Resoconto seduta n. 107 del 16/10/2002
La seduta riprende alle 17,00


Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione):
«Esame del bilancio consuntivo 2001 dell’ASSAM. Legge regionale 14 gennaio 1997, n. 9, articolo 14, comma 3» Giunta (91)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 91, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Care colleghe, cari colleghi, come avete potuto constatare direttamente dalle relazioni a vostra disposizione il bilancio consuntivo per l'attività svolta dall'Assam nel 2001 evidenzia un utile dell'esercizio di Lit. 150.764.728 (pari ad euro 77.863,47).
Sicuramente il risultato economico ottenuto dall'Assam nel 2001 è da considerarsi positivo oltre l'importo evidenziato in quanto l'attività è stata influenzata dalla riduzione del personale per 5 unità e dalla riduzione del 20% delle risorse finanziarie messe a disposizione dalla Regione, rispetto all'esercizio precedente, che ha significato una minore entrata di Lit. 866.000.000 . Questa diminuzione decisa nel bilancio preventivo è ricaduta sulla situazione organizzativa dell'ente che è stato caricato di altre attività e ha dovuto riorganizzare, in parte, la propria attività interna per far fronte a nuove attività, con una razionalizzazione del personale esistente.
Per far fronte a questa situazione è stata avviata una riorganizzazione interna che ha visto privilegiare i servizi maggiormente richiesti dal settore, ma soprattutto gli obiettivi che l'assessorato ha assegnato all'azienda. Questo, ha permesso all'agenzia di mantenere il livello di attività consolidato e di attuare nuovi progetti.
In particolare è stata sviluppata l'attività di ente terzo certificatore e sono state proseguite e finalizzate attività, avviate con delibere di Giunta regionale, tra cui la realizzazione della carta pedologica regionale, la verifica di idoneità funzionale delle macchine irroratrici, l'individuazione del potenziale delle biomasse agricole, l'attuazione del programma operativo regionale "Biodiversità e risorse genetiche" e la gestione dei vivai forestali regionali con decorrenza 1 gennaio 2002. Anche questa attività si è aggiunta a quella dell'agenzia, rispetto a quella che tradizionalmente era un'attività assegnata ai servizi decentrati.
Ancora una volta il Collegio dei revisori dei conti ha evidenziato l'erronea posizione dell'agenzia tra gli enti commerciali, di cui all'art. 87, comma 1, lett. b) del TUIR, dovuta esclusivamente alla qualifica di "ente pubblico economico" contenuta nella legge istitutiva che non dalla effettiva attività commerciale della stessa. Io stesso sottolineai, in occasione di una precedente discussione, che non è possibile inquadrare questa agenzia tra gli enti economici, perché tutti i proventi che vanno all'Assam sono contributi della Regione o contributi che derivano dalla progettazione relativa al fondo europeo. Questa situazione va risolta, anche perché nel momento in cui le entrate vengono ad essere esclusivamente quelle dei contributi regionali, fanno cadere di per sé l'attività commerciale che era stata ipotizzata in capo all'agenzia. Per la verità, questa esperienza che è stata tentata anche in altre Regioni, non può ricondursi a un'agenzia siffatta, perché la massa critica che il mercato dell'agricoltura offre nella nostra realtà ma la stessa tipologia delle coltivazioni, la stessa tipologia produttiva non consente ad un'agenzia così realizzata di essere sul mercato anzi l'Assam è sul mercato ma i servizi che riesce ad offrire non remunerano in maniera adeguata quella che potrebbe essere l'attività di un'agenzia collocata su un mercato redditizio. Dobbiamo prendere atto di questa storia, proprio perché la posizione dell'ente commerciale va a determinare una situazione anacronistica; Era questa la sottolineatura fatta anche in occasione dell'approvazione del rendiconto 2000, quando osservammo che essendo l'ente commerciale sottoposto alla legislazione del codice civile e alla normativa fiscale in essere, è sottoposto anche ad una contribuzione impositiva fiscale che viene a sottrarre dall'attività stessa dell'ente parte delle risorse. Ecco perché so che è in essere una progettazione di modificazione della natura giuridica dell'ente con una riprecisazione delle sue caratteristiche e spero che con il 2003 si possa effettivamente — dopo che dovremo valutare e considerare la stessa caratteristica del bilancio 2001 per il 2002 — definire una natura diversa dell'ente in modo tale da poterlo rendere più efficace nelle sue attività e non sottoposto a una normativa civilistica che lo pone in serie difficoltà.
Tra l'altro anche lo stesso bilancio economico, nel momento in cui viene ad essere condizionato dai trasferimenti pubblici della Regione o ad un finanziamento soggetto all'approvazione dei progetti, di fatto realizza uno sfalsamento di attività tra entrate e uscite che determina una perdita o un avanzo, non tanto commisurati all'attività economica che la legge attribuisce a questo ente quanto alla cadenza dei trasferimenti di queste somme.
Per questo lo stesso Collegio, nella propria relazione che accompagna il bilancio consuntivo al 31 dicembre 2001 propone la modifica dell'art. 1 della legge istitutiva dell'agenzia, con la cancellazione della parola "economico". Non è questo cambiamento dell'art. 1 della legge istitutiva che può risolvere complessivamente il problema, quanto una rivisitazione di tutta la finalizzazione dell'ente, in modo tale da poterlo riportare ad una situazione più logica.
Pertanto, viste le considerazioni già espresse sull'utile dell'esercizio, la certificazione del Collegio dei revisori dei conti sulla esatta corrispondenza dei dati esposti in bilancio con le scritture contabili, nonché il sostanziale rispetto delle spese programmate, propongo agli onorevoli colleghi di approvare il bilancio consuntivo dell'attività Assam nell'esercizio 2001 adottando la relativa proposta di atto amministrativo n. 91, ad iniziativa della Giunta regionale.
Termino questa relazione, esprimendo un giudizio anche sul controllo di questo ente che, così come è stato definito dalla legge, diventa ibrido dal punto di vista della normativa vigente. Un ente di carattere economico avrebbe di per sé un controllo di fatto dei revisori dei conti e l'attribuzione al Consiglio di una competenza siffatta ne snaturerebbe la validità giuridica del controllo dei revisori dei conti, venendo meno a quello che sarebbe l'unico controllo di un ente di carattere economico. Piuttosto, il Consiglio dovrebbe verificare la compatibilità, o meglio il raggiungimento degli obiettivi che la Giunta regionale ha proposto o proporrebbe nell'ambito dell'annualità di competenza, allo stesso ente.
Questo rendiconto testimonia un'attività abbastanza cospicua dell'Assam — si stanno facendo passi avanti dal punto di vista organizzativo e lo stesso bilancio ne è testimonianza — e credo che questa attività dovrebbe essere riconsiderata da un punto di vista giuridico, ma la programmazione dovrebbe prevedere un'attività più mirata sotto l'aspetto degli obiettivi, perché la legge offre a questo ente un panorama di obiettivi piuttosto larghi e questi obiettivi vengono in qualche modo condizionati da un'attività ondivaga dell'assessorato, che qualche volta allarga e qualche volta restringe l'attività dello stesso ente.
Credo che occorra che questo ente trovi una sua collocazione più chiara nell'ambito delle attività dell'assessorato all'agricoltura. Credo che l'attività svolta vada sottolineata per l'organizzazione, per il buon livello professionale che l'agenzia esprime e spero che la Giunta regionale possa addivenire a queste conclusioni, in modo tale che nel 2003 si possa giungere ad uno status e ad un'attività più precisa, più adeguata e contabilmente più congrua rispetto alle risultanze di cui stiamo parlando.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Favia.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, colleghi consiglieri, il parere del relatore di minoranza su questa proposta di atto amministrativo è assolutamente negativo. Pensavo che dopo le parole dette da Luchetti anche lui concludesse con un parere negativo, in quanto l'invito a votare favorevolmente è un po' contraddittorio dopo le giuste critiche che Luchetti ha fatto all'impostazione dell'Assam e a questo bilancio. Credo che l'Assam può essere annoverata tranquillamente tra gli enti inutili che spendono male i soldi pubblici per una serie di motivi.
La prima critica, che già da sola basterebbe per far non approvare questo bilancio, è quella che fa il collegio sindacale. Questo ente, per il solo fatto di essere un ente pubblico economico, ente che vive soltanto di contributi pubblici pagherà quest'anno 200 milioni di tasse. Se questa è buona gestione, credo che la buona gestione sia qualcosa d'altro.
Ma non basta: troviamo ancora delle voci che ci lasciano in estremo dubbio. Ad esempio, a fronte di debiti per oltre due miliardi questo bilancio chiude con 800 Milioni di attività di cassa e banca e come ogni buon amministratore sa, quando si hanno i debiti e si hanno i denari in cassa è buona usanza pagare i debiti, diminuire una fonte di spesa che tra l'altro è anche fruttifera d'interessi.
Ci imbattiamo poi anche nel solito annoso problema delle consulente, che attanaglia sia il bilancio regionale sia il bilancio degli enti collegati alla Regione, tipo la Svim che abbiamo più volte criticato. L'impostazione del bilancio di questo ente, sia dal punto di vista sostanziale che dal punto di vista formale, ci sembra totalmente censurabile.
Sicuramente l'attività di questo ente potrebbe essere svolta da un ente molto più snello o direttamente dall'assessorato all'agricoltura — in mano a questa Amministrazione abbiamo i nostri dubbi che ciò potrebbe essere fatto — che potrebbe spendere molto di meno. Sono circa 6 miliardi di denaro pubblico che vengono in gran parte sciupati. Oltre due miliardi e mezzo vengono spesi in non meglio identificate "consulenze". Altri due miliardi in non meglio identificati "servizi".
Respingo, come relatore di minoranza, la proposta di approvazione di Luchetti, del quale condivido, in buona parte, l'intervento critico e credo che una così importante censura dal punto di vista vitale, sostanziale e formale dell'ente e del suo bilancio, della sua gestione non possano che pare a un voto contrario all'approvazione di questo bilancio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Ho ascoltato con grande piacere l'intervento fatto dal relatore di maggioranza. Condivido pienamente quello che diceva il relatore di minoranza, ma vorrei ricordare a tutti i consiglieri, in modo particolare al relatore di maggioranza Luchetti, che l'Assam ha questo tipo di definizione — "ente commerciale" — altrimenti non ci sarebbe stata ragione di chiudere l'Esam, perché c'era già un ente perfettamente funzionante, che aveva una ragione di esistere, aveva i fondi per poter funzionare, aveva le capacità. Cos'hanno fatto? Hanno svuotato l'Esam, hanno portato tutto all'Assam dandole una definizione nuova, andando praticamente a spendere dei soldi e non sono riusciti a dare un minimo di funzionalità a una struttura che aveva, nel mondo agricolo, l'Esam, anche se l'Esam doveva essere rivisto, riorganizzato, ristrutturato.
Voglio ricordare una cosa chiara e fondamentale. Proprio su questo problema ci sono stati ulteriori dibattiti negli anni precedenti perché nello statuto dell'Assam si dice chiaramente che nel caso in cui l'Assam dovesse andare in perdita, deve essere immediatamente chiusa.
Qui è scritto: "Dal conto economico si rileva un utile di esercizio pari a 150 milioni di lire al netto delle imposte, che verrà portato in diminuzione delle perdite degli esercizi precedenti". La stessa cosa dice il collegio sindacale, nelle osservazioni in cui si dice "riassorbire in parte le perdite pregresse secondo il dettato dell'art. 14 della legge regionale n. 9/1997, realizzate per il pagamento delle imposte".
Quindi facciamo bene attenzione, perché non facciamo altro, votando questo documento, che riconoscere che questo ente è in perdita, doveva essere già chiuso negli anni precedenti perché la perdita non era ammessa, in quanto lo statuto parla di chiusura in caso di perdita. Ritengo che questa cosa debba essere presa in considerazione non per andare a riorganizzare l'ente o togliergli la dizione di "ente commerciale" su cui convengo... (Interruzione). D'accordo, ma se tolgo quello non c'era ragione che l'Esam fosse divenuto Assam. Questa è la dimostrazione della grande confusione che c'è stata nella precedente legislatura così come in questa, perché hanno voluto ghettizzare ciò che di positivo era stato fatto durante i governi precedenti. Addirittura l'ex amministratore dell'Assam ing. Gambini non ha avuto rinnovato l'incarico e gli è stato riconosciuto un premio, nella liquidazione, al di fuori del contratto tra l'ente e lo stesso ing. Gambini. E' una cosa che grida vendetta. Vorrei sapere se quella spesa fa parte del deficit o se va a finire nei capitoli di spesa per gli stipendi e indennizzi.
Il voto negativo non è solamente perché è strano che questo ente ancora non si sia ben organizzato, ma occorre togliere quella dizione iniziale con cui è stato costituito. Quindi chiedo che vi sia un impegno non solo nel togliere quella dizione, ma nel riorganizzare e ristrutturare il tutto secondo il principio concreto per cui, attraverso l'Esam, era stato portato, in parte, un contributo attivo e fattivo al mondo agricolo.
Il voto mio e del gruppo di Alleanza nazionale è contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Colgo dagli interventi di Favia e Gasperi elementi che secondo me hanno vera rilevanza. Giustamente si sono soffermati sugli aspetti che io avevo sottolineato e che peraltro erano stati fatti rilevare nella discussione del precedente bilancio. E' chiaro che queste modificazioni di carattere istituzionale sono abbastanza lente, ma corrispondono alla necessità di inquadrare nuovamente un ente in un alveo che corrisponda più esattamente alle funzioni che svolge. Dovremmo ricondurlo, in termini giuridici, a un ente di erogazione più che a un'azienda vera e propria di carattere economico.
Gli interventi dei colleghi di minoranza sottolineano questo aspetto e fortunatamente non mettono in discussione — credo che questa sia una considerazione corretta — l'attività vera e propria dell'ente, nel senso che l'ente sta lavorando bene, sul piano produttivo e dei servizi effettivamente dà un contributo serio all'agricoltura marchigiana. Per esempio, il discorso della certificazione credo sia uno degli esempi più importanti.
La questione che vorrei chiarire al collega Favia è che quello che lui diceva in merito alle consulenze è spiegabilissimo rispetto agli impegni a cui si deve far fronte relativamente ai progetti che l'assessorato ha assegnato all'Assam. Non sono consulenti, sono sostanzialmente professionisti che intervengono sui singoli progetti, quindi che lavorano a titolo coordinato e continuativo; sono progetti finanziati dall'Ue e pertanto credo che questo aspetto possa essere assolutamente chiarito, nel senso che non è una consulenza in quanto tale ma un contributo. Così come parte dei due miliardi che richiamava Favia sono riconducibili alle convenzioni che l'Assam intraprende con l'università: ci sono molti progetti che l'Assam svolge attraverso collaborazione con l'università di agraria di Ancona, pertanto credo che da questo punto di vista non si possa eccepire alcunché.
Ripeto, l'ente sta lavorando bene, ha sicuramente una visibilità molto forte riguardo all'agricoltura marchigiana, dà un contributo positivo, pertanto, risottolineando che le cose che sono state qui argomentate circa la natura giuridica e la conseguente articolazione di bilancio devono essere riviste al più presto per non cadere nelle contraddizioni che sono state sottolineate, credo che il Consiglio, con questa raccomandazione possa approvare il conto consuntivo 2001 dell'Assam.

GILBERTO GASPERI. Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale, a partire dal consigliere Massi.

MARCO AMAGLIANI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Massi assente
Melappioni presente
Minardi presente
Mollaroli presente
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli assente
Procaccini presente
Ricci Andrea presente
Ricci Giuseppe presente
Rocchi assente
Romagnoli assente
Secchiaroli assente
Silenzi presente
Spacca presente
Tontini presente
Trenta presente
Viventi assente
Agostini presente
Amagliani presente
Amati presente
Ascoli assente
Avenali presente
Benatti presente
Brini assente
Castelli assente
Cecchini presente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli assente
D'Ambrosio assente
D'Angelo presente
Donati presente
Favia assente
Franceschetti presente
Gasperi presente
Giannotti assente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni presente

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

(Il Consiglio approva)



Proposta di atto amministrativo (Discussione generale):
«Disciplina in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale» Giunta (81)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 81, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. La proposta di legge all'esame del Consiglio odierno disciplina le strutture e i servizi sociali e socio-sanitari dei servizi residenziali e semiresidenziali soggette ad autorizzazione ed accreditamento.
Il linguaggio potrebbe lasciar intendere e intravedere un'iniziativa di sapore prevalentemente burocratico o normativo. E' invece questo atto, una tappa del percorso di crescita della qualità dei nostri servizi sociali ed un passaggio significativo del radicamento della legge 328/2000 e dell'attuazione del piano sociale della nostra Regione.
Ricordo brevemente a questo Consiglio e anche a coloro che attraverso gli organi di stampa saranno informati, che le Marche sono tra le regioni italiane ad avere attivato significativi atti programmatori di politiche sociali, anticipando addirittura la promulgazione della legge quadro nazionale di riforma 328/2000.
Lo affermo perché, anche in questo periodo di acceso dibattito intorno ai temi della sanità della nostra regione, sfugge a molti, e non soltanto ai cittadini, l'importanza di questa riforma che sicuramente costituisce l'ossatura del nostro sistema di welfare regionale e locale.
Ma la legge 328 e le politiche sociali del nostro Paese stanno subendo un momento di "disattenzione" forse per una non volontà di proseguire sulla strada tracciata dalla riforma. I nuovi indirizzi del Governo nazionale, oltre a ridurre risorse economiche nella finanziaria, come è noto e come è contestato da consistenti soggetti sociali e politici, in queste ore, trascura il completamento dell'arredo della riforma, rinunciando ad emanare atti significativi, come quello sugli anziani non autosufficienti, sulle professioni sociali e sui livelli essenziali dei servizi sociali.
Ma le politiche sociali del nostro Paese sono ormai in libertà vigilata, se è vero come si dice nella finanziaria che il ministro Maroni elabora i suoi atti di concerto con il ministro del tesoro.
L'emanazione della legge 328/2000 aveva invece affrancato le politiche sociali del nostro Paese dalle secche dell'assistenzialismo e dato ad esse un pieno riconoscimento di valore come fattore decisivo di sviluppo e di coesione sociale, nonché di prestigio di uno Stato moderno. Ora ritorniamo ad un ruolo subalterno e all'abdicazione di indirizzi nazionali, se è vero, come è vero che lo Stato rinuncia ad avere una politica e assegna esclusivamente alle Regioni un fondo unico ridotto e rinunciando a politiche di settore.
La 328 ha introdotto invece una riforma radicale nel modello assistenziale italiano, con lo scopo di non escludere nessuno, di eliminare privilegi, di ridurre le diseguaglianze e di ridurre, fino ad evitarle, le disparità di trattamento a seconda del luogo geografico in cui si nasce e delle sensibilità degli attori politici locali.
Ma riprendiamo le fila della legge oggi in discussione.
Oltre alla legge 328 che all'art. 11 dava indicazioni sul percorso di autorizzazione ed accreditamento, già il nostro piano sociale 2000-2002 definiva l'indirizzo al quale la nostra Regione doveva attenersi e legiferare conseguentemente.
Che cosa sono autorizzazione ed accreditamento? Sono una regola attraverso la quale si seleziona il fornitore di servizi, sono percorsi che consentono di controllare e verificare la qualità dei servizi erogati e monitorarne il funzionamento.
Non è un percorso inedito, già nella nostra Regione, con la legge 43/88 e le delibere applicative o i regolamenti il percorso era già attivato con la formula dell'autorizzazione provvisoria, ma non copriva tutti i servizi, lasciando gli stessi, sia quelli erogati dal pubblico che dal privato in una situazione di precarietà, di difformità, di provvisorietà.
Come dicevo all'inizio l'atto non ha valore burocratico, ma interviene definendo le qualità e i requisiti che un servizio deve avere, sia che sia il pubblico ad erogarlo che il privato, nell'interesse dell'utente, nel rispetto dei suoi diritti, per garantire trasparenza ed anche regolarità e pari opportunità, nonché regole chiare sui costi e sulle forme di partecipazione al pagamento dei servizi.
Quali sono i servizi interessati al percorso di autorizzazione ed accreditamento? Sono le strutture sociali e socio-sanitarie a ciclo residenziale e semiresidenziale con funzione abitativa di accoglienza educativa, che si occupano di minori, di disabili, di anziani, di persone con problematiche psico-sociali. La legge ne individua le tipologie in base ai soggetti destinatari — art. 2 — e all'intensità assistenziale, dalla comunità familiare alla comunità alloggio fino alla struttura protetta per anziani non autosufficienti.
La legge, dall'art; 2 bis all'art. 6 individua tutte le tipologie di strutture esistenti, quelle prevedibili e necessarie e per quelle non previste rispetto ai bisogni che potrebbero emergere, si troveranno regole e non divieti.
Gli articoli successivi si occupano delle procedure per il rilascio dell'autorizzazione ed accreditamento. Viene assegnato ai Comuni il compito di rilasciare l'autorizzazione e l'accreditamento — art. 14 — e l'accreditamento è la condizione per instaurare rapporti con soggetti pubblici e per l'utilizzo di risorse pubbliche.
I requisiti che le strutture debbono avere e quelli funzionali dei servizi, nonché le tariffe da corrispondere sono rinviati ad un regolamento, che la Giunta, con il parere della Commissione competente dovrà emanare entro 180 giorni.
Sono soggette ad "atto di fabbisogno" e quindi ad un atto di programmazione della Regione, le strutture protette per anziani e per disabili. Le altre strutture e servizi non sono regolamentate dal punto di vista quantitativo ma solo qualitativo.
E' un atto eccessivamente prescrittivo, come sostiene la minoranza? O rigido? Io non credo. Riflettiamo.
Abbiamo provato con la collaborazione dei funzionari della Giunta — settore servizi sociali e sanitari — e della V Commissione, che ringrazio per la collaborazione alla costruzione di questo atto, a capire quanti fossero i servizi interessati a queste nuove procedure o quanti servissero quei bisogni. Non è possibile avere un quadro d'insieme, perché le strutture esistenti non si conoscono tutte, non essendo sottoposte tutte a percorsi di autorizzazione.
Ora intendiamoci, non si vuole con questo atto assegnare all'ente pubblico un ruolo di gendarme in un settore dove c'è difetto di offerta ed eccesso di domanda. Ma proprio per la delicatezza dei servizi erogati che, ricordo, sono quelli rivolti a soggetti socialmente fragili, bambini in situazioni di disagio familiare, adulti con disturbi psico-sociali, anziani soli o non autosufficienti. Credo che sia corretta una politica regionale che indichi i requisiti di qualità, che significano spazi decorosi, pasti sicuri, professionalità ed umanità degli operatori.
Una Regione e dei Comuni che conoscono i servizi sul territorio, che sappiano dove sono ubicati e possano anche sapere come ci si vive dentro e chi sono i responsabili della gestione. E' questa civiltà e non rigorismo. Noi assegniamo con questa legge ai soggetti pubblici Comuni e Regione gli strumenti per garantire la conoscenza, la verifica e il controllo delle strutture indicate.
Faccio ancora un esempio per dimostrare l'importanza di questa legge e anche quali garanzie di parità di opportunità all'utenza e anche al gestore, occorre dare.
Noi abbiamo nella nostra regione circa 120 case di riposo per anziani. Esistono una serie differenziata di trattamenti, di accordi tra soggetti gestori e aziende sanitarie locali, che rendono il servizio difforme per la qualità delle prestazioni erogate e anche i costi sia per l'utenza che per il pubblico, sia esso sanità o Comuni.
Con questo atto si avvia una politica che affermerà regole comuni e omogeneità di trattamenti.
Credo sia un bel passo in avanti per l'affermazione dei principi di equità e di riduzione di trattamenti difformi all'interno della nostra stessa regione.
Certo ci sono problemi. Dovremo nel regolamento, ovviamente, consentire che la messa a regime e il rispetto dei requisiti di qualità che si determineranno, si affermino con tempi compatibili e abbiano una loro gradualità, in particolare per le strutture già esistenti. Ma dovremo anche, nella prossima legge finanziaria, prevedere una disponibilità di risorse per accompagnare questo processo. E' quello che ci chiedono e che hanno messo in evidenza anche in queste ore i soggetti gestori di questi servizi, in particolare quelli degli anziani, gli stessi Comuni, convinti della giustezza della linea della Regione ma preoccupati della ricaduta economica.
Con questo atto si completa anche il percorso che era iniziato nella nostra regione con l'accreditamento e l'autorizzazione delle strutture sanitarie. Perché? Qui c'è un passo importante da sottolineare. Nella individuazione dei servizi sanitari per anziani non autosufficienti erano state previste delle tipologie cosiddette NAR (nuclei di assistenza residenziali), collocabili anche in case di riposo. Con questa legge si supera questa definizione e si assume quella di "residenza protetta" individuata come struttura per anziani non autosufficienti ad elevata integrazione e sociale e sanitaria, meglio rispondente ai bisogni degli anziani non autosufficienti e non come strutture esclusivamente sanitarie. Perché come è noto, molti anziani non autosufficienti sono spesso stabilizzati da un punto di vista sanitario e abbisognano più di interventi assistenziali.
Oltre a questo l'art; 14 della legge sull'accreditamento, richiama la Giunta ad elaborare entro 180 giorni dalla presente legge un atto programmatorio dove si dovrà indicare ili. Un atto di fabbisogno che nell'accreditamento delle strutture sanitarie non era stato indicato. Che cosa significa, usando un linguaggio meno formale? Che la Regione Marche sta costruendo una risposta in termini di servizi pubblici o di privato accreditato su una grande emergenza, che è quella del problema degli anziani non autosufficienti che nella nostra regione, secondo stime elaborate dalla nostra agenzia sanitaria — mi riferisco in particolare allo studio del dott; Politi, illustrato al convegno dell'Aies di Bologna nel settembre 2002, quindi recentissimo — si aggirerà nei prossimi anni in una forbice tra 6.005 e 9.165 soggetti.
Concludo invitando a riflettere sull'importanza di questo atto ed augurandomi che dopo una discussione seria e serena, si possa arrivare ad una sua approvazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Vorrei soffermarmi su alcuni aspetti della legge, che è fondamentalmente di attuazione della 328, un'attuazione in larga parte dovuta. Ovviamente il profilo delicato di valutazione di questo atto normativo è sotto due aspetti: da un lato quello della prescrittività nei confronti dei Comuni, per la 328, artt. 7 e 8, mentre l'art. 11 prescrive alle Regioni dare i criteri per autorizzazione e accreditamento. Da questo punto di vista una perplessità, forse superabile. La critica è che si tratta di una norma molto precettiva. Forse lo poteva essere anche di più, nel meccanismo della decadenza dell'autorizzazione che è prevista soltanto per reiterate grave situazioni. Mentre sulla gravità siamo d'accordo, sulla reiterazione delle violazioni, al di là del fatto che se vengono meno i requisiti di concessione la legge stessa prescrive che decada l'autorizzazione, se nella legge la reiterata violazione giustifica la decadenza, automaticamente a una prima violazione, per quanto grave, il soggetto autorizzato ha tutto il diritto di contestare il provvedimento di decadenza. Quindi per certi versi poteva essere una norma anche più rigorosamente prescrittiva nei confronti del rispetto delle condizioni di accreditamento, anche se va fatta una riflessione, più che tecnica politica, a monte.
Il problema dell'assistenza, soprattutto degli anziani — perché affrontare complessivamente una questione articolata, come l'assistenza dell'handicap che è un problema specifico, settoriale, gravissimo e quello socio-economico dell'anziano che tende a dilatarsi — richiede un approccio un pochino più elastico. La relatrice ha fatto riferimento al superamento dei Nar come assistenza per gli anziani, anche se effettivamente il grosso problema che i Comuni vivono e la popolazione sente in materia di assistenza, è che gli standard, quindi le autorizzazioni di accredito, sono nella regione Marche attualmente molto alti, il che è un bene, perché nessuno auspica che ci siano strutture non fortemente presidiate, soprattutto sotto il profilo assistenziale e sanitario, però si pone un problema: che l'assistenza nei confronti degli anziani deve essere pensata in termini tali da poter essere teoricamente assicurabile a quella crescente, cospicua fascia di popolazione che ne ha bisogno. I colleghi che vengono da nord passano, in autostrada, di fronte al residence "Anni Azzurri", in convenzione con il Comune di Ancona. E' una struttura che ha esigenze non solo di carattere socio-assistenziale, ma di forte protezione — ha un centro Alzheimer ecc. — con un costo pro-capite a giorno di un degente di 240.000 lire, cioè 7.200.000 lire al mese. E' evidente che l'anziano che può pagare 7.200.000 lire al mese per una csa-albergo non va in casa di riposo, si prende 2-3 persone che l'assistono a casa e mantiene casa sua. Sono strutture che possono operare soltanto con il forte concorso del pubblico, ma ovviamente la possibilità per i Comuni di intervenire a questi standard di costo è limitata, non esiste la possibilità di assicurare questo elevato livello di assistenza per tutti i soggetti che ne avrebbero bisogno.
L'art. 15 della legge 328 prescrive che si incentivi, nel meccanismo dell'assistenza, il mantenimento dell'anziano nella struttura familiare o residenziale nei limiti del possibile. Il problema che sto ponendo è se, fatti i conti con il possibile, al di là delle strutture, che necessariamente si rivolgono all'Alzheimer, all'anziano non autosufficiente, a colui che non ha deambulazione e non può provvedere neanche alla cura della persona, occorra fortemente definire una struttura di assistenza a bassa intensità assistenziale, ma che possa soccorrere la situazione di chi normalmente vedremmo nella casa albergo, ma la casa albergo è una struttura che per sua natura non mantiene l'autonomia abitativa e residenziale, è una struttura a carattere alberghiero o comunitario.
L'esperimento che viene fatto in varie parti d'Italia in questo momento, nello spirito della legge 328, è di pensare a strutture che, mantenendo agli anziani l'autonomia abitativa — condomini abitabili dal singolo, degli anziani, senza barriere architettoniche — in cui vi è una vita autonoma, ma possibilità di ricevere i figli e i nipoti, ma al tempo stesso esiste una serie di servizi di tipo comunitario: la mensa, la lavanderia, la portineria. Tra l'altro in questi anni stiamo assistendo al fallimento della vicenda del telesoccorso. Una struttura che ha un presidio con, magari, anche un infermiere presente che consente di fare ricorso alla telemedicina, riducendo il carico sul servizio sanitario — si riduce il numero dei ricoveri, si massimizza l'efficacia di un controllo domiciliare — può al tempo stesso mantenere quella autonomia residenziale, perché molto spesso per l'anziano c'è la scelta fra il perdere l'autonomia della casa albergo oppure rimanere nell'appartamento, ma magari un alveare in città che non è servito dai mezzi pubblici, dal trasporto, quindi non si possono fare le commissioni ecc. In questa logica il riferimento a una struttura per anziani non autosufficienti, con una bassa intensità assistenziale e una forte autonoma abitativa, consentirebbe di aumentare la platea di soggetti beneficiari di un qualche grado di assistenza, inducendo anche un maggior numero di anziani che non accettano volentieri il passo della scelta della struttura della casa albergo che viene vista come una forma di ospizio ma dal nome più grazioso, potrebbe consentire, con le stesse risorse di soccorrere le esigenze di una maggiore platea di utenti.
Accanto a questo va valutato con una certa soddisfazione il fatto che la Regione Marche è abbastanza in anticipo anche nei confronti delle altre Assemblee legislative, interveniamo con un provvedimento e questo è un bene. Sulla coloritura del provvedimento sarebbe bene che il Consiglio approfondisse la possibilità di fare uno sforzo per poter, con le risorse che sappiamo essere realmente disponibili, creare la possibilità di avere strutture assistenziali con un tasso di assistenza bastevole ma abbastanza basso da non essere oneroso, per consentire ai Comuni non di scegliere di dare un'assistenza, come oggi avviene, che costa tantissimo a pochi soggetti, ma incentivare quest'altra direzione. Starà ai soggetti previsti dall'art. 7 valutare cosa possono fare: il discorso che dovranno fare i conti con la tasca lo sappiamo tutti. Quindi indicare in termini di autorizzazione ed accreditamento degli standard molto alti che potranno essere raggiunti da pochi enti per pochi soggetti, vuol dire prepararsi a una situazione in cui il problema dell'handicap dell'anziano va verso un ampliamento. Da questo punto di vista credo che il Consiglio debba porsi il problema di verificare non solo ciò che è opportuno e giusto ma anche ciò che è possibile.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Vorrei sottolineare due aspetti di questa legge. Uno riguarda la prossima riforma sanitaria che questo Consiglio regionale comincerà a discutere fra poco tempo. Stiamo parlando direttamente delle politiche per gli anziani, quindi gli obiettivi di riorganizzazione del welfare marchigiano non possono che tenere conto della riorganizzazione del sistema della residenzialità o della semiresidenzialità per gli anziani e di tutti gli interventi di sostegno alla domiciliarità dell'anziano, come il sostegno della partecipazione dell'anziano alla vita sociale. In che modo il problema dell'accreditamento va incontro o crea problemi agli enti gestori, cioè ai Comuni non è affatto indifferente a questa discussione che sta per partire. Se guardiamo l'attuazione della legge 43, sappiamo che essa ha lavorato su un terreno minato, cioè la legge 43 del 1988 prevedeva la classificazione "casa di riposo", "casa protetta", "casa albergo", non prevedendo i tempi dell'adeguamento e della scelta da parte degli enti gestori, rendendo nella sostanza tale norma inapplicabile e anche fonte di contrasto fra le associazioni, gli enti gestori, gli organi di controllo qualora avessero dovuto verificare centimetro per centimetro i requisiti della norma, nel senso che se uno, oggi, diventasse un poliziotto e andasse a verificare le nostre case di riposo le dovrebbe chiudere. Quello è esattamente l'opposto di ciò che noi vogliamo, perché abbiamo la necessità che la quasi totalità degli anziani non autosufficienti abbia un servizio migliore di quello che diamo, ma mai ci metteremmo nelle condizioni di dover nuocere all'attività dei Comuni che invece, con grande fatica e abnegazione hanno in questi anni fatto ciò che hanno potuto, mettendoci tantissime risorse dei propri bilanci.
Quindi, essendo tali strutture l'unica risposta ai bisogni degli anziani, non possiamo con leggerezza licenziare questa legge dicendo "si parte verso la qualità", perché dietro ci sono gli enti locali e se il regolamento che costruiamo non è gestito con loro, non è concertato con le associazioni faremmo dei danni incalcolabili, e non credo possano essere gli ex ospedali di polo la nuova sede di tutti questi servizi semiresidenziali. Qualora qualcuno pensasse una cosa del genere, sarebbe un'ipotesi politica folle. Siccome credo che nessuno abbia in mente un'ipotesi politica di questo genere, ritengo che dobbiamo ragionare bene.
Ad esempio, nei ragionamenti che stiamo cominciando a fare sul sistema residenziale, sulla programmazione del sistema della lungodegenza e della riabilitazione, parliamo di oltre 5.800 posti della residenzialità di tutte le tipologie... (Interruzione). Io parlo del piano. Comunque, non voglio fissarmi sul numero. Stiamo costruendo un'ipotesi di ragionamento che complessivamente riguarda la possibilità del sistema residenziale della nostra regione di essere programmato in modo più efficiente. Contemporaneamente siamo nell'obbligo di lavorare affinché si vada verso questo accreditamento. Le due questioni debbono andare insieme. Credo che l'assessorato ai servizi sociali abbia tutti i dati sulle strutture esistenti, conosca la situazione degli anziani, dei soggetti ospitanti, sappia quali sono le carenze strutturali delle residenze, la natura giuridica ecc. Immagino che mentre a me possono sfuggire queste cose perché di tutto mi sono occupata meno che di questo, ciò non avvenga per quanto riguarda l'assessorato. Vorrei presentare, con altri, un ordine del giorno che credo il Consiglio possa fare proprio, nel quale si chiede che la Giunta, nel costruire questo articolo 8 della legge tenga conto che ci sono Comuni che hanno bisogno di un congruo termine per la messa a norma. Non voglio cambiare nulla della legge così com'è stata predisposta, perché si vede che questo problema lo si conosce, lo si è più volte indicato, però non c'è dubbio che gli enti locali delle Marche nel sistema che hanno garantito, hanno bisogno che non scattino le violazioni di cui parlava Novelli, perché una violazione una volta, una violazione l'altra volta, la cosa più semplice che possono fare gli amministratori pubblici è chiudere la casa di riposo.
Siccome abbiamo la necessità do ampliare il nostro lavoro, varrebbe la pena costruire un regolamento e concertarlo, lavorarci con le associazioni, in modo che sia condiviso e ci consenta di tenere presente che ci sono delle differenze. Le case protette sono riuscite a ottenere risorse, anche in maniera disomogenea da realtà a realtà; altre strutture godono dell'Adi che è insufficiente, però la situazione è molto variegata. Quando uno si deve mettere a scrivere un regolamento tenendo conto di tutte le diverse tipologie di strutture residenziali, bisognerebbe specificare. Le diverse convenzioni fatte dalle Asl sono le più disparate. Nella regione so che manca, di fatto, un coordinamento degli enti gestori o per lo meno in questo momento è difficile costruire questo coordinamento. I provvedimenti da adottare sono da costruire con una concertazione più ampia possibile degli enti gestori, anche perché credo che dobbiamo lavorare affinché questo sistema resti pubblico, molto pubblico e non siano gli enti locali, a fronte di difficoltà finanziarie in cui già si trovano in questi anni o nelle quali si potranno trovare nei prossimi anni, messi di fronte a difficoltà insormontabili nell'attuazione di questi interventi strutturali che si vogliono fare. Quindi non basta fare una buona legge, un buon regolamento, è chiaro che tutti noi siamo interessati a un livello di assistenza per gli utenti, bisognerebbe trovare la modalità di avere congrui finanziamenti. Si tratta allora di capire se sull'edilizia residenziale ospedaliera i fondi non si possano rivedere. (Interruzione). I soldi dell'ospedale di Pesaro sono spesi male e con un miliardo si potrebbe mettere a posto quella struttura di riabilitazione che sta dietro la piscina, evitando di mischiare disabili con anziani non autosufficienti, perché la Asl 1 rischia di fare questa operazione. Vale la pena di capire che non è più il momento di fare nuovi ospedali e che occorre sistemare le politiche nei confronti degli anziani.
L'ipotesi è fattibile, ovviamente da verificare con degli impegni presi e le volontà politiche della Giunta di riconsiderare il piano degli investimenti, ma potrebbe essere una via fattibile per sbloccare agli enti locali e alle case di riposo un po' di soldi per quelle opere strutturali. Altrimenti possiamo fare una bella legge, un ottimo regolamento, ma alla fine se non ci sono un po' di soldi per le opere di investimento c'è il rischio che le questioni non vadano avanti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. La legge in discussione è molto delicata. Ne sappiamo qualcosa noi della Commissione che abbiamo lavorato sul testo, un testo molto diverso dalla proposta originaria, un testo che ha recepito indicazioni e suggerimenti, ma che, fondamentalmente, è mutato sotto l'aspetto dell'impostazione che era stata precedentemente data dalla Giunta, che era troppo distante dalla realtà delle strutture sulle quali andrà ad incidere questa portata normativa. Distante perché si rischiava di fare un salto nel buio. Questo rischio ancora c'è, permane. Ecco perché le opposizioni hanno votato contro questa proposta di legge. Spiego brevemente i motivi che ci hanno indotto a pensare in questa maniera, cioè al rischio di fare un salto nei buio.
Se vediamo in una fotografia ideale la realtà odierna delle strutture basse, medie o alte, in realtà ci rendiamo conto che soprattutto per quanto concerne l'anziano e, in maniera un po' diversa, fortunatamente meno grave, per quanto concerne il disabile e il minore in condizione di grave disagio, oggi c'è una situazione al limite della sostenibilità, perché nella maggior parte dei casi siamo di fronte a strutture che si reggono quasi esclusivamente attraverso le cosiddette "rette" fatte pagare agli ospiti, ma soprattutto attraverso forme di organizzazione giuridica, amministrativa e tecnica tutte sulle spalle dei Comuni o di enti, gli ex Ipab che poi si sono via via trasformati e in casi eccezionali dotandosi di una soggettività giuridica, di uno strumento associativo funzionale allo scopo. Nella maggior parte vi è stata l'acquisizione nel patrimonio dei Comuni delle strutture e delle funzioni. Le spalle dei Comuni quanto possono essere grandi da sostenere questo peso? Noi, fortunatamente siamo una regione che ha un'alta percentuale di anziani, evidentemente perché abbiamo una qualità abbastanza alta di vita, ma in maniera altrettanto chiara abbiamo un carico, sulle spalle di tutta la comunità sociale, molto più elevato di altre zone del Paese. Allora, tutto sui Comuni? Certamente non è stata la risposta di tutti i commissari. Ce ne rendiamo conto, ma rendersi conto non significa già individuare dei percorsi certi, perché oggi stiamo parlando non di un ripensare al sistema, stiamo parlando di come il sistema attuale debba garantire la qualità. Manca il passaggio di come far sì che questo sistema regga, vada verso la qualità ma esca fuori dalle maglie strettissime di una realtà che è solo ed esclusivamente basata su quelle pochissime risorse che i Comuni riescono a reperire attraverso soprattutto la richiesta della retta al privato, all'assistito. Manca questo passaggio che è in realtà strategico, importante. Il problema degli anziani sarà sempre più decisivo negli anni a venire. Parleremo di un sistema sociale equilibrato se riusciremo ad affrontare il nodo della terza età.
Ecco perché rischiamo di fare un salto nel buio. Anche la collega Cecchini, in un passaggio del suo intervento l'ha detto in maniera sommessa, io lo dico in maniera più chiara. Entro 120 giorni andremo a stabilire i requisiti per l'autorizzazione, entro 180 quelli per l'accreditamento e contestualmente il fabbisogno. A parte che sappiamo che 120 e 180 giorni non saranno assolutamente sufficienti, ma in maniera chiara, a chiare note si evidenzia che si vuol fare un duplice salto, quando invece siamo pronto a scrivere quali sono i requisiti minimi, perché tra l'altro sono suggeriti anche dalla legge quadro nazionale e su quello dobbiamo muoverci e si stanno già muovendo i responsabili del servizio, ma scrivere che contemporaneamente già possiamo fare fabbisogni e accreditamento in sei mesi: siamo sicuri di questo? Siamo sicuri che abbiamo già la possibilità di individuare addirittura il fabbisogno, una cosa che secondo me è il salto vero verso la qualità, verso le risposte all'anziano, alla terza età ma anche alle altre situazioni di emergenza sociale? Io sono invece sicuro che questo atto dei fabbisogni, che è il primo che bisognerebbe compiere, richiede altro che sei mesi, molto di più. Perché, individuati i fabbisogni contestualmente parte anche la macchina delle risposte, che poi diventerà qualità, sistema in grado di funzionare ad un certo standard di prestazioni. Ma questo passaggio fabbisogni-risposte ai fabbisogni e qualità questa legge non lo ha in sé, è solo una intenzione. Lo diamo per presupposto sperando che succeda qualcosa nel frattempo? Nel senso che si reperiscano ulteriori risorse per il futuro, si reperiscano fondi e finanziamenti in grado di essere attivati in maniera più puntuale attraverso l'art. 20 ecc.? Si facciano le scelte che non sono state mai fatte fino ad oggi, anche in ma di distinzione tra sociale e sanitario che è argomento molto delicato e difficile. Quante case di riposo hanno su di sé già da oggi decine di assistiti che non hanno la capacità di essere in grado di gestirsi hanno perduto l'autosufficienza? Quanti anziani, soprattutto, dovrebbero già essere riconosciuti come Rsa e non come ospiti di casa di riposo? Quanti invece sono stati, purtroppo, i dinieghi di un sistema sanitario che non vuole caricarsi di ulteriori oneri perché non ce la fa più in proprio? Del sistema sanitario, delle sue problematiche ne abbiamo parlato questa mattina, ne riparleremo nei giorni che verranno.
Vedete che i problemi sono molto complessi. Io posso fare l'esempio di Macerata che conosco bene: lì c'è un istituto di cura e riposo riunito già da lungo tempo, interamente comunale, ci sono 140 ospiti, ma sicuramente più della metà sono non autosufficienti, anche perché il percorso di vita porta non a migliorare le proprie condizioni ma l'età che avanza significa anche declino psico-fisico. E' chiaro che l'ospite autosufficiente che entra, mano a mano ha un percorso naturale, se non accelerato da patologie gravi, di decadimento.
Ecco perché noi riteniamo che debba essere oggetto di una riflessione. Forse questo accelererà tante discussioni, forse questa è la motivazione che ha portato la Giunta a depositare l'atto, la Commissione a decidere che a un certo punto bisognava dare risposte in linea con quella che è l'indicazione di legge, cioè autorizzazione e accreditamento non solo delle strutture sanitarie ma anche di quelle socio-assistenziali. E' chiaro che c'è un'esigenza di quadro nazionale a cui deve essere risposto nel nostro territorio regionale, però la sfida è questa: fare sì che effettivamente si parli di sistema e si dia risposta alla terza età soprattutto, poi parliamo anche dell'handicap, che però ha fatto grandi passi in avanti negli ultimi anni, parliamo del disagio minorile con toni un po' più sfumati perché ci sono già risposte un po' più efficaci, forti, attraverso il volontariato, le associazioni e le comunità che già si sono organizzate in proprio, al di là delle strutture pubbliche intese in senso stretto. Ma nell'anziano non c'è neppure stato questo sforzo del volontariato privato nel creare comunità efficaci ed efficienti, gli esempi che funzionano sono sempre esempi pubblici, di Comuni che hanno dato organizzazione giuridico-tecnico-organizzativa e gestionale un po' più composta alla questione.
Siamo perciò di fronte ad un quadro che effettivamente deve essere affrontato con grande senso di responsabilità da parte di tutti. Noi non vogliamo sfuggire a queste riflessioni — ecco perché ho voluto fare questa relazione che ha un po' ampliato il discorso dell'articolato — con un voto negativo che significa disinteresse. Non è così. Il nostro interesse vero è attenzione e controllo su un atto che noi riteniamo oggi essere non maturo in una realtà che parla di altre cose, che ha altre esigenze immediate di sopravvivenza di certe strutture che hanno già dato tanto con le loro sole forze che però non ce la fanno più. Rimettiamo allora in sesto un ragionamento di sistema, vediamo in che maniera fare in modo, attraverso forme giuridiche agili ma che funzionino, organizzazioni tecnico-amministrative che siano in grado di rispondere, sempre più preparazione da parte degli operatori, di poter aiutare gli enti locali a fare la loro parte, facciamo sì che on facciano solo i passacarte per autorizzazioni che poi non trovano riscontri perché poi c'è ancora tanto da fare, ma facciamo sì che ci sia, a fianco anche dell'ente locale territoriale e del privato, del volontariato, la possibilità di mettere in rete un circuito virtuoso che dia risposta non ad un problema, ad una questione seria. Io non vorrei parlare del "problema anziano", come non vorrei parlare del "problema giovanile". Il discorso dell'assistenza all'anziano è una cosa che fa parte della vita come abbiamo detto prima, cioè si arriva a un'età in cui si perdono certe caratteristiche. Diventa un problema se il discorso non lo affrontiamo, se lasciamo solo a questa realtà sociale che vede oggi la famiglia che da sola non ce la fa, che vede una risposta da chiedere ad un'istituzione che dia queste strutture — case che funzionano come albergo, ma anche come assistenza — che diano cioè risposte moderne ad un sistema di vita che è cambiato, che ha determinate dinamiche di fronte alle quali non possiamo far finta di niente e non possiamo dare solo all'iniziativa del singolo Comune un po' più bravo dell'altro il compito di tenere tutto in piedi, perché questo non è, né le cifre, né i dati, né la percentuale di popolazione anziana, né l'incidenza della "questione anziano" sulla vita sociale e comunitaria.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Credo che l'atto che ci accingiamo a varare in questo Consiglio ha una forte rilevanza di carattere sociale, perché è uno di quei tasselli che dobbiamo inserire in un mosaico più ampio che riconduciamo al piano socio-assistenziale che ha delle forti implicazioni con l'altro piano che, da qui a poco, come diceva la collega Cecchini, andremo a discutere, cioè il piano sanitario. Finalmente siamo alle prese con un atto che di per sé segna una congiunzione tra il sociale e il sanitario e normare in termini nuovi questo argomento è sicuramente un tema molto difficile, perché la realtà sociale, nonostante l'ottimismo di Pistarelli che apprezzo, nel senso che credo che essere minimalisti rispetto ai problemi dei giovani e degli anziani di questo tempo è un po' ottimistico, considerato anche quello che sta succedendo, richiede grande attenzione. Questo è un atto che si impone, una strategia inserita in una programmazione specifica che ci aiuta come comunità regionale a migliorare sensibilmente il nostro sistema di welfare. Credo che sia un atto che si inserisce anche nel filone della nostra cultura, la cultura della solidarietà della nostra regione e credo che i contenuti di questo atto abbiano l'obiettivo di migliorare ulteriormente quanto fino ad oggi siamo riusciti a fare, anche abbastanza egregiamente, nel bene e nel male, visto che la nostra longevità testimonia, tutto sommato, una vivibilità della nostra realtà e non è sicuramente sottovalutabile anche il sistema di assistenza, con tutte le carenze. E' chiaro che quello che abbiamo fatto fino ad oggi non è una cosa da sottovalutare.
Partirei da questa considerazione, perché in questi ultimi anni, nonostante le carenze che si stanno registrando, tutto sommato ci siamo dati un gran da fare. Ritengo di ascrivere questo merito soprattutto agli enti locali che hanno avuto a cuore un sistema di protezione sociale, dai minori all'anziano, che ha retto. Credo anche di dover sottolineare una cosa che deve essere valorizzata quando parliamo di questi argomenti, anche se sembrerebbero non strettamente attinenti alle cose che stiamo decidendo. Gli elementi di vivibilità e di organizzazione delle nostre strutture, ancorché non autorizzate fino ad oggi, ancorché non accreditate devono far riferimento anche a quella rete di solidarietà e di volontariato che ha caratterizzato il nostro sistema comunitario, cioè dobbiamo sottolineare tutta quella grande mole di lavoro che ha accompagnato le situazioni di attenzione ai giovani e agli anziani che sono ascrivibili a quel grande serbatoio della solidarietà della nostra gente. Oggi vogliamo fare un passo avanti, cioè vogliamo per la prima volta e sulla base della nuova legge sull'assistenza che ha trovato finalmente la luce dopo più di cento anni, tentare in qualche modo di normare, di portare a regime un sistema assistenziale, per lo meno le strutture di questo sistema, in modo tale che si possano evitare nel prosieguo del tempo quelle cose che sono avvenute, che anche oggi ogni tanto vengono sentite riportate dalla cronaca e soprattutto dalla cronaca nera, cioè strutture che per conto proprio mantengono anziani e disabili in condizioni assolutamente di inciviltà.
Ma vorrei sottolineare un aspetto. Questa nostra normativa non deve essere assolutamente scambiata per una normativa statica, io credo che queste norme di autorizzazione di accreditamento le dovremo adattare anche agli sviluppi di una situazione sociale in evoluzione, una situazione sociale che ci presenta aspetti molto diversi da quelli che abbiamo vissuto vent'anni fa, pertanto si dovrà tenere conto, anche in queste normative, delle evoluzioni che si avranno nella modalità di essere comunità.
Ecco perché è un primo tentativo di normativa che soprattutto vuol fare il punto su un cammino iniziato già da tempo. Dico già da tempo e a proposito delle ricordate case di riposo: questo atto si interessa sia di strutture per minori che per anziani e le case di riposo, ovviamente, fanno la parte da leone proprio per la dimensione quantitativa della gente a cui interessa questo tipo di intervento. Case di riposo che sono state gestite fino ad oggi, prevalentemente, da istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza, le cosiddette Ipab. Credo che questa legge di fatto evochi un altro atto che la 328 imposta, quello della trasformazione e della ridefinizione di queste istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza che risalgono a più di cento anni fa, cioè alla legge di cui parlavo prima, la "legge Crispi" del 1890. Sappiamo che all'epoca della legge 382 del 1975 ci fu un tentativo, con i decreti delegati 616 e 617 per mettere mano a questa rete così diffusa soprattutto nel territorio delle Marche. La Corte costituzionale rese vani gli articoli 23 e 25 del 616 e pertanto oggi siamo alle prese con un nuovo impegno a cui la Regione è stata chiamata dal 328: quello di trasformare questi enti. Pertanto chiedo all'assessore un impegno in questo senso, perché ci rivolgiamo alla gran parte delle cosiddette case di riposo che nel tempo hanno avuto modo di trasformarsi per conto proprio in case rivolte soprattutto alla non autosufficienza.
Ecco perché credo che quest'altro impegno da qui a poco dovrà essere preso in considerazione per poter portare un ulteriore tassello all'impianto del nostro piano socio-assistenziale che fa perno sulla nuova dimensione organizzativa degli ambiti, cioè la nuova impostazione che in questo momento associa in 24 organizzazioni la definizione delle politiche sociali.
Credo che da questo punto di vista occorrerà che proprio negli ambiti si tenga conto della rete di strutture che oggi veniamo a normare e credo che proprio in quella dimensione territoriale dovremo fare i conti per fare in modo che il fabbisogno sia in qualche modo evidenziato e si possa tendere a dare una risposta complessiva, risposta che indubbiamente non può rifuggire da una implementazione del piano sanitario. Dicevo prima che è un atto fondamentale per la interrelazione sociale e sanitaria, tant'è che il nuovo piano sanitario non potrà sfuggire a quello che sarà il fabbisogno delle cosiddette case protette in campo sanitario, tant'è che le nostre case protette vanno a ricoprire quel ruolo che il vecchio piano sanitario aveva indicato come nuclei di assistenza residenziale (Nar) che in qualche modo non hanno trovato una definizione nel fabbisogno per la difficoltà che c'era di riequilibrare le risorse tra sociale e sanitario in modo tale da arrivare ad una definizione congrua.
Certo l'impegno finanziario da questo punto di vista non è sottovalutabile, perché la nostra popolazione anziana fa capire quanto sarà l'impegno in questo senso, però è indubbio che se vogliamo dare un minimo di garanzia ai nostri anziani, soprattutto a quelli che hanno più bisogno non possiamo sottrarci a questo impegno, un impegno che deve tener conto soprattutto di quella qualità che questa proposta di legge invoca e determina rispetto a quelli che saranno poi gli standard di regolamento.
La cosa che volevo sottolineare, che prima la Cecchini nel suo intervento ha evocato, è che probabilmente dobbiamo stare attenti , nella organizzazione di queste strutture, fare una giusta sintesi tra pubblico e privato. Sicuramente la funzione di queste strutture è pubblica, attenzione alla gestione, perché come gli amministratori comunali ben sanno, la gestione di questi enti è assolutamente onerosa e pertanto dovremo essere equilibrati, senza far mancare la qualità, a trovare le forme di gestione le migliori possibili, anche perché si sta sviluppando anche nel nostro territorio le iniziative private al di là di quelle che sono le sovvenzioni, stanno facendo affari d'oro proprio sulle spalle dei nostri anziani. Credo che da questo punto di vista dobbiamo essere attenti. Ecco perché dicevo "non rifuggiamo da quella che può essere una giusta sintesi fra pubblico e privato, sempre mantenendo la logica della funzione pubblica nel campo dell'assistenza e del welfare", altrimenti rischiamo di confondere il nostro sistema di protezione sociale in qualche cosa d'altro.
Un altro compito che ha la Regione e che questa legge sottende è una giusta e saggia regolamentazione che ponga i Comuni nella stessa condizione di autorizzazione e di accreditamento, cioè una normativa chiara in modo tale che sul territorio non nasca una giungla da questo punto di vista e credo che il regolamento dovrà essere preciso.
Dico da ultimo che questa nostra legge che oggi ci accingiamo a varare e che tiene conto della nuova realtà della 328 impone a tutti noi un impegno — e credo che l'assessore debba tener conto di questo dato — a procedere speditamente all'implementazione del piano sul territorio. Se questa nostra regolamentazione non sarà utilizzata correttamente in termini organizzatori, di indicazione di costruzione di nuove strutture, il rischio è che gli obiettivi che la 328 si è data rimangano lettera morta.
Ci siamo incamminati piuttosto velocemente con l'approvazione del piano in questa direzione; credo che oggi compiamo un atto dovuto per accelerare questo cammino e speriamo di qui a poco di poter varare tutti gli altri atti che renderanno operativa in modo definitivo la legge 328.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Secchiaroli.

MARCELLO SECCHIAROLI. Non mi sembra che vi sia molta attenzione ad una legge che credo sia importante.
Al di là delle posizioni che qui i vari gruppi hanno espresso voglio comunicare il mio dispiacere perché l'opposizione vota contro una normativa di questo genere che è stata riconosciuta una legge fra le prime che si fanno nelle Regioni italiane dopo la 328. Quando una legge, nella declinazione rinvia tutto ai regolamenti dove tutte le questioni possono essere affrontate nel dettaglio e nei particolari, si poteva avere anche un altro atteggiamento.
Detto questo, credo che questa legge segua una serie di iniziative che questo Consiglio ultimamente ha approvato nel campo del sociale con un'applicazione originale e propria rispetto alla 328. Non sottovaluterei il discorso della problematica della restrittività di questa legge — come può apparire — rispetto alle residenze per anziani, soprattutto non autosufficienti, per l'handicap, per i minori, quando oltre le cose che sentiamo tutti i giorni, che sono cose che ci debbono tenere tutti all'erta, sentiamo anche, molto spesso e purtroppo non volentieri, che le condizioni in cui vivono gli anziani nelle residenze di qualsiasi tipo non ci danno sempre esempi da seguire, anche nelle regioni che si ritenevano più all'avanguardia. L'ultimo fatto in ordine cronologico, nella regione Emilia Romagna, riguarda quella casa di riposo chiusa i cui anziani sono stati ospitati nelle case di riposo della città di Pesaro. Questo per fare esempi che riguardano un sistema di residenzialità privo di controllo, dove è diventato più importante l'"affare" che la qualità dell'intervento. Questo timore della qualità è un qualcosa che non va incontro ai servizi alla persona.
Lo stesso piano sanitario che questo Consiglio nelle prossime settimane dovrà affrontare, fa proprio questa scelta sulle problematiche degli anziani, ripensando a questo sistema delle Rsa che sono strutture per anziani non autosufficienti, che sono strutture molto costose che ospitano gli stessi anziani che poi sono quelli delle 150 case di riposo con la stessa non autosufficienza e in pratica con la stessa patologia.
Questa scelta di potenziare il discorso delle case protette rispetto alle Rsa questo Consiglio la troverà all'interno della modifica del piano sanitario, che per la prima volta andrà a integrarsi con il piano sociale regionale. Anche questa è una novità grossa dove tutte queste problematiche della residenzialità sono previste. Sono previsti i regolamenti i quali parlano di 120 giorni per le autorizzazioni e 180 per l'accreditamento, poi si parla di fabbisogno. Sono d'accordo con Luchetti quando dice che adesso abbiamo degli strumenti molto più agili del passato, essendo partiti gli ambiti territoriali, avendo quindi i coordinatori di ambito e dei presidi territoriali che ci permettono di avere dei dati molto più organizzati e incisivi.
Il gruppo di lavoro che opera sui regolamenti previsti da questa legge aveva già cominciato ad operare, parallelamente alla stesura della legge, con il dibattito seguito anche da chi ha lavorato alla stesura della legge stessa — agenzia sanitaria, servizio sanità e servizi sociali — quindi i regolamenti sono già finiti, stiamo mettendo a punto le ultime cose che poi dovranno andare alla concertazione, al parere della Consiglio, quindi questi regolamenti non saranno solo per gli anziani ma per tutte le strutture che questa legge prevede. Credo che non sia di poco conto che una Regione come le Marche si stia dotando di strumenti operativi per accrescere la qualità e dare garanzia agli anziani, ai minori, ai soggetti in situazione di handicap che si trovano nelle residenze e dare certezza ai Comuni i quali diventano protagonisti in tutto l'iter della autorizzazione e dell'accreditamento.
Voglio rassicurare Luchetti dicendo che sul discorso delle Ipab siamo in ritardo rispetto all'applicazione della 328, però siamo ancora abbondantemente nei termini previsti dalla legge specifica per la formazione delle Ipab: anche qui si inizia un gruppo di lavoro che avrà un termine prestabilito nel quale saranno coinvolti proprio gli attuali gestori delle Ipab stesse, che più volte ci hanno sollecitato questa scelta che siamo obbligati da una legge dello Stato a fare definitivamente.
Per rispondere a Cristina Cecchini, credo che la 43/88 da questo punto di vista era una buona legge che aveva affrontato questa problematica, ma non era tanto una norma inapplicabile quanto una norma che non si è applicata su questo aspetto. Un conto è l'inapplicabilità, altro conto se si vuol applicare o meno, perché con questo discorso della inapplicabilità in Italia si sono abolite e trasformate parecchie leggi, trasformandone anche la filosofia e l'obiettivo che ci si poneva con la loro istituzione.
Quindi noi proviamo a rispettare i termini e vorremmo farlo con una convinzione precisa: questa Regione aveva bisogno di dotarsi di strumenti che permettessero la qualità in questi settori.
La legge non parla solo di case di riposo, però è chiaro che la problematica degli anziani è quella più drammatica da certi punti di vista, non è vero che non è un problema la non autosufficienza. La sfida che il piano sanitario che approderà in Consiglio vuol fare ha una scelta ben precisa. Cercheremo anche di capire, visto che si chiedevano risorse necessarie per l'adeguamento delle strutture, se sarà possibile, una volta fatta la scelta di puntare sulle case protette rispetto alla programmazione delle Rsa che non sono ancora state utilizzate, utilizzare l'art. 20 della 67 proprio allo scopo di ristrutturare le case protette previste, perché le case protette sono ad alta integrazione socio-sanitaria.
Volevo soltanto ringraziare, a chiusura, il servizio sanità, il servizio servizi sociali e l'agenzia sanitaria che hanno lavorato e stanno continuando a lavorare per arrivare al discorso degli accreditamenti e dei regolamenti e voglio ringraziare la Commissione che su questa legge ha sicuramente lavorato e rielaborato alcuni concetti, perché essendo un argomento nuovo per questa legislatura e anche per la precedente, sicuramente ha degli aspetti non sempre facili da affrontare e da concretizzare in norma.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.

FABIO PISTARELLI. Vorrei rimettermi alla sensibilità dell'aula. Non vorrei votare questa legge fra pochi intimi, quindi vorrei che la presidenza del Consiglio soprattutto, con la sensibilità che la contraddistingue, si rendesse conto che non mi pare ci siano le condizioni per andare avanti. Non perché vogliamo impedire la votazione dell'aula, ma perché vorremmo dare a questo atto la dignità che gli compete, altrimenti smentiremmo tutte le premesse che abbiamo fatto anche da questi banchi dell'opposizione. Riteniamo che l'atto sia importante, il nostro voto, seppur critico, è di attenzione e di forte richiamo, non possiamo farlo in un'aula semideserta.
Ove la nostra richiesta non fosse accolto, ci vedremmo costretti a chiedere la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale, a partire dal consigliere Pistarelli.

MARCO AMAGLIANI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Pistarelli presente
Procaccini presente
Ricci Andrea presente
Ricci Giuseppe presente
Rocchi presente
Romagnoli assente
Secchiaroli presente
Silenzi presente
Spacca presente
Tontini assente
Trenta assente
Viventi assente
Agostini assente
Amagliani presente
Amati assente
Ascoli assente
Avenali assente
Benatti presente
Brini assente
Castelli assente
Cecchini assente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli assente
D'Ambroiso assente
D'Angelo presente
Donati presente
Favia assente
Franceschetti presente
Gasperi assente
Giannotti assente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni presente
Massi Gentiloni assente
Melappioni presente
Minardi presente
Mollaroli presente
Moruzzi presente
Novelli assente

PRESIDENTE. Sono presenti n. 19 consiglieri, quindi dichiaro chiusa la seduta.

La seduta termina alle 18,50