Resoconto seduta n. 119 del 19/02/2003
La seduta inizia alle 10,45



Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute nn. 117 e 118 del 29 gennaio 2003.

Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 159, ad iniziativa della Giunta: «Provvedimento generale di rifinanziamento e modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2003)», assegnata alla II Commissione in sede referente e alle Commissioni I, III, IV, V e VI per il parere di cui all’art. 70 del Regolamento interno;
— n. 160, ad iniziativa della Giunta: «Approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2003 ed adozione del bilancio pluriennale per il triennio 2003/2005», assegnata alla II Commissione in sede referente e alle Commissioni I, III, IV, V e VI per il parere di cui all’art. 70 del Regolamento interno;
— n. 161, ad iniziativa dei consiglieri Moruzzi e D’Angelo,: «Norme in materia di impianti fissi per l’emittenza radio televisiva e di impianti per la telefonia mobile», assegnata alla IV Commissione in sede referente.


Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 260 dei consiglieri Gasperi, Ciccioli, Pistarelli, Romagnoli e Castelli: «Regolamentazione per l’utilizzo dell’ambulanza per trasporto sanitario così come specificata dalla circolare prot. 19551 del Dipartimento Servizi alla Persona e alla Comunità in data 27 novembre 2002»;
— n. 261 dei consiglieri Amati e Mollaroli: «Azioni congiunte per la definizione di accordi internazionali che assicurino condizioni di sicurezza nella navigazione nell’Adriatico»;
— n. 262 del consigliere Trenta «Crisi del settore calzaturiero - realizzazione di una “Piazza Affari” digitale in località Monte Urano (AP)»;
— n. 263 dei consiglieri Moruzzi, Franceschetti, Procaccini, Luchetti, Rocchi e Andrea Ricci: «Provvedimenti a tutela dell’integrità del mare Adriatico in relazione ai rischi connessi al trasporto via mare di petrolio e sostanze pericolose».



Nomine

PRESIDENTE. Ho provveduto alle seguenti nomine con i decreti:
— n. 10 del 27 gennaio 2003 concernente: “Collegio dei revisori dei Conti dell’Ersu di Urbino – Sostituzione di un componente supplente”;
— n. 11 del 28 gennaio 2003 concernente: “Collegio dei revisori dei Conti dell’Ersu di Ancona – sostituzione di un componente supplente”.



Leggi regionali promulgate

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato le seguenti leggi regionali:
— n. 1 in data 28 gennaio 2003 “Modifica alla legge regionale 18 gennaio 1996, n. 2: delega alle Province delle funzioni amministrative relative alle attività formative cofinanziate dall’Unione Europea”;
— n. 2 in data 4 febbraio 2003 “Programma di riordino territoriale ed incentivi alla gestione associata intercomunale di funzioni e servizi”.



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere D’Angelo.



Comunicazione del Presidente

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al consigliere Brini sull'ordine dei lavori, esprimo a nome di tutti al consigliere Viventi, che è stato oggetto di minacce, la solidarietà di tutto il Consiglio regionale. Si tratta di un fatto estremamente grave, in quanto il consigliere deve poter svolgere le sue funzioni e prerogative, che peraltro sono tutelate dalla Costituzione e dallo Statuto, senza condizionamenti. Questo, tra l'altro, è un cardine della nostra democrazia rappresentativa e in questa sede mi sento di esprimere, a nome di tutto il Consiglio al consigliere Viventi, oggetto di queste oscure minacce, la solidarietà e di condannare il vile gesto.





Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Brini. Ne ha facoltà.

OTTAVIO BRINI. Le chiedo come mai la nostra proposta di mozione non è stata inserita al rimo punto all'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Di quale proposta si tratta?

OTTAVIO BRINI. Quella che avevamo chiarito con la dott.ssa Santoncini e che si era detto non era stata espressa chiaramente in italiano. La mozione 239 è stata inserita dopo le proposte di legge, invece avevamo stabilito, nel penultimo Consiglio regionale, che sarebbe stata messa al primo punto.

PRESIDENTE. E' stato preso atto della discussione nella Conferenza dei presidenti di gruppo che ha fatto l'ordine del giorno...

OTTAVIO BRINI. Lei l'altra volta ha detto che mi ero espresso poco bene in italiano, però poi aveva capito: la prossima volta le parlerò in francese, per farmi capire meglio. I capigruppo devono attenersi alle indicazioni che il Consiglio ha dato. Mi dispiace che anche il io presidente di gruppo abbia disatteso le disposizioni del Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Non c'è nessuna disattenzione, c'è la massima attenzione...

OTTAVIO BRINI. Possiamo discuterne anche il prossimo anno Presidente, non abbiamo problemi, basta che lei ce o dica. La metta all'ordine del giorno per il 2004. Mi meraviglia che Massi non dica mai niente su questo argomento. Quando andiamo nel territorio non fa altro che lamentare perché non si discute: vuoi parlare anche tu? Altrimenti pare che interessi soltanto me. Almeno siamo più di uno a essere presi in giro. Questa volta lo dico in dialetto.

PRESIDENTE. Lo dica come crede.

OTTAVIO BRINI. Lei è prevenuto, e se la smetta.

PRESIDENTE. La informo che la Conferenza dei presidenti, alla quale lei non partecipa, ha deciso nella penultima seduta il seguente ordine del giorno, interrogazioni, interpellanze, proposte di legge, mozioni e tra le mozioni la prima è la sua. Lo ha deciso la Conferenza dei presidenti. Nell'ultimissima riunione della Conferenza dei presidenti si è altresì deciso che nella prossima riunione del Consiglio regionale si tratteranno non atti ispettivi ma mozioni, per cui ha la garanzia che in un arco di tempo brevissimo la sua mozione sarà trattata.
Devo dire anche che, ovviamente, questo meccanismo delle code ha determinato anche atteggiamenti se vogliamo non rispettosi di altri consiglieri, perché qui sono diversi i consiglieri nei confronti dei quali è stata dichiarata la priorità...

OTTAVIO BRINI. Siccome voi tenevate a parlare della pace...

PRESIDENTE. Consigliere, per cortesia, non mi metta nella condizione di intimarle di rispettare il Presidente che ha diritto di parlare, l'aula e coloro che sono presenti in questa sede.

OTTAVIO BRINI. La collega Amati, per parlare della proposta sulla pace ci ha chiesto lei di fare questo accordo che poi, puntualmente non viene mai rispettato. Invito il capogruppo dell'opposizione a non far discutere niente quando non avete il numero legale in aula, perché non siete seri.


Interrogazione (Svolgimento): «SIMA — Interventi dell'Amministrazione regionale» Cecchini (560)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 560, del consigliere Cecchini. Per la Giunta risponde l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. La questione della Sima è di grande importanza, perché riguarda una delle crisi aziendali che in questo momento si stanno appalesando nella nostra regione. Su questa come su altre crisi la Regione è molto attenta, nel rispetto dei ruoli che istituzionalmente deve giocare, però su questo versante stiamo facendo il massimo per promuovere sia la soluzione delle crisi sia la salvaguardia della buona occupazione delle persone.
Per quanto riguarda la Sima conviene ricapitolare la storia di questa azienda e sul finire vi posso anche informare sugli ultimi sviluppi e sugli ultimi incontri che abbiamo avuto per favorire una soluzione che vada bene per tutti.
La SIMA Industrie S.p.A. è stata costituita il 28/10/1988 e iscritta al Registro delle Imprese di Ancona il 6/12/1988 per attività di lavorazioni galvaniche, costruzione meccaniche e oleodinamiche e cromatura a spessore.
In data 22 novembre 1996 la sede legale viene trasferita da Ancona a Bologna con inserimento di nuove persone nel Consiglio di Amministrazione.
In data 5 marzo 1998 viene modificata la denominazione sociale da SIMA industrie Srl in SIMA Industrie SpA contestualmente all'aumento di capitale . In data 12 marzo 2002 è stata posta in liquidazione e l'assemblea straordinaria della Società nomina liquidatore Giancarlo Venturi già Amministratore delegato della Società.
In data 18 marzo 2002 viene presentata al Tribunale di Bologna domanda di ammissione a concordato. (art. 160 comma 2 legge fallimentare ) In data 29 aprile 2002 il Tribunale di Bologna ammette la SIMA Industrie SpA ai sensi dell'art. 163 della legge fallimentare ( r.d. 16 marzo 1942 n. 267) al concordato preventivo con cessione dei beni.
Gli ultimi tre bilanci della società evidenziano continue perdite che gli azionisti hanno ripianato con versamenti di denaro per 3,3, miliardi di lire. Altra problematica esistente che spiega in parte le cause dell'insolvenza è legata allo smaltimento dei rifiuti industriali che naturalmente si formano nel ciclo produttivo e agli inquinamenti preesistenti e accertati di cui la SIMA SpA deve rispondere sulla base della vigente normativa in materia ambientale e bonifica dei siti inquinati.
A seguito dell'ammissione a concordato preventivo da parte del Tribunale di Bologna, la ditta SIMA Industrie SpA attiva la procedura di Cassa Integrazione Straordinaria in quanto tra le cause dell'intervento straordinario sono previste anche le procedure concorsuali (art. 3 legge 223/91).
Al momento del Decreto di ammissione a concordato i lavoratori dell'unità produttiva di Monsano erano 41 di cui 37 operai e 4 impiegati. In data 8 maggio 2002 in sede regionale viene sottoscritto l'accordo per l'intervento CIGS per 12 mesi a favore dei lavoratori della SIMA S.p.A. ai sensi dell' art. 2 del DPR 218/2000. Successivamente il Liquidatore della società e il Commissario Giudiziale presentano al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale istanza per ottenere l'integrazione salariale CIGS per 12 mesi con decorrenza 30 aprile 2002 - 29 aprile 2003. - Il Ministero del Lavoro con Decreto n. 31293 del 15 luglio 2002 concede la CIGS per i 41 lavoratori della SIMA SpA per 12 mesi con scadenza 29 aprile 2003.. Le valutazioni generali del Commissario giudiziale presentate al Giudice Delegato in data 10 settembre 2002 evidenziano la mancanza di interesse da parte di alcuno per l'azienda di proprietà della SIMA Industrie SpA pertanto esprime parere contrario alla prosecuzione della procedura concordataria in quanto non vi è la certezza di allocazione dell'azienda ai valori indicati nelle perizie di stima.
Il Tribunale di Bologna in data 25 settembre dichiara il fallimento della SIMA Industrie SpA in liquidazione e nomina Curatore Fallimentare il dott. Massimiliano Magagnoli e fissa per il giorno 21 febbraio 2003 l'esame dello stato passivo davanti al Giudice Delegato. Nelle considerazioni introduttive alla perizia di stima vengono fornite indicazioni utili alla generale comprensione dei vari problemi dove appare preponderante l'aspetto ambientale. La SIMA SpA è un'azienda che sotto il profilo produttivo è in grado di effettuare solo due tipi di lavorazioni (produzione di gambi e cromatura su steli in acciaio) pertanto le possibilità di una riconversione sono assai limitate. Come tutte le galvaniche anche la SIMA è un'azienda che per la tipologia produttiva si colloca in quelle che operano in un settore ad elevato rischio ambientale, difatti viene utilizzato cromo con vasche di deposito esterne allo stabilimento, è soggetta quindi ad una pluralità di adempimenti tecnici e normativi che ineriscono oltre che alla tutela dell'ambiente anche alla sicurezza sul lavoro.
Va inoltre segnalato che le operazioni di bonifica dell'area da inquinamenti pregressi di cromo esavalente avvenuti in vari momenti a partire dal 1972 - da parte della Società RCD Srl - non sono ancora concluse e questa situazione non aiuta certamente alla soluzione del problema, in quanto ricade sull'ipotetico acquirente - se non è individuabile il responsabile dell'inquinamento - l'onere derivante da operazioni di risanamento ambientale che devono ancora effettuarsi in applicazione del DM 25/10/1999 n. 471 che reca disposizioni per la messa in sicurezza bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati ai sensi del D.Lgs. n. 22/97 e successive modificazioni e integrazioni.
All'inizio del mese di dicembre ho incontrato le Rsu aziendali cui ho assicurato l'interessamento della Regione alla vertenza.
l 20 gennaio scorso, ho convocato un incontro a cui hanno partecipato le organizzazioni sindacali, l'Assindustria di Ancona, il sindaco di Monsano Sbarbati ed il Presidente della Commissione Lavoro Avenali. Durante l'incontro ho garantito la massima collaborazione del mio Assessorato in sinergia con l'Assessorato all'Ambiente. Sono stati anche evidenziati alcuni contatti con imprenditori interessati a rilevare lo stabilimento, con i quali però non c'è alcuna trattativa concreta. Nelle prossime settimane, torneremo ad incontrarci con il sindaco Sbarbati, l'Assindustria di Ancona ed il curatore fallimentare per verificare eventuali possibilità in tal senso. Il 23 gennaio scorso, lo stesso curatore fallimentare, dott. Magagnali, mi ha comunicato l'imminente avvio della procedura di mobilità.
Abbiamo allora affrettato i contatti, ho incontrato personalmente un imprenditore che si era dimostrato interessato a rilevare l'azienda. Abbiamo avviato all'interno della Regione una serie di verifiche perché vedere le possibilità affinché la Regione contribuisse, da una parte alla bonifica dell'ambiente inquinato, dall'altra parte alla promozione di questo interessamento. Oggi lo stesso imprenditore è uscito con un'intervista su un quotidiano in cui ammette di essere interessato all'acquisto di questa impresa e ammette di farlo per conto proprio. E' un imprenditore di Sassoferrato il cui nome e cognome sono ormai sulla stampa. Per quanto ci riguarda stiamo effettuando gli ultimi contatti per poter verificare se la Regione istituzionalmente può intervenire per promuovere la bonifica di quel sito, daremo le risposte in questo senso alle organizzazioni sindacali a tamburo battente, poi ci auguriamo che l'accordo possa essere concluso e che l'azienda possa essere salvaguardata insieme a tutti i suoi 40 lavoratori, ma siamo proprio nelle fasi finali di discussione, augurandomi che questa sia la soluzione, perché qualora questo imprenditore rinunciasse a questo suo interessamento, allora si renderà necessaria la procedura di mobilità e a quel punto il nostro ruolo cambierà, perché istituzionalmente saremo tenuti a intervenire qualora le parti non raggiungessero un accordo sulla mobilità.
In quel caso abbiamo già interessato Assindustria e le altre organizzazioni sindacali a verificare che, nella malaugurata ipotesi che l'azienda non si possa salvaguardare e così tutte le maestranze, ci possa essere rapidamente una riallocazione di tutti coloro che perderebbero il lavoro, in modo tale che nessuno abbia a rimanere sprovvisto di reddito e di lavoro nelle prossime settimane.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Sono soddisfatta delle questioni poste dall'assessore, che ha in modo estremamente preciso ricostruito la storia di questa azienda. Mi permetto di intervenire sulle ultime parole, per ricordare una cosa ben presente all'assessore ma probabilmente non presente allo stesso modo a quest'aula. Essendo in corso una procedura fallimentare ed avendo il giudice fallimentare il 15 febbraio dato la possibilità per soli ulteriori 30 giorni prima di avviare tecnicamente lo "spezzatino" dell'azienda, cioè la vendita per parti ai migliori acquirenti degli impianti delle attività dell'azienda ancora commerciabili o vendibili, è chiaro che la Regione non può rimanere solo a ragionare sul successo o meno di questo imprenditore di Sassoferrato e le due questioni che sono state dette mi permetto di renderle ancora più esplicite. Primo, la bonifica del sito inquinato. L'Amministrazione comunale ha presentato un finanziamento nel piano nazionale sull'ambiente che è non ai primissimi posti, ma probabilmente ci sono tempi affinché venga finanziato questo intervento. Sarebbe un bel gesto da parte della Regione Marche se in conto anticipo, nella dotazione di bilancio che stiamo definendo si potesse anticipare il finanziamento per il risanamento del sito inquinato. Credo che non ci siano problemi di sorta, avendo una certezza sul bilancio dello Stato di un finanziamento; si tratta solo di renderlo esigibile con garanzia della Regione. Ovviamente è una procedura che significa che la Regione sostiene fortemente il disinquinamento dell'aria, ma su questo la Regione si è già impegnata, perché il piano triennale ambientale di diversi anni fa ha cominciato l'intervento, quindi si tratterebbe di completare la messa in sicurezza di un sito inquinato e ciò sta esattamente nel programma elettorale di questa maggioranza, nel programma politico di questa Giunta, pertanto un emendamento di questo genere fatto in sede di bilancio renderebbe fattivo tutto il lavoro che l'assessore ha fatto.
Inoltre, essendo l'imprenditore un industriale e potendosi impegnare per un affitto vincolato da un acquisto, probabilmente si rientrerebbe nelle fattispecie di finanziamento che la Società regionale di garanzia può sostenere. Quindi, anche questa può essere una modalità guidata, essendo la Società regionale di garanzia un ente in qualche modo partecipato dalla Regione, quindi si potrebbe avviare una procedura in base alla quale la Giunta regionale, cominciando dall'affitto, per poi impegnare l'imprenditore all'acquisto, in un atto pubblico triangolare, in questo caso garantisca anche un intervento nel merito.
La terza ipotesi sulla quale ragiona l'assessore è anch'essa meritevole. E' chiaro che si tratterebbe di una riallocazione di maestranze qualificate qualora saltasse l'operazione che stiamo facendo. Bisogna lavorare anche in questa direzione, in subordine, ma sarebbe bene non arrivarci per una ragione molto semplice: che nella realtà della Vallesina, a cominciare dalle Cartiere Miliani, nonostante le cose affermate in sede di triangolazione con la Regione che ha riportato in aula l'assessore Secchiaroli, in verità nulla è stato fatto degli impegni che la parte datoriale si era presi.
Voglio segnalare all'assessore che le questioni che riguardano le maestranze femminili alle Cartiere Miliani in questo momento hanno un gravissimo problema. Parlo delle Cartiere Miliani perché sono le più forti dal punto di vista sindacale e politico, per non parlare delle aziende come la Idropro che si sa bene essere in gravi difficoltà, come chi ha già finito la sua storia, vedi la Cascami o la Fater di Jesi o la Manifattura tabacchi di Chiaravalle che ha serissimi problemi. L'attenzione che credo la Giunta può invitare in sede di bilancio ad avere, con un impegno verso questa azienda, sarebbe significativa di una realtà politica e produttiva della Vallesina, che dal punto di vista delle capacità politiche e anche sindacali di questa regione sarebbe davvero rilevante.
Quindi gli interventi che sono stati, ovviamente, prudentemente indicati, mi permetto di esplicitarli, perché si tratta, in questi 15-20 giorni che abbiamo a disposizione di dare una mano concreta a questa eventuale soluzione industriale, sapendo che la Regione può fare alcune cose, non può farle tutte, poi le parti industriali, se vogliono hanno le convenienze su ragionamenti di profitto, nei quali la Regione istituzionalmente non deve entrare, però il nostro impegno è quello della salvaguardia dell'occupazione, quindi da questo punto di vista si potrebbe giustificare anche un impegno straordinario del bilancio in conto anticipo, che significherebbe utilizzare un anno prima del necessario quel finanziamento sul risanamento ambientale, che però potrebbe essere necessario in qua fase per questa azienda.



Interrogazione (Svolgimento): «Legge regionale 14 novembre 2001, n. 28 sull'inquinamento acustico — Adozione criteri generali per la redazione dei piani comunali» Castelli (554)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 554 del consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l'assessore Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. La Legge Regionale "Norme per la tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico nella Regione Marche" è stata approvata in data 14/11/01.
Contestualmente la Giunta, su proposta del Servizio ha approvato con DGR n.2747 del 20/11/01, il ;programma per la definizione dei "criteri attuativi" previsti all'art. 5, comma I della stessa Legge, in collaborazione tecnico-scientifica con l'ARPAM.
L'Agenzia Regionale, avvalendosi anche del contributo dell'Università di Ancona-Fac. Ingegneria Dip. Energetica, ha elaborato la documentazione prevista dal programma, trasmettendo le bozze finali, in data 03/10/02.
Il Servizio ha predisposto (dic 2002-gen 2003) la proposta di deliberazione di approvazione dei Criteri, riordinando la documentazione pervenuta in unico allegato tecnico quale parte integrante della DGR.
In data 03/02/03, su richiesta di Confindustria Marche e Ance Marche, si è svolta una riunione presso la Direzione del Dipartimento Territorio ed Ambiente, in occasione della quale sono state discusse alcune questioni inerenti i contenuti ~ l'applicazione dei Criteri, rispetto alle quali, è stato anticipato l'invio di una nota scritta sia al Servizio, che alla Commissione Consiliare competente.
La prossima settimana la proposta di deliberazione sarà trasmessa alla IV Commissione Consiliare, per acquisire il parere di competenza ai sensi dell'Art. 5, comma 2 della L.R. 28/01, prima dell'approvazione della stessa da parte della Giunta Regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Prendiamo atto che, sia pure con estremo ritardo, la Giunta regionale sembra avere avviato le pratiche necessarie a dare esecuzione e attuazione al piano di risanamento acustico delle Marche. Ne prendiamo atto con soddisfazione, ci auguriamo che dalla concertazione con le parti sociali possa derivare la migliore soluzione di questo problema. Restano alcune riflessioni da fare di carattere generale.
Non è la prima volta che alcuni adempimenti che sono affidati alla Giunta regionale, importanti, di completamento e attuazione di piani e programmi tardino fortemente o, in qualche caso, vengano letteralmente omessi, in maniera tale da vanificare quelle che sono proposte e argomentazioni che invece occupano il Consiglio regionale con dovizia di polemiche, di discussioni e di approfondimenti. Questo è un dato che vorrei definire sistemico, sul quale già ci siamo intrattenuti più di una volta anche in Commissione Statuto, nel momento in cui ci siamo posti il problema di quelle che sono le infrazioni regolamentari, normative che spetta alla Giunta regionale adottare rispetto a quelli che sono atti del Consiglio regionale.
Spero e auspico, tuttavia, che vi sia una maggiore capacità di ottemperanza, di esprimere in modo tempestivo quello che è, spesso e volentieri, un aspetto determinante dei lavori del Consiglio regionale delle Marche. Il piano di risanamento acustico è uno di questi piani, rimane il problema di come prevedere nell'ambito della nostra produzione legislativa una serie di norme che in qualche modo facciano argine a questo malcostume, a questa fondamentale disattenzione che spesso e volentieri la Giunta regionale mostra rispetto ad argomenti che non sono secondari. E' vero infatti che spesso e volentieri capita che rispetto ad atti programmatori che magari ineriscono ad aspetti delicati, ad argomentazioni e valutazioni su cui il Consiglio non sa o non può esprimersi, venga devoluto alla Giunta il compito di entrare nella materia assumendo la responsabilità di decisioni che magari la maggioranza o il Consiglio regionale ritengono opportuno devolvere alla Giunta. Però attenzione, perché il Consiglio regionale deve poter introdurre all'interno dei propri programmi, dei propri atti legislativi, norme che consentano anche, se del caso, la ri-avocazione al Consiglio regionale in ordine all'adempimento di aspetti regolamentari o meno, che tuttavia sono talmente strategici da vanificare, se non approvati, il lavoro del Consiglio stesso.
Quindi registro con soddisfazione il fatto che comunque ci si è dati una mossa, devono tuttavia considerare che rispetto ai tempi che nel piano di risanamento acustico erano stati stabiliti, siamo arrivati con un ritardo che è quasi di un anno, sostanzialmente. Spero che si lavori con speditezza e mi compiaccio solo del fatto che l'interrogazione giunge tempestivamente, probabilmente è stata iscritta a questo ordine del giorno proprio perché la risposta è stata quella che tutti noi peraltro auspicavamo. Mi raccomando anche che vengano muniti delle necessarie informazioni i Comuni delle Marche che, non dimentichiamolo, ai sensi dell'art. 2, comma 1 della legge regionale in oggetto, debbono, se superiori a 30.000 abitanti, provvedere entro un anno alla classificazione acustica del territori mentre invece per i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti il termine è biennale.
Allora — mi riferisco anche alla compagine dei verdi che è stata particolarmente sensibile su questo aspetto — invito a non accumulare ritardi ulteriori e soprattutto a tener conto di una esigenza: di non gravare soprattutto i Comuni più piccoli di incombenti di natura procedurale o pianificatoria che possano rendere eccessivamente complesso il loro lavoro di zonizzazione e classificazione, cioè mettiamoci anche dalla parte dei Comuni, poniamo, come valore prioritario la necessità di predisporre strumenti che possano essere, soprattutto per i piccoli Comuni, rapidamente e facilmente attuabili.
Con questo auspicio che presero la Giunta regionale e l'assessore in particolare vogliano accogliere, mi ritengo soddisfatto, non potendo non rilevare, tuttavia, come anche sul piano di risanamento acustico si è accumulato un ritardo che rischiava e rischia di vanificare l'obiettivo dell'atto.



Interrogazione (Rinvio): «Effetti della crisi del gruppo Fiat nelle Marche» Procaccini e Martoni (591)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 591.
Questa interrogazione viene rinviata, poiché la Giunta non è in grado di rispondere. Verrà trattata nel primo Consiglio utile.



Interpellanza (Svolgimento) «Installazione impianto di radiotelecomunicazione di telefonia mobile in comune di Ancona, località Torrette» Viventi (48)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interpellanza n. 48 del consigliere Viventi, che ha la parola per illustrare l'interpellanza.

LUIGI VIVENTI. Ho avuto notizia dai residenti in Torrette di Ancona, dell'intenzione, da parte del Comune, con relativa autorizzazione regionale, di installare un'antenna sul tetto dell'ospedale di Torrette, in una zona già fortemente colpita da inquinamenti diversi, cosa tra l'altro che sarebbe in contrasto con la legge 25 che abbiamo approvato il 13 novembre 2001, con la quale si disciplinava la materia degli impianti fissi di radiotelecomunicazione. Tra l'altro io ero stato promotore di una proposta di legge in questo senso, che poi venne ripresa dal consigliere D'Angelo vennero apportate modifiche, poi quel testo fu approvato in aula e so anche che questa legge ha avuto contestazioni da parte del Governo proprio per dei limiti che il consigliere volle apporre e che invece io consigliavo venissero stabiliti dal Governo. Se avesse accettato i mio consiglio, questa legge sarebbe stata approvata.
Nel testo di questa legge si leggeva chiaramente che veniva proibita l'installazione di antenne sui tetti di ospedali o abitazioni ecc., quindi trovo nettamente in contrasto questa intenzione con quanto da noi approvato e chiedevo spiegazioni al rappresentante della Giunta regionale per sapere, visto che il settore ambiente ha dato il suo benestare, se è intenzione di questa Amministrazione procedere positivamente con tali autorizzazioni.

PRESIDENTE. Per la Giunta risponde l'assessore Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. In merito all'interpellanza n. 48, presentata dal consigliere Luigi Viventi in data 18/12/01, esaminata la documentazione agli atti del Servizio si fa presente quanto segue.
Il Servizio Urbanistica in data 19/12/01 ha proposto alla Giunta Regionale la D.G.R. riguardante la dichiarazione di compatibilità ambientale di cui agli artt. 46 e 63 delle N.T.A. del PPAR per il progetto "Installazione di impianto tecnologico di radiotelecomunicazione di telefonia cellulare GSM 1800 nel comune di Ancona località Torrette presentato dalla Ditta BLU c/o Nokia Italia S.p.A.. La suddetta proposta era l'atto finale di un procedimento amministrativo la cui istruttoria era giunta al termine, pertanto questo Servizio ha dovuto porre in essere la relativa delibera per non incorrere in responsabilità di carattere civile-amministrativo.
La Giunta regionale ha approvato con proprio atto deliberativo la proposta con il n. 2816 del 27/11/2001 prima dell'entrata in vigore della L.R. 25/01.
E' da evidenziare che durante la fase istruttoria si è provveduto ad acquisire il parere dell'ARPAM che testualmente "esprime parere favorevole" all'installazione della stazione radio base per telefonia mobile come da nota prot. n. 586 del 24/3/2001, in quanto vengono rispettati i limiti di esposizione ed i valori di "cautela" previsti rispettivamente dagli artt. 3 e 4 del Decreto del Ministero dell'Ambiente n. 381 del 10/9/98 dal titolo "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radio frequenza compatibili con la salute umana". Elemento significativo della proposta di localizzazione (sito A) su cui è stata espressa la compatibilità è che lo stesso si trova a una distanza di oltre 140-180 mt. dai corpi principali dell'Ospedale.
Il Comune di Ancona- Servizio Gestione Edilizia, a seguito dell'invio della suddetta delibera con i relativi elaborati ha iniziato l'iter per il rilascio della concessione edilizia. Con nota (inviata tramite fax) del 28 gennaio 2002 assunta al prot. del Servizio Urbanistica con n. 172 del 29/01/02 ci comunica che: "....E' stata rilasciata SU un sito diverso da quello individuato nelle planimetrie prodotte dalla ditta richiedente agli atti di questo Servizio. La VIA infatti è stata rilasciata sul sito individuato nella Tavola 1) allegata (sito "A" - ZONA OSPEDALIERA - ART. 29/6 delle NTA + ART. 35 CPA 2 ZONE DI INTERESSE NATURALISTICHE) mentre il sito di installazione richiesto ai fini del rilascio della concessione edilizia (Tavola 2 allegata) è individuata dal PRG come "ZONA DEI CRINALI PRINCIPALI E SECONDARI" (ART. 74 DELLE N.T.A. DEL P.R.G.). Tale discordanza, generata da un errore di individuazione commesso dalla ditta richiedente necessita di una rettifica nella valutazione dell'intervento proposto che dovrà essere nuovamente sottoposta ad esame da parte del Vostro Servizio per quanto di competenza... "
La Ditta BLU non ha presentato nuovo progetto di localizzazione del sito dagli atti presentati presso il Servizio Urbanistica e Ambiente, quest'ultimo responsabile del rilascio della compatibilità paesistico-ambientale (ottobre 2001) in attuazione della D.G.R. 1829 del 3 1/7/2001 .
Da informazioni assunte presso il Comune di Ancona, a tutt'oggi, lo stesso non ha rilasciato alcuna concessione edilizia in quanto la pratica è da ritenersi sospesa e oggetto di presentazione di nuovo progetto da parte del richiedente.
La eventuale nuova localizzazione dovrà essere compatibile con le norme del P.R.G. comunale e con le prescrizioni dettate dalla L.R. 25/2001 e nel medesimo atto si preciserà che la D.G.R. 2816/01 non produce effetti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Ringrazio l'assessore per la sua puntuale risposta. Prendo atto che questa mia interpellanza ha prodotto nel frattempo, un risultato positivo, quello di rivedere la situazione, di bloccare un'autorizzazione che sarebbe stata sicuramente inopportuna in quella forma e in quella circostanza. Senza fare demagogia, se le prossime richieste saranno in linea con quanto previsto dalla legge regionale approvata e dal piano regolatore del Comune di Ancona, è evidente che sarà difficile opporsi a soluzioni logiche, però nel frattempo questa soluzione logica non c'era, quindi sono soddisfatto che l'interpellanza abbia prodotto questo effetto di sospensione della pratica.



Interpellanza (Svolgimento): «Legge regionale 13 novembre 2001, n. 25 — Mancata emanazione da pare della Giunta regionale del provvedimento di cui all'articolo 7, comma 3» Castelli (64)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interpellanza n. 64 del consigliere Castelli, che ha la parola per illustrarla.

GUIDO CASTELLI. Il testo della mia interpellanza riecheggia la doglianza che già muovevo in precedenza contro il piano di risanamento acustico, perché, come noto — e mi pare che anche il consigliere D'Angelo si sia uniformato a questa obiezione — anche per quanto riguarda la legge 25 del 13 novembre 2001 in materia di elettrosmog, consta che la Giunta regionale non abbia dato corso a tutta una serie di adempimenti non secondari che facevano da corollario alla legge stessa, una legge lunga, complessa, che ha animato i dibattiti più fervidi. Siamo sicuramente nel campo di un argomento che rispetto al piano di risanamento acustico deve scontare in qualche modo anche l'intervento di normative nazionali che hanno inciso sulla materia, tuttavia è un fatto che l'art. 7, comma 3 della legge sull'elettrosmog, stabilisse con precisione il termine di 90 giorni affinché la Giunta provvedesse alle determinazioni delle famose distanze minime da rispettare per l'installazione degli impianti di radiodiffusione. Questo fu il compromesso raggiunto in IV Commissione dove, questo intervento sollecitato dallo stesso consigliere D'Angelo il quale, proprio a difesa e a tutela di una legge possibile, praticabile nell'attuale contesto normativo, disse "non ci impelaghiamo nell'ambito delle distanze, non rischiamo di esporre a censure di illegittimità costituzionale questa legge, devolviamo il compito più delicato alla Giunta regionale". Trenta giorni erano stati prefissati perché la Giunta ottemperasse, quei giorni sono passati — non voglio aggiungere l'avverbio "inutilmente", perché immagino che l'assessore Amagliani faccia riferimento a quella che è stata poi l'impugnativa della legge stessa innanzi la Corte costituzionale — ma è un dato che prima ancora che intervenisse il "decreto Gasparri", esisteva la possibilità di dare completezza alla normativa che questo Consiglio aveva varato, delegando alla Giunta un compito importante, non secondario, significativo, che probabilmente avrebbe consentito non solo alla problematica della distanza ma a tutto l'impianto normativo di questa legge di poter operare e dispiegare i propri effetti. Anche perché tutta una serie di previsioni contenute nella legge stabilivano che fosse la Giunta regionale ad attuare quegli aspetti significativi che, ad esempio, avrebbero dovuto consentire l'applicazione della procedura di valutazione di impatto ambientale, che avrebbero potuto consentire l'avvio del famoso catasto regionale delle sorgenti di campo elettromagnetiche e via discorrendo, anche per quanto riguarda l'attività dei radioamatori e della commissione tecnica regionale per l'espletamento delle funzioni di cui all'art. 13. Noi ci siamo trovati nel paradosso di avere intrattenuto questo Consiglio per diversi mesi su una legge che alla fine aveva trovato, se non il gradimento completo, la vigile attenzione, non contraria, anche delle minoranze e di Alleanza nazionale, ma purtroppo, per qualche motivo, non solo non si è dato corso a quel provvedimento che entro 90 giorni doveva entrare nella vexata quaestio delle distanze, ma addirittura, a quello che consta al sottoscritto, non si è data neanche la stura a tutta una serie di sequenze regolamentari che avrebbero avuto poco a che fare con gli aspetti che sono stati poi sollevati dalla Corte costituzionale e che in qualche modo hanno trovato una sintesi normativa nel "decreto Gasparri": mi riferisco all'attività dei radioamatori, al catasto radioelettrico e a quant'altro.
Siamo arrivati a proporre addirittura in Commissione una nuova legge da parte di D'Angelo e Moruzzi in materia. Non è nel nostro, peraltro validissimo sito Internet, ancora acquisibile il testo, quindi ne parlo alla cieca: mi è arrivata notizia del fatto che una nuova legge sia stata depositata in materia. Da questo punto di vista c'è una Babele di iniziative e normativa che meriterebbe qualche commento politico prima ancora che tecnico. Mi riferisco al fatto che abbiamo una legge approvata nel novembre 2001 rispetto alla quale la Giunta non ha dato attuazione, non ha approvato i regolamenti che le erano stati rimessi, abbiamo un Governo nazionale che ha agito nei termini su cui, presumo, successivamente parleremo, ma addirittura, in nome del caos che mi sembra in materia regni sovrano, c'è un'ulteriore iniziativa legislativa che non so se in qualche misura preconizza la possibilità che la Corte costituzionale annulli o cassi o censuri in maniera significativa la legge regionale.
Chiediamo quindi, in questa selva di linguaggi normativi che in materia elettromagnetica si è affermata non solo nella regione Marche, umilmente all'assessore Amagliani di fare chiarezza, per lo meno per capire qual è il destino di questa legge e soprattutto quali sono le iniziative che la Giunta regionale intende adottare rispetto a una materia estremamente delicata ma che non ha tardato a creare grossa confusione nelle Marche.

PRESIDENTE. Per la Giunta risponde il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. ALLO scopo di fornire un'adeguata risposta ai quesiti posti dai Consiglieri Guido Castelli e Pietro D'Angelo, rispettivamente con l'interpellanza e l'interrogazione indicate in oggetto, evidenzio quanto segue.
I motivi del ritardo nell'adozione da parte della Giunta Regionale del provvedimento di cui all'art. 7, comma 3, della l.r. n. 25/2001, sono dovuti in parte a ragioni organizzative legate alla fase di ristrutturazione dell'Ente ed in parte a problemi interpretativi della stessa legge su cui si sta cercando di fare chiarezza.
In ordine agli adempimenti previsti dalla legge regionale n. 25/2001 le attività svolte sono quelle relative a: art. 7, comma 3, determinazione distanze minime: è stato predisposta la proposta di Regolamento per la determinazione delle distanze minime per l'installazione degli impianti di radiocomunicazione e di telefonia mobile. Il regolamento sarà sottoposto, ai sensi dell'art. 20 comma 2 del regolamento interno della Giunta regionale, alla conferenza dei Servizi regionali.
Art. 4 comma 2, contenuti della comunicazione e tempo massimo di collocazione impianto provvisorio di telefonia mobile: è stato predisposta la proposta di Regolamento per la definizione dei contenuti della comunicazione e tempo massimo di collocazione impianto provvisorio di telefonia mobile. Il regolamento sarà sottoposto, ai sensi dell'art. 20 comma 2 del regolamento interno della Giunta regionale, alla conferenza dei Servi regionali.
Art. 6, comma 2, catasto regionale delle sorgenti di campi elettromagnetici: sono stati definiti i criteri per la gestione del catasto regionale degli impianti irradianti campi elettrici ed elettromagnetici. Poiché il Ministero Ambiente ha comunicato, in risposta alla segnalata esigenza di predisporre il catasto regionale anche in assenza del catasto nazionale, che il catasto nazionale è inserito nell'ambito del Sistema informativo e di monitoraggio ambientale (SINA), il documento predisposto è stato sottoposto sia al Ministero Ambiente che all'APAT in modo da accelerare l'istituzione del catasto regionale.
Art. 11, comma 3, nomina Commissione Tecnica regionale per l'espletamento delle funzioni di cui all'art. 13: con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 52 del 17 maggio 2002 sono stati nominati i componenti della Commissione Tecnica regionale. La Commissione è presieduta dal Dirigente del Servizio Tutela e Risanamento Ambientale.
Art. 3, comma 4, procedura di valutazione di impatto ambientale: in ordine alla definizione delle procedure di valutazione di impatto ambientale per gli impianti di radiocomunicazione e telefonia mobile pende il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale n. 25/2001. La definizione delle procedure di valutazione di impatto ambientale per gli impianti in questione dovrebbero comunque essere affrontate nella redigenda legge regionale in materia di valutazione di impatto. Fino all'entrata in vigore della legge regionale di valutazione di impatto ambientale, per gli impianti in questione deve essere comunque acquisita la dichiarazione di compatibilità paesistico ambientale prevista dal Piano Paesistico Ambientale Regionale (P.P.A.R.) ed ove dovuta l'autorizzazione paesistica.
Art. 9, comma 2, regolamentazione attività dei radioamatori: sarà quanto prima prodotta una proposta di regolamentazione dell'attività dei radioamatori.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Il Presidente D'Ambrosio prima, a microfoni spenti mi ricordava il "decreto Gasparri". Ero già stato io ad anticiparla, Presidente. Io ho parlato con il ministro Gasparri: spero che lei si faccia anche una chiacchierata con l'ex ministro Cardinale il quale, imperante l'Ulivo, procurò attraverso la famosa asta Umts qualcosa come 25.000 miliardi al Governo dell'Ulivo, individuando i licenziatari di questa forma di telefonia. Siccome il principio di Woody Allen, secondo cui "prendi i soldi e scappa" funziona nel west side newyorkese ma non in uno Stato di diritto, il ministro Gasparri si è trovato nella necessità di dare una risposta a coloro i quali avevano pagato 25.000 miliardi di lire, risanando anche in parte il bilancio dello Stato e favorendo l'adeguamento dei nostri criteri di bilancio ai famosi criteri europei, dovendo poi dare corso a tutta una serie di iniziative sulle quali vi sono state delle perplessità, perché non vengo io a sostenere il contrario, sostengo tuttavia alcune cose: che su questo campo è difficile fare polemica politica indossando la casacca ulivista o polista, perché se andiamo a ritroso non troviamo solo la famosa asta per la telefonia Umts, troviamo anche la legge 36 del 2001 con la quale l'Ulivo fece bella mostra di sé, cadendo poi sotto le onde di Radio Vaticano e soprassedendo, in attesa delle elezioni, all'adozione dell'atto che doveva essere poi emanato dal Ministero della salute e dell'ambiente, di concerto, sulla questione dei valori su cui mi pare di avere capito e di sapere che la bozza di decreto predisposto dal Governo non sia ispirata a criteri di inquinamento acustico particolari o comunque non reca elementi difformi rispetto al DM 381, se è vero come è vero che il limite di 20 volts/metro rimane, se il valore di attenzione a 6 volts/metro rimane non solo, come nel previgente decreto per i soldi edifici adibiti a una permanenza di 4 ore ma è stata anche introdotta la possibilità che i Comuni possano selezionare, all'interno del proprio territorio, anche altre aree ritenute sensibili in riferimento ai quali conseguire l'obiettivo di qualità dei 6 volts/metro che è il più basso d'Europa, nel senso che in Olanda ci sono valori di esposizione massima 36 volte superiori all'Italia, in Germania 19 e quant'altro. Però, ripeto, è argomento troppo delicato, a mio modo di vedere, perché si possa farne oggetto di polemica politica in nome del solito refrain di questo "Stato patrigno cinico e baro che conculca i diritti delle Regioni".
Nel contesto di una grande confusione normativa in ordine alle competenze su tutto uno scibile giuridico e amministrativo, certo è che questa materia, che già produceva perplessità e antinomie prima della riforma del titolo V della Costituzione, figuriamoci ora che stiamo a dibattere su questi aspetti.
Come diceva l'assessore Amagliani, il ricorso del Consiglio dei ministri attiene a una porzione di quelle attività che erano state devolute dalla Giunta e che ancora — sento con piacere che l'assessore Amagliani parla di adempimenti ormai in itinere — non sono stati toccati minimamente dal ricorso alla Corte costituzionale. Sicché mi dico solo parzialmente soddisfatto, perché anche in ordine a questi adempimenti si è prodotto un ritardo che rischia di vanificare il lavoro del Consiglio, come dimostrano Moruzzi e D'Angelo che hanno presentato un'altra proposta di legge.
Ritengo e spero che la IV Commissione possa fare il punto quanto prima su questa congerie di interpretazioni e di decreti che si affastellano come nel Medioevo quando prassi e consuetudini rendevano una grande confusione al povero cittadino delle cives, tanto da rendere necessaria la nascita del Comune: uno spazio comune dove il caos normativo fosse in qualche modo eliminato, proprio perché, per convenzione, si diceva che almeno da est a ovest in un certo perimetro, dovevano esistere non prassi e consuetudini-giungla, ma leggi une, eguali per tutti.
Questo è l'auspicio, quindi senza imbarazzi per quello che ha fatto il nostro amico Maurizio Gasparri, facciamoci carico della problematica in IV Commissione, in maniera tale che si possa realisticamente capire cosa la Regione può fare, cosa può delegare ai Comuni e cosa può essere invece oggetto di reclamo, censura o considerazione critica nei confronti del Governo nazionale.



Proposta di atto amministrativo (Discussione generale): «Piano faunistico-venatorio regionale 2002-2007. Legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7» Giunta (90)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 90 ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Questa mattina abbiamo in discussione il piano faunistico-venatorio, il primo piano regionale che viene fatto dopo l'applicazione della legge regionale 7 sul prelievo faunistico-venatorio nella nostra regione, un piano che nella sua analisi e nella sua struttura tiene conto di quelli che sono stati gli effetti positivi dell'applicazione di questa legge ed improntato a una filosofia che, nel verificare quello che si è determinato nella gestione della nostra Regione e delle Province in questi anni, cerca di fare dei passi avanti nella direzione della ulteriore applicazione, sia della legge nazionale che regionale.
Quello che si constata nel piano che è composto di più parti — una parte analitica iniziale, dove vengono raccolti i dati relativi alla situazione di fatto nelle varie province — più alcuni allegati di una cartografia ben dettagliata e precisa sul territorio relativa alla pianificazione, è una diversità di situazioni che si è determinata in questi anni in applicazione del precedente piano faunistico-venatorio e successivamente della legge. Si registra quindi una situazione non omogenea nella gestione fatta nelle singole province e si intende procedere a una indicazione più chiara, tendente a omogeneizzare l'atteggiamento nelle singole province, relativamente alla filosofia del piano faunistico-venatorio venatorio in applicazione delle leggi sopra citate.
Questo piano comporta delle novità importanti rispetto a quello precedente, anzitutto sul calcolo delle superfici. Viene registrata nelle analisi e nel calcolo delle superfici dell'agro-silvo-pastorale e del territorio soggetto alla pianificazione venatoria prevista nel precedente piano, una superficie errata, in quanto calcolata con criteri e con meccanismi che sono stati riscontrati non precisi. Oggi viene rifatto il calcolo in modo chiaro, sulla base di una cartografia già usata per tutta la regione, per tutta la pianificazione sull'uso dei suoli, una cartografia 1:100.000, tenendo conto dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale in merito a questa materia, la sentenza 448 del 1997.
Questo comporta due passaggi nel meccanismo di calcolo: l'individuazione, prima, di che cos'è la superficie agro-silvo-pastorale, ma soprattutto, ai fini della pianificazione, la definizione della superficie soggetta a pianificazione venatoria.
Viene quindi definita questa superficie che, a differenza del passato in cui veniva calcolata in 793.000 ettari, viene portata 838 mila ettari, come dato certo per la prima volta, riscontrabile nella cartografia, all'interno della quale viene realizzata la gestione faunistico-venatoria.
Questo è il territorio all'interno del quale viene fatta la gestione faunistico-venatoria, intendendo gestione in senso lato, quindi sia in senso di territorio dove è possibile il prelievo venatorio, sia in senso di territorio all'interno del quale la gestione significa invece salvaguardia, zone di ripopolamento e cattura e quant'altro.
Questo credo che sia un elemento importante, che dà maggiori certezze rispetto alla definizione degli ambiti di pianificazione, ancora di più se unito ad un altro elemento importante: la pianificazione è un'indicazione rispetto alle pianificazioni dei vari istituti, provincia per provincia, nel rispetto delle percentuali dell'applicazione degli istituti previsti dalle leggi nazionale e regionale che ci portano all'identificazione di un altro parametro, cioè la superficie cacciabile attribuita ad ogni cacciatore per ogni singola provincia. Nell'inserire quel sistema di calcolo inserisce anche un altro elemento importante, questo piano, che individua per ogni cacciatore e per ogni provincia una quantità di territorio pari a 11,4 ettari, che deve essere mantenuta a disposizione per ogni singolo cacciatore.
Il piano inoltre va avanti dettando gli indirizzi, in questo intento di mantenere una capacità di governo generale del territorio regionale, dà una serie di indicazioni alle Province su come dovranno comportarsi, mantenendo tutta una loro autonomia sul piano della gestione che è di loro competenza, su come debbono comportarsi sulla gestione di tutti gli istituti faunistici, intendendo le oasi, le zone di ripopolamento e cattura, le zone faunistico-venatorie e altro. Così come dà gli indirizzi sulla gestione delle specie che deve essere fatta sui vari territori, individuando, in un lavoro meritevole da questo punto di vista, che prima la Regione non aveva fatto, nelle specie soggette a gestione 45 gruppi o specie di uccelli e 13 di mammiferi.
Inoltre questo piano comporta per la prima volta l'individuazione di una check-list che questa Regione ancora non aveva, su tutto il patrimonio di uccelli e mammiferi della fauna, quindi della nostra regione, che è un passo avanti, ancora non sufficiente, sul censimento di tutta la fauna della nostra regione.
C'è infine una parte relativa alle indicazioni relativamente ai regolamenti che la Regione dovrà successivamente determinare.
Siamo in presenza di un piano a mio avviso importante e positivo, che fa fare dei passi avanti al mondo che si interessa a questa questione, composto di cacciatori, agricoltori, ambientalisti, è riuscito a fare, dopo l'applicazione della legge nazionale 1257. Ci fa fare dei passi avanti proprio sulla gestione di un equilibrio che non è sempre facile da mantenere, ma che rappresenta il punto avanzato, il punto di forza, che ci permette di avere una gestione corretta di una materia senza il quale difficilmente potremmo avere dei corretti risultati e rischieremmo di tornare ad aprire vecchie questioni ormai superate di contrapposizioni quasi ideologiche. E' talmente vero questo che dopo la lunga discussione che ha comportato prima la redazione della proposta da parte della Giunta, poi il lavoro in Commissione con un lungo dibattito e svariate audizioni con tutte le componenti interessate, questo piano vede il parere positivo dell'Infs, il parere positivo delle principali associazioni faunistico-venatorie, pur con alcuni distinguo, il parere positivo di importanti settori del mondo ambientalista, tra i quali, ad esempio, Legambiente.
Mi pare che il lavoro che sia in Commissione che precedentemente questo piano ha comportato, possa essere salutato con un giudizio positivo. In qualità di relatore, ovviamente, chiedo l'approvazione di questo atto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Cesaroni.

ENRICO CESARONI. Oggi è un giorno importante per il mondo venatorio, perché questa Regione, dopo lungo tempo si appresta ad approvare il piano faunistico-venatorio che da diversi anni il mondo faunistico e agricolo stanno aspettando. Questo è il secondo piano. Dopo avere impiegato parecchio tempo, non vengono soddisfatte le esigenze né dei cacciatori, né degli ambientalisti, né degli agricoltori, anche perché le associazioni di categoria che rappresentano i cacciatori e gli agricoltori chiedevano un piano più approfondito. L'unico approfondimento, per il quale devo ringraziare l'ufficio, è quello che ha risolto il problema delle superfici: per lo meno oggi abbiamo un discorso di superfici più realistico, in quanto rilevato da cartografie esistenti. Ogni cacciatore ha a disposizione 11,5 ettari di superficie. Noi, come gruppo di Forza Italia abbiamo discusso il piano e purtroppo non diamo un giudizio positivo bensì di astensione, perché si poteva elaborare meglio, si potevano coinvolgere molto di più le associazioni di categoria. La lungaggine ha fatto sì che in questo Consiglio regionale sia stata approvata la riserva naturale di Ripa Bianca. Questa è stata una battaglia che il gruppo Verdi ha vinto contro la volontà di tutti i cittadini del territorio di Jesi dove insiste la riserva, contro la volontà delle organizzazioni dei cacciatori, degli agricoltori, solo a favore degli ambientalisti. Purtroppo oggi non corrispondono più le superfici, dopo avere approvato la riserva di Ripa Bianca, perché le percentuali per le zone naturali oggi sono cambiate. Se la riserva non fosse stata fatta prima, oggi non ci sarebbero state più le superfici per poterla fare. Questo è quello che abbiamo prodotto con i ritardi.
Altro punto fermo è la regolamentazione della caccia al cinghiale. Con il piano faunistico noi chiedevamo la possibilità di dare un indirizzo ben preciso alle Province per fare una programmazione del territorio rispetto ai cinghiali, perché questa caccia andava selezionata e regolamentata, in quanto i cinghiali fanno tanti danni nel territorio libero alla caccia. La Regione, le Province o gli Atc dovranno pagare questi danni.
Altra cosa che questo piano include sono gli incentivi all'agricoltura e questo è positivo. Ultimamente non venivano date risposte positive, venivano sempre date risposte negative perché non c'erano i fondi. Con questo piano impegniamo le Amministrazioni provinciali e la Regione a pagare i danni causati dalla selvaggina.
Complessivamente questo piano non dà indirizzi neanche sulla vigilanza rispetto alla caccia. Abbiamo fatto un piano molto vasto, molto discrezionale per quanto riguarda le Amministrazioni provinciali, ma nessuna di esse ha una vigilanza adeguata rispetto a quanto chiedono la legge 157 e la legge regionale 5. Per questo sul territorio abbiamo problemi di non controllo e di non gestione della caccia.
Comunque sosteniamo che il piano debba andare avanti, anche perché è urgente che le Province si organizzano, facciano i loro piani, in modo da regolamentare sul territorio la caccia, poiché c'è una disparità tra provincia e provincia: Macerata è diversa da Pesaro, Pesaro è diversa da Ancona, Ascoli è diversa da Macerata. Finalmente con questo piano ci auguriamo che vi sia un indirizzo preciso per le Province, affinché facciano i piani provinciali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Non sono così bene impressionato, anzi ritengo che questo piano faunistico-venatorio sia veramente un'assurdità, però voglio chiarire una cosa particolare e strana. Nella seduta del 23 gennaio 2003, in III Commissione, quando c'è stato il voto su questo atto amministrativo, alle 11,30 sono dovuto andarmene perché avevo un incontro al Senato della Repubblica. Il verbale recita: "Gasperi esce alle 11,20, dicendo di essere d'accordo sull'emendamento Tontini, ma esprime voto contrario sull'atto". L'atto è stato votato in questa maniera: Avenali, Tontini, Procaccini, Benatti e Moruzzi favorevoli; Gasperi contrario; Viventi e Cesaroni astenuti. Questo per fare chiarezza anche rispetto al comunicato stampa che era stato fatto, dove si diceva che la III Commissione, a maggioranza, astenuti Cesaroni e Viventi, aveva approvato il piano faunistico, avendo omesso artatamente il nome di chi ha votato contrario.
La legge 157 del 1992 sui presupposti della quale deve essere redatto il piano faunistico, all'art. 10, comma 1 recita "Tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata..." ecc. Al comma 2 recita "Le Regioni e le Province, con le modalità previste ai commi 7 e 10 realizzano la pianificazione di cui al comma 1 mediante la destinazione differenziata del territorio". Al comma 3 recita: "Il territorio agro-silvo-pastorale di ogni regione è destinato, per una quota dal 20 al 30% a protezione della fauna, fatta eccezione peri l territorio delle Alpi di ciascuna regione. In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni".
Nel piano in discussione sono state incluse superfici estranee all'agro-silvo-pastorale, quali superfici acquatiche interne, le pareti delle montagne, le vette prive di vegetazione, comportando, rispetto al precedente piano, un aumento della superficie soggetta a pianificazione, con conseguente possibilità di aumentare la superficie protetta, mentre di fatto la superficie destinata alla caccia programmata — ambiti o zone di caccia, cui tutti i titolari di licenza di caccia iscritti nell'ambito possono accedere — viene a diminuire poiché è possibile cacciare sulla superficie acquatica, salvo che non abbia profondità di qualche centimetro, come è impossibile cacciare sulle pareti delle montagne ed è inutile cacciare sui cocuzzoli pietrosi e non ricoperti di vegetazione.
L'aumento della superficie soggetta a pianificazione aumenta altresì l'estensione della superficie destinata ad istituti privati: le aziende faunistico-venatorie ed agrituristico-venatorie, i centri privati di produzione della fauna, decurtando ancor più il territorio agibile in più. Qui c'è una chiarezza da fare: dal censimento agricoltura dell'anno 2000, la superficie agro-silvo-pastorale della provincia di Ancona è diminuita, rispetto al censimento del 1990, di ben 15.000 ettari, a Pesaro di 17.000 ettari, a Macerata di 33.000 ettari e ad Ascoli Piceno di 21.000 ettari, perciò il totale regionale è diminuito di ben 86.000 ettari. Eppure, secondo il piano in discussione ci ritroviamo con +45.000 ettari rispetto al piano precedente. Cari signori, penso che il gioco delle tre carte è fatto talmente bene da voler prendere in giro coloro che non accettano di essere presi in giro. Io e credo anche altri della III Commissione non accettiamo di essere presi in giro. Qualche cosa evidentemente non quadra. Ribadisco: mentre il piano precedente aveva preso correttamente a parametro la superficie agro-silvo-pastorale, nel piano in approvazione i calcoli sono stati fatti sulla superficie totale, escluse infrastrutture urbane, viarie ecc., generando evidente aumento, però in contrasto con la norma di legge. Il contentino dei 50 metri, su cui abbiamo fatto la battaglia con il vicepresidente della III Commissione Viventi — e debbo dare atto che anche il presidente della III Commissione era rimasto interdetto — che poi avrebbero dovuto essere 100 metri, perché il divieto di caccia, oltretutto di spalla, da una strada carrozzabile e non solo asfaltata, vige a destra e a sinistra della strada stessa (art. 21 legge 157/92, comma 1, lettera e), non annulla sicuramente questo gonfiamento di superficie, anzi tale contentino risulta primitivo, poiché viene conteggiato pure, non so a quale titolo e per quale motivazione, all'interno degli istituti protetti (parchi, oasi, bandite, zone di ripopolamento e cattura, riserve naturali ecc.) quando quelle superfici risultano ad ogni effetto sono disponibili per la fauna.
Quando vedremo gli emendamenti vi citerò le superfici esatte riportate direttamente dai siti Internet per i parchi regionali istituiti dalla Regione Marche e per i parchi nazionali istituiti dallo Stato italiano.
La superficie agro-silvo-pastorale della regione Marche risulta essere di 710.223,03 ettari, anno 2000, censimento Istat agricoltura, come comunicato alla Federazione Italiana della caccia il 10 gennaio 2000 da Regione Marche e Giunta regionale, servizio sistema informativo e statistico. La superficie di cui sopra si discosta, a livello regionale, di 259.000 ettari dalla superficie globale, occupati da centri urbani, infrastrutture industriali e artigianali, nuclei abitati, case sparse, impianti sportivi, zone militari, zone ricoperte da acqua.
Già nella premessa questo piano faunistico-venatorio è molto lacunoso. Infatti ritengo che necessita di collegamento con il Ppar e con il Ptrap, oltre che con i piani territoriali di coordinamento delle Province, in modo che la pianificazione territoriale extraurbana sia coerente nell'impostazione e nelle finalità, oltre che chiara e non crei motivo di contenzioso nella destinazione delle superfici secondo la tipologia di utilizzazione, nel rispetto delle percentuali delle varie leggi assegnate e, per quel che riguarda il settore venatorio, l'agibilità alla fruizione secondo l'indice di densità venatoria fissato dal Ministero. L'indice minimo per le Marche è di ettari 11,41 a cacciatore. Questo non è stato assolutamente preso in considerazione.
Andiamo a vedere gli strumenti funzionali. Sono belle parole, ma i mezzi finanziari non sono riportati. Infatti, venendo meno alla prescrizione degli stanziamenti occorrenti all'attuazione del piano, lo stesso risulterà una enunciazione teorica di bei principi e la sua attuazione graverà su Province e ambiti, con risorse appena sufficienti per l'ordinaria amministrazione.
La Regione Marche è tenuta a impegnare annualmente la totalità delle somme introitate nell'anno precedente derivanti dalle tasse in materia di caccia, secondo le finalità prescritte dalla legge dello Stato n. 157 del 1992 e dalla LR 7/95. La Regione, tramite il personale degli uffici dell'assessorato caccia controlla annualmente la congruità delle spese sostenute dalle Province, dagli ambiti territoriali di caccia, dalle associazioni venatorie, dalle associazioni agricole, derivanti da assegnazioni regionali per l'attuazione del piano faunistico. Gli Atc, le associazioni venatorie, quelle agricole che vogliano usufruire delle somme stanziate dalla Regione per l'attivazione del piano faunistico devono presentare progetti in merito che, se approvati dagli uffici preposti, saranno finanziati, tenendo prioritariamente conto della loro utilità sociale e della loro validità nel tempo. La cosa che veramente colpisce l'intelligenza di tutti noi consiglieri regionali, la si vede dalla lettera inviata dal presidente della Provincia di Pesaro e Urbino e dallo stesso presidente della Provincia di Pesaro Urbino in qualità di presidente dell'Upi Marche. Mi risulta che le Province di Ancona, Macerata ed Ascoli Piceno non conoscevano assolutamente niente in materia, ma addirittura la cosa strana è che enuncia dei ricorsi al Tar, ma io chiedo: quali contributi ha dato, se nella provincia di Pesaro ci sono circa 20.000 ettari in più rispetto a quanto previsto nel piano? Nella provincia di Ancona ci sono 1.500 ettari in più rispetto al piano, senza andare a considerare la riserva di Ripa Bianca che è stata votata pochi giorni fa per la quale ci riserviamo di presentare una richiesta di Commissione di inchiesta. Addirittura, Macerata ancora peggio. L'unica rimasta invariata è Ascoli Piceno perché la Provincia di Ascoli Piceno non ha ancora comunicato quali sono le zone di ripopolamento e cattura che devono essere inquadrate, pertanto rimane vincolante la superficie prevista nel piano.
La cosa veramente assurda, è che quando si è discusso in Commissione, grazie all'impegno profuso in modo particolare dalla presidenza e da tutti i componenti, si è riusciti a portare alla lettura e all'approvazione del Consiglio un piano che gronda bugie in ogni pagina, un piano falso soprattutto per quanto riguarda le superfici e che non crea nemmeno vantaggi alle associazioni ambientaliste, perché andando a specificare quelle che sono le superfici che devono essere messe a salvaguardia, potrebbero andare a intaccare anche le superfici dei piani che sono già state approvati.
Detto questo, mi riservo di intervenire durante la discussione degli emendamenti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, è un atto molto atteso questo piano faunistico-venatorio regionale. In Commissione abbiamo cercato di accelerare i tempi e rendere giustizia alla legittimità di alcuni passaggi che questo piano nella sua stesura originaria, quella approvata dalla Giunta, conteneva. C'erano a mio avviso — e la Commissione legittimamente ha modificato alcuni passaggi — delle previsioni in cui il piano faunistico indicava di non rispettare leggi nazionali e leggi regionali. Su questo si è fatto un certo scandalismo anche sulla stampa da parte di alcuni esponenti del mondo venatorio che avrebbero voluto prefigurare delle modifiche alle leggi che invece devono essere fatte, eventualmente, in sede nazionale o regionale. Mi sembra che indicare queste modifiche come voler dare ragione a una parte o all'altra, ai naturalisti piuttosto che ai cacciatori, agli agricoltori piuttosto che non so chi altro, sia strumentale. Come strumentali mi sembrano alcune polemiche imbastite attorno a questo provvedimento. Questo provvedimento deve dare indicazioni alle Province nella redazione dei piani faunistici provinciali e soprattutto va nella direzione della gestione programmata del patrimonio faunistico, prendendo atto che esistono delle norme nazionali che prevedono l'esercizio dell'attività venatoria e che questa va ricondotta all'interno di queste disposizioni e non al di fuori di queste, come alcuni vorrebbero.
Ci sono anche disposizioni comunitarie, c'è il principio che la fauna è patrimonio di tutti e non soltanto di alcuni.
Il provvedimento che abbiamo votato in Commissione, a mio avviso è un punto di mediazione utile a procedere verso una gestione del patrimonio faunistico e non a riportare la caccia all'interno di strumentali contrapposizioni, che forse servono a spostare l'attenzione su questo problema da altre questioni più importanti e sicuramente di maggiore rilievo.
In questo senso le modifiche che sono state fatte, a mio avviso sono migliorative, non vanno nella direzione né di penalizzare la caccia né di penalizzare un patrimonio faunistico che trova sempre più difficoltà a riprodursi naturalmente in un territorio in cui gli ambienti idonei al ripopolamento spontaneo da parte della fauna sono sempre più aggrediti da tanti fattori (inquinamento, urbanizzazione, antropizzazione) e sempre più per mantenere questa attività venatoria si deve ricorrere a forme artificiali di ripopolamento che in passato sono state effettuate anche con assoluta imperizia scientifica. E' questo il caso del fenomeno dei cinghiali incrociati con i maiali, che ha visto nella nostra regione un fenomeno che ha assunto ormai aspetti estremamente problematici. Non abbiamo più la presenza di esemplari di fauna selvatica, ma ormai di un animale presente nei nostri allevamenti incrociato con un animale che non è mai stato presente nel nostro territorio perché questi cinghiali con cui i maiali si sono incrociati sono importati dall'est europeo, di dimensioni e caratteristiche genetiche completamente diverse da quelle che sono state presenti, in passato, in alcune parti del territorio italiano, forse neanche nel nostro territorio marchigiano ma è chiaro che gli animali possono estendere il loro areale di distribuzione. Quello che è avvenuto nella nostra regione è qualcosa di diverso da un fenomeno naturale, perché se andiamo ad analizzare il patrimonio genetico di questi animali ci accorgiamo che c'è ben poco del cinghiale e soprattutto c'è patrimonio genetico del maiale, anche se esteriormente l'animale si presente più simile al cinghiale.
Su questa vicenda c'è stata una grossa discussione, perché fino a ieri le Province potevano adottare a loro piacimento strumenti di controllo della presenza di questi animali, oggi il piano faunistico cerca di dare delle indicazioni più precise, più pregnanti, in maniera tale che si ponga fine a questa vera e propria invasione del territorio che sta provocando grandissimi danni alla nostra economia. I danni non sono quantificabili soltanto nell'entità degli indennizzi richiesti dall'azienda agricola, sono molto più grandi. Intanto questi cinghiali si sono spostati dalle loro aree vocate, hanno colonizzato delle zone in cui sono soltanto un elemento di disturbo e non sono un aiuto all'ecosistema. Alcuni dicono che il cinghiale è importante per il mantenimento della presenza del lupo nel nostro territorio, io dico che il lupo non popola le nostre aziende agricole, sta nelle montagne, quindi la presenza del cinghiale in territori impropri è utile solo a chi vuole trarre profitto da questa attività o vuole impropriamente e surrettiziamente riproporre delle forme di gestione del territorio esclusive per alcuni cacciatori rispetto ad altri. Quindi noi dobbiamo essere attenti, perché la caccia selettiva è un conto e la riserva di caccia che viene di fatto creata, permettendo solo ad alcune persone di abbattere il cinghiale anche al di fuori del periodo normale di caccia e i profitti che da questo si traggono, hanno messo in moto un meccanismo in cui ci sono soggetti che non hanno alcun interesse che la popolazione di cinghiali nel nostro territorio diminuisca, che il cinghiale ritorni nelle zone vocate e venga eradicato dalle zone agricole in cui provoca gravi danni, ma hanno l'interesse che anno dopo anno di cinghiale ce ne sia tanto, perché ogni cinghiale abbattuto vale più di un milione e con questa densità, specie in alcune province della nostra regione, in alcuni territori, ci sono veri profitti che si realizzano attorno a questa invasione del territorio da parte di questo animale che ben poco giova all'ecosistema e all'equilibrio ecologico, perché anzi è un soggetto di squilibrio ecologico. Io dico anche, a tutti i colleghi consiglieri, di fare grande attenzione, perché oggi il cinghiale sta devastando una delle ricchezze più importanti per il nostro territorio, la produzione di tartufi. Nel nostro territorio noi abbiamo più di 2.000 ettari di tartufaie realizzate con contributi regionali e comunitari nel corso del tempo: quando un cinghiale, che notoriamente si nutre di tuberi, trova un tartufo, lo individua con grande facilità. In passato si utilizzavano addirittura i maiali per raccogliere i tartufi. Quando abbiamo questi fenomeni dell'entrata di questi animali in tartufaie naturali e artificiali, non provochiamo un danno limitato alla produzione di quell'anno ma facciamo scomparire la possibilità che in quel territorio, in quella zona si continuino a produrre tartufi. In alcune tartufaie le produzioni di tartufo nero sono superiori a un chilo per pianta e in un ettari abbiamo anche 400 piante, quindi un solo cinghiale nel corso di un anno può fare un danno superiore alle somme che vengono richieste in un'intera provincia dagli agricoltori per i danni fatti alle coltivazioni vegetali.
Credo allora che dobbiamo avere grande attenzione a coloro che oggi non spingono con la forza di chi invece esercita la caccia nei riguardi del cinghiale, in particolare la caccia selettiva. Dobbiamo avere grande attenzione perché il Piemonte è in ginocchio, la tartuficoltura del Piemonte è in ginocchio propri perché si sono perse per tanti motivi — non per i cinghiali, per altri motivi — le condizioni ecologiche per il mantenimento del tartufo. Forse noi non ce ne siamo accorti, ma la nostra è la regione leader a livello nazionale nella produzione del tartufo, è l'unica in Italia che ha contemporaneamente grandi quantitativi di tartufo bianco e grandi quantitativi di tartufo nero pregiato. Questa posizione leader l'abbiamo conquistata grazie alla realizzazione di tartufaie che hanno permesso di moltiplicare la coltivazione del tartufo nero, mentre sul tartufo bianco abbiamo delle grandi difficoltà e a maggior ragione, se vogliamo mantenere questa condizioni regione in cui esistono il tartufo bianco e il tartufo nero, dobbiamo fare grande attenzione al controllo di una specie che mette in discussione la sopravvivenza della tartuficoltura, una delle principali fonti di reddito per le zone montane. Starei allora bene attento a rincorrere osservazioni ed emendamenti che fanno sì che non siano utilizzati, in questo momento, tutti gli strumenti atti a ridurre la popolazione di ibrido — chiamandolo "cinghiale" commetto una scorrettezza scientifica, faccio confusione anche dal punto di vista della comunicazione — e mi sembra che la Commissione avesse trovato una posizione di equilibrio che da alcuni emendamenti, anche del relatore, viene messa in discussione.
Però non voglio a tutti i costi difendere un'impostazione per la quale mi sono battuto, ma voglio difendere il risultato finale, voglio difendere la sostanza, quindi ritengo che rispetto alla proposta del relatore debbano essere fatti degli emendamenti, altrimenti rischiamo che il controllo non venga esercitato in quei luoghi dove il cinghiale è bene che sia allontanato, con la modalità dell'abbattimento, ma anche con la modalità delle catture, con le trappole e anche con la collaborazione delle aziende agricole, ma soprattutto manca nell'emendamento presentato dal relatore il fatto che noi dobbiamo intervenire anche nelle aree protette. Chi è a conoscenza del fenomeno sa che mentre noi effettuiamo qualsiasi forma di prelievo al di fuori del demanio e al di fuori dei parchi, i cinghiali si spostano in queste zone, quindi vanifichiamo questo intervento. In questo pano dobbiamo precisare che, nulla togliendo alla potestà delle Province di programmare e controllare, perché con il fenomeno delle trappole non si crei lo stesso meccanismo speculativo che avviene, in alcuni casi con il fenomeno dell'abbattimento con il fucile, fermo restando questo nelle zone del demanio e delle aree protette gli organismi di gestione procedano alle catture con i mezzi ecologici, cioè con le trappole, perché altrimenti rischiamo di far sì che questo problema non venga affrontato con serietà. A questo proposito ho presentato subemendamenti che tendono da una parte a meglio precisare che la Provincia deve redigere questi piani di cattura e deve attuarli in collaborazione con i conduttori dei fondi e contemporaneamente un pari impegno ci deve essere da parte degli organi che gestiscono le aree nelle quali la caccia al cinghiale non è possibile, il prelievo con il fucile non è possibile, ma è possibile, invece, la cattura di questi esemplari.
Credo che esistano tutte le condizioni per evitare intanto questo business che si è creato sul cinghiale e le cui ricadute sul resto dell'economia vengono sottovalutate, soprattutto se le misuriamo con i dati che ci sono stati forniti in Commissione da parte delle Province: lo strumento della cattura con le trappole è lo strumento principe. Caro Viventi, ho visto che hai presentato un emendamento che esclude l'uso delle trappole: devo dire che il tuo emendamento conserva lo status quo, la situazione attuale, dove il prelievo con il fucile non è stato in grado di contenere le popolazioni, quindi chi vuole mantenere lo status quo si assuma le responsabilità di fronte alle zone montane rispetto a chi invece vuole sperimentare, chi vuole mettere in atto tutti i sistemi — perché le trappole funzionano 24 ore su 24 e perché, al contrario delle squadre di abbattimento, che sono ristrette ad un nucleo molto circoscritto dei cacciatori — può moltiplicare le occasioni di cattura e contenimento. Rispetto, anche se non condivido, la tua posizione, collega Viventi, però la denuncio come fortemente inefficace e non la denuncio soltanto io, la denunciano tutti i soggetti interessati che sono esasperati dalla situazione attuale. Se questo Consiglio vuol andare avanti sulla strada di non rimuovere i problemi, di rinviare, questo è un terreno sul quale i verdi non ci stanno, avendo assunto su questa materia una posizione seria e responsabile, perché nella percezione collettiva c'è l'idea che i verdi vogliano difendere a tutti i costi qualunque specie presente nel territorio, invece noi vogliamo difendere un equilibrio ecologico che è stato stravolto e rispetto al quale, se si vuole intervenire, lo si deve fare con tutti gli strumenti, non soltanto quelli che fanno comodo ad alcuni settori che sono disponibili a barattare privilegi in cambio dei voti. E questo noi lo denunceremo. Come denunceremo la pericolosità di un uso generalizzato delle carabine nel territorio perché questo prelievo, se fosse esclusivo, non solo non sarà efficace, ma farà sì che il prelievo di questi animali con armi da guerra — perché le carabine sono armi da guerra — pericolose, con gittate molto più lunghe di quelle che vengono utilizzate oggi per la caccia, espone a un rischio serio tutti coloro che fruiscono delle zone montane. Quindi, se dobbiamo affrontare anche con questi strumenti la sovrappopolazione di cinghiale, lo si faccia ma per un tempo più breve possibile. Se pensiamo di statuire questa nuova forma di caccia e di prelievo dei cinghiali facendo ricorso a questo tipo di armi, credo che esponiamo a rischio tantissimi cittadini e non vorrei che domani ci dovessimo pentire di questo voto per gli incidenti che queste attività possono provocare nel territorio.
Ci riserviamo il voto su questo atto, anche in relazione alla chiusura di questa vicenda. Noi avremmo preferito che fosse confermato il voto finale sul testo approvato dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Istintivamente io sono contro le trappole, in qualsiasi modo intese, quindi ho presentato questo emendamento per questo motivo. Io dico: il cinghiale fa danni, consentiamo la caccia, la cattura del cinghiale nella maniera più tradizionale. Questa condizione di consentire agli agricoltori o a chiunque di mettere le trappole nel territorio non mi piace. Una volta ho visto di persona un coltivatore che aveva messo la gamba in una trappola. E' un modo che, istintivamente, non mi piace. Il mio emendamento vuol significare questo poi verrà accolto, verrà respinto. Non faccio mai guerre di religione su alcuna questione, però ritengo a questo punto che il discorso debba essere più ampio di quello del cinghiale, parlando di piano faunistico-venatorio.
Come vicepresidente della III Commissione ho partecipato attivamente alla stesura di questo piano. Debbo dire che non si può non apprezzare anche lo sforzo che la Commissione stessa e gli uffici hanno prodotto per regolamentare una situazione che obiettivamente non era nemmeno di facile interpretazione. Ci siamo trovati di fronte ad alcuni dati numerici rispetto al totale delle superfici che venivano utilizzate per definire questo piano, in cui crescevano i metri quadri per l'agro-silvo-pastorale, crescevano i metri quadri a disposizione per l'attività venatoria e crescevano i metri quadri per quanto riguarda le aree protette, perché ciò accontentava tutti.
Con una battuta avevo detto al collega Tontini "evidentemente le Marche sono diventate più grandi: da qualche anno a questa parte il territorio della regione Marche è cresciuto e quindi c'è più spazio per tutti". Era una battuta. Ritengo — questa è stata l'interpretazione che ho dato a me stesso e che si legge nelle pagine del piano — che i numeri precedenti, dai quali si partiva, non erano estremamente precisi, oggi con gli strumenti cartografici e tecnici a disposizione, si può essere molto più precisi di qualche anno fa, quindi ritengo che i dati di partenza fossero sbagliati, per cui, con un ricalcolo — debbo dare atto che il collega Tontini ha gestito la questione senza creare steccati o barriere preconcette — il dato di partenza è risultato inferiore e pertanto si è trovato più spazio per tutti. Il problema era quello del famoso 25% da destinare alle aree protette. Io ho proposto alcuni emendamenti e il collega Gasperi citava prima l'argomentazione che feci sulle distanze quando dissi "se sono 50 metri a destra ovviamente sono anche 50 metri a sinistra, quindi il totale fa 100 metri". Ho presentato un emendamento per questo, da considerare dappertutto, anche all'interno delle aree protette. Personalmente avevo fatto delle osservazioni quando venne approvato il Ptrap, dicendo "non è il caso di definirlo contestualmente al piano faunistico-venatorio? Perché si potrebbero dei doppioni di interpretazione". In effetti, se leggete la normativa che abbiamo approvato per il Ptrap, si stabilisce che il Ptrap definisce le aree per le quali c'è divieto di caccia, individua le tipologie di aree che considerava come territorio agro-silvo-pastorale, definisce la percentuale di territorio da destinare alla riproduzione.
E' chiaro che se il Ptrap stabilisce questo, il piano faunistico-venatorio ha forse minore valenza o quanto meno si crea un doppione legislativo in questo senso. Allo stesso tempo, nel momento in cui si stabilisce il numero di metri quadri da destinare ad aree protette, essendo l'oasi di Ripa Bianca un'area protetta, andava ricalcolata all'interno di questo numero, altrimenti noi approviamo un piano, prima ancora viene approvato un atto che può incidere in percentuale sui territori che sono oggetto di definizione da parte del piano, è chiaro che si creano degli squilibri dal punto di vista contabile. Saranno le Province a risistemare questi squilibri? Non lo so, me lo domando, ma sicuramente noi non volevamo strumentalizzare la questione dell'oasi di Ripa Bianca. Quando a nome del gruppo proposi di soprassedere alla sua istituzione e farla venire dopo l'approvazione del piano faunistico-venatorio, lo dicevo non per strumentalizzare la questione ma per un fatto logico che ci ritroviamo oggi qua: se il piano faunistico-venatorio dice 25%, avendo istituito un'oasi in più domando: era previsto o no? Andiamo fuori da questo 25% che per legge noi stessi abbiamo stabilito o no? Ecco che si pone subito il problema. Capisco che il collega Moruzzi è comunque contento anche se si supera il 25%: lui coerentemente, dal suo punto di vista fa bene a fare questo ragionamento.
Io non sono preconcetto contro aree, parchi, perché credo che servano anche questi in alcune parti del nostro territorio e siano cose ben fatte in alcune situazioni, quindi parlo con molta libertà di pensiero, però se noi votiamo una legge e stabiliamo dei limiti, sia che noi siamo favorevoli o contrari questi limiti bisogna rispettarli, altrimenti facciamo un lavoro inutile, perché votiamo una cosa e poi siamo i primi a disattenderla, con nostri atti amministrativi e questo non va bene, sia dal punto di vista dei cacciatori sia dal punto di vista degli ambientalisti.
Questo è il concetto che volevo esprimere in generale sul piano. Poi ci sono degli emendamenti. Cito il primo da me proposto, alla premessa, perché credo che sia corretto dire che "il piano faunistico-venatorio è parte sostanziale della pianificazione territoriale e la sua valenza per il territorio extraurbano non può essere disattesa da strumenti di pianificazione. La Regione fissa annualmente i fondi occorrenti per l'attuazione". Questo per dire che, altrimenti, con il Ptrap si creano delle situazioni di possibile conflitto di competenza sulla materia. Quindi stabiliamo che per questo è competente il piano faunistico-venatorio. Credo che siano proposte logiche, sensate, come quella dei 50 di cui parlavo prima: se diciamo 50 metri a destra e 50 metri a sinistra, per forza diventano 100.
Quindi i miei emendamenti sono molto razionali, tendono, secondo me, a perfezionare questo atto. Il voto del nostro gruppo dipenderà anche dall'accettazione di questi emendamenti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Credo che questo piano sia estremamente importante, non mi sento di condividere le affermazioni che faceva il collega Gasperi relativamente al fatto che il piano è falso, che non risponde alle norme vigenti ecc. Credo che queste affermazioni non siano condivisibili. E' stato fatto un lavoro importante all'interno del piano, sapendo che parliamo dell'attività venatoria, un'attività estremamente delicata, molto importante, che fa parte della nostra cultura, della nostra storia, però coinvolge una serie di soggetti, va rispettata l'attività venatoria e va anche rispettata, nel modo più assoluto, la tutela della fauna, dell'ambiente, gli agricoltori. E' una materia molto complessa che ha bisogno di tanto equilibrio e io credo che tutto sommato il piano questo equilibrio lo contenga, pertanto credo che il lavoro fatto, prima dalla Giunta e successivamente dalla Commissione, possa essere considerato una risposta equilibrata a tutte queste esigenze. D'altronde, nelle audizioni abbiamo ascoltato le opinioni di tantissimi soggetti, non abbiamo escluso alcuno, abbiamo ascoltato l'opinione delle associazioni venatorie, dell'Infs, abbiamo ascoltato le opinioni delle associazioni ambientaliste, degli enti parco, degli Atc, delle organizzazioni agricole, di Anci, Upi e Uncem. E' stato fatto un grosso lavoro. Peraltro la Commissione aveva già iniziato sulla questione più delicata, quella del surplus di presenza di cinghiali, con i danni che questi provocano, un lavoro con le associazioni agricole e con il mondo venatorio attorno a queste questioni e ovviamente sono venute delle osservazioni, delle richieste di emendamenti, ma anche dei consensi complessivi al lavoro che già era stato fatto relativamente alla elaborazione, del piano, pertanto non mi sento assolutamente di dire e credo non risponda a verità, che la elaborazione che era già stata fatta dalla Giunta e gli emendamenti poi della Commissione non siano conformi al rispetto delle norme vigenti di legge, la 7/95 regionale e la 257 nazionale del 1992. Credo che il piano è assolutamente all'interno di questi principi, come deve essere, non può essere diversamente, ma credo che nella sua sostanza tenda a dare risposte alle esigenze complessive.
La Commissione, anche alla luce delle osservazioni che ci sono state ha prodotto degli emendamenti. Non dico che è stata capace di rispondere alle esigenze o alle opinioni di tutti, perché la materia è così vasta e complessa, che difficilmente si avrà un consenso unanime sempre. Credo che comunque ha prodotto una risposta adeguata alla complessità del problema, alla delicatezza dello stesso e all'importanza che l'attività venatoria e la tutela della fauna hanno all'interno di questo ragionamento. Così anche per quanto riguarda i calcoli delle aree protette e non, cacciabili, ecc.
E' stato fatto un buon lavoro. Peraltro il piano non risponde a tutte le esigenze che abbiamo registrato nelle audizioni, perché nelle audizioni sono venute fuori anche opinioni che non trovano risposta all'interno del piano. Alcune risposte si troveranno nella fase di attuazione del piano provinciali, con il consenso, il coinvolgimento di tutti i soggetti a livello provinciale che verranno attivati. Altre risposte verranno dalla modifica della legislazione. Alcuni quesiti che sono stati posti in Commissione vanno affrontati rivedendo la legislazione regionale, ammodernandola, rendendola più adeguata. Ci sono già proposte di legge in Commissione, lavoreremo anche in questo contesto, cercheremo di trovare anche lì i massimo di equilibrio, ma credo che alcune delle questioni poste in Commissione non possono che trovare risposte dalla modifica della legislazione regionale. Altre risposte vengono dal bilancio: quando si parla di questioni finanziarie, il piano non può affrontarle; le questioni finanziarie le affronta il bilancio regionale, pertanto, eventualmente, nell'ambito della discussione e votazione del bilancio dobbiamo tener conto di questioni che sono state sollevate, per esempio, dagli Atc o da altri soggetti che facevano notare come le risorse per remunerare i danni da fauna a cose e a colture erano inadeguate, quindi alcune questioni le dovremo affrontare in altri ambiti. Il piano dà degli indirizzi ai soggetti attuatori — in questo caso le Province — per realizzare i piani provinciali e dare delle risposte conformi alla legge in vigore. Pertanto c'è questo problema di cui parlavano il collega Moruzzi, Tontini nell'introduzione, che hanno sollevato anche le associazioni agricole: preoccupazioni relativamente ai danni da questo surplus di presenza di cinghiali anche in aree non vocate a questo tipo di fauna, pertanto è ovvio che il lavoro che dobbiamo fare è quello di riportare equilibrio sul territorio, evitando il più possibile danni alle colture, in particolare a quelle pregiate. E' ovvio che non può essere che un'attività come quella venatoria possa andare a discapito di quella produttivo-agricola. Non è questo lo spirito del piano, non può essere accettato da questa maggioranza, non può essere accettato da questo Consiglio, però ci sono tutti i presupposti per fare un buon lavoro.
A mio avviso va dato un voto positivo, è necessario che approviamo questo piano in modo che si possa lavorare sui piani provinciali. Il giudizio di merito lo possiamo dare nel momento in cui andiamo a dare attuazione al piano stesso, altrimenti è un dibattito teorico, ideologico e sarebbe sbagliato fare un dibattito ideologico su questioni così importanti e delicate, credo che bisognerebbe fare un dibattito di merito e verificare nella fase attuativa. Siccome il piano è 2003-2008, non escludo che fra uno o due anni, nella fase attuativa, si verifichi la necessità di un suo aggiornamento. La programmazione anche triennale o quinquennale non esclude aggiornamenti ove si verificasse che delle questioni vanno modificate. Questo è l'impegno che possiamo prendere: diamo attuazione a questo piano, verifichiamo se è in grado di rispondere alle esigenze complessive che attorno all'attività venatoria e alla tutela della fauna vi sono; qualora questo non avvenisse, deve essere impegno di questo Consiglio ritornarci sopra, discutere e apportare gli aggiustamenti che dovessero essere necessari. Credo quindi che si debbano mettere le Province in condizioni di elaborare i piani provinciali, quindi dare la risposta attesa da tempo, cioè approvare questo piano stesso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Come è noto, in questi ultimi mesi la Regione Marche ha collezionato un record: quello di impugnazioni e censure da parte della Corte costituzionale per l'eccessiva originalità normativa che sembra ispirare questa Assemblea, sicché dall'elettrochoc a "todos caballeros", alias la legge su noi deputati, la legge sul commercio e quant'altro, esiste questo problema. Però dico a questo punto al Presidente D'Ambrosio: non ti devi preoccupare, perché in realtà le sentenze della Corte costituzionale per la Regione Marche non contano nulla. Non voglio rientrare ora sulla polemica e sul dettaglio che è stato professionalmente ottimamente descritto sia da Gilberto Gasperi che da Luigi Viventi, sulla questione dell'ettaraggio, della percentuale sottratta inibita alla caccia. E' un dato: questo atto, così come predisposto reca elementi diametralmente opposti alla sentenza della Corte costituzionale 448 del 1997, come dimostra il fatto — non voglio chiosare su aspetti critici o argomenti personali — che applica esattamente la tesi del Wwf che è uscito sconfitto dalla sentenza. Il Wwf dice "nella percentuale di territorio da proteggere debbono essere incluse soltanto le aree idonee a consentire la sosta e la riproduzione della fauna selvatica, escludendo tutte quelle aventi natura marginale e residuale (fasce di rispetto, vie di comunicazione, insediamenti aeroportuali). Ha ragione il Wwf e non l'augusto dettato dei proff. Corassaniti, Granata, Fruscella e quant'altri. Questo è un atto illegittimo, non credo che sia opportuno più entrare in questi elementi, ci riserviamo di fare un ricorso al Tar perché nella formulazione furbesca della pianificazione relativa alla superficie c'è una chiara contrarietà rispetto al disposto dell'art. 10 della legge 157/92. Su questo non entro più, perché è talmente evidente che la mediazione in realtà è stata fatta in dispregio della normativa validata dalla Corte costituzionale, quindi non c'è più niente da dire. Da questo punto di vista credo che quella grande attesa di piano faunistico-venatorio che pure c'è, esiste, si solleva da parte degli Atc, delle associazioni ambientaliste come venatorie, rischia di essere vanificata da questo dato, un dato che però, proprio in materia di caccia ma non solo, ci induce, senza voler essere per forza retorici o necessariamente filo-cacciatori, a dire che in realtà è curioso il destino dell'operatore faunistico, del cacciatore delle Marche, il quale è soggetto di doveri, ma per quanto riguarda la sua titolarità di diritti mi sembra abbia più di un motivo per lamentarsi del fatto, ad esempio, che l'art. 41 della legge 7/95 — anche questo sembra essere un refrain forse estenuante ma pure esiste questo problema grandioso — che prevede una ripartizione precisa delle risorse incamerate dalla Regione per effetto del pagamento della tassa regionale da parte di quasi 35.000 cacciatori marchigiani, questo disposto è stato tranquillamente cassato di fatto per effetto di un articolo della finanziaria del 1998 che stabilì con precisione che quella norma, di fatto, non avrebbe prodotto che effetti che, pure, una legge regionale ossequiosa di quella dello Stato, aveva stabilito. L'art. 41 stabilisce che i proventi che derivano dal pagamento della tassa regionale versata annualmente dai cacciatori debbano essere distribuiti in ragione del 65% alle Province, 25% per le funzioni del settore caccia della Regione e 10% alle associazioni venatorie. Non stiamo parlando di bruscolini: nel solo 2001 i quasi 35.000 cacciatori delle Marche hanno versato nelle casse dell'erario regionale qualcosa come 5 miliardi, ma a fronte di quella modulazione che pure era prevista dall'art. 41 della legge 7, solo il 45% è stato utilizzato e versato in ragione di quella ripartizione, che pure questo Consiglio regionale aveva stabilito. Per il resto, visto che il cacciatore è buono quando paga le tasse, è meno buono quando invoca la tutela non tanto dei propri diritti ma di una legge posta erga omnes, almeno apparentemente a beneficio di tutti e votata da questo Consiglio regionale, il discorso vale meno: il cacciatore riassume le sembianze di colui che vilipende tutto e tutti, l'ambiente, il dio Tor, Odino, chi più ne ha più ne mette, in nome di questo irenismo che impera sempre più e che pure deve trovare almeno il coraggio di consacrarsi in una norma. Togliamola, se a questo punto dobbiamo sempre stabilire che certi precetti, che pure hanno validità formale, non l'hanno dal punto di vista sostanziale.
Non voglio avvelenare la polemica oppure degradarla a un fatto economico ma il discorso va pur fatto e va fatto soprattutto per quanto riguarda la questione dei cinghiali.
Sono contento che ora anche i verdi si rendono conto di quale pernicioso fenomeno sia rappresentato dai cinghiali, sono molto meno contento quando si nasconde la verità che soprattutto nelle parti meridionali della nostra regione si cela dietro il proliferare di cinghiali. I cinghiali, per chi li conosce e per chi li caccia, sono animali talmente astuti, che escono di notte e fanno le loro razzie di funghi e tartufi, ma poi rientrano nelle zone protette, nelle zone parco, rientrano sempre e comunque difesi da una normativa che non consente di poterli andare a prendere lì dove vivono, prosperano e prolificano. Quindi, se noi usiamo accenti così accalorati ed enfatici per tacciare i cinghiali delle colpe che meritano, è altrettanto vero che dobbiamo fare un certo grado di autocritica, perché in nome del fondamentalismo ambientale si è creato comunque il "brodo di coltura" o meglio la prateria. Allora, oggi i verdi scoprono le trappole. Qui c'è anche da chiarire una cosa sulle gabbie, perché il cacciatore non va bene se, come pure, nel parco dei Sibillini, viene munito del patentino di selettore e abbatte i cinghiali. No, lasciamo la gabbia. Allora c'è un solo esempio di gabbie nel territorio regionale: nel territorio di Acquasanta Terme per effetto di un provvedimento dell'ente parco Gran Sasso-Laga che ha permesso la realizzazione delle gabbie. Ebbene, in queste gabbie, con buona pace degli ambientalisti sono soliti cadere non solo scrofe gravide, cinghialetti striati perché la gabbia, evidentemente, non fa selezione, ma capitano i cerbiatti, i daini, in nome di una cattura quantitativa e non qualitativa, che dovrebbe fare specie, questa sì, ai verdi, che non possono, ora, pensare di difendere il tartufo non difendendo il daino, il cerbiatto il topolino e tutto quello che entra indiscriminatamente nelle gabbie. Allora vogliamo dire, o no, che c'è una profonda contraddizione dietro la quale si cela probabilmente anche un motivo economicistico? Lo diceva Marco Moruzzi: un cinghiale vale circa un milione. Io ho fatto un breve conto che è dietro quella che potrebbe essere la speculazione delle gabbie e delle trappole. Sappiate che un cinghiale vale da 15 a 20.000 lire al chilo, mediamente pesa 80 chili, i 10.000 capi che si stima abbattuti nella regione Marche hanno prodotto un reddito di 12 miliardi. Allora, i verdi forse vogliono pensare alle gabbie perché credono di rimpinguare le proprie esangui casse? Quali saranno e quali potranno essere i metodi di gestione di qualcuno, magari di associazioni ambientaliste che rincorrono, finalmente, la eutanasia del cinghiale, la "morte dolce", quella delle trappole che non è dolce ma tutt'altro che dolce? Allora diciamocele tutte: la trappola è uno strumento di risposta al problema del sovraffollamento dei cinghiali inaccettabile per ragioni etiche ma anche e soprattutto perché non consente un adeguato discernimento di ciò che nella gabbia entra senza che si possa pretendere dai cerbiatti, dai cinghialetti o dalle scrofe gravide di poter leggere il cartello "non entrare, divieto di accesso", perché sono tanto intelligenti, ma non arrivano a questo punto.
Andiamo finalmente a sfatare il tabù che in qualche misura qualche ente parco ha sfatato, consentiamo ai cacciatori di cinghiali di fare la caccia di selezione, ma non in nome, come è accaduto nell'ente parco dei Sibillini, di privilegiati selettori che, magari, amici degli amici, sono titolari della funzione di abbattimento, ma una volta tanto, visto che la legge non lo esclude, visto che la legge consente questa facoltà anche ai consigli direttivi del parco, consentiamo innanzitutto che possano essere gli stessi fautori della caccia al cinghiale, gli appassionati ad essere autorizzati, con tutte le cautele del caso, con tutte le garanzie per l'ecosistema, ma delle due l'una: se oggi, come ci dice Moruzzi, l'ecosistema è vilipeso, pregiudicato, messo anche in forse sotto il profilo del rientro economico, visto l'importanza sociale, economica della tartuficoltura, della funghicoltura e quant'altro, allora troviamola questa mediazione degli interessi, abilitando squadre selezionate sì, ma in nome di principi evidentemente trasparenti e garantiti per tutti, di fare quello che chiedono di fare e a quel punto, mirabilmente, si potrebbe sintetizzare in un'armonia imprevedibile, l'esigenza di praticare la caccia da parte dei cinghialai e l'esigenza di contenere questo fenomeno, stando attenti anche a quell'aspetto economico, perché noi abbiamo fatto anche un emendamento che qualcuno può considerare demagogico, ma nel caso in cui le politiche di abbattimento del cinghiale, di riduzione del sovraffollamento ostino e debbano portare alla vendita delle carni macellate ci vuole attenzione, molta attenzione ad evitare speculazioni economiche e finanziarie. Per questo abbiamo proposto che la vendita di queste carni venga devoluta per l'esercizio delle finalità proprie di attuazione del piano faunistico e più in generale della legge 7 del 1995. Bene quindi fanno i miei colleghi ad anticipare un voto negativo su un atto che è illegittimo, non dà una seria risposta a un problema come quello dei cinghiali, ma soprattutto rappresenta la classica montagna che ha partorito, sarebbe il caso di dire, "il cinghialino".

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Alcune brevi considerazioni rispetto ad una discussione abbastanza lunga, per certi versi strumentale, perché i richiami fatti dagli esponenti del centro-destra rispetto alla eccessiva fantasia della regione marche in tema di legislazione sono del tutto fuori luogo, sia perché le Marche producono leggi all'interno della normativa, in secondo luogo perché voi dovreste guardare a casa vostra, nel senso che a livello nazionale state producendo una legislazione che modifica, stravolge la costituzione, stravolgono, le vostre leggi, i rapporti corretti tra diverse istituzioni e non è un caso che il separatista e razzista Bossi sia un vostro ministro.
Il piano faunistico-venatorio è un atto di programmazione e pianificazione regionale e non parla solo della caccia. E' chiaro che l'attività venatoria assorbe gran parte della discussione odierna, sia per quello che prevede, sia anche per le storiche contrapposizioni tra le diverse sensibilità. Tuttavia, a mio modo di vedere questo atto amministrativo, a differenza del passato, anche grazie ai nuovi strumenti tecnologici ed informativi — da questo punto di vista credo che vada sottolineato il lavoro del servizio preposto della Giunta regionale, che ha svolto una ricognizione seria — legge meglio la realtà, descrive le aree inibite alla caccia, che solo una lettura strumentale del piano medesimo dice che sono minori rispetto alle attuali e a quelle precedenti, perché in realtà in precedenza molte zone di rispetto — strade, abitazioni, industrie, agglomerati ecc. — erano già vietate alla caccia dalle leggi nazionali e regionali, ma non codificate con precisione nel piano faunistico, perché non avevano un riferimento, né numerico né di distanze così preciso come oggi. Quindi il piano proposto si muove sulla base della normativa nazionale e prevede una declinazione attuativa con tutti i soggetti, in primo luogo con le Province, perché esse, insieme alla Regione che programma, sono uno degli attori principali della nuova politica di tutela e utilizzo della fauna e del territorio. In particolare la discussione si è incentrata su un punto molto delicato come la cattura dei cinghiali e dei derivati. Oggi queste specie costituiscono un grave danno alle colture e alla incolumità delle persone sulle strade. Fermo restando la proprietà pubblica e statale, quindi l'indisponibilità per alcuno degli animali, dare la possibilità agli agricoltori di catturare, se non è stato retorico e strumentale tutto il discorso sui danni fatto da più parti, con regole certe, molto rigide, con il controllo in primo luogo e con la possibilità di dare autorizzazioni da parte delle Province, ritengo sia un fatto positivo vista la mole dei danni e non credo che ciò alteri il rapporto e l'equilibrio con i cacciatori o con le squadre preposte.
Il piano è un atto di programmazione e di pianificazione e quindi non è un atto di esecuzione di regole precise nei minimi particolari. Saranno le leggi a dare attuazione del piano medesimo, sarà una modifica che deve essere fatta in tempi brevi, della legge regionale. Si sta discutendo della riforma nazionale della legge sulla caccia, sulla fauna e sul territorio, quindi in quella discussione dovremo prevedere anche la risoluzione di quei problemi che sono stati posti in maniera impropria con alcuni emendamenti.
In conclusione possiamo dire che, seppure in una fase di modificazione istituzionale molto forte e di un attacco a volte disgregativo da parte del Governo nazionale, con rigurgiti e sussulti neo-centralisti, questo piano dà una risposta, o meglio cerca di dare una risposta al problema e va visto non come un totem ma come un atto di tipo sperimentale che, come qui veniva detto anche dal presidente della III Commissione, può essere rivisto in corso d'opera, perché dobbiamo prevedere flessibilità degli atti, delle leggi, dei piani e non delle persone.
In questo senso il gruppo dei Comunisti italiani darà il proprio voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Quando ho visto che l'ordine del giorno ci chiamava a discutere il piano faunistico-venatorio regionale a febbraio, sono rimasto un po' colpito. Lì per lì pensavo "ci toccherà litigare", perché sulla scorta di quello che eravamo detti non più tardi di tre settimane fa in occasione del voto sulla trasformazione dell'oasi di Ripa Bianca in riserva, il Consiglio avrebbe proceduto in sede di piano faunistico-venatorio a conformare lo strumento normativo agli atti amministrativi illegali che nelle more aveva adottato con il Ptarp e con la riserva.
Mi riservavo di segnalare al competente organo di giustizia amministrativa, che la maggioranza consiliare ha certamente i potere di fare le leggi che vuole, poi quando ha fatto le leggi fa dei provvedimenti amministrativi che rispettano le leggi, non ha, viceversa, il potere di vincolare il Consiglio regionale, perché il Consiglio regionale è un'istituzione che prescinde dalle nostre insigni persone, per cui non si può dire "faccio un atto amministrativo che non rispetta la legge, mi cambio la legge a piacimento essendo maggioranza".
Pensavo che poi lo avreste effettivamente fatto nelle poche settimane che sono passate. Mi ha sorpreso vedere che la maggioranza si contraddice in maniera banale ed evidente nel volgere di pochissime settimane.
Dico questo perché i colleghi hanno appuntato tutti quanti le loro critiche sulla questione del rapporto fra nuovo piano faunistico-venatorio e la arcinota 448 della Corte costituzionale che non è un giudice, è chiamata "il giudice delle leggi", quella che valuta se tutte le leggi, anche le nostre, sono o non sono rispettose dell'esistente. Prima ancora che venisse modificato il titolo V era stato chiarito dal giudice delle leggi, che la quota di riserva del 20% era vincolante, salva la facoltà delle Regioni, con atto normativo faunistico-venatorio, di modificare o incidere su tale limite.
Quando avete, a mio avviso impropriamente detto, alcune settimane fa, approvando quell'atto contrastante con il piano faunistico-venatorio oggi ancora vigente, che avreste modificato la legge, pensavo che questo avreste fatto. Non è accaduto, perché basta vedere il testo sottoposto all'approvazione del Consiglio per rendersi conto che non viene inserita una diversa limitazione o quantificazione, si ripropone solo l'individuazione, peraltro respinta dal "giudice delle leggi", in ossequio alla logica e alla sintassi, con la conseguenza evidente di condannare alla bocciatura dal Tar delle Marche, l'atto che avete licenziato tre settimane fa per Ripa Bianca di Jesi, destinare all'impugnazione avanti al Tar i quattro piani provinciali venatori, che ovviamente saranno impugnati da chiunque, cacciatore, voglia avere il rispetto della legge, perché se è vero che le leggi regionali hanno dichiaratamente il potere di discostarsi e rideterminare i limiti previsti dall'allora normativa della 157, è altrettanto evidente che se non lo fanno quei limiti valgono.
In termini di tecnica legislativa è stato fin troppo semplice dire "il limite dell'area comunque sottratta all'attività venatoria, non può eccedere il 10% per i parchi, le oasi, i ripopolamenti e il 10% per ogni altro tipo di superficie comunque sottratta". Nessuno avrebbe potuto ridurre le superfici delle autostrade, delle città, si faceva una scelta normativamente chiara e possibile. Evidentemente vi è mancata la forza politica, la compattezza. Avrete avuto forse paura delle fucilate dei cacciatori di Arcicaccia: la scelta chiara non è stata fatta, si fa un provvedimento illegale. Mi stupisco ulteriormente, perché quando a dicembre e poi a gennaio vi dicemmo "la logica, i vostri uffici, la Corte costituzionale, ultimi noi dicono che dovete aspettare il piano faunistico", meglio avreste fatto a far procedere le cose nell'ordine che logica e legge suggerivano.
Capisco le difficoltà di compattezza sulla scelta della maggioranza, capisco anche le preoccupazioni per le fucilate dei cacciatori di Arcicaccia, perché in effetti su questa vicenda della sostanziale impossibilità di praticare l'attività venatoria nelle Marche, ho sensibilizzato alcuni colleghi cacciatori per il fatto che con questo ulteriore passaggio veniva sempre più mortificata la pratica venatoria nella regione Marche, ebbene vi posso dire che agli avvocati cacciatori o comunque agli "abbienti" cacciatori, di quello che facciamo noi qui non importa niente, perché nessuno più viene a cacciare nelle Marche, ma vanno in Finlandia, in Estonia, nei Balcani, spendono i 4-5 mila euro e si divertono molto di più.
Al di là di questa fascia di privilegiati, ci sono poi decine di migliaia di cacciatori marchigiani che non si possono permettere una modalità di esercizio del loro hobby, del loro sport, dicono, così dispendiosa ed effettivamente sono quelli che vengono mortificati da questo tipo di scelte. Io sono rimasto indietro, ricordo che un tempo eravate comunisti, particolarmente attenti alle problematiche dei meno abbienti, quindi sono un po' colpito perché mi pare che in questo modo si punisce coloro che di fatto, per censo od altro vengono estromessi da una pratica che diventa, grazie a questo tipo di politica, una cosa riservata ai ricchi e agli abbienti.
Non entro nel merito del provvedimento rispetto al quale esprimo voto contrario. Sugli emendamenti a mia firma, vorrei prendere le distanze dal quarto, quello relativo alla cattura con trappole, perché oggettivamente il problema dei cinghiali va affrontato con qualche strumento tecnico e culturale nuovo.
La questione dei cinghiali è stata finora sottovalutata, io mi sono reso conto di che cosa era quando, per lavoro, mi trovavo a Fabriano con una collega e si parlava di questo problema dei cinghiali proliferanti in un'assemblea. Io abito ad Ancona, lei a Milano, quindi in una metropoli, pensavamo che ogni tanto qualche cinghiale scappava fuori. Il nostro ospite ci ha portato su un cocuzzolo in Arcevia e al tramonto, senza sforzo si contavano 50-60 cinghiali in un giro d'occhio. Oggettivamente il danno alle colture è enorme, ci sono una serie di sentenze dei giudici di pace, dei tribunali di primo grado in Umbria, in Toscana, che chiariscono che lo Stato, proprietario per legge del patrimonio faunistico-venatorio e, per delega, Regioni e Province, devono risarcire i danni arrecati, per cui il problema richiede una regimentazione e un controllo. Mi è stato spiegato che la trappola è una misura necessaria: in primo luogo risponde a una logica, perché l'agricoltore che si trova davanti a 50 cinghiali che devastano il suo campo, ha il danno maggiore del grande affollamento, almeno se ne cattura 2-3 li rivende. Io non sono cacciatore, non sono agricoltore, faccio un altro mestiere, vorrei spendere una parola in favore della terza lobby coinvolta nella questione: sono un consumatore di carne di cinghiale che mi piace molto, mi hanno spiegato che il cinghiale ucciso a fucilate è di pochissimo pregio sul mercato perché va macellato per dissanguamento, quindi va catturato. E' vero però quello che diceva il collega Castelli, che la cattura dovrebbe avvenire con modalità non distruttive per l'animale che, catturato, non deve essere consumato, perché effettivamente la trappola cattura anche l'esemplare femmina, gravida, il cinghialetto, quindi dovrebbe essere limitata a uno strumento che consenta di liberare l'animale catturato non macellabile, senza che abbia riportato danni che gli impediscano la sopravvivenza nell'ambiente libero.
Credo che questo tecnicamente sia possibile, il problema è lo strumento che rompe le zampe. Credo che sia possibile utilizzare trappole incruente che consentano poi di selezionare, dopo la cattura, l'animale che finisce a vantaggio della terza lobby cui accennavo prima e l'animale che invece ritorna all'ambiente naturale.
Credo che uno sforzo in questo senso, in sede di autorizzazione, con la collaborazione con le associazioni agricole vada fatto. A volte le squadre per la cattura di cinghiali sono composte da 50-60 persone che calpestando i fondi, arrecano danni alle colture molto rilevanti. Quindi credo che l'esigenza degli agricoltori vada considerata. Sull'emendamento del mio gruppo, che pure ho firmato, penso che mi asterrò. Richiamo però l'attenzione del Consiglio, affinché l'uso della trappola, se verrà mantenuto nel testo proposto con il nostro emendamento, venga subordinato a strumenti che consentano la non mutilazione degli animali non destinati alla macellazione dopo la cattura.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il relatore Tontini.

ROBERTO TONTINI. Alcune note credo debbano essere riprese dopo alcuni interventi, in particolare quello del collega Gasperi relativamente ad alcune affermazioni fatte sui dati, sulla pianificazione ecc.
Mi pare che il piano su questo sia chiaro, relativamente alla veridicità dei dati. C'è proprio un'osservazione di fondo che il piano fa, relativamente al calcolo precedente sui dati Istat, che sono quelli ai quali di nuovo fa riferimento, riportando i dati del 2000, Gasperi, che non sono corretti rispetto all'individuazione dell'agro-silvo-pastorale, in quanto, essendo dati relativi al piano agricolo, tengono conto solo di parte del territorio, in particolare di quello adibito all'utilizzazione agricola, quindi il seminativo, non tengono conto degli specchi d'acqua, delle aree boscate pubbliche, delle zone rocciose, di tutta una serie di territori che diversamente sono soggetti alla pianificazione faunistico-venatoria. Questo è il dato, non ci sono dati falsi, ci sono diverse interpretazioni. l'agro-silvo-pastorale e la superficie soggetta alla pianificazione faunistico-venatorio non possono prescindere da quei terreni. Ecco perché escono fuori gli ettari così come vengono ridefiniti: sono gli ettari sui quali vanno istituite e applicate le percentuali previste dalla legge. Questo riguarda tutte le province, all'interno delle quali va mantenuto il rispetto di quelle percentuali, per cui i provvedimenti che vengono fatti di varia natura e di vario tipo, comunque non debbono superare il 25% e la tendenza deve essere quella del riequilibrio, rispetto al quale il piano dà delle indicazioni chiare alle Province.
Richiede una ulteriore specifica la discussione sui cinghiali, che credo in generale essere, insieme a tutta la fauna selvatica di questa nostra regione, un patrimonio di questa nostra regione, che come tutta la fauna in generale può creare alcuni danni alle colture o all'agricoltura, ma non soltanto i cinghiali, tutta la fauna selvatica, ma siamo in presenza di un patrimonio faunistico importante per la nostra regione che, come tutta la fauna, deve essere soggetto a pianificazione che ne garantisca la densità territoriale in base al principio della sopportabilità che un territorio può avere rispetto al cinghiale. Per capirci, una zona boscata può avere una sopportabilità di un certo numero di cinghiali, una zona agricola può avere una sopportabilità di altra natura rispetto ai cinghiali. Su questo la legge attribuisce forme e modi chiari per il controllo, che sono l'abbattimento e la cattura. La cattura prevede le trappole, il problema è come si usano. La legge attribuisce questo ruolo, questa funzione alle Province che hanno questo compito. Sulla base delle indicazioni generali che noi diamo come Regione, le Province attuano, nelle forme e nei modi che si evolveranno anche secondo le indicazioni che stanno venendo e anche secondo le modificazioni che la fauna sta avendo nei nostri territori. Badate bene, non è solo il cinghiale frutto di inserimenti non autoctoni, c'è proprio un cambiamento della natura, del territorio della nostra regione, con la diminuzione dell'agricolo e all'aumento del boschivo, per certi versi, che comporta l'aumento degli ungulati in generale, perché siamo in presenza di un fenomeno di aumento dei cervidi, dei caprioli, dei daini.
Quello che abbiamo fatto rispetto anche alle osservazioni che ci vengono dalle Province, l'altra istituzione deputata alla gestione faunistico-venatoria, che ha un compito più diretto di gestione e di controllo della fauna, credo sia un equilibrio importante che va nella direzione di mantenere quell'equilibrio di fondo tra tutti gli istituti, che credo non debba e non possa essere alterato.
Da ultimo la sentenza della Corte costituzionale. Siamo in presenza anche di una seconda sentenza data sul piano faunistico-venatorio della Campania che viene bocciato anche in merito al discorso dei 50 o 100 metri. L'interpretazione che viene data dalla sentenza è chiara: non può essere fatta confusione fra i 50 metri di rispetto dalle strade, che sono i 50 metri consentiti per la caccia, e i 100 metri che invece la legge attribuisce come distanza massima della linea diretta di tiro, nel senso che la legge dice che dopo i 50 metri si può cacciare, dopo i 100 metri in direzione delle case o delle strade si può sparare, che sono due elementi differenti. Su questo mi pare che il piano faunistico-venatorio abbia un'interpretazione chiara e altre interpretazioni rischiano di non cogliere quello che la legge recita.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Agostini.

LUCIANO AGOSTINI. Sarò brevissimo nel merito della discussione che si è sviluppata in Consiglio e che è stata pertinente, una discussione che ha visto un'articolazione molto spinta e di questo non posso che compiacermi. Voglio solo far rilevare alcuni dati politici, nel senso che il piano faunistico-venatorio è stato atteso, la cui approvazione sarà salutata con soddisfazione dal mondo venatorio, da parte degli agricoltori e delle associazioni agricole e ritengo anche da parte delle associazioni ambientaliste. Il lavoro che la maggioranza sul piano politico ha fatto non è, come veniva impropriamente detto da alcuni consiglieri della minoranza, la compatibilità di una mediazione tutta politica. Credo che i punti di vista portati all'interno del piano da parte dell'intera maggioranza siano serviti ad arricchire il piano stesso, a renderlo completo sotto tutti i punti di vista e non squilibrato. Ricordo che quella dell'esercizio venatorio in particolare, è una delle materie più delicate e può essere tanto più forte quanto più si è in equilibrio tra i punti di vista dei cacciatori e delle associazioni ambientaliste.
Questo piano noi abbiamo voluto non rigido ma flessibile, proprio perché le azioni che si innesteranno al suo interno possano avere una loro modificazione nel corso del tempo ed essere più rispondenti alle necessità e alle esigenze del mondo venatorio, degli agricoltori e delle istituzioni, in particolare delle Amministrazioni provinciali che su questo piano dovranno sperimentare la loro capacità di programmare nel dettaglio il territorio per l'esercizio venatorio.
Da questo punto di vista ritengo che le Amministrazioni provinciali, che hanno spinto perché la Regione arrivasse il più rapidamente possibile all'approvazione di questo piano, da oggi saranno nelle condizioni di potersi migliorare meglio con la gestione complessiva del territorio che all'interno del piano è stata vissuta in maniera molto equilibrata, ma nello stesso tempo in maniera molto flessibile. Ritengo quindi che questo sia un giorno importante per le Marche, per questo Consiglio che approva uno strumento su cui i mondo venatorio e le istituzioni provinciali hanno da tempo sollecitato un piano organico di approvazione, su cui poter inserire efficacemente le azioni della legge 7 ed eventualmente anche della sua modifica.
Alcuni ci hanno detto "il piano non contempla azioni finanziarie". Voglio ricordare che nessun piano di programmazione viene sostenuto da linee finanziarie: saranno le leggi che daranno esecuzione ai piani di programmazione, che determineranno le risorse perché le azioni previste possano avere efficacia.
Essendo molto soddisfatto sul piano della competenza e della delega personale, ma anche a nome dell'intero governo regionale, che ritengo questo Consiglio possa ulteriormente arricchire con gli emendamenti, che non sbilanciano il punto di equilibrio che si è raggiunto, auspico un voto unanime.

PRESIDENTE. Abbiamo concluso la discussione generale. Nel pomeriggio riprenderemo alle ore 16 con la comunicazione dell'assessore ai servizi sociali in merito alla proposta del Ministero del welfare inerente il decreto sul riparto del fondo sociale nazionale, su cui si aprirà la discussione come concordato nella riunione dei capigruppo di questa mattina.
La seduta è sospesa.

La seduta è sospesa alle 13,35