Resoconto seduta n. 131 del 07/05/2003
La seduta inizia alle 10,15



Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell'art. 29 del R.I., il processo verbale della seduta n. 130 del 9 aprile 2003.



Proposte di deliberazione
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di deliberazione:
— n. 6, in data 16 aprile 2003, ad iniziativa dell'Ufficio di Presidenza, concernente: «Istituzione di una Commissione consiliare d'inchiesta concernente l'accertamento della correttezza delle procedure del concorso pubblico per funzioni ingegneri architetti - la qualifica funzionale dirigenziale - di cui alla deliberazione giunta regionale n. 2308 del 20 luglio 1992», iscritta all'ordine del giorno della seduta odierna;
— n. 7 in data 17 aprile 2003, ad iniziativa dell'Ufficio di Presidenza, concernente: «Proposta di proroga del termine per l'ultimazione dei lavori della Commissione consiliare d'inchiesta concernente gli atti e le procedure seguite nell'affidamento del servizio di predisposizione di quaranta giornate seminariali per donne imprenditrici ai sensi della legge 215/92», iscritta all'ordine del giorno della seduta odierna.



Petizione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata la petizione n. 4, in data 24 aprile 2003, ad iniziativa del Comitato per la realizzazione Ospedale di rete della bassa valle del Musone, concernente: «Realizzazione Ospedale di rete della bassa valle del Musone», assegnata alla V Commissione in sede referente;




Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 275 del consigliere Viventi: «Certificazione bilancio regionale»;
— n. 276 dei consiglieri Mollaroli, Silenzi, Franceschetti, Secchiaroli, Amati, Tontini e Avenali: «Tagli agli organici delle scuole di ogni ordine e grado previsti dal Ministro Moratti»;
— n. 277 del consigliere Mollaroli: «Adesione all'appello per salvare Amina Lawal Kurani";
— n. 278 dei consiglieri Giannotti, Ceroni, Cesaroni, Brini, Trenta, Favia e Grandinetti: «Nuova ondata di repressione avviata a Cuba dal regime di Fidel Castro».



Promulgazione di leggi regionali

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha promulgato le seguenti leggi regionali:
— n. 5, in data 16 aprile 2003: «Provvedimenti per favorire lo sviluppo della cooperazione»;
— n. 6, in data 16 aprile 2003: «Semplificazione delle procedure di modifica ed integrazione agli allegati A, B e C alla legge regionale 25 luglio 2001, n. 17: "Norme per la raccolta e la commercializzazione dei funghi epigei spontanei e conservati" e successive modificazioni».



Deliberazioni amministrative trasmesse dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 494 in data 8 aprile 2003, concernente: «Art. 4 della legge regionale n. 3/2003 "Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione" (Euro 247.133.822,10) e modifiche al POA anno 2003»;
— n. 536 in data 16 aprile 2003, concernente: «Art. 4 comma 2, della legge regionale n. 3/2003 - reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di recuperi relativi a stanziamenti aventi specifica destinazione - Euro 86.899,23»;
— n. 537 in data 16 aprile 2003, concernente: «Art. 4 comma 2, della legge regionale n. 3/2003 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di recuperi relativi a stanziamenti aventi specifica destinazione - Euro 1.375,13»;
— n. 538 in data 16 aprile 2003, concernente: «Art. 27 comma 1, della legge regionale n. 4/2003 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di entrate derivanti da stipula di un mutuo con oneri di ammortamento a carico dello Stato per interventi di edilizia ospedaliera. Euro 65.334,36»;
— n. 539 in data 16 aprile 2003, concernente: «Art. 4 della legge regionale n. 3/2003 - reiscrizione nel bilancio di previsione per l'armo 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. Euro 33.080.795,68»;
— n. 540 in data 16 aprile 2003, concernente: «Art. 27 commi 1 e 2, della legge regionale n. 4/2003 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di entrate derivanti dall'assegnazione di fondi dallo Stato, da soggetti terzi e delle relative spese - Euro 1.301.623,57»;
— n. 575 in data 23 aprile 2003, concernente: «Art. 27 della legge regionale n. 4/2003 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di entrate derivanti dall'assegnazione di fondi dallo Stato e delle relative spese - Euro 1.479.194,02»;
— n. 576 in data 23 aprile 2003, concernente: «Art. 27 della legge regionale n. 4/2003 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di entrate derivanti dall'assegnazione di fondi dallo Stato e delle relative spese - Euro 28.000.000,00»;
— n. 577 in data 23 aprile 2003, concernente: «Art. 4 della legge regionale n. 3/2003 - reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione - Euro 120.202.426,73».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Amati, Martoni e Trenta.




Interrogazione (Rinvio): «Danno arrecato alla economa montana dalla prevista immissione sul mercato nazionale di tuberi cinesi presentati come tartufi» Moruzzi (418)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 418 del consigliere Moruzzi. Non è presente l'assessore, quindi la risposta viene rinviata



Interrogazioni (Svolgimento):
«centralizzazione degli acquisti dei beni e servizi delle aziende sanitarie – incarico per lo sviluppo del progetto ad una società di consulenza», Giannotti, Cesaroni, Trenta, Grandinetti, Favia, Brini e Ceroni (431)
«conferimento incarico ad una società per l’assistenza relativa alla realizzazione di un sistema centralizzato degli acquisti di beni e servizi da parte delle aziende ospedaliere e delle ASL della Regione», Giannotti, Ceroni, Grandinetti, Trenta, Favia, Brini e Cesaroni (488)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le interrogazioni n. 431 dei consiglieri Giannotti, Cesaroni, Trenta, Grandinetti, Favia, Brini e Ceroni e l'interrogazione. 488 dei consiglieri Giannotti, Ceroni, Grandinetti, Trenta, Favia, Brini e Cesaroni. Per la Giunta risponde l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Fornisco un'unica risposta, di cui do lettura:
"Sulla base della documentazione e delle informazioni che sono state acquisite, si possono formulare le considerazioni seguenti.
Si ritiene necessario indicare le motivazioni del ricorso alla società di consulenza. Tutte le organizzazioni complesse, ogni qualvolta si tratta di trovare soluzioni innovative e gestire cambiamenti ricorrono all'apporto di risorse esterne che sono specializzate per questo.
Tipico in questo senso è il ricorso a società di consulenza aziendale il cui compito si caratterizza principalmente non per sostituire l'organizzazione interessata, ma per affiancarla nelle fasi di cambiamento trasmettendo all'organizzazione la metodologia ed il know-how necessario.
Il costo dei contratti di consulenza dovrebbe essere quindi legato a queste caratteristiche e non tanto alla esecuzione di compiti ordinari delle organizzazioni. Anche il progetto di aggregazione degli acquisti in sanità approvato dalla Regione ha queste caratteristiche di innovazione con riferimento sia alle attività che alle tempistiche degli obiettivi del progetto.
In tal senso avvalersi di una società di consulenza consente di utilizzare un approccio di metodologie già sperimentato in altre realtà, che permette in tempi rapidi di poter ottenere i risultati programmati.
L'intero progetto riguarda sia gli aspetti di strategia di gara, che gli aspetti contrattuali e legali per la singola azienda e per il SSR, beneficia di una metodologia volta alla razionalizzazione degli impatti organizzativi ed all'efficienza stessa del processo di acquisto.
Quindi è stato ipotizzato il ricorso a società di consulenza in particolare nelle fasi iniziali e sperimentali, che altrimenti rischierebbero di non poter decollare nei tempi e nei modi richiesti dal decisore regionale, dal momento che rappresentano anche un aggravio lavorativo per gli operatori delle aziende sanitarie e dell'agenzia coinvolti e che devono comunque garantire la normale operatività quotidiana.
In pratica poi l'acquisizione delle prestazioni della società di consulenza è stata richiesta alla SVIM spa che, in tempi molto più rapidi di una procedura di evidenza pubblica, ha già provveduto in tal senso, consentendo all'agenzia sanitaria regionale prima ed ora al dipartimento dei servizi alla persona ed alla comunità, che risulta essere ora il responsabile organizzativo del progetto e del coinvolgimento delle aziende sanitarie, di non interrompere l'azione già intrapresa di aggregazione degli acquisti.
La spesa prevista per il ricorso alla consulenza relativamente alla prima fase del progetto è di circa 155 mila euro. Il prosieguo del progetto di aggregazione degli acquisti (fasi 2 e 3 perfettamente a conoscenza dell'interrogante in quanto riportate nella premessa della interrogazione) è per il momento congelato: in attesa della valutazione dei risultati della fase 1, che potranno essere conosciuti compiutamente in esito alla aggiudicazione dei tre bandi di gara e alla effettiva acquisizione delle forniture aggiudicate; in relazione agli esiti della complessa operazione di riordino del SSR che interessa profondamente, come noto, anche l'assetto delle funzioni amministrative e di supporto delle aziende sanitarie.
Il Dipartimento dei servizi alla persona ed alla comunità peraltro sta proseguendo nelle attività relative alla aggregazione degli acquisti facendo tesoro della esperienza maturata nella fase sperimentale e coinvolgendo direttamente le risorse aziendali che si prevede potranno garantire in modo quasi esaustivo il proseguimento delle attività previste.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini, per dichiararsi soddisfatto o meno.

OTTAVIO BRINI. Ci consenta, Presidente, di fare un'esternazione, questa mattina sulla tempestività e celerità con cui ha dato corso all'inizio del Consiglio regionale. Non è sua consuetudine e abitudine, tanto è vero che in moltissime occasioni non facciamo altro che richiamarla alla puntualità e alla precisione, però oggi, vista l'assenza dei consiglieri di minoranza lei è stato molto bravo ad approfittarne, pensando con due battute di liquidare problemi di una certa portata e di una certa consistenza.
Si è capito il perché, anche dalla risposta che l'assessore Melappioni non ha dato alla nostra interrogazione, con un tono basso, forse preoccupato del dibattito che poteva svilupparsi su questa problematica. Lei ci deve spiegare tutta questa celerità nell'inizio della seduta con quattro consiglieri in aula, quando in altre occasioni non l'ha mai fatto, tanto che vediamo che oggi, dell'Ufficio di presidenza è presente solo lei. E' un metodo che lei si deve dare: o inizia sempre alle 10, come da due anni e mezzo le chiediamo, oppure continua a fare dando la parola a chi vuole, quando vuole e noi ne prendiamo atto. Se lei pensa di fare il Consiglio regionale senza la minoranza non ha capito niente, perché le faremo una battaglia dura dall'inizio alla fine. Se invece avrà un comportamento serio e corretto nei confronti delle minoranze, noi saremo nei suoi confronti seri e corretti.

PRESIDENTE. Consigliere, per cortesia replichi all'interrogazione. Le dirò poi come si sono svolti i fatti.

OTTAVIO BRINI. Detto questo vado all'ordine del giorno su cui non saremmo potuti intervenire se non avessimo visto sul monitor qui accanto che lei aveva dato inizio alla seduta.

AUGUSTO MELAPPIONI. Se non eri presente non ti potevo rispondere...

OTTAVIO BRINI. A volte decadono le interrogazioni, quando uno è assente. Non si risponde più, come successo in passato, quando molte interrogazioni sono state cancellate, interrogazioni che erano state presentate da un anno e mezzo, due anni. Se vogliamo fare una polemica su questo non finiamo mai. Interrogazioni di un anno e mezzo, due anni fa in quest'aula non sono mai state discusse, perché mancava un consigliere e il Presidente, con il suo stile, la sua charme prontamente le cancellava. Adesso dobbiamo controllare ed eventualmente riproporre.

PRESIDENTE. Consigliere, la informo che ha cinque minuti per replicare e ne ha consumati quattro.

OTTAVIO BRINI. In un minuto dico che siamo insoddisfattissimi della risposta dell'assessore, perché non solo non è entrato nemmeno nel merito del risultato di questa presunta agenzia, non ha dato risposta sui risultati che noi chiedevamo per quanto riguarda il sistema centralizzato degli acquisti dei beni e servizi da parte delle aziende ospedaliere e delle Asl della Regione. E' un tema che da circa due anni dibattiamo, diamo atto alla Giunta di avere recepito quanto le opposizioni hanno avanzato sotto questo aspetto della centralizzazione ma non siamo riusciti a capire dalla risposta quali sono stati i benefici e i risultati ottenuti da questo incarico. Noi ritorneremo sicuramente su questo problema perché la risposta è troppo generica. Noi non abbiamo chiesto una risposta generica ma chiediamo una risposta dettagliata.
Faccio un esempio banale. Da tempo diciamo che gli acquisti devono essere centralizzati per quanto riguarda la cancelleria, ma anche nei servizi sanitari. Una siringa comprata per Pesaro e per Ascoli a livello centralizzato consente un notevole risparmio. Questo è l'indirizzo che abbiamo dato noi, lei dice di averlo recepito, ma lo vedremo poi dagli atti. Noi vogliamo sapere, a questo punto, quale commissario straordinario si è attenuto alle sue disposizioni e quanto si è risparmiato, perché a me risulta che qualcuno acquista ancora attraverso il proprio economato. Se così non è, vogliamo una risposta scritta e dettagliata: solo a quel punto saremo soddisfatti. Oggi siamo insoddisfatti per la risposta generica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti per replicare in merito all'interrogazione n. 488.

ROBERTO GIANNOTTI. Più che esprimere la piena insoddisfazione e il pieno dissenso del gruppo di Forza Italia rispetto all'impostazione seguita dalla Giunta regionale, dall'assessorato su questa vicenda, è già stato detto con molta chiarezza come stanno le cose, nel documento di sindacato ispettivo. Intanto devo rilevare che non è dignitoso — lo dico per me, ma vale per tutti — che si risponda ad una interrogazione con un anno di ritardo. Queste sono due interrogazioni del febbraio-marzo 2002 e noi rispondiamo a maggio del 2003: da tutti può essere acquisito il dato che le interrogazioni hanno perso la loro attualità. E' però vero che un obiettivo politico è stato raggiunto, cioè abbiamo potuto denunciare pubblicamente l'incoerenza della Giunta regionale che da una parte, prima dell'approvazione di un piano che non so quando sarà approvato, viste le difficoltà della maggioranza, ipotizzava già un modello organizzativo, anche se relativo agli acquisti, quindi una scelta impropria, dall'altra continua in questo andazzo gravissimo, tanto che abbiamo definito la nostra Giunta non solo la più "tassaiola", ma la Giunta che più di altre fa ricorso a consulenze e incarichi esterni. Questa è l'ennesima dimostrazione della faciloneria con cui la Giunta regionale spende denaro e se questo lo si paragona alla situazione finanziaria del settore sanità e della Regione, evidentemente non quadrano i costi. Laddove c'è difficoltà non si fa nemmeno la verifica.
Abbiamo in piedi uno strumento di consulenza istituzionalizzato qual è l'agenzia sanitaria regionale, che costa tre miliardi del bilancio regionale, che spende il 95% delle proprie risorse finanziarie per attivare contratti di collaborazione e consulenza esterna. Su una questione come questa non ci avvaliamo dell'agenzia sanitaria regionale? C'è bisogno di ricorrere ad una azienda esterna discutibile sul piano della fama e dei risultati? Attraverso il meccanismo delle scatole cinesi, perché non tutti sanno che quella consulenza è stata affidata non dalla Regione direttamente.
Assessore, non se ne può più. Credo che i marchigiani siano veramente stufi non solo della lentezza con cui state gestendo e costruendo la riforma sanitaria di cui ai marchigiani non interessa niente, perché ai marchigiani interessa la qualità e l'efficacia dei servizi sanitari che questa Giunta di sinistra non è capace di garantire, così come non è capace di garantire una riforma seria del sistema che corrisponda a questa esigenza.
Non solo questo, ma dimostrate quotidianamente, nella gestione dell'ordinario la vostra incapacità ad affrontare e risolvere queste questioni, ma soprattutto di avere poca memoria perché predicate bene ma razzolate male. Credo che questa sia la conclusione politica.

PRESIDENTE. Il consigliere Brini mi ha posto dei problemi e ho capito che non era stato informato rispetto alla discussione avvenuta in Conferenza dei presidenti di gruppo. La Conferenza dei presidenti di gruppo ha deciso di cominciare le sedute alle ore 10, per cui sono parzialmente soddisfatto, non soddisfatto, nel senso che abbiamo cominciato alle 10,15, in anticipo rispetto al nostro solito orario ma in ritardo rispetto a quello che abbiamo dichiarato. L'intenzione è di iniziare con gli atti ispettivi tutti i Consigli regionale alle ore 10, anche se in aula saranno presenti l'interrogante e l'assessore che deve rispondere. E' questo che è stato deciso.
Ovviamente l'assessore Melappioni non ha responsabilità alcuna sui tempi della risposta, in quanto le risposte sono programmate con l'ordine del giorno che è fissato dalla Conferenza dei presidenti.
Quando nella Conferenza dei presidenti di gruppo si decide di non assumere l'ordine cronologico ma di fissare le priorità, ovviamente significa che le priorità le ritroviamo nell'ordine del giorno. Questo per non giocare sulle contraddizioni che sono evidenti e che sono cosa diversa dalla volontà di discutere.



Interrogazioni (Svolgimento):
«Riduzione finanziamenti settore turismo», Giannotti, Cesaroni, Ceroni, Grandinetti, Favia, Trenta e Brini (434)
«Ridimensionamento finanziamenti per la promozione turistica» Viventi (439)

PRESIDENTE. L'assessore Rocchi chiede di poter anticipare la risposta alle interrogazioni che lo riguardano. Credo che il consigliere Ceroni non avrà niente in contrario quindi l'assessore Rocchi risponde alle interrogazioni n. 434 dei consiglieri Giannotti, Cesaroni, Ceroni, Grandinetti, Favia, Trenta e Brini e n. 439 del consigliere Viventi.

LIDIO ROCCHI. Il bilancio di previsione 2002 è caratterizzato da alcuni principi fondamentali: l'equilibrio fra il necessario risanamento dei conti economici e il perseguimento degli obiettivi di sviluppo; l'equità degli interventi e delle scelte, per attuare il risanamento senza penalizzare le fasce più deboli della popolazione; la difesa dell'occupazione, assicurando le risorse necessarie per sostenere il tessuto imprenditoriale; la difesa della qualità globale della vita nella Regione come presupposto per un clima sociale che favorisca Io sviluppo.
In coerenza con gli impegni assunti in Consiglio regionale, già da tempo, sono state definite dalla Giunta (e hanno avuto una prima attuazione) alcune misure che riguardano: la razionalizzazione della gestione e delle spese per il personale (turn-over, salario accessorio, budgettizzazione delle risorse...); il blocco dei conferimenti di nuovi incarichi; il blocco di ogni atto di spesa e la riconduzione alla Presidenza e alla Giunta delle eventuali deroghe; la sospensione della discussione di ogni atto comportante un aumento di spesa; la selezione degli interventi strategici e inderogabili; il completamento della semplificazione amministrativa e del riordino legislativo; la predisposizione delle schede valutative riguardanti le agenzie regionali e di tutte le partecipazioni regionali, ai fini della loro ristrutturazione, unificazione, dismissione; la responsabilizzazione di tutte le strutture organizzative del sistema sanitario regionale.
Altre direttive riguardano: la verifica dell'attività delle Agenzie, enti, consorzi e società partecipate; la valorizzazione del patrimonio immobiliare e delle concessioni regionali; il decentramento e i trasferimenti alle Autonomie locali.
E' stato un bilancio difficile e rigoroso che ha cercato l'equilibrio tra il necessario risanamento e il raggiungimento degli obiettivi.
Il bilancio di previsione 2002 come quello del 2003 deve essere anche visto in un quadro che sconta i pesanti effetti finanziari di una riforma federalista che non assegna sufficienti risorse a Regioni, Comuni e Province e di una evidente sottostima dei finanziamenti riconosciuti dallo Stato alle Regioni in alcuni importanti settori come la sanità.
Scontata quindi la necessità di apportare i tagli che investono sia le spese interne all'ente sia il sistema produttivo che, comunque, non viene penalizzato grazie all'utilizzo di fondi extraregionali.
Le risorse assegnate in bilancio regionale 2002 per il settore del turismo, a cui si aggiungono quelle disponibili per effetto dei programmi Comunitari e quelle trasferite dallo Stato, comportano pur sempre un investimento complessivo di oltre 15 milioni di euro, un cifra considerevole che ha permesso di attuare il piano promozionale turistico nella sua interezza nonché di incentivare le imprese turistiche per gli interventi di riqualificazioni delle proprie strutture ricettive.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Questa è la Giunta delle non risposte. Viene a pennello la cosa, perché si risponde oggi ad una interrogazione del 26 febbraio 2002 che riguarda i tagli del bilancio regionale al turismo. Non replico sull'interrogazione, assessore, me lo consenta, ma dico quello che si è fatto quest'anno. L'indirizzo del Governo regionale tutto — non me la sento di assegnare ogni responsabilità all'assessore, credo che la responsabilità politica, come sempre, è complessiva — mortifica il turismo delle Marche, questo è il dato politico di fondo. Se andiamo indietro nella storia, si tratta di una serie interminabile di errori, anzi di orrori. Un sistema turistico regionale inadeguato, un mostro — l'Aptr — che non risponde alle esigenze del settore turistico, non risponde alle esigenze di accompagnare lo sviluppo di questo importante elemento del nostro sistema economico, una legge che non riconosce la qualità sul piano del territorio regionale, una legge che soprattutto non fa sinergia, non mette insieme le istituzioni e gli operatori turistici, il privato che sono l'elemento fondamentale di ogni riforma. Quindi una Regione in arretrato rispetto allo strumento legislativo che non è oggi adeguato, una Regione che costruisce i propri interventi. Il piano promozionale di quest'anno è stato costruito con i finanziamenti dello Stato e questo fa piazza pulita di tutte le polemiche di questa Giunta di sinistra sulla carenza dei trasferimenti statali. Lo Stato ha trasferito alla Regione ingenti risorse finanziarie per la qualificazione dell'offerta turistica e la Regione Marche, guarda caso, ha "rapinato" quei soldi per finanziare il proprio programma, quindi è bene che gli operatori turistici delle Marche sappiano che quello strumento di programmazione è finanziato quasi esclusivamente dallo Stato. Assessore, si guardi bene dal rifare questa operazione con i finanziamenti di quest'anno, si guardi bene dall'utilizzare ancora quei finanziamenti. Secondo noi questa è una scelta illegittima, anche se siamo in piena stagione di federalismo, non so quanto sia capita dagli operatori del settore. Come dobbiamo stare attenti a immaginare misure di protezionismo di alcuni settori turistici come il bad end breakfast. Ho visto il parere che ha chiesto all'ufficio legislativo, assessore, non credo che lei possa prendere i soldi e utilizzarli per quello.
Gli albergatori delle Marche hanno avuto, da questa risposta, piena sconfessione. Ricordo ai consiglieri che in questa stessa sala un anno fa noi ricevemmo una delegazione di operatori che protestavano contro i tagli e sono gli stessi operatori che quest'anno protestano per l'utilizzo improprio dei finanziamenti statali. Cerchiamo di fare in modo di recuperare dignità all'intervento della Giunta regionale e che quelle risorse finanziarie, ingentissime — anche nella finanziaria del 2004 è paventata la stessa disponibilità — siano indirizzate veramente a qualificare il sistema ricettivo delle Marche che è una delle condizioni essenziali per una nuova fase di sviluppo del turismo marchigiano.

LIDIO ROCCHI. Questa Regione in questi ultimi anni, nella graduatoria italiana per quanto riguarda il comparto del turismo è la settima.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi per dichiararsi soddisfatto o meno in merito all'interrogazione 439.

LUIGI VIVENTI. Io facevo tre considerazioni: per fare del buon turismo c'è necessità di luoghi buoni e quelli ce li dà il Padreterno, possiamo fare poco; c'è bisogno di strutture e infrastrutture e io ho detto che sulle strutture e infrastrutture qualcosa è stato fatto e qualcosa si sta facendo, ancora di più dovremmo fare; terza condizione è la spesa promozionale per il turismo e io ho presentato a suo tempo questa interpellanza per incentivare la crescita del turismo nella nostra regione. Vista anche la situazione di difficoltà economico-finanziaria generale ritengo che la voce turismo possa sopperire in qualche misura e nemmeno in tanta poca misura, alle difficoltà che il sistema produttivo in generale sta incontrando.
Per questo volevo spendere una parola a favore di questi investimenti.



Interrogazione (Svolgimento): «Elezione e revoca del consiglio di amministrazione degli ambiti territoriali ottimali di cui alla l.r. 22 giugno 1998, n. 18 — Disciplina delle risorse idriche» Ceroni (432)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 432 del consigliere Ceroni. Per la Giunta risponde l'assessore Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Rispondo brevissimamente, perché in relazione a questa interrogazione, peraltro di un anno fa, vorrei segnalare che la procedura di elezione e di revoca dei componenti del consiglio di amministrazione degli ATO sono disciplinate dalla legge regionale 18 del 1998 e dall'allegato statuto predisposto dalle Province di riferimento, sulla base, peraltro, di uno schema tipo che è stato approvato da quest'aula con atto 221 del 1998.
Quindi qualsiasi modalità diversa da questa passa attraverso la predisposizione di un atto che questa stessa aula dovrà licenziare. Per non sfuggire rispetto al tema che qui viene posto e quindi abbassare la quota da un terzo a un decimo, posso soltanto dire che mi sembra che in tutte le assemblee elettive non esiste, per la revoca di un qualche soggetto istituzionale, la quota di un decimo, da nessuna parte: si va da un terzo a un quinto, alla maggioranza assoluta nelle assemblee comunali per la richiesta di dimissioni, ma non c'è nessuna assemblea elettiva che preveda questa percentuale di un decimo. Ritengo quindi questa cosa inadeguata a risolvere il problema, ma questo è un problema meramente politico, per cui abbisogna di un passaggio nelle sedi competenti che il consigliere o chi altri vorrà proporre alla Commissione preposta. Dovrà quindi essere l'aula a licenziare qualcosa di diverso rispetto a quanto ha licenziato ormai un anno fa.
Non credo di poter dare una risposta diversa da questa, nel senso che posso soltanto dire quello che in questa fase è il mio pensiero. Oltre questo c'è un pensiero complessivo dell'aula che andrebbe verificato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni per dichiararsi soddisfatto o meno.

REMIGIO CERONI. Ormai potrebbe essere in parte superato questo argomento. L'interrogazione era stata formulata nella fase di rinnovo dell'ATO di Ascoli Piceno, la cui assemblea si era più volte riunita e, per mancanza di numero legale e del numero di quote necessarie a presentare la lista di opposizione, era più volte saltata. Per garantire i diritti delle minoranze, che possono essere a volte di centro-destra, a volte di centro-sinistra, abbassare la quota di partecipazione per sottoscrivere la lista di opposizione potrebbe essere una cosa necessaria per fare in modo che in ogni ambito ci sia sempre una maggioranza e una opposizione che controlla.
Vorrei però superare anche questo momento ma non capisco — non so perché: perché questa legge è così importante che doveva determinare una riorganizzazione delle norme che riguardano il servizio idrico integrato — perché si presti così poca attenzione. La "legge Galli" è del 1994, ormai siamo a dieci anni dalla sua entrata in vigore, mi pare che ben poco sia stato fatto rispetto ai suoi obiettivi. In questo momento è esploso un altro problema: quello della compatibilità dei consiglieri comunali e degli assessori all'interno degli ambiti. Il tribunale di Ascoli Piceno, a seguito di un ricorso di un consigliere, ha stabilito che i consiglieri comunali e provinciali non possono far parte dell'ambito in quanto controllato dal Comune. Questo significa che tutti gli ambiti delle Marche sarebbero illegittimi se fosse confermata questa sentenza in sede di appello. Nonostante ciò vedo che la Regione è all'oscuro di questa situazione e tutti gli ambiti ottimali delle acque delle Marche contengono al loro interno consiglieri comunali e provinciali. Secondo il tribunale di Ascoli Piceno che alcune settimane fa ha emesso la sentenza, questi consigli di amministrazione d'ambito sono illegittimi. Mi sarei aspettato che nella risposta a questa mia interpellanza, che chiedeva l'abbassamento del quorum per essere presenti nel consiglio di amministrazione, affrontasse anche il problema relativo alle incompatibilità dei membri dei Consigli comunali e provinciali all'interno dell'ambito.



Interrogazione (Svolgimento): «Danno arrecato alla economia montana dalla prevista immissione sul mercato nazionale di tuberi cinesi presentati come tartufi» Moruzzi (418)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 418 del consigliere Moruzzi. Per la Giunta risponde l'assessore Agostini.

LUCIANO AGOSTINI. In premessa si ritiene opportuno evidenziare la piena condivisione delle preoccupazioni espresse dal consigliere interrogante relativamente al pericolo di "inquinamento" del mercato nazionale e regionale delle nostre produzioni agroalimentari, tipiche e di qualità, con prodotti provenienti dalla Cina così come, peraltro, da altri Paesi extra comunitari.
E' evidente che la forte concorrenzialità di prezzo, determinata dalla mancanza di norme di produzione adeguate per garantire l'igienicità, la salubrità e le caratteristiche organolettiche dei prodotti, oltre che dai bassi costi della manodopera inducono svariati e diversificati tentativi di speculazione.
E' altrettanto palese che, generalmente, solamente a livello europeo, nazionale in taluni casi particolari, possono essere adottate norme di "protezione" per le importazioni internazionali e che il libero scambio e la libera circolazione delle merci europee all'interno dell'UE, salvaguardati da specifici regolamenti comunitari e dalla stessa Costituzione italiana, di fatto, impediscono alle Regioni di intervenire in tal senso.
Con espresso riferimento al tartufo, di cui tratta l'interrogazione, ciò significa che, qualora dalla Spagna entrassero in Italia tartufi freschi o conservati, oppure prodotti a base di tartufo, di provenienza cinese e non identificati come tali, risulterebbe pressoché impossibile adottare norme e provvedimenti di limitazione o di "condizionamento".
In ogni caso risulta che l'ispettorato nazionale per la repressione delle frodi ha intensificato in modo considerevole i controlli ed i campionamenti dei prodotti commercializzati sia allo stato fresco che lavorato, oltre che delle piantine micorrizzate.
Nell'ambito di tali azioni la struttura del centro sperimentale regionale di tartuficoltura di Sant'Angelo in Vado ed il personale che in esso opera sono stati ripetutamente coinvolti per effettuare analisi e valutazioni. E' ora in fase di definizione il riconoscimento dal parte del MIPAF del laboratorio dell'ASSAM e del centro sperimentale di tartuficolticoltura proprio per espletare le analisi dei campioni prelevati su scala nazionale.
La proposta di legge relativa alle "Modifiche alla legge regionale 6 ottobre 1987, n. 34, in materia di tutela e valorizzazione dei tartufi" che (su iniziativa dell'assessore Silenzi) è stata recentemente presentata dalla Giunta al Consiglio regionale, prevedendo: l'identificazione dei tartufi prodotti e raccolti nelle Marche, vietando di utilizzare in etichetta il nome e l'immagine del tartufo con l'obbligo, invece, di riportare, tra i componenti, la definizione ed il riferimento di classificazione dell'aromatizzante di sintesi tra i componenti per i prodotti che eventualmente li contenessero, di fatto, rappresenta un efficace intervento di salvaguardia: si agisce in termini positivi, in quanto si esaltano e si puntualizzano gli ordinamenti vigenti relativamente all'etichettatura, quindi in coerenza anche con le normative europee in materia di libera circolazione e di libera concorrenza, dal momento che non è previsto il divieto di commercializzare in regione prodotti diversi.
Contestualmente, si ha modo di sviluppare il sostegno e la promozione dei tartufi regionali sulla base di elementi concreti ed oggettivi, di particolare importanza per il consumatore che avrà la certezza di acquistare e gustare, nel caso di tartufi e loro derivati provenienti dalle Marche, prodotti effettivamente naturali.
Inoltre, dal momento che, in particolare, i tartufi di origine cinese (Tuber indicum e tuber himalayensis) si caratterizzano per non avere odore e sapore propri e possono essere spacciati per Tartufo nero pregiato (Tuber melanosporum) mescolandoli con i tuberi di quest'ultimo al momento della loro commercializzazione, si è intrapresa una serie di azioni divulgative per far conoscere ai consumatori le principali differenze morfologiche ed organolettiche fra le due specie. Aggiungendo a ciò l'intensificazione dei controlli, delle iniziative di educazione alimentare sul territorio regionale e della promozione, nazionale ed internazionale, delle specificità dei nostri tartufi, nonché dei prodotti marchigiani a base di tartufo, si ritiene che il trend di espansione che caratterizza la produzione possa solamente accrescersi.
Relativamente alle piantine micorrizzate va detto che la gran parte delle tartufaie coltivate realizzate nelle Marche, hanno utilizzato i materiali di moltiplicazione prodotti dai vivai sperimentali forestali della regione. Tutte le piantine distribuite da questi sono state inseminate con le spore provenienti da tartufi acquisiti, selezionati e "lavorati" dal centro sperimentale di tartuficoltura di Sant'Angelo in Vado, raccolti dal territorio marchigiano e dalle sole aree immediatamente limitrofe.
Da alcuni anni, poi, proprio per avere maggiori garanzie circa l'origine dei tartufi impiegati per la micorrizzazione, l'acquisto è avvenuto da aziende "certificate" i cui impianti, ottenuti come appena detto, sono entrati in produzione. Inoltre, avendo aggiornato la gestione dei vivai ed impostato la programmazione della produzione dei materiali di moltiplicazione in relazione diretta alla domanda, dallo scorso anno, anche i semenzali delle piantine tartufigene vengono realizzati utilizzando semi e parti di piante selezionate negli ambienti dove, una volta inseminate, saranno poi messe a dimora.
Tutto questo, naturalmente, per tutelare al meglio le biodiversità dei nostri habitat.
La pressoché generalità delle tartufaie coltivate sono realizzate nell'ambito degli interventi pubblici attivati, prima ai sensi del Reg. Ce 2080/1992 e dell'Ob. 5/B, ora della Misura "H" del PSR, che prevedono per la liquidazione del relativo aiuto la certificazione dei materiali impiantati. Ciò fa sì che anche nel caso di aziende che non si fossero rifornite dai vivai forestali regionali, si hanno elementi certi di riscontro della loro origine, essendo la certificazione affidata ad organismi altamente qualificati.
Infine si intende: completare, attraverso ASSAM, il processo di accreditamento per la certificazione del centro sperimentale regionale di tartuficoltura avviato (in considerazione che non è stato possibile ultimare quello a suo tempo intrapreso in collaborazione con l'università di Urbino, con un progetto specifico nell'ambito del Docup Ob. 5/b) per standardizzare su livelli alti la professionalità, la cultura e l'esperienza dei nostri tartuficoltori, fornendo anche dei riferimenti di certezza ai consumatori. La risposta è forse un po' datata, perché con la delibera Cipe 36 abbiamo inserito il progetto presentato sul tartufo bianco dell'università di Urbino a finanziamento per circa 150.000 euro. Poi: sviluppare l'impegno dedicato alla ricerca e alla definizione di idonee tecniche colturali e di produzione, per valorizzare al meglio la particolare, diffusa, vocazionalità alla tartuficoltura dei nostri ambienti, intensificando la collaborazione soprattutto con gli atenei regionali e la partecipazione a progetti nazionali ed europei.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi per dichiararsi soddisfatto o meno.

MARCO MORUZZI. Intanto dichiaro la soddisfazione per la risposta che è stata articolata e approfondita, al di là dei tempi che registrano tutte le interrogazioni. L'interrogazione è del 24 febbraio 2002, nel frattempo sono intercorse anche delle iniziative legislative su questa materia, una proposta di legge presentata dal sottoscritto e una proposta di legge presentata dalla Giunta.
Voglio sottolineare l'importanza della questione, perché questo prodotto, che certamente nel bilancio alimentare della nostra regione è marginale, non così importante come magari altri elementi essenziali per l'alimentazione di tutti i giorni, sul terreno economico è invece un prodotto estremamente importante per la zona montana, per il fatturato che sviluppa e per la ricaduta sul territorio montano anche in termini di attrazione turistica, attività connesse, ristorazione ecc. e soprattutto, in prospettiva le Marche sono leader nel nostro paese in quanto a produzione di tartufi, in quanto tutti conosciamo le vicissitudini del Piemonte dove il prodotto "tartufo bianco" non è più reperibile nella misura del passato e sostanzialmente là ormai ci sono dei punti di commercializzazione, più che di raccolta o di produzione. Questo è un tema a cui bisogna fare grandissima attenzione, perché il venir meno di queste risorse, indipendentemente dal fatto che ci sia una economia sommersa e una parte di economia emersa attorno al tartufo — se mai quello è un ragionamento da fare — costituisce un triplo pericolo derivante dal tartufo cinese: primo, concorrenza sleale sul mercato; secondo, confondere il consumatore, perché questo prodotto viene commercializzato con l'aggiunta di additivi chimici nocivi per la salute; terzo, che piante micorrizzate di tartufo cinese prendano il posto di piante di tartufo nero pregiato e quindi, sostanzialmente, un inquinamento genetico pericolosissimo, per cui avremmo gramigna al posto di grano. Questo per fare un paragone.
E' quindi molto importante che non si abbassi la guardia su questo argomento con azioni su tutto il processo di filiera (chi produce, chi raccoglie, che trasforma, chi commercializza, chi consuma) e soprattutto credo che dobbiamo avere una grande attenzione, perché questo prodotto in Francia viene importato e commercializzato, quindi abbiamo un paese confinante in cui il tartufo nero cinese non è vietato per legge come avviene in Italia, pertanto esiste un altro pericolo e non soltanto quello che arriva dalla Cina. In occasione dell'interrogazione segnalavo che un giornale nazionale riportava l'entrata in Spagna di una partita di 9 tonnellate che è il 40% della produzione marchigiana, quindi una sola spedizione provoca un tipo di danno a tutti i livelli di cui avete la percezione, soprattutto se viene utilizzato nella micorrizzazione.
Quindi è importante che venga rapidamente approvata una disposizione regionale che obblighi all'identificazione di tutte le specie di tartufo, che dia uno strumento di trasparenza. Ho visto che la Giunta in alcuni passaggi risponde a questa esigenza, in altri forse non ha approfondito, ma credo che dall'integrazione delle due proposte di legge prodotte — quella della Giunta e quella presentata dal sottoscritto — si possa comunque rispondere proprio a questa esigenza. Noi dobbiamo far dichiarare in etichetta di qualsiasi prodotto confezionato che cosa c'è, perché a quel punto, se c'è tartufo cinese la frode alimentare scatta, la responsabilità c'è. Se non ci sono norme che obblighino a questa etichettatura, effettivamente è più difficile perseguire chi queste frodi le fa.
L'altra raccomandazione riguarda la centralità del centro sperimentale di tartuficoltura di Sant'Angelo in Vado e tutta la struttura che è stata messa in piedi, compresi i laboratori curati dall'Assam. Dismettere o allentare l'intervento e l'azione della Regione su queste strutture significa pensare che il mercato possa autoregolamentarsi nella gestione di un prodotto su cui c'è invece una grossa spinta dall'estero su altri tipi di priorità, che non sono quelle di salvaguardare il prodotto che viene dal nostro territorio.
Quindi grande attenzione anche nel processo di trasferimento delle competenze agli enti locali, perché questa è un'attività puramente gestionale, forse anomala rispetto al ruolo della Regione, però questa è una funzione che solo noi svolgiamo in Italia, non nelle Marche, perché una realtà di questo genere c'è soltanto da noi.
Quindi positiva è la collaborazione con l'università, ma evitiamo che l'università fagociti questa struttura, che invece deve rimanere autonoma e che ha svolto una funzione importante, perché in questo momento si sta occupando anche dello studio sulle condizioni che permettono alle tartufaie artificiali, quelle create da noi per produrre il tartufo, di continuare a produrre, perché questa è la problematica che in Piemonte ha visto fortissima la riduzione delle tartufaie naturali ed è un fenomeno che purtroppo si sta verificando da noi, quindi è centrale il ruolo di questa struttura che si occupa non solo, come fa l'università, di riconoscere il tartufo, ma anche di studiare l'ecologia del tartufo, quali sono le condizioni con cui noi possiamo coltivare il tartufo e soprattutto possiamo evitare la riduzione della produzione in questi territori in cui sono stati fatti questi investimenti.
Quindi una raccomandazione forte: approvazione da una parte del provvedimento di legge e dall'altra un'attenzione particolare a questa struttura. Forse, senza rendercene conto, noi abbiamo creato qualche cosa unica in Europa e che sarà un baluardo importante per affrontare e risolvere i problemi che certamente si manifesteranno con l'entrata e la spinta sempre più forte che viene dalle frontiere europee e tra l'Italia e i paesi non europei, di un prodotto che, come abbiamo visto, costa 3 euro al chilogrammo, quindi è un grande business quello di contrabbandarlo per il vero tartufo.




Proposta di deliberazione (Discussione e votazione): «Istituzione di una Commissione consiliare d’inchiesta concernente l’accertamento della correttezza delle procedure del concorso pubblico per funzionari ingegneri, architetti – 1^ qualifica funzionale dirigenziale – di cui alla del. giunta. reg. n. 238 del 20.7.1992», Ufficio di presidenza (6)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di deliberazione n. 6, ad iniziativa dell'Ufficio di presidenza.
Ha la parola il relatore, Vicepresidente Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. La presente proposta di deliberazione dell'Ufficio di presidenza nasce da una richiesta che è stata presentata in data 28 marzo 2003 e sottoscritta da un gruppo di 15 consiglieri. L'art. 22, nono comma, dello Statuto regionale, combinato con l'art. 99 del regolamento interno del Consiglio prevede che ci sia l'istituzione di una Commissione d'inchiesta allorquando la richiesta venga presentata da almeno n. 14 consiglieri e che la richiesta sia motivata. Per motivata si specifica che è tale quando riguarda atti della Regione o degli enti e aziende da essa dipendenti. Quindi l'Ufficio di presidenza ha incaricato di verificare la motivazione che viene presentata, la pertinenza delle argomentazioni con quanto disposto dallo Statuto e dal regolamento e successivamente presentare una proposta in aula. Considerando che in questo caso la richiesta che riguarda la verifica dell'accertamento della correttezza delle procedure di un concorso pubblico effettuato dalla Regione concerne esclusivamente atti di pertinenza della Regione stessa, quindi si ritiene che essa corrisponda esattamente alle previsioni dello Statuto e del regolamento, l'Ufficio di presidenza presenta all'aula la proposta di istituzione della Commissione d'inchiesta.
Si è ritenuto di dover indicare, come composizione ottimale quella di un numero di consiglieri pari a 9. Voi sapete che le Commissioni consiliari non possono essere aperte alla partecipazione del Presidente della Giunta e degli assessori regionali, né del Presidente del Consiglio regionale, quindi si è pensato a un componente per ogni gruppo consiliare e i gruppi consiliari che sono federati, a loro volta designano un solo componente.
I presidenti di gruppo sono incaricati di dare indicazione dei componenti del loro gruppo che faranno parte della Commissione, quindi con questa proposta presentiamo all'aula la richiesta di deliberazione per l'istituzione della Commissione d'inchiesta, stabilendo che i tempi per la conclusione dei lavori sono definiti in cinque mesi dall'insediamento della Commissione stessa, intendendosi per insediamento la data di nomina del presidente.
La composizione prevede quindi un rappresentante dei gruppi Ds, Margherita, Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Verdi, Forza Italia, Alleanza nazionale, Udc e Gruppo misto.
Con decreto del Presidente del Consiglio sarà poi istituita la Commissione e si daranno indicazioni sugli uffici che dovranno svolgere azione di assistenza tecnica ai lavori della Commissione stessa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che la richiesta che è stata formulata e che ha portato all'assunzione di questa decisione sia doverosa dopo il pronunciamento del Tar, che di fatto ha annullato il concorso, quindi di fronte ad una parola netta da parte del Tar, ma anche di fronte alle dichiarazioni rilasciate in sede di audizione in Commissione bilancio da parte di un responsabile sindacale, che mi preme richiamare, perché sono state punto di riferimento nella scelta di Forza Italia di presentare questa richiesta insieme agli altri partiti della Casa delle libertà.
Tralascio ogni premessa che richiama il provvedimento del Tar. Dice il responsabile del sindacato che "nel merito tutto l'espletamento del concorso è stato costellato di gravissime irregolarità. Basti citare per tutte la tenuta delle prove orali a porte chiuse, talché il concorso avrebbe dovuto essere annullato nell'interesse stesso della Regione Marche non appena depositati i ricorsi dei ricorrenti e verificate le illegittimità evidenti segnalate". Continuando: "non solo è dimostrabile che almeno uno dei vincitori ha avuto copia della graduatoria e delle correzioni che si stavano facendo ai vari punteggi quando la graduatoria ancora non era definita e non era stata pubblicata...". Voglio evitare di insistere e immergere di più il coltello nella piaga. Rimane il fatto che c'è una grandissima anomalia, oggetto del provvedimento del Tar, sui titoli professionali di alcuni membri della Commissione che, guarda caso, sono stati chiamati a selezionare dirigenti con una mansione superiore. l'anomalia principale credo sia sostanzialmente questa, a questo va ad aggiungersi il rischio oggettivo denunciato dal sindacato...

PRESIDENTE. Consigliere, per cortesia si attenga al merito.

ROBERTO GIANNOTTI. Presidente, sto richiamando le motivazioni che hanno portato il sottoscritto, insieme ai colleghi di Forza Italia e della Casa delle libertà a presentare questa richiesta, cioè a esercitare un diritto. Credo comunque che di fronte a questi due fatti che hanno alzato una nube nera sulla gestione politica del personale da parte di questa Giunta regionale — un'altra perla che fa il paio con l'insistenza con cui questa Giunta regionale continua a difendere la permanenza al suo posto di un dirigente per il quale c'è una Commissione d'inchiesta, per il quale è ampiamente dimostrata un'implicazione in attività private che confliggono con la sua presenza in Regione — credo che sia doveroso questo gesto di responsabilità. Prendiamo atto che oggi il Consiglio regionale esercita un proprio diritto e plaudiamo a questo esercizio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Premetto che noi voteremo a favore dell'istituzione della Commissione d'inchiesta. Ho chiesto di intervenire per porre un problema, in modo particolare ai colleghi della minoranza. Io credo che la Commissione d'inchiesta sia uno strumento molto utile e a volte indispensabile, in modo particolare per far valere, da parte dei consiglieri di minoranza, il proprio diritto di indagine, di informazione e di deliberazione su attività di carattere politico-amministrativo della Giunta regionale, delle strutture regionali. Credo però che non bisogna abusare di questo strumento, altrimenti perde la sua efficacia. In questo caso mi sembra che siamo al limite, nel senso che la vicenda è stata affrontata dal Tar, quindi la giustizia amministrativa ha già fatto luce sull'andamento di questa vicenda e una Commissione d'inchiesta del Consiglio regionale non credo che possa portare ulteriori elementi di conoscenza rispetto a quelli che sono stati forniti e saranno ancora forniti dalla giustizia amministrativa.
Conseguentemente l'abuso della richiesta di Commissione d'inchiesta ne fa perdere la valenza.
Mi permetto di consigliare — perché tengo all'importanza di questo strumento — di non arrivare in prima battuta allo strumento della Commissione d'inchiesta ma di attivare prima, nel modo più sistematico e completo possibile, tutti gli altri strumenti che i consiglieri regionali hanno. Lo dico con spirito costruttivo, Giannotti, non per polemizzare ma proprio per fare una riflessione, perché poi sappiamo che i tempi sono difficili da mantenere in quanto siamo tutti impegnati in un'attività istituzionale, in una molteplicità di organismi, di Commissioni che vanno ben oltre le sedute del Consiglio regionale e difficilmente abbiamo la possibilità di portare un reale contributo alla conoscenza di fatti così specifici.
Dato che una decisione di questo tipo riguarda l'intero Consiglio regionale, riguarda l'Ufficio di presidenza che ha poi il compito di portare all'esame del Consiglio le richieste, vorrei che venisse effettuata anche sull'interpretazione del regolamento. Non credo che ci sia un automatismo nell'attivazione della Commissione d'inchiesta, penso che l'istituzione della Commissione d'inchiesta debba essere attentamente valutata dall'Ufficio di presidenza, dai presidenti di gruppo per mantenere il valore di questo strumento che, ripeto, altrimenti diventa semplicemente un'azione di propaganda. Stiamo attenti a non fare dell'istituzione della Commissione d'inchiesta lo strumento di propaganda, perché abbiamo altri strumenti per svolgere questo tipo di attività che comunque è del tutto legittima. Non eliminiamo, sostanzialmente, nei fatti, con il nostro comportamento, il valore che la Commissione d'inchiesta dovrebbe avere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Mi asterrò dal voto. Vorrei fare un ragionamento a voce alta con il Consiglio, in modo particolare con i colleghi della minoranza: quando si istituisce una Commissione d'inchiesta ovviamente non ci sono solo i requisiti di merito — almeno 14 consiglieri, una motivazione che riguarda il merito di un'iniziativa che ha attinenza con le questioni amministrative del Consiglio regionale — ma in genere con una Commissione d'inchiesta si vogliono ottenere degli obiettivi da parte di chi la propone, che non sono solo quelli di segnalare la questione, ma è anche qualcosa di più: si vuol segnalare un indirizzo politico da prendere all'Amministrazione regionale. La mia perplessità è che nel merito di questa vicenda la Giunta regionale ha già fatto, io dico male, malissimo, perché c'è una sentenza del Tar alla quale la Giunta regionale si è sottratta e ha fatto una delibera nella quale incarica di nuovo, come se il concorso fosse andato bene.
Su questo cosa si può fare? Censura politica, critica, qualunque cosa. Personalmente, se fossi stata in Giunta non l'avrei votata; da consigliere regionale dico che male ha fatto la Giunta regionale a fare quella delibera, se non altro perché c'è una sentenza e in genere si adempie alle sentenze e non si aggirano.
Da questo punto di vista la Commissione d'inchiesta cosa fa? Rifà l'istruttoria che ha fatto il Tar e poi dice che il concorso è fatto male? Io sono fra quelli che ha potuto leggere la sentenza ed è chiaro che per me si mette in fila una modalità di organizzazione di quel concorso assolutamente non condivisibile quando si indicono concorsi pubblici.
Dopodiché ci sono una serie di altre legittimità. Benissimo: mettendo in fila le une e le altre, anche ammesso che troviamo un consenso unanime dentro la Commissione d'inchiesta per concludere all'unanimità che queste cose non andavano fatte, non bisognava farle, non si devono fare in futuro, qual è lo scopo della Commissione d'inchiesta? Segnalare tutte queste cose all'Amministrazione regionale che governa la politica del personale e poi dovrebbe, di conseguenza, convenire.
Qual è lo scopo di questa Commissione d'inchiesta? Dire alla Giunta regionale che ha fatto la delibera di ritirarla? La Giunta non doveva farla, la delibera.
Capisco il senso di questa proposta, ma credo che l'efficacia del lavoro che farà la Commissione d'inchiesta rischia di essere limitata. Non vorrei che si facessero Commissione d'inchiesta tanto per farle, e parlo dell'altra Commissione d'inchiesta. Se si fanno Commissioni d'inchiesta e poi, da novembre a maggio non si ha la forza o la voglia di riunirle non va bene. Allora tanto vale che ci si concentri sulle Commissioni d'inchiesta che ci sono, si cerchi di arrivare a una conclusione, qualunque essa sia, si verifichi in aula e se il Consiglio ha qualcosa da prendere come indirizzo rispetto al lavoro della Commissione d'inchiesta ben venga.
Non vorrei fare un intervento di puro metodo, capisco il lavoro dei colleghi della minoranza e da quel punto di vista capisco anche che è un lavoro che si inizia e comunque bisogna anche collaborare con questa iniziativa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Anch'io vorrei fare un ragionamento a proposito di questa Commissione d'inchiesta, perché da come si presenta — la delibera è molto sintetica e schematica — cioè una Commissione che vada ad accertare la correttezza delle procedure di un concorso pubblico, quando c'è già una sentenza del Tar che dice che questa correttezza non c'è stata, mi sembra che circoscriva il suo campo d'azione a qualcosa che non è interessante. Altra cosa potrebbe essere estendere il campo ai provvedimenti conseguenti, che mi sembra sia la questione che la minoranza ha sollevato nell'intervento di Giannotti. In questo modo acquisirebbe almeno una qualche funzione, ma allo stato attuale a me sembra che al di là del merito, che non credo possa essere nascosto da nessuno — né alcuno può negarne la rilevanza in quest'aula — la costituzione di una Commissione d'inchiesta per l'accertamento della correttezza delle procedure, su cui già c'è stato il pronunciamento di un organo che ha un potere maggiore del nostro e della stessa Giunta regionale in quanto ha potuto invalidare quel provvedimento, mi sembra un'azione limitata e circoscritta e che aggiunge una Commissione d'inchiesta che non rafforza lo strumento della Commissione.
Ho queste perplessità che non devono essere confuse con un tentativo di impedire a chicchessia di attivare una Commissione d'inchiesta, però ho questa perplessità e dato che la Commissione d'inchiesta impegna ogni gruppo consiliare a partecipare, non vorrei che un atteggiamento che noi manifestassimo successivamente come gruppo dei Verdi di non partecipazione a questo tipo di Commissione fosse letto come un tentativo di voler difendere qualcosa che non ha bisogno di alcuna difesa perché è già stato invalidato dal Tar. Quindi, su questo ho delle perplessità, non mi sento di votare né a favore né contro questo provvedimento per come è configurato e mi unisco ad alcune perplessità che sono state sollevate da alcuni consiglieri e penso di interpretare anche lo spirito del loro intervento non come volontà di impedire che questo Consiglio usi gli strumenti statutari per far luce su qualsiasi vicenda, ma come intendimento che questi strumenti siano utilizzati in maniera propria e soprattutto in maniera efficace. Al termine di ogni Commissione d'inchiesta devono esserci provvedimenti conseguenti, la Commissione d'inchiesta deve dare la forza a provvedimenti conseguenti, altrimenti rimane soltanto un gruppo di approfondimento, cosa che può essere fatta singolarmente anche dai consiglieri, senza la necessità di attivare una Commissione d'inchiesta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Il collega e amico Roberto Giannotti sa che io ho apposto per ultima la firma a questa richiesta di Commissione d'inchiesta, non perché non condividessi le motivazioni e le argomentazioni politiche, che ci sono tutte, ma proprio perché, essendo già in atto una decisione del Tar, ritenevo, forse con eccessivo pragmatismo, che poco di più potesse aggiungere una Commissione d'inchiesta rispetto a questo fatto.
Grave è invece un altro aspetto, e se la Commissione d'inchiesta serve per far emergere questa questione ben venga: il comportamento che è stato tenuto in queste procedure concorsuali dalla Giunta regionale, stigmatizzato dal Tar il quale ha detto "così non si fanno i concorsi". Se fate così i concorsi è perché volete favorire qualcuno, aiutare qualcuno. Quindi, al di là e al di sopra di una Commissione d'inchiesta che non aggiungerà sicuramente niente di più di quanto detto dal Tar, rimane una constatazione politica che il Consiglio regionale deve fare: che la Giunta regionale ha fatto finta che questa decisione del Tar è come se non fosse mai stata emessa, questo è il fatto politico grave, perché alla fine questa Commissione cosa potrà tirar fuori di più? Ecco perché all'inizio ho detto "serve?" Serve invece un documento in cui il Consiglio regionale dica alla Giunta, a un Presidente-magistrato, tra l'altro: "c'è questa decisione del tribunale, rispettatela. Non avete prima rispettato le regole concorsuali, rispettatele almeno adesso che ve lo dice un tribunale regionale" O dovete aspettare una Commissione d'inchiesta del Consiglio? Non credo che noi abbiamo una forza superiore a quella di un organo giurisdizionale. Concordo con quanto detto dal consigliere Cecchini, su questo.
Ecco quali erano i motivi per cui all'inizio ho chiesto "serve?". Io direi invece che serve proprio per una questione di serietà comportamentale da parte della maggioranza di centro-sinistra e della Giunta rispettare questa sentenza.
Non ne conosco i contenuti, perché non ho fatto l'assessore e non ho avuto modo di conoscerli, ma da quello che apprendo e da quello che ho sentito anche in quest'aula, se è vero che c'è stata una condanna del comportamento tenuto su questi concorsi, rispettiamo quanto detto dal tribunale.
Credo che sulla questione del personale gli incidenti di percorso sono sempre notevoli per tante amministrazioni, però è una questione estremamente delicata, perché sulla gestione del personale si gioca anche la credibilità di un'amministrazione pubblica. E' un aspetto molto delicato sul quale non si può scherzare.
Visto che comunque la Giunta regionale si è comportata come se questa decisione del tribunale non ci fosse, a questo punto la Commissione servirà solo per ricordare alla Giunta questo fatto e questo suo obbligo.
Vorrei far presente che personalmente credo molto poco nelle Commissione d'inchiesta, l'esempio ce l'abbiamo da quella che abbiamo istituito, per la quale dobbiamo oggi chiedere la proroga perché non si riesce a convocare, per mancanza di numero legale o di funzionalità, quindi non me ne vogliano gli altri colleghi della minoranza, ma io sono molto scettico sull'efficacia di questo strumento che è democratico e va sicuramente utilizzato quando la situazione lo richiede, ma sui risultati concreti sono sempre molto scettico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Annuncio intanto che il nostro gruppo voterà a favore dell'istituzione di questa Commissione d'inchiesta. Voglio aggiungere però che il nostro voto favorevole deriva soprattutto da un fatto: non essere accusati, magari, domani, di voler ledere i diritti del Consiglio regionale, in modo particolare della minoranza. Sul merito non sono per niente convinto — l'ho detto anche in altre occasioni — dell'automatismo così come è stato descritto e come lo Statuto e il regolamento, con qualche ambiguità, prevedono. Mi riferisco ai due requisiti indispensabili per l'istituzione della Commissione, cioè se ricorre il numero di firme necessarie e l'attinenza con i temi e gli argomenti e le competenze propri della Regione.
Non sono stato mai convinto di questo fatto, riconosco che all'interno dello Statuto e del regolamento c'è anche una sorta di ambiguità, c'è un parere che la dott.ssa Santocini dette nella precedente occasione, che noi comunque vogliamo rispettare. Credo che l'istituzione di questa Commissione in modo particolare deve porre alla nostra attenzione due questioni di carattere più generale. Una è legata a quanto dicevo poc'anzi: credo che in occasione della revisione del nuovo Statuto e di conseguenza del regolamento che dovremo attuare in base al nuovo Statuto, dobbiamo prestare attenzione a questa problematica, per definire meglio, con più puntualità i requisiti minimi che rendono possibile l'istituzione di una Commissione d'inchiesta, senza con questo voler ledere assolutamente i diritti della minoranza, anche se c'è un'anomalia nel comportamento della Casa delle libertà, perché qui che è minoranza rivendica un diritto, a livello nazionale che è invece maggioranza, non solo utilizza lei lo strumento delle Commissioni d'inchiesta per puri fini di battaglia politica, ma addirittura, rispetto alle richieste dell'opposizione nega questa possibilità.
Quindi i principi vanno sempre rispettati, sia laddove si è maggioranza, sia dove si è anche minoranza.
La seconda osservazione che voglio fare è che condivido quanto hanno detto i colleghi di maggioranza che mi hanno preceduto, cioè non si può fare un abuso della richiesta delle Commissioni d'inchiesta, altrimenti questo che è un istituto importante, soprattutto di garanzia verso le minoranze, diventa del tutto snaturato, diventa, alla fine, non più credibile. Se vogliamo mantenere l'importanza di questo istituto bisogna che se ne faccia un uso razionale e quando effettivamente necessita. Nel merito dell'istituzione di questa Commissione d'inchiesta non entro, però mi pare anche abbastanza difficile qual è la finalità di una Commissione d'inchiesta nostra sul caso specifico del concorso, quando già si è pronunciata la giustizia amministrativa attraverso la sentenza del Tar.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Non solo ho firmato la richiesta di questa Commissione d'inchiesta che tra l'altro spero e mi auguro venga istituita e spero che venga data la presidenza alla minoranza, così come capita in tutte le procedure di questo genere, ma addirittura, con l'interrogazione del 9.2.1999 avevo chiesto chiarimenti su questo concorso pubblico per titoli e per esami, dando già per scontato ciò che era successo. Ad esempio, che le prove orali erano state fatte in una sala chiusa, non aperta al pubblico, non aperta a tutti i concorrenti. Veniva dato per scontato che c'erano delle incompatibilità nella procedura stessa del concorso. Dicevo che alcuni componenti della Commissione "sono stati sostituiti senza seguire il metodo del sorteggio pubblico, quando già erano stati stabiliti i criteri d'esame ed espletate le prove scritte facendo venire meno la collegialità della Commissione stessa. Sono state riscontrate incompatibilità, in quanto uno degli esperti del concorso per dirigenti, figura 9.1.9 era allo stesso tempo concorrente in altri concorsi per qualifiche inferiori presso la stessa Amministrazione. Prima della pubblicazione dei risultati già circolava tra i candidati una opportuna graduatoria provvisoria già redatta dalla Commissione".
Nella risposta che mi è stata data per iscritto, si diceva: "Con riferimento all'interrogazione di cui all'oggetto trasmetto la relazione dell'assessore regionale al personale Bruno di Odoardo". Me l'aveva inviata il Vicepresidente della Giunta.
La cosa assurda è che si diceva: "... l'interesse per l'Amministrazione regionale, stante la valutata infondatezza dei rilievi mossi dai ricorrenti".
Oggi siamo già in una situazione per cui i rilievi mossi dai concorrenti hanno dato dei risultati positivi. Nel 1999 si diceva che erano infondati.
Ma la cosa veramente assurda e strana, è che si dice: "Quando non si hanno prove, né sono stati mai forniti elementi in tal senso per verificare la fondatezza dell'assunto, ad ogni buon conto si rileva che l'eventuale divulgazione di risultati nelle prove scritte, comunque verbalizzati dalla Commissione prima della loro pubblicazione all'albo del servizio personale non comporta alcun pregiudizio per i candidati". Oggi invece riusciamo a vedere che la cosa è totalmente diversa.
Addirittura si dice: "Per non creare uno stato di evidente vantaggio tra il primo e l'ultimo candidato e per garantire quindi la par condicio tra i candidati, la Commissione decide che, se non fosse richiesta la prova, non potranno essere presenti altri se non la Commissione e il candidato". Praticamente, con questa cosa si annullano tutte le prove d'esame, sia di Stato, ma soprattutto tutte le prove d'esame che si fanno nei corsi universitari quando sono aperti al pubblico e gli studenti che devono essere interrogati sono presenti e ascoltano ciò che sta avvenendo nell'ambito della Commissione stessa.
Quindi chiedo che venga istituita questa Commissione d'inchiesta, proprio perché con questa interrogazione del 1999 e con la risposta che era stata data allora, si dimostra, con la sentenza che c'è stata che quelle cose erano vere e addirittura c'è necessità di andare a conoscere, da parte di noi consiglieri, che cosa è avvenuto all'interno di questo concorso. Per questo motivo chiedo non solo che la Commissione venga istituita, ma che, come in tutte le Commissioni d'inchiesta venga data la presidenza a un membro della minoranza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 6.

Il Consiglio approva



Proposta di deliberazione (Discussione e votazione): «Proroga del termine per l’ultimazione dei lavori della Commissione consiliare d’inchiesta concernente gli atti e le procedure seguite nell’affidamento del servizio di predisposizione di quaranta giornate di corsi seminariali per donne imprenditrici ai sensi della Legge 215/92», Ufficio di presidenza (7)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di deliberazione n. 7 ad iniziativa dell'Ufficio di presidenza.
Ha la parola il relatore, Vicepresidente Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Si tratta di una proposta di proroga del termine per l'ultimazione dei lavori della Commissione consiliare d'inchiesta concernente gli atti e le procedure seguite nell'affidamento del servizio di predisposizione di quaranta giornate di corsi seminariali per donne imprenditrici ai sensi della legge 25 febbraio 1992, n. 215.
Non entro nel merito dell'istituzione della Commissione, non entro nel merito della composizione, cosa già deliberata l'ultima volta quando è stata concessa la proroga. Con questa proposta l'Ufficio di presidenza chiede al Consiglio di autorizzare la proroga di tre mesi per l'ultimazione dei lavori della Commissione consiliare per l'attività ivi prevista, già avviata, poiché ci sono state difficoltà nella ricostituzione della Commissione stessa. I nomi sono stati presentati dai gruppi consiliari di appartenenza e per un gruppo c'era la possibilità di designare anche componente di gruppo diverso, poi ci sono stati dei problemi nella ricostituzione della Commissione, proprio perché, per una serie di riunioni convocate dal Presidente del Consiglio è mancato il numero legale.
A questo punto l'Ufficio di presidenza propone tre mesi di proroga dall'insediamento effettivo della Commissione, quindi dal momento della nomina del presidente della Commissione consiliare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Su questo argomento in più di un'occasione abbiamo sollecitato, vista anche la delicatezza del problema, anche accogliendo l'invito del consigliere Ricci, il quale con il suo intervento pacato e tranquillo ha fatto un richiamo, qualche perplessità rimane su un tema così delicato rispetto al quale è intervenuta la magistratura, sono ancora in atto dei provvedimenti. Non riusciamo a capire questa lentezza. Non è per un fatto di impegno istituzionale che i consiglieri non si riuniscono, ma per mancanza di volontà politica.
Un dubbio mi è venuto e non me ne voglia il consigliere Cecchini: non è che non vogliano candidarla a Pesaro? Questo continuo ritardo, alla luce di una imminente battaglia politica nel pesarese non vorrei che la tenesse a "bagnomaria", in modo tale che si dica poi "la Cecchini non può essere candidata". Se così è, è un fatto molto grave. Noi vogliamo luce su quanto è accaduto e chiediamo tempestività e speditezza per il bene di tutti, perché può capitare a chiunque di trovarsi in questa situazione ed è una cosa antipatica, che lascia molto amaro in bocca. Come garanzia chiediamo un presidente delle minoranze, quindi ci assumiamo in toto una responsabilità anche politica di fronte a questi fatti e chiediamo di assumerci anche noi una responsabilità per la speditezza. Se qualcuno nega anche questo, significa allora che il problema è più ampio e quindi alziamo le mani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Condivido quanto detto ora dal collega Brini. Credo che non sfugga alla maggioranza come, su vicende di questo tipo a torto o a ragione ci sia una grande attenzione di tutta la comunità regionale, a torto o a ragione questa vicenda è seguita in maniera attenta dal mondo imprenditoriale, dalla società civile in genere. Questo ritardo non dà sicuramente credibilità a tutta l'assise regionale, i cittadini non potranno capire perché non si è raggiunto il numero legale, non si è rifatto il presidente, non vi sono state sostituzioni ecc. Queste appaiono come camarille di cui il cittadino sicuramente non può essere esperto. Chiedo quindi alla maggioranza un'assunzione di responsabilità forte nel varare subito la presidenza e soprattutto nel dare un impulso ai lavori che sotto la presidenza Ascoli comunque sono andati abbastanza avanti ma che richiedono oggi un approfondimento molto più dettagliato.
Non so se con la pausa estiva di mezzo sarà possibile rispettare i tre mesi, comunque da parte mia, come componente anche dell'Udc c'è la piena disponibilità a serrare i tempi e a rispettare un calendario di lavori molto intenso, anche se, probabilmente, si incrocerà con la discussione del piano sanitario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Concordo con la proposta di proroga dei termini di lavoro della Commissione, ma non posso non spiegare come siamo arrivati a questo punto, per vera e propria inerzia della maggioranza a mandare avanti i lavori della Commissione. lavori che — parlo come vicepresidente della Commissione — erano iniziati con ritardo, comunque stavano procedendo bene, in un clima collaborativo ma altrettanto ispettivo e di inchiesta nella maniera più seria e migliore del termine. Avevamo proceduto con una serie di audizioni, stavamo probabilmente entrando proprio nel merito e toccando il cuore della vicenda che vede coinvolta l'allora assessore Cecchini ma vede coinvolti anche dirigenti di questa Regione e l'operato, in particolare, dei dirigenti relativamente a questi corsi di formazione.
Credo che tanto si lavorava bene, tanto si lavorava seriamente in maniera davvero collaborativa e obiettiva, che probabilmente la cosa è stata stoppata, perché sono cadute ad hoc delle nomine assessorili che hanno poi, come conseguenza inevitabile prodotto la decadenza del presidente Ascoli e mi complimento per quello che fino a quel momento il presidente Ascoli aveva fatto e per come aveva gestito i lavori, aperto davvero anche alle nostre sollecitazioni, anche alle richieste di audizione della minoranza. Stavamo forse lavorando troppo bene, mi viene il dubbio. Decadenze che hanno poi determinato l'uscita sia dell'assessore Amagliani che di Ascoli stesso, dopodiché c'è stato il vuoto, c'è stata una volontà precisa di non proseguire con i lavori: beghe interne ai partiti, problemi di nome, problemi anche di conflitti, di incompatibilità, perché il partito di Rifondazione vedeva, chi per una ragione, chi per l'altra, i suoi consiglieri coinvolti, nel senso di poter essere interessati alla vicenda. Comunque i ritardi non sono assolutamente casuali, a mio avviso e non sono più minimamente giustificabili. Da qualche mese stanno assumendo il vero e proprio tenore di un insabbiamento vero e proprio della vicenda. Questo a scapito della verità, a scapito della serietà con cui si stava lavorando, a scapito delle persone coinvolte, che comunque hanno diritto tutti, dai dirigenti all'assessore, al partito di Rifondazione comunista, allo stesso imprenditore che è parte in carica per lo svolgimento e la gestione di questi seminari, diritto di sapere come sono andate le cose e se del caso essere riscattati o meno e anche a pieno titolo da questa vicenda, per un'opinione pubblica che non può più attendere. Peraltro, opinione pubblica prevalentemente femminile, perché guarda caso siamo saliti alla ribalta proprio per seminari sulle donne, sull'imprenditoria femminile, quindi una volta tanto che si parla di donne se ne parla proprio per non esserci ben comportati su attività che riguardavano le donne e che potevano essere gestite al meglio.
Questi tre mesi sono già stati dati in precedenza, quindi siamo già alla seconda, se non terza proroga, siamo stati troppo pazienti finora, varie sedute sono andate addirittura deserte per mancanza del numero legale, ma in realtà non vi eravate accordati sul presidente.
Faccio mia anche la richiesta del consigliere Brini di rivendicare per la minoranza la presidenza di questa Commissione, anche perché il prossimo Statuto vedrà le Commissioni d'inchiesta e ispettive — per lo meno nella bozza elaborata — necessariamente con la presidenza affidata alle minoranze. Potremmo anticiparlo: abbiamo provato a fare anticipazioni di altro tipo, per chiamarci onorevoli o per eliminare decadenza del Presidente D'Ambrosio, per tuziorismo maggiore cerchiamo anche di anticipare questa norma, così vi leviamo anche d'impaccio, perché mi pare che ci siano problemi nell'individuare un presidente di maggioranza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Ho chiesto di intervenire per associarmi agli interventi dei colleghi della minoranza nel sollecitare una rapida conclusione dell'inchiesta sugli atti e le procedure relativi ai corsi seminariali per donne imprenditrici, perché ritengo che questa vicenda e la Commissione d'inchiesta debbano, dopo un anno dall'istituzione, trovare una conclusione. In questo senso chiedo, in modo particolare ai colleghi di maggioranza che fanno parte della Commissione, di assumere la responsabilità di portare in tempi rapidi a conclusione questa Commissione d'inchiesta, in un modo o nell'altro.
Il modo peggiore per continuare a discutere di questa vicenda è quello del rinnovo continuo senza che il Consiglio regionale possa essere messo nella condizione di discutere nel merito di ciò che la Commissione d'inchiesta dovrebbe accertare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Anch'io sono a chiedere che la Commissione d'inchiesta faccia presto il suo lavoro. Credo che sia importante, qualunque sia l'esito della Commissione, proprio per rispetto delle istituzioni, che si faccia un atto di chiarezza. Lo dico perché in questi giorni in cui sulla stampa nazionale si parla di immunità dei politici, penso che la vera trasparenza sia quella di riportare dentro le sedi istituzionali ciò che è accaduto, quindi credo che la Commissione debba fare al più presto il suo lavoro, così come auspico che in un'altra sede il processo venga subito, per fare così chiarezza su quanto è avvenuto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Nel mio intervento precedente avevo citato le difficoltà evidenti di questa maggioranza a mandare avanti questa Commissione d'inchiesta e mi chiedevo se era il caso di farne un'altra, visto che la precedente è impantanata da un anno.
Pongo una questione morale, in quest'aula: se facciamo le cose le dobbiamo fare seriamente, altrimenti è meglio non farle. Il consigliere Cecchini a seguito di questa vicenda ha dovuto anche lasciare l'assessorato, anche se, probabilmente, ci saranno state anche altre motivazioni, ma io sono convinto che su questa ha avuto dei problemi e credo che noi dobbiamo avere il rispetto nei confronti nostri, nei confronti di ogni collega, quindi accertare nel più breve tempo possibile qual è la verità su queste vicende, quali sono stati i fatti reali e in questo modo consentire al consigliere regionale — in questo caso Cecchini — di avere il rispetto da parte del Consiglio e da parte dei cittadini marchigiani che leggono i giornali, che prendono le notizie a pezzi e bocconi, quindi possono essere fuorviati da interventi più o meno di parte. E' quindi una questione di serietà, non è questione né di destra né di sinistra. Se facciamo le Commissioni d'inchiesta facciamole seriamente e concludiamole in tempi brevi. Non credo che ci voglia un anno per guardare quattro documenti, è una cosa ridicola. Veramente va a danno della maggioranza ma di tutto il Consiglio regionale. Faccio quindi questo appello.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Ritengo che la proroga che era stata data e l'approfondimento necessario siano fondamentali, indipendentemente dai nomi dei nostri colleghi coinvolti, proprio per salvaguardare la dignità di ciascuno di noi.
Però c'è una situazione completamente diversa. Ho infatti sollecitato la risposta all'interrogazione su "Equal" proprio per questo motivo, perché c'è un collegamento diretto. Vi voglio far presente che già sul settimanale Il Mondo sono emerse per ben due volte situazioni di questo genere che riguarda in modo diretto e adiacente il problema di questa Commissione, perché sono state fatte interrogazioni a livello parlamentare, proprio perché ci sono delle situazioni collaterali intorno ad alcuni funzionari e ad alcune società che facevano da prestanome. Perciò è indipendente da quello che è avvenuto e che è capitato ai nostri colleghi: qui la situazione necessita approfondimento, valutazione, dando in piena scienza e coscienza un giudizio, perché prima deve essere salvaguardata la dignità di questo Consiglio e di conseguenza devono essere salvaguardate le dignità di ciascun membro di questo Consiglio e, di riflesso, dei partiti che con grande dignità e orgoglio rappresentiamo in questo Consiglio. Ritengo pertanto che a questa Commissione debba essere data la più pressante priorità e il massimo impegno da parte di tutti i consiglieri.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 7.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Seguito esame degli articoli e votazione): «Soppressione del Comitato regionale di controllo e delegificazione in materia di organismi regionali. Semplificazione del sistema normativo regionale e modificazioni di leggi regionali» Giunta (141)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 141. Ricordo che abbiamo già fatto la discussione generale, eravamo in sede di votazione degli articoli e abbiamo votato fino all'articolo 5.
Art. 6. Ha la parola il presidente della Commissione per illustrare le modifiche.

ADRIANA MOLLAROLI. La I Commissione, alla quale è stata rinviata la proposta di legge a seguito del dibattito intervenuto nell'ultima riunione del Consiglio, ovviamente ha raccolto le indicazioni che, a partire dal consigliere Pistarelli, sono state qui espresse, cioè che sulle materie che riguardano Commissioni consiliari diverse dalla prima si dovessero esprimere le stesse, cosa che è avvenuta in questo arco di tempo, per cui la legge torna modificata in Consiglio avendo eliminato le materie di competenza delle Commissioni. Le Commissioni interessate in particolare erano la III, la IV e la II. La III e IV Commissione hanno ritenuto di sopprimere, così come accade per il primo comma dell'art. 6, le materie di propria competenza. La Commissione II ha espresso un parere favorevole su alcuni commi che riguardavano la stessa, per cui la legge torna in aula dopo che le altre Commissioni si sono espresse, quindi credo che il Consiglio possa votare il testo così come modificato, perché recepito dai rilievi fatti dai singoli consiglieri e dalle Commissioni stesse. Viene soppresso quindi il comma primo che riguardava materie di competenza della III Commissione e vengono invece conservati il comma 2 dell'art. 7 e quelli di competenza della II Commissione consiliare. Il comma 12 dell'art. 13 della legge 20, "Norme in materia di organizzazione del personale della Regione" viene abrogato in quanto la II Commissione ha ritenuto di aderire a questa proposta che era già insita nel testo della legge. Così come viene conservato l'art. 7, "semplificazione procedurale e trasparenza", su cui la II Commissione ha espresso un parere positivo. Riguarda esattamente la possibilità che i decreti dei dirigenti regionali possano diventare esecutivi dopo il loro inserimento nel sistema informatico, che viene definito "informativo", perché abbiamo appurato che il termine più corretto è questo. Così come il comma 2 dello stesso art. 7 prevede che tutta la documentazione, gli elaborati tecnici e cartografici allegati ai programmi possano essere messi a disposizione soltanto dei richiedenti, quindi vengono depositati presso l'ente di competenza e viene data informazione sul Bur ma non vengono pubblicati.
La Commissione II ha quindi espresso parere favorevole.
Le altre modifiche contenute nell'art. 6 riguardano materie di competenza esclusiva della I Commissione e concernono esattamente alcune modifiche della leggi 7 e 52 su cui la I Commissione ha espresso parere favorevole, quindi credo che la legge possa essere approvata dopo avere avuto questo ulteriore percorso di approfondimento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 6.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge n. 141.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Sistema integrato di servizi per l’infanzia, per lo sviluppo di politiche a favore degli adolescenti e di sostegno alla genitorialità e alla famiglia» Giunta (136)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 136, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. La proposta di legge 136 è senza timore di eccessiva enfatizzazione, una delle proposte più significative nel settore dei servizi alle persone e all'infanzia e adolescenza che questa legislatura si appresta ad approvare.
La proposta di legge interviene infatti in un settore, quello dei servizi alla prima infanzia e all'adolescenza, in cui la Regione Marche non metteva mano dalla legge 23 del 1973, modificata con la legge 30 del 1979, con le quali si dava attuazione, nelle Marche, alla legge nazionale 1044 del 1971 che disciplinava per la prima volta nel nostro paese la nascita degli asili nido dopo la riorganizzazione dell'Onmi, che era un'istituzione di carattere prevalentemente sanitario, nata durante il periodo fascista.
L'istituzione del servizio asili nido, nella nostra legge ma nel linguaggio ormai comune definiti "nidi d'infanzia", registra una svolta nella storia della società italiana e nella cultura pedagogica del nostro paese: si incrociano infatti negli anni '60 e '70 in Italia due fenomeni di particolare interesse: la presenza notevole delle donne nel mondo del lavoro; la fine della famiglia patriarcale e la ricerca scientifica e pedagogica che studia per la prima volta con rigore scientifico l'importanza dei primi anni di vita come fondamentali nello sviluppo della personalità umana. Ricordo per tutti uno dei testi che ha fatto storia nel nostro paese, punto di riferimento fondamentale: il libro di Piero Angela "0-3 anni".
Questo nuovo servizio nasce quindi con la vocazione di dare opportunità ai bambini e alle bambine di un equilibrato sviluppo psico-fisico e aiutare la nuova famiglia italiana a vivere la genitorialità come fatto sociale e non esclusivamente privato. Questo nuovo servizio nasceva inoltre con una modalità gestionale fortemente innovativa: la gestione sociale. La gestione sociale conteneva in sé valori significativi: la partecipazione cioè di istituzioni, famiglie, operatori all'attività dei servizi, ma anche la socializzazione di eventi quali la maternità, la cura dell'infanzia, che uscivano così dall'esclusivo ambito familiare non diminuendo di senso, ma anzi estendendolo, assumendo quello del valore sociale della maternità e della responsabilità educante della società nei confronti dell'infanzia.
Mi sono permessa questa breve digressione non solo per una personale affezione a questi temi, ma perché non si disperdano i significati della storia dei nostri servizi alle persone e perché, anche adattandoli ai bisogni di oggi come la legge in discussione oggi in Consiglio, si ricordino i contesti e le motivazioni che li hanno generati, motivazioni che ancor oggi mantengono una loro validità.
Oggi, dopo trent'anni molte cose sono cambiate, le politiche sociali sono più solide, le normative a sostegno della maternità e paternità sono più adeguate ai bisogni ed ai diritti e doveri dei padri ed anche i diritti dell'infanzia sono riconosciuti ormai da convenzioni internazionali. Ricordo comunque che non dappertutto l'infanzia vive contesti simili a quelli del nostro paese. In tanta parte del mondo l'infanzia ha ancora diritti profondamente negati.
Restano però, malgrado queste significative modificazioni, una serie di problemi aperti. I servizi mantengono una loro insufficienza rispetto ai bisogni. Ricordo alcuni dati prodotti con analisi anche molto significative dal Centro documentazione per l'infanzia e l'adolescenza di Firenze. Nella nostra realtà regionale ci sono 138 nidi d'infanzia ma soltanto in 78 comuni, contro i 246 della nostra regione. Molto più quantitativamente presenti sono invece i centri per l'adolescenza.
Quindi non solo molti comuni sono privi di questi servizi, ma nei comuni dotati di questi servizi ci sono lunghe liste d'attesa.
Il servizio quindi non ha cambiato natura, resta un servizio ancora a domanda individuale, grava economicamente esclusivamente sui Comuni, sulle Regioni e sulla famiglia e c'è anche una presenza di nidi privati, che tra l'altro la legge disciplina — anticipo qui un emendamento che ritengo immotivato del consigliere Giannotti perché la legge ha anche la funzione di riconoscere i nidi privati e anche di disciplinarli — e solo 10 su 8 comuni sono autorizzati: vuol dire che c'è un privato che sfugge alle norme e che con questa legge noi vorremmo, con l'obiettivo della qualità e della conoscenza, della funzionalità di questi servizi, ricondurre dentro un quadro di norme molto precise.
Era quindi necessaria una nuova normativa e la nostra legge cerca di intervenire in questo modo.
Che cosa fa, di fatto, questa nuova disciplina dei servizi alla prima infanzia, all'adolescenza e anche al sostegno alle famiglie? Sistematizza la rete di servizi alla prima infanzia, quelli all'adolescenza e anche allo sviluppo della genitorialità.
La legge rivisita, senza snaturarlo, rinviando poi ad un regolamento che entrerà molto nel dettaglio dei requisiti necessari, il nido, introduce, disciplinandole, nuove tipologie di servizi alle quali noi diamo anche un nome, prevedendo quindi una nomenclatura per cercare di superare le miriadi di servizi che sono nati in questi anni, come "centri giochi", "spazi ludici", "per l'infanzia", così come previsto dall'art. 7 della legge 136 che in questi anni si sono affermati anche sulla base di un impulso molto significativo che è stato dato anche con risorse consistenti dalla legge 285 del 1997. Disciplina inoltre i centri di aggregazione per adolescenti, come vi dicevo molto presenti nella nostra realtà regionale, anche se i maniera molto differenziata tra le varie province marchigiane, con lo scopo di potenziare questi servizi, dare criteri e requisiti di qualità, sia ai servizi pubblici che a quelli privati.
La legge riconosce e offre una pluralità di opportunità alle domande dei bambini e delle bambine e delle famiglie marchigiane, le quali oggi hanno esigenze molto differenziate fra loro, legate ovviamente alle tipologia di lavoro dei genitori e che scelgono di vivere diversamente il loro rapporto con i figli e con i servizi all'infanzia stessi.
I "centri gioco", gli "spazi bambini-famiglie" sono servizi a cui rivolgersi per alcune ore, quindi accanto al nido tradizionale che copre un'area di attività molto lunga nell'arco della giornata, con servizi legati ad alcune funzioni come quelle del riposo e del pasto, ci sono servizi diversi, che consentono ai bambini di poter vivere alcuni momenti della vita insieme ad altri bambini e alle famiglie di poter stare tra loro. Quindi lo scopo è quello di offrire una gamma di servizi adatti ai bisogni e alle esigenze dei genitori e anche alle loro scelte, non c'è assolutamente alcuna indisponibilità da questo punto di vista, sono le famiglie che devono scegliere a quale servizio rivolgersi, di quale servizio hanno bisogno, anche nel rispetto della modalità con la quale vogliono vivere il loro rapporto di padri e di madri.
La legge inoltre individua con precisione quali sono le funzioni che rispetto alla rete di servizi hanno la Regione, i Comuni, gli ambiti sociali, perché la nostra legge si inserisce in un quadro normativo particolare che è quello della nostra regione, dove fortunatamente esiste un piano dei servizi sociali che ha definito già degli ambiti ai quali fare riferimento.
La rete dei servizi viene appunto collocata nella più complessiva rete dei servizi previsti dal piano sociale della nostra Regione.
Si configura prevalentemente come una legge che disciplina questi servizi e rinvia ad un regolamento attuativo la definizione più precisa di requisiti, standard qualitativo e anche professione. Abbiamo ritenuto però che alcuni standards, in particolare quello del rapporto bambini-educatori, dovesse essere previsto nella legge e non nel regolamento, perché è uno standard di qualità sostanziale.
Viene introdotto, agli articoli 14 e 15 il principio dell'autorizzazione dell'accreditamento. Ricordo che la legge richiede l'autorizzazione che deve essere concessa da parte del Comune in cui il servizio risiede, per tutti i servizi, sia di carattere pubblico che di carattere privato, perché è bene che servizi così delicati come quelli che toccano l'infanzia, in particolare la prima infanzia, ma anche la fascia adolescenziale che, come sappiamo, è una fase delicatissima nella vita dei nostri ragazzi, siano conosciuti dall'ente locale, siano garantiti requisiti di qualità, perché ovviamente spazi e personale sono elementi fondamentali e anche progetti, ma nel merito di questo la legge non interverrà, se non nelle richieste di alcune professionalità sociali, perché crediamo che sia necessario avere un quadro di questa natura.
La Commissione ha lavorato con cura alla discussione di questa legge, ha modificato anche, in alcune parti, il testo elaborato dalla Giunta, lo ha fatto ascoltando diversi soggetti della società marchigiana, dai sindacati all'università.
Troppo spesso nelle nostre riflessioni e anche nelle analisi della società marchigiana ci soffermiamo su un fenomeno importante, quello dell'invecchiamento della popolazione, un fenomeno che noi esaltiamo e sottolineiamo spesso come indicatore della qualità della vita della società marchigiana, però ne dimentichiamo un altro, troppo spesso: che nella società marchigiana c'è un forte calo delle nascite, siamo una delle regioni con i dati più bassi d'Italia e sappiamo che già l'Italia ha dati fra i più bassi d'Europa e noi ci interroghiamo, ovviamente senza voler proporre politiche di sostegno alla natalità, perché la scelta di fare figli compete direttamente alle persone, alle donne in particolare, che questo vogliono fare, chiedendoci se una scarsa attenzione della politica sui servizi che vengono offerti alle famiglie e ai bambini stia dietro questa difficilissima fatica di conciliare la vita privata, la vita lavorativa alla quale ormai nessuna donna italiana vorrà più rinunciare. Tra l'altro nelle aspettative delle giovani questo è un dato ormai acquisito, non sanno che questa è una conquista. Può essere anche questa una causa delle difficoltà delle famiglie, delle madri e dei padri a conciliare la vita lavorativa con la vita privata e anche con la maternità.
Speriamo quindi con questa legge, non certo di favorire le nascite — non è questo lo scopo — ma di cercare di far vivere meglio, con più serenità, uomini e donne, bambini e bambine della società marchigiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. La lunga relazione della collega Mollaroli ha toccato i punti di fondo che hanno motivato la sua maggioranza e prima la Giunta, a stendere questo atto, un atto che ha avuto un iter complesso, complicato, lungo, anche perché si è inserito nell'ambito di un quadro normativo che viene da lontano, non recentissimo, soprattutto in riferimento, che poi è stato esplicitato nella nuova titolazione, alla legge 46.
In effetti il lavoro di Commissione è stato molto approfondito. Su questo non vi sono diverse opinioni rispetto a quelle espresse già dalla relatrice. Anzi — l'ho detto anche in Commissione — che il lavoro è stato anche di semplificazione di un testo originario che a nostro avviso era molto farraginoso, complicato e non coglieva gli aspetti essenziali delle problematiche che si volevano porre in maniera diversa, più razionale.
Quest'opera di semplificazione è evidente anche nell'articolato, se vedete il testo che a fronte è stato posto all'attenzione di tutti i consiglieri: rispetto a quello proposto vi sono vari passaggi che sono stati tolti ed eliminati perché considerati ridondanti o non centrati rispetto all'obiettivo della legge.
Tutto questo premesso, non c'è una conclusione positiva per quanto riguarda l'approccio che è stato dato alla materia, perché ricalchiamo — questo è stato già oggetto di una riflessione in aula in più di una occasione — schemi che abbiamo visto nel passato aver creato molti problemi di applicazione. Quali sono questi schemi? Il fatto di veder ripetere anche in questi ambiti, oltre che in quelli sanitari stretti, la fase di autorizzazione, accreditamento e, nel mezzo, un regolamento che, nella sua estensione, nella sua predisposizione non rispetta mai i termini che indichiamo nella legge.
Anche qui facciamo la stessa cosa: facciamo un quadro teorico, questi sono gli strumenti di sostegno all'infanzia, alle famiglie, alla genitorialità, nell'educazione dei figli, nel compito di accudirli, perché con i tempi del lavoro, con i tempi della vita che quotidianamente affronta una famiglia c'è bisogno di strutture alle quali affidare il compito, delegandolo non totalmente, ma in maniera organica, di seguire la vita dei figli, soprattutto nella prima infanzia e nell'adolescenza. Si indicano le strutture teoriche, poi si dice che tutte queste strutture devono essere autorizzate e dall'autorizzazione si passa all'accreditamento se si rispettano determinati parametri, quelli del regolamento previsto dall'art. 13. Regolamento affidato alla Giunta regionale che entro 120 giorni deve predisporlo.
E' un iter già visto per altre questioni legate al socio-sanitario soprattutto, al sanitario soprattutto, ma molto attinenti, molto vicine alla materia oggi in discussione, per esempio relativamente all'anziano, alla casa di riposo.
Temo — e questo l'ho esplicitato in Commissione — che ancora una volta si sia in presenza di un quadro teorico che nella sua progressione ha un iter logico, ma che si scontra con una realtà di fatto che verrà appesantita da ulteriori passaggi, non solo quelli dell'attesa del regolamento, ma anche quelli delle necessarie regolarizzazioni per quanto riguarda tutte le strutture oggi esistenti.
Allora attenderemo questo regolamento, intanto ci sarà un periodo transitorio e questo periodo transitorio potrà essere più o meno lungo, ma noi riteniamo essere senz'altro più lungo rispetto alle previsioni della legge.
Già questo è un punto di criticità che non abbiamo potuto nasconde, celare o mettere da parte per quanto riguarda la valutazione complessiva della proposta di legge.
Secondo punto di criticità. Tante volte il quadro teorico non solo cozza nella fase applicativa rispetto alla realtà, ma "impone" anche modelli che non rispondono poi alle reali esigenze, perché sono modelli che nascondono forzature di letture che non hanno un approccio soltanto e semplicemente di ascolto ma anche di indirizzo. Mi si dirà che questo è il compito del legislatore, di indirizzare verso certi esiti o certe forme o certe modalità delle strutture che esistono. E' vero, però il legislatore a mio avviso deve fare lo sforzo di rovesciare il ragionamento, cioè fare in modo di andare il più possibile vicino ad una realtà per recepirne il più possibile già gli aspetti estremamente positivi che ci sono. Per esempio, in questo ambito non siamo lontani anni luce da un sistema che ha la sua validità, perché, soprattutto i nidi o i cosiddetti "asili", cioè le strutture di accoglienza della primissima e prima infanzia hanno avuto ed hanno una esperienza positiva, un bilanci positivo nella nostra regione. Anzi, forse quello che manca, tante volte, è proprio l'offerta della struttura che a volte è troppo piccola e allora ci sono liste d'attesa, tempi lunghi d'attesa, scelte che debbono essere fatte di risulta, perché magari quella struttura è già piena e non può contenere altri bambini al suo interno, quindi si ripiega verso altre strutture.
Questo in una sinergia pubblico-privata che in questo campo ha funzionato benissimo, perché la qualità offerta dal pubblico e dal privato è stata comunque qualità alta, qualità mediamente buona, con risultati di soddisfazione per le famiglie e per i figli, coloro che poi utilizzano queste strutture a tempo pieno o parziale.
Andare ulteriormente a canonizzare determinati tipi di struttura, andare a individuare i requisiti minimi, medi, alti a nostro avviso è un modo troppo ideologico di affrontare la materia e creerà problemi di estensione del regolamento, di stesura del regolamento e problemi di applicazione, come sta creando problemi negli accreditamenti che abbiamo già licenziato in quest'aula. Nelle strutture per anziani abbiamo fatto sì una spalmatura temporale, abbiamo dato un minimo di flessibilità al sistema, ma se dovessimo andare a verificare l'applicazione di questi criteri, l'esistenza dei requisiti ecc., creeremmo oggi condizioni che portino ad una chiusura completa e totale, ma sicuramente delle difficoltà potrebbero sorgere e in maniera anche consistente sotto il profilo del numero delle strutture coinvolte in questa verifica.
Quindi attenzione a fare questo tipo di operazioni che sono legate non solo alle strutture ma anche agli operatori all'interno delle strutture. C'è stata una grossa discussione con l'assessore Secchiaroli per quanto riguarda l'individuazione delle figure di responsabilità dei centri che abbiamo indicato ed elencato negli articoli iniziali, l'art. 7 soprattutto che individua proprio i servizi. L'altro aspetto è quello delle figure professionali. Anche qui attenzione a non rovesciare il ragionamento. Noi dobbiamo partire da una base conoscitiva, cognitiva, che è quella della realtà che si è sviluppata e che ho detto essere tutto sommato positiva per quanto riguarda l'infanzia e l'adolescenza, se letta con una lente che né ingrandisce né rimpiccolisce ma guarda solamente a quello che è stato lo sviluppo dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza nella nostra regione: mediamente le risposte sono positive, soddisfacenti, tutti i Comuni sono bene organizzati da tempo, da sempre, con una sinergia pubblico-privato.
Dobbiamo allora leggere, conoscere quella realtà e cercare di recepirne le cose migliori, cercando di minimizzare quelle che non vanno, di recuperare le piccole, poche storture che ci potrebbero essere.
Giustamente l'assessore, circa il discorso delle figure professionali, ha detto "non andiamo a fare dei salti senza sapere dove si andrà a finire", perché se ci inventiamo dei percorsi che accelerano, bruciano delle tappe che devono essere ancora svolte nella formazione, nell'individuazione delle tipologie di responsabili, creiamo delle condizioni, almeno, di imbarazzo, perché ci sono delle strutture che non possono essere da oggi a domani subito implementate, sia nel pubblico che nel privato. non è solo il privato in difficoltà ma anche il pubblico, perché ci sono dei tempi medio-lunghi, non brevi da oggi a quando il regolamento potrà entrare in vigore e perciò potrà entrare in vigore tutto il meccanismo dell'accreditamento.
La soluzione trovata è stata mediana, perché si è comunque steso un art. 12 che ha indicato il personale e i suoi requisiti, che ha indicato delle figure di coordinamento e completamento che però, a nostro avviso, fanno parte di un sistema che andiamo a creare, che secondo me è forzato verso certo tipo di modello teorico, lontano dalla realtà.
Ecco perché abbiamo espresso in Commissione la nostra seppur parziale insoddisfazione rispetto alla proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Secchiaroli.

MARCELLO SECCHIAROLI. Già le relazioni di maggioranza e minoranza sono state dettagliate, però alcune cose vorrei inquadrarle come spinta per la Regione a dotarsi di una nuova legge sull'infanzia e l'adolescenza, adeguandola non solo ai cambiamenti che ci sono stati, ma proprio partendo dalla lettura delle esperienze pluriennali avute proprio con applicazione della legge 285. Questa legge segue la nostra legge sul garante per l'infanzia, i nostri atti sulla mediazione penale minorile, sulle adozioni nazionali e internazionali e sugli affidi, i protocolli d'intesa con la scuola rispetto all'interculturalità e all'integrazione scolastica dei disabili, come attenzione di una Regione che sotto questo aspetto è ricca di esperienze e credo che le esperienze possano trasformarsi anche in testi di legge che si adeguano meglio alla realtà che siamo riusciti a leggere, anche se non completamente, proprio con le esperienze.
Vorrei dire qualche cosa sulle osservazioni del consigliere Pistarelli. Il discorso delle autorizzazioni e dell'accreditamento non vuole esaurirsi solo nell'applicazione della legge nazionale 328 che prevede queste cose, ma vuol portare all'attenzione di questo Consiglio, dei territori, delle istituzioni e dei privati che svolgono questa attività, il discorso della qualità degli interventi e la qualità degli interventi ha bisogno di un minimo di regolamentazione, di standards e di rapporti che permettano servizi a loro volta di qualità e che permettano, soprattutto in certe situazioni, di rispettare la dignità delle persone, perché quando parliamo di minori e anziani parliamo di persone.
Sulla legge 20 delle autorizzazioni e degli accreditamenti delle strutture sociali che questa Regione non aveva mai avuto e di cui ci siamo dotati, che prevedeva la stesura dei regolamenti per definire ulteriormente le specificità, voglio avvertire il Consiglio e il collega Pistarelli che presto, in Commissione avrete tutti i regolamenti previsti da tale legge, regolamenti che hanno avuto una concertazione con gli enti locali e i gestori delle strutture, molto approfondita e dettagliata e alla fine questo discorso di qualità e il tentativo di ridare un significato anche alle strutture sociali consentirà di avere tutti i regolamenti previsti dalla legge 20, come riceverete, nello stesso tempo, il regolamento che segue l'approvazione di questa legge. Quindi fra tre settimane avrete tutta la partita dei regolamenti che non vogliono essere teorici, perché non possiamo fare teorie su queste cose e abbiamo raccolto anche tutte le esigenze di flessibilità che ci sono venute dagli attori sociali, da quelli che gestiscono, dagli enti locali, necessarie in questa partita del sociale.
Quindi, se oggi approveremo questa legge — nonostante le osservazioni che l'opposizione faceva per bocca di Pistarelli credo che vi sarà non un voto contrario ma di astensione — mi auguro che la Commissione sui regolamenti sia altrettanto attenta e approfondisca il discorso per poter permettere a questa legge di poter essere concretizzata in tutti i suoi aspetti.

PRESIDENTE. Faccio notare ai consiglieri che ci sono le condizioni per chiudere entro le 13,30 con l'approvazione di questa proposta di legge e della successiva, tenendo poi la Conferenza dei presidenti di gruppo. E' quindi questo un invito a contenere nei limiti gli interventi.
Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo n. 1. Emendamento n. 1 a firma Giannotti, che ha la parola.

ROBERTO GIANNOTTI. C'è stato un certo dibattito su questa proposta che è stata ampiamente discussa in Commissione, sia nella prima parte che nella seconda parte della legislatura. Dico questo perché questa differenza di tempo ha rappresentato anche un contributo specifico diverso da parte del nostro gruppo. Volevo solamente tornare a sottolineare il significato politico di questa proposta emendativa, che non ha nulla di articolare ma che intendeva richiamare due principi concatenati fra loro. Il primo è quello della sussidiarietà orizzontale, che secondo noi è ancora molto lontano dalla sensibilità di questa maggioranza (il portato di questi provvedimenti ne è un'ampia dimostrazione). Il secondo è il problema della pluralità delle opportunità socio-educative e, conseguentemente, della scelta delle famiglie del modello educativo e che è un'altra delle questioni aperte in questo Consiglio regionale, rispetto alla quale c'è un'azione legislativa promossa dal gruppo di Forza Italia attraverso diverse proposte di legge che ancora oggi non sono tate recepite e riprese dalla maggioranza.
Mi auguro che la fine di questa legislatura possa segnare anche una rottura di questo sbarramento di queste disponibilità e si possa discutere delle due proposte di legge che riguardano la parità scolastica presentate dal nostro gruppo. Sostanzialmente questo emendamento contiene una questione di principio: la proposta di inserire nel contesto della legge questi valori.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Stando al tema non ha ragione di esistere, perché l'art. 8 bis della legge stessa prevede tra i soggetti gestori anche i privati. Questo è già chiaramente espresso dalla legge, quindi credo che attraverso questo ci sia già anche un riconoscimento del ruolo dei privati in questa materia. Privati che però, ovviamente, se vogliono gestire servizi così delicati devono rispettare i requisiti di qualità che la legge prevederà. Tutte le altre questioni a cui ha fatto riferimento il consigliere Giannotti non stanno nel merito di questa proposta di legge, attengono alle scelte politico-programmatiche delle nostre alleanze, ma credo che anche il Governo nazionale non sta soddisfacendo in maniera così adeguata il settore del privato nell'ambito scolastico, perché mi pare che sono note le proteste di questi giorni sui tagli delle risorse anche a questo settore, effettuati dal Governo nazionale, per cui credo che il consigliere Giannotti, oltre a rivolgere più attenzione a questo modo alla nostra maggioranza, è bene che la rivolga anche alla propria.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l'articolo 1.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2 ter. Emendamento n. 2 a firma Mollaroli, che ha la parola.

ADRIANA MOLLAROLI. Questo emendamento è strettamente legato all'approvazione di un altro emendamento sull'art. 16. E' un emendamento derivato, nel senso che noi proponiamo, con l'emendamento all'art. 16 di modificare il rapporto tra Comuni e Asl sulle competenze sanitarie, sui servizi alla prima infanzia, conseguentemente all'approvazione di quello occorre modificare questo. E' bene approvarlo perché strettamente legato all'altro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l'art. 2 ter come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Emendamento n. 3 a firma Giannotti che ha la parola.

ROBERTO GIANNOTTI. Questo era uno dei punti di riferimento delle proposte che avevamo formulato e abbiamo accarezzato per un po' di tempo l'idea che venisse meno questa rigida posizione ideologica della maggioranza. Ho l'impressione che anche questa legge, come tutte le leggi volute da questa maggioranza regionale, ha forti connotati statalisti e burocratici. Statalisti nel senso che non coglie questa esigenza di libertà, che fra l'altro è anche sollecitata dalle condizioni atmosferiche di questo periodo, questa esigenza di liberare, di dare spazio alla società civile, di affondare fino in fondo il concetto della sussidiarietà, prevedendo meccanismi di controllo, di verifica, di organizzazione nella maggior parte dei casi legati alla responsabilità degli enti locali.
E' il portato della "riforma Secchiaroli" sugli ambiti e sui meccanismi, cose diverse da quelle che in qualche modo, secondo me, la gente, l'opinione pubblica vuole, un modo per esercitare, qualcuno dice un coordinamento positivo, io dico un controllo politico di queste strutture che operano nel campo sociale.
Rispetto a questi due strumenti che noi abbiamo indicato, i nidi-famiglia e i nidi aziendali c'è una posizione differenziata da parte della maggioranza: c'è un no ai nidi-famiglia che sono un'opportunità data alle famiglie, un'esperienza già passata al nord ma che vedo passare con difficoltà nelle Marche, rispetto ai quali si è dato un giudizio negativo, mentre sostanzialmente vuol dire consentire a famiglie che decidono di mettersi insieme per dare assistenza a famiglie che hanno bambini e che non trovano assistenza dal servizio pubblico, di autoorganizzarsi e di costruire un punto di riferimento, anche didatticamente. Rispetto a questo si dice no, in virtù di questa posizione ideologica. Mentre invece si rimanda, mi si dice, a un regolamento successivo la scelta relativa ai nidi aziendali. Anche qui c'è una legge dello Stato che prevede interventi finanziari, che ha già veicolato questa ipotesi, il fatto che non lo si voglia richiamare nella legge mi sembra una cosa non tanto buona, per non dire di più. Mi si dice che la recupereremo nel regolamento: non capisco perché non lo si possa fare ora.
Il senso della nostra richiesta è questo. Mi sento anche autorizzato a dire che questa, per noi è una questione fondamentale. Se ci fosse la disponibilità a recepire questa proposta emendativa, quindi a riconoscere il ruolo di questi due strumenti educativi, potremmo anche valutare la possibilità di una posizione sulla legge che non sia negativa.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Secchiaroli.

MARCELLO SECCHIAROLI. Al di là della questione formale, cioè che penso sia il comma 2 e non il comma 1 dell'articolo 7, non è un rinviare il discorso ai regolamenti per sfuggire a questa richiesta, perché penso che nel regolamento tutte queste partite saranno esplicitate e ho già detto, ma che il regolamento è già pronto e fra due settimane arriverà in settimana. E' stata una scelta che la Commissione ha fatto di rinviare al regolamento tutta una serie di dettagli rispetto a una legge che appare come legge quadro.
L'altro discorso riguarda i nidi aziendali. E' una partita del fondo unico delle politiche sociali della finanziaria. C'è un documento recepito dal Governo, di tutte le Regioni, le quali declinano i nidi aziendali come qualsiasi altro nido, come standards, come requisiti, per cui, all'interno del regolamento, quando andremo a definire gli standards degli asili nido, ci saranno anche quelli degli asili nido aziendali e saranno identici a quelli degli altri asili nido. Quindi non è che non si vuol riconoscere l'asilo nido aziendale. Questo è surrogato da un documento a livello nazionale, che il Governo ha recepito in sede di Conferenza Stato-Regioni, quindi non andiamo sicuramente a far finta di non sapere che nella finanziaria una legge dello Stato ha istituito gli asili aziendali. Questa è la garanzia che diamo.
Credo, Giannotti, che la tua accusa di dare a questa legge un carattere accentratore sia sbagliata, perché mai una legge di questa Regione è stata così aperta, riconoscendo l'integrazione fra pubblico e privato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. E' ovvio che voterò contro l'emendamento proposto da Giannotti e Forza Italia, perché se fossimo in condizioni normali dovremmo giudicare questa proposta di legge non già troppo statalista ma addirittura troppo federalista, perché in realtà c'è una declinazione che nell'attuazione concreta potrebbe anche creare problemi in un settore così delicato come quello di cui parliamo oggi. Tuttavia la proposta illustrata — condivido in larghissima parte la relazione del consigliere Mollaroli — dà un contributo, non apre un varco eccessivo rispetto alla devoluzione e privatizzazione complessiva che porta avanti il Governo di centro-destra nel nostro paese, anzi se volessimo essere anche più precisi dovremmo dire che in questa proposta di legge già è troppo ampia la collaborazione nel settore dell'infanzia con i soggetti privati per la realizzazione di politiche attive di interventi socio-educativi per l'infanzia e l'adolescenza. Non parliamo della costruzione di scatoloni, lavatrici o televisori, ma parliamo appunto dell'infanzia, dell'educazione, dell'adolescenza.
All'art. 2 ter, per quanto riguarda l'attività dei Comuni, in questo federalismo senza risorse, in realtà i Comuni debbono provvedere ad autorizzare i servizi previsti dalla presente legge, in particolare all'art. 14, ma in realtà sappiamo che per gli enti locali questa è più un'opportunità di tipo formale che una condizione di esercizio. Non è una certezza di controllo pubblico, perché molto spesso i Comuni, il sistema degli enti locali sono costretti a delegare tutti i servizi ad altri soggetti, perché non hanno altre risorse, alla cosiddetta sussidiarietà orizzontale e quindi, in definitiva, a smantellare un settore importante dello Stato sociale.
Con questi elementi, anche critici, di riflessione, voteremo a favore della proposta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Propongo ovviamente di respingere questo emendamento per le motivazioni che già sono state indicate dall'assessore Secchiaroli e dal consigliere Procaccini, con questa precisazione: il nido-famiglia è una forma di autoaiuto fra le famiglie che può essere promossa nel quadro di interventi e iniziative, ma che non può essere configurato come un vero e proprio servizio.
Tra l'altro, se il consigliere Giannotti avesse letto con più attenzione la legge avrebbe visto che tra le attività della Regione, all'art. 2, lettera c) c'è anche il sostegno della stessa ad attività di sperimentazione. Cosa vuol dire? Che la legge disciplina alcune tipologie di servizi, cerca di dare norme, ordine a quelli esistenti, ma non chiude la possibilità che possano nascere anche in un settore come questo, servizi sperimentali. Quando questi si consolideranno e diventeranno adeguatamente tali vedremo. Per noi l'asilo aziendale si configura come un nido e nel regolamento vedremo come precisare questi aspetti.
La legge riconosce la possibilità che le famiglie possano, in situazioni particolari, di fronte a situazioni familiari particolarmente grave, avere sostegno e lo declina al comma 7 dell'art. 7 come già stato ricordato. Quindi questa attenzioni ci sono tutte, si tratta di dare loro un rilievo di contesto e non ideologico.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l'articolo 7.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Emendamento n. 7 a firma Mollaroli, che ha la parola.

ADRIANA MOLLAROLI. Viene di fatto sostituito il vecchio articolo 16 con una nuova elaborazione, perché ad un approfondimento più di dettaglio questo articolo poteva presentare delle ambiguità sulla funzione della vigilanza e delle prestazioni sanitarie in questa materia. Oggi, con la normativa vigente le prestazioni sanitarie sui bambini del nido sono effettuate attraverso i pediatri di base, quindi i primi due commi andavano sicuramente corretti. Noi conserviamo l'articolo con questa dizione: "Con la possibilità da parte dei Comuni e delle Asl di lavorare sui programmi di prevenzione, di educazione, di tutela sanitaria" poiché siano programmi collettivi e di educazione; la collaborazione tra i Comuni e le Asl per i bambini in situazioni di disagio e di disabilità, perché questo è previsto dai piani educativi individualizzati, ma per il resto il controllo sanitario singolo compete, ai sensi del Dpr 272 del 2000, ai pediatri di base.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l'articolo 16 come emendato. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Questa è una norma anticostituzionale, palesemente illegittima, che viola la libertà, perché se mi dite che i Comuni e le Asl fanno i controlli sulle strutture educative pubbliche e private che curano i bambini in condizioni di disagio mi va bene, ma che prevediate questo anche nei confronti delle strutture educative no. Così come detto parla anche di strutture educative, o progetti educativi, è la stessa cosa. Una cosa è se questo è limitato alle situazioni di disagio, ma se è generale vuol dire l'esercizio di un controllo indebito su iniziative di carattere privato che non ha senso l'ente locale abbia. Per questo votiamo contro l'articolo.

ADRIANA MOLLAROLI. Quanto dice il consigliere Giannotti è previsto dal punto 2 dell'art. 16. Abbiamo addirittura tolto il termine "controllo" che c'era lì: "Collaborazione tra aziende Asl per i progetti educativi di sviluppo psicofisico dei bambini e delle bambine che promuovano e facilitino l'inserimento di quelli in condizioni di disabilità o di disagio". Ci riferiamo a questo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'articolo 16 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 18. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 19. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 20. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 20 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 21. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge n. 136.

Il Consiglio approva


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI



Proposte di legge (Discussione e votazione)
«Modifiche alla l.r. 15 ottobre 2001, n. 20 in materia di organizzazione e personale della Regione» Giunta (157)
«Applicazione del CCNL del comparto Regioni - Autonomie locali ai dipendenti regionali assunti per l’attività vivaistica regionale e per manutenzione delle foreste demaniali» Giunta (132)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte nn. 157 e 132, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. La proposta di legge 157 e la proposta di legge 132 vengono unificate perché attengono sostanzialmente alla questione di carattere organizzativo del personale.
La prima proposta attiene una modifica della legge 20 che abbiamo adottato nel 2001 per la riorganizzazione funzionale degli uffici della Regione. Si tratta di un adeguamento delle norme che abbiamo inserito nella nostra legge regionale, alla legislazione nazionale inerente la questione della dirigenza. Questa questione della dirigenza è in divenire, nel senso che, dal momento dell'introduzione del decreto 29 che ha ridefinito il ruolo della dirigenza nell'ambito pubblico sta subendo diverse trasformazioni, ci sono stati molti decreti che hanno modificato sostanzialmente anche le condizioni attinenti questo settore, delicatissimo per quanto riguarda l'organizzazione pubblica. Difatti pochi mesi fa è stato emanato il decreto 165 che ha ritoccato alcuni criteri, pertanto con questo articolato noi non facciamo altro che adeguare questa nostra legislazione, segnatamente alla legge 20, a questa nuova situazione. Inoltre c'è da dire che si approfitta di questa occasione per rendere più flessibile anche l'utilizzo del personale riguardante le segreterie con delle trasformazioni minime, cioè l'utilizzo di part-time piuttosto che incarichi a tempo pieno.
Per quanto riguarda la sostanza di questo articolato, si tratta soprattutto della modificazione di alcuni criteri attinenti l'accesso agli incarichi dirigenziali, segnatamente la questione della provenienza, della professionalità da recepire per nomine in determinati incarichi dirigenziali. C'è un'equiparazione tra pubblico e privato. Mentre per il privato c'era una equiparazione in pejus rispetto alla normativa per i dipendenti pubblici, qui si va a una effettiva equiparazione, cioè in buona sostanza anche i "quadri", coloro che hanno una esperienza di "quadro" nel settore privato, possono accedere, con una determinata anzianità, al conferimento di incarico pubblico. Si tratta ovviamente di incarico esterno e non di incarico interno, in quanto tutta la normativa relativa alla dirigenza interna è regolata specificamente ed è assolutamente concorsuale.
Per quanto riguarda invece l'art. 3 della proposta di legge, c'è un allargamento dei settori che possono essere previsti, i settori di provenienza del personale dirigente. Nel vecchio testo si faceva riferimento unicamente ad esperienze di carattere gestionale, mentre la 165 nazionale, ripresa dall'art. 3 allarga i campi di operatività di coloro che possono essere chiamati ad avere incarichi esterni da parte della Regione. Ecco perché si fa riferimento alla docenza universitaria, ai ruoli professionali, alla magistratura e ad altri settori.
Per quanto riguarda l'art. 4 entriamo invece nella seconda parte della proposta di legge, che sostanzialmente concerne la proposta di legge 132. Con questo articolo 4 intendiamo sanare una situazione di vecchia data che la normativa non è mai riuscita a risolvere. Noi abbiamo cioè del personale a tempo indeterminato nel nostro ruolo regionale che non ha il contratto dei dipendenti regionali. Con questa normativa poniamo termine a questa questione che è nata all'inizio degli anni '90 con il passaggio del personale forestale alla Regione. Era personale a tempo indeterminato che godeva del contratto dei "forestali" e con questa normativa poniamo chiarezza anche su questo personale che è attualmente alle dipendenze dell'Assam e sta curando vivai ed altre incombenze.
Questa è la sostanza della proposta di legge. Sulla organizzazione credo che in termini legislativi dovremmo intervenire, in futuro, anche sulla verifica delle cose non solamente a livello nazionale, perché larga parte dell'organizzazione professionale inerente il pubblico impiego è materia contrattuale, ma dovremo fare le verifiche dell'implementazione della legge 20, in quanto solo pochi mesi fa è stata definita nei vari punti organizzativi, cioè con l'incarico alla dirigenza per le nuove strutture e noi dovremo sicuramente avere l'opportunità di verificare l'andamento e l'attuazione della legge stessa.
So che a questo testo sono stati presentati degli emendamenti, alcuni dei quali possono anche essere presi in considerazione, ma vedremo nel dibattito come andranno le cose.
Con questa proposta di legge si porta ulteriormente chiarezza nell'organizzazione e accompagniamo l'applicazione della legge 20 nel suo divenire, visto che è una legge molto articolata, per la cui implementazione occorrerà molto tempo.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Come è noto, quando, nel 2001 approvammo questa legge di riordino fu salutata in maniera piuttosto sontuosa la notizia di questa radicale riforma che tuttavia ha avuto un avvio piuttosto travagliato, se è vero che è la seconda volta che torniamo in Consiglio a margine di questa riforma.
Ci ritornammo in particolare a settembre per adeguarci a rilievi dell'allora vigente commissario di Governo, ci ritorniamo adesso con una rivisitazione che tuttavia mi sembra esprimere più una necessità particolaristica che non una valutazione complessiva dell'andamento e dello stato di attuazione della legge stessa. Rileggendomi i resoconti della prima discussione della legge 20 — era il mio capogruppo Ciccioli relatore di minoranza — ho visto come uno dei nodi gordiani che aveva visto protagonista la minoranza e che aveva anche, a dire il vero, suscitato qualche perplessità tra le file della stessa maggioranza era il punto dei requisiti richiesti per poter essere nominati dirigenti dall'esterno. La prima versione aveva una dizione abbastanza similare a quella che oggi riproponiamo, l'intervento del commissario di Governo volle invece ricondurre il livello di requisiti a quello che il vigente decreto 29 del 1993 prevedeva, ovvero i famosi cinque anni nella carriera direttiva. Ricordo a Marco Luchetti come un decreto nazionale, ma non vincolante per la Regione Marche, che non incide, non influisce sul potere di autoorganizzazione di questo ente, ha determinato l'assimilazione dei requisiti privati a quelli pubblici, ritenendo sufficiente, per poter accedere alla dirigenza, un quinquennio maturato in un ruolo sostanzialmente pre-dirigenziale. A questo riguardo ritengo che, fermo restando il carattere non vincolante di questa disposizione di tenore e di emanazione statale — confermiamo quindi l'impostazione che Ciccioli dette nel luglio 2001 — l'accesso alla dirigenza dall'esterno debba necessariamente essere vincolato a requisiti più stringenti, che abbiano il crisma della verificabilità ma anche della concreta dimostrabilità che evidentemente, se maturata in un settore privato, nulla esclude, anzi nulla depone in contrario all'esigenza che vi sia invece una professionalità acquisita in maniera più rigorosa e su livelli più alti.
Questo ha determinato un primo emendamento che abbiamo proposto, soppressivo dell'art. 2, che secondo i desiderata della Giunta regionale, secondo il vaglio della Commissione — ma io ho votato contro — tende in maniera eufemistica a sostenere l'equiparazione dell'accesso da privato e da pubblico, ma in realtà nasconde una volontà di allargamento delle maglie, dei requisiti di professionalità richiesta per l'accesso della dirigenza dall'esterno.
Fa da pendent a questo articolo di cui proponiamo la soppressione per poter tornare al previgente articolo 26, il successivo articolo 3 che, secondo me, evidenzia una volontà che conferma il dubbio e il sospetto che esprimevo e che va nel senso di allargare in maniera preoccupante le maglie caratteristiche delle garanzie professionali richieste per l'accesso alla dirigenza. Ci dobbiamo allora chiarire su un fatto: non è possibile fare documenti di programmazione economico-finanziaria, non è possibile lanciare moniti in sede di bilancio che tutti vanno nel senso della qualificazione, della specializzazione, della necessità di un rapporto rinnovato con la dirigenza, della massima applicazione di quelle regole che in materia contabile prevedono l'attribuzione ai dirigenti di responsabilità di risultato, di funzione e di gestione sempre più collegate alla professionalità e poi, quatti quatti e chiotti chiotti, introdurre dei requisiti che obiettivamente non mi sembrano fare il paio con queste dichiarazioni di principio.
Non mi riferisco a quei requisiti, abbastanza legati a considerazioni e a fatti oggettivi, quali la docenza universitaria, le magistrature, le specializzazioni desumibili dalle formazioni universitaria, ma a una "sinistra" espressione che fa riferimento a concrete esperienze di lavoro maturate in posizioni funzionali.
Io non credo che questa Regione, per le tante ragioni che ci siamo detti in tante circostanze, anche qualificanti, del dibattito di questo Consiglio regionale, abbia bisogno di stendere l'elastico dell'accesso alla dirigenza in maniera ulteriore. Infatti noi abbiamo proposto, per questo motivo, un emendamento che non solo va nel senso di cassare questi requisiti che, sotto le mentite spoglie di una solenne richiesta di concrete esperienze, sembrano addirittura confortare la richiesta di maggiore specializzazione ma in realtà non lo fanno, abbiamo anzi chiesto, con l'emendamento, che venga concretamente ristretto e rivisitato quel criterio previsto proprio dall'art. 28 della 20 nel momento in cui fa riferimento alla necessità di possesso di laurea. Noi, non soltanto chiediamo che vi sia la necessaria titolarità della laurea ma chiediamo che la laurea riguardi materie attinenti alla posizione da coprire, perché la laurea in sociologia è un conto, la laurea in medicina è un altro, così come in qualsiasi altra specializzazione. Se la laurea non è e non deve essere la foglia di fico dietro cui nascondere la nudità esperienziale di qualcuno, giusto è non solo elidere questo tentativo di far rientrare dalla finestra — absit iniuria verbis — chi magari attende fuori da una porta entro la quale non riesce ad entrare. Allora, una valutazione di questa legge e della sua portata che abbia quei caratteri di generalità e astrattezza che, ci insegna il Presidente D'Ambrosio, debbono connotare qualsiasi legge è necessaria. A "diritto privato" ci dicevano: la norma è generale e astratta, ovvero deve prevedere fattispecie che non abbiano la caratteristica di misurarsi sulle singole esigenze di qualcuno ma devono avere una portata tendenzialmente applicabile al massimo numero di persone, generale per l'appunto e astratta. A mio modo di vedere questa legge ha invece la caratteristica di un "abitino" su misura creato in un atélier di qualche genere che debba in qualche modo misurarsi e cucirsi, con le pieghe e le plissettature adatte, alle esigenze di qualcuno.
Concludo dicendo quindi che da un lato la considerazione generale su questa "riformina" della riforma ci sembra non avere quel largo respiro che probabilmente avrebbe richiesto una valutazione complessiva dell'impatto della legge 20 a due anni dalla sua applicazione, ma per di più mi sembra nascondere l'intento di una sorta di finanziaria-omnibus in cui si evita di avere un approccio generale, astratto e funzionalisticamente inteso, a vantaggio, invece, di singole toppe e rattoppi che a me paiono, fra le altre cose, non coerenti con le esigenze di dare maggiore professionalità, maggiore credibilità e maggiore attesa di risultato in capo alla dirigenza da parte di noi politici.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione della seduta.

Il Consiglio approva

Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Prendo atto del ritiro dell'emendamento che prevedeva l'istituzione di una figura funzionariale che potesse prendere in carico delle competenze dirigenziali, perché il nostro gruppo aveva delle riserve su questa soluzione, poiché a nostro avviso ci sono già degli strumenti di flessibilità tali che consentono di gestire tutta la struttura. Questa ulteriore modifica della legge aggiungeva degli elementi che noi individuavamo come non positivi. Non tutta l'elasticità, soprattutto quella che introduce nuove categorie e nuove retribuzioni crea un'armonia all'interno della struttura e permette una maggiore funzionalità. Quindi prendiamo atto di questo ritiro che era l'aspetto più problematico della proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Mantengo il mio atteggiamento perché non riguardava esclusivamente la questione posta dall'"emendamento Ascoli" di cui parlava adesso Moruzzi, ma il mio voto negativo — la condivisione sulla parte del personale che viene assunto per attività vivaistica e forestale regionale, la manutenzione delle foreste demaniali è la parte che condivido — riguarda riserve di sostanza. Solo a titolo di amicizia vorrei dire a Marco Luchetti che mi sembra — lo dico con la bontà di chi ha guardato ma non è convinto di avere sempre la verità dalla sua — che la questione non mi pare sia di un adeguamento al D. Lgs. 165 del 30.3.2001. Le modifiche che si fanno agli articoli 2 e 3 sono d'altro segno, perché il commissario di Governo — su questo Castelli ricorda male — usando il D. Lgs. 165. Noi abbiamo tentato di fare la legge così come la stiamo facendo in questo momento, il commissario di Governo ce la impugnò usando il D. Lgs. 165 e tornammo indietro, facendo il testo della legge così come l'abbiamo fatto.
Adesso si ricostruisce questa legge così come la si voleva fare, introducendo a livello organizzativo una questione che non si può condividere e che personalmente non condivido. Che si possa diventare dirigenti in Regione avendo soltanto il diploma di laurea e avendo svolto in una struttura privata mansioni di settimo e ottavo livello non mi pare che abbia senso. Sicuramente non è il D. Lgs. 165 che chiede alla Regione Marche di fare questo. Nello stesso, all'art. 28 si dice "i dipendenti di ruolo nelle pubbliche amministrazioni muniti di laurea che abbiano compiuto cinque anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea". Così pure all'art. 19 si parla del 5% fascia prima e 5% fascia seconda, mentre noi parliamo del 10% e 10%, ma "per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali".
Quindi, si intendono costruire condizioni che non hanno niente a che fare con la norma generale astratta, ma che hanno molto a che fare con una persona ben definita, alla quale si deve attribuire l'incarico di dirigenza. Non credo che possiamo fare leggi di questa Regione per questa ragione, le si deve motivare in altro modo.
Leggo solo la sentenza 218 della Corte costituzionale del 29 maggio 2002 riferita a un altro ente, nella quale si ricorda l'illegittimità costituzionale di una legge proprio perché si va a violare quell'accesso alla dirigenza che deve avvenire per concorso. Noi abbiamo la possibilità grandissima di prendere dirigenti dall'esterno, dentro la quota del 10% e siccome si chiede che per diventare dirigenti si sia almeno diretto qualche cosa da qualche altra parte, non mi pare che possiamo scendere sotto questa soglia, proprio perché dovremmo parlare di quanto funziona questa legge, del ruolo dei dirigenti di questa Regione, di che cosa resta del ruolo di indirizzo politico e del ruolo di gestione vera di questa Regione. Questo varrebbe la pena di discutere in questo Consiglio. Questa legge accomoda un "problemino", ma non fa fare bella figura alla nostra Regione. Per questo non voterò favorevolmente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Vorrei fare due osservazioni. Quando viene incaricato dall'esterno un professionista, un docente bisognerà chiarire che eventualmente debba optare per lo stipendio della Regione o per quello che aveva.
Per quanto riguarda l'accesso in ruolo dirigenziali, pur condividendo quanto diceva adesso il consigliere Cecchini, che in effetti bisogna avere una qualifica maturata nel privato o in altre situazioni, adeguata per svolgere questo ruolo, è altrettanto vero che nel privato si trovano molti casi di "quadri" aziendali, cioè settimo od ottavo livello che svolgono di fatto mansioni dirigenziali, anche di contenuto superiore a quelle svolte da dirigenti della Regione. Non facciamo esempi, ma un responsabile di produzione con mille operai, che è un "quadro" nel privato, dirige mezza Regione, per cui se dal punto di vista concettuale la collega Cecchini esprime una perplessità comprensibile, dal punto di vista concreto vorrei dire che ci sono nell'ambito privato situazioni in cui, veramente, quadri sono molto più responsabilizzati di dirigenti regionali.
Forse un eccesso nell'articolo 3 quando si parla di provenienza dall'università, dalle magistrature, dalla categoria degli avvocati e dei procuratori: mi sembra un eccesso, era già stato detto tanto, non credo che le cose sostanzialmente cambino.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.
Articolo 1. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Continuo a non capire il senso di questo articolo, anzi lo capisco ma diventa una proposta inaccettabile, nel senso che si vuol introdurre un principio che non prevede più l'esclusività dell'incarico. L'introduzione della possibilità di assumere con questo meccanismo nn garantisce sul piano della trasparenza e della qualità del servizio, quindi noi siamo contrari a questa modifica alla legge.

Pongo in votazione l'articolo 1.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Emendamento n. 1 a firma Castelli e altri. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. In sostanza, con questo emendamento si mantiene la dizione dell'art. 26, quindi per l'accesso alla dirigenza dall'area privata sarà necessario dimostrare di aver maturato cinque anni in qualifiche di carattere direttivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Anche questa modifica mi sembra in linea con il senso di questa proposta e mi meraviglia che i consiglieri della sinistra — Verdi, Rifondazione, Gruppo misto — tanto bravi nel criticare le leggi ad personam del Governo nazionale, oggi in questo Consiglio tacciano e approvino una legge ad personam, una legge che ha nome e cognome, tutti lo sapete anche se fate finta del contrario. E' una legge che aggira un provvedimento che stava per essere assunto dalla Giunta regionale, che la Giunta regionale non ha avuto il coraggio di assumere di fronte alla nostra reazione e quindi oggi, di fatto, attraverso la modifica di questo articolo e attraverso la modifica dell'articolo 3, vuole solamente aprire un'autostrada per l'assunzione del nuovo dirigente della ragioneria.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l'articolo 2.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Emendamento n. 2 a firma Castelli e altri. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Questo emendamento propone di sopprimere tutta la congerie di quei profili professionali richiesti, ma non si limita a richiedere il mantenimento dell'art. 28 nella vigente formulazione ma a rafforzare il requisito richiesto della laurea. Propongo che non solo sia necessaria la laurea, ma una laurea attinente all'incarico dirigenziale, per evitare, ad esempio, che un sociologo vada a gestire l'agricoltura.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Valgono le considerazioni fatte prima. Questo articolo è confermativo dell'opzione di questa Giunta regionale. Rinnovo l'invito al coraggio civico da parte della sinistra, tanto brava a contestare Berlusconi quando dice che fa le leggi ad personam, per non dire nulla di fronte a questa legge che è sì, ad personam. Con questa legge si fanno nome e cognome della persona che deve essere assunta per fare il dirigente della ragioneria, persona che non ha alcuna competenza in questa materia, è solo uno specialista nel campo della vendita delle azioni, tanto per essere chiari e soprattutto, con questa elasticità, con questa interpretazione la Regione Marche raggiunge il top per quanto riguarda l'assunzione dei dirigenti esterni, perché in questo modo si arriva a 10 che è il numero previsto dalla legge, quindi ha fatto il pieno.
Credo che dire sì all'emendamento Castelli e dire no al portato dell'articolo sia assolutamente necessario.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l'articolo 3.

Il Consiglio approva

L'emendamento n. 3 che introduceva l'articolo 3 bis, a firma Ascoli, è stato ritirato.

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione le proposte di legge. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Nella discussione che facemmo nel 2001 a proposito della legge 20 il nostro gruppo espresse delle critiche e delle perplessità rispetto all'aziendalizzazione della macchina regionale. Non so se questa ulteriore proposta di modifica della legge 20 del 2001 sia fatta ad personam, non lo voglio sapere, non mi interessa. Ci facciamo carico di un'esigenza di migliorare al massimo la burocrazia regionale e di dare la possibilità, laddove ci fosse bisogno, di immettere personale e competenze esterne.
Noi voteremo a favore di questa proposta di legge, ma deve essere chiaro — e vincolo il voto favorevole a questa risposta da parte della Giunta e dell'assessore — che ad esempio, per quanto riguarda l'art. 1, comma 3, i due esterni che debbono essere immessi nelle segreterie particolari, in questo caso degli assessori, se occupati in altri settori devono perdere parte dello stipendio di provenienza, altrimenti faremo un cattivo servizio all'occupazione nella regione, perché se passasse un'interpretazione estensiva vorrebbe dire che il part-time che si concretizzerebbe attraverso il comma 3 dell'art. 1 sarebbe un ulteriore stipendio rispetto a quello che già si ha e credo che questo non sia nello spirito della legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Nel dichiarare il voto favorevole a nome del gruppo, volevo dare alcune assicurazioni da questo punto di vista. Dico cioè alla collega Cecchini che l'art. 3 è sicuramente un adeguamento alla 165. Il fatto che si possa prevedere la provenienza anche da settori professionali diversi da quelli meramente dirigenziali è un fatto che rientra anche in quella disponibilità del 10% finalizzata ad avere determinate professionalità, oltre che caratteristiche dirigenziali intese espressamente in termini correnti. Abbiamo cioè bisogno di professionalità ad hoc, ecco perché si utilizza quello strumento, ecco perché l'allargamento portato proprio dalla 165. Poi, per quanto riguarda il resto credo che i criteri di un allargamento nel settore privato che sono stati scelti, dipendono dal fatto che ci sono delle professionalità, all'esterno, che hanno dei contratti intesi diversamente dal contratto pubblico.
Da ultimo voglio rispondere a Procaccini. Le normative contrattuali possono consentire anche oltre le cose che dice Procaccini. Non è tanto problema di part-time, ma di retribuzione. Qui si introduce il concetto del contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Cosa voglio dire? Che tuo puoi prendere uno anche a tempo pieno nel settore privato, attraverso questo contratto. Né è pensabile quello che dice Procaccini, cioè che gli vai a diminuire lo stipendio di provenienza. Queste sono norme contrattuali, poi sta al buon senso di chi applica queste cose. Uno che viene dal settore privato o dal pubblico con l'autorizzazione della sua amministrazione può avere un contratto di collaborazione continuata e collaborativa, però credo che nessun pazzo di assessore può pensare di utilizzare queste energie con delle persone che durante il giorno non ci stanno.
Quindi è una formula questa, che può aiutare a pagare i pensionati, per esempio. Però il problema del doppio incarico che solleva Procaccini non si pone sul piano effettivo, salvo una pazzia che qualche assessore voglia commettere. Però non è un problema di norme, ma di utilizzo. Anche con le norme presenti è possibile fare delle cose che non vanno bene, dipende sempre da chi attua la norma.
Se fossimo attenti, probabilmente dovremmo rivisitare trimestralmente la legislazione che riguarda l'organizzazione, sulla base delle effettive esperienze che si fanno. Purtroppo ci ritroveremo anche in futuro a discutere della legge 20, proprio perché è una legge nuova che va sperimentata e che, tutto sommato, dovrebbe consentirci di aprire nuove frontiere sul piano organizzativo, fino ad oggi inesplorate.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che abbia sbagliato D'Ambrosio e non sceglierti come assessore, collega Luchetti, perché ti sento dire, in un crescendo rossiniano, delle cose...
Io non sono d'accordo, dico che questa è la strada sbagliata, cioè la strada della modifica della legge sull'organizzazione, a distanza di pochissimo tempo prefigura un percorso molto tortuoso e contestabile sul piano politico. Non si può pensare di fare una legge sull'organizzazione e poi modificarla, come avvenuto in questo caso, solo per soddisfare qualche esigenza di carattere personale. Io ho fatto un riferimento alla dialettica politica di questi giorni perché apro tutte le televisioni e da parte di esponenti di primo piano della Margherita, di Rifondazione sento un richiamo generalizzato, un j'accuse al Governo per tutta una serie di scelte e voi state facendo la stessa cosa. Questa è una legge ad personam. Sfido chiunque a dimostrare che non è così. Se fra 20 giorni mi dimostrerete che il dirigente della ragioneria non è assunto approfittando di questo varco allora chiederò scusa, ma è così: avete fatto la legge solamente per prendere quel dirigente.
Credo che questo non sia il modo migliore. Per fortuna c'è stata la dignità dell'assessore che ha ritirato l'emendamento che avrebbe riproposto un'altra questione vergognosa quale quella dei vice dirigenti, sulla quale, almeno, la Commissione ha avuto un soprassalto di dignità al punto che ha tagliato questa proposta che era pure improponibile.
Credo che questo ci porti ad esprimere un giudizio assolutamente negativo su questo provvedimento, quindi annuncio il voto contrario del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Mi sembra che rispetto alle argomentazioni e alle obiezioni che avevamo mosso, che in qualche modo sono state riprese dal consigliere Giannotti non siano state fornite risposte convincenti. Certo è che al di là dell'approvazione di questa legge si pone ora, comunque, il problema di formulare un meccanismo di verifica che sarebbe già anche astrattamente previsto, dell'impatto di questa norma, perché ormai ci sono due anni di esperienza relativamente a questa normativa. Mi pare che sia sotto l'aspetto posto dal consigliere Cecchini per quanto riguarda l'"invasione di campo" dei titolari di funzioni gestionali rispetto a scelte che sconfinano nell'indirizzo politico, sia per quanto riguarda l'obiettiva funzionalità del nuovo assetto, con i nuovi dipartimenti, con le nuove aree, con questa selva di nuove responsabilità, a nostro modo di vedere ancora non corrispondono apprezzabili risultati sotto il profilo dell'efficacia e dell'efficienza. Probabilmente non è questo il momento di parlare di questi argomenti, ma ciò che colpisce è l'estrema sollecitudine in ordine a modifiche di natura specifica e personalistica, il maggiore sussiego e la maggiore pigrizia, l'inazione rispetto ad argomenti che invece attengono, in primis a quanto sollevato dal consigliere Cecchini, proprio al vigore istituzionale anche di questo Consiglio e di questa Assemblea elettiva, in secondo luogo all'esigenza di nuova impostazione, della ristrutturazione complessiva della macchina che, ripeto, affiora come principio in ogni documento programmatico, ma poi, purtroppo, viene relegato nel dimenticatoio delle cose scomode, difficili, ma ciononostante estremamente utili.
Quindi il voto di Alleanza nazionale è contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Mi scuso perché non è mio costume intervenire due volte, anche perché ho già fatto una dichiarazione di voto, pur vincolata a un intervento della Giunta, che non c'è stato. Vorrei replicare in maniera molto breve a quanto ha detto il relatore Luchetti, che a mio modo di vedere ha aggravato la situazione. Se fossi irresponsabile, farebbe trasformare il mio voto a favore in voto di astensione o addirittura contrario, ma la conseguenza in politica, caro Giannotti, attiene anche ad una prospettiva, ad una disciplina di maggioranza che noi abbiamo.
In realtà, quello che ha detto il consigliere Luchetti attiene alla normalità della legge 20 del 2001, ma con questa proposta che tra un minuto diventerà legge, noi andiamo a modificare i criteri, cioè allarghiamo la possibilità di diventare dirigenti con regole innovative. E' per questo che in maniera conseguente ci vorrebbero criteri ancora più selettivi per queste nuove figure, perché non siamo nella normalità della legge ma nella straordinarietà della modifica della legge. Ecco perché, anche a mio modo di vedere, in maniera conseguente l'art. 1, comma 3 avrebbe bisogno di quella precisazione: che i nuovi immessi dall'esterno debbono avere, dal punto di vista della retribuzione economica, forme molto più rigorose, tali da non creare disparità e ulteriori stipendi aggiuntivi.

PRESIDENTE. La prendiamo come raccomandazione, lasciata alla discrezionalità nell'applicazione della legge che è propria del Governo regionale.
Pongo in votazione la proposta di legge n. 157 integrata con la proposta di legge n. 132.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 14,10