Resoconto seduta n. 133 del 04/06/2003
La seduta inizia alle 10,15


Commemorazione del Vice Presidente Pino Ricci

PRESIDENTE. Signori consiglieri, cari colleghi, oggi i lavori del Consiglio si fermano. Un grave lutto ci ha colpiti. E' morto il Vice Presidente del Consiglio, Pino Ricci.
Il compito che mi compete, di ricordarlo, non è facile. Noi tutti sappiamo che la commozione è stata insieme allo smarrimento, turbamento profondo, il sentimento dominante in questi giorni.
Comincerò dalla sua vita politica, trascorsa tra questi banchi negli ultimi tredici anni, ma ricca e intensa da molto prima.
Nato ad Ortezzano, un piccolissimo e splendido paese della provincia di Ascoli, 53 anni fa, giovanissimo è stato eletto nel Consiglio comunale del suo paese e ne è diventato sindaco a 24 anni, ricoprendo questa carica dal 1975 al 1980 e dal 1985 al 1990.
Personaggio di spicco della Democrazia cristiana, dal 1980 al 1985 è stato consigliere nella Provincia di Ascoli Piceno e presidente dell'omonimo gruppo in seno al Consiglio provinciale.
Nel 1990 viene eletto per la prima volta nel Consiglio regionale dove ricopre fino al 1993 la carica di presidente della III Commissione consiliare "Attività produttive" e di componente della V Commissione consiliare "Sanità".
Dal 1993 al 1995 assume la carica di assessore regionale all'agricoltura.
Negli anni nei quali il partito della Democrazia cristiana subisce la crisi profonda che tutti ricordiamo, Pino in un primo tempo si schiera a fianco del Polo popolare e in tale raggruppamento si presenta alle elezioni regionali del 1995.
Eletto consigliere regionale, diviene capogruppo del Cdu e ricopre prima l'incarico di componente della III Commissione e, dal 1998, quello di Vice presidente della V Commissione consiliare (sanità).
In questa stessa legislatura, nel 1998 è uno degli artefici principali sul piano regionale di una nuova formazione politica, l'Udr, successivamente Udeur, di cui diviene capogruppo in Consiglio regionale.
Questo evento lo colloca prima nell'ambito della coalizione "Marche democratiche" che si presenta alle elezioni del 2000, poi lo porta ad essere tra i fautori più convinti della costituzione della "Margherita".
Rieletto, per la terza legislatura, consigliere regionale, ricopre fin dall'inizio l'incarico di Vice Presidente del Consiglio componente dell'Ufficio di presid3: Interrogazioni.ne per la vigilanza sulla biblioteca, autorevole componente della I Commissione consiliare (Affari istituzionali) e della Commissione consiliare per lo Statuto.
Da qui hanno inizio tre anni di lavoro comune, senza screzi. Ci siamo capiti al volo.
Il senso pratico dichi viene dalla periferia. La complementarietà delle attitudini. La disponibilità all'ascolto, ci metteva spontaneamente nella condizione di cercare e trovare il punto di vista comune. Bastavano poche parole ed uno sguardo. Un sorriso era la firma di condivisione.
In questi anni nei lavori dell'Ufficio di presidenza, condivisi tra sette persone, non ho mai avvertito il clima reso teso dal sospetto di chi doveva difendersi da qualche macchinazione. Mai è stato assunto un atteggiamento fazioso. Mai qualcuno ha cercato di piantare la propria bandierina.
Il suo contributo è stato importante per creare questi rapporti tra gente per bene. La sua mitezza determinata, la sua competenza mai ostentata, erano al servizio della ricerca della soluzione più giusta ed equilibrata.
Non era rinunciatario tutt'altro. Sapeva chi e cosa rappresentava e nello stesso tempo era leale con l'Istituzione che mai sentiva come cosa di cui servirsi. Semmai da servire.
Si avvertiva in lui chiaramente la solida formazione politica di chi ha passato metà della propria vita a far tardi la sera, in riunioni "affumicate", per ascoltare i vari punti di vista della gente comune. A orientarne le opinioni, a capire gli interessi e a farli rivivere nelle istituzioni. Questa abitudine ha insegnato a tanti di noi, giorno per giorno, a comprendere la relazione esistente tra la pluralità dei punti di vista e la complessità della vita. Ci ha aiutato a completare la nostra personale visione del mondo ed a metterci in sintonia con le nostre piccole comunità delle quali siamo chiamati ad interpretare sia le passioni che danno loro slancio sia le paure che le fanno chiudere in se stesse. A verificare la solidità delle identità passate e a progettare le più sfocate prospettive future.
Ortezzano. Piccola comunità. Cromosoma di marchigianità. Ortezzano come tante piccole comunità marchigiane sono capaci di far sentire ai loro membri il calore, ma anche il peso della protezione. Di mettere il bisogno di innovazione degli individui più giovani a confronto con i caratteri anche autoritari della tradizione e di costringere giorno per giorno, uomini e donne a cercare il loro equilibrio tra sicurezza e libertà.
Così nasce nei vicoli, nelle piazzette, nei bar, nelle parrocchie, nel lavoro, nei rapporti di vicinato il carattere equilibrato, il buon senso dei marchigiani e la coesione sociale che ne fanno la forza competitiva.
Pino rappresentava un punto di riferimento saldo per il suo territorio.
Le tante testimonianze che sono venute in questi giorni lo confermano in modo straordinario ma non stupiscono.
Il giorno 30 maggio, quando mi sono recato ad Ortezzano presso la sua casa, ho capito qualche cosa di più della sua vita e del suo impegno.
Guardando quei luoghi, le colline ordinate, quel piccolissimo centro, le persone che ci vivono, guardando il mondo da cui proveniva e da cui non si era voluto mai staccare, mi sono parse chiare le motivazioni della sua vita, la sua ricerca di realizzarsi insieme alla sua gente.
E' questo, a guardar bene, il tratto distintivo di tanti personaggi illustri della nostra regione: la semplicità, il lavorare sodo, lontano dai riflettori, il legame profondo con la propria terra e con la propria gente. Questo non significa miope localismo, limitatezza di visione. Molti marchigiani hanno conquistato il mondo, sono abituati a muoversi con agilità, si sentono a proprio agio nel mondo intero.
Noi tutti ricordiamo come egli, nell'assolvimento dell'incarico di consigliere regionale, fosse stato il più strenuo e convinto difensore della riqualificazione del Consigli, della sua riorganizzazione e del ruolo dei consiglieri regionali quali massimi esponenti della comunità regionale.
Ispiratore della proposta di legge di modifica statutaria mirante ad attribuire al Consiglio regionale la denominazione di "Parlamento delle Marche", Pino aveva una spiccata sensibilità istituzionale, e pur nel rispetto della distinzione dei ruoli dell'Esecutivo e dell'Assemblea, aveva condotto una tenace battaglia per rafforzare il ruolo del Consiglio la sua organizzazione, le prerogative dei consiglieri, le dotazioni tecniche e strumentali a supporto dell'attività consiliare.
Pino rappresentava una risorsa essenziale per questo nostro consenso ed un punto di riferimento indiscutibile per tutti i consiglieri regionali, sia di maggioranza che di minoranza.
La sua esperienza, la sua competenza, il suo equilibrio la sua capacità di ascoltare le ragioni degli altri nell'esercizio della funzione di Vice Presidente del Consigli, costituivano una garanzia di rispetto delle regole democratiche, così importanti nella vita di un organo nel quale convivono più ispirazioni politiche, tutte di pari legittimazione in quanto espressione del pluralismo del nostro territorio e delle nostre culture.
Di tutto ciò egli era profondamente convinto e portatore.
In questi giorni così segnati dal dolore per il suo gesto, tanti interrogativi sono emersi e un grande smarrimento ha colto tutti noi. Egli ci ha ricordato alcune verità semplicissime ma trascurate. Sotto la dura scorza del politico abituato dalle mille battaglie a non mostrare segni di cedimento, c'è sempre un uomo con le sue passioni, le sue debolezze e le sue fragilità. Inoltre, poiché tutti ci siamo chiesti all'improvviso chi in realtà fosse quest'uomo di cui abbiamo sempre e solo apprezzato le limpide qualità di cui ho parlato, il suo gesto ci ha dimostrato l'insondabilità dell'animo umano. E di fronte a ciò siamo rimasti sbigottiti.
Ci siamo chiesti quali ragioni sono state alla base della sua scelta, se per caso non avessimo potuto e dovuto fare di più. Pino ci ha improvvisamente e brutalmente posto all'attenzione una questione di una centralità disarmante: quali sono le motivazioni della funzione politica? Quali sono o dovrebbero essere i rapporti tra coloro che svolgono un incarico politico o istituzionale?
Il gesto assurdo ma umanissimo di Pino ci invita a sentirci dentro le istituzioni di più e meglio uomini, anche se contrapposti dalla politica. Comunque al servizio dei cittadini. Ci suggerisce di improntare i nostri rapporti alla leale competizione, al valore preziosissimo del reciproco rispetto, alla comprensione.
Con questi sentimento e con profonda gratitudine, mentre ti saluto con tanta amicizia ed effetto, Pino, al termine del mio intervento, voglio esprimere un mio personalissimo desiderio ai giornalisti che ci accompagnano nel nostro lavoro quotidiano: aiutateci a fare in modo che Pino sia ricordato ai suoi figli, ai suoi cari ed ai marchigiani come un uomo rigoroso, leale e pulito.
Un affettuoso saluto e la solidarietà di cui siamo capaci a tutti i suoi cari: con essi condividiamo questo momento di dolore.
Il tuo ricordo resterà sempre con noi, tra i nostri banchi e nelle nostre stanze.
Proprio per questo un'aula di riunione del Consiglio verrà intitolata a te Pino e tra le altre iniziative che verranno intraprese, sarà curata e diffusa una raccolta dei tuo interventi più significativi in un "Quaderno" del Consiglio.
Per commemorare la figura del caro amico Pino verrà celebrata una messa di suffragio venerdì 6 giugno, alle ore 19 ad Ancona, nella chiesa di Santa Maria della Piazza, in piazza Santa Maria.
Prima di procedere alla commemorazione con gli interventi dei consiglieri già programmati, direi di dedicare un minuto di raccoglimento prima di ricominciare con le parole.

(Il Consiglio osserva un minuto di raccoglimento)


PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'assessore Rocchi. Ne ha facoltà.

LIDIO ROCCHI. Con la scomparsa di Pino Ricci il Consiglio regionale perde, prima ancora che un collega, un amico e un politico che aveva un forte senso delle istituzioni.
Ricordare Pino è per tutti noi il modo di ringraziarlo per la sua vita spesa nell'animazione della vita politica e amministrativa della nostra regione.
IL suo impegno e la sua attività amministrativa erano guidate da uno spirito di servizio che faceva della disponibilità personale uno strumento di aiuto e di ascolto per cercare di risolvere i problemi dei marchigiani.
IL suo modo di fare politica — ispirato alla pacatezza, all'equilibrio e alla correttezza istituzionale, non disgiunti da un sorriso rassicurante — era una caratteristica che aveva maturato nei lunghi anni di militanza come amministratore locale e come consigliere regionale.
Il suo approccio con la gente era ispirato da atteggiamenti di ascolto. Calmo, sereno, non era solito offrire risposte affrettate o preconfezionate, ma voleva che insieme si ricercasse la strada da percorrere.
Ricordarlo oggi crea a noi disagio, soprattutto vedendo il suo posto vuoto qui in Consiglio regionale. Ma ci conforta il ricordo di una persona a cui tutti dobbiamo dire grazie per il suo modo di interpretare le cariche istituzionali e la sua forte umanità.
Stile, correttezza, capacità di dialogo, moderazione: sono stati atteggiamenti che non possiamo dimenticare e che dobbiamo continuare a prendere come esempio per rendere proficuo il lavoro di questa Assemblea.
La sua battaglia per trasformare il Consiglio regionale in un vero "Parlamento delle Marche" senza fughe in avanti e senza derive localistiche, deve continuare attraverso tutti noi.
Il nostro impegno quotidiano di amministratori e di consiglieri regionali deve testimoniare la gratitudine che proviamo verso il Vicepresidente Ricci, che ha sempre guidato i lavori dell'Assemblea con mitezza, moderazione e competenza.
Pino ci ha testimoniato che la democrazia è partecipazione e dialogo tra partiti, società e istituzioni. Che la vita consiliare è confronto schietto e duro. Ma mai scontro.
Pino ci ha insegnato che bisogna confrontarsi sempre, che anche nei momenti in cui il conflitto e persino lo scontro, si fa più duro e radicato, bisogna tenere aperto un livello di dialogo, di ricerca intelligente, paziente e persino testarda del punto di incontro, senza mai arrendersi o rassegnarsi alla incomunicabilità e alla rottura.
Ci ha fatto capire che il dialogo consiliare, ma anche la stessa politica, si basa sull'attenzione reciproca, su una testimonianza intelligente delle proprie ragioni, che porti a considerare anche le altrui.
Pino ci ha insegnato che le assemblee elettive devono rappresentare la sede più alta della civile convivenza, dove il confronto e il dialogo costituiscono lo strumento per giungere a una sintesi condivisa e utile alla crescita della comunità.
Ha anche testimoniata, in prima persona, come la politica, l'impegno amministrativo siano particolarmente gravosi. Come dedicarsi agli altri, a volte, può significare trascurare se stessi.
Ricordarlo oggi, senza cadere in una commemorazione rituale e retorica — che lo stesso Pino avrebbe evitato — deve essere per tutti noi un saluto doveroso all'amico, al collega, al politico e un esempio per lavorare con impegno al futuro di questa Regione. Come lui ha fatto sempre in prima persona.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Sono voluto intervenire oggi, non solo per commemorare ma per fare anche delle riflessioni che la scomparsa di Pino pongono alla nostra attenzione e che noi dobbiamo cercare di raccogliere e fare nostre, in modo da dare un valore alla politica, a quella politica con la "P" maiuscola che è servizio alla comunità, di cui Pino è stato un protagonista tra i più competenti, tra i più intelligenti, un uomo che dava moltissimo. Noi ci conoscevamo ormai da più di otto anni, anche se lui aveva calcato questa sale cinque anni già prima di me, perché era alla terza legislatura, ma il nostro rapporto si era molto rafforzato da quando eravamo tutti e due insieme in Ufficio di presidenza, prima Vicepresidenti insieme, poi membri dell'Ufficio. Una persona di grande equilibrio, con un grande senso delle istituzioni, grande senso di servizio alla comunità. La sensibilità di quest'uomo e di questo politico è stata dimostrata anche alcune settimane fa, in occasione di un fatto importante che ne ha messo in rilievo la grande sensibilità, che potrebbe essere stata la causa, poi, della sua dipartita.
Non solo questo, ma la sensibilità che, devo testimoniare, ha avuto nei confronti non solo della comunità ma anche dei colleghi, dei quali era al servizio anche per farli lavorare meglio e per restituire dignità ai politici. Il politico adempie a una funzione molto importante ed è molto provato per il suo sforzo di tutti i giorni in favore della comunità a cui appartiene. Questa dignità lui la sentiva fortemente e avevamo tanti progetti da sottoporre al Presidente — molti gliene avevamo sottoposti — lavorando insieme in sintonia, in amicizia, in stima. Quindi perdiamo un protagonista della politica e del Consiglio, perché persona che sapeva imporre le proprie opinioni anche al di là della propria aggregazione, sia in Consiglio che in Commissione, che in Ufficio di presidenza. Voleva il rispetto della propria opinione che magari a volte era differente da quella della coalizione di cui faceva parte. Si faceva rispettare anche per una competenza eccezionale, che metteva non di rado in difficoltà anche il personale tecnico, perché era una persona molto preparata anche sotto quell'aspetto. Io ho visto sempre tutti in grande difficoltà quando lui parlava, con cognizione di causa, mai in "politichese", con chiarezza e competenza.
Però alcune riflessioni vanno fatte. Pensiamo al grande protagonista che in pochi hanno visto, ma di cui posso testimoniare, insieme a Luigi Minardi, al Congresso delle Regioni, dove noi tre rappresentiamo le Marche, dove siamo stati sempre protagonisti e dove Pino Ricci è stato protagonista di grandi battaglie, non ultima quella di imporre all'attenzione di tutta Italia, in questo Congresso che potrebbe essere una proto-Camera, un proto-Senato delle Regioni, anche se monco di rappresentanti degli Esecutivi, la grande battaglia per chiamare i Consigli regionali "Parlamenti". Oggi c'è un giornale che si chiama Parlamenti regionali e che prende il nome dalle battaglie che sono state fatte, da protagonista da Pino Ricci, mettendosi e ponendosi all'attenzione anche a livello nazionale, come persona preparata e di altissimo livello politico e di servizio alla comunità.
Non solo, penso che lui ci abbia anche fatto riflettere. Ho preso a caso due riflessioni che mi sono sembrate parto di intelligenza e di un senso emotivo che lui ci ha creato e che ritengo vadano razionalizzate. Una è quella che il Presidente D'Ambrosio ha fatto in quella chiesa stipata di tutti i politici di ogni tendenza, di tutta la popolazione di una città, del mondo politico sia nazionale, che regionale, che locale. Questo significa la grande stima, la presa d'atto di un uomo di valore. Oggi giustamente il Presidente del Consiglio propone di pubblicare i suoi scritti e di titolare un'aula consiliare a questo grande personaggio. Molti l'hanno pensato ma tu hai fatto bene a precederci, Presidente Minardi, con questa tua sensibilità che io condivido pienamente.
La riflessione che ha fatto Vito D'Ambrosio in chiesa è stata: "ma veramente noi sappiamo dare nella politica delle certezze, delle sicurezze ai nostri uomini?". Forse anche noi abbiamo commesso degli errori all'interno del nostro sentire, della nostra sensibilità. Penso che tutto ciò debba essere alla nostra attenzione, all'attenzione di politici che militano in un mondo difficile, che magari molti non riconoscono come tale. Dunque pongo un atto di riflessione alla vostra attenzione: veramente siamo sempre vicini al nostro amico-avversario? Oppure al nostro amico di partito nei momenti bui, nei momenti difficili, nei momenti in cui lo vediamo con un viso diverso dal solito? Qualche settimana fa vidi Pino, un giorno, rabbuiato e gli dissi "Pino, che problemi hai?". Mi rispose "Niente, può darsi che oggi non vada per il verso giusto", come del resto lui ha fatto tante volte con me, perché non tutte le giornate sono uguali, al di là di ogni considerazione. Ci sono giornate buie, in cui la nostra sensibilità è colpita da fattori che non ci aspetteremmo, pensando che la politica sia una palestra per imparare ancora di più e per servire ancora meglio la società, ma non sempre è così: ci sono difficoltà all'interno dei partiti, all'interno delle coalizioni, a volte con gli avversari, perché non tutti abbiamo dei valori condivisi unanimemente. Dunque riflettiamo su questo: a volte lavoriamo per confliggere all'interno di coalizioni contrapposte o all'interno degli stessi partiti, degli stessi gruppi. A volte il gioco è al massacro, non alla solidarietà.
Mi sono chiesto "in che mondo viviamo?". Ricordo l'operaio di 40-50 anni fa che andava con la pagnotta piena di verdura, magari la spezzava e ne dava una parte al collega che non ce l'aveva. Oggi questo mondo di solidarietà, con la bistecca sempre pronta, esiste ancora? Esiste veramente una politica della solidarietà, del rispetto per persone che per vocazione si impegnano con grande forza al servizio della comunità umana? Questo è un discorso che dovevamo fare, una riflessione che è stata fatta dal Presidente D'Ambrosio in chiesa e che lascerei al nostro sentire comune, una riflessione che farei con forza e che applicherei, poi anche nella concretezza.
In quella chiesa io ho pensato che prima che la politica ammazzi me io me ne vado dalla politica, questa è una riflessione che sto facendo da tanto tempo, come avevo fatto con profondità in quella chiesa in questa occasione.
La politica può ammazzare in tanti modi, come ha ammazzato in questo momento, perché la politica grava sulle spalle, provoca stress. Può ammazzare come stava per ammazzare me anni fa, pieno di stress, di impegni, di lotte che non ritenevo nemmeno possibili quando il cuore si fermò e dovetti lottare tanto per riprendermi, poiché non parlavo, non vedevo, non camminavo più, e qualche segno ancora, nello sforzare la mia voce esiste oggi. Ho pensato anche alle stranezze, al disegno divino di un uomo che credeva, crede, che ritengo presente in quell'aula, perché io credo in questa corresponsione di amorosi sensi con le persone che se ne sono andate, per una fede profonda che anche lui so aveva e certamente oggi ci guarda, ci ascolta mentre parliamo di lui. Dunque c'è da riflettere: o diventa un fatto più umano, di rispetto reciproco, un fatto per cui, quando la persona sta male si dica "non lo votate, non lo considerate". Signori, bisogna vivere come se la vita non fosse eterna, perché molta gente vive come se la vita fosse eterna. La vita non è eterna e a un certo punto dobbiamo fare i conti con qualcuno, dunque cerchiamo di viverla pensando che un giorno ci sarà un giudizio. Lo stesso ho grande rispetto per quei laici che pensano alla loro storia, pensano a quello che sarà la loro figura e magari non credono, meno in chi dice di credere e poi si comporta come se in effetti non credesse.
L'ultima riflessione è quella che ha fatto la senatrice Magistrelli ieri su un giornale, quando ha affermato "cerchiamo di non lasciare sole queste persone che sembrano tanto forti — i politici — ma sono gravate dal fatto che leggono i giornali, devono sopportare l'attacco tutti i giorni", devono sopportare la coltellata che alle volte viene alle spalle e non diretta che sarebbe più leale. Dunque cerchiamo di guardare quali sono i nostri problemi, qual è la nostra sensibilità quando stiamo insieme e di aiutarci in questo confronto, in questa lotta politica che è giusto, sia controlla che chi governa, però ci sia anche un minimo di umanità.
Questo è un discorso che io faccio da quando ho avuto quella grande prova a cui mi ha sottoposto il Signore, che poi mi ha tirato fuori con la sua forza e con un minimo di forza mia, perché se lui non mi avesse dato la forza di lottare tanto per riprendermi io non sarei qui e non sarei nelle condizioni di operare in questo consesso. Ho fatto tante volte questo discorso, dicendo alla gente "cerchiamo di ragionare, dobbiamo fare i conti tutti, un giorno, non vivete come se fossimo eterni, con quell'arroganza, con quella protervia, con quel fregarcene della persona che ci sta vicino". I risultati di questi discorsi che ho fatto in pubblico sono stati zero. Oggi, quando faccio i comizi o le conferenze predico, perché sento che è importante l'esperienza che ho avuto, dunque un po' di predica mi sento di farla e la faccio volentieri, però ho visto che il risultato è zero.
Questo discorso oggi lo faccio in onore di una persona che era un amico-avversario, con cui avevo sintonia, con cui si creavano tante cose, perché era un bagaglio di esperienza e di sensibilità tale, per cui non si poteva essere nemici, si poteva essere avversari, ma c'erano una sintonia e un rispetto eccezionali.
Voglio terminare dicendo due cose. Anzitutto alla famiglia che deve essere orgogliosa. Voglio rivolgermi adesso al figlio di Pino: tuo padre in quest'aula un giorno prese una sua posizione autonoma un giorno, perché aveva la tua esperienza di persona che delle volte deve affrontare anche i contenziosi che si aprono sulle piazze e per la tua esperienza, l'esperienza che gli avevi comunicato tu, difese le forze dell'ordine, difese questa esperienza con più cognizione di noi che meno esperienza avevamo nel campo. Prese una sua posizione, si alzò e parlò, perché grande era l'amore per il proprio figlio che gli aveva fatto capire certe situazioni. Questo è un esempio di autonomia. Tutto questo al di là di cose che non posso condividere, che non mi piacciono e che considero di cattivo gusto. Se esiste una giustizia e la giustizia ha un significato, quando certe decisioni sono state prese dalla giustizia bisogna stare attenti al sensazionalismo e cercare di avere rispetto per persone che non hanno avuto mai condanne né da sopra né da sotto, né in questa vita terrena né in quella superiore.
Penso che la famiglia di un uomo di questo genere, che era uno dei migliori di noi per preparazione, sensibilità e intelligenza, debba essere orgogliosa di avere avuto un uomo del genere, che rimane nella memoria della famiglia e delle istituzioni.
Per quanto riguarda il discorso di essere più vigili quando le persone sono in difficoltà, che non riguarda solo questo consesso ma riguarda lo scenario di tutta la vita, sono molto pessimista, perché questo discorso tante volte l'ho fatto ma ho visto la lotta politica, lo sgambetto, tutto questo mondo e dopo una settimana, un giorno, due giorni da un evento che ci ha sensibilizzato ad operare in un modo più intelligente, più coerente, più solidale tutto riprende. Mi auguro che questa volta non sia così, ma sotto questo aspetto un uomo ottimista vi dice che, nel caso, è pessimista.

PRESIDENTE. Man mano che do la parola ai consiglieri, informo dei messaggi e telegrammi invitati dai sindaci della nostra regione. Inizio con il sindaco Luigi Nazzareno e con il Consiglio comunale di Esanatoglia, con il sindaco Marchetti del Comune di Fermignano. A dimostrazione che Pino era conosciuto e stimato non soltanto nel suo piccolo comune ma in tutte le Province.
Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Presidente, penso che è difficile parlare in un momento come questo, come è stato difficile anche accettare quel senso di smarrimento che ci ha investito alla triste notizia della morte di Pino. Una notizia a cui ognuno di noi, all'inizio, ha cercato di non credere, ha cercato di rimuovere, pensando che fosse frutto di un errore, di un caso di omonimia o non so cos'altro. E' difficile convivere ora con questo senso anche di angoscia che tutti sentiamo nel ricordarlo. Se queste sensazioni, questi sentimenti, queste difficoltà sono comuni a tutti noi, parlare di Pino Ricci diventa ancora più difficile, soprattutto perché le vicende della vita hanno voluto che vivessimo insieme il confronto e lo scontro politico partendo dagli stessi problemi, vivendo nello stesso territorio, interpretando e cercando di dare soluzioni alle stesse questioni, partendo dal territorio del fermano, dalla realtà calzaturiera, dalla sua tanto cara e amata Valdaso. Tutto questo non per una breve ed occasionale stagione ma per tantissimi anni, fino all'ultimo impegno in ordine di tempo, cioè la campagna elettorale per il rinnovo di importanti Amministrazioni comunali, importanti on solo per il Fermano ma per l'intera nostra regione: Porto Sant'Elpidio, Porto San Giorgio, Montegiorgio. Battaglie che lo hanno visto profondamente impegnato in quella campagna elettorale e, poi, profondamente soddisfatto per i risultati raggiunti, sia dalla coalizione che da parte della Margherita.
Pino Ricci era un uomo che la politica non se l'era inventata dal nulla, questo lo possiamo dire forte, ma che ha sempre sentito come qualcosa di nobile, ha sempre inteso per quello che effettivamente è nel senso alto del termine, come governo della "res pubblica". L'ha vissuta e fatta propria pezzo per pezzo, partendo dalle tradizioni della sua terra, della nostra terra, dai problemi concreti della gente, dallo sforzo che occorre fare per trovare le soluzioni e le necessarie mediazioni, quando servono, dall'attenzione che occorre mettere nel rispettare le regole del confronto democratico, perché esse, per le istituzioni non sono solo un aspetto formale ma diventano sostanza dell'attività politica.
Noi siamo consapevoli di questo e vorrei, in questo momento, ricordare alcuni aspetti che hanno caratterizzato l'azione politica di Pino in tutti questi anni.
Il primo è rappresentato dalla sua cultura politica, dalla quale derivava, quasi come dovuta conseguenza, il profondo senso delle istituzioni. Una cultura politica intesa come istintiva consapevolezza che per governare, per trovare le soluzioni ai problemi occorre anzitutto conoscerli, occorre capire, interpretare la realtà. Un senso delle istituzioni inteso come consapevolezza che esse rappresentano un patrimonio e contemporaneamente una garanzia per tutti che, in quanto tali, vanno rispettate, difese, salvaguardate.
I diversi incarichi che Pino Ricci ha ricoperto e svolto a tutti i livelli nell'arco della sua esperienza politica sono stati sempre caratterizzati da questa sua visione culturale ed istituzionale, quindi un forte senso democratico, un forte senso dello Stato e delle istituzioni.
Il secondo aspetto che vorrei brevemente ricordare è rappresentato dalla correttezza nei rapporti politici ed umani che egli metteva, dalla serenità con la quale viveva, dalla profonda onestà e trasparenza che hanno caratterizzato sempre il suo modo di fare, dall'equilibrio dimostrato nel confronto politico, anche nei momenti più problematici e difficili.
Se da una parte l'onestà e la trasparenza sono una scelta che si compie, che fa parte del modello di vita che ognuno di noi sceglie e che Pino aveva scelto, la cultura politica, il senso delle istituzioni, la correttezza e l'equilibrio sono doti che si acquisiscono con l'esperienza, proprio come quella che Pino aveva maturato prima nell'esperienza comunale, come sindaco a poco più di vent'anni a poi, via via, con tutti gli altri incarichi fino a quando è diventato Vicepresidente di questo Consiglio regionale.
Il terzo ed ultimo aspetto che voglio sottolineare è il forte attaccamento che lui aveva per il suo piccolo paese, Ortezzano, che era dimostrato anche dal fatto di non volersi allontanare dalla sua abitazione che aveva nel centro storico e che ci richiama la sua attenzione, anche l'intelligenza politica dimostrata nel saper coniugare i problemi dei piccoli centri con quelli del territorio più vasto, con quelli della città capoluogo. Perché piccoli centri, territorio, capoluogo sono tre termini che sempre hanno caratterizzato non solo la vita politica del Fermano ma anche della nostra regione, di questa nostra regione al plurale.
Anche per questo abbiamo tutti la consapevolezza che in quel piccolo comune della Valdaso, Ortezzano, pochi giorni fa ci ha lasciato un grande marchigiano, i cui modi di fare, i cui rapporti gentili, civili, onesti ci mancheranno e che — voglio dirlo alla famiglia qui presente, ai suoi cari — noi non dimenticheremo, ricordando quello che Pino ha saputo fare nel governo della sua regione.

PRESIDENTE. Ci sono giunti altri messaggi dal sindaco Marinelli e dal Consiglio comunale di Castelraimondo, dal sindaco Giampiero Fioravanti e dal Consiglio comunale di Acquasanta Terme.
Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Ricordo mercoledì scorso, quando eravamo in questo Consiglio ed ero seduto qui a fianco di Pino. Il Presidente si alzò e gli facemmo le congratulazioni per quel bellissimo abito che aveva. Eravamo seduti l'uno a fianco all'altro mentre il collega Favia commemorava l'ex consigliere regionale Gasparrini. La cosa che ci siamo detti era un riconoscimento per quello che era successo, poi cose strettamente personali che non voglio dire.
Ricordo nel 1995 il suo impegno, quando eravamo insieme nella III Commissione dove lavoravamo gomito a gomito. Ora eravamo assieme nell'Ufficio di presidenza e l'ho trovato sempre con l'identica voglia di lavorare e risolvere i problemi che quotidianamente si presentano nel nostro lavoro. Quotidianamente ha sempre posto al Presidente del Consiglio e al Presidente della Giunta il principio di tutelare il ruolo e la funzione dei consiglieri regionali.
Il ricordo più bello, però, è l'intervento, che ho ripreso e che mi è rimasto in mente, che fece Pino nella seduta del 25 gennaio 2000. Purtroppo ha, nel sottofondo, qualche cenno all'attualità, ma soprattutto da lì si capisce pienamente la grande dignità e la grande correttezza e sensibilità che aveva Pino.
Pino disse, in quell'occasione: "Ho preso la parola per esprimere la mia solidarietà personale al collega ed amico Bruno di Odoardo. Non credo che in base alle notizie che abbiamo avuto dalla stampa, da qualche colloquio personale, ci siano elementi che possano turbare la serenità dell'assessore Di Odoardo, quindi non posso che confermare la mia fiducia e stima personale nei confronti dell'uomo, dell'amico e del collega assessore regionale.
Per quanto riguarda l'argomento di cui stiamo discutendo oggi, credo che, in base alle comunicazioni fatte dal Presidente rispetto alla vicenda della nostra presenza in Albania non ci siano delle posizioni di responsabilità della Regione. Se c'è una sorta di "processo di piazza" che vogliamo celebrare per vie sommarie, sarebbe la prima volta che il processo si conclude con una condanna per non aver commesso il fatto perché potrebbe anche esserci un processo con una sentenza ingiusta, ma non credo che ci possa essere un processo con una sentenza di condanna per non aver commesso il fatto".
Poi: "Voglio sollevare un attimo di ilarità su questa vicenda: all'amico Di Odoardo, se fosse vero quel che dice la procura della Repubblica — e io credo e ho fiducia nell'uomo — regalerei il Tapiro d'oro. Non è che qui bisogna un ruolo da protagonista che uno potrebbe avere, ma con tutte le vicende che a livello nazionale ci sono, con tutto lo scandalo che si è costruito su questa storia, se Di Odoardo avesse avuto pressioni e sollecitazioni, non avendo accettato queste pressioni ma essendosi mosso in maniera completamente opposta, sarei andato dal procuratore della repubblica a vantarmi, a mettermi le medaglie, i gradi, le stellette, ad apparire in televisione come l'assessore integerrimo che non ha accettato le sollecitazioni e le pressioni. Il fatto che Di Odoardo dica che questo non è vero, è una testimonianza della onestà intellettuale e della verità della storia. Credo che noi, oggi, a questo dobbiamo limitarci e su questo dobbiamo pronunciarci".
Ha dimostrato già allora, Pino Ricci, che lui era uno di quei politici che la mattina, quando si alzano, non si mettono il profumo che si chiama "profumo dell'ipocrisia".

PRESIDENTE. Hanno inviato messaggi il sindaco Umberto Marconi e il Consiglio di Monte Urano e il presidente della Provincia di Pesaro Palmiro Ucchielli.
Ha la parola il consigliere Marco Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Mi unisco al dolore della famiglia e di quanti sono stati vicini a Pino. Le parole del Presidente hanno rappresentato il sentimento di rispetto, stima, amicizia che Pino aveva saputo far crescere con tutti noi, fin dal primo momento in cui era entrato in queste aule. E' un lutto grave, un dolore che lascia un vuoto che ci spinge anche a profonde riflessioni sull'esercizio dell'attività politica e sulla inumana crudeltà che è presente quotidianamente nell'attività politica, questa crudeltà che diventa normalità, specie durante gli scontri più duri. Non sono soltanto gli scontri all'interno delle aule ma anche il rapporto con la società, il rapporto della classe politica con la società. Un uomo pubblico è un personaggio che non si può confondere nella folla, è una persona costantemente sotto giudizio e peraltro valutata non soltanto sulle vie, sulle piazze, sulla stampa continuamente, spesso sulla base anche di elementi che non sono fondati, che non partono da una conoscenza né della persona né dei fatti. Questa è una delle regole della politica, sottoporsi a questo giudizio, ma è anche un grande peso e una grande responsabilità, come anche grandi sono le responsabilità di chi costantemente deve decidere per conto dei cittadini, anche nei momenti in cui la vita quotidiana, come accade per tutti, pone dei problemi. Chi, come Pino, aveva delle responsabilità non poteva permettersi pause, la vita politica non le permette e alle difficoltà personali si aggiungono anche quelle della politica.
Pressioni e problemi nella nostra attività non hanno pause e non c'è possibilità di averne e questo è sicuramente un argomento che ci deve far riflettere, uno dei punti di vista su cui bisogna leggere tutta la vicenda, anche la drammaticità di questa vicenda.
Pino era stato un esponente politico di grande esperienza, di grande preparazione ma anche di umiltà e queste sue capacità sono proprie delle persone che sanno interpretare nel migliore dei modi le funzioni istituzionali e di rappresentanza. Pino aveva una grande capacità di ascolto e di equilibrio, sono dei valori che spesso diventano secondari nell'attività politica, una politica che è sempre più comparire anziché essere, che è sempre più comunicare e mettersi in evidenza anziché fare. Pino Ricci, indiscutibilmente era una persona che cercava innanzitutto di fare.
Personalmente avevo una grande facilità di comunicazione con lui, non solo per la sovrapposizione di legislatura che aveva contraddistinto la partecipazione a questo Consiglio regionale, la sovrapposizione fra la mia elezione in questo Consiglio e la sua, ma anche e soprattutto per la correttezza e la lealtà che sempre trovavi con lui, sia sul terreno politico ma anche quando si usciva dal terreno politico e le relazioni e i rapporti facevano sì che si riuscissero ad intrattenere, anche nell'attività di tutti i giorni, delle relazioni, dei contatti personali.
Sono convinto che Pino è stato un buon rappresentante dei cittadini e non soltanto perché ha avuto un forte legame con il territorio. Un uomo che non ha mai fatto pesare la sua posizione pur avendo ricoperto ruoli importanti, quindi per me è facile ricordarlo con affetto, con amicizia e con stima.

PRESIDENTE. Hanno inviato messaggi il presidente del Consiglio comunale di Urbino Maria Clara Muci, il Consiglio provinciale di Ascoli Piceno il cui presidente, Ubaldo Maroni, è presente in sala.
Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Parlare oggi di Pino Ricci non è facile, ricordare Pino Ricci è facile. La sua storia è la nostra storia, la sua cultura è la nostra cultura, la sua tradizione è la nostra tradizione, i suoi principi sono i nostri principi, i suoi ideali sono i nostri ideali.
Pino era un moderato, un politico di grande spessore sempre pronto al dialogo e soprattutto rispettoso dell'avversario politico. Pino, sia con gli amici di partito che con gli avversari politici non ha mai alzato la voce per far passare le proprie idee o i propri progetti politici. Pino si impegnava per la collettività e non per le sue ambizioni personali. Pino per noi è stato un amico, prima con la Dc, poi con il Cdu, con Forza Italia e Polo popolare. L'abbiamo visto insieme in una campagna elettorale franca, serena, leale, a viso aperto. Pino è stato un onesto e leale avversario poi, quando è sceso in campo con l'Udeur. Pino è rimasto sempre un amico, perché Pino era un moderato, una persona onesta, seria e intelligente. Pino è stato sconfitto da uno stato di depressione o dalla magistratura? Nulla di tutto questo. Chi esce sconfitta in questa fase è la politica, non certo Pino Ricci e tutti noi dobbiamo interrogarci su quello che è successo, dobbiamo riflettere, essere più attenti, abbassare i toni, a volte, della politica.
Si dice che Pino non amava confidarsi. Ci chiediamo perché? Forse perché oggi non esiste più la politica con la "P" maiuscola, quella politica sanguigna che ci vedeva combattere, a volte strappare anche i manifesti durante una campagna elettorale, prendere qualche pedata ma sempre con onestà, con lealtà, con una visione diversa da quella che c'è oggi della politica, perché oggi forse non esistono più quelle regole, quella passione civile e democratica, cosa che in passato era momento di vera battaglia politica. Forse oggi sono venute meno quelle regole che in passato hanno diviso anche famiglie, quando c'erano le ideologie, c'erano i democristiani, i comunisti, i fascisti, quando dentro casa si discuteva anche tra parenti e c'era chi andava con la medaglia d'oro nel petto, della falce e martello, chi era orgoglioso di essere democristiano, chi era anche orgoglioso di essere missino, chi era orgoglioso di essere socialista, repubblicano, liberale, socialdemocratico. Su tutto e tutti c'erano però la lealtà e la correttezza politica e l'orgoglio di militanza. Oggi questo è venuto meno.
Pensiamo ai giovani. Io provengo dall'Azione cattolica, dal movimento giovanile della Democrazia cristiana. Oggi non ci sono più quegli spazi che erano anche palestra di riflessione, di confronto. Oggi non c'è più una scuola di partito, non c'è più quella formazione. Oggi si trovano a fare gli amministratori persone della società civile prestate alla politica, non c'è più quel dialogo, quel confronto anche serrato, duro che in passato ha contraddistinto ideologie, progetti. Oggi, nostro malgrado, ci sono personaggi che vivono solo per delegittimare o eliminare il proprio avversario politico con la menzogna, con la calunnia. Forse oggi esistono degli "sciacalli di professione" che si nascondono dietro l'anonimato senza preoccuparsi di poter distruggere anche intere famiglie, degli uomini. Oggi occorre più attenzione, oggi c'è un imbarbarimento della politica che ha superato la soglia dell'emergenza. Tutti noi siamo costantemente sotto pressione: basta leggere due righe sul giornale che viene un'ansia, una preoccupazione, uno stato d'animo non sereno. Bisogna che riflettiamo su questo, perché dipende da noi come trasmettere il messaggio politico, soprattutto nelle Marche.
Pino ha pagato anche per questo modo di fare oggi politica e di vedere la politica.
Per quanto mi riguarda vi posso dire che Pino rimarrà sempre nei nostri cuori. E' stato un amico che ricordiamo con tanta serenità, tanta amicizia e tanta pulizia. Pino era un uomo e un personaggio pulito ed onesto.

PRESIDENTE. Ci hanno inviato un messaggio il presidente dell'Ente fieristico regionale Sandro Barcaglioni e il Centro internazionale studi gentiliani di San Ginesio.
Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Saluto Pino Ricci, "parlamentare regionale delle Marche". Lo voglio salutare così, perché qui già veniva ricordato il suo impegno, in particolare al Congresso delle Regioni ma anche nella Commissione per lo Statuto. Il suo amore per le istituzioni, il suo senso di valorizzazione della nostra istituzione "Regione" era nella storia di tutti i giorni. Siamo stati insieme 13 anni in queste sale, in questi luoghi, abbiamo combattuto insieme tante battaglie, a volte in sintonia, qualche rara volta non in sintonia, sempre nella stima reciproca profonda, con quella caratteristica sua propria che qui è già stata ricordata di essere rigoroso, leale e pulito. Insieme abbiamo costruito una parte importante della bozza dello Statuto regionale della nostra Regione in un momento difficile, credo, per le Regioni e per la Repubblica, avendo pieno il senso della responsabilità, che condividevamo, sia rispetto alle cose da fare sia al come farle. A lui si deve non solo l'impegno forte nell'indicare il "Parlamento delle Marche" o l'"Assemblea regionale delle Marche" come un punto di valorizzazioni — e combatteremo fino in fondo per poter mantenere questa definizione formale — ma anche una delle ipotesi della forma di Governo, proprio perché Pino aveva molta attenzione ai valori democratici e alla nostra realtà marchigiana così ancorata alla Costituzione e allo Stato democratico.
Nella vicenda di sabato nella sua Ortezzano, noi non solo siamo stati colpiti alla dolorosa vicenda ma ci siamo anche sentiti, come raramente succede, tutti uniti, al di là delle nostre componenti politiche, al di là del nostro modo di vivere la politica. Ci siamo sentiti uniti al servizio di una comunità, della comunità marchigiana. Abbiamo rappresentato, nella condivisione di quel dolore, il meglio che potevamo dare: il fatto di essere al servizio della gente, quello che Pino rappresentava costantemente.
Lo voglio salutare ancora ricordando il suo volto, il suo aspetto di bravo ragazzo, il suo modo di essere un "giovane dai capelli bianchi", giovane d'animo.
Ricordo le ultime foto, quelle della vittoria elettorale, quelle di Porto Sant'Elpidio dove brindava con il candidato che aveva sorretto e che aveva portato alla vittoria, una vittoria importante. Lo ricordo perché mi aveva colpito la sua immagine di eterno ragazzo che ci mancherà. Mi mancheranno, ci mancheranno anche le "chiacchiere", quelle che di solito celiamo con la nostra umanità, sempre nascosta rispetto al ruolo, alle istituzioni, alle battaglie politiche. Ricordo le "chiacchiere" legate ai figli, al valore della famiglia, alle preoccupazioni, alle soddisfazioni, un dato umano che di solito ci manca e che, con lui, vogliamo ricordare con grande affetto.

PRESIDENTE. Abbiamo ricevuto messaggi da Maria Cristina Gregari di "Sala stampa", da padre Giovanni Borin dei Missionari e laici scalabriniani.
Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Presidente, cari colleghi, aggiungo alle riflessioni fatte qui dai colleghi, una riflessione mia personale — pur condividendo tutto quello che i colleghi hanno qui detto — per il fatto che, come molti sanno, io ho iniziato la mia carriera di funzionario ministeriale, da segretario comunale, nel Comune di Pino Ricci, nel dicembre 1986 e quindi posso qui aggiungere qualche elemento in più sul Pino Ricco amministratore, un uomo che aveva una cura maniacale del particolare nell'amministrare. Ha fatto di Ortezzano un gioiello, curando mattone su mattone, coniugando la ricchezza di quella gente, di quelle terre con una grandissima spinta alla solidarietà.
Quando leggo in questi giorni qualche notizia che mi rattrista veramente e che è profondamente ingiusta per il modo in cui viene impostata, ricordo le ore passate insieme — perché allora il sindaco firmava le concessioni edilizie, firmava la licenze commerciali — con Pino che voleva capire come dietro ogni concessione edilizia ci fosse qualche problema, la spiegazione su ogni metro cubo in più, l'assoluta mania di rilasciare un atto perfettamente regolare ed onesto. Io ho imparato, se ho imparato qualcosa, ad amministrare, a svolgere il servizio anche da burocrate, o da dirigente, da Pino Ricci. Lo dico qui, perché non l'ho detto oggi, ma l'ho detto da tanto tempo.
Voglio sottoporvi anche un'altra riflessione. Non è e non era, soprattutto, facile arrivare ai livelli di politica istituzionale cui è arrivato Pino partendo da un paese di 800 abitanti. In quei momenti — erano gli anni '80, la politica era in un certo modo, una politica di grandissima selezione — aveva fatto di quel paese un centro di politica: a Ortezzano sono passati tutti i big della politica degli anni '80 e andavano dal sindaco Pino Ricci. Era difficilissimo emergere in quel momento da giovani, da giovanissimi, in un paese piccolo com'era Ortezzano. Ma Pino è riuscito a imporsi all'attenzione di tutti per la cura nell'amministrare, per i rapporti con gli altri Comuni. Mai un'impostazione campanilistica, sempre "sentiamo gli altri", "aggreghiamo", "dobbiamo fare una politica di vallata, di comprensorio, di provincia, di regione". Questo era quello che a me, giovane funzionario, colpiva in questo sindaco giovanissimo.
Pino è stato — ringrazio il Presidente Minardi che correttamente l'ha detto, e non me ne voglia nessuno — un grandissimo democratico cristiano. Ha fatto la palestra della politica nella Democrazia cristiana negli anni '70-'80, una palestra che era difficile, che era selettiva, che sottoponeva a una preparazione enorme, perché non si arrivava all'attenzione neanche comprensoriale se non si aveva la preparazione di Pino, una preparazione eccezionale, diciamocelo. Pino non aveva fatto gli studi giuridici, ma mi impressionava per il modo in cui sviscerava un regolamento, una circolare, una legge, con una passione e una competenza eccezionali. Oggi ce lo diciamo perché — lo affermava il collega Brini — spesso vediamo arrivare, per carità in buona fede, ai livelli istituzionali dei Comuni, ma purtroppo anche ad altri livelli, tanta gente che spesso non ha letto mai neanche un'ordinanza.
Forse i tempi sono cambiati, forse siamo un po' troppo nostalgici, però posso dire che la figura di Pino a me ha colpito soprattutto per questo: equilibrio e moderazione ma grandissima preparazione ed eccezionale umiltà. Proprio quando era arrivato, da giovanissimo, ai livelli a cui era arrivato, ha dimostrato di saper trattare con i potenti e con l'ultimo cittadino allo stesso modo e questo lo caratterizzava in un Comune che era frequentato da tutti, anche da quelli che avevano bisogno, e finché non aveva risolto il problema di quelli che avevano bisogno, di qualunque colore fossero, senza mai alcuna discriminazione politica, Pino non era tranquillo.
L'ha detto il sacerdote sabato, in chiesa: era un gioia, per lui, quando poteva dire di aver risolto un problema collettivo o personale. Voi avete visto la passione che ha esternato qui in quel caso umano, particolare, che quel giorno ci sconvolse quando lo tirò fuori in quel modo, relativo a un grave aspetto della gestione dei servizi sociali della nostra regione.
Voglio ricordarlo anche con l'aspetto personale della nostra conoscenza, che a me ha arricchito particolarmente. Nel diritto, nell'amministrazione, nella politica, nel modo di porsi con i cittadini ho sempre visto in lui un esempio e un fratello. Credo che la famiglia possa trarre da questo momento tragico, un grande conforto, perché loro hanno perso certamente un familiare, ma noi abbiamo perso sicuramente un grande politico e, aggiungo, un grande democratico cristiano.

PRESIDENTE. Sono giunti messaggi dall'Ansa regionale, Cristina Morbiducci, e dal Gruppo corale Montefiore, di Montefiore dell'Aso.
Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Caro Presidente, cari colleghi, la scomparsa in circostanze tragiche del Vicepresidente del Consiglio regionale Pino Ricci, ha prodotto in tutti noi dolore e sgomento. Nel corso del suo intenso impegno politico noi comunisti abbiamo incontrato e conosciuto Pino Ricci, prima come avversario e poi come alleato. In entrambe le situazioni il nostro rapporto con Pino Ricci è stato improntato ad un reciproco e sincero rispetto. Anche nei momenti di più duro confronto politico, mai sono venute meno la correttezza e la sincerità delle relazioni politiche ed umane. Ciò era dovuto principalmente alla personalità e all'indole di Pino Ricci, la suo stile sempre educato e gentile, al suo carattere equilibrato e privo di quell'aggressività che troppo spesso in politica conduce alla volontà di sopraffare l'interlocutore.
Pino Ricci era un uomo politico e un amministratore pubblico competente e preparato, dotato di un lucido senso politico e questo gli consentiva di sostenere fino in fondo, a volte con ostinazione, le proprie posizioni e le idee che riteneva giuste, senza mai trascendere nell'insulto e nella rissa. Nella vita politica di oggi queste qualità sono, purtroppo, sempre più rare e preziose.
Anche per queste ragioni la scomparsa di Pino Ricci rappresenta una grave perdita per l'intera comunità marchigiana e per tutto il Consiglio regionale.
In questa occasione voglio rinnovare a nome mio e anche del partito che rappresento, il più profondo cordoglio e le più sincere, sentite condoglianze a tutti i suoi familiari, ai suoi concittadini di Ortezzano e al suo partito, La Margherita. Sono certo che il ricordo di Pino Ricci continuerà ad accompagnarci fino al termine del nostro percorso politico e di vita.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. In questi pochi giorni che ci separano dalla scomparsa così imprevedibile e dolorosa di Pino Ricci, più volte ho riflettuto su come poterlo ricordare in modo adeguato, prima di tutto senza dispiacergli, perché ogni suo intervento qui era sempre misurato, misurato vuol essere — credo gli sarebbe piaciuto — il mio ricordo di lui. Non è vero che lui fosse misurato, almeno secondo me, perché misurate erano le sue emozioni. Anzi, secondo me è vero il contrario: molto probabilmente lui aveva una soglia di percezione delle emozioni molto più forte della maggior parte delle persone, poi lui le conteneva e all'esterno le mediava, comunicando sempre in toni moderati, magari a bassa voce, ragionando, argomentando. Credo che lo sforzo emotivo che lui faceva fosse fortissimo e secondo me è stato questo sforzo emotivo di contenere che ha pagato quel terribile venerdì 30 maggio.
In genere in Consiglio regionale il rapporto tra noi consiglieri, con gli assessori, nelle Commissioni è la discussione su un emendamento, una legge, un ordine del giorno, spesso un ragionamento politico. Con lui questo era sempre profondo, non era mai superficiale, sempre pensava, controdeduceva, ci rifletteva sopra. Questo è stato tante volte il mio rapporto con Pino. Però molti di più sono stati i contatti con me non per politica. Se devo dire, i contatti per politica in fondo erano occasionali, invece tante volte mi consultava per aiutare le persone, oppure risolvere dei problemi in apparenza piccolissimi del territorio, delle cose. Mi chiamava al telefono, oppure mi si avvicinava in quest'aula, in punta di piedi, sempre aspettava il momento per non dare fastidio, poi mi diceva "Ho un caso delicato, qui la politica non c'entra assolutamente niente, si può fare qualcosa? Puoi fare qualcosa?". Oppure diceva "in questo paese c'è questo problema, so che conosci questa persona, mi puoi dare il numero di telefono, così sento, ascolto un suggerimento? Vediamo se riesci anche tu ad aiutarmi come opposizione, per riuscire ad arrivare, magari, da qualche parte". Il suo modo era ascoltare, ascoltare e poi cercare di operare una sintesi facendo qualcosa. Il suo modo di essere è sempre stato quello di spendersi per gli altri, per la sua comunità cui teneva tantissimo. Credo che il radicamento con le sue radici di provenienza — non solo Ortezzano, tutta la zona — fosse tutta una dimensione della vita. Vivere in certi territori, in certi comuni, in una certa periferia era il suo punto di partenza, il punto di partenza di tutti i problemi.
Certo, ci sono buoni rapporti spesso, tra noi, anche quando si è avversari, ma in questo momento, dopo quello che è successo mi sento ancor più onorato che lui mi tenesse in considerazione per avere dei suggerimenti. In fondo lui era uno che andava a spaccare il capello in quattro — lo diceva prima Massi — e non aveva così bisogno di consultare. Quando affrontava un problema, credo che a lui non interessasse neanche quale fosse l'appartenenza politica di ciascuno di noi, lui poneva il problema e forse era secondaria l'appartenenza, era il fare qualcosa di positivo, realizzare.
Alla sua famiglia tutta, che è qui dico — anche se è molto difficile, perché un conto è dire, un conto recepire — di accettare la sua decisione di rinunciare a vivere.
Credo che in un periodo per lui molto fragile, non abbia accettato di essere, anche solo per un breve periodo, il tempo di dimostrarlo, al centro di insinuazioni, di polemiche, di obblighi difensivi. Secondo me era troppo distante, questo ruolo, da quello che lui voleva essere. Non gli sembrava umano affrontarlo, secondo me. Io ho pensato: perché? Perché trovarsi in una certa situazione per lui era una cosa del tutto inaccettabile. O forse, in questo momento non ne aveva la forza. In tante occasioni si era dimostrato veramente di una tenacia incredibile, forse in questo momento non ne aveva la forza. Accettare tutto questo è difficilissimo, però per il rispetto a l'affetto che abbiamo per lui, questo va accettato.
Questa sfida a cui l'obbligava la politica, forse in questo momento era troppo violenta e troppo cattiva e lui che ha accettato tante sfide tante volte, in condizioni difficilissime, questa volta non ce l'ha fatta.
A Pino Ricci va il mio commosso ricordo e a tutta la sua famiglia la mia più affettuosa solidarietà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. In queste ore drammatiche qualsiasi parla appare ed è inadeguata, perché la scomparsa così inaspettata del collega Pino Ricci lascia un vuoto incolmabile, in primo luogo per i suoi familiari, ma anche per chi, come noi, lo ha conosciuto ed ha potuto apprezzare la sua competenza, il suo equilibrio, la sua correttezza istituzionale, il suo stile.
Pino era una persona impagabile, sia dal punto di vista umano, sia per chi, come lui, ha ricoperto incarichi istituzionali. Ho avuto modo, in quasi dieci anni di lavoro comune di conoscerlo, ma certo non a sufficienza da poterlo aiutare per uscire dal dramma che lo ha sopraffatto. Ricordo in prima Commissione la passione per i problemi per il futuro, per i problemi della sua terra, del suo comprensorio. Pino pensava al futuro, pensava alla prospettiva. Poche settimane fa, a tale proposito, presentò una proposta di legge per sostenere l'ente universitario del Fermano. Mi chiese se ero disponibile a firmare quell'atto. Gli risposi di no, non l'ho firmato perché non condividevo tale impostazione, volevo fargli capire che sarebbe stato meglio sostenere le università in quanto tali, senza sovrastrutture. Mi rispose con il suo solito garbo che forse avevo ragione, ma che la sua proposta era uno stimolo a segnalare un problema in parte sottovalutato. Lo ricordo altresì come uno dei componenti più ascoltati della Commissione per la riforma dello Statuto regionale. La sua conoscenza della norma era di alto livello e la sua ricerca innovativa destava curiosità e stimolo persino negli esperti preposti alla stesura del nuovo testo.
Pino Ricci apparteneva ad una storia politica che per tanti anni è stata avversaria alla nostra, a quella dei Comunisti italiani. Il nuovo contesto ha avvicinato queste parti, prima avverse, per un progetto comune, tanto che la mattina, quando prendevamo il caffè insieme a Gabriele Martoni, per scherzo lo chiamavamo "compagno Ricci". E' difficile quindi pensare al suo passato, in questi casi è meglio far parlare il silenzio, la riflessione ed è per questo che il gruppo regionale ed il partito dei Comunisti italiani rinnovano i sentimenti di stima e di dolore ai familiari di Pino e al gruppo della Margherita.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Desidero soltanto esprimere le condoglianze, la partecipazione al dolore dei suoi familiari e la stima e quel po' di affetto che ho potuto avere nei confronti di Pino Ricci. Io sono uno di quelli che lo conosceva di meno in quest'aula. Lo conobbi in un'occasione di confronto e di scontro quando, nella sezione della Democrazia cristiana di Fabriano lui venne per convincere gli allora aderenti al Cdu — come era lui in questo Consiglio regionale — a seguirlo nell'avventura dell'Udr. Io dissi a Pino che questo progetto era anche intelligente, che aveva dei contenuti politici, per me interessanti, ma non l'avrei seguito, gli dissi, perché era guidato da un uomo come Cossiga che non mi dava affidamento. Così le nostre strade si divisero. Poi lo ritrovai qui in Consiglio regionale e non posso, con grande sincerità, non dichiarare di non avere apprezzato subito il suo stile, la sua compostezza, la sua competenza. Credo che questi siano i tre valori fondamentali che Pino ci ha trasmesso e credo che se lo vogliamo ricordare, come dobbiamo fare, nel prossimo futuro, dobbiamo anche noi rifarci a questo stile, a questa compostezza, a questa serietà, a questo rispetto degli altri, amici ed avversari.
Quando ho avuto la notizia, a parte l'incredulità e lo sgomento, solo un pensiero mi si è fissato nella mente e ve lo voglio manifestare: noi, in quest'aula ci incontriamo tutte le settimane, ci confrontiamo, ci affrontiamo, ci scontriamo, ci mettiamo d'accordo ma purtroppo non ci conosciamo, rimaniamo sempre presi dai nostri egoismi. Io ho avuto questo senso di debolezza quando ho ricevuto la notizia, perché ho pensato "il giorno prima parlavo con lui e non mi sono accorto di niente". Mantenere questi rapporti a volte probabilmente superficiali, distanti — sarà forse una colpa mia, non dico che siamo tutti così — mi ha fatto sinceramente dispiacere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Il mio vuol essere un ricordo umano e personale. Tredici anni non sono pochi. Tanti sono gli anni che nell'aula del Consiglio regionale abbiamo vissuto intensamente, dove si stabiliscono rapporti che vanno al di là delle posizioni politiche, del confronto delle idee, della passione, degli scontri, si stabiliscono rapporti umani, differenti tra di noi, perché ci sono legami, sensazioni che fanno sì che verso qualcuno nasca una simpatia e un'amicizia. Con Pino c'era una simpatia forte, un'amicizia che si è sviluppata negli anni, in questi ultimi anni ha avuto momenti molto intensi. Ogni vita che se ne va lascia un vuoto e ci fa interrogare sulla precarietà, sul senso del limite che ognuno di noi deve sempre tener presente: che dietro ala politica, al potere, all'esposizione ci può essere la fragilità. Rispetto a Pino sono tante le piccole e grandi questioni che legano i ricordi, ricordi anche personali. Io mi ero avvicinato di più a lui e l'avevo conosciuto dopo un periodo in cui non c'era una frequentazione in Consiglio. Mi piace ricordarlo quando insegnavo al figlio Marco, dieci anni fa — per un paio d'anni ho fatto il consigliere regionale e anche l'insegnante, perché amavo questo rapporto con i ragazzi — e questo era oggetto di simpatia nel rapporto con Pino, perché ci scherzavo, scherzavo con Marco, scherzavo con Pino, conoscendolo e pertanto si era stabilito un rapporto umano. Negli anni ho capito quanto lui era legato e aveva un rapporto di fierezza nei confronti di Marco che tanto gli somiglia e degli altri figli.
Ci può essere amicizia, un rapporto personale tra chi fa politica e si scontra nella politica, quindi una vicinanza che non accantona la persona? Io dico di sì, perché questo è possibile e riscoprire un rapporto di correttezza è indispensabile per noi ma anche per gli altri, per chi sta nelle istituzioni, rappresenta le varie istituzioni; abbiamo bisogno di un rapporto di correttezza, per i giornalisti, per tutti coloro che hanno una responsabilità. Un rapporto di correttezza che può portare anche ad una vicinanza personale.
Con Pino ho tenuto l'ultimo comizio due settimane fa e mercoledì, in aula mi chiedeva di stringere su una dichiarazione di voto relativa alla strada statale 77. Io gli dicevo "è importante per la provincia di Macerata" e lui affermava "stringiamo, perché dobbiamo fare atti concreti, altrimenti in questo Consiglio facciamo tutte parole".
Nella vicinanza al dolore della famiglia voglio ricordare Pino così: al comizio e nella presidenza di questo Consiglio, con l'impegno politico che portava avanti, perché è il più bel ricordo che io possa avere di lui.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. Non parlerò di Pino, perché ho già avuto modo di salutarlo sabato scorso nella chiesa di Ortezzano. Voglio solo sottolineare, soprattutto a chi ci ascolta — perché credo che i consiglieri regionali in questo siano oggi accomunati — come anche questa mattina Pino ci ha fatto fare una cosa grande. Nel ricordo di un uomo che tanto amava il Consiglio regionale, noi oggi abbiamo saputo essere all'altezza del compito che gli elettori ci assegnano. IO credo che noi, oggi siamo dei buoni consiglieri regionali, perché ci stiamo ascoltando, perché ognuno di noi dà il meglio di sé, lo fa con sincerità, con rispetto, con stima. Noi stiamo forse anche gareggiando, come si fa nella politica bella, per trovare il miglior contributo che possiamo dare a questo dibattito. Quindi credo che anche oggi Pino abbia fatto qualcosa.
Noi, oggi assolviamo a questo grande compito che abbiamo di rappresentare i cittadini e anche in questo diamo voce a tutte le persone che vorrebbero essere qui, vorrebbero dire che sono state amiche di Pino, che l'hanno stimato, che hanno lavorato con lui. Questo privilegio ce l'abbiamo solo noi e oggi stiamo assolvendo nel migliore dei modi anche questo e credo che dobbiamo essere oggi orgogliosi di essere consiglieri regionali di questa regione, dobbiamo sentire questo come uno dei privilegi che deve guidare anche la nostra vita politica futura. Noi oggi, per la prima volta forse, stiamo rappresentando tutta la comunità marchigiana, dal più piccolo al più grande, dal più estremo di sinistra al più estremo di destra, quindi credo che sia bello che noi continuiamo anche a vivere la vita politica con questa ispirazione. Ognuno di noi è abituato a tante esperienze, a tanti discorsi. Credo che quella di oggi sia per tutti noi una giornata nella quale abbiamo finalmente imparato qualcosa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Contrariamente a come è consuetudine, dare la parola alternativamente a maggioranza e minoranza come siamo soliti fare, oggi siamo invece una voce sola, non c'è nulla che ci divide e questo, ha ragione Stefania Benatti, è molto bello.
Anche il mio è un ricordo personale ed umano di Pino Ricci, perché si sono intrecciate per varie ragioni le nostre vicende, vicende di conoscenze comuni, di Sant'Elpidio a Mare che lui frequentava e a cui voleva bene molto, di una figlia, Daniela, che è fidanzatissima a Sant'Elpidio a Mare, a pochi metri da casa mia, quindi una conoscenza che dura da tempo, che va oltre la politica e che ha fatto sì, così com'era nel suo stile, che ci fosse un rispetto, da avversari, meraviglioso.
Io sono entrata in Consiglio nel 2000, lui era decano, veterano del Consiglio regionale: ho ricevuto da lui il tutoraggio, ho visto in lui un tutor, ha svolto l'"accoglienza", come si dice in termini anche scolastici, e l'ho sentito a me vicino sempre. Per me rappresentava davvero una garanzia per la risoluzione di tanti problemi, anche problemi locali che lui viveva con un senso di appartenenza nobile: non c'era nulla di deteriore, di localistico, era proprio la massima rappresentanza dell'appartenenza, quella più bella che onorava e alla quale improntava buona parte della sua azione politica. Ecco che mi sentivo tutelata in tante battaglie. Io mi fidavo pienamente di lui, sapevo che non c'era cosa che avessimo concordato che poi non sarebbe uscita così come avevamo concordato. La parola data era vera. Cesare Procaccini ha parlato di questa "leggina" sull'Euf che ben poteva fare senza dirvelo, non aveva bisogno, un esponente di maggioranza, di coinvolgere anche la minoranza, in particolare me. Invece questo rispetto enorme, questa sua signorilità facevano sì che su certe cose dovessimo necessariamente collaborare: bontà sua dico io.
Quando peraltro si commentano casi di questo genere che a me turbano enormemente per come avvengono — il fatto che qualcuno si tolga la vita è una cosa che mi traumatizza — mi viene da dire — e voglio dirlo ai figli, perché sento di parlare anche come madre, ho figli più o meno dell'età di quelli di Pino — che non c'è niente, nessuna cosa che possa diventare causa efficiente e sufficiente di un gesto del genere. E' una depressione che probabilmente accompagnava Pino, un qualcosa che fa parte dell'imponderabile, che così deve restare, ma soprattutto è un circuito che si stacca, una lampadina che si spegne, un momento in cui sicuramente non si ragiona. E' un peso accumulato per anni e spesso non è neanche così, è un meccanismo irrazionale che fa sì che si compia un gesto del genere.
Perché dico questo? Perché altrimenti non c'è padre che può razionalmente pensare di lasciare orfani i propri figli, soprattutto un padre come Pino, perché Pino metteva al primo posto in assoluto la sua famiglia, dei suoi figli ne parlava sempre. L'ossessione era proprio quella di non poterli tutelare, non poterli accompagnare fino alla fine: "sono grandi". Grandi non sono, perché l'ultima ha appena compiuto 18 anni, è appena maggiorenne. Non sono mai grandi, poi, i figli per i propri padri e per le madri. Pino, in quel momento non ha potuto ragionare. Quindi non c'è niente che possa dire "è stato per...". E' stato un attimo che ha fatto sì che lui non considerasse le cose più grandi che aveva, immaginiamo quindi se c'è qualcosa che poteva superare quest'ansia, proprio da padre, che lui viveva.
Non solo non c'è da ricercare nulla. Noi come consiglieri, come suoi colleghi potremmo avere voglia, interesse, curiosità a sapere qualcosa di più solo per difenderlo al suo posto, per poterlo difendere ora che lui non può difendersi, per far sì che il suo ricordo sia sempre fulgido, sia sempre esemplare, non c'è altra ragione per cui si possa andar dietro lo scandalismo, il sensazionalismo. E' un attimo in cui Pino, per ragioni legate alla sua sensibilità, per ragioni legate alla sua fragilità non ha potuto ragionare.
Forse potevamo essergli più vicini, ma neanche questo è giusto che si dica, secondo me, perché allora potrebbe dirlo la famiglia e non è giusto che si dica. Pino si chiudeva volutamente in questi momenti, proprio per non scaricare il peso di suoi disagi legati a questa sorta di fragilità psicologica, che è dei grandi, di chi, come diceva Carlo Ciccioli, sente più degli altri e non si vuol tediare i propri vicini, è un meccanismo proprio di difesa e di protezione, al contempo, verso gli altri.
Così, secondo me, dobbiamo pensare al gesto che ha compiuto, stando il più possibile — lo chiedo all'Ufficio di presidenza, ma non devo sollecitare la sensibilità del Presidente Minardi — vicino alla sua famiglia, quindi alla sua ex moglie, ai suoi figli, perché avranno bisogno, naturalmente, di essere anche condotti per mano da chi voleva bene e da chi stimava enormemente, come tutti noi facciamo, Pino Ricci.
Io mi sento più orfana, penso che sia orfana davvero la sua terra fermana, penso che sia orfana la politica, perché lui si preparava, lui era competente, lui — senza voler autoaccusarci tra di noi — non prendeva la parola quando arrivava Rai3 o non si sbracciava quando c'era un giornalista. Lui la prendeva quando era pronto, lui studiava le sue cose. Per me le sue relazioni in I Commissione, in Commissione Statuto, quando era lui relatore, erano una garanzia, perché sapevo che quello che diceva era frutto di uno studio, non era mai frutto di faziosità, non era mai mistificato. Era una garanzia anche per la minoranza, si partiva sicuramente da un testo scientifico, da qualcosa che ci avrebbe consentito di fare il meglio, anche facendo opposizione.
Non possiamo interpretare questa vicenda, la vicenda di un uomo che era un combattente — perché Pino era dolce, ma era risoluto: non alzava la voce perché bastava il suo sguardo, si capiva quando qualcuno era andato oltre, aveva uno sguardo molto penetrante, era una figura carismatica, lo era nel vero senso della parola, comunque ha combattuto sempre, da vero politico di razza — come un messaggio di sconfitta, o meglio non possiamo trarre la considerazione che la politica, che questo mondo non è più dei miti, non è più dei temperati, non è più dei giusti, anche in senso evangelico, perché lui credeva sul serio, credeva davvero. Fece un riferimento alla cristianità e all'essere cattolici anche parlando, nell'ultimo Consiglio regionale, del gesto ultimo che fece un ex consigliere regionale. Disse "da uomo tutta la comprensione,, inspiegabile dal punto di vista cattolico": sembrava quasi far capire quanto questo contrasto esista presso di noi, la fragilità che va a confliggere con i nostri principi, anche religiosi, con quello in cui crediamo e che spesso non siamo forti, umanamente, per portare avanti. Lui comprese, fu un grande, perché non era peraltro un moralista, non era una persona che faceva del fariseismo, tutt'altro. E lì fece questo accenno, parlando di questo collega, all'essere cattolico suo e del suo collega.
Quindi è chiaro che il messaggio di Pino, anche in senso evangelico, non può essere quello di dire "la politica non è più il posto dei migliori". Tutti noi, quando viviamo le cose brutte della politica, siamo tentati a metterci d parte e ognuno si crea i suoi meccanismi di difesa. Io, prendendo la scusa che noi donne possiamo sempre prendere, della famiglia e di tutti gli altri impegni, dico "usciamone prima possibile, perché sto meglio nel mio guscio, sto meglio a casa mia". Pino sembrerebbe che non ci ha detto questo, perché ha combattuto tutta la vita. Pino ci ha detto invece che noi, ora, rinnovati, da uomini nuovi — perché credo che nessuno di noi non è in grado di portare nei rapporti personali quello che a parole tutti stiamo professando — abbiamo la potenzialità umana di farlo, rinnovati dobbiamo far sì che lui prosegua la sua opera verso noi, che i rapporti migliorino, che la politica prenda anche tempi e modi più "umani" che non siano solo tendenti alla consumazione dell'individuo ma che siano tendenti anche all'affermazione lenta dell'individuo e di tutti quei principi che hanno bisogno di tempo. Pino, ora, concede a noi questo tempo, non dobbiamo quindi concludere con affermazioni scoraggiate ma dobbiamo invece, nel suo nome, condurre una battaglia, che sia però nei modi e nei tempi diversa da prima.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Caro Presidente, cari consiglieri e care consigliere, voglio anch'io consegnare alcuni brevi pensieri a questo Consiglio che commemora Pino Ricci, Consiglio al quale nessuno di noi avrebbe voluto partecipare né dare vita. La mia conoscenza di Pino Ricci è breve, essendo io consigliere da poco tempo, dall'inizio di questa legislatura. Ho avuto però la possibilità di lavorare con lui in I Commissione, che è la sede in cui il confronto è più ravvicinato, le idee si esprimono con più libertà, ci si conosce di più. Di Pino Ricci, dell'uomo politico mi preme ricordare, come già hanno fatto altri, il grande senso delle istituzioni, la sicurezza e l'autorevolezza che comunicava a tutti noi, l'amore per il suo territorio. Ricordo, a proposito del senso delle istituzioni, un aspetto, un fatto apparentemente minore, sul quale ci siamo confrontati a lungo in I Commissione come una delle prime adempienze a cui abbiamo dovuto dare vita: una riflessione sulla questione dei requisiti che debbono avere coloro ai quali la Regione assegna compiti di rappresentanza in enti anche di secondo grado.
Pino Ricci ha insistito con tutti noi — e per me era la prima volta che affrontava questo problema — sul fatto che coloro che avessero avuto esperienze elettive, in particolare nel Consiglio regionale o nel Parlamento, potessero avere questo come un requisito che li candidasse per qualsiasi ente in cui la Regione intendeva nominare suoi rappresentanti. A me appariva all'inizio una questione minore. Ho poi invece capito ragionando, ascoltandolo — perché era la prima volta che mi confrontavo su queste questioni, così come ha ricordato adesso anche la collega Romagnoli — che era invece un fatto di alto valore simbolico, che rappresentava per lui il grande valore: chi era eletto dal popolo in rappresentanze, in istituzioni di così grande significato, avesse appunto una strada aperta per poter rappresentare poi la stessa istituzione ad altri livelli.
Ricordo poi l'autorevolezza e la sicurezza che esprimeva nel modo di condurre il Consiglio, nelle opinioni su atti, pareri e leggi che in Commissione abbiamo esaminato: interventi sempre pertinenti, competenti, capaci di vedere l'insieme, capaci di vedere la connessione tra gli atti e la coerenza con l'indirizzo politico generale.
Pino Ricci amava il suo territorio, usava spessissimo l'espressione "il Fermano". Esprimeva con orgoglio questa appartenenza, era un localismo positivo, senza competizione e senza supremazia.
La sua morte interroga però un'altra dimensione che non voglio sottacere: quella della qualità della politica e delle relazioni tra noi. Quanto scompare la dimensione umana nelle nostre relazioni a vantaggio di un personalismo esteriore, in cui primeggia un presunto saper fare e un dover essere e si annebbiano, fino a scomparire, i sentimenti, le paure, le angosce?
A queste domande che la morte di Ricci consegna a tutti noi, spero che sappiamo trovare risposta e che continuiamo a porci, oltre la solidarietà del momento, la commemorazione, atti pure importanti. A me è capitato per la prima volta nella mia vita, di non partecipare al funerale. E' stata una scelta, forse discutibile, sofferta. Ho ritenuto di ritrarmi da questo rito collettivo, religioso e laico insieme, non per irriverenza allo stesso ma per una forma di rispetto tutta mia, tutta segnata dalla mia sensibilità e dalla mia conoscenza, per alcuni tratti così forti, della sua morte, che a me hanno così colpito; tragica, ma segnata da precisi e lucidi simboli di forte intimità: la casa, la stanza da letto, gli abiti della notte. Quasi un voler passare dal riposo quotidiano al riposo eterno.
Un saluto a te, Pino, un impegno a non dimenticarti.
Voglio finire con una citazione di Cesare Pavese, anch'egli morto suicida: "Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi".

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Spacca.

GIAN MARIO SPACCA, Vicepresidente della Giunta. Ricordare Pino oggi significa affrontare una tempesta di sentimenti, di emozioni, per cui risulta difficile davvero articolare le parole e organizzare la riflessione. Tanti ricordi si affollano alla mente di ciascuno di noi, come stiamo facendo in questi nostri interventi. Ricordi di un percorso condiviso per tanti anni, per me prima nella Democrazia cristiana, da amministratori della Democrazia cristiana, poi in quest'aula in Consiglio regionale, da consiglieri, da assessori, per tre legislature.
A me quello che mancherà di più sarà soprattutto la sua sensibilità, la sua profonda sensibilità, la sua capacità di analisi dei problemi, delle situazioni. Ha ragione Carlo Ciccioli, Pino era soprattutto una persona di una grandissima sensibilità, di una grandissima intelligenza, di una profondità che raramente ho potuto conoscere nell'esperienza politica. Una sensibilità che si accompagnava a quelle doti che ciascuno di voi ha evidenziato, doti di competenza, di passione, di onestà, di onestà intellettuale, anche di concretezza, di autorevolezza. Ma soprattutto era la sua sensibilità a rendercelo così caro come appare nelle nostre parole, la sensibilità che oggi ci accomuna con sentimenti di amicizia, di affetto e di stima nei suoi confronti.
Oggi noi lo ricordiamo ma non lo salutiamo, perché il suo ricordo ce lo portiamo nei nostri cuori e lo rinnoveremo nell'esperienza che proseguiremo, come ha detto Franca Romagnoli. Credo che la riflessione non si concluderà oggi con questa che, se volete, potete anche chiamare "commemorazione", ma per me non lo sarà. Questa riflessione continuerà e l'esperienza di Pino noi, come persone che gli siamo stati vicini in questi anni la proseguiremo nel nostro impegno politico, non faremo sì che si disperda. Lui era ancorato profondamente ai valori del popolarismo e anche le sue ultime battaglie, anche la battaglia che ci vedrà nei prossimi giorni, in questo Consiglio regionale, affrontare il tema della sanità, l'ha interpretata su quei valori, su quei principi, sul principio di sussidiarietà, sull'attenzione ai problemi della gente e del territorio che il Presidente Minardi ha ricordato all'inizio del suo intervento. Quindi la riflessione non si conclude oggi, questa non è una commemorazione ma un passaggio e l'esperienza di Pino noi continueremo a viverla nel nostro impegno.
Oggi noi manifestiamo i l nostro dolore, ci uniamo tutti insieme al dolore della sua famiglia, al dolore dei suoi amici, al dolore dei suoi collaboratori e con loro sentiamo la sofferenza, tutti quanti sentiamo la sofferenza, tutti uniti sentiamo la sofferenza di non aver potuto fare niente per impedire che quello che è avvenuto avvenisse. Questo io lo sento dentro di me, lo sento dentro quest'aula nelle parole e nei sentimenti di ciascuno di noi, però anche per onorare questo dolore e questa sofferenza assumiamo l'impegno — credo sia giusto dichiararlo solennemente — a migliorare noi stessi, a migliorare i rapporti tra noi stessi, a far sì che tra noi ci sia un rapporto più profondo, come profondo era il senso della sua riflessione, a far sì che ci sia più amicizia davvero fra noi, in modo tale che se queste esperienze dovessero ripetersi, ci sia la fiducia reciproca per potersi confrontare, per evitare che drammi come questo possano ripetersi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Poche parole per ricordare il collega e amico Pino Ricci. E' facile in queste situazioni scivolare nella retorica. Questa tragica scomparsa di Pino ci deve ricordare quanto l'animo umano sia fragile. Troppo spesso ce ne dimentichiamo, troppo spesso dimentichiamo quanto può essere difficile, a volte, l'impegno politico e il superamento di momenti difficili. Nessuno si era accorto della situazione di drammaticità con la quale stava convivendo il nostro amico Pino Ricci. E' chiaro che questo caso dovrebbe farci riflettere che i rapporti interpersonali, i rapporti umani non sono al massimo.
Sappiamo tutti quanto è importante per ogni uomo sapere d non essere solo, quanto è importante nel lavoro di amministratori essere consci di avere la fiducia degli altri, di colleghi, di essere ascoltati, di essere stimati dalla gente, sapere di non doversi difendere da tutto e tutti. Il miglior modo di ricordare sempre il collega ed amico Pino è quello che il suo gesto faccia riflettere tutti noi, non solamente nella giornata odierna, sull'importanza dei rapporti umani che sappiamo, in politica, troppo spesso calpestati.
Questa tragica scomparsa mi auguro orienti i nostri atteggiamenti quotidiani. Con Pino questo Consiglio e i cittadini marchigiani, dell'Ascolano, del Fermano in particolare, perdono un interlocutore politico capace e attento. In questo giorno e nel ricordo di Pino, quindi, in questo momento di estrema amarezza esprimo il mio più sentito cordoglio a tutti i familiari, agli amici di Pino e a tutti i suoi concittadini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

REMIGIO CERONI. Non volevo prendere la parola, perché ritengo che i sentimenti, quelli più veri, quelli più autentici ognuno di noi li ha nel profondo del cuore.
Mi unisco alle tante belle parole che sono state dette in quest'aula. Porgo un saluto affettuoso a Pino Ricci, collega consigliere regionale e anche amico, perché per tanti anni abbiamo militato nella Democrazia cristiana. Pino è stato un autorevole e stimato rappresentante politico, proveniente dalla periferia della nostra regione, è stato un rappresentante politico popolare, conosciuto ed apprezzato, che si è formato ed alimentato con i sentimenti, quelli genuini, autentici, veri, delle piccole realtà periferiche della nostra regione. Lui veniva da Ortezzano, nella valle dell'Aso dove anch'io sono nato. Sappiamo tutti quanto è tto serio di cooperasì periferiche, così lontane, raggiungere i traguardi che lui ha raggiunto. La sua è stata una storia significativa, che può rappresentare un esempio per tanti amministratori di piccole realtà periferiche che ogni giorno si impegnano per il bene delle loro comunità.
Ho apprezzato molto gli interventi di alcuni colleghi e mi auguro che questa storia, che non è a lieto fine non cada nell'oblio ma che ci guidi quotidianamente nel nostro impegno, che ha bisogno sempre del massimo senso di responsabilità.
Di questa storia io conosco alcuni retroscena: ho cercato di usare il massimo senso di responsabilità. Questo penso che dovremo non dimenticare mai: che nella nostra attività in politica dobbiamo sempre usare il massimo senso di responsabilità.
Ai familiari rinnovo le mie più sincere e sentite condoglianze.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Ho condiviso con Pino Ricci una parte della ima esperienza politica regionale: sono stato eletto come lui nella penultima legislatura, nella lista Forza Italia-Polo popolare, con lui ho condiviso l'esperienza nel gruppo consiliare del Cdu, fino alla separazione, fino alla scelta diversa che facemmo, io per Forza Italia, lui per l'Udeur. E' rimasta una grande amicizia, quelle amicizie non fatte di tanta frequentazione, ma che ci sono, si esprimono nelle scelte concrete.
In questi anni, in questa nuova tornata amministrativa, nei lavori in Consiglio regionale c'è sempre stata, al di là della diversa collocazione, una capacità di dialogo e di incontro che forse, qualche volta, ha anche scandalizzato qualcuno di voi, però c'è stata. Penso alle battaglie per la famiglia, alle battaglie per la libertà di educazione.
Sono sconvolto positivamente del contenuto del dibattito di oggi, nel senso che credo che questo Consiglio regionale abbia espresso il meglio di se stesso, consentitemi di dirlo. Avevo anche preparato un intervento scritto per marcare alcuni passaggi, ma credo che sarebbe il modo peggiore per concludere questa mattinata.
Una sola considerazione voglio fare. Credo che se la ventata di umanità che è uscita dal dibattito di oggi riuscissimo tutti a declinarla nell'agire politico quotidiano, faremmo un servizio alla politica e alla comunità marchigiana. Se non altro la morte di Ricci è servita a questo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Un pensiero va alla famiglia da parte del nostro gruppo, al dolore della famiglia e va anche il nostro ringraziamento, perché ce lo ha dato. Chi fa politica sa quanto è importante avere alle spalle una famiglia. Lui era legatissimo ai suoi figli, era preoccupato, me lo diceva, l'ha detto diverse volte, ma era molto orgoglioso dei suoi figli. Trovava anche la forza, nel fare politica, anche da questa sua attenzione, da questo suo legame. Speriamo, con queste nostre testimonianze, di aver dato un po' di sostegno a loro, testimoniando come Pino fosse, in qualche modo, attraverso la sua attività, sempre vicino ai figli, sempre vicino a loro. La dimostrazione di un affetto così grande quale quella che oggi stiamo esternando, credo dica a loro quanto Pino fosse grande, fosse un uomo importante e sia per loro un riferimento per sempre.
Siamo ancora frastornati, siamo segnati da questa scomparsa e i nostri perché probabilmente non hanno ancora una risposta. Ci rimbalza subito il pensiero alla sua persona, a come era fatto, ai suoi tratti di gentiluomo, alle sue risposte sicure, perché, come qui è stato detto, era una persona che approfondiva i problemi e non lasciava nulla al caso, era molto puntiglioso negli approfondimenti sulle varie materie, per cui dava risposte sicure, dava sicurezza. A noi del gruppo aiutava molto questa sua determinazione: sicurezza e determinazione, perché Pino aveva imparato dalla politica a scegliere, a fare scelte, anche scelte dure qualche volta, sempre accompagnate da questa sua sensibilità, forse nascosta, una sensibilità profonda, molto profonda, che accompagnava il suo fare politica quotidianamente, che era diventata il filo rosso della sua esistenza. La politica era tutto per lui. Questi 30 anni di militanza, di esperienza che lo hanno accompagnato dal suo Comune fino alla Regione, alle alte cariche dell'Ufficio di presidenza, sono stati una storia che lo ha immerso nella politica e gli facevano traguardare altri orizzonti. Ma questa sua militanza, questi 30 anni di vissuto nella politica non lo avevano portati ad un disincanto, a vivere la politica in termini "professionistici". Era ancora un appassionato. La sua esperienza, probabilmente ci faceva vedere un uomo sicuro, un uomo "scafato", come usiamo dire noi, ma in cuor suo sentiva ancora i richiami di quella esperienza che lo aveva forgiato, questo suo crescere nella politica secondo quegli schemi in cui lui credeva molto, secondo quella tradizione sturziana che faceva dell'ente locale e del collegamento con la gente, con la comunità locale, il principale punto di riferimento per la formazione del politico e della politica.
Lui, come cattolico democratico credeva moltissimo in questa dimensione della politica, cioè la politica al servizio delle persone, al servizio della sua gente e la rappresentanza era finalizzata a questa missione di servizio.
Credo che il suo ancoraggio ai valori sia per tutti noi un esempio e rimarrà sicuramente un esempio, così come ha dimostrato più volte la sua competenza qui in Consiglio: forse era il più esperto di tutti noi, sia perché sapeva usare i regolamenti, ma perché aveva dimestichezza con il momento della scelta. Così come era un politico molto legato al senso delle istituzioni. Oggi abbiamo bisogno di queste figure, di uomini politici che siano fortemente ancorati alle istituzioni, che non usino le istituzioni per gli obiettivi della politica, ma al contrario le istituzioni devono essere al servizio della politica nei termini più pieni.
Lo ricorderemo anche come uomo. Ringrazio Franca Romagnoli che ha tratteggiato — condivido — questo suo gesto che noi non possiamo giudicare. Sarà la misericordia del Signore a giudicare Pino e io credo che sicuramente sarà tale, per quello che lui ha fatto, che sarà presso di Lui, perché è stato superato, probabilmente, dalla stessa sua passione e dalla stessa sua determinazione con cui pretendeva dalla politica il massimo.
Così come oggi questo suo sacrificio, questa sua storia ci fa riflettere anche sui meccanismi del nostro modo di fare politica, sui meccanismi della democrazia. Dobbiamo riflettere di più, probabilmente, su come la stiamo interpretando, come questa società reagisce rispetto ai cambiamenti, come i problemi della giustizia, i problemi dell'informazione devono essere sempre più rivolti alle persone, all'uomo piuttosto che ad altri scopi che poco hanno a che fare con il bene comune. Non è pensabile che gli stessi meccanismi della democrazia qualche volta rischino di sopraffare la finalità della politica. Questa è una cosa su cui dobbiamo riflettere, che Pino ci lascia. Pertanto questo suo ricordo è anche un insegnamento per andare avanti, per crescere, per migliorare noi stessi e perché, probabilmente, riusciamo a declinare in maniera diversa da come stiamo facendo, il nostro modo di fare politica, sia riguardo a chi rappresentiamo, sia riguardo alle nostre esperienze personali, ai nostri percorsi in questo Consiglio.
Credo che il vuoto che la famiglia si trova di fronte non sarà facilmente coperto. Il dolore di una perdita così è assurdo, è incolmabile. Ai figli rimane però un grande tesoro a cui devono fare riferimento: di un uomo che ha testimoniato e che ha ancorato il suo fare politica a principi e valori profondi che devono essere anche i loro e che devono illuminare la loro vita.
Nel ringraziare l'Ufficio di presidenza per queste iniziative di intitolazione della sala a Pino Ricci e di pubblicazione dei suoi interventi, credo che dobbiamo pensare che questo ci aiuterà, nonostante che il tempo appiattisca i ricordi — diceva mia madre che il tempo era un grande medico, di fronte ai dolori — ancora una volta a pensare a Pino, che rimarrà così un po' con noi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei provare a non parlare "di" Pino ma parlare "a" Pino, se ce la faccio.
Vedi Pino, questa mattina ci hai fatto lo scherzo peggiore: abbiamo trovato un mazzo di fiori al posto tuo. Io ti ho conosciuto otto anni fa, prima non ci conoscevamo affatto, ti ho avuto prima avversario leale, deciso, duro, ma leale. Poi ti ho avuto alleato convinto, fedele, affidabile. Una persona con cui si ragionava volentieri, una persona della quale avvertivi la discrezione, nella quale avvertivi la chiusura a riccio, il timore di lasciar uscire una carica di emozione. Abbiamo passato ore e ore qui dentro, con te che hai guidato i lavori di questo Consiglio in maniera eccellente, senza prevaricare mai, ma con mano sicura, con la mano sulla barra del timone, con la mano leggera ma ferma, che consente alla barca comunque di andare verso il porto.
Poche volte siamo sono riuscito ad entrare con te nel privato, del quale tu eri geloso. Ed erano più le volte in cui tu mi prendevi, in quest'ultimo periodo, bonariamente in giro per la mia "nonnitudine", che le volte in cui riuscivo io a chiederti di avere notizie.
Poi un giorno tragico, mentre io stavo facendo una di queste cose folli che siamo abituati a fare, andare in otto posti insieme, in fila, mi arriva la telefonata di Minardi, spezzata, che mi dice "ti devo dare una notizia che non avrei mai voluto darti". E allora viene una folla di ricordi, di pensieri, di riflessioni. Io l'ho già detto Pino, ma lo ripeto: la tua morte io la sento anche un po' come la mia sconfitta, perché non ho saputo darti — parlo per me — il messaggio giusto, non al momento giusto, non lo sapevo, io; ma il messaggio giusto perché in quel momento, nel momento l'"uomo Pino Ricci" sindaco, consigliere provinciale, consigliere regionale, assessore regionale, forgiato, apparentemente, da anni e anni di confronto politico, è ridiventato un bambino spaventato. La paura è stata più grande di lui, ed è scappato. Io non sono riuscito a darti, prima, il segno che, se per caso ti fossi trovato a ritornare bambino spaventato, potevi anche chiamare me; poi, oggi l'abbiamo detto tutti: tutti noi abbiamo la responsabilità per quanto non abbiamo saputo fare per mantenere più bassi i toni della contrapposizione politica, per mantenere su un piano umano, più a lungo i rapporti fra di noi. Perché non mi sono — non voglio caricare gli altri — preoccupato a sufficienza di contrastare questa scena micidiale in cui la politica è come se fosse fatta soltanto da maschere senza spessore, senza lo spessore della vita dietro, senza i momenti difficili che si passano in politica e fuori dalla politica.
Credo che quello che abbiamo fatto oggi sia il ricordo più serio della figura di Pino, che non avrebbe gradito retorica ma che avrebbe cercato, appunto, di trovare una chiave per dirci, sottovoce, quello che ci sta dicendo: "abbassate i toni, recuperate la dimensione umana della politica". Questo è il dato che oggi deve venire.
E allora Pino, voglio dirti solo poche cose. La prima è che guardandoti intorno — perché sono convinto che tu sei qui, non come artificio retorico, ma perché nella stessa fede che condividiamo è previsto, è certo questo — puoi vedere quante lacrime, non soltanto sui banchi di chi ha fatto politica con te: significa che hai lasciato un bel messaggio, un messaggio forte; significa che la tua figura non è passata ma è ancora qui; significa che siamo tutti quanti consci di aver subito una grossa perdita, ma tutti quanti capiamo che da oggi in poi dovremo necessariamente renderti testimonianza. E renderti testimonianza si può solo in un modo: ripeto, il tuo modo, il tuo modo di parlare sottovoce ma con decisione, con convinzione, con coerenza. Sottovoce non significa per paura, sottovoce significa anche per discrezione, significa anche non unire la propria voce a chi urla, perché la politica non dovrebbe assegnare la ragione a chi urla di più e, soprattutto, dovrebbe insegnare a tutti a non urlare, perché urlando non ci si ascolta.
Questo sento oggi, con il messaggio di Pino. Il messaggio di Pino è quello di ascoltare. Noi ci sentiamo distrattamente, ognuno pensando a quello che dirà dopo, a quello che farà dopo. E recuperare l'arte di ascoltare è difficile, perché significa porsi sullo stesso piano di chi parla con noi.
Quando siamo andati via dalla chiesa di Ortezzano, Daniela mi ha detto "non lo dimenticate, mio padre". Daniela, io non ti posso dire — sarebbe poco sincero — che saranno così le sedute del Consiglio regionale, come toni. Purtroppo ci lasceremo riportare, spesso, da questo modo convulso e frenetico, ma tutte le volte che ci ricorderemo di Pino, sono sicuro che abbasseremo la voce, che staremo attenti ai nostri interlocutori, che soprattutto cercheremo di capire cosa c'è dietro il loro volto, cosa c'è nella loro persona, che testimonianza di vita ci hanno dato. Continuo a pensare che Pino è in un'altra stanza e credo che quando ci ricorderemo che in un'altra stanza ci sta guardando, riusciremo a recuperare quelle dimensioni di umanità che la tragica morte di Pino ha riportato in quest'aula. Dovremo rendere testimonianza: sarà difficile, ma credo che tu, Pino, ci aiuterai. Sono sicuro di questo.

PRESIDENTE. Prima di chiudere i lavori, voglio ricordare che è stato convocato il Consiglio provinciale di Ascoli Piceno per il giorno 10 giugno alle ore 19,30 presso la sala consiliare della Provincia di Ascoli Piceno. All'inizio del Consiglio provinciale sarà ricordata la figura di Pino Ricci.
Prima di concludere questi nostri lavori voglio consegnare a Marco, per sé, per i suoi fratelli e per la sua famiglia, le parole con le quali ho commemorato il padre Pino. Lo faccio perché è pronto il resoconto integrale del primo intervento, successivamente gli consegnerò il resoconto integrale di tutti gli interventi.
Voglio pregarlo di considerare le parole scritte in questo modo: non ce n'è una gratuita, tutte sono sincere e sentite, devi saperlo. Faccio questo nella speranza che ti possano essere utili a comprendere ancora di più tuo padre. Condividile con i tuoi fratelli, con i tuoi familiari.

La seduta termina alle 12,40