Resoconto seduta n. 121 del 26/02/2003
La seduta inizia alle 11,15



Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute nn. 119 e 120 del 19 febbraio 2003.



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 162, in data 21 febbraio 2003, ad iniziativa della Giunta: «Modifiche alla legge regionale 6 ottobre 1987, n. 34, in materia di tutela e valorizzazione dei tartufi», assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 163, in data 21 febbraio 2003, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta: «Modificazioni alla legge regionale del 4 febbraio 2003, n. 2 — Programma di riordino territoriale ed incentivi alla gestione associata intercomunale di funzioni e servizi», assegnata alla I Commissione in sede referente;
— n. 164 in data 21 febbraio 2003, ad iniziativa del consigliere Moruzzi: «Norme per la salvaguardia della tartuficoltura», assegnata alla III Commissione in sede referente.



Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata, dai consiglieri Tontini, Franceschetti, Mollaroli, Luchetti, Procaccini, Cecchini, Moruzzi, Giannotti, Andrea Ricci, Trenta, Viventi, Massi e Gasperi, la mozione n. 264: «Finanziamento università "Carlo Bo" di Urbino».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Amati e Secchiaroli.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha la parola, sull'ordine dei lavori, il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Chiedo l'iscrizione della mozione n. 264, essendo una mozione firmata all'unanimità da tutti i gruppi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Chiedo che sia discussa per prima la mozione 253 sulla situazione della Fincantieri.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di inserire all'ordine del giorno odierno la mozione n. 264 a firma Tontini e altri.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di discutere, come prima mozione, la n. 253 a firma Procaccini e Martoni.

Il Consiglio approva

Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. A nome della III Commissione chiedo di rinviare la votazione degli emendamenti rispetto alla proposta di atto amministrativo n. 90, poiché va fatto un ulteriore approfondimento. Proporrei quindi di votare l'atto la settimana successiva a quella in cui si parlerà del bilancio, come primo punto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il rinvio della proposta di atto amministrativo n. 90 ma di non vincolarci alla data, perché la data deve essere conseguente alle verifiche da fare.

Il Consiglio approva

Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Chiedo che al punto 10 dell'ordine del giorno, subito dopo la mozione che si è votato poc'anzi di anticipare, venga inserita la mozione n. 245 presentata dal sottoscritto, Silenzi, Procaccini, Ascoli e Moruzzi, sul ruolo del servizio radiotelevisivo, in quanto la stessa è pendente dal mese di novembre, quindi ritengo che debba essere inserita immediatamente dopo la mozione che è stata inserita poco fa, sapendo che la mozione 239 che la precedeva può essere votata da quest'aula anche senza discussione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di mantenere al punto 10) dell'ordine del giorno la mozione n. 245, facendo scorrere al punto 11) quella inserita al punto 9).

Il Consiglio approva


Comunicazioni della Giunta regionale in ordine al fondo nazionale per le politiche sociali 2003 (Votazione proposta di risoluzione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la votazione della proposta di risoluzione in ordine alle comunicazioni della Giunta sul fondo nazionale per le politiche sociali 2003.
Pongo in votazione la proposta di risoluzione.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Piano regionale per le attività produttive industriali 2002-2005. Legge regionale 17 maggio 1999, n. 10, articolo 21» Giunta (95)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 95, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI.
Signor Presidente, colleghi consiglieri, con l'approvazione di questo "piano per le attività produttive industriali" si dà attuazione a quanto previsto dall'art. 21 della Legge Regionale n. 10/99.
Stante anche la corposità dell'elaborato (oltre 100 pagine con analisi, proposte, tabelle sullo stato del comparto e sulle prospettive dello stesso, nel contesto più generale della situazione socio economica internazionale, nazionale e della nostra regione) non posso che dare per letta ed approfondita la proposta di piano da parte di tutti i colleghi.
Pertanto mi limiterò a sottoporvi alcune considerazioni essenziali emerse dall'accurato lavoro di analisi ed approfondimento svolto in Commissione, alla fine del quale sono stati approvati i pochi emendamenti che potete constatare dal testo allegato alla convocazione del presente Consiglio.
Abbiamo potuto constatare, dall'incontro-audizione che la Commissione ha tenuto con le rappresentanze di tutte le categorie interessate (sia delle imprese che dei lavoratori), che sulla elaborazione del piano c'è stata una fattiva e costruttiva concertazione: tale da produrre un giudizio pressoché unanime e positivo sulle analisi e sulle proposte dello stesso. Di tutto ciò la Commissione ha preso positivamente atto.
Detto questo, non significa che nel dibattito politico interno alla Commissione non siano emerse preoccupazioni, anche forti, sulla situazione della congiuntura internazionale che inevitabilmente coinvolge anche il nostro sistema produttivo: una situazione che si è andata modificando, purtroppo in peggio, successivamente all'elaborazione del piano da parte della Giunta Regionale, mettendo maggiormente a rischio il raggiungimento degli obiettivi di competitività, qualificazione e sviluppo che il piano si pone.
Così come sono emerse le sollecitazioni a dare immediata attuazione agli strumenti di supporto, agli obiettivi individuati dal piano stesso ma che potranno attivarsi soltanto a seguito di atti che devono essere prodotti dalla Giunta ed approvati da questo Consiglio Regionale.
Di qui, la decisione della Commissione di predisporre e sottoporre, all'approvazione del Consiglio Regionale odierno, un ordine del giorno che accompagna e sostiene il piano ma sollecita anche l'attivazione degli strumenti per dare concreta attuazione allo stesso.
A nessuno di noi, sono certo, è sfuggito o sfuggirà quanto sta emergendo da tutti gli indicatori economici sul preoccupante stato di crescita dell'economia del nostro Paese, a causa di fattori nazionali ed internazionali che per brevità di tempo non sto a riprendere, facendo saltare tutte le previsioni di crescita che erano state fatte a livello nazionale ma che stanno determinando un rallentamento anche nella nostra Regione in particolare in alcuni comparti (vedi calzature, tessile, legno) che non può che preoccuparci e stimolarci ad intervenire, per quanto è nelle nostre possibilità.
Non ritengo che sia né giustificato e tanto meno positivo fare allarmismo, dire che il sistema marchigiano o meglio alcune aree e/o comparti rischiano di non reggere i contraccolpi di una congiuntura, di una competizione che sicuramente si fa sempre più insidiosa; ma riterrei altrettanto
sbagliato sottovalutare, minimizzare, segnali che ci indicano con evidenza dei punti di difficoltà i quali appunto non vanno sottovalutati.
Potrebbero essere letti anche come contraddittori alcuni dati che, da un lato, ci dicono che nel 2002 nella nostra regione è continuata a crescere l'occupazione e, contestualmente, i dati dell'INPS i quali ci dicono che è cresciuta la cassa integrazione in alcuni comparti e territori in termini non soltanto significativi ma che si possono definire anche preoccupanti.
Registriamo con sempre maggiore frequenza situazioni di crisi aziendali, o quantomeno difficoltà da parte di aziende, a volte difficili da comprendere per l'immagine di solidità delle stesse e per il comparto in cui operano. Situazioni aziendali di difficoltà che vedono coinvolte realtà forti dal punto di vista economico-industriale, quale è la Vallesina ma non solo. Va peraltro riflettuto sul fatto che i punti di difficoltà aziendale li si registra piuttosto in aziende grandi che non in quelle piccolissime ed artigiane.
Ora, ripeto, io ritengo sbagliato drammatizzare una situazione che drammatica, nella sua complessità, non lo è. Ma credo che deve essere valutata in tutta la sua portata, deve essere costantemente monitorata, analizzata da noi come Regione, farne oggetto di riflessione, di azione, di aggiornamento se necessario degli stessi obiettivi e strumenti del piano oggetto dell'odierna discussione.
In questi giorni la Confindustria ha aperto un altro tema di dibattito e di riflessione, ossia se è più tempo di affermare "piccolo è bello". E' un tema, questo, che non si può affrontare in poche battute, pertanto non mi ci soffermo. Mi sembra, comunque, che la riflessione così posta è limitativa e non risponde al complesso dei problemi da affrontare affinché l'intero sistema riesca a mantenere ed accrescere la competitività.
Se il piccolo non è bello, l'impresa che noi definiamo media e grande, dai punti di crisi, come già dicevo, sembra essere la più colpita. Io ritengo superato sia il discorso che "il piccolo è bello" sia che "non è più bello", il problema è come intervenire affinché il nostro sistema economico, quello che è il cosiddetto "modello marchigiano", riesca a reggere e svilupparsi, qualitativamente più che quantitativamente, per essere competitivo e creare nuovi e qualificati posti di lavoro.
Nel complesso il piano è ben congegnato nella sua elaborazione, ne va dato atto all'Assessore all'Industria e Artigianato ed a quant'altri hanno lavorato nella sua stesura. Affronta con attenzione e con argomentazioni condivisibilì sia l'analisi sullo stato del nostro sistema produttivo, i suoi punti di forza ed i punti di debolezza e, conseguentemente, individua gli obiettivi di intervento: siano essi propri della Pubblica Amministrazione nei vari livelli della sua articolazione, quelli propri dell'impresa, dell'imprenditoria marchigiana, delle sinergie da attivare con l'impegno congiunto di tutti gli attori della rappresentanza sia pubblica che privata.
Il piano affronta in termini anche analitici la situazione del sistema formato dalla diffusissima presenza dell'artigianato, della piccola impresa e di quella che, nel nostro sistema definiamo, in grandissima parte impropriamente, grande; contestualmente analizza ed individua come fattore di competitività, di qualificazione, il rapporto con l'ambiente, con il territorio, con i temi dello stesso equilibrio e riequilibrio territoriale, così pure il rapporto da sviluppare con altri importanti comparti dell'economia quali possono essere l'agricoltura, I'agroalimentare, il turismo.
Affronta quella che oggi tutti chiamiamo "risorsa territoriale", cioè il territorio come risorsa. Questo è forse il tema strategico di fondo, sul quale si vincono le sfide del futuro, in particolare per economie particolarmente diffuse, per non dire polverizzate come la nostra. E' qui dove maggiormente si misurerà la capacità tecnico-professionale, politica e sinergica della Pubblica Amministrazione in tutte le sue articolazioni, a partire dai Comuni che sono i soggetti più vicini ai cittadini e pertanto anche alle imprese e, contestualmente, dell'imprenditoria singola e delle sue rappresentanze con un rapporto costante e costruttivo con le rappresentanze del mondo del lavoro.
Su questo tema del territorio come risorsa si misureranno le capacità e le volontà politiche di tutti gli attori economici e sociali della regione.
Di positivo in tutto ciò è la crescente attenzione, consapevolezza dell'importanza di questo tema, vedi tra i più recenti il convegno organizzato dalla "Merloni - elettrodomestici". Ma in questa occasione, a me sembra che l'attenzione, in particolare dei mezzi di comunicazione, si sia incentrata sulla sia pure importante questione delle infrastrutture, a partire dalla dorsale adriatica. Ma la questione territoriale, come tutti ben sappiamo, è un qualcosa di più complesso, da gestire e su cui investire, affinché questo territorio diventi risorsa per rendere competitivo l'intero sistema.
Alle infrastrutture vanno aggiunti i temi del sociale, la sanità, I'assistenza ai più deboli, ai malati, agli anziani, agli immigrati, sicurezza nei posti di lavoro, l'attenzione alle nuove generazioni a partire da un lavoro corrispondente alle loro aspirazioni, alle zone interne e montane, alle risorse idriche, alle fonti energetiche (su questo tema auspico che a breve arrivi in Consiglio il piano regionale sull'energia), all'assetto del suolo, all'evoluzione dell'agricoltura quale più forte presidio del territorio, al riequilibrio dei flussi turistici, al recupero di un patrimonio immobiliare presente nei centri storici e nelle borgate in particolare nei piccoli Comuni collinari e montani.
Territorio è tutto questo, ed altro su cui non mi dilungo.
A mio avviso, gestire in positivo tutto questo complesso di problemi significa far produrre al territorio quelle risorse che qualificano e rendono competitivo il nostro sistema: quello economico e quello sociale.
Il piano questi temi li affronta, li evidenzia; la grande sfida sarà quando, chi e come affrontarli. Ritengo, personalmente, che il piano si pone positivamente e giustamente anche sulle linee generali, strategiche, del documento che è stato oggetto della comunicazione del Presidente D'Ambrosio nella seduta di questo Consiglio del 4 dicembre 2002, relativamente alla seconda metà di questa legislatura.
Il piano, nel muoversi all'interno degli indirizzi del punto 4 della comunicazione di D'Ambrosio dal titolo "le nuove opportunità di sviluppo", si muove nel contesto generale della comunicazione stessa.
Si possono sintetizzare le linee strategiche su cui si muove il piano, riportando integralmente due o tre passaggi del documento istruttorio del piano stesso, laddove recita:
La proposta di piano regionale per le attività produttive viene affrontata nella piena consapevolezza dell'importanza del settore manifatturiero allargato all'industria, dell'artigianato e della cooperazione come motori fondamentali dell'economia regionale, fonte di competitività e di sviluppo del terziario avanzato, del sistema creditizio, e strumento per il miglioramento della qualità del modello di sviluppo e del lavoro con effetti a cascata negli altri settori.
Indispensabile a tal fine risulta la valorizzazione dello stretto legame fra impresa e territorio, quindi anche come istituzioni locali che devono contribuire sia al radicamento nel territorio del nostro
sistema produttivo, sia alla sua crescita e miglioramento qualitativo, ai fini del perseguimento di uno sviluppo sostenibile.
Lo scopo de! piano è dunque quello di coordinare, integrare e porre in sinergia l'attuazione delle diverse politiche, assicurando la migliore finalizzazione delle risorse finanziarie disponibili per fare effettivamente "sistema" e creare un ambiente altamente competitivo.
La direzione che si intende seguire è dunque quella di favorire, attraverso un sistema equilibrato di incentivi, diretti ed indiretti, il miglioramento delle condizioni di competitività del nostro sistema produttivo, che dovrebbe essere posto in grado di mantenere e migliorare la sua posizione nel mercato globale.
Cari colleghi, questi mi sembrano essere i filoni strategici sui quali intende operare il piano. In termini più precisi e dettagliati, affronta ed individua una serie di strumenti ed interventi concreti: dagli obiettivi più generali a quelli intermedi, per arrivare a quelli specifici di crescita del sistema e di competitività delle imprese (internazionalizzazione, innovazione, credito e finanza, formazione, servizi, infrastrutture materiali ed immateriali, ecc.).
Su queste ed altre proposte contenute e sviluppate nel piano non mi soffermo, in quanto presenti nello stesso e sicuramente a voi note. Va detto che lo stesso Ordine del Giorno, che la Commissione presenta alla vostra attenzione ed approvazione, riassume i punti cardine dell'attivazione dello stesso.
Concludo, comunicando che il piano in Commissione è stato approvato con il voto favorevole dei colleghi di maggioranza e con l'astensione dei colleghi di minoranza. Ritengo che il merito del piano, i1 dibattito in Commissione e quello che seguirà in questo Consiglio, possano determinare le condizioni per un voto positivo ed unanime di tutto il Consiglio. Questo è il mio auspicio.
Per questo invito tutto il Consiglio ad esprimere un voto favorevole all'approvazione del piano e dell'Ordine del Giorno in merito presentato dalla Commissione. Grazie per la vostra attenzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Signor Presidente, in qualità di relatore di minoranza ritengo doveroso esprimere alcune considerazioni in relazione al piano per le attività produttive per il prossimo triennio.
Il presidente Avenali si è soffermato sugli aspetti particolari che contraddistinguono questo piano per le attività produttive e nella sua parte finale ha ricordato il nostro voto di astensione in Commissione. Vorrei partire da qui per motivare questo voto di astensione e per esprimere alcuni concetti con molta serietà, vista l'importanza che l'argomento riveste. Questo piano, al pari di altri che hanno interessato la nostra Commissione, viene elaborato seguendo una procedura classica, per cui la Giunta regionale, l'assessore competente elabora, d'intesa con i vari rappresentanti delle categorie produttive. Il lavoro svolto dall'Amministrazione regionale viene poi inviato alla Commissione competente, la quale lo esamina, fa delle osservazioni e fa il suo mestiere. E' evidente che la Commissione, nel momento in cui esamina un documento che è stato già visionato dai rappresentanti delle categorie interessate, che ha ottenuto un voto favorevole da parte delle categorie stesse, si trova in una condizione di obiettiva difficoltà. Forse sarebbe più opportuno che la Commissione esprimesse prima le sue opinioni, elaborasse un documento e poi l'Amministrazione modifica, corregge, incontra le categorie produttive e svolge il suo mestiere, altrimenti, in questo caso viene svilito il ruolo della Commissione. Ciononostante, e pur condividendo buona parte del piano stesso, ci sono delle osservazioni che ritengo doveroso ripetere qui e che ho già, per sommi capi, esposto nella III Commissione.
Parlando di modello di politica industriale, una prima osservazione: riterrei eccessivi i passaggi di finanziamenti in contenitori vari come Svim e centri servizi che forse assorbono per la loro funzionalità, risorse che potrebbero andare direttamente alle imprese, al sistema produttivo in generale. Ho chiesto in Commissione un resoconto sull'attività di questi centri servizi. E' evidente che dobbiamo anche renderci conto che nell'ultimo quadriennio questi centri servizi sono costati circa 22-23 miliardi, quindi ritengo doveroso che si faccia un'analisi seria sulla loro consistenza, sulla loro attività e poi si verifichi l'interesse a continuare a tenerli aperti tutti, una parte, a vedere se hanno prodotto gli effetti che si sperava oppure no. E' evidente che se questi centri servizi per le imprese, che devono funzionare per consentire alle imprese stesse un miglioramento in alcuni settori, funzionano oggi solo attraverso i contributi che la Regione Marche concede loro, c'è qualcosa che non va, perché dovrebbero non dico essere in grado di funzionare totalmente autonomamente, ma in buona parte sì, altrimenti significa che offrono servizi che se non sono apprezzati dalle imprese, non servono.
Un'analisi da questo punto di vista è quindi doverosa e molto fruttuosa anche per la stessa Giunta regionale.
Un altro argomento di discussione. Consigliavo che, per quanto riguarda gli obiettivi, a pag. 76 del piano, nel punto 2, ove si parla di investimenti produttivi all'estero, fosse meglio chiarito che cosa significa questo, perché già il problema che abbiamo di fronte, sia come Regione Marche che come sistema italiano, è quello di una delocalizzazione delle imprese all'estero, perché soprattutto per quanto riguarda l'est Europa si riscontrano costi enormemente più bassi per la manodopera ed anche altre voci che incidono come i trasporti ecc. Quindi, se per questo si intende un incentivo in questa direzione non va assolutamente bene; se sono incentivi che servono alle imprese per avere una visibilità migliore all'estero, per aiutarli nell'apertura di mercati questo sarebbe un fatto positivo. A proposito degli obiettivi, altra osservazione che ho ritenuto opportuno fare è quella di una concentrazione il più possibile delle risorse su alcuni punti in particolare, rafforzare questa tendenza per consentire a queste risorse che vengono dalla Ue, dal Governo centrale, dalla Regione Marche, di essere le più efficaci possibile, per produrre risultati migliori possibile. Quindi, anziché dividerle in 6-7 punti, concentrarle in 2-3 punti in un anno, nell'anno successivo in altri punti, per raggiungere, in questo modo, risultati più concreti.
Una proposta di cui già il presidente Avenali si è fatto carico, è quella relativa al riordino legislativo con la predisposizione di un testo unico che contenga tutte le leggi che operano in questo settore, una necessità che mi pare sia condivisa. Io ho controfirmato un ordine del giorno del presidente e credo che sia condiviso anche dalla Giunta regionale, quindi questo aspetto è già stato recepito.
Un'ultima osservazione riguarda il fatto che sono state realizzate 130 manifestazioni fieristiche in tutto il mondo e realizzati 40 progetti promozionali. E' chiaro che andrà valutato il ritorno in termini di export per tali iniziative. Siccome l'impegno mi sembra notevole, ci sono tutta una serie di attività e manifestazioni, quindi occorre valutare se queste producono un ritorno economico per il sistema produttivo marchigiano.
Nel Docup è stato previsto il finanziamento della legge 598 del 1994 che riguarda l'innovazione tecnologica. E' giusto, è una cosa buona investire in innovazione tecnologica, ma non è stato previsto alcunché per il settore della ricerca. Capite tutti, senza essere esperti in politica industriale, che è molto difficile poter fare innovazione senza ricerca, quindi bisogna correggere questa stortura, altrimenti facciamo delle affermazioni che poi non hanno la possibilità di produrre effetti concreti nella realtà economica.
Queste osservazioni che abbiamo fatto riteniamo, come Udc, che siano sensate e anche propositive e per questo motivo, pur condividendo buona parte della struttura del piano, ci siamo astenuti in Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Questo atto ha avuto una astensione da parte delle minoranze, che si deve intendere come un atto costruttivo per cercare di portare dei contributi al modo di affrontare e risolvere le problematiche di questo settore, però ci sono alcune posizioni alquanto particolari e di cui nella discussione in Commissione ci eravamo fatti portatori.
Questo piano nel complesso non possiamo definirlo negativo, però dice tutto ma nello stesso tempo non dice niente su come possono essere affrontate o risolte alcune problematiche.
Ad esempio io avevo detto che i riparti rispetto all'anno scorso sono inferiori, però per fare un'analisi più esatta sarebbe stato opportuno vedere cosa è stato speso, perché nel totale c'è una diminuzione, ma alcune voci sono aumentate. Era allora indispensabile poter avere una tabellina per fare un'analisi ancora più esatta delle scelte.
A pag. 75 di questa proposta di atto amministrativo vediamo che è riportato il contributo da parte della Regione, indicato come nel passato, ma non sappiamo quale sarà il contributo per il futuro, perché è troppo facile dire "nel passato — 1995 — è stato dato da parte della Regione circa il 75% dei fondi". Oggi però voglio sapere quanti ne sono stati dati, perché eventualmente si dovrebbe dire quante somme sono state prelevate da fondi per altri settori che allora venivano dati direttamente dallo Stato.
Si dice a pag. 75 "le risorse stanziate hanno permesso la realizzazione di oltre 130 manifestazioni fieristiche in tutto i mondo, nonché di oltre 40 eventi promozionali e progetti-paese". La cosa fondamentale da tener presente è la seguente: sono stati verificati le risorse e i rientri di queste manifestazioni? Se faccio una tabella e dico "è stato speso tot, abbia fatto tante operazioni, sono state messe in campo tante attività", ma cosa fondamentale che mi debbo chiedere è: che tipo di rientro c'è stato di queste risorse? E questo non lo vediamo.
L'altro problema riguarda i centri servizi. I centri servizi, pag. 81, hanno un costo intorno ai 23 miliardi di vecchie lire. Noi avevamo chiesto una verifica in concreto di questi centri servizi, altrimenti perché li teniamo? Se i centri servizi vengono tenuti per dare spazio e accomodare i vecchi marpioni e i vecchi "tromboni" della politica o viceversa per poter ridare spazio e possibilità di essere importanti e utilizzare la presenza, nelle manifestazioni, di personaggi che sono stati mandati in pensione dagli stessi elettori, vorrei sapere questi centri servizi che tipo di beneficio portano.
Questo atto amministrativo si chiama "Piano regionale per le attività produttive industriali", non è un piano che potrebbe essere portato dall'assessore Secchiaroli per dare contributi a persone che hanno necessità, quindi voglio sapere che cosa realmente è stato portato. Era stato detto che eventualmente questo piano avrebbe fornito dei dati e che la Giunta avrebbe ponderato cosa portare. Ma in concreto, dati su questi benedetti centri servizi non ne abbiamo.
L'altro problema che aveva creato dubbi riguarda il fondo unico per le attività produttive, pag. 91, che, si dice, "comprenderà tutte le risorse di fonte comunitaria, nazionale e regionale disponibili a sostegno delle attività produttive nella regione". Vorrei sapere: questo benedetto fondo, quando viene costituito? Si dovrà pur conoscere quanto ci viene dato, indicativamente e in concreto, e quando.
Per questi motivi anche il gruppo di Alleanza nazionale, così come in Commissione, si asterrà. Siccome l'assessore aveva preso impegni in Commissione, diciamo "vedremo", quindi il voto di astensione è da intendere in maniera costruttiva, perché pretenderemo poi di avere delle risposte concrete su quanto è stato indicato e trattato.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Spacca.

GIAN MARIO SPACCA, Vicepresidente della Giunta. Ringrazio la Commissione consiliare per l'analisi approfondita del piano regionale per le attività produttive, ringrazio soprattutto il presidente della Commissione III per l'approfondimento e i suggerimenti che ha proposto nel suo intervento e nel documento che lo ha accompagnato. Credo che abbia sottolineato adeguatamente quale sia la filosofia del piano per le attività produttive che il Consiglio regionale si appresta a varare, una filosofia che si fonda sulla concertazione, sulla collaborazione tra tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo economico della nostra regione, che vuol fare un salto di qualità, di paradigma per passare da un rapporto di buon vicinato tra tutti questi soggetti — operatori economici, istituzioni finanziarie, soggetti istituzionali, forze sociali — a una vera e propria collaborazione su progetti strategici che siano in grado di sostenere la crescita economica e sociale delle Marche. Per realizzare questo obiettivo ambizioso la scelta è quella di valorizzare il territorio di realizzare una progettualità che parta dalla collaborazione di questi soggetti sul territorio nell'ambito dei distretti industriali dove si collocano le risorse e le energie principali della nostra regione, facendo leva sui fattori critici che sono i soliti tradizionali, ma che vengono interpretati sinergicamente. Quindi il discorso dell'innovazione si coniuga con quello della finanza, con quello della formazione, il piano in effetti non riguarda soltanto un assessorato, un servizio riguarda la Regione Marche e interpreta anche materie e argomenti che afferiscono ad altri assessorati, ad altri servizi come la formazione professionale e il tema delle infrastrutture che abbiamo visto essere strategico per la competitività del territorio.
Mi fa piacere che sia stata anche percepita questa possibilità di superamento del dibattito che sta interessando in questo momento la comunità regionale tra piccolo e grande, noi continuiamo ad affermare che piccolo continua ad essere bello se sa operare in rete, se sa organizzarsi e se sa collaborare, però deve anche saper pensare in grande, non deve cedere al carattere della nostra regione, dei marchigiani che sono propensi alla minimizzazione e alla concretezza ma deve in qualche modo saper rilanciare dei progetti ambiziosi, perché su questa capacità, su questo protagonismo si gioca una parte importante del futuro sviluppo della nostra regione.
L'esigenza che qui è stata avanzata sia da parte del presidente Avenali sia dal capogruppo Udc, sia da parte del consigliere Gasperi di realizzare un testo unico che organizzi l'allocazione di tutte queste risorse è percepita anche dalla Giunta regionale che ha già predisposto il testo della proposta di legge per le norme in materia di artigianato, industria e servizi alla produzione e la prossima settimana inizieremo il dibattito su questo testo, coinvolgendo naturalmente anche la Commissione consiliare, in modo tale che gli indirizzi che il piano descrive trovino immediatamente attuazione attraverso questo testo che definisce il modo in cui le risorse, combinate tutte insieme, vengono organizzate a favore della nostra comunità.
Un altro argomento che ha interessato coloro che sono intervenuti, riguarda il ruolo futuro dei centri servizi che sono nati ormai 12-13 anni fa in corrispondenza dei distretti industriali della nostra regione nell'area del tessile, del mobile, della calzatura, della meccanica, per offrire una risposta alla necessità di fare sistema. I centri servizi sono nati per fare innovazione e offrire competitività ai distretti industriali. Dobbiamo riflettere se questo strumento sia ancora appropriato per interpretare le esigenze del futuro. In questo momento ai centri servizi, sulla base delle scelte che abbiamo fatto in quest'aula, quindi con il bilancio del 2002 vengono erogate risorse per 1,5 miliardi di lire che sono state destinate unicamente al finanziamento dei laboratori per la certificazione della qualità dei prodotti, quindi in questo momento la nostra >Regione eroga risorse ai centri servizi unicamente per finanziare all'attività dei loro laboratori, non eroga altre risorse. Le informazioni che qui sono state diffuse non sono vere, i centri servizi in questo momento hanno una parte preponderante di attività che è in diretta correlazione con il mercato e quindi la maggior parte del loro fatturato la realizzano sul mercato con attività diretta. Quindi, per quanto riguarda i centri servizi il dibattito si configura ormai unicamente con riferimento, sotto il profilo finanziario, alla erogazione di risorse che vengono destinate al finanziamento dei laboratori per la certificazione della qualità che sono particolarmente importanti per le nostre imprese, perché oggi, senza avere i marchi di certificazione non si riesce ad andare sui mercati internazionali, perché ormai le dogane non ci sono più e sono state sostituite da queste normative che comunque sono in grado di impedire la possibilità di esportare scarpe, elettrodomestici o mobili e quindi diventano una discriminante particolarmente significativa.
In ogni caso, sul discorso dei centri servizi nel piano per le attività produttive esistono informazioni particolarmente puntuali, pertanto credo ci siano molte risposte alle questioni che avete sollevato. Siccome la Giunta si è impegnata a fare una revisione completa di tutte le agenzie e di tutti gli strumenti della politica regionale, saremo in grado in tempi molto brevi — onorerò l'impegno a cui si richiamava il Vicepresidente del Consiglio Gasperi — di inviare in Commissione un documento ricognitivo sui 14 anni di vita dei centri servizi con tutto quello che hanno offerto, in termini propositivi, alla crescita dei distretti industriali.
Non credo che sia possibile dire che alla presidenza di questi centri servizi ci siano dei "tromboni" politici, perché alla presidenza di questi centri servizi all'inizio sono state chiamate persone come Diego della Valle allo Scam e attualmente a presiedere il centro servizi dello Scam c'è un altro imprenditore della calzatura che si chiama Pizzuti e il centro servizi della meccanica è stato presieduto da sempre, fin dalla sua nascita, da un signore che si chiama Gennaro Pieralisi, che non credo abbia fatto mai politica.
Per quanto riguarda il tema degli investimenti diretti all'estero, questo è un tema su cui non è il caso di soffermarsi oggi, ma a cui la Giunta regionale e il disegno di politica industriale che abbiamo proposto punta moltissimo. Gli investimenti diretti all'estero sono necessari per le nostre imprese, perché attraverso investimenti diretti all'estero, ovvero joint-venture o centri di produzione, stabilimenti, unità produttive si controllano mercati strategici che sono fondamentali per portare reddito nella nostra regione e continuare il processo di crescita. Quindi noi continueremo a sostenere e ad accompagnare lo sforzo delle nostre imprese su mercati come la Russia e la Cina, dove è necessario fare investimenti e non si tratta di delocalizzazione, di ricerca di condizioni di costo particolarmente favorevoli, ma si tratta invece di controllo di mercati strategici attraverso una presenza strutturale e quindi un investimento di carattere produttivo.
Credo che su questo piano ci sia anche una forte novità che è bene che il Consiglio regionale acquisisca, memorizzi, perché sarà un punto della nostra strategia del futuro per favorire gli investimenti di imprese straniere nella nostra regione, per affrontare il tema dell'innovazione, per invitare imprese che siano in grado di stimolare processi innovativi e acquisizione di tecnologie che guardano al futuro, a investire nella nostra regione. Questo è un altro punto qualificante del programma che presentiamo quest'oggi.
Credo di non dover aggiungere altro se non ringraziare di nuovo la Commissione per il lavoro che ha svolto, il presidente della Commissione per le sue considerazioni e dire che a questo punto ci ritroveremo nella Commissione per esaminare la proposta di legge che riguarda il testo unico in materia di attività produttive, quindi rendere concreti e operativi questi indirizzi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'ordine del giorno presentato dal presidente della Commissione Avenali.

Il Consiglio approva)

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione generale): «Integrazione del piano regionale per la gestione dei rifiuti approvato con delibera consiliare n. 284/1999, tramite il programma per la gestione degli apparecchi contenenti PCB ai sensi dell'articolo 4 del D. Lgs. 22 maggio 1999, n. 209. D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22. Legge regionale 28 ottobre 1999, n. 28» Giunta (98)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 98, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Colleghi, Presidente, questo atto amministrativo deriva dall'applicazione di una direttiva comunitaria, la 96/59 recepita dal D. Lgs. 22 maggio 1999, n. 209 relativo allo smaltimento dei PCB, cioè policloridifenili e policlorotrifenili che sono sostanze tossiche contenute nei trasformatori elettrici e nei condensatori.
La direttiva ha stabilito che i detentori degli apparecchi contenenti PCB per un volume superiore a 5 decimetri cubici, sono tenuti a comunicare all'Arpam, attraverso il catasto dei rifiuti, tali apparecchiature.
L'Arpam comunica i dati all'agenzia nazionale protezione ambiente e il tutto viene inserito nel catasto nazionale.
Questo atto ha una valenza regionale e nazionale per quanto riguarda il catasto nazionale. L'inventario è stato predisposto per gli apparecchi contenenti PCB, sulla base delle comunicazioni fatte dai detentori dei suddetti apparecchi e non su verifica dell'Arpam, quindi i detentori di questi apparecchi hanno fatto un'autodenuncia, in base all'articolo 3, comma 4 del decreto citato.
Il decreto prevede altresì che le Regioni adottino il programma per lo smaltimento e la decontaminazione degli apparecchi soggetti all'inventario. Con questo atto amministrativo si prende atto dell'inventario degli apparecchi contenenti PCB elaborato dall'Arpam e si adotta il programma per la gestione degli apparecchi contenenti PCB, cioè smaltimento e decontaminazione. La deliberazione in questione rappresenta una integrazione al piano regionale per la gestione dei rifiuti, decreto della Giunta regionale n. 284 del 1999, così come espressamente richiesto dal D. Lgs. n. 209/99.
Il programma è articolato in questa sorta di inventario, con il coinvolgimento di ditte specializzate che devono smaltire questi PCB da mandare all'incenerimento presso ditte specializzate.
Ritengo che sia un atto importante di integrazione del piano regionale per la gestione dei rifiuti già approvato in passato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli, relatore di minoranza.

CARLO CICCIOLI. Ci troviamo di fronte a un atto dovuto, una cosa da cui on possiamo prescindere, quindi condivido le motivazioni del relatore di maggioranza in quanto, trattandosi di atto tecnico non possiamo altro, con questo atto amministrativo, che risolvere il problema in questione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Colgo l'occasione per porre l'accento sulla necessità di una riflessione più generale rispetto all'attuazione del piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti. Oggi discutiamo di un atto quasi tecnico, di un recepimento su un versante specialistico, tuttavia occorre porre anche un'attenzione maggiore rispetto all'attuazione complessiva del piano regionale. Sappiamo che esso si declina nella sua concretizzazione attraverso la filiera dei soggetti, in primo luogo enti locali, tuttavia ai primi articoli del piano medesimo veniva posta l'attenzione sulla necessità di trovare anche forme sperimentali di risoluzione e di smaltimento, visto che non si può più andare avanti all'infinito, sia con le classiche, tradizionali discariche che creano più problemi di quanti ne risolvano, sia anche con quella che allora sembrava la novità, cioè gli inceneritori, perché essi non sono stati sicuri, non danno, in una prospettiva di ricaduta dei fumi, garanzie per la sicurezza per le popolazioni, per cui si diceva di studiare anche modalità innovative rispetto a queste due forme tradizionali, discarica ed inceneritore.
La tecnica e la scienza hanno fatto passi avanti e da questo punto di vista non sarebbe male che si riconsiderasse nelle Marche un'impostazione, per vedere se esistono possibilità innovative affinché, in una prospettiva medio-lunga si possa superare questa duplice forme.
MI fermo qui, pongo questa necessità di studio alla Giunta, al servizio, proprio perché altre Regioni del sud e del nord stanno facendo studi di questo tipo, sia perché altri Stati europei e del mondo vanno verso altri meccanismi e altre soluzioni.
Certamente noi non siamo degli scienziati, tuttavia non sarebbe male se si superasse una inerzia e un tran-tran della ineluttabilità, sia della discarica che dell'inceneritore, per studi più approfonditi.

PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi, pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Legge regionale 4 giugno 1986, n. 18 e successive modificazioni. Definizione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi per l'anno 2003. Modalità di impiego delle risorse e tetti di spesa» Giunta (100)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 100, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Discutiamo un atto importante per quanto molto tecnico dal punto di vista dei contenuti, che riguarda i criteri di attuazione della legge 18/96, cioè la legge sull'handicap. E' un atto importante che assume ancora più significato, se vogliamo, anche in relazione al dibattito che abbiamo fatto nel precedente Consiglio, che si è concluso questa mattina con l'approvazione della risoluzione che chiede al Governo nazionale di recedere dalla propria posizione di taglio pesantissimo del fondo unico sociale, che toglie a una regione come la nostra qualcosa come 22 miliardi di lire rispetto ai 40 totali che nel 2002 erano stati erogati per mettere in moto tutti i servizi alla persona e soprattutto a chi è in una condizione di disabilità e di disagio.
Attraverso questo atto definiamo quindi i criteri, le modalità di attuazione e le modalità di impiego e i tetti di spesa per l'anno in corso; criteri che per molti aspetti , per la quasi totalità si rifanno a quelli che già il Consiglio aveva approvato nell'anno 2002, quindi mi limiterò, in questa mia relazione, ad esporre i criteri di carattere più generale contenuti nell'atto amministrativo, sottolineando alcune modifiche di sostanza che sono state apportate dalla Commissione V durante la discussione.
Intanto va precisato che tutti i piani d'intervento sono presentati dal Comune capofila dell'ambito territoriale di competenza e vanno presentati secondo determinati tempi che l'atto amministrativo prevede.
Al punto A vengono descritti tutti gli interventi che sono previsti dalla legge regionale 18 del 1996 e che saranno ammessi a finanziamento e che voglio richiamare velocemente, riassumendoli in quelli di carattere di integrazione sociale, che riguardano l'assistenza domiciliare, in particolare quella rivolta a persone con disabilità gravissima, ai centri educativi, all'integrazione e socializzazione nei centri sociali e a tutta la partita che riguarda il trasporto per i portatori di handicap. C'è poi tutta la parte che riguarda l'integrazione scolastica e l'inserimento lavorativo, anche con i tirocini e le borse di lavoro, l'abbattimento delle barriere di comunicazione ed infine l'acquisto e l'installazione di automatismi di guida per le auto, dove si prevede un contributo che la Regione dà a chi ne fa richiesta, dentro un limite di spesa che l'atto amministrativo prevede.
Il punto B riguarda gli interventi che non sono finanziabili con questo atto amministrativo.
Il punto C riguarda i criteri e le modalità attuative degli interventi, quindi la definizione dei beneficiari, che sono le persone in situazione di handicap, così come previsto dalla legge nazionale 104 del 1992 e che sono riconosciute dalle commissioni sanitarie provinciali, poi le modalità di attuazione per i vari articoli e da questo punto di vista vorrei sottolineare la modifica più rilevante apportata quest'anno rispetto ai criteri dell'anno precedente. Riguarda l'assistenza domiciliare indiretta al disabile in situazione di particolare gravità. L'assistenza può essere fornita da un familiare o da un operatore che viene individuato fiduciariamente dalla persona disabile o dalla propria famiglia e le modifiche hanno riguardato alcuni aspetti. Abbiamo tolto, per esempio, in Commissione, il fatto che erano esclusi da questo intervento i bambini al di sotto dei 3 anni, perché è difficile riscontrare, anche da un punto di vista medico-legale una disabilità sotto quel tetto di anni, però l'abbiamo voluto inserire proprio per non eliminare alcun intervento su una questione che è particolarmente delicata e grave.
L'altra modifica ha riguardato l'adeguamento delle schede. In questa occasione, oltre alla scheda che viene riportata nell'atto, si è creata anche una sub-tabella, la sub-tabella A che nella sostanza recepisce molte indicazioni emerse dalle valutazioni proposte dall'OMS.
Infine voglio sottolineare che è stato dato un maggiore ruolo alle unità multidisciplinari, anche all'interno delle commissioni provinciali sanitarie che dovranno poi giudicare il grado di disabilità di una persona, proprio per dare maggiore peso e maggiore rilievo a quegli operatori che quotidianamente seguono questi casi e quindi più del medico che magari vede quella persona una o due volte al massimo, potendo così esprimere un giudizio compiuto e dare un contributo di rilievo.
Abbiamo modificato, dentro questo intervento, una data, perché era prevista quella del 28 febbraio 2003 come termine ultimo per il Comune capofila per pubblicare il bando dell'assistenza domiciliare; abbiamo inteso modificare questa data, spostarla al 31 marzo, altrimenti i Comuni non sarebbero stati in grado di poter rispettare il termine.
C'è il punto D che riguarda l'impiego delle risorse, che sono ripartite in percentuale tra i Comuni capofila in modo proporzionale alla cifra ammessa al finanziamento, quindi la maggior parte delle risorse andrà ai Comuni, mentre una piccola parte che riguarda i tirocini e le borse di lavoro andrà alle Province e dovrà essere da queste gestita.
Il punto E indica le modalità attraverso le quali i Comuni capofila debbono presentare il piano degli interventi relativi ai diversi articoli che la legge regionale 18 prevede.
Infine vorrei sottolineare che c'è una disposizione speciale, una riserva di circa 67.000 euro che va data al Comune di Potenza Picena quale contributo per l'assistenza domiciliare domestica che esercita. Si tratta di un servizio rivolto a circa 260 disabili che in precedenza erano ricoverati presso l'istituto Santo Stefano e, una volta dimessi, hanno acquisito la residenza in quel comune. Quindi si tratta di un intervento a sostegno di un servizio che il Comune eroga a cittadini oggi ivi residenti ma che provengono da diverse parti del nostro paese.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Intervengo con grande disagio, perché ho avuto modo, nei giorni scorsi, di incontrare una ragazza che non conoscevo. Durante un incontro di natura istituzionale che mi ha consentito di andare a Massa Fermana, nel parlare con il sindaco mi sono trovato nelle condizioni di accettare di fare visita a questa ragazza della quale il sindaco mi aveva parlato. Ho visto una situazione che mi ha lasciato fortemente turbato dal punto di vista personale, umano. Non so esprimere con mie parole il disagio, vorrei leggere la lettera che questa ragazza ha scritto al presidente della Commissione sanitaria provinciale, al Presidente della Regione, al presidente della Repubblica, al presidente della Camera dei deputati, al presidente del Senato, al presidente del Consiglio dei ministri, al ministro, a una serie di soggetti istituzionali. Ovviamente tralascio il nome.
Leggo: "Egregio Signor Presidente della Commissione Sanitaria Provinciale, in data 02.10.2002 ho ricevuto il verbale della Commissione da Lei presieduta con il quale mi viene negata la possibilità di accedere al contributo previsto dalla L.R. 18/96. A fronte di parametri che, inequivocabilmente, indicano la mia situazione di portatore di handicap di particolare gravità, UNO solo di essi viene valutato in modo non corrispondente alla realtà della mia condizione fisica: Manualità. Mi sono chiesta se questo errato giudizio è stato ingenerato dal fatto che ho, con tanta fatica Le assicuro, imparato ad utilizzare uno strumento che mi è di grande aiuto e di grande conforto: il telefonino! Se questo è, signor Presidente, si è perpetrata nei miei confronti una grave ingiustizia che, alla fine dei conti, mi pone in una condizione di inferiorità all'interno stesso della poco fortunata categoria di persone cui appartengo (sono più handicappata degli handicappati?). Vivo con i miei due genitori (di anni, mio padre 66 che è stato, grazie alla mia grande fortuna!, colpito da ictus e anni 56 mia madre); vivo è solo un modo di dire, perché sono quasi sempre a letto (tranne qualche ora che, con tanta fatica, mi sposto su una poltrona). Ho il mio assegno di accompagnamento e il Comune mi fornisce due ore settimanali (!!) di assistenza domiciliare: il piccolo contributo che mi veniva concesso in base alla Legge regionale mi serviva per ..fare un po' più di vita sociale: pagavo qualcuno che mi facesse compagnia!
Quando ho letto il verbale e mi è stato spiegato che io non avevo più diritto a quel contributo mi sono chiesta se valeva la pena di arrabbiarmi, fare ricorso... e non so più cosa altro: poi mi sono detta che se non l'hanno capita i medici la mia situazione come pretendevo che la capissero gli avvocati!
Allora ho pensato che una semplice lettera avrebbe potuto farvi conoscere tutta la mia amarezza e tanto mi basta nella speranza che ...almeno si parli di me! Quando si tratterà di ricoverarmi in qualche Istituto perché sarò rimasta sola (spero tanto che non accada mai e che sia io a morire prima dei miei poveri genitori!)... vi accorgerete, forse, ancora di me.
Grazie e rispettosi saluti".
Una lettera molto garbata, debbo dire, non è una lettera di ingiurie, non è una lettera di attacco alle istituzioni, non è una lettera che aggredisce perché non viene riconosciuto un sacrosanto diritto. Io ho visto questa ragazza: sta lunga sul letto in maniera trasversale, a pancia sotto, con una sedia dall'altra parte del letto sulla quale è appoggiato un telefonino e lei riesce a muovere il dito per fare il numero col telefonino e parlare. Non sono un medico, non sono un tecnico... Non so quali condizioni, rispetto ai parametri che anche oggi ri-approviamo in quest'aula, hanno impedito a questa ragazza di avere un riconoscimento che nell'anno precedente era stato dato.
Ho scritto anche una lettera personale al presidente della commissione, e anche lui con grande garbo, con grande cortesia ha risposto e mi ha detto che la mancata concessione dipende dal fatto che tra le cinque condizioni indicate nella scala di valutazione non ne rientrano almeno tre (l'anno precedente erano due), "...un punteggio pari a 3 per ogni abilità o rischio indicati. Come vede, pertanto, nel caso della signorina non si tratta di un miglioramento del quadro clinico, che certamente non poteva esserci dall'anno precedente all'anno successivo" — anzi, ha avuto addirittura un intervento chirurgico — "quanto del mancato raggiungimento della soglia prevista per l'accesso alla normativa in questione, atteso che tale soglia è stata innalzata rispetto all'anno precedente". Questo l'abbiamo fatto noi, votando in quest'aula.
Io non me la sento di votare un atto che non so se potrà essere addirittura ancor più penalizzante rispetto alla situazione che ho vissuto. Non so se i tecnici possono esserci di aiuto, darci un'informativa ulteriore in quest'aula. Sarà anche colpa mia per non aver partecipato ai lavori della Commissione, ma sono venuto a conoscenza tardi di questo problema. Quindi se i nuovi meccanismi che sono stati ulteriormente individuati, potranno servire ad alleviare o a risolvere situazioni di questo genere, sarò ben lieto di dare il mio voto; se la situazione dovesse permanere in questo modo non me la sento di votare l'atto, quindi la mia è un'astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Dopo l'intervento del Vicepresidente Ricci ritengo che anche da parte della maggioranza debba aprirsi una riflessione ulteriore rispetto a questo atto e rispetto in generale, alle impostazioni che sono tate date alle politiche sociali, al di là degli schematismi e degli slogans che non servono a nessuno. L'appello di Giuseppe Ricci raccoglie una dolorosa testimonianza di vita vissuta da parte di uno di quei soggetti a cui questi atti debbono essere rivolti ed è la spia di quello che dicevamo anche nella scorsa seduta del Consiglio regionale, cioè che bisogna riflettere su come vengono impiegate le risorse, su quali meccanismi è basato anche il rapporto tra la Regione e il territorio, la Regione e il bisogno, la Regione e i soggetti destinatari di certi benefici.
Mi pare che queste domande siano assolutamente legittime, siano state riproposte con forza anche da un autorevole esponente della maggioranza regionale.
L'occasione ci è data da questo atto amministrativo, che è uno dei tanti atti amministrativi che compongono un sistema di politiche sociali, che non viene da ieri ma viene da lontano — stiamo parlando della legge 18 del 1996 — che ha provato a razionalizzare i suoi aspetti più rilevanti attraverso il cosiddetto "piano sociale", la legge che ci siamo dati di recepimento della legge nazionale, un sistema che però è di là dall'essere considerato oggi a regime, ma anche efficiente e razionale per quanto riguarda tutti i suoi aspetti.
Molto frequentemente quest'aula, e prima la Commissione competente, stancamente ripetono dei rituali, quelli per esempio della distribuzione delle risorse, quelli del licenziamento dell'atto, dovuto per legge, che ripartisce il fondo regionale per i Comuni, per i soggetti per le tipologie d'intervento. Ci limitiamo stancamente a ripetere, comunque accettando delle piccole limature, senza avere avuto preventivamente la possibilità, molto spesso, di fare dei riscontri su quello che è avvenuto nell'anno passato e di farli in maniera diretta — non solo indiretta, attraverso i dati che provengono dagli uffici — per quanto concerne la responsabilità politica, cioè coloro che in Commissione, in quest'aula parlano da rappresentanti diretti delle forze politiche e dei cittadini. Molto spesso ci limitiamo a raccogliere quei pochi dati che vengono allegati agli atti, senza aver fatto delle riflessioni profonde, serie direttamente da parte nostra, come responsabili degli atti che andiamo a licenziare.
Per essere ancora più precisi, in tanti casi, compreso questo delle modalità di impiego per quanto riguarda il mondo dell'handicap, degli svantaggi psicofisici che purtroppo hanno colpito tanti soggetti, in numero anche consistente pure nella nostra regione, avrei avuto più piacere di discutere oggi di questo atto con un raffronto 2002, con un consuntivo 2002 allegato, per quanto riguarda le percentuali di risorse impiegate, le realizzazioni, la percentuale di domande lasciate inevase per mancanza di fondi sufficienti ecc., per avere un'interfaccia con la realtà del territorio, degli enti locali, dei soggetti che si muovono sul volontariato e delle associazioni che fanno un'opera importante e quindi discutere anche dell'atto 2003. Invece molto spesso ci troviamo, noi stessi della Commissione, nelle condizioni di limitarci, nella discussione, ai criteri per come ci vengono proposti, quindi ad una discussione teorica. Teoricamente questo atto è razionale, si parla delle proposte che vengono dai direttori di dipartimento, perciò una griglia di impostazione che in sé è razionale, teoricamente. Vogliamo però fino in fondo riuscire a capire se questi criteri, questo schema sia stato efficace e a che punto abbia svolto quella funzione positiva? L'80%, il 70%, il 50% dei bisogni, delle domande? Era quello che io, con toni un po' più accesi nella scorsa seduta, per il clima su cui si era incentrato il ragionamento sulle politiche sociali, avevo detto.
Per uscire dai dogmatismi della politica che diventa ideologismo e degli uffici che diventa burocratismo, la chiave può essere questa: guardiamo quello che è successo nell'anno passato, vediamo le percentuali di realizzazione degli interventi e vediamo se su quelle c'è da lavorare oppure no, se abbiamo il margine per lavorarci, perché tante situazioni sono dovute, cioè c'è un ics per cento da destinare per legge a quel tipo di settore. Se quello è un criterio rigido lo lasciamo così, ma se dipende da noi dire 20 o 30% per una misura, il riscontro è essenziale, fondamentale, dobbiamo sapere quante domande sono state fatte, se sono state tutte soddisfatte con il 20% indicato per quella misura. mi sembra così logico e razionale, il ragionamento, che non si riesce a comprendere perché ogni volta dobbiamo tornarci sopra.
Incrocio lo sguardo con la collega Mollaroli: questo ragionamento l'abbiamo fatto anche l'anno scorso e abbiamo chiesto agli uffici di fornirci, prima della discussione sui criteri e le modalità di attuazione degli interventi, il resoconto. C'è una sfasatura? Stiamo ancora chiudendo i consuntivi 2002? Discutiamo di quello che abbiamo. Non è possibile che arriviamo e ogni volta dobbiamo fidarci di un'impostazione che è stata data, di uno schema che teoricamente non può non trovarci d'accordo. Certo che siamo d'accordo sugli interventi che sono stati indicati, è una indicazione che viene dalla legge, non ci inventiamo nulla, ma vogliamo sapere se questi programmi sono stati in grado di soddisfare i bisogni e le esigenze vere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Intanto ringrazio il collega Giuseppe Ricci, che scegliendo di leggere una lettera dai contenuti drammatici, ha imposto a questo Consiglio una riflessione, in una mattinata davvero singolare, se pensiamo che abbiamo parlato dieci minuti del piano delle attività produttive che dovrebbe essere uno degli atti più importanti della legislatura e stavamo quasi liquidando nell'indifferenza la discussione sulla modifica della legge 18 del 1996 che comporta nel nostro tessuto sociale un peso enorme per le interrelazioni, i problemi di tutti i tipi.
Mi associo al rilievo svolto dal collega Pistarelli per quanto riguarda l'esigenza di un report preciso sulla gestione di questi servizi e di queste procedure e taglio tutte le riflessioni sui finanziamenti, sui meccanismi, che conosco anche per la professione che svolgo, per appuntarmi soltanto su una frase, quella che riguarda l'art. 19, ultimo comma. Faccio questa dichiarazione prendendomi completamente la responsabilità di quello che dico: se può essere interpretata come denuncia, mi onoro di denunciare quello che dico. Sia chiaro che questo testo mi dà lo spunto per tale denuncia, ma spero che sia un elemento di riflessione, che avrei voluto portare in un'altra forma: la solita mozione di richiamo dell'attenzione. Ma forse sarebbe finita chissà quando all'ordine del giorno e poi, anche approvata, probabilmente non avrebbe avuto alcun effetto.
Quindi, colgo questo momento per fare una riflessione su "tirocini e borse lavoro". A un certo punto si dice che il nucleo voluto dalla legge 68/99 per l'inserimento dei disabili al lavoro, entra in funzione anche alla fine della borsa lavoro, del tirocinio, per valutare insieme alle altre unità — per esempio il dipartimento di salute mentale, l'unità multidisciplinare dell'età adulta — come certi soggetti in gravi situazioni di handicap possano accedere al mondo del lavoro. Quello che voglio dire è che i nostri centri per l'impiego, le commissioni che dovrebbero essere preposte all'inserimento dei disabili al lavoro, di quei disabili che non si accontentano di una attenzione ma vogliono lavorare perché sono giovani, non funzionano e il disabile che si reca in certi uffici e che vorrebbe un certo servizio per l'inserimento del lavoro, oltre ai danni del mancato inserimento trova puntualmente la beffa di proposte ridicole per quanto riguarda appunto l'inserimento. E' noto che abbiamo disabili che si recano negli uffici e viene loro proposto di andare nelle fonderie, a scaricare i materiali edili. Questo succede nella nostra regione. Non so se succede nel resto d'Italia. Proviamo a vedere quanti di questi disabili hanno una collocazione decente e dignitosa quando, alla fine di una borsa lavoro se sono giovani, o di un momento drammatico per aver dovuto interrompere il lavoro normale a causa dei problemi di lavoro e che vogliono lavorare, trovano le soluzioni per poter entrare nel mondo del lavoro o rientrarvi con dignità: si contano sulle dita di una mano i casi accettabili di collocamento e di ricollocamento. Sto facendo certamente una denuncia, non so da che punto bisogna riprendere, perché la Provincia ha certe competenze, oltre alla Regione, ma mi rivolgo alla sensibilità anche dell'assessore Ugo Ascoli per dire che queste procedure non funzionano.
Gli enti locali — diciamocelo francamente — fanno di tutto per rinviare le procedure per l'assunzione delle categorie protette, con tutti gli artifici possibili e manovrando all'interno delle stesse categorie, che una volta erano ben definite, oggi sono rimescolate in un unico calderone. Il risultato è: chi deve dare la risposta a questi soggetti? Parliamo di soggetti che spesso, per un periodo si accontentano di avere la borsa-lavoro, con miseri 150 euro, massimo 200, alla fine dei quali non c'è nessuno che consenta loro di avere un inserimento reale.
Le persone che sono in certi servizi dovrebbero avere uno spirito di missione straordinario, che purtroppo non si certifica con alcuna laurea, con alcun corso e con alcun master, ma noi oggi abbiamo la responsabilità di rispondere a questi soggetti, quindi ringrazio tutti coloro che hanno lavorato su questo schema, su questa proposta, che sicuramente, in buona fede tende a dare risposte immediate a esigenze drammatiche, però ho voluto sottolineare questo altro aspetto, perché oggi credo, per l'esperienza che per lo meno ho avuto io, nella professione e nella politica, che dobbiamo sentirci a disagio ed umiliati del fatto che non riusciamo a dare complessivamente, come enti pubblici, una risposta dignitosa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Anch'io ritengo che sia una pagina molto positiva che oggi il Consiglio regionale offre alla società marchigiana. Partendo da un caso così specifico e così drammatico, approfittiamo per discutere e per approfondire un testo, un ma, quello delle misure che la nostra Regione offre, a una parte della popolazione, tra la più fragile, che vive in condizioni di disabilità, in particolare di disabilità grave.
Vorrei approfittare, non per piaggeria ma per ricordare a tutti noi, al Consiglio ma anche alla società marchigiana che ci ascolta, che noi siamo una regione fortunata, una regione che si è data la legge 18 con le sue modificazioni, che è ritenuta in questo settore tra le più significative nel panorama nazionale. Credo che questa sarà per noi una risorsa utilissima, visto il clima che attorno alle politiche sociali si sta vivendo in questo nostro paese, ma questo lo ricordo in premessa, anche se convengo con molti degli interventi che sono stati fatti, in particolare sull'esigenza avanzata anche dalla minoranza, di dare con più stabilità e con più serietà vita ad un'attività di monitoraggio di tutte le attività legislative, anche quelle più utili — e io ritengo che questa sia una di quelle — perché credo che questa sia una prassi alla quale la vita amministrativa deve assolutamente adeguarsi, per poter correggere in tempo utile gli strumenti e dare risposte più significative ai bisogni della nostra società.
Quindi riterrei utile che si approfittasse di questa giornata per fare un ordine del giorno nel quale si richiedesse alla Giunta regionale di monitorare, ma farlo seriamente, l'attività di questa legge.
Ricordo però alla Giunta regionale che spesso non ascolta l'azione del nostro Consiglio, perché su questo tema — oggi è presente soltanto l'assessore alle politiche del lavoro, non anche quello alle politiche sociali — il Consiglio era già intervenuto, la nostra Commissione aveva proposto, e il Consiglio approvato, un ordine del giorno nel quale chiedeva, in particolare su alcune misure, come quelle che venivano qui richiamate anche dal consigliere Massi, l'attività delle borse lavoro, l'attività dei tirocini, l'attività dell'inserimento lavorativo degli handicappati — o disabili come oggi preferiamo definirli — un intreccio forte tra le politiche sociali e le politiche attive del lavoro. Lo ricordo, perché le questioni che segnalava il consigliere Massi hanno un loro rilievo e perché è necessario che da questo punto di vista si faccia una svolta.
Quindi invito la Giunta ad avere più attenzione ai pronunciamenti del Consiglio e anche alle questioni che qui si pongono.
Sappiamo che sull'handicap grave c'è una difficoltà, che prima di tutto è della comunità scientifica la quale ancora non ha contribuito a darci una descrizione precisa di queste misure, di questo tipo di disabilità e di disagio e molto spesso questo, purtroppo, determina anche delle incertezze nelle politiche di sostegno all'handicap di particolare gravità. Ritengo però che, con una assunzione di responsabilità l'atto che facciamo e quelli che faremo nei prossimi anni dovranno prevedere uno spazio di flessibilità, cioè lasciare spazio per alcuni casi particolari, ovviamente salvaguardandoli dalla discrezionalità, ma in questo caso la discrezionalità credo sia facilmente evitabile, al fine di impedire che situazioni così gravi come quelle che ci sono state oggi suggerite non trovino risposte. Quindi dovremo con più attenzione valutare questo aspetto in futuro.
Termino, sperando che si trovi soluzione al caso che il consigliere Ricci oggi ci ha sottoposto, anzi la dovremo trovare, perché poi l'attività del Consiglio deve servire anche a questo, a trovare risposte in tempo reale a bisogni così particolari che qui vengono indicati. Quindi cerchiamo, con le modalità che ci sono consentite, di trovare assolutamente una soluzione a questo caso specifico, così grave ma che credo debba assolutamente essere tenuto nella dovuta considerazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Questo atto che capita casualmente oggi, ci dà modo di riflettere sugli interventi sul sociale. In questi giorni c'è polemica sui tagli che lo Stato centrale fa rispetto ai fondi specifici, in parte giustificati da una situazione complessiva di bilancio legata al raffreddamento dell'economia del mondo, ma in parte anche ad alcune scelte che sono state fatte su come orientare i soldi in difesa delle fasce deboli.
Vorrei fare uno sforzo di memoria e ricordare come è nata la legge 18. All'epoca dei fatti io ero componente della Commissione sanità e collaborai alla stesura di questa legge, tanto è vero che alla fine ci fu un voto complessivamente favorevole, anzi ricordo di essere stato l'integratore dell'art. 17 che riguarda tirocini e borse-lavoro, perché provenendo sul piano personale dall'attività di medico psichiatra, quindi dei servizi sociali che si occupano degli inserimenti dei disabili, feci inserire, oltre alle disabilità sensoriali — ciechi, sordi ed altro — e quelle fisiche — motulesi — anche il disagio psichico, che non era nella proposta di legge originaria compreso. Da questo punto di vista credevo nel progetto che c'era dietro.
A distanza di tempo bisogna riflettere se l'intervento pubblico è in grado di rispondere alle esigenze complessive della persona disabile e della sua famiglia, perché quando vai a rispondere al disabile c'è un problema di nucleo familiare, che il più delle volte c'è, qualche volta non c'è per niente e questa è un'altra fascia di persone.
Mi sono reso conto, proprio esaminando l'andamento di questa legge, che è vero che bisogna sostenere l'intervento pubblico, quindi, in qualche modo, il contributo dell'organizzazione sociale pubblica e — uso un termine un po' dispregiativo, perché così è l'accezione comune — la "burocrazia sociale", ma per quanto si alimenti, con la spesa, l'intervento pubblico, questo è sempre di gran lunga insufficiente rispetto alle esigenze. Se uno va a intervistare — lo dico come esperienza personale — le famiglie e i disabili quando sono in grado di autotutelarsi, rendersene conto e avere una coscienza critica autosufficiente, ti dicono che comunque l'intervento pubblico non va a risolvere le loro richieste di bisogno, è sempre insufficiente, perché l'intervento pubblico è per sua natura rigido, schematico e comunque ha sempre risorse limitate. Evidentemente bisogna cambiare strategia. Pur non negando che c'è bisogno di una rete di intervento pubblico, secondo me il sostegno dell'intervento pubblico deve alleggerirsi e deve aumentare l'intervento sul finanziamento del volontariato, privato sociale che va sostenuto con maggior ricchezza di mezzi. Qui però aggiungo una nota: il volontariato vero, perché sta nascendo il volontariato a pagamento che è qualcosa di diverso. Ormai molte associazioni volontarie hanno una serie di personaggi stipendiati che mi mettono in crisi, perché il volontario stipendiato è uno che si è scelto un lavoro in un ambito che per lui è gratificante, soddisfacente e magari anche un po' sottopagato, però non è questo il volontariato vero. (Interruzione). Cito: gli autisti delle associazioni di soccorso pubblico, prendono lo stipendio; gli autisti della Croce Rossa prendono lo stipendio. Siccome sono andato a una riunione dei presidenti del volontariato, le richieste sono di dare lo stipendio a un certo numero di volontari per sostenere la struttura. Detto che alcune cose essenziali sicuramente vanno pagate, il volontariato deve essere sostenuto nei progetti, nelle cose che fa, nelle spese che effettivamente ha per sostenere l'organizzazione e non nell'attività delle persone, l'attività delle persone deve rimanere volontariato. Questa è una cosa emersa nei convegni organizzati anche dalla stessa Regione Marche e cito quello di Loreto che ricordo bene perché sono intervenuto, in cui il problema era questo: vedere come normare questa attività del volontariato. Comunque, questo è un altro dibattito interessante, ma torniamo al tema dell'atto amministrativo.
Secondo me i filoni su cui si deve sostenere fortemente il bisogno di disagio sociale riguardano anzitutto il sostegno forte alle famiglie. Alle famiglie bisogna dare un sostegno forte, perché sono l'unico interlocutore che riesce a coprire una gamma vasta di esigenze. Per quanto l'assistente sociale è brava, l'educatore che arriva due ore al giorno è bravo ecc., bisogna cercare di mettere il più possibile la famiglia in condizioni di avere tempo a disposizione per assistere il familiare. Ovviamente con uno spazio per il pubblico, perché la famiglia che segue un disabile grave, "impazzisce" se non ha un sollievo da parte delle strutture.
L'altro aspetto è la necessità di un maggiore sostegno al volontariato sui progetti che fa. Quando il volontariato, vero, presenta un progetto quel progetto va sostenuto in maniera forte e non che il volontariato fa una cosa, quando è bravo riesce a trovare qualche sponsor, qualche contribuzione, altrimenti deve tirar fuori i soldi di tasca sua. Qualche volta il volontario è una persona umile che mette a disposizione il suo tempo, ma non ha i soldi.
Dobbiamo prendere queste due strade, alleggerendo la burocrazia sociale che scontenta tutti. Vorrei fare, con qualcuno di voi, una giornata di sportello e ascoltare gli utenti, comunque le persone che si recano lì, che in genere sono i familiari, gli amici ecc.? a richiedere cose che poi il pubblico non dà. Con la migliore buona volontà, la risposta del servizio pubblico è sempre piuttosto modesta e carente, perché la persona che va — un girono ci sono le ferie, un altro giorno un altro impegno e così via — alla fine ha sempre una risposta mediocre, quando va bene.
Gli articoli 16 e 17 sono quelli su cui mi battei all'epoca e che mi fecero esprimere in maniera favorevole sulla legge 18. Mi collego a quanto ha detto Massi che ha esordito dicendo cose che io non solo confermo, ma rafforzo. Per una persona che ha un disagio, il problema di vita, esistenziale è gestire il tempo libero. La persona che ha un handicap — se l'handicap è grave, ancora peggio — non sa cosa fare, ha il problema del vuoto. Il problema non è la scuola, dove un po' va, un po' non va, viene un po' tollerata, un po' inserita, però è una fase tutto sommato non lunga. Ma rimane tutto il resto della vita, tutta la parte extrascolastica che è di gran lunga più grave per la persona, perché ha un vuoto esistenziale tremendo. Inizia a intraprendere comportamenti abnormi, pesa sulle famiglie, è aggressivo dentro casa, oppure se non sta dentro casa combina guai fuori e comunque sta male lui stesso. Poi si deteriora, invece di andare in meglio va in peggio. Fondamentale è il lavoro. Il lavoro, sempre di più nella società moderna è la salute mentale della persona. Prima, siccome il lavoro non era tutto, l'esistenza era collegata ad altre cose. Qualsiasi manuale di igiene mentale dice che il lavoro è l'integrazione fra la persona e il contesto sociale a età evoluta. Sul lavoro c'è un buco tremendo. I tirocini, le borse di lavoro e le integrazioni sono tutte cose virtuali: c'è un'area storica in cui qualcosa è stato fatto, l'inizio, poi non si capisce perché è crollato, ma da anni è crollato, non da mesi, non dal Governo Berlusconi; da alcuni anni si rinnovano solo le borse di lavoro e i tirocini vecchi e non c'è più possibilità di ingressi nuovi. Non solo non ci sono risorse.
I Comuni dicono "non è più compito nostro", le madri che vanno ai Comuni — in genere sono le madri — sentono dire "non è più compito nostro, è compito delle Province". Le Province dicono "vai all'agenzia per l'impiego perché noi non possiamo fare altro". All'agenzia per l'impiego c'è una lista di mille persone, tre delle quali vanno a lavorare. Questa è la situazione ad Ancona ma in tutte le Marche. Qui bisogna allocare risorse.
Sono d'accordo addirittura a tagli, sacrifici in altri settori, perché i miglioramenti delle persone che cominciano ad avere una borsa di lavoro, che purtroppo, molte volte, per la patologia dura tutta la vita, sono evidenti. Pensare che alla fine dell'anno e mezzo-due anni la persona viene assunta è utopia. In un caso, due casi, tre casi su cento va bene, negli altri 97 finita la borsa di lavoro non c'è più niente. Bisogna allora creare dei meccanismi di borse-lavoro permanenti, per cui queste persone sanno dove andare la mattina, sanno cosa fare quando si svegliano, incontrano altre persone, creano un loro ambiente, una loro "cuccia sociale" in cui spesso sono tollerati, qualche volta anche graditi e hanno un contesto. Questo è il nodo fondamentale della legge, artt. 16, 17. Se non sfondiamo in questo campo e non si creano forti convenzioni con le associazioni delle categorie, cioè imprenditori, artigiani, commercianti, non risolveremo la situazione.
Mettere una persona disabile come commesso in un supermercato, come fattorino in un'azienda, come lavoro protetto in una qualsiasi ditta artigiana, significa risolvere il problema di una vita, di una famiglia, di una persona e non farla deteriorare.
Per questo credo che i tetti di spesa sono superati e quest'atto, secondo me, è insufficiente.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Vorrei fare alcune considerazioni riguardo al dibattito che c'è stato, sottolineando una cosa che già avevo detto nel corso dell'introduzione. Questo è un atto importante, perché dietro i criteri che discutiamo e siamo chiamati ad approvare ci sono persone in carne ed ossa, tra l'altro le persone più deboli perché portatori di handicap e di disabilità, come ci ha ricordato l'intervento fatto dal Vicepresidente del Consiglio Giuseppe Ricci, che ha portato un caso specifico, di grande dignità, ma che solleva un problema anche di coscienza in tutti noi.
Le considerazioni che voglio fare sono di natura politica più generale e poi, nello specifico, sull'atto che discutiamo.
Ho sentito, da ultimo, l'intervento del capogruppo di Alleanza nazionale Ciccioli che giustamente dice "bisognerebbe incentivare ancora di più alcuni articoli previsti dalla legge 18" e faceva il caso specifico dei tirocini, delle borse-lavoro, dell'inserimento lavorativo. Questo è giusto, però il Polo, Alleanza nazionale in particolare che ha sollevato la questione, dovrebbe anche dirci come questo si concilia con atti concreti che il Governo nazionale fa, perché oltre alla legge 18 per l'inserimento lavorativo delle persone portatrici di handicap, c'è anche la legge regionale 24 che è finanziata pochissimo o affatto perché la legge nazionale 68 non ha rifinanziato queste leggi regionali. Oppure ci dovrebbe spiegare come è possibile incentivare questi interventi, quando a fronte di questo il Governo dice "per il 2003 — non per il 2004 — tagliamo a Regioni e Comuni il 55% del finanziamento dell'anno precedente", cioè per la Regione Marche 22 miliardi su 40 del 2002. Bisogna allora conciliare bene le questioni. E' giusto l'invito che ci viene rivolto a prestare attenzione a particolari interventi, ma poi bisogna essere conseguenti a tutti i livelli, sul piano regionale e su quello nazionale.
Poi, discutiamo a parte la natura degli interventi, perché su questo c'è una posizione che abbiamo ascoltato anche nel dibattito della scorsa settimana sull'ordine del giorno relativo al taglio al sociale, che ci vede distanti. Noi non siamo d'accordo a monetizzare l'intervento verso le famiglie, escludendo i servizi pubblici alla persona, fatto attraverso i centri diurni, attraverso le équipes di operatori sanitari e sociali che assistono i disabili, attraverso tutta una serie di interventi che quella scelta a livello nazionale vorrebbe tagliare. L'intervento del volontariato, per esempio, è importante, fondamentale nel campo del sociale e nella sanità. Se penso a tutto il sistema dell'emergenza ci rendiamo conto che senza la presenza del volontariato quel tipo di risposta importante che stiamo dando ai cittadini marchigiani probabilmente non sarebbe possibile, o a costi molto più elevati.
Detto questo, non credo che l'intervento diretto nel sociale possa essere limitato e ad esclusivo appannaggio del volontariato, perché è un aspetto importante ma non esaustivo di tutta la problematica.
Vengo alle questioni che più direttamente interessano l'atto che oggi discutiamo.
Non voglio fare polemica, di natura sono uno che cerca di evitarlo, però rispetto alle richieste che ci sono state rivolte dall'opposizione voglio sottolineare che noi abbiamo discusso, approvato questo atto in Commissione con l'assenza totale dell'opposizione. Abbiamo discusso un'ora e mezza questo atto in Commissione, cercando di sviscerare i vari aspetti, non semplici, perché presuppongono anche una competenza tecnica che non tutti abbiamo — ad esempio io — e l'opposizione è mancata totalmente. Avrà avuto i suoi motivi, i suoi impegni, però adesso ci vengono rivolte delle domande in Consiglio quando, durante tutto il dibattito in Commissione, c'è stata un'assenza pressoché totale.
Voglio dire come ha inciso la legge 18 in questi anni. Intanto, delle pubblicazioni per dire come ha inciso la legge 18 di alcuni anni precedenti sono state date ai consiglieri regionali. Per esempio, c'è una pubblicazione che ha riguardato gli anni 1999 e 2000 in cui vengono riportati tutti gli interventi, in che percentuale sono stati esauditi ecc. Inoltre, di fatto il primo filtro alle domande che vengono presentate dalle persone portatrici di handicap è fatto dai Comuni i quali inoltrano poi le domande alla Regione, quelle che ritengono meritevoli di finanziamento e una volta che le domande vengono in Regione, tutte vengono esaudite, anche se in percentuali diverse, a seconda del tipo di intervento e dell'entità del finanziamento che viene richiesto, perché l'intervento della Regione è di co-finanziamento, di aiuto, di sostegno al servizio o all'intervento che viene richiesto dal singolo cittadino.
Questo è il modo come ha funzionato fino ad oggi la legge, credo che la legge ha funzionato sostanzialmente bene, ha dato risposte importanti a categorie sociali che sono le più bisognose.
Nello specifico della questione posta dal collega Giuseppe Ricci, non so dire se il caso che lui ha sollevato, che è toccante, importante, che non va sottovalutato, trova soddisfazione con questi nuovi criteri che sono stati adottati dalla Commissione e che oggi noi discutiamo. Teniamo conto di una cosa: la novità in assoluto che è stata introdotta su questi criteri rispetto al 2002 è stata proprio quella relativa all'assistenza domiciliare per i casi di particolare gravità, perché lì sono stati ritoccati non solo i criteri ma anche le schede, tenendo conto anche delle situazioni che si erano create negli anni precedenti. Penso quindi, che in qualche modo quel caso che qui è stato sollevato possa trovare una risposta con i nuovi criteri che abbiamo approvato e che prevedono, novità assoluta rispetto agli anni precedenti, un ruolo sicuramente più pregnante e importante esercitato dalle unità multidisciplinari, quelle che più direttamente stanno a contatto con i casi delle persone che affrontiamo con la legge 18 e che meglio di tutti gli altri possono esprimere un giudizio, che esprimeranno in maniera vincolante attraverso la sub-scheda A allegata all'atto che oggi discutiamo.
Sarei quindi dell'avviso di approvare oggi questo atto, anche perché c'è un'attesa da parte dei Comuni e soprattutto da parte delle persone direttamente interessate al finanziamento dei vari articoli che la legge 18 prevede, che con questo atto porremo a finanziamento. Credo però che le questioni che ha sollevato il collega Ricci meritino anche un approfondimento tecnico, quindi, alla fine del dibattito generale di questa mattina, potremmo sospendere il Consiglio, per approfondire con il servizio quell'aspetto tecnico specifico che qui è stato sollevato e nel pomeriggio arrivare all'approvazione dell'atto.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. Siamo di fronte a uno dei grandi problemi del welfare italiano e anche di quello regionale, che ha bisogno di scelte politiche chiare ma anche di risorse e di chiarezza fra i soggetti. Non c'è dubbio che l'inserimento nella vita quotidiana di una persona con disabilità è uno dei talloni d'Achille di un sistema ancora non perfetto, anzi carente di servizi, però quello che diceva Ciccioli è vero in parte: è vero che la famiglia è il soggetto fondamentale per poter aiutare questi inserimenti, ma la famiglia da sola affoga, la famiglia da sola non ce la può fare, a meno che non sia una famiglia di ceto sociale molto elevato e allora si compra sul mercato quello che le serve, ma la stragrande maggioranza delle famiglie debbono essere un soggetto all'interno di una rete di servizi sul territorio che è opportuno e necessari costruire e questa rete non può fare a meno di un sistema pubblico molto preciso, con tutte le sue professionalità, così come non può fare a meno del terzo settore. Quindi questa rete va costruita — ed è uno dei temi del piano sociale in via di realizzazione — nella quale il sistema pubblico promuove un coordinamento, una valorizzazione dei soggetti sul territorio, che possono essere reti di vicinato, organizzazioni di volontariato, le cooperative. Non dimentichiamoci che una delle risposte più importanti ed originali nell'inserimento delle persone svantaggiate è stata data, in Italia, negli ultimi 15 anni, dalle cooperative sociali di tipo B che sono fatte, costruite e pensate per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.
Noi abbiamo un problema di questa natura, abbiamo un problema di favorire il rafforzamento, il consolidamento di soggetti anche del terzo settore, che possano aiutarci nella costruzione di questa rete, però senza farsi illusione che da solo il terzo settore possa sopportare il carico di questo problema. Oltretutto, il discorso sui volontari va chiarito una volta per tutte: le organizzazioni di volontariato, stante la normativa nazionale e regionale, possono avere al loro interno anche persone retribuite, quindi non c'è nulla di cui scandalizzarsi se una pubblica assistenza ha un autista di ambulanze che è retribuito; il problema è chiarire molto bene che cosa è volontariato, che cosa è attività retribuita, quindi non ci può essere confusione. Chi fa volontariato lo fa sapendo di non avere in cambio alcun reddito se non un rimborso spese motivato e comprovato. Se poi ci sono delle pratiche per cui si passa per volontariato un lavoro precario o si danno piccole paghe a persone che dicono di fare volontariato, questo è un discorso totalmente di degenerazione del sistema.
Primo, le organizzazioni di volontariato possono avere al loro interno lavoratori retribuiti, lo consente la legge, purché la maggioranza sia di volontari, quindi non c'è nulla di cui scandalizzarsi. Secondo, chi fa volontariato lo fa senza alcuna ricompensa economica. Anche il volontariato così precisato deve essere uno dei terminali di questa rete, tanto è vero che la stessa 328 e il piano sociale delle Marche riconoscono la necessità di valorizzare queste strutture, però per costruire una rete di soggetti pubblici e privati fino ad arrivare all'informale, al vicinato, alla famiglia, occorrono professionalità, risorse, strumenti e questi strumenti, queste professionalità non si creano dal nulla, né senza risorse economiche.
Qui veniamo al problema che stiamo discutendo in questi giorni, su cui non mi dilungo ma su cui si è già parlato in quest'aula: il fatto che se si vuole, invece, ridurre drasticamente la quantità di investimenti pubblici nelle politiche sociali — e questa è una di quelle che dovrebbero essere maggiormente sviluppate — capite bene che la stessa Regione Marche, gli stessi Comuni delle Marche, tutti, a prescindere dal colore della Giunta politica che li governa, si troveranno in difficoltà nei prossimi mesi ad assicurare questi ed altri servizi. Quindi noi stiamo discutendo di una necessità di sviluppare politiche di rete, politiche di servizi sociali che vedono il pubblico, il privato e la famiglia insieme a costruire questa possibilità di inserimento sociale nel momento in cui, dal Governo nazionale ci vengono indicazioni che sembrano proprio renderci molto difficile questo compito. Del resto voi capite bene che non vorremmo trovarci di fronte alla necessità di dover scegliere se fare l'inserimento di disabili o politiche per i giovani, l'inserimento di disabili o politiche per la tossicodipendenza e così via. Sarebbe una scelta drastica, cinica, cui non vogliamo neanche pensare e non vorremo essere costretti a fare questo cattivo mestiere.
Per quanto riguarda la disabilità, ricordo che proprio due giorni fa si è conclusa una convention nazionale sulle politiche sociali e sanitarie e uno dei documenti generali di questa convention de L'Ulivo diceva "per la realizzazione della legge 68", cioè stiamo ancora vedendo come poter realizzare il vero inserimento lavorativo dei disabili. In questa regione ci stiamo muovendo su questo versante, attivando i centri per l'impiego che sono ormai tutti funzionanti, anche se ancora imperfetti nel loro funzionamento, abbiamo appena approvato documenti concreti di traduzione della legislazione nazionale, che consentiranno a tutti i centri per l'impiego, entro poche settimane, di avere l'attrezzatura informatica, tecnologica e professionale per fare bene il loro mestiere. Uno dei punti dei centri per l'impiego sarà proprio l'inserimento lavorativo dei disabili. Su questo faremo alcune iniziative di carattere regionale e nazionale, proprio per sollevare questa tenda e portare alla luce i problemi e i nodi che ci impediscono di fare l'inserimento lavorativo dei disabili così come vorremmo.
Un'ultima osservazione vorrei fare. Purtroppo la comunità regionale nel suo complesso non è sensibile s questo tema, perché i disabili trovano molte difficoltà ad essere inseriti nelle aziende private, il privato non ha nessuna voglia di sobbarcarsi, neanche con assistenza, questi oneri e questo è uno dei grandi problemi, perché quando un disabile ha usufruito di un anno o due della borsa-lavoro e poi trova nessuna azienda, nessuna impresa, nessun soggetto privato disposti ad inserirlo, capite bene che ci troviamo di fronte ad una insensibilità della società marchigiana — ma questo avviene anche nelle altre regioni italiane — alla problematica dei disabili. Quindi bisogna fare un salto culturale importante, dobbiamo coinvolgere davvero le associazioni datoriali di tutti i settori produttivi di questa regione, così come gli enti pubblici; dobbiamo attrezzarci tecnicamente per dare risposte; dobbiamo fare rete. Guardate quante cose dobbiamo fare. Su tutte queste linee le idee le abbiamo precise, le iniziative avverranno nelle prossime settimane, nei prossimi mesi: speriamo di poter fare quello che vogliamo fare e che qualcuno a Roma non ci impedisca di farlo costringendoci a degli sforzi sovrumani per mantenere un livello che non è soddisfacente.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 13,35