Resoconto seduta n. 101 del 18/09/2002
La seduta inizia alle 10,40


Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del R.I., il processo verbale della seduta n. 100 del 24 luglio 2002.



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 135 in data 18 luglio 2002, ad iniziativa dei consiglieri Gasperi, Romagnoli, Ciccioli, Pistarelli, Castelli, Novelli e Massi, concernente: «Gestione dei beni civili e collettivi e riordino degli organismi di gestione», assegnata alla III Commissione in sede referente e alla II per il parere obbligatorio;
— n. 136 in data 22 luglio 2002, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Sistema integrato di servizi per l’infanzia, per lo sviluppo di politiche a favore degli adolescenti e di sostegno alla genitorialità e alla famiglia», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla II per il parere obbligatorio;
— n. 137 in data 26 luglio 2002, ad iniziativa dei consiglieri Avenali, Procaccini, Tontini, Viventi, Gasperi e Cesaroni, concernente: «Modifiche alla legge regionale 20 maggio 1997, n. 33: interventi per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato marchigiano» assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 138 in data 1 agosto 2002, ad iniziativa dei consiglieri Minardi, Amagliani, Grandinetti, Giuseppe Ricci e Cesaroni, concernente: «Riorganizzazione della struttura amministrazione del Consiglio regionale delle Marche», assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 139 in data 9 agosto 2002, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Intervento regionale in favore dell’associazione per la formazione al giornalismo», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 140 in data 9 agosto 2002, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Programma di riordino territoriale ed incentivi alla gestione associata intercomunale di funzioni e servizi», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 91 in data 9 agosto 2002, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Esame bilancio consuntivo 2001 dell’ASSAM – legge regionale 14 gennaio 1997, n. 9, art. 14, comma 3», assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 92 in data 9 agosto 2002, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Riordino del sistema regionale per l’informazione, formazione, educazione ambientale (INFEA Marche), assegnata alla IV Commissione in sede referente».



Proposta di regolamento
(Annuncio)

PRESIDENTE. E' stata presentata la proposta di regolamento n. 2, in data 1 agosto 2002, ad iniziativa dei consiglieri Minardi, Amagliani, Grandinetti, Giuseppe Ricci e Cesaroni, concernente: «Regolamento per la riorganizzazione della struttura amministrativa del Consiglio regionale», assegnata alla II Commissione in sede referente.

Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 221 del consigliere Massi, «Sconfinamento discarica di Morrovalle nel Comune di Montelupone»;
— n. 222 dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Grandinetti, Cesaroni, Trenta, Viventi, Favia, Ciccioli, Gasperi, Pistarelli, Romagnoli, Castelli, Novelli e Massi, «Tutela e promozione dei diritti dei minori»;
— n. 223 dei consiglieri Romagnoli, Ciccioli, Castelli, Pistarelli, Gasperi e Novelli, «Funzionamento Commissione per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna della Regione Marche»;
— n. 224 dei consiglieri Silenzi, Avenali, Franceschetti e Mollaroli, «Illegale richiesta degli elenchi dei lavoratori sindacalizzati»;
— n. 225 dei consiglieri Gasperi, Ciccioli, Pistarelli, Castelli, Romagnoli e Novelli. «Trasformazione dell’Azienda Ospedaliera San Salvatore di Pesaro in un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico per realizzare un centro d’eccellenza per la scuola internazionale di Talassemia»;
— n. 226 dei consiglieri Favia e Cesaroni, «Realizzazione di postazioni radiotelevisive in località Monte Solazzi di Senigallia»;
— n. 227 dei consiglieri Giannotti e Brini: «Annullamento delibera n. 1444 – agevolazioni tariffarie sui servizi di trasporto pubblico regionale e locale»;
— n. 228 del consigliere Cesaroni, «Ampliamento organico del personale medico e infermieristico, ampliamento spazi, potenziamento delle strutture del reparto oncologia Ospedale di Macerata»;
— n. 229 dei consiglieri Giannotti, Brini, Cesaroni, Trenta, Ceroni, Favia, Gasperi, Ciccioli, Castelli, Novelli, Pistarelli, Viventi, Romagnoli, Massi e Grandinetti, «Specificità territoriale dell’Alta Valle del Marecchia».



Nomina

PRESIDENTE. Ho provveduto, con il decreto sottoelencato n. 91 in data 5 settembre 2002, del: «Comitato Tecnico Sanitario Regionale – Sostituzione di due componenti».




Leggi regionali promulgate dalla Giunta

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato le seguenti leggi:
— n. 10 in data 24 luglio 2002 «Misure urgenti in materia di risparmio energetico e contenimento dell’inquinamento luminoso»;
— n. 11 in data 24 luglio 2002 «Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità»;
— n. 12 in data 24 luglio 2002 «Norme sulla detenzione e sul commercio di animali esotici»;
— n. 13 in data 24 luglio 2002 «Celebrazione del cinquantesimo anniversario della morte di Maria Montessori»;
— n. 14 in data 24 luglio 2002 «Modificazioni alla legge regionale 17 dicembre 1999, n. 33, concernente: »Nuove norme e modifiche alla legge regionale 1° dicembre 1997, n. 71: norme per la disciplina delle attività estrattive»;
— n. 15 in data 29 luglio 2002 «Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso autotrazione»;
— n. 16 in data 29 luglio 2002 «Modifiche alla legge regionale 2 agosto 1984, n. 20, concernente “Disciplina delle indennità spettanti agli amministratori degli enti pubblici operanti in materia di competenza regionale e ai componenti di commissioni, collegi e comitati istituiti dalla Regione o operanti nell’ambito dell’amministrazione regionale”».

Impugnazione legge regionale
avanti la Corte costituzionale

PRESIDENTE. La presidenza del Consiglio dei ministri ha impugnato avanti la Corte Costituzionale la legge regionale n. 9, in data 18 giugno 2002, «Attività regionali per la promozione di diritti umani, della cultura di pace, della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale».



Deliberazioni inviate dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 1368 in data 23 luglio 2002, concernente: «Attuazione delle disposizioni recate dalla legge regionale n. 9/2002 concernente: “Attività regionali per la promozione dei diritti umani, della cultura di pace, della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale»”;
— n. 1369 in data 23 luglio 2002, concernente: «Art. 28 della legge regionale n. 7/2002 – variazione compensativa degli stanziamenti di capitoli collocati all’interno della UPB 10202 “Adesioni, spese di rappresentanza e convegnistica – corrente»;
— n. 1370 in data 23 luglio 2002, concernente: «Art. 4 della legge regionale n. 6/2002 – reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione (Euro 6.266.555,00) e modifiche al programma operativo annuale 2002»;
— n. 1371 in data 23 luglio 2002, concernente: «Art. 27 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato per il finanziamento una tantum degli interventi a favore della mobilità ciclistica per l’importo di Euro 386.981,68»;
— n. 1372 in data 23 luglio 2002, concernente: «Art. 27 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizioni nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato per il finanziamento dell’offerta turistica di cui all’art. 6 della legge n. 135/2001»;
— n. 1373 in data 23 luglio 2002, concernente: «Art. 27 comma 1 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti da assegnazione dallo Stato per il fondo regionale di protezione civile – Euro 5.304.381,25»;
— n. 1374 in data 23 luglio 2002, concernente: «Art. 27 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato per la corresponsione di borse di studio – Legge 390/91 e iscrizione delle relative spese (Euro 595.544,45) e modifiche al programma operativo annuale 2002»;
— n. 1455 in data 2 agosto 2002, concernente: «Variazione al programma operativo annuale per l’anno 2002 – attuazione programma regionale INFEA Marche 2002/2003. Euro 353.256,51»;
— n. 1595 in data 3 settembre 2002, concernente: «Art. 27 comma 1 della legge regionale 23 aprile 2002 n. 7 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per interventi di edilizia ospedaliera (Euro 104.995,69)»;
— n. 1596 in data 3 settembre 2002, concernente: «Art. 27 comma 2 della legge regionale 23 aprile 2002, n. 7 di entrate derivanti da soggetti terzi a titolo di contributo per l’attuazione dell’indagine statistica – risultati economici delle aziende agricole – R.E.A. – anno 2002 (Euro 13.702,89);
— n. 1597 del 3 settembre 2002, concernente: “Art. 27 comma 2 della legge regionale 23 aprile, n. 7 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dal pagamento del permesso di raccolta funghi (Euro 174.542,70)»;
— n. 1598 del 3 settembre 2002, concernente: «Art. 27 comma 2 della legge regionale 23 aprile 2002, n. 7 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato per il finanziamento della copertura delle maggiori occorrenze finanziarie del Servizio Sanitario Nazionale per l’anno 2000 (Euro 39.250.724,33)”»;
— n. 1608 in data 10 settembre 2002 «Art. 22, comma 3 – legge regionale 31/2001 – variazione al bilancio di cassa per l’anno 2002, Euro 1.563,514,47»;
— n. 1609 in data 10 settembre 2002 «Art. 27 comma 1 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per progettazione preliminare relativa alla sistemazione della bretella stradale svincoli A14/SS16. Euro 340.861,55»;
— n. 1610 in data 10 settembre 2002 «Art. 27 comma 1 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per le politiche migratorie. Euro 331.487,52»;
— n. 1611 in data 10 settembre 2002 «Art. 4 comma 2 della legge regionale n. 6/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di recuperi relativi a stanziamenti aventi specifica destinazione. Euro 36.651,91»;
— n. 1612 in data 10 settembre 2002 «Attuazione delle disposizioni recate dalla legge regionale n. 10/2002 concernente “Misure urgenti in materia di risparmio energetico e contenimento dell’inquinamento luminoso" Euro 260.000,00»;
— n. 1613 in data 10 settembre 2002 «Art. 27 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per la realizzazione dell’accordo di programma firmato in data 9 agosto 2001 art. 63 del Decreto legislativo 112/98 – Euro 422.491,19»;
— n. 1614 in data 10 settembre 2002 «Attuazione delle disposizioni recate dalla legge regionale n. 11/2002 concernente: “Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità – Euro 206.582,76”;
— n. 1615 in data 10 settembre 2002 «Attuazione delle disposizioni recate dalla legge regionale n. 13/2002 concernente: “Celebrazione del cinquantesimo anniversario della morte di Maria Montessori – Euro 51.645,69”»;
— n. 1616 in data 10 settembre 2002 «Art. 27 della legge regionale n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti da assegnazioni statali per l’esercizio delle funzioni amministrate conferite dal Decreto Legislativo n. 112/1998 in materia di concessione dei trattamenti economici a favore degli invalidi civili. Euro 60.986,86»;
— n. 1618 in data 10 settembre 2002 «Art. 20 comma 3 legge regionale n. 31/2001 – prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie per l’integrazione dello stanziamento del capitolo di spesa 10301119 compreso nell’elenco n. 4 – elenco delle spese dichiarate obbligatorie – del bilancio 2002 (Euro 153.114,36)».



Commemorazione

PRESIDENTE. Voglio ricordare la figura dell'ex consigliere regionale Aroldo Palombini che è stato tra i nostri banchi nelle file del gruppo della Democrazia cristiana nella prima e nella seconda legislatura, recentemente scomparso, all'età di 75 anni. Sindaco del Comune di Cerreto d'Esi per due volte consecutive, è stato presidente della Commissione per l'elaborazione dello Statuto regionale attualmente in vigore, assessore all'urbanistica e, successivamente, presidente della Commissione sanità. Questo per riconoscerne il contributo alla definizione della fisionomia della Regione Marche, delle regole fondamentali che sono ancora alla base del nostro ordinamento regionale.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Procaccini. Ne ha facoltà.

Cesare PROCACCINI. Chiedo di discutere, durante la seduta di questa mattinata, diverse interrogazioni, tra cui quella del sottoscritto, sulla crisi dello stabilimento ex Cartiere Miliani di Fabriano e di Castelraimondo.

PRESIDENTE. Questo è stato l'impegno preso anche nella seduta della Conferenza dei presidenti di gruppo. Nella seduta antimeridiana l'assessore sarà in grado di rispondere.



Mozioni (Discussione e votazione proposte di risoluzione):
«Censura dei libri di testo di storia italiana nelle scuole», Procaccini e Martoni (56)
«Obbligatorietà dei manuali scolastici», Castelli, Novelli e Pistarelli (57)
«Censura dei libri di testo nella storia delle scuole», Silenzi, Amati e Mollaroli (61)
«Progetto educativo del Comune di Pesaro che prevede la diffusione del libro di Norberto Bobbio nelle scuole superiori di Pesaro», Mollaroli, Silenzi, Secchiaroli, Ascoli e Amagliani (173)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le mozioni n. 56 dei consiglieri Procaccini e Martoni, n. 61 dei consiglieri Silenzi, Amati e Mollaroli e n. 173 dei consiglieri Mollaroli, Silenzi, Secchiaroli, Ascoli e Amagliani.
Ha la parola il consigliere Procaccini per illustrare la mozione n. 56.

Cesare PROCACCINI. E' trascorso molto tempo dalla presentazione di questa e di altre mozioni sul problema della censura dei libri di testo, tuttavia ritengo ancora di attualità il problema, perché questa mozione sulla censura dei libri di testo delle scuole proposta da Alleanza nazionale alla Regione Lazio e fatta propria dal presidente Storace, è stata presentata affinché il Consiglio regionale delle Marche levi la propria voce rispetto ad un atto che secondo noi rappresenta, se ce ne fosse bisogno, la pericolosità della destra sul terreno sociale e culturale ed il disprezzo per la Costituzione, proprio perché nata contro il fascismo e contro il nazismo.
L'atto compiuto dalla maggioranza che governa il Lazio  la cosiddetta "Casa delle libertà — che a Roma e nel Lazio stesso è egemonizzata da Alleanza nazionale, non è un gesto solo di anticostituzionalità, in quanto l'art. 33 della nostra Costituzione demanda, appunto, la prerogativa della scelta dei libri di testo agli insegnanti, per una scuola libera e pluralista e nessuna commissione e nessun Consiglio regionale possono imporre la riscrittura della storia del nostro Paese, ma è anche un atto di una gravità assoluta che si iscrive in un quadro di attacco ai presidi democratici: il Parlamento, la scuola, la magistratura, il vergognoso attacco al sindacato e ai lavoratori. Revisionismo frettoloso, sottovalutazione del pericolo della destra anche in settori di sinistra sono miscele che insieme alla forza autonoma che la destra esprime in sé, rischiano di indebolire giorno dopo giorno la democrazia nel nostro Paese.
Esistono certo motivazioni nel gesto di Storace, per così dire elettoralistiche, di Alleanza nazionale che soffre sempre di più la supremazia elettorale e di immagine di Berlusconi ed ha anche motivazioni di lotta fratricida dentro il partito di An stessa, dove la decisione di istituire la commissione di censura nel Lazio ha spiazzato un imbarazzato Fini, giacché con questa mossa Storace ha compiuto un gesto da leader con pretese nazionali ed ha imposto al mal sopportato "capo" — Fini — di schierarsi, riducendosi al ruolo di gregario in questo caso. C'è anche questa componente in quella decisione, ma questo ci interessa molto di meno.
Inoltre, come non vedere gli effetti della retorica sul federalismo spinto, che nei fatti spezza, oltre all'unità statuale intesa come coesione sociale, anche quella culturale? Quella retorica profusa a piene mani sui maggiori poteri dei presidenti delle Regioni, sempre più spesso equiparati ai governatori americani. Probabilmente, senza questo sfondo uno Storace qualsiasi non si sarebbe montato la testa fino al punto di imporre una commissione per "depurare" i libri di testo. Ora invece, nel coro ipocrita dell'antistatalismo egli si affianca a Formigoni che giura fedeltà alla Lombardia e a Galan, che scrive uno statuto ad hoc per la secessione del Veneto. Per non parlare della Lega nord, madre e padre di questa cultura.
Insieme alla cultura autoritaria torna l'ossessione dell'anticomunismo, così Storace si colloca come il classico allievo che superò il maestro — Berlusconi — con la continuità di un attacco concentrico alla scuola pubblica e ai libri, elementi di cultura e di civiltà e ai manuali di storia accusati spudoratamente di essere marxisti.
Ripensando a tanti anni fa, al 1960, ricordo benissimo il mi libro di testo di II elementare in titolato "Las via migliore", dove per descrivere il prototipo del bravo soldato quel libro portava l'esempio con tanto di disegno, del fante americano che in Corea e in tutto il mondo — così era scritto — "aveva riportato la civiltà contro il comunismo".
Eppure al Pci mai venne in mente nelle regioni "rosse" dove governava, di istituire commissioni di censura contro testi come quello che ho descritto. Tra l'altro quello era il periodo delle mostre dell'aldilà, della guerra fredda.
Non solo, ma nel 1975, agli inizi di quello che ho prima definito "revisionismo culturale" fu un comunista, Giorgio Amendola, dalle pagine de L'Unità, allora organo del Partito comunista italiano, a difendere lo storico De Felice dai tentativi di gruppi estremisti di impedirgli di svolgere liberamente il proprio insegnamento all'università di Roma. Fu un comunista che difese idee che non condivideva e lo fece nel nome della libertà.
La cultura autoritaria della destra, oggi più che mai è incapace di competere sul terreno dei valori, dei diritti. L’abbiamo visto ieri contro i gay, adesso contro i libri di testo delle scuole, contro i diritti dei lavoratori. Essa incarna un miscuglio di populismo sul terreno della sicurezza e dell'ordine pubblico e di sfrenato liberismo nel settore economico e sociale.
Quello del Lazio è forse l’esempio più spettacolare, perché il Lazio è la regione dove si trova la capitale del nostro Paese, ma veri e propri episodi di tipo squadristico si stanno verificando in diverse parti dell'Europa ed anche in Italia. Siti Internet di Alleanza nazionale e della destra contro gli insegnanti democratici, manifestazioni di organizzazioni neofasciste, anche qui nelle Marche, alle quali, purtroppo, non solo si concedono piazze e sale, ma le stesse riscuotono con dovizia di particolari, su propri "programmi", spazi enormi da parte di organi di informazione, giornali e televisioni pubbliche e private.
Non è un caso che gli emblemi talvolta dicano più delle azioni. In sé forse non è un caso che un certo Fabio Rampelli, presidente del gruppo An nel Lazio abbia scelto quella data per presentare la mozione per censurare i libri di testo, una data vicina all'anniversario della "Notte dei cristalli" in cui i nazisti nel 1933 bruciarono libri e sinagoghe in una Berlino trasformata in rogo per la sconfessione, come disse Goebbels, dei fondamenti spirituali della Repubblica.
Del resto anche in Italia il fascismo impose il totale controllo sulla scuola con il giuramento di fedeltà al regime dei maestri, pena la perdita del posto o il confino. Storace e il suo partito sono gli eredi di quella storia. La difesa del nostro Paese è intrisa di quella cultura della sopraffazione. E' importante che si levino e si siano levate voci contrarie alle decisione del Lazio, anche da parte di quegli alleati innaturali di An e degli altri partiti della destra oggi al governo, di cultura democratica.
Mi auguro che anche in questo Consiglio regionale accada altrettanto e che oltre a quelle della maggioranza, si levino altre voci di condanna contro un atto illiberale ed antidemocratico. Proprio oggi lo dobbiamo levare più forte che mai, all'inizio di un nuovo e più difficile anno scolastico, così come ha fatto l'Associazione italiana dei maestri cattolici.
Noi chiediamo a tutte le forze democratiche, alle associazioni, a tutti i soggetti imparziali amanti della verità e della storia, ai partiti della sinistra, da un lato, di superare un pericoloso eclettismo, dall'altro di non sottovalutare — come fa una certa sinistra un po' troppo aristocratica — la pericolosità della destra.
Centro-destra e centro-sinistra non sono la stessa cosa. Non commettiamo questo errore tragico. Senza il mantenimento e la permanenza di un contesto democratico sarebbe impossibile aprire una politica di rinnovamento sociale nella società italiana. Guai sottovalutare la destra, guai ragionare come se essa avesse già vinto per sempre. Dobbiamo, al contrario ragionare e operare per rafforzare l'unità tra la sinistra e il centro democratico, senza la quale unità le Marche già oggi sarebbero in mano alla destra.
La destra, con l'atto della Regione Lazio mostra il suo vero volto autoritario ed antidemocratico ed è compito delle istituzioni democratiche come questo Consiglio regionale, levare forte la propria voce nell'interesse della libertà di insegnamento nelle scuole e della storia del nostro Paese. Proponiamo, quindi, che si possa giungere ad una risoluzione unitaria che dia seguito concreto alla condanna di quella mozione che è stata presentata nel Lazio da chi governa quella Regione e rappresenta una vera e propria prova più generale di un disegno di tipo antidemocratico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli per illustrare la mozione n. 61.

Adriana MOLLAROLI. Discutiamo questa mozione dopo lungo tempo. Potevano anche esserci le condizioni per ritirarla se non fossero accaduti alcuni fatti anche nella nostra regione. E tra l'altro i giornali di questa mattina ci danno una notizia che sta dentro questo contesto: il governo del Lazio decide di ridurre, anzi eliminare risorse per le associazioni partigiane. Ma credo che sia bene, vista la distanza dal momento in cui abbiamo presentato questa mozione che ricalca i contenuti grosso modo precedentemente illustrati anche dal consigliere Procaccini, fare un minimo di ricostruzione dei fatti.
Il 9 novembre 2000 il Consiglio regionale del Lazio approva una mozione per istituire una Commissione di controllo sui testi scolastici, motivato dalla presunta faziosità di alcuni libri di storia del '900 — Camera-Fabietti, Giardina, Sabbatucci-Vidoto — l'intendimento di questa iniziativa è tanto chiaro quanto grossolano. Chiaro nel senso che dimostra il carattere illiberale, antidemocratico del governo di centro-destra della Regione Lazio che tenta la strada del controllo politico sull'educazione, l'istruzione e la cultura. Credo non sia sfuggita al presidente Storace la totale incompetenza del Consiglio regionale in materia. La nostra legislazione nazionale assegna infatti all'insegnante la libertà di scegliere i libri di testo, sottoponendola poi all'approvazione degli organi collegiali. Né credo che fugga come la libertà di insegnamento sia riconosciuta dalla Costituzione italiana così come la libertà di scrivere e pubblicare testi, tre libertà fondative della nostra Costituzione legale e materiale. Ma l'azione ha in sé anche della grossolanità politico-culturale. A nessuno è impedito in questo Paese di criticare i libri di testo, di contestarne i contenuti, di argomentare portando dati a sostegno, rendendo espliciti i contenuti indiretti che si trasmettono con l'uso delle immagini, delle soluzioni fotografiche, delle scelte lessicali, rinviando però alla comunità scientifica il dovere di correggere errori, di ridurre ambiguità.
Come avviene in genere nelle cose della cultura, una libera critica ha stimolato sempre ripensamenti e nuove iniziative. In un Paese libero le cose contestabili si contestano, ma la distinzione fra contestazione e censura resta fondamentale.
Naturalmente chi critica deve avere anche l'autorità morale e culturale per rendere la sua critica efficace, ma sono "decorazioni che si conquistano sul campo", come scrive Umberto Eco su Repubblica del 15 novembre 2000.
Ma altro era lo scopo di Storace: dimostrare l'egemonia culturale della sinistra, ed è qui l'altra grossolanità. La sinistra, come noto — e l'affermo con dispiacere, ma la storia è anche verità — ha governato pochissimo nel nostro Paese e salvo brevi parentesi il ministro dell'istruzione pubblica è sempre stato saldamente controllato dalla vecchia Democrazia cristiana, così come il mondo dell'editoria non è mai stato in mano ai comunisti. Ricordo alcune note case editrici che hanno più di un secolo di vita: la Morcelliana, la Sei, la Cinque Lune, Rizzoli, Mondadori, Garzanti, Bompiani, Le Monnier, Principato, Vallardi. Ricordo che case editrici come Einaudi e Feltrinelli sono di recente costituzione. Una curiosità: Feltrinelli si afferma sul mercato pubblicando Il Gattopardo e Il dottor Zivago, libri che, come sappiamo, non sono filocomunisti.
La cultura prevalente nel nostro Paese è sempre stata laica, liberale, azionista e crociana. Studiare di più quindi, ricordo a Storace, e liberarsi dell'incubo comunista è un consiglio per Storace e compagni.
Ricordo che avrei voluto anche ritirare questa mozione, visti i tempi che ci separano dal momento in cui si presenta al momento in cui si discute, ma ci sono stati due casi che voglio ricordare. Uno, la vicenda Bobbio nella mia provincia, nella città di Pesaro ed un'altra iniziativa del centro-destra di Bologna: il telefono per denunciare gli insegnanti che fanno politica.
Sulla vicenda legata alla lettura del libro di Bobbio in un liceo scientifico della città di Pesaro sono noti i fatti. Tra l'altro su Il Messaggero del 29 gennaio 2001 il prof. Panzieri, un noto e stimato insegnante della città di Pesaro, ricostruisce con correttezza i fatti. E' un'iniziativa della scuola concordata e sostenuta dall'Amministrazione comunale, così come da anni nella città di Pesaro esistono iniziative di questo tenore, che ricordo: "Il gusto dei contemporanei" e, di recente, un premi promosso anche dalla Confesercenti, con la collaborazione del provveditorato agli studi su ragazzi che scrivono e chiamano autori contemporanei per poter avere con loro un confronto diretto. La vicenda di Pesaro è nota: questa manifestazione ha scatenato l'ira del Polo delle libertà, in particolare di Forza Italia che ha cercato di ridimensionarne il carattere scientifico e culturale e privilegiandone soltanto gli aspetti più squisitamente politici. Non erano queste le intenzioni né dell'Amministrazione comunale né, tanto meno, degli insegnanti che hanno sostenuto questa iniziativa, l'hanno fatta conoscere alla città e l'hanno fortemente difesa.
Una morale ci consegna questa vicenda. La Casa delle libertà conferma la propria vocazione fondamentalista, non conosce il metodo del dialogo pubblico ma solo quello della censura e del dileggio. Ho sempre diffidato dei sedicenti "liberali", che prima definiscono qual è la vera libertà e poi decidono dove comincia e dove finisce. Ho diffidato di un partito che si dà il nome di "Casa", perché la casa è il luogo privato e chi la possiede e la abita decide come autogovernare le libertà.
E' pretenzioso dirsi liberali negando libertà di opinioni. I liberali del XIX secolo dicevano che il mondo delle idee e delle opinioni è come quello del mercato. Sono la libera circolazione e la pluralità che dovrebbero governare e non le interferenze censorie. I presunti liberali del XXI secolo si riscoprono protezionisti, monopolisti, paternalisti in economa e censori delle opinioni e della cultura. I censori della Casa delle libertà hanno una identificazione quasi religiosa con il "capo" che sembra stare al di sopra delle opinioni e godere del privilegio di non essere oggetto di critica. Pier Ugo Boni non accetta, di Norberto Bobbio, di avere usato la nascita di Forza Italia e del suo leader ad exemplum, per confrontare due periodi storici. Questo è il casus belli. Criticare Berlusconi è criticare le istituzioni. "Il capo del Governo è il massimo vertice di rappresentanza": così viene definito da Pier Ugo Boni nella lettera presentata al prefetto per criticare lo Stato. Una così esplicita personificazione delle istituzioni ci fa temere l'autoritarismo, ma ci appare anche debole chi teme la critica. Berlusconi è stato eletto democraticamente e rappresenta un'autorità provvisoria come tutti noi, come prevede la nostra democrazia. Il dissenso non è attentato alle istituzioni né a Pesaro, né a Milano, né a Roma, non è offesa al capo, è il sale della democrazia costituzionale. Ma Forza Italia stia tranquilla: la comunità pesarese e marchigiana è sana e robusta e sani sono i valori democratici, forte è la società civile e politica.
L'iniziativa ha vivacizzato la città, la provincia e la nostra regione, ha fatto ritrovare a tanti il gusto di difendere la scuola pubblica, le libertà fondamentali del nostro Paese, rafforzare l'opposizione culturale e politica nelle istituzioni e nella società.

PRESIDENTE. E' aperta la discussione. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Premetto che nelle affermazioni politiche molto spesso, proprio per rendere più incisivo il proprio pensiero si tende ad esagerare e aggiungo che in politica si tende a dire tutto e il contrario di tutto. Credo che al di là di quelle che necessariamente in politica sono le cosiddette "provocazioni" — la provocazione è uno strumento molto usato da tutti i gruppi, quelli della sinistra, quelli del centro-destra per rendere drammatico un aspetto della vita civile, sociale o politica e poi farlo passare per l'opinione pubblica — occorra riflettere molto attentamente. Io non ho firmato la mozione presentata dai colleghi consiglieri Castelli, Novelli e Pistarelli, però il senso, allora — mi riferisco anche alla data in cui è stata presentata: 15 novembre 2000, quasi due anni fa — era sostanzialmente una provocazione di tipo culturale. Condivido assolutamente il pensiero di Antonio Gramsci sull'egemonia della società civile su quella politica, cioè oggi nella società moderna, complessa e articolata, l'insieme delle strutture e delle sovrastrutture della società civile governano insieme agli eletti, insieme agli organi di governo. Lo dico in quest'aula, perché non è vero che chi vince le elezioni poi governa: Berlusconi ha vinto le elezioni ma non governa complessivamente il Paese. Posso spostarmi alle Marche in quest'aula, dove D'Ambrosio ha vinto le elezioni ma non governa completamente la Regione Marche. Posso dire con molta umiltà e in punta di piedi che alcuni "spazietti", "angolini" della società marchigiana li governo più io come presidente del gruppo di An che il presidente D'Ambrosio. Viceversa, chi vince le elezioni e può nominare, impostare e fare, complessivamente ha un'egemonia istituzionale, politica e via di seguito sulla società.
Perché la provocazione della Regione Lazio e dei consiglieri regionali di An in quest'aula? Perché gli anni della gogna io me li ricordo bene. Innanzitutto cominciamo col dire che la storia da sempre, da quando c'è l’uomo la scrivono i vincitori. Non è mai esistito alcun periodo storico in cui la storia e le vicende della vita del mondo sono state scritte da chi aveva perso. E i vincitori, poi, impongono le loro spiegazioni, impongono i loro storiografi, i loro intellettuali, le persone che si occupano del caso, quindi, a partire dal 1945 in poi la storia l’hanno scritta gli intellettuali, gli scrittori, gli storiografi, coloro che avevano, non voglio dire l'incarico specifico ma l'orientamento connaturato a quelli che avevano visto, quindi la storia, come tutte le storie, come le storie dell'antichità, sono state in qualche modo costruite, misurate a uso e consumo di coloro che avevano vinto e comunque dominavano.
Gli anni della gogna in Italia io me li ricordo bene, benissimo, ricordo gli anni in cui non si poteva parlare, gli anni di questo dopoguerra democratico. Ricordo gli anni in cui era impossibile stare all'università, in cui era impossibile stare nelle scuole medie superiori. Sergio Ramelli fu ucciso a Milano, a sprangate, sotto casa, perché aveva scritto in un tema del suo liceo, a Milano, delle cose che non erano in linea con quanto stabilito da un consiglio di studenti, da un comitato di base del suo istituto a Milano.
Certo il cima è cambiato per fortuna; per fortuna gli anni macinano anche la storia, quindi per fortuna oggi c'è più pluralismo, per fortuna oggi ci sono situazioni diverse, però ricordo il Camera-Fabietti che è stato il mi libro di testo e i due autori si riconoscevano nella storiografia marxista. Non è un reato, però lori dicevano "noi interpretiamo la storia in funzione dei movimenti delle classi sociali e in funzione di alcuni aspetti particolari". Rei confessi, se così si può dire. Ma in questi anni, chi intellettuale di destra è riuscito mai ad andare in televisione? Ho ascoltato alcuni giorni fa una confessione a voce alta, in un'aula dello pertinenze del Parlamento, di Marcello Veneziani che raccontava tutti i salti mortali che doveva fare per parlare alla televisione ogni tanto nelle tv, e tutti i personaggi, anche di grande rilievo della società italiana, orientati al centro-destra o a destra in questo dopoguerra, non avevano alcun accesso agli spazi democratici di storia e di cultura intellettuale. Questa è la verità, altra non ne conosco.
E' evidente che queste cose non si cambiano dalla mattina alla sera, è evidente che quando i fatti sono più distanti si torna, sui fatti, alla revisione della storia con tutti i suoi errori ed orrori, non certo restaurazione. Io sono tra i più radicali nei confronti della revisione storica, ma sono anche tra i più distanti nei confronti di una restaurazione di cose che sono accadute e, in quanto tali, sono cose terribili del secolo che è appena finito. Sui libri di testo, per esempio, io sono orientato a dire che sarebbe opportuno stabilire una lista nazionale dei libri di testo idonei proposti dal Ministero e in quella lista nazionale gli studenti possono liberamente scegliere, in tutta Italia, il testo che ritengono più opportuno, perché bisogna cercare il pluralismo reale. Ci sono il finto pluralismo e il pluralismo vero. Il finto pluralismo in cui si può fare tutto ma sostanzialmente, poi, tutto è indicato, viceversa il pluralismo vero è quello in cui effettivamente le diversità possono avere degli spazi e non siano ovviamente i consigli di istituto, spesso dominati da gruppi politici che fanno il loro mestiere, perché quando all'interno della magistratura un gruppo politicizzato fa il suo mestiere politicamente bisogna prenderne atto ma questa non è la verità. La stessa cosa nella scuola. Nella scuola gli insegnanti di orientamento marxista sono largamente minoritari, però sono gli unici che si muovono, che fanno politica, che danno indicazioni.
Voglio ricordare in quest'aula quello che è stato il mi pensiero interpretativo, ma che credo molti possono condividere, ovviamente nella mia area: per 50 anni, sostanzialmente, la Dc che aveva l'egemonia elettorale si occupava di consigli di amministrazione, di nomine, di gestione del potere corrente e la sinistra di opposizione si occupava di università, di scuole, di tribunali, di magistratura e di "allevare" persone che poi potessero esprimere un pensiero politico e culturale all'interno delle istituzioni. Questo è accaduto per 50 anni, fino a Tangentopoli. C'era chi gestiva il quotidiano e chi pensava a costruire il futuro e in questo la sinistra è stata molto lungimirante, sicuramente molto più lungimirante del mondo cattolico impegnato in politica e nel mondo della destra che era residuale, marginale, tutto quello che volete.
La mozione dei consiglieri Castelli, Pistarelli e Novelli voleva essere una provocazione e, in quanto tale, se ne discute in Consiglio regionale. La Casa delle libertà ha presentato una mozione, secondo me molto equilibrata e molto corretta, che noi voteremo, che fa chiarezza e cerca di dare una spinta alla libertà di formazione culturale all'interno della scuola.
Prima ho fatto un complimento al consigliere Procaccini dei Comunisti italiani, che considero istituzionalmente molto corretto, però voglio dire al lui, che prima faceva un'analisi sulle componenti interne di An, su Storace che rivaleggia con Fini, che noi abbiamo avuto un congresso in cui l'87% del partito si è espresso in un certo modo, quindi mi sembra che sia chiaro l'indirizzo di Alleanza nazionale. Però io vado più in là e dico francamente, con molta apertura culturale, che la politica è pro-tempore, nel senso che oggi nelle Marche c'è un governo, domani forse un altro, oggi a Roma c'è un governo, domani forse un altro, però se uno esercita l'azione di governo deve fare delle cose. Personalmente, al di là della politica transitoria che esprimo — poi chi fa il medico tornerà a fare il medico, chi fa l'insegnante tornerà a fare l'insegnante ecc. — voglio lasciare il segno, cioè voglio cambiare qualcosa nella scuola, nella televisione, nella magistratura. Non è possibile che in questo momento, secondo coloro che pensano nell'Ulivo, nella televisione non si debba cambiare niente, nei Ministeri non si debba cambiare niente. Ma allora perché stiamo a governare? Non ha senso. Se io esprimo un pensiero politico, un'azione politica e la responsabilità conseguente, voglio lasciare il segno politicamente, culturalmente, intellettualmente. Il che significa che la legislatura successiva democraticamente, pluralisticamente può ricambiare, può rivedersi, questo è normale, è dialettica democratica.
Se governassi le Marche e se io avessi un piccolo spazio nell'area di governo di questa regione cambierei tutto quello che posso cambiare dal punto di vista dei miei orientamenti politici. Questo è un segnale giusto, doveroso. Se uno non fa questo, non fa il suo dovere. Nel mio piccolo, pur con tutti i miei errori, ritengo che anche dal punto di vista dei contenuti culturali, intellettuali, del mondo dello spettacolo, nel mondo del teatro bisogna dire delle cose. Per esempio, visto che siamo nelle Marche, mi piacerebbe riportare dopo 50 anni, sulle scene, Ugo Betti, grande commediografo. A cinquant’anni dalla morte ripresentiamo a teatro "Corruzione a palazzo di giustizia", uno dei più bei testi di questo commediografo che varrebbe la pena riportare, perché 50 anni fa Ugo Betti magistrato e commediografo è morto e quelle cose accadono anche oggi. Questo è il senso del cambiamento, questo è il senso della risoluzione che mi accingo, insieme a tutti gli altri componenti la Casa delle libertà — la mozione si intende ritirata — a votare. E' un testo più equilibrato, che però sostiene dei principi approvati in quest'aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Chiedo scusa ai colleghi della sinistra se mi permetto di dire una cosa che non deve suonare a loro offesa ma è un ragionamento che faccio con me stesso e con gli altri colleghi. L'unità culturale su alcuni valori fondamentali di questo Paese è ancora molto lontana. In questi giorni abbiamo assistito, in Spagna, alla pressoché totale unità del Parlamento spagnolo nel votare una legge che mette fuori legge un movimento politico che in qualche modo finanzia o appoggia attività terroristiche. In Italia ci sono stati problemi per questo, ci sarebbero anche oggi. L'ideologia che ha guidato la storia di questo Paese, purtroppo non si è dissolta e vi porta spesso a fare valutazioni che sono quantomeno inesatte e che creano contraddizioni anche al vostro interno. Se Procaccini ha seguito una linea molto razionale, che è quella di ridare l'allarme e l’allerta quotidiano contro una destra che, se non ha già soppresso tutti i diritti si appresta a fare colpi di Stato — questo è stato il senso del suo intervento che benevolmente accetto ma che non posso condividere — nella posizione dei Ds espressa da Adriana Mollaroli trovo soltanto una parte del ragionamento che peraltro altri, nei Ds, hanno invece portato avanti in maniera un po' più coraggiosa e aperta. Faccio allora un esempio: quanto ai gay vi informo che il governo della Regione Puglia presieduto da un uomo di Forza Italia ha concesso il patrocinio al "Gay pride". La cosa ha sollevato problemi, ma sicuramente voi avete il patrocinio di un governo di centro-destra e il finanziamento della manifestazione "Gay pride 2003".
Si è parlato di sinagoghe. Le sinagoghe vanno difese sempre, vanno difese anche al giorno d'oggi quando vengono bombardate, quando si fanno attentati, e bisogna denunciare anche questi momenti di violenza. D’Alema che non ha partecipato ai girotondi — e quindi non so se goda o meno delle vostre simpatie ma per me è un duro avversario, ma un avversario che rispetto, probabilmente un po’ più intelligente degli altri e per questo lo temo — ha detto ufficialmente che ringrazia De Gasperi per la vittoria del ‘48, perché se De Gasperi non avesse vinto nel ‘48 l’Italia oggi sarebbe stata come la Bosnia, oppure come l’Albania. Questo ha detto D’Alema in manifestazioni pubbliche. Lo stesso D’Alema ha fatto altri sbagli che adesso dirò, ma quando ha detto, questo, l’ha fatto in controtendenza rispetto a libri di testo sui quali ho studiato anch’io, in cui la storia finiva soltanto con la Resistenza e la liberazione dipinte soltanto come un movimento di sinistra. Quando parlate degli americani, le valutazioni sui governi e sulle leggi possono essere libere, ma voglio precisare a tutti che l’11 settembre è passato anche in questa regione senza una celebrazione, quando quel popolo è stato colpito, insieme con il suo governo; governo e popolo di una nazione che ha combattuto insieme ai partigiani comunisti, socialisti, repubblicani, liberali, cattolici di questo Paese e di questo continente per liberarli dal fascismo e dal nazismo. E troppo spesso la sinistra dimentica quello che ha fatto il popolo americano per noi. Quindi, queste valutazioni un po’ affrettate hanno bisogno di una maggiore riflessione, perché si ripropone sempre un leit-motiv che è stato forte negli anni ‘50, ‘60 e ‘70 e che oggi in tutta Europa, anche con i vostri colleghi socialisti ma anche comunisti, europei, è un motivo superato. L’antiamericanismo, l’antifascismo continuo, il rivederlo in ogni momento con la famosa triade dei valori — preti, fascisti ed americani: negli anni ‘70 siamo cresciuti tutti, noi democratici cristiani, con questa antitesi di valori che ci veniva proposta — non è più concepibile all’inizio del terzo millennio, altrimenti non so quando questo Paese potrà crescere.
Quanto a D’Alema che, ripeto, rispetto come avversario — e lo dico benevolmente alla collega Mollaroli — voglio precisare che l’unico presidente del Consiglio che in questo Paese, nell’era democratica, ha querelato i vignettisti per una vignetta satirica è proprio D’Alema, quando abbiamo visto Andreotti dipinto di mafia, camorra, P38, sparatorie, tangenti, mazzette, Craxi con gli stivaloni neri ecc. Nessuno ha mai querelato un vignettista, l’ha fatto il primo e unico presidente del Consiglio dei Ds. Quando parlate di rispetto per la critica dovete capire che è dura accettare la critica, soprattutto quando si governa, ma dovete accettarlo anche quando si fa ironicamente, sarcasticamente, democraticamente quando governate voi. Gli altri l’accettano, l’hanno fatto per 50 anni quando si sono verificate, purtroppo, ingiurie, menzogne che hanno distrutto anche tante persone che a livello giudiziario non c’entravano assolutamente niente. Questo dobbiamo dirlo, perché si è verificato in questo Paese.
Sui libri di testo io non sono sulle posizioni di chi, forse in maniera forzata vuol mettere al rogo anche questa parte della cultura italiana, però sicuramente questa parte della cultura italiana alcune posizioni le deve rivedere perché sono superate, perché forse anche i girotondini che hanno partecipato sabato non le vivono più nello stesso modo in cui, oggi, alcuni di voi le ripropongono. Occorre quindi uno sforzo, mi rendo conto che l’unità culturale su alcuni valori va assolutamente perseguita in questo Paese, forse anche cominciando dalla nostra aula consiliare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Poche parole, anche se abbiamo verificato che questa mozione sollecita cose talmente diverse e così disperse nel tempo da perdere una coerenza rispetto al testo che molti mesi fa era stato presentato. Credo che sia stato bene che tempo addietro si sia aperto, con le mozioni che sono state presentate, un momento di riflessione su un atteggiamento antidemocratico portato avanti dalla Giunta del presidente del governo del Lazio e credo che non sia stato quello l’unico atto di “attentato” alle libertà all’interno della scuola.
La questione dei libri di testo è una cosa di esclusiva pertinenza dei docenti e io credo che ogni volta si ingerisca nei compiti propri di terzi, evidentemente si va contro un principio di libertà.
Ricordo che negli stessi giorni — ormai è passato più di un anno — emergevano da Internet richieste di verifica di liste di proscrizione dei docenti “di sinistra”, di quelli che parlavano di cose sugli studenti che si potevano ritenere in quel momento non opportune. Era quel clima che noi sancivamo e credo che sia un clima ancora presente in alcune scuole italiane ma che, soprattutto, è presente nella mente di chi governa oggi questo Paese e molte Regioni di questo Paese.
Si parlava di roghi di libri. Qualche collega diceva che non si vogliono mettere al rogo questi libri. Basta solo il ricordo dei roghi dei libri e di quello che i roghi dei libri di Berlino hanno prodotto per capire che toccare queste questioni vuol dire toccare il corpo vivo democratico del nostro Paese. Dopodiché qui si è parlato di tutto. Io non condivido affatto l’idea che in questo momento ha espresso il collega Ciccioli, ma che hanno espresso anche altri, che a volte viene considerata un valore qui espresso dalla destra ma non solo dalla destra: che chi governa ha il diritto di cambiare tutto, indipendentemente se sia giusto o meno cambiare. Anche perché ricordo che “nuovismo” era parola che una volta si coniugava con “fascismo” e non credo che il nuovismo in sé sia un valore, così come non credo che chi arriva al governo del Paese abbia diritto di qualunque libertà, anche contro le libertà degli altri.
Si sono poi dette altre cose, che testimoniano come è difficile mantenere la barra della democrazia e anche dell’autonomia intellettuale che credo non debba portare bandiere sulle spalle. Faccio riferimento all’intervento di Massi che parlava dell’11 settembre, che parlava di quello che ha fatto per noi il popolo americano ricordando lo sbarco di Anzio e quant’altro, che nessuno evidentemente disconosce, come nessuno disconosce — sono state tante le manifestazioni — la gravità, la drammaticità, la violenza dell’11 settembre in America, però bisogna essere anche qui, storicamente, obiettivi. Non si può ogni volta vestire di tutto l’ultimo punto che abbiamo all’attenzione per giustificare qualunque cosa, perché nella storia di questo nostro ultimo periodo di vita ci sono stati altri 11 settembre: basti pensare a quello di 30 anni fa in Cile, che non solo nessuno ricorda, ma mi sembra che lì il “grande fratello” non fosse proprio dalla parte della democrazia. Anche qui, un’attenzione “costituzionale”. Noi siamo consiglieri regionali, io richiamo, al di là dello spirito di parte, a un minimo di consapevolezza della storia, di quello che la storia ha prodotto e in questo caso credo che l’operazione di Storace sia stato un atto datato nella storia molto prima del suo governo del Lazio e credo che per questo anche i suoi colleghi della destra avrebbero dovuto stigmatizzarlo, se è vero che si sono allontanati da quelle radici lontane che in qualche modo giustificavano i roghi di Berlino.
Credo che oggi noi viviamo un momento diverso ma bisogna dimostrarlo, nei fatti e nelle parole.
Così come quando si è ricordato il diverso atteggiamento rispetto alle sinagoghe. Credo che nessuno qui dentro abbia mai testimoniato in modo diverso rispetto all’importanza e al valore della difesa della storia, degli eventi, dall’Olocausto in giù, del popolo ebraico che, come i roghi dei libri di Berlino, appartiene alla nostra storia, evidentemente. Però anche qui credo che sia opportuna un’attenzione democratica più vasta agli eventi dell’oggi che hanno radici storiche diverse e che prevedono che un morto è sempre un morto, una violenza è sempre una violenza, anche quando è bene non ricordarla. Evidentemente ci sono, in quella parte del mondo, situazioni particolari — mi riferisco alla vicenda palestinese — dove il sangue anche lì ha uguale colore da tutte e due le parti.
Detto ciò, penso che sarebbe stato opportuno discutere questa mozione nel tempo più vicino a quando è stata presentata, anche se, purtroppo, oggi la troviamo ancora molto attuale e le preoccupazioni che venivano lì espresse credo siano ancora tutte confermate.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.

Ugo ASCOLI. E’ difficile prendere la parola, perché quello che è stato detto è di una sconcertante gravità. Abbiamo sentito dire dal capogruppo di An che lui è a favore di una lista di libri autorizzata dal ministro della pubblica istruzione, dentro la quale gli insegnanti e gli studenti dovrebbero pescare i libri di storia. Sono assolutamente allucinato, anzi debbo dire di più: mi corre anche un brivido per la schiena, perché quando sento parlare di libri che si possono leggere e che non si possono leggere il pensiero corre a tempi assai bui che speriamo non si debbano più ripetere, quindi lo considero un grave infortunio, anche se aperto con una citazione di Gramsci, però il consigliere Ciccioli non ha certo chiuso in modo coerente con la sua citazione.
Qui siamo di fronte a una situazione molto semplice: abbiamo una Costituzione che sancisce la libertà di insegnamento, di opinione, di religione, di espressione, non dobbiamo fare altro che rispettare la Costituzione, non dobbiamo inventarci nuovi strumenti, nuove leggine e nuovi regolamenti. Quando, con un certo disprezzo o con un po’ di sorrisini ironici si parla di “girotondini”, dobbiamo pensare che c’erano invece quasi un milione di persone... Sissignore, io c’ero. Comunque, ammesso che fossero centomila, non ha importanza. Vi posso garantire che piazza San Giovanni quando è riempita tiene, da sola, 500.000 persone; siccome c’erano strade bloccate per molto spazio al di là, sicuramente erano almeno 700-800 mila. Ma non mi interessa, 500.000 fa lo stesso, io voglio parlare dell’iniziativa, della qualità dell’iniziativa. Vi posso garantire che le persone che c’erano hanno portato avanti delle parole d’ordine molto semplici: “vogliamo rispettare la Costituzione, vogliamo la libertà di stampa, la libertà di opinione e la giustizia uguale per tutti”. Se queste vi sembrano parole da intellettuali come qualcuno ha detto o parole da “scioccherelli” che sono andati a fare una gita in piazza San Giovanni lascio a voi la miseria di queste riflessioni.
Qui c’è un discorso molto semplice: questo è un Paese che deve scendere in piazza per difendere la Costituzione di 50 anni fa, c’è un Paese che deve scendere in piazza — c’erano molti ragazze e ragazzi di giovane età — per difendere i diritti costituzionali, non per imporre o chiedere chissà quali cambiamenti, chissà quali eversioni. Mi pare che il dibattito di oggi dimostra che è giusto scendere in piazza per la Costituzione, perché il capogruppo di An dice “ho letto certe cose sui testi di Camera-Fabietti che erano storiografi di impostazione marxista e lo dichiaravano, quindi erano rei confessi”. Rei di che? Reo vuol dire che io confesso un reato. Se guardiamo la storia, se vogliamo scomodare Benedetto Croce, Max Weber, sappiamo benissimo che la neutralità della scienza sociale non esiste e da Max Weber in poi — non c’è sinistra che tenga, Max Weber era un borghese liberale — tutti sanno che qualsiasi studioso, sia esso un fisico, un chimico, uno storico, un sociologo, un economista, deve scegliere una parte dalla quale collocarsi e, in base alle sue dichiarazioni deve poi fare scienza. Non esiste la neutralità della scienza. Quindi esistono storici, sociologi, economisti che si appellano a questa o quella scuola di pensiero. Questa è una tale banalità che, doverlo ribadire in Consiglio regionale, mi fa cascare veramente le braccia.
Qui non ci sono rei confessi, qui ci sono studiosi che scrivono libri e ci sono insegnanti che sono liberi di scegliersi su quali libri far studiare i ragazzi; e per fortuna ci sono ragazzi che leggono tutti i libri, per fortuna ci sono libertà di opinioni.
Poi sento dire che gli insegnanti di stampo marxista sarebbero minoritari ma sono gli unici che fanno politica. Qui siamo veramente alle “berlusconate”, cioè alle invenzioni di sana pianta.
Occorre riportare un po’ di buon senso in questa nostra discussione. E’ assolutamente indispensabile rifarsi al testo costituzionale e veramente studiare il ‘900 che nelle scuole italiani non si è mai studiato, perché ha prevalso l’opzione crociana che gli ultimi 50 anni non si possono studiare perché non è storia e ha prevalso una censura di libertà di insegnamento, per cui in tutte le scuole italiane, non adesso ma ieri, si arrivava, al massimo, fino alla prima guerra mondiale, tant’è che c’è stato un ministro che si chiama Berlinguer, che fra le altre cose che ha provato ha fare, ha tentato di stimolare le scuole a studiare il ‘900. Quindi, guarda un po’, siamo esattamente alla parte opposta, vogliamo studiarlo questo ‘900, capire cos’è stato il fascismo, capire cos’è stata la Resistenza e soprattutto vogliamo impedire che prevalgano tendenze di tipo revisionistico che si annidano nella destra europea e nella destra italiana e che partono dal revisionismo della shoa fino al revisionismo della Resistenza.
Sono queste le cose importanti, non la lista dei libri autorizzati con il bollino doc del Ministero. Vogliamo che tutti abbiano la possibilità di scrivere, di analizzare, di studiare, che tutti abbiano la possibilità di leggere e di interpretare. Questo è l’unico obiettivo sensato che dovrebbe porsi un Consiglio regionale che si ispira alla Costituzione e alla Repubblica italiana. Dopodiché, chi vuol lasciare il segno da una parte o dall’altra è libero di farlo, bisogna governare e non comandare, bisogna veramente avere il pluralismo come punto di riferimento vero e non falso e pensare che quel clima che prima ha evocato Silvana Amati alludendo al discorso degli insegnanti che venivano criticati perché- di sinistra, è un clima che purtroppo si sta annidando anche nel settore dell’informazione, per cui assistiamo a epurazioni, a intimidazioni, a una serie di campagne assolutamente antidemocratiche e queste cose vanno dette, vanno dichiarate. Quindi siamo per la libertà di pensiero, di opinione, di religione di tutti, siamo per il confronto delle idee, siamo però anche per un clima che non sia né intimidatorio né antidemocratico. Allora, per piacere, non pensiamo alle liste, non pensiamo ai bollini doc, non pensiamo alle autorizzazioni, non pensiamo che un ministro possa utilizzare un libro perché è scientifico e non un altro perché non è scientifico, perché questa è la cosa più triste, più squallida, più antidemocratica che si possa pensare, oggi come ieri. Non mi riferisco all’oggi: se qualcuno l’avesse pensato ieri era sullo stesso piano e se lo dicessero Tizio o Caio, sarei assolutamente dello stesso avviso, non mi interessa se iscritti a un partito o a un altro, qui siamo di fronte alle libertà, cioè agli atti costitutivi fondanti in una democrazia, oggi, nel XX secolo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Prima di tutto mi scuso con i colleghi che non ho potuto ascoltare perché siamo stati bloccati, in autostrada, da una coda creatasi per un incidente stradale, quindi in molti siamo arrivati un po’ in ritardo. Ho ascoltato solo gli ultimi due interventi, quindi mi scuso con tutti se toccherò degli argomenti già affrontati e colti da altri.
Che strana sinistra è quella italiana, colleghi! Stranissima sinistra. Ricordo, caro collega Ascoli, una piazza San Giovanni gremita, in più di una occasione, dalle bandiere del Polo che protestavano contro le finanziarie — lì veramente si parlava di cifre molto grandi — e ricordo commenti sarcastici e caustici verso il populismo della destra che faceva piazzate, che reclamava spazi e faceva appelli a manifestazioni ridondanti perché era rozza e in grado di utilizzare solo certi strumenti. Oggi, invece vedo addirittura, con orgoglio, rivendicare presenze fortissime in piazza perché c’è un pericolo da affrontare. Non è più populismo? Oppure sono due mesi e due misure? Due modi di valutare le stesse cose? Perché il Polo faceva a suo tempo, legittimamente, la sua opposizione...

Ugo ASCOLI. Hai la coda di paglia: chi ha parlato di Polo?

Fabio PISTARELLI. Leggo i resoconti di quel periodo lì. Oggi si reclama giustamente una cifra importante di piazza e di presenza, allora si diceva al Polo “siete populisti, questo populismo di Berlusconi e di Fini invoca la piazza invece di confrontarsi democraticamente nelle sedi istituzionali e portare proposte alternative alle proposte del Governo”, cioè Prodi, D’Alema, Amato. Che sinistra strana abbiamo in Italia: quando la satira si rivolge a sinistra e la mette alla berlina — ricorderete la vignetta di Forattini sullo “sbianchettamento” di D’Alema delle liste relative al dossier Mytrokin — D’Alema querela Forattini. Quando invece la satira “alla Luttazzi” o compagni, si rivolge a Berlusconi e qualcuno protesta dicendo “esagerate un po’, perché state dicendo mafioso, ladro, non ci sembra proprio tanto satira”, allora “Ah! Attacco alla democrazia, attacco ai diritti di espressione e di parola!”. Ma che sinistra strana, prof. Ascoli... Anche su questo, quando si parla di Santoro che guadagna 1.750 milioni per le sue ottime trasmissioni di “Sciuscià”, quattro miliardi complessivi per l’intera gestione del suo team — e aveva qualche ritrosia a rispondere al giornalista che gli chiedeva “quanto guadagna” — o di Biagi che da 40 anni sta alla Rai e guadagna ogni anno 2 miliardi per fare questi pochi minuti di striscia, ottima; quando si dice questo, quando si dice “potrebbe anche non essere continuata questa striscia quotidiana” o “potrebbe non essere rinnovato il discorso di Sciuscià”, allora, anche qui “fascisti, uccisori della democrazia, attaccate i diritti di libertà di informazione”. Quando un presidente di Regione come Storace o tanti intellettuali che hanno parlato di questi argomenti anche negli anni passati dicono “rendiamo il libro di testo non obbligatorio ma facoltativo” si parla del fatto che noi saremmo coloro che vogliono censurare? Solo su Santoro dobbiamo fare le battaglie di libertà di informazione? Quando uno parla di libro di testo da rendere facoltativo, non è così? Perché è questa la proposta, prof. Ascoli, colleghi, dott.ssa Amati: rendere facoltativa la scelta del libro di testo della storia in quanto tale, della storia della letteratura per fare in modo che lo studente sia posto nelle condizioni di scegliere quello che vuole. Ecco qual era il senso del discorso di Ciccioli, il quale diceva “facciamo una lunga lista, mettiamoceli tutti, di destra, di sinistra, di centro e poi scegliamo”.

Ugo ASCOLI. Non c’è bisogno.

Fabio PISTARELLI. C’è bisogno prof. Ascoli, perché tutti siamo stati studenti, allievi e ricordo che si va dal libraio, si dice “qual è il testo per il liceo scientifico, terzo anno?”, risponde “è questo il testo”. Chi gliel’ha detto? Il consiglio dei docenti, quindi il professore che decide quale deve essere il testo di riferimento. Io dico: allarghiamo questa decisione; invece di prendere sempre il Geimonat prendiamo qualche altro testo, mettiamoli a confronto.
Revisionismo... Perché non discutere anche del revisionismo, prof. Ascoli? Dove stanno la democrazia e la libertà di confronto? Anche le tesi revisioniste possono essere messe in discussione. Io non dico di essere a favore o contro ma mettiamole in discussione, altrimenti che concetto abbiamo di democrazia e di libertà? Sono solo da invocare quando fa comodo? O le si invoca sempre o non le si invocano mai. Se le si devono invocare sempre, anche in questo caso si devono invocare. Facciamo in modo che i libri di testo non siano obbligatori, cioè non si debba studiare sui capitoli, sui paragrafi indicati, “consigliati” — ma in realtà è quello lì il testo, perché poi dipende dalla singola volontà di ciascuno — ma si possa studiare sul testo che si sceglie. Se si dice “si studia sul Geimonat la storia della filosofia”, così è, non si studia su altro. Poi è il docente che magari, intelligentemente, dice “confrontiamo anche le tesi dell’Abbagnano, dell’altro”. Però è nella volontà di ognuno. Rendiamo questa cosa, invece, una prassi: fare in modo che ci siano più libri di testo da confrontare. Questo mi sembra sia l’atteggiamento a tutto tondo democratico e aperto, pluralista e attento ai diritti costituzionali, gli altri mi sembra siano atteggiamenti parziali e strani comportamenti, strane concezioni della democrazia e della libertà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

Giulio SILENZI. Stiamo parlando di mozioni che risalgono alla fine del 20000, salvo l’ultima sulla vicenda pesarese relativa al libro di Bobbio che abbiamo presentato in Consiglio regionale e che opportunamente sono state unificate, anche perché queste mozioni non hanno perso attualità se qualche giorno fa la stampa riferiva dell’iniziativa del deputato forzista tal Garagnani, che vorrebbe riaprire a Montecitorio la questione dei libri di storia, “faziosi e ideologici”, dice lui, “in una parola non revisionisti, che si usano nelle scuole, stabilendo per legge i criteri di trasparenza e laicità, ai quali gli storici debbono attenersi nel redigere i loro manuali scolastici”.
Questa iniziativa veniva a poche settimane dalle esternazioni, ad un convegno di Alleanza nazionale, del presidente della Rai Baldassarre sul compito che, a suo dire, il servizio pubblico radiotelevisivo avrebbe di “riscrivere la storia”. E’ evidente che queste più recenti prese di posizione, come pure la reazione all’iniziativa pesarese stanno a dimostrare che la gazzarra contro i libri di storia non è una caratteristica esclusiva dei fascisti. Chi non ricorda la commissione di controllo sui manuali di storia proposta da Storace o i ragazzi di “Azione giovane” che si presentano in una libreria romana armati di timbri per bollare, sul frontespizio, le opere sgradite, in attesa dei bolli e dei timbri ministeriali?

Fabio PISTARELLI. Siete patetici...

Giulio SILENZI. Questa è cronaca, poi cerco di fare un po’ di analisi...
Ma un’esigenza che accomuna gran parte del centro-destra, come d’altra parte dimostra, nonostante il richiamo ipocrita alla Costituzione e alla libertà d’insegnamento, la stessa mozione dei consiglieri Castelli, Novelli e Pistarelli.
Dobbiamo domandarci, in un dibattito, da cosa nasce questa ossessione censoria che ormai ripercorre mesi e anni. Si potrebbe dire che è l’espressione di una classe dirigente priva di cultura e, in particolare, di cultura storica, che ignora letteralmente lo statuto scientifico del discorso storico. Si potrebbe anche sostenere che questo attacco si inquadra nella più generale offensiva contro la scuola pubblica e laica e quindi contro l’autonomia professionale degli insegnanti a cui la legge affida il compito di valutare in scienza e coscienza la validità didattica e scientifica dei sussidi didattici.
Il desiderio di mettere le mordacchie a questa autonomia, magari con gli strumenti neo-corporativi e paternalistici suggeriti dalla mozione di Castelli, si spiegherebbe quindi come il capitolo di un più generale progetto di svuotamento della scuola pubblica autonoma e pluralista previsto dalla Costituzione. Anche in questo caso non si direbbe, probabilmente, qualcosa di sbagliato, anzi lo stesso discorso si potrebbe riferire alla libertà dell’editoria, che assieme a quella degli storici e degli insegnanti verrebbe mortificata.
Tuttavia, a nostro avviso mancherebbe ancora qualcosa alla nostra analisi e questo qualcosa riguarda la questione del cosiddetto uso politico della storia, questione dibattuta molto seriamente tra gli storici, soprattutto oggi. Perché il punto davvero rilevante è che questa campagna sui libri di storia fa parte di un programma che potremmo definire di retorica revisionista; questo programma fa dell’aggressione polemica all’identità antifascista, spesso accompagnata da lamentazioni vittimistiche sull’egemonia culturale dei comunisti e della delegittimazione della sinistra e del movimento partigiano, l’obiettivo principale per ridefinire il fondamento storico e morale della cittadinanza repubblicana.
E’ dunque evidente il suo carattere strumentale e propagandistico, che voi state riprendendo a livello nazionale e nelle singole regioni e al tempo stesso la coerenza tra la minaccia all’indipendenza della ricerca sulla storia, alla libertà dei docenti e degli editori e il progetto di forzatura politica della memoria storica.
Per questi motivi noi respingiamo con vigore, con queste argomentazioni, le mozioni che sono state presentate dal centro-destra e convintamente, come maggioranza, approviamo le altre mozioni che hanno come fondamento la parola “libertà”, che in altra maniera, in altra forma si vuol coartare da parte della cultura politica del centro-destra.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Avrei voluto ascoltare anche il resto del dibattito, ma purtroppo la drammatiche condizioni della A14 non ci hanno consentito di essere puntuali e me ne dispiace, perché questo è un argomento che mi sembra abbia sollecitato al massimo le rispettive coscienze.
Bertolt Brecht diceva che il libro è un’arma e credo che su questo tutti possiamo dirci d’accordo, perché il potenziale criminogeno, se si vuol usare in maniera criminale un testo, su quelli che Norberto Bobbio qualche tempo fa chiamò “i cervelli”, che rappresentava qualcosa come cera molle, sicuramente possiamo concordare con Bertolt Brecht che il libro è un’arma, lo è stato, non lo deve essere. Penso che da questo punto di vista possiamo dismettere le rispettive casacche e dire che esiste un problema della penetrazione di quelle che sono idee preconfezionate e precostituite nei cervelli dei più giovani. Esiste il problema, se è vero che nel 1972 non Storace, non Pistarelli e non Brini, scrissero un libro Umberto Eco e Marisa Bonazzi, che si intitolava I pampini bugiardi. Pampini bugiardi erano tutti coloro che, con quello che veniva definito il cascame culturale post-fascista ma non ancora del centro-sinistra, avevano in qualche modo allagato l’accademica dei primi anni ‘50, la manualistica storiografica dei primi anni ‘50 con quelli che erano elementi, aspetti storiografici non collimanti con un progressismo imperante. Nel 1972 la sinistra accusa i manuali di storia di essere faziosi: Marisa Bonazzi e Umberto Eco. Alla sinistra ieri era consentito fare una valutazione di quel genere, alla destra oggi, invece, non è consentito, salvo sentirci considerati come una sorta di “gerarchi di Norimberga” che, al di là di tutto, devono in qualche modo mettere bollini su tutto. Noi non vogliamo mettere bollini, dobbiamo fare un discorso onesto, per evitare la polemica.
Prima cosa. Nessuno di noi pensa che ci possa essere coincidenza fra verità storica, oggettività storica e verità storiografica. L’esegesi, l’interpretazione critica dello storico aggiunge alla verità oggettiva un qualcosa, quindi nessuno di noi parla o pensa che ci possa essere, in nome di una verità oggettiva, una perfetta coincidenza fra ciò che è accaduto e ciò che viene commentato. Questo penso che si possa ritenere patrimonio acquisito.
Così come, di fronte a quella che noi definiamo l’egemonia culturale della sinistra, è evidente che non è per legge o per decreto che si possano in qualche misura ristabilire verità che pure meriterebbero di essere considerate, perché se personaggi come tranquilli trentacinquenni si pongono il problema di come venga distribuita ai più giovani la notizia storica, questo accade, perché vi assicuro che ci sono aspetti veramente oggettivi che suscitano, per lo meno, perplessità.
Quando Carlo Salinari nel suo Dizionario italiano definisce le foibe “doline carsiche in cui i nazifascisti erano soliti precipitare gli avversari politici”, siamo di fronte a una fandonia talmente, oltre che sgradevole, vergognosa, talmente crudele da imporci comunque una riflessione: ma anche la sinistra, ma anche il centro-sinistra, ha interesse a che vi siano mistificazioni degne di quelli che erano gli artifici fotografici di Stalin che, a seconda della opportunità dei rapporti con politici, toglieva o metteva, aggiungeva o sostituiva nelle sue foto gli uomini che via via, magari, scomparivano dal Comintern? E’ interesse di Silenzi sostenere che le foibe sono un’invenzione che, al pari di mille altre cose, debbono essere o non conosciute o diffuse in questa maniera che non commento? E’ un interesse della sinistra che non solo il Camera-Fabietti ma il Desideri, il Brancati, “Popoli e civiltà”, definiscano, parlando del ‘900? i governi Berlusconi come “governi che si ispirano a concezioni sudamericane”? Ma allora la libertà, ma allora il diritto di scegliere, ma allora i girotondi, come diceva giustamente Pistarelli, a che servono? Ad affermare il carattere plenipotenziario di una cultura? La sinistra è stata brava, gramscianamente si è introdotta nelle accademie, nelle case editrici, nella scuola, ha fatto il suo dovere; probabilmente altri pensavano agli appalti, a plasmare la civiltà sulla base di quello che era un rozzo esercizio del potere, la sinistra ha fatto il suo dovere, ma è il suo dovere di sinistra che non può essere accettato da chi reclama null’altro che libertà di coscienza, che la possibilità che non vengano imposti libri di testo di destra o di sinistra, ma che vi sia libertà nel mercato del libro di testo.
C’è un altro aspetto che deve preoccupare tutti: in realtà, l’adesione dei professori ai libri di testo il più delle volte non è neanche ideologica, c’è solo un tremendo conformismo, una tremenda prassi di accettazione, magari, di quelli che sono i benefit delle case editrici più capaci, che portano, neanche sulla base di una convinta adesione ideologica, a circuitare o comunque a far circolare con la stessa pigra stanchezza, conformista stanchezza, i testi che, ripeto, parlano di argomenti che portano a definire Stalin “uomo duro ma giusto”. Penso che su questo anche Silenzi, dalla Bolognina in poi, abbia raggiunto la convinzione che qualificare Stalin come “uomo duro ma giusto” non rende merito alle verità storiche sulle quali non voglio neanche scendere.
Ma c’è un altro fatto. Non vi conviene, e vi spiego. Difendere quell’ottusità marxisteggiante che va oltre la decenza dell’oggettività storica non vi conviene. Ci sono tante pagine di scrittori, intellettuali che hanno dovuto respirare l’aria soffocante e miasmatica dello star system della sinistra, anche gente di sinistra. Devo parlare di Pavese? Devo parlare di Silone? Devo parlare di Luchino Visconti che non poteva dire di essere omosessuale perché in quel momento la sinistra non li sopportava gli omosessuali, tanto da espellere dal Partito comunista Pasolini? Devo parlare di Malga Porzus, dove morì il fratello di Pasolini, ucciso da partigiani contro altri partigiani?
Quindi non vi ergete assolutamente all’altezza, al culmine di questo dicastero, perché non vi conviene.
Vi dico una piccola storia. Il ragazzo che non voglia portare il cervello all’ammasso pensa, riflette, fa scelte diametralmente opposte a quelle che vengono proposte e mistificate con tanta spregiudicatezza. Ce l’avete davanti: una persona che non aveva nessun tipo di predestinazione particolare. Io sono un figlio dell’Italia tipica: mio nonno era rinchiuso a Coltano perché era un milite della Repubblica sociale italiana e mio padre era del Partito d’azione, buon amico di Lussu, di Poa e di tante altre persone, clandestino andava facendo l’organizzazione del Partito d’azione. Io sono il figlio dell’Italia. Perché divento missino? Perché ai primi del ‘90 c’è un comizio del Partito comunista nella mia Offida rossissima, viene Paolo Volponi, scrittore di grandissima fama, che era candidato a quel tempo e in un dibattito pubblico zittisce mio padre. E io, piccoletto, dicevo “come può essere?”. Ritenevo che mio padre fosse persona adeguata. Viene zittito in maniera brutale e io, per reazione, dico “ma può essere che il Partito comunista fa queste cose?”. Perché anch’io valutavo. Allora, la reazione è questa: le persone libere hanno senso di ripugnanza rispetto a questo sistema oppressivo. Non vi conviene continuare a dire che Stalin è “uomo duro ma giusto”, che le foibe sono delle cavità carsiche in cui non erano i comunisti a precipitare le persone, non vi conviene! Facciamo un passo avanti, Silenzi. Noi non vogliamo fare revisione, quindi quando poniamo il problema di manuali storiografici, che grazie alla capacità di distribuire gadget delle case editrici, al conformismo che domina la cultura anche della sinistra e soprattutto della sinistra.... (Interruzione)

Guido CASTELLI. Questa è la realtà dei fatti, caro professor Ascoli. Non sono corrotti, sono stanchi, pigri, aderiscono a quello che è il conformismo marxista, altro che! (Interruzioni). Studiando su questi argomenti sono diventato prima missino e poi di Alleanza nazionale: grazie al comunismo sono qui a dire cose diametralmente opposte.
Vi cito un brano della postfazione al dizionario giuridico italiano-inglese di Francesco De Franchis, edizione Giuffrè. Qualcuno potrebbe dire “ecco il ciarpame revisionistico”, ma qui non si parla solo delle foibe, di Stalin, arriviamo al ‘900 caro alla riforma di Berlinguer. A pag. 173, figli e fratelli cosa debbono leggere? “Resta il fatto che a prescindere dall’individuo il caso Berlusconi appare sul piano politico come il primo e il più grave nella storia di tutte le democrazie occidentali di un imprenditore che assume funzioni di governo. Si è opportunamente osservato che il nuovo Governo Berlusconi si presenta come una compagine all’altezza dei propositi, dal decreto salvaladri al condono edilizio, al vecchio regime dei lavori pubblici, alla virtuale abolizione del secit, un free for all degno dei fratelli Somoza”. Ragazzi miei, queste sono le valutazioni che dovrebbero essere sfacciate per contenuti storici. Qui nessuno vuol mettere bollini, sarebbe sufficiente che il buon senso e la decenza evitassero che i libri di storia che obbligatoriamente gli studenti italiani devono studiare, evitassero strumentalizzazioni volgari, affermazioni e mistificazioni che sono sotto gli occhi di tutti. Noi non chiediamo bollini, non è la “Chiquita culturale” che ci interessa, a noi interessa affermare un principio: che famiglie e studenti devono poter essere messi in grado di poter fare una scelta pluralista, una scelta su un’offerta competitiva quanto si voglia, ma che comunque consenta a tutti noi di sottrarci a quello che è un ricatto ideologico che ha dominato per troppo tempo tutta la cultura italiana. Potrei citare mille casi, ad esempio quello della casa editrice Rusconi che veniva esclusa da tutte le verifiche, da tutte le competizioni dei premi letterari perché veniva diretta, in un periodo degli anni ‘70 da Alfredo Cattabiani, considerato un fascista, quell’oscuro fascista che in un piccola finestra di libertà ha però consentito, in una sola stagione, che un po’ di aria nuova potesse anche scuotere le stanze di un culturame che da questo punto di vista noi considereremo sempre in maniera molto negativa.
Ma al di là di questo, ripetendo che su un argomento del genere non dovrebbero esserci problemi ad essere d’accordo, premesso che ognuno ha diritto di fare la critica storica che crede, premesso che l’esegesi storica non solo è un diritto ma una realtà preziosa e inalienabile della ricerca storica, non vedo perché non si possa essere messi in grado di poter scegliere, di poter verificare, di poter sapere se è giusto o meno, se si ha diritto di interferire o meno su una decisione obbligatoria sulla scelta del libro di testo.
Ripeto, se si avesse sempre un’impostazione ideologica non dico che sarebbe accettabile, ma consentirebbe per lo meno di confrontarci. Spesso è solo il prodotto e il portato di una stanca, ripetitiva circuitazione di libri che, ripeto, vengono scelti non in ragione, ahimé, della loro valenza storiografica, ma in ragione, magari, dell’omaggio, del gadget o del viaggio da qualche parte che viene abbinato alla scelta del libro.
Per questa ragione abbiamo proposto semplicemente che vi sia un forum, vi sia un osservatorio, si possa valutare, non mettere bollini, on stampigliare franchigie ma semplicemente poter dire, valutare, discutere. La nostra mozione vuole semplicemente dire “diamo contributi alle case editrici, visto che la Regione comunque stanzia soldi in favore dell’attività libraria, quando le case editrici si vogliono impegnare in investimenti per la manualistica”. E’ un reato questo? Non mi pare. E comunque facciamo la parte nostra perché possa essere affermato come corollario della libertà di educazione anche il corollario, non secondario, della libertà di scelta del testo manualistico e creiamo un forum, un osservatorio, con magari più pacatezza di quella che c’è in quest’aula, per poter discutere di questi problemi. Nessuno si deve scandalizzare, perché lo scandalizzarsi, quello sì, è l’anticamera della repressione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Registriamo un po’ di nervosismo da parte della destra e della sinistra quando affrontano temi così importanti e delicati. E’ vero che l’Italia, fortunatamente, per cinquant’anni è vissuta sotto un regime “di democrazia”, in cui tutto era consentito ed è consentito, quindi per quanto ci riguarda, per quanto mi riguarda il voler bollare una giusta e legittima rivendicazione, anche democratica, da parte degli amici della Casa delle libertà, di Alleanza nazionale, non lo vediamo come un atto liberale, illegittimo per la motivazione stessa della sinistra, dei comunisti i quali dicono che sotto il regime non c’è libertà di parola e di stampa, quindi oggi voi non siete quelli che possono insegnare o dare lezioni di democrazia nella storia del popolo italiano. Ma penso che non potete insegnarci nulla, perché quanti di voi sono andati a scuola a Mosca, in Russia ad apprendere qual era la democrazia nei Paesi occidentali? Penso che ognuno ha la propria storia, scheletri dentro l’armadio ognuno ne ha in abbondanza, quindi lezioni di democrazia penso che oggi ben pochi possono dare, di fronte a una problematica del genere.
Non tocchiamo l’argomento “informazione”, perché quando è monopolizzata dalla sinistra si tratta di buone trasmissioni. Una sera, per caso ho visto una trasmissione di “Sciuscià” in cui il conduttore cantava “Bella ciao”, con i miei soldi. Penso che questa è l’offesa più grande che si possa fare al popolo italiano: un cittadino che paga il canone deve sentir cantare da un conduttore che prende miliardi “Bella ciao?”. Poteva cantarla in bagno la mattina, quando si fa la barba, come fa un operaio. Quindi, lezioni di democrazia penso che ben pochi ce ne possano dare.
Penso però che i comunisti soprattutto debbano fare un esame della loro storia e del momento attuale in cui viviamo, perché c’è ancora ambiguità, molto ambiguità e sicuramente lezioni noi non le prendiamo.
Mentre c’è un partito quale quello Comunista che si è poi chiamato Pds, poi Ds, vicino alle socialdemocrazie — ieri erano amici di Blair, oggi sono nemici, ieri erano amici di Schneider, domani saranno nemici, a seconda delle occasioni e delle circostanze — c’è chi non ha rinnegato il comunismo, i Comunisti italiani, Rifondazione comunista. Addirittura c’è stata una rifondazione del comunismo italiano. Quindi, mentre tutti i partiti stanno cercando di fare uno sforzo per migliorare e portare avanti una democrazia più corretta, c’è una parte delle sinistre ancora ancorata. Mi fa specie che una parte del mondo cattolico, che per tantissimi anni ha condannato il comunismo nel mondo, oggi possa condividere e portare avanti problematiche e tematiche che nulla hanno a che fare con la loro storia, la loro cultura, la loro tradizione. Noi, con i comunisti non abbiamo mai nulla avuto a che fare, siamo stati sempre alternativi in tutto e per tutto. Quindi bene ha fatto la Regione Lazio a porre un problema che è sacrosanto e legittimo, ed è giusto, perché la dietrologia non porta né frutti né benefici.
Ma quello che oggi dobbiamo condannare è l’imposizione della cultura comunista, ancora una volta, dopo 50 anni in cui è andata avanti solo con la propaganda, non con progetti od obiettivi, perché la propaganda era la più grande iniziativa della sinistra italiana. Basti pensare all’ambiguità sul tema della pace: con D’Alema si fa la guerra, oggi con Berlusconi non si può fare la guerra. Quindi c’è molta ambiguità nel quadro politico nazionale, soprattutto a sinistra. C’è ambiguità su come deve essere affrontata tutta questa situazione. Non vi scandalizzate se oggi un conduttore si trova in difficoltà perché è cambiato il clima politico, questo è successo anche in sette anni dell’Ulivo: quanta gente è stata messa nel dimenticatoio? Solo che si tratta di gente che non fa i girotondi, gente che non ha i vari Giulietti a disposizione con il suo sindacato, oppure non ha il presidente nazionale della stampa, addirittura, che partecipa con Nanni Moretti alle manifestazioni. Questa è la vostra democrazia? Questo è quello che volete? Voi siete ancora uomini di regime e non vi scandalizzate se qualcuno in questo momento cerca di scardinare questa vecchia e logora vostra mentalità di regime.
Bene ha fatto Alleanza nazionale a porre questo tema, perché è motivo di dibattito e di confronto. Se riusciamo a portare una dialettica migliore con toni calmi e sereni, penso che la civiltà e la democrazia ne trarranno sicuramente vantaggio, ma se ci schieriamo, come è accaduto in passato, su blocchi precostituiti, sicuramente non andremo molto lontano, torneremo agli anni bui, agli anni cupi in cui in Russia c’erano tante disgrazie e in Italia i problemi che voi avete evidenziato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Vedo un dibattito ormai stantio, quasi disinteressato rispetto alla questione che è veramente importante, interessante e che dovrebbe assumere ben altre evidenze, non solo in quest’aula ma anche nel dibattito più generale nel nostro Paese.
Ho letto attentamente la mozione di An sulla questione dei libri di testo, che per certi versi assomiglia molto alla proposta di legge presentata dal deputato di Forza Italia, che non conosco, tal Fabio Garagnani.

Roberto GIANNOTTI. Abbi un po’ di rispetto: è deputato.

Marco AMAGLIANI. Ho detto “tal Fabio Garagnani, che non conosco”. Posso non conoscerlo? A un certo punto, nella sua proposta di legge dice esattamente “esorto i manuali scolastici a tener conto in modo obiettivo di tutte le correnti culturali e di pensiero per un confronto democratico e liberale che assicuri un corretto apprendimento del passato, con particolare riferimento a quello più recente”. Cosa vuol dire questo? Se non ci soffermiamo esattamente sul senso delle parole uno potrebbe dire “va bene, siamo d’accordo”, un’informazione, una storia che venga scritta in modo veramente libero e scevro da qualsiasi tipo di condizionamento. “Un assoluto rigore scientifico che tenga conto della varietà del pensiero”. Allora domando, in modo particolare a voi colleghi del gruppo di An che avete firmato questa mozione: vi riferite forse a frasi di un certo tip Ve le leggo. Voi sapete che nel ventennio c’era una famosa carta, la “Carta della scuola”, che recitava: “La scuola fascista attua il principio di una cultura del popolo ispirata agli eterni valori della razza italiana e della sua civiltà”. S.E. Benito Mussolini precisava: “Un altro regime che non sia il nostro, un regime demo-liberale, un regime di quelli che noi disprezziamo può ritenere utile rinunciare all’educazione delle giovani generazioni, noi no, su questo siamo intrattabili. Nostro deve essere l’insegnamento. Abbiamo bisogno di dare a questi giovani il senso della virilità, della potenza, della conquista, soprattutto abbiamo bisogno di ispirare loro la nostra fede e accenderli delle nostre speranze”. Questo era questo che aggiungeva, a precisazione della famosa “Carta” che prima citavo, S.E. Benito Mussolini. Sappiamo tutti dove questo tipo di idealità ha portato il nostro popolo e la nostra Italia.
Non credo alla bontà di queste affermazioni, quindi al fatto di riferirsi ad una storia che sia soggetta ad un assoluto rigore scientifico. La verità, cari colleghi, è un’altra: che voi volete scientemente cambiare il segno di questa storia, voi volete cambiare la storia di questo Paese per quella che essa stessa è stata. Infatti sentivo qui alcuni nomi, come per esempio un bellissimo libro di storia su cui si sono formate tante generazioni nel nostro Paese, il famoso Camera-Fabietti. Cosa volete cambiare di quel testo? Ho sentito per l’ennesima volta avventarsi contro l’idealità comunista. Sì, sul Camera-Fabietti c’è scritto che la Resistenza italiana è stata segnata da tantissimo sangue e che il 90% di quel sangue era sangue comunista. Non è forse vero? Non è forse vero che la Resistenza italiana, che la libertà a questo popolo, non in toto ma in parte, è stata data fondamentalmente dalla lotta di Resistenza e che in quella lotta di Resistenza l’allora Partito comunista italiano, i suoi militanti, i suoi uomini, le sue donne ha dato quel tipo di tributo? Ha dato migliaia e migliaia di ore di carcere, ha visto morire in carcere le sue menti migliori, a partire da Antonio Gramsci. E’ così o non è così? E’ questa la storia che volete cambiare. Sui manuali non deve esserci più scritto questo? Ditelo. Lo si dica chiaramente, si dica che la colpa storica di questi studiosi eminenti che hanno scritto questi testi è quella di riportare esattamente e realmente ciò che la storia è stata. Questo dovete dire fino in fondo, ma lo state dimostrando al Governo di questo Paese, perché ho sentito prima frasi quasi al limite dell’ingiuria nei confronti di un uomo come Biagi, che ovviamente riconoscerete non è mai stato e mai sarà un aderente alle mie idee, quindi un aderente al Partito comunista italiano, a Rifondazione comunista, a tutto ciò che si richiama al comunismo. Ebbene, rispetto a una trasmissione che era la più seguita è stato messo da parte: nei palinsesti tv del nostro Paese quell’uomo non esiste più, o esiste in maniera marginale. Scientemente voi non volete la verità, voi volete riscrivere la storia di questo Paese, voi volete mettere un tappo all’intelligenza, ai cervelli che in questo Paese ancora, autonomamente, dicono la loro in maniera libera. Stessa cosa fate nei confronti di Santoro, differentemente non si capirebbe come una trasmissione talmente seguita, anche quella con uno share altissimo, venga tagliata dai palinsesti Rai. Non ha più la necessità, la Rai, di fare quella famosa concorrenza — so bene che non l’ha più questa necessità — alle reti Mediaset? Non ha più questa necessità? Non ha più la necessità di mettere in campo qualcuno che sappia fare trasmissioni, qualcuno professionalmente valido — grazie a Dio avete riconosciuto questo a Michele Santoro — che faccia una trasmissione in cui tutti possano esprimere il proprio pensiero? Non direte che in questo momento siete in qualche modo marginalizzati nell’espressione del vostro pensiero...

Gilberto GASPERI. ...anche alla Cecchini avete messo il bavaglio.

Marco AMAGLIANI. Gasperi, non introdurre nel dibattito cose che non c’entrano assolutamente nulla. Questo non c’entra assolutamente nulla.
Credo che quest’aula debba votare a larghissima maggioranza — perché ho capito che la Casa delle libertà non lo farà — un documento in cui ci si richiami sì alla libertà del pensiero, ci si richiami al dettato della Costituzione, a quel famoso articolo 33 che dice che libera è l’arte, libero è il pensiero, libero è l’insegnamento; quella famosa Costituzione che è nata, checché voi ne diciate, dalla Resistenza che è stato un momento altissimo, che è stato il secondo Risorgimento di questo nostro Paese, che ha consegnato un’Italia libera, quella in cui ancora oggi viviamo. Vedo segnali sempre più preoccupanti per questo tipo di libertà, ma ancora oggi, fortunatamente, siamo soggetti a quel tipo di Carta costituzionale.

PRESIDENTE. Sono state presentate due proposte di risoluzione, la prima alla mozione n. 57 a firma Ciccioli, Favia, Giannotti, Brini, Ceroni, Viventi, Romagnoli, Gasperi, Massi e Pistarelli.
Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Ho perso parte della discussione, ho ascoltato sei colleghi che hanno parlato e una decina che hanno interrotto, rumoreggiato nel corso della discussione. Credo che la discussione che ho perso sia stata abbastanza brutta. Se fossimo a scuola, sarebbe stato un fuori tema, perché a me sembra che questo Consiglio ha fatto una discussione sull’insegnamento della storia moderna e contemporanea, argomento che, soprattutto in Italia, è fortemente occasione di scatenare rabbia, passioni ecc. In realtà, il problema del pluralismo dell’insegnamento e del libro di testo va assolutamente al di là delle questioni della Resistenza, dell’antifascismo, di Stalin ecc. Aveva ragione il collega Castelli: se è vero, come tutti gli istituti demoscopici confermano, che tra i giovani è tanto più alta, rispetto alla media nazionale, la media di coloro che votano per la destra e per Alleanza nazionale, credo che sia in larga parte dovuto a questi libri di testo vergognosi, come il Camera-Fabietti che fa imbestialire chiunque lo apre, perché è istintivo che il giovane diciottenne pensi “è pieno di balle, mi dice che il fascismo è stato una cosa orribile e poiché mente sempre, approfondisco la questione”.
Però non credo che sia il caso di andare ad affrontare un tema serio come il pluralismo dell’insegnamento su questioni fortemente militanti come l’insegnamento della storia. In America la polemica sulla libertà d’insegnamento è una questione scottante e bruciante. Dico questo perché hanno appiccato il fuoco a parecchie scuole per questioni relative alla scelta del testo. Ma credetemi, non su questioni di Resistenza e antifascismo, che in America neanche sanno cos’è, cosa non è e se glielo raccontate non ci credono, ma si dà fuoco alle scuole tra creazionisti ed evoluzionisti, perché il problema dei libri di testo è che in alcuni testi si trova scritto che l’uomo è stato creato il settimo giorno, la donna da una costola, i fossili stanno lì come indovinelli per l’umanità, mentre altri libri di testo non creazionisti ma evoluzionisti affermano che l’uomo è una scimmia restilizzata e che chiunque affermi il contrario è un barbaro ignorante e antiscientifico.
Mentre sulla Resistenza, sulla storia, sulle foibe possiamo urlare — qualcuno l’ha fatto — battendo i pugni sul tavolo, su questo tema nessuno dei presenti può dire come sono andate le cose quella volta. Ciò che io critico è che si pretenda di imporre, dai creazionisti, dai darwiniani, da voi, dal sig. Camera e dal sig. Fabietti, una versione non scientifica, non in termini di tesi ma in termini di verità assoluta e guai a chi non la sottoscrive.
Proprio qualche giorno fa ho sentito una mia collega avvocatessa dire che avrebbe ritirato il figlio dalla scuola pubblica perché nel sussidiario della scuola elementare ha visto scritto “un giorno la scimmia stava su un albero, scese e divenne uomo”. Ha detto “non mi sento scimmia, mio figlio non è una scimmia, lo mando a una scuola non pubblica”. Siccome sono argomenti delicati, vorrei che venissero affrontati in termini scientifici e non partigiani, per cui vi chiedo scusa, ma affrontare la questione in termini di censura è totalmente errato. Io voterei volentieri i vostri testi che dicessero “non vogliamo la censura nei libri di testo”, anche perché da ragazzino facevo le battaglie per l’abolizione del libro di testo obbligatorio. Se voi scrivete nella mozione a firma Mollaroli e altri “chiarito che compete solamente all’organo collegiale la scelta del libro di testo”, credo che il libro di testo obbligatorio lo volete reintrodurre, e se lo volete reintrodurre non ci stiamo, e fa benissimo il gruppo di Alleanza nazionale a scrivere che il Consiglio dovrebbe impegnarsi per l’abolizione del libro di testo obbligatorio.

Adriana MOLLAROLI. Dovete riformare la scuola!

Sergio NOVELLI. I temi di istruzione che richiamava il collega Amagliani della “buonanima” — il collega Amagliani diceva “S.E.” — non sono attuali, tuttavia la “riforma Gentile” della scuola è stata una riforma che, salvo prova contraria, ha retto, invecchiando come tutte le cose, per circa 40 anni. E’ stata riformata parzialmente negli anni ‘70.
Mi sembra che le riforme della scuola pensate nel corso del quinquennio della passata legislatura non siano destinate a lasciare traccia altrettanto profonda o altrettanto seria nel percorso formativo delle giovani generazioni italiane succedutesi, per cui andiamoci piano. Sicuramente quella scuola, anche se con gli eccessi del tempo — che non erano solo della scuola fascista — ha saputo dare un metodo, e fu fatta dal prof. Gentile, non dall’on. Berlinguer, parlando con rispetto, dimostrando di avere contenuti da trasmettere. Non ho detto “il tal Berlinguer”, mi sembra però che il peso di Gentile, purtroppo assassinato nel corso degli eventi bellici — lo posso dire? La cosa va sottoposta a una commissione storica, Se è la verità, la verità non fa male a nessuno — sia considerevole.
Se avessi fatto l’intervento due anni fa, quando è stata proposta la mozione, avrei menzionato una serie di piccole chicche che avevo raccolto sui libri di storia. Su “Elementi di storia moderna” si diceva sul Msi: “Partito che, pur avendo abbandonato l’ideologia fascista, tradisce in tutti i suoi documenti programmatici l’origine, come da documento che si allega in fotografia”. Il documento in prima pagina era la foto di bottiglia “Vino nero del camerata: bevo e me ne frego”, che secondo l’autore del testo era la prova del programma del Movimento sociale allora. Nello stesso testo si faceva riferimento al “prosecutore dell’opera di Almirante Giorgio Fini”. Refuso legittimo: se uno dicesse “Palmiro Veltroni” o “Palmiro Fassino” non succederebbe niente, per carità. Non credo che sia serio andare a cercare volontà di censura dove non c’è. Mi fa specie la mozione dei colleghi del gruppo Comunisti italiani, che fa espressamente travisamento allorché, anziché parlare di libri di testo parla unicamente di insegnamento dell’antifascismo e della Resistenza, come se la riforma della scuola che è stata fatta da questo Governo, come se la delibera della Regione Lazio o la proposta di tre consiglieri della Regione Marche fosse... (Interruzione). E’ come se al posto delle due ore di educazione civica che la vostra scuola non fa in nessun ordine e grado, avessimo proposto che ci fossero due ore di etica fascista.
Quindi, ovviamente voteremo l’ordine del giorno e la risoluzione a firma Ciccioli, Favia ed altri; non possiamo votare, lo dico con amarezza, i documenti che chiedono, essi sì, il ritorno, se non alla censura, alla scelta da parte del collegio didattico del libro di testo, addirittura un passo indietro rispetto a quello che gli stessi colleghi della sinistra dicevano non esserci più. Mi sembra che sia, qui sì, nostalgismo di quando si faceva un minculpop con un nome diverso, cioè una scelta di imporre con il libro di testo obbligatorio, certe cose.
Nel 1980, il compito di italiano all’esame di maturità era un tema interessante: “L’Italia della prima guerra mondiale, dalla Triplice Alleanza al neutralismo, al fascismo”. Feci un compito ampio. Sapevo che il membro interno della commissione una carissima persona, Armando Francello, candidato nelle liste di Democrazia proletaria, non politicamente vicino — io ero già segretario del Fronte della Gioventù — mi si diceva che la commissione fosse più in linea con il docente che con il candidato, feci un compito molto lungo, venni interrogato quasi solo di storia all’orale, venni tenuto circa un’ora, mi si chiese di parlare solo del fascismo e del nazismo, parlai molto e coloro che assistettero all’esame orale dissero “Possono dichiarati maturo, possono bocciarti, possono anche farti arrestare per tutta una serie di fatti di apologia”. Comunque credo di aver fatto un buon esame. Non venni “maturato” con 60, ma ricordo che mi fu detto che il prof. Francello, di Democrazia proletaria, si batté per oltre mezz’ora con la commissione affinché mi dessero un non so se meritato o immeritato 60, dicendo “non condivisibili le cose che ha detto, ma sicuramente sulla materia ha un bagaglio di nozioni, ha approfondito la questione, ha riflettuto, le conclusioni sono soggettive, lo studio è oggettivo”.
Credo che lo spirito dell’adozione del libro di testo dovrebbe essere questo: non si può dare il voto al grado di condivisione delle conclusioni, né tanto meno imporre una conclusione e pretendere che il discente riceva, come tazza riceve il brodo, delle conclusioni apoditticamente imposte dal docente o dall’autore di quel testo.
Noi non siamo né scrittori, né filosofi, né docenti tranne qualche eccezione. Il segnale che può dare la politica è soltanto di portare i giovani all’acquisizione di un metodo dialettico: imparare a conoscere, a ragionare, a riflettere e sulla conoscenza e/o riflessioni, estrapolare delle conclusioni, senza coercizione e quindi senza alcuna imposizione di libro di testo obbligatorio o, peggio ancora, di assemblea di studenti in cui si dica “siccome hai detto che... non sei in linea e non sai”. Questa è una forma di libertà che vorremmo non vi prendeste più e che noi non vi consentiremo di prendere. Per questo voteremo la risoluzione del Polo, contro la risoluzione della sinistra.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

Giulio SILENZI. Il dibattito odierno dimostra le considerazioni e l’analisi che abbiamo svolto. Il problema dei libri di testo, la censura, la limitazione alla libertà degli insegnanti sono palesi e si inquadrano in un obiettivo, in una strategia che il centro-destra sta portando avanti, da una parte per riscrivere la storia e scardinare le fondamenta della Costituzione, dall’altra per restringere la libertà nella scuola pubblica degli insegnanti. Si è parlato di mille cose, ma era un argomentare volto a dimostrare l’egemonia dei comunisti nella cultura e quant’altro avete detto. Quindi, rispetto a questa proposta specifica di attacco alla libertà di insegnamento, di scelta degli insegnanti... (interruzione). Caro Castelli, tu parli di altro ma non riprendi l’argomento principale del bollo. Non hai ascoltato l’intervento di Ciccioli, cioè: il Ministero deve mettere dei bolli, dei doc, così come rappresentanti di Forza Italia hanno richiesto. Questo è il punto, non le valutazioni politiche che ci sono state e che ci saranno sulla ricostruzione storica, o la critica a chi scrive di storia, che è altra cosa. Ognuno di noi ha le sue valutazioni. Noi, in ritardo constatiamo positivamente che il vicepresidente del Consiglio ha chiesto scusa agli italiani, forse aveva altre argomentazioni nel passato. Ma questo attiene alle valutazioni. Il problema è che voi volete togliere all’insegnante la libertà di scegliere il libro di testo, questo è l’attacco, in una logica che avete molto bene evidenziato oggi e che noi riprendevamo in un’analisi molto sintetica che fa parte di una vostra strategia. E’ chiaro che dobbiamo insorgere per difendere la libertà degli insegnanti di scegliere i libri di testo: ci avete provato nel ventennio fascista, ci riprovate in maniera più moderna oggi. Io sono di quelli che sostiene che il vostro “sdoganamento” è stato fatto con troppa superficialità. Voi dite che il Ministero deve stabilire quali sono i libri buoni e non buoni e non parlate della libertà dell’insegnante. Su questo c’è il confronto. Noi difendiamo la libertà degli insegnanti. Questo è il discrimine: voi che siete la Casa delle libertà avete usurpato un nome, “libertà” che da noi viene difesa, la libertà di insegnamento e la libertà degli insegnanti. Questo è il punto nodale, tutto il resto è un dibattito che nulla ha a che vedere con questo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Una breve dichiarazione di voto per segnalare anche la gravità dei toni che la destra, in particolare gli esponenti di Alleanza nazionale, hanno usato. Nonostante lo sforzo, inutile, di dare dignità ad una scelta che è palesemente antidemocratica, come quella della commissione di censura sui libri di testo del Lazio, la cultura che incarnate rappresenta anche il tentativo di dare continuità ad una prassi che è tipica della tradizione del fascismo, seppure, oggi, in doppiopetto. Parlate di superare la decadenza morale presente in alcuni libri di testo, ma in realtà è palese l’utilizzo delle istituzioni, da parte della destra e del centro-destra, per concretizzare un’ipotesi di tipo neo-autoritario.
Non solo la censura, ma le leggi che assoggettano l’informazione a parametri del Governo. E’ stato predisposto un disegno di legge della Casa delle libertà per privatizzare la Rai e assoggettare di più l’informazione al servizio del Governo. Siamo in presenza di una democrazia autoritaria che può portare, se sottovalutato il pericolo, alle soglie di un vero e proprio regime. Tutto ciò certo rappresenta una forza in sé non solo a livello italiano ma europeo e mondiale, della destra, ma è vero che questo è stato alimentato anche da una fase di revisionismo, con la colpevolezza delle forze democratiche. Questa fase del revisionismo, da un lato ha annoverato la destra come semplice competitrice elettorale e dall’altro l’ha annoverata uguale al centro-sinistra. Non è in discussione il diritto di criticare i libri non condivisi, anzi noi comunisti l’abbiamo fatto, lo facciamo e lo faremo con forza, ma è inaccettabile che si violi la Costituzione del nostro Paese, in particolare l’art. 33 che prevede che la scelta dei libri di testo per le scuole è demandata agli insegnanti, per una scuola pubblica e pluralista. Ritorna anche in questa discussione l’ossessione dell’anticomunismo ed i comunisti, in particolare in Italia, possono dare lezioni, colleghi e collega Brini; i Comunisti italiani possono dare lezioni a tutti, di comportamento democratico, prima contro il fascismo, poi in difesa della democrazia ed anche quando essi stessi sono stati vittime dell’oscurantismo, laddove governavano — in molte Regioni significative, le più avanzate del nostro Paese, le Regioni “rosse” — mai hanno posto limiti all’autonomia di scelta dei libri di testo, perché la cultura dei comunisti, la nostra cultura democratica è fuori discussione. Al contrario, voi, nonostante tutti i tentativi di evoluzione non siete credibili, perché la destra non è credibile sul terreno democratico, quindi questa discussione di oggi può anche aiutarci a capire un contesto che è ancor più pericoloso, sia sul piano culturale ma anche sul piano dell’oggi, della attualità politica, perché mettere contro i libri di testo delle censure, delle commissioni è anche pericoloso per la deregolamentazione in atto della scuola pubblica portata avanti dal Governo e dal vostro ministro.
Quindi questa non è una discussione di tipo ideologico, di tipo astratto ma una discussione di tipo politico, che segnala la pericolosità di una destra che va sconfitta sul terreno culturale, sul terreno della mobilitazione ed anche sul terreno della proposta del Governo, perché la sinistra in sé e tutte le forze democratiche possono oggi, segnalando questo pericolo, ricandidarsi a costituire un governo più avanzato nel nostro Paese, non come fine ma come mezzo per risolvere i problemi e per concretizzare la democrazia ed attuare la Costituzione. E’ per segnalare questa gravità che il gruppo Comunisti italiani voterà la risoluzione unitaria.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. E’ evidente che questo è un tema di fondo che attraversa la politica italiana, quindi non ci poteva assolutamente essere una risoluzione di tipo unitario, però è anche evidente che ci si aspettava da questo punto di vista, da parte della maggioranza, un atteggiamento non voglio dire di comprensione ma di apertura sulla necessità che la cultura, la libertà di insegnamento, io direi più in generale il dibattito su questi temi fosse aperto. In questo momento — probabilmente è una fase di congiuntura storica — la sinistra, forse in un meccanismo di difesa, si chiude a riccio su tesi che ha potuto sostenere per alcuni decenni ma che non sono più sostenibili con un mutato clima dell’opinione pubblica, non vorrei dire in Italia ma in tutta Europa. Non è una regressione, un ritorno indietro ma un’apertura rispetto a una fase culturale, politica superata. Si può sostenere qualsiasi tesi, perché è lecito e giusto sostenerla, con convinzione, ma alcuni equilibri di tipo culturale che si sono cristallizzati per alcuni decenni non passano più.
Credo che, addirittura, sia un autogol storico della sinistra porsi in una posizione di chiusura. Più volte in discussioni molto amichevoli con alcuni personaggi anche di aree culturali e politiche diverse del centro-destra ci siamo posti il problema se l’opposizione aggressiva della sinistra di questo periodo, da Cofferati ai girotondi di Nanni Moretti, è cosa che crea nocumento o avvantaggia il centro-destra. Molti di noi — io sono di questa scuola — pensano che più Cofferati insiste su alcune tesi e più il centro-destra si unisce e le cose vanno meglio, perché abbiamo più possibilità di gestire; più Moretti fa determinate cose e più ci fa bene, perché anzitutto rinsalda e mette in ombra alcune tensioni che ci sono all’interno di uno schieramento, del centro-destra. Quindi, se l’impostazione è questa credo che in questo modo la sinistra faccia un autogol storico come un autogol storico ha fatto in Francia. Credo che il modello francese, ciò che è avvenuto in Francia sia un saggio da manuale delle vicende culturali e politiche.
Ricordo la spocchia con cui la sinistra governante in Francia, la sinistra governante francese trattava Berlusconi, il centro-destra d’Italia. Il risultato è stato sotto gli occhi di tutti. Quindi riconfermo come una risoluzione di grande equilibrio il testo di tutta la Casa delle libertà. Ci abbiamo riflettuto, in particolare se ne è fatta carico la collega Franca Romagnoli che non è presente oggi perché ha un impegno di tipo politico a Roma. Su questa cosa noi crediamo che ci sia proprio uno sforzo del centro-destra di andare avanti rispetto alle polemiche e questa mozione, con molta convinzione, voteremo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D'ANGELO. Come gruppo Verdi riteniamo che è indispensabile dire ciò che pensiamo sulla libertà d’insegnamento. Siamo per la libertà d’insegnamento, quindi come dichiarazione di voto non possiamo che condannare tutte le iniziative che portano alla censura e ad un controllo di questa libertà d’insegnamento e riteniamo di sostenere la mozione presentata dalla maggioranza. Ribadisco anche — lo dico in qualità di insegnante — che il valore massimo della scuola italiana oggi è quello della pluralità di insegnamento, dove c’è spazio per tutte le idee, dove si stimola il confronto tra le varie idee e si stimolano gli alunni ad una riflessione, ad una attenzione, ad una iniziativa di elaborazione delle varie informazioni.
Riteniamo quindi che l’iniziativa presa dalla Regione Lazio sia da condannare e votiamo a favore della risoluzione presentata da questa maggioranza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la risoluzione sulla mozione n. 57.

(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la risoluzione sulle mozioni nn. 56, 61 e 173.

(Il Consiglio approva)



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Propongo di anticipare il punto 7) dell’ordine del giorno.

(Il Consiglio approva)



Nomina

PRESIDENTE. Prego di distribuire le schede per la elezione di cinque consiglieri regionali nell’osservatorio regionale per le politiche integrate di sicurezza. Il voto è limitato a tre.
Prego di distribuire le schede.

(Segue la votazione, per scheda segreta)

Presidenza del Vicepresidente
GIUSEPE RICCI

Comunico il risultato della votazione. Votanti n. 31, voti validi n. 31. Hanno ricevuto voti: Mollaroli, Ascoli e D’Angelo n. 22; Castelli e Massi n. 9. Proclamo eletti i consiglieri Mollaroli, Ascoli, D’Angelo, Castelli e Massi.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Chiedo l’anticipazione dei punti 3) e 5) sui quali mi pare si possa procedere alla votazione senza discussione, perché in Commissione sono stati votati all’unanimità.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta.

(Il Consiglio approva)



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Legge regionale 10 dicembre 1987, n. 39, legge regionale 29 dicembre 1007, n. 75 e delibera del Consiglio regionale 25 settembre 2001, n. 43. Estensione alle amministrazioni provinciali della modifica dei criteri per la liquidazione in deroga al principio di cofinanziamento dei contributi di perenzione» Giunta (89)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 89, ad iniziativa della Giunta.
Non vi sono interventi, quindi lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Modifiche alla legge regionale 20 maggio 1997, n. 33: Interventi per lo sviluppo e la qualificazione dell’artigianato marchigiano» Avenali, Procaccini, Tontini, Viventi, Gasperi e Cesaroni (137)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 137, ad iniziativa della Giunta.
Dato che si tratta di un articolo unico, pongo prima in votazione il coordinamento tecnico.

(Il Consiglio approva)

Articolo unico. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini. Ne ha facoltà.

Cesare PROCACCINI. C’era l’impegno, vista la presenza dell’assessore Secchiaroli e considerato il livello di crisi dell’ex stabilimento Cartiere Miliani di Fabriano con sede a Castelraimondo — ma di tutto il gruppo — di dare una risposta alle diverse interrogazioni all’ordine del giorno. Del resto, questa inversione l’avevamo già votata, quindi chiedo di darle seguito.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Secchiaroli.

Marcello SECCHIAROLI. Avevo proposto al Presidente del Consiglio, poiché le interrogazioni non sono all’ordine del giorno, di procedere ad una informativa generale sulla questione ed eventualmente, se non soddisfacente, tornare alle singole interrogazioni.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno recava anche l’esame della proposta di atto amministrativo n. 87 che era stata abbinata alla proposta di atto amministrativo n. 86 relativa ai conti consuntivi della Finanziaria e della Svim, ma da una verifica fatta rapidamente tra i colleghi di minoranza i tempi di discussione sarebbero lunghi, quindi questi due punti non possiamo trattarli. A questo punto credo che possiamo chiudere la seduta della mattinata con la comunicazione dell’assessore Secchiaroli. Successivamente iscriveremo le interrogazioni a cui faceva riferimento il collega Procaccini nella seduta successiva, quando l’assessore sarà pronto per dare la risposta, se si ritenesse, dopo la comunicazione dell’assessore, di doverle comunque trattare.



Comunicazione della Giunta sulla situazione della Federcarta di Fabriano Spa di Castelraimondo

Marcello SECCHIAROLI. Le istituzioni interessate e le organizzazioni sindacali si sono immediatamente mobilitate, e il sindaco del Comune di Castelraimondo particolarmente preoccupato per i riflessi che tale situazione potrebbe avere nel contesto economico e sociale sul territorio ha istituito un "comitato di crisi" con il compito di valutare ed esaminare la situazione dello stabilimento della Fabercarta SpA - ex Cartiere Miliani Fabriano.
In data 28 agosto 2002 il direttore del dipartimento "sviluppo economico nonché dirigente del servizio formazione professionale e problemi del lavoro partecipavano - in rappresentanza della Regione - all'assemblea del comitato di crisi indetta dal Comune di Castelraimondo, assicurando ai presenti la massima collaborazione e il concreto sostegno della Regione per trovare una soluzione non traumatica alla paventata crisi occupazionale. I
l giorno 5 settembre 2002 i due dirigenti regionali sopra richiamati convocavano una riunione con i rappresentanti delle RSA e delle OO.SS. provinciali e regionali. Dalla riunione è emersa la preoccupazione per la situazione occupazionale che si sta creando all'interno della Fabercarta Spa, nonché la necessità di comprendere le reali intenzioni della proprietà sul futuro dell'azienda e trovare quindi rapidamente una via d'uscita alla crisi.
Sulla scorta delle decisioni prese nell'ambito degli incontri del 2818/2002 e del 51912002 il sottoscritto ha invitato per il 61912002 i rappresentanti delle due società che detengono le quote azionarie, CMF e Beta Rotoli ad una riunione per esaminare congiuntamente la situazione dell'azienda Fabercarta SpA.
Alla riunione erano presenti oltre al sig. Bellocchi Celso nella duplice veste di amministratore delegato della Fabercarta Sp.A e presidente del CdA della Beta Rotoli SpA, il sindaco del Comune di Castelraimondo Renzo Marinelli e il presidente della Provincia di Macerata Pigliapoco. La riunione è stata proficua sotto diversi aspetti in quanto ha permesso a tutti i presenti di ricevere - non dai giornali ma direttamente dalle persone che rappresentano la proprietà - utili informazioni che hanno chiarito la situazione nel suo complesso.
Il chiarimento richiesto - e nella riunione fornito - risultava necessario per mettere nelle condizioni la Regione Marche di poter proficuamente utilizzare tutti gli strumenti disponibili per superare le difficoltà. Il sig. Bellocchi ha riferito che sostanzialmente la causa della richiesta di CIGO per i 40 dipendenti andava ricercata in una crisi momentanea della cartochimica che si presentava con calo di commesse, e nonostante le economie effettuate sono state evidenziate le entità delle perdite che nel 2001 ammontano a circa 6 miliardi e per il 2002 a 2 miliardi delle vecchie lire. Tuttavia è stato precisato che attraverso il meccanismo della rotazione dei dipendenti si stimano 15-20 persone in GIG per il primo anno prevalentemente provenienti dal settore produttivo dell'autocopiante. Vengono infine riferiti dei significativi progressi nella richiesta di prodotto nel settore della carta termica.
Per la ripresa produttiva - attraverso il pieno utilizzo della macchina pattinatrice utilizzata per produrre carta termica - e quindi anche il rientro di tutto il personale attualmente collocato in CIGO sarà importante la definizione dei nuovi assetti societari tra i due partner, in quanto il possesso di quote azionarie paritetiche ha creato qualche problema in quanto non consente una precisa linea direzionale. Anche i futuri investimenti e il conseguente incremento occupazionale potranno avvenire solo successivamente alla soluzione della questione proprietaria tra i due soci. Al riguardo il sig. Bellocchi fa presente che contatti tra le due aziende ci sono stati e molto probabilmente si arriverà ad una conclusione definitiva nella riunione tra i due soci (che era prevista per il prossimo 13 settembre).
Non è escluso che in quella occasione la Società Beta Rotoli abbia potuto esercitare il suo diritto di opzione sul rimanente 50% così come previsto nei patti parasociali.
Questo incontro è avvenuto, l’impegno di informare la Regione c’era stato sul suo esito, ma ancora la Regione non ha ricevuto alcuna comunicazione. Nella giornata di domani conto di chiedere io qual è stato il risultato dell’incontro, per poi riprendere i contatti con il comitato di crisi.
Il rappresentante di CMF SpA - sig. Pietrapiana Eros - nel confermare quanto riportato dal sig. Bellocchi è convinto che dalla riunione del 13 p.v. scaturirà il nuovo assetto societario che darà nuovo impulso all'attività produttiva della Fabercarta SpA.
Le istituzioni Regione Marche, Provincia di Macerata e Comune di Castelraimondo nell'assicurare alle due aziende la massima disponibilità e collaborazione per superare l'attuale momento di incertezza si prodigheranno ognuno per la propria parte affinché il momento di difficoltà possa trasformarsi - dopo il nuovo assetto societario e attraverso un serio e credibile piano industriale - in un ampio progetto di sviluppo della Fabercarta SpA con investimenti e quindi incrementi occupazionali dei quali ne gioverebbe l'intero territorio che può qualificarsi a ragione come distretto della carta.

PRESIDENTE. Ringraziamo l’assessore. La seduta si conclude con questa comunicazione. Invito i colleghi che hanno presentato interrogazioni sull’argomento, a far conoscere alla segreteria del Consiglio se intendono mantenerle o se si ritengono informati adeguatamente dalla comunicazione fatta. Comunque, le interrogazioni verranno iscritte all’ordine del giorno non della prossima seduta ma di quella successiva e quindi i colleghi interroganti potranno esprimersi.
La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 13,30