Resoconto seduta n. 129 del 02/04/2003
La seduta inizia alle 11,20



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 128 del 26 marzo 2003.



Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata, in data 28 marzo 2003, la proposta di legge n. 167, ad iniziativa dei consiglieri Avenali, Benatti, Tontini, Procaccini, Gasperi, Viventi e Cesaroni: «Semplificazione delle procedure di modifica ed integrazione agli allegati A, B e C alla legge regionale n. 17/2001 — Norme per la raccolta e la commercializzazione dei funghi epigei spontanei e conservati e successive modificazioni», assegnata alla III Commissione in sede referente.

Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Ciccioli, Grandinetti, Martoni, Trenta e Mollaroli.



Commemorazione del dott. Carlo Urbani

PRESIDENTE. Signori consiglieri, in un momento nel quale l'umanità assista con angoscia agli eventi di guerra che si sono abbattuti sull'Iraq, risaltano maggiormente la figura e l'esempio di pace di un uomo della nostra terra, che ha fatto dell'aiuto alle popolazioni più sofferenti del mondo una ragione di vita. Sto parlando di Carlo Urbani, fino a pochi giorni fa oscuro medico impegnato nell'Organizzazione mondiale della sanità che, come accade a molti marchigiani, ha fatto in silenzio cose grandi ed ha acquistato risalto in tutto il mondo solo dopo la sua morte.
Anche in questo caso la nostra si conferma una piccola regione fatta da grandi persone.
Nato a Castelplanio nel 1956, si era laureato all'università di Messina e dal 1985 era stato interno all'Istituto di malattie infettive dell'università di Ancona. Aveva successivamente esercitato la professione medica nell'ospedale di Macerata, dove ha lasciato un indelebile ricordo tra i suoi colleghi, rinunciando alla propria carriera per inseguire — sono parole sue — un sogno: quello di vivere vicino ai problemi dell'umanità e distribuire accesso alla salute ai segmenti più sfavoriti della popolazione.
Infatti, dal 1993 era diventato consulente dell'Organizzazione mondiale della sanità per il controllo di diverse malattie parassitarie. Aderente all'associazione Medici senza frontiere, ne aveva coordinato un progetto in Cambogia sulle malattie parassitarie. Nel 1998 aveva ricevuto l'incarico dell'OMS di consulente per l'area del Pacifico.
Nominato nel 1999 presidente nazionale di Medici senza frontiere, ricevette per questa associazione il Premio Nobel per la pace. Nel 2000, ricevuto dall'OMS l'incarico di coordinatore per la regione del Pacifico occidentale, si era trasferito ad Hanoi nel Vietnam, portando con sé moglie e figli.
In questi anni era rimasto sempre molto legato alla sua terra d'origine, dove tornava con la famiglia appena poteva. "Chi non vive fuori — aveva confessato — non riesce a capire quanto faccia piacere tornare indietro alle origini, alle proprie radici".
Uomo schivo, non amante del protagonismo, era in realtà uno dei massimi esperti mondiali di malattie parassitarie e nella sua permanenza ad Hanoi aveva per primo individuato il terribile virus della polmonite atipica "Sars", restandone contagiato.
Il Presidente della Repubblica Ciampi, gli ha conferito la Medaglia d'Oro come Benemerito alla sanità pubblica.
Carlo Urbani è morto a Bangkok sabato scorso, pagando il prezzo della propria vita per un impegno speso a fianco delle popolazioni più diseredate di questa terra, in territori colpiti da guerre, calamità, carestie, per una scelta non comune di fare qualcosa di concreto per chi non ha diritto, come noi, alle cure più elementari che in certe regioni del mondo rappresentano l'alternativa tra la vita e la morte.
In una recente intervista espresse una verità che può essere considerata al tempo stesso dura ed illuminante. La voglio ricordare utilizzando le sue parole: "Purtroppo ci sono interessi di mercato contrari al fatto che tutti abbiano accesso ad una vita degna e sana. Nel campo della salute, di fatto, c'è poco impegno per sviluppare la produzione di farmaci su malattie che possono colpire solo i poveri i quali non potrebbero pagarseli. Per la legge del mercato vale più la pena di investire nella ricerca di prodotti nuovi ma richiesti nei mercati ricchi, per esempio per la caduta dei capelli, che non in farmaci comuni".
Egli rappresenta per noi un esempio di straordinario coraggio e di profonda convinzione nei valori della solidarietà e della pace.
Con grande commozione rivolgiamo le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia ed in particolare alla moglie Giuliana Chiorrini ed ai figli Tommaso, Luca e Maddalena, che con tanto coraggio hanno condiviso le sue scelte.
Oggi, alle ore 16 si svolgerà a Castelplanio nella chiesa di San Sebastiano, il rito funebre a cui la Giunta regionale ha deciso di essere presente con il gonfalone in rappresentanza della Regione Marche ed a cui parteciperà una rappresentanza del Consiglio regionale. E' intenzione di questa presidenza, anche in vista della "Giornata nazionale della pace" del prossimo 10 dicembre, promuovere altre occasioni per ricordare la vitae l'esempio di Carlo Urbani e di altri illustri uomini della nostra terra impegnati concretamente nella causa della solidarietà e della convivenza pacifica tra i popoli.
Propongo un minuto di silenzio per commemorare la persona.

(Il Consiglio osserva un minuto di silenzio)

(Applausi dei consiglieri)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Al ricordo del dott. Urbani da parte del Presidente Urbani, voglio aggiungere che oggi pomeriggio ai funerali, saremo presenti, per la Giunta, io e l'assessore alla sanità Melappioni.

PRESIDENTE. Procediamo all'esame dei punti dell'ordine del giorno.





Interrogazione (Svolgimento): «Museo minerario delle miniere di zolfo nelle Marche» Procaccini e Martoni (519)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 519 dei consiglieri Procaccini e Martoni.
Per la Giunta risponde il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Leggo la risposta: "In data 4 marzo 2003 la Giunta Regionale ha approvato la Deliberazione n. 290 recante "Istituzione del Parco Museo Minerario delle Miniere di zolfo delle Marche. Intesa della Regione Marche sullo schema fìnale del decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio istitutivo del parco". Con tale atto la Regione Marche ha assolto la richiesta del Ministero che in data 19.03.2002 invitava la Regione ad esprimersi in forma d'intesa ed ad acquisire analoghe deliberazioni da parte degli Enti Locali interessati, da trasmettere poi al Ministero.
Già in data 30.04.2002 la Regione Marche, con nota prot. n. 1435 a ma firma invitava tutti gli Enti coinvolti nell'istituzione del Parco ad esprimersi, con proprio atto deliberativo, sullo schema finale del decreto istitutivo e sulla relativa cartografia, che ne costituisce parte integrante. L'elaborazione delle delibere d'intesa è stata accompagnata da un intenso dibattito di confronto sui contenuti del decreto, da parte dei soggetti interessati all'istituzione del Parco. La Regione ha partecipato a tale fase mediando le posizioni localistiche con la necessità di abbreviare l'iter burocratico di istituzione del Parco, come risulta dalla corrispondenza intercorsa e dai resoconti degli incontri di lavoro tenutisi in data 03-07-2002 e 17-07-2002, depositati agli atti del Servizio Beni ed Attività Culturali.
La Provincia di Pesaro Urbino, la Provincia di Ancona, le Comunità Montane dell'Alta Valmarecchia, del Catria e del Cesano e dell'Esino-Frasassi, nonché i Comuni di Arcevia, Pergola, Sant'Agata Feltria e Talamello hanno deliberato favorevolmente in merito alla bozza di decreto istitutivo e alla relativa cartografia. I Comuni di Sassoferrato e di Novafeltria, invece, pur allineandosi con gli altri soggetti nell'esprimere parere favorevole sul decreto nel suo complesso, hanno ritenuto di dover proporre alcune modifiche di dettaglio alla bozza elaborata dal Ministero.
Tutti gli atti deliberativi degli Enti Locali interessati sono depositati presso il Servizio Beni ed Attività Culturali.
A seguito delle istanze espresse dai Comuni di Sassoferrato e di Novafeltria, in data 16.01.2003 si è tenuta una Conferenza di Servizi, convocata dal Servizio Beni ed Attività Culturali: sulla base delle risultanze emerse è stato elaborato un documento unitario che contiene tutte le richieste di modifica da apportare alla bozza ministeriale del decreto istitutivo e che riguardano in particolare le tematiche della rappresentanza dei soggetti all'interno della Commissione che predisporrà lo Statuto e il Regolamento del Consorzio (art. 6) e all'interno del Comitato di Gestione Provvisoria (art. 8), il regime autorizzativo (art. 9) e la modifica dell'elenco dei siti e dei beni costituenti il Parco nonché la perimetrazione della Miniera di Zolfo di Perticara. Pertanto la Regione Marche si è fatta tramite delle istanze sostenute dai Comuni di Sassoferrato e di Novafeltria, e le ha proposte al Ministero quali modifiche di interesse generale da apportare alla bozza del decreto istitutivo, per renderlo maggiormente rispondente alle esigenze di tutti i soggetti coinvolti nell'attuazione del Parco.
Si allega alla presente copia della Deliberazione di Giunta Regionale n.290 del 4 marzo 2003, che contiene maggiori informazioni in merito".

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Il museo minerario delle Marche, con sedi diversificate ed in particolare a Novefeltria, località Perticara e Sassoferrato, località Cabernardi, deve vivere, perché in primo luogo rappresenta la memoria storica di un lavoro spesso durissimo, svolto in condizioni altrettanto dure, a costi e sacrifici molto alti, sia dei lavoratori che delle loro famiglie. Oggi il museo minerario, oltre a questa funzione di memoria storica deve anche assolvere ad altri ruoli, in primo luogo quello di uno sviluppo turistico di realtà significative ma che vanno incentivate dal punto di vita dello sviluppo ed anche attraverso la gestione di questa fase può costituire e creare ulteriori posti di lavoro.
La Regione Marche ha adempiuto alla fase formale. Per la verità ci sono stati Comuni che hanno chiesto delle modifiche al decreto del Governo, che in base alla legge 93 del 23.3.2001 istituiva il museo minerario. Oggi si tratta di accelerare i tempi, di sbloccare le risorse, in modo tale che, almeno quelle realtà che anche dal punto di vista organizzativo hanno svolto delle iniziative importanti possano operare. Mi auguro che da questo adempimento formale si possa in qualche modo, attraverso ulteriori iniziative istituzionali da parte della Giunta regionale, addivenire alla conclusione di tutta questa fase.



Interrogazione (Svolgimento): «Riordino del settore agricoltura — Aggregazione servizio provinciale agricoltura di Pesaro a quello di Ancona» Giannotti (643)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 643 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l'assessore Silenzi.

GIULIO SILENZI. La premessa del collega Giannotti di un presunto accorpamento del decentrato di Pesaro con Ancona e di Macerata con Ascoli è infondata, per cui tutta l'articolazione dell'interrogazione poggiava su questo presupposto. Infondata perché non venivano soppressi, in quella ipotesi di riorganizzazione, i servizi presenti nei decentrati di Pesaro, di Ancona, di Macerata o di Ascoli ma vi era un'ipotesi di lavoro orizzontale, per cui, per problematiche si accorpavano le funzioni di questi servizi in quelle ipotesi che vedevano una territorialità più ampia, non divisa per quattro e con due riferimenti, ma per funzioni. Nella delibera di riorganizzazione che abbiamo approvato, i quattro decentrati mantengono la loro autonomia e abbiamo ritenuto che a quella sperimentazione potevamo soprassedere, in quanto il decentramento che vedrà parte delle funzioni trasferite alle Province, parte ai Comuni, è un'operazione che dovremmo concretizzare nel corso dell'anno e pertanto quella sperimentazione non abbiamo ritenuto di portarla avanti, per cui si è invece preferito lavorare come si è lavorato fino ad oggi, con le autonomie dei vari decentrati che rimangono quattro e nella sostanza con la riorganizzazione approvata le funzioni rimangono le stesse, non si è modificato nulla rispetto al passato. Ecco perché dicevo che le preoccupazioni non avevano ragione di esistere, perché non c'era un accorpamento di quello che tradizionalmente i servizi facevano, ma era una sperimentazione legata a interventi orizzontali e su questi volevamo verificare e accorpare le funzioni dei singoli decentrati provinciali. Sperimentazione che non abbiamo ritenuto di avviare, perché il decentramento risolverà compiti e funzioni da delegare a Comuni e Province e pertanto nel corso di questo anno abbiamo ritenuto, nella riorganizzazione, di individuare quattro decentrati con le funzioni tradizionali nel rapporto tradizionale. Il problema è di riuscire ad uniformare l'indirizzo regionale agli indirizzi provinciali, nel senso che vi siano procedure, vi siano interpretazioni, vi siano azioni uniformi a tutto l'ambito regionale tramite i quattro decentrati e non vi siano più discordanze. Per questo, in questa fase, dopo il riordino abbiamo creato le premesse per uniformare il lavoro dei decentrati rispondenti a indirizzi uniformi su tutto il territorio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Da una parte non posso che tornare ad esprimere le preoccupazioni che stavano alla base della nostra richiesta, poi, magari, un minuto lo impiegherò per parlare della risposta dell'assessore Silenzi e per annunciare un giudizio che non sono abituato a esprimere.
Questa interrogazione nasceva da quello che era il contenuto di un provvedimento definito dalla Giunta regionale, cioè l'organizzazione dei dipartimenti, un atto che era stato motivato dall'esigenza di semplificare le funzioni e di ridurre il numero dei servizi, ma che non corrispondeva, di fatto, a questi obiettivi. Un atto che, abbiamo già avuto modo di dire in un'altra occasione, ci pare sia stato troppo preso da una logica difensiva, la logica di premiare quei dirigenti che in qualche modo, oltre a vantare capacità professionali ed esperienza possono anche vantare una attitudine sul piano politico con il potere regionale.
In questo progetto il vecchio servizio agricoltura veniva accentrato, cioè si andava al superamento delle quattro strutture locali dei servizi decentrati per dare corpo a due servizi centrali: il servizio sistema agroalimentare ambiente rurale e foreste, al quale dovevano fare riferimento tre posizioni di funzioni, e il servizio sviluppo e gestione delle attività agricole e rurali, al quale dovevano fare riferimento due posizioni di funzione, cioè i due uffici decentrati che permanevano. L'ipotesi prevedeva l'aggregazione funzionale del servizio decentrato di Pesaro a quello di Ancona, l'aggregazione del servizio decentrato di Macerata a quello di Ascoli.
Rispetto a tutto quello che era contenuto in questo provvedimento, non ci sembra che l'idea principe di risparmiare e di razionalizzare fosse in qualche modo ripresa dal complesso delle iniziative. Sono stati sdoppiati i servizi alla cultura, sono rimasti due servizi alla formazione professionale, pure avendo trasferito la maggior parte delle deleghe alle Province, è stato confermato il servizio attività ittiche, commercio e tutela dei consumatori, caccia e pesca che poteva essere in qualche modo abbinato ad uno dei servizi. Non ci sembra cioè che il provvedimento della Giunta, che ho definito immorale sul piano politico e che aveva questa logica del risparmio e della razionalizzazione, avesse poi concretizzato questi principi, almeno per quello che riguarda la stragrande maggioranza dei servizi, lo aveva fatto per l'agricoltura, dimostrando, di fatto, che chi aveva gestito quel progetto non aveva un'idea di quelle che sono le esigenze del mondo agricolo e di quanto sia fondamentale la permanenza sul territorio di presidi tecnici quali erano i servizi provinciali. Un progetto peraltro che non realizzava un'economia, che la dice lunga sulla difficoltà della Giunta ad avere una politica adeguata per il personale, se si considerano le scelte fatte per i dirigenti e per la rottamazione.
Di fatto si decideva di distruggere il sistema agricolo regionale, facendo una cosa che nessuna Regione italiana ha fatto, nemmeno quelle "rosse" della Romagna e dell'Umbria e penalizzando gravissimamente l'agricoltura della provincia di Pesaro e la città di Pesaro in questa sorta di conferma del privilegio anconetano, per quello che ci riguardava e che, oggettivamente, non dava alcuna garanzia. Una logica che tendeva a premiare il dirigente di partito che governa l'agricoltura delle marche in questa fase e che è uno dei tasselli del controllo politico che i diessini marchigiani hanno voluto imprimere a questa attività, perché la logica sostanzialmente era questa.
Prendo atto che è cambiato l'assessore, prendo atto che è cambiata l'aria, prendo atto che è cambiato l'orientamento. Se le cose stanno così tiro un sospiro di sollievo, ma credo che tirino un sospiro di sollievo i marchigiani: vorrà dire che il vecchio assessore e la Giunta hanno fatto una pessima figura, la bella figura l'hanno fatta Silenzi e il sottoscritto che ha promosso l'interrogazione.



Interrogazione (Svolgimento): «Agricoop soc. coop. r.l.» Castelli (338)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 338 del consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l'assessore Silenzi.

GIULIO SILENZI. Il consigliere Castelli, in una elaborata interrogazione riguardante vecchi fatti che hanno coinvolto una cooperativa — parliamo di molti anni fa, quindi non una cosa recente — interroga per sapere alcuni punti "rispetto all'ammontare delle erogazioni finanziarie operate dalla Regione in favore della Consop, la tipologia e l'attività dei programmi proposti dalle menzionate cooperative, che risultino approvati o da approvarsi da parte della Regione Marche, quali controlli e quali verifiche siano stati esercitati dalla Regione circa il corretto utilizzo dei finanziamenti, quali iniziative intenda assumere per tutelare i soci delle aziende agricole a qualsiasi titolo coinvolte nella vicenda, dall'incombente rischio di gravi perdite finanziarie".
Risponderò per punti, non potrei fare altrimenti.
L'ammontare dei finanziamenti ottenuti, facendo una ricerca per i vari capitoli, a partire dal 1995 — perché risalire al 1995, ad avviso anche del servizio risulta sufficiente anche a descrivere quanto richiesto — ammonterebbe ad 4.575.000.000 di lire, di cui al collega Castelli darò i vari capitoli da cui sono state prelevate le risorse finanziarie per l'assegnazione. Sono molti capitoli, quindi per annoiare non li leggo.
Al secondo punto, occorre precisare che i programmi di ciascuna impresa, sia cooperativa che privata, non possono essere sottoposti all'approvazione preventiva da parte di questo assessorato, se non quelli che risultano collegati a programmi di finanziamento, che devono essere conformi ai bandi pubblici di accesso;
Il terzo punto si ricollega al precedente in quanto il sistema dei controlli, messo in atto dalla struttura dell'Assessorato, tiene unicamente conto di quanto previsto nei bandi e nella relativa normativa di riferimento;
Circa le iniziative assunte o da assumere, si fa presente che la cooperativa di cui trattasi ha ricevuto un aiuto di £ 1.500.000.000 in quanto è risultata in graduatoria utile per l'accesso al bando per il "salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà, approvato dalla Commissione U.E. con propria decisione SG (2000) D/106283 del 17/08/2000, con la quale ha considerato le disposizioni notificate compatibili con il trattato CE. Il piano di ristrutturazione conseguente è stato trasmesso alla Commissione U.E e la procedura è tuttora ferma a causa della liquidazione coatta a cui è stata sottoposta la cooperativa.
ll contributo liquidato è per il salvataggio ed è garantito da apposita fideiussione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. L'assessore Silenzi ha esordito, per dare una risposta di routine, dicendo che sono vecchi patti. In realtà, al più sono stati resi vecchi dalla tardività della risposta, ma a mio modo di vedere sono così attuali da ricollegarsi, in qualche modo, all'interrogazione di Giannotti, proprio perché quando Giannotti fa riferimento ad un sistema di controllo dell'agricoltura che non è esente da forti connotazioni politiche, probabilmente dice una cosa che si attaglia anche alla vicenda Agricoop, perché al di là della risposta un pochino burocratica, che contraddice la verve e la tradizionale predisposizione ormonale di Giulio Silenzi, è un fatto che ha sconvolto e reso estremamente preoccupata buona parte della categoria degli agricoltori, soprattutto della Val d'Aso. L'Agricoop in realtà era una fortissima struttura, almeno così dichiarata negli intenti di coloro i quali promuovevano questa struttura, aderente alla Lega delle cooperative, che contava ben 1.800 soci, quindi una enormità per quanto riguarda la realtà sociale agricola della media valle dell'Aso.
Cosa è successo? Che l'Agricoop si portava sul mercato spesso e volentieri proponendo prezzi che erano assolutamente competitivi per quanto riguarda analoghe offerte da parte delle altre strutture che commercializzano prodotti agricoli e a un certo momento questa fantasmagorica capacità e disponibilità di offerta ha trovato un contrappunto e un gravissimo problema proprio nel fatto che dall'oggi al domani, nel breve volgere di qualche giorno, questa società che nel 2000 accusava un passivo di meno di un miliardo, è diventata di colpo, l'anno successivo, una cooperativa che accusava un passivo di 16 miliardi. Da un miliardo a 16 miliardi, evidentemente c'è qualcosa che non va, evidentemente quella politica di grande e forsennata competitività di mercato era drogata da una gestione che non ha tardato a produrre gli effetti finanziari che sono poi stati così gravi, anche da coinvolgere fornitori, soci e quant'altro. Un vero e proprio disastro per tanti agricoltori che erano stati in qualche modo "adescati" da quelle che erano le avveniristiche proposte agricole dell'Agricoop. Tuttavia noi sappiamo che in materia di cooperazione è la legge stessa che pone a presidio della regolare, corretta gestione delle attività sociali le centrali cooperative cui aderiscono le cooperative stesse.
In sostanza, quelli che sono i controlli ordinari che vengono svolti dalle autorità governative e ministeriali — o meglio che venivano svolti — vengono delegati alle centrali cooperativistiche che per l'appunto hanno fondamentali funzioni di sorveglianza e controllo e noi ci siamo chiesti: "dov'era la Lega delle cooperative quando il disavanzo passava da 1 a 16 miliardi? Quali funzioni sono state svolte rispetto a un crack che ha coinvolto e pregiudicato i destini agricoli di tanti soggetti operanti in quel territorio?". Ecco il perché di una interrogazione che non è datata, proprio perché evidenzia un problema e squarcia un velo, non voglio dire di omertà, in qualche modo di tiepida reticenza rispetto a quello che è invece l'uso corretto e giusto delle provvidenze in materia agricola della nostra regione e dell'Unione europea, ma soprattutto della garanzia per gli operatori che sono associati aderenti a queste cooperative.
Voglio ricordare, senza voler fare per forza scandalismo, che le funzioni di sorveglianza e controllo che dovevano essere esercitate dalla Lega delle cooperative, vedevano tuttavia uno strano rapporto tra Agricoop e Lega delle cooperative.
Il fatto grave è che fra Lega delle cooperative sorvegliante e Agricoop sorvegliata, c'è stata sempre una compenetrazione che certo non dava grosse garanzie per quanto riguarda la possibilità di controllo.
Faccio degli esempi. Fino a qualche settimana prima della presentazione della stessa interrogazione, le funzioni di direttore dell'Agricoop erano state svolte da un certo soggetto che era presidente regionale della Lega delle cooperative, cioè il sorvegliante che si confonde con il direttore della struttura sorvegliata. Non basta: il direttore dell'Agricoop è andato poi ad assumere le funzioni di direttore regionale della Lega. Quindi una evidente vischiosità di funzioni e di competenze che impegnavano i soggetti controllati e i soggetti delegati alle funzioni di controllo.
Ci si può meravigliare, allora, che il crack finanziario sia stato di così enormi dimensioni e proporzioni? Credo che al di là dei toni sbrigativi con i quali l'assessore Silenzi ha cercato di liquidare le risposte alla mia interrogazione, si tratta invece di verificare con molta attenzione...

GIULIO SILENZI. Fai una mozione, su questo, così...

GUIDO CASTELLI. Ha ragione l'assessore: impegneremo questo Consiglio, se lui mi dà una mano nel fare attività di lobbing sui presidenti di gruppo per far sì che non se ne parli dopo il successivo mandato.
Potrei chiudere con questo impegno dell'assessore Silenzi ad aprire un dibattito su questo argomento che riguarda la tutela del consumatore e del produttore. Noi ci onoriamo di avere un assessore all'agricoltura, dotato non dico delle capacità bilocative di Sant'Antonio da Padova, comunque molto presente sul territorio.
Proprio in ragione di questo forte attivismo dell'assessore Silenzi, crediamo tuttavia, al di là dell'ironia, che sia assolutamente necessario andare a verificare se nel rapporto fra tutte le centrali cooperativistiche e le stesse cooperative ci si possa dire effettivamente al sicuro per quanto riguarda l'esercizio delle funzioni di sorveglianza e di controllo e soprattutto si possa aggiornarci sulle situazioni di quella realtà che è di 1.800 soci. Non si parla di poca cosa, si parla di una struttura che ora è nelle mani di un liquidatore che deve far fronte soprattutto a un onere compensativo dei creditori privilegiati, perché il problema è che ci sono le banche, quindi le banche saranno probabilmente ristorate delle loro posizioni, meno potranno esserlo i contadini chirografari, per usare un neologismo, però molto adatto.

PRESIDENTE. Voglio ricordare ai consiglieri interroganti che il tempo per la replica è di 5 minuti.



Interrogazione (Svolgimento): «Rispetto delle clausole sociali alle Cartiere Miliani di Fabriano» Cecchini (629)
Interrogazione (Svolgimento): «Impegni del gruppo Fedrigoni in sede di acquisto delle Cartiere Miliani» Cecchini (675)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le interrogazioni n. 629 e n. 675 del consigliere Cecchini.
Ha la parola, per la risposta, l'assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. Queste due interrogazioni riguardano un problema importante, il discorso delle Cartiere Miliani di Fabriano.
Per quanto riguarda l'interrogazione n. 629 abbiamo fatto una ricognizione abbastanza ampia su tuta la questione e abbiamo cercato anche di raccogliere pareri, oltre che notizie, su tutta la vicenda e possiamo dire che in riferimento al sito produttivo di Rocchetta la direzione CMF fa presente che al momento il progetto di riorganizzazione ancora non è stato realizzato, pertanto viene confermato quanto a suo tempo affermato dall'assessore regionale Marcello Secchiaroli nella seduta del Consiglio regionale del 9 ottobre 2002, cioè che tale riorganizzazione — qualora realizzata — non comporterà penalizzazioni nei confronti del personale presente.
Nell'ottica di dare piena attuazione agli obiettivi del Piano quinquennale il Centro distributivo di Rocchetta è diventato unità produttiva e a far data dal 9 dicembre 2002 è stato nominato un responsabile con competenza sia sul Centro distributivo che su l'Allestimento prodotti. Ciò al fine di conferire al sito maggiore autonomia quindi una valorizzazione globale. Viene ricordato che tra le azioni previste dal Piano quinquennale vi è quella della efficientizzazione del sistema distributivo, incentrato su Rocchetta, finalizzato ad una riduzione dei costi ed integrazione sinergica con il centro distributivo Fedrigoni di Verona.
Per quello che riguarda le turnazioni delle maestranze nelle macchine in tondo, va detto che la riorganizzazione del lavoro della linea di produzione MT (Macchina in Tondo) è stata oggetto di specifici accordi con la Rappresentanza sindacale unitaria di Fabriano/Rocchetta, seguendo le seguenti tappe: I) la direzione CMF rappresenta alle RSU che per far fronte alla richiesta di produzioni urgenti con le conseguenti consegne a scadenza rigida di carta speciale e di sicurezza è necessario rivedere l'articolazione dell'orario di lavoro per gli addetti alla suddetta linea di produzione, 2) la RSU avanza una proposta di turnazione - in via sperimentale - per ridurre l'inevitabile disagio dei lavoratori per la durata di tre settimane; 3) la direzione CMF accetta e la decisione viene approvata con specifico accordo tra le parti in data 27 settembre 2002.
In data 17 ottobre 2002 - prendendo atto dell'esito positivo della sperimentazione attuata - un ulteriore accordo proroga il regime d'orario di lavoro adottato per la linea di produzione MT fino al 29 novembre 2002.
In riferimento all'accordo per la riorganizzazione della linea di produzione F3 del 3 ottobre 2(é02, ci viene precisato che lo stesso si inserisce nel quadro di verifiche, area per area, dei mutamenti conseguenti alla riorganizzazione delle attività produttive e degli investimenti effettuati a partire dal 1999.
La linea F3 (produzione carte per fotocopiatrici) presenta, per numero di addetti, per quantità prodotte e per incidenza sul fatturato aziendale, caratteristiche di notevole importanza. Inoltre, la suddetta linea produttiva è gia stata oggetto in passato di analisi da parte di un gruppo di lavoro misto azienda sindacati.
Al di là dei contenuti specifici dell'accordo va sottolineato che lo stesso prevede degli incontri di verifica - normalmente ogni sei mesi - per monitorare lo stato di attuazione nonché per l'implementazione dell'organizzazione del lavoro, per la verifica di progetti formativi e lo sviluppo professionale.
Sulle modalità delle votazioni e sul numero dei membri della RSU che hanno siglato
l'accordo si precisa che lo statuto della RSU - accettato e sottoscritto da tutte le sigle sindacali - prevede votazioni a maggioranza e non a "firme a maggioranza" .
Conseguentemente, dopo che la RSU ha deciso a maggioranza, per la validità dell'accordo è sufficiente anche la sola firma di un delegato che la appone a nome di tutti. La questione è stata ampiamente delucidata dalla RSU CMF con un volantino diffuso tra tutti i lavoratori in data 7 novembre 2002.
I rappresentanti sindacali interni alle Cartiere Miliani Fabriano - sono stati ascoltati tre delegati che fanno riferimento alla CGIL, CISL, UIL - rigettano quanto affermato al riguardo nell'interrogazione consiliare in particolar modo quando si afferma che la riorganizzazione della F3 è avvenuta solo per selezionare e premiare personale attuando una politica di intimidazioni e di privilegi..
Ribadiscono inoltre che le relazioni sindacali con l'azienda sono caratterizzate da un confronto serrato ma costruttivo, quindi si conferma il clima generalmente descritto dall'assessore Secchiaroli nella seduta del 9 ottobre 2002, a riprova di ciò, viene segnalata la ripresa delle trattative per il contratto aziendale integrativo. Addirittura, interrogati da noi hanno manifestato un qualche disappunto che la Regione sia sollecitata ad intervenire su questioni che attengono alla normale dialettica tra azienda e sindacati, nonché su altre specifiche problematiche interne che devono essere regolate tra i vari soggetti istituzionalmente preposti - dalla legge e dal CCNL - alla soluzioni di tali problemi. Naturalmente ogni consigliere regionale ha diritto a chiedere e interrogare su qualsiasi argomento, quindi da parte mia non c'è alcuna condivisione di questo stupore.
Se si dovessero verificare delle situazioni aziendali talmente insostenibili da parte dei lavoratori o di una gravità tale da compromettere seriamente le normali relazioni tra l'azienda e rappresentanti sindacali, saranno questi ultimi ha chiedere un intervento dell'istituzione regionale.
Sappiamo che ci sono anche altre posizioni all'interno delle Rsu, in particolare del SinCobas, che non ha condiviso questa posizione, anzi è su una posizione diametralmente opposta rispetto a quella dei rappresentanti delle Rsu, però mi pare di poter dire che la ricognizione effettuata possa rendere legittima e concreta questa mia ricostruzione.
L'interrogazione n. 675 riguarda sempre le Cartiere Miliani di Fabriano, ma concerne la domanda se il gruppo Fedrigoni, in sede di acquisto delle Cartiere Miliani ha disatteso gli impegni che aveva assunto.
Il piano quinquennale (2003-2007) delle Cartiere Miliani Fabriano - redatto in versione di sintesi è stato consegnato ai rappresentanti sindacali dell'azienda in data 17 ottobre 2002 ed evidenzia le azioni che si intendono mettere in campo per il periodo considerato al fine di raggiungere gli obiettivi di vendita che a regime dovrebbero raggiungere la quantità di 176.505 tonnellate di prodotto e di ricavi previsti nel 2007 pari a 245.075 milioni di euro. (e non a 122 milioni come indicato nell'interrogazione). Pertanto sulla base di tale previsione il fatturato per addetto ammonta a 358.821 euro per addetto, considerando che il numero di personale attivo in CMF si stabilizzerà nel quinquennio a 683 unità.
La cifra indicata di euro 358.821 (pari a circa 700 milioni delle vecchie lire) rappresenta esattamente il doppio del fatturato per addetto della precedente gestione.
Le azioni previste per incrementare la produzione consistono in investimenti su tutti gli impianti (compresa la macchina continua F3 di Fabriano per aumentarne la velocità e l'efficienza), miglioramento della qualità di prodotto con riduzione degli scarti di lavorazione ecc. Il 54% degli interventi sono concentrati nei primi due anni del piano.
La macchina ottava (MT 8) è stata installata nel corso del 2002, e rappresenta un investimento tra i più notevoli dal punto di vista economico (circa 25 milioni di euro). Tecnologicamente più avanzata della macchina settima - che tuttavia continua a produrre in alternanza con la MT 8 - è in grado di aumentare la capacità produttiva di circa 1'80% delle carte speciali (carta valori e carta di sicurezza). L'installazione si è conclusa nel terzo trimestre 2002 e ad ottobre ha cominciato a produrre.
Per quello che riguarda la certificazione viene fatto rilevare che la procedura è complessa e necessita di autorizzazioni che gli istituti di emissione concedono solo dopo ripetute e severe prove e test qualitativi che accettano o meno lo standard assegnato. Per altre carte di sicurezza, ad esempio quelle destinate all'estero, la macchina è già operativa.
Per quello che riguarda la l'unità produttiva F3 vale quanto già detto in risposta all'interrogazione n.629 precisando che attualmente funziona con un organico di 50 addetti e che la riorganizzazione del lavoro nella suddetta linea produttiva è stato oggetto di apposito accordo sindacale con la RSU di Fabriano-Rocchetta in data 3 ottobre 2002.
Infine, per quanto riguarda i livelli occupazionali, al 30 settembre 2002 il personale ammonta a 757 unità di cui 666 attive, 87 sono in cassa integrazione e 4 in aspettativa. Nel prossimo quinquennio si prevede una stabilizzazione su 683 addetti. Nel marzo 2004 rientreranno in servizio venti lavoratori attualmente in regime di cassa integrazione, per i restanti si prevede il ricorso alle procedura di mobilità al solo scopo di accompagnare i lavoratori che ne hanno i requisiti alla maturazione del diritto alla pensione di anzianità.
Il Piano prevede un impegno per la flessibilità nell'utilizzo del personale al solo fine di cogliere tutte le opportunità di un mercato sempre più globale e competitivo. Sono anche previste delle azioni formative mirate alla valorizzazione del personale, nonché l'inserimento graduale e mirato di giovani con contratto di formazione e lavoro destinato a coprire in futuro le professionalità più critiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Sono sconcertata dalle parole dell'assessore Ugo Ascoli. L'altra volta, quando ha relazionato l'assessore Secchiaroli, fui molto meravigliata di sentire una ricostruzione delle questioni interne alle Cartiere Miliani così come da lui rappresentata. Questa volta ho seguito l'iter, dopo avere fatto l'interrogazione che contestava le questioni poste dall'allora assessore Secchiaroli, che diceva che c'era un clima sereno dentro le Cartiere Miliani e che tutte le indicazioni erano accolte, che tutto veniva gestito collegialmente. Sono venuta invece a conoscenza che le condizioni di lavoro sono cambiate e sostanzialmente cambiano di giorno in giorno per il lavoratori delle macchine in tondo che "turnano" in modo assurdo e anche per la possibilità che, non lavorando appieno la macchina continua F3, si rischia di ridurre l'occupazione.
Quindi, quando feci questa interpellanza ho voluto vedere che tipo di attività avrebbe svolto la Giunta regionale per verificare se le questioni da me poste erano fondate oppure no.
Il funzionario Soverchia che è andato alle Cartiere Miliani per verificare, nulla ha fatto se non parlare con la direzione della Fedrigoni, con il direttore del personale. Ha fatto anche un incontro con le organizzazioni sindacali e da ultimo con le rappresentanze SinCobas. Per questo a lei arrivano queste informazioni, assessore.
Il problema è: è questo il ruolo che la Regione deve svolgere? Sicuramente no, perché in quest'aula ci siamo divisi sulle ragioni della privatizzazione, c'era chi, come me, diceva che la privatizzazione avrebbe portato male al futuro economico di quell'azienda e di quel distretto produttivo, c'è chi invece sosteneva che era una via utile, però il punto sul quale non ci siamo mai divisi era che la Regione avrebbe dovuto vigilare rispetto alle clausole sociali, cioè la tutela dell'occupazione, il progetto industriale e politica degli investimenti, il mantenimento di tutti i siti produttivi nella sede di Fabriano, la manutenzione delle condizioni contrattuali. Questo era il punto di unità sul quale Alleanza nazionale, come Rifondazione comunista, votavano.
Cos'è accaduto, a qualche anno da quando la Fedrigoni si è insediata? Lei ha parlato di una cifra spaventosa, che io non conoscevo: 683. Io so che in questo momento ci sono 820 lavoratori in forza, ma erano 1.100 i dipendenti al momento della privatizzazione. Vuol dire che con i pensionamenti si sta riducendo una quantità incredibile di posti di lavoro rispetto all'area produttiva di Fabriano, e già solo questo darebbe il senso di un'operazione che si sta facendo.
La Fedrigoni aveva detto al Governo, al momento di fare l'acquisto, delle cose ben precise: che nel primo anno avrebbe portato il fatturato a 382 miliardi di lire, poi sarebbe arrivata a 427, poi a 458. Il fatturato, prima della privatizzazione era di 372 miliardi e coloro che volevano privatizzare vinsero perché dicevano che 372 miliardi erano un fatturato troppo basso per addetto, quindi non andava bene.
Questa era la questione, allora. Poi andiamo al piano quinquennale 2003-2007 in cui viene fuori — lo mettono per iscritto e i sindacati confederali, magari, lo sottoscrivono anche, ma sotto ricatto — che mancano 65 milioni di euro. Di fatto, la competitività delle Cartiere Miliani salta. Vuol dire — lo dice lei, perché io questo non lo sapevo — che andiamo a 683 unità nel giro di un anno, perché vorrà dire che Rocchetta, di cui si parla ma che alla fine si farà, porterà via altre unità produttive. Questo è il risultato. E come si fa a dire che le cose vanno bene? Se uno deve dire, alla fine, che ha perso 300 unità produttive nel giro di tre anni ed è pure contento, non credo che la Regione debba giocarselo così, questo ragionamento. Non sto io a dire cosa dovrebbe fare, credo però che non dovrebbe mandare in giro funzionari che vanno lì e parlano con il direttore del personale, che tra l'altro ha cause di vertenze con il SinCobas, per cui se una unità rappresentativa di una parte, un direttore del personale arriva a queste tensioni interne, non potrebbe sicuramente essere il referente unico della Regione Marche per dare il giudizio se andiamo bene o andiamo male rispetto alla questione occupazionale delle Cartiere Miliani.

Interrogazione (Svolgimento): «Nomina direttori amministrativi e sanitari presso le aziende sanitarie e ospedaliere commissariate» Giannotti e Brini (724)
Interrogazione (Ritiro): «Nomina commissari straordinari per la gestione delle Asl» Mollaroli (499)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 724 dei consiglieri Giannotti e Brini, poiché il consigliere Mollaroli ha fatto conoscere di avere ritirato l'interrogazione n. 499.
Per la Giunta risponde l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Leggo la risposta.
I Consiglieri Brini e Giannotti interrogano il Presidente della Giunta regionale per "sapere se non ritenga, considerate le limitate funzioni assegnate ai Commissari straordinari, che sia del tutto illegittima ed ingiustificata la conferma o la nuova nomina dei direttori amministrativi e sanitari nella Aziende sanitaria commissariate. E se non ritenga che gli elevatissimi costi sostenuti dalla Regione per tali incarichi, costituiscano un evidente danno erariale".
Gli interroganti partono dal presupposto che "la legge non prevede il mantenimento in carica o la nomina dei dirigenti amministrativi e sanitari nelle situazioni di commissariamento". Il presupposto non è fondato e, comunque, non può portare alle conclusioni cui loro pervengono.
La normativa di riferimento testualmente recita:
- Decreto legislativo n.502/92 e successive modifiche ed integrazioni
• art. 3, comma 1-quater: <<... il direttore generale è coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario>>;
• art. 3, comma l quinquies: <>;
• art. 3, comma 6A <<... In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione>>. -
- Legge regionale n.26/96
• art. l5, comma 5A <>.
Dalla normativa sopra citata, in estrema sintesi, risulta che:
1. Il Direttore Generale deve obbligatoriamente avvalersi del Direttore Amministrativo e del Direttore Sanitario (art.3, commi 1 quater e 1 quinquies). 2. Il Direttore Amministrativo in veste di Direttore Generale facente funzione (o reggente) deve obbligatoriamente avvalersi del Direttore Sanitario. E viceversa. (art.3, comma 6)
3. Per quanto concerne il Commissario Straordinario si evidenzia quanto segue:
a. come il Direttore Generale anche il Commissario Straordinario deve assicurare la gestione complessiva dell'Azienda, assumendosene la rappresentanza, con il limite di provvedere ai soli atti indifferibili ed urgenti;
b. non esiste alcuna norma che elenchi gli atti esclusi dal mandato in quanto differibili e non urgenti per cui la valutazione non può che essere demandata alla discrezionalità del Commissario Straordinario stesso;
c. nessuna norma fa divieto al Commissario Straordinario, che sostituisce a tutti gli effetti il Direttore Generale, di avvalersi di un Direttore Amministrativo e/o di un Direttore Sanitario;
d. conclusione: rientra nel potere discrezionale del Commissario Straordinario nominare un Direttore Amministrativo ed un Direttore Sanitario oppure nominarne uno solo dei due, oppure non nominarne alcuno. Di tale potere discrezionale i Commissari Straordinari delle Aziende sanitarie ed ospedaliere delle Marche si stanno avvalendo in quanto sia le norme statali che quelle regionali non pongono ai Commissari medesimi né obblighi a nominare né divieti a farlo.
In effetti, nel documento istruttorio sul quale si è poi fondata la deliberazione n. 1093 dell'11 giugno 2002 con la quale era stato deciso di non procedere alla nomina dei direttori generali in scadenza fino all'entrata in vigore della legge di riordino del servizio sanitario regionale o comunque sino al termine del 31.12.2002 poi prorogato al 30 giungo 2003 con legge, si disse che si riteneva "non conveniente" procedere alla nomina di nuovi direttori amministrativi e sanitari, ed in alcuni casi tale ipotesi è stata accolta (mancano infatti 3 direttori amministrativi e 5 sanitari) ma è evidente che è prevalsa la preoccupazione di assicurare la piena legittimità dell'attività amministrativa così come sopra detto e considerato il lungo periodo di commissariamento, a volte ricorrendo, nel caso di nuove nomine, ad incarichi conferiti a personale dipendente dalla stessa Azienda che mantiene la responsabilità degli incarichi originari (si veda ad esempio il caso della ASL di Urbino che ha conferito l'incarico di Direttore amministrativo al Dirigente del Provveditorato e quello di Direttore sanitario al Dirigente di Presidio).
Al di là della legittimità di cui si è detto occorre anche giustificare il comportamento dei Commissari dal punto di vista della capacità pratica di assicurare la gestione complessiva dell'Azienda facendo ricorso alle necessarie professionalità anche nello specifico contesto e per la lunghezza del commissariamento.
E' quasi sempre opportuno infatti che là dove il Commissario sia medico venga coadiuvato dalla necessaria competenza amministrativa e viceversa.
E' comunque anche in relazione alle preoccupazioni degli interroganti che si auspica, nel rispetto della piena autonomia del Consiglio, una sollecita approvazione della proposta di legge sul riordino del sistema sanitario, allo scopo di razionalizzare e rendere più economica ed efficiente la gestione dell'intero sistema.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Abbiamo sollevato, con Giannotti, come gruppo di Forza Italia, questo problema, perché emergono, anche dalla precisa e puntuale relazione dell'assessore Melappioni, alcune contraddizioni da parte degli attuali commissari, perché è vero che c'è l'obbligatorietà di nominare direttore amministrativo e direttore sanitario, ma noi possiamo verificare, anche analizzando tutte le Asl marchigiane, che si registra una anomalia di comportamento da parte degli attuali commissari.
Se ci fosse una legge ben precisa che indica la possibilità e l'opportunità di nominare sia il direttore amministrativo che sanitario, sicuramente tutti i commissari avrebbero adottato questa decisione, salvo alcuni che sono stati più attenti, più scrupolosi, tanto che si è preferito in alcune circostanze, secondo una norma che dice "può" e non "deve", soprassedere.
Inoltre, c'è contrasto tra il direttore generale e il comportamento recente — vedremo se esista o meno un danno erariale — di alcuni commissari. Come lei ben sa, recentemente un direttore sanitario è stato nominato recentemente ad Ancona e il commissario non ha provveduto a sostituirlo. Se ci fosse stata l'obbligatorietà per legge, della sostituzione, oggi si sarebbe dovuto essere stati consequenziali con l'atto iniziale, cosa che non è avvenuta.
Quindi preoccupa questo tipo di atteggiamento di incoerenza. Se è vero quello che diceva l'assessore, che ci si deve avvalere di queste esperienze e di queste professionalità, oggi, conseguentemente, quel commissario doveva nominare, in sostituzione di quel dirigente, altra persona al suo posto. Invece ha fatto una redistribuzione territoriale con le risorse interne, con il dott. Palazzo e con l'altro dirigente, ha riequilibrato una situazione e la Asl di Civitanova-Recanati oggi risparmierà una cifra consistente.
Ecco il dubbio e la perplessità che abbiamo come gruppo di Forza Italia sulla legittimità di simili comportamenti, che per lo meno sono da condannare sotto l'aspetto della praticità, perché se è vero quello che lei sosteneva — e lo possiamo anche condividere per quanto riguarda i direttori generali — questo oggi non può valere per i commissari, perché lavorano in un momento di straordinarietà. Se valeva dieci giorni fa o venti giorni fa avvalersi di un direttore sanitario, logico vorrebbe che oggi se ne fosse nominato un altro. Non penso che quella persona era insostituibile o non ci sia altra figura professionale che lo possa sostituire.
Poi bisogna fare veramente dei complimenti a quei commissari che non hanno sperperato queste somme. A Macerata il dott. Ciccarelli ha nominato solo il dott. Schiaffi facendo lui il direttore sanitario. Ciò significa che un commissari oculato poteva risparmiare centinaia di milioni a favore della propria azienda e poteva coprire qualche altra spesa — con tutti i problemi che sappiamo, con i budget che dalla mattina alla sera vengono penalizzati — consentendo migliori servizi.
Se lei dice che non c'è un danno erariale, comunque si può aver causato un danno ai servizi per questa logica della divisione.
Noi ci siamo sentiti in dovere di presentare questa interrogazione rispetto all'anomalia che esiste tra i vari commissari, un atteggiamento censurabile per alcuni e da applauso per altri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Capisco che l'assessore auspichi che il piano venga approvato con sollecitudine da parte del Consiglio ma non lo deve dire all'opposizione, lo deve dire alla maggioranza. Siamo di fronte ad un ritardo politico che è addebitabile esclusivamente alla maggioranza e non a noi. La verità è più complicata per quello che riguarda questo particolare aspetto della vicenda.
Io dico che la legge non afferma che in caso di commissariamento debbano essere nominati i direttori sanitari e i direttori amministrativi, quindi questa è una iniziativa che va contro la legge, una iniziativa che costa: costa 7 miliardi alla Regione pagare per un anno direttori sanitari e direttori amministrativi nelle aziende commissariate. In questa situazione di pesantezza finanziaria la nomina è inopportuna su tutti i piani. Noi riteniamo che sia anche illegittima e io sarei felice di sapere dall'assessore che non è stata aperta una verifica da parte della Corte dei conti come a noi risultava. Ma anche se fosse una decisione legittima, è inopportuna sul piano politico. Con una situazione disastrata qual è quella della sanità marchigiana sul piano finanziario, si potrebbe evitare di nominare la triade nelle aziende, quando è chiaro che il commissario svolge una funzione suppletiva di vacanza per funzioni che sono indifferibili e urgenti. Si giustifica solo nella logica dello spreco. Per questo siamo insoddisfatti.



Proposta di legge (Discussione generale, votazione degli articoli e rinvio in Commissione): «Soppressione del Comitato regionale di controllo e delegificazione in materia di organismi regionali. Semplificazione del sistema normativo regionale e modificazioni di leggi regionali» Giunta (141)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 141.
Il relatore di maggioranza Mollaroli è assente per malattia. Ha invitato a sostituirla il Vicepresidente del Consiglio Giuseppe Ricci, che ha la parola.

GIUSEPPE RICCI. Il mio è un ruolo di supplenza, perché la presidente della I Commissione, che è relatrice dell'atto, non è presente in aula per motivi di salute, quindi cercherò di fare una relazione, seppur breve, avendo seguito i lavori in Commissione.
La proposta di legge che ci apprestiamo a discutere e a varare, prevede sostanzialmente due momenti piuttosto forti. Uno è quello della soppressione del Comitato regionale di controllo e un altro quello della abrogazione di norme e leggi regionali che nel tempo hanno esaurito la loro funzione, sono state ricomprese in altre leggi od oggi non appartengono più ad una programmazione attuale rispetto all'attività e alla funzione della Regione stessa, tant'è che queste leggi che vengono poi allegate all'atto sono di anni diversi, addirittura le prime leggi che vengono abrogate o confermate nell'abrogazione risalgono all'anno 1973, mentre l'ultima risale all'anno 1998.
Questa proposta di legge prevede interventi volti a razionalizzare la legislazione regionale attraverso l'esplicita abrogazione di leggi non più operanti o già implicitamente abrogate attraverso la soppressione o il riordino di organi regionali non indispensabile per la realizzazione dei compiti istituzionali della Regione.
Questo si inquadra in un meccanismo già avviato con il riordino e la semplificazione della legislazione regionale, iniziata nell'anno 2001 con l'approvazione della legge regionale n. 10 concernente "Semplificazione sistema normativo regionale mediante abrogazione disposizioni regionali", ma si inserisce anche nel contesto di quel processo che è più generale, di razionalizzazione del sistema normativo, previsto anche da leggi dello Stato, fra le altre la 59 del 1997 e la 50 del 1999 e dall'ordinamento regionale dall'art. 76 della legge regionale 10/99 alla quale facevo riferimento poc'anzi.
Per quanto riguarda la soppressione del Comitato regionale di controllo si fa riferimento ad una disposizione contenuta nella modifica costituzionale approvata con legge costituzionale 3 del 2001, la cosiddetta "legge sul federalismo", che prevede espressamente la soppressione dei controlli preventivi di legittimità sugli atti degli enti locali (art. 9).
Su questo panorama complessivo si innesta la proposta di legge, che all'art; 1 prevede la disposizione abrogativa delle leggi che sono poi allegate, fermo restando il principio che esse continuano ad operare fino al completamento dei relativi procedimenti amministrativi già avviati o in itinere. All'art. 2 si parla della soppressione del Comitato regionale di controllo e su questo articolo, in Commissione abbiamo cercato di fare degli approfondimenti, anche per evitare una vacatio nell'applicazione di norme di controllo, in attesa che si possa istituire un organismo regionale che abbia una funzione di consulenza e di garanzia a favore degli enti locali. Voglio sottolineare il termine "garanzia", perché è stato espressamente richiesto e dai colleghi, in Commissione è stato inserito, perché pensare di creare una funzione esclusiva di assistenza e consulenza agli enti locali con una struttura organizzativa individuata dalla Giunta regionale poteva sembrare introdurre una sorta di meccanismo che fosse in qualche modo attento ad evitare errori dal punto di vista giuridico ma non altrettanto sufficiente a garantire la partecipazione democratica di coloro che nelle assemblee locali, provinciali, comunali debbono poi esprimere il loro parere in maniera consapevole. Si è pensato che questo organismo possa fornire anche una attività di consulenza agli enti locali, con particolare riferimento ai comuni di minore dimensione demografica, sugli atti che in precedenza venivano sottoposti a visto di conformità da parte del Comitato regionale di controllo, quindi sugli atti relativi agli appalti, affidamento dei servizi, forniture, assunzioni di personale e piante organiche.
Cosa vuol dire questo, che noi sostituiamo il Comitato regionale di controllo con un altro organismo che sostanzialmente fa la stessa cosa? No, perché non c'è il controllo degli atti, però è ovvio che sia i sindaci, sia i presidenti delle Province, sia le Giunte comunali e provinciali, ma anche i gruppi consiliari possono avere da parte di questa struttura che sarà creata nella Regione, tutte le informazioni, anche dal punto di vista della correttezza amministrativa, che poi consentiranno ad essi di esprimersi con un voto attento e responsabile.
In questo senso si stabilisce la modalità con cui questo parere può essere chiesto, viene riservata questa facoltà ai componenti degli esecutivi, ma viene riservata anche ai consiglieri comunali e provinciali nella misura di almeno un quinto dei componenti dei rispettivi organi collegiali. Questa è la seconda parte della legge.
C'è poi una parte che è un po' a cavallo tra le due. La prima parte riguarda le abrogazioni, la seconda la soppressione del Comitato regionale di controllo, poi c'è la parte, ripeto, a cavallo fra le due, della semplificazione degli organismi collegiali. Si dà mandato, con l'art. 3 alla Giunta di predisporre un regolamento con il quale la stessa Giunta, anche ai fini del contenimento della spesa e della maggiore funzionalità delle procedure, individua organismi collegiali regionali per i quali si ritiene la non necessità o il superamento delle funzioni rispetto alle attuali competenze della Regione, rispetto ai suoi obiettivi e compiti istituzionali, non altrimenti perseguibili attraverso altri organismi. In pratica vengono anche soppressi, cancellati, eliminati degli organismi regionali che precedentemente venivano utilizzati dalla Regione, perché magari si può sostenere ragionevolmente che le stesse funzioni possono essere svolte da strutture regionali — quindi dai servizi, dalla nuova organizzazione che ci siamo dati all'interno della Giunta regionale — oppure questi organismi possono essere sostituiti da organi di consultazione quali quelli previsti dalle norme sulla programmazione regionale e locale, oppure possono essere funzioni svolte dalla conferenza di servizi o dall'intervento, nei relativi procedimenti, dei soggetti portatori di interessi diffusi.
Questo regolamento fra l'altro prevede una cosa abbastanza innovativa, cioè si dà facoltà alla Giunta di prevedere, oltre la eventuale soppressione di organismi, anche la eventuale semplificazione dell'organo che rimane in piedi, perché se ne valuta ancora la funzionalità, l'efficienza e la necessità. Si può cioè pensare di creare delle strutture più snelle, per cui degli organi che precedentemente erano collegiali possono essere ridotti nella loro composizione o addirittura essere affidati ad un soggetto unico, quindi creare degli organi monocratici che sostituiscano l'organo collegiale precedentemente previsto.
Questa è una funzione che all'interno dell'art. 3 è ben disciplinata, perché il regolamento di cui parlavo individuerà sia quelli che sono considerati indispensabili e che cesseranno le loro funzioni a decorrere dalla data indicata dal regolamento, sia quelli che continueranno comunque ad esercitare le funzioni fino all'approvazione della nuova normativa, attraverso gli altri soggetti di cui ho parlato.
Analoga facoltà viene concessa ai Comuni e alle Province per le competenze ad essi assegnate. Ci sono competenze che la Regione ha trasferito a Comuni e Province e magari per alcune di queste competenze ci si avvaleva di organi collegiali: ebbene, Comuni e Province potranno, con regolamento proprio, prevedere la soppressione o la semplificazione e la riduzione dei componenti degli organi collegiali.
Questo è sostanzialmente il contenuto della legge, i tempi sono piuttosto brevi, si pensa che entro 90 giorni la Giunta debba predisporre questo regolamento che poi verrà sottoposto al preventivo parere della competente Commissione consiliare per poter essere effettivamente operativo.
E' evidente che trascorrerà un lasso di tempo di circa 4-5 mesi. In questo frattempo continua comunque ad operare il Comitato regionale di controllo in questa fase transitoria, proprio per evitare che rimanga un momento di incertezza giuridica rispetto alle esigenze e alle aspettative degli enti locali.
C'è un'altra parte che riguarda alcune modifiche di leggi che vengono introdotte con l'art. 6, in modo particolare le leggi concernenti il riconoscimento e l'erogazione di contributi a enti, istituti, fondazioni o associazioni culturali operanti nella regione, e si specifica che questi debbano avere una propria sede nell'ambito regionale aperta al pubblico, quindi una presenza fisica, reale, concreta, diretta di queste associazioni. Come pure c'è una modifica alla legge 52, con la quale si dice che, almeno ogni tre anni, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta effettua la revisione delle adesioni adottate ai sensi della legge stessa.
L'ultimo articolo riguarda la semplificazione e la trasparenza e prevede che i decreti dei dirigenti dei servizi, che oggi sostituiscono in gran parte, per le competenze proprie dei dirigenti stessi, quelle che precedentemente erano delibere adottate dalla Giunta regionale, diventano esecutivi non appena immessi all'interno del sistema informativo. Quindi, non appena il decreto viene emesso ma appena il decreto ha una sua forma di pubblicizzazione esterna e la forma di pubblicizzazione si ritiene che sia quella dell'immissione all'interno del sistema informativo regionale. Come pure per quanto riguarda gli atti, gli elaborati, le mappe, le cartrografie e tutta quella parte di elaborati tecnici che accompagnano deliberazioni ed atti della Giunta regionale non si prevede più che vengano stampati sul BUR perché molto spesso questi pacchi sono piuttosto voluminosi, ma si considera che sono acquisiti nel momento in cui vengono depositati e di questo deposito in Giunta viene dato atto nel Bollettino ufficiale della Regione Marche.
Questa è la proposta che complessivamente viene presentata. Nel merito ci sono alcuni emendamenti, cercheremo di esprimere la valutazione e il parere anche su questi singoli emendamenti.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Su questa proposta di legge, nella Commissione competente c'è stata una discussione molto approfondita, anche se molto corretta e molto rispettosa reciprocamente, perché siamo di fronte a un passaggio epocale nell'organizzazione degli enti locali e in tutta la dinamica dei controlli.
Siamo di fronte a una strategia necessitata dalla riforma del titolo V della Costituzione, quindi, in sostanza, la strategia del controllo prevista dal vecchio testo costituzionale sugli enti locali da parte di un organismo della Regione è ormai una strategia archiviata, viene considerata non più consona ai tempi, alle autonomie, al loro accresciuto ruolo e alle funzioni di rappresentanza del pacchetto intero delle autonomie (Province e Comuni).
Come relatore di minoranza voglio incentrare la discussione sul punto fondamentale: la soppressione del Comitato regionale di controllo e cosa si va a costruire nei rapporti tra gli enti locali e la Regione stessa. Tutto è scritto all'articolo 2, commi 2 e 3 che hanno richiesto il maggiore approfondimento.
In sostanza, la funzione di controllo rimane soltanto per gli enti direttamente dipendenti dalla Regione e per le Ipab, le vecchie istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, fin quando rimarranno tali e nelle competenze attuali. Nei confronti invece degli atti degli enti locali il controllo è soppresso.
Su cosa è stata la discussione che poi ha originato gli emendamenti che ho depositato personalmente e del subemendamento del collega Castelli che si inquadra nella riflessione che abbiamo fatto su questo rapporto tra enti locali e Regione?
In sostanza viene sostituito il Comitato regionale di controllo da un organismo di garanzia. Lo chiamiamo "di garanzia". Su questo esprimiamo un legittimo dubbio, perché non sappiamo se questo testo passerà o se invece sarà impugnato dal Governo come avvenuto per altri atti. Però è una forzatura sulla quale siamo stati d'accordo: garanzia. Forse non è nello spirito del novellato titolo V della Costituzione, però è una forzatura che oggi sottoscriviamo insieme. Il problema è lo strumento con cui questa garanzia, questa consulenza si esplica e che la Regione offre al sistema delle autonomie. Offre un servizio individuato dalla Giunta regionale. Su questo ci sono state opinioni divergenti. Chi di noi aveva chiesto di far continuare la struttura che si chiamava Comitato regionale di controllo finora, pensava che quella struttura funzionariale avrebbe potuto, con la stessa competenza e con la stessa idea di mission, offrire anche le funzioni di garanzia e di consulenza che si richiedono in questa nuova situazione. Si sono pensate altre strutture. Il collega Castelli, per esempio, sottolinea l'opportunità che questa funzione, sia per i controlli ancora in essere, che rimangono, sia per il dopo, potesse essere incentrata sul difensore civico. Questa è una discussione che abbiamo affrontato approfonditamente, su cui vorrei che il Consiglio si esprimesse in maniera più ampia. La mia opinione personale è che il servizio del Comitato regionale di controllo avrebbe potuto ancora assolvere questa funzione egregiamente. Era una questione di know-how acquisito, di rapporti con gli enti locali, di fiducia che era maturata tra questa struttura, anche se gestita per il comitato stesso politicamente, però per la parte dei funzionari e dei tecnici poteva sicuramente offrire questa garanzia.
Quindi la soluzione è quasi necessitata, perché nel frattempo la Giunta, con la ristrutturazione dei servizi, delle relative direzioni e delle relative responsabilità, ha individuato un servizio che non sarà quello. Speriamo che tutto vada bene, non auguro alla Giunta che questa procedura vada male e che i rapporti non siano intessuti nella massima correttezza e professionalità, diciamo che una riflessione più ampia si poteva fare.
Se oggi è quindi possibile, per gli enti locali, ricorrere a questa struttura per chiedere garanzia e consulenza sulle procedure e sugli atti, abbiamo individuato — e qui c'è stato l'accordo tra le componenti — il meccanismo per attivare questa procedura, quindi l'articolo 3, commi A e B indicano come questo è possibile. Abbiamo naturalmente allargato questa possibilità a un quinto dei consiglieri: questo consente di tutelare ancora le minoranze e forse anche le minoranze delle minoranze. E' una cosa sicuramente positiva, perché possono adire a questo servizio anche i sindaci, gli assessori, le amministrazioni nella loro collegialità e anche i consiglieri singoli, purché associati nella composizione di un quinto del Consiglio. Questo è un fatto sicuramente positivo. Rimane aperta la perplessità su quello che poteva essere un organismo diverso dal servizio individuato dalla Giunta. Forse era necessario prevedere in prima istanza la possibilità di adire i propri segretari comunali o difensori civici comunali, prima di arrivare al livello regionale.
Perché avevo fatto questa proposta? Per evitare che una massa di richieste di consulenza su singoli atti si scaricasse nel servizio regionale. Forse era possibile dire che questi stessi soggetti di cui ai punti A e B avessero potuto adire il livello regionale solo quando fosse stato acquisito, magari negativamente, il parere del segretario comunale o del difensore civico comunale. Questo è un comma che non si è tradotto nella proposta di legge, quindi, personalmente, l'avrei ritenuto più funzionale perché era meglio che i consiglieri avessero avuto l'obbligo di consultare prima gli organismi tecnici o di garanzia che sono nel proprio Comune prima di andare a chiedere questa garanzia, questa consulenza al servizio regionale. E' però stato detto che era una procedura troppo farraginosa, io non sono di questa opinione, quindi credo che questo dettaglio poteva essere previsto.
Per il resto c'è stato accordo sulla relazione completa che ha fatto il collega di maggioranza, quindi anche sull'abrogazione delle leggi non più funzionali o non più operative, però invito a una riflessione sull'argomento particolare dell'articolo 2.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. L'argomento di cui discutiamo è molto delicato. Per certi versi è addirittura discutibile e per quanto riguarda il sottoscritto e il partito che rappresento, se non fosse per l'avvenuta modifica del titolo V della Costituzione saremmo nettamente contrari a un'impostazione di questo tipo, perché essa, anche con una sottovalutazione delle forze di sinistra e democratiche, in qualche modo toglie la possibilità di controllo sugli atti e sulle deliberazioni dei Comuni e non solo. Una sottovalutazione di lunga data, seguita al mancato contrasto delle posizioni strumentali della Lega Nord che allora impose un dibattito improprio nel nostro paese. Le forze democratiche, in primo luogo quelle di sinistra, non seppero rispondere in maniera adeguata a quella offensiva presidenzialistica e, per certi versi, di tipo razionalistico-separazionista e anche peggio.
In realtà si passa da un estremo all'altro. Prima si doveva passare tutto alla verifica del Comitato di controllo, adesso nulla. Se dovesse essere approvata — mi auguro che possa essere contrastata — un'impostazione di questo tipo — la devolution del Governo Berlusconi — la selezione sarebbe devastante: si passerebbe non solo alla impossibilità di controllo sulle scelte degli enti locali, addirittura le Regioni, nella prefigurazione del Governo di centro-destra di Berlusconi diventerebbero piccoli staterelli che si contenderanno le già poche risorse statali e da questo punto di vista i controlli sarebbero del tutto residuali.
E' in questo contesto che in maniera schematica ho cercato di rappresentare, che si svolge la discussione odierna.
La I Commissione e questo Consiglio, nella necessità e nell'obbligo di modificare i propri assetti, anche organizzativi e legislativi hanno dovuto adempiere a questa funzione e credo che i lavori della Commissione e questa proposta siano una sintesi positiva, da un lato, rispetto all'osservanza formale, dall'altro per recuperare, nella sostanza, anche quel minimo di possibilità di controllo e di garanzia.
Mi pare che l'art. 1, così come declinato, rappresenti questa possibilità. Non so se, come il Governo ha fatto per altre leggi, anche questa verrà impugnata dallo stesso, tuttavia la prefigurazione di individuare nella nuova struttura organizzativa che la Giunta regionale dovrà concretizzare, anche funzioni di garanzia e non solo come era nel testo iniziale di assistenza ai Comuni minori, possa rappresentare un fatto positivo, possa rappresentare quella funzione, seppur minimale, per non far scomparire del tutto le funzioni di controllo, proprio perché, oggi, non solo la modifica del titolo V della Costituzione ma anche, ormai un'onda lunga sulla strada del presidenzialismo potrebbero rischiare, con una ulteriore sottovalutazione di sminuire anche queste pur minime funzioni di garanzia e di controllo. Esse sono necessarie alla funzionalità corretta dell'articolazione istituzionale e democratica del nostro paese, in primo luogo sono necessarie, queste funzioni di garanzia ed anche di controllo, nelle nuove formulazioni, all'articolazione degli enti locali, soprattutto in una funzione ormai consolidata dalle leggi, dove le Assemblee elettive, in primo luogo i Consigli, contano sempre meno. Anzi, se passasse la devolution del Governo, financo le Giunte conteranno sempre di meno, perché la potestà data agli eletti a suffragio universale, quindi presidenti delle Regioni, presidenti delle Province e sindaci, saranno tali e così forti che non solo non conteranno più nulla i Consigli ma neanche le Giunte stesse, tutto il potere sarà in mano di poche, pochissime persone.
Ecco allora che questa proposta di legge cerca di recuperare almeno una possibilità per quei consiglieri comunali e provinciali nella misura di almeno un quinto dei componenti dei rispettivi organi collegiali, per potersi rivolgere ad un organismo di garanzia per verificare se gli atti dei sindaci e dei presidenti, non dal punto di vista di merito, ma della forma, siano corretti. Se non ci fosse almeno questa minima garanzia, per qualsiasi atto o deliberazione che riguardino una programmazione comunale o l'istituzione e la formalizzazione, ad esempio, di un concorso, il consigliere dovrebbe rivolgersi alla magistratura. Credo che questo non sia ciò che vogliono le forze che oggi siedono in questo Consiglio regionale, tutte le forze politiche, tutti i consiglieri, tutti i gruppi. E' per questo che mi sento di sostenere la proposta.
Ho visto che ci sono anche altre necessità, ma dobbiamo porre uno stop anche a proposte di modifica e sub-modifica, perché se passasse un'impostazione di questo tipo sminuiremmo la funzione legislativa. Dobbiamo fare altri atti per semplificare le leggi e non attaccarci a questo per fare una sorta di mosaico illeggibile.
Con queste considerazioni voteremo la proposta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Questo atto è molto importante e merita un'attenta e dovuta riflessione, perché non vorremmo che venisse meno o venisse messa in pericolo la vita politico-ammnistrativa e la funzione di controllo di tutti gli atti degli enti locali. E' un passaggio molto delicato e particolare. Chi ha fatto vita amministrativa sa l'importanza e il ruolo che ha avuto il Comitato di controllo nella sua funzione. A mio avviso non è sufficiente ed è molto riduttivo, anche se può sembrare una conquista o un passo avanti, avere inserito l'organismo di garanzia in questa legge. E' un fatto molto riduttivo, perché non si specifica, non vengono detti i criteri con i quali vengono nominati i vari componenti, non viene specificato in che misura il ruolo deve avere una funzione specifica, è specificato solo che potrebbe essere un organo di garanzia per una parte dei consiglieri comunali che ne facciano richiesta, dei presidenti ecc.
Secondo me è un passo indietro che si fa con questa legge, che non dà più quella serenità, quella garanzia e quella legalità, quel controllo che c'era in passato degli atti amministrativi. Anche se molto spesso ci sono stati degli scontri con i vecchi Comitato di controllo, scontri anche duri, alla fine la legalità e il buon senso venivano sempre fuori, nel rispetto anche della legge e del controllo degli atti. Quale Comune non ha avuto interloquito un bilancio? Questo stava a significare che c'era chi controllava gli atti dei Comuni. Oggi chi controllerà quello che fa un sindaco o quello che fa un presidente di una Provincia o un altro amministratore? Quindi, consigliere Procaccini, è giusto che noi facciamo una riflessione più ampia su questo argomento, non possiamo limitarci a dire che l'organismo di garanzia soddisfa o risolve in parte questo delicatissimo problema, perché già esaminare un bilancio per un Comune è una cosa molto difficile e noi cercheremo di capire come la Giunta intenda adoperarsi per questo comitato di garanzia od organismo di garanzia che esso sia.
Condivido quello che veniva detto anche per quanto riguarda la legge elettorale. Ci auguriamo che tutti i consiglieri regionali presenti siano d'accordo su un sistema proporzionale, dove non ci sia più potestà, dove i cittadini saranno liberi nel voto, in base ad un criterio che per tanti anni ha retto una democrazia e un sistema elettorale che si è cambiato sulla scia, sull'emotività, sulle tentazioni da parte di alcuni, che ha approfittato di un vuoto della politica imponendo, magari, scelte e leggi per il sottoscritto già superate sin da allora.
E' vero che questo aprirà un forte dibattito anche all'interno delle forze politiche, perché c'è chi opta per un presidenzialismo forte, c'è chi invece vuole un cancellierato "alla tedesca", c'è, chi come il sottoscritto, preferisce un proporzionale puro. La soppressione del Comitato di controllo è un motivo di riflessione, perché viene meno la funzione di controllo di un amministratore. Una volta un sindaco, una Giunta, un Consiglio comunale che sapevano che il proprio strumento veniva esaminato dal Comitato di controllo, avevano molta più attenzione, molta più convinzione su ciò che si faceva. Non vorrei dire che oggi c'è disinteresse, però non essendoci più il Comitato di controllo ci si sente più garantiti a fare, magari, bilanci che in passato non venivano approvati.
Per quanto mi riguarda anticipo quindi il voto contrario a questa proposta di legge per le considerazioni fatte in precedenza e mi auguro che, quando dovremo discutere su altre materie come quella relativa alla legge elettorale, si trovi la più ampia convergenza affinché siano rappresentate, con un voto democratico, tutte le forze presenti in Parlamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Mi allineo alle dichiarazioni fatte dal collega Francesco Massi, relatore di minoranza per questa legge. Ho chiesto la parola per un intervento a titolo personale, perché vorrei esplicitare un pensiero. Ormai mi conoscete, io sono il "semplificatore per eccellenza" di tutti i processi, di tutti gli atti, di tutte le proposte, sono ormai caratterizzato con questa veste all'interno di questo Consiglio regionale. Su questo argomento consentitemi di essere contro corrente, anche avendo ascoltato con attenzione quanto diceva il collega Procaccini prima.
Io sono stato anche amministratore in un Comune fino al 1995 e ricordo le tribolazioni, a volte, per far approvare delibere ed atti dal Comitato di controllo. Questo da una parte poteva essere un freno, ma indubbiamente rappresentava anche un freno alla illegittimità, a tanti comportamenti che non erano consoni.
Ho poi visto, dalla "Bassanini" in poi, che è stata decisa questa semplificazione sui controlli degli atti amministrativi di Comuni, Province e Regioni e io non sono d'accordo, perché secondo me ci sarebbe grande bisogno invece, in questa fase, di avere ancora un controllo di legittimità sugli atti. A maggior ragione nei momenti in cui gli atti degli Esecutivi che non vengono più portati a ratifica dei Consigli comunali o provinciali, ci sarebbe bisogno di una funzione di controllo di un Comitato regionale. Tra l'altro i consiglieri hanno difficoltà, non avendo più nemmeno il filtro del segretario comunale, a rivolgere una loro istanza di contestazione. Io aggiungo: e il singolo cittadino? Il singolo cittadino che non condivide un atto, è costretto a questo punto ad adire le vie legali e la giustizia amministrativa, il Tar, con delle spese e questo fa sì che nessuno ricorra al Tar. Questo è un problema serio, secondo me. Tra l'altro, nel momento in cui sopprimiamo una struttura le cui funzioni, i cui poteri erano di fatto inesistenti da tempo ormai, non realizziamo nemmeno alcun risparmio economico, perché si chiude una struttura e questo personale — dirigenti, funzionari, impiegati — se ne va in altri uffici e la spesa generale rimane la stessa.
Se non c'è nemmeno un risparmio economico nell'operazione, perché non garantire comunque un controllo di legittimità sugli atti? Perdonatemi, ma questa è una riflessione personale che faccio da anni, nel momento in cui ho visto prima togliere alle delibere la ratifica del Consiglio — e questo poteva anche essere un'eccedenza — poi, abolizione della verifica del Comitato di controllo. Pur con la mia visione che tende sempre a semplificare i processi, a snellire, su questo non mi trovo personalmente d'accordo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Mi associo a questa riflessione che mi pare sia condivisa da molti su un problema fondamentale: dal sistema delle autonomie locali, in Italia, è stato espulso il concetto di legittimità. Il caso ha voluto che questo processo che è stato avviato e codificato, sostanzialmente, dalla seconda "Bassanini", che ha dato un colpo violentissimo al principio di legittimità, sia avvenuto, guarda caso, in una nazione che usciva da un periodo sicuramente non tranquillo per quanto riguarda la legalità. E' stato fortemente contraddittorio introdurre questa rivoluzione che ha comunque una data precisa — risale alla 127 del 1997 — in cui il principio della legittimità, che pure necessitava di forme e articolazioni più adeguate, è stato sostituito all'improvviso dal principio di efficacia e di efficienza, che è l'unico elemento regolatore dell'attività amministrativa delle nostre autonomie e delle Regioni.
Fermo restando tutto il nostro compiacimento per il fatto che, almeno teoricamente, l'efficienza e l'efficacia abbiano finalmente avuto ingresso nel nostro sistema, c'è tuttavia da pensare come la combinazione della cancellazione dei controlli, l'introduzione di questi principi come unico discrimine della validità degli atti in senso amministrativo lato ha avuto la contestuale non attivazione delle verifiche e dei controlli neppure sull'efficacia e l'efficienza, perché il meccanismo si rende oltremodo perverso se consideriamo che sono pochissimi i casi in cui i servizi reali di auditing, verifica e controllo sono stati attuati dalle nostre autonomie locali. Una era polveriera potenziale che del resto, per quanto tacitata dal punto di vista delle cronache che oggi sono meno attente ad inseguire i fenomeni di criminalità burocratica che ancora sono molto presenti ovunque nella nostra nazione, purtroppo costituisce un problema che affiora oggi e che purtroppo ha una data precisa. Quando faccio riferimento alla "Bassanini", mi riferisco ad esempio alla riduzione della funzione dei segretari comunali, argine, per certi versi, ad una certa tendenza a superare i vincoli di legittimità. Segretari comunali che diventano consulenti del sindaco e non sono più dipendenti del Ministero degli interni che devono dare parere di legittimità. L'area di controlli eventuali assoggettati al Comitato di controllo ridotta oltremodo, con l'aggiunta che già dal 1997 il Comitato di controllo non aveva più possibilità di bocciare gli atti ma di restituirli per una verifica e un ulteriore vaglio approfondito. Quindi, in realtà oggi ci poniamo un problema che è molto ampio, molto grosso e che, a mio modo di vedere, impone che la Regione e le autonomie locali si pongano con serietà il problema di allestire un sistema, se non di controllo di misurazione della legittimità degli atti in un momento in cui ce n'è estremo bisogno.
Non voglio fare facili e pretestuose allusioni anche a delle situazioni di emergenza di illegittimità che hanno riguardato anche la nostra Regione, che non mi sembra immune da un problema che ci dobbiamo porre ulteriormente, perché il concetto della legittimità non è un concetto di parte e non connota solo la dialettica maggioranza-opposizione ma connota anche la dialettica fra potere politico e potere burocratico, perché è vero che, oggi come oggi, i dirigenti delle strutture amministrative hanno facoltà e funzioni che, almeno tendenzialmente, anche solo da un punto di vista teorico — ma non è solo teorico — possono determinare delle discrasie, delle antinomie e anche delle illegalità in una situazione che li pone al riparo da forme reali di censura e di controllo, se si vuole eccettuare la possibilità di modulare l'indennità di risultato in qualche misura, ma anche in quel caso siamo nell'ambito dell'efficacia e dell'efficienza. Ecco perché su questa riflessione inviterei tutti i partiti politici, tutti i gruppi consiliari, in concertazione con l'Anci e con le autonomie locali, a fare uno sforzo collettivo affinché un modello e un sistema di verifica e controllo che possa reintrodurre nel nostro ordinamento la legittimità amministrativa, fuori dalla strada giurisdizionale, possa essere finalmente imboccato.
E' in questo senso e sotto questi auspici che ho proposto un emendamento che, per il periodo transitorio, non preveda che sia un ufficio della Giunta regionale a esercitare quelle forme di garanzia più o meno larvata che da più parti si invocano, ma che sia un organismo che già esiste, che in qualche modo funziona nell'eterno tentativo, difficile, di riempire la propria funzione che pure esiste e che è il difensore civico regionale. Se vogliamo parlare di garanzia seriamente e non aprire un siparietto che si consuma in qualche modo in un rimpallo di carte amministrative e di protocolli da sventolare con più o meno soddisfazione da parte di qualche consigliere di opposizione, dobbiamo pensare a un soggetto che abbia almeno un barlume di terzietà. Non c'è garanzia senza terzietà. Non credo che la Giunta regionale possa avere questa caratteristica di terzietà. Probabilmente potrebbe averla avuta una struttura emanazione del Consiglio regionale, ma dialettica e la conflittualità potrebbero sorgere proprio nel rapporto Comuni-Regioni. Il potenziale conflittuale che sulla scena amministrativa si profila dopo la riforma del titolo V riguarda, è vero, il rapporto Regioni-Stato, ma chi di devolution ferisce di devolution perisce e anche la sinistra avrà il problema di sedare le rivolte che dai Comuni proverranno verso la Regione. Se oggi il Presidente D'Ambrosio invoca a ogni pi' sospinto "Roma ladrona", fra un po' sarà la volta di "Ancona ladrona", perché se vogliamo valutare con obiettività — invece che recitare la solita parte — la situazione che è di estrema conflittualità e confusione nei rapporti fra i soggetti pubblici della scena politica, la realtà è che il problema di una riforma frettolosa, parziale, caotica prodotta sul finire della legislatura ha lasciato sul tappeto una miriade di problemi.
Procaccini parla di "devolution di Bossi". Non siedo assolutamente nella curva sud della devolution, lo posso dire a nome di tutto il gruppo di Alleanza nazionale, quindi non mi metto neanche dei distinti, addirittura sono fuori dello stadio, però mi sembra che Bassanini non fosse un ministro del bieco Governo di centro-destra e la picconata vera al sistema della legittimità amministrativa l'ha data proprio, guarda caso, un Governo di centro-sinistra che risicò qualche voto in più, perché la 127 passò per 3 voti o qualche cosa del genere.
Queste sono riflessioni da fare, perché diversamente, se non affrontiamo il problema della nuova Costituzione in maniera seria, ci potremmo trovare nello strumentale ruolo di accendere la miccia contro il sovraordinato. E allora non avremmo difficoltà a farlo intanto che voi avrete la Regione, lo farete voi con qualche scorrettezza di troppo, perché io mi attendevo, oggi, che il Presidente D'Ambrosio, raggiungesse, urbi et orbi, tutti i centri sociali delle Marche e dichiarasse ufficialmente che l'ingiustificato allarme del taglio ai fondi sociali era appunto ingiustificato e che le chiavi dei centri sociali restituite ai prefetti fossero nuovamente ritirare e le auto blu che scorrazzavano da Gabicce Mare ad Arquata del Tronto chiamando all'allarme tutti i disabili delle Marche potevano avvisare i propri sodali che l'allarme era cessato. Credo che da questo punto di vista la strumentalizzazione sia stata evidente, quindi ci attendiamo — ma sappiamo che sarà l'attesa del messaggio dell'imperatore di kafkiana memoria — un messaggio, se non altro, di riconoscimento della situazione.
Se vogliamo vivere la nostra vita politica a inseguire le deficienze altrui, vere o presunte, lo possiamo fare; se vogliamo migliorare la qualità amministrativa di tutti gli enti, dobbiamo lavorare da subito per far sì che la garanzia possa strutturarsi in maniera seria.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Subemendamento 01 a firma Castelli. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva)

Emendamento 1 a firma Massi. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Mi sembra che questo passaggio sia importante e delicato, il collega Massi l'ha già detto in sede di discussione generale ma io vorrei riprenderlo, perché mi sembra che l'aula, poco attenta alla questione, stia facendo passare delle cose che poi avranno dei risvolti molto pesanti, perché riguardano proprio la vita delle istituzioni legata a quella che era la funzione di controllo da parte del Comitato e di quella che è, in realtà, la fase transitoria della gestione di questa delicata materia del controllo dell'attività amministrativa.
La proposta della Giunta è quella di autocontrollare, perché è la stessa, con le sue strutture organizzative, che andrebbe a svolgere le funzioni di supplenza in questa fase transitoria.
L'emendamento Castelli indicava la figura del difensore civico, una figura effettivamente terza ed estranea sia all'Esecutivo regionale che a strutture comunque condizionate da una scelta di carattere politico, anche se scelte che ricadono su profili tecnici, tecnico-giuridici, di fattibilità, di legittimità degli atti.
La proposta di emendamento del collega Massi parla di una funzione che transitoriamente è lasciata nelle mani del Comitato attualmente in carica.
Colleghi, dobbiamo decidere se vi è effettivamente una necessità si divisione come noi sosteniamo, dei ruoli tra l'Esecutivo regionale e la struttura che dovrebbe poi essere comunque di ausilio delle Amministrazioni locali e territoriali oppure no. Noi, lo ripeto, siamo dalla parte di coloro che dicono che deve essere terza rispetto a una diretta influenza, almeno per quanto riguarda l'individuazione, la nomina. Questa mi sembra una questione delicata che deve vedere l'aula molto attenta alle sue valutazioni, invece non mi pare che questa mattina ci siano queste condizioni. Noi abbiamo cercato di rendere il dibattito il più possibile vicino al merito e all'importanza di questo dibattito che non è ininfluente, ma mi pare che da parte della maggioranza non ci sia questo stesso atteggiamento, perché a parte la relazione introduttiva, tra l'altro non effettuata dalla relatrice dell'atto, oggi assente giustificata, non c'è stato altro e quindi c'è stata una limitazione del dibattito, soprattutto su questo passaggio non in linea con la ricaduta effettiva dell'atto che andiamo a votare.
Noi chiediamo quindi un voto favorevole su questo emendamento, anche in forza delle argomentazioni che abbiamo esplicitato in sede di dibattito generale.

PRESIDENTE. Ricordo ai consiglieri che se non passa questo emendamento, decadono anche gli emendamenti nn. 2 e 3.
Pongo in votazione l'emendamento 1.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l'articolo 2.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

L'articolo 4 è soppresso. Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Emendamento n. 4. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Dato che non è presente la collega Mollaroli, la sostituisco anche in questo compito di esplicitazione del senso dell'emendamento.
Si è ritenuto opportuno riscrivere l'intero comma 12 dell'articolo 6, proprio perché, con il sistema della eliminazione delle singole parole si rischiava di renderlo poco comprensibile. Infatti, c'è un principio che in qualche modo bisognava chiarire, altrimenti si rischiava di cerare confusione. Nella reiscrizione si è tolto il riferimento all'art; 15 della legge 1497 del 1939 che oltretutto non esiste più perché sostituito dall'art. 164 del D. Lgs. 29.10.1999, n. 490, cioè il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, che oltretutto era anche errato come riferimento. Infatti l'art. 15, come l'attuale art. 164 non punisce i danni ambientali ma soltanto le violazioni alle disposizioni in materia di tutela del paesaggio e nessuna norma di legge regionale può punire violazioni di diversa natura. Se lo facesse violerebbe il principio di legalità e il rispetto dei principi statali in materia sanzionatoria. Ecco perché il comma è stato riscritto nella sua interezza, così come viene posto all'attenzione dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Presidente, ringrazio il relatore per questa illustrazione di massima, ma stiamo parlando di modifica di tutta una serie di leggi regionali, non so con quale legittimità. Per esempio, per quanto riguarda le attività estrattive, si è avuto il parere della IV Commissione? Agli atti non c'è alcun tipo di interlocuzione della IV Commissione competente per materia. In realtà questa diventa una legge-omnibus: parliamo di Comitato di controllo ma stiamo parlando anche di attività estrattive, della legge sull'infanzia che è stata estrapolata dalla Commissione. Questo articolo 6 è un articolo-omnibus. Altro che "non facciamo più finanziarie-omnibus", "il sistema è tutto sbagliato" ecc., come si diceva in sede di bilancio. Mi pare che il Presidente della Giunta abbia più volte accennato al fatto che non si possono fare provvedimenti nei quali si discuta di tutto e di più senza alcuna logica, alcuna razionalità. Addirittura nella proposta di legge troviamo la "Soppressione del Comitato regionale di controllo e la delegificazione in materia di organismi regionali, semplificazione del sistema normativo regionale. Modificazione di leggi regionali". Veramente tutto, perché questo titolo può significare tutto e il contrario di tutto: porti, turismo, cave, Comitato di controllo, mute, contravvenzioni. Consigliere D'Angelo, qui si modifica anche la possibilità dei nostri uffici di intervenire per quanto riguarda certe materie così delicate come quelle delle attività estrattive.
Non so se siamo legittimati a discutere di questa legge in questa maniera, soprattutto senza i pareri delle Commissioni competenti.
Pertanto, a norma di Statuto e di regolamento ritengo che la discussione debba essere sospesa e rinviata alla Commissione, dall'articolo 6 in poi (gli altri li abbiamo votati). La norma di regolamento ce lo permette. Ritengo, soprattutto, che la sensibilità politica ci debba portare a fare una riflessione attenta a questo, perché senza un minimo di verifica del lavoro fatto in Commissione ma tra Commissioni, questo tipo di leggi non può essere presentato in aula. Pertanto chiedo che sia sospesa la votazione e rinviato l'atto alla Commissione per questo tipo di profilo di illegittimità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Rispetto alla richiesta non posso pronunciarmi nel merito, tengo solamente a dire che l'emendamento di cui stiamo discutendo è una esplicitazione di un comma che era già inserito all'interno della legge dalla Commissione e non dalla proposta che la Giunta aveva presentato. E' ovvio che la legge, nel momento in cui disciplina complessivamente alcune materie — perché si parla di "semplificazione del sistema normativo regionale e modificazione di leggi regionali" — va a toccare la competenza di tutte le Commissioni. Pensate che noi abroghiamo 94 leggi, con questa. E' quindi evidente che se su ogni legge che abroghiamo, da quella che riguarda la cultura, a quella che riguarda il turismo, a quella che riguarda l'agricoltura, avessimo chiesto i pareri di competenza delle singole Commissioni, probabilmente ancora saremmo in Commissione a discuterne. Altro discorso è quello che fa il collega Pistarelli, perché l'articolo di cui stiamo parlando, in modo specifico questo comma è stato introdotto dalla Commissione, quindi un approfondimento da parte della IV Commissione, per lo meno per quello che mi riguarda, potrebbe anche essere utile. Per la verità riguarda solo il sistema sanzionatorio, non riguarda la modifica delle leggi ed è stato esplicitato in ragione della nuova normativa che nel frattempo è subentrata.
Io non ho alcuna difficoltà in relazione a quello che deciderà l'aula o che vorranno anche i colleghi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. La discussione non può riguardare l'emendamento, deve riguardare l'articolo, nel senso che non è in discussione la legittimità di avere o meno un emendamento al comma 6 dell'art. 6, il problema è se questa legge debba contenere un insieme di questioni che riguardano la normativa generale, non avendo il parere delle Commissioni, quindi credo che dobbiamo decidere su questo punto ed eventualmente stralciare l'art. 6. Quindi, se si dovesse convenire su quanto detto l'unico meccanismo sarebbe quello che l'aula debba votare contro l'intero articolo 6, rimandando poi a una nuova definizione di proposta di legge della Giunta regionale sulle altre leggi da abrogare, stante la nuova normativa. Così si deve fare, perché cominciare a discutere di attività estrattiva diventa complicato ed è altra cosa ancora.

PRESIDENTE. C'è una richiesta da parte del consigliere Pistarelli. La proposta di legge ha tutte le caratteristiche della legittimità, perché lo Statuto recita che una Commissione permanente deve esprimersi e una Commissione permanente si è espressa. E' quindi una questione di opportunità politica che viene avanzata, di merito e di contenuto, non di legittimità. Sarà l'aula che voterà, eventualmente, il rinvio alla IV Commissione per un parere.
Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Per esplicitare la mia richiesta e interloquire con quanto il collega Giuseppe Ricci ha detto poc'anzi nel suo intervento.
Questo articolo riguarda tutta una serie di norme, mi pare 96 nel loro complesso. L'art. 1 abroga, però l'art. 6 modifica sostanzialmente. Sono due cose diverse. Ritengo che dove non si abroghi una legge ma si modifichi — per esempio il sistema sanzionatorio della legge 71 — come si fa per la finanziaria regionale che va a tutte le Commissioni per la loro parte e si esprime la Commissione sanità per quanto riguarda la sanità, la Commissione attività produttive per quanto riguarda le attività produttive e così via, la stessa cosa debba essere fatta anche in questo caso, perché non si tratta solo di abrogare, ma di modificare sostanzialmente.
Ritengo quindi che la I Commissione debba ritornare a valutare questo profilo, per poi destinare, attraverso la presidenza del Consiglio, se del caso, anche alle altre Commissioni le parti di loro competenza. Valutare, come I Commissione, perché in quella sede potrebbe essere anche praticata la strada suggerita dalla collega Cecchini, la quale dice "estrapoliamo dalla legge gli articoli 6 e 7 che riguardano l'agricoltura, le attività estrattive ecc. e ricomprendiamoli in una proposta organica". Può anche darsi che dalla I Commissione emerga una definizione del genere, pertanto può ritornare in aula la proposta di legge corretta sotto questo profilo. Per la tranquillità di tutti possiamo percorrere quel tipi iter.

PRESIDENTE. C'è una richiesta di rinvio alla I Commissione. Su questo mi sono già espresso: non è un problema di legittimità.
Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Le questioni che ha posto il collega Pistarelli sono degne di approfondimento, quindi chiedo cinque minuti di sospensione per discutere queste questioni.

ROBERTO GIANNOTTI. Abbiamo già superato le 13,30.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di prosecuzione della seduta.

ROBERTO GIANNOTTI. Sono contrario.

PRESIDENTE. In questo caso voterà contro.

ROBERTO GIANNOTTI. Ma non vuole neanche darmi la parola? Lei ha fatto una proposta, io su questa proposta ho da eccepire. Mi dà la parola?

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIANNOTTI. Siamo contrari alla prosecuzione, perché questa mattina il Presidente ha posto un problema di riduzione dell'attività odierna del Consiglio per motivi nobilissimi. Non ci sembra, a questo punto della giornata, che sia giusto che si prosegua. Prendiamo atto dello status quo: c'è una proposta di rinvio in Commissione, avete modo di saltare questo ostacolo, se volete, sospendendo l'attività del Consiglio, quindi interrompiamo la seduta al punto in cui siamo arrivati.

PRESIDENTE. In questo momento abbiamo una richiesta di prosecuzione. Questa mattina alla Conferenza dei presidenti di gruppo abbiamo deciso di trattare fino al sesto punto nella seduta antimeridiana. Non ci arriveremo, ovviamente, abbiamo superato le 13,30, dobbiamo decidere se c'è o meno la prosecuzione. Un consigliere si è dichiarato contrario alla prosecuzione, d'altra parte c'è un altro consigliere che ha dichiarato di voler proseguire, sospendendo per cinque minuti i lavori. Sentiamo se c'è qualcuno che interviene a favore della prosecuzione.
Se non vi sono interventi in questo senso, questa presidenza ritiene di sospendere questa discussione, rinviare l'atto in I Commissione e contestualmente interessare tutte le altre Commissioni per i pareri di loro competenza.
Pongo in votazione questa proposta.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 13,45