Piceno).
In seguito a proteste nate in sede Urpm e tendenti ad ottenere diverse modalità di riparto, dopo un primo accordo stipulato tra l'Assessore regionale alle infrastrutture ed i competenti Assessori provinciali, era stato stabilito, a partire dal 2004, di assegnare una quota del 40% alle Province in base a parametri socio-economici ed il restante 60% sulla base della programmazione regionale.
Tuttavia, a seguito di pronunzia del Tar Marche su ricorso della Provincia ai Macerata, il Consiglio regionale, con propria deliberazione n. 19/2006, ha stabilito che, a partire dal 2005, il 50% delle risorse trasferite viene ripartito in base alla programmazione regionale, mentre l'altro 50% in base a percentuali riferite a parametri socio-economici con attribuzione di un peso maggiore all'estensione chilometrica.
Le percentuali fissate dal Consiglio regionale per la quota fissa di riparto sono:
- Provincia Ancona - 1.7,4%
- Provincia Ascoli Piceno - 20,09%
- Provincia. Macerata - 36,94%
- Provincia Pesaro Urbino - 25,50%
Le attribuzioni dei fondi per investimenti sulle strade per singola Provincia dal 2001 al 2006 sono le seguenti.
Per la Provincia di Pesaro: i fondi destinati sono stati 36.241 Meuro.
La Provincia di Pesaro ha inviato un prospetto riepilogativo dal quale si evince che i fondi 2002 e 2003 sono stati impegnati per le strade provinciali ed ex-statali (compresi i ripristini derivanti dalle frane) e per i finanziamenti degli anni successivi sono in corso gli appalti o stati eseguiti i progetti esecutivi e presto saranno portati in gara, perché completi e dotati delle necessarie approvazioni urbanistiche ed ambientali. Consegnerò un allegato che riguarda le singole strade e i singoli progetti che sono stati realizzati.
Salto le tre Province e passo direttamente a quella di Macerata, i cui fondi che attribuiti dal 2001 al 2006 sono 44,876 Meuro.
La provincia di Macerata ci ha dato la situazione per quanto riguarda l’attuazione delle opere.
Fondi di investimento a programmazione regionale:
- ex S.S. 209 - Dissesti idrogeologici euro 723.039,65 - Intervento temporaneamente sospeso per interferenza con lavori di ristrutturazione con adeguamento sismico del viadotto sulla S.P. 209 "Valnerina" al km 73+500 nel Comune di Pievetorina;
- ex S.S. 77 Variante urbana 1.549.000,00 euro - Approvato accordo di programma da stipulare con la Regione Marche, con le Ferrovie e il Comune di Macerata (Intervento per opere sostitutive dei passaggi a livello previsto in APQ rete ferroviaria che è già stata realizzata);
- variante Villa Potenza - 1 ° Stralcio 11.952.000,00 euro, 2° Stralcio 1.907.823,43 euro, per un totale di 13.859.823,43 euro – Approvato progetto preliminare, in corso procedura di verifica preliminare presso la Regione Marche;
- dissesti ex S.S. 502, euro 500.000,00 - Lavori appaltati, attualmente in corso;
- collegamento Squartabue euro 600.000,00 - Sottoscritto accordo con Provincia di Ancona per la definizione della successiva progettazione e realizzazione dell'intervento per i tratti di rispettiva competenza - Progetto preliminare entro l'anno.
Si specifica che gli interventi sopra riportati sono solo quelli a programmazione regionale, gli altri fondi di investimento ex Anas, compresi gli interventi per la sicurezza dal 2001 al 2003, sono stati tutti impegnati in progetti ed appalti. Gli interventi che sono stati fatti per quanto riguarda questi fondi sono:
- ex SS 209 per dissesti idrogeologici;
- ex SS 77 per la variante al comune di Macerata;
- ex SS 361 per la variante di Villa Potenza;
- ex SS 77 e n. 361 per i dissesti;
- collegamento Squartabue;
- ex SS 502 per i dissesti;
- Strada Mezzina primo stralcio.
Gli interventi per la sicurezza sono stati realizzati per:
- ex SS 361 per la rotatoria Torre del parco;
- ex SS 571 miglioramenti a tre sezioni;
- ex SS 256 per la pavimentazione e consolidamenti;
- ex SS 361 per la pavimentazione e barriere;
- ex SS 78 per la pavimentazione e consolidamenti;
- ex. SS 77 per il Ponte fiume Potenza;
- ex SS n. 209 per il consolidamento viadotto;
- ex SS 361 per il parapetto ponte San Severino;
- ex SS 78 per parapetti ponti;
- ex SS 502 per sistemazione ponti e parapetti.
Questo è quanto è stato fatto per la provincia di Macerata.
L’ultima cosa che voglio ricordare è che questi tipi di interventi sono stati finalizzati fino al 2007, da qui in avanti il Ministero dovrà prevedere se continueranno i trasferimenti statali o se dovranno essere previsti nell’ambito della fiscalizzazione generale.
Consegno agli uffici il prospetto con il quadro generale completo.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Mi ritengo soddisfatto per l’esaustività della risposta, ma non lo sono per quello che avviene a livello di utilizzo dei fondi per due sostanziali motivi.
Uno, il non rispetto della programmazione regionale, nel senso che gli interventi che le Province effettuano non sono quelli previsti dalla programmazione regionale, e questo vale soprattutto per Macerata.
L’altro sono i tempi molto lenti di utilizzo di queste risorse che rischiano di svalutare le disponibilità che il Governo Berlusconi fino al 2006 ha consegnato alle Regioni e di conseguenza alle Province.
Mi auguro che anche per il prossimo periodo vengano garantiti gli stessi trasferimenti perché di questo non vi è nessuna traccia nella legge Finanziaria.
Ritengo che dovremmo sentirci come Consiglio regionale molto preoccupati di quello che sta avvenendo, in quanto abbiamo una viabilità regionale, soprattutto delle aree interne, in pessime condizioni e non abbiamo più a disposizione le risorse che tra l’altro sono state utilizzate impropriamente dalle Province per risolvere problematiche che, addirittura, erano di loro specifica competenza.
Le Province non prevedono più a carico dei loro bilanci spese per la manutenzione delle strade, utilizzano solo i fondi trasferiti dalla Regione e oggi c’è l’incertezza dei trasferimenti e c’è anche questa impropria utilizzazione delle risorse.
Per questo secondo aspetto, cioè per quello che sta avvenendo sono insoddisfatto della risposta perché capisco che da parte della Giunta non c’è nessuna proposta in tal senso.


Interrogazione n. 679
del Consigliere Altomeni
“Completamento Fano–Grosseto con finanza di progetto: futuri effetti”
Svolgimento

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 679 del Consigliere Altomeni. Per la Giunta risponde l’Assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. Premesso che il completamento della Fano-Grosseto nel solo territorio marchigiano richiede circa 1.000 Meuro ed una quota forse maggiore nel territorio umbro dove ancora non è stato raggiunto un accordo sul tracciato che dovrebbe avvenire entro questo mese.
Dato atto che lo Stato/Anas allo stato attuale non è in grado di reperire tali ingenti risorse nel proprio bilancio, la Regione ha ritenuto opportuno aderire alla proposta formulata dal Ministero delle infrastrutture volta alla verifica di fattibilità per il completamento dell'arteria in project financing, ricorrendo quindi al capitale privato per dare copertura ad una quota dei costi.
II tratto sul quale il Ministero sta verificando questo percorso va dall'innesto con l'autostrada A1 fino all'innesto con la A14.
Poiché non risulta che le analisi avviate siano giunte a compimento – c’è un prossimo incontro il 24 novembre p.v. dove il Ministero dovrà decidere se procedere in project financing oppure no – né che siano stati individuati soggetti privati interessati all'operazione, non ci è ancora dato sapere i termini di questo project financing sia per quanto riguarda il riparto dei costi pubblico/privato, che per quanto riguarda l'eventuale pedaggiamento.
Certamente, una volta che il Ministero avrà definito l’iter del percorso, sarà nostra cura il coinvolgimento di tutti gli enti locali interessati a questa infrastruttura.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Sono abbastanza preoccupato da questa vicenda e la preoccupazione è confermata anche da questa risposta. Tra l’altro sullo stesso tema il gruppo di Rifondazione ha presentato un’interrogazione anche al Senato. Qui sembravano, in realtà, più probabilismi, rispetto alla risposta dell’Assessore Pistelli, sull’ipotesi del pedaggiamento di tutto il tratto, il Ministro confermava, infatti, che l’ipotesi sarebbe questa.
Ho l’impressione che già in fase di valutazione di questa ipotesi dovrebbero essere fatti confronti con il territorio e valutazioni un po’ più approfondite. Chi conosce il territorio e l’utilizzo di quella strada e in generale la situazione delle strade che percorrono quella vallata, si rende perfettamente conto che introdurre un pedaggio sull’attuale tratta Fano-Urbino sarebbe una sciagura perché quella superstrada, oggi a percorrenza gratuita, serve tutta la vallata, collega l’entroterra al mare ed è percorsa quotidianamente da lavoratori e da universitari che la utilizzano in maniera massiccia ed è anche una parte consistente del collegamento tra Fano, Pesaro e il versante tirrenico verso Roma.
Inserire un pedaggio su quel tratto di strada indurrebbe i cittadini che oggi utilizzano gratuitamente quella strada a utilizzare per ragioni economiche le strade alternative, magari non chi la percorre occasionalmente, ma chi la percorre quotidianamente come fa un lavoratore o un universitario. Questo significa spostare una quantità di traffico imponente – oggi quella superstrada è percorsa in maniera imponente dal traffico automobilistico e non solo – sulla parallela Flaminia. E chi conosce il territorio sa perfettamente che già oggi è una strada che fatica a sopportare il traffico esistente. Quindi portarci il traffico della superstrada sarebbe drammatico, anche perché lungo la Flaminia i Comuni ormai hanno attuato delle urbanizzazioni che sono tutte a ridosso della strada, quindi la vita per chi vive ormai in quell’arteria – immagino Comuni che da quella strada sono attraversati come Fossombrone – avrebbero delle conseguenze terribili a livello di traffico, di sicurezza, di inquinamento e altro.
Come gruppo di Rifondazione abbiamo anche delle perplessità più generali, ad esempio sul fatto che una strada realizzata con la finanza collettiva generale, quindi già pagata dai cittadini, nell’ambito di un progetto di project financing, diventi una strada a pagamento. Quindi i cittadini si ritroverebbero a pagarla nuovamente non sulla base di una sorta di equità fiscale come avviene con la fiscalità generale, ma sulla base di un pedaggio che non farebbe nessuna discriminazione tra le diverse fasce sociali che percorrono quella strada. Quindi ci sembra anche abbastanza iniquo.
Ribadiamo, pertanto, che ci sia la necessità assoluta, prima di prendere qualunque decisione e fare qualunque tipo di valutazione, di coinvolgere i Sindaci del territorio. Sindaci che ci siamo resi conto, nel fare questa interrogazione e nel darne comunicazione, sono sostanzialmente all’oscuro di quanto sta avvenendo. Vi assicuro che ci sono Sindaci dei Comuni lungo la vallata che sono molto preoccupati dell’impatto che provocherebbe sul territorio sia un eventuale pedaggio della tratta Fano-Urbino, che per il fatto che le zone circostanti la Flaminia verrebbero invase dal traffico.
Siccome bisogna che ognuno dica ciò che pensa, non bisogna fare solo allarmismi, ma se l’alternativa della Fano-Grosseto è tra il completamento con la finanza di progetto con il pedaggio e il non completarla, io se devo scegliere tra queste due strade sono per non completarla perché il pedaggio sarebbe drammatico.
Comunque penso che la scelta non sia tra questo, qui occorre ripristinare un principio, che purtroppo in questa Regione stiamo un po’ abbandonando dalla Quadrilatero in giù, quello che le strade di interesse generale si dovrebbero fare con i soldi della fiscalità generale e non con questi meccanismi di finanza di progetto che sostanzialmente reggono solo se il privato riesce a fare delle speculazioni convenienti, tanto è vero che su quel tratto da parte di privati pare che interessi non ce ne siano.
Quindi bisogna tornare alla logica che il settore pubblico deve pagare con i soldi pubblici le strade che sono per i cittadini e non i privati, perché poi o lottizzano le zone circostanti e fanno speculazioni edilizia o perché mettono pedaggi e poi rientrano nell’investimento.
Nelle trattative con il Ministero bisogna che la Regione Marche cominci a ribadire questo con forza, perché ci rendiamo conto che in altre circostanze e su altri tipi di investimento i soldi pubblici si trovano e non bisogna ricorrere a questo tipo di alchimie.
Quindi il mio invito personale è che nelle future trattative su questa strada, come su altre, si ritorni al sano principio che le strade si fanno con i soldi pubblici, con la fiscalità generale e non con le speculazioni dei privati.



Interrogazione n. 216
del Consigliere Binci
“Recupero del Borgo di Castelnuovo nel Comune di Auditore (PU)”
Svolgimento

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 216 del Consigliere Binci. Per la Giunta risponde l’Assessore Minardi.

Luigi MINARDI. Il Consigliere Binci ha fatto questa interrogazione sul recupero di Castelnuovo nel Comune di Auditore, che è impropriamente giunta al Servizio cultura che rispetto al Borgo di che trattasi non ha alcuna competenza sia per quello che riguarda l’approvazione dei piani regolatori che per quello che riguarda la tutela.
Comunque sulla questione dei piani regolatori la legge regionale che è stata riformata non prevede neanche che siano inviati dei piani attuativi alle Province e alla Regione a cui lei si rivolge, possono soltanto essere richiesti ma non è un obbligo, proprio perché non c’è una competenza della Regione nell’approvazione dei piani dei Consigli comunali.
La seconda questione riguarda la tutela la cui responsabilità e competenza è della Sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici e non della Regione.
Comunque gli uffici hanno fatto in modo di avere dal Sovrintendente lo stato dell’arte, che le consegno, per quel che riguarda le informazioni che le servono rispetto al Borgo.
Noi non ci siamo tirati indietro perché, ripeto, il Servizio cultura è stato impropriamente coinvolto anche da altri Servizi rispetto al tema da lei sollevato che ha competenze diverse.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Ringrazio l’Assessore Minardi. Avevo chiaramente presente le competenze regionali, ma è anche vero che la Regione, in un’ottica di programmazione e di tutela degli interessi e dei beni della comunità, non può non intervenire e non tutelare i valori storici e architettonici della nostra regione.
Come Consigliere sono stato interessato dai residenti della zona, ho visto le foto del ne rappresentano la sua peculiarità, rappresentano la storia, il modo in cui si viveva nelle Marche e nei territori pedemontani e montani.
Quindi se è vero che abbiamo nel compito di programmazione anche quello di valorizzazione turistica, di valorizzazione dei beni architettonici e culturali, non possiamo dimenticare i nostri borghi.
Il Borgo di Castelnuovo sito nel territorio del Comune di Auditore in provincia di Pesaro e Urbino, è stato riconosciuto dalla Sovrintendenza come bene di interesse storico, architettonico e ambientale. Visto che c’è in atto un piano particolareggiato per la sua ristrutturazione, non dico che si debba intervenire e valorizzare, ma certamente occorre fare attenzione affinché non venga snaturato, affinché le caratteristiche di bene storico, architettonico e ambitale vengano mantenute.
In questo senso c’è un problema burocratico, perché il Comune va avanti con la società di trasformazione urbana che prevede l’utilizzo di questo Borgo a fini abitativi, allo stesso tempo la Sovrintendenza dice che è meritevole di tutela, ma ancora non è stato apposto il vincolo.
Quindi se per caso la trasformazione urbana andasse avanti senza l’apposizione del vincolo, non ci sarebbe da parte della società di trasformazione urbana la necessaria tutela per il mantenimento della qualità storica e architettonica del complesso.
Secondo me, quindi, sarebbe bene che gli Assessorati al turismo, alla cultura e all’urbanistica intervengano presso il Comune. Oltretutto la legge prevede che anche una società di trasformazione urbana, benché pubblica, deve sottostare agli obblighi delle società private, di conseguenza sottostare ai vincoli di tutela posti dalla Sovrintendenza.
Auspico che per questo Borgo la Regione intervenga sia presso il Comune che presso la Sovrintendenza e i Ministeri affinché l’iter per la sua tutela venga al più presto terminato.
Possiamo anche prendere spunto da questo episodio e verificare lo stato di tutela dei borghi storici della nostra regione. Ce ne sono a centinaia, molti sono attualmente non abitati e sono a rischio di trasformazione urbanistica, quindi si potrebbe rischiare di perdere un’identità e un patrimonio regionale. Pertanto, non penso che la Regione non abbia la competenza, in quanto credo che abbia la competenza più assoluta nella tutela del territorio, nella valorizzazione nella nostro patrimonio storico e cultura.
Chiedo un impegno in questo senso e mi attiverò, comunque, per presentare una proposta di legge per la tutela dei borghi storici.


Interrogazione n. 799
del Consigliere D’Anna
“Centrale termoelettrica Schieppe di Orciano”
Svolgimento

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 799 del Consigliere D’Anna. Per la Giunta risponde l’Assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Con la presente si intende dare puntuale riscontro a tutte le questioni sollevate nell'interrogazione in considerazione del fatto che viene sollevato più di un dubbio sull'operato del Servizio.
Punto 1. L'interrogazione chiede se sono state accertate le ragioni che hanno portato all'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica "per sviamento e travisamento, per difetto di istruttoria, per inadeguata motivazione, per violazione del principio di leale collaborazione, per manifesta illogicità ed incongruenza, per illegittimità ed eccesso di potere, in ordine alla compatibilità delle nuove opere con i valori paesistici ed ambientali del luogo, di dichiarato interesse pubblico".

PRESIDENTE. Scusate Consiglieri, capisco che non tutti gli argomenti possono essere di interesse generale, però vi chiedo un minimo di attenzione perché è impossibile per l’interrogante, o per chi ne fosse interessato, ascoltare la risposta dell’Assessore.

Marco AMAGLIANI. In merito si risponde quanto segue. In esito al procedimento di Valutazione di impatto ambientale sulla centrale termoelettrica alimentata a biomasse vegetali, il Servizio ambiente e difesa del suolo, p.f. Valutazioni ed autorizzazioni ambientali, ha emanato il decreto del dirigente n. 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 mediante il quale è stato espresso il parere in ordine alle osservazioni pervenute da terzi, è stato espresso il giudizio di compatibilità ambientale positivo con prescrizioni, è stato espresso il parere positivo in ordine alla Valutazione di Incidenza ed è stata rilasciata l'autorizzazione paesaggistica.
Con nota prot. n. 2760371 del 19 dicembre 2006 l'autorizzazione paesaggistica è stata trasmessa dalla Regione alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche, per l'esercizio dei poteri di cui al comma 3 dell'articolo 159 del d.lgs. n. 42/04. In data 15 marzo 2007 il Servizio ambiente e difesa del suolo, p.f. Valutazioni ed autorizzazioni ambientali, ha emanato il decreto del dirigente n. 21/VAA/08, trasmesso alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche con nota n. 50889 del 15 marzo 2007, anticipata via fax, con il quale è stato rettificato l'errore materiale contenuto nel documento istruttorio del decreto 4/2006, laddove si era scritto erroneamente che una porzione dell'erigendo corpo di fabbrica "C" rientra in ambito di "tutela integrale" anziché in ambito di "vincolo paesaggistico" (150 metri dal Rio Vergineto).
Con l'occasione era stato meglio specificato che l'intervento in questione risulta di pubblica utilità ed indifferibile ed urgente secondo quanto stabilito dal comma 1, articolo 12 del d.lgs. n. 387/03, che l'intervento gode delle esenzioni ai vincoli del Piano paesistico ambientale regionale ai sensi dell'articolo 60, punto 3c) delle NTA del Ppar.
Con nota prot. n. 4039 del 15 marzo 2007, pervenuta al protocollo del Servizio ambiente e difesa del suolo n. 53072 del 20 marzo 2007, il Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio delle Marche ha trasmesso il decreto prot. n. 4038 del 15 marzo 2007, con il quale la Soprintendenza stessa ha disposto l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata con decreto della p.f. n. 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006. Nell'annullamento della Soprintendenza non si fa menzione del decreto n. 21/VAA/08 del 15 marzo 2006.
La Soprintendenza non ha considerato che l'intervento in questione, trattando della produzione di energia elettrica (peraltro da fonte rinnovabile ai sensi del d.lgs. n. 387/2003, articolo 2, comma 1, lettera a), non risulterebbe sottoposto alle prescrizioni del Ppar ai sensi dell'articolo 60 delle Nta del Ppar.
Infatti, tale norma prevede che le prescrizioni di base del Piano non si applicano per le opere pubbliche, i metanodotti e le opere connesse, nonché quelle di interesse pubblico realizzate dalla Sip e dall'Enel, previa verifica di compatibilità ambientale. II d.lgs. n. 79/1999 ha liberalizzato il mercato dell'energia, pertanto allo stato attuale non esiste un unico produttore e distributore di energia elettrica. In conclusione l'intervento potrebbe godere dell'esenzione alle prescrizioni di base del Ppar.
Inoltre l'opera in questione, qualora autorizzata, rientra tra quelle di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti ai sensi del comma 1, articolo 12 del d.lgs. n. 387/03 relativo alla promozione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile.
La Soprintendenza non considera che l'articolo 12, comma 5, del d.lgs. n. 387/03, con l'intento di favorire gli impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, stabilisce che gli impianti come quello in questione possono essere ubicati anche in zone classificate agricole. Pur con le premesse di cui sopra nel documento istruttorio del decreto 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 si è provveduto comunque a rapportare l'intervento con le prescrizioni di base del Ppar.
In conclusione il provvedimento annullato si proponeva di fare convivere l'interesse pubblico della tutela del paesaggio, componente essenziale dell'ambiente, con l'interesse pubblico derivato dalla necessità di produrre energia elettrica e calore da fonti rinnovabili, senza provocare una compromissione del paesaggio fluviale della vallata del Metauro oggetto di tutela paesaggistica.
A proposito dell'interesse pubblico dell'impianto in istruttoria occorre rappresentare che questo avrebbe una potenza installata di circa 20 Mw elettrici con una producibilità, considerando il funzionamento per circa 8000 ore/anno, di circa 160.000 Mwh/anno. Considerando che un nucleo familiare medio consuma circa 3,3 Mwh all'anno, la centrale termoelettrica in questione potrebbe essere in grado di servire circa 48.500 utenze di tipo residenziale (circa 145.000 abitanti).
Tale produzione di energia elettrica avverrebbe in assenza di produzione di gas climalteranti in coerenza con quanto stabilito dal protocollo di Kyoto ratificato dallo Stato italiano con legge n. 120/02, dalle direttive europee in particolare la direttiva 2001/77/CE, dallo Stato italiano e dal Piano energetico ambientale regionale approvato con deliberazione consiliare n. 175/05.
Altro aspetto che avrebbe dovuto essere valutato dalla Soprintendenza quando sono più interessi pubblici ad essere soppesati è quello dell'attuale dipendenza energetica della Regione Marche. I dati 2003 per la Regione Marche dicono che la domanda di energia elettrica è stata di 7.137 Gwh mentre la produzione interna è stata pari a 2.786 Gwh, con un disavanzo di circa 4.351 Gwh; la Regione Marche per l'approvvigionamento di energia elettrica dipende per il 61% dall'esterno (fonte: Secondo rapporto sullo stato dell'ambiente - Regione Marche, Assessorato all'ambiente).
In conclusione, per tutte le motivazioni sopra riportate, si ritiene che il decreto 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 così come modificato ed integrato dal decreto 21/VAA/08 del 15 marzo 2007, benché annullato dalla Soprintendenza, sia corretto sotto tutti i profili.
Punto n. 2. L'interrogazione chiede se, in ordine a quanto evidenziato al punto 1, si ravvisano responsabilità dell'apparato tecnico e amministrativo della Regione e se sono stati adottati provvedimenti di competenza della Giunta regionale a tutela dell'Ente.
Si ritiene che l'operato del Dirigente della p.f Valutazioni ed autorizzazioni ambientali sia stato coerente con le normative che regolano il settore e con tutti gli ulteriori indirizzi politici applicabili.
I provvedimenti emanati cercano di fare convivere l'interesse pubblico della tutela del paesaggio, componente essenziale dell'ambiente, con l'interesse pubblico derivato dalla necessità di produrre energia elettrica e calore da fonti rinnovabili, senza provocare una compromissione irreparabile del paesaggio fluviale della vallata del Metauro oggetto di tutela paesaggistica.
Infine, si evidenzia che su incarico della Giunta regionale è stata svolta dal Segretario generale, dal Dirigente del Servizio attività istituzionali, legislative e legali e dal Coordinatore dell'Avvocatura regionale un’attività di verifica sulla regolarità delle azioni procedimentali esperite: con nota prot. n. 151408 del 20 luglio 2007 è stato rilevato che non sembrano emergere vizi di legittimità degli atti e dei provvedimenti adottati dalla competente struttura regionale.
Punto 3. L'interrogazione chiede quali iniziative sono state intraprese dalla Giunta regionale a tutela dell'Ente, dei cittadini e degli enti locali, per accertare le carenze del procedimento e gli illeciti denunciati nelle istanze sopra richiamate.
Si ritiene che il decreto 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 così come modificato ed integrato dal decreto 21/VAA/08 del 15 marzo 2007, benché annullato dalla Soprintendenza, sia corretto sotto tutti i profili.
Infine si ribadisce che su incarico della Giunta regionale, è stata svolta dal Segretario generale, dal Dirigente del Servizio attività istituzionali, legislative e legali e dal Coordinatore dell'Avvocatura regionale una attività di verifica sulla regolarità delle azioni procedimentali esperite: con nota prot. n. 151408 del 20 luglio 2007 è stato rilevato che non sembrano emergere vizi di legittimità degli atti e dei provvedimenti adottati dalla competente struttura regionale.
Punto 4. L'interrogazione chiede se a fronte del decreto n. 21/VAA/08 del 15 marzo 2007, e di quanto emerge dai rilievi allegati agli interventi ad opponendum da parte dei Comuni, sono stati effettuati accertamenti in ordine alla reale posizione del "Rio Vergineto" e alle interferenze del progetto con l'ambito di tutela del corso d'acqua.
Nell'esame della nuova domanda per l'eventuale rilascio dell'autorizzazione paesaggistica è stato chiesto alla ditta di rivedere il progetto al fine di evitare ogni interessamento delle aree comprese all'interno dell'ambito di tutela del Rio Vergineto. Tale richiesta deriva dalle eccezioni mosse dalla Soprintendenza nel provvedimento di annullamento.
Contemporaneamente sono stati richiesti i file in formato vettoriale del Prg del Comune di Orciano di Pesaro in fase di adozione: a parere dell'Ufficio questo è il documento ufficiale per stabilire la reale posizione dell'ambito di tutela del corso d'acqua che non può essere di volta in volta adattato secondo il naturale divagare del corso d'acqua stesso.
Già in precedenza questi accertamenti richiesti nell'interrogazione sono stati effettuati con l'ausilio degli stralci cartografici del Prg adottato del Comune di Orciano.
Sulla base delle osservazioni dell'interrogante gli ambiti di tutela integrali varierebbero quotidianamente a seconda del naturale variare dei punti di riferimento rispetto ai quali tali ambiti sono stati cartografati e, conseguentemente, su un dato territorio varierebbe in continuazione la vincolistica operante; tali operazioni di revisione dovrebbero essere effettuate in occasione degli aggiornamenti degli strumenti urbanistici.
Nel merito, ammesso e non concesso che l'operazione richiesta dall'interrogante fosse una diretta competenza della p.f. in oggetto, piuttosto che del Comune in sede di redazione del Prg, si tratterebbe di uno shift di pochi metri del limite di tutela del corso d'acqua che, rispetto alla problematica totale posta (la non realizzazione della centrale) risolverebbe ben poco.
In ultimo si osserva che le previsioni del Prg del Comune di Orciano di Pesaro adeguato al Ppar e in fase di approvazione, prevedono una drastica riduzione dell'ambito di tutela del corso d'acqua in questione, pertanto, una volta vigente, la problematica dell'ambito di tutela verrebbe definitivamente a cadere anche sotto questo profilo.
Resta fermo quanto sopra detto circa l'applicabilità al caso di specie delle esenzioni di cui all'articolo 60 delle Nta del Ppar le quali consentirebbero la realizzazione dell'opera anche in ambiti di tutela integrale.
Punto 5. L'interrogazione chiede se, riguardo al punto precedente, sono emerse responsabilità in relazione al mancato controllo da parte dell'Ufficio della veridicità delle informazioni contenute negli elaborati progettuali e all'errata e fuorviante rappresentazione del corso d'acqua Rio Vergineo.
Si ritiene che il decreto 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 così come modificato ed integrato dal decreto 21/VAA/08 del 15 marzo 2007, benché annullato dalla Soprintendenza, sia corretto sotto tutti i profili. Infatti già in precedenza gli accertamenti richiesti nell'interrogazione sono stati effettuati con l'ausilio degli stralci cartografici del Prg adottato del Comune di Orciano.
Punto 6. L'interrogazione chiede al Presidente della Giunta per quale ragione il parere Arpam del 19 giugno 2006 è stato trascritto in maniera infedele nel documento istruttorio allegato al decreto di compatibilità ambientale del 12 dicembre 2006, e se al riguardo il Presidente intende assumere provvedimenti.
Le differenze tra il parere Arpam del 19 giugno 2006 e la sua trascrizione nel documento istruttorio del decreto n. 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 sono dovute al fatto che tale parere è stato anticipato via e-mail dalla stessa Arpam all'Autorità competente in data 3 giugno 2006 in via informale ed il testo di tale e-mail è stato riportato nel documento istruttorio.
Da notare comunque che i due testi presentano differenze più formali che sostanziali, come dimostrato anche dalla successiva nota di precisazione dell'Arpam in data 19 marzo 2007 mediante la quale è stato precisato che il contributo istruttorio (prot. n. 5843/D del 19 giugno 2006) "non è un parere negativo, ma è un insieme di considerazioni tecniche e di proposte di prescrizioni, di mitigazioni e monitoraggio degli impatti ambientali e di richiamo al rispetto delle normative, una volta che fosse attivato l'impianto".
Punto 7. L'interrogazione chiede per quale ragione è stata disattesa la delibera di Giunta regionale Marche n. 268/03 con l'esclusione dalla Conferenza dei servizi decisoria Autorizzazione integrata ambientale delle amministrazioni comunali di Barchi, Serrungarina, Sant'Ippolito, Saltara, Montemaggiore al Metauro, interessate dalle ricadute ambientali dell'impianto e riconosciute come tali dalla stessa Regione e dal proponente.
Le Amministrazioni comunali citate non sono state invitate perché in sede di Conferenza dei servizi Aia convocata ai sensi dei commi 10 e 11 dell'articolo 5 del d.lgs. n. 59/2005 non è prevista la presenza di tali amministrazioni.
Infatti l'articolo 5, comma 10 del d.lgs. n. 59/2005 prevede che "L'autorità competente, ai fini del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, convoca apposita conferenza dei servizi ai sensi degli articoli 14, 14-ter, commi da 1 a 3 e da 6 a 9, e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, alla quale invita le amministrazioni competenti in materia ambientale…”.
Inoltre l'articolo 5, comma 11 del d.lgs. n. 59/05 stabilisce che "Nell'ambito della Conferenza dei servizi di cui al comma 10 sono acquisite le prescrizioni del sindaco di cui agli articoli 216 e 217 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265".
Sulla base di quanto stabilito dalla legge n. 241/90, articolo 14, comma 6, ricordiamo che "Ogni amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante, legittimato dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa".
Qualora avessimo agito come suggerito dall'interrogante, il procedimento sarebbe stato viziato in quanto i Comuni citati non sono competenti al rilascio di alcuna autorizzazione, nulla-osta, parere ecc..
Anche questo aspetto è stato frutto di un approfondimento del Comitato tecnico per la legislazione della Regione Marche nella seduta del 15 febbraio 2007.
In ultimo si fa rilevare che le Amministrazioni citate sono entrate nel procedimento per la Valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 9 della l.r. n. 7/04, proponendo specifiche osservazioni che sono state attentamente valutate e controdedotte.
Punto 8. L'interrogazione chiede quali provvedimenti il Presidente della Giunta regionale intende intraprendere nei confronti del Dirigente della p.f. Valutazioni ed autorizzazioni ambientali, nel caso che la sospensione del procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) disposto con atto datato 29 maggio 2007, risulti illegittimo.
Posto che il Presidente della Giunta regionale è libero di adottare i provvedimenti che ritiene opportuni nei confronti dei Dirigente, evidenzio che la sospensione del procedimento Aia è stata attentamente ponderata anche attraverso il Comitato tecnico per la legislazione.
Questo Ufficio, in merito alle corrette azioni da intraprendersi dopo l'annullamento operato dalla Soprintendenza in relazione al procedimento in oggetto, ha chiesto uno specifico parere all'Avvocatura della Regione Marche e al Servizio attività istituzionali, legislative e legali.
Sull'argomento si è riunito il Comitato tecnico consultivo per la legislazione in data 26 aprile 2007 il quale, con parere n 1222861 dell’ 11 maggio 2007, ha fornito le indicazioni che si riportano qui di seguito, in relazione agli specifici quesiti formulati dall'Ufficio.
Quesito n. 1) "Se la ditta interessata deve presentare nuova istanza per l'avvio dell'intera procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via) oppure deve depositare la domanda per il rilascio della sola autorizzazione paesaggistica". Risposta del Comitato tecnico: "Con il decreto del dirigente della p.f. Valutazioni ed autorizzazioni ambientali n. 4/VAA/08 del 12 dicembre 2006 è stato espresso il giudizio positivo di compatibilità ambientale che, come dispone l'articolo 11 della legge regionale 14 aprile 2004, n. 7, "comprende la valutazione d'incidenza" di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2003, n. 120, nonché "se necessaria l'autorizzazione paesaggistica" di cui agli articoli 146 e 159 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
Ai sensi della norma regionale suddetta, ove il termine "comprende" è da intendere come "include e sostituisce"; l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza per i beni architettonici (provvedimento prot. n. 4039 del 15 marzo 2007) si risolve in un annullamento parziale del decreto di Via positiva: va di conseguenza rinnovato parzialmente il relativo procedimento per la parte concernente l'autorizzazione caducata, sia d'ufficio che su istanza della ditta interessata".
Quesito n. 2) "Se, ai sensi del comma 12 dell'articolo 5 del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) debba essere sospeso in attesa degli esiti della nuova domanda di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica o del nuovo procedimento di Via, oppure essere concluso negativamente per mancanza di Via positiva". Risposta del Comitato tecnico: "Poiché il giudizio di compatibilità ambientale riguarda complessivamente tutti gli aspetti, l'annullamento dell'autorizzazione paesistica in esso compresa non può non paralizzare l'intero giudizio e impedire che su di esso si basino altri eventuali provvedimenti (come certamente l'autorizzazione integrata ambientale), fino a quando non sopravvenga una nuova valutazione dell'aspetto paesistico e dunque una nuova autorizzazione paesistica che vadano ad integrare il giudizio complessivo. Come espressamente stabilito dal comma 12 dell'articolo 5 del d.lgs. 59/05 e per quanto sopra osservato, il procedimento per il rilascio dell'AIA deve quindi essere sospeso, dandone comunicazione al richiedente, fino all'emanazione del decreto integrativo.".
Con nostra nota prot. n. 109243 del 29 maggio 2007, a seguito dei pareri richiesti, è stata comunicata la sospensione del procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione integrata ambientale ed è stato comunicato alla ditta che qualora fosse interessata al rinnovo del procedimento per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica avrebbe dovuto presentare apposita domanda.
In conclusione. Se la sospensione del procedimento Aia operato dal Servizio con la nota del 29 maggio 2007 fosse illegittima, a mio giudizio, il Presidente della Giunta regionale dovrebbe sciogliere il Comitato tecnico per la legislazione.
Punto 9. L'interrogazione chiede al Presidente della Giunta se è a conoscenza del procedimento di rinnovo dell'autorizzazione paesaggistica, avviato dal sottoscritto in data 2 luglio 2007, nonostante che l'articolo 5 della l.r. n. 34/92 ha conferito le relative competenze amministrative all'amministrazione di Pesaro Urbino.
Il Comitato intercomunale per la tutela dell'ambiente e della salute (Citas), con fax pervenuto in data 11 luglio 2007, ha trasmesso al Servizio un’eccezione di incompetenza e una ennesima diffida. Tale documento è stato indirizzato anche al Presidente della Giunta regionale e al dirigente del servizio attività istituzionali, legislative e legali.
L'eccezione riguarda la competenza sul procedimento di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ai sensi del d.lgs. n. 42/2004 che, a detta del Comitato, dovrebbe essere in capo alla Provincia di Pesaro-Urbino.
Sull'argomento è stato chiesto uno specifico parere al Servizio legislativo e all'avvocatura.
La questione è stata trattata nella riunione del Comitato tecnico consultivo per la legislazione del 30 luglio 2007. Nel corso della riunione è stato chiarito che questo procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione paesaggistica non è a se stante, ma è funzionale al complessivo giudizio di compatibilità ambientale di cui alla l.r. n. 7/2007 venuto meno per la componente paesaggio a seguito dell'annullamento operato dalla Soprintendenza.
Posto che sulla base dell'articolo 11, comma 5 della l.r. n. 7/04 il giudizio di compatibilità comprende, se necessario, l'autorizzazione paesaggistica di cui al d.lgs. n. 42/04, il Comitato tecnico per la legislazione ha confermato la competenza della Regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Presidente, chiedo una copia della risposta perché in alcuni momenti francamente non si è sentito niente e tra leggi e numeri vari citati la difficoltà diventa ancora maggiore. Per questo l’approfondimento della mia risposta all’Assessore avverrà in un momento successivo.
Quello che voglio evidenziare è che tra le centinaia di leggi e disposizioni che l’Assessore ha citato si è dimenticato della legge n. 7/04, quella che stabilisce i termini e le procedure che non sono state rispettate. Questo dovrebbe essere sufficiente a far capire che sia nella tempistica che nel modo di agire ci sono degli errori clamorosi come dettagliatamente citati nell’interrogazione.
C’è da tener presente anche la risoluzione che è stata approvata da questo Consiglio regionale nella seduta del febbraio 2006, nella quale veniva definito impraticabile il percorso dell’impianto proposto a Schieppe di Orciano.
Ci sono, come citato, provvedimenti del Tar, del Consiglio di Stato che hanno rigettato anche l’ultimo ricorso della Waferzoo, ma soprattutto c’è un problema che credo fondamentale al di là di tutte le leggi, cioè che il territorio è contro questo impianto. Sono anni che ci sono persone che continuano a venire, a battagliare, ad incontrarsi perché rifiutano sul proprio territorio un impianto che da una parte premia, attraverso i Cip 6 e i certificati verdi, chi costruisce un impianto che crea danno al territorio, dall’altra, c’è una svalutazione dei beni immobili e delle proprietà dei cittadini che oltre ad avere il problema dell’inquinamento si ritrovano anche penalizzati dal punto di vista economico. Credo sia questo alla fine il discorso da tenere in considerazione.
Oggi abbiamo la presenza dei Sindaci che sono venuti a testimoniare che il territorio vuole avere la capacità e la forza di scegliere quale tipo di sviluppo deve avere la vallata del Metauro. Questo è un territorio vocato all’agricoltura, è un territorio vocato a un certo tipo di turismo, ha prodotti di qualità per i quali tra l’altro la Regione è intervenuta in diverse situazioni anche con degli incentivi. Qui voi volete creare quello che chiamate un impianto a biomasse, ma che nelle caratteristiche – Assessore non neghiamocelo – è un inceneritore.
D’altronde quello che sta succedendo in Provincia di Pesaro e Urbino col passaggio Hera è sintomatico – Assessore, è inutile che sorrida –. Se questo impianto è così utile lo costruisca nel suo territorio di appartenenza! Lei continua a ridere, ma qui c’è poco da ridere, qui c’è un territorio che non vuole questo impianto! Può darsi che io dica delle sciocchezze, Assessore, ma non sono l’unico a dirle!

PRESIDENTE. Consigliere mi scusi, invito il pubblico ad astenersi da commenti perché questo inficerebbe la seduta e obbligherebbe il Presidente a prendere provvedimenti che non vorrebbe assumere.

Giancarlo D’ANNA. (…) Non è che sono suscettibile, Assessore, sto testimoniando e cercando insieme ai colleghi di dare voce ad una popolazione numerosa che è scesa anche in piazza con dei numeri di presenza che fanno paura, è una testimonianza forte di un territorio che non vuole la scelta che avete fatto sulle spalle dello stesso territorio. Ci sono dei Sindaci che avete escluso che avranno con la costruzione di questo impianto dei problemi per quanto riguarda l’impatto ambientale, quindi c’è poco da sorridere. Se poi c’è la bontà del progetto (…) Mi scusi, Consigliera Mollaroli, se è d’accordo con me va benissimo, ricordi all’Assessore, però, che la vallata del Metauro questo impianto non lo vuole e ci sono anche i presupposti…(…)

PRESIDENTE. Consigliera Mollaroli, per cortesia rispetti il regolamento. Consigliere D’Anna, concluda perché il tempo a sua disposizione sta per terminare.

Giancarlo D’ANNA. Concludo se mi fanno parlare! Perché se al pubblico è vietato parlare, lei deve anche vietare ai Consiglieri di interrompere chi sta parlando!

PRESIDENTE. Consigliere D’Anna, la prego di concludere.

Giancarlo D’ANNA. Verificheremo, Assessore, in modo dettagliato e analitico alcune incongruenze che abbiamo immediatamente già verificato nella sua risposta.
Credo che anche l’assenza del Presidente Spacca sia significativa. Su questo importante argomento il Presidente Spacca è stato più volte chiamato in causa e ha sempre evitato il confronto con i cittadini, quindi oggi sarebbe stata l’occasione utile, dunque l’ha persa, per incontrare una delegazione dei cittadini che vengono dalla valle del Metauro e che sono rappresentati da diversi Sindaci.
Noi su questo non ci fermiamo e non siamo assolutamente convinti della risposta che ci è stata data. Soprattutto non siamo convinti della bontà di questo impianto che, ripeto, da una parte va a dare degli incentivi economici a chi si appresta ad inquinare il territorio con una presenza che prima non c’era e, dall’altra, va a penalizzare coloro che vivono su quello stesso territorio.

Proposta di atto amministrativo n. 62
della Giunta regionale
“Piano regionale per le politiche attive del lavoro – Triennio 2007/2009 – Art. 3, legge regionale 25 gennaio 2005, n. 2”
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 62 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Svolgerò una relazione breve perché a questo atto dovranno seguire apposite leggi per declinare e utilizzare le risorse.
Il mercato del lavoro attuale è caratterizzato da un lungo periodo dalla flessibilità e dalla precarietà che oltre a precludere, in particolare la precarietà, il futuro ai giovani, penalizza in modo significativo anche il mondo delle imprese. Lavoro precario significa non poter avere una professionalità oltre a tutto il resto che è negativo.
Il primo obiettivo sia per il pubblico impiego che per l’impresa privata dovrebbe essere la stabilizzazione e la qualificazione dei lavoratori precari.
Il dato nazionale dell’aumento di un punto percentuale in più dell’occupazione 2006 sul 2005, seppur positivo, tuttavia registra quasi tutti i contratti a termine.
Nelle Marche il dato occupazionale è superiore alla media nazionale con una crescita nell’ultimo periodo di quasi due punti, cioè dell’1,8%, è più alto dell’Italia centrale e uguale a quella del cosiddetto nord-est.
Tuttavia esistono squilibri anche nella nostra regione, perché a fronte di un aumento occupazionale nelle province, di Pesaro Urbino +3%, di Ancona +4%, di Macerata +2”%, la provincia di Ascoli Piceno registra una flessione di quasi il 3%, soprattutto nel settore della calzatura, nel settore della trasformazione dei prodotti agricoli, con quasi 4.000 lavoratori espulsi, esattamente 3.471 lavoratori licenziati dall’attività produttiva.
Nel complesso nella nostra regione nel 2006 ci sono sul 2005, 12.000 nuovi occupati, per un totale di 680 mila unità, pari al 67,5%, con un incremento – e questo è molto positivo – del 4,3% di donne occupate.
Il tasso occupazionale complessivo si aggira intorno al 64,4%, l’occupazione femminile è del 53,8%, l’occupazione di lavoratori con oltre 55 anni è del 34,7%.
Questo contesto che ho descritto in maniera molto schematica è positivo per il dato occupazionale, ma è grave per quanto riguarda la precarietà.
Infatti, anche nella nostra regione i contratti a tempo indeterminato dal 2000 al 2005 sono diminuiti del 16%, mentre i contratti flessibili sono aumentati più del 50%. Nel 2005 sono stati assunti 30.900 lavoratori con un contratto a tempo indeterminato, mentre con contratti a tempo determinato sono stati assunti, nello stesso periodo, 112.000 lavoratori.
L’indice della precarietà è in forte aumento e ciò è grave soprattutto per una regione manifatturiera come le Marche.
Come si può vincere una questione così importante, come si può affrontare il tema della competitività con assunzioni tramite, ad esempio, le agenzie interinali o, ancora peggio, con contratti brevi o brevissimi?
Quale modo potremmo trovare per superare una questione di questo tipo? Quale lavoro operaio o tecnico può creare in un simile contesto nuova competitività oltre che nuova occupazione? Non sono domande retoriche, né una visione ideologica, ma il dato di fatto del lavoro precario deve interrogare sia il sistema istituzionale che il sistema delle imprese.
Oggi le politiche attive del lavoro sono all’ordine del giorno, non solo perché ci sono grandi movimenti – nelle Marche ieri abbiamo visto la protesta, seppur composta, dei precari della sanità, anche di quelli altamente secolarizzati –, non solo perché ci sono state imponenti manifestazioni e non solo perché anche il Papa è intervenuto su questo problema, ma perché attiene al futuro di una società solidale e collettiva.
Quindi il sistema delle imprese e quello pubblico si devono interrogare su questo, perché “risparmiare” sul costo del lavoro, sulla sicurezza, sulla qualità, può diventare un boomerang.
Occorre, al contrario, investire sulle giovani generazioni. Solo il 28% degli assunti nel 2005 ha meno di 25 anni.
Poi c’è il problema degli ammortizzatori sociali, seguito alle ristrutturazioni aziendali. Nelle Marche dal 2001 al 2006 le ore di cassa integrazione guadagni, soprattutto nel calzaturiero e nella meccanica, sono triplicate perché da 1.400 ore si è passati a 4.400 ore.
In questo contesto assumono rilievo, a mio modo di vedere, i servizi per l’impiego. Infatti dopo l’abolizione degli uffici di collocamento pubblici, i centri per l’impiego e per la formazione, in questa fase di avvio nelle province delle Marche e in alcune province molto consolidate dal punto di vista della dotazione delle strutture, sono a buon punto e costituiscono un fatto molto importante perché possono svolgere sia il ruolo di intermediazione che quello della formazione.
Al 2005 nelle Marche 100 mila disoccupati, di cui 64 mila donne, hanno visto all’interno dei centri per l’impiego una possibilità, un’utenza cosiddetta “vagliata” dai centri per l’impiego e della formazione. Con una percentuale in maggioranza si rivolgono ai centri per l’impiego le piccole imprese, una metà delle quali ha meno di 10 addetti.
Il collocamento mirato è un punto importante del programma e della proposta della Giunta regionale che riguarda i disabili e i disabili psichici.
L’indicatore della concretizzazione del collocamento mirato ha un totale dell’8,5%, uguale al 10,7% ad Ancona, al 3,5 ad Ascoli Piceno, al 17,5% a Macerata e al 7,1 a Pesaro.
Ciò significa che questo problema, già grave di per sé, ha bisogno di una maggiore sensibilizzazione dei soggetti pubblici e soprattutto di quelli privati, affinché la legislazione nazionale e le direttive comunitarie siano realmente applicate.
Da questo punto di vista assumono un ruolo decisivo la programmazione e le strategie. Il Piano regionale e le strategie previste per il triennio 2007/2009 e per il settennio che va dal 2007 al 2013 prevedono la riduzione della frammentazione dei distretti produttivi ed economici, che se prima costituivano un punto di forza, oggi nella globalizzazione e nella competitività totale costituiscono un elemento di debolezza.
Occorre, inoltre:
- uno sviluppo eco-compatibile tra il territorio e le imprese in modo che il sistema produttivo integrato all’interno di un contesto connettivo e di un territorio forte possa essere un punto di rilievo;
- l’attrazione degli investimenti europei, perché uno dei limiti degli enti locali, ed in passato anche delle Marche, è stato quello di non poter attivare appieno i finanziamenti dell’Unione europea;
- la valorizzazione delle giovani generazioni. Su questa non la faccio lunga perché si evince una possibilità, ma anche un limite, dal fatto che abbiamo manodopera giovanili, e soprattutto potenzialità altamente secolarizzate, che non trovano uno sbocco nel mercato del lavoro;
- la parità e i diritti. In un contesto dove molto spesso i diritti sono stati declassati ad opportunità, occorre fare un ulteriore sforzo, soprattutto ridurre il deficit per quanto riguarda l’accesso nel mondo del lavoro delle donne, cioè abbattere in modo positivo la differenza di genere che è ancora presente.
La declinazione operativa, Fse, Por, Fse 2007-2013 e gli assi che saranno collegati, mobiliteranno circa 282 milioni di euro, di cui il 40% di provenienza dell’Unione europea, il 50% statali e il 10% regionali. In questo contesto assume rilievo il sistema degli enti locali ed in primo luogo delle Province, infatti il 75% dei fondi saranno trasferiti alle Province, mentre il 25% saranno per i piani annuali a capo della Regione.

Presidenza del Vicepresidente
Roberto Giannotti

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Farò un intervento a braccio come è mia consuetudine ed essendo il relatore di minoranza dovrò evidenziare alcune differenze che ci sono tra il mio pensiero e quello dello stimato collega Procaccini, al quale riconosco sempre una coerenza di fondo in tutti gli atti che discutiamo.
Ritengo che la critica più o meno velata che c’è all’interno di questo atto sulla legge Biagi non sia giusta, i motivi sostanziali li dicevo anche in Commissione e vorrei ripeterli oggi in Aula.
Chi ha pratica degli argomenti nel mondo del lavoro si rende conto di due cose sostanziali: che la legge Treu del 1997 e successivamente la legge Biagi hanno favorito sia l’occupazione in generale che l’occupazione giovanile nel nostro Paese, questo è un dato statistico. Mai sarebbe potuto accadere, nonostante la bravura di Berlusconi o Prodi – consentitemelo – che il tasso di disoccupazione potesse scendere dal 10,5-11% al 6,5% attuale. Ci sono state, addirittura, delle modifiche con le quali la legge Biagi ha cercato di far uscire dal lavoro nero alcune situazioni per indirizzarle in una forma di regolarizzazione sostanziale. Se questa legge fosse stata letta attentamente si capirebbe che ha svolto un ruolo in questo senso addirittura propedeutico.
Quindi se venisse approfondito veramente il ruolo di questa legge le critiche che vengono mosse da una parte della sinistra, si ridurrebbero o quanto meno sarebbero indirizzate in altro luogo.
Mi spiego meglio. Il precariato, i contratti a tempo determinato o altre tipologie di contratti come lo staff leasing, il lavoro in affitto, in lavoro in coppia, ecc., sono forme che sono state quasi inutilizzate e che quindi non hanno prodotto risultati efficaci nel mondo del lavoro.
Quando parliamo, invece, dell’utilizzo del contratto a termine vi dico, anche per esperienza personale, che se un’azienda è seria e non vuole specularci – e qui entra il ruolo della politica che non deve consentire alle aziende di fare speculazione sui contratti a termine –, questo sistema consente al lavoratore giovane di entrare nel circuito del mercato del lavoro, di farsi conoscere e di apprendere. Tra l’altro quando il giovane lavoratore è valido state tranquilli che nessuna azienda ha l’interesse di perderlo. Quindi sicuramente è un meccanismo valido.
E’ evidente, però, che dobbiamo fare delle differenziazioni, perché un conto è il bagnino che lavora quattro mesi l’anno in un posto dove ci sono delle necessità particolari, un conto è una impresa manifatturiera dove il contratto a tempo determinato è per affrontare stagionalità, cioè i picchi massimi e minimi della produzione. Ci sono situazioni diverse, ma vi assicuro che se gestito in una forma corretta questo è un sistema ottimo per consentire ai giovani di trovare lavoro.
Ci sono stati comunque anche degli eccessi che io ho sempre criticato, e l’ho fatto anche in altre realtà non politiche. Ci sono state delle aziende che hanno speculato su queste forme – ed io sono il primo a dirlo – perché ci sono stati lavoratori assunti con contratto a termine, poi altro contratto a termine, poi interrotto, poi altro contratto a termine, poi passati a agenzie di lavoro interinale, e poi ripresi, per evadere la legge, dopo un mese con contratto a termine. Questo no! Qui non c’è più il problema della stagionalità e dei picchi o il voler dare la possibilità ai giovani di entrare e conoscere, quindi qui ci vuole fermezza da parte del legislatore.
Ma per tutto quanto è stato fatto, invece, vi assicuro che è positivo, sia prima con la legge Treu, da un Governo di centro-sinistra, che successivamente con la legge Biagi.
Non credo che per caso – ora dirò una cosa che potrebbe dare fastidio – le brigate rosse abbiano colpito prima un giuslavorista che ha collaborato con Treu e poi direttamente con Biagi. Non credo che lo abbiano fatto per caso o sbagliando indirizzo, probabilmente perché avevano capito che proprio queste normative consentivano un miglioramento. Chiaramente, invece, chi vuole il caos, chi vuole la rivoluzione a tutti i costi, il miglioramento della questione generale non lo desidera, quindi colpisce come si colpirono a suo tempo anche tante altre persone. Io sono stato allievo di Aldo Moro e ho sempre sostenuto che fu colpito perché cercava di regolarizzare una situazione in un Paese che nel 1978 era prossimo al caos con le crisi petrolifere e quant’altro.
Per essere concreto torno a questa proposta, che è evidente che essendo un atto di programmazione triennale il giudizio specifico lo si darà più sulle annualità che verranno realizzate.
Dicevo ai colleghi di minoranza che come gruppo Udc ho proposto un voto di astensione rispetto a questo atto. Essere contrari sembra quasi voler occupare una posizione di principio cioè quella che siamo all’opposizione quindi dobbiamo dire di no a questo atto. Ma questo non è stato mai il nostro comportamento e non lo sarà mai perché ogni atto va valutato per quello che è.
La nostra posizione di astensione è perché non condividiamo alcune cose – ci siamo confrontati con il Consigliere Procaccini anche in Commissione – per esempio, sull’aspetto della legge di cui abbiamo discusso finora, uno la vede in un modo e uno in un altro, però poi ci sono una serie di interventi che alla fine ricalcano un po’ quelli degli anni precedenti e credo un po’ anche in provvedimenti che vengono presi da altre Regioni di tutta Italia, quindi anche quelle amministrate dal centro-destra, che non credo che si distanzino molto dalla nostra proposta.
Il problema di fondo che pongo è questo: il titolo è “Politiche attive per il lavoro” – ora vorrei fare un piccolo accenno critico, che tra l’altro faccio anche a me stesso in veste di Consigliere regionale – che potremmo però chiamare anche “politiche neutre” più che “ politiche attive”, perché un gran risultato sul mercato del lavoro non lo realizzano.
Di questi temi comunque si dovrà aprire un confronto nel Paese, ne ho sentito parlare non dico da Casini, Berlusconi o Fini, ma anche da Veltroni, neo segretario del Partito Democratico, quindi da i riformisti del centro-sinistra.
Io sono dell’opinione – come ho detto anche quando abbiamo parlato in quest’Aula di un altro argomento di grande importanza e rilevanza che riguardava i contributi alle aziende per i piani industriali, artigianali e commerciali – che per fare qualcosa di utile, trovando ovviamente anche i meccanismi legislativi (dell’Europa, del Governo centrale e di quello regionale), dobbiamo perseguire un progetto che magari toglie contribuzioni alle imprese, provando così a risparmiare milioni di euro – per esempio quando parliamo di formazione lavoro molto spesso sono più sentite le esigenze degli enti formatori che non quelle delle imprese o quantomeno non si incrociano bene queste due esigenze –, parliamo pertanto di un risparmio di circa 40 milioni di euro l’anno, quindi non è che parliamo di niente!
Se fosse consentito al bilancio regionale e ai bilanci nazionali di risparmiare dei fondi e contestualmente ridurre la tassazione – per esempio l’Irap che grava sulle imprese artigiane, industriali, ecc. – di pari importo, dopodiché le aziende si finanziano la formazione con i soldi loro, il bilancio regionale non avrebbe alcun aggravio e tutte le imprese avrebbero un uguale beneficio nel mercato della libera concorrenza, meno tasse sul lavoro, meno tasse sulle imprese e meno contribuzioni. E’ chiaro che non può fare il furbo l’industriale che dice “sì, meno tasse sul lavoro, meno tasse sulle imprese, ma stessi contributi da parte del Governo nazionale e regionale”, questo no! Non possiamo farlo anche perché le finanze non permettono queste cose.
Siccome questi argomenti li ho sentiti al congresso del nuovo partito e in altre sedi, credo che se riuscissimo a far passare queste impostazioni allora sì che faremmo riformismo reale, realizzeremmo delle politiche veramente attive per il lavoro. Così, invece, non facciamo del male – questo non lo posso dire –, ma nemmeno tanto del bene.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Ha la parola il Consigliere Badiali.

Fabio BADIALI. Intervengo su questo punto perché i due relatori, sia di maggioranza che di minoranza, hanno toccato problemi, punti e nodi fondamentali per quanto riguarda il lavoro e le politiche attive del lavoro. Io lo farò in maniera parziale, ma con punti che entrano proprio nel merito del problema più ampio che oggi dobbiamo approvare.
E’ stata ricordata la legge Treu e la legge Biagi e di conseguenza la precarietà e la flessibilità.
Penso che tutti siamo ormai convinti che la precarietà è un disastro per il Paese e che, invece, la flessibilità sia una cosa importante. Penso che una certa flessibilità sia opportuna per chi si avvia come primo momento di vita nel mondo del lavoro, il problema, però, è che questa poi si trasforma in precarietà a lungo termine che è dannosa e che crea disagi nei giovani, nelle famiglie e nel Paese, e non dà sicurezza.
E’ questo il dramma della questione, perché al di là degli schieramenti politici penso che nessuno sia contrario alla questione della flessibilità.
Il Governo Prodi, infatti, nell’accordo del welfare del 23 luglio ha identificato questo problema, fissando in un periodo massimo di tre anni la precarietà. Quindi è importante una discussione sulle problematiche del lavoro nella nostra regione che, come è stato detto, penso verrà affrontato in un Consiglio regionale apposito.
L’altra cosa che diceva il Consigliere Viventi è quella di togliere gli incentivi alle imprese per poi trasformarli in riduzione della tassazione e di conseguenza in riduzione del costo del lavoro con una maggiore competitività.
Queste sono proposte che vanno prese in considerazione, ma se ci si crede devono anche essere trasformate in qualcosa di concreto. Perché è vero che è importante incentivare le imprese che vogliono crescere, che vogliono affrontare il mercato del lavoro globale, che vogliono aggredire certe questioni, ma sappiamo pure che poi ci sono finanziamenti che non vanno verso quell’indirizzo, ma che vanno verso ben altro.
C’è in piedi una macchina burocratica amministrativa molto costosa, quindi di conseguenza la riduzione dei trasferimenti porterebbe ad una riduzione anche di questa macchina amministrativa che va dal livello nazionale a quello regionale, provinciale e comunale. Su questo, dunque, ci sono argomenti sui quali occorre ragionarci.
Il Piano triennale che oggi andiamo ad approvare ha anche un'altra importanza strategica, cioè che il periodo va a coincidere con il nuovo periodo di programmazione del Fondo sociale europeo 2007-2013, quindi abbiamo sette anni per valutare tutte le questioni per le quali queste somme vengono messe a disposizione. E’ un atto di programmazione triennale, per cui bisogna vedere anno per anno quello che riusciamo a metterci e quello che riusciamo a fare.
I centri per l’impiego sono una cosa importante, ma vanno migliorati e ricalibrati perché fra poco tempo potrebbero rischiare di non avere più una funzione sul territorio.
In questo quadro di programmazione tutte queste funzioni vengono richiamate ed evidenziate, vengono dettate le linee generali che sono tutte condivisibili, nessuno ha messo in discussione quello che c’è al suo interno.
Ovviamente sta poi alla Giunta concretizzarle e portarle a compimento e sta al Consiglio regionale dare il contributo e il sostegno affinché queste politiche del lavoro vadano sempre più verso l’indirizzo del lavoro e sempre meno verso la burocrazia e la formazione che a volte serve più ai formatori che alla stessa formazione.


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Condivido l’assunto di fondo del relatore di minoranza quando giudica questa proposta di legge il residuo di una cultura statalista – è stato detto già in altre occasioni ed io voglio ribadirlo – trasuda di statalismo sulla linea delle posizioni assunte dalla Giunta regionale delle Marche.
Questa non è una novità, anzi, da questo punto di vista bisogna riconoscere all’Assessore una linea di grande coerenza, una linea antigoverno Berlusconi, una linea antiscelte sul piano del lavoro fatte dal centro-destra, una linea che non tiene conto dell’ampio dibattito che ha investito il nostro Paese negli ultimi anni.
Il Consigliere Viventi ha detto che si sente una critica di fondo alle scelte della legge Biagi, ecc., condivido questa analisi fatta, che è un’analisi molto attenta e precisa, perché anch’io rilevo che questo provvedimento risente di questa tara ideologica.
Hanno fatto bene i miei colleghi a non votarla, mi attengo al giudizio che è stato espresso, quindi non sosterremo questa legge che come al solito riconosce nel pubblico il punto di riferimento centrale del sistema.
Abbiamo dimostrato con dati alla mano già nel dibattito dell’anno scorso che i centri per l’impiego rappresentano un riferimento marginale della richiesta dei giovani per acquisire un lavoro.
In questa legge manca soprattutto qualsiasi riferimento al valore di fondo, il rapporto tra pubblico e privato è tranciato di nuovo, non c’è nessuna capacità di apertura dentro il sistema, dentro la scelta strategica del riconoscimento del ruolo della sussidiarietà orizzontale.
Abbiamo detto già in altre occasioni che non è possibile gestire un fatto come questo. Alcuni limiti di fondo mi sembra si possano rilevare anche nella premessa che giustifica un non consenso al provvedimento.
Per rimanere sul concreto faccio alcuni riferimenti. Sul problema dei disabili, prima affrontato, al di là della nomina e della costituzione di commissioni e organismi di studio non c’è altro, non c’è una scelta di fondo per l’attività di inserimento lavorativo dei disabili e degli svantaggiati, non c’è un richiamo assoluto al ruolo svolto dal privato sociale che è un ruolo estremamente fondamentale. Questo mi sembra che debba essere ribadito.
Se da una parte questo Piano può essere considerato, al di là del giudizio, corretto nella sua formulazione perché delinea una strategia di fondo, in alcuni richiami, ma credo anche per quello che riguarda l’apprendistato, non fa passi in avanti rispetto al passato.
Per quanto attiene, appunto, la valorizzazione dell’apprendistato, tolta l’ipotesi del work experience, in questo Piano non ci sono assolutamente strumenti innovativi, così come contenuti, invece, nelle leggi di altre Regioni, per esempio in quella della Lombardia e del Veneto che vanno molto al di là di questa possibilità.
Anche per i prestiti d’onore si propongono solo investimenti per indagini e commissioni, non c’è una scelta concreta. Il Piano sostanzialmente si traduce nel richiamare l’urgenza della sensibilizzazione, ma i giovani marchigiani non hanno bisogno di essere sensibilizzati, hanno bisogno di risposte concrete.
Anche sulla responsabilità sociale c’è un richiamo molto aleatorio, si parla di qualche convegno, di qualche mostra, si parla di attività effimera che non interviene nella condizione del giovane, ma che magari serve soltanto a dare qualche incarico di consulenza – mi sia consentito – a qualche cooperativa amica o a qualche consulente esterno, prassi consolidata di questa Giunta regionale.
Quindi credo che l’intestardirsi nel negare un rapporto con il privato sociale e accettare il ruolo della sussidiarietà come linea guida di ogni processo in questo campo, porti ad un provvedimento che non produce nuove opportunità di lavoro per i giovani marchigiani.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Mi ricollego alle riflessioni fatte dai Consiglieri Viventi e Giannotti che condivido molto, ma sarò ancora più crudo, Assessore.
Credo che se c’è una materia nella quale dobbiamo essere spietatamente sinceri, prima di tutto tra noi e poi anche fuori da quest’Aula, interloquendo con i giovani in particolar modo ma anche con le famiglie, con le associazioni e con le istituzioni, è proprio sul tema del lavoro.
Innanzitutto dobbiamo, purtroppo, dare un taglio a tutte le dichiarazioni autocelebrative che dicono che nelle Marche l’occupazione va a gonfie e vele e che aumenta. Dobbiamo distinguere, perché l’occupazione dei manovali e degli esecutivi è vero che aumenta, e forse è anche quella che si ricerca di più, ma l’occupazione intellettuale, invece, va verso livelli drammatici. Lo abbiamo più volte detto anche in quest’Aula. Oggi comincia ad essere difficile anche per i laureati in economia e commercio e scienze politiche, figuriamoci per quelli che vengono dal settore umanistico, comunque complessivamente per i laureati nei settori tecnici il lavoro nelle Marche è una chimera.
Abbiamo detto molte volte di come le famiglie si indebitano per far studiare i figli all’estero, per i master, per le lingue, per i super corsi di formazione, per la patente europea dell’informatica, ma poi questi giovani si presentano nelle nostre aziende che rispondono “ma a noi basta il ragioniere”.
Allora quando ci sono certi convegni – mi dispiace dirlo – con i nostri carissimi Rettori delle università o quando fanno la Conferenza per la programmazione dei corsi, è ora che la Regione si faccia sentire e dica “mettiamoci d’accordo per quello che serve una volta per tutte in questa regione”. Perché tutti i master, i corsi biennali, triennali, aggiuntivi, complementari che ci sono in giro fanno spendere soldi ai ragazzi e alle famiglie e poi alla fine l’occupazione non c’è.
Per i centri per l’impiego i dati sono dell’Istat, del Censis, della Confindustria, dei Sindacati, del Centro studi della Cgil di Padova, e tutti concordano nel dire che in Italia soltanto l’11% dei datori di lavoro si rivolgono al centro per l’impiego e tra questo 11% solo il 6-7% trova soddisfazione con un’occupazione. Se pensiamo a quello che costano questi apparati, fatti di persone bravissime – voglio sottolinearlo perché nella mia provincia, ad esempio, li conosco tutti –, ci sono i dipendenti cosiddetti mediatori, cioè quelli che vanno a parlare con l’imprenditore per l’inserimento dei lavoratori, che sono bravissimi, ma ho l’impressione, Assessore – mi risponderà che la competenza è delle Province, ma non mi basta – che queste risorse probabilmente non vengono utilizzate bene.
La punta dell’iceberg – lo evidenziava anche il Consigliere Giannotti – è per ciò che riguarda l’inserimento dei disabili. Non dobbiamo farci portare in giro, noi vogliamo tutti bene ai nostri imprenditori, ma le avete viste mai le richieste che fanno! Richiedono le categorie protette, ma per adibirle poi ai lavori più pericolosi, nelle catene di montaggio, carico e scarico, lavori pesanti. Il risultato è che ogni giovane che va là a fare la selezione viene dichiarato inidoneo. Allora queste persone dove dovrebbero essere inserite? Per loro non è che il posto deve essere soltanto quello da centralinista!
Su questo siamo disarmati, cari amici e compagni, siamo impotenti perché ci sono richieste enormi di persone che appartengono alle categorie protette, delle quali, altrettanto spietatamente, dobbiamo anche dirci che non è vero che tutti hanno bisogno, ma poi comunque ci sono quelli che hanno un bisogno drammatico e che non riusciamo ad inserire. E non ce la fa neppure il centro per l’impiego perché su questo l’impatto con l’impresa è purtroppo drammatico. Io penso che occorrerebbe anche fare una statistica su quanti giovani si riescono a piazzare.
Poi ci sono gli stages da 700 euro per i laureati e da 500 euro per i diplomati. Le nostre carissime imprese prendono questi giovani per sei mesi a 700 euro tutto pagato e poi quasi mai non c’è per nessuno la possibilità dell’assunzione, non dico quella a tempo indeterminato ma neppure quella per sei mesi, non c’è un contratto vero. La mia provincia che ha fatto una regola, che credo trovi anche riferimento nella normativa, e che penso applichino anche le altre Province, è che se dopo due volte che lo stage viene assegnato non c’è l’assunzione quell’impresa viene cancellata dai benefici dell’assegnazione, appunto, dello stagista. In ogni caso questa situazione mi pare drammatica.
Il Consigliere Giannotti giustamente faceva riferimento ai tanti convegni che si fanno, e questo lo dice uno che non ce l’ha certamente con l’impresa, comunque a tavolino ci vogliamo dire quante sono quelle imprese che dopo aver usufruito dei benefici dello stage gratuito assumono il giovane? Se va bene, saranno tre su cento.
Quindi quando facciamo convegni tra istituzioni, università e imprese, un patto va fatto. Mi rendo conto che nell’ambito di un programma è difficile scriverle queste regole, ma se conosciamo la situazione attuale siamo su questi livelli. Il giovane diplomato o laureato non trova speranza nel centro per l’impiego, le agenzie del lavoro interinale non trattano quasi mai i laureati e i diplomati, quindi sono giovani esposti al vento e alla tempesta.
Poi c’è qualcosa di farraginoso che dobbiamo risolvere, Assessore, dove ho fatto, due o tre anni fa, anche una interrogazione che non è stata svolta, ma forse anche colpa mia che non ho insistito. Le liste di mobilità ce l’hanno solo i centri per l’impiego, vi pare una cosa giusta? Non è che guardo con simpatia l’agenzia per il lavoro interinale però a questa spesso arrivano le richieste delle imprese per prendere persone che sono in mobilità, quindi parliamo di persone disoccupate che sono state espulse dal processo produttivo a 35, 40, 45 anni e che non assume più nessuno, perché nel nostro sistema se uno va fuori dal lavoro a 45 anni è un appestato, non lo prende nessuno! Allora l‘unica speranza è la mobilità perché ci sono i benefici finanziari, ma le liste di mobilità i centri per l’impiego se le tengono gelosamente chiuse sotto chiave.
Quando si parla di apertura pubblico-privato e di collaborazione, perché non ci diciamo queste cose? A che cosa servono queste gelosie non l’ho mai capito, Assessore. Non ho mai capito per quale norma, o per quale norma sbagliata, non possiamo pubblicare e non dare a disposizione delle agenzie di lavoro interinale le liste di mobilità. Parliamo di operai e di operaie che potrebbero trovare lavoro in un circuito un po’ più snello, più elastico, più aperto a quell’11% triste e malinconico che rappresenta l’offerta dei centri per l’impiego.
Questo naturalmente è uno sfogo, ma penso che quotidianamente come consiglieri regionali viviamo questi problemi perché la gente ci viene a parlare di queste cose.
Vedo un’impotenza forte del nostro sistema, quindi, aggiungo questa mia riflessione a quella fatta dai colleghi Viventi e Giannotti che condivido in pieno.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi do la parola l’Assessore Ascoli per la replica.

Ugo ASCOLI. Credo che abbiate sollevato alcuni problemi veri e altri inesistenti. Proverò a ragionare insieme per spiegare alcune questioni.
Innanzitutto c’è da dire che se noi decidessimo la linea che il Consigliere Viventi ha chiesto, cioè limitiamoci a lasciare i denari in mano alle imprese restituendo loro i contributi, alleggerendo la pressione fiscale sulle imprese, invece di spenderle per le politiche attive del lavoro, che lui ha chiamato “neutre”, l’imprenditore con quei denari sa quello che deve fare e affronta le questioni da affrontare.
Tutte le opinioni sono assolutamente legittime, ma devo dire che l’Europa ci insegna che così non è. In nessun Paese europeo, tra quelli che andiamo a guardare per le performance nel mercato del lavoro, per le performance nel welfare, sia quando sono stati governati da maggioranze di centro-sinistra, sia quando sono stati governati da maggioranze di tipo conservatore, è mai successo qualcosa del genere.
Sappiamo benissimo che c’è bisogno di un intervento attivo nel mercato del lavoro per correggere le deficienze del mercato e per sostenere anche le imprese. La politica attiva del lavoro non significa che è punitiva nei confronti delle imprese, anzi, cerca di farsi carico collettivamente delle esigenze, e se guardiamo dove queste politiche attive del lavoro sono più efficaci, cioè nei Paesi del centro e del nord Europa, troviamo che c’è un intervento assai più strutturato, assai più efficiente e assai più intenso di quanto in Italia si stia cominciando a fare negli ultimi anni, non c’è la rinuncia alle politiche.
Quindi credo che quella osservazione, seppur legittima, sia priva di un riscontro empirico e quindi priva di validità.
Che poi questo provvedimento sia scarsamente innovativo – come diceva sempre il Consigliere Viventi – è tutto da provare.
Vi ricordo che sono cambiate le regole della programmazione comunitaria e che noi, per consuntivo della precedente programmazione 2000-2006 oltre che per vincolo della nuova programmazione, costruiremo degli interventi molto diversi rispetto al passato, dove piegheremo molto di più che nel passato anche le politiche formative alla esigenza dell’occupazione, della occupabilità e dell’inclusione sociale.
Faccio subito l’esempio che prima agitava, giustamente, il Consigliere Massi, la famosa disoccupazione intellettuale, cioè le difficoltà che avrebbero i nostri giovani diplomati e laureati a trovare lavoro nelle Marche.
Questa è la classica questione che richiama il tipo di sviluppo economico e di crescita che abbiamo avuto in questa regione, e siamo tutti perfettamente consapevoli che non c’è nessun Paese al mondo in cui le politiche del lavoro, che sono le politiche a valle, possono farsi carico delle problematiche di crescita e di sviluppo economico. Se le Marche hanno questo problema e la Lombardia non ce l’ha è evidente che ciò è dovuto alla caratteristica della crescita economica regionale e del tipo di industria manifatturiera che, viste le caratteristiche dimensionali e settoriali, esprimono una certa domanda di lavoro.
Se diciamo che la Regione punta sul fatto di creare un secondo volano di sviluppo che è quello del turismo, della cultura, dell’ambiente e dei beni pubblici, oltre che dell’internazionalizzazione dell’economia manifatturiera, ciò dovrebbe creare anche una domanda di lavoro che possa assorbire i nostri giovani diplomati e laureati. Quindi questo è un discorso di carattere generale che nessun Piano regionale o provinciale potrebbe da solo contrastare se non c’è una svolta e un gradino di discontinuità nello sviluppo economico regionale.
Quindi proprio su questo, sia per consuntivo della vecchia programmazione, sia per vincolo della prossima, cambieremo radicalmente le modalità con le quali, per esempio, finanzieremo l’alta formazione. Non ci saranno più master universitari finanziati in toto dal Fondo sociale europeo, non ci saranno più bandi che valutano l’offerta liberamente espressa dalle università, ma costruiremo un confronto serrato con i Rettori per spingere l’università, se vogliono avere un parziale contributo pubblico, a mettere in moto master che servono di più all’occupazione regionale e cercheremo di finanziare i percorsi di quei master universitari che siano più professionalizzanti, che siano più caratterizzanti e più vicini alle possibilità di occupazione.
Quindi c’è una svolta anche in questo, che forse non è stata colta nel documento, ma che è un piccolo sforzo che non può certamente contrastare le caratteristiche della domanda. Allora dico che su questo c’è molto di nuovo.
Parlo ancora di alcune questioni, poi farò il discorso sulla cultura statalista di cui ci accusava il Consigliere Giannotti.
La questione dei disabili è una grande questione nazionale. Voglio dire che se avessimo avuto negli ultimi otto-dieci anni un’attenzione maggiore al collocamento mirato delle persone con disabilità, a partire dalla legge n. 68 del 1999, modificandola e migliorandola, invece che attardarsi negli articoli 13 e 14 del d.lgs. n. 276 – decreto attuativo della legge n. 30 – probabilmente oggi ci troveremo in una situazione diversa.
Il protocollo sul welfare firmato recentemente dal Governo, sindacati e Confindustria, abolisce finalmente l’articolo 14 del d.lgs. n. 276, cioè toglie uno di quegli elementi iscritti nella legge n. 2 del 2005 che erano a nostro avviso erano più negativi della legge principale di attuazione n. 30.
Spero che questo ci consenta di migliorare la legge n. 68, di fare il collocamento mirato che è molto difficile e di poter finalmente collocare più disabili di quanti ne siano stati collocati finora. Noi abbiamo iscritti circa 12.500 disabili nei centri per l’impiego. Una parte di questi non sono iscritti perché ricavano benefici, legittimi, nella iscrizione sul piano amministrativo, molti invece cercano lavoro e siamo riusciti a collocarne un migliaio su 12.500, che purtroppo è pochissimo, ma è assai di più della media nazionale.
Dobbiamo migliorare, ma questo è proprio il classico caso in cui soltanto i servizi per l’impiego pubblici possono dare uno spazio su questo versante e soltanto se noi ragioniamo sul miglioramento della normativa vigente.
Su questo ci stiamo impegnando, ci sono due tavoli regionali che arriveranno in delibera in Giunta proprio sulle nuove modalità di inserimento lavorativo dei disabili e sul sostegno degli alunni con disabilità nelle scuole. Quindi è un tema su cui stiamo innovando e non certamente con una cultura monopolista.
Per quanto riguarda l’apprendistato – altro tema che è stato sollevato – abbiamo i limiti della legge n. 30 che inventa le figure dell’apprendistato professionalizzante, che lo costruisce in un certo modo.
La Regione Marche è stata la prima Regione italiana a deliberare sui profili formativi dei contratti di apprendistato – come noto con contratto misto – e a consentire che tutte le categorie, tutte le industrie, tutti i settori delle Marche possano assumere apprendisti. Oggi anche le banche assumono i laureati con contratto di apprendista professionalizzante. Possono rimanere apprendisti fino a sei anni o fino a trent’anni di età.
Noi abbiamo chiesto le modifiche a questo aspetto della legge n. 30, siamo capofila nazionale, incontreremo nei prossimi giorni il sottosegretario Montagnino per delimitare e rilanciare in modo diverso questo che è diventato la porta principale di ingresso nel mercato del lavoro.
Quindi, semmai, le Marche su questo possono essere solo accusate di aver fatto prima, in fretta e meglio delle altre Regioni, che sono venute dietro e ancora non hanno completato la legislazione sui profili formativi.
Per quanto riguarda il discorso del prestito d’onore di cui parlava il Consigliere Giannotti, qui mi sembra una critica assolutamente insostenibile perché su questo abbiamo messo due milioni e mezzo di euro, stiamo creando cinquecento nuove imprese nelle Marche – evidentemente il Consigliere Giannotti non ha letto –, con la Banca delle Marche rimettiamo in pista e avremo creato in tre anni mille imprese finanziate con fondi delle banche e assistite dal Fondo sociale europeo. Se questo è convegnistica allora io veramente sono una persona con tre orecchie e quattro nasi! Quindi bisognerebbe leggere le documentazioni con un po’ più di attenzione e con meno pregiudizi, si capirebbero prima le cose che si fanno.
Dopodichè non c’è dubbio che c’è anche il discorso importante delle borse-lavoro, questione che ha rappresentato lo strumento di maggiore successo per l’inserimento di diplomati e laureati nelle nostre imprese. Sappiamo quanti nostri imprenditori, piccoli e medi, sono anche legittimamente riottosi ad entrare in contatto con il diplomato o il laureato, ma ad esempio nella provincia di Ascoli Piceno ben il 43% dei borsisti è stato poi assunto a tempo indeterminato.
Le performance sono diverse nella regione, ma questo è proprio lo strumento principale, quello che viene chiamata l’esperienza lavorativa sussidiata (work experience) che consente in prima battuta di far entrare giovani diplomati o laureati in contatto con le imprese. Certo, poi ci sono anche imprenditori che non li assumono o persone che non si rivelano quelle che si pensava fossero, ci sono problematiche di varia natura, ma non c’è dubbio che anche quando il nostro diplomato o laureato non fosse assunto ha comunque fatto un’esperienza lavorativa che gli aumenta la capacità di rientrare nel mercato del lavoro.
Questi sono tutti strumenti che vanno messi alla prova e che andremo a valutare, offriremo presto al Consiglio regionale la valutazione sull’impatto occupazionale di tutti questi strumenti, penso che tra circa sei mesi saremo in grado di dimostrare come sono stati spesi questi denari e quali effetti avranno avuto sulla occupazione.
Ora mi riferirò al discorso in generale dei servizi per l’impiego e delle agenzie interinali.
Le agenzie interinali oggi trattano anche i diplomati e laureati, ahimé – ahimè nel senso che c’è domanda, offerta e disponibilità –, ma la cosa interessante dei servizi per l’impiego è che non devono essere visti soltanto dal punto di vista della arida cifra statistica di quanti hanno veramente collocato o di quante imprese hanno a tutt’oggi richiesto a questi centri per l’impiego. Voi sapete da dove siamo partiti, siamo partiti da un Paese che non ha mai fatto politica attiva del lavoro fino al 2000, i centri per l’impiego sono giovanissimi, hanno fatto rapidamente dei grandi progressi e quelli delle Marche sono tra quelli che maggiormente hanno attirato l’attenzione anche del Ministro, del Governo e dei soggetti privati.
Su questi centri stiamo ragionando, li stiamo potenziando come Regione e come Provincia, perché siamo consapevoli che, è vero, a livello europeo un centro per l’impiego pubblico più del 20-22% non ha mai collocato, ma comunque serve per dare una serie di risposte, per fare formazione, per inserire chi ha meno chance per farcela da solo, per creare una visibilità e una sensibilità sull’occupazione nelle province, tanto è vero che c’è una crescente attenzione da parte dei servizi per l’impiego non solo alle persone che ci si rivolgono ma anche alle imprese.
C’è un crescente numero di immigrati che sono iscritti ai centri per l’impiego, c’è un crescente numero di persone già occupate che si rivolgono ai centri per l’impiego per cambiare lavoro, c‘è il discorso importante delle persone più fragili e una crescente attenzione delle piccole e medie imprese. Certamente la grandissima impresa fa da sé, non ha bisogno di rivolgersi al servizio per l’impiego, ma siccome nella nostra regione le grandissime imprese sono poche, allora la stragrande maggioranza di quelle piccole e delle medie sta acquistando sempre più fiducia.
Sono agenzie giovani che devono crearsi una propria legittimità e questo non si fa in un anno o in due anni e ciò non esclude la presenza di altre agenzie private che possono lavorare nel collocamento. C’è una procedura che le vede nella necessità di accreditarsi presso la Regione, se lo facessero non ci sarebbe assolutamente nessuna cattiva volontà di discriminarle o di metterle in cattiva luce, ma diciamo però che tutti i soggetti che si muovono nel campo del mercato del lavoro, dalla formazione al collocamento, devono essere accreditati secondo standard rigorosi. Tanto è vero che nella formazione i cosiddetti privati operano in massa. Abbiamo ben 220 soggetti privati accreditati nel campo della formazione che legittimamente cercano di concorrere per i bandi pubblici della Regione e delle Province e che poi fanno la formazione. La formazione non la fa la Regione, ma i soggetti formatori che sono sia pubblici che privati che sono i due terzi, quindi non c’è nessuna volontà di discriminare il privato, non c’è nessuna idea di monopolio pubblico o statalista. Questa è veramente una lettura antica del presente e del futuro che le Marche non hanno nessuna voglia di percorrere.
Infine, noi abbiamo un istituto di ammortizzatore sociale che è quello della mobilità, un istituto pubblico che è pagato con risorse pubbliche, quindi è chiaro che il soggetto principale che lo deve gestire è il centro per l’impiego. Gestire non significa nasconderlo, non credo che in nessun centro ci siano nascoste nei cassetti queste liste perché sono aperte a chiunque voglia avere la possibilità di assumere questi lavoratori che, come è stato detto, hanno dei benefici dal punto di vista contributivo.
Non mi risulta, vedremo, che ci sia la non volontà di collaborazione per leggere le liste di mobilità tra i centri per l’impiego e i soggetti privati accreditati nel collocamento, sono liste garantite da risorse pubbliche e gestite principalmente dai servizi pubblici per l’impiego, questo sì, per garanzia, tutela e trasparenza.
Penso che se ci fosse qualche centro per l’impiego che dovesse nascondere qualche dato, ma non credo, lo verificheremo.
Le agenzie interinali sono un altro soggetto, ha un altro tipo di accreditamento, lavora solo per lavoro in somministrazione, non lavora per il collocamento. Vedremo il rapporto che c’è fra servizi per l’impiego pubblici e agenzie interinali, però non mi risulta, ma lo approfondirò, che ci sia nessuna volontà di ostacolare.
Questo nuovo Piano triennale fa dei passi avanti per quanto riguarda anche la responsabilità sociale di impresa. Il Consigliere Giannotti diceva che non c’è un passo avanti, ma guardate, abbiamo addirittura in campo un incontro con la giunta di Confindustria per spiegare come abbiamo lavorato sulla responsabilità sociale delle imprese nella precedente programmazione e per estendere e generalizzare il discorso per quanto riguarda le Marche a tutta l’industria manifatturiera. Quindi altro che convegnistica o girare a vuoto!
Il Servizio istruzione e lavoro della Regione non ha nessun consulente, caro Giannotti, non ha nessuna cooperativa amica, non paga nessuna consulenza a nessuno, lo facciamo con le nostre intelligenze, quindi anche qui non so a chi volessi alludere, non certamente alle politiche del lavoro.
Concludendo, sono politiche innovative, sono politiche altro che neutre, sono politiche che tentano di modificare il rapporto tra formazione e occupabilità, sono politiche che certamente fanno perno sui servizi pubblici per l’impiego, ma che registrano una co-regia dei soggetti privati, sono politiche di cui si dovranno valutare gli effetti occupazionali nel breve e medio termine, ma che certamente non possono da sole assolvere a tutti i problemi creati dal tipo di sviluppo economico regionale che tutti conosciamo.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi per dichiarazione di voto.

Franco CAPPONI. Sono stato molto attento al dibattito e a mio avviso ci sono alcuni eccessi da parte dell’Assessore Ascoli nella esaltazione di questo strumento di programmazione.
Difendo le osservazioni presentate dal Consigliere Giannotti perché ci aspettavamo un Piano di diversa portata, ci aspettavamo fosse più innovativo.
E’ un Piano che arriva in ritardo rispetto alla programmazione, è abbastanza ripetitivo, in quanto, seppur si cambiano gli addendi, il risultato sembra essere già individuato. Non è un Piano innovativo perché questo rafforzamento dei servizi dei centri per l’impiego a mio avviso andava rivisto, perché oggi il sistema che abbiamo creato non riesce, Assessore, a star dietro, probabilmente per la velocità con cui il mondo dell’impresa cambia per restare competitivo, alla formazione del lavoratore rispetto ai bisogni delle aziende.
Leggendo sommariamente il Piano ho ravvisato una certa critica, come ormai la sinistra sa fare in Italia, alla legge Biagi, ma poi se ne utilizzano i suoi strumenti a larghissime mani, come ha fatto la Regione Marche che lo ha attuato, addirittura, per i centri per l’impiego, perché moltissimi operatori di questi centri sono dei lavoratori assunti a progetto, a co.co.co. o in corso di stabilizzazione.
Avete assunto ricorrendo a progetti della legge Biagi che è vero che c’erano anche prima, ma da questa legge sono stati ribaditi, e voi oggi ne criticate l’intera impostazione seppur non avete fatto nessuna proposta per modificarla, cioè fate una critica totale e quindi solo un uso strumentale di quello che prevede.
A mio avviso, Assessore, e non è una critica al suo operato, penso che oggi affrontare i problemi generati dalla Biagi poteva essere uno dei principali aspetti di questo Piano.
Chi oggi ha un lavoro precario generato da un contratto di questo tipo dovrebbe avere la nostra massima attenzione affinché l’impresa, aiutata e sostenuta anche con una riqualificazione o con un aiuto diretto, possa stabilizzare quel personale. Se abbiamo individuato il problema dovremmo, con la potestà degli strumenti a disposizione, incidere molto su questa stabilizzazione e non, invece, pensare che questo siccome è un problema generato da una legge di altri è meglio che rimanga un problema, così possiamo continuare a fare la critica. Interpretando il mio modo di operare, penso invece che se c’è un problema deve essere in qualche modo risolto.
Tra l’altro che questo strumento penso non sia neanche in linea con le nuove direttive e i nuovi progetti del Partito Democratico. Ho letto molte cose in merito al lavoro e non ravviso neanche la metà delle cose previste in questo strumento nel programma del Pd.
Quindi è uno strumento già superato e da rivedere e spero che i programmi annuali ci consentano di cambiare rotta.
Oggi c’è un’eccessiva occupazione politica della filiera della gestione delle politiche attive del lavoro. Su alcuni aspetti ugualmente strategici, come per il collocamento mirato dei soggetti diversamente abili, ci sono stati risultati poco lusinghieri ottenuti dal precedente periodo di programmazione e non penso che in questo nuovo periodo ci siano politiche che possano invertire questa rotta. Così come penso che oggi le agenzie di lavoro interinale possano essere aiutate e sostenute perché normalmente l’occupazione che queste generano si trasforma in occupazione definitiva, mentre qui questo settore lo lasciamo totalmente operare da solo.
Come abbiamo già detto ci asteniamo su questo atto, ma ritengo, Assessore, che pian piano lei debba accogliere anche lo sforzo di quella parte che cerca solo di portare dei contributi e non di affossare politiche o denigrare quello che lei sta facendo. Penso che ci sia poca attenzione a quello che noi cerchiamo di rappresentare, che poi è anche quello che vuole rappresentare il mondo dell’impresa e dei giovani.
Molte volte cerchiamo di interpretare il mondo dei giovani a nostro piacimento, loro, invece, oggi cercano un lavoro professionalizzante, un lavoro soddisfacente, non cercano il lavoro pubblico come ratio ideologica, anche se qualcuno cerca di immettere questo germe in questa società.
I giovani devono essere ulteriormente incentivati a scegliere la via del lavoro all’interno dell’impresa, c’è un eccesso, invece, di indirizzi verso un mondo che non esiste più, quello del lavoro pubblico e del lavoro totalmente garantito. In un’Europa dove non esiste più il lavoro garantito dobbiamo mettere in atto, anche quando si deve cambiare, delle politiche che possano garantire per tutti la possibilità di lavorare.
Qui c’è, purtroppo, una visione eccessivamente statalista che non risponde però al futuro del nostro Paese che si sta incamminando in una situazione di grande disagio e debolezza proprio nel settore dell’occupabilità delle tante forze giovani e preparate che, invece, abbiamo a disposizione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo sia da sottolineare un aspetto positivo rispetto a questo progetto che nell’esplicazione sarà implementato con i Piani annuali.
Anche il dibattito ha messo in evidenza quanto ci sia da approfondire su questa materia che molte volte viene affrontata in termini molto superficiali o per sentito dire.
Il mercato del lavoro nella nostra realtà oggi è molto complesso, nonostante sia peculiare rispetto al resto del Paese. Penso che quei 4-5 punti in più dell’industria che ancora manteniamo rispetto alla media nazionale siano indicativi e che vanno in qualche modo compresi e proiettati verso il futuro rispetto ad un cambiamento che comunque si porrà da qui a qualche tempo.
Questa è una programmazione che abbraccia tutti gli aspetti del mercato del lavoro, che si fa carico della complessità, deve essere sottolineata anche l’esperienza che si sta facendo nelle Marche rispetto a determinati criteri di gestione del mercato del lavoro. Per la verità, se c’è un tentativo di innovazione a livello regionale, anche a livello locale dovremmo fare qualche passo in avanti. A me sembra che sul territorio ci sia disomogeneità nella risposta che si potrebbe ottenere complessivamente nel governo del mercato del lavoro in tutte le parti della nostra regione.
L’unica cosa che vorrei sottolineare con questa dichiarazione di voto è che dovremmo sempre più responsabilizzare gli attori del mercato del lavoro che, secondo me, si stanno un po’ defilando, nel senso che non c’è quella attenzione dovuta da parte delle parti sociali rispetto a questo problema.
Lo sottolineavo anche quando facevo parte del sindacato, c’è poca attenzione rispetto alle possibilità che avremmo nel nostro mercato del lavoro di poter guidare più adeguatamente anche gli inserimenti nel lavoro rispetto ad una esigenza sempre proclamata, soprattutto da Confindustria, di avere a disposizione le leve necessarie, a cominciare dalla formazione, poi, di fatto, però c’è una disattenzione sostanziale che deve essere recuperata dalle parti sociali. Questa responsabilizzazione con il tempo si dovrebbe tramutare in quella responsabilizzazione più diretta degli strumenti del mercato del lavoro da parte di chi quotidianamente gestisce, appunto, la questione del lavoro.
Vorrei affidare all’Assessore, che è un tecnico di queste cose, due o tre questioni.
La prima è il legame con la scuola, non solo per il problema relativo al rapporto scuola-impresa, ma perché c’è un mutamento di cultura del lavoro da parte dei giovani e da parte della società tutta su cui abbiamo lavorato molto poco.
Soprattutto da parte dei laureati e dei diplomati c’è un’unica richiesta di lavoro che è quella corrispondente, giustamente, alle prerogative che dovrebbe avere un posto di lavoro rispetto al diploma e alla specializzazione di studio, ma che si ferma lì. Occorre in qualche modo superare un po’ l’empasse della considerazione del lavoro, per esempio di quello manuale che abbiamo completamente perduto, anche se da qualche parte qualcosa si sta muovendo, ma dove per il quale c’è comunque ancora un rifiuto in quanto lavoro manuale.
Questo va di pari passo, oltre alla questione della cultura del lavoro, del considerare il lavoro, nonostante le mutazioni che sono avvenute a livello sociale, una cosa centrale della vita della persona.
Questa considerazione, che non è romanticismo ma che fa parte della prospettiva dei giovani, dovrebbe essere studiata un po’ di più. Cioè dobbiamo entrare in una cultura nuova rispetto al lavoro che oggi, purtroppo, viene visto dai giovani soltanto come una cultura vecchia o traguardata come una cultura data dai propri genitori, che non si combina più con la nuova realtà che presenta il lavoro.
Da questo punto di vista dovremmo fare uno sforzo di parlare di buona occupazione, che è una questione che va rimessa completamente alle parti sociali. Dovrebbe essere difesa fortemente sia da parte padronale che da parte della tutela dei lavoratori, mettendo anche in campo accordi interconfederali che possano sviluppare nuove realtà contrattuali anche in uscita dall’occupazione.
Il fatto che il tempo determinato e gli altri tipi di lavoro frammentario la facciano da padrone sul mercato generale è perché non abbiamo ancora discusso fino in fondo – non so se a livello regionale, Assessore, si potrebbe fare qualche cosa per questo –, cioè garantendo anche un’uscita più concordata a livello di riduzione di personale rispetto al fatto che comunque quando si entra a tempo indeterminato dovrebbe essere quel buon lavoro che va garantito.
È una cosa complicata, ma se l’associamo al discorso degli ammortizzatori sociali e della formazione-lavoro, credo che potremmo garantire anche alle imprese che in qualche momento hanno necessità. Non parlo della stagionalità o dei normali cicli produttivi, ma quando si parla di riduzione produttiva, magari per la concorrenzialità o per la competitività internazionale con cui oggi abbiamo a che fare, occorre tutelare anche questo tipo di ipotesi, cercando di fare qualche cosa in più sulla partita del buon lavoro, cioè del tempo indeterminato.
Con le parti sociali, quindi, occorrerebbe incominciare a proporre questioni innovative sulle strategie del mercato del lavoro che indubbiamente non possono non far perno, proprio per la trasformazione di cui parlavo prima, anche della formazione professionale.
Il criterio della formazione professionale che abbiamo adottato nella nostra regione, secondo me, rischia di essere appannato rispetto alle esigenze. Io ho questa sensazione, ma può darsi che sia solo personale.
Dobbiamo rivedere con le Province questo ragionamento sulla formazione professionale non solo riprendendo gli aspetti curriculari che si sono abbandonati per le fasce più deboli, ma rendendo più effettiva la capacità di offerta della formazione-lavoro cercando di ricoprire, avendo un tessuto manifatturiero, quelle fasce che non copriamo più.
In questa regione non copriamo più le fasce deboli del mercato del lavoro, parlo di quelle fasce che addirittura una volta venivano rifiutate dagli istituti professionali, che non sono riconducibili alla legge n. 68, ma che hanno bisogno assolutamente di trovare gli spazi necessari. Una volta c’era l’inserimento degli elettromeccanici che tutto sommato era una valvola che riusciva a coprire quella parte che oggi non è più coperta. Qualche volta ci sono anche i problemi che si riferiscono alla disperazione delle famiglie che non sanno dove collocare questi ragazzi.
Quindi è una cosa che va ripresa in un contesto più generale della formazione-lavoro. Al di là delle autonomie delle varie Province, sarebbe opportuno che si potesse dare qualche direttiva per rendere più omogeneo il mercato del lavoro.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi passiamo alla votazione.
Proposta di atto amministrativo n. 62. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Proposta di regolamento n. 10
della Giunta regionale
“Attuazione della legge regionale 24 novembre 2004, n. 24 ‘Ordinamento del sistema fieristico regionale’”
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 10 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Rocchi.

Lidio ROCCHI. Secondo quanto disposto dalla I.r. n. 24/2004 che all'articolo 11 prevede uno o più regolamenti di attuazione, la presente proposta di regolamento disciplina il settore fieristico con particolare riguardo ai requisiti e alle modalità per l'attribuzione della qualifica delle manifestazioni di rilevanza internazionale, nazionale o locale, alle modalità per la redazione del calendario delle manifestazioni fieristiche, ai requisiti di idoneità dei quartieri fieristici e le modalità di verifica degli stessi, alle modalità per l'iscrizione nell'elenco regionale degli enti fieristici, alle modalità per la creazione di un sistema omogeneo di controllo e certificazione dei dati relativi alle manifestazioni internazionali e nazionali.
Nella proposta, al fine di una migliore riqualificazione di tutto il sistema fieristico, si è tenuto conto dei principi di libera concorrenza e di libera circolazione dei servizi ribaditi anche nella sentenza della Corte di giustizia europea del 27 aprile 2004.
La materia relativa all'attività fieristica rientra tra quelle di competenza esclusiva delle Regioni, le quali hanno tuttavia ritenuto necessario attuare una forma di coordinamento interregionale al fine di evitare discriminazioni nei confronti degli operatori del settore e garantire uno standard minimo di adeguatezza dei servizi.
A tal fine sono state promosse diverse forme di concertazione interregionale, quali la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e il gruppo di lavoro permanente.
Pertanto, la Commissione nell'esame dei singoli articoli di questa proposta di regolamento regionale ha tenuto conto anche dei documenti approvati in tali sedi.
II dibattito che si è svolto in Commissione, anche a seguito dell'audizione del Presidente e del Segretario dell'Ente fiera regionale e del Dirigente del settore commercio, ha riguardato principalmente i requisiti per l'attribuzione della qualifica delle manifestazioni e si è concluso con la decisione della Commissione di apportare alcune modifiche al testo della Giunta.
Le modifiche apportate riguarda l'articolo 2 (Requisiti per l'attribuzione della qualifica delle manifestazioni fieristiche). In questo caso la Commissione ha ritenuto opportuno, al fine di garantire la continuità dello svolgimento delle fiere internazionali e nazionali sul territorio, di abbassare i parametri ivi previsti (numero e provenienza degli espositori e dei visitatori).
E’ stato, inoltre previsto, introducendo il comma 3 bis, il riconoscimento della qualifica, fin dalla prima edizione successiva all'entrata in vigore del regolamento, alle manifestazioni già in possesso della qualifica internazionale e nazionale.
Infine, all'articolo 4 (Comunicazione relativa allo svolgimento delle manifestazioni fieristiche) è stato introdotto un requisito di trasparenza tra quelli che devono essere attestati nella comunicazione relativa allo svolgimento delle fiere.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliera Ciriaci.

Graziella CIRIACI. Come relatrice di minoranza di questo atto dico che condividiamo l’inserimento delle modifiche di adeguamento per quanto riguarda le nostre fiere e le nostre realtà.
Una cosa importante che abbiamo discusso in Commissione riguarda la continuazione dello svolgimento di alcune manifestazioni, perché se ci attenessimo solo alla legge n. 24 praticamente non saremmo più in grado, con i requisiti e le caratteristiche della realtà marchigiana, di svolgere le fiere.
Come minoranza abbiamo cercato di adeguare questo regolamento nell’attesa che a livello regionale venga recepita l’esigenza del fatto che bisogna avere delle fiere adeguate che possano promuovere e divulgare la realtà marchigiana in Italia e nel mondo.
La cosa sostanziale che vogliamo sottolineare è che le fiere sono comunque indispensabili, quindi adeguarle è assolutamente urgente.
Condividiamo l’approvazione di questo regolamento.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se non ci sono interventi passiamo alla votazione.
Articolo 1. Emendamento n. 1 del Consigliere Giannotti. Ha la parola la Consigliera Ciriaci.

Graziella CIRIACI. Questo emendamento lo ritiriamo, gli altri due riguardano l’inserimento del controllo che dovrebbe essere svolto, secondo noi, dall’Ente regione e non dai Comuni.

PRESIDENTE. Emendamento n. 1. Ritirato.

Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 8.
Emendamento n. 2 del Consigliere Giannotti. Lo pongo in votazione

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 3 del Consigliere Giannotti. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 8 così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 9. Lo pongo in votazione

(Il Consiglio approva)

Articolo 10. Lo pongo in votazione

(Il Consiglio approva)

Articolo 11. Lo pongo in votazione

(Il Consiglio approva)

Ordine del giorno “Costituzione del polo unico fieristico regionale” del Consigliere Rocchi che ha la parola.

Lidio ROCCHI. Sono quasi dieci anni che stiamo discutendo per poter avere l’Ente fieristico regionale. Credo, Assessore, che i tempi siano maturi per poter raggiungere questo obiettivo. Questo è il motivo per il quale ho presentato un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ordine del giorno. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Ha la parola il Consigliere Capponi per dichiarazione di voto.

Franco CAPPONI. Tutta la Casa delle Libertà ha affrontato questo regolamento con grande responsabilità, ben sapendo comunque che non risolve i problemi legati alla visibilità del sistema fieristico regionale. Quindi non è un parere favorevole alla strategia politica di questa Giunta regionale, ma è un parere favorevole a questa forma che mantiene un rispetto per tutto quello che finora è stato costruito molto volontaristicamente dai territori marchigiani.
L’approvazione dell’ordine del giorno che abbiamo votato ha un senso ancora più pregnante per l’impegno che la Regione deve fare per valorizzare complessivamente il sistema fieristico regionale, che non può rimanere nel limbo come è stato fatto sino ad oggi, ma che necessita di investimenti, di riqualificazioni. Necessita anche di un ente che sappia promuovere le Marche, se puntiamo alla qualità e ad altro, all’esterno dei territori.
Questo è un passo per dire che dobbiamo mantenere e rispettare tutti gli impegni sinora portati avanti in questa Regione, ma soprattutto con l’obiettivo di riqualificare tutto il sistema fieristico regionale, di rafforzare e di investire nel sistema fieristico, cosa che fino ad oggi non è stato assolutamente fatto.

PRESIDENTE. Proposta di regolamento n. 10. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Chiedo al Consiglio, vista la ristrettezza dei tempi sulla necessità del finanziamento del Piano regionale per l’edilizia residenziale, di approvare, secondo me anche senza una gran discussione, la mozione n. 202, di cui al punto 8) all’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Metto in votazione l’anticipo della mozione n. 202.

(Il Consiglio approva)



Mozione n. 202
del Consigliere Procaccini
“Piano regionale di edilizia residenziale 2006 – 2008”
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la mozione n. 202 del Consigliere Procaccini, che ha la parola per illustrarla.

Cesare PROCACCINI. La Giunta regionale ha fatto nei tempi necessari il riparto alle Province per quanto riguarda il Piano regionale per l’edilizia residenziale triennio 2006-2008.
Tenendo conto che a loro volta le Province dovranno entro i primi mesi dell’anno 2008 fare il riparto ai Comuni, con questa mozione, visto che il Piano da questo punto di vista è un po’ lacunoso, si chiede di prevedere finanziamenti, oltre che per le giovani coppie e le famiglie, anche per i singoli soggetti, come è previsto dalla legge n. 36 del 2005.
In questo momento non vedo gli Assessori competenti, non se hanno capito di che cosa si tratta, perché il rischio è che nella finalità giusta di dare un contributo soprattutto alle giovani coppie, tanti soggetti singoli potrebbero essere esclusi da una interpretazione rigida, rischiando così di non poter avere queste risorse, pertanto di non potersi fare una famiglia o di non poter accedere ad un mutuo.
Quindi è una mozione che dà l’indicazione alle Province di far prevedere ai Comuni nei loro bandi anche la sottolineatura di questa possibilità.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se non ci sono interventi passiamo alla votazione.
Mozione n. 202. La pongo in votazione

(Il Consiglio approva)

La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 13,10