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Atto:LEGGE REGIONALE 20 agosto 1984, n. 23
Titolo:Disciplina dell'autorizzazione e della vigilanza sulle istituzioni e sui presidi sanitari di carattere privato.
Pubblicazione:(B.u.r. 24 agosto 1984, n. 80)
Stato:Abrogata
Tema: SERVIZI ALLA PERSONA E ALLA COMUNITA’
Settore:SANITA’
Materia:Strutture e personale sanitari e ospedalieri
Note:Abrogata dall'art. 29, l.r. 16 marzo 2000, n. 20.

Sommario


Art. 1 (Finalità)
Art. 2 (Definizione)
TITOLO I
Art. 3 (Autorizzazioni)
Art. 4 (Procedure di autorizzazione)
Art. 5 (Comitato tecnico-sanitario)
Art. 6 (Vigilanza)
Art. 7 (Sospensione dell'autorizzazione)
Art. 8 (Revoca dell'autorizzazione)
Art. 9 (Pubblictà)
Art. 10 (Convenzioni)
Art. 11 (Sospensione e risoluzione delle convenzioni)
Art. 12 (Regolamento interno)
Art. 13 (Divieto di cumulo)
Art. 14 (Sostituzione del direttore responsabile)
TITOLO II Case di cura private
Art. 15 (Definizione)
Art. 16 (Requisiti)
Art. 17 (Denominazione)
Art. 18 (Direttore sanitario)
Art. 19 (Procedura di autorizzazione)
Art. 20 (Classificazione)
TITOLO III Laboratorio analisi
Art. 21 (Definizione)
Art. 22 (Requisiti minimi)
Art. 23 (Richiesta di autorizzazione)
Art. 24 (Tenuta delle registrazioni delle analisi)
Art. 25 (Chiusura stagionale)
TITOLO IV Studi privati di radiologia medica
Art. 26 (Identificazione delle strutture)
Art. 27 (Superficie complessiva)
Art. 28 (Locali)
Art. 29 (Apparecchiature)
Art. 30 (Direttore tecnico responsabile)
Art. 31 (Personale)
Art. 32 (Richiesta di autorizzazione)
Art. 33 (Adempimenti per l'autorizzazione)
Art. 34 (Norme generali di funzionamento)
Art. 35 ( Presenza continuativa di medici radiologi)
Art. 36 ( Cessazione d'uso degli apparecchi o della attività)
Art. 37 ( Altri obblighi del titolare)
TITOLO V Gabinetti privati di terapia fisica e riabilitazione
Art. 38 (Identificazione delle strutture)
Art. 39 (Prestazioni)
Art. 40 (Locali)
Art. 41 (Attrezzature)
Art. 42 (Direttore responsabile)
Art. 43 (Personale)
Art. 44 (Richiesta di autorizzazione)
TITOLO VI Stabilimenti termali
Art. 45 (Definizione)
Art. 46 (Obblighi del titolare)
Art. 47 (Requisiti dei locali e delle attrezzature)
Art. 48 (Requisiti minimi per particolari cicli di cure termali)
Art. 49 (Attrezzature e farmaci di pronto soccorso)
Art. 50 (Direttore tecnico responsabile)
Art. 51 (Personale)
TITOLO VII Norme finali e transitorie
Art. 52
Art. 53
Art. 54



La presente legge disciplina, ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833, l'apertura, l'esercizio ed il funzionamento delle istituzioni e dei presidi di carattere privato, aperti al pubblico e comunque non pubblici, che erogano prestazioni di assistenza sanitaria.


Per istituzioni e presidi di carattere privato s'intende ogni struttura privata aperta al pubblico destinata:
a) al ricovero e cura dei cittadini italiani e stranieri;
b) al prelievo o alla ricezione di materiali organici umani per indagini chimico-cliniche e microbiologiche anche con l'impiego di sostanze radioattive naturali o artificiali a scopo diagnostico e terapeutico;
c) all'effettuazione di indagini di diagnostica strumentale;
d) a cure fisiche riabilitative di qualsiasi natura;
e) a cure termali.

TITOLO I



E' fatto divieto di aprire, ampliare, trasformare, trasferire o tenere in esercizio istituzioni e presidi sanitari di carattere privato senza autorizzazione della giunta regionale.
In caso di apertura, ampliamento, trasformazione e trasferimento di istituzioni e presidi sanitari di carattere privato senza autorizzazione il presidente della giunta regionale ne dispone l'immediata chiusura.
Resta salvo il disposto di cui all'articolo 2 della L.R. 2 marzo 1982, n. 6.


Chiunque intenda aprire e tenere in esercizio, ampliare, trasformare o trasferire in altra sede una istituzione sanitaria di carattere privato, deve inoltrare domanda in carta legale con la prescritta documentazione al presidente della giunta regionale tramite l'unità sanitaria locale competente per territorio.
Il presidente dell'unità sanitaria locale, entro il termine perentorio di trenta giorni dal ricevimento, invia la domanda alla giunta regionale, corredata dal parere espresso sull'accoglibilità della medesima dal comitato di gestione.
Il presidente della giunta, sentito il parere del comitato tecnico-sanitario previsto dall'articolo 37 della L.R. 3 marzo 1982, n. 7, su conforme delibera della giunta regionale, comunica entro 60 giorni l'accoglibilità dell'istanza all'interessato e fissa un congruo termine per il completo allestimento della struttura prospettata.
Trascorso tale termine, il presidente della giunta, dispone l'ispezione tecnica per l'accertamento della rispondenza della struttura realizzata e dei relativi requisiti.
Ove l'esito della ispezione sia positivo, il presidente della giunta regionale, acquisita inoltre la ricevuta comprovante l'avvenuto versamento della tassa di concessione prevista dalle vigenti disposizioni, entro trenta giorni emette il conseguente decreto di apertura al pubblico.
L'autorizzazione è rilasciata al titolare, sia esso persona fisica o giuridica. Ogni trasferimento di titolarità sotto qualsiasi forma e per qualsiasi titolo deve essere preventivamente autorizzato dalla giunta regionale.
In caso di morte del titolare, gli aventi causa hanno diritto di continuare provvisoriamente l'esercizio dell'istituzione o presidio sanitario di carattere privato nelle more del rilascio dell'autorizzazione al nuovo titolare, che deve presentare domanda entro 180 giorni dall'avvenuto decesso del titolare al presidente della giunta regionale tramite l'unità sanitaria locale competente per territorio.
In presenza dei requisiti contenuti nei Titoli II, III, IV, V della presente legge, il presidente della giunta regionale, entro i successivi 90 giorni, emette il decreto di autorizzazione. In tale ipotesi non è richiesto il parere del comitato tecnico-sanitario di cui all'articolo 5.
L'autorizzazione ad aprire, tenere in esercizio, ampliare, trasformare, trasferire uno stabilimento termale è rilasciata dalla giunta regionale ai sensi della L.R. 23 agosto 1982, n. 32.


Il comitato tecnico-sanitario regionale di cui alla L.R. 3 marzo 1982, n. 7, fornisce la consulenza tecnica nella materia disciplinata dalla presente legge.
In particolare il comitato tecnico-sanitario regionale oltre quanto già previsto dal precedente articolo 4:
1) propone le modalità di espletamento dei controlli di qualità;
2) fornisce indicazioni sulle tecniche diagnostiche, terapeutiche, riabilitative ed analitiche più affidabili;
3) esprime parere su ogni altro aspetto riguardante le istituzioni e i presidi sanitari di carattere privato su richiesta della giunta regionale o dell'assessore regionale alla sanità;
4) svolge gli altri compiti previsti dall'articolo 17 del D.P.C.M. 10 febbraio 1984.



Le unità sanitarie locali, anche al fine di ridurre i consumi sanitari non necessari, dispongono, ai sensi dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1982, n. 526, controlli sistematici sulle prescrizioni di prestazioni medico-specialistiche e di diagnostica strumentale, nonchè sulle prestazioni medesime.
Le unità sanitarie locali riferiscono annualmente alla giunta regionale sull'esercizio dei poteri di vigilanza di cui al presente articolo nonchè ogni qualvolta vengano rilevati fatti o situazioni anomali, tali da richiedere l'esercizio da parte della giunta regionale delle potestà di sospensione e revoca della autorizzazione di cui agli articoli successivi.
La Regione esercita le funzioni ispettive previste dall'articolo 13 della L.R. 9 giugno 1983, n. 13 e dall'articolo 11 del D.L. 12 settembre 1983, n. 463 convertito in legge 11 novembre 1983, n. 638.


Fuori dei casi previsti nei commi successivi, verificandosi violazione alle norme della presente legge ed alle condizioni apposte nel provvedimento di autorizzazione o disfunzioni assistenziali che possano essere eliminate mediante opportuni e idonei interventi, la giunta regionale, sentito il parere del comitato tecnico - sanitario di cui al precedente articolo 5, può diffidare, previa contestazione, l'istituzione o presidio sanitario di carattere privato a provvedere entro un congruo termine, da stabilire nell'atto di diffida, trascorso inutilmente il quale se ne ordina la chiusura fino a quando non siano rimosse le cause che hanno determinato il provvedimento; in tal caso la riapertura della istituzione sanitaria privata dovrà essere appositamente autorizzata.
Nel caso di violazione alle norme della presente legge o alle condizioni apposte nel provvedimento di autorizzazione che determini gravi disfunzioni dalle quali possa derivare pregiudizio all'assistenza, la giunta regionale, sentito il parere del comitato tecnico-sanitario, dispone la chiusura dell'istituzione o presidio sanitario di carattere privato per un periodo non superiore a tre mesi.
Nel caso di ripetute infrazioni alle norme della presente legge o alle condizioni apposte nel provvedimento di autorizzazione o di ripetute gravi disfunzioni assistenziali, salvo quanto stabilito dal precedente comma, la giunta può disporre la revoca della autorizzazione.


La revoca dell'autorizzazione, oltre a quanto previsto dal precedente articolo 7, è deliberata dalla giunta regionale anche nei casi di:
a) estinzione della persona giuridica, titolare dell'autorizzazione;
b) volontaria rinuncia del titolare;
c) decesso del titolare con mancata cessione della struttura privata, debitamente autorizzata, ad altra persona fisica o giuridica entro un anno, fatto salvo l'esercizio provvisorio previsto dal precedente articolo 4.



La pubblicità delle istituzioni e presidi di carattere privato, qualunque sia il mezzo di diffusione adottato, ferme restando le competenze del comune, è sottoposta alla preventiva autorizzazione del comitato di gestione della USL sentito il competente ordine professionale.
A tal fine le istituzioni e i presidi che intendono effettuare la pubblicità devono allegare alla domanda il testo del comunicato, l'eventuale disegno o fotografia che intendono divulgare e quant'altro necessario per valutare il contenuto del messaggio pubblicitario e la sua serietà.
La pubblicità deve essere in ogni caso contenuta entro i limiti rigorosi di correttezza professionale e non incentivare il consumismo sanitario.
E' vietato usare denominazioni atte a ingenerare confusione con analoghi servizi di enti pubblici; la denominazione "cliniche" è riservata alle cliniche universitarie e la denominazione dei laboratori privati di analisi deve, in ogni caso, e dovunque essere preceduta dalla indicazione "laboratorio privato di analisi".
Trascorso il termine di 60 giorni dalla richiesta, l'autorizzazione si considera accordata.
Gli stabilimenti termali devono, in ogni caso, rispettare le procedure e i criteri fissati dal D.M. 19 marzo 1980 e successive modificazioni per quanto riguarda la pubblicità delle acque da essi utilizzate.


Le unità sanitarie locali, in base alle indicazioni del piano sanitario regionale, stipulano convenzioni con gli istituti e i presidi sanitari di carattere privato in conformità agli schemi tipo approvati dal Ministero della Sanità ai sensi della legge 23 dicembre 1978, n. 833.


Qualora l'istituzione sanitaria privata venga temporaneamente chiusa ai sensi del primo e secondo comma dell'articolo 7, la convenzione è sospesa di diritto per il periodo di chiusura.
Nel caso di inadempienze alla convenzione, l'istituzione sanitaria privata è diffidata dalla unità sanitaria locale, competente per territorio, a rimuoverle nel termine che sarà stabilito in relazione al tipo di inadempienza. Trascorso inutilmente tale termine, la unità sanitaria locale procede alla sospensione della convenzione per un periodo non superiore a un mese.
Ove venga revocata l'autorizzazione all'apertura e all'esercizio dell'istituzione privata, la convenzione è risolta di diritto. La risoluzione della convenzione può essere altresì disposta dalla unità sanitaria locale, oltre che nei casi previsti dalle vigenti disposizioni, per ripetute inadempienze alla convenzione o nel caso che questa non venga eseguita secondo le regole della correttezza e della buona fede anche sotto il profilo amministrativo-contabile. La risoluzione della convenzione può essere, inoltre, disposta quando i fatti di cui al precedente comma siano emersi dalle ispezioni disposte dalla Regione ai sensi dell'articolo 6, comma terzo.


Le istituzioni e i presidi sanitari di carattere privato redigono il regolamento interno che definisce il funzionamento della struttura e che deve essere allegato alla documentazione con la quale viene richiesta l'autorizzazione.


E' vietato il cumulo in una sola persona di due o più titolarità ovvero di due o più direzioni di istituzioni e presidi disciplinati dalla presente legge.
Nel caso di violazione del divieto sancito dal comma precedente la giunta regionale, previa diffida, dispone la revoca dell'autorizzazione.


In caso di sostituzioni temponraee del direttore responsabile, comunque non superiori a sei mesi, il titolare dell'istituzione o presidio sanitario provvede a comunicare tempestivamente al comitato di gestione della USL il nominativo del sostituto, che deve comunque essere in possesso dei requisiti prescritti. Il presidente del comitato di gestione della USL è tenuto a segnalare al presidente della giunta regionale l'intervenuta sostituzione temporanea.
La sostituzione definitiva del direttore responsabile deve essere tempestivamente comunicata al presidente della giunta regionale tramite la unità sanitaria locale territorialmente competente, per le conseguenti variazioni del decreto di autorizzazione.
TITOLO II
Case di cura private



Sono case di cura gli stabilimenti sanitari gestiti da privati, persone fisiche o giuridiche, che provvedono al ricovero, anche in regime di day-hospital, di cittadini italiani e stranieri per fini diagnostici, curativi o riabilitativi.
Ove la casa di cura privata esplichi attività ambulatoriale, si applicano le norme di cui agli articoli 21 e seguenti della presente legge, in quanto compatibili.


Fino all'entrata in vigore della legge con la quale la Regione determinerà le norme tecniche costruttive, la tipologia, i requisiti, le attrezzature, i servizi di cui debbono essere dotate le case di cura private e le norme sull'ordinamento dei servizi e del personale, si applicano, semprechè non in contrasto con la presente legge, le norme contenute nella legge 12 febbraio 1968, n. 132 e nei decreti ministeriali 30 giugno 1975 e 5 agosto 1977.


La denominazione delle case di cura private deve essere sempre preceduta o seguita dalla indicazione "Casa di cura privata".
Non possono essere usate frasi o denominazioni atte a ingenerare confusione con gli stabilimenti ospedalieri o istituti pubblici di cura o cliniche universitarie.


Ogni casa di cura privata deve avere un direttore sanitario responsabile che risponda personalmente dell'organizzazione tecnico-funzionale e del buon andamento dei servizi igienico-sanitari.
Fino all'approvazione della legge regionale di cui al precedente articolo 16, i requisiti del direttore sanitario ed i limiti dell'attività di diagnosi e cura dello stesso restano stabiliti dai decreti ministeriali 30 giugno 1975 e 5 agosto 1977.


La richiesta di autorizzazione all'apertura, ampliamento, trasformazione, trasferimento di una casa di cura privata di cui al precedente articolo 3 deve contenere: il codice fiscale del richiedente, la sede della casa di cura privata, la sua denominazione, la natura dell'attività sanitaria che in essa si intende svolgere, la tipologia prevista, l'articolazione dei servizi di diagnosi e cura e dei reparti nonchè la dotazione dei posti letto che si intende istituire o modificare.
Alla domanda debbono essere allegati: la planimetria con l'indicazione della destinazione d'uso dei locali ed il regolamento sull'ordinamento e funzionamento della casa di cura privata.


La Regione, ai sensi del D.M. 30 giugno 1975 e del D.M. 22 luglio 1983 classifica le case di cura autorizzate in apposite fasce funzionali secondo i criteri stabiliti negli schemi tipo di convenzione nazionale.
Tale classificazione avviene in relazione alla tipologia, ai requisiti igienico-edilizi, all'organizzazione dei servizi, alla dotazione di personale in servizio presso la casa di cura privata con riferimento alla data del 30 giugno dell'anno che precede la classificazione.
TITOLO III
Laboratorio analisi



Per laboratorio di analisi chimico-cliniche si intende ogni struttura aperta la pubblico che esegue, oltre a prelievi ed eventuali somministrazioni per prove funzionali, indagini su materiale proveniente dal corpo umano dirette a fornire risultati analitici o risultati analitici con giudizi diagnostici.


I requisiti minimi di strutturazione, di dotazione strumentale e qualificazione funzionale del personale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica di laboratorio sono fissati dal D.P.C.M. 10 febbraio 1984 ed eventuali successive modificazioni, fatte salve le disposizioni seguenti.
Tutti i locali devono rispondere ai requisiti igienici indispensabili, devono essere ben illuminati e areati e provvisti di pareti di materiale lavabile fino all'altezza di m. 1,80 da terra.
Il direttore responsabile deve essere presente nel laboratorio, durante il normale orario lavorativo e di apertura al pubblico per almeno 30 ore settimanali.


Chiunque intenda aprire un laboratorio privato di analisi o ampliare, trasformare, trasferire un laboratorio preesistente, deve inoltrare domanda in carta legale a norma di quanto previsto dal precedente articolo 3, elencando dettagliatamente gli esami che si intendono eseguire, la sede e la denominazione del laboratorio, le generalità ed i titoli professionali del direttore responsabile, il numero e le qualifiche delle persone che vi lavoreranno, il codice fiscale.
Alla domanda devono essere allegati:
a) planimetria dei locali, in duplice copia, in scale 1:100 con legenda;
b) elenco delle attrezzature in duplice copia;
c) documentazione completa dei requisiti prescritti per il direttore responsabile;
d) dichiarazione di accettazione della direzione da parte del direttore responsabile;
e) titoli comprovanti le qualifiche, inerenti alla branca, del personale utilizzato.



I laboratori sono tenuti a registrare sistematicamente ed in ordine cronologico, con mezzi manuali o meccanici o elettronici, i risultati delle analisi effettuate con le generalità fornite dai pazienti ai quali si riferiscono.
E' fatto obbligo di conservare tali registrazioni per un periodo minimo di due anni.


I periodi di chiusura per ferie del laboratorio privato convenzionato devono essere comunicati almeno trenta giorni prima al presidente del comitato di gestione della unità sanitaria locale al fine di garantire una efficiente continuità del servizio nell'interesse del cittadino.
TITOLO IV
Studi privati di radiologia medica



Sono considerati studi privati di radiologia medica le strutture e gli ambulatori non pubblici che effettuano indagini diagnostiche con l'impiego di apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti.


La superficie complessiva dei locali da destinare a studio di radiologia medica non deve essere inferiore a mq. 120 di cui almeno mq. 60 destinati alla unità operativa.
Per unità operativa s'intende il complesso degli spazi che comprende la sala di diagnostica, lo spazio delimitato per il tavolo di comando, lo spazio delimitato per il trattamento delle pellicole, lo spogliatoio ed il servizio igienico per i pazienti.


Negli studi privati di radiologia medica debbono essere previsti i seguenti locali:
- locale di attesa;
- sala di diagnostica;
- spazio delimitato per il tavolo di comando;
- spazio delimitato per trattamento delle pellicole;
- spazio delimitato per uso spogliatoio per i pazienti;
- locale adibito a direzione, segreteria ed archivio e sala lettura lastre;
- servizi igienici distinti per il pubblico e per il personale.

La sala o le sale ove sono installati i tavoli radiologici di lavoro debbono essere strutturate nel pieno rispetto delle vigenti norme protezionistiche.


Le apparecchiature minime di base debbono comprendere:
1) un impianto di radiodiagnostica con le seguenti caratteristiche o equivalenti;
a) generatore trifase di potenza non inferiore a 500 MA I 25 KW;
b) tavolo rotabile 90 x 15 provvisto di antidiffusione;
c) stativo mobile con teleradiografo e potter verticale e orizzontale;
d) accessorio per la esecuzione di stratigrafie;
2) attrezzatura per sviluppo e fissaggio;
3) presidi di pronto soccorso.



Gli studi privati di radiologia medica devono disporre di un direttore tecnico responsabile in possesso della laurea in medicina e chirurgia e della specializzazione in radiologia o radiologia diagnostica, e che sia iscritto all'albo professionale dei medici.
Il direttore tecnico risponde della regolarità dei servizi e dell'organizzazione dello studio di radiologia, ferma restando la responsabilità professionale dei singoli operatori.
In particolare, il direttore tecnico cura l'applicazione del regolamento interno; vigila sulla idoneità delle attrezzature, degli impianti e del materiale sensibile; è tenuto a verificare l'utilità e la praticabilità degli esami richiesti; vigila sulla registrazione ed archiviazione dei risultati degli esami; è responsabile del rilascio agli aventi diritto dei referti diagnostici o copia di essi; ha funzioni igienico organizzative.
Il direttore tecnico, o altro radiologo specialista operante nella struttura, deve essere continuamente presente nello studio di radiologia, durante l'orario lavorativo.


L'impiego di personale laureato, tecnico, amministrativo ed ausiliario deve essere in rapporto alla quantità ed al tipo di lavoro dello studio di radiologia.
Tutto il personale tecnico degli studi di radiologia deve essere in possesso del diploma di abilitazione all'esercizio della professione di tecnico sanitario di radiologia medica conseguito ai sensi della legge 4 agosto 1965, n. 1103, e della legge 31 gennaio 1983, n. 25.


Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare o trasferire uno studio privato di radiologia medica, deve inoltrare domanda in carta legale al presidente della giunta regionale con la procedura prevista dal precedente articolo 3 indicando il codice fiscale del richiedente e/o la partita IVA, la sede dello studio di radiologia medica, la sua eventuale denominazione, i tipi di esami radiologici che si intendono eseguire, le generalità e i titoli professionali del direttore tecnico; il numero e le qualifiche delle persone che vi lavoreranno.
Alla domanda debbono essere allegati:
1) il progetto dello studio di radiologia medica, ovvero del suo ampliamento o trasformazione o trasferimento, approvato dall'esperto qualificato ai sensi dell'articolo 71 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185.
Tale progetto deve contenere:
a) una planimetria in scala 1/100 dei locali dello studio di radiologia medica con l'indicazione della superficie complessiva e della superficie destinata ad unità operativa;
b) le quote, la destinazione d'uso dei singoli locali e quella dei locali contigui, sottostanti e/o sovrastanti;
c) la indicazione dei mezzi fissi e mobili di protezione contro le radiazioni ionizzanti;
d) la collocazione di tutti gli impianti da installare;
e) l'indicazione della distanza degli edifici prospicenti in caso di radiazione diretta verso l'esterno;
f) la definizione delle zone controllate e delle zone sorvegliate;
2) una relazione descrittiva riportante il tipo e le caratteristiche principali delle apparecchiature installate o da installare con le seguenti indicazioni:
- anno di costruzione delle apparecchiature;
- tipo di circuito;
- tensione massima e corrente massima fornita dal generatore;
- numero dei tubi radiogeni, loro potenza e filtrazione;
- dispositivi di collimazione dei fasci primari;
3) in caso di gestione in forma societaria dello studio di radiologia, copia dell'atto costitutivo della società e sua denominazione.



Ai fini della emissione del decreto autorizzativo previsto dall'ultimo comma dell'articolo 3, il titolare, ricevuta notizia della decisione favorevole all'accoglibilità dell'istanza comunica, entro il termine prefissato, la ultimazione dei lavori alla giunta regionale, tramite la unità sanitaria locale territorialmente competente e trasmette i seguenti documenti:
a) l'attestazione del competente organo sull'avvenuta verifica di messa a terra degli impianti elettrici ai sensi dell'articolo 328 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547;
b) relazione illustrativa di verifica degli impianti e dei dispositivi di protezione redatta dall'esperto qualificato;
c) la dichiarazione di idoneità rilasciata dall'esperto qualificato ai sensi del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 e la sua assunzione di responsabilità per successivi controlli anche per quanto concerne la conservazione e lo smaltimento di eventuali materiali radioattivi; in caso di affidamento dell'incarico ad un istituto autorizzato, copia dell'autorizzazione prevista dall'articolo 83 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185;
d) parere espresso dalla commissione prevista dall'articolo 89 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185 così come modificata dall'articolo 18 della legge regionale 3 marzo 1982, n. 7;
e) certificato di iscrizione all'albo professionale del direttore tecnico e dei medici radiologi operanti nella struttura nonchè i titoli comprovanti le qualifiche del personale utilizzato nella struttura;
f) dichiarazione di accettazione di responsabilità del direttore tecnico a norma dell'articolo 30;
g) copia del regolamento interno.



Gli studi di radiologia sono tenuti a provvedere:
a) alla registrazione giornaliera degli esami effettuati;
b) alla compilazione, per ciascun paziente, di una scheda contenente:
- i dati anagrafici;
- il quesito clinico;
- gli esami effettuati;
- il referto degli esami eseguiti;
c) alla archiviazione delle schede di cui al punto b) per un periodo non inferiore a 5 anni;
d) alla apposizione su ciascun radiogramma, in modo leggibile ed indelebile, delle generalità od altro sistema d'identificazione del paziente, della data in cui è stato effettuato l'esame e della denominazione del gabinetto radiologico.



Negli studi provvisti di impianti radiologici con più sale di diagnostica generale, che si intendono sempre potenzialmente in funzione, deve essere garantita la presenza continuativa di un medico radiologo ogni tre generatori.


Il titolare dello studio di radiologia è tenuto a comunicare alla giunta regionale, tramite la unità sanitaria locale, territorialmente competente l'eventuale cessazione d'uso degli apparecchi installati o dell'attività , nonchè l'eventuale rinnovo degli apparecchi radiologici anche quando questi mantengono le caratteristiche tecniche degli apparecchi sostituiti, a norma dell'articolo 92 del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185.


Il titolare dello studio di radiologia è tenuto altresì :
- a rispettare quanto previsto dal capo VIII del D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185;
- a comunicare alla unità sanitaria locale territorialmente competente, nel mese di gennaio di ogni anno, l'elenco e l'orario di lavoro del personale in servizio a tempo pieno e a tempo parziale, l'elenco del personale a consulenza, il numero degli esami effettuati nel corso dell'anno precedente, distinti per tipologia;
- a trasmettere alla unità saniaria locale territorialmente competente, in caso di assenza temporanea o di impedimento del responsabile tecnico, la dichiarazione di assunzione delle funzioni del responsabile tecnico da parte di altro medico radiologo.

TITOLO V
Gabinetti privati di terapia fisica e riabilitazione



Sono considerati gabinetti privati di terapia fisica e riabilitazione le strutture non pubbliche che forniscono prestazioni di medicina fisica e riabilitazione per la prevenzione e cura di malattie e stati invalidanti.


I gabinetti privati di terapia fisica e riabilitazione erogano di norma prestazioni di:
- termoterapia endogena ed esogena;
- elettroterapia;
- sonoterapia;
- fototerapia;
- elettroanalgesia;
- idroterapia;
- massoterapia;
- terapia inalatoria;
- cinesiterapia;
- elettromagnetoterapia;
- rieducazione funzionale;
- rieducazione neuromotoria;
- trazioni e manipolazioni.



La superficie complessiva dei locali da adibire a gabinetto di terapia fisica e riabilitazione non deve essere inferiore a mq. 120.
Debbono essere previsti i seguenti locali:
- un locale per ambulatorio e direzione;
- un ampio locale per terapie varie con eventuale divisione mobile (tende, paraventi, ecc.);
- numero tre box di m. 2x2;
- un locale di attesa;
- servizi igienici distinti per il pubblico e il personale.

Ove si forniscano anche prestazioni di ginnastica medica e riabilitativa il gabinetto dovrà essere integrato con:
- una palestra di mq. 24 per trattamento contemporaneo di non più di otto pazienti. Per ogni altro paziente oltre gli otto la superficie deve essere aumentata di almeno mq. 3;
- un locale spogliatoio;
- un locale doccia.

I locali devono rispondere ai requisiti previsti dalla normativa concernente l'eliminazione delle barriere architettoniche.


La strumentazione minima prevista per un gabinetto di terapia fisica e riabilitazione deve comprendere:
- un apparecchio per elettroterapia (ionoforesi, galvano-faradica, esponenziale, diadinamica);
- un apparecchio per vacumterapia per edemi e per artrosi degenerative arti superiori ed inferiori;
- un apparecchio per marconiterapia con ricerca automatica della sintonia;
- un apparecchio per radarterapia;
- un apparecchio per ultrasuonoterapia;
- una lampada per raggi ultravioletti ed infrarossi;
- un forno Bier (o elettrico) per arti inferiori e tronco;
- un forno Bier (o elettrico) per arti superiori e spalla;
- un apparecchio per trazioni;
- un complesso di vaschette per galvano-terapia in immersione per arti superiori ed inferiori;
- un apparecchio per aerosolterapia a compressore con preriscaldatore d'aria;
- un apparecchio per mobilizzazione ginocchio;
- uno specchio a parete quadrettato (quadri da cm. 10);
- n. 5 lettini per fisioterapia (forni, radar, massaggi, ecc.);
- un seggiolino regolabile;
- una ciclette.

Ove si forniscano anche prestazioni di ginnastica medica e riabilitativa il gabinetto deve essere anche dotato di:
- una spalliera svedese;
- una scala curva;
- una serie di clave;
- una serie di poggiamani;
- una serie di pesi diversi;
- un quadro completo di accessori per rieducazione della mano;
- un apparecchio di elettromagnetoterapia, ove s'intenda effettuare tali prestazioni.



I gabinetti privati di terapia fisica e riabilitazione devono disporre di un direttore responsabile specialista in fisiatria o in ortopedia o nella branca relativa alla attività esercitata.
Il direttore responsabile del gabinetto risponde della idoneità delle attrezzature e degli impianti; vigila sull'osservanza delle norme igienico-sanitarie; sulla efficienza dello strumentario; sulla validità e corretta applicazione delle metodologie in uso; definisce i programmi terapeutici e le modalità di attuazione degli stessi; è tenuto a verificare le modalità e la praticabilità della terapia richiesta; coordina il lavoro del personale operante nella struttura; è responsabile della registrazione e conservazione delle cartelle cliniche dei pazienti; provvede all'aggiornamento delle metodiche.
Il direttore responsabile deve essere presente nel gabinetto privato di terapia fisica e riabilitazione durante il normale orario lavorativo, per almeno 30 ore settimanali distribuite in almeno cinque giorni. Deve essere comunque presente al momento dell'esecuzione di particolari terapie come ultrasuoni, trazioni cervicali, idromasso-terapia con immersione in vasca, termoterapie esogene totali, elettromagnetoterapia.


Evenutali consulenti debbono essere in possesso delle specifiche specializzazioni.
I gabinetti privati di terapia fisica e riabilitazione devono disporre di coadiutori non medici in rapporto alla qualità ed al tipo di lavoro del gabinetto.
I coadiutori non medici debbono essere in possesso del relativo diploma.


Chiunque intenda aprire, ampliare, trasformare o trasferire un gabinetto privato di terapia fisica e riabilitazione, è tenuto ad inoltrare domanda al presidente della giunta regionale ai sensi del precedente articolo 3 indicando il codice fiscale del richiedente e/o la partita IVA; la sede del gabinetto di terapia fisica e riabilitazione; la sua eventuale denominazione, le terapie che si intendono eseguire; le generalità ed i titoli professionali del direttore responsabile; il numero e le qualifiche delle persone che vi lavorano.
Alla domanda devono essere allegati:
a) planimetria dei locali in scala 1:100 con legenda;
b) elenco delle attrezzature;
c) certificato di iscrizione del direttore responsabile all'albo professionale;
d) titoli comprovanti le qualifiche del personale utilizzato.

TITOLO VI
Stabilimenti termali



Per stabilimento termale s'intende ogni struttura aperta al pubblico che, a scopo preventivo, curativo e riabilitativo, utilizza acque minerali, peloidi quali fanghi, limi, muffe e simili nonchè stufe naturali ed artificiali ai sensi dell'articolo 14, lettera a), del R.D. 28 settembre 1919, n. 1924.


E' fatto divieto di utilizzare, per qualunque forma di terapia termale, acque per le quali il titolare dello stabilimento termale ha ottenuto l'autorizzazione.
La lutoterapia deve essere effettuata con l'utilizzo di fanghi naturali ovvero con fanghi maturati "in loco" con acqua per la quale il titolare dello stabilimento termale ha ottenuto l'autorizzazione.


I requisiti minimi dei locali e delle attrezzature degli stabilimenti termali sono quelli fissati dagli articoli seguenti, salva l'applicazione, per quanto non previsto, delle norme contenute nel R.D. 28 settembre 1919, n. 1924 e nel D.M. del 20 gennaio 1927.


Gli stabilimenti termali, ove vengono praticati particolari cicli di cura, debbono comunque essere dotati:
a) per cura della sordità rinogena:
- di attrezzature ambientali e strumentali per esame audiometrico;
- di apparecchio per effettuare insufflazioni endotimpaniche;
- di apparecchi per cure inalatorie;
dovrà inoltre essere prevista la presenza di uno specialista in otorinolaringoiatria;
b) per la cura delle vasculopatie periferiche:
- di elettrocardiografo;
- di oscillometro;
- di reografo;
- di capillaroscopio;
dovrà inoltre essere prevista la presenza di un medico specialista in malattie cardiovascolari o provvisto di specializzazione equipollente.



Gli stabilimenti termali debbono essere dotati di idonea attrezzatura di pronto soccorso ed in particolare di:
- apparecchio manuale per rianimazione;
- bombola di ossigeno completa di manometro, riduttore e boccheruole;
- siringhe monouso e laccio emostatico;
- aghi, filo e pinze per suture;
- farmaci comprendenti: analettici e cardiocinetici, antispastici e sedativi, cortisone per uso endovenoso, emostatici per applicazioni topiche e per uso parenterale, ipotensivi e coronarodilatatori, antiallergici, antiasmatici, broncodilatatori, inoltre fleboclisi fisiologiche, glucosate e reidratanti.



La direzione tecnica dello stabilimento termale deve essere affidata ad un laureato in medicina e chirurgia con specifiche conoscenze in idrologia, idroterapia, terapia fisica od igiene iscritto nell'albo professionale.
Il direttore tecnico risponde della regolarità del servizio e dell'organizzazione dello stabilimento termale ferma restando la responsabilità a personale dei singoli operatori.
In particolare il direttore tecnico:
- cura l'applicazione del regolamento interno;
- vigila sull'applicazione delle vigenti disposizioni in materia termale;
- vigila sulla idoneità delle attrezzature e delle apparecchiature diagnostiche e terapeutiche istallate nello stabilimento termale;
- effettua il controllo dei servizi, in particolare quelli di disinfezione e di sterilizzazione;
- raccoglie e coordina i dati statistici.



L'impiego di personale sanitario, tecnico e paramedico deve essere in rapporto alla quantità ed alla qualità delle prestazioni fornite dallo stabilimento termale.
Tutto il personale di cui sopra deve essere in possesso degli specifici titoli professionali.
TITOLO VII
Norme finali e transitorie


Art. 52

Le disposizioni di cui al precedente articolo 11 si applicano in quanto compatibili con il contenuto degli schemi - tipo di convenzione di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833.

Art. 53

I requisiti di strutturazione, dotazione strumentale e qualificazione funzionale del personale degli istituti e presidi privati fissati con la presente legge restano in vigore fino all'emanazione degli schemi-tipo ministeriali previsti dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Entro sessanta giorni dall'emanazione degli schemi-tipo di cui al comma precedente la Regione provvederà ad apportare le eventuali modifiche delle norme della presente legge necessarie per l'adeguamento ai summenzionati schemi-tipo.

Art. 54

A.
Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge le persone fisiche o giuridiche nonchè i direttori responsabili per i quali ricorre il cumulo di cui all'articolo 13, indicano per quale titolarità o direzione intendano optare.
Alle istituzioni e presidi sanitari di carattere privato i cui titolari o direttori responsabili non abbiano operato l'opzione di cui sopra è revocata, previa diffida, l'autorizzazione.
B.
Le autorizzazioni accordate prima dell'entrata in vigore della presente legge sono confermate.
Esse saranno revocate qualora entro tre anni non si consegua l'adeguamento alle disposizioni stabilite dalla presente legge per quanto concerne i requisiti strutturali e le dotazioni strumentali ed entro cinque anni per quanto riguarda la qualificazione del personale.