Resoconto della seduta n.51 del 19/07/2011
SEDUTA N. 51 DEL 19 LUGLIO 2011


La seduta inizia alle ore 10,30

Presidenza del Presidente
Vittoriano Solazzi

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 50 del 12 luglio 2011, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’art. 29 del Regolamento Interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
- n. 118/11, in data 11 luglio 2011, ad iniziativa del Consigliere Ricci, concernente: “Disposizioni per l’attuazione delle politiche regionali per la prevenzione del crimine organizzato e per la promozione della cultura della legalità”, assegnata alla I Commissione, in sede referente, alla II Commissione per l’espressione del parere obbligatorio di cui all’art. 69 del regolamento interno e al Consiglio delle autonomie locali per l’espressione del parere di cui all’art. 11, comma 4 della legge regionale n. 4/2007;
- n. 119/11, in data 13 luglio 2011, ad iniziativa dei Consiglieri Comi, Ortenzi, concernente: “Interventi in favore dei soggetti affetti da dislessia e da altre difficoltà di apprendimento (DSA)”, assegnata alla V Commissione, in sede referente e alla II Commissione per l’espressione del parere obbligatorio di cui all’art. 69 del regolamento interno.
E’ stata presentata la seguente proposta di atto amministrativo:
- n. 32/11, in data 7 luglio 2011, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Programma triennale regionale I.N.F.E.A. (PTR_INFEA Marche) 2011-2013. Parziale modifica della deliberazione del Consiglio regionale del 21.02.2006, n. 14”, assegnata alla IV Commissione, in sede referente, al Consiglio delle autonomie locali per l’espressione del parere di cui all’art. 11, comma 2, lettera c) della legge regionale n. 4/2007 e al Consiglio regionale dell’economia e del lavoro per l’espressione del parere ai sensi dell’art. 4, comma 1, lettera b), n. 2 della legge regionale n. 15/2008.
E’ stata inoltre presentata la seguente mozione: n. 174/11, del Consigliere regionale Acacia Scarpetti: “Moto Benelli”.
Hanno chiesto congedo il Presidente della Giunta Spacca e l’Assessore Giannini.


Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE. Iniziamo con le interrogazioni. Vi comunico che l’Assessore Mezzolani sarà assente la prima ora per impegni istituzionali, pertanto le interrogazioni di sua competenza vengono posticipate.


Interrogazione n. 283
dei Consiglieri Busilacchi, Badiali
“Tagli del Governo al sistema sociale”

Interrogazione n. 286
del Consigliere Sciapichetti
“I tagli del Governo nazionale al fondo per le politiche della famiglia, ai servizi per l’infanzia, per la non autosufficienza e più in generale al fondo per le politiche sociali”
(abbinate)
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 283 dei Consiglieri Busilacchi, Badiali, e l’interrogazione n. 286 del Consigliere Sciapichetti, abbinate. Ha la parola, per la risposta, l’Assessore Marconi.

Luca MARCONI. Il Consigliere sollecita una questione purtroppo già nota all’Assemblea.
Colgo l’occasione per dire che domani finalmente avremo, dopo mesi dalla richiesta, un incontro con il Ministro Sacconi il quale ci aggiornerà, non su quello che lei chiede che si riferisce ai precedenti, bensì sulla nuova proposta della finanziaria, approvata già dal Governo, con la quale andremo ad un’ulteriore stretta.
Ma il nostro dato rimane, cioè la Giunta regionale ha predisposto un bilancio, che possiamo dire è esteso almeno fino al 2014, che garantisce la continuità dei servizi fondamentali che i Comuni erogano anche attraverso i contributi regionali, contributi che variano, a seconda della tipologia, dal 20% fino al 50%.
Noi quindi, in accordo in maniera universale con tutti i Comuni di qualsiasi colore, intendiamo mantenere questo patto sociale. Patto sociale che, appunto, trova la prima garanzia proprio nelle operazioni di bilancio e in quello che l’Assessore Marcolini propose nel luglio dello scorso anno, ovvero quel pacchetto di provvedimenti di risparmio della spesa. Come pure di una diversa ridistribuzione della spesa attraverso la quale la Regione Marche individua quattro priorità, fra cui i servizi sociali, che non sono una novità rispetto agli altri tre settori, che sono settori di sviluppo e di rilancio, ma garantisce la spesa storica esistente.
Quando dico “garantisce la spesa storica esistente” mi permetto di dire, con un pizzico di orgoglio, che garantiamo ad oggi anche la continuità del fondo per la non autosufficienza, pari a 8 milioni l’anno, che da quest’anno non c’è più. Anzi, la Regione oltre a garantirlo lo vorrà portare nel 2012 a 9 milioni. Perché riteniamo che il fondo per la non autosufficienza, sempre più diretto verso il contributo a favore delle famiglie che tengono a casa un anziano non autosufficiente, sia una delle migliori garanzie per contenere la spesa sociale. La spesa sociale crescerà in maniera esponenziale sopratutto su questo versante, Consigliere Sciapichetti. Perché? Mentre per la disabilità la Regione è ormai arrivata a oltre 23 milioni annui di spesa - noi garantiamo un livello essenziale delle prestazioni sociali fra le più alte d’Italia - sul fronte della non autosufficienza, invece eravamo un po’ più indietro rispetto agli standard nazionali. Con questo pertanto recuperiamo. Perché mentre le altre Regioni, da quanto so, non riusciranno, a fronte della cancellazione di questo fondo, a mantenere il servizio, noi lo manteniamo e possibilmente lo espanderemo.
Certo, finisce il fondo indistinto, il fondo unico delle politiche uniche sociali, perché finisce il fondo nazionale per le politiche sociali che passa nel 2011 da circa 30 milioni a neanche 4 milioni. Anzi, stiamo finendo l’anno e ancora non abbiamo la certezza di quello che sarà destinato.
Però, ripeto, al di là di questi aspetti che conosciamo e che rimandiamo a considerazioni di carattere politico generale, la Regione molto umilmente, ma direi anche molto concretamente, sta facendo la sua parte.
Credo che questo vada ad orgoglio dell’intera Regione, dell’intera Assemblea, perché quello che abbiamo compiuto è un atto, sicuramente di civiltà, ma che garantisce una pace sociale sopratutto con i Comuni; in questo senso, infatti, anche i Comuni riusciranno a conservare gli impegni. Inoltre tendiamo ad una maggiore corresponsabilizzazione verso gli enti locali. Ovvero tendiamo ad aumentare livelli di compartecipazione – penso agli asili nido, alle famiglie, alla non autosufficienza –, affinché anche i Comuni siano aiutati a non disperdere risorse su cose, seppur importanti, ma che nel tempo rischiano di diventare sempre più marginali rispetto alla necessità fondamentale di garantire questi cinque settori: minorenni fuori famiglia, disabilità, non autosufficienza, infanzia, famiglia.
Questi, dunque, sono i cinque pilastri della spesa sociale sulla quale intendiamo concentrare i circa 60 milioni, insieme a quelli, che sono altri 100 milioni, che vengono spesi dagli enti locali.
E’ pertanto un sistema di 160 milioni. A cui poi dovremmo aggiungere il resto della spesa sociale, che stiamo contabilizzando, che dovrebbe superare complessivamente i 300 milioni.
E nella spesa sociale ci sono anche quei 44 milioni che nel 2013 la Regione a regime spenderà per le residenze protette. Non dimentichiamoci questa cifra! Perché è vero che fanno parte della sanità, ma la Regione Marche, con l’accordo sottoscritto l’anno scorso con le parti sociali, destina alle famiglie che hanno un anziano non autosufficiente in una residenza protetta ben 33 ore al giorno, cioè 999 euro al mese per 12 mesi, quindi per una spesa complessiva di circa 44 milioni con circa 3.700 interventi.
Ecco, sono grandi cifre, forse le uniche in tutto il bilancio regionale sulle quali possiamo immaginare la necessità di un ulteriore impegno, perché sono cifre che inevitabilmente cresceranno e che impongono serietà e contenimento in tutti gli altri settori.
Concludo dicendo, Consigliere, che quelle informazioni relative a tagli da parte della Regione non trovano alcun fondamento. Noi stiamo facendo trasferimenti esattamente come li ho comunicati. Nell’ottobre 2010 in un incontro con tutti i Sindaci e i Coordinatori di ambito ed in due successive conferenze queste erano le cifre che avevamo dato. Cifre addirittura condivise prima dell’approvazione del bilancio e poi in esso confermate, e ora dall’inizio dell’anno vengono regolarmente trasferite agli enti locali.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Busilacchi.

Gianluca BUSILACCHI. La ringrazio, Assessore. La nostra interrogazione, datata qualche mese fa, aveva infatti l’obiettivo di fare chiarezza e verità in un’epoca in cui (era lo scorso inverno) alcuni Comuni denunciavano presunti tagli della Regione al sociale, quando invece erano i mesi del decreto mille proroghe, per cui i tagli erano quelli del Governo.
Credo che il combinato disposto dei tagli orizzontali agli enti locali e del taglio verticale al welfare dei servizi sia una strategia diabolica di questo Governo. Un Governo che se da un lato mantiene quello che dà Roma, ovvero le misure che vengono erogate dal centro (come ad esempio le indennità di accompagnamento), dall’altro lato impoverisce gli enti locali e impoverisce tutti quei fondi nazionali che devono poi essere ripartiti sul piano del sociale a livello territoriale. Insomma, come dire, alla faccia del federalismo! Vedi il taglio del fondo per le politiche per la famiglia, la cancellazione del fondo per la non autosufficienza, che non è stato decurtato del 10% o 20%, è stato annullato – annullato! - cioè passa da 400 milioni di euro a zero.
E questo, chiaramente, è un problema per chi si trova, sulla base della riforma del Titolo V della Costituzione, a dover amministrare la spesa sociale, cioè le Regioni, gli Ambiti, i Comuni.
Quindi, come dicevo in premessa, avevamo questa intenzione di denuncia – la ringrazio anche per aver aggiornato i nostri dati –, ma l’altra parte della nostra interrogazione voleva essere anche costruttiva. Nel senso che è ora responsabilità nostra, condivisa, del lavoro dell’Aula, della Commissione, della Giunta, cercare anche di inventarci qualcosa rispetto a questi tagli. Ed io sono sicuro che lo faremo nel modo migliore possibile.
Di nuovo la ringrazio, Assessore.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Sciapichetti.

Angelo SCIAPICHETTI. Ringrazio l’Assessore per l’esauriente risposta, seppure conoscevamo l’impegno profuso dalla Regione nel venire incontro ai tagli che ci sono stati a livello nazionale.
Noi credo dobbiamo svolgere un ruolo molto propositivo a livello nazionale. Perché a fronte di un taglio dell’82% del fondo nazionale per le politiche sociali, l’azzeramento, come ricordava il Consigliere Busilacchi, del fondo per la non autosufficienza, di un taglio del 71,3% del fondo per le politiche familiari, del 65% del fondo per le politiche giovanili, del 76% del fondo nazionale per il sostegno all’accesso all’abitazione e locazione, ecc., dobbiamo mettere in mora un Governo nazionale che sta appunto smantellando giorno dopo giorno quello stato sociale che abbiamo costruito con tanti sacrifici.
L’impegno profuso dalla Regione è stato dunque importante, va sottolineato, se non ci fosse stato avremmo assistito, diversamente, allo smantellamento dei servizi a domanda debole sul territorio.
Dobbiamo pertanto far sentire, nell’occasione giusta, la nostra voce nei confronti del Governo nazionale e del Ministro, perché questa politica non può essere assolutamente condivisa e accettata passivamente.


Interrogazione n. 312
dei Consiglieri Giancarli, Badiali
“Attivazione programmi di Attività Fisica Adattata (AFA)”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 312 dei Consiglieri Giancarli, Badiali. Ha la parola, per la risposta, l’Assessore Moroder.

Serenella GUARNA MORODER. Con riferimento all’interrogazione in oggetto sui punti 1 e 2 della stessa si significa quanto segue.
Il Dipartimento Salute e Servizi Sociali ha avviato l’istruttoria per il recepimento dell’Accordo Stato-Regioni del 10 febbraio 2011 “Piano di indirizzo per la riabilitazione;
Nell’ambito dell’atto di recepimento sicuramente terrà in considerazione anche il ruolo dell’AFA (Attività Fisica Adattata) confrontandosi anche con le strutture tecniche dell’Assessorato allo sport;
Si deve tener conto che tale recepimento richiederà una istruttoria molto articolata in quanto il documento nazionale tratta di tutti i livelli e le integrazioni della funzione riabilitativa (ospedaliera e territoriale).
La Giunta regionale, consapevole dell’importanza della prevenzione e del rallentamento delle patologie croniche delle “persone anziane e non”, in questa prima fase è intervenuta con una proposta di dgr che sarà approvata nella prossima seduta di Giunta regionale proprio per attivare programmi di attività fisica adattata (AFA).
A tal proposito sono stati riconosciuti come soggetti beneficiari di questa nuova forma di attività gli enti di promozione sociale, enti di promozione sportiva, associazioni di promozione sociale iscritte nel registro regionale, di cui all’art. 5 della l.r.. 9/2004. Sempre nella citata dgr, è stato previsto un fondo finalizzato prioritariamente alla formazione di operatori AFA.
Il Fondo per il periodo settembre-dicembre 2011 sarà pari a € 60.000,00.
Inoltre sarà attivato un tavolo congiunto, settore salute e settore sport, finalizzato all’inserimento nella nuova proposta di legge “Testo unico sullo sport” di un titolo inerente l’attivazione di programmi di attività fisica adattata (AFA) e alla predisposizione di regolamenti attuativi dove saranno previsti strumenti di coordinamento, attivazione di protocolli ed intese condivise con tutti i soggetti interessati.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Giancarli.

Enzo GIANCARLI. A nome anche del collega Badiali, ringrazio l’Assessore Moroder.
La risposta è molto ricca, piena di contenuti, credo di poterla riassumere almeno in tre aspetti. E’ previsto un fondo finalizzato a questo fine, quindi benissimo. E’ anche previsto un tavolo congiunto fra sanità e sport. Addirittura mi sé sembrato di capire che nella prossima seduta di Giunta si andrà all’approvazione di una proposta di legge su questi contenuti. Quindi veramente grazie.
Le sarei grato di poter avere una copia di questa sua risposta in quanto, ripeto, essendo così piena e ricca, in pochi secondi è difficile coglierla nella sua grande portata.


Interrogazione n. 318
del Consigliere Giancarli
“Procedimento autorizzazione scarico acque reflue assimilate a quelle domestiche, con carico organico biodegradabile inferiore a 50 abitanti equivalenti”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 318 del Consigliere Giancarli. Ha la parola, per la risposta, l’Assessore Donati.

Sandro DONATI. Con riferimento alle premesse e alle richieste di cui all’Interrogazione 318/2011 concernente “Procedimento autorizzazione scarico acque reflue assimilate a quelle domestiche, con carico organico biodegradabile inferiore ai 50 abitanti equivalenti”, si debbono intanto fornire alcuni chiarimenti di carattere amministrativo.
L’informazione ai tempi medi di attesa per le autorizzazioni di nuovi scarichi delle acque reflue in oggetto è stata ricavata da indagine informale per le vie brevi. L’esito dell’indagine campionaria, che ha coinvolto alcuni Enti gestori del SII e alcuni Comuni, nonché le AATO, porta a riferire che i tempi medi di attesa per il rilascio dell’autorizzazione sono contenuti in genere tra i due e tre mesi, salvo ovviamente eccezioni che potrebbero essere legate alla complessità della tipologia da individuare. Si ritiene opportuno fornire il dato acquisito per le vie brevi, piuttosto che il dato acquisito dalla informazione derivata da circa 280 soggetti, in quanto l’interrogazione consente comunque di superare, migliorandola, la situazione attuale.
In merito alla proposta di prevedere la non obbligatorietà del parere preventivo dell’ARPAM nei procedimenti in oggetto, l’ufficio condivide pienamente la modifica della norma in favore di una più efficace verifica di conformità ex post, e non necessariamente sul 100% delle autorizzazioni concesse, conseguendo benefici ambientali in quanto:
- l’avvio delle nuove attività sarebbe effettivamente più rapida;
- le verifiche successive, nella percentuale che potrà essere definita ed eventualmente modificata, in ragione di un primo monitoraggio, potrebbero essere condotte con criteri di selezione calibrati su obiettivi connessi alla tutela piuttosto che come elemento burocratico, consentendo comunque il conseguimento di una efficacia ambientale perfino più ampia di quella attualmente perseguita;
- la verifica eseguita dopo l’avvio delle attività non solo disincentiverebbe eventuali “assimilazioni” anomale o non conformi a quelle autorizzate, ma permetterebbe di provvedere ad eventuali miglioramenti in corso d’esercizio, potendo questa verifica essere effettuata come procedimento amministrativo piuttosto che come mero procedimento sanzionatorio caratterizzato da aspetti penali.
Il recepimento di tali suggerimenti potrebbe essere sancito, a norma dell’art. 5 comma 3 delle NTA al Piano di Tutela delle Acque approvato con DAALR 145/10, mediante atto di Giunta regionale, previa percorso di condivisione degli elementi specifici con ARPAM, AATO, Comuni ed Enti gestori.
A tal fine ho dato mandato al competente ufficio di espletare tutte le necessarie verifiche di percorribilità tecnica e amministrativa.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Giancarli.

Enzo GIANCARLI. Ringrazio l’Assessore Donati. Qui siamo in presenza di un argomento molto tecnico; tra l’altro l’Assessore ha concluso dicendo che ha dato mandato al Servizio di predisporre degli accertamenti.
Rispetto al tema dell’interrogazione precedente ho parlato di grande portata, nel senso che era un tema che trovava una risposta piena, su questa, invece, visto appunto che ci sono ragioni così tecniche, le avanzo la richiesta, Assessore, di poter magari avere una copia della risposta scritta. La ringrazio.


Interrogazione n. 214
del Consigliere Marangoni
“Modifica linea Mogliano-Corridonia-Via Macina e Petriolo da suburbana ad extraurbana”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 214 del Consigliere Marangoni. Ha la parola, per la risposta, l’Assessore Viventi.

Luigi VIVENTI. La linea Mogliano-Corridonia, via Macina e Petriolo, è stata riclassificata da suburbana ad extraurbana in quanto sono venuti a mancare i presupposti per cui essa era stata classificata come suburbana (decreto n. 123/TPL_09 del 31 agosto 2010 a parziale modifica DDPF n. 48/TPL_09 del 30 marzo 2006).
Da verifiche e da segnalazioni pervenute alla struttura regionale che segue il settore dei trasporti è stato infatti appurato che nelle linee Macerata-Corridonia e Corridonia-Mogliano, via Macina e Petriolo, venivano utilizzati in alcune corse con notevole affluenza di viaggiatori e in orari di punta, autobus suburbani dotati di un numero limitato di posti a sedere.
La modalità di svolgimento dei due distinti servizi di linea, di fatto trasformati in un’unica linea extraurbana da Macerata a Mogliano, con un itinerario di 24 chilometri su strade provinciali tortuose e con tempi di percorrenza di 50 minuti, costringe molti passeggeri a viaggiare in piedi, con notevole disagio e con pregiudizio per la stessa sicurezza.
A seguito degli esposti inoltrati dagli utenti, la Regione ha chiesto, per competenza, una verifica alla Provincia di Macerata e ha poi ritenuto necessario modificare la classificazione della linea da urbana a extraurbana.
L’azienda di trasporto dovrà adeguare il proprio parco mezzi di conseguenza, utilizzando i contributi che la Regione concede per il rinnovo del materiale.
Eventuali maggiori oneri rimarranno a carico dell’azienda di trasporto, che ha un regolare contratto di servizio con la Provincia di Macerata.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Marangoni.

Enzo MARANGONI. Intanto ringrazio l’Assessore Viventi per la tempestività della risposta, dato che ho presentato questa mia interrogazione il 15 novembre 2010, quindi recentemente!
Gli autobus di che trattasi sono automezzi a metano e quindi c’è stato un finanziamento della Regione e anche un contributo da parte del Contram. Però ora questi mezzi a metano rimangono, come dire, sul groppo, quindi vorrei capire in che termini, ma su questo non mi è stata data risposta. Abbiamo sprecato dei soldi, ma adesso di questi autobus a metano che ce ne facciamo? Questa era la domanda che ponevo con questa mia interrogazione.
Comunque, grazie.


Interrogazione n. 235
del Consigliere Binci
“Interventi nel campo sociale degli Ambiti Sociali Territoriali”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 235 del Consigliere Binci. Ha la parola, per la risposta, l’Assessore Marconi.

Luca MARCONI. A differenza della precedente interrogazione, Consigliere, che era più di carattere generale, questa sua interrogazione è molto dettagliata, quindi leggo una relazione che credo renda ragione delle cose che lei chiede.
Lei fa cioè riferimento ad un verbale del Comitato dei Sindaci dell’Ambito territoriale n. 20 riunitosi per discutere dei piani di intervento e della erogazione dei servizi nel sociale. Ma tale verbale non ci è mai stato trasmesso ufficialmente, per cui siamo venuti a sapere della cosa solo leggendo questa sua interrogazione e poi andando a verificarne i contenuti.
Il verbale in questione fa riferimento alla seduta del Comitato dei sindaci del 29 ottobre 2010 nella quale, effettivamente, al punto 5, a conclusione di una lunga discussione sui costi dei servizi erogati ai cittadini (retta alberghiera centri socio-educativi riabilitativi diurni per disabili, Sad, area consultoriale) veniva dato mandato al coordinatore di ambito - cito il verbale - di “...convocare congiuntamente una riunione con i referenti delle comunità di accoglienza che attualmente ospitano i minori in carico ai tre comuni dell’ambito, al fine di affrontare in maniera forte la problematica della sostenibilità delle rette di accoglienza, formulando anche l’ipotesi laddove possibile di abbassare i livelli qualitativi degli interventi al me di contenere al massimo la spesa.
Però con successivi interventi (verbale della riunione del comitato dei sindaci dell’1 dicembre 2010) il sindaco del Comune di S. Elpidio a Mare precisa che, relativamente alla frase in questione, nel verbale, per un mero errore materiale “...è stato fuorviato l’indirizzo dato dal comitato in relazione agli interventi predisposti per l’accoglienza dei minori in comunità, volto soprattutto alla definizione e razionalizzazione del complesso delle rette applicate dalle comunità di accoglienza senza intaccare la qualità del servizio...”.
E qui, rispetto a questa relazione che le sto leggendo, apro una parentesi. Stiamo predisponendo una delibera di Giunta con la quale intendiamo mettere ordine ad una sorta di giungla tariffaria, dove le tariffe applicate alle comunità vanno da 60 a 160 euro al giorno. E’ chiaro che rispetto a questo l’intervento nell’Ambito 20 è sì estemporaneo ma si inserisce comunque all’interno di questo contesto
Vado avanti con la relazione.
Di seguito viene specificato che “...l’intento del comitato dei sindaci non era quello di colpire le fasce deboli, ma di consolidare sempre di più la rete dei servizi territoriali, nonostante i forti tagli a livello nazionale... definendo strategie di consolidamento studiando modalità di sostenibilità dei servizi stessi...”.
L’intendimento reale del comitato dei sindaci era quindi quello di studiare modalità di compartecipazione di alcuni servizi attraverso una regolamentazione che permettesse ai più poveri di avere servizi con una minore compartecipazione (in alcuni casi gratuiti) e ai più ricchi di pagare proporzionalmente al proprio ISEE e non certo di intaccare la qualità del servizio.
In un successivo incontro del comitato dei sindaci tenutosi il 10 dicembre, in risposta ad un rappresentante del sindacato che chiedeva delucidazioni circa il contenuto dell’affermazione riportata nel verbale del 29 ottobre il sindaco Mezzanotte ribadisce l’errore materiale in sede di verbalizzazione, chiarisce la reale volontà espressa in quella occasione, già espressa nel precedente comitato dei sindaci, e aggiunge che è necessario che venga adottato a livello regionale un tariffario specifico che omogeneizzi il sistema delle rette - cosa sulla quale, ripeto, stiamo già lavorando da tempo. Viene altresì ribadito che il Sindaco Andrenacci, in qualità di Presidente dell’ANCI, ha interpellato la Regione Marche al fine di accelerare il processo di omogeneizzazione delle rette praticate dalle comunità di accoglienza.
Il sindaco Andrenacci infine, in accordo con il rappresentante sindacale afferma che “...sarebbe molto importante che a livello regionale sia gli enti locali, sia le organizzazioni sindacali, possano partecipare alla contrattazione per la definizione dei tariffari...”.
Aggiungo che proprio ieri la Giunta ha incontrato il comitato regionale dell’Anci che ha ribadito queste intenzioni, e noi abbiamo confermato una serie di incontri con i quali andremo a verificare nello specifico il sistema delle tariffe.
Questo lo stato delle cose.
Per quanto la posizione della Regione Marche in relazione alle domande poste dal Consigliere Binci si fa presente quanto segue.
La Regione non è stata interpellata dall’Ambito sociale 20 per intervenire a livello centrale per ridefinire i requisiti di personale richiesti per le strutture nonché i tariffari delle cooperative sociali.
La Regione in questi anni ha lavorato affinché i requisiti strutturali e organizzativi previsti come requisito minimi per le autorizzazioni al funzionamento ai sensi della l.r. 20/02 venissero attuati sia pur in una situazione di carenti disponibilità finanziarie dei Comuni e degli Enti gestori, sempre nella prospettiva dei cofinanziamenti.
La Regione ha inoltre gestito il percorso di implementazione dei livelli di qualità richiesti dalla norma utilizzando, in alcuni casi, lo strumento della proroga limitata nel tempo laddove non si presentassero le possibilità oggettive di adempimento dei requisiti.
La Regione Marche ha avviato a proprie spese i necessari percorsi formativi per permettere l’acquisizione del titolo di OSS agli operatori già impegnati nei servizi, ma privi dello stesso – problema non piccolo -, al fine di qualificare l’offerta assistenziale e di permettere agli operatori impegnati ma privi del titolo di non perdere il posto di lavoro. Tale attività è stata realizzata con il coinvolgimento della formazione professionale e delle province.
La Regione ha infine impegnato fondi aggiuntivi sanitari per il raggiungimento, nel corso di un determinato periodo di anni, del minutaggio assistenziale minimo per un intervento di qualità per gli anziani non autosufficienti.
Per quanto riguarda alcune richieste avanzate dal Comitato dei Sindaci relativamente alla adozione a livello regionale di un tariffario specifico che omogeneizzi il sistema delle rette, faccio presente che è stato avviato da alcuni mesi un gruppo di lavoro integrato socio-sanitario incaricato di elaborare una analisi dei costi dell’offerta residenziale e semi-residenziale e le relative ricadute in termini di retta media regionale da trasformare in atto deliberativo di approvazione del tariffario regionale dei servizi partendo dalle strutture a carattere più socio-sanitario per poi arrivare a tutta l’offerta regolamentata alla l.r. 20/02 e dalla l.r. 20/00. L’atto deliberativo l’ho già i bozza, l’abbiamo esaminato. Per la prima volta, Consigliere, prevede almeno dodici tipologie diverse di intervento, anche in una forte integrazione con la possibilità di intervento da parte di singole famiglie, che è un’operazione già in corso. Cioè in molti casi i Comuni affidano anche alle famiglie i minorenni fuori famiglia, ma sempre con l’assistenza da parte delle comunità che seguono e formano queste persone. Però si individuano tante tipologie diverse che oggi venivano raccolte soltanto in due o tre casi. Per cui magari si forzavano i posti verso ipotesi che, invece, possono essere meglio articolate. Faccio un esempio: se il minore durante il giorno viene affidato a un familiare e la sera alla comunità, è un affidamento diurno. Ed è chiaro che questa modalità non ha lo stesso costo di quella ventiquattro ore su ventiquattro .
La Regione adotta annualmente una delibera con la quale vengono recepite le indicazioni di costo del lavoro dei dipendenti delle cooperative sociali riportate sul CCNL con tanto di indicazioni medie di incremento del tasso Istat (o IPCA) da prevedere negli appalti dei comuni (oltre che della regione) per la esternalizzazione dei servizi in modo da garantire il rispetto del costo del lavoro.
Io capisco la preoccupazione dei Comuni riguardo a questa materia, Consigliere. Perché la materia dei minorenni è l’unica su cui non si può dire di no, si paga a piè di lista. Aggravata dal fatto dell’arrivo dei profughi di cui una parte sono minorenni fuori famiglia. E i minorenni fuori famiglia sono coperti con un intervento di 80 euro giornalieri da parte del Governo, ma un’ordinanza del Presidente del Consiglio prevede questa copertura fino al 31 dicembre, e non si hanno certezze su ciò che avverrà dal primo gennaio in poi. Per un piccolo Comune un minorenne fuori famiglia finché è coperto con 80 euro al giorno, bene, se dovesse non esserlo più il suo bilancio salterà.
Accanto a questo la Regione sta predisponendo iniziative che favoriscano la possibilità offerta alle famiglie marchigiane, come dicevo prima, di scegliere i servizi in base all’offerta esistente attraverso assegni finalizzati a questo o attraversi assegni di cura già attivi su tutto il territorio marchigiano per gli anziani non autosufficienti, come ho detto già nella precedente interrogazione.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Ringrazio l’Assessore per l’accuratezza di questa sua risposta.
L’interrogazione riprende la questione degli interventi in campo sociale, quindi anche la questione della limitatezza delle risorse su cui, però, si vuole evidenziare la necessità di una forte presenza della Regione Marche ed un maggior livello di programmazione. Altrimenti chi pagherà i tagli saranno soltanto le persone più deboli, per cui sia gli utenti sia gli operatori che lavorano negli Ambiti del servizio alle persone, quindi anche quelli, come richiamo nella mia interrogazione, che lavorano tramite le cooperative.
La tendenza, non so quanto giusta, ma comunque naturale dei Comuni nell’affidamento dei servizi alle cooperative sociali che gestiscono l’assistenza domiciliare, i centri diurni per disabili o altri servizi, è di fare gare al massimo ribasso. E siamo arrivati a un punto in cui non c’è più limite a questo ribasso. E’ questo il problema!
C’è un limite che tuteli la qualità professionale del servizio, che poi indirettamente ricade anche sugli utenti? Credo di sì.
Quindi benvenga il lavoro che sta facendo l’Assessorato, anzitutto quello che si riferisce alla giungla tariffaria per le comunità. E’ infatti vero che ci sono comunità con tariffe che vanno da 60-70 euro fino ad arrivare a 150 euro.
Spesso i Comuni intervengono in base a decreti e su iniziativa dei giudici minorili, e quindi anche loro sono in situazioni di emergenza. Non c’è un controllo dei servizi forniti ecc.. Insomma, è bene che la Regione metta mano alla giungla tariffaria per le comunità.
Però, secondo me, andrebbero anche evidenziati i livelli minimi di trattamento che le cooperative applicano ai loro dipendenti. Altrimenti arriveremo al punto che quelle forme di cooperazione, che dovrebbero essere orientate alla valorizzazione del lavoro, valorizzazione dell’impresa associata, e così via, produrranno solo livelli infimi di tutela dei diritti dei lavoratori e avranno difficoltà a fornire servizi di qualità.
Il fatto, inoltre, come possa un ente locale richiedere, a fronte della diminuzione delle risorse, di andare a verificare la diminuzione della qualità del servizio, era la questione di preoccupazione principale dell’interrogante.
Allora sono contento che da parte dei Sindaci dell’Ambito ci sia stata una puntualizzazione dicendo che c’è stato un errore di trascrizione, altrimenti questi atti, benché non comunicati, potrebbero diventare, come dire, un substrato culturale su cui vanno ad adeguarsi le politiche regionali.
Quindi bene tenere il livello dei servizi alle persone di alta qualità, è bene dare questa speranza.
Ringrazio l’Assessore, a cui chiedo anche di fare magari una comunicazione, o tramite le Commissioni o in Aula, affinché si possa sapere come procederanno tutti questi interventi. Sono infatti interventi che ci impongono comunque una riflessione su questi temi. Interventi, voglio aggiungere che una volta concordati con gli enti locali, con le associazioni dei familiari o degli utenti in difficoltà, comportano comunque una razionalizzazione e quindi anche una migliore programmazione di tutta la regione Marche.


Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 302 del Consigliere Sciapichetti in merito all’emergenza carceri nella regione Marche. Se vogliamo trattarla abbinata alla relazione della I Commissione, va bene, altrimenti la trattiamo subito. (...) D’accordo. Quindi viene assorbita dal dibattito relativo al punto 2) dell’ordine del giorno.
Quindi ora, non essendo ancora arrivato l’Assessore Mezzolani, che, come ho annunciato, si era giustificato per un impegno istituzionale, andiamo avanti con i punti all’ordine del giorno.


Relazione n. 8 della I Commissione assembleare permanente (articolo 73 del Regolamento interno) “Situazione carceraria nella regione Marche”

Mozione n. 165
dei Consiglieri Eusebi, Giorgi
“Emergenza carceri regione Marche - grave situazione carcere di Ancona”

Interrogazione n. 302
del Consigliere Sciapichetti
“Emergenza carceri nella Regione Marche”

abbinate

(Discussione e votazione risoluzioni)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la relazione n. 8/2011 della I Commissione assembleare permanente sulla situazione carceraria nella regione Marche.
Voglio prima fare una brevissima premessa perché, non con retorica di circostanza, mi sento di ringraziare per il lavoro svolto dalla Commissione. Ringrazio la relatrice di maggioranza Presidente Ortenzi, che tra l’altro ha il merito di aver introdotto questo lavoro con una sua vecchia mozione che ha permesso di aprire un dibattito appunto sfociato nella scelta di fare questa indagine. Così come ringrazio la relatrice di minoranza Consigliera Romagnoli. Ma più in generale voglio ringraziare l’Ombudsman che si è fatto carico di portare avanti questo lavoro.
Ripeto, lo dico senza alcuna retorica perché ho visto tutti i Consiglieri, al di là dei gruppi di appartenenza che componevano questa commissione di valutazione, studio e approfondimento della situazione carceraria, lavorare in modo davvero encomiabile, tutti ispirati dalla volontà di capire, inquadrare, valutare quale sia la situazione nelle Marche e lavorare affinché i temi e le problematiche venute fuori possano essere segnalate come problematiche che hanno bisogno di una urgente soluzione.
Detto questo passo la parola alla relatrice di maggioranza, Presidente della I Commissione, Consigliera Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Grazie Presidente. Un ringraziamento che io voglio rivolgere anche a lei per essere stato molto celere, dopo la discussione sulla mozione sul carcere di Fermo dell’ottobre dello scorso anno, di aver istituito una delegazione di Consiglieri di maggioranza e minoranza che hanno poi avviato questo percorso che oggi ci porta a discutere della grave condizione in cui si trovano le carceri della nostra regione.
Voglio ringraziare anche l’Ombudsman e tutto il suo staff – il dott. Tanoni si scusa ma oggi non può essere presente perché impegnato in un incontro a Roma con il Ministro Carfagna, credo per la questione dell’istituzione del garante nazionale dei minori –, che ha contribuito all’organizzazione, anche pratica, di tutte queste nostre visite presso gli istituti di pena.
La relazione è piuttosto lunga, ci sarebbero tante cose da dire, ma vi risparmio alcuni passaggi - i colleghi della Commissione il testo ovviamene ce l’hanno, gli altri se vogliono possono richiederlo -. Il report che vi abbiamo presentato direi che è abbastanza esaustivo.
Faccio intanto una piccola premessa sulla condizione in cui versano le carceri marchigiane, ma che riguarda un po’ la situazione nel suo complesso.
Nelle carceri marchigiane si è in linea con la maggior parte degli istituti di pena del Paese. L’argomento che affrontiamo oggi è purtroppo un tema attuale, anche in questi giorni ricorre spesso. Sapete infatti che Marco Pannella ha fatto lo sciopero della fame. Egli ha anche visitato il carcere di Montacuto. Lo stesso Presidente Napolitano lo ha ricevuto. Per cui anche Pannella ha constatato come occorra mettere mano alla situazione di degrado in cui versano i detenuti nelle carceri del nostro Paese.
Ed è un argomento attuale sopratutto nel periodo estivo, periodo in cui la vita dei detenuti negli istituti di pena è ancora più difficile, è a limite della sopportazione, della resistenza.
Vado ad alcuni dati nazionali, li avrete sicuramente, ma li voglio ricordare.
I detenuti nelle carceri italiane sono oltre 67 mila, quando invece se ne dovrebbero ospitare al massimo 44 mila. Per lo più sono stipati l’uno sull’altro - come abbiamo constatato in loco – in strutture da terzo mondo, in celle spesso fatiscenti, promiscue, malsane, illegali, insicure, disumane e, aggiungo, criminogene, anche di questo, infatti, si potrebbe parlare. Gli spazi sono meno di 3 metri, seppure la direttiva europea indichi 7,5 metri per persona.
Non credo sia utile andare alla ricerca di chi siano le responsabilità presenti. Risulta infatti chiaro che se le condizioni delle carceri d’Italia sono così pessime e degradate l’evoluzione di questo non riguarda certo solo la storia recente. E’ pur vero, tuttavia, che il cosiddetto piano carceri non è mai partito e la promessa di 17 nuovi penitenziari con 21 mila nuovi posti di lavoro non è mai stata mantenuta.
Nella relazione raccontiamo, per quel poco che abbiamo potuto vedere, come si svolge la vita in cella dei nostri detenuti nelle Marche, che probabilmente è comune a tutti gli altri detenuti in Italia.
Il sovraffollamento non è solo un problema numerico, è anche aggravato dalle modalità della detenzione. Tranne rare e lodevoli eccezioni di carceri modello. Ad esempio nelle Marche abbiamo il carcere di Barcaglione, che però secondo me non può essere considerato fino in fondo un modello. Perché? Perché potrebbe contenere tanti altri detenuti ma non viene assolutamente utilizzato, quando invece lì la vita dei detenuti potrebbe essere non solo accettabile ma gli stessi potrebbero anche avere presupposti per migliorarsi e poi magari rientrare, laddove concesso, nella quotidianità del mondo esterno.
Nelle carceri marchigiane i detenuti in media dentro una cella trascorrono 20 ore al giorno, lì si fa di tutto, si mangia, si guarda la televisione, si dorme, si fuma, si cucina. E non posso dire si va al bagno bensì al cesso. Sono cessi quelli! Il bagno infatti presuppone delle pareti mentre li spesso sono separati soltanto da una tendina.
Le celle sono spesso occupate da sei detenuti, in qualche caso addirittura da dodici, dove ci sono promiscuità di tutti i generi.
E la promiscuità e la conflittualità è aggravata proprio da una forzata coabitazione di persone molto diverse tra loro per età, estrazione o addirittura caratura criminale – pensate! -, come pure lo stato di salute che spesso riguarda la sfera mentale.
Purtroppo abbiamo anche constatato che il continuo taglio delle risorse ha fatto drammaticamente diminuire il lavoro dei detenuti. E’ veramente una situazione da terzo mondo. Lì non si fa nulla – il nulla assoluto! -.
E’ inoltre peggiorata la pulizia delle strutture, scarseggiano persino le dotazioni per l’igiene.
A ciò si aggiungono le carenze strutturali di molti penitenziari ed i vuoti di organico nel personale, sopratutto nel ruolo di polizia penitenziaria - come segnaliamo nella proposta di risoluzione che abbiamo presentato -. E questo presto renderà addirittura inutilizzabili alcune carceri esistenti. Per cui i posti cella anziché aumentare, come promesso, diminuiranno ulteriormente.
La delegazione ha visitato e quindi verificato le condizioni di vita di tutti gli istituti delle Marche, sicché nella relazione abbiamo puntualizzato diversi aspetti, vi invito ad esaminarli.
Il report che oggi vi presentiamo è a disposizione. Inoltre spero che la risoluzione che andremo a votare possa vedere il consenso della maggioranza dei Consiglieri. A questa potremo agganciare anche la mozione e l’interrogazione, abbinate a questo tema, presentate da alcuni colleghi.
Non voglio dilungarmi, ripeto, la relazione l’avete a disposizione e quindi potete leggerla, voglio citarvi solo qualche dato relativo alla carenza di personale presso le Case circondariali:
- ad Ascoli Piceno, che è un istituto di massima sicurezza, su un organico di 180 mancano 52 unità, -28%;
- a Fossombrone su un organico di 127 mancano 22 unità, -17%;
- a Pesaro (che insieme a Montacuto è il dato più pesante) su un organico di 169 mancano 57 unità, -34%;
- a Montacuto-Ancona su un organico di 201 mancano 71 unità, - 35%;
- a Barcaglione-Ancona non si registra carenza di organico, come vi dicevo, c’è carenza di detenuti, quindi è ovvio;
- a Fermo su un organico di 49 mancano 8 unità, -16%;
- a Camerino su un organico di 36 mancano 6 unità, -17%:
- complessivamente su 762 unità ne mancano 215, -28,34%.
Vado alle criticità.
La più evidente è ad Ascoli dove ci sono in media 44 detenuti sottoposti al regime del 41 bis, invece la sezione circondariale ospita 74 detenuti, poi c’è una sezione filtro dove ci sono 10 persone detenute per reati di natura sessuale.
Ad Ascoli il problema più grave è dunque il sovraffollamento; addirittura nel maggio 2011 è stato segnalato che in una cella vi erano 9 detenuti in meno di 29 mq.
Nella relazione – che vi invito ancora una volta a leggere - per ogni casa circondariale abbiamo evidenziato i trattamenti, ovvero quello che fanno i detenuti. Anzi, a dir la verità, forse sarebbe meglio che dicessi quello che non riescono a fare!
Ad Ascoli all’interno della struttura operano le associazioni di volontariato.
A Fossombrone c’è una situazione particolare, diciamo un po’ più contenuta, perché qui c’è un consistente numero di detenuti condannati all’ergastolo e voi sapete che le celle ne possono ospitare solo due. Inoltre qui, rispetto al dato regionale, i detenuti tossicodipendenti sono pochi.
Faccio un inciso. Poco tempo fa presso la sala regionale è stato realizzato un convegno per parlare proprio del problema della tossicodipendenza nelle carceri. Quindi approfitto per ringraziare sia il Difensore civico che il Presidente Solazzi, perché ritengo che sia una questione da affrontare proprio per i tanti risvolti che ha. Infatti nelle carceri non ci sono solo problematiche di natura detentiva ma anche di altra natura, come ad esempio problemi di salute e così via.
Anche a Fossombrone operano molte associazioni di volontariato.
Invece la casa circondariale di Pesaro è quella che soffre, insieme a Montacuto, per la più significativa carenza di personale. Inoltre si verificano, purtroppo, anche molti tentati suicidi. E dove avvengono maggiormente i tentati suicidi? Ecco, proprio nelle carceri dove c’è un maggiore affollamento, perché lì la vita è invivibile, è veramente insostenibile.
A Pesaro, Montacuto e Ascoli Piceno si verificano maggiormente gli atti di autolesionismo, mentre i tentati suicidi si verificano di più a Pesaro, Ascoli Piceno, Montacuto, Fermo - tra l’altro nel carcere di Fermo c’è stato proprio un suicidio, andato alla ribalta anche delle cronache nazionali -. Ora non so se i fenomeni di autolesionismo o di tentato suicidio siano riferibili al 41 bis o ad altro, in ogni caso gli istituti dove si verificano maggiormente sono proprio quelli dove c’è sovraffollamento.
Il carcere di Montacuto ha un sovraffollamento simile a quello di Pesaro. Però voglio anche aggiungere che in alcuni di istituti, vedi ad esempio quello di Fermo, ci sono delle attività significative che forse riescono un po’ ad alleviare la vita detentiva, ove operano, come dicevo, le associazioni di volontariato, ci sono laboratori, possibilità di spazi dignitosi.
Vado alla casa circondariale di Barcaglione che vorremmo menzionare come fiore all’occhiello degli istituti delle Marche. Lì non si registra nessuna carenza di organico, nel corso del 2010 non si è verificato alcun evento critico, la struttura è nuovissima, c’è la biblioteca, c’è una palestra ben attrezzata, addirittura c’è un laboratorio di informatica – su questo consiglieri i colleghi di visitare invece la casa circondariale di Fermo, la collega Romagnoli lo sa, lì ci stavano ammucchiati due o tre computer in un unico stanzone grigio di cemento dove si fa di tutto –. La cucina è ampia e spaziosa. In questo carcere è aperta una sola sezione e ci sono solo due detenuti per cella. Pertanto non c’è sovraffollamento. Insomma, il carcere di Barcaglione lo prenderei proprio come esempio. L’attività trattamentale più significativa è il lavoro, ma lì si svolge veramente un lavoro significativo. Per esempio alcuni detenuti lavorano nell’azienda agricola adiacente all’istituto, c’è un lavoratore esterno ex articolo 21 dell’ordinamento penitenziario, ci sono i corsi di apicoltura, di olivocoltura. Certo, non ci sono associazioni di volontariato perché credo che le situazione debbano rimanere discrete. Insomma, tutte le carceri dovrebbero essere così.
Ritornando a Fermo, come in parte ho già ricordato, nel corso del 2010 si sono verificati diversi eventi critici, ossia due tentativi di suicidio, 17 casi per sciopero della fame, come accade per lo più anche nelle strutture di Ascoli Piceno, Pesaro, Montacuto. La struttura è posta nel centro storico della città, ma lì il problema maggiore, oltre al sovraffollamento, è la vetustà dell’edificio. All’interno non operano associazioni di volontariato. L’attività trattamentale è il lavoro, ma i posti di lavoro sono solo interni, c’è lo spesino (ovvero il detenuto alle dipendente della direzione che si occupa della spesa), oppure chi si occupa dell’attività della ristorazione. Ci sono soltanto corsi di scuola media e un piccolo e molto ridotto laboratorio teatrale.
Anche nella casa circondariale di Camerino si sono verificati diversi eventi critici. Però voglio segnalare, ad esempio, che nel corso della giornata in questa struttura le celle rimangono aperte ed è presente una fornita, seppur piccola, biblioteca e una sala polivalente. Sembra poco, ma per chi è detenuto è già qualcosa in più.
Ci sarebbero molte altre cose da dire, come ho già detto in premessa, ma mi fermo qui, eventualmente aggiungerà altre notizie anche la collega Romagnoli.
Su questo tema abbiamo presentato una coincisa proposta di risoluzione dove abbiamo voluto evidenziale solo le criticità più grandi, le difficoltà più gravi che abbiamo constatato e che quindi vorremmo segnalare al Ministero affinché si prendano provvedimenti.
Provvedimenti che io considero comunque molto urgenti. La civiltà di un popolo si misura anche su quanto riesce a garantire nel rispetto della dignità di ogni persona. E i detenuti sono persone. Però vediamo che non vengono trattate come tali perché appunto sono costrette a vivere in condizioni veramente devastanti.
Con questa risoluzione impegniamo la Giunta regionale “a porre in essere presso i competenti organi statali ogni idonea iniziativa volta a superare la situazione di sovraffollamento di alcuni istituti penitenziari marchigiani, anche promuovendo azioni per assicurare il pieno utilizzo delle strutture esistenti, come quella di Barcaglione. Al fine: di consentire la decongestione delle strutture di Fermo, Montacuto e Camerino; di avviare in particolare un approfondimento con le istituzioni locali e governative, al fine di risolvere le problematiche urgenti di Fermo e Camerino in vista della realizzazione del nuovo carcere di Camerino; assicurare la piena attuazione delle disposizioni dell’articolo 10 della l.r. 13 ottobre 2008 n. 28 concernenti le attività trattamentali dei detenuti con particolare riferimento alle iniziative culturali, di sostegno alle biblioteche ed ai laboratori teatrali, nonché alla manutenzione delle strutture sportive, attraverso idonee previsioni contenute nella programmazione dei settori interessati; attivare azioni volte ad assicurare l’inserimento lavorativo dei detenuti, anche potenziando l’attività formativa all’interno degli istituiti penitenziari, con particolare riferimento ai corsi di alfabetizzazione per i detenuti extracomunitari ed analfabeti; orientare gli Ambiti territoriali sociali alla realizzazione di progetti finalizzati all’inserimento sociale nel territorio di competenza degli ex detenuti.
Impegna inoltre li Presidente dell’Assemblea legislativa ad assicurare il monitoraggio della condizioni dì vita all’interno delle carceri attraverso la prosecuzione dei lavori della delegazione assembleare (che non dovrebbe finire qui il proprio compito, mi auguro continui perché credo sia stato proficuo ma sopratutto necessario), nonché attraverso la valutazione degli effetti delle azioni regionali previste dalla normativa vigente.”.
A questo testo la Commissione ha anche inteso formulare un emendamento perché nella premessa era sfuggito, seppure si pensava fosse implicito, di chiedere al Governo di attivarsi il più possibile affinché possa esserci più organico nel ruolo di polizia penitenziaria. Questo emendamento è stato accettato e quindi votato da tutta la Commissione.
Lascio ora alla collega Romagnoli e ai colleghi della delegazione il compito di completare questa mia relazione, che sicuramente non è esaustiva, ma dove in qualche modo ho voluto segnalare le grandi difficoltà e le gravi criticità presenti negli istituti di pena della nostra regione. Grazie.

Presidenza della Vicepresidente
Paola Giorgi

PRESIDENTE. Ha la parola la relatrice di minoranza Consigliera Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Anch’io mi unisco ai ringraziamenti formulati sia dal Presidente Solazzi che dalla collega Ortenzi per il lavoro fatto da tutti i Consiglieri ed in particolare dalla delegazione che ha visitato i vari istituti carcerari. Un ringraziamento voglio rivolgerlo anche alla Commissione per la sensibilità di aver subito colto la necessità di istituire una delegazione affinché appunto si potesse fare un’analisi e un approfondimento ad hoc. Quell’analisi ed approfondimento svolto con la collaborazione davvero fattiva dell’Ombudsman, quindi del Garante dei diritti dei detenuti, in prosecuzione con quanto già iniziammo con il precedente Garante, ruolo oggi egregiamente svolto dal dott. Tanoni.
Un ringraziamento perché oggi qui si parla di giustizia. E a me piace usare il termine giustizia anche rispetto ai problemi del carcere, quindi non in forma riduttiva come se questi fossero cosa diversa dalla tematica generale della giustizia.
Troppo spesso, infatti, la giustizia sembra riguardare altre problematiche. Sembra riguardare più il modo, come dire, attraverso il quale non si debba andare in carcere – sapete quanto questo possa essere equivocato con impunità –. Sembra riguardare esclusivamente, sopratutto negli ultimi anni, le carriere dei giudici. E sembra, sopratutto, che la trattazione di una simile problematica si debba fermare sull’uscio della cella. Così non è! E così non è per chi come noi, avvocati, seguiamo tutto l’iter, tutto il percorso della persona che per varie ragioni incappa, appunto, con i problemi della giustizia, dal momento in cui viene avvisato, al processo, alla pena e poi all’esecuzione della pena stessa. Infatti un aspetto determinante, importantissimo, basilare, che credo sia fra gli indici principali della civiltà di un popolo, è quello, appunto, di occuparsi anche della fase esecutiva della pena.
Non possiamo sezionare i problemi della giustizia dando l’immagine che riguardi solo il pre-cella. E sopratutto che la cella sia da evitare. E se poi questa purtroppo diventa necessaria magari buttiamo la chiave senza occuparci in particolare della rieducazione del condannato, oltre che della deterrenza, dell’afflittività.
Dunque oggi, ripeto, mi piace si parli di giustizia. E mi piace parlarne oggi anche perché è l’anniversario della morte del giudice Borsellino. Anzi, Presidente, magari poi potremo fare un momento di raccoglimento in sua memoria. Oggi 19 luglio decorrono diciannove anni dalla sua morte. E Borsellino è morto per la giustizia, è morto per affermare certi ideali. Quindi mi piace ricordarlo in una giornata come questa visto quali personaggi ha assicurato alla giustizia e dunque anche alla detenzione.
Una detenzione che non può essere scissa – tralascio di evocare studi e ricordi particolari - nei suoi aspetti, che poi sono quelli che costituiscono l’equilibrio attraverso il quale ha un senso la detenzione stessa, ha un senso che ci sia la restrizione della libertà personale; infatti è solo in pochi casi, per fortuna, che si può ricorrere alla restrizione dell’articolo 13 che determina una assolutezza del diritto della libertà personale.
Leggendo questa mattina un articolo di Pannella, che è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, ho trovato scritto dell’importanza del corpo. E’ il corpo che viene ristretto nella detenzione è una misura grave, misura, quindi, che deve rispettare dei canoni e deve sopratutto rispondere a degli obiettivi che non devono essere solo quelli afferenti alla privazione, ma sopratutto quelli afferenti alla premialità e alla rieducazione.
Ma certo è importante, lo sottolineo, che il soggetto pericoloso stia dentro. E lo dico perché io sono una convinta assertrice della necessità della certezza della pena. Troppo spesso si scindono i problemi della giustizia anche dalla necessità di affermare e di perseguire uno stato, ovvero assicurare - la Magistratura è questo che deve fare - la certezza della pena. Parlare dei diritti dei carcerati non significa certo impunità. La certezza della pena deve per sua natura essere un deterrente a non ricommettere reati. La certezza della pena significa garantire sicurezza alla società perché con essa si impedisce che i soggetti pericolosi possano circolare liberamente. Però, ecco, non ha senso se a questo non viene affiancato l’aspetto premiale, l’aspetto rieducativo, ovvero quello di restituire nel limite del possibile un soggetto alla società civile, quindi un soggetto migliorato rispetto a quanto era prima.
Dico questo perché i Consiglieri regionali, come i Deputati, godono, tra le altre prerogative – i cosiddetti benefit di cui frequentemente si parla e che noi stessi molte volte utilizziamo magari massicciamente - anche della facoltà di poter accedere a tutti gli istituti penitenziari. Sommessamente ricordo che quando dieci anni fa venni eletta, forse perché avvocato, per me poter fare questo era una cosa bella – lo dico tra virgolette -, insomma, mi sembrava una delle cose migliori che potessimo esercitare. Sinceramente a quell’epoca eravamo in pochissimi a farlo, quindi sono maggiormente contenta che invece questa legislatura sia iniziata all’insegna di una partecipazione, di una condivisione, di una sensibilità diversa su questo tema. Troppo spesso siamo tacciati di avere soltanto le auto blu o altri privilegi. Allora visto che la nostra funzione, oltre a quella ovviamente legislativa, nella sua massima espressione deve avere anche un ruolo umanitario e di servizio, e visto che appunto abbiamo questa facoltà, esercitiamola. E facciamo sì che la proposta di risoluzione, che sono certa approveremo con ampio dibattito e all’unanimità, non sia il momento conclusivo bensì il momento iniziale della prosecuzione di ulteriori controlli.
Perché dico questo? E mi avvio alla conclusione, non andrò a ripetere i dati e tutto ciò ha già egregiamente illustrato la collega Ortenzi. Perché noi oggi abbiamo comunque posto un punto fermo, grazie anche al lavoro del Garante dei detenuti, ovvero abbiamo un report. Spesso, infatti, per avere i dati dei nostri istituti penitenziari e delle nostre carceri dovevamo attingere ai siti di Antigone, di Nessuno tocchi Caino, ecc., cioè di associazioni private, degnissime, per carità, ma comunque non avevamo un vero censimento delle nostre carceri. Ora lo abbiamo, ora sappiamo quali sono le peggiori criticità, ora sappiamo quali siano le situazioni di vera e propria invivibilità delle strutture.
Io solidarizzo e sono vicina anche agli agenti di polizia penitenziaria - stamattina li abbiamo ricevuti, ringrazio chi ha voluto questo incontro. Essi svolgono un ruolo fondamentale, ma sono sottorganico, quindi è giusto che questa problematica sia una delle priorità della nostra risoluzione.
Le loro condizioni, e sopratutto ovviamente quelle dei detenuti, in alcuni istituti sono invivibili, sono di totale indecenza, d’estate tra l’altro peggiorano. Quindi non possiamo far finta di non sapere, non solo perché è un dovere cristiano, ma sopratutto perché per le nostre competenze dobbiamo farci carico di questo.
Ci sono delle criticità assolute, dicevo, che in alcuni istituti raggiungono il massimo, come a Camerino e Fermo. Per Camerino c’è almeno la possibilità di avere a breve un istituto nuovo in quanto è previsto nel piano carceri, quindi lì entro due o tre anni può essere risolta la situazione, mentre per Fermo questa possibilità non c’è. Per cui il problema di Fermo continueremo a monitorarlo.
Io ho detto di provocare un tavolo anche con gli enti locali affinché tutti possano dire la loro, però, aggiungo, non si può tenere aperto un carcere – mi assumo la responsabilità di quello che dico, non è certo un atteggiamento campanilistico, come troppo spesso facciamo in politica, tutt’altro – per avere una istituzione in più nella provincia e poi chiudere gli occhi sulla indecenza delle condizioni umane, civili, personali degli agenti e sopratutto dei detenuti.
La provincia l’abbiamo avuta, quindi implementiamola in maniera seria, non è che possiamo tenere un carcere al centro del paese senza possibilità di espansione solo perché storicamente Fermo lo aveva ecc. ecc.. Ecco, usciamo da questa logica.
Credo che a certe condizioni valga quasi la pena di pensare ad una ricostruzione.
E aggiungo ancora una cosa, avviandomi davvero alla conclusione, riguardo alla soluzione del problema del sovraffollamento.
Noi ci siamo limitati a fare solo delle segnalazioni, ci siamo limitati a segnalare al Ministero di grazia e giustizia determinate cose. Come so che nel dibattito ci sono anche delle soluzioni diverse. Ad esempio ieri Pannella è andato dal Presidente della Repubblica e ha proposto, come sappiamo, depenalizzazioni ed amnistie. Personalmente sono contraria a questo tipo di soluzione, io sono contraria a qualunque ipotesi di amnistia, credo che se i detenuti sono tanti, visto che il piano carcere stenta a decollare a livello nazionale, si debba invece investire, con delle risorse adeguate, sia sulla polizia penitenziaria, che appunto deve essere rimpinguata, sia sulla creazione di nuovi istituti.
E’ vero che quello di Barcaglione è un carcere modello – ne facciamo oggetto di una specifica menzione - ma è pur vero che è vuoto. Vorrei allora sapere quale politica penitenziaria nazionale può impedire che lì ci vadano anche altri detenuti. Seppure capisco che lì sia prevista l’ala delle misure alternative - è a questo proposito apro e chiudo una parentesi perché ne abbiamo fatto oggetto di discussione in Commissione, ossia, addirittura volevamo farne oggetto di una specifica particolare, ma poi abbiamo capito che non possiamo invadere l’autonomia e sopratutto la discrezionalità del giudice –,è pur vero che nelle Marche il ricorso alle misure alternative al carcere è particolarmente ridotto, a differenza di altre regioni. Per cui è anche per questo che c’è il problema del sovraffollamento. Tra l’altro, oltre al fatto che è difficile vedere concesso il ricorso alle misure alternative, anche il ricorso all’articolo 21, che sarebbe il lavoro esterno ma in capo all’amministrazione penitenziaria (cioè io lavoro fuori o dentro ma poi i soldi li do all’amministrazione penitenziaria) è mosca bianca.
Ed io anche di questo ho una mia idea. Voi sapete quanti casi vengono schiaffati sul giornale a seguito della misura alternativa, della semilibertà o dell’affidamento alla comunità. Magari la persona compie di nuovo un reato – è proprio questo il rischio insito – e poi il giudice viene massacrato dai metodi giornalistici che conosciamo. Quindi credo che il rispetto dei giudici sia anche questo, ossia che dobbiamo dar loro tranquillità di agire nella discrezionalità. Questo nella scienza e soprattutto coscienza lo dobbiamo riconoscere alla Magistratura - la mia è anche una difesa della loro indipendenza, ad eccezione, certo, dei casi limite che ci sono, ma che comunque non mi faranno mai generalizzare -. Cosicché il giudice di sorveglianza possa sentirsi anche meno pressato, braccato, più libero di concedere misure alternative.
Le misure alternative nel nostro ordinamento sono state introdotte da tanti anni, di cui i magistrati italiani e sopratutto quelli marchigiani fanno davvero scarso uso, in particolare per la popolazione immigrata, che, come sappiamo, spesso non ha fissa dimora e non ha residenza o domicilio.
Quindi, ecco, che questo non sia un momento conclusivo bensì una presa in carico sia da parte del Ministero sia da parte della Regione. Non solo, abbiamo anche sollecitato gli Ambiti sociali affinché facciano la loro parte. E faccio qui una piccola polemica, gli Ambiti sociali sono tanti, sono più delle Zone territoriali, sono diffusi capillarmente in tutte le Marche, quindi dentro gli istituti di pena che anche loro si prendano in carico la loro parte di sociale.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Marconi.

Luca MARCONI. Chiedo la parola perché credo sia necessario, sentite le appassionate relazioni delle due relatrici di maggioranza e di minoranza, entrare nel concreto delle risoluzioni sia delle cose che già si fanno e che vanno analizzate, sia di quelle che potremo fare.
Intanto vorrei dire che la passione con cui l’intera Assemblea legislativa regionale delle Marche ha seguito questa vicenda è un fatto di grande civiltà. Perché dico questo? Perché in questo settore si misura la capacità di vedere quello che non viene visto da nessuno, quello che alla fine non ha grande riscontro né mediatico, né elettorale, né politico. Allora questo fa sicuramente onore a tutta l’Assemblea.
Come pure fa onore l’impegno del dott. Tanoni su questa vicenda. Non solo per il fatto che questo tema rientra nelle sue competenze – insieme a quelle dell’infanzia ma prioritariamente è questo -, ma perché è stato capace di interloquire con tutti e anche di offrire delle soluzioni. E noi ci incontriamo anche abbastanza spesso per verificarle. Quindi la funzione svolta dal nostro Ombudsman è pienamente rispondente sia alle aspettative come pure alle prospettive che possono essere date a questo settore. Qualche cosa per il futuro va comunque immaginato.
Vorrei entrare nel merito delle risoluzioni, avendo contribuito alla presentazione della prima, che però, Consigliera Ortenzi, vedo ora decisamente ampliata rispetto a alla versione iniziale. In questa risoluzione mi ero permesso durante l’incontro di inserire specificatamente gli ultimi tre punti del dispositivo, perché ritengo che l’Assemblea legislativa si possa muovere su quelle linee.
Dunque ora voglio offrire all’Aula alcune considerazioni su cui poi ascoltare l’Assemblea e vedere alla fine quali conclusioni tirare.
Do innanzitutto un’informazione. Quando su delega del Presidente presso il Ministero di grazia e giustizia ho firmato la convenzione accordo con il dott. Ionta per il nuovo carcere di Camerino, abbiamo tentato un piccolo primo ragionamento in merito alle pene alternative.
Ecco, io vedo ben articolati tutti gli argomenti nella seconda risoluzione, però credo non sia il futuro, ossia, io non disperderei troppo le nostre energie.
Tutte le richieste, che condivido nel dettaglio, della prima parte del dispositivo della seconda risoluzione, che sono presenti anche nella prima, relativamente a depenalizzazione, arresti domiciliari, inserimento in comunità protette, modifica della suddetta ex-Cirielli, sono tutte cose importanti, ma monumentali. Ossia riguardano il Parlamento nazionale, se ne parla da anni, quindi noi saremmo un ulteriore soggetto che sollecita una soluzione di questo tipo.
Invece secondo me nel concreto potremmo immediatamente cominciare a interloquire seriamente con l’Autorità giudiziaria delle Marche per dire che se quel sistema (quindi non è un’occasionalità), che oggi è veramente tirchio nella concessione di pene alternative, viene allargato e se le pene alternative comportano costi – e così spesso è - la Regione Marche potrebbe intervenire.
Le altre cose proposte nella seconda soluzione, su cui in linea di principio sono contrario, riguardano le spese interne al carcere. Io non so se noi possiamo intervenire in questo senso. La nostra legge n. 28 non le prescrive. Noi andremmo ad intervenire in supplenza dell’amministrazione carceraria che non può dire che mancano 1.000 euro per le saponette. Perché se siamo a questo punto allora il Governo nazionale ha magari miglior soluzione nel proporre l’apertura di tutte le carceri italiane e decidere per la libertà incondizionata di tutti i detenuti!
Dunque non è possibile che noi interveniamo su queste cose. Come non è possibile, secondo me, si vada ad intervenire addirittura sulla manutenzione degli spazi carcerari o sugli interventi degli immobili. Io su questo ho grossissime perplessità.
Per carità, l’Assemblea legislativa è libera di votare la risoluzione che vuole, ma su questi punti mi riservo una verifica, anche con la contabilità, per vedere se possiamo o meno intervenire in questi settori.
Ripeto, io in linea di principio lo ritengo sbagliato. Ritengo che ognuno in questo tempo di crisi e di difficoltà si debba assumere le proprie responsabilità. Quindi che anche l’amministrazione carceraria si assuma pienamente le sue. La Regione deve invece intervenire nello spirito della legge 28, che a questo punto dovremmo addirittura rivedere. Ma non per fare il Ministero di grazia e giustizia 2! Noi non siamo una struttura decentrata del Ministero.
Non posso neanche accettare in linea di principio – poi finirò con questa elencazione di cose negative - il trasferimento di fondi all’amministrazione carceraria con addirittura la rendicontazione degli istituti di pena. Non possiamo immaginare una cosa di questo genere. Possiamo semmai immaginare delle convenzioni e degli interventi dove comunque la responsabilità finanziaria degli interventi è in capo alla Regione. Non che noi trasferiamo i fondi ai direttori degli istituti di pena, i quali a loro volta ecc. ecc.. Non credo sia proceduralmente possibile.
Vado ora a tutti gli aspetti positivi elencati in queste due risoluzioni e che condivido pienamente.
In quel confronto con il dott. Ionta ho avuto modo di sottolineare, per esempio, che il nuovo carcere di Camerino deve partire con un’idea completamente nuova, con un’idea di carcere di territorio. Lì c’è da fare un’azione paziente, intelligente - che credo tutti abbiamo la volontà di fare - con le forze di polizia che devono vigilare su eventuali presenze di detenuti al di fuori del carcere, con l’università affinché sia dia l’opportunità ai 450 futuri detenuti di ottenere un diploma di laurea, con gli istituti superiori, con i Comuni, con l’Ente parco dei Sibillini. Cioè tutte quelle possibilità che possono essere offerte per un pre-inserimento sociale che poi diventa nel concreto inserimento lavorativo.
Se tutte queste condizioni potranno essere realizzate, in prospettiva per quello che sarà Camerino, ma nell’immediato in qualche carcere a livello di sperimentazione pilota, la Regione Marche, la Giunta, alla luce appunto di una risoluzione che tenga conto delle negatività che dicevo prima e delle positività che sto indicando ora, potrà vedere la possibilità non di un aumento del 10% - seppure di questi tempi si potrebbe pensare di fare una cosa significativa se gli attuali 400 mila euro che destiniamo alla legge 28 diventassero 440 mila euro – bensì, se vogliamo fare una cosa seria, un aumento del 100%. Voglio cioè dire che dobbiamo trovare le risorse per andare da 400 a 800 mila. Altrimenti parleremo di niente, staremo solo scherzando. Provate voi a dividere 400 mila euro sui 7 carceri delle Marche, si potranno fare solo tutti piccoli interventi che non daranno ragione della grande cosa che mi sembra stia maturando questa Assemblea.
Penso di essere stato chiaro riguardo alle intenzioni e alle possibilità.
Articolo ora quelle che erano già in premessa alcune indicazioni che per vari ritardi non abbiamo ancora deliberato. Piano carceri 2011. Diciamo che il ritardo della sua approvazione giunge, come dire, opportuno rispetto a questo dibattito, anzi, forse eravamo in condizioni di approvarlo un paio di settimane fa, ma ho voluto attendere questa seduta dell’Assemblea legislativa proprio perché dentro il Piano possiamo inserire queste cose.
Ne cito le tre linee fondamentali, che già vedo nella prima risoluzione, Presidente Ortenzi, che io manterrei.
Primo. Dobbiamo individuare una scelta su ciò che vogliamo fare all’interno del carcere, perché i soldi non sono tanti. E, ripeto, l’idea di parcellizzare troppo non mi piace. Non ha senso fare dieci progetti con 3-5 mila euro. Anche perché dobbiamo mettere in condizione ogni struttura carceraria di ricevere tutti i servizi. Cosa che nel passato non veniva fatto. In passato in qualche carcere si faceva qualche cosa mentre in altri non si faceva nulla.
Se allora vogliamo essere equi dobbiamo dire che mettiamo a disposizione, che so, 35-40 mila euro per il progetto teatro, che è uno di quelli indicati, ma poi questo progetto lo dobbiamo realizzare in ogni carcere.
La stessa cosa per quanto riguarda le biblioteche. Certo, qui c’è un limite oggettivo. Ossia, se il carcere di Fermo mette a disposizione una vetrinetta di 1 metro per 1 metro e 20 c’è poco da fare come biblioteca. Voglio dire che dovrebbe esserci anche da parte dell’amministrazione carceraria un serio intervento a supportare le cose che ci stiamo dicendo.
Secondo me l’indirizzo che viene dato nella risoluzione per iniziative di natura culturale è vincente. Perché in assoluto l’iniziativa culturale, comunque essa si presenti, crea un clima migliore, mette in condizione chi vive in quella situazione di ozio folle e che conduce spesso all’odio e all’emarginazione, di avere una qualche alternativa.
Quindi dovremmo maturare tutte quelle iniziative che in ordine culturale e spirituale rendano il carcere un po’ più vivibile di quello che è.
Secondo me – ed è una mia opinione personale, non della Giunta – venti anni di reclusione per un omicidio sicuramente funziona, è certamente un deterrente, tanto più se si considera il tipo di vita che si andrà a fare all’interno di un carcere, ma che il carcere, per quella seconda parte prevista dalla nostra Costituzione, sia strumento di riabilitazione, qui il fallimento è totale. Funziona come prevenzione ma non funziona per niente come riabilitazione.
Dico una cosa stupida, che mi sono permesso a suo tempo di segnalare in altra sede, cioè nelle carceri in quanto tali, almeno in quelle delle Marche, potremmo tentare un minimo di specializzazione. Cosa voglio dire? Per esempio tenere i detenuti in attesa di giudizio insieme ai detenuti con 15-16 anni di reclusione è una cosa folle, tenere un giovane, magari anche straniero, con un anno e mezzo di reclusione per spaccio di stupefacenti insieme a delinquenti che sono dentro per associazione per delinquere o reati di altra gravità è una follia. Si crea quella che viene definita l’università del crimine.
Anche su questo ragionando con il sovrintendente regionale delle carceri un qualche abbozzo alla problematica era stata fatta.
Quindi molto concretamente, per quello che è possibile, potremmo indirizzarci anche su questa linea, cioè avere una concentrazione per tipologie di reati che non metta in condizione chi sta lì dentro di dover assorbire come una spugna tutti i mali dell’umanità.
Vado agli altri due interventi che mi sono permesso di segnalare in quella sede, e che sono stati opportunamente raccolti sia nella prima risoluzione sia nella seconda seppur con qualche parola in più.
Il primo riguarda una cosa che dovrebbe partire adesso, la Giunta lo aveva in animo di realizzare, cioè l’inserimento lavorativo. Cosa di per sé molto complicata, ma è un intervento ponte fra il carcere e il dopo carcere. Le statistiche dicono che questa operazione riesce un caso su dieci. Io vorrei che queste statistiche fossero smentite e che potessimo fare qualche cosa di serio a partire dai reati più piccoli. Però non con un sistema di premialità, che crea solo dei meccanismi incredibili.
Mi permetto qui di vantare una piccola esperienza personale di quando come volontario mi sono proprio occupato, non nelle Marche ma in Sicilia, dell’inserimento lavorativo.
Quindi posso dire che è fondamentale che questa percentuale del 10% arrivi al 30-40%, ma affinché si realizzi, se il costo di un inserimento lavorativo è intorno agli 8-9 mila euro all’anno, è ovvio che non possiamo destinare poche migliaia di euro bensì ne dobbiamo destinare centinaia di migliaia. Anche perché questo deve essere sì un buon sistema premiante, ma che non sia troppo elettivo, inoltre che sia presente in tutte le carceri.
Nell’ultima parte del dispositivo della prima risoluzione si parla di progetti finalizzati all’inserimento sociale nel territorio di competenza degli ex detenuti.
Ecco, questa indicazione che vuole dare l’Assemblea legislativa secondo me è fondamentale. Perché in questo modo daremo agli Ambiti, sia a quelli che hanno al loro interno delle carceri, sia a quelli che non li hanno - perché l’inserimento sociale dei detenuti marchigiani riguarda tutti gli Ambiti -, magari facendo un piccolo aumento di stanziamento, una nota prescrittiva. Affinché l’ipotesi dell’inserimento sociale sia prevalente, se non esclusiva, rispetto a qualsiasi altro intervento.
Se l’Assemblea legislativa darà queste indicazioni chiederò alla Giunta di confermarle con le stesse parole con cui vengono scritte nella risoluzione.

Presidenza del Presidente
Vittoriano Solazzi

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Ho ascoltando attentamente l’encomiabile esposizione molto attinente e per certi versi giusta dell’Assessore Marconi, però in essa non posso non puntualizzare alcuni fatti.
Parliamo della regione Marche, quindi l’ente Regione Marche è strettamente di competenza.
Riguardo l’emergenza carceri della regione Marche, su cui è stata presentata anche la mozione n. 165, si considerano i disagi dei detenuti dovuti al sovraffollamento che colpisce gran parte degli istituti penitenziari marchigiani. Ma in segno di distinzione credo che un problema di una gravità così assoluta riguardi un principio molto più grande, che è il rispetto alla marginalità, che quindi dovrebbe emergere dalle considerazioni regionali e regionalistiche.
Rilevato comunque il degrado di alcune strutture marchigiane dopo le visite di noi Consiglieri in queste strutture penitenziarie, a me è emersa una considerazione. Noi siamo bravi, siamo attenti, vogliamo coinvolgere il sociale, le strutture sanitarie, è giusto che i diritti dell’uomo, seppure con la carcerazione viene meno la libertà, vengano tutelati, anzi, garantiti per lo meno al minimo di come richiede una società evoluta che ha diritti e doveri ben stabiliti.
Allora al Garante dei diritti dei detenuti voglio fare una osservazione diversa. Noi abbiamo difficoltà a parlare di amnistia però poi parliamo di sovraffollamento delle carceri. Cioè ci mettiamo nella condizione di coloro che sostengono un giudizio già espresso, in molti casi di una giustizia ormai avviata verso considerazioni di repressione a prescindere, di utilizzo così come viene, che può essere vero o non vero, molti errori avvengono in primo grado, vengono sostenuti in secondo grado, poi dopo anni di tribolamenti arriva la Cassazione che riesce a ristabilire un non so che di quella che è una procedura di tecnica giuridica. E quindi si scagionano le persone, si rendono libere, ecc., ecc..
Questa nostra società per certi versi è molto malata, c’è una sconsiderazione generale di tutto ciò che viene additato come qualcosa che non funziona, che ha dei malori interni come sistema giudiziario, soprattutto con ripercussioni gravi sul tessuto connettivo della società. Questa nostra società è ormai globalizzata, ha aspetti diversi, come quello, ad esempio, del confronto tra diritto internazionale e diritti umani.
Ritengo allora che dovremmo drasticamente risolvere questo problema riaffrontandolo dopo un azzeramento logico, che io considero umano, al di là quindi di quei giustizialisti dell’ultima ora, di quelli che tintinnano le manette o di quella strumentalizzazione politica di una giustizia che appare sempre più rivolgersi con cattiveria all’interno del sistema giudiziario.
Pertanto io proporrei, Assessore, spero che anche lei ne possa avere convinzione e sensibilità, proprio una amnistia generale…(…) Sì, per certi versi pannelliamo, ma come uomini liberi! Io ritengo che nella società moderna ci sono quattro cardini importanti: verità, giustizia, amore, libertà. E visto che mi ci avete portato chiedo: quanti di voi sarebbero pronti a scagliare la prima pietra? A dire io ecc., ecc.. Io potrei dimostrare come la coscienza del cristiano parla del peccato. Noi abbiamo regole chiave, i Dieci Comandamenti.
Quindi io dico - anche se il mio sottostante, amico del piano di sotto, Consigliere Natali, vedo che scuote la testa - che un atto di giustizia, per fare un esempio sciocco…(…) Capisco che lui non mi segue, per seguire bisogna essere allenati e l’allenamento è fatica! Nella vita c’è chi fa lo sprint e si ferma ai 100 metri, ma poi la vita è una partita molto più lunga, e c’è chi fa altro! Vero Consigliere Natali? Qualche seduta fa l’ascoltavo quando commentava un volantino di un sindacalista ascolano, ma poi l’Assessore Almerino Mezzolani non le rispose perché era in altre cose affaccendato!
Ritorno al problema vero. Io sono convinto, anche se qualcuno può definirlo “pannelliano”, che questo sistema giudiziario italiano ha dei problemi che, al di là delle strumentalizzazioni, sono evidenti e sotto gli occhi di tutti.
Quindi dobbiamo valutare con una coscienza libera, con una coscienza che valuti effettivamente la gravità della situazione generale. Una situazione che andrà sempre più ad aggravarsi. La nostra società avrà sempre più una connotazione globalizzata, quindi necessariamente dovrà adottare dei correttivi. Correttivi che oggi l’evidenza di questo disagio e di questa emergenza delle carceri regionali e nazionali pongono come riflessione dai profili sociali e sociologici, come pure una riflessione sul malessere di questa società. Una società, dunque, che non ne dovrebbe parlare in maniera distratta, ma dovrebbe farne un fondamento addirittura quasi scolastico. Cioè dovrebbe scolarizzare il principio del diritto e del diritto internazionale che su questo ha riflessi pesanti che creano, appunto, tale disagio.
Non bisogna fare un discorso distratto dicendo: “va bèh, mandano i soldi, facciamo un restauro interno a questi carceri, tutto il resto è…”. No! Tutto il resto è la parte che non dobbiamo tenere fuori da queste riflessioni, ovvero che c’è quell’uomo privato di un diritto fondamentale, la libertà, a prescindere dal reato commesso e accertato per il quale, certo, è giusto che stia lì. Però, ripeto, per certe cose farei una riflessione diversa.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Natali.

Giulio NATALI. Dividerò in due aspetti diversi questo mio intervento. Il primo verterà sulla relazione della Presidente Ortenzi.
Non si può non essere d’accordo su quello che abbiamo visto. Chi frequenta le carceri per altri motivi sa da quanti anni questi problemi si sviluppano, ma che vengono lasciati da tutti come li abbiamo visti oggi. Da tutti! Il carcere è una misura giusta, è un istituto giusto, ma è nel carcere che si misura la civiltà di una nazione. Chi perde la libertà ha solo il diritto di perdere la libertà, non di essere considerato in maniera diversa, come invece purtroppo avviene non solo nelle carceri delle Marche, ma, ancora ben peggio, in carceri di regioni più grandi della nostra.
Detto questo, non possiamo però limitarci, come sempre, alla teoria generale del diritto. Ci sono dei sistemi, secondo me, che potrebbero essere posti in essere, concretizzati.
A me non sembra affatto giusto, proprio in virtù della teoria dell’accoglienza che contraddistingue, che dovrà sempre contraddistinguere la nazione italiana e il popolo italiano, che dire che la sovrapopolazione carceraria, che fa sì che nei carceri non si viva, sia provocata molte volte da detenuti non italiani. E so che nel dire questo posso anche urtare sensibilità.
Allora, proprio perché dobbiamo essere i primi nell’accoglienza, dovremmo anche far sì che nel momento in cui ci sono sentenze passate in giudicato, di chi quindi bene o male ha posto in essere azioni delinquenziali, la pena non venga scontata in Italia.
E’ questo che secondo me dovremmo verificare, a quel punto potremmo capire di quanta percentuale si potrebbe ridurre la popolazione carceraria. E purtroppo, secondo me - e questo, ritornando a bomba, sarebbe una nostra responsabilità, perché ci sarebbe stata a monte una mancata integrazione- si ridurrebbe in maniera notevole.
Detto questo, va rilevato, nel momento in cui ancora facciamo finta di non renderci conto che non ci sono i soldi e dove ognuno ragiona per suo orticello, che la decisione di mettere per le Marche il nuovo carcere a Camerino è stata una scelta dispendiosa e sbagliata.
Vi porto l’esempio del carcere di Marino del Tronto di Ascoli. Siamo andati a visitarlo e abbiamo saputo che c’è uno spazio interno che doveva essere adibito a campo sportivo, ma poi , sin dalla sua apertura, non è stato mai utilizzato.
Allora se oggi invece di quel campo sportivo si fosse costruito un fabbricato che potrebbe ospitare 200 detenuti – c’è un progetto già mandato al DAP –, questo avrebbe fatto sì, con un ottavo dei costi rispetto a quelli che si dovranno affrontare a Camerino, che la stessa popolazione di detenuti si sarebbe potuta contenere ad Ascoli Piceno.
Per cui quando si fa il discorso che mancano le risorse va fatto rilevato anche questo. Ad esempio, sempre per la scelta che ha fatto la Regione per il nuovo carcere a Camerino, non ci si è resi conto della viabilità che c’è, della difficoltà che c’è di arrivarci da tante parti d’Italia, come pure della possibilità di risparmiare denaro o magari di investire gli stessi soldi in altre carceri marchigiane.
Queste sono gli argomenti su cui, ancor prima della discussione di oggi, avremmo dovuto confrontarci. Quando personalmente sono andato dal dott. Ionta a far presente queste cose, lui con la massima schiettezza mi ha detto: “ma sono le Marche che hanno voluto che il carcere fosse a Camerino”.
Questo è dal punto di vista della realtà delle cose.
Quanto ai discorsi fatti, su cui gli intervenuti sono andati anche filosofeggiando, io non ritengo che con l’amnistia si risolva il problema. Chi sbaglia paga! Chiunque sbagli deve pagare! Guai non fosse così! Anzi, più sei in alto e più sbagli e più devi pagare. Perché chi sta in posizioni diverse forse potrebbe avere mille scusanti rispetto a chi a chi non le ha.
L’amnistia sarebbe, per fare una comparazione, come quello che quando si misura la febbre invece di prendere le medicine rompe il termometro. Mi sembra una filosofia un po’ strana. Anche perché l’amnistia viene invocata e richiamata solo ogni tanto per occasioni. Noi siamo stati quelli che hanno contestato l’indulto di Mastella di qualche anno fa, figuriamoci se oggi possiamo parlare di amnistia. Altra cosa è invece la riforma del codice penale sulla depenalizzazioni di reati, con l’istituzione di misure alternative ecc.. Sono ben altre cose, non riguarda certo l’amnistia.
E qui entro un attimo nel pianeta giustizia. Quello che diceva la Consigliera Romagnoli è verissimo. Tra l’altro noi ci troviamo di fronte a un tribunale di sorveglianza che di fronte a casi analoghi utilizzano misure diverse. Su casi uguali il tribunale di sorveglianza di Pescara fa in un modo e il tribunale di sorveglianza di Ancona fa in un altro.
Questi sono i veri problemi, queste sono le cose che fanno sì che quelle misure alternative vengano poi, bene o male, applicate, misure a cui non si ricorre mai o ci si ricorre con tanta difficoltà.
Il vero problema nelle carceri, seppure sono con l’Assessore Marconi quando parla di cultura, è il lavoro. Chi è in carcere deve lavorare! Dobbiamo trovare la maniera di mettere in moto un meccanismo che faccia in modo che chi sta in carcere possa lavorare. Invece abbiamo visto che ci sono risorse per far lavorare solo qualcuno per un’ora al giorno. E’ la cosa peggiore! In carcere uno non deve morire!
L’Italia è stata, e deve essere, la patria della civiltà e del diritto. Tutti dovremmo ricordarci ciò che diceva Beccaria, lui non parlava di amnistia, parlava di altro, a lui l’amnistia non sarebbe mai venuta in mente.
Un ultimo richiamo lo faccio riprendendo sempre ciò che diceva la Consigliera Romagnoli. E mi rivolgo al Presidente Solazzi perché prima non c’era.
La Consigliera Romagnoli ha fatto presente che oggi sono diciannove anni dall’omicidio del dott. Paolo Borsellino. E Paolo Borsellino è un eroe, è il vero eroe italiano, è la vera persona che pur sapendo quello che gli sarebbe successo è andato avanti. Falcone rispetto a lui è sembrato qualcosa di diverso, in quel caso nessuno si aspettava si potesse arrivare a tanto. Invece Borsellino lo sapeva e da persona qual era è andato avanti.
Nella mia vita ho conosciuto in Italia solo due eroi, Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore del Banco Ambrosiano, e Paolo Borsellino. Due persone che svolgendo soprattutto compiti di un certo rilievo d’istituzione e sapendo come sarebbe andata a finire, hanno sacrificato la loro vita. E questo nella vigliaccheria di tutti, istituzioni comprese; se qualcuno di voi si vuole prendere la briga di leggere l’ultimo libro su Giorgio Ambrosoli, scritto dal figlio, capirebbe meglio tante cose, allora forse potremmo ragionare anche in maniera diversa.
Quindi cogliamo l’occasione, oggi che con la relazione della Consigliera Ortenzi parliamo delle carceri, per ricordare chi seriamente, non con le parole, ha difeso non solo l’istituzione ma anche il cinismo del popolo italiano.
Quindi, Presidente, la prego, finita la discussione, di ricordare in quest’Aula il dott. Borsellino.

Commemorazione Paolo Borsellino

PRESIDENTE. Grazie, Consigliere Natali. A proposito di questa sua richiesta, di cui comunque mi avevano riferito, mi ero già ripromesso di dire qualcosa. Anche se il minuto di silenzio nei confronti di caduti per ragioni diverse, vittime magari del terrorismo, della mafia oppure nell’espletamento del loro dovere, come forze dell’ordine, dell’esercito e quant’altro, per prassi lo facciamo nel momento in cui c’è l’attualità di un decesso.
Però, certo, a diciannove anni da questo accadimento le sue parole debbono essere sottolineate, in quanto esprimono benissimo il sentimento di ognuno di noi.
Per cui l’Assemblea legislativa delle Marche, attraverso la mia persona e attraverso la vostra condivisione, vuole sicuramente esprimere per la ricorrenza di questa data - come appunto detto da lei, Consigliere Natali, e introdotto dalla Consigliera Romagnoli - il sentimento del ricordo.
Purtroppo in questo nostro tempo, in questo passaggio storico che ormai si prolunga da molti anni, sembra che la dimenticanza faccia parte della cultura che in esso si dipana.
E’ un tempo caratterizzato da scarsa memoria del passato, scarsa capacità o spesso voglia di ricordare la storia, e forse anche con qualche disattenzione alla costruzione di un futuro che non vada molto al di là della gestione del quotidiano. Ed il combinato disposto di questi due elementi – ma è un mio convincimento personale – crea davvero tanti danni. E, badate, non è un’accusa nei confronti di qualcuno, lo viviamo un po’ tutti.
E’ un tempo caratterizzato da una vita assorbita al presente, molto frenetica, troppe volte assai superficiale. Ripeto, siamo tutti intenti a curarci del presente, molto spesso dimentichiamo il passato e guardiamo al futuro come una gestione che il più delle volte non va veramente al di là del quotidiano.
Per cui ogni richiamo, ogni ricordo che abbia un valore importante - come appunto la figura del giudice Borsellino che nell’espletamento del proprio dovere, con in più la consapevolezza – la sottolineatura fatta dal Consigliere Natali è sicuramente da tenere in considerazione – del rischio fortissimo che stava correndo, ha continuato a svolgere il suo lavoro con determinazione - dovrebbe essere davvero il cibo con cui nutrirci, al fine di costruire con tali esempi una società migliore.
E lo dico fuori da ogni retorica, seppure mi renda conto che alcune frasi potrebbero in essa cadere.
L’esigenza di fermarci un po’ tutti, soprattutto di lavorare affinché questa cultura della dimenticanza non ci appartenga, dovrebbe vedere l’impegno di tutti, a cominciare naturalmente dalle istituzioni.
Per cui ricordare senza enfasi la figura di Paolo Borsellino è semplicemente per segnalare che ci sono persone che per portare avanti il loro lavoro, un lavoro svolto non nel proprio interesse bensì in quello della collettività, sono disponibili a correre addirittura il rischio di perdere la vita, come appunto è purtroppo avvenuto. Non dovremmo mai stancarci di fare di queste persone un esempio.
Un esempio, però, che non si deve limitare ad una mera rappresentazione, ma a cui dobbiamo ispirarci negli atteggiamenti, nei comportamenti, nelle culture.
Seppure sia consapevole, nel momento in cui dico queste cose, che invece la vita di tutti i giorni è fatta di quella fretta e di quella superficialità che orienta un po’ troppo i comportamenti di questo tempo che ci è dato vivere.
Però, certo – e qui ringrazio i Consiglieri che hanno sollecitato questo spazio di riflessione e di memoria -, nonostante tutto questo, soprattutto chi ha la responsabilità di rappresentare con il proprio ruolo una comunità, quindi di lavorare per essa attraverso l’impegno in un’istituzione, prima di chiunque altro dovrebbe avere chiari questi esempi e li dovrebbero vivificare, ripeto, non soltanto nel ricordo, ma anche imitandone lo stile nell’azione quotidianità, nei comportamenti. Perché questi sono esempi davvero alti.
Grazie della vostra attenzione. Proseguiamo ora con i nostri lavori. Ha la parola alla Consigliera Malaspina.

Maura MALASPINA. Dal 1 gennaio al 30 giugno 2011 nelle carceri italiane si sono verificati: 34 suicidi, 532 tentati suicidi, 2.583 atti di autolesionismo, 3.392 proteste.
Ad aggravare il quadro complessivo concorrono i 153 episodi di aggressioni in danno di poliziotti penitenziari, che contano 211 persone ferite.
In 175 istituti si sono verificate 3.392 proteste individuali (scioperi della fame, rifiuto del vitto, rifiuto della terapia). E proteste collettive (battiture, rifiuti del carrello) invece in 126 istituti.
E’ il bilancio dei primi sei mesi del 2011 nelle carceri italiane, dove, alla mezzanotte del 13 luglio 2011 erano rinchiusi in tutto 66.929 detenuti, di cui 64.081 uomini e 2.848 donne, a fronte di una disponibilità reale di posti detentivi pari a 43.879. Quindi un surplus di 23.050 detenuti rispetto alla massima capienza, che determina un indice medio nazionale di affollamento pari al 52,5%.
In dieci regioni italiane il tasso di affollamento varia dal 15% al 50%. In nove dal 51% all’80%.
L’unica regione italiana che non presenta una situazione di sovraffollamento è il Trentino Alto Adige. Invece capofila per sovraffollamento è la Puglia (79,4 %), purtroppo seguita da Marche (71,8%) e così via.
L’istituto con il più alto tasso di affollamento si conferma quello di Lamezia Terme.
Il 50% delle strutture penitenziarie presenta un affollamento dal 50% all’80%, il 35%) un affollamento dal 2% al 49%.
Di fronte a questi numeri si avverte la necessità di fare appello alla coscienza di ognuno di noi per affrontare i drammatici problemi che affliggono ogni giorno il cosiddetto pianeta carcere ed in particolare la condizione dei detenuti. Sono anni che le questioni attinenti l’ambito penitenziario non vengono inserite tra le priorità dell’agenda politica nazionale.
Ciò accade in una democrazia avanzata che annovera tra i valori primari della sua Carta Costituzionale il principio secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Noi dell’UdC intendiamo denunciare come la dimensione della quotidianità del carcere sia ormai drammaticamente distante dalla prospettiva indicata nella Carta Costituzionale. Ancora una volta i dati al riguardo sono estremamente eloquenti.
Il carcere è un pianeta nel quale, secondo la cosiddetta capienza regolamentare, potrebbero essere ospitate circa 44.000 persone, ma nel quale, ripeto, fino alla mezzanotte del 13 luglio 2011 erano invece costrette a convivere circa 67.000 persone, con una elevatissima presenza di soggetti tossicodipendenti.
E’ un pianeta in cui le persone si suicidano molto più spesso che nel mondo dei liberi (a seconda delle stime: da sette a venti volte più spesso).
E’ un pianeta in cui manca il personale necessario a realizzare percorsi di inclusione e reinserimento; manca il personale necessario per garantire il trattamento rieducativo in una cornice di sicurezza; manca il personale necessario ad assicurare il primario diritto alla salute.
Le condizioni delle carceri in Italia sono talmente inaccettabili che la Corte Europea per i diritti Umani, in occasione della sentenza 16 luglio 2009, nel noto caso Sulejmanovic, le ha espressamente dichiarate illegali. Tutto accade nella pressoché totale disattenzione dei media e quindi dell’opinione pubblica, salvo ridestarsi nel periodo estivo, quando i palinsesti del circuito della comunicazione offrono un po’ più di spazio e quando, con maggiore urgenza, si percepisce la drammaticità dei problemi, magari in corrispondenza dell’eterna emergenza sovraffollamento.
Basta coi proclami sterili e propagandistici. La dignità dei carcerati non può attendere l’ennesimo Piano carcere, le promesse sempre reiterate e mai mantenute.
L’imputato viene condannato alla detenzione non al degrado. Il diritto di vivere come esseri umani deve essere garantito anche negli istituti penitenziari.
Come da tempo segnalano le voci più autorevoli del settore, provenienti dall’Accademia e dalle libere professioni, un legislatore responsabile dovrebbe affrontare alcuni nodi cruciali: la depenalizzazione di molti reati ed il drastico intervento su alcune leggi che producono carcere in misura maggiore (si pensi, ad esempio, alle norme in materia di stupefacenti), il rafforzamento degli strumenti sanzionatori alternativi alla pena detentiva, il superamento di un approccio complessivo nella legislazione che appare ispirato ad una logica meramente securitaria.
Occorrerebbe dare corpo ad un valore costituzionale di alta civiltà secondo cui la pena ha anche una funzione rieducativa.
Tanto più che il tasso di ricaduta nel reato per coloro che hanno scontato pene in regimi alternativi alla detenzione in carcere è marcatamente inferiore rispetto a quanti hanno scontato tutta la pena in carcere.
Per avere carceri più umane, in attesa di riforme di sistema, ci rivolgiamo a chi ha assunto responsabilità parlamentari, sottoponendogli ad alcune necessità. Ossia.
Prevedere l’ampliamento delle possibilità di accesso alle misure alternative, in particolare superando le presunzioni legali di pericolosità sociale (poste tra le altre dalle numerose norme sulla recidiva e dall’art. 58 quater ord. pen.) e riconsegnando alla magistratura di sorveglianza la responsabilità di valutare, caso per caso e senza automatismi spesso ingiusti, se un condannato possa scontare la pena attraverso percorsi alternativi al carcere.
Prevedere, per i reati che non siano espressione di particolare allarme sociale ed in concreto sanzionabili con pene non elevate, che gli autori vengano messi in carcere (in caso di rigetto delle richieste di misure alternative alla detenzione) soltanto se negli istituti vi siano posti disponibili rispetto alla capienza regolamentare o quantomeno tollerabile.
Rendere permanente la previsione legislativa di esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno (ad oggi fissata dalla legge n. 199/2010 sino al 31 dicembre 2013, con previsione temporanea, in attesa del piano carceri.
Infine, adeguare gli organici della magistratura di sorveglianza, oggi incapace di rispondere tempestivamente alla domanda di giustizia, rafforzandone anche i poteri di vigilanza e la capacità di incidere effettivamente sulle situazioni di violazione dei diritti delle persone detenute.
La legge penitenziaria italiana è una delle migliori sul piano europeo. Ma quanto delineato dai testi normativi è smentito dalle applicazioni sul campo.
I rapidissimi ritocchi normativi suggeriti dovrebbero essere affiancati da ulteriori iniziative, necessarie a garantire che la pena sia effettivamente votata a finalità di recupero del condannato alla società e ponga le condizioni affinché il reo, uscito dal carcere, non ricada nel delitto.
Ci limitiamo a segnalarne alcuni, in particolare l’adeguamento: degli organici del personale addetto agli Uffici Esecuzione; degli organici del personale educativo e sanitario all’interno delle Case circondariali; degli organici del Corpo di Polizia penitenziaria; delle strutture carcerarie, in modo da garantire da un lato la separazione…

Presidenza del Vicepresidente
Giacomo Bugaro

PRESIDENTE. Collega, la invito a concludere.

Maura MALASPINA. Chiedo scusa, Presidente, ma prima è stato dato molto più tempo!

PRESIDENTE. Lei è già 11 minuti che sta parlando, ne avrebbe 10!

Maura MALASPINA. Sì, però prima i tempi sono stati molto più lunghi!

PRESIDENTE. Non presiedevo io, Consigliera Malaspina, quindi non mi assumo la responsabilità di altri. Io applico il regolamento e già sono stato magnanime!

Maura MALASPINA. Concludo! Dicevo, delle strutture carcerarie, in modo da garantire da un lato la separazione, pur prevista dalla legge e rarissimamente attuata nei nostri istituti penitenziari, tra detenuti in custodia cautelare e detenuti condannati con sentenza definitiva, dall’altro lato la creazione di strutture specifiche e funzionali alle peculiari esigenze di particolari categorie di reclusi, come le detenute madri e i tossicodipendenti.
L’appello che rivolgiamo alla politica risponde ad un interesse diffuso della collettività
Primo, il rispetto della dignità delle persone detenute misura la civiltà di un Paese.
Secondo, un carcere che funziona attraverso la praticabilità di percorsi di reinserimento realmente assistiti e progettati, può restituire alla società persone che più difficilmente commetteranno altri reati.
Infine, ma non da ultimo, un carcere a misura d’uomo rappresenta la migliore declinazione di quella richiesta di legalità che giunge dalla società e che si rivolge anche alle istituzioni. Una richiesta che, ci sentiamo in dovere di formulare pubblicamente.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Sicuramente hanno fatto molto bene la collega Romagnoli e il collega Natali a ricordare che oggi ricorre l’anniversario della scomparsa del giudice Borsellino e della sua scorta. E ricordare questa figura in una giornata come questa è altrettanto importante e doveroso. Il Presidente Solazzi l’ha fatto, forse sarebbe stato opportuno farlo all’inizio della seduta, ma l’importante è che ci sia stato. Figure come quella del giudice Borsellino sono esempi importanti da ricordare, come altrettanto importante è accertare la verità su ciò che è accaduto.
Vado al tema di oggi. Aver lanciato tempo fa quell’idea che ha portato all’iniziativa di formare una delegazione di Consiglieri regionali che si sono poi recati nei vari istituti di pena per verificare personalmente le situazioni dei detenuti e di coloro che devono cercare di garantirne la convivenza, è stato sicuramente importante. Seppure da parte dei Consiglieri regionali mi sarei aspettato una maggiore partecipazione a queste visite. Perché al di là della relazione finale ritengo sia importante proprio rendersi conto, conoscere queste realtà del nostro tessuto sociale.
Questa mattina abbiamo avuto un breve incontro con alcuni rappresentanti sindacali degli agenti di polizia penitenziaria. Sono contento che la Presidente della prima Commissione abbia inserito un emendamento che io stesso ho sollecitato, ovvero richiedere al Ministero di Grazia e Giustizia, dipartimento amministrazione penitenziaria, l’assegnazione di personale di polizia penitenziaria negli istituti delle Marche a totale copertura del personale previsto. Perché, anche se non ce n’era bisogno, sapevamo che una delle problematiche relative ai disagi che soffrono le nostre carceri è proprio la carenza di personale di polizia penitenziaria.
Questo non significa voler mettere in secondo piano i diritti dei detenuti, però penso sia importante come pure opportuno ricordare che c’è qualcuno che ha cura di chi comunque ha commesso reati e per i quali deve necessariamente scontare la pena.
Secondo me si dovrebbe focalizzare l’attenzione – come ho detto anche in quel breve incontro di questa mattina – sulle situazioni in cui potremo dare effettivamente un contributo.
Qui ho sentito fare grandi discorsi, anche la proposta di risoluzione presentata mi sembra un po’ una sorta di Treccani di quello che dovrebbe accadere. Io penso, invece, che i problemi siano molto chiari.
L’Assessore Marconi prima parlava dell’accordo fatto per la costruzione del nuovo carcere di Camerino. Invece io credo, senza nulla togliere a Camerino, che sarebbe stato, ed è, più opportuno valutare bene cosa fare di Barcaglione.
Qui si vuole costruire una nuova struttura quando ne abbiamo una che è sottoutilizzata, appunto quella a Barcagliane, inizialmente nata con una motivazione ma oggi non si sa bene cosa sia. Peraltro con una nuova struttura si tolgono risorse che invece potrebbero essere orientate al recupero delle gravi situazioni attuali che sono sotto gli occhi di tutti. Mi riferisco soprattutto a quelle della provincia di Pesaro Urbino, cioè al carcere di Fossombrone e al carcere di Pesaro, ma lo stesso discorso vale anche per gli altri istituti marchigiani, ove ci sono in tutti problemi di ordinaria manutenzione.
Pertanto, visto appunto che c’è una struttura sottoutilizzata, quella di Barcaglione, anziché andare ad investire su una nuova costruzione, le stesse risorse sarebbe opportuno focalizzarle sulla sistemazione delle attuali carceri, intervenendo, possibilmente, anche sull’aumento dell’organico delle forze di polizia penitenziaria. Personale costretto, in alcune situazioni, oltre a fare dei turni massacranti, a non poter rispettare le leggi proprio in un luogo dove invece dovrebbero essere rispettate. Come nel caso, ad esempio, di quando il personale di polizia penitenziaria maschile deve prestare servizio nei reparti femminili, una modalità esplicitamente vietata dalla legge.
E’ quindi evidente, al di là dei grandi documenti, che se si vuole davvero intervenire bisognerebbe focalizzare l’attenzione sull’aumento dell’organico delle forze di polizia, sull’utilizzo appieno delle strutture – poc’anzi ho parlato del carcere di Barcaglione -, come pure sulla manutenzione ordinaria e straordinaria degli istituti di pena, affinché nelle attuali condizioni, ma anche in quelle in prospettiva, sia i detenuti che gli agenti di polizia penitenziaria possano svolgere le loro attività in modo più consono e civile.
Prendo atto di alcuni dati riportati dalla Commissione Tra l’altro io sono già tre anni che aderisco all’iniziativa del Partito Radicale chiamata “Ferragosto in carcere”, che sicuramente è interessante per verificare anno dopo anno quello che è cambiato. Seppure devo dire, purtroppo, che negli ultimi anni è cambiato ben poco. I problemi continuano ad essere gli stessi, quindi, il sovraffollamento, la carenza di personale, la mancanza di manutenzione, l’impossibilità in alcuni casi di dare l’opportunità a coloro che devono scontare la pena di svolgere un minimo di attività lavorativa all’interno del carcere. Insomma, ripeto, i problemi sono sempre gli stessi.
Aggiungo, inoltre, che non dovremmo trascurare neppure quell’aspetto che è squisitamente sanitario. Ad esempio per le donne all’interno del carcere molto spesso, troppo spesso, anche una semplice visita ginecologica diventa un serio problema. Come è un problema il fatto che anche i detenuti devono rivolgersi al servizio regionale attraverso il Cup. Aspetto, quest’ultimo, veramente strano ed assurdo. Per esempio ci sono detenuti che hanno necessità di fare diverse visite, ma non esiste un provvedimento che preveda di accorparle. Potete ben immaginare, con la carenza di personale che c’è, cosa ne consegue quando gli agenti penitenziari sono spesso impegnati a fare da scorta per accompagnare i detenuti a queste visite mediche all’esterno dal carcere.
Ecco, ad esempio questo è un provvedimento fattivo che possiamo assumere, perché in parte è anche di nostra competenza.
Qui da un lato si fanno dei documenti per sollecitare lo Stato a prendere dei provvedimenti, ma dall’altro non siamo capaci di assumerci la responsabilità di modificare neppure quelle modalità che possono forse risultare anche secondarie ma che invece lo sono fino a un certo punto.
Ovviamente il problema del sovraffollamento spesso produce anche atti di autolesionismo o di tentati suicidi. Seppure a volte si giunge a queste gravi manifestazioni magari perché si vuole rompere con quella routine quotidiana. Infatti, come è stato detto da diversi Consiglieri, gli stessi spazi angusti portano a pressioni di tipo psicologico, che, peraltro, troppo spesso vengono risolte attraverso somministrazione di sedativi. Quindi anche l’abuso di simili strumenti è un problema serio.
Penso che la risoluzione proposta dalla Commissione possa andare bene. Mentre sull’altra, pur rispettando e comprendendo il lavoro che è stato fatto, ci sono alcuni aspetti per me non condivisibili ed altri che allargano un po’ troppo il discorso. Quando secondo me, invece, come ho anticipato all’inizio del mio intervento, dovremmo focalizzare principalmente su questi punti, ripeto: sovraffollamento, manutenzione degli edifici, assegnazione del personale di polizia penitenziaria secondo l’organico previsto dalla normativa, sia affinché il carcere possa funzionare, sia per fare in modo che le persone che lavorano all’interno delle strutture carcerarie possano avere le giuste opportunità di lavoro. Persone, aggiungo, che a loro volta, proprio per lo stress che deriva da turni a volte massacranti, non sono indenni da problematiche di tipo psicologico.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi passiamo alla votazione delle proposte di risoluzioni presentate.

Proposta di risoluzione della I Commissione presentato sulla Relazione:
“L’Assemblea legislativa delle Marche
Vista la legge 26 luglio 1975 n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative limitative della libertà”;
Visto il DPR 30 giugno 2000 “Regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975 n. 354”;
Vista la legge regionale 13 ottobre 2008 n. 28 “Sistema regionale integrato degli interventi a favore di soggetti adulti e minorenni sottoposti a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria ed a favore degli ex detenuti” ed in particolare gli articoli 2 e 10;
Considerata l’attività della delegazione dei consiglieri regionali che ha effettuato visite a tutti gli Istituti penitenziari marchigiani;
Considerati i disagi dei detenuti dovuti alla situazione di sovraffollamento che colpisce gran parte degli istituti penitenziari marchigiani;
Rilevato il degrado di alcune strutture carcerarie come quella di Fermo;
Vista la grave carenza di organico di polizia penitenziaria;
Rilevata la marginalità dei detenuti che fruiscono di attività trattamentali, fatto che si frappone alla piena realizzazione dell’articolo 27 della Costituzione, in base al quale le pene devono tendere anche alla rieducazione del condannato;
Impegna la Giunta regionale
- a porre in essere, presso i competenti organi statali, ogni idonea iniziativa volta a superare la situazione di sovraffollamento di alcuni istituti penitenziari marchigiani anche promuovendo azioni per assicurare il pieno utilizzo delle strutture esistenti, come quella di Barcaglione, al fine di consentire la decongestione delle strutture di Fermo, Montacuto e Camerino;
- ad avviare, in particolare, un approfondimento con le istituzioni locali e governative al fine di risolvere le problematiche emergenti di Fermo e Camerino in vista della realizzazione del nuovo carcere di Camerino;
- ad assicurare la piena attuazione delle disposizioni dell’articolo 10 della l.r. 13 ottobre 2008 n. 28 concernenti le attività trattamentali dei detenuti con particolare riferimento alle iniziative culturali, di sostegno alle biblioteche ed ai laboratori teatrali nonché alla manutenzione delle strutture sportive, attraverso idonee previsioni contenute nella programmazione dei settori interessati;
- ad attivare azioni volte ad assicurare l’inserimento lavorativo dei detenuti, anche potenziando l’attività formativa all’interno degli istituiti penitenziari, con particolare riferimento ai corsi di alfabetizzazione per i detenuti extracomunitari ed analfabeti;
- ad orientare gli Ambiti territoriali sociali alla realizzazione di progetti finalizzati all’inserimento sociale, nel territorio di competenza, degli ex detenuti;
Impegna inoltre il Presidente dell’Assemblea legislativa ad assicurare il monitoraggio delle condizioni di vita all’interno delle carceri attraverso la prosecuzione dei lavori della delegazione assembleare; nonché attraverso la valutazione degli effetti delle azioni regionali previste dalla normativa vigente.”.

A questa proposta di risoluzione sono stati presentati due emendamenti
Emendamento n. 1 della I Commissione:
Dopo le parole “Impegna la Giunta regionale “inserire il seguente punto: “a richiedere al Ministero della Giustizia - Dipartimento di amministrazione penitenziaria - l’assegnazione del personale di polizia penitenziaria negli istituti delle Marche a totale copertura del personale previsto;”.
Lo pongo in votazione.

(L’Assemblea legislativa approva)

Emendamento n. 2 dei Consiglieri Romagnoli, Ortenzi, Natali:
Aggiungere alla fine: “Esprime in occasione dell’anniversario dell’attentato al giudice Paolo Borsellino ed alla sua scorta la propria solidarietà e sostegno a quanti, nella magistratura e nelle Forze di Polizia, assicurano nell’adempimento delle proprie funzioni e a rischio della vita, il rispetto della legalità, il contrasto alla malavita e la tutela dei diritti delle persone, anche in condizione di reclusione.”.
Lo pongo in votazione.

(L’Assemblea legislativa approva)

Proposta di risoluzione (su relazione), così come emendata. La pongo in votazione.

(L’Assemblea legislativa approva)

Proposta di risoluzione, presentata sulla mozione n. 165, a firma dei Consiglieri Eusebi, Camela, Cardogna, Binci, Giorgi, Acacia Scarpetti, Malaspina, Donati:
“L’Assemblea legislativa delle Marche,
Vista la legge 26 luglio 1975 n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative limitative della libertà”;
Visto il DPR 30 giugno 2000 “Regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975 n. 354”;
Vista la legge regionale 13 ottobre 2008 n. 28 “Sistema regionale integrato degli interventi a favore di soggetti adulti e minorenni sottoposti a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria ed a favore degli ex detenuti” ed in particolare gli articoli 2 e 10;
Considerata l’attività della delegazione assembleare regionale che ha effettuato visite a tutti gli Istituti penitenziari marchigiani, alle strutture sanitarie interessate al trattamento dei detenuti ed alle strutture della regione che si occupano del reinserimento nel mondo del lavoro delle persone che provengono da uno stato di carcerazione;
Considerati i disagi dei detenuti dovuti alla situazione di sovraffollamento che colpisce gran parte degli istituti penitenziari marchigiani;
Rilevato il degrado di alcune strutture carcerarie come quella di Fermo;
Rilevata che soltanto una quota marginale dei detenuti fruisce a pieno di attività trattamentali, fatto che si frappone alla piena realizzazione dell’articolo 27 della Costituzione, in base al quale le pene devono tendere anche alla rieducazione del condannato;
Ascoltata la relazione della Presidente della prima Commissione sull’esito delle visite effettuate dalla Delegazione assembleare presso le carceri delle Marche;
Esaminata la “Relazione 2010” del Garante dei diritti dei detenuti sulla situazione carceraria nella regione Marche;
Esaminati i rilievi pervenuti da alcune Associazioni di volontariato che operano nelle carceri marchigiane;
Accolti alcuni suggerimenti presenti nel documento redatto da associazioni operanti a fianco dei detenuti;
Visti i gravi episodi di violenza che si sono verificati nei giorni scorsi presso la Casa Circondariale di Ancona;
Constatata la pesante inadeguatezza numerica di agenti di Polizia Penitenziaria ed accogliendo le richieste formulate nell’incontro con i sindacati del settore;
Tenendo sempre ben presente il principio della certezza della pena e del recupero dell’essere umano alla società civile ed alla luce di quanto prescrive l’art. 27 della Costituzione italiana secondo cui “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”;
Chiede al Presidente di questa Assemblea ed al Presidente Spacca di inviare una lettera al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) per sollecitare l’assegnazione di agenti di polizia penitenziaria per le carceri di Pesaro, Fossombrone, Ancona ed Ascoli Piceno;
Chiede che il Presidente Spacca solleciti al Ministero della Giustizia:
- un incontro della Delegazione Regionale e dell’Ombudsman con il Ministro della Giustizia ed il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria alla presenza dei Direttori degli Istituti penitenziari marchigiani per assicurare un pieno utilizzo delle strutture e rifunzionalizzare la casa di reclusione di Ancona-Barcaglione al fine di consentire la decongestione di Ancona-Montacuto, Fermo e Camerino;
- ad avviare, in particolare, un approfondimento con le istituzioni locali e governative al fine di risolvere le problematiche emergenti di Fermo e Camerino in vista della realizzazione del nuovo carcere di Camerino ;
- un aumento degli agenti di custodia di polizia penitenziaria non solo con il segnalato arrivo delle 30 unità aggiunte, che non coprirebbe affatto il fabbisogno complessivo, ma ripristinando la pianta organica e la revisione della stessa ormai obsoleta;
- affinché il Ministro dia il via ad una riforma sostanziale del Codice Penale, che promuova una drastica riduzione delle fattispecie di reato e comunque una generale depenalizzazione e riduzione delle pene per i reati che non destano grande allarme sociale, affinché il ricorso al carcere sia l’extrema ratio a fronte dei comportamenti antisociali di maggiore gravità in particolare:
- la depenalizzazione di alcuni reati minori,
- limitare l’utilizzo della custodia cautelare in carcere a favore di arresti domiciliari,
- modifiche di legge, per i reati connessi all’uso e spaccio di sostanze stupefacenti, in maniera da prevedere con più frequenza una maggiore applicazione di misure detentive alternative in comunità protette o attraverso attività socialmente utili,
- la revisione della Legge cosidetta ex-Cirielli che, con l’introduzione della disciplina del “recidivo reiterato”, penalizza l’accesso a misure alternative per molti casi di microcriminalità e tossicodipendenza che fuori dal carcere sarebbero più facilmente recuperabili alla società civile,
- pretendere e facilitare il trasferimento di detenuti stranieri nelle carceri dei rispettivi Paesi di provenienza,
- l’estensione dell’istituto della sospensione del procedimento con la messa in prova dell’imputato che, vista la sua positiva sperimentazione nel settore minorile, risulterebbe efficace nel contrasto di fenomeni di microcriminalità e - a protezione dei cosiddetti “giovani carcerati”, prevenendone l’evoluzione verso manifestazioni criminali più pericolose;
tutto al fine di decongestionare gli Istituti penitenziari e ridurre per il futuro il ricorso alla carcerazione;
Che il Presidente Spacca e l’Assessore Marconi si attivino presso la Conferenza Stato-Regioni affinché venga posta immediata attenzione alla grave “emergenza carceri” proponendo:
- incremento delle dotazioni dei beni di prima necessità che attualmente coprono solo in parte le esigenze dell’intera popolazione carceraria marchigiana, anche con accordi Regione-DAP;
- misure atte al miglioramento dell’intero sistema di tutela sanitaria e socio sanitaria delle persone detenute, trasferito di recente dallo Stato alle Regioni (specialistica, diagnostica, odontoiatria, assistenza psicologica e neurologica etc,), tenendo conto della specificità delle problematiche connesse alla detenzione e con particolare attenzione al “triage”, sia in carcere che presso gli ospedali vicini, studiando delle linee guida per migliorare l’accesso ed il monitoraggio del paziente carcerato e favorire il diretto rapporto medico-detenuto; si ponga inoltre attenzione alle carenze che spesso mettono a rischio gli operatori penitenziari costretti a confrontarsi giornalmente con detenuti affetti da malattie contagiose e/o psichiatriche;
- facilitare interventi per il miglioramento delle relazioni tra detenuti e famigliari;
- inserimento nel bilancio regionale 2012 e successivi, di un capitolo di spesa per gli Istituti penitenziari con un fondo unico assegnato al competente Assessorato, gestito e rendicontato direttamente dai Direttori degli Istituti di pena, finalizzato a coprire spese di materiale ed attrezzature per interventi migliorativi dell’utilizzazione degli spazi carcerari (manutenzione e piccole riparazioni immobili, piantumatura, floricultura, etc.), secondo richiesta degli stessi detenuti;
- accordi con le amministrazioni comunali, dove sono ubicati gli Istituti di pena, e gli Uffici di esecuzione penale esterna - UEPE - per percorsi di reinserimento attraverso “attività socialmente utili” (LSU comunali, case di riposo, comunità, ecc);
- facilitazioni per l’utilizzo e la vendita di manufatti, alimenti, vegetali e piante, prodotti all’interno di alcuni istituti penitenziari (Macerata Feltria, Barcaglione ecc.) semplificando i regolamenti in materia e con finanziamenti a “cooperative miste” (detenuti-imprenditori);
- convenzioni con l’Ufficio scolastico regionale - USR - e gli Istituti Tecnici (es. alberghieri, tecnologici) finalizzate alla crescente richiesta di professionalizzazione dei minori ospiti in comunità;
- convenzioni con USR e gli Istituti di riferimento per percorsi formativi sia professionalizzanti che culturali, volti ad assicurare l’inserimento lavorativo (o il reinserimento nei programmi d’istruzione in caso di età scolare) dei detenuti, anche potenziando l’attività formativa all’interno degli istituiti penitenziari, con particolare riferimento ai corsi di alfabetizzazione per i detenuti extracomunitari ed analfabeti;
e che da ciò nasca un tavolo di concertazione che veda la Regione Marche come capofila di un progetto pilota della durata triennale;
Che il Presidente Spacca e la Giunta regionale sollecitino le Province, nel cui territorio si trova un carcere, a distaccare proprio personale per l’orientamento e il reinserimento nel mondo del lavoro e per attivare uno sportello dell’ufficio di collocamento (come quello presente ad es. a Pesaro e a Fermo):
- per bilancio competenze,
- per informazioni sulla domanda/offerta dal mondo del lavoro;
Che la Giunta regionale:
- assicuri adeguati finanziamenti e la piena attuazione delle disposizioni dell’articolo 10 della l .r. 13 ottobre 2008 n. 28 concernenti le attività trattamentali dei detenuti con particolare riferimento alle iniziative culturali, di sostegno alle biblioteche ed ai laboratori teatrali, nonché alla manutenzione delle strutture sportive, attraverso idonee previsioni contenute nella programmazione dei settori interessati;
- orienti gli Ambiti territoriali sociali alla realizzazione di progetti finalizzati all’inserimento sociale nel territorio di competenza degli ex detenuti.
Impegna, inoltre, il Presidente dell’Assemblea legislativa ad assicurare il monitoraggio della condizioni di vita all’interno delle carceri attraverso la prosecuzione dei lavori della Delegazione assembleare, nonché attraverso la valutazione degli effetti delle azioni regionali previste dalla normativa vigente”.
Ha chiesto la parola il Consigliere Cardogna, ne ha facoltà.

Adriano CARDOGNA. Questa proposta di risoluzione è a firma del sottoscritto e dei Consiglieri Eusebi, Camela, Binci, Giorgi, Scarpetti, Donati, Malaspina. Sarò abbastanza breve, com’è nel mio stile, ma anche perché il testo è in possesso dei Consiglieri.
Potrei sembrare minimalista ma devo dire che ho apprezzato tantissimo il dibattito che c’è stato sulla relazione, come ho apprezzato la sensibilità, non scontata, secondo me, che i Consiglieri hanno espresso sul tema.
Quello che proponiamo con questa risoluzione, come dice il Consigliere D’Anna, forse appare un decalogo, ma l’occasione che ci veniva offerta a seguito dei lavori della prima Commissione non è ripetibile e quindi andava utilizzata in questo senso.
Riconosciamo l’ottimo lavoro fatto dalla prima Commissione e anche dal gruppo dei Consiglieri che hanno dato seguito ad una indicazione della Assemblea legislativa, ovvero quella di visitare le carceri della nostra regione.
E’ stato fatto un ottimo lavoro di ricognizione e di monitoraggio che ha individuato tre criticità: il sovraffollamento, la carenza di organico di polizia penitenziaria e il deficit delle attività trattamentali che vengono messe in atto negli istituti penitenziari della nostra regione, ma non solo, il problema infatti riguarda un po’ tutte le carceri italiane.
E’ una relazione che non rende del tutto giustizia, ma lo dico in senso positivo, del dibattito molto ricco avvenuto tra i Consiglieri all’interno della Commissione. Di cui oggi ne abbiamo avuto testimonianza, secondo me, dall’intervento della relatrice di minoranza Romagnoli.
La risoluzione che oggi proponiamo, quindi, parte da questi punti di criticità, ma sopratutto è perché vogliamo vedere realizzato l’articolo 27 della nostra Costituzione, come ricordato in quest’Aula da tutti i Consiglieri. E tiene anche conto della relazione del 2010 fatta dal Garante dei diritti dei detenuti. In essa si sono inoltre raccolte le osservazioni, le indicazioni e le preoccupazioni delle maggiori associazioni del volontariato e delle associazioni operanti a fianco dei detenuti.
La risoluzione prevede una iniziativa molto articolata verso il Ministero della giustizia. Qui però voglio soffermarmi su quell’aspetto che potrebbe dare risposte alla prima criticità rilevata dal documento della prima Commissione, ovvero il sovraffollamento. Quindi si chiede una drastica riduzione delle fattispecie di reato e comunque una generale depenalizzazione e riduzione delle pene per i reati che non destano grande allarme sociale, affinché il ricorso al carcere sia l’extrema ratio a fronte dei comportamenti antisociali di maggiore gravità. Nella risoluzione li elenchiamo, non voglio tediarvi nel ripeterli.
Una seconda iniziativa va in direzione della Conferenza Stato-Regioni. Chiediamo che il nostro Presidente di Giunta si faccia interprete. Perché urgono azioni riguardo le attività trattamentali che possano facilitare il miglioramento delle relazioni tra detenuti e familiari.
La parte che riguarda la spesa non ritengo infici minimamente – è stato un dubbio espresso - lo spirito della risoluzione. L’Assessore Marconi, dopo una spiegazione, ha colto bene l’intendimento che avevamo con questa risoluzione.
Quindi questa nostra proposta rafforza l’attività della prima Commissione, la sua relazione, richiamando ogni parte in causa a fare ciò che va fatto. Intanto nel dare migliore attuazione a ciò che già esiste – ad esempio penso ai trattamenti alternativi alla pena che già è possibile perseguire e che dunque andrebbero incoraggiati e incentivati –. Ma senza tralasciare le modifiche al codice penale, che possano sì in prospettiva alleggerire la situazione delle nostre carceri, ma che in questo momento è funzionale a mettere in atto tutte quelle azioni che possono trattare il detenuto – che è in carcere per tutta una serie di reati che è ben comprensibile capire quali possano essere - fuori dall’istituto penitenziario, dimensione che rappresenta pur sempre una separatezza grande, totalizzante, rispetto alla società civile.
Quindi nello spirito della discussione, pur comprendendo i distinguo fatti dai vari Consiglieri, mi auguro l’approvazione di questa risoluzione.
A margine voglio fare una riflessione personale. Un uomo nel momento in cui diventa un detenuto va nelle mani dello Stato, viene custodito dallo Stato, quindi, indipendentemente dal reato commesso o dalle caratteristiche del soggetto, dovrebbe diventare un soggetto sacro da tutelare nel modo più esemplare possibile.
Questo secondo me, ma come anche tutti voi riconoscete, dovrebbe essere il principio guida, lo ritengo un dato di civiltà importante.
Per cui intanto dobbiamo riguardare le nostre riflessioni - do atto a questa Assemblea di averle oggi introdotte -. Ma soprattutto occorre cominciare a dare un inizio su tutto ciò che potrà essere realizzato. Negli ultimi sessant’anni niente è più stato fatto!
E voglio infine dire, sempre come commento personale, che ho apprezzato anche la riflessione fatta dal Consigliere Umberto Trenta.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. A titolo non solo personale ma anche come relatrice di minoranza, avendo sentito anche i Consiglieri di minoranza, dico che abbiamo delle perplessità sul voto di questa risoluzione. Perché seppur sia in gran parte condivisibile entra comunque, collega Cardogna, in un merito molto molto specifico, direi quasi tecnico. Parla di revisioni sia di leggi dell’ordinamento penitenziario sia di leggi ordinarie. Peraltro su tale impostazione non abbiamo neppure svolto discussione. Infatti, sia a livello di delegazione, sia a livello di prima Commissione, ci siamo limitati a fotografare la situazione carceraria e a proporre quelle misure considerate urgenti e strutturali e quindi l’adozione di provvedimenti necessari ad alleviare la situazione interna carceraria. Per cui non ci siano addentrati sull’aspetto puramente legislativo. Invece in questa proposta di risoluzione, addirittura, ci sono delle anticipazioni della futura riforma della giustizia.
Ripeto, io su buona parte della impostazione sono anche d’accordo. Al di là della depenalizzazione che, come ho già detto, non mi vede consenziente. Cioè, che il tossicodipendente non debba stare in carcere ritengo sia anch’esso un principio di civiltà. Un principio che non andrebbe neppure ribadito. Invece purtroppo un tossicodipendente in carcere ci sta per le disfunzioni e anche per il cattivo uso o poco uso delle misure alternative. E quindi parliamo anche della sospensione. Un conto è la misura alternativa pura e semplice e un conto è la sospensione della pena. In ogni caso la misura alternativa c’è ma non viene quasi mai consentita. Poi c’è anche tutto quello che riguarda la riforma del giudice di sorveglianza e tanti altri aspetti.
Però, ecco, su questo non ci sentiamo di addentrarci. Peraltro sulla giustizia ognuno ha la sua visione. La giustizia e soprattutto il diritto risente della cultura personale e politica di ognuno, non solo forense.
Quindi questa risoluzione non possiamo votarla, magari rimandiamo ad un approfondimento, come è stato fatto per il resto, che infatti ha portato ad un’approvazione unanime della precedente risoluzione.

PRESIDENTE. Proposta di risoluzione (su mozione n. 165). La pongo in votazione.

(L’Assemblea legislativa approva)


Sull’ordine del giorno

PRESIDENTE. Come da accordi presi nella Conferenza dei Capigruppo, devo porre in votazione il rinvio delle nomine degli Erap, con l’impegno che verranno iscritte come primo punto del prossimo ordine del giorno. Prego votare.

(L’Assemblea legislativa approva)

La seduta è tolta, ci vediamo martedì prossimo.

La seduta termina alle ore 13,10