#MARCHEUROPA IN DIRETTA/3
Concluso l'intervento di Pietro Alessandrini che ha aperto i lavori del secondo seminario di studi. Illustrati i contenuti della proposta per un nuovo sviluppo del sistema economico marchigiano.

 immagine primo piano Un nuovo modello di sviluppo polivalente senza fratture che mantenga la centralità del proprio territorio. E' questa la proposta su cui lavorare nel prossimo futuro e contenuta nel Rapporto Marche +20, illustrato da Pietro Alessandrini, professore emerito di Politica economica all'Università Politecnica delle Marche. La sua relazione ha aperto i lavori del secondo appuntamento con #marcheuropa, il ciclo di seminari organizzato a Villa Favorita di Ancona dal Consiglio regionale in collaborazione con l'ISTAO.
“La crisi cominciata nel 2007 – ha detto Alessandrini – ha determinato una grave frattura nel modello marchigiano di sviluppo 'senza fratture', per usare una definizione coniata da Giorgio Fuà nel 1983. Occorre ricomporre quel modello ma su basi innovative. Il Rapporto Marche +20 indica i molteplici interventi che sarebbero necessari, prevedendo 8 motori di sviluppo (industria e artigianato, ruralità e risorse naturali, servizi per il mercato, turismo, istruzione e formazione, servizi sociali, sanitari, territoriali e ambientali) e tre assi trasversali di sviluppo (cultura, energia e infrastrutture). La ricetta è favorire le interazioni virtuose tra più motori e assi di sviluppo, agire in rete, rafforzare il motore produttivo, recepire le innovazioni, ricomporre le fratture economiche, sociali e territoriali”.
“La proposta più qualificante del Rapporto Marche +20 – ha continuato Alessandrini – è quella di promuovere la centralità territoriale dello sviluppo regionale. Si tratta di adattare lo sviluppo alla diversità dei sistemi locali”.
In particolare, nel Rapporto sono individuati 18 Ambiti territoriali dello sviluppo (ATLS), punti di riferimento flessibili per la programmazione dei servizi e degli interventi. Spetta poi alla Regione di ricomporre il mosaico per raccordarlo alle linee progettuali più generali (regionali, nazionali, europee).
“Il rischio da evitare – ha sottolineato Alessandrini – è la periferizzazione che comporta la subalternità delle scelte di sviluppo alle esigenze di chi le compie al di fuori della regione e la perdita di funzioni qualificate con l'indebolimento progressivo della classe dirigente locale. Questa invece deve poter governare i processi di innovazione e internazionalizzazione mantenendo nella regione la 'testa pensante' e le attività strategiche per lo sviluppo locale. Una classe dirigente che abbia la capacità di 'mettere in ordine a casa propria' avendo scelto i compiti da fare e riuscendo a realizzarli”. (s.g.)
Venerdì 13 Maggio 2016