Resoconto seduta n. 126 del 12/03/2003
La seduta inizia alle 10,55



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute nn. 123 del 3 marzo 2003 e 124-125 del 5 marzo 2003.

(Sono approvati)





Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata la proposta di legge n. 165, in data 27 febbraio 2003, ad iniziativa popolare (presentatore ufficiale geom. Pietro Diletti): «Riordino del sistema sanitario regionale della Regione Marche», assegnata alla V Commissione in sede referente.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 266 del consigliere Trenta: «Impianti di risalita San Giacomo - Forca Canapine - documento unitario Arquata del Tronto - Ascoli Piceno - Cotuge»;
- n. 267 dei consiglieri Favia, Cesaroni e Trenta: «Realizzazione ciclotrone regionale e PET provinciali»;
— n. 268 dei consiglieri Avenali, Franceschetti, Tontini, Mollaroli, Minardi e Amati: «Sostegno alla proposta di legge di iniziativa popolare per la riduzione al 10% dell'I.V.A. sui consumi del gas metano domestico».


Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Amati, Favia, Mollaroli, Trenta e Massi.



Commemorazione

PRESIDENTE. E' pervenuta in questo momento notizia della morte dell'ex consigliere regionale Dario Tinti, esponente dell'allora partito della Democrazia cristiana, che ha ricoperto l'incarico di assessore alla sanità nella prima legislatura e ha svolto un secondo mandato di consigliere regionale nella successiva. I funerali si svolgeranno domani alle ore 15 a Senigallia, presso la chiesa di Santa Maria della Neve, detta "del Portone". Proongo un minuto di silenzio per commemorare la figura dell'ex consigliere Dario Tinti.

(Il Consiglio osserva un minuto di silenzio)



Interrogazione (Svolgimento): «Effetti della crisi del gruppo Fiat nelle Marche» Procaccini e Martoni (591)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 591 dei consiglieri Procaccini e Martoni. Per la Giunta risponde l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. E' chiaro che in questa Regione siamo molto preoccupati delle problematiche di crisi che si aprono sul nostro territorio. Non sono ancora moltissime ma sono abbastanza significative. Mi auguro che non crescano con il ritmo delle ultime settimane.
L'annuncio da parte della Fiat Auto Spa di voler ridurre del 20% la propria capacità produttiva si traduce con un piano di riduzione della forza lavoro pari al 21% negli stabilimenti di Termini Imerese, Mirafiori, Arese, e Cassino. Sappiamo molto bene quale sia la gravità dei vari grandi impianti. Proprio in questi giorni Termini Imerese ha ripreso a funzionare. E' chiaro che la crisi Fiat non riguarda solamente gli stabilimenti Fiat ma anche un indotto che ci interessa anche dal nostro punto di vista, indotto molto ampio che interessa il settore elettrico, siderurgico, meccanico, chimico. Nelle Marche sono molte le imprese che lavorano per la componentistica Fiat auto, quindi ritengo giustificato il timore che la nostra regione possa accusare una pesante ripercussione in termini di fatturato e di occupazione.
Dalle indagini effettuate, dalle notizie ricevute dagli operatori del settore appare un quadro di complessiva tenuta del sistema dovuta essenzialmente al fatto che l'indotto marchigiano non è monocliente, non lavora solamente per la Fiat.
Per quanto riguarda il settore artigiano ci sono, in effetti, segnali di debolezza nel comparto manifatturiero e ci sono effetti della crisi della Fiat auto sull'indotto, ma il mantenimento di rapporti commerciali anche con altri clienti del settore auto, diversificando e ampliando il proprio raggio di azione, hanno fatto sì che le ricadute della crisi Fiat in termini produttivi e di fatturato siano state contenute, e non si sono registrati esuberi di manodopera. Quindi, nel periodo relativo all'ultima metà del 2002, le aziende artigiane delle Marche di piccole e medie dimensioni - ubicate principalmente in provincia di Ancona e nel Maceratese - che producono stampi e componentistica per auto, pur registrando una contrazione dell'attività hanno evidenziato una buona tenuta, non altrettanto può dirsi invece delle aziende che operano nel settore dei trasporti sia artigiane che industriali.
La progressiva diminuzione delle vendite di automobili, (non solo di marca Fiat) ha comportato immediatamente una flessione nell'attività di autotrasporto anche nelle imprese marchigiane, i un modo particolare per quelle che svolgono prevalentemente il trasporto di autoveicoli conto terzi.
Nell'industria abbiamo aziende che lavorano nella componentistica auto (Manuli Automotive, SIPE, Automotive Products, Sogemi ecc.) che non presentano dati allarmanti: dopo una iniziale flessione di ordinativi, la scelta strategica di diversificazione produttiva ha consentito di reggere abbastanza bene all'urto potente della crisi.
In termini occupazionali si segnala la mancata conferma di contratti di lavoro a tempo determinato in scadenza per quelle aziende la cui produzione è rivolta prevalentemente alla Fiat auto.
Anche l'utilizzo dello strumento della cassa integrazione ordinaria - primo indicatore di una crisi temporanea di mercato - pur registrando un complessivo incremento delle ore su base regionale e plurisettoriale rispetto al 2001, nei comparti specifici produttivi l'aumento è stato piuttosto contenuto.
Si può ragionevolmente concludere, che la crisi della Fiat Auto, pur presentandosi con tutta la sua gravità in vaste aree produttive del paese, nelle Marche ha avuto un impatto, ma di una entità tale da non creare, per ora, eccessivi allarmismi, e questo è derivato soprattutto dalla capacità del sistema produttivo di aver attuato strategie di diversificazione produttiva e dal fatto di non avere come unico cliente la Fiat.
Pertanto, la situazione appare al momento sotto controllo, tuttavia la Regione, su questa come su altre situazioni occupazionali nella Vallesina e in altre zone, è all'erta per anticipare, se possibile, le situazioni difficili e per utilizzare tutti gli strumenti che ha a propria disposizione, per evitare che crisi economiche e produttive abbiano a riversarsi sull'occupazione o sulla disoccupazione crescente di alcuni soggetti del mercato del lavoro.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. E' ovvio che la crisi del gruppo Fiat e la ricaduta più generale meriterebbero una discussione molto ampia. Non ne abbiamo il tempo oggi, ma una riflessione di questo tipo sulla politica industriale seguita nel nostro paese andrebbe fatta, se si pensa che quel grande gruppo che negli anni '70 aveva oltre 300.000 addetti, oggi ne ha appena 40.000.
Nelle Marche — da questo punto di vista ringrazio l'assessore per una rapida informazione che può servirci in prospettiva — siamo in presenza, è vero, di un grado occupazionale elevato, tuttavia ci sono punti che possono erodere questa percentuale elevata di occupazione, perché nella provincia di Ascoli Piceno abbiamo delle crisi aperte che riguardano la Itemar, la Farmacia, che a breve riguarderanno la Ceat Cavi che sta vendendo alla Pirelli. Nella provincia di Ancona abbiamo crisi aperte oltre alle aziende chiuse (Sadam, Manifattura Tabacchi, Hydropro del gruppo Fiat, con quasi 100 addetti altamente qualificati, che sta delocalizzando, la Fincantieri che ha commesse "assicurate" solo fino alla fine di questo anno). Nella provincia di Macerata abbiamo il settore calzaturiero in forte crisi e c'è una vertenza in corso in un calzaturificio di Potenza Picena.
Non so se questa crisi del gruppo Fiat è sotto controllo. So bene della limitatezza delle possibilità istituzionali di intervento nell'economia e in particolare nelle crisi aziendali, però penso che una ricognizione complessiva andrebbe fatta con maggiore puntualità, se vogliamo riconvertire anche un intervento regionale dell'economia, se vogliamo ri-orientare anche i nuovi patti per lo sviluppo, perché non possiamo essere soddisfatti di questa "tenuta" in quanto la contrazione dell'occupazione è in corso, perché la crisi, oggi, non si evince in tutta la sua drammaticità, perché ci sono da un lato i contratti a termine che non vengono rinnovati o vengono prorogati di qualche mese, perché c'è il lavoro esternalizzato, quello delle agenzie.
Mi auguro che questo indotto molto diversificato della Fiat nelle Marche, che va dalla componentistica, molto vasta, al settore degli stampi, alla produzione di componenti in plastica, ai cablaggi e così via, possa essere tenuta sotto controllo e non sarebbe male istituire un tavolo istituzionale insieme alle parti sociali, per verificare in una prospettiva non lunga gli effetti di questa crisi.



Interrogazione (Svolgimento): «Nomina direttore sanitario dell'azienda Usl n. 12» Moruzzi (628)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 628 del consigliere Moruzzi.
Per la Giunta risponde il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Con riferimento alla interrogazione in oggetto si fa presente quanto segue:
Il D.Lgs. n. 502 del 30 dicembre 1992, così come modificato dal D.Lgs. n. 229 del 19 giugno 1999, ha mantenuto, come obbligatorio, il parere di tale figura direzionale — il direttore sanitario — sugli atti relativi alle materie di carattere sanitario; tutti i direttori sanitari di azienda, la cui permanenza nella carica era collegata alla figura del rispettivo direttore generale che li aveva nominati, e quindi, comunque decaduti, sono stati espressamente mantenuti in servizio dalla nuova figura istituzionale dei commissari straordinari, ed il fatto poi che alcuni, successivamente, abbiano dato in modo volontario le dimissioni non incide sull'avvenuta iniziale riconferma; la figura del direttore sanitario non rientra nel blocco del turn-over del personale dipendente, sia per l'importanza ed essenzialità della sua funzione, sia per il momento storico di razionalizzazione e riconversione che le aziende stanno attraversando e che rende irrinunciabile tale apporto; la situazione dell'azienda caratterizzata dalla percentuale più alta di mobilità passiva, da un'accentuata conflittualità esistente tra le varie categorie del personale dipendente e da una progressiva diminuzione di qualità nelle prestazioni erogate, esigeva, al di là di qualsiasi dubbio, una direzione esperta e competente, oltre che nella parte amministrativa, anche, e soprattutto nella parte sanitaria; il contratto, infine, che è stato proposto ed è stato sottoscritto prevede che la sua durata coincida con la durata e con la scadenza del contratto del commissario straordinario.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Dichiaro la parziale soddisfazione per la risposta. Parziale perché si tratta di una situazione di non contenimento delle spese, anche se in sede di interrogazione si era consapevoli che la figura del direttore sanitario è necessaria peri l funzionamento dell'azienda. Certo è che il ricorso e il richiamo di figure esterne piuttosto che l'utilizzo di figure interne comporta un incremento della spesa, quindi anche alla luce della situazione di riforma e di riorganizzazione del servizio sanitario regionale noi continuiamo a ritenere opportuno che il commissario straordinario dell'azienda Asl 12 di San Benedetto del Tronto avrebbe più opportunamente operato se avesse scelto come direttore sanitario una figura già presente all'interno dell'azienda di San Benedetto del Tronto. Mi sembra che il fatto che l'azienda sia oggetto soprattutto di una mobilità passiva non sia una giustificazione sufficiente, poiché parliamo di una figura apicale, una figura che non vorremmo finisse per costituire un punto fermo, visto che l'abbiamo reclutata sostanzialmente da fuori regione, e che dovesse essere riutilizzata in futuro e non soltanto per un tempo molto ristretto.
Questa nomina, peraltro, era avvenuta a un mese e mezzo dalla scadenza della nomina del commissario straordinario e comporta una spesa di 20 milioni di lire mensili, quindi una spesa certamente non trascurabile. Ritenevamo e riteniamo che potesse essere un'occasione per sospendere una serie di impegni di spesa, perché anche l'ultimo bilancio credo abbia dato a questo Consiglio la dimensione della emergenza finanziaria nel settore della sanità della nostra regione.



Interrogazione (Svolgimento) «Crisi Sadam» Procaccini e Martoni (654)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 654 dei consiglieri Procaccini e Martoni.
Per la Giunta risponde l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. Si tratta di una crisi sulla quale abbiamo operato e credo che anche questa si sia momentaneamente risolta in maniera soddisfacente.
La Sadam Zuccherifici S.p.A., appartiene al Gruppo Industriale Maccaferri e ha sede legale a Bologna con unità produttive dislocate a Jesi e Fermo. Lo stabilimento di Jesi occupa attualmente n. 199 lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato. La Sadam Zuccherifici S.p.A. in data 17 dicembre 2002 ha avviato la procedura di mobilità per il licenziamento collettivo di n. 35 lavoratori alle dipendenze dello stabilimento di Jesi ai sensi della legge 23 luglio 1991 n.223.
I profili professionali dei lavoratori eccedenti sono costituiti da n.10 impiegati e n. 25 operai. La collocazione aziendale degli impiegati riguarda la direzione tecnica (n. l), la direzione agricola (n. 4), i servizi tecnici (n .2), gli uffici amministrativi (n. 2) e l'ufficio commerciale (n.1 ). Gli operai sono collocati in diversi reparti dello stabilimento. Tra loro vi sono varie figure professionali di cui: n. 6 elettricisti, n. 7 meccanici, n. 6 operai addetti al confezionamento, n. 2 elettromeccanici e le rimanenti unità addette a servizi vari.
La Sadam Zuccherifici S.p.A. giustifica la dichiarazione di esubero con le seguenti motivazioni: 1) Incidenza del costo del lavoro per unità di prodotto; 2) esigenze di carattere gestionale e organizzativo indilazionabili; 3) problematiche di mercato legate all' importazione di zucchero da paesi non solo europei ma anche dell'area balcanica a cui l'Unione Europea ha concesso esenzioni tariffarie; 4) flessione del prodotto confezionato venduto sul mercato nazionale.
Ho interpellato la direzione della Sadam abbiamo parlato e ho chiaramente esternato tutte le mie preoccupazioni per questa situazione, ritenendo del tutto in via di dimostrazione la veridicità della loro impostazione.
L'azienda ha precisato che la suddetta decisione non va interpretata come ridimensionamento dell'attività produttiva dello zuccherificio di Jesi, né come mancato rispetto della convenzione stipulata con il Comune di Jesi relativamente alla costruzione Turbogas per i quali gli impegni a suo tempo presi, dice l'azienda, vengono mantenuti.
L'azienda ha inoltre dichiarato la propria disponibilità a valutare insieme alle organizzazioni sindacali eventuali misure per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale.
Ci siamo confrontati con i lavoratori, le organizzazioni sindacali e l'azienda — si sono svolte riunioni presso l'assessorato — per trovare delle soluzioni alternative che possano scongiurare i licenziamenti annunciati.
Un primo incontro è stato organizzato in Regione il 9 gennaio 2003 cui hanno partecipato i rappresentanti dei lavoratori, del sindacato alla mia presenza, che si è rivolto direttamente alla direzione della Sadam chiedendo la disponibilità ad un confronto su tutta la problematica e quindi per rivedere la propria posizione. In data 28 gennaio 2003 rappresentanti dell'azienda e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, dopo diversi altri incontri interlocutori, si sono incontrati e Roma presso la sede dell'Associazione nazionale fra gli industriali dello zucchero (Assozucchero) e dopo un attento esame della situazione economico- aziendale nonché sociale è stata raggiunta un'intesa articolata che prevede: 1) collocazione in mobilità di n. 21 lavoratori che nel periodo di permanenza nelle liste matureranno i requisiti per la pensione, quindi degli iniziali 35 21 sono accompagnati alla pensione; 2) a n.4 lavoratori, che nel periodo di mobilità non matureranno i requisiti per il pensionamento, verrà offerta da parte della Sadam la possibilità di trasferirsi negli stabilimenti produttivi di Celano o Castiglion Fiorentino, con decorrenza 1 marzo 2003 e in caso di non accettazione della alternativa proposta, verranno collocati in mobilità; 3) ai lavoratori che accetteranno la ricollocazione di cui al punto precedente verrà data la priorità nell'assunzione nello stabilimento di Jesi qualora l'azienda procedesse a nuove assunzioni a tempo indeterminato; 4) a n. 3 impiegati verrà offerto un contratto part-time con decorrenza febbraio 2003; 5) i lavoratori rimanenti a suo tempo dichiarati in esubero, verranno riassorbiti all'interno della struttura aziendale. L'accordo prevede inoltre l'erogazione di somme forfetarie e differenziate a titolo di incentivo all'esodo a favore dei lavoratori che maturino i requisiti per la pensione entro 12, 24 o 36 mesi dalla risoluzione del rapporto, o di entità maggiore per i lavoratori che non dovessero maturare i requisiti per la pensione entro i 36 mesi.
In data 29 gennaio 2003 l'accordo così come sinteticamente descritto è stato illustrato e sottoposto da parte dei sindacati a consultazione da parte di tutti i lavoratori dello stabilimento Sadam di Jesi che lo hanno approvato con 113 voti a favore.
Successivamente, così come previsto dal citato accordo del 28 gennaio 2003, le organizzazioni sindacali., le Rsu aziendali e la direzione della Sadam, si sono nuovamente incontrate per ricercare altre soluzioni idonee ad evitare l'applicazione del part-time per i tre impiegati di cui al punto 4 dell'accordo, e trovare altre soluzioni per i trasferimento dei quattro lavoratori in altri stabilimenti del gruppo. L'esito di questa ulteriore fase di confronto tra le parti è stato positivo: la Sadam ha rinunciato all'utilizzo del part-time per i tre impiegati e nel contempo ha ritirato la procedura per il trasferimento dei quattro operai.
Sostanzialmente ci riteniamo moderatamente soddisfatti dell'esito di questa vertenza, a riprova del fatto che il gruppo della Sadam è in salute e che, probabilmente, l'iniziale disegno era quello anche di voler fare un braccio di ferro con le organizzazioni sindacali, che nella comunque garbata azione che abbiamo fatto e nella comprensione che si è manifestata, si è ricondotto su binari del tutto ragionevoli, soprattutto pare che questa crisi si sia conclusa senza creare tensioni e senza lasciare nessuno senza posto di lavoro

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. E' chiaro che di fronte a crisi aperte o in via di risoluzione, dirsi soddisfatti sarebbe più che un eufemismo, tuttavia voglio ringraziare l'assessore per questa ricognizione molto precisa e per il lavoro serio che ha svolto in questa vertenza che è molto delicata, perché si tratta di un settore alimentare molto importante, che richiederebbe, in una discussione che dovremmo fare, anche una nuova politica agricola regionale, proprio perché i movimenti e le modalità di competizione sono cambiati. Oggi le Regioni hanno attinenza con una trattativa diretta con l'Unione europea, quindi occorre dotarsi di un sistema regionale che possa interloquire con un sistema addirittura sovranazionale, quindi europeo.
Non c'è dubbio che i minori costi che esistono in altre parti del mondo e dell'Europa attraggono le imprese, che quindi, in virtù della globalizzazione, sono portate ad avere maggiori miraggi verso il profitto e quindi dobbiamo avere una politica adeguata che non riguardi la flessibilità o la delocalizzazione, ma che deve, al contrario, dotarsi di elementi più precisi, di una politica più appropriata, perché la Sadam di Jesi in realtà, con una mobilità così consistente — quasi 40 unità — che potrà anche essere riassorbita dal pre-pensionamento e da altri ammortizzatori, insieme al comparto della trasformazione alimentare, sta già subendo un declino.
E' per questo che dobbiamo cercare di intervenire, come si sta facendo, per tempo, per invertire una tendenza e mi auguro che nel nuovo piano agricolo regionale si possa intravedere una modalità più seria, da dare a questo comparto dello sviluppo economico delle Marche una dignità che oggi non ha avuto come meriterebbe.



Interrogazione (Svolgimento): «Problemi occupazionali nella Vallesina: emergenze Hydropro e Sadam» Cecchini (665)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 665 del consigliere Cecchini. Per la Giunta risponde l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. Di Hydropro abbiamo cominciato a parlare con il sindaco di Jesi alcuni mesi fa, prima ancora che si manifestasse una evidente volontà di ridurre l'occupazione, perché c'erano già dei segnali leggibili nel territorio, che ci preoccupavano.
La Hydropro è una società a responsabilità limitata con unico socio: la Caterpillar International Investments Srl con sede negli Usa. E' stata costituita alla fine del 1995 e la sua attività consiste nella produzione e commercio di cilindri e sue parti e componenti idraulici in generale, pompe e motori.
Il numero degli addetti rilevati nel 2001 è di 239 unità.
Nella prima settimana di gennaio 2003 la direzione aziendale ha comunicato alle Rsu dello stabilimento di Jesi che la Caterpillar aveva preso la decisione di trasferire la produzione di pompe e motori all'estero o in Polonia o in Giappone con la conseguente chiusura del relativo reparto di Jesi dove attualmente lavorano circa 30 addetti, quindi eravamo chiaramente davanti ad un caso di delocalizzazione, quanto meno di una parte della filiera produttiva interna. Le motivazioni portate dall'azienda erano esclusivamente di ordine economico. Lo stabilimento di Jesi rapportato con altre realtà produttive dello stesso gruppo industriale non risultava competitivo in termini di costi e produttività, pertanto a fronte di un andamento finanziario insoddisfacente, l'azienda sceglieva di operare in altri siti produttivi che risultavano più competitivi.
A seguito di tale situazione, sia nel mondo sindacale che in quello istituzionale era ed è forte la preoccupazione che le decisioni della Hydropro possano ripercuotersi negativamente sui livelli occupazionali dell'azienda con prevedibile impatto sociale, andando ben oltre i 30 operai del reparto di cui si è parlato fino adesso.
La maggiore difficoltà di avere notizie chiare e precise sulle prospettive aziendali, nasce essenzialmente da due fattori: il contesto internazionale in cui si muove l'azienda, nonché nel fatto che in un mercato globalizzato non è possibile azzardare previsioni e scenari di medio o lungo periodo. E' difficile avere informazioni, anche visto che la Caterpyllar ha sede negli Stati Uniti. Il piano della casa madre dovrebbe chiarire bene i ruoli futuri dell'azienda
Successivamente saranno effettuate delle analisi su possibili pensionamenti, saranno analizzati anche i volumi di vendita del prodotto e l'andamento del mercato. Ci viene riferito che è interesse della direzione di operare al fine di limitare eventuali ripercussioni sul piano occupazionale cercando di salvaguardare il business della Hydropro.
Successivamente nel giro di 4-6 settimane, sulla base del piano di trasferimento che l'azienda presenterà ai sindacati, conosceremo i tempi, le quantità e le modalità con cui verranno realizzate le tappe dl processo di trasferimento (Polonia o Giappone). L'azienda fa presente che il processo di sfilamento sarà effettuato in maniera graduale.
Sarà in quella sede che si affronteranno le problematiche inerenti gli eventuali esuberi di manodopera, che se inevitabili dovrebbero provocare azioni volte a minimizzarne gli effetti sul piano sociale. Al riguardo, l'azienda non ha mai parlato né di ricorso alla cassa integrazione, né ad automatica dichiarazione di esuberi.
In data 6 marzo 2003 c'è stata la sigla di un accordo realizzato nell'ambito dell'incontro previsto per la verifica periodica dei carichi di lavoro e il premio di risultato, incontro previsto dal precedente accordo integrativo aziendale.
La bozza di accordo dovrà essere presentata lunedì prossimo all'assemblea dei lavoratori. I punti salienti dell'accordo - siglato da tutta la RSU e dalla Fiom-CGIL, Fim-CISL e Uilm-UIL, contrario il Sin-Cobas - possono così sintetizzarsi: la produzione di cilindri idraulici vede una particolare concentrazione nella prima metà dell'anno, che consente all'azienda di prevedere per il primo semestre 2003 un aumento della produzione, conseguentemente l'azienda valuterà se esistono le condizioni di mercato e di economicità per riportare all'interno delle produzioni esternalizzate;
l'azienda per far fronte all'incremento produttivo conseguente una aumentata domanda, farà ricorso all'utilizzo di n. 3 lavoratori interinali con un iniziale contratto per due mesi eventualmente prorogabili.
L'azienda ha quindi chiesto - e ottenuto - la disponibilità del sindacato alla flessibilità produttiva attraverso prestazioni lavorative che comprendono il sabato come lavoro straordinario, da effettuare su base volontaria, secondo quanto previsto dal vigente CCNL.
Infine, per quel che riguarda l'annunciato progetto di trasferimento del reparto pompe e motori, si registra l'impegno dell'azienda ad informare la Rsu, non appena tale progetto sarà stato definito dalla direzione, nonché a stabilire ulteriori momenti di verifica con il sindacato per monitorare il piano di delocalizzazione e gli eventuali riflessi sull'occupazione.
L'accordo è stato presentato lunedì scorso alla valutazione dei lavoratori, quindi il discorso è stato ratificato.
Questo significa che non siamo più preoccupati per la situazione della Hydropro? Tutt'altro, siamo ugualmente preoccupati perché è un'azienda che ha una visione internazionale del lavoro e quindi, in tale visione, potrebbe ritenere utile, anche in futuro, utilizzare strategie di delocalizzazione. Sappiamo che le strategie di delocalizzazione sono ormai una componente quasi routinaria del management delle grandi aziende e anche delle medie, quindi le preoccupazioni delle ricadute sul piano occupazionale non sono certamente svanite. Questo ci fa stare all'erta su questo caso aziendale, anche se per il momento è avviato verso un accordo, perché non c'è da nascondersi che le strategie di delocalizzazione o anche quelle di internazionalizzazione possono avere ricadute diverse sul nostro tessuto economico e produttivo: talvolta possono essere un settore di rafforzamento delle nostre iniziative, talaltra invece possono rafforzare l'imprenditoria ma ridurre l'occupazione. Quindi, siccome la Vallesina è un territorio particolarmente ricco di imprese che hanno rapporti forti con l'estero — e sappiamo che la meccanica è il primo settore delle Marche — è chiaro che questo assessorato seguirà con molta attenzione non solo l'evoluzione del caso Hydropro ma anche l'evoluzione dei casi di altre aziende che potrebbero rientrare in questo prospettiva di difficoltà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Ringrazio l'assessore per l'impegno con il quale ha relazionato a quest'aula relativamente alle vicende dell'Hydropro. Personalmente non condivido una serie di ragionamenti qui svolti, che probabilmente gli vengono da un'istruttoria fatta dai funzionari, non adeguata. L'accordo che si è fatto sulla felssibilizzazione massima, induce a rendere ancora più pesante il clima dentro l'Hydropro. Le notizie di questi giorni portano a dire che è vero che l'accordo è stato approvato ha avuto 152 voti contro 69, ma non è stato firmato da tutta la Rsu, perché il rappresentante Sin-Cobas non l'ha firmato. C'è stata una pesantissima pressione su ogni lavoratore con la direzione aziendale che è scesa in campo per acquisire consensi. Ma questo sta nelle storie che si stanno svolgendo in questi giorni nelle aziende, purtroppo anche della nostra regione.
La questione su cui dissento — e la pregherei di fare un ragionamento più generale — riguarda il possibile ruolo, difficilissimo da svolgere, riguardante il fatto che la Vallesina, contrariamente ad altre parti della regione è un territorio simbolico perché vi sono aziende la cui rilevanza e dimensione è internazionale. Siamo di fronte ad alcune aziende che possono delocalizzare velocissimamente in altre parti d'Europa, quindi la direzione delle scelte non è nemmeno europea, pur essendoci un punto di riferimento vero che coordina almeno la parte europea della Caterpyllar. Sia su questo che sulla questione della Sadam credo valga la pena di fare un ragionamento non tanto sulla globalizzazione come la intendiamo nei dibattiti che andiamo facendo sulla politica economica o sulla pace e la guerra in questi giorni, ma ragionare su come possiamo tentare di costruire delle alleanze per incidere su alcune politiche, ad esempio la Sadam: la politica delle barbabietole, in Europa è stata ovviamente frutto di una trattativa nelle varie commissioni che si sono pronunciate. Il ridimensionamento della quota italiana delle barbabietole è stato direttamente proporzionale alla chiusura di alcuni stabilimenti per la nostra regione e se non assumiamo un'iniziativa che coinvolga l'Unione europea rischiamo che la Sadam faccia un lavoro egregio di sistemazione di lavoratori come lei ha descritto, ma non c'è dubbio che forse abbiamo bisogno — diceva bene Procaccini — di ragionare su quello che di politica agricola regionale intercettiamo con i fondi dello sviluppo rurale, altrimenti, da una parte per i fondi che gestiamo, dall'altra per le indicazioni che possiamo avere in sede Ue, sulla Sadam continueremo a fare politiche come se fosse la Sipe di Borghetto l'Ap di Moie o la Mg di Piani di San Paolo, cioè aziende dell'indotto Fiat, sulle quali, essendo artigiane, possiamo fare molto poco.
Credo che a questo punto la Vallesina potrebbe essere, per la Giunta regionale un ragionamento complessivo per porre le questioni dello sviluppo economico a livello, almeno, di Unione europea.
Sulla Hydropro la questione è serissima, perché questo accordo che lascia via libera alla flessibilizzazione della produzione, nulla dice circa la riduzione della produzione dei cilindri, perché si comincia a produrre ma forse ad agosto saremo punto a capo con le ferie forzate e rispetto al reparto pompe motori certezze non ve ne sono.
Anche da questo punto di vista il sindacato difficilmente riesce a organizzare, a livello europeo, una lotta dei lavoratori Caterpyllar, perché se ne è parlato, se ne parla, così si dovrà fare, ma non c'è dubbio che il livello europeo è più facilmente abbordabile, a livello istituzionale. Credo che a quel livello bisogna porre la questione, altrimenti il suo lavoro egregio rischia di essere la collocazione di alcuni che comunque va sempre bene nel nostro tessuto produttivo diffuso e da questo punto di vista le chiedo, assessore, una cosa in modo molto esplicito e solenne. Conosco l'impegno che lei ha profuso sulla Sima, sappiamo tutti come è andata a finire, ci sono questi lavoratori a questo punto in mobilità, ce ne sono alcuni che hanno 50 anni senza essere sufficientemente coperti dalla mobilità e forse una riunione ad hoc per questi 5-6 lavoratori vale la pena di farla, perché così si onora un impegno che questo Consiglio regionale aveva comunque preso.



Interrogazione (Svolgimento): «Reparto ospedaliero per la disintossicazione dalle dipendenze di Ancona» Ciccioli (630)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 630 del consigliere Ciccioli. Per la Giunta risponde il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. La funzione di gestione in regime di ricovero dei pazienti seguiti dal Sert dell'Asl di Ancona nella vecchia sede dell'Umberto I e stata trasferita presso la sede di Torrette nell'ambito dei posti letto del dipartimento di salute mentale; il mantenimento di tale funzione va monitorato con riferimento sia all'appropriatezza dei ricoveri che alla opportunità di concentrare una funzione che gestita con grossi volumi di attività in una unica sede rischia di avere un impatto problematico sulla struttura; la creazione di un centro di riferimento regionale va attentamente valutata trattandosi di una soluzione quasi mai perseguita oltre che per i problemi di impatto sopradescritti anche per la necessità di garantire continuità tra l'attività dei Sert e quella delle strutture ospedaliere di riferimento, continuità di solito meglio garantita da posti letti distribuiti nella rete ospedaliera dello stesso territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. E' proprio vero che nella politica e nella pubblica amministrazione non si possono mai fare le previsioni. Avrei cominciato la mia risposta dicendo che ero in parte soddisfatto perché l'interrogazione era del 16 novembre e nel mese di dicembre parte di ciò che stato dicevo è stato risolto. Avrei detto "sono contento che l'interrogazione in qualche modo ha stimolato la direzione generale — in quel momento commissariale — dell'azienda ospedaliera, che ha trovato una soluzione". Però le cose che ho ascoltato, anche se in maniera un po' criptica non mi tranquillizzano. Vorrei rifare brevissimamente il punto sulla situazione.
Da anni, presso l'azienda ospedaliera Umberto I di Ancona funziona un servizio che ha analoghi in altre regioni — cito Firenze, Parma — però sono progetti pilota che non esistono in altre zone d'Italia, quindi una struttura abbastanza qualificata e particolare, che si fa carico di un segmento, anche se modesto e marginalizzato — quelli che vengono chiamati pazienti "indesiderabili" — che però dà risposta alle famiglie, perché questi soggetti creano problemi alle famiglie, oltre che a se stessi. Un luogo piccolo, ma che si prenda in carico questi soggetti è necessario, altrimenti essi hanno un loro percorso alternativo che passa nei pronto soccorso creando delle disfunzioni gravissime, perché mettono sostanzialmente in difficoltà la struttura che deve dare risposte di urgenza-emergenza per patologie organiche, o nelle psichiatrie.
Nel novembre 2002 c'era un atteggiamento di incomunicabilità tra azienda territoriale e azienda ospedaliera di Ancona. Alla fine, stretti dalle proteste sia degli operatori che degli utenti e dall'interrogazione, è stata data una risposta, però una risposta precaria, nel senso che sono stati sottratti quattro posti letto alla clinica psichiatrica e alla divisione ospedaliera di psichiatria, che dal piano sanitario da 24 sono stati ridotti a 20. Questi 4 posti letto isolati dal resto del reparto sono stati affidati all'équipe che prima gestiva la struttura e stanno continuando l'attività. Proprio qualche giorno fa mi sono recato a visitare alcuni reparti e ho trovato, così com'era nei progetti, un paziente proveniente dalla Asl di Fabriano, uno proveniente dalla Asl di Fano, quindi un servizio in qualche modo regionalizzato, per un target limitato e con un'utenza regionale.
Questa situazione è migliore della precedente dell'Umberto I, come struttura, però hanno diminuito i posti letto che prima erano 6 e con 4 ci sono continuamente liste di attesa, perché da 6 a 4, pure nel numero limitato si creano liste di attesa piuttosto forti. Inoltre è stata migliorata la specificità dei ricoveri, nel senso che vengono valutati soggetti cosiddetti a doppia diagnosi, che hanno patologie di tipo comportamentale e contemporaneamente abuso di sostanze. Tra l'altro è stata aumentata la recezione per i pazienti alcolisti che generalmente vanno tutti presso strutture private, invece finalmente c'è anche un'offerta pubblica, non solo quella privata. Quindi c'è un miglioramento complessivo della qualità del servizio, anche se per alcuni giorni, nel mese di dicembre dentro la vecchia struttura dell'Umberto I era rimasto quest'unico reparto da 6 posti letto isolato, con tutti i servizi — compresi caldaie e riscaldamento — chiusi, però adesso bisogna trovare una sede definitiva. Giustamente i responsabili del servizio psichiatrico chiedono che siano restituiti i 4 posti letto e il servizio dovrebbe trovare spazio all'interno del nucleo di Torrette dove gli spazi in questo momento ci sono e sono riordinabili, ma quando, tra qualche mese, arriveranno la cardiologia, la cardiochirurgia ecc. non ci saranno più gli spazi.
Per questo ho chiesto di mettere l'interrogazione all'ordine del giorno benché una parte dell'oggetto specifico era superata, perché c'è la seconda parte del problema: passare dalla precarietà a una sede definitiva, cercare di tornare ai 5 posti letto programmati più uno per l'urgenza all'interno della sede, restituendo i posti che sono stati sottratti.
Sono quindi soddisfatto per quanto nel frattempo era successo per un abbozzo di soluzione, ma la soluzione non può essere lasciata fluttuare. Materiale, questo, che dovrà poi essere inserito nel nuovo piano sanitario regionale che è in corso di attuazione.
Il giudizio è quindi sospeso.



Proposta di legge (Votazione): «Piano faunistico-venatorio regionale 2002-2007. Legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7» Giunta (90)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca La proposta di legge n. 90, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Come commissione avevamo stabilito che occorreva rivedere alcune procedure. Oggi si è stabilito di procedere e la riunione è stata fatta questa mattina, non prima, grazie a uno stratagemma. E' assurdo che i consiglieri si ritrovino a discutere l'approvazione del piano faunistico-venatorio che non è stato redatto dai servizi totalmente, ma attraverso un incarico rispetto al quale mi riservo di andare a verificare le norme stabilite. Gli emendamenti presentati questa mattina dalla maggioranza erano stati fatti precedentemente dal sottoscritto, perché oggi, finalmente, l'unica soddisfazione è constatare che quelle superfici erano errate. Quindi andiamo ad approvare qualcosa che non è ancora chiaro, ma soprattutto qualcosa ottenuto da un incarico che ha scaturito uno studio non conforme alle richieste fatte.
Chiedo, pertanto, che non si proceda all'approvazione, altrimenti ci possono essere degli estremi di responsabilità per tutti coloro che lo approvassero.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Non voglio entrare nel merito delle questioni poste, ma mi risulta che questo strumento non è molto condiviso da due soggetti che hanno un rilievo nella sua gestione: il mondo della caccia e a livello istituzionali importanti, per esempio l'Amministrazione provinciale di Pesaro che non credo veda di buon grado il lavoro che è stato concertato.

FERDINANDO AVENALI. Chi l'ha detto?

ROBERTO GIANNOTTI. Io. Se vuoi che ti dica i nomi de tuoi compagni di partito li dico, ma ti "sconfesso", quindi non provocare. Ti ho detto — e te lo può confermare il relatore di maggioranza. Se tu parli con il segretario dei Ds può darsi che dica il contrario...

FERDINANDO AVENALI. Con il Presidente della Provincia...

ROBERTO GIANNOTTI. Lascia stare... C'è un assessore alla caccia che ha la delega, quindi cerchiamo di non provocare.
Non mi risulta che il piano abbia un grande consenso, quindi pongo un problema politico, che mi porta a dire che è utile, importante interpretare, recepire la proposta di Gasperi e rimandare questo atto in Commissione perché venga approfondito, limato. Per esempio, sul problema delle superfici destinate c'è una dialettica abbastanza accesa. Non credo che il piano sia rispettoso di quanto prevede la legge rispetto ai limiti, quindi ci sono cose che possono essere riviste.
Credo sia interesse di tutti che questo strumento sia più condiviso possibile, non credo che il rinvio di una settimana, dando la possibilità alla Commissione di metterci le mani seriamente, magari per vedere chi bluffa, come dice il consigliere Avenali, provochi danni. Sarebbe utile e nell'interesse di tutti. Sono quindi del parere che valga la pena rimandare in Commissione questa proposta per un approfondimento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Esprimo parere contrario al rinvio per una motivazione molto chiara e precisa. L'altra volta abbiamo chiesto un rinvio tecnico, non di rimandare in Commissione il piano, per avere tempo di verificare insieme agli uffici la congruità di alcuni principi esposti nel piano e l'accoglibilità di alcuni emendamenti presentati in sede di discussione consiliare. Queste considerazioni e valutazioni sono state fatte dall'ufficio, abbiamo avuto modo anche questa mattina, in una riunione dei componenti della Commissione di prendere atto e valutare, credo che il giudizio che deve essere dato rispetto a questo rinvio è un giudizio positivo, voluto in particolar modo da Viventi, Gasperi e Cesaroni e credo che sia servito, perché ha permesso di fare un approfondimento dal quale è scaturito un emendamento che ho presentato come relatore, nel quale si fa riferimento alle leggi in modo chiaro, quindi è inesatto quello che il collega Giannotti ha affermato. Siamo quindi pienamente in grado di andare avanti nelle votazioni relativamente a questo piano. Credo sia oltremodo opportuno, anche per evitare che in una materia importante, delicata, all'interno della quale sappiamo esserci interessi non sempre convergenti, si inneschino meccanismi che attengono più a valutazioni e strumentalizzazioni di altra natura piuttosto che al merito di un piano che deve essere rinnovato, rispetto al quale siamo già in ritardo come Regione e che è fondamentale, in particolar modo per il mondo venatorio, perché da questo discenderà la possibilità per le Province di fare i piani faunistici provinciali, indispensabili per approcciare il prossimo periodo. Quindi chiedo di procedere con i lavori.

PRESIDENTE. Dobbiamo porre in votazione la richiesta di rinvio in Commissione della proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 1 a firma Viventi, che ha la parola.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

LUIGI VIVENTI. Prima di illustrare l'emendamento vorrei semplicemente fare una premessa. Mi sono astenuto sulla richiesta di rinvio del collega Gasperi per un motivo. Sia in Commissione che in Consiglio regionale sono stato promotore della richiesta, l'altra volta, di un approfondimento e di un rinvio per verificare l'esattezza delle percentuali delle superfici da assegnare alle varie tipologie: aree protette, aree per la caccia, agro-silvo-pastorali ecc., chiedendo che per quanto riguarda le strade interne venissero calcolate con distanza di 50 metri a destra e sinistra. Debbo dare atto che questo lavoro è stato fatto, l'emendamento del relatore di maggioranza Tontini recepisce questa nostra richiesta (anche il collega Gasperi aveva fatto una richiesta simile) e da questo nuovo calcolo si evince una ripartizione più precisa tra territorio utile alla caccia, di pianificazione faunistica ed agro-silvo-pastorale.
Per quanto riguarda la situazione delle aree protette, calcolando di nuovo le strade all'interno dei parchi la superficie complessiva delle aree protette già esistenti aumenta e questo fa sì che diminuisca la superficie delle nuove aree protette che si volessero eventualmente istituire.
Non per essere favorevoli o contrari in linea di principio ad aree protette o per la caccia, ma semplicemente per un rispetto della legge.
Quindi credo che questo lavoro sia stato proficuo, pertanto questa nostra richiesta di rinvio ha consentito a quest'aula di avere uno strumento più preciso. La parte che rimane non precisata — l'abbiamo detto informalmente prima in Commissione, approfittando anche della presenza dei dirigenti del servizio — è quella relativa alle zone definite di ripopolamento, faunistiche ecc., per le quali è necessario l'intervento delle Province.
A questo punto diventerebbe un cane che si morde la coda, perché se non approviamo questo piano le Province non possono fare i piani provinciali, quindi non andremo mai a definire la questione.
E' vero quanto dice il collega Gasperi, che sicuramente questo piano non è definito al 100% nelle sue ripartizioni; è vero altresì che però noi, con il rinvio di questo piano in Commissione per una settimana non risolveremmo assolutamente il problema, perché comunque questo calcolo per le zone di ripopolamento fra una settimana-dieci giorni — è stata una domanda esplicita che ho posto ai dirigenti — non potremmo farlo. Quindi il palliativo di rinviare di una settimana in Commissione non serve a niente. O questo piano viene rinviato alla fine dell'anno, e allora la cosa sarebbe differente, ma se le Province non sono in grado di fare i loro piani sarebbe un rinvio sine die e credo che questo non sia nell'interesse di alcuna associazione, né venatorie né altri.
Quindi ritengo che questa modifica da noi proposta e recepita dalla maggioranza sia un fatto positivo perché ha dato chiarezza e ho piena fiducia nei nostri dirigenti e in quello che hanno detto.
L'emendamento è talmente chiaro, da non doverlo illustrare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Intervengo per condividere il senso e il significato dell'emendamento, che tra l'altro va oltre il merito della valenza giuridica di questo piano, per un semplice motivo. E' stato chiarito, soprattutto negli ultimi mesi, come si evidenzi un problema per quanto riguarda il rapporto tra Ptrap e faunistico-venatorio. Il problema è che a margine dell'atto amministrativo di istituzione della famosa oasi di Ripa Bianca, abbiamo , nella parte narrativa della delibera, notato come i funzionari stessi richiamavano il Consiglio regionale ad una maggiore coerenza tra quel provvedimento amministrativo e il piano che oggi è all'approvazione del Consiglio regionale, perché in effetti sono strumenti questi che in qualche modo interferiscono fra di loro.
Non è possibile invocare la gerarchia delle leggi, perché fra l'altro si parla di atti di carattere amministrativo, quindi è bene che questo Consiglio regionale si doti di una regola che stabilisca autonomamente una gerarchia fra provvedimenti che sono tesi e finalizzati se non a disciplinare in qualche modo, la stessa materia, a interagire profondamente fra di loro.
L'emendamento Viventi secondo me ha il pregio di chiarire come, nel sistema della produzione normativa e amministrativa di questo Consiglio, al piano faunistico va riannessa un'efficacia cogente rispetto agli atti amministrativi che in qualche modo ineriscono materie analoghe o comunque interagiscono per la loro stessa essenza di atti amministrativi tesi a istituire o meno aree di natura protetta. Questo è un problema non solo giuridico ma anche politico, perché sappiamo bene che su certi argomenti anche questa maggioranza si è trovata, se non divisa, impegnata in un confronto interno importante, proprio perché la componente ambientalista ha nel suo Dna una richiesta precisa, pressante volta alla istituzione di sempre maggiori spazi sottratti all'esercizio venatorio. E' vero quanto dice nel suo recente annuncio la Federcaccia, nel momento in cui fa riferimento al fatto che il Ptrap e lo stesso piano faunistico fanno riferimento a zone protette, però ci dobbiamo chiarire: se questo strumento deve avere la forza che tutti noi auspichiamo che abbia, se è vero che la tempestività del piano va nel senso di favorire gli Atc e le province in questo loro sforzo di riordino della materia per parte loro, è altrettanto vero che non possiamo invocare la tempestività quando questa riguarda l'approvazione immediata del piano e non premurarci del fatto che il piano in sé non ha un elemento importante, che Viventi ha suggerito di inserire, proprio per quanto riguarda l'ordine sistematico che deve in qualche modo collegare faunistico-venatorio e altri provvedimenti amministrativi.
Quindi, proprio la natura giuridica degli atti di cui parliamo, che sono atti di natura non normativa, deve impegnare, proprio per una questione di chiarezza, di facilitazione che dobbiamo garantire agli enti sottoordinati cui deleghiamo l'adempimento di una frazione di questo piano, la maggiore sicurezza, la maggiore certezza del diritto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Sono d'accordo sull'emendamento, però bisogna chiarire una cosa. Tutti vogliono prendere gli oboli delle battaglie e dicono tutti "abbiamo vinto". Il sottoscritto è l'unico ad avere presentato gli emendamenti toccando in concreto le differenze di calcolo nell'ambito delle superfici. Noi andiamo ad approvare un piano in l'oasi di Ripa Bianca, approvata qui 40 giorni fa, non è neanche menzionata, quindi negli atti non esiste una cosa che dovrebbe essere considerata.
Non si tratta di dire se questo piano è valido o meno valido, non si entra nel merito politico del documento, ma si parla di concretezza. Questo faunistico-venatorio è stato redatto su linee totalmente al di fuori di quanto contemplato dalle leggi nazionali e regionali, tanto è vero che quando lo si denunciava nell'ambito della Commissione c'erano alcuni che dicevano "non lo sappiamo". Siccome i calcoli devono essere fatti secondo procedure e siccome si deve individuare la superficie del territorio, dobbiamo avere certezza delle superfici delle aree protette, delle aree adibite alla caccia, dobbiamo conoscere con certezza quello che dice la legge. C'è una sentenza della Corte costituzionale che indica le distanze per il calcolo delle superfici che da questo piano non sono state considerate.
Dopo che il piano è stato discusso e licenziato dalla Commissione, nessuna autorità competente ha ri-conteggiato quelle superfici che avrebbe dovuto conteggiare contemplando anche il piano di Ripa Bianca.
L'emendamento chiarisce il significato di quanto riportato nel piano, ma non entra nel merito.
Per questo motivo ritengo che nei conteggi debbano essere seguite le norme e le indicazioni che le leggi nazionali e regionali prevedono.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Credo che l'emendamento sia da respingere, in quanto nella prima parte è pleonastico: attribuisce al piano compiti e funzioni che non sono del piano stesso. La definizione dell'interazione e della gerarchia fra le leggi è determinata dalla legge 394 che riguarda i parchi e dalla 157 che riguarda l'attività faunistico-venatoria. E' in quella interazione che vengono definiti e attribuiti compiti e funzioni ai piani faunistico-venatori e al Ptrap. E' chiaro che questo piano condiziona anche l'individuazione delle aree protette.
Per quanto riguarda la seconda parte, credo sia superata dal fatto che è stato presentato un ordine del giorno che va nella direzione dei finanziamenti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 2 a firma Gasperi, Ciccioli, Castelli, Pistarelli e Romagnoli.
Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. "In osservanza della legge 157/92, art. 23 e della legge regionale 7/95, artt. 41 e 42, la Regione destina annualmente le somme occorrenti per l'assolvimento delle funzioni inerenti l'attuazione del faunistico-venatorio. La Regione è tenuta ad impegnare annualmente la totalità delle somme introitate nell'anno precedente derivanti dalle tasse in materia di caccia secondo le finalità prescritte dalle sopracitate norme". Questo, messo nel faunistico-venatorio ci permette di avere in concreto ciò che è stato preparato questa mattina come ordine del giorno, per cercare di far utilizzare gli introiti che provengono dal pagamento delle imposte dei cacciatori, dai cacciatori stessi. Chiedo pertanto che su questo emendamento ci sia una volontà, soprattutto da parte della maggioranza, di fare chiarezza, proprio perché l'ordine del giorno dà un contributo, ma chi lo dà concretamente è questa premessa che si propone di aggiungere al faunistico-venatorio. Per questo motivo chiedo, a nome anche di Castelli e Giannotti la votazione per appello nominale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Lo spirito di questo emendamento è condivisibile, così come parte dell'emendamento precedente e altri successivi. Va però detto che da un punto di vista giuridico la risposta che il collega Gasperi attribuisce a questo emendamento non è condivisibile, in quanto non è il piano che può superare una norma di legge del 1998 che elimina la destinazione e la finalizzazione dei finanziamenti derivanti dalle tasse pagate dai possessori di licenza di caccia. Quindi non può essere approvato questo emendamento. Diversamente viene presentato un ordine del giorno sottoscritto da tutti i membri della Commissione, che va nella direzione di risolvere, essendo in discussione in queste settimane le ipotesi di legge in terza Commissione, il problema posto dall'emendamento, quindi il ripristino dei finanziamenti introitati dalla Regione in seguito al pagamento delle tasse da parte dei possessori di licenza per l'attività venatoria.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Sostengo che quest'aula debba essere la sede per discutere, per affrontare tutte le questioni, ma ritengo che mettere in votazione questo tipo di emendamento sia improprio, questo è un emendamento irricevibile, che non ha la possibilità di essere votato in questo Consiglio. Per il quieto vivere possiamo votare qualsiasi cosa, anche un disegno su un foglio presentato sotto forma di emendamento, ma non credo che sia serio che arrivino sui banchi dei consiglieri delle proposte che poi non raggiungono neanche la finalità, perché ammesso che lo approvassimo, questa proposizione non avrebbe alcuna applicabilità, prenderemmo in giro i cittadini. Per questo le regole servono: perché gli strumenti percorrono i binari che stanno all'interno delle norme regolamentari dell'ordinamento generale.
Il mio voto non sarà contro o a favore di questa cosa, sarà un voto contrario perché io ritengo che prenderemmo in giro i cittadini se approvassimo questa dichiarazione dentro uno strumento improprio come un atto amministrativo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Dice Tontini che lo spirito è condivisibile, non è questa la sede. Questa è la giustificazione a un voto che presumibilmente sarà di tipo contrario. In realtà, è questa la sede per ricordare come, appena sette giorni fa, un emendamento analogo, quello sì presentato nella sede appropriata — perché era proposto dal gruppo di Alleanza nazionale nella finanziaria della Regione Marche — era proprio volto ad abolire quella parte della finanziaria del 1998 che stabiliva la cassazione delle tasse di scopo, anche se solo limitatamente alla legge 7/95, art. 41. Da Marco Moruzzi possiamo accettarlo, perché è stato coerente e il suo discorso si è limitato all'irricevibilità, ma non da Tontini e dal gruppo Ds, visto che non più tardi di sei giorni fa un emendamento analogo proposto con questo stesso spirito, anzi quasi con parole identiche nel momento stesso in cui stavamo discutendo della finanziaria, ha avuto un voto coralmente contrario, un rifiuto che non era di carattere tecnico ma di carattere sostanziale. Una volta per tutte ci dobbiamo chiarire, perché ognuno è portatore della propria visione del mondo e delle cose ma non possiamo vivere delle finzioni giuridiche e anche politiche. A me risulta di avere constatato, con quel voto, che comunque c'era una non volontà di ripristinare la partizione di cui all'art. 41 della legge 7/95, oggi Tontini mi dice che in realtà abbiamo solo sbagliato la sede, perché non è quella amministrativamente adeguata: mi chiedo se ci sia la volontà di entrare nel vero merito della questione, cui sfugge, secondo me, anche l'ordine del giorno, posso dire apprezzabile nei toni genericamente intesi, ma che sfugge al vero problema che non solo dal mondo dell'associazionismo venatorio ci viene posto.
Il problema è: dobbiamo destinare alla caccia o no la totalità della tassa regionale che annualmente i nostri esercenti l'attività venatoria corrispondono alla Regione? E' quello il punto cui sfugge lo stesso ordine del giorno, che si limita a far voti affinché vi siano misure che invertano la tendenza verificatasi negli ultimi anni, impegnando una quantità maggiore delle risorse ricavate. Un conto è la quantità maggiore, un conto far sì che anche nell'ambito venatorio si applichi un principio che era stato estromesso dal nostro sistema normativo con la finanziaria del 1998, ma è stato restituito, almeno in termini puntuali, nel nostro ordinamento, dalla recente legge sui funghi che ha ripristinato in termini di principio ma anche di attività contabile, la norma che in realtà è possibile finalizzare l'esborso mirato che degli utenti svolgono annualmente per l'esercizio di un'attività circoscritta.
Credo che questo sia il momento, al di là del discorso dell'irricevibilità dell'atto, di chiarire politicamente se c'è questa volontà o meno; una volontà che non riguarda poche cose, non riguarda risorse di poco conto. Nel 2001 a me risulta che le tasse che sono state pagate dai nostri cacciatori ammontano, per la parte regionale, a poco meno di 5 miliardi. A fronte della finalizzazione, mi risulta dai dati acquisiti che nell'anno 2001 sono stati versati alle associazioni venatorie 100 milioni, i danni in agricoltura sono stati 270 milioni, alle Province 2.300 milioni, per un totale di somme stornate alle finalità di cui alla legge 7 di circa il 55%.
Se si sente oggi li bisogno di invertire il trend, di ripristinare quelle finalizzazioni modulate diversamente, dobbiamo entrare in questo ordine di problemi, perché già risorse percentualmente superiori al 50%, anche nel 2001 sono state destinate alla caccia, mai l nodo gordiano è capire se vi è la volontà o se allignano imbarazzi di qualche genere in ordine al problema dell'intera destinazione di queste somme. E quando si dice intera non si pensi che da questi banchi si voglia fare demagogia spicciola oppure inseguire il vittimismo venatorio di qualcuno o cercare voti in qualche modo. La realtà è che questa valutazione, con la legge 7/95 era stata ritenuta pertinente, congrua e immagino che se la cassazione di quella norma dell'art. 41 è stata fatta in sede di finanziaria, erano ragioni contabili ad aver dettato la mano del legislatore che, nel volgere di tre anni ha cambiato idea rispetto a questo discorso.
Una cosa inaccettabile è che non si faccia chiarezza politica su questa volontà di cui bisogna capire se questa maggioranza è titolare o meno e in secondo luogo se noi, oggi, dobbiamo in qualche modo affrontare seriamente il problema del rapporto tra una categoria — quella dei cacciatori — che può essere più o meno simpatica ma che, per effetto di disposizioni normative versa soldi. Non possiamo pensare che i cacciatori siano buoni quando devono pagare onerose somme di una qualche consistenza e quindi sono utili contribuenti, ma soggetti titolari di diritti solo parzialmente o solo limitatamente alle mutevoli sorti del nostro bilancio.
Mi aspetto quindi di sentire, una volta per tutte, qual è la volontà politica, poi l'emendamento può essere ricevibile o non ricevibile, ma nel momento in cui Tontini dice che il problema è solo tecnico, mi si alzano i pochi capelli, perché invece una settimana fa la volontà è stata espressa in senso preciso, mirato e nella sede opportuna, quando nella finanziaria avevamo posto il problema, mirando, fra l'altro, a quell'articolo che aboliva le tasse di scopo, solo limitatamente alla legge 7 e alle sue finalità in materia venatoria.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Nel mio intervento precedente ho parlato del merito dell'emendamento, in quanto non spetta a me definirne la ricevibilità, ma relativamente alle osservazioni fatte dal consigliere Moruzzi credo che siano fondate e nel motivare le ragioni del voto contrario facevo proprio riferimento al fatto che non siamo in presenza di un'appropriatezza in merito alle questioni poste dall'emendamento. Attribuiamo al piano un valore di modifica di norme di legge che non può avere. Per questo, se non viene risolto a monte il problema della ricevibilità, propongo il voto contrario.
Per quanto riguarda la questione politica a cui faceva riferimento il consigliere Castelli, credo che l'ordine del giorno vada proprio nella direzione di risolvere quei problemi e avremo modo di chiarirli successivamente, nell'ambito della discussione che faremo relativamente alle leggi, proprio per ripristinare un principio che nel 1998 non riguardava soltanto la legge sulla caccia, riguardava in generale la questione. Credo che in sede di legge dobbiamo ripristinare, così come abbiamo fatto per la legge sui funghi e come ci apprestiamo a fare per la legge sulla pesca, la stessa cosa per quanto riguarda la legge sulla caccia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Anzitutto questo emendamento è stato accolto, quindi chiedo al funzionario se realmente ci sono gli estremi, altrimenti vorrebbe dire che ho sbagliato e l'emendamento non doveva essere accettato. Ma questo emendamento, in premessa recita "In osservanza della legge 157/92, art. 23 e L.R. 7/95, artt. 41 e 42, la Regione destina annualmente le somme occorrenti per l'assolvimento delle funzioni inerenti l'attuazione del faunistico-venatorio; la Regione è tenuta ad impegnare annualmente la totalità delle somme introitate nell'anno precedente derivanti dalle tasse in materia di caccia secondo le finalità prescritte dalle sopracitate norme". Ho citato tre articoli che riguardano due leggi, quindi, eventualmente, su quelle leggi è l'irregolarità. Chiedo quindi che eventualmente venga indicato dal funzionario se questo emendamento è accoglibile o meno, così come viene sollecitato dalla maggioranza, quando la stessa porta a votare un ordine del giorno che non dice altro che le stesse cose le quali, venendo riportate qui non sono un fatto normativo ma una indicazione, proprio perché si dice "la Regione è tenuta ad impegnare". Se questo impegno non lo vuol osservare, è libera di farlo, ma deve rispettare quelle norme di legge, altrimenti non si potrebbe votare l'ordine del giorno, nel quale dovrebbe essere indicato quale legge dobbiamo variare affinché gli introiti in materia di caccia vengano assorbiti direttamente per l'operatività che deve avere il faunistico-venatorio.

PRESIDENTE. L'articolo 85, "dichiarazione di improponibilità", ci porta a considerare il fatto che l'argomento non è estraneo alla questione che stiamo trattando. La ricevibilità o irricevibilità non è qualche cosa che decide l'Assemblea sulla base della legittimità o meno della proposta. A leggere bene l'art. 85 possiamo anche vedere che uno stesso emendamento irricevibile, su richiesta del consigliere può essere messo in votazione. Quindi, direi di procedere alla votazione dell'emendamento n. 2, per appello nominale.

GILBERTO GASPERI. Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale, a partire dal n. 20.

GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini assente
Amagliani presente
Amati assente
Ascoli presente
Avenali presente
Benatti presente
Brini assente
Castelli assente
Cecchini assente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli assente
D'Ambrosio presente
D'Angelo presente
Donati presente
Favia assente
Franceschetti presente
Gasperi presente
Giannotti assente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni presente
Massi assente
Melappioni presente
Minardi presente
Mollaroli assente
Moruzzi presente
Novelli assente
Pistarelli assente
Procaccini presente
Ricci Andrea assente
Ricci Giuseppe presente
Rocchi presente
Romagnoli assente
Secchiaroli presente
Silenzi presente
Spacca presente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi assente

PRESIDENTE. C'è numero legale, quindi proseguiamo la seduta.
Pongo in votazione, per appello nominale, l'emendamento n. 2 partire dal n. 20.

GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi assente
Melappioni no
Minardi no
Mollaroli assente
Moruzzi no
Novelli assente
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci Andrea assente
Ricci Giuseppe no
Rocchi no
Romagnoli assente
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta assente
Viventi sì
Agostini assente
Amagliani no
Amati assente
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini assente
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D'Ambrosio no
D'Angelo no
Donati no
Favia assente
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 3. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. E' da aggiungere "il piano faunistico-venatorio necessita di collegamento con il Ppar, con il Ptrap oltre che con i piani territoriali di coordinamento delle Province, in modo che la pianificazione territoriale extraurbana sia coerente nelle impostazioni e nelle finalità, oltre che chiara e quindi non motivo di contenzioso nella destinazione di superfici secondo la tipologia di utilizzazione nel rispetto delle percentuali dalle varie leggi assegnate e, per quel che riguarda il settore venatorio, l'agibilità alla fruizione, secondo l'indice di densità venatoria fissato dal Ministero. L'indice minimo per la regione Marche è di ettari 11,41". In questa maniera diventa chiaro il significato. E' cioè una indicazione che chiarisce in modo completo le indicazioni.
Non si va a variare, ma si chiede che ci sia un collegamento con il Ppar il Ptrap e i piani di coordinamento delle Province, perché spesso c'è una carenza rispetto a queste situazioni che possono comportare delle difficoltà, ma soprattutto possono non consentire alcuni significati che sono importanti, come quelli di un piano faunistico-venatorio che va a toccare il territorio nella sua interezza e completezza. Quindi non è una modifica sostanziale ma una modifica che viene posta in premessa per far sì che vi sia una presa di conoscenza da parte di coloro che debbono operare all'interno di questo piano faunistico-venatorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Questo emendamento altro non è che una articolazione più complessa del primo emendamento di Viventi. Vorrei tornare su questa argomentazione, proprio perché in occasione della dichiarazione di voto da parte del gruppo consiliare Ds ci si è soffermati proprio sulla valenza tecnica di questo problema.
Proprio nell'atto istitutivo dell'oasi di Ripa Bianca approvato nel gennaio di quest'anno, si stabilivano espressamente dei principi e degli elementi che ci richiamano alla necessità di quel coordinamento tecnico e amministrativo di cui si diceva e che appare ancor meglio precisato ed esplicitato in questo emendamento. Tanto è vero che fra le osservazioni approvate in sede di Commissione relativamente alla discussione su Ripa Bianca, ve ne era una che riguardava proprio la necessità che vi fosse la preventiva approvazione del piano faunistico-venatorio e solo a successiva adozione dell'atto amministrativo di Ripa Bianca.
Perché ci torno? Non per rivangare polemiche di qualche genere, ma già allora gli istruttori e le Commissioni avevano avvertito il problema di una coerenza sistematica fra gli atti inerenti la medesima materia o comunque interagenti. Questo tipo di richiesta era stata fatta propria dagli istruttori, al punto tale che l'osservazione della Provincia di Ancona era stata accolta limitatamene a questo aspetto. Ci si deve allora chiedere se una volta per tutte si vuol mettere ordine nella sequenza normativa di atti amministrativi che attengono a materie omologhe, perché diversamente potremmo scontare quella che è stata la querelle di Ripa Bianca che più volte è stata rinviata e successivamente ritardata, proprio perché c'era questo aspetto da risolvere. A me pare che, oggi come oggi, il rischio concreto è che la valenza programmatoria del piano sia in qualche modo vulnerata da quella che può essere, presumibilmente, l'arrembante pioggia di atti che, magari, in senso protezionistico, sono soggetti da un lato alla mutevole volontà politica di gruppi consiliari, in particolare di quelli più vocati alla difesa ambientalista, dall'altro che questi eccessi amministrativi e giuridici possano trovare il proprio brodo di coltura in questa sostanziale non chiarezza di rapporto organico e gerarchico fra atti amministrativi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Le cose contenute in questo emendamento non aggiungono novità rispetto a quanto già definito e indicato nel piano, nel senso che le osservazioni qui riportate sono già contenute tutte, sia nell'indicazione dell'11,41% ettari come superficie minima per ogni cacciatori, sia nella filosofia del piano, che integra il Ptrap e tutto il resto. Se vogliamo rendere il piano ulteriormente esplicito e meglio definito possiamo anche accoglierlo, non credo che vada a modificare niente di sostanziale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 4. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Dopo "strumenti funzionali", riteniamo che sia giusto aggiungere i controlli. "La Regione, tramite il servizio competente, controlla annualmente la congruità delle spese sostenute dalle Province, dagli ambiti territoriali di caccia, dalle associazioni venatorie e dalle associazioni agricole derivanti da assegnazioni regionali per l'attuazione del piano faunistico-venatorio. Gli Atc, le associazioni venatorie e le associazioni agricole che vogliano usufruire delle somme stanziate dalla Regione per le finalità previste dal piano, devono presentare alla Regione progetti in merito che, se approvati dagli uffici preposti, saranno finanziati tenendo prioritariamente conto della loro utilità sociale e della loro validità nel tempo. Qualora un progetto approvato non consegua le finalità previste o qualora attuato non abbia continuità, il beneficiario dovrà restituire le somme percepite per il progetto. Province, ambiti e associazioni devono annualmente, entro il 31 marzo presentare alla Regione la rendicontazione delle spese sostenute nei progetti approvati, con la comprovante documentazione nonché relazione dei risultati conseguiti. Dai progetti approvati e finanziati dalla Regione per l'attuazione del piano faunistico venatorio non possono essere tratti utili, detratte le spese documentate".
Questo emendamento ci permette non solo di fare chiarezza ma di dare piena regoalmentazione nel momento in cui vengono utilizzati fondi pubblici come quelli dati direttamente dalla Regione. Non può essere che ognuno presenti un piano. Non c'è nessuno che si assuma l'onere di dire "valido", "idoneo", "non idoneo". Dopo il finanziamento è doveroso da parte dell'ente erogante effettuare controlli. In questa maniera si riesce a far vedere chi ha responsabilità e si riesce a far vedere chi opera nelle norme di legge. Pertanto ritengo che questo emendamento, che pone solo chiarezza, non entra nel merito del piano, debba essere votato, perché ritengo che ogni consigliere, ogni cittadini pretende e vuole chiarezza dalle istituzioni. Non possiamo sempre alzare la mano in senso generico e pretendere chiarezza, quando noi legislatori di questa Regione non siamo i primi a dare chiarezza e funzionalità all'operatività che devono avere coloro che fanno, che sono capaci e che hanno diritto di avere i finanziamenti quando redigono buoni progetti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. L'emendamento non è da accogliere, in quanto entra nel merito di compiti che la Regione non può avere nei confronti delle Province, poiché sono competenze specifiche delle Province, relativamente alle quali la Regione non può svolgere funzioni di controllo. Non possiamo noi svolgere, così come pretenderebbe questo emendamento, una funzione di controllo nel merito di questioni che attengono alle competenze di un altro ente, nel caso specifico le Province.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi per dichiarazione di voto.

GILBERTO GASPERI. Se i finanziamenti vengono dati da un ente non si vanno a fare controlli, ma devono essere fatti controlli relativamente all'utilizzazione dei finanziamenti dati. Qui si dice "La Regione, tramite il servizio competente controlla annualmente la congruità delle spese sostenute dalle Province" in funzione dei finanziamenti che la Regione stessa dà, non va a controllare qualcosa all'interno della Provincia. Non capisco perché debba essere considerata una cosa al di fuori della competenza della Regione. Non chiediamo che la Regione vada a fare i controlli, ma che controlli nel momento in cui eroga delle somme. Così come, quando dà appalti, deve controllare che quegli appalti siano in funzione delle norme di incarico, altrimenti, quando va a dare finanziamenti, chi deve fare i controlli? In questi casi non faremmo altro che erogare finanziamenti senza controlli.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 5. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Nella tabella a pag. 4 si propone di aggiungere "Informazione richiesta alle Province". Noi dovremmo avere una conoscenza per meglio ottemperare alla preparazione del piano stesso: "lunghezza strade di qualsiasi denominazione, escluse le poderali e interpoderali, case sparse, luoghi di lavoro, ferrovie, vivai, zone militari, valichi montani, impianti sportivi". Questo è in riferimento alla normativa della legge 7/95, art. 3, primo comma, altrimenti quando si va a redigere un piano come il piano faunistico-venatorio non si ha, spesso — e non è responsabilità dei funzionari — la possibilità di recepire dati, perché ci sono delle autorità, in questo caso le Province, che ci devono dare delle indicazioni, altrimenti non si può fare una programmazione seria, concreta e idonea. Viene fuori quanto avvenuto per questo piano con le diverse interpretazioni: non può essere redatto un piano se prima non si ha in concreto una conoscenza dettagliata del territorio e di ciò che c'è nel territorio stesso quando si va a operare.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 6. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Vorrei chiarire un aspetto al mio amico e collega Tontini. Le posizioni sono diverse. Noi abbiamo assunto, in apertura di seduta, un atteggiamento chiaro. Avevamo detto che eravamo del parere che questo piano dovesse tornare in Commissione per essere approfondito. Ho anche citato, prendendomi le invettive di Avenali, che per quello che mi risulta il mondo della caccia ma non solo, un livello istituzionale importante qual è la Provincia di Pesaro e Urbino aveva espresso qualche perplessità, quindi c'era l'esigenza di un supplemento di verifica. Non ci si può scandalizzare se l'opposizione, che si è vista battere sul voto perché la maggioranza del Consiglio ha deciso comunque di procedere, con un atteggiamento che ritengo non intelligente, sfrutta tutti i varchi previsti dalla norma per far saltare la seduta.
Questa posizione non può essere recuperata dall'elemosina del voto favorevole a un emendamento tecnico. Potete farlo con qualcuno, ma con noi no, con Forza Italia questo giochetto non lo potete fare, non ci frega nulla. Se non votate alcun emendamento vi assumete la responsabilità di un atto imperfetto, che poteva in qualche modo essere migliorato dalla nostra proposta. Questo gioco fatelo con altri, non con noi.
L'emendamento è chiaro. Abbiamo detto che...

ROBERTO TONTINI. Il mio riferimento, prima, era volto a far rilevare l'inutilità dell'appello nominale, considerato che c'era accordo.

ROBERTO GIANNOTTI. Infatti il Presidente ha detto che c'era un consenso unanime attorno all'emendamento n. 4, quindi ho preso atto e ho ritirato la mia iniziale richiesta di votazione per appello nominale.
Questo emendamento mi sembra chiaro: sostanzialmente dice che, qualora dovesse essere preso in considerazione il tot di superficie da interdire, va tenuto conto anche dell'elemento opposto, cioè che va considerato, ai fini della quantificazione della percentuale di territorio nel quale non si può fare attività venatoria, anche il totale della superficie utilizzata per parchi e riserve. E' una richiesta legittima che chiediamo sia presa in considerazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Sono favorevole a questo emendamento, proprio perché, attraverso lo stesso diamo chiarezza, non di interpretazione ma di modalità di operatività così come dovrebbe essere fatto nella redazione di un piano faunistico-venatorio.
Al paragrafo 2.2.1.1 abbiamo una dizione che recita: "Il valore attribuito, pari a 703.920 ettari, scaturisce dal dato Istat relativo al censimento agricolo del 1990, indicato come superficie ASP ma tale dato non coincide sicuramente con quanto deve essere interpretato dalla legge 157/92". L'emendamento presentato prima era fondamentale, perché in questa maniera non abbiamo possibilità di tergiversare sulle superfici o sugli errori, perché le Province erano obbligate a fornirci i dati.
Successivamente si dice: "Valutando il valore riportato dall'Istat, questo è stato ottenuto, come detto, dal censimento agricolo che pertanto considera solo le superfici ricomprese nelle aziende, ovvero esclude i territori più produttivi, le aree boscate pubbliche, i suoli rocciosi ecc.". Tra l'altro, questa dizione deve essere avvalorata da dati concreti, perché quando ci sono ricerche fatte dall'Istat, l'Istat non dice quello che è stato escluso, ma dà indicazioni su un capitolo e va a prendere dei dati. Comunque si dice "questo limite è stato rilevato anche dal Genghini e dallo Spagnesi nel 1997, i quali hanno utilizzato il dato Istat del 1994 relativo alle superfici agroforestali che per la regione Marche sono apri a 883.426 ettari".
Siccome ci sono queste variazioni, per quale motivo nel 1996, nel 1997 e per Ripa Bianca sono stati fatti parchi e non sono stati presi i dati Istat del 1994, che riportavano le superfici da 793.920 ettari a 883.416 ettari? Questo lo chiedo anche ai consiglieri verdi, perché con questo aumento di superficie è normale che la tolleranza di percentuale dei parchi e delle cosiddette aree protette dovesse aumentare.
Questi dati sono presi in modo asettico, senza considerare il principio della filosofia che deve essere considerata quando si redige un piano faunistico-venatorio, per stabilire l'area depurata. Con questo emendamento, che è stato presentato dal collega Giannotti, avremo la possibilità di fare ancora più chiarezza e avremo maggiore sicurezza quando andremo a redarre il piano faunistico-venatorio.

OTTAVIO BRINI. Chiedo la votazione per appello nominale, a nome anche dei colleghi Giannotti e Ceroni.
Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Voglio fare alcune considerazioni sullo svolgimento del dibattito in quest'aula, rivolgendomi in particolare ai colleghi della minoranza, ai quali chiedo di non proseguire in questa retorica antiparco, anti aree protette. Ho sentito affermazioni che a mio avviso tendono a riportare in questo atto una conflittualtià non propria dello stesso. Questo continuo tentativo di mettere in contrasto il mondo venatorio con quello delle aree protette, quando all'interno della legge regionale sono state ben chiarite le utilizzazioni del territorio. Ci sono delle aree che vengono assegnate alla gestione della caccia e ci sono altre aree che vengono assegnate alla tutela della fauna, a una gestione di tipo diverso, che peraltro in alcuni casi richiede anche l'intervento di un prelievo umano, di fauna con le tecniche opportune, trappole o altro.
Lo scontro in realtà è un altro: uno scontro sul principio della gestione programmata della fauna. Ebbene, su questo, come verdi siamo perché ci sia una gestione programmata della fauna, perché si rispetti la legge quadro nazionale, perché la fauna sia prelevata in base alle proprie capacità di produzione e questa attività non diventi una sorta di circo, un allevamento come alcuni spingono a fare in questo periodo, cercando consensi dappertutto. Mi dispiace che questa logica sia stata recepita dai colleghi del centro-destra e purtroppo non solo da loro, fuori di quest'aula, perché credo che commettiamo un grave pericolo. Quando non si riesce a gestire un patrimonio come quello faunistico, si finisce con lo scaricare sulla collettività i costi del mantenimento di un'attività come quella venatoria che non grava sulla pubblica amministrazione. Se il sistema ambientale non è in grado di riprodurre la fauna, non possiamo pensare di prelevare oltre la capacità di prelievo e poi scaricare sulla collettività e sulla pubblica amministrazione i costi del ripopolamento. Questo si vuol fare, questa è la strada che il centro-destra persegue. Oggi, forse raccoglierà il voto di qualcuno che vuol inseguire questa ondata demagogica, ma penso che anche il mondo venatorio penalizzerà questa impostazione e non ci sarà scontro, non ci sarà modo di aizzare fronte ambientalista e fronte venatorio e beneficiare di questo scontro, perché questo scontro ha finalità esclusivamente elettorali. Andate pure avanti su questa strada, portatevi dietro tutti quelli che la vogliono seguire, di qualunque orientamento politico siano, ma questo va detto con estrema chiarezza. Anche l'atteggiamento di ostacolare l'approvazione del piano faunistico-venatorio in quest'aula mi sembra particolarmente grave, perché è uno strumento di programmazione, uno strumento di gestione, evidentemente la gestione voi non la volete, vi interessa ben poco, vi interessa soltanto cogliere i voti in qualunque modo, anche sfasciando un sistema che deve poter funzionare, che faticosamente è stato impostato e che vede peraltro nella gestione anche dei territori soggetti all'attività venatoria agricoltori, ambientalisti e gli stessi agricoltori. Questo si deve sfasciare a livello regionale e nazionale: andate pure avanti, noi ostacoleremo in tutti i modi questo atteggiamento e opereremo all'interno del centro-sinistra perché si apra gli occhi su questo tipo di atteggiamento che non paga.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Brevemente, per rispondere a Moruzzi che è persona che stimo e di cui apprezzo sempre il contributo, però penso che l'errore principale oggi l'ha fatto la maggioranza. Avevamo chiesto una settimana per approfondire e verificare se c'erano le condizioni per migliorare questo testo e c'è stata una chiusura totale. Nessuno ha fatto un calcolo di voti, un calcolo elettoralistico pensando di procurarsi consenso, era una dialettica tra maggioranza e gruppo di opposizione. La gravità sta nel fatto che vi chiudete sempre, pensando sempre di avere i numeri e di poter fare quello che volete, ma purtroppo per voi dovete prendere atto che il gruppo di Forza Italia non si piega a niente e non fa alcun compromesso, alcun baratto. Mi auguro che anche i colleghi di altri partiti ripetano le stesse cose che diciamo noi. Noi non siamo la stampella di questa maggioranza, bisogna che ve lo mettiate in testa. Noi facciamo il nostro lavoro e abbiamo avuto il mandato di controllare gli atti, di migliorarli. Non pensiate che la nostra posizione sia finalizzata ad un consenso elettorale. Ieri, in IV Commissione nessuno ha rimproverato il presidente D'Angelo perché sembrava che vi fosse solamente lui in Commissione: comunicati sui giornali, articoli, ha sentito, ha parlato... Eppure eravamo in cinque, tutta la Commissione. Chi fa demagogia, strumentalizzazione? Chi la fa la pensa, basta leggere la rassegna stampa di oggi: sembra che il presidente della Commissione D'Angelo ha sentito il sindaco di Ascoli... L'abbiamo sentito tutti. Poi, guarda caso, in quella riunione c'è stata una contrapposizione netta tra l'assessore dei verdi di Ascoli e il presidente della Commissione e guarda caso non traspare...

PIETRO D'ANGELO. Ma che "cavolo" dici?!

OTTAVIO BRINI. Non dire parolacce.

PRESIDENTE. D'Angelo, lei può anche interrompere, ma sicuramente non con questo linguaggio.

PIETRO D'ANGELO. E' un falso!

PRESIDENTE. D'Angelo, lei può chiedere la parola, subito dopo, ma questo tipo di linguaggio non è ammesso.

OTTAVIO BRINI. Siccome sono un po' influenzato mi potrai dire che ho capito male, non che dico un falso oppure dirmi "che cavolo dici?".

PRESIDENTE. Brini, vale anche per lei quello che ho detto a D'Angelo, vale anche per lei: c'è il rispetto per l'aula, altrimenti le tolgo la parola.

OTTAVIO BRINI. Chiedo scusa.
Moruzzi, queste sono demagogia e strumentalizzazione. Il presidente della Commissione convoca, ascolta, riporta, migliora...

PIETRO D'ANGELO. Bisogna che te la fai finita, Brini.

OTTAVIO BRINI. Quello che ti dico io te lo dovrebbe dire qualche collega della maggioranza che, per opportunità, non te lo dice. Bisogna anche capire questo.
Noi ribadiamo un concetto: volete che questa legge venga approvata? Rinviamo di una settimana l'atto, lo mandate in Commissione e noi vi garantiamo che il 19 non creeremo alcun problema, purché dimostriate questa buona volontà. Anche voi a volte dovete dimostrare la buona volontà, soprattutto quando non avete i numeri e il tempo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo per fatto personale. In questo momento lei può illustrare in cosa consista il fatto personale ed eventualmente, a fine seduta le verrà data la parola.

PIETRO D'ANGELO. Il collega Brini ha fatto riferimenti inesatti relativamente alla riunione della IV Commissione di ieri. Evidentemente non era attento o stava parlando al telefono o non gli interessava la materia di cui si stava discutendo. Ritengo che ti possa dare fastidio, collega Brini, che un presidente di Commissione possa fare un'audizione, prepararsi e fare delle domande agli interlocutori...

PRESIDENTE. Consigliere D'Angelo, lei avrà la parola per spiegare il fatto personale a fine seduta. In questo momento deve solo dire in cosa consiste il fatto personale.
Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Vorrei replicare al collega Moruzzi che, con accenti molto forti — vedo che la discussione, oggi, è omogeneizzata da improperi "sessisti" — ha fatto una valutazione non giusta e non corretta, perché il ricorso al filibustering non è mai una manifestazione di fair-play istituzionale, tanto è vero che il filibustering al contrario è stato adottato anche da questa maggioranza, in occasione della manovra finanziaria, quando vi fu il famoso emendamento "alla scolorina", a seguito del quale il collega Fabio Pistarelli dette in doverose e legittime escandescenze. Quindi non facciamone una questione di unilateralità del filibustering, perché in politica ci sta. Il problema è: vediamo che uso farne e se l'atto di cui si sta discutendo merita questo atteggiamento. A nostro modo di vedere sì, per due ordini di motivi. Un motivo di carattere politico e non voglio scomodare l'aggettivo "ideologico", anche se da parte di Alleanza nazionale credo che questo tipo di approccio sia doveroso e coerente con tutto l'atteggiamento che questo nostro partito ha manifestato nei confronti di un settore, quello del mondo venatorio, che al di là di ogni strumentalizzazione pro voto deve scontare, da diversi anni, un pregiudizio importante e forte, perché in nome della parola magica "sviluppo sostenibile" abbiamo dovuto in qualche modo registrare l'affastellarsi di normative che sono improntate ad un atteggiamento animistico nei confronti del cacciatore, e mi riferisco all'aggettivo "animistico" volendo alludere alla tendenza a confondere l'arma con chi la porta, in nome di una valutazione estremamente penalizzante per dei cittadini che, a torto o a ragione, esercitano un'attività consentita dalla legge, regolata da leggi che fra l'altro sono estremamente severe nei confronti di questa categoria, una categoria che è stata veramente subissata da pregiudizi particolari che fra l'altro sono sotto gli occhi di tutti, se è vero che, in un'epoca normativa in cui si va sempre più sistematicamente verso la depenalizzazione, quindi la destinazione di rilievo penalistico a qualsiasi tipo di sanzione, forse anche oltre quello che dovrebbe essere la misura con sentita, nell'ambito della caccia non vi è una percentuale paragonabile di sanzioni di tipo penale. E' un comportamento sanzionabile penalmente anche il non smontare il fucile se, per ragioni che possono essere le più varie, si transita con il fucile stesso, magari all'interno del portabagagli della macchina, in una zona protetta. Quindi c'è un problema di natura politica importante che il centro-destra ha sempre fatto proprio, ovvero quello di individuare nel cosiddetto appassionato cacciatore esercente l'attività venatoria, comunque un soggetto che è stato fortemente penalizzato in senso generale dall'esplodere dell'ideologia ambientalista, intesa non come tutela sostenibile del paesaggio, ma come estremizzazione totemica. Il totem è l'ideologia ambientalista, il tabù è il tipo di discorso che magari, facendo violenza al qualunquismo ambientalista, porta a quel genere di normativa.
Questo è il motivo generale. Il motivo particolare parte da una valutazione storica: questa nostra regione, estremamente diversificata anche per quanto riguarda l'incidenza di vincoli ambientali, proprio perché ad Ascoli Piceno c'è una situazione per molti versi non paragonabile a quella di Pesaro e di Ancona per la presenza di due parchi nazionali, sconta da anni un surplus di tutela, di vincolo e soprattutto di percentuale sottratta all'esercizio venatorio. Era un problema che ci siamo posti tutti, anche il gruppo Ds, come testimonia anche l'ultimo emendamento. Nel momento in cui su questa problematica, che nelle Marche denotava uno squilibrio importante, un plus significativo a detrimento dell'esercizio dell'attività venatoria, si trova una soluzione che confligge in maniera piuttosto evidente, con il dispositivo della sentenza della Corte costituzionale n. 348, noi pensiamo che la mediazione che all'interno della maggioranza è stata fatta su questo argomento on considera quello che è invece il portato cogente di quella sentenza della Corte costituzionale.
Di fronte a una problematica che resta, non dico identica e analoga, con i suoi squilibri della fase pre-piano, ma che non trova in quella sentenza della Corte costituzionale un ancoraggio preciso e rispettato, troviamo veramente i segni di una arroganza normativa, di un atteggiamento politico vessatorio a questo punto, che conduce sì a una mediazione fra opposti interessi, ma lo fa senza considerare la statuizione della Corte costituzionale che invece doveva essere il punto di partenza.
A questo punto noi riteniamo che anche in senso generale questo tipo di atteggiamento e la precedente approvazione dell'oasi di Ripa Bianca si pongano in una sequenza che merita di essere fortemente stigmatizzata per ragioni politiche e per ragioni propriamente regionali, che sono quelle che si sono condensate in questa mediazione, che tuttavia "si fa un baffo" di una sentenza della Corte costituzionale che invece, al contrario, avrebbe dovuto stabilire una pietra precisa sul territorio, sul percorso, sul terreno che ci doveva portare a quella famosa mediazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Rinuncio alla parola. Le mie dichiarazioni le farò al momento del voto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

ROBERTO TONTINI. Questo emendamento si è prestato a discussioni che sono più ampie e vanno al di là dell'emendamento stesso, sulle quali voglio dire semplicemente una cosa con estrema chiarezza, che attiene al dibattito come in parte si sta svolgendo in quest'aula, ma anche come si è svolto e si sta svolgendo a livello nazionale, in particolare da parte di Alleanza nazionale.
Fare di questa materia una materia di tipo elettoralistico credo che sia sbagliato ma diventa ancora più sbagliato se si pensa, così come si sta cercando di fare, di far passare queste posizioni, in particolare quella che sta portando avanti An, come posizioni favorevoli al mondo della caccia. Credo che qui si consumi la demagogia maggiore, principale, che va contro una delle considerazioni e delle acquisizioni più importanti che in questi 15 anni il mondo venatorio è riuscito ad ottenere. La conquista è stata relativa all'applicazione della legge nazionale 157 che ha inquadrato il cacciatore non più come il predatore nei confronti della natura, ma il cacciatore, insieme all'agricoltore e all'ambientalista come quello che fa dell'attività venatoria una conseguenza della gestione del patrimonio faunistico e dell'ambiente e che vede oggi nel cacciatore uno dei principali sostenitori di un ambiente che sia capace di mantenere ed ospitare la selvaggina che può essere cacciata. Questo soprattutto grazie ad un principio di fondo sancito dalla 157 che vogliamo ri-sottolineare con forza e che sottende a tutta la filosofia di questo piano faunistico-venatorio, che fa della selvaggina un patrimonio indisponibile dello Stato.
Se si pensa di fare un favore ai cacciatori minando questo principio e cercando di tenere atteggiamenti che mirano a ricreare una frattura fra agricoltori, ambientalisti e cacciatori per superare quel principio di fondo della selvaggina come patrimonio indisponibile dello Stato e attribuirla ai proprietari dei fondi, non solo credo si faccia un danno al paese ma anzitutto un grande danno ai cacciatori. Questo i cacciatori e le loro associazioni lo hanno acquisito da un pezzo e ne sono consapevoli non da oggi. Su questo fronte in nessun modo potranno cedere alle demagogie di queste posizioni.
Concludo nel merito di questo emendamento contro il quale bisogna votare, obbligati tra l'altro dal fatto che su questa materia c'è già una sentenza del Consiglio di Stato nei confronti del piano faunistico-venatorio della Regione Campania che utilizzava questo principio bocciato in sede di Consiglio di Stato.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, a partire dal n. 16.

GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Favia assente
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi assente
Melappioni no
Minardi assente
Mollaroli assente
Moruzzi no
Novelli assente
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci Andrea assente
Ricci Giuseppe no
Rocchi no
Romagnoli assente
Secchiaroli assente
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta assente
Viventi sì
Agostini assente
Amagliani no
Amati assente
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini no
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D'Ambrosio no
D'Angelo no
Donati no

Il Consiglio non approva




Fatto personale (Art. 53 del regolamento)

PRESIDENTE. Ha la parola, per fatto personale, il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Una replica all'intervento del collega Brini. Le sue affermazioni sono prive di ogni fondamento. Può dar fastidio il risalto che la stampa ha dato a un problema come quello della SGL Carbon ed è chiaro che ad Ascoli Piceno si dà risalto a questo evento, perché è un problema drammatico per la città. E' come parlare in Regione dell'Api di Falconara e pretendere che a Falconara non esca alcun articolo sull'evento. Ricordo al consigliere Brini che l'audizione della SGL Carbon e dell'Api è stata una scelta condivisa da tutta la Commissione, per cui rimando al mittente tutte quelle insinuazioni che definisco il presidente della Commissione "padre-padrone" della stessa, perché fuori luogo.
Ribadisco che non c'è stato alcun contrasto con nessuno degli invitati all'audizione e a tal proposito, visto che il collega Brini probabilmente era distratto, farò in modo da fargli avere al più presto il resoconto dell'audizione. Però consentimi, Brini, non si può fare politica così, perché un discorso è la non condivisione di posizioni politiche, altro è un modo demagogico e indecente, dicendo anche il falso, di fare politica.

PRESIDENTE. E' stata raggiunta l'intesa che, essendo superate le 13,30, la seduta non prosegue nel pomeriggio, quindi il Consiglio è aggiornato al giorno 19 marzo. La seduta è tolta.


La seduta termina alle 13,35