Resoconto seduta n. 136 del 16/06/2003
La seduta inizia alle 16,50



Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute nn. 134 e 135 dell'11 giugno 2003.

(Sono approvati)



Proposta di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata la proposta di atto amministrativo n. 107, in data 12 giugno 2003, ad iniziativa della Giunta: «Modifica del piano di sviluppo rurale (PSR) 2000-2006 della Regione Marche redatto ai sensi del Reg. (CE) 1257/99, per il successivo invio alla Commissione europea», assegnata alla III Commissione in sede referente e alla VI per il parere obbligatorio.



Deliberazioni inviate dalla Giunta regionale

PRESIDENTE. La Giunta ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 799 in data 3.6.2003: «Art. 9 della l.r. n. 31/2001 — Variazione al programma operativo annuale POA 2003 per modifica denominazione capitoli e variazione del codice di individuazione della struttura competente per la gestione»;
— n. 780 in data 3.6.2003: «Art. 4 della l.r. 11.3.2003, n. 3 — Ricostruzione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione»;
— n. 781 in data 3.6.2003: «Art. 4 della l.r. 11.3.2003, n. 3 — Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione e modifica al POA 2003»;
— n. 782 del 3.6.2003: «Art. 27, comma 1, della l.r. 11.3.2003, n. 4 — Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di entrate derivanti da assegnazioni statali per l'attività di comunicazione istituzionale e di formazione in materia di servizio civile nazionale — assegnazione fondi relativi all'esercizio finanziario 2002».



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere Grandinetti.





Proposte di legge (Discussione generale):
«Riordino del servizio sanitario regionale» Giunta (134)
«Riordino del servizio sanitario regionale della regione Marche» iniziativa popolare (165)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge n. 134 ad iniziativa della Giunta e n. 165 ad iniziativa popolare. La discussione è congiunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. L’ultima frontiera dell’assalto neoliberista su scala globale ai beni comuni e ai diritti fondamentali degli individui riguarda il sistema pubblico di protezione sociale. La costruzione di una rete di servizi e di prestazioni pubbliche a garanzia dei bisogni fondamentali delle persone, iniziato alla fine dell’Ottocento a seguito delle rivendicazioni sociali del nascente movimento dei lavoratori, è stato uno dei principali contributi alla civiltà umana fornito dall’Europa. La garanzia universale, valida per tutti i cittadini, senza distinzioni di censo, di un reddito vitale dopo l’età lavorativa e di una tutela nei confronti della malattia ha costituito il fondamento materiale della democrazia ed ha reso più effettivi i diritti formali di libertà. La sottrazione ad una logica puramente economicista e finalizzata al lucro privato della gestione dei sistemi previdenziale e sanitario ha aumentato enormemente il livello e la qualità della vita dei cittadini. Oggi queste conquiste di civiltà sono messe in pericolo dalla voracità famelica delle politiche neoliberiste, che vogliono trasformare in fonte di profitto ogni scampolo dell’esistenza umana. FMI, Banca Mondiale, BCE non perdono occasione per sollecitare e imporre ai Governi nazionali, troppo spesso compiacenti, la necessità di privatizzare pensioni e sanità.
Eppure le statistiche fornite dall’OMS dimostrano in maniera inequivocabile che i Paesi nei quali il diritto alla salute è più tutelato sono quelli dove esiste un sistema sanitario pubblico e universale, primi tra tutti la Francia e l’Italia. Il modello sanitario americano, di tipo assicurativo e privatistico, è infatti un esempio di barbarie e di inefficienza: nella nazione più ricca e potente del mondo un essere umano può essere lasciato morire se privo di copertura assicurativa. Negli USA, nonostante che per la sanità si spenda oltre il 12% del reddito nazionale, quaranta milioni di cittadini sono privi di assistenza sanitaria. I poveri e gli emarginati, in USA possono crepare nell’indifferenza delle pubbliche autorità.
E’ questo barbaro modello che viene preso ad esempio in Europa e in Italia.
Ormai da oltre un decennio nel nostro Paese è in atto un pesante attacco al SSN. Le grandi conquiste di civiltà realizzate con la riforma sanitaria del 1978, una delle legislazioni sanitarie più avanzate del mondo, sono a rischio, innanzitutto a causa di una continua riduzione delle risorse disponibili. Nel 1990 la spesa sanitaria pubblica rappresentava il 6,4% del PIL. Oggi essa si è ridotta al 5,8%, nonostante la lievitazione dei costi delle prestazioni a causa delle nuove e costose tecnologie sanitarie. L’Italia è, insieme alla Grecia e al Portogallo, il fanalino di coda all’interno dell’UE nel rapporto tra spesa sanitaria e PIL. I dati dell’UNDP, l’agenzia dell’ONU sullo sviluppo umano, mostrano che la spesa sanitaria pro-capite in Italia è pari a 1676 dollari contro i 3182 della Norvegia, i 2145 della Svezia, i 2243 del Giappone, i 2288 della Francia e i 2697 della Germania. Questi dati mostrano che in Italia per la sanità si spende troppo poco. Per raggiungere i livelli dei Paesi più avanzati la spesa sanitaria dovrebbe crescere di un terzo rispetto ai valori attuali. I cronici deficit sanitari che affliggono tutte le regioni italiane, senza distinzione di colore politico, derivano principalmente dal fatto che il Fondo Sanitario Nazionale è grandemente sottostimato. Soltanto la gestione pubblica del SSN ha fin qui consentito, con così scarse risorse, di fare dell’Italia il secondo Paese del mondo, dopo la Francia, per qualità dei servizi sanitari.
Eppure il Governo Berlusconi vuole smantellare questo sistema sanitario pubblico per fare della salute occasione di profitto privato. L’attacco del governo alla sanità pubblica è portato su più fronti:
Il fronte finanziario
— La legge 405/01 ha chiuso definitivamente il contenzioso aperto da anni tra lo Stato e le Regioni sul ripiano dei debiti sanitari regionali e sancisce formalmente la cronica sottostima del FSN, in quanto prevede che nel 2004 la spesa sanitaria dovrà raggiungere appena il 6% del PIL, ben al di sotto della media europea;
— Il finanziamento statale riguarda soltanto la gestione corrente del sistema senza alcun intervento in materia di investimenti sanitari (le necessità annuali minime ammontano ad almeno il 2% del PIL).
— I deficit sanitari regionali non possono più essere coperti con il ricorso all’indebitamento (mutui) ma attraverso nuove tasse regionali, introduzione di ticket o tagli alle spese di bilancio delle Regioni. Le Regioni che non dimostrano la copertura del deficit sanitario per l’anno in corso saranno penalizzate nella distribuzione del FSN dell’anno successivo. Se la Regione Marche non avesse approvato la manovra fiscale, pesante ma giusta, in quanto gravante solo sul 30% dei cittadini più benestanti, nel 2002 avrebbe avuto circa 200 miliardi in meno di finanziamento statale.
Il fronte normativo
I principali provvedimenti governativi in materia sanitaria hanno riguardato:
— la possibilità di un’entrata dei privati nelle aziende sanitarie pubbliche, per ora limitata solo agli Istituti di Ricerca e Cura, ma con l’intento dichiarato di estenderla in futuro a tutte le tipologie aziendali;
— la riduzione dei posti letto ospedalieri ad un rapporto del 4 per mille sul numero di residenti;
— la sospensione delle scadenze per l’attuazione delle norme sull’incompatibilità per i medici tra impiego nel sistema sanitario pubblico e libera professione privata. L’orientamento dichiarato dall’attuale Ministro della Salute è l’abolizione di ogni forma di incompatibilità;
— la definizione delle prestazioni erogate dal sistema sanitario nazionale (Livelli Essenziali di Assistenza – LEA), che escludono le cure odontoiatriche e una serie di prestazioni riabilitative che prima erano a carico del sistema pubblico e che oggi sono a totale carico dei cittadini;
— la proposta di legge costituzionale sul federalismo, elaborata da Bossi, che sancirebbe la sparizione di un sistema sanitario nazionale in favore di 20 sistemi sanitari regionali, diversi tra loro per organizzazione e livello di prestazioni erogate.
Di fronte a questo attacco governativo alla sanità pubblica, la maggioranza democratica e progressista che governa le Marche, riconferma integralmente la volontà di assicurare ai cittadini marchigiani un sistema sanitario pubblico e universalistico, fondato sui principi di equità e solidarietà, in attuazione dell’articolo 32 della nostra Costituzione. Per garantire questo sistema sanitario è necessario, a fronte di una scarsità crescente di risorse disponibili, renderne la gestione più efficiente e razionale. Nella discussione sul Piano Sanitario Regionale discuteremo dei contenuti, in termini di miglioramento dei servizi, della riforma sanitaria proposta e quindi, per ora, ci limiteremo a presentare la nuova organizzazione gestionale della sanità marchigiana.
Nelle Marche l’andamento della spesa sanitaria ha visto nel corso del 2002 una tendenza positiva. La spesa sanitaria marchigiana è sotto controllo. La spesa farmaceutica si è ridotta considerevolmente, senza ricorrere, come avvenuto in altre Regioni, alla reintroduzione dei ticket, vera e propria tassa sulla malattia che colpisce i più poveri. L’obiettivo del deficit nel 2002, pari a 109 milioni di euro, è stato sostanzialmente centrato, manifestando così la tendenza verso un contenimento dei costi. Questi positivi risultati sono stati raggiunti però attraverso provvedimenti gestionali straordinari, che in alcuni casi hanno comportato anche un razionamento dei servizi offerti. Per consolidare questa positiva tendenza, senza penalizzare la qualità delle prestazioni, occorre quindi procedere a rendere più efficiente il modello organizzativo del nostro SSR.
Nelle Marche abbiamo una situazione di frammentazione aziendale nella gestione della sanità rispetto alle altre regioni. Da noi esistono 13 ASL (una ogni 112.000 abitanti, una ogni 746 Km quadrati) contro una media nazionale di una ASL ogni 289.000 abitanti e una ogni 1519 Km quadrati. Solo il Molise ha un grado di dispersione aziendale più elevato del nostro, ma anch’esso sta provvedendo ad una drastica riduzione delle aziende. Inoltre, nelle Marche esistono ben 4 Aziende Ospedaliere (AO) regionali (Torrette-Umberto I, Lancisi e Salesi ad Ancona e San Salvatore a Pesaro) e un istituto autonomo di carattere nazionale (l’INRCA). Nel territorio della sola ASL 7 di Ancona, con una popolazione di circa 230.000 abitanti, operano ben 5 aziende sanitarie. Questa frammentazione aziendale è una delle cause del fatto che il numero di unità operative, i vecchi reparti ospedalieri, sia nelle Marche il doppio di quello medio nazionale. Nelle AO più piccole (Lancisi e Salesi) il numero di dipendenti con funzioni non sanitarie è circa di uno per ogni posto letto.
Questa situazione di frammentazione aziendale è, in primo luogo, causa di sprechi e inefficienze, derivanti dalla moltiplicazione di strutture amministrative autonome, che impediscono di usufruire delle economie di scala che le nuove tecnologie applicate all’organizzazione aziendale consentono. In una situazione di scarsità di risorse è indispensabile concentrare le misure di razionalizzazione nei servizi di supporto logistico e amministrativo, per liberare risorse a vantaggio dei servizi sanitari offerti ai cittadini.
Tuttavia, non è questo il motivo principale alla base della riorganizzazione aziendale proposta. La frammentazione aziendale ha infatti comportato effetti sistemici negativi:
• esasperata concorrenza tra le aziende per accaparrarsi una fetta maggiore delle risorse complessive;
• scarsa integrazione interaziendale dei servizi sanitari con conseguente distorsione dell’offerta (moltiplicazione di servizi analoghi, assenza o scarsità di servizi qualificati o particolari);
• ottica localistica e parcellizzata della gestione strategica aziendale;
• indirizzi e pratiche gestionali disomogenee e a volte addirittura contraddittorie nelle diverse aziende con effetti negativi in termini di equità nell’accesso ai servizi sanitari dei cittadini marchigiani.
L’esperienza di questi anni ha ampiamente dimostrato che il mercato sanitario, fondato sulla competizione tra aziende pubbliche, cardine delle riforme De Lorenzo dell’inizio degli anni Novanta, è fallimentare sotto ogni punto di vista: moltiplica le spese parassitarie e abbassa la qualità sistemica dei servizi offerti.
L’esistenza, nella nostra Regione, di ben 4 AO ha ulteriormente aggravato i difetti del modello concorrenziale perché ha esasperato la logica competitiva e ottusamente produttivistica, oltretutto nella fornitura di prestazioni ospedaliere a danno della sanità preventiva e territoriale, quella più carente e penalizzata. La separazione tra ente erogatore di risorse finanziarie, le ASL, che pagano l’acquisto di prestazioni ad enti erogatori di servizi, le AO, è un modello errato perché ostacola la necessaria integrazione programmatoria e gestionale tra i diversi servizi sanitari e tra questi e l’insieme dei servizi sociali, incrementa le prestazioni ospedaliere inappropriate e particolarmente costose, deresponsabilizza le direzioni ospedaliere rispetto agli obiettivi complessivi e sistemici del SSR, impedisce l’integrazione funzionale tra i servizi amministrativi e di supporto, moltiplicando i centri di spesa e di acquisto autonomi. Non bisogna confondere tra autonomia del governo clinico e dell’organizzazione dei servizi e autonomia amministrativa aziendale. La prima deve essere garantita a tutte le strutture, ospedaliere ed extraospedaliere, e deve essere praticata a livello di singola unità operativa e a livello dipartimentale. L’autonomia amministrativa aziendale , invece, necessita di essere concentrata in strutture complesse, integrate e adeguate sul piano dimensionale.
La riorganizzazione aziendale è dunque una necessità inderogabile per perseguire gli obiettivi di miglioramento qualitativo della sanità marchigiana.
Di fronte a questa necessità si potevano perseguire due strade. La prima era quella di ridurre il numero delle aziende territoriali, aumentandone le dimensioni. Questa strada rimaneva integralmente all’interno del modello del mercato sanitario pubblico delineato dai D. lgs. 502/517, ma ne avrebbe attenuato gli effetti negativi. In particolare, l’ipotesi di una gestione sanitaria aziendale articolata su scala provinciale, come proposto anche dalla PdL di iniziativa popolare (con l’eccezione fermana), era dotata di una sua logica, anche in relazione alle esperienze delle altre Regioni. Non si può nascondere che questa soluzione ha incontrato ostacoli di carattere politico, istituzionale e sociale: in una Regione polimorfa e plurale come le Marche la dimensione provinciale non è socialmente, politicamente e culturalmente riconosciuta come adeguata sede di governo di servizi complessi ed essenziali. Questo tipo di soluzione sarebbe stata vista come una forzatura semplificante da parte della comunità marchigiana e delle sue rappresentanze sociali ed istituzionali. Ipotizzare un’articolazione subprovinciale delle aziende, invece, non avrebbe consentito di conseguire gli obiettivi prefissi e avrebbe lasciato sostanzialmente inalterata la situazione attuale.
Di fronte a questi dati di fatto, la Giunta e la maggioranza regionale hanno scelto una strada di forte innovazione, consentita oggi dalla riforma del titolo V della Costituzione, che assegna alle Regioni la competenza esclusiva in materia di organizzazione sanitaria. La proposta dell’ASUR fuoriesce dal modello puro del mercato sanitario e della competizione aziendale e apre un terreno nuovo di sperimentazione che mira a correggere le distorsioni mercantilistiche e concorrenziali presenti nei Dlgs 502/517. Attraverso l’ASUR la gestione della sanità marchigiana potrà essere informata ad un coerente ed uniforme indirizzo strategico gestionale, che potrà portare, se correttamente realizzata, ad una forte integrazione della rete dei servizi sanitari, con significativi miglioramenti qualitativi e quantitativi del livello di protezione sanitaria per i cittadini marchigiani.
Siamo tutti ben consapevoli dell’audacia e dei rischi di questa sperimentazione, così fortemente innovativa, e quindi saranno essenziali, per il successo di questa riforma, le modalità attraverso cui essa verrà concretamente realizzata e gestita. In questo senso la V Commissione, nell’esaminare la proposta di legge della Giunta, ha prestato particolare attenzione, rafforzandoli ed estendendoli, ai meccanismi di partecipazione, di monitoraggio, di controllo e di verifica sull’attività dell’ASUR da parte delle istituzioni regionali e locali, delle forze sociali e dei cittadini. Nella proposta all’esame dell’Aula i rischi di centralizzazione e di opacità nella gestione della sanità marchigiana derivanti dall’istituzione dell’ASUR sono stati minimizzati e, per molti aspetti, eliminati.
L’articolazione organizzativa dell’ASUR, in tredici zone territoriali, dotate di ampia autonomia gestionale, operativa e finanziaria, consentirà alle comunità locali e alle loro istituzioni di partecipare preventivamente alla programmazione e all’offerta dei servizi sanitari sul territorio e, successivamente, di controllarne la concreta attuazione. In questo senso, un ruolo decisivo nell’attuazione della riforma spetterà alle Conferenze dei Sindaci istituite a livello di zona, il cui ruolo è stato ulteriormente valorizzato rispetto alla situazione attuale.
La definizione di distretti sanitari coincidenti con gli ambiti sociali permetterà una più forte integrazione tra i servizi sanitari e quelli sociali. Questa scelta strategica di puntare più fortemente sull’integrazione socio-sanitaria è rafforzata dall’istituzione di una nuova figura dirigenziale al livello di ASUR, quella del responsabile dei servizi di integrazione.
Sul piano regionale, il Consiglio regionale e la Giunta regionale hanno forti poteri di indirizzo e di controllo sull’attività dell’ASUR. L’atto aziendale, fondamentale strumento organizzativo dell’ASUR, sarà formulato sulla base di criteri e indirizzi definiti dalla Giunta insieme alla Commissione consiliare competente e sarà sottoposto, prima della sua emanazione da parte del Direttore generale, alla preventiva approvazione della Giunta regionale. Il CR definirà, inoltre, i criteri per la ripartizione da parte della GR delle risorse finanziarie alle singole zone territoriali.
La conferenza permanente regionale dei Sindaci esprimerà preventivo parere su tutti gli atti fondamentali dell’ASUR.
L’istituzione, a livello regionale e zonale, dei Comitati di partecipazione dei cittadini alla tutela del diritto alla salute, introduce per la prima volta nel nostro SSR organismi riconosciuti di partecipazione dei cittadini alla gestione della sanità.
Tutte queste misure previste dalla PDL in esame, rispondono in modo forte ed esaustivo alle preoccupazioni espresse da più parti, in sede di audizione con i soggetti interessati, circa i rischi di accentramento decisionale.
Sul piano dell’organizzazione interna si stabilisce che l’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione di tutte le attività dell’ASUR e delle AO. E’ questo un rafforzamento di un principio già sancito nel precedente PSR, ma non ancora pienamente realizzato. La gestione dipartimentale, il superamento della frammentazione interna aziendale, non solo di quella esterna, è un requisito imprescindibile per una più efficiente e qualitativamente superiore gestione dei servizi. Esso implica un mutamento culturale e di mentalità da parte degli operatori sanitari, in primo luogo quelli medici, ma impone anche la rottura con interessi e pratiche consolidate che perseguono finalità particolari e, a volte, puramente personali o di gruppo. Affinché questo avvenga non è più sufficiente un’azione, da parte del livello regionale e aziendale, di semplice orientamento e formazione: occorre fare del modello dipartimentale un obiettivo prioritario a tutti i livelli di gestione e porlo esplicitamente come criterio fondamentale di valutazione dei dirigenti sanitari.

PRESIDENTE (ai componenti il gruppo di An che hanno esposto uno striscione sul loro tavolo): No, no, questo non è possibile. Mi dispiace per i mezzi di informazione ma non è colpa mia: se la loro presenza ci porta a questi livelli, rinunciamo ai mezzi di informazione. Prego, consigliere Ricci, continui.

ANDREA RICCI. Un’importante novità è quella dell’istituzione, a livello aziendale e zonale, dei Dipartimenti delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Le figure professionali sanitarie vengono in tal modo riconosciute, anche dal punto di vista organizzativo, come elementi fondamentali del SSR e vengono dotate di strumenti e procedure, diverse rispetto a quelle mediche, per la gestione e l’organizzazione autonoma delle loro funzioni.
Questo che ho succintamente illustrato rappresenta l’obiettivo finale della riforma sanitaria. E’ del tutto evidente che una così profonda e radicale modifica della logica organizzativa non può avvenire dall’oggi al domani, con un colpo di bacchetta magica. Prima di entrare a pieno regime, il nuovo assetto organizzativo ha necessità di attraversare una fase di transizione e di passaggio, in cui vengono gradualmente introdotti i cambiamenti. Il sistema dovrà sin da subito orientarsi verso il nuovo modello, ma ciò dovrà essere fatto prevedendo un periodo congruo di tempo per gestire con gli strumenti più adeguati la complessa e difficile fase che si aprirà a partire dall’approvazione della riforma. In questo senso, l’ipotesi di fase transitoria prevista nella PDL all’esame dell’aula potrà trovare nel corso della discussione consiliare ulteriori modifiche, che potranno prevedere una riunione straordinaria della V Commissione per la predisposizione di specifici emendamenti, in modo da rispondere ancor meglio alle perplessità e alle preoccupazioni che da più parti sono state avanzate sui rischi di un brusco e ingestibile passaggio al nuovo assetto.
Accanto all’ASUR sono previste due AO: il S.Salvatore di Pesaro e gli Ospedali Riuniti Umberto I – Lancisi – Salesi.
Per la prima si tratta di una conferma. La mia personale opinione è che la conferma dell’AO di PS dovrà essere sottoposta a verifica alla scadenza del nuovo PSR: è infatti necessario, per il mantenimento di tale status, che l’ospedale di Pesaro riqualifichi la propria offerta, rispetto a quella attuale, in modo da trovare una propria definita identità che gli consenta di assolvere pienamente ai bisogni ospedalieri del proprio bacino territoriale ed anche di proiettarsi su una scala provinciale e regionale.
Di importanza fondamentale è invece l’unificazione, in un’unica azienda, degli ospedali di Ancona. In questo modo il polo ospedaliero anconetano trova finalmente un assetto organizzativo e gestionale adeguato alle potenzialità regionali e nazionali che esso può esprimere. L’unificazione aziendale degli ospedali di Ancona è una scelta di forte valorizzazione di queste strutture ospedaliere perché consentirà una gestione strategica sistemica e integrata delle risorse disponibili che potrà portare ad un miglioramento qualitativo dell’offerta a disposizione dell’intera collettività regionale. I rischi paventati nella città di Ancona di uno svilimento del ruolo e della funzione del Lancisi e del Salesi sono privi di ogni fondamento e manifestano un’incomprensione profonda delle necessità della sanità regionale e locale. L’ospedale pediatrico e l’ospedale cardiologico sono due punti di eccellenza della sanità regionale e l’obiettivo comune è quello di un potenziamento del loro livello qualitativo. Per questo, la loro istituzione, all’interno dell’AO unica, come presidi monospecialistici di alta specializzazione, dotati di un proprio livello direzionale autonomo e di una forte autonomia gestionale ed operativa, garantisce tutte le condizioni necessarie ad un loro più qualificato sviluppo. Si deve rilevare inoltre come per l’ospedale pediatrico Salesi si mantiene la localizzazione distinta rispetto agli altri ospedali dell’AO, in considerazione della particolarità assistenziale richiesta per la cura dei bambini. Se è necessario, questo aspetto potrà trovare un più esplicito riconoscimento normativo, senza però intaccare l’unificazione aziendale degli ospedali anconetani. L’integrazione aziendale di tutte le strutture ospedaliere anconetane potrà inoltre consentire di impostare il rapporto con l’Università di Medicina in termini più equilibrati a tutto vantaggio della sanità anconetana e regionale. L’unificazione delle AO anconetane è per questo di importanza strategica e qualora questa scelta venisse rimessa in discussione nel corso del dibattito del CR sarebbe l’intero modello della riforma ad esserne inficiato, perché perderebbe la sua coerenza logica e verrebbe indebolito pesantemente.
Il riordino del SSR che oggi è all’esame di questa assemblea è il frutto di un lungo confronto, durato più di un anno, che ha coinvolto tutti i soggetti interessati, dalle istituzioni locali alle forze sociali, dagli operatori del settore alle associazioni della società civile. Da parte di tutti i soggetti è unanimemente venuta la spinta a procedere speditamente verso una riorganizzazione del sistema: nessuno ha sostenuto che il modello organizzativo attuale era preferibile e da mantenere immutato. Diverse, invece, sono state le proposte di modifica. Alla fine, l’ipotesi che ne è scaturita ha trovato un consenso vasto, sia pur con differenti gradi di apprezzamento, come dimostrano i pareri del CES e della Conferenza delle Autonomie.
E’ rimasto invece un dissenso convinto da parte delle due principali organizzazioni sindacali della regione, la CGIL e la CISL. Per la maggioranza regionale il non essere a tutt’oggi riusciti a definire un rapporto meno ostile e conflittuale con queste forze sindacali rappresenta il rimpianto maggiore, perché CGIL e CISL sono due forze fondamentali della società marchigiana, rappresentano centinaia di migliaia di lavoratori e, dal punto di vista politico, sono interlocutori naturali e privilegiati dello schieramento politico di governo regionale. La V Commissione, nel lavoro di redazione del testo finale della legge, ha cercato di tenere conto delle obiezioni avanzate, anche attraverso la presentazione di una petizione popolare sottoscritta da decine di migliaia di cittadini, da queste forze. In particolare, nel testo finale si prevede che il secondo livello di contrattazione sarà zonale. Dal punto di vista della contrattazione collettiva di lavoro nulla cambierà rispetto alla situazione attuale: non esisterà alcun livello regionale di contrattazione, e quindi la contrattazione collettiva di lavoro continuerà ad essere articolata sul livello nazionale e sul livello zonale. La piena e integrale facoltà di contrattazione farà capo alla direzione di zona e non a quella aziendale. Era questa una giusta obiezione avanzata alla proposta originaria perché l’eliminazione dei livelli locali di contrattazione correva il rischio di favorire l’intendimento del governo nazionale, ripetutamente espresso dal Ministro per le riforme istituzionali, Umberto Bossi, di ridurre ad un solo livello, quello regionale, la contrattazione collettiva. Nessuno, nella Giunta e nella maggioranza regionale, ha mai pensato questo.
Così come nel testo finale si sono date le più ampie garanzie rispetto alla gestione del personale e dei processi di mobilità. Anche su questo fronte nulla cambierà rispetto alla situazione attuale. I dipendenti del SSR continueranno ad essere assegnati alle zone territoriali, le quali avranno piena competenza nella gestione delle risorse umane. Nessun lavoratore della sanità correrà così il rischio di essere spostato arbitrariamente dalla propria zona territoriale. Crediamo che con queste modifiche le legittime e giuste preoccupazione sindacali rispetto alla tutela dei diritti e delle condizioni dei 20.000 lavoratori della sanità siano state integralmente accolte. Tuttavia, crediamo che sia ancora possibile instaurare un rapporto più costruttivo con CGIL e CISL e in questo senso la maggioranza regionale è disponibile a trovare, fino all’ultimo momento utile, gli elementi necessari all’attenuazione della contrapposizione e ad una maggiore condivisione del percorso di riforma, verificando con queste forze, che nessuno di noi dimentica che rappresentano l’80% dei lavoratori della sanità, le forme e le modalità migliori e più efficaci per affrontare la delicata fase di transizione. L’obiettivo finale della riforma, il modello organizzativo della sanità marchigiana, non può essere inficiato o addirittura sovvertito, perché rappresenta una scelta strategica compiuta da questa maggioranza. Tuttavia le modalità e i tempi attraverso cui esso può essere raggiunto possono, anzi debbono, trovare la più larga condivisione, in primo luogo degli operatori sanitari e delle loro organizzazioni sindacali di rappresentanza. Siamo perciò convinti che nella fase di attuazione della riforma si possa ripristinare un rapporto di piena collaborazione con le forze sindacali in modo da affrontare insieme la complessa fase di transizione necessaria.
Se siamo preoccupati di ripristinare un clima di confronto e di collaborazione con i sindacati dei lavoratori, non ci spaventa affatto invece la chiassosa opposizione del centrodestra regionale. Innanzitutto, prima di urlare contro la riforma sanitaria regionale, gli esponenti del centrodestra dovrebbero spiegare ai cittadini marchigiani le ragioni di un comportamento del Governo nazionale tutto teso allo smantellamento della sanità pubblica ed universalistica. In secondo luogo, nei lavori della V Commissione è emerso con lampante chiarezza come la minoranza non abbia alcuna proposta alternativa sulla sanità. Infatti, il centrodestra in Commissione ha presentato tutti gli emendamenti possibili rispetto all’organizzazione aziendale, tutte le combinazioni numeriche possibili tra ASL e AO. Sembrava di essere in una ricevitoria del lotto, piuttosto che in Consiglio regionale. Questo dimostra che l’intento dell’opposizione di centrodestra è solo quello di dire NO alle proposte della maggioranza, indipendentemente dal loro contenuto. Sono convinto che se fosse stata presentata da parte nostra una qualunque altra proposta di riordino, avremmo assistito al medesimo spettacolo. Nelle Marche il centrodestra non ha né le idee, né la forza, come hanno dimostrato anche le recenti elezioni amministrative, per governare. Non è da questo fronte che l’attuale maggioranza regionale ha da temere.
Una eventuale difficoltà per l’attuale maggioranza regionale potrà venire solo attraverso un atto di autolesionismo suicida. Solo se le differenze di opinione, normalmente presenti su un tema di così rilevante importanza come la sanità, all’interno della maggioranza degenerassero in modo patologico, allora assisteremmo al fallimento politico del progetto sancito del programma elettorale votato dai cittadini. Nessuna forza politica della maggioranza può rivendicare la paternità della proposta oggi all'esame: le idee di ciascuno di noi all’inizio del percorso erano diverse da quelle oggi presentate nelle PDL, nessuno di noi può riconoscersi interamente nella proposta di oggi. E’ normale che sia così, non tanto per la necessità della mediazione politica, quanto per il fatto che una riforma così importante coinvolge tanti e diversi interessi e soggetti, al di fuori dell’arena politico-istituzionale regionale, e quindi presenta una complessità tale che non è riducibile alla pura volontà della rappresentanza politica. Guai se così non fosse, perché l’esercizio della democrazia non può svolgersi soltanto nelle chiuse stanze delle sedi istituzionali, dei Palazzi del potere.
La diversità di opinioni, che ancora oggi sussiste nella maggioranza regionale, la non totale condivisione della proposta presentata, che coinvolge persino il relatore del presente atto, non riguarda comunque la questione sostanziale e primaria, cioè il livello e la qualità dei servizi offerti ai cittadini marchigiani dalla sanità pubblica, ma un aspetto importante, sì, ma secondario e in qualche modo ancillare rispetto al primo, ovvero l’organizzazione amministrativa e gestionale del sistema sanitario. Sono convinto che se in tutti noi, colleghi della maggioranza, prevarrà il buon senso, e se alla fine riusciremo ad approvare questi atti, senza forzature unilaterali che ne possono stravolgere la natura, avremmo compiuto forse il pezzo più importante di quella strada che tra anni fa ci unì in un comune progetto di governo della nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Signor Presidente, colleghi, mi si permetta una battuta prima di iniziare la mia relazione di opposizione e non di minoranza. La nostra posizione, collega Ricci, è maggioritaria nella regione Marche. La battuta infatti è questa: nella relazione molto si è parlato di quello che dovrebbe essere il percorso della maggioranza, non si è parlato di quello che è e che è stato il percorso che ha portato alla discussione di oggi. Il governo regionale assunse infatti nel luglio dello scorso anno una pesante decisione, colleghi: l'ufficializzazione di una proposta di legge che chiamò "Riordino del servizio sanitario regionale" ma che era priva di essenziali requisiti, politici e di merito. Politicamente mancava di preventivo confronto tra le forze di maggioranza, di aggancio con la discussione pure in corso con le forze sociali, di concertazione con gli operatori del settore, di una precedente sperimentazione simile a modello che potesse almeno fungere da termine di paragone. Nel merito rovesciava i termini del problema, costringendo tutti a partire dall'organizzazione gestionale della sanità — numero delle Asl — piuttosto che, come invece era necessario, dai bisogni e dalle risposte in termini di sistema, creando una commistione molto grave tra la politica e la gestione tecnica, il governo clinico, l'una pregiudiziale e pregiudizievole dell'altra.
Che cosa si voleva fare? Quale il disegno? Vi è un piano o è solamente incapacità politica, arroganza, chiusura? La sequela degli atti e delle attività che hanno preceduto la seduta di Giunta che ha licenziato la proposta del luglio 2002 dimostra che vi è un disegno nato da un evento che può considerarsi spartiacque tra quel che è stato e quel che è oggi anche il sistema sanitario nazionale e regionale. Altro che risorse minori: risorse maggiori ma responsabilizzazione piena e totale di coloro che hanno il compito della gestione: l'accordo Stato-Regioni dell'8 agosto 2001. La sanità non era più un debito fuori bilancio ma le Regioni dovevano rispondere in proprio della loro capacità o incapacità gestionale, con risorse certe, programmate per tre anni ed aumentate già nell'anno 2001, un anno che per 6/12 non era certo imputabile al Governo del centro-destra, eletto a maggio del 2001.
L'accordo sottoscritto dal Presidente D'Ambrosio come da tutti i presidenti delle Regioni, "allo scopo di rendere realistica l'entità dei finanziamenti statali, eliminando gli inconvenienti — per usare un eufemismo — derivanti da sottostime delle esigenze finanziarie e conferire stabilità alla spesa in un arco almeno triennale, nell'arco della compatibilità finanza pubblica e nel quadro di un rinnovato patto di stabilità interno, è incrementata la quantificazione delle risorse previste per l'anno 2001 a chiusura definitiva, tra Governo e Regioni, della partita finanziaria e sulla base del principio della corrispondenza delle risorse alle responsabilità. Le Regioni, da parte loro si impegnano a far fronte alle eventuali ulteriori esigenze finanziarie con mezzi propri, ai sensi del successivo punto 2. In ogni caso adotteranno tutte le iniziative possibili per la corretta ed efficiente gestione del servizio, al fine di contenere le spese nell'ambito delle risorse disponibili".

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SANDRO DONATI

Da questo che ho chiamato spartiacque è nata la manovra finanziaria di fine anno 2001, la manovra finanziaria più pesante tra tutte le Regioni d'Italia. La ricordo: per i redditi fino a euro 10.329 Irpef aumentata dello 0,90; a scaglioni si giunge ai redditi oltre euro 69.721 al 4% di addizionale regionale. L'Irap: aumento dello 0,9%, Irap regionale al 5,15%; bollo auto +7,98%.
Alla manovra finanziaria di fine anno 2001 fa seguito il primo fondamentale atto di questo disegno che oggi giunge al suo epilogo, la nomina del responsabile del dipartimento servizi alla persona e alla comunità, delibera di Giunta regionale n. 339 del 19 febbraio 2002. Si chiede ad un'unica persona di concentrare tutte le funzioni che in via straordinaria portano, appena dopo, al commissariamento di tutte le Asl, tutte le funzioni di programmazione e gestione del sistema sanitario regionale. Il commissariamento di tutte le Asl — delibera 1093 dell'11 giugno 2002 — è atto gravissimo e secondo della fase che porterà alla proposta di legge oggi in discussione. Il cuore del disegno è infatti a luglio: proposta di legge della Giunta regionale, rientro forzoso del deficit fuori controllo, malgrado la manovra finanziaria di fine anno, registrato da tutte le Asl.
Ho qui la lettera di uno dei tanti commissari. Dice: "In conseguenza del fatto che il quadro normativo nazionale pone a totale carico delle Regioni e dei loro bilanci la copertura dei disavanzi economici prodotti dalle Asl, la Regione Marche ha emanato precise e tassative disposizioni affinché i livelli di spesa già programmati per l'anno 2002 da ciascuna azienda sanitaria sulla base dei budget economici ad essa assegnati all'inizio del corrente anno non venissero superati". Attenzione, colleghi: nonostante ciò si è rilevato che "la situazione contabile accertata in tutte le aziende regionali al 30 giugno scorso e proiettata su base annua, in assenza di specifici interventi comporterà un insostenibile sfondamento della predetta programmata. Ciò ha indotto la Regione a predeterminare direttamente il valore economico complessivo degli interventi che ciascuna azienda deve adottare per contenere il disavanzo economico entro limiti ragionevoli. Alla luce di quanto sopra questa azienda deve adottare interventi correttivi sull'andamento della propria spesa, tali da consentire una riduzione del disavanzo potenziale per il 2002 pari a circa 3,9 milioni di euro". Una sola azienda delle 13 territoriali, più quattro ospedaliere: era il luglio 2002.
A luglio il cuore del disegno: pdl proposta dalla Giunta senza confronto, anzi al di fuori della discussione che era in corso da tempo con le parti sociali, senza confronto di maggioranza. Perché, colleghi, abbiamo lavorato molto in Commissione e ci siamo potuti confrontare su questi temi: nessuno di voi, a luglio era a conoscenza di questo disegno.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI

Prove di Asl unica, di commistione politico-gestionale, nella quale lo stesso assessorato sembra non avere più centralità. Nessuna l'agenzia sanitaria. Come ai tempi di crisi dell'antica Roma, concentrare tutti i poteri instaurando una dittatura? E che dittatore, quello scelto! Lucido, esperto navigato, un curriculum da fare impressione, da Ferrara e Cesena. Il disegno è chiaro: la relazione alla proposta di legge non so quanti colleghi l'hanno letta, io me la sono letta e riletta più di una volta.
A pag. 3: "Dal contesto organizzativo delineato emerge come il quadro delle competenze centrali facenti capo all'azienda unica regionale si possa sintetizzare nell'esercizio di una funzione di governo complessivo del sistema, da espletare in stretto raccordo con il livello istituzionale regionale, di impulso e sviluppo organizzativo e gestionale, di valutazione dei risultati conseguiti, di controllo di gestione, di responsabilità diretta sui processi amministrativi, di supporto verso i processi produttivi ed erogativi decentrati. A tali funzioni, in particolare nella fase iniziale va aggiunto il governo delle tematiche connesse alla mobilità del personale ed i relativi rapporti con le organizzazioni sindacali". Questa è la Asl unica, a luglio del 2002.
E si prosegue, pag. 4 della prima relazione illustrativa della proposta di legge originaria: "Per favorire il perseguimento di tali obiettivi il disegno di legge prospetta un assetto organizzativo, che senza incidere sull'individuazione delle singole sedi definisce in maniera esplicita il ruolo dei diversi livelli istituzionali, delle relative modalità di relazione, individuando i rispettivi strumenti operativi in un contesto comunque fortemente caratterizzato da elementi di razionalizzazione, efficienza ed efficacia operativa, funzionali a: recuperare spazi di razionalità, ridefinire i livelli dirigenziali, eliminare le duplicazioni e ridondanze nei contratti di forniture e nell'acquisizione di beni e servizi, rinegoziazinoe dei contratti nell'acquisizione di beni e servizi, razionalizzazione ed eventuale centralizzazione di servizi tecnici ed economali, rafforzare sistemi di gestione e responsabilizzazione, inserendoli in perimetri aziendali più vasti di quelli attuali, focalizzare le responsabilità gestionali, momenti di dialogo e cooperazione dell'azienda con gli altri attori del sistema istituzionale che convengono sul benessere delle persone, affinché responsabilità e cooperazione si concentrino sui contenuti specifici e distintivi dell'offerta di servizi sanitari e — da me sottolineato — non si disperdano su elementi e processi strumentali all'effettiva erogazione di servizi". Non si devono distrarre i territori, devono erogare i servizi... La gestione e la programmazione sono tutte in un'unica mano.
Art. 7: si prevedeva il dipartimento amministrativo. Art. 8: si prevedevano funzioni di staff centrali. Art. 10: libertà di incarichi professionali. Questo il disegno, questa la relazione. Non lo dice il relatore di minoranza, lo dice l'estensore della proposta di legge.
A proposito, è centrale su questo discorso il contenimento della spesa? Tutta attorno a questo perno ruota questa proposta di legge? Prima dell'art. 10, che poi in Commissione non è passato, sapete quanto costavano gli incarichi professionali non sanitari nel nostro sistema? Ben 11.215.022 euro: incarichi non professionali, cioè dati occasionalmente ad alcuni singoli professionisti legali, fiscali, amministrativi e gestionali o per collaborazioni coordinate e continuative di tipo non sanitario, cioè amministrativo.
IL dubbio inizia allora ad insinuarsi in molti dei soggetti che poi saranno coinvolti in maniera piena dalla discussione su questa proposta di legge. Non solo le opposizioni ma tute le forze sociali, politiche economiche, rappresentative della realtà marchigiana. Il dubbio si rafforza con la deliberazione n. 2.265 del 23 dicembre 2002: "Integrazione e modificazione della delibera 1621/2002, avente per oggetto "D. Lgs. 502/92: determinazione delle tariffe per le prestazioni di ricovero ospedaliero da valere dall'anno 2002". Il disegno continua. Si è sovrapposta la programmazione alla gestione, si sono accentrate tutte le funzioni, il sistema sanitario regionale è l'Asl unica, è in questo momento il direttore del dipartimento. E' lui infatti, che firma con l'assessore un passaggio che ora leggerò. Il piano non era ancora conosciuto, prevedeva determinati aspetti di riforma del sistema per quanto riguarda le strutture ospedaliere, parlava ancora di poli, di ospedali di rete, di aziende ospedaliere, questa delibera classifica in fascia A e in fascia B semplicemente, in maniera diretta, tutti gli ospedali della regione Marche, dicendo che quelli che debbono sopravvivere sono quelli di fascia A e gli altri devono essere solo il tramite per un passaggio economico-finanziario. Questo dice la delibera. Al di fuori del piano e in mezzo alla discussione che stava aumentando e si stava concentrando sulla proposta di legge 134.
Non siamo pertanto nell'antica Roma. Che succede nelle marche? Se l'agenzia non si ribella, se l'assessore aggiusta un po' il tiro per quanto riguarda le deleghe pur date al direttore del dipartimento, si ribellano tutti gli altri soggetti: i sindacati, le forze di maggioranza, i sindaci, gli operatori sanitari.
I sindacati. Non sono parole mie: "Immediatamente dopo la firma del protocollo del 5 febbraio 2002 la Giunta regionale ha realizzato, con una disinvoltura incredibile, un voltafaccia clamoroso. Ha chiuso l'accordo in un cassetto, non ha avviato alcuna delle azioni concordate, ha interrotto per mesi il rapporto con le organizzazioni sindacali, ha intrapreso una strada tutta sua che l'ha portata all'adozione di una proposta di legge di riordino del servizio sanitario regionale incentrata sulla concentrazione in un'unica azienda — Asur — della gestione della sanità delle Marche. Non abbiamo condiviso e tale resta oggi il nostro giudizio. Un'operazione sostanzialmente di potere, che mortifica la tradizione e la cultura marchigiane nonché il ruolo del territorio e delle autonomie, impedisce la partecipazione, monopolizza le sconoscenze, aggiunge oneri e strutture burocratiche, peraltro molto costose, ad una situazione organizzativa già ridondante ed eccessiva. Con questa decisione la Giunta regionale ha reso esplicito e formale, nel metodo e nella sostanza, il cambiamento del suo atteggiamento nei riguardi delle organizzazioni sindacali, affossando definitivamente l'accordo di febbraio". E' il segretario regionale della Cisl, in preparazione alla manifestazione del 22 febbraio 2003.
Non tengono neppure non solo le dialettiche all'interno delle forze di maggioranza, non solo quelle con i sindaci, pur politicamente vicini a questa maggioranza di centro-sinistra della Regione Marche — si guardino i verbali delle audizioni — ma non tengono neppure i dati economico-contabili.
I dati del 2002 sono impressionanti, perché malgrado la manovra finanziaria, malgrado quella compressione di spesa forzosa che c'è stata dal luglio al dicembre, siamo in un trend che ci riporta ancora 2.144 milioni di euro di spesa regionale, 109 milioni di euro di deficit. I sindacati, non noi, dicono "sono almeno 160 milioni di euro, se non si fossero fatti degli artifici contabili', malgrado compressione di spesa, budget non assegnati fino a giugno. Ogni commissario non ha avuto, fino a giugno, la disponibilità del proprio budget e fino a giugno c'è stata ulteriore compressione forzosa della spesa sanitaria.
Perché tutto questo? Il disegno è stato quello di accentrare, quando invece il decentramento e il riequilibrio dovevano essere la stella polare della riforma sanitaria. I dati della spesa pro-capite, i dati della spesa per provincia, vogliamo confrontarli? Sono dati dell'agenzia. La distribuzione della spesa pro-capite per l'anno 2001, voce "ospedale": 657,3 euro la media regionale. Urbino spende 660 euro per cittadino, Ascoli Piceno 650, Macerata 594, Ancona 705. Vogliamo vedere per provincia? Nell'anno 2000, al lordo e al netto della mobilità. La media Marche è 2.685.000 vecchie lire. Ascoli Piceno spende 2.175.000 lire, Macerata 2.436.000 lire, Pesaro 2.496.000 lire, Ancona 3.364.000 lire. Netto pro capite, al netto della mobilità: 2.153.000 è la spesa pro-capite media delle Marche: Ascoli Piceno 1.977.000 lire, Pesaro 2.084.000 lire, Macerata 2.086.000 lire, Ancona 2.384.000 lire. Occorre accentramento? Accentrare per decentrare? Lo dice Oscar Barchiesi, della Cgil: "è bizzarro anche pensarlo. Occorre decentramento, occorre riequilibrio. Si è dato invece un colpo ulteriore a quello che è uno squilibrio evidente, agli ospedali di polo e a quelli minori di rete. Si guardi la delibera delle tariffe, quella di fine dicembre".
Lo stesso sindacato della Cgil dice: "Il nodo Ancona-Pesaro: due parti di questa regione maggiormente popolate dove esistono aziende ospedaliere, due ambiti in cui non esiste un ospedale di rete. Questo comporta che la mancanza di posti letto di ospedali di rete porta ad un aumento consistente di tutti i costi, perché anche tutte le patologie, gli interventi non complessi vengono retribuiti alle aziende ospedaliere esattamente come fossero complessi. Questo significa che è un nodo che non può più essere rinviato, ma come lo si affronta? Le ipotesi possono essere diverse. Ne avanziamo alcune: si de-aziendalizzano alcuni posti letto, considerandoli ospedali di rete; c'è un governo di posti letto tra azienda territoriale, Regione, azienda ospedaliera che rispondono più a una logica di territorio e non all'azienda ospedaliera;o oppure si differenziano le tariffe, si definisce l'ospedale unico. Sono tutte questioni che non possono essere più rinviate, perché ce le trasciniamo da troppo tempo e che rischiano di aprire anche problemi dal punto di vista del conflitto ,a varie aree della nostra regione, quando si parla di quanto la spesa viene assorbita da un'area o l'altra della regione stessa. Sono problemi reali quelli sui quali occorre intervenire".
Sempre Barchiesi della Cgil dice: "Rete ospedaliera. L'impressione che noi abbiamo sempre avuto e che non ci è stata tolta dal testo del piano, è che nei fatti c'è un'illusione che risparmi e riordino debbano riguardare soprattutto i piccoli ospedali e i poli ospedalieri. Per noi è una scelta sbagliata. Tra l'altro continuiamo a dire che se anche chiudessimo domani mattina — e sappiamo come sia impossibile — tutti i 18 piccoli ospedali che fanno meno di 3.000 interventi l'anno, a meno che non si pensi di licenziare tutti i dipendenti risparmieremmo 47 miliardi di vecchie lire e non avremmo certamente risolto nessuno dei problemi, neanche finanziari, della nostra regione. Con il sistema delle tariffe introdotto a dicembre si chiudono i piccoli ospedali, non si faranno prestazioni, come già sta avvenendo in tante parti del nostro territorio".
Il prodotto di tutto questo, non aver toccato i nodi, neppure quello dell'università, sempre ricordato in varie audizioni da vari soggetti. "Noi sappiamo bene qual è l'importanza — dice uno di questi soggetti — della ricerca e della didattica che può svolgere l'università. Il problema è che non lo diciamo noi ma la Commissione parlamentare d'inchiesta che ha fatto una relazione sulle situazioni delle città dove esistono contemporaneamente, nella stessa struttura, sanità pubblica e facoltà di medicina. La parte che riguarda Ancona dice che questa vicinanza di reparti pubblici, di unità operative pubbliche e dell'università porta ad avere un utilizzo delle strutture inferiore attorno al 70%, per alcune specialistiche ancora meno. La ricerca ha riguardato la presenza della facoltà di medicina dell'università all'Umberto I-Torrette, non già gli altri reparti universitari presenti negli altri ospedali di rete della nostra regione. Credo che la conclusione conclusiva sia emblematica nel dire che è un problema che non può più essere rinviato, che spetta al decisore politico regionale stabilire ,cosa fare e dare l'indirizzo". La considerazione finale dice che "La pace sociale ottenuta tra università e ospedale con il raddoppio delle unità operative, si è pagata sacrificando l'economicità gestionale del complesso ospedaliero Torrette-Umberto I". Non lo scrive il sindacato o la Commissione del Senato della Repubblica, ma ancora audizione della Cgil, Oscar Barchiesi, in data 13 febbraio 2003. Non sono parole mie.
"Il prodotto di tutto ciò è stato un lento, costante, aspro conflitto, una guerra dura che non è terminata, caro Ricci, ma che ha prodotto comunque vittime.? la proposta di legge è oggi un disegno confuso, irrazionale, non funzionale. Per esempio, non si capisce come può essere affidato il compito di gestione ai direttori di zona senza personalità giuridica; come possano essere risolti i problemi di contrattazione. Ultima nota della Cgil-Cisl del 28 maggio 2003: "La legge — D. Lgs. 165/2001 dice che nel caso di amministrazioni o enti con pluralità di sedi o strutture periferiche, le Rsu possono essere costituite presso l;e sedi o strutture periferiche che vanno considerate livelli decentrati di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
Il contratto collettivo nazionale della sanità indica, nel livello aziendale il livello decentrato di contrattazione e l'accordo quadro nazionale con l'Aran per l'elezione delle Rsu dice che, in sanità, si elegge una unica Rsu per azienda. La contrattazione collettiva decentrata (integrativa) viene — per parte sindacale — esercitata, secondo il contratto sanità, dalla Rsu e dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del contratto nazionale medesimo. Ora: la proposta di legge della Giunta regionale — ovviamente ci si riferisce a quella relativa alla riorganizzazione del servizio sanitario marchigiano — si inventa un terzo livello, dopo quello nazionale e aziendale, di contrattazione, cosiddetto zonale, per il perfezionamento (?!) sulla base di indirizzi aziendali di intese ed accordi aventi valenza zonale, livello al quale dovrebbero partecipare le OO.SS. locali (?!). Non basta: anche nei presidi monospecialistici di alta specializzazione — Salesi e Lancisi — verrebbe adottato lo stesso inedito modello contrattuale. E' evidente a tutti — o almeno così dovrebbe — l'ingestibilità pratica — per non dire dell'assurdità — di un simile modello di relazioni sindacali: basti pensare ad una delegazione sindacale (Rsu+organizzazioni sindacali) di più di cento componenti che dovrebbe trattare a livello aziendale (regionale) ed al contempo alle organizzazioni sindacali locali (oggetto misterioso) che poi dovrebbero perfezionare a livello zonale quegli accordi".
Nessuna stima dei costi esorbitanti per far partire questo nuovo sistema; consulte e comitati che allungano la catena decisionale, demotivando, impedendo il senso di responsabilità ai territori; tempi incomprensibili di realizzazione, perché se entro novembre avremo l'elenco dei candidati alla direzione della Asl unica, poi non si sa che fine dovranno fare i commissari prorogati forzosamente da questa legge fino al 31 dicembre. Lo farà il nuovo direttore? Farà in tempo ad avere il monitoraggio di tutta la situazione, di rendersi conto di quali profili utilizzare per quanto riguarda la gestione del sistema territoriale?
Non è vero che il centro-destra non ha fatto proposte, le ha fatte in tutte le sedi, pubbliche e istituzionali, di fronte all'opinione pubblica, di fronte alle forze politiche che si sono volute confrontare, perché in quest'aula quando abbiamo parlato di questi problemi? Quando abbiamo parlato e affrontato questi nodi se non attraverso le nostre mozioni, le nostre interpellanze, i nostri atti ispettivi? Noi diciamo da tempo policentrismo delle eccellenze. Il "modello marchigiano" è policentrico. Anche le eccellenze devono essere policentriche. Lasciare inalterato nel piano sanitario, tutta quella che è oggi la situazione e dire che saranno valutate e comunque considerate le esperienze, pur positive, della neurochirurgia da Ascoli a Pesaro — le ernie alla colonna vertebrale possono essere fatte ad Ascoli e Pesaro — dire che il polo oncologico di Macerata sarà comunque valutato e valorizzato e non dire che ci sono e debbono esserci risorse proprie; parlare di emodinamica che sarà progressivamente attivata ad Ascoli e Macerata, che cosa significa? Se si rientrerà di un quantum di risparmio che potrà garantire quel tipo di finanziamento, che cosa significa? Significa mantenere l'attuale sistema, significa ignorare le esperienze, pur positive, che ci sono state nei territori. Solo attraverso un policentrismo delle eccellenze, solo attraverso la responsabilità diretta, la personalità giuridica dei territori ci può essere un controllo, per esempio, anche degli appalti, una cosa che ci spaventa e non spaventa solo noi. Appaltare tutto dal livello regionale... Un controllo della spesa quotidiana, della spesa corrente, le nomine, gli incarichi... Gestione significa anche individuare i dirigenti medici di secondo livello, per esempi? A Macerata è stato bloccato il primariato di chirurgia, pur nominato dal commissario. E' esempio di Asl unica?

GIULIO SILENZI. Arrivi in ritardo: questa mattina è stato sbloccato.

FABIO PISTARELLI. Se è sbloccato ne siamo oggi a conoscenza: ma mi pare che avevi difeso, sul giornale, la scelta di bloccare: evidentemente ti sei rimangiato la tua posizione, perché sul giornale avevi scritto che era una cosa legittima, in attesa del nuovo assetto, perciò devi fare mea culpa davanti a tutti i marchigiani.
Questo è l'esempio di come si sta portando vanti il progetto di Asl unica, di come si sta chiudendo questa partita che ha già mietuto vittime. Il nostro sistema sanitario è già in balia da un anno e mezzo, del caos, della confusione, dell'indistinzione di ruoli, di responsabilità di funzioni e di un governo che, né clinico né programmatorio, ha fatto valere il suo peso, un peso che in realtà hanno i tanti operatori, un peso che tanti cittadini vorrebbero esercitato in maniera giusta, coerente, sociale, efficace.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Rocchi.

LIDIO ROCCHI. Fra le cose conosciute delle Marche in giro per l'Italia, oltre ai prodotti industriali ed agricoli, comincia a farsi strada in maniera sempre più diffusa la conoscenza della nostra regione come regione della buona qualità della vita, della lunga speranza di vita, della buona salute.
All'origine di questa buona stampa, che sempre di più, a detta di attendibili sondaggi di opinione ci contrassegna, c'è fra le altre cose, un sistema sanitario regionale di buona qualità, accessibile, a misura delle esigenze dei cittadini, e che vede la presenza di molti segmenti di eccellenza assistenziale in grado di riportare risultati di salute dal chiaro e progressivo segno positivo.
La salute non é, secondo la mozione programmatica sulla quale é nata la maggioranza, un bene da negoziare sulla base delle risorse economiche disponibili, ma un diritto da promuovere e tutelare.
Questo significa che il cittadino deve essere sempre il protagonista dei percorsi assistenziali che debbono rispondere ai bisogni vecchi e nuovi e non alle semplici esigenze autoproduttive del sistema sanitario.
In presenza di un quadro di carenza delle risorse, che peraltro é il problema dei problemi di tutti i sistemi universali di assistenza dei paesi sviluppati, occorre razionalizzare e non razziare le risorse stesse.
Noi viviamo, nelle Marche, in presenza di un servizio di buona e spesso di ottima qualità, che ha i suoi costi.
Oggi questi costi risultano superare le disponibilità esistenti per coprirli. Le quote pro-capite che a livello centrale ci sono state attribuite sono, a dir la verità, inferiori a quelle riconosciute ad altre regioni e questo ci ha posto di fronte alla necessità di individuare una manovra di rientro dal debito sanitario, che costituisce solo una parte del deficit complessivo del bilancio regionale.
Occorre che, a fronte dei sacrifici richiesti ai cittadini, si sappia da parte regionale, ma con la solidarietà e la collaborazione degli enti locali, degli operatori, delle parti sociali e delle aziende sanitarie, innescare un doppio meccanismo virtuoso nei prossimi anni:
- da una parte migliorare ancora il servizio offerto rendendolo ancora più equo, accessibile e avanzato sul piano della modernità e dell'appropriatezza;
- dall'altra coniugare la qualità con la sostenibilità economica dalla conduzione del servizio.
La proposta di legge oggi in discussione per affrontare la sanità dei prossimi anni e la redazione dell'aggiornamento del piano sanitario regionale hanno al loro centro la finalizzazione delle risorse a mantenere e migliorare il livello di salute raggiunto.
Oggi siamo chiamati a valutare una proposta innovativa, quella dell'istituzione dell'azienda sanitaria unica regionale che può a nostro parere conferire alla sanità marchigiana un forte carattere di originalità e la capacità di governo del bisogno di salute coniugando efficienza ed efficacia. Più il confronto sarà orientato a trovare le migliori soluzioni per migliorare l'offerta di qualità del servizio e meno ci si attarderà in alchimie sulle formule organizzative, più avremo contribuito a costruire su basi solide il welfare marchigiano del futuro.
La posizione storica dei socialisti in questo consiglio é stata quella di allargare il territorio delle aziende sanitarie alla dimensione provinciale, oltre alla salvaguardia delle aziende ospedaliere di alta specializzazione.
E' necessario tuttavia prendere atto della praticabilità politica delle proposte.
Della possibilità, quindi, di trasformare in atto legislativo un modello organizzativo che tutti riteniamo debba essere semplificato rispetto all'attuale organizzazione.
Bisogna peraltro rilevare che l'attuale gestione commissariale ha portato risultati tangibili e la regione ha sviluppato, in questo ultimo periodo, una capacità di intervento e coordinamento sicuramente superiore a quella dimostrata in passato.
Su queste basi l'ipotesi di un'azienda unica, che fino ad un anno da sembrava un salto eccessivo ed azzardato, oggi può costituire una risposta praticabile.
Questo é stato il senso di un chiaro assentimento da parte della segreteria nazionale dello Sdi, nel corso di un incontro svoltosi di recente nelle Marche.
Oggi, a fronte dell'incedere incalzante dei costi del sistema, continua ad essere centrale la necessità di garantire un forte momento di governo della domanda di sanità improntata all'appropriatezza e all'efficacia pratica dell'azione clinica e assistenziale, contemperando l'efficacia delle economie di scala che si possono ottenere con un'azienda di ampie dimensioni e la necessità di garantire ampia capacità di intervento nella politica sanitaria alle autonomie locali e alle articolazioni territoriali del servizio.
Per questo, la proposta di legge non può che essere considerata l'inizio di un processo di trasformazione del servizio che passa necessariamente attraverso investimenti in riorganizzazione, in sistemi informativi avanzati, in formazione professionale degli operatori.
L'approccio che quindi auspichiamo é quello di garantire ogni necessaria gradualità e ogni momento di confronto anche con chi non ha condiviso sino in fondo la forma della proposta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. A costo di essere sgradevole, insisto perché si ponga fine alla stagione degli sgarbi istituzionali. Bisogna che un criterio ce lo diamo. Il criterio degli interventi in aula è legato alle iscrizioni, e a me va bene, è legato al ruolo che hanno i gruppi all'interno del Consiglio, non può essere legato esclusivamente all'alternanza. Tra l'altro il criterio dell'alternanza non può che tenere conto del numero degli intervenuti. Continuiamo a farci i dispetti, ma credo che con i dispetti non si vada lontano. Questo volevo dirlo, perché credo che in questo modo non si tenga conto del contributo che i singoli gruppi possono dare. Evidentemente i gruppi più grossi hanno in ruolo in questo Consiglio che deve essere rispettato.
Ho assistito sbigottito alla sequela di insulti politici al Governo, alla maggioranza del Parlamento, ai partiti della Cdl da parte del consigliere Ricci. Mi sembrava di aver sbagliato aula, di essere nell'aula del Parlamento e non del Consiglio regionale. Ho letto in questo intervento una grande ipocrisia che vuol rovesciare su Roma responsabilità che sono di Ancona. E' inutile che Ricci faccia lo sforzo di addebitare ad altri responsabilità che sono sotto gli occhi di tutti, responsabilità nella distruzione del sistema sanitario regionale, perché di questo si tratta. La materia del contendere, cari colleghi, è questa. Nelle Marche le Giunte regionali di centro-sinistra hanno distrutto il sistema sanitario regionale. Questo è il dato di fondo in ordine al quale servono poco i voli pindarici e le cortine fumogene di Ricci, credo che ormai tutti, anche mia figlia che ha 11 anni e fa la prima media, sa che la responsabilità in termini di organizzazione sanitaria è della Regione e non dello Stato, quindi è inutile che continuiamo a chiamare in causa attori di altro genere.
E' su questa responsabilità che noi questa sera dobbiamo discutere e ha fatto bene il collega Pistarelli nel segnalare tutta una serie di passaggi che sono importanti rispetto alla lettura di questa situazione e all'esame dello strumento di questa sera che viene affrontato, evidentemente, grazie anche alla nostra iniziativa, in forma separata rispetto al discorso del piano sanitario.
Il punto di partenza non può che essere il dato della crisi profonda che registra il nostro sistema sanitario e questa credo non sia un'affermazione gratuita dell'opposizione ma un dato largamente acquisito nella dialettica che coinvolge l'opinione pubblica, che coinvolge le forze sociali della nostra regione. Una crisi del sistema sanitario che parte da un dato: il fallimento, sul piano finanziario, del sistema sanitario. Un deficit inarrestabile. Il mio amico Ceroni, che è bravissimo su queste cose, ha dimostrato in aula, in più di una occasione, come, al di là dei tentativi dell'Esecutivo, se volete del direttore del servizio alla persona e alla comunità, il deficit sanitario è inarrestabile, cresce invece che diminuire. Credo che questo sia il dato di partenza. l'altro elemento della crisi è l'inadeguatezza della gestione. Cari colleghi, nelle Marche noi registriamo il commissariamento della sanità, di fatto. Nelle Marche non operano più i direttori generali che voi avete scelto, che sono stati scelti secondo una logica politica; secondo una lottizzazione politica avete commissariato anche i vostri direttori generali e oggi venite a dire che siete insoddisfatti anche dell'operato dei commissari politici che voi avete scelto. Lo dice con estrema disinvoltura il responsabile numero uno di questa situazione, il supermanager della sanità che, trattando un tema che non dovrebbe essere molto affine, quello delle tasse regionali, rileva la crisi del sistema sanitario, dicendo che non è in grado di dare risposte adeguate in termini di salute. Il super manager della sanità, nel corso di un'intervista ad Urbino qualche giorno fa ha detto questo. L'altro elemento su cui discutere è che di fatto ci troviamo di fronte al commissariamento del sistema sanitario regionale.
Terzo elemento è la caduta di qualità dei servizi, su cui il responso più chiaro credo sia stato dato dalla Cgil che, guarda caso, non ha aperto un varco che voi, magari, con qualche alchimia pensate di chiudere, solo sul problema del diritto a garantirsi uno spazio operativo dentro il sistema sanitario, ma ha anche avviato un'iniziativa sul problema delle liste d'attesa, che è il problema numero uno della crisi di efficienza del sistema sanitario regionale, dando giudizi di merito estremamente pesanti.
In questi anni abbiamo assistito ad una gestione della sanità divisa per 17, cioè non abbiamo avuto una mente unica, un punto di riferimento unico, abbiamo avuto 17 assessori alla sanità — tanti sono stati i direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere — che hanno fatto la politica sanitaria a partire dalla loro sensibilità, non per responsabilità loro ma per il vuoto di indirizzo che c'era a livello regionale, cioè la Giunta regionale non è stata mai capace di gestire il sistema: prima si è preoccupata di fare clientela — credo che l'assessorato Mascioni debba essere ricordato nella storia della nostra Regione per avere precettato politicamente dalle portantine agli infermieri, ai medici, ai primari, tutto quello che c'era da precettare, specialmente nella mia provincia — poi non )è riuscita a controllare la spesa sanitaria. Un'altra causa di questa situazione di caduta verticale del sistema sanitario regionale è la spesa incontrollata.
Assessore Melappioni, io ho apprezzato le dichiarazioni che questa mattina lei ha fatto su Il Corriere Adriatico, anche perché sostanzialmente confermano le cose che io sto dicendo e che il gruppo di Forza Italia ha detto in più di una occasione. Melappioni questa mattina, nella sua lunga intervista su Corriere Adriatico dice testualmente "c'è stata concorrenza ed eccessiva autonomia delle aziende e poca attenzione ai costi", facendo riferimento all'utilizzo inappropriato dei fondi. La domanda che viene spontanea è: "assessore Melappioni, chi ha gestito la sanità in questa Regione nelle Giunte D'Ambrosio? Non è stata una prerogativa monopolistica del partito dei Democratici di sinistra? E allora è bene che questa considerazione la rivolga soprattutto agli assessori che l'hanno preceduta, ai consiglieri del suo partito, al Presidente della Giunta regionale che deriva dal suo partito.
Il piano lo stiamo affrontando con grave ritardo, a dimostrazione della vostra incapacità di produrre non solo scelte amministrative, di breve termine, ma di produrre le grandi riforme che devono cambiare le Marche e questa è una delle grandi riforme. Noi arriviamo alla discussione del piano con due anni di ritardo, a dimostrazione della vostra incapacità e non capacità unitaria di sviluppare una proposta di riforma organica. Ma, cosa più grave, è che il percorso a cui noi abbiamo assistito è stato un percorso extraistituzionale, cioè avete dimostrato, ancor più in questa vicenda, di non avere rispetto dei cittadini, della classe politica e di questo Consiglio regionale, perché avete trattato e state trattando, anche in questi minuti, per arrivare alla soluzione del rebus che vi consenta un accordo in extremis con il sindacato; avete discusso, ridiscusso, cambiato, modificato prima all'interno del partito di maggioranza relativa, poi all'interno della maggioranza, non so quanti summit e riunioni di maggioranza abbiate fatto. Sarebbe interessante che il consigliere Cecchini, che si è liberata di questo giogo, avesse la possibilità di segnalarci quante riunioni di maggioranza ha fatto l'Ulivo per questa cosa, ma quello che è grave è avere accettato supinamente il ricorso a questo percorso extraistituzionale, che è un passaggio grave, che segna in maniera grave la vita di questo Consiglio regionale, perché poi, come tutte le cose, ci sono sempre ritorni e non vorrei che fossimo qui fra due anni e mezzo a lamentarci se magari la maggioranza di centro-destra, con i miei colleghi assessori, dovesse usare lo stesso metro di atteggiamento.
La proposta della Giunta è di soppressione delle Asl, di chiusura del Lancisi e del Salesi, di costituzione dell'Asur, di taglio delle chirurgie negli ospedali minori, che vuol dire chiusura degli ospedali dell'entroterra marchigiano.
Dire che il nostro gruppo è fortemente in opposizione a questa proposta credo sia un dato acquisito, però è giusto ribadirlo. Noi abbiamo detto che il problema non è dei numeri, è di fare una riforma sanitaria vera, che affronti i nodi di fondo del sistema sanitario che sono, secondo noi, quello del controllo efficace della spesa sanitaria. Il discorso del budget introdotto è un passaggio importante ma non basta, ci vuole un budget monitorato, giudicato sul piano dei risultati come elemento anche di valutazione dell'operato dei direttori generali, ci vogliono atti concreti per risolvere la piaga della efficienza dei servizi, con riferimento alle liste d'attesa, ci vuole la reale volontà di mettere in discussione i tanti privilegi, l'eliminazione dei doppioni sanitari, ponendo fine a questa situazione di privilegio che esiste in questa regione, ci vuole il riequilibrio delle alte specialità sul versante delle aree di confine, una previsione del vecchio piano, che consenta di affrontare e ridurre il problema della mobilità passiva, ci vuole il contenimento della spesa farmaceutica. Fa comodo fare i discorsi di Ricci e non affrontare il nodo vero della questione. E' inutile che evitiate di introdurre il ticket sanitario sulle ricette ed aumentiate le tasse a tutti i cittadini, c'è qualcosa che non gira, ci vuole una politica di rigore, è stato detto, l'abbiamo detto, è stato un cavallo di battaglia del mio collega Brini, di altri colleghi: non si può continuare a sprecare come state sprecando sul piano delle consulenze improprie, delle sacche di inefficienza che continuano ad esistere. Rispetto a questo l'azienda unica non serve a nulla, è esclusivamente una scorciatoia che serve a ricondurre al primato della politica la gestione della sanità, non dà alcuna garanzia sul piano del risanamento, sancisce solamente l'affermazione del principio del controllo della politica e della lottizzazione sulla sanità. Zuccatelli, oggi promette che il prossimo anno pagheremo meno tasse. Zuccatelli ci promette, da Urbino, non la restituzione di maggiori tasse pagate come è stato detto da D'Ambrosio. D'Ambrosio dice: "c'è il buco, c'è una zona di emergenza, siamo costretti a fare delle Marche una regione di primato, dove si pagano le tasse più alte". Zuccatelli dice questa mattina candidamente, non so a che titolo "no, le tasse diminuiranno, quindi il prossimo anno probabilmente, grazie a questa riforma, le tasse regionali dovrebbero diminuire". Quale credibilità può avere? Capisco che ammettere le responsabilità, dopo anni di gestione diessina della sanità è difficile e capisco anche il tentativo di indicare obiettivi ambiziosi all'opinione pubblica per cercare di minimizzare la partita, però credo che questo passaggio non possa essere assolutamente accettato. L'Asur non ci convince, non dà nessuna garanzia sul piano del risanamento, sul piano del recupero di efficienza del sistema sanitario.
Per questo siamo profondamente contrari all'azienda sanitaria unica. Noi abbiamo presentato una serie di emendamenti significativi, di una posizione politica che il gruppo di Forza Italia esprime. Intanto l'opposizione all'azienda unica sanitaria regionale, con l'indicazione, che siamo disposti a confrontare, di un'articolazione del sistema che tenga conto di alcuni criteri di fondo che abbiano valore.
La seconda questione che poniamo è l'assoluta necessità di difendere non la specificità del Lancisi e del Salesi, ma quello che di positivo rappresentano queste due aziende in termini di eccellenza per la sanità regionale. Non vi rendete conto che la chiusura del Salesi — perché di fatto si tratta di questo —... (Interruzioni).

PIETRO D'ANGELO. Ma quale chiusura?! Vergognati! Vergognati!

DAVID FAVIA. Lo scippo dell'autonomia. Equivale alla chiusura.

ROBERTO GIANNOTTI. Cercate di essere seri. Vedi, collega Benatti, posso capire il consigliere D'Angelo che è costretto a tenersi le mani sulla pancia e a votare una cosa che magari non capisce, però non basta fare il convegnino sul Salesi o fare il depliant per dire una cosa che non esiste... (Interruzione del consigliere Benatti). Consigliere Benatti, lei avrà la possibilità concreta di dimostrare il suo attaccamento a questo problema, votando l'emendamento del gruppo di Forza Italia che intende salvaguardare l'autonomia giuridica del Salesi, perché di questo si tratta...

STEFANIA BENATTI. ...la demagogia...

ROBERTO GIANNOTTI. Di demagogia vada a parlare ai malati e ai bambini che vengono curati da una struttura di eccellenza conosciuta in tutto il paese.

PRESIDENTE. Consigliere, può concludere?

ROBERTO GIANNOTTI. Presidente, invece di dire a me di concludere sarebbe bene che invitasse a non interrompere.

PRESIDENTE. Ho già richiamato, consigliere.

ROBERTO GIANNOTTI. Non ho assolutamente superato i tempi previsti dal regolamento.

PRESIDENTE. Sono venti minuti che sta parlando.

ROBERTO GIANNOTTI. Non è assolutamente vero, quindi per piacere...

PRESIDENTE. Non dica così perché le tolgo la parola subito. E' il ventesimo minuto.

ROBERTO GIANNOTTI. Probabilmente ci sono orologi non tarati.
Comunque, qualcuno dovrà porsi il problema della funzionalità e dell'operatività di questo grande ospedale anconetano che è diventato Torrette, che sta diventando invivibile, inaccessibile, con tutta una serie di problemi. Quindi, anche qui stiamo attenti nello scaricare e nel potenziare questo pachiderma che potrebbe diventare ingestibile.
L'altro aspetto riguarda la difesa delle chirurgie. Noi riteniamo che il problema degli ospedali minori debba essere affrontato ma seriamente, non in questo modo e non lo si affronta certamente depotenziandone l'operatività. La riduzione della chirurgia a cinque giorni significa, di fatto, l'inizio di un declino progressivo di tutte le strutture ospedaliere minori.
Siccome parliamo di sprechi e siccome in questa regione si spreca, un modo serio per dimostrare all'opinione pubblica che c'è una volontà politica è quello di eliminare una delle principali fonti di spreco della sanità regionale. E' dimostrato che l'agenzia sanitaria regionale non serve a nulla se non a commissionare consulenze: abbiate il coraggio di cancellare dall'articolazione sanitaria l'agenzia sanitaria regionale.
Chiudo con una battuta. Non vorrei, consigliere Ricci — mi auguro che alla fine di tutta questa vicenda, nel voto in quest'aula riusciamo a salvare il Salesi e anche il Lancisi, quindi lasciamo le aziende ospedaliere così come erano in passato — che per quello che riguarda le Asl trovassimo un meccanismo che consenta, magari, di immaginare un interregno, un periodo di passaggio da oggi a domani, cioè che arriviate in aula e ci diciate di lasciare le 13 Asl, cosa su cui siamo assolutamente d'accordo, che però sarebbe un arretramento rispetto alla vostra posizione. Non vorrei che alla fine l'unico elemento fondante della riforma fosse la chiusura dei piccoli ospedali della montagna e dell'entroterra, perché se fosse così sarebbe un fatto grave per la sanità marchigiana e per il diritto alla salute di tanti nostri concittadini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Finalmente siamo a discutere della prima parte del problema-sanità delle Marche. Stiamo discutendo della legge di riordino, forse la parte sostanziale meno importante, poi parleremo del piano sanitario che è la parte che invece interessa il livello dei servizi. Dico questo perché anche in questo dibattito si fa molta confusione rispetto a quello di cui ci stiamo occupando. Probabilmente dobbiamo registrare, anche in quest'aula, che il conflitto della politica, piuttosto che interessare le questioni più importanti si deve soffermare anche su delle questioni di carattere organizzativo che ai nostri cittadini interessano relativamente, in quanto i cittadini marchigiani si aspettano che la nostra Regione tuteli i livelli di qualità e di offerta sanitaria. E' su questo versante che dovremmo riflettere di più e soffermarci di più.
La sanità è una questione importante. Dalle parole che si sono dette anche in questo dibattito emerge una situazione quasi allucinante, ben sapendo che la nostra realtà di sanità è una delle più avanzate, sia in Europa, che nel mondo. Non lo dico io questo, ma l'organizzazione mondiale della sanità, che afferma che il nostro sistema sanitario è il secondo al mondo, dopo quello del Canada ed è chiaro che le marche non sono ultime nella nostra realtà nazionale. Credo che questo dato la dica lunga sulla questione "sanità marchigiana" che di tutto ha bisogno meno che di polemiche sterili, visto e considerato che siamo in una fase molto importante della nostra comunità, siamo anche noi in una grossa trasformazione, l'anzianizzazione è uno dei grossi fenomeni di cui ci dovremmo occupare di più, in quanto i nostri livelli di vita sono elevati. Ultimamente avete sentito che un istituto di ricerca toscano ha qualificato la regione Marche come la prima a livello di benessere in Italia. Credo che questi fenomeni così importanti, così grandi debbano vedere un modello sanitario adeguato a queste nuove esigenze e soprattutto noi dobbiamo tutelare una qualità che è difficile mantenere ad alti livelli per i costi, ma anche perché occorre una gestione elevata, esigente della macchina organizzativa.
Il problema che stiamo discutendo oggi non è nato per caso, perché se non ci fosse stato bisogno ne avremmo fatto a meno, ma il problema fondamentale è che le risorse a disposizione del sistema sanitario anche nel nostro paese sono risorse calanti: non è una peculiarità dell'Italia, purtroppo i problemi del welfare, per effetto anche delle spinte economiche che la globalizzazione impone a ciascun paese sono evidenti, nel senso che il welfare fa fatica a mantenere standard di risorse adeguate ai bisogni, bisogni crescenti tra l'altro, perché i bisogni della nostra comunità non sono fermi. Oggi sempre più aumentano la richiesta di sanità e di tutela e questo non è indifferente, perché quando parliamo di sanità dobbiamo sapere che la domanda di sanità non è una diretta conseguenza dell'offerta. Significa che più noi offriremo servizi sanitari più aumenterà la domanda di sanità. Per un effetto perverso la domanda e l'offerta non giocano lo stesso ruolo del mercato della sanità, ma noi potremmo moltiplicare la nostra offerta sanitaria e aumentando l'offerta noi ci troveremmo una sempre maggiore domanda.
Una delle questioni fondamentali su cui dobbiamo soffermarci è la necessità di organizzarci in maniera adeguata, proprio per guidare i flussi di risorse che abbiamo a disposizione riguardo alle strategie della sanità. Ecco perché occorre un sistema organizzativo adeguato: perché dobbiamo compiere quelle necessarie scelte che portino, all'interno delle risorse date, a una diversa soluzione dell'allocazione delle risorse stesse. Sappiamo che la nostra sanità soffre di un eccesso di offerta ospedaliera, soffre di un eccesso, in determinati ambiti della spesa stessa, vedi la specialistica e invece siamo in ritardo soprattutto sulla sanità del territorio. Ecco perché la legge di riordino tiene a sottolineare il presidio del territorio, la necessità di pare nel territorio quelle risorse necessarie per fare prevenzione. Questo lo vedremo soprattutto nel piano, ma intanto il progetto che si sta presentando tiene conto di questo dato.
Ma veniamo al modello organizzativo. Confesso che il mio gruppo è partito, riguardo alle scelte relative all'organizzazione del sistema, da altre posizioni. Noi non eravamo d'accordo sulla posizione della Asl unica, ma eravamo per realizzare sette aziende che in qualche modo potessero organizzare più diffusamente sul territorio il presidio della sanità. E' stata una mediazione politica, ci siamo ritrovati di fronte a delle scelte politiche che, anche non condividendo, occorre portare a sintesi. Se abbiamo necessità, oggi, di compiere una scelta è proprio quella di rendere più stabile il sistema, farla finita con un dibattito eccessivamente lungo, per riportare la sanità su un alveo di tranquillità, per fare in modo che le fibrillazioni di cui gode il nostro sistema attualmente rientrino, per fare in modo che le strutture della sanità possano svolgere razionalmente, senza la spada di Damocle sulla testa la propria funzione. Ecco perché dico che la mediazione si è resa necessaria rispetto ai pareri discordi che c'erano su questa questione. Sappiamo anche quanto hanno pesato, all'interno della scelta che stiamo facendo, le spinte del territorio. Sapete tutti quanti quanto è necessaria la sintesi su un problema come questo, sentitissimo a livello di periferia, che qui semplicisticamente possiamo in qualche modo criticare, su cui possiamo puntare il dito, ma dobbiamo renderci conto che tutte le forze politiche trasversalmente, da questo punto di vista fanno i conti con diversità di pareri e con opzioni diverse anche sul modello, perché necessariamente il gioco delle parti ci porta poi a trovarci di fronte a soluzioni che non avremmo voluto, ma che dovremo comunque digerire come sintesi, visto e considerato che le spinte, soprattutto dal territorio, sul problema della organizzazione sono state e sono notevoli.
A questo aggiungiamo anche un altro fattore: nella sanità si gioca spesso sulle parole, sui sentito dire, sulle strumentalizzazioni, per cui si fanno articoli di giornale, comunicati stampa, più volti a procacciare consenso politico piuttosto che a dire la verità e questo lo dobbiamo dire tutti, perché qui si viene ad affermare "chiusura dei piccoli ospedali", poi ci sono i parlamentari di riferimento che fanno il giro degli ospedali e dicono che i piccoli ospedali debbono essere chiusi. Ricordo a Giannotti che queste contraddizioni stanno anche nella sua parte politica, perché quando arrivano i sottosegretari che dicono che bisogna chiudere i piccoli ospedali, vorrei che lui si riferisse alle ragioni anche di questi.
E' chiaro che queste cose sono all'ordine del giorno e io credo che da questo punto di vista dobbiamo tutti fare un po' di mea culpa, nel senso che, purtroppo, a capo di tutte queste questioni abbiamo a che fare — non ci sono possibilità di smentita — con il problema di un'organizzazione che dobbiamo pagare in qualche modo e le risorse, rispetto alla domanda dei servizi, sono esigue.
Certo si può fare di più, si può razionalizzare, però girando un po' per le nostre strutture sanitarie, ci rendiamo conto che non ci troviamo di fronte a un sistema sanitario guidato da operatori sciatti, da operatori che non hanno coscienza del loro lavoro, operatori che non danno tutto di loro stessi, anzi ci troviamo di fronte a lavoratori della sanità che stanno facendo enormi sacrifici, soprattutto all'interno degli ospedali, saltando turni di ferie, saltando riposi, facendo enormi sacrifici nel loro lavoro. Anche qui si può speculare, poi si va a prendere la pecora nera, però complessivamente il nostro sistema sanitario tiene ed è fatto di persone che hanno anche coscienza del loro lavoro. Ecco perché dico che la razionalizzazione da questo punto di vista non potrà dare eccessivi risultati, perché il nostro sistema, nonostante quello che si dice, ha un'offerta sovrabbondante. E allora, solamente razionalizzando fino in fondo e in tutti i settori questo sistema, noi potremo in qualche modo migliorarlo.
Cosa voglio dire? Che non c'è solamente un dato su cui puntare il dito per il riordino, non c'è solamente un elemento che può darci la risposta a questi bisogni, è un problema complessivo che dobbiamo affrontare, un problema su cui dovremo riflettere mano a mano che applicheremo il nuovo riordino e che ci consentirà di raggiungere gli obiettivi.
Ecco perché l'obiettivo che ci eravamo dati era quello di ridurre il numero delle Asl, perché questo principio ci poteva consentire di raggiungere gli obiettivi di cui ho parlato, però anche da questo punto di vista, per le cose che ho poc'anzi detto non possiamo aspettarci che la riduzione delle Asl avesse in qualche modo risolto tutti i problemi, anzi da questo punto di vista, dopo l'esperienza del 502 e 517 confermati dal decreto 229, il modello sanitario ha, per vari motivi, mostrato dei limiti, nonostante che noi diciamo che questo modello ancora è il migliore possibile, ma ha dei limiti in sé. Ne sono stati citati alcuni, tant'è che qua e là si va verso alternative, verso nuove esperienze.
Noi siamo convinti che il modello aziendale, quello del 502 e 517, del 229 sia quello che offre più risposta alle esigenze organizzative. Ecco perché, tenendo conto di questo dato e, se volete, in maniera non eccessivamente ottimale, il modello di cui stiamo discutendo, soprattutto dopo le modifiche apportate nella Commissione si sono fatti passi in avanti tentando di salvaguardare l'equilibrio organizzativo. Una Asur che è stata sostanzialmente a livello centrale depotenziata, garantendo il livello decentrato di organizzazione, in modo tale da superare quell'eventuale centralizzazione che a prima vista il modello che inizialmente era stato proposto aveva paventato.
Inoltre, uno degli obiettivi che ci si è posti è quello dell'integrazione socio-sanitaria. E' uno dei problemi più sentiti che abbiamo davanti, a cui il modello organizzativo tenta di dare una risposta, cercando di realizzare quei momenti di fusione di questi due comparti così separati, separati dai conti, dalla finanza, dall'economia, ma invece fortemente sentiti a livello periferico, proprio per i bisogni crescenti che abbiamo a tale livello, segnatamente per effetto dell'anzianizzazione. Proprio questo è l'ambito della migliore integrazione che dobbiamo fare. Ecco perché sul territorio si sono realizzate quelle integrazioni organizzative che possono dare una risposta a queste esigenze.
Siamo di fronte a dei diversi pareri. Queste sono questioni che abbiamo vissuto e stiamo vivendo anche in queste ore. I sindacati confederali di Cgil e Cisl si sono posti contro questa impostazione perché ne paventano l'eccessiva centralizzazione. Ecco perché dovremmo fare in modo di venire incontro a questa esigenza legittima che io condivido, in quanto si può dare, migliorando l'impalcatura della legge, una risposta che venga incontro anche a queste esigenze. Una organizzazione complessa come quella della Asl unica ha tempi lunghi davanti per essere implementata; avremo bisogno di un periodo necessario per poter venire incontro a quei problemi di integrazione, perché una fusione troppo frettolosa potrebbe portarci non a una migliore organizzazione ma anche a qualche stringente confusione organizzativa. Ecco perché dobbiamo farlo in maniera razionale, tentando di attribuire comunque, al momento centrale, quei poteri che danno la possibilità di operare quei risparmi necessari al sistema, perché ovviamente, tentando di razionalizzare l'utilizzo del patrimonio, facendo un ragionamento più adeguato a livello di informatica, cercando di acquisire una capacità di acquisti collettivi piuttosto che decentrati e sparpagliati, già questi tre aspetti, se messi subito in campo — e il commissariamento di questo periodo ha dimostrato che ciò è possibile e già sta facendo risparmiare soldi — possono costituire un viatico per quella che sarà la riforma più generale.
Ecco perché credo che, di fronte alle esigenze poste dal sindacato occorre dare una risposta, in modo tale che la realizzazione della nuova struttura sia fatta in accordo con le organizzazioni sindacali e con il personale, perché se non ci sarà un personale d'accordo sull'impianto, un personale disponibile ai cambiamenti necessari, è chiaro che la riorganizzazione sarà più lenta e probabilmente avrà dei punti di inefficacia.
Ecco perché dico che dobbiamo procedere a una transizione cauta, senza lasciare il governo della sanità a se stesso, ma dobbiamo fare in modo che vi sia un governo preciso della sanità soprattutto sul territorio, una nuova strutturazione che tenga conto della razionalizzazione e anche della qualità. Ecco perché si sono finalizzate le due aziende ospedaliere. E' ora di farla finita con le polemiche sterili che sono state fatte soprattutto nella città capoluogo, quasi a dire che coloro che avevano inventato i cosiddetti "ospedali riuniti" non hanno a cuore i momenti centrali della sanità anconetana, come quelli rappresentati dal presidio pediatrico e da quello cardiologico. Già nell'impianto della legge sono garantite alcune questioni di fondo che danno la possibilità a questi due punti di fare più di quanto stanno facendo adesso, e sarà importante che quelle risorse che si risparmiano nei servizi di supporto siano dedicate al governo clinico di questi due poli, perché nella loro autonomia che permane — perché si parla di autonomia del governo clinico —... Qui si è venduto anche la storia che qualcuno voleva che il polo pediatrico confluisse strutturalmente all'interno di Torrette: questa è la balla più grossa che è stata raccontata ma è stata strumentalizzata. Ebbene, se riuscissimo a concentrare più investimenti invece che chiacchiere su questi due poli, sicuramente aumenterebbe la capacità qualitativa dell'offerta sanitaria.
Ecco perché dico che complessivamente l'impianto può tenersi e credo che al di là di quella che potrà essere la nostra scelta organizzativa, ciò che più importa sarà la discussione che dovremo fare sul piano, perché lì si potrà definire la vera scelta della sanità marchigiana, perché sarà applicando il piano, attraverso questa organizzazione, che si riuscirà ad ottenere gli obiettivi di cui abbiamo bisogno.
Da questo punto di vista c'è la possibilità di raggiungere una maggiore efficienza con più razionalità. C'è la necessità di farlo e si potrà fare. Certo, credo che non sarà una cosa semplice, credo che avremo bisogno di lavoro, avremo bisogno di persone qualificate, avremo bisogno anche di fare in modo che la politica qualche volta faccia un passo indietro rispetto alla struttura della sanità, cercando di privilegiare le offerte professionali piuttosto che le offerte di appartenenza. E' un traguardo che ci poniamo, pur sapendo che in questo settore "tutto il mondo è paese" e non ci sono una zona migliore e una zona peggiore, perché se andate nelle vostre regioni troverete gli stessi difetti, questo lo sapete. Pertanto, piuttosto che fare i puri bisognerà rendersi conto dei problemi per quello che sono e dovremo affrontarli con la concretezza che in questo momento è necessaria per dare una risposta giusta e qualitativamente adeguata alla comunità marchigiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Colleghi, controllavo le ultime battute dell'intervento dell'amico Luchetti quando diceva che è necessario un arretramento della politica rispetto alle cose: controllavo se il naso cresceva o meno, però ho visto che è rimasto inalterato, quindi ho pensato "parla in buona fede".
Al di là della battuta, affrontiamo oggi l'argomento centrale di questa legislatura. Consentitemi di essere come sempre, come mia abitudine, estremamente realista. Questo realismo mi ha portato anche ad essere, probabilmente, il consigliere regionale dell'opposizione che ha detto fin dall'inizio che bisognava confrontarsi con un'ipotesi di Asl unica e non con altre ipotesi, anche se insieme al collega Massi avevo pensato due anni fa un'altra soluzione. Parlando di realismo ho detto "questo lo stato delle cose, con questo ci dobbiamo confrontare".
Partendo da alcune affermazioni, prima di entrare nel merito della questione, vorrei dire che ho sentito i vari intervenuti da parte della maggioranza i quali hanno ripreso sempre ritornello che c'è un problema di deficit nella sanità forse per colpa di qualcun altro. Questo non è vero, ce lo dobbiamo dire chiaramente. Ogni Regione — non solo le Marche ha questo problema — ha una responsabilità propria. Il fatto che il Governo tagli risorse in questo settore, non significa che il contributo alla nostra regione sia inferiore: la percentuale sul prodotto interno lordo quest'anno è cresciuta dal 5,8 al 6 e le Marche ricevono un contributo medio come quello delle altre Regioni. Così come è altrettanto vero che purtroppo il deficit pro-capite nelle marche è quello più alto d'Italia. Questi sono dati ufficiali incontrovertibili, che non spostano di una virgola il contenuto dei problemi che adesso andremo ad affrontare. Sono cose che vanno dette per amore della verità.
Contrariamente al mio solito seguirò una traccia che ho scritto questa mattina, perché le cose da dire sono tante e per il rispetto del tempo e dei colleghi cercherò di non rischiare di uscire con divagazioni od argomenti non proprio all'ordine del giorno.
Penso che una critica da parte nostra la si debba rivolgere sicuramente nei confronti dell'Amministrazione regionale o della maggioranza per il ritardo con cui si arriva a trattare in aula di questo argomento, un ritardo che ha prodotto un incremento del deficit. Tutti sapevamo che il problema del deficit sanitario rappresentava un nodo centrale che doveva essere immediatamente affrontato, tant'è che quando, nel dicembre 2001, approvaste la manovra fiscale di aumento della tassazione, io chiesi ripetutamente, in quest'aula e anche in altre sedi, che parallelamente venisse affrontato il problema del contenimento della spesa, quindi del riordino del sistema sanitario delle Marche. Era una richiesta sensata oltre che legittima: purtroppo non venni ascoltato e ora arriviamo a trattarla con quasi due anni di ritardo.
Se è vero come è vero che il motivo per cui la Giunta regionale è costretta ad avviare questa riforma o meglio i motivi per cui è costretta ad affrontare questa riforma sono relativi al contenimento della spesa e ad una più efficiente organizzazione dei servizi sanitari sul territorio, ritengo che la proposta presentata qui, anche se poi corretta positivamente in Commissione, come il collega Luchetti faceva notare, non è ancora adeguata a dare una risposta concreta ai problemi di cui sopra.
L'organizzazione pensata con la sua forte caratterizzazione centralistica, non incide profondamente sul livello della spesa. Del resto è evidente che vi sarebbe difficoltà a farlo, considerando che la spesa più forte per quanto concerne la sanità è quella del personale. Mi sembra che la spesa per il personale superi il 45% della spesa globale. E' evidente che, pur realizzando una centralizzazione, il personale rimane lo stesso, quindi risparmi immediati non ne produce se non quelli relativi alla rinuncia a 12 direttori generali. Credo che possa creare anche disorganizzazione — voi sapete benissimo che la disorganizzazione è un costo grande — e che possa anche, in qualche misura, incidere negativamente per quelle strutture periferiche più lontane dal territorio, più deboli, che potrebbero pagare i costi di questa riforma. Questo come gruppo Udc l'abbiamo sempre detto. Vorrei ricordarvi che insieme al collega intervenimmo circa un anno e mezzo fa, quando il ministro Sirchia venne nella nostra regione ad indicare una via e noi la contrasteranno pubblicamente, sulla stampa, anche se a livello nazionale facciamo parte di quella maggioranza, quindi credo di non poter essere smentito per quanto riguarda la nostra coerenza su questo aspetto.
Quella presentata, di fatto, è una riforma che sembra una grande cosa, una novità, poi se la vai a leggere piano piano ti accorgi che tutta questa grande cosa non è e forse ci sono dubbi di funzionalità.
Penso che per realizzare risparmi significativi nel settore non ci sarebbe stato bisogno di avere una Asl unica. Centralizzando acquisti di materiali e le manutenzioni sanitarie, gestendo centralmente gli adempimenti sanitario-amministrativi per la farmaceutica, per la medicina di base e per la medicina specialistica territoriale, creando anche dipartimenti di prevenzione su area vasta, centralizzando le polizze assicurative e tagliando incarichi che possono rappresentare degli evidenti sprechi, unendo a questo un blocco del turn-over del personale, per lo meno per la parte riguardante i servizi amministrativi (i servizi infermieristici credo che siano già in sofferenza, sicuramente non è possibile, ma per i servizi amministrativi una misura di questa natura sarebbe stata sicuramente auspicabile), tutti questi provvedimenti avrebbero potuto essere assunti dalla Giunta regionale senza per questo dover pensare e creare un'azienda unica nella nostra regione.
Un'altra considerazione. C'è l'agenzia sanitaria regionale, esiste l'assessorato regionale alla sanità che ha la potestà per prendere queste decisioni e assumere questi provvedimenti. Ho sostenuto fin dall'inizio — anche qui non sono stato ascoltato — che pur essendo il deficit sanitario molto pesante, ho detto — e sono convinto di quello che dico — che rappresentando esso non più del 6-7% dell'intera spesa per la sanità, con provvedimenti del tipo che prima elencavo e con un'azione di controllo forte a livello di budget assegnati alle allora esistenti aziende, si sarebbe potuti rientrare benissimo dal debito. Vi invito a fare un calcolo e vi accorgerete che esso non rappresenta più del 6-7% della spesa globale. Quindi non una percentuale così elefantiaca come può sembrare quando diciamo "perdiamo 300 miliardi l'anno". Con provvedimenti mirati di questo tipo si poteva benissimo, affrontandolo per tempo, non lasciandosi travolgere dagli eventi, ricondurre il problema sotto controllo. Certo, se invece l'Asur viene pensata per cerare una centralizzazione nella gestione del potere politico, per creare, di fatto, una oligarchia che governa — sapendo che la sanità occupa l'80% del bilancio regionale — è evidente che chi governa la sanità governa l'80% della Regione. Se è questo il pensiero, ritiro allora tutte le mie considerazioni che ovviamente non valgono più, però il concetto di oligarchia è molto aristocratico e molto poco popolare. Il consigliere Ricci di Rifondazione comunista non mi ascolta, ma sarei stato contento se fosse stato in aula ad ascoltare queste considerazioni.
Volendo però essere estremamente realista, mi sono confrontato con il modello che voi avete pensato e proposto e ho presentato alcuni emendamenti rispetto all'ipotesi di Asur. Ritengo opportuno elencare alcune condizioni essenziali e irrinunciabili che, se accolte, potrebbero far modificare anche il mio giudizio sugli atti che sono in discussione.
Questo è un passaggio delicato, molto formale ma credo che abbia elementi di concretezza: la Asur nasce dalla fusione delle 13 ex Asl e non, come detto, dalla incorporazione delle altre 12 Asl in quella di Ancona. Questo un aspetto serio che si ripeterà poi anche per la centralizzazione dell'Umberto I? del Salesi e del Lancisi, perché lì si dice che l'azienda unica specialistica nasce dalla incorporazione nell'Umberto I del Salesi e del Lancisi. Queste, al di là di altre considerazioni sulle quali non voglio intervenire, sono condizioni importanti, perché fanno capire bene dove si vuol andare a parare.
Secondo punto: alle 13 zone deve essere riconosciuta un'autonomia organizzativa, gestionale e amministrativa per lo meno pari a quanto previsto per i presidi monospecialistici ad alta specializzazione, altrimenti non riuscirei a capire perché, per esempio, al San Salvatore di Pesaro viene riconosciuta questa autonomia e la stessa autonomia non viene riconosciuta alle 13 zone. A queste zone dovrebbe essere lasciata la possibilità di redigere, nel rispetto del quadro di riferimento regionale e dei budget assegnati, un proprio atto organizzativo gestionale in zona che dovrà essere approvato dalla Conferenza dei sindaci e, ovviamente, dalla Giunta regionale.
Terzo punto, il riconoscimento formale del ruolo della Conferenza dei sindaci per far sì che questo progetto di riforma sia partecipato, a valenza democratica e che quindi questi principi di democrazia non riempiano solo le nostre bocche quando parliamo, ma si materializzino attraverso provvedimenti concreti che invece sono assenti nella proposta che ci avete presentato.
Punto quattro: l'atto aziendale dell'Asur, quindi l'atto organizzativo generale di tutta la sanità marchigiana, dovrà essere predisposto dal direttore generale e adottato dalla Giunta regionale, ma approvato anche dal Consiglio regionale. Se il Consiglio regionale non approva nemmeno l'atto aziendale organizzativo di tutta la sanità marchigiana, di fatto andiamo a ledere i poteri del Consiglio regionale. Assessore Melappioni, mi rivolgo a lei come assessore competente in materia: credo che queste considerazioni e queste proposte che ho esaminato, studiato in senso positivo — non voglio fare una chiassosa opposizione, non è mia educazione, non è mia cultura, ma vorrei solo confrontarmi seriamente e concretamente, come sempre faccio in quest'aula con tutti gli atti che ci portate all'approvazione — siano quei provvedimenti concreti che potrebbero sicuramente migliorare l'atto e un atto non è migliore per il centro-sinistra o per il centro-destra ma è migliore per i cittadini marchigiani.
Voi prevedete che chi valuta l'operato dei direttori di zona, ogni anno, oltre la Giunta è il direttore sanitario dell'Asur. Cosa c'entra questo? Non sono riuscito a comprenderlo. Direi invece che anche qui un ruolo importante della Conferenza dei sindaci deve essere previsto. Una valutazione della Giunta va bene, del direttore generale dell'Asur va bene, ma anche della Conferenza dei sindaci.
L'art. 7 della proposta di legge riguardava l'organizzazione amministrativa dell'Asur. E' stato soppresso in Commissione. Non sono riuscito a capire come può funzionare questa Asur senza un'organizzazione amministrativa che deve essere definita oggi. O è stata stralciata perché non si è riusciti a trovare un accordo e comunque questo vuoto va colmato, altrimenti siamo in presenza di un atto imperfetto che può significare che il direttore di zona fa quello che vuole, oppure il direttore generale dell'Asur fa ciò che vuole e gestisce come vuole? Questi sono interrogativi pregnanti, che non appartengono al chiassoso chiacchiericcio politico; sono interrogativi precisi rispetto ai quali attendo una risposta, anche perché, ovviamente, dalle risposte che riceverò potrò esprimere una valutazione di un tipo di altro tipo.

PRESIDENTE. Sono iscritti a parlare circa 20 consiglieri. Se ogni consigliere interviene per 20 minuti credo che non ce la facciamo con l'obiettivo che ci siamo dati di chiudere entro mezzanotte la discussione generale. Se invece conteniamo la durata dei nostri interventi nei dieci minuti utili, ma anche sufficienti per chiarire le posizioni, credo che ce la possiamo fare. Siccome non può essere un obbligo, è una indicazione che i consiglieri saranno contenti comunque di accogliere.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Presidente, colleghi consiglieri, svolgerò un intervento essenzialmente politico, perché avremo modo di entrare negli aspetti tecnici, sia della legge di riordino ma soprattutto del piano sanitario regionale.
Il contesto in cui avviene questa discussione sul riordino organizzativo della sanità nelle Marche è abbastanza surreale, non è normale. Infatti, chi dirige questa Giunta e questa maggioranza di centro-sinistra, anziché unire uno schieramento vasto, interno ed esterno alle istituzioni e alla politica si trova, per la prima volta, di fronte ad una divisione nella maggioranza e con una vista mobilitazione dei due più grandi sindacati contro questa "riforma".
Al contrario ciò che accade a livello nazionale, con il Governo Berlusconi che attacca i principali diritti, a partire da quelli della salute con la graduale ma sistematica privatizzazione della sanità pubblica, richiederebbe una vasta unità di tutte le forze democratiche, per pensare all'oggi e alla prospettiva e non ad indebolire il sistema pubblico della sanità.
Il Governo Berlusconi ed in particolare Forza Italia hanno subito una grande sconfitta alle ultime elezioni amministrative di maggio, anzi Forza Italia alle provinciali subisce un crollo ed un tracollo, passando dal 30 al 16%. Il centro-sinistra ha vinto laddove era unito e comunque, secondo la nostra analisi, la destra è pericolosa sia nei governi degli enti locali sia al Governo nazionale.
E' in virtù di questa analisi che tutte le forze del centro-sinistra a tutti i livelli hanno il dovere — in particolare chi dirige — di unire e non di dividere partiti e cittadini su un obiettivo comunque, quello, appunto, di uno sviluppo ed una continuità dei governi di centro-sinistra, anche nelle Regioni. Invece nelle Marche, proprio su un punto chiave come la sanità e la sua organizzazione, al centro-destra, frastornato e diviso, viene offerto un assist, una chanche insperata: quella divisione del centro-sinistra interno ed esterno. Chi dirige, secondo noi non deve pensare solo all'oggetto e al soggetto ma anche al contesto, tanto più di fronte a scelte come questa che non erano previste dal programma di "Marche Democratiche" e non costituiscono politiche generali del centro-sinistra. Quando scelte di questo tipo dividono, si deve avere la capacità di cambiarle. Ciò rafforza e non indebolisce. A meno che ci si dimentichi del tutto del contesto e della prospettiva. Non è certo il richiamo ad una sorta di impropria disciplina a rafforzare chi compie scelte sbagliate. Dopo questo atto avremo modo di discutere del piano sanitario regionale che costituisce secondo noi, il vero punto di grande importanza politica e che deve vedere la maggioranza blindata sulla proposta complessiva. Tuttavia è chiaro che neanche sulla organizzazione, in questa fase di attacco alla sanità pubblica portato avanti dal Governo, si possono fare esperimenti che portino acqua al mulino della destra.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SANDRO DONATI

E' vero che il problema della scadenza dei commissari delle Asl era all'ordine del giorno, tuttavia appare abbastanza paradossale discutere prima l'organizzazione, poi l'atto di programmazione. Nella mente di qualcuno forse si dovrebbe blindare la Asur e poi sul piano si vedrà. Diciamo subito che i comunisti italiani non sono disponibili ad ipotesi dell'ultima ora che indeboliscano o stravolgano il piano sanitario regionale.
Il programma elettorale di "Marche Democratiche" che ha vinto le elezioni regionali del 2000 prevede la riduzione graduale delle attuali 13 Asl. Riduzione, non smantellamento. Noi abbiamo lavorato su questa previsione e su questa scelta unitaria. Il nostro partito, il nostro gruppo sin dall'inizio, aiutati anche dall'assessore Melappioni, giunsero ad identificare nelle Asl provinciali un'ipotesi di sintesi molto positiva, perché insieme alla semplificazione c'era il governo su area vasta della sanità pubblica. Una scelta di questo tipo, se non altro, individuava un confine per così dire istituzionale, incontestabile.
Questa proposta nel frattempo veniva fatta sia da altri partiti, sia dall'assessore Melappioni, ma non dal partito più grande della coalizione, che di fatto ha fatto fallire ipotesi diverse dall'Asur, ma ciò è stato un danno, è sotto gli occhi di tutti; ciò, oggi, costituisce un boomerang per l'intera maggioranza. Sono state bloccate e vietate tutte le ipotesi diverse dalla Asl unica, con un ideologismo mai visto prima, con una sintesi interna a qualche forza politica imposta al resto della maggioranza, nella logica del "prendere o lasciare". La nostra priorità, ripeto, rimane quella delle Asl provinciali, tuttavia nel corso della discussione ed in tempi non sospetti abbiamo avanzato altre proposte per uscire dall'impasse, proposte che potessero recuperare in primo luogo l'unità interna ed esterna alla maggioranza.
Abbiamo indicato la costituzione di un consorzio unico regionale delle attuali Asl, così come stanno facendo altre Regioni progressiste e di centro-sinistra; un consorzio coordinato dall'assessore alla sanità. Tale consorzio, con le articolazioni territoriali avrebbe dovuto articolare su base unitaria la politica dell'offerta dei servizi sanitari pubblici per aprire un processo scadenzato nel tempo, due o tre anni di ulteriori e condivise semplificazioni.
Un'ipotesi di questo tipo prevede un'immediata centralizzazione in capo all'assessorato e all'agenzia sanitaria, di tutta la parte tecnico-amministrativa, oggi frammentata Asl per Asl, con un enorme ed immediato risparmio. E' noto che anche questa proposta non è stata neanche presa in considerazione.
Ma per essere brevi e per accogliere l'invito del Presidente, sono tre i motivi sostanziali di dissenso dei comunisti italiani all'azienda sanitaria unica regionale.
In primo luogo essa rappresenta l'esaltazione dell'aziendalismo, contraddice il D. Lgs. 229 del 1999 ("decreto Bindi") che certo apriva anch'esso ed organizzava l'aziendalizzazione, tuttavia, se riferito alla politica del Governo Berlusconi rappresenta un riferimento rivoluzionario. Quel riferimento introduceva anche il concetto di unità sanitaria locale ed anche questo è un fatto da valutare, perché l'eccessiva aziendalizzazione della sanità ha spogliato piano piano, ma in maniera inevitabile ed inesorabile, gli enti locali, le assemblee elettive. Accentra in un unico soggetto, in definitiva, forse, anche in un'unica persona, la gestione di oltre l'80% del bilancio regionale; moltiplica, anziché ridurre, la burocrazia. Infatti ci saranno direttori di zona, il direttore generale dell'Asur e non sappiamo quale sarà la composizione della super azienda, perché sarà l'atto aziendale a definirne la struttura, ma è ovvio che ci saranno ulteriori figure che oggi non esistono.
E' noto altresì che la centralizzazione porta, inevitabilmente, all'esaltazione dei localismi e già oggi si è aperta una competizione nei territori, tra i sindaci, sui servizi sanitari. Ma il rischio più forte è che la supremazia della necessità del risparmio, che pure esiste, può portare a tagli dei servizi sanitari nelle aree periferiche, negli entroterra delle Marche. In secondo luogo il nostro dissenso è programmatico in quanto, lo ricordavo prima, il programma di "Marche Democratiche" non prevede l'azzeramento delle Asl bensì una riduzione, perché è del tutto ovvio che le riforme sono processi graduali, più o meno rapidi, che debbono unire e non dividere.
Il terzo elemento di dissenso è politico e attiene alla gestione che tutti i partiti della Giunta e la Giunta hanno impresso a questa scelta. Una conduzione politica sbagliata su un obiettivo incerto. Abbiamo detto del contrasto nel merito. Probabilmente, anzi certamente, quando l'obiettivo strategico è giusto ci vuole una tattica duttile, unitaria, conseguente per realizzarlo, altrimenti si può realizzare sì l'obiettivo ma a costi molto elevati in termini di unità di rapporti e la strategia la si realizza con la politica delle alleanze e non già con quella delle rotture. Non solo questa proposta allontana la Giunta dal programma unitario di "Marche Democratiche" e quindi dai Comunisti italiani che invece rimangono fedeli a quel programma, ma per la prima volta la espone in maniera forte all'opposizione dei più grandi sindacati, Cgil e Cisl, su un punto nodale che noi condividiamo appieno: quello dell'articolazione territoriale del contratto nazionale di lavoro delle categorie.
Si dice che in definitiva l'ultima stesura della legge lascia le cose come stanno, le Asl cambiano nome ma non sostanza. Ma allora perché tutto questo scontro? Allora perché 13? In realtà su questo punto il Governo Berlusconi, con l'ariete della Lega nord sta portando avanti proprio in queste ultime ore un attacco inaudito al contratto nazionale di lavoro e alla sua declinazione. La devoluzione va verso contratti non più nazionali ma regionali e particolari, con una ulteriore precarizzazione dei lavoratori. La Regioni di centro-sinistra non possono, non dico avallare questa ipotesi e ciò è ovvio, ma neanche creare leggi che prevedano, come se fosse una concessione, la possibilità della contrattazione. I diritti dei lavoratori non possono essere discrezionali a seconda delle necessità o di chi interpreta la norma. Il diritto è diritto, le opportunità sono altra cosa.
In tempi non sospetti avevamo chiesto al nostro Presidente D'Ambrosio e agli altri partiti della maggioranza, di aprire una verifica programmatica e politica a seguito di un appannamento prima e di una crisi poi della Giunta. Volevamo e potevamo dare un contributo, sia diretto sia di proposta, a partire proprio dai temi della sanità. Anche negli ultimi mesi, nelle ultime settimane, nelle ultime ore le nostre proposte unitarie non sono mancate. Il nostro impegno non è venuto mai meno, ma i nostri interlocutori hanno avuto una totale noncuranza verso le nostre indicazioni. Questo non ne fa discendere un dispetto che noi avessimo dovuto fare perché siamo gelosi dei rapporti che non ci sono stati, ma per motivi politici. Certo in politica contano i numeri, contano i rapporti di forza in maniera spietata, e noi lo sappiamo. Noi siamo ancora piccoli, anche se in crescita. Probabilmente questa vostra sottovalutazione verso i Comunisti italiani, compagni ed amici della maggioranza, è dovuta a questo fatto, anche se dovreste riflettere, qui nelle Marche, che insieme ai numeri devono esserci anche i rigori dei comportamenti, la lealtà, la serietà, l'affidabilità verso la coalizione. Senza questi elementi, l'avete visto anche voi, c'è la crisi, ci sono i rimpasti ed altre cose.
In tutta questa vertenza Asur avete visto i Comunisti italiani non già come alleati, pur critici, ma come rompiscatole e ci avete abbastanza ignorato. Ripeto, probabilmente ritenete i Comunisti italiani troppo piccoli per essere influenti ed è per ciò che vi perdoniamo, anche perché piano piano cresceremo e ricostruiremo un grande partito comunista. Ma vi preghiamo di non pensare che i Comunisti italiani sono scontati per qualsiasi scelta. Noi siamo scontati sul versante delle scelte dell'Ulivo e del centro-sinistra, sul versante del rafforzamento della coalizione e del programma di "Marche Democratiche", ma non siamo né saremo scontati su scelte che, viceversa, indeboliscono l'Ulivo e il centro-sinistra. Vogliamo continuare a dare il nostro contributo di autonomia e di unità ad una coalizione democratica, pluralista nell'interesse dei cittadini. E' per questo che chiediamo in queste ultime ore, in questi ultimi minuti utili, alla Giunta e al Presidente di lasciare aperto uno spiraglio per un accordo dentro e fuori la maggioranza, in particolare con il sindacato e con i sindacati, perché il perdurare dello scontro sociale porta solo acqua al mulino della destra, perché nessuna riforma si potrà fare contro le rappresentanze dei lavoratori. Eliminare lo scontro, cambiare la proposta darà più forza alla Giunta, al Presidente D'Ambrosio e all'intera maggioranza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Comincio col dire che la relazione del collega Ricci partiva da molto lontano. Ha cominciato partendo — non è una novità — dal Governo Berlusconi che attacca lo Stato sociale, ha parlato della sanità negli Stati Uniti e ha parlato globalmente dell'iper capitalismo che sta massacrando le condizioni di conservazione della salute nel mondo.
Ma al di là di questo, sulle Marche — noi decidiamo cosa succederà nelle Marche — è stato molto generico. Il tema centrale di questo dibattito è sostanzialmente uno: cambia tutto, come dice l'assessore Melappioni nell'ultima intervista che ho letto, nei proclami che sono stati fatti in questi mesi, o non cambia nulla? Perché dalla voce della maggioranza ho ascoltato tutte e due le tesi, cioè: non vi preoccupate, l'azienda è unica, ma 13 zone, rimane tutto come prima, è semplicemente un coordinamento; oppure cambia tutto e la Asl unica è veramente un fatto rivoluzionario.
Non ho capito bene quale delle due ipotesi andrà avanti, però credo una cosa: che effettivamente nella sanità marchigiana ci sia bisogno di cambiare alcune cose, perché innanzitutto negli ultimi anni, a parte alcune eccellenze di grandissima qualità, complessivamente non c'è stato un miglioramento delle prestazioni ma un loro scadimento. C'è stata una forte fuga di prestazioni fuori delle strutture pubbliche che noi gestiamo, perché le liste di attesa non consentono, tante volte, di arrivare alla prestazione stessa, quindi aumentano le liste, viene compresso tutto il sistema sanitario perché non c'è ricambio di medici, di infermieri, diminuisce il numero di personale che fa le prestazioni vere e crescono i costi, in parte più che giustificati dall'aumento della tecnologia e dall'aumento complessivo dei costi sul valore del denaro che diminuisce, ma in parte costi che aumentano perché tutto il sistema non funziona nel migliore dei modi.
Il problema che dobbiamo porci è quello che nella dichiarazione del ministro alla sanità è stato posto: qual è il compito degli assessori regionali alla sanità e dei direttori generali delle Asl? Curare i bilanci o curare i malati? Perché se si devono curare solo i bilanci, la strategia è quella dei tagli e di diminuire le prestazioni. Se si deve invece curare la gente la strategia è un'altra, bisogna vedere come razionalizzare il sistema. In questo senso mi permetto di fare una polemica ad alta voce a Ricci, ma a tutti coloro che la pensano come lui: è meglio pagare 2 euro di ticket a farmaco, oppure pagare migliaia di euro sull'Irap, l'Irpef e il bollo automobilistico?

ANDREA RICCI. Per i pensionati l'Irpef...

CARLO CICCIOLI. Il sistema è complessivo. Voglio ricordare una battuta di un uomo che appartiene all'Ulivo, il sen. Elia, il quale diceva che il sistema è complessivo, addirittura anche i ladri fanno parte del sistema, perché sottraendo risorse, sia nel pubblico che nel privato, sono un meccanismo complessivo. E' chiaro che se tutto il sistema economico non funziona, lo pagano anche i poveri, perché si impoveriscono le possibilità di dare risposte.
Oggi noi andiamo ad affrontare, dal punto di vista legislativo l'impianto della Asl unica, ma di fatto, come ha ben chiarito nella relazione di minoranza il consigliere Pistarelli, la Asl unica funziona già da oltre un anno e non ha comportato quei risparmi che dovevano esserci, se non la compressione delle prestazioni: sono state compresse le spese. Se uno comprime le spese e diminuisce le cose che si fanno, è chiaro che facendo di meno si spende di meno, anzi se si daranno direttive di fare ancora di meno spenderemo ancora di meno e magari rientreremo nei parametri che ci si è dati.
Se invece si va ad accorpare in maniera equa, mantenendo le prestazioni e mettendo insieme le strutture, ogni impresa che si accorpa per i primi anni ha un aumento dei costi di gestione pari a circa il 20%. Un ragionamento di macroeconomia e quando parliamo di un sistema come la Asl marchigiana che ha 4.200 miliardi di lire di bilancio, cioè oltre 2 milioni di euro e oltre 20.000 dipendenti, o meglio 19.500 dipendenti di ruolo più 2.000 medici convenzionati, più una serie di precariati e comunque contratti continuativi, parliamo di macroeconomia.
Non farò polemiche dal punto di vista tecnico. I fatti. Ci è stato detto "la Corte dei conti, che è organo tecnico dello Stato, ha sottolineato che l'organizzazione sanitaria delle Marche in questo momento costa troppo e 13 Asl sono troppe". A questo punto, noi abbiamo anche speso, come Consiglio regionale, come Ufficio di presidenza, qualche centinaia di milioni per lo studio sulla geopolitica marchigiana ed è stato scritto — De Rita è personaggio sicuramente sociologo di grido, credibile — che le Marche sono una regione policentrica, poi spendiamo e pubblichiamo questo libretto dell'Ufficio di presidenza delle Marche, dicendo che le Marche sono una città-regione con tanti capoluoghi sparsi sul territorio — li vogliamo chiamare distretti industriali, vallate, chiamiamoli come ci pare — comunque una regione che presenta più particolarità, delle zone che hanno caratteristiche uniformi. E allora il primo tentativo corretto sarebbe stato quello di dire, partendo dalle 13 e cercando di accorpare, di fare delle sintesi, quali erano gli equilibri giusti, ottimali per contenere le spese, accorpare ciò che si poteva accorpare e rispettare l'autonomia della periferia. Noi abbiamo provato a fare questo, facendo varie interpretazioni tra gli accorpamenti provinciali o interzonali che possono arrivare fino a 8 nella contrapposizione costa-entroterra, però noi non crediamo che non ci potesse essere una sintesi intermedia. Le Marche hanno una loro fisionomia precisa e noi, come Consiglio regionale o, come aspiriamo a essere, "Parlamento delle Marche", dovevamo trovare un punto di rapporto.
Anche alcune Regioni di sinistra, come la Romagna, hanno fatto una serie di considerazioni. La Romagna ha fatto la scelta strategica di fare aziende a carattere provinciale, dal punto di vista territoriale, e rafforzare il sistema degli ospedali di eccellenza. Nelle Marche una prima scelta da fare era quella di fare quattro ospedali di eccellenza, uno per ciascuna provincia — per la provincia di Ancona c'era già l'ospedale di Torrette con l'università — per attrarre le prestazioni, più i due ospedali di eccellenza, cioè il cardiochirurgico e il materno-infantile che consentivano di dare risposte diffuse, più ampie.
A questo, contrapposto il territorio, con un'altra perimetrazione rispetto a quella delle 13 Asl, a mio parere troppe — parlo per me e non per tutta l'opposizione — che però rispettasse la periferia. Tenete presente che più si accorpa, più scende la qualità. Oltre un certo limite l'accorpamento porta a una disfunzione, a una diseconomia. Questi sono films già visti, perché l'allora Usl 12 è stato l'accorpamento dell'azienda ospedaliera di Torrette, l'Umberto I che allora era separato, il Salesi e il Lancisi. Cosa che ha visto — sostanzialmente era il 90% della sanità anconetana — la caduta secca dei livelli di qualità al Lancisi e al Salesi. Quindi cose viste 10 ani fa che si ripeteranno, purtroppo, se questa proposta troverà accoglimento nell'aula di questo Consiglio.
Così come il discorso tra l'organizzazione burocratica e quella sanitaria. Non è detto che debbano essere conflittuali, però quando si generalizza, si va a una gestione centralizzata e ci sono poi colonnelli in periferia, mettiamo a punto una struttura di tipo burocratico che aumenta la distanza tra la direzione centrale e le strutture, quindi più la struttura è distante e più si dequalifica; Anche qui, perché questa scelta? Con quale autolesionismo la stessa maggioranza e la stessa Giunta portano avanti questa scelta?
C'è la possibilità di centralizzare qualcosa nella gestione? Sicuramente, dal punto di vista economico. Un gruppo finanziario molto forte che opera nella nostra regione ha dato incarico a una società di vedere quale fosse la soluzione migliore per gestire la sanità nelle Marche e la risposta è stata: centralizzazione della gestione economica — quindi dei flussi finanziari, della gestione delle paghe del personale, della negoziazione sugli acquisti — una specie di società centrale dei servizi e invece gestione sanitaria assolutamente autonoma e non centralizzata delle aziende territoriali, degli ospedali. Una specie di società di gestione che si occupasse di alcune cose, mentre la sanità doveva essere delegata in periferia.
Tenete presente una cosa. Qual è la risorsa più importante nella sanità? Gli operatori, gli uomini. E' importante la tecnologia, è importante l'organizzazione, tutto il resto, ma gli operatori sanitari sono la risorsa più importante. Se sono motivati vanno oltre l'orario di lavoro, portano avanti l'intervento sanitario che compiono nel migliore dei modi, non stanno a guardare tutto il resto; se sono burocratizzati — questa è la via verso la quale si sta andando — si rendono estranei rispetto alle prestazioni, fanno delle procedure standard e reagiscono in maniera standard alle sollecitazioni che vengono dalle richieste. Questa è una grave dequalificazione del sistema sanitario.
A mio parere è molto limitato il sistema ispettivo, perché il controllo di gestione sui numeri è assolutamente inefficace. MI si dice "noi facciamo il controllo di gestione sul numero delle prestazioni, sulla qualità" ecc.: è assolutamente inefficace, perché in sanità nella maggior parte dei casi i numeri non dicono nulla. Per esempio, gli anziani con polipatologia hanno dei tempi di degenza in ospedale molto più lunghi di giovani sani colpiti da una sola patologia, però dal punto di vista dei numeri, se vai a fare la comparazione trovi risposte molto diverse.
Per esempio, se un ospedale maggiore scarica pazienti, dimettendoli, che rientrano nell'arco di pochi giorni in un altro ospedale, dal punto di vista dei numeri è tutto perfetto, dal punto di vista della sostanza è il paziente che ha fatto due ricoveri in poco tempo e questo è ormai sempre più frequente: la stessa persona che va da una parte, poi dall'altra.
Bisogna vedere come vengono gestiti i pazienti, quindi i percorsi sanitari. Questa è una cosa molto importante. Per realizzare questo, lo spazio che dovrebbe essere fatto sul discorso territoriale, soprattutto sui medici di famiglia, i quali sono invece in forte conflittualità con il sistema regionale, è fondamentale, perché è un investimento che nell'arco di qualche anno può portare veramente a modificare i comportamenti sanitari, perché il consigliere del paziente è il suo medico di fiducia. Comunicati stampa, l'Associazione più vicina a voi... (Interruzione). Io leggo i giornali, leggo la stampa, leggo le cose ufficiali. Se poi sottobanco ci sono buonissimi rapporti è un altro tipo di valutazione.
Politicamente, su questo progetto non ci sta l'opposizione, l'hanno detto tutti, non ci stanno i due sindacati più importanti vicini alla maggioranza, non a noi, Cgil e Cisl, non ci sta l'Anao, non ci sta la Cimo, non ci stanno la maggior parte dei vari sindacati e sindacatini degli operatori. Ci stanno, per opportunità — non voglio dire per opportunismo — anche molti consiglieri della maggioranza.
Forse, da quest'aula verrà un sì di vertice, ma è un sì di vertice, non è un sì di consenso di base. E' il sì dei "mandarini" che siedono in questo Consiglio regionale. In questo Consiglio regionale ci sarà un partito dei "mandarini"...

GIULIO SILENZI. Non dire cose cervellotiche come Baldassarri...

CARLO CICCIOLI. Sto segnandomi alcuni passaggi dei tuoi interventi in aula. Inizi veramente a manifestare una forma monomaniacale nei confronti di Baldassarri, di cui ti sognerai anche la notte. Dalla mattina alla sera ti poni questo problema. Io ho un buono psicoterapeutica che può risolvere il tuo problema.
In quest'aula, colleghi consiglieri di maggioranza, c'è un disagio vero o un disagio finto? Se è un disagio finto state tranquilli e votate; se c'è un disagio vero, la proposta che noi facciamo è quella di cercare di modificare qualcosa di questa legge che molti di voi non condividono. Anzi, faccio anche un passaggio. Se serve ritirare degli emendamenti perché alcuni sono considerati troppo anomali e atipici rispetto al testo principale facciamolo, ma vogliamo o no modificare qualche passaggio importante, fondamentale? In base a questo decideremo se il disagio è vero o finto, questo lo capiremo. Se c'è disagio vero, allora troviamo una modificazione; se il disagio è finto, vorrà dire che voi portate avanti il vostro progetto, però sicuramente dal punto di vista nostro politico, noi incassiamo il dissenso forte della società che poi dovremo rappresentare? Forse ha ragione Ricci quando dice "avete difficoltà a rappresentare il dissenso". Questo è vero: c'è in questa regione un dissenso molto più forte di quello espresso in questa Assemblea e noi dovremo farci carico e avere la capacità di rappresentarlo elettoralmente e istituzionalmente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. I Verdi si differenziano dal centro-destra, dalla posizione del Governo per la prospettiva verso cui vogliono che si orienti il sistema sanitario regionale. Il deficit del sistema sanitario non può essere il motivo, lo strumento per la privatizzazione della sanità, facendo credere ai cittadini che attraverso questo percorso di privatizzazione si migliorino i servizi. Questo ci differenzia dal centro-destra pur nella differenziazione, nel dibattito che si è sviluppato all'interno della nostra coalizione, dello stesso centro-sinistra sulle sorti, sulle soluzioni che si devono trovare nella riforma dell'organizzazione della sanità nella nostra regione. Noi Verdi consideriamo positivamente la critica esercitata dal mondo sindacale e dalle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto la petizione presentata al Consiglio regionale, condividiamo le critiche al modello dell'azienda unica soggetto di indirizzo, controllo e gestione, un'impostazione su cui c'è modo, a nostro avviso, di ritornare indietro, recuperando gli indirizzi e rafforzando il modello proprio della "riforma Bindi", il D. Lgs. 229 che invece da altri viene messo profondamente in discussione, ma anche utilizzando le prerogative offerte dalle Regioni dalla riforma del titolo V della Costituzione, perché nelle Marche siamo d'accordo che si possa cercare una soluzione innovativa, evitando che ogni soggetto con personalità giuridica autonoma debba per forza di cose essere strutturato come amministratore, direttore sanitario, direttore amministrativo. Quindi la riforma del titolo V della Costituzione può essere anche un valore, uno strumento in questo senso. Oggi fare riferimento solo al D. Lgs. 229 che noi difendiamo e riteniamo una riforma valida, comporta, con l'attuale numero delle Asl, 36 dirigenti e relative strutture. Quindi ben venga l'utilizzo anche di strumenti che passino attraverso il titolo V della Costituzione.
L'azienda unica per noi non è un modello a cui si può passare senza una fase di verifica e abbiamo costantemente espresso la nostra contrarietà a ogni riforma che crei contrapposizioni con il mondo sindacale e che preveda l'azienda unica, specie nelle modalità come quelle che sono state previste fino a poche ore fa, perché in questo Consiglio mi sembra che si respiri un'aria diversa da quella che si poteva respirare negli incontri che all'interno, non dell'aula consiliare ma delle Commissioni o in altre sedi si respirava quando si affrontava il tema della riforma sanitaria.
Evidentemente qualcosa sta succedendo, evidentemente è in atto una riflessione che può portare a un ripensamento molto importante.
Abbiamo detto che un centro-sinistra, su un tema centrale come quello della sanità pubblica, contro il sindacato sarebbe impossibilitato a proseguire il suo lavoro nella fase successiva all'approvazione di una riforma di questo genere. Ciò vale ancor di più in una fase in cui governa a livello nazionale un centro-destra che sulla sanità ha delle idee che non sono certo condivisibili e che destano oggettivamente alcune preoccupazioni, non meno pesanti di quelle che oggi il centro-destra in quest'aula adombra parlando di questa riforma, di alcuni passaggi che sono contenuti in questo testo. Anche perché questo testo non mette assolutamente in discussione la funzione della sanità pubblica e alcuni capisaldi.
La legge di organizzazione, a nostro avviso non può mettere in secondo pano l'importanza del varo del piano sanitario regionale e questo purtroppo è quello che sta accadendo, forse anche per responsabilità della nostra stessa coalizione del centro-sinistra. E' un fatto importante l'aver raggiunto un'intesa su questo piano e non è trascurabile, anche se dal punto di vista mediatico passa più lo scontro, la discussione, la dialettica che si è sviluppata sulla proposta di riorganizzazione piuttosto che la convergenza su un atto importante come il piano sanitario regionale.
Proprio per questo, perché questa convergenza che è stata approvata è importante, l'irrigidimento sulla proposta della Asl unica sarebbe un boomerang che mi auguro, anzi dico per fortuna il centro-sinistra sta ancora lavorando per disattivare, nella consapevolezza che senza il consenso sociale un atto come questo non può essere approvato.
L'individuazione della personalità giuridica nella sola azienda unica va a nostro avviso rimossa. Questa è la condizione essenziale per convincerci a valutare una posizione che fino ad oggi è sempre stata contraria alla proposizione che la Giunta regionale ha portato, pur come contributo, pur come documento che nelle sedi successive può essere liberamente modificato. Al centro-destra che dice ci sarà un voto di "mandarini", un voto libero, rispondo che questa analisi è sbagliata: forse si vuol forzare, si vuol dare a questa denominazione di azienda unica un significato che invece dovrebbe essere trovato più nei contenuti che nella denominazione e io mi permetto di sfidare il centro-destra e di dare questo giudizio alla fine di questa seduta, di questa discussione. Non si deve tentare di giocare la carta propagandistica per cui, qualunque cose ci sia dietro una denominazione, significa accentramento. Noi siamo convinti che è la sostanza che conta, pur non essendo né estimatori né ammiratori di questa stessa denominazione. Per noi conta se il meccanismo di accentramento ci sarà o non ci sarà, se la personalità giuridica sarà accentrata oppure sarà distribuita anche su altri soggetti, se l'azienda unica sarà qualche cosa che entrerà immediatamente in vigore, sarà il modello finale subito dopo l'approvazione della legge o ci sarà un periodo di passaggio in cui sarà possibile mettere meglio in funzione alcuni strumenti di accentramento di alcune funzioni che ovviamente, se gestiti in maniera totalmente decentrata, daranno quei risultati, sulla qualità dei servizi e sulla spesa sanitaria, che noi oggi non possiamo continuare a mantenere.
Una Asl centrale che sia una holding che coordini e svolga attività di supporto per aziende e zone con una personalità giuridica, al di là della denominazione penso siano soluzioni e percorsi che meritano una larga condivisione a cui noi non faremo mancare il nostro consenso se, alla fine di questa discussione in questa seduta, avremo segnali in questo senso.
Continuiamo a essere convinti che sarebbe un errore far convergere nella Asl unica funzioni di indirizzo e di controllo e provare a dare interpretazioni a questa riforma del titolo V della Costituzione, a usare questa riforma del titolo V della Costituzione per creare invece una struttura che alla luce degli articoli 96 e 97 della Costituzione, come qualsiasi altra struttura non può accentrare al suo interno le funzioni di indirizzo e di controllo.
Sono convinto che c'è uno spazio di recupero del dissenso che è stato manifestato da soggetti politici e da soggetti sociali. Nel recupero il centro-sinistra deve raccogliere questa sfida, questo recupero del dissenso, che è un dissenso di carattere politico all'interno della coalizione, ma anche di carattere sociale e anche di natura sindacale che si è espresso in questi giorni e che fino ad oggi non ha trovato una risposta, ma che sembra proprio in queste ore stia trovando disponibilità nuove, segnali che possano rinsaldare fortemente non soltanto la maggioranza di centro-sinistra, ma creare una coesione di tutta la società civile della nostra regione attorno alla proposta di riforma, riportando il dibattito e il giusto peso della discussione politica, dalle questioni di organizzazione, su cui no c'è più necessità di mantenere queste posizioni rigide, alle questioni di merito più legate al tipo di servizi che vogliamo offrire ai cittadini, sicuri che non sarà un modello centralista, centralizzato e fondato in modo esasperato su un soggetto unico, su amministratori unici, a poter organizzare il rilancio dei servizi nella nostra regione e, perché no?, anche il ritorno della spesa sanitaria della nostra regione entro percentuali accettabili rispetto al bilancio regionale, alle disponibilità finanziarie che questa comunità inserisce ogni anno nel bilancio della Regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, signori consiglieri, tutti sapete che la sanità ha impegnato negli ultimi anni una quantità di risorse di bilancio via via sempre crescente, fino a raggiungere l'85% nell'ultimo anno, se si tiene conto delle rate degli interessi sui mutui. Cosa che non trova riscontro in nessun'altra Regione italiana.
Nonostante ciò è la prima volta, da tre anni che il Consiglio regionale è chiamato a discutere sul funzionamento del servizio sanitario regionale. Questo è un fatto grave. Voi avete un'idea distorta del mandato elettorale che avete ricevuto, avete un'idea distorta della vostra funzione. La Regione Marche non è una cosa vostra. Voi avete un mandato pro-tempore e dovete rendere conto del vostro operato, almeno fatelo al Consiglio regionale.
Nella relazione che accompagna la proposta di legge viene detto che ci sono motivi contingenti che giustificano la riforma del servizio sanitario regionale. Appare chiaro che il riordino del servizio sanitario regionale operato da questa maggioranza nel 1996 attraverso la legge regionale 26 non ha dato i risultati sperati e a distanza di sei anni è necessario procedere a una nuova riorganizzazione.
Dalla lettura della delibera di Giunta regionale 1093 dell'11.6.2002, ad oggetto "Indirizzi per il riordini del servizio sanitario regionale", appare chiaro che la prima contingenza è rappresentata dal fatto che i dati relativi al funzionamento del servizio sanitario regionale sia per l'anno 2001 che 2002 fanno registrare un aumento di costi rispetto a questo previsto e questo fa aumentare il disavanzo previsto. Ciò corrisponde esattamente a quello che avevamo previsto e ampiamente argomentato noi in sede di approvazione del bilancio di previsione, sia per il 2001 sia per il 2002, quando vi avevamo detto che si trattava di bilanci falsi e inattendibili, perché c'era una sottostima della spesa relativa alla gestione del servizio sanitario e che a consuntivo ci saremmo trovati con disavanzi miliardari.
Così è stato. Voi avete fatto orecchie da mercante e avete continuato incuranti ed imperterriti nella nostra allegra gestione, spendendo, dal 1995 al 2002, ben 2.400 miliardi in più di quanto avevate a disposizione.
Non ci venite a dire che questi debiti sono la conseguenza dei tagli operati sul servizio sanitario nazionale dal Governo Berlusconi, perché sapete bene che questo è falso, tanto più che il nuovo Governo è stato eletto solo a 2001 inoltrato. Il Governo Berlusconi ha aumentato il fondo sanitario nazionale di oltre 100.000 miliardi in quattro anni e con la legge 405 del 2001 ha chiuso anche i disavanzi vecchi, a partire dal 1994, per proseguire fino al 2000. Il fatto che le risorse siano sufficienti lo dimostrano i bilanci di Regioni che pure non sono di centro-destra, come Umbria, Toscana ed Emilia Romagna.
Dunque il disastro dei conti regionali è il primo motivo che obbliga la Giunta regionale ad operare una ulteriore firma del servizio sanitario regionale. Questo risultato è la conseguenza della cattiva e clientelare gestione della sanità che avete operato in questa regione.
Più volte vi avevamo invitato fare attenzione ad intervenire, ma come ammettete sempre nella delibera della Giunta regionale 1093, le misure che avete adottato si sono rivelate insufficienti. Noi aggiungiamo che sono state misure tardive, scarse, insignificanti ed inutili. Le misure di contenimento della spesa che voi avete adottato non sono servite a nulla. non avete avuto il coraggio di affrontare i problemi veri della sanità marchigiana. In ogni caso dite che il sistema sanitario regionale deve essere riformato, perché l'attuale assetto di 13 Asl e 4 aziende ospedaliere per una popolazione di 1.469.000 abitanti non trova giustificazione. Ma chi ha dato questo assetto? Volete adesso rinnegare la scelta che avete fatto voi sei anni fa? Di quanto sono diminuiti gli abitanti di questa regione per giustificare la soppressione totale delle Asl?
L'elevato numero di aziende sanitarie, dite, determina la riproduzione di apparati di servizi amministrativi e sanitari non necessari. Ma dove sieste stati in questi anni? Perché volte continuare a prendere in giro i cittadini delle Marche? Qui non c'entra Roma o il Governo Berlusconi.
Esaminando i dati sul personale di ruolo alle dipendenze della Regione nella sanità nel periodo 1998-201 — sono questi i dati disponibili, e spero che abbiate ottemperato, dopo il 2001, alla delibera della Giunta regionale n. 37 dell'8 gennaio 2002, quando vi siete impegnati a non fare più assunzioni a tempo indeterminato — emerge che al primo gennaio 1998 il personale dipendente ammontava a 16.296 unità. Nel 1998 avete proceduto ad assumere 178 persone. A gennaio 1999 erano diventate 16.474, con altre 182 persone assunte, siete passati, nel gennaio 2000, a 16.656. Con ancora 471 assunzioni, al primo gennaio 2001 i dipendenti della Regione sono diventati 17.127. Nel 2001 avete fatto altre 909 assunzioni e siamo arrivati al primo gennaio 2002, a 18.036 dipendenti. Naturalmente in questi quattro anni avete provveduto anche a sostituire i 2.000 dipendenti che sono andati in pensione.
Al primo gennaio 2002 quindi, i dipendenti della Regione Marche impiegati nel servizio sanitario regionale ammontavano a 18.036, per una spesa complessiva di 858.160.000 euro, pari a una media di 47.580 euro per dipendente, quindi 92 milioni di costo medio per dipendente.
Facendo due calcoli, visto che i dipendenti nel 1998 erano 16.296, avendo assunto in questi quattro anni 1.740 dipendenti in più, oltre i posti che avete coperto per il pensionamento, avete prodotto un maggiore costo alle casse della regione per 82.786.200 euro, pari a 160 miliardi in più. Cioè, con le assunzioni che avete fatto dal 1998 al 2002 avete aumentato i costi di 160 miliardi. Mentre nel resto d'Italia la spesa per il personale impegna, in media, il 35% delle risorse, nelle Marche tale quota supera il 40%. Sono dati che ho potuto verificare nella relazione annuale sulla situazione finanziaria dello Stato italiano, pubblicati in Parlamento.
Questo è un problema che avete creato voi, del quale dovete assumervi tutta la responsabilità. Solo un'Amministrazione irresponsabile poteva procedere all'assunzione di 1.740 persone negli ultimi quattro anni, con la crisi economica che attraversa la Regione marche. Il cittadino deve sapere che il disavanzo dei conti della sanità marchigiana è imputabile solo alla vostra responsabilità. I marchigiani devono sapere che i mutui che avete contratto per pagare i disavanzi della sanità non sono serviti per fare gli investimenti, per fare nuovi ospedali, magari in conseguenza di processi di razionalizzazione della rete ospedaliera o per comprare nuovi strumenti diagnostici, ma per pagare centinaia e centinaia di assunzioni clientelari e inutili.
Nella relazione che accompagna la proposta di legge 134/2002, viene detto che in conformità alla modifica del titolo V della Costituzione si è ritenuto principio fondamentale quello della gestione aziendalizzata della sanità. Non facciamo confusione, non intorbidiamo le acque: non c'entra nulla il titolo V della Costituzione con l'aziendalizzazione della sanità. Con la modifica del titolo V della Costituzione il legislatore si è limitato a stabilire le competenze, ha posto con grande chiarezza in capo allo Stato la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute attraverso i livelli essenziali di assistenza e nello stesso tempo ha completato il processo di affidamento alle Regioni della responsabilità esclusiva diretta del governo della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute del paese.
E' stato il D. Lgs. 502/92, con le successive modificazioni che ha sostituito le vecchie Usl con le Asl e il decreto 502/92 prima, il 229/99 dopo, hanno introdotto la gestione aziendalizzata della sanità. Il concetto di "azienda sanitaria pubblica" era semplice e trasparente, voi non l'avete saputo utilizzare. Significa sapere cosa si spende, capire come si spende, comprendere perché si spende, conoscere chi spende e infine sapere quali risultati si sono ottenuti.
Il D. Lgs. 502 del 1992 prima e il D. Lgs. 229/99 hanno determinato la regionalizzazione della sanità: aziende ospedaliere e Asl sono diventate enti strumentali della Regione, hanno acquisito personalità giuridica, hanno acquisito autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale-contabile, gestionale e tecnica. Aziendalizzazione, come dice oggi il ministro Sirchia, significa tenere i conti sotto controllo, fare investimenti oculati, significa verificare quello che si fa, verificare che si faccia avendo il malato al centro dell'attenzione.
Questa premessa per dire che il D. Lgs. 502/92 e il 229/1999 hanno posto al centro del sistema due attori fondamentali: la Giunta regionale e il direttore generale delle Asl e delle aziende ospedaliere, nominato dalla Giunta regionale con contratto di diritto privato. E' chiaro a tutti che questo processo di aziendalizzazione della sanità marchigiana è stato catastrofico. La riforma che proponete prevede di sopprimere le Asl. Questo significa che tutti i direttori generali, i manager che voi avete nominato per gestire la sanità sono i responsabili del disastro e quindi li volete licenziare. Vi serviva un capro espiatorio e l'avete trovato. Ma chi ha scelto questi manager? Attraverso quali criteri sono stati scelti? Sono stati scelti sulla base delle loro indiscutibili e documentate capacità professionali o in base alla loro appartenenza ai partiti della maggioranza che regge questa Giunta?
Noi siamo convinti che solo alcuni direttori generali avevano i requisiti di capacità, competenza e professionalità richiesti per svolgere un ruolo così delicato. Molti, invece, sono stati scelti sulla base della loro appartenenza partitica e oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Oggi si certifica il fallimento del processo di aziendalizzazione della sanità marchigiana, ma la Giunta regionale non può declinare le proprie gravi responsabilità rispetto allo sfascio della sanità marchigiana addossando tutte le colpe ai direttori generali. Voi siete responsabili sia in merito alla scelta dei direttori generali, sia in merito agli indirizzi che dovevate dare e non avete dato. La Giunta regionale non ha saputo dare ai direttori generali indirizzi precisi, non ha indicato obiettivi chiari, non ha svolto la funzione di controllo e valutazione dei risultati che venivano via via maturando.
Per il bene delle Marche mandate a casa i direttori generali, ma abbiate il coraggio di mettervi da parte anche voi. Voi avete completamente ignorato i contenuti innovativi del D. Lgs. 229/99 del vostro Governo, che richiamate nella legge. Voi non siete stati capaci di assumere alcun provvedimento di contenimento della spesa farmaceutica e sprecate 50 milioni di euro ogni anno. Voi non siete riusciti ad adottare nessun piano di razionalizzazione della rete ospedaliera che rinviate ogni volta e questo vi fa sprecare altri 50 milioni di euro. Aggiungete poi i 50 milioni di euro per le rate dei mutui che avete contratto per ripianare i debiti: questi sono tutti motivi che non fanno quadrare i conti della sanità marchigiana.
Fatte queste premesse, il nostro giudizio su questa legge è assolutamente negativo. Avete costruito un pasticcio.
Innanzitutto va detto che questa è una legge anacronistica. Voi date corso a un processo di accentramento di poteri assolutamente in controtendenza rispetto ai processi di decentramento di responsabilità e funzioni in atto nel paese. La Asur è una follia, non si può affidare ad una sola persona la gestione di una montagna di risorse come quelle della sanità. Noi siamo contrari alla soppressione delle Asl, anzi siamo favorevoli al mantenimento delle 13 Asl. Ma sul numero delle Asl — probabilmente vi abbiamo convinto, ne prendiamo atto e ne siamo felici — si può ragionare. Il numero delle Asl non è il problema più importante, anzi è il problema minore. Riteniamo che la scelta di sopprimere tutte le Asl sia fortemente negativa. Non si può buttare l'acqua sporca insieme al bambino. Pensate alla spesa che è stata fatta per preparare i dirigenti nelle varie Asl, che oggi vengono accantonati e "rottamati".
La vostra proposta è una scorciatoia, un modo per superare le vostre contraddizioni, le vostre divisioni interne, ma non è la soluzione del problema.
L'esperienza delle Asl è un'esperienza che ha aspetti negativi che bisognava pur eliminare, ma che non può essere buttata via totalmente. Forse serve per gestire tutta la sanità marchigiana con — uso una frase presa dallo sport — "un uomo solo al comando", anziché dividere il potere con le altre forze politiche.
Siamo contrari alla soppressione dell'autonomia dell'azienda ospedaliera Lancisi, che è un'azienda ospedaliera di assoluta eccellenza, all'avanguardia nella sua specialità, che ha anche un bilancio economico positivo. Siamo altresì contrari alla soppressione dell'autonomia del Salesi, che è un'azienda ospedaliera di assoluta eccellenza, un punto di riferimento certo almeno nell'Italia centrale, per i problemi di salute dei bambini. Chi non ha portato mai i propri figli con gravi problemi di salute all'ospedale Salesi di Ancona? Sfido domandarlo a tutti i marchigiani. Che senso ha privare questo ospedale della sua autonomia?
Siamo favorevoli a creare un'azienda ospedaliera degli ospedali riuniti della provincia di Ascoli Piceno, un'altra per gli ospedali riuniti della provincia di Macerata, perché l'autonomia ospedaliera favorisce la creazione di eccellenze.
L'altro motivo di preoccupazione — mi fa piacere che l'assessore l'abbia raccolto anche questa mattina — riguarda il fatto che non condividiamo le modalità di nomina del direttore generale dell'Asur. La durata della nomina non deve andare oltre il mandato di questa Giunta regionale. Non potete, per legge votata solo da voi, continuare a tenere le mani nella sanità durante la prossima legislatura, anche in caso di sconfitta elettorale. Se sarete riconfermati dai cittadini delle Marche, confermerete il direttore generale, altrimenti sarà un grave atto di prepotenza e di arroganza.
Proponiamo anche di ridurre il compenso ai direttori generali delle Asl e delle aziende ospedaliere, perché questi signori possono anche guadagnare, ma debbono dimostrare di essere in grado di assolvere al loro compito. Se chiamiamo i cittadini delle Marche, le imprese, le aziende a fare i sacrifici, li facciano anche i direttori generali.
Noi siamo favorevoli a dotare le zone di piena autonomia gestionale ed operativa, nonché di autonoma personalità giuridica pubblica. Non ci va che l'atto aziendale fatto successivamente stabilisca queste cose.
Vogliamo tenere maggiormente in considerazione il ruolo degli enti locali e dei sindaci, che erano e rimangono in una posizione marginale rispetto ai problemi della salute del cittadino. Il loro parere, quando richiesto, deve contare qualcosa, deve essere vincolante.
Questa legge non ci piace, non è in grado di realizzare alcun miglioramento nell'organizzazione del sistema, allontana i centri decisionali dai cittadini, non garantisce di per sé alcun risparmio economico. Fra due anni la cambieremo.
Abbiamo cercato in Commissione di apportare il nostro contributo al miglioramento della legge, però i nostri emendamenti, quelli decisivi li avete respinti, per cui li abbiamo riproposti adesso in Consiglio. Il nostro voto potrà cambiare ove esistesse la volontà di tenere conto di quello che andiamo dicendo.
Chiudo per ragioni di tempo. naturalmente avrei qualche altra cosa da dire, ma la dirò nella dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Presidente, io sono uno di quelli che avrebbe gradito di più una discussione sia sulla legge di riforma organizzativa che su quella del piano sanitario in maniera congiunta, proprio perché le due cose sono talmente intrecciate che mi pare difficile parlare dell'una senza tener conto dell'altra. Tuttavia la scelta che è stata fatta, per volontà in modo particolare di un gruppo politico dell'opposizione è questa, quindi mi...

ROBERTO GIANNOTTI. Scusi, vuol precisare?

FAUSTO FRANCESCHETTI. Sì. Mentre c'era l'accordo nella Conferenza...

ROBERTO GIANNOTTI. E' stato chiesto il rispetto del regolamento.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Giannotti, senza che ti scaldi, ho semplicemente osservato quello che è avvenuto: che nella Conferenza dei presidenti tutti erano d'accordo a fare la discussione congiunta, tranne il gruppo di Forza Italia. Ho soltanto precisato quello che è avvenuto, né più né meno.
Mi atterrò ovviamente a questa decisione e quindi farò alcune considerazioni nel merito della legge di riordino, senza tuttavia entrare nel merito specifico dei singoli articoli, anche perché condivido la relazione che ha svolto il presidente della V Commissione, relatore delle proposte di legge di riforma.
Penso però che va riportata nella sua giusta dimensione una questione, perché nella sostanza va respinto il tentativo che qui è stato portato avanti dagli interventi degli esponenti della Casa delle libertà, di far passare questa legge di riordino come una legge osteggiata da tutti nella nostra regione. Così non è stato, così non è, sappiamo benissimo che ci sono valutazioni critiche, in particolare da parte del sindacato, almeno di una parte consistente, considerevole del sindacato confederale e questo lo dico anche con grande dispiacere ed amarezza, perché io per primo so quanto il sindacato confederale, Cgil e Cisl in modo particolare, rappresentano in una regione come la nostra, oltre che a livello nazionale. Nonostante gli sforzi che sono stati compiuti, finora non si è riusciti a recuperare un rapporto positivo. Mi auguro che quello che abbiamo perseguito in questi giorni, in queste settimane continui anche in queste ultime ore, per vedere se esiste una soluzione che faccia recuperare anche questo rapporto positivo con il sindacato stesso.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI

Detto questo, voglio anche dire, per onestà, che molte forze sociali nella nostra regione, rispetto a questa proposta di legge di riordino, oltre che sul piano sanitario hanno invece espresso un giudizio positivo. Voglio qui ricordare che c'è un parere della Conferenza regionale delle autonomie la quale rappresenta gli enti locali di questa nostra regione, che su quella proposta di legge ha espresso un giudizio e un parere positivi, così come l'ha fatto, anche se a maggioranza, lo stesso comitato economico e sociale che rappresenta le categorie economiche, sociali e imprenditoriali di questa nostra regione.
Penso che comunque c'è un punto su cui tutti si riconoscono: il fatto che ci sia oggi la necessità di procedere oggi a una riorganizzazione del servizio sanitario regionale, perché quella che è stata varata circa dieci anni fa e che aveva diviso il territorio regionale in 13 aziende territoriali e 4 aziende ospedaliere, oggi mostra obiettivamente limiti evidenti per il governo della sanità regionale, per una sanità regionale che è profondamente modificata in questi anni ed è anche complessivamente migliorata, grazie anche al lavoro che è stato fatto da tanti operatori nelle diverse realtà territoriali, oltre che per una politica regionale che ha aiutato questo processo di miglioramento complessivo che c'è stato. Ma oggi dobbiamo prendere atto di questo elemento: che, così come oggi è organizzata la sanità non regge più il passo dei tempi, quindi siamo chiamati ad operare una trasformazione che dia una risposta avanzata ai problemi nuovi che esistono.
Credo che la nuova organizzazione così come uscita con il testo di legge dalla Commissione, cerca di superare questi limiti, puntando da una parte, con più forza, al governo complessivo ed unitario della sanità marchigiana, senza ridurre tuttavia — questo è l'altro aspetto importante — ma cercando anche di rafforzare i poteri della gestione territoriale e anche della partecipazione, che è istituzionale e dei cittadini, alle decisioni e alla programmazione sanitaria regionale, intanto, partendo da un primo elemento, che è un elemento distintivo della nostra proposta, quello contenuto nell'art. 1 sulle finalità, in cui diciamo in maniera chiara ed esplicita che vogliamo mantenere un sistema sanitario pubblico in cui siano salvaguardati fino in fondo i principi di solidarietà e di universalità delle prestazioni. Questa è una scelta di fondo che facciamo e che ci contraddistingue rispetto alle politiche che sulla sanità sta invece portando avanti il Governo di centro-destra a livello nazionale, una politica che mira ad introdurre forti elementi di privatizzazione, a mettere in forte difficoltà le Regioni attraverso il mancato trasferimento di risorse anche concordate tra la Conferenza dei presidenti delle Regioni con il Governo nazionale, quindi attraverso una politica che cerca di mettere in difficoltà la sanità pubblica. Questo è un primo elemento di forte caratterizzazione della nostra proposta.
Voglio poi entrare nel merito di due-tre questioni in modo particolare. La prima riguarda il ruolo dell'azienda sanitaria regionale e, strettamente legato a questa il ruolo delle zone territoriali. Ho ascoltato gli interventi che sono stati fatti dall'opposizione e l'accusa principale che viene rivolta alla nostra proposta di legge riguarda il rischio di una centralizzazione della gestione della sanità, una centralizzazione che avverrebbe a livello regionale e quindi di fatto svilirebbe, riducendo sostanzialmente a meri esecutori i territori. Rispetto a questa osservazione critica, che comunque è uno dei punti nodali sui quali anche la maggioranza ha discusso al suo interno, trovando poi una sintesi nella proposta che è stata elaborata dalla Giunta e che è uscita in parte cambiata dalla Commissione, sarebbe sbagliato da tutte le parti affrontare la questione da un punto di vista quasi ideologico. Credo invece che occorra entrare nel merito, perché penso che se noi entriamo nel merito — cosa che negli interventi della minoranza non ho sentito questa sera — ci accorgiamo che le cose stanno diversamente rispetto a quelle che si vuol far credere. Intanto perché vedo che c'è una forte interrelazione tra azienda regionale e zone territoriali, data da alcuni elementi che adesso richiamo soltanto, per esempio attraverso il ruolo dei direttori di zona e la formazione del collegio dei direttori di zona che agisce nell'azienda unica sanitaria come elemento non solo di consultazione ma anche propositivo, per quanto riguarda le strategie aziendali; perché c'è un ruolo della conferenza permanente socio-sanitaria che è formata dai presidenti delle Conferenze dei sindaci più i presidenti delle Province e un rappresentante delle Comunità montane che esprime parere su tutti gli atti fondamentali che l'azienda unica sarà chiamata a fare, fino ad arrivare al punto d): "esercitare un controllo". Vorrei infatti ricordare che la Conferenza permanente designa anche un proprio rappresentante in seno al collegio sindacale dei revisori dei conti e strettamente legato a questa visione c'è l'altro elemento importante, che è stato introdotto soprattutto dal lavoro buono che è stato fatto in Commissione, cioè eliminare o quantomeno ridurre moltissimo il rischio di questo accentramento dei poteri che erano in capo al direttore generale, per esempio attraverso l'atto aziendale che, come sappiamo, non sarà una prerogativa esclusiva del direttore generale ma prevederà un ruolo importante del Consiglio e della Giunta regionali e ancora di più sulla questione della determinazione dei budget da assegnare alle zone e ai presidi monospecialistici, di alta specializzazione che saranno dettati dalla Giunta regionale in base ai criteri che noi decideremo in Consiglio regionale. legato a questo, aspetto non secondario il ruolo delle zone, che io vedo come un ruolo tutt'altro che marginale, perché di fatto le zone, nella proposta che noi avanziamo, svolgeranno un ruolo di fortissima autonomia gestionale e organizzativa, il che vuol dire che su questo c'è una completa responsabilità dei territori nella gestione diretta dei servizi, ovviamente dentro un quadro complessivo che sarà dato dal piano sanitario, dal modello organizzativo che abbiamo scelto, che è quello dipartimentale, dentro il budget che verrà concordato e così via dicendo. Per cui, per i cittadini, di fatto l'approccio verso i servizi non cambierà rispetto alla situazione attuale, quindi l'obiettivo è quello di razionalizzare i servizi di supporto, come ricordava nel suo intervento Luchetti, e io condivido: razionalizzare e risparmiare sui servizi di supporto che non sono a diretto contatto con i cittadini, per rafforzare e rendere più efficienti i servizi ai cittadini stessi.
Voglio dire due cose riguardo alle aziende ospedaliere. La legge fa la scelta di arrivare a due aziende ospedaliere, cioè arrivare a livello delle tre aziende ospedaliere di alta specializzazione, che hanno una valenza regionale ma che sono collocate nella città di Ancona, ad una riunificazione che si presenta come una scelta ispirata a creare maggiori sinergia tra queste strutture, in modo che ognuna di esse possa agire in maniera tale da potersi avvalere più rapidamente dei servizi che le altre possono mettere a disposizione, senza tuttavia appiattire o far scomparire la specificità che queste aziende hanno. Mi riferisco in modo particolare al Lancisi e al Salesi, perché all'interno di questa proposta noi abbiamo trovato una mediazione che dà a queste due strutture la massima autonomia in fatto di funzionalità, di organizzazione dei servizi, con a capo addirittura un proprio direttore.
Voi sapete quale è la posizione politica dei Ds a livello regionale: quella di mantenere l'autonomia per il Salesi, però questo problema non può essere risolto da una forza politica o frutto di logiche trasversali, perché questa è una scelta importante, una scelta che deve fare capo alla maggioranza nel suo complesso, come deve fare capo alla maggioranza nel suo complesso la proposta dell'Asur.
Quindi noi abbiamo fatto uno sforzo anche attraverso una nostra discussione interna, che ci ha impegnato molto. Non ho capito la proposta alternativa che la Casa delle libertà avanza. Non l'hanno detto né il relatore di minoranza né alcuni degli intervenuti. Se debbo giudicare dall'atteggiamento vostro in Commissione — e credo che la stessa cosa si ripeterà con gli emendamenti in aula, che non abbiamo visto —...

ROBERTO GIANNOTTI. Leggiti gli emendamenti e ti renderai conto.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Quegli emendamenti che avete presentato in Commissione andavano dalle 4... (Interruzione). Io parlo della coalizione di centro-destra, non di Forza Italia o di Alleanza nazionale. Se voi volete essere forza di governo in questa regione, dovete essere in grado di fare una proposta alternativa come coalizione di centro-destra e non andare ognuno per conto proprio, chi con la proposta delle aziende provinciali che è stata respinta dalla stragrande maggioranza del territorio marchigiano e dalla stragrande maggioranza dei sindaci, sia quelli di centro-destra che di centro-sinistra, fino ad arrivare alla proposta di 5, 6, 7 aziende, di 4 aziende provinciali e 4 aziende ospedaliere, cioè tutto e il contrario di tutto. Ha ragione Andrea Ricci: questo dimostra che la Casa delle libertà non è credibile come forza di governo di questa Regione. Lo sareste stati se foste stati in grado di presentare una proposta alternativa a quella che ha presentato il centro-sinistra.

ROBERTO GIANNOTTI. Franceschetti, quando governeremo le Marche...

GIULIO SILENZI. Adesso devi farla, non "quando governeremo".

FAUSTO FRANCESCHETTI. Cosa che non siete stati in grado di fare, nonostante le promesse, perché avete fatto un convegno che è durato due giorni, che non ha detto assolutamente niente ai marchigiani.
Vorrei concludere affrontando un ultimo punto che riguarda il rapporto tra la legge e alcune problematiche che sono state sollevate da alcune organizzazioni sindacali.
Credo che nel confronto di queste settimane, anche nel confronto che abbiamo fatto in Commissione, non solo si è tenuto conto ma si è cercato di dare una risposta nel merito a queste problematiche che riguardavano in modo particolare le questioni della contrattazione integrativa, per evitare che con l'azienda sanitaria regionale, il secondo livello di contrattazione, dopo quello nazionale che vogliamo mantenere, fosse diventato quello regionale e dall'altra parte riguardo la mobilità del personale per eliminare un rischio che secondo me non esisteva, di poter spostare il personale della sanità da un capo all'altro della regione. Credo che le modifiche apportate abbiano dato una risposta ad entrambe queste questioni, da una parte ponendo in capo alle zone la capacità di fare la contrattazione di secondo livello e dall'altra introducendo un articolo specifico, il 25 bis che regola in maniera chiara la mobilità del personale.
Per tutte queste ragioni penso che abbiamo fatto una buona legge di organizzazione, che ovviamente dovrà tenere anche delle tappe intermedie di applicazione, per arrivare a una sintesi finale che porti alla costituzione dell'azienda unica e delle 13 zone. Sicuramente questa è una proposta innovativa e credo che anche per questo è una proposta che ha sollevato molta discussione, molte critiche, molte perplessità. Il voto del nostro gruppo su questa proposta di legge sarà quindi un voto convintamente positivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Ho ascoltato con grande piacere quello che diceva il collega Franceschetti, per due motivi. Primo, perché è il capogruppo del partito di maggioranza, ma soprattutto perché, mentre parlava Franceschetti, c'è stato veramente un "raduno di mandarini", cioè gli assessori erano terrorizzati, perché si era sparsa la voce che era inutile che noi continuassimo a discutere, a parlare di questo piano, perché nelle segrete stanze molto probabilmente stanno avvenendo dei cambiamenti che possono essere sostanziali. Tanto è vero che eravamo rimasti senza alcun rappresentante di governo in aula mentre parlava il capogruppo di maggioranza ed è stato obbligatoriamente chiamato un assessore, perché non si può continuare la seduta senza un rappresentante della Giunta. Per quale motivo dobbiamo rifare qualcosa che abbiamo già visto? Quando si è discusso, nel 1998 il piano sanitario di allora, si dicevano le stesse identiche cose. Siccome sono d'accordo con gli interventi che hanno fatto il relatore di minoranza Pistarelli e il mio capogruppo Ciccioli, volevo fare delle considerazioni, altrimenti si ripetono delle cose che sono già state ampiamente dette. Prima di tutto c'è una considerazione da fare. C'è uno squilibrio incredibile, nel senso che il Consiglio diventa una tappa marginale di scarsa rilevanza propositiva, con umiliazioni delle minoranze ma non solo, ritengo anche delle maggioranze.
E' stato detto "ci abbiamo lavorato oltre due anni, abbiamo ascoltato tante volte le associazioni, le aziende, i sindacati, a questo punto siamo a posto". Oggi, improvvisamente sono riuniti con i sindacati per trovare una soluzione e molto probabilmente sarà una soluzione che a qualche gruppo che siede nella maggioranza non andrà bene, quindi ci sarà forse qualche altro scambio, cosa che risulta estremamente negativa nell'ambito della mediazione della politica.
Nel precedente piano sanitario Giuseppe Mascioni, allora assessore, diceva "siamo giunti a un appuntamento importante per lo svolgimento di questa legislatura, ma importante per le prospettive di salute dei marchigiani e per l'organizzazione sanitaria della nostra regione". Le stesse cose che vengono ripetute oggi. Sono passi che ho preso dalla discussione del 1998. Chi di noi è seduto in questi banchi già dal 1995, cioè dall'inizio della precedente legislatura, non può altro che riconoscere che questo passaggio è identico a quello di prima, però quello di prima era determinante, era decisivo, addirittura si diceva alle minoranze "il vostro atteggiamento stride fortemente rispetto all'ampia partecipazione produttiva, costruttiva". Se questa partecipazione è produttiva e costruttiva, per quale motivo viene mandato tutto quanto al macero e si inizia un discorso completamente nuovo? Addirittura, a differenza della precedente legislatura, cioè del precedente piano sanitario, non ci sono le associazioni di categoria, a iniziare addirittura dai due più grossi sindacati. Prima, almeno dicevano "a livello di istituzioni siamo tutti d'accordo, questo piano lo vogliamo", oggi discutiamo qui in aula, ma molto probabilmente domani mattina verremo, ci saranno degli emendamenti che modificheranno radicalmente il piano o per lo meno, se non radicalmente, andranno a modificare la filosofia di questo piano, la famosa Asur, azienda unica.
Si diceva "vi sbagliate voi colleghi della minoranza, che recitate una parte scritta prima la quale prescinde anche dal merito dei problemi". Noi contestavamo, come contestiamo oggi, alcuni passaggi e alcune filosofie di questa legge, ma addirittura dicendoci che era una opposizione preconcetta, precostituita, senza considerare che noi sediamo in questi banchi per sollecitare il discorso su una volontà di voler dare ai cittadini marchigiani una sanità che sia realmente efficiente. Si diceva: "in un momento così importante per le Marche, l'unica cosa che non mi interessa è la polemica, anche perché la polemica guasterebbe il lavoro serio e importante di questi anni, un lavoro che apre una prospettiva nuova per il nostro sistema sanitario". La prospettiva nuova è quella che oggi si butta via tutto, perché è stato tutto completamente assurdo e negativo. Il precedente piano sanitario è del 1998: stiamo discutendo da due anni qui in Consiglio, finalmente da circa 20 giorni abbiamo in mano, noi della minoranza, ma anche molti della maggioranza, il piano realmente in discussione, tolto qualche modifica che è stata in Commissione. Abbiamo visto 6-7 piani e non sapevamo quale dovesse essere votato.
Si diceva: "Il problema finanziario è strutturale al sistema sanitario nazionale", perché allora, quando si discuteva, in c'era il Governo D'Alema e allora si doveva trovare, a differenza da oggi, un supporto per scusare ciò che veniva fatto dal Governo o addirittura un qualcosa che doveva riportare al passato le responsabilità.
"L'aggravamento dei disavanzi è comune a tutte le Regioni". Invece oggi vediamo che certi disavanzi non sono comuni a tutte le Regioni".
Addirittura il presidente della Giunta che è in seduta plenaria con i sindacati, diceva: "Avrei sperato che l'approccio al piano fosse diverso. Eravamo pronti assolutamente, da quando abbiamo cominciato a costruire il piano, a continuare a confrontarci, perché prima come Giunta e poi come Commissione ci siamo confrontati con tutte le realtà regionali". Le stesse parole dette oggi, solo che oggi dicono a coloro che non sono d'accordo, cioè i sindacati, le associazioni di categoria, i rappresentanti delle categorie che operano nell'ambito della sanità, che sono loro che si sbagliano, perché non capiscono che questa è una rivoluzione copernicana e finalmente hanno capito realmente che cosa deve essere fatto per far sì che i marchigiani usufruiscano di un sistema sanitario all'avanguardia.
Si diceva "Il piano non è una conquista definitiva, è un punto di partenza". Ma quanti punti di partenza dobbiamo avere? Non sono stati sufficienti i disavanzi che la Regione Marche ha avuto? Non è sufficiente che l'82% del bilancio della Regione venga introitato totalmente per la sanità?
Si era introdotto un concetto: "Ci sono dei punti in cui sappiamo benissimo che il piano avrà bisogno di monitoraggio ancor più stretto". Uno dei punti fondamentali è quello indicato come "Marche di confine". Monitoraggio che la minoranza ha continuamente imputato di non aver fatto nella relazione di questo piano. E allora, "Marche di confine" hanno un dato molto semplice. Si dice: "Non ci sono elementi dati una volta per tutti ma che richiamino un'attenzione particolare e abbiano la necessità di essere rivisti e riesaminati a tempi abbastanza vicini". C'è addirittura un passaggio che diceva: "Non abbiamo nessun interesse, ma non abbiamo interesse, soprattutto, a non dare risposte alle richieste fondate dei cittadini". Poi: "Come per il discorso degli ospedali di montagna, ha detto bene il consigliere Melappioni — allora era consigliere — cioè dobbiamo trovare la possibilità di far circolare le esperienze professionali all'interno del mondo della sanità marchigiana per elevare la risposta". Si trattava dei problemi degli ospedali di montagna. Oggi l'hanno risolto quel problema: li chiudono tutti senza dare spazi e ricovero nell'ambito di quegli ospedali, perché se per i cittadini che abitano in periferia, in montagna, nelle zone più disagiate, perché non vengono aumentati i posti letto negli ospedali di rete? Con lo stesso numero di posti letto i casi sono due: o fanno ritardare l'ambulanza, così almeno l'utente muore durante il tragitto, oppure non danno risposte concrete per la risoluzione del problema.
L'assessore Mascioni diceva: "Non so quanti dei problemi vivranno direttamente la discussione, l'approvazione del prossimo piano sanitario all'inizio del prossimo secolo". Molti consiglieri erano presenti nella precedente legislatura e oggi abbiamo purtroppo la sfortuna di vedere che i suonatori sono gli stessi e la musica non è cambiata, oppure sono cambiati alcuni suonatori ma gli strumenti sono sempre gli stessi. E allora vien da chiedersi: qual è la volontà, la filosofia di questo piano? Perché è veramente allarmante: oggi andiamo a discutere di un piano sanitario, molto probabilmente domani andiamo in aula, c'è una proposta di una modifica totale. Mi auguro che la modifica sia presa non per unire le varie correnti che giustamente debbono esserci nell'ambito anche della maggioranza per dimostrare un segno di democrazia, ma il cambiamento mi auguro e spero che avvenga per cercare di migliorare la sanità marchigiana.
Noi dobbiamo fare una considerazione: le Marche, la nostra regione per storia, per cultura, per economia è policentrica, polimorfa come caratteristica territoriale, ha un sistema istituzionale molto polverizzato, perché ha ben 267 Comuni, ognuno dei quali ha una sua autonomia. Ha un modello economico forte ma fortemente delocalizzato. Difatti non abbiamo una grande industria ma una piccola e media industria sparsa nel territorio che dà forza, ma logicamente dimostra quanto è delocalizzato. E allora per quale motivo non deve essere preso un abito a misura delle esigenze dei cittadini marchigiani? La nostra regione è povera di infrastrutture di comunicazione, per una carenza di mobilità. Un conto è la viabilità nella costa, un conto la viabilità nell'entroterra, dove si vengono a creare dei problemi di disagio alle popolazioni ma soprattutto problemi di disagio anche quando si deve intervenire per motivi di salute o per cause diverse.
Andiamo allora a vedere qual è la realtà della nostra regione. I trasferimenti finanziari dal centro sono analoghi alla media nazionale, non ci sono differenze. Qui si è sentito molte volte dire "quello non è stato dato", ma mai si è portato in concreto una cifra, perché sono dati analoghi alla media nazionale.
La spesa sanitaria non è distribuita equamente nel territorio, proprio per una differenza sostanziale della viabilità e della dislocazione. Abbiamo il più alto disavanzo pro-capite d'Italia. Dobbiamo tenere in considerazione i mutui che siete stati costretti a prendere. Abbiamo la più elevata pressione fiscale pro-capite d'Italia. Addirittura, con un inganno avete fatto in prosieguo. Infatti, quando si era detto che le Marche avevano difficoltà di ordine finanziario per sanare il problema della sanità — poi si sono sanati i vuoti di bilancio: non a caso avete cambiato due-tre volte gli assessori al bilancio — non è stato detto "nel 2003 terminerà il prelievo forzato". No, si continua con questo prelievo per cercare di sanare la cattiva scelta.
L'8 agosto 2001 il Governo nazionale ha fatto con le Regioni un patto, perché non voleva più fare Pantalone e pagare a pie' di lista. Ha cioè aumentato il fondo sanitario nazionale che il precedente Governo aveva fissato a 134.000 miliardi. E' stato portato esattamente a 154.000 miliardi, cioè si è preso atto delle difficoltà e delle esigenze e sono stati messi in più 20.000 miliardi immediatamente, però il governo aveva detto "dal 2001 al 2003 ci si attrezzerà per mantenere questo equilibrio". La sanità marchigiana è diventata un caso nazionale. Ho sentito oggi — è stato affermato anche dall'assessore e dal Presidente D'Ambrosio — che vi è una correlazione di causa tra longevità dei marchigiani e servizi sanitari, cioè il rapporto tra salute e sanità. Ci dicono che la longevità delle Marche è in relazione non alla salute. Questa è la cosa più assurda che ci sia, perché un conto è la salute, un conto la sanità. Se fosse vero quello che dite, che la longevità delle marche è in riflesso alla salute e alla sanità dei marchigiani, per quale motivo il piano sanitario precedente l'avete buttato via e ne fate uno nuovo? Un conto è la salute e un conto la sanità, sono due cose totalmente diverse. Difatti l'OMS non è d'accordo, però, poi, non si capisce bene perché quel sistema che è elemento determinante per il benessere dei marchigiani, lo smantellano. Non viene fatta alcuna analisi della dinamica dei bisogni, attuando un monumentale accentramento di decisioni e servizi al centro. In questo caso si viene ancora a creare maggiormente la diatriba tra il centro e la periferia, adducendo sulla realtà di Ancona tutte quelle responsabilità che oggettivamente non vi sono, ma oggettivamente, rispetto ai cittadini che vivono nelle altre province sembra quasi che tutto dipenda dalla voragine di Ancona.
Il punto è: "da una parte ti dico che il sistema garantisce una lunga vita, poi lo sbaracco tutto, accentro tutte le decisioni". C'è qualcosa che non funziona da un punto di vista metodologico, altrimenti non ci sarebbe stata una volontà di azzerare il tutto, di modificare il tutto. La spiegazione è solo politica: viene tutto accentrato e modificato solo per un motivo. In questa maniera colui che farà il direttore generale, a questo punto non è un politico — cosa c'entrerà più l'assessore alla sanità se la sanità è mandata avanti direttamente da un dipendente, da un tecnico — e solo per un motivo viene accentrato il tutto: perché la sanità assorbe l'82% del bilancio ed è una ricchezza che viene tenuta in mano direttamente da un uomo solo, da un partito solo, per poter dare in testa con il bastone tutte le volte che non rispondono alle sue volontà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Anzitutto un paio di considerazioni per il "compagno" Ricci che nel suo intervento parlava di ricevitorie del lotto, dava i numeri. Penso che domani dovrà fare un'attenta riflessione, soprattutto sui numeri e sul gioco del lotto. Un'altra riflessione si deve fare sull'andamento delle elezioni amministrative. Nelle Marche, in un piccolo Comune molto importante, un candidato di Forza Italia ha vinto le elezioni, ma non ha vinto Rifondazione comunista le elezioni nelle Marche. Forse si sbaglia con i Comunisti italiani, che in diversi Comuni delle Marche hanno superato Rifondazione comunista, o per lo meno le si sono affiancati. Quindi tutta quella euforia per dire che Forza Italia ha perso le elezioni non la condivido. Pensi a se stesso: già Rifondazione ha perso un consigliere regionale nell'arco di questa legislatura, ha perso le elezioni. Oggi è arrivata la mazzata finale dal "compagno" Bertinotti, che ha detto "abbiamo perso anche il referendum".
Il referendum è una brutta sconfitta per la sinistra: il 25% degli italiani è andato al voto, ma in molti sono rimasti a casa, il che significa che in questo momento tutta quella euforia del voto delle amministrative deve far riflettere anche all'amico dei verdi D'Angelo, con Pecoraro Scanio che ha fatto molti appelli in questi giorni, per andare al voto. Significa che gli italiani più di tanto non li ascoltano. Questa è la riflessione che dobbiamo fare sui temi che vengono portati avanti, quindi non valgono girotondi, non valgono i "correntoni" che invitano al voto. Noi tranquillamente diciamo che elezioni nelle Marche e in Italia non sono andate molto bene. Potevamo andare meglio, però ci preoccupiamo di noi stessi, non ci preoccupiamo degli altri, quindi l'invito che facciamo ad Andrea Ricci è di preoccuparsi, nelle Marche, di Rifondazione comunista.
Non è vero Procaccini che siete piccoli, perché in alcuni comuni superate il 4%.
Devo ringraziare che il Consiglio regionale, dopo gli spiacevoli incidenti di percorsi avvenuti in due circostanze nell'Ufficio di presidenza, sgradevoli, si sta riappropriando del proprio ruolo, un ruolo politico, un ruolo istituzionale che va al di là anche del dibattito che in questo momento si sta sviluppando in quest'aula.
Personalmente non condivido le riflessioni dell'amico Ciccioli, come anche il presidente del gruppo Ds Franceschetti faceva notare nel suo intervento. C'è una diversità nella Casa delle libertà e ne prendiamo atto. Noi siamo stati sempre coerenti, per lo meno chi parla, sulle 13 Asl; per quanto riguarda la Asl unica eravamo pronti a ragionare, purché le 13 zone avessero personalità giuridica. Il sottoscritto è disposto a votare questo, l'ha sempre detto. L'ha detto all'assessore Melappioni, l'ha detto in più occasioni e ha avuto modo di dirlo anche in una riunione della V Commissione. Quindi quelle preoccupazioni che manifestava Procaccini, lo stesso Moruzzi sulla Asl unica le ho rilevate anche nell'intervento del presidente del gruppo Ds Franceschetti, che dice "fino ad ora c'è questa proposta, ci auguriamo...". E' giusto che questa maggioranza fino all'ultimo tenti e cerchi di recuperare un rapporto che è importante, non solo con il mondo dei sindacati ma anche con il mondo politico, delle forze politiche che sono presenti in questo Consiglio regionale, perché la sanità non è né di destra né di sinistra, quindi dobbiamo lavorare tutti per raggiungere il massimo degli obiettivi e dare quella risposta che in molti ci chiedono, da operatori ma soprattutto da cittadini marchigiani: la riduzione delle liste d'attesa, l'eliminazione degli sperperi, la necessità di far funzionare di più i reparti, la necessità di controllare i direttori sanitari che preferiscono certe scelte anziché altre e per esempio nella nostra Asl non si riesce ad aprire un posto in più per rianimazione ed Utic perché c'è carenza di personale che viene utilizzato da una parte o dall'altra. Bisogna fare delle scelte giuste e quando sbagliano devono essere cacciati, mandati via. Non debbono essere i potestà della nuova sanità, debbono confrontarsi con tutti i cittadini e debbono rispondere per quello che prendono, perché no prendono 10.000 lire al giorno, prendono migliaia e migliaia di milioni l'anno, quindi debbono essere sottoposti al giudizio delle forze politiche e debbono dare risposte ai cittadini, perché sono chiamati per fare questo.
Sentivo una battuta di qualche collega consigliere all'assessore Melappioni: "siamo tutti nella stessa barca". Però non le togliamo il motore. Per me già in questo momento chi ha una grossa responsabilità sull'impostazione data è Zuccatelli, nessuno può negarlo. Addirittura si sostituisce anche all'assessore al bilancio, che io ho sempre stimato per la preparazione e per l'onestà politica. Ha detto "riduciamo le tasse". Ma le riduce lui? Questo viene: Asl unica, riduce le tasse... Fa i miracoli. Deve stare calmo, perché gli indirizzi politici li deve dare il Consiglio regionale, lui deve essere un esecutore, poi alla fine vedremo se è bravo non bravo. Oggi lo vedevo qui fuori un po' agitato: perché si agita? E' venuto nelle Marche da Cesena: deve già ringraziare Dio di essere stato bene accolto.
Assessore, la politica e la riflessione chiedono saggezza, meditazione, tranquillità, serenità, non c'è uno stravolgimento di un'impostazione. C'è una richiesta nel gruppo di Forza Italia, a differenza di quello che dice l'amico Ciccioli, che ci tratta da mandarini: noi siamo sempre stati coerenti — e Francesco Massi lo sa — sulle 13 Asl e ci siamo anche divisi su queste posizioni, non ultimo ieri. Parlavamo serenamente e io ho detto "Non è problema di numero di Asl, ma di come si fanno funzionare, dei servizi che si danno, delle risposte ai cittadini, della necessità di eliminare gli sprechi, i doppioni, per dare delle risposte e per puntare alle eccellenze". Bisogna dare le eccellenze a quelle aziende che veramente devono essere dotate di servizi per dare delle eccellenze.
Giannotti parlava delle chirurgie. Dobbiamo stare attenti a passare da 7 a 5 giorni, perché quella è la chiusura delle chirurgie. Non dobbiamo ragionare con il budget. Io ho ammirato un grande ministro alla sanità: si chiamava Carlo Donat Cattin, il quale ce l'aveva nel sangue il sociale, non pensava mai agli sperperi, pensava a dare i servizi e oggi alcune scelte fatte tanti anni fa — con la Sars che abbiamo in questo momento in discussione — proprio il ministro Sirchia, durante una trasmissione televisiva diceva "Noi ringraziamo Carlo Donat Cattin perché quelle scelte fatte all'epoca, che molti non capivano, oggi sono utili per quanto riguarda la Sars". Noi dobbiamo essere lungimiranti anche su questo, dobbiamo prendere tutto quello che c'è di buono.
Concludo il mio intervento, anche per non togliere spazio agli altri. Se in questo momento continua la concertazione con il sindacato, bene sta facendo questa maggioranza, perché domani o dopodomani, quando si voterà dobbiamo uscire da quest'aula con il più ampio consenso possibile su questa difficile e delicata materia. Noi non dobbiamo dividerci sulla sanità ed è un grosso errore quando parliamo di 4, 5, 7 Asl. Dobbiamo parlare di garantire servizi nel nostro territorio.
Ricordo quando con l'allora presidente dell'Associazione dei Comuni Silenzi si facevano delle battaglie su certe scelte, condivisibili o no, però quando si parlava dei problemi del sociale, delle grandi scelte, che magari ultimamente venivano disattese e strumentalizzate, negli anni '90 a Civitanova si sono fatti investimenti per 40-50 miliardi che oggi i direttori sanitari sfruttano.
Questi sono i grossi momenti in cui c'è difficoltà oggettiva. Bisogna far vedere che noi veramente ci occupiamo di queste problematiche, siamo interessati e lavoriamo per la nostra collettività, senza dividerci in modo strumentale, ambiguo e demagogico e senza che domani ci troviamo a dire "uno ha fatto un passo indietro, uno ha fatto un passo avanti". Ognuno rimarrà fermo nella propria posizione, nelle proprie differenziazioni. Chi parla è stato sempre per le 13 Asl, fin da adesso posso dire che voterò per le 13 Asl, purché abbiano personalità giuridica e mi auguro che anche molti amici della Casa delle libertà seguano questo invito, perché è il mantenimento di una conquista che è stata fatta negli anni da diversi studi, da diverse competenze.
Chiudo questo intervento facendo un appello. (Interruzione). Seguimi, Guido Castelli. Noi parliamo, oggi, di sanità. Voi non vi preoccupate di chi sono quei cinque franchi tiratori che per ben due volte vi hanno permesso di sedere in quell'ufficio di presidenza. Questa è la differenza della politica. Noi discutiamo di sanità, non di posti, caro Gilberto Gasperi, perché trattare i voti come avete fatto tu o qualche altro è facilissimo; barattare posti di potere. Oggi che vi presentano il conto non siete in grado di rispondere, caro Gasperi.
Noi oggi discutiamo di sanità e bisogna votare alla luce del sole. (Interruzione). Guido, non è un inciucio, perché quando qualcuno dica "4, 5 o 7", già aveva un disegno in testa di eliminazione di altre Asl. Siccome il problema è territoriale, dobbiamo garantire i servizi a tutti, anche all'entroterra. Leggiamo sui giornali che si chiude l'ospedale di Cingoli, si chiudono ospedali nell'ascolano: in passato questi erano patrimoni che chi ci ha preceduto con intelligenza ha istituito. Non facevano gli ospedali perché dovevano prendere il voto, ma dovevano dare dei servizi. Noi, oggi dobbiamo impegnarci per mantenere quello che di buon in passato è stato fatto, senza penalizzare nessuno, perché non è che mantenere le 13 Asl significa avere conquistato qualche cosa, perché le avevamo già. Riducendo le Asl e facendone una o le quattro che si volevano fare a livello provinciale non era la soluzione del problema, anzi forse si sarebbe aggravato.
Noi abbiamo presentato un emendamento per le 13 Asl... (Interruzione del consigliere Silenzi). Avresti dovuto sentire quello che hanno detto Procaccini e Moruzzi, mentre la Cecchini sta qui e non si sa con chi vota. Tu vieni a dire a me che la Casa delle libertà è sbrindellata? Per questo è "Casa delle libertà"...

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Vorrei fare una riflessione molto rapida, iniziando intanto con una battuta: il Cesena Calcio ha sottoscritto un contratto con un allenatore marchigiano, di Tolentino e San Severino, per puntare alla serie C e alla serie B; noi abbiamo sottoscritto un contratto per portare la sanità dalla serie A alla serie B, con un uomo di Cesena. Ma questa è solo una battuta, ovviamente, per sdrammatizzare i toni e per dire che io avevo preparato un intervento molto ordinato, a nome mio e dell'Udc, ma esterno qui una sensazione. Chiedo a voi della maggioranza conferma per sapere se la reale partita di questa vicenda si sta giocando in Consiglio regionale o fuori. Forse è meglio passare la notte e ritrovarci qui domani mattina con le idee un po' più chiare. La sensazione è che qualunque cosa diciamo qui, domani mattina avremo un altro scenario. Vedo quindi una maggioranza che è entrata in Consiglio regionale in una maniera alquanto improvvisata, nonostante i due anni precedenti di discussione. Lo sanno tutti che c'è a Palazzo un incontro con i sindacati, quindi tutto quello che diciamo qui domani mattina potrebbe essere reso vano, altrimenti dovrei dire la solita cosa, ma mi preme dirne una. Io vengo dal management pubblico, quindi non ho avuto paura quando si è parlato di azienda unica, perché è uno degli strumenti che in alcuni sistemi vengono individuati come possibili. Caso mai non abbiamo condiviso il metodo e ne abbiamo discusso pacatamente, con l'assessore Melappioni, anche in diverse occasioni pubbliche e con altri colleghi di maggioranza, perché l'azienda unica è stata presentata come punto di arrivo e non come punto di partenza della riforma. Quante volte abbiamo detto che prima dovevamo parlare dei servizi, del sistema, dei posti letto e solo per ultimo della task-force che dovevamo individuare come più utile per governare il sistema? Ci siamo arrivati per ultimo, si è innestato un groviglio burocratico che ancora permane, si è creato un allarme nelle autonomie locali e territoriali che ha portato a questo sentimento: tutti contro Ancona perché Ancona contro tutti.
Io non mi iscrivo al "club degli antianconetani", non mi lascio coinvolgere in questo clima, perché come cittadino della periferia delle Marche sono per primo interessato a che l'eccellenza della sanità di Ancona capoluogo sia una eccellenza europea e questo sia a Torrette, sia al Lancisi, sia al Salesi. Però, se permettete il clima che è maturato attorno a questa vicenda ha creato una reciproca diffidenza che non giova a nessuno.

GIULIO SILENZI. Però il tuo segretario regionale Pettinari non dice questo.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Io non mi iscrivo al club di quelli che per forza debbono sparare contro Ancona: se mai sparo contro un metodo, contro un sistema. Permettetemi di rivolgermi, in questa situazione di contumacia al Presidente D'Ambrosio, che qui non c'è, che è l'unico depositario della proposta della Asl unica, quello che ha forzato questa situazione. Per carità, ci avrà creduto in buona fede, quindi questo, da avversario, si rispetta, però a mio avviso in maniera un po' eccessiva, quindi aspetto con ansia l'ennesimo confronto di questa sera, per capire domani cosa succederà, cosa D'Ambrosio ci dirà, non so se con ragionevolezza oppure con durezza, vedremo. Per esempio, noi ci siamo presentati in una maniera abbastanza disponibile, senza blindature sulle controproposte. Io dico che il problema non è il numero delle Asl, ma il metodo, l'organizzazione, il funzionamento, il coordinamento di questi organismi di gestione e permetterete che tale dibattito è sfuggito a questa reale esigenza di chiarezza. Quindi diciamoci anche che forse — questo è normale, perché essendo in politica da tempo ce lo possiamo dire tranquillamente — su questa vicenda si sono scaricate anche tensioni interne alla maggioranza, per cui problemi su altre proposte, richieste esigenze dio gruppi di consiglieri si sono scaricate su questo problema, questo è normale, avviene nella politica di qualunque governo e, se permettete, è stato abbastanza patetico l'appello iniziale di Ricci di accettazione di una situazione che si vuol presentare come paradisiaca, eccellente a tutti i costi. Ha addirittura teso a dimostrare che quella che si propone è la soluzione del paradiso rispetto al sistema capitalistico statunitense ecc. che nessuno ha chiamato in causa e rispetto al quale nessuno di noi ha tentazioni di abbraccio. L'abbiamo sempre detto che siamo alquanto critici nei confronti di quel sistema, quindi ricordarcelo qui è tirar fuori il solito gioco: "fascismo, antifascismo" ecc. Siamo veramente fuori dagli argomenti di discussione utili.
Speriamo che la notte porti consiglio e che domani ci sia la possibilità di avere la situazione più chiara. Non me ne vogliano gli assessori e i consiglieri di maggioranza, ma io sono un presidenzialista e voglio conoscere il parere del presidente, domani, dopo che avrà parlato con le forze sociali che lo hanno aspramente criticato, per una maggioranza che dice di essere in sintonia con quello che chiedono le forze sociali. Ho quindi la tentazione di ascoltare domani, molto presto, quello che ci dirà il Presidente D'Ambrosio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Oggi stiamo discutendo una proposta di legge di riordino del servizio sanitario regionale e una proposta di atto amministrativo che ritengo, per la loro importanza fondamentali per questa Amministrazione regionale e per l'intera collettività marchigiana.
Come Verdi abbiamo sempre sostenuto che era necessario intervenire tempestivamente al fine di riqualificare i servizi sanitari presenti sul territorio da un lato e dall'altro ottimizzare la rete delle attuali Asl per le competenze gestionali, organizzative, amministrative e di contenimento delle spese. La razionalizzazione doveva produrre e deve produrre risparmi che andranno investiti per potenziare l'offerta dei servizi sanitari, attraverso l'innovazione e la qualificazione. Noi Verdi ritenevamo e riteniamo tutt'oggi che tale manovra di razionalizzazione doveva e deve portare alla drastica riduzione delle aziende ospedaliere e delle Asl locali, che per noi dovevano essere ridotte ad una per provincia.
Per quanto riguarda la riduzione delle aziende ospedaliere, ciò non deve essere inteso come una penalizzazione delle eccellenze e non quindi mortificazione di esse, ma al di là di dove sono ubicate territorialmente devono essere considerate un intervento di potenziamento, perché, come dicevo, al di là di dove è ubicato un ospedale che offre servizi d'eccellenza, questo è un patrimonio non territoriale ma di tutti i cittadini marchigiani, quindi vorrei rassicurare il collega Giannotti e il collega Ciccioli e tutti coloro che vogliono cavalcare demagogicamente la scelta di un'azienda ospedaliera e degli ospedali riuniti di Ancona, che non verranno chiusi né il Salesi né il Lancisi, perché, come già detto, patrimonio di eccellenza non per i soli anconetani ma per tutti i marchigiani, quindi nessuno pensa e penserà mai di avviare interventi che in qualche modo possano colpire sotto l’aspetto di servizi sanitari, l'intera collettività marchigiana. Quindi non è un discorso di campanilismo, è un discorso di razionalizzazione, è anche un discorso, se volete, di rispetto delle leggi, perché nella nostra regione le attuali 5 aziende ospedaliere sono in contrasto con la legge nazionale, che prevede aziende ospedaliere legate alle cliniche universitarie. Noi, per legge dovremmo avere nella nostra regione solamente un’azienda ospedaliera, quella degli ospedali riuniti di Ancona e non dovremmo avere neanche il San Salvatore. Abbiamo fatto una eccezione, ma come diceva il collega Ricci, va fatta una verifica. Anche nella precedente legislatura avevamo fatto delle eccezioni localizzando 4 aziende ospedaliere nella sola Ancona. Dovevamo fare una verifica, la verifica l’abbiamo fatta e riteniamo che il percorso sia quello di andare in questa direzione. L’azienda ospedaliera degli ospedali riuniti di Ancona servirà a migliorare la programmazione all’interno di Torrette, Lancisi e Salesi, eliminando quegli aspetti negativi di cui parlava il relatore Ricci, investendo più risorse sulle specificità di ognuno di questi ospedali, aumentando le eccellenze. Questo è l’angolo visivo con cui si deve fare questa valutazione, tutti gli altri sono viziati da interessi o, peggio, da demagogia spicciola, da bar.
Questo intervento di riordino sanitario deve portare al superamento dell’odierno assetto gestionale, organizzativo e amministrativo che non inciderà negativamente sull’offerta dei servizi sanitari distribuiti sul territorio e sulla programmazione della sanità regionale, che dovranno rimanere di stretta competenza di un potenziato ruolo delle attuali Conferenze dei sindaci. Per migliorare l’offerta sanitaria nella regione è indispensabile un contributo essenziale del territorio e dei suoi rappresentati, per costruire una rete di bisogni prima espressi e poi concretizzati. Riteniamo che così sarà possibile assegnare a tale organismo le funzioni distrettuali e della prevenzione, nonché della integrazione socio-sanitaria e di concertazione con l’organo regionale per quanto riguarda l’aspetto ospedaliero.
Siamo perplessi e non condividiamo le scelte di questa maggioranza di andare verso una Asl unica regionale. Abbiamo sempre detto che forse era meglio le Asl provinciali. Questa nostra preoccupazione ci viene dal fatto che è un percorso nuovo e come sempre il nuovo presenta degli imprevisti, degli incerti, degli aspetti di incertezza, quindi ritenevamo anche, per questi aspetti di incertezza legati alla Asl unica, ma non solo, per gli aspetti dei tempi di entrata in regime di una Asl, che sono troppo lunghi, che era indispensabile agire immediatamente. Vogliamo che i risultati si comincino a vedere in questa legislatura, non nelle prossime. Ecco perché abbiamo espresso le nostre perplessità a questa scelta.
Riteniamo quindi che questa scelta pone diversi dubbi, quale il percorso totalmente nuovo, il piano è pieno di interrogativi, con un tempo di entrata a regime della riorganizzazione troppo lungo, soprattutto nel riscontro di effetti positivi e di un ritorno di risultati. Queste erano le nostre perplessità prima, queste sono le nostre perplessità oggi. Per questo valuteremo con attenzione il dibattito, per vedere quale potrà essere l’atteggiamento dei verdi in riferimento a questa proposta, anche tenendo conto che non è possibile governare in contrasto con i sindacati, cioè con il personale della sanità, di quell’elemento fondamentale che assicura la funzionalità dei servizi sanitari.
E’ quindi indispensabile vedere di ricomporre, ma senza stare a ricatti di alcun genere.
Va rigettato, in questo contesto il tentativo di privatizzazione della salute pubblica dell’attuale Governo nazionale. La sanità in Italia è e deve continuare ad essere tra le migliori del mondo, anche se molte storture continuiamo a percepirle e purtroppo non riusciamo a correggerle. Diceva il collega Luchetti che nella sanità la politica deve fare un passo indietro. Certo: quando la politica viene intesa come ingerenza all’interno della struttura sanitaria, per imporre uomini e scelte che non vanno nella direzione dell’interesse della collettività, questo sì, non un passo indietro, ma dieci passi indietro. Però al politica è indispensabile per rimuovere quelle indecenti disfunzioni che ogni giorno riscontriamo, e il discorso delle liste di attesa pesa. E’ quindi necessario che tutti noi ci impegniamo politicamente con interventi concreti per limitare le liste di attesa, per eliminare gli sprechi, per assicurare la prevenzione, per garantire servizi sanitari di eccellenza.
Questo deve essere l’impegno politico di tutti noi, al di là della bassa demagogia.
In questo contesto ritengo che sia indispensabile sì un confronto aperto, se volete anche duro, tra posizioni diverse, ma mi auguro un confronto che porti a dei risultati, che vada nell’interesse della collettività. Mi auguro che domani non passino emendamenti che possano in qualche modo già ridurre l’efficacia di un piano sanitario che ritengo ottimo, ma di una riorganizzazione che sotto certi aspetti può essere non condivisibile.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Sarebbe estremamente utile fare una riflessione con l’assessore Silenzi, perché siamo in pochi, ma non so se ci rendiamo conto di quello che sta succedendo questa sera. Anche le dichiarazioni di D’Angelo mi sembra che siano inequivocabilmente tese a dimostrare che non c’è più la maggioranza in questa Regione. Ancora oggi noi non sappiamo, anche se si vocifera molto, dell’esito dell’attuale confronto, che mi dicono in corso, fra Presidente della Giunta regionale e sindacati, ma questo è il dato politico. Anche qualora, dall’esito di quel confronto dovesse emergere una pace rabberciata, successiva e postuma all’integrità della maggioranza, il dato politico rimane e rimane il riferimento a una materia che non è una quisquilia ma che costituisce l’82% del bilancio di questa Regione. Quando la maggioranza politica non esiste più rispetto a un argomento che ha questa forza, questa incidenza sull’assetto complessivo dell’ente, credo che le conseguenze non possano che essere quelle di una certificazione che si naviga a vista, e tutto ciò dovrebbe portare a delle conseguenze politiche che non possono essere un pannicello caldo.
Tra l’altro credo che il centro-sinistra abbia dato luogo alla più forte forma di autolesionismo politico che ricordi questa Regione: due anni sulla graticola, il più grosso fenomeno di esplosione sociale interno al mondo della sinistra, avvisaglie abbastanza esplicitate già in occasione dell’ultimo bilancio regionale, quando parlammo del documento di programmazione economico e finanziaria di questa Regione: su un subemendamento del consigliere Cecchini a un nostro emendamento facemmo la conta e D’Angelo fu fortunato in quell’occasione, perché era dal sindaco Sturani a ricevere la bandiera della pace, ma mancò un voto che probabilmente consentì a questa maggioranza di evitare quella che era la più evidente dimostrazione di un fallimento politico che non ci vede attoniti solo per le inedite e sorprendenti forme che sta assumendo la vicenda, ma anche perché, quale che sia l’esito del confronto misterioso cui il convitato di pietra — il Presidente D’Ambrosio — sta dando luogo oggi, mi dicono da qui a qualche centinaia di metri, incide profondamente anche sul secondo atto. Il piano che come scansione giuridica e politica dovremmo andare ad affrontare si basa su quella proposta di riordino. Quando l’estensore del piano sanitario regionale parla di uno scenario andamento costi-trend storico, che individua, in assenza di quello che doveva essere l’antidoto a questo trend, il presumibile andamento dei costi tale per cui nel 2005 dovremmo registrare 428 milioni di euro come disavanzo dell’attuale sistema sanitario, queste non sono quisquilie, sono fatti grossi. Dovendo inevitabilmente ipotizzare scenari possibili — perché potrebbe darsi che domani noi non abbiamo quello che si vocifera essere ora il corso della discussione, potrebbe confermarsi quello che sapevamo, l’atto, e allora riprenderemo le nostre carte, i nostri documenti — delle due l’una: o è una chiacchiera quella che si va dicendo, che D’Ambrosio sta cambiando le cose sulla personalità giuridica delle zone, e allora se è una chiacchiera non c’è la maggioranza; oppure non è una chiacchiera, domani ci verrà detto che si consumerà la Waterloo del Presidente D’Ambrosio e in quel caso mi si deve spiegare come si possa ragionare su un provvedimento che non sarebbe emendato, sarebbe stravolto, secondo la logica dell’assessore Melappioni, e sarebbe stravolto il Psr.
Quindi non credo che in questa settimana, ragionevolmente, si potrà continuare, con tutta la nostra buona volontà anche di affrontare le sedute notturne, la discussione dell’atto-cardine di questa maggioranza; cardine anche in senso quantitativo per le ragioni di incidenza finanziaria che questo documento ha.
Credo che da questo punto di vista, con tutta la difficoltà del caso, a ragionare di eventualità di ipotesi c’è da dire una cosa: che se domani sarà riconosciuta alle zone la personalità giuridica, non si potrà andare oltre con la discussione del provvedimento di riordino, perché è un’altra cosa.
Non sono d’accordo con l’analisi di Brini, perché il problema della personalità giuridica che lui saluta come elemento sufficiente ad un voto favorevole di Forza Italia, è argomento che esprime effetti per quanto riguarda il discorso della contrattazione a livello decentrato, perché su questo i sindacati hanno sempre battuto: l’autonomia di contrattazione doveva vedere il proprio corollario nella personalità giuridica. Su questo Forza Italia è d’accordo nel dire “è sufficiente”, noi no per le ragioni che dicevamo prima: perché qui si tratta di stabilire come e dove si debbano implementare i meccanismi per la razionalizzazione del sistema sanitario, come si debba arrestare il trend crescente, inevitabile, della spesa sanitaria e quant’altro. Quindi non può essere sufficiente, ma non può essere sufficiente alcun tipo di ragionamento, perché se ciò dovesse accadere dovremmo fermare i lavori, restituire alla Commissione il ruolo, il compito istituzionale di ricominciare da capo. Nessuno può pensare, oggi o domani, che facciamo finta di avere scherzato e cambiamo completamente la filosofia e l’impostazione come se nulla fosse accaduto. Non c’è gattopardismo possibile, cioè non si può pensare — qualcuno degli esponenti della maggioranza lo dice — “cambiamo tutto, diamo alle zone autonomia giuridica perché nulla cambi rispetto al provvedimento originario”. Ripeto, Tomasi di Lampedusa non può soccorrere, perché siamo di fronte a quello che doveva essere l’elemento di un sistema binario fatto di riordino e di piano sanitario regionale che non esiste più, perché passare dall’attuale impostazione addirittura ad avere, di fatto 14 Asl, una in più, mi sembra essere la contraddizione più evidente di quello che il Presidente D’Ambrosio e l’assessore Melappioni vanno discutendo e dicendo da diverso tempo.
Oggi leggevo il titolo di una lunga intervista resa dall’assessore Melappioni, che usa anche toni piuttosto forti nel sostenere che “L’Asur è l’antidoto contro interessi personali e opportunismi”. E’ facile il sillogismo, forse anche un pochino fastidioso da farse, tant’è: se l’Asur era l’antidoto a personalismi ed egoismi sociali e territoriali e non c’è più, c’è qualcosa di diverso, evidentemente hanno trionfato gli opportunismi e i localismi. Allora ai Verdi, ai Comunisti italiani, alla Margherita, che con Marco Luchetti ha dichiarato, sostanzialmente, “non capisco ma mi adeguo” — ma probabilmente l’adeguamento risulta tardivo — pongo io il problema: se domani questo documento sarà cambiato, non saremo solo di fronte allo psicodramma interno della sinistra, non saremo solo di fronte all’autolesionismo elevato a sistema politico, siamo anche — mi sia consentito di dirlo — alla più evidente conferma che questa Amministrazione regionale — uso questo termine comprendendovi tutti gli addendi chela compongono, Giunta e Consiglio — ragiona e discutere fuori da quest’aula, fuori dai circuiti del consenso, della politica e della rappresentatività. E’ inutile fare libri, libretti e convegni sulla autonomia dell’Assemblea elettiva, sulle capacità di dare corpo e senso alla rappresentanza istituzionale, all’organo — dovremmo essere noi — che esprime l’indirizzo politico. E’ la seconda volta che succede e succede proprio in concomitanza degli atti più qualificanti. Così fu quando dovemmo decidere la famosa manovra delle tasse, dove sappiamo benissimo che eravamo qui a fare come i pugili minori, che al Madison Squadre Garden, prima che si scontrino Tyson con qualche altro peso massimo, devono intrattenere — se stessi, probabilmente — in attesa dello scontro maggiore. Caso vuole che qui noi facciamo i pugili minori e non vediamo neanche l’incontro, perché l’incontro è non dopo ma durante, quindi siamo anche privati della possibilità di incidere.
Questi sono fatti gravi, e allora anche in senso più generale io credo che i colleghi della maggioranza, della parte della maggioranza che si dimostra più critica, debba avviarsi una riflessione su questi argomenti, perché questa è una crisi extraparlamentare, come si sarebbe detto una volta, che sta lì a significare che, evidentemente, i circuiti della decisione e della scelta in questa Regione non vedono come depositaria quest’aula, ma altri soggetti. Vorrei sapere il convitato di pietra — Presidente D’Ambrosio — chi rappresenta in quella sede. Non rappresenta i Verdi, che pure l’hanno votato, non rappresenta i Comunisti italiani, rappresenta a stento la margherita, ma oggi va concertando e negoziando con i sindacati in base all’esigenza di rabberciare il rabberciabile, ma può rabberciare il suo personalissimo rapporto con la Cgil, non può rabberciare, invece, l’evidenza drammatica dei conti del sistema sanitario regionale.
Quindi sono abbastanza sconcertato, mi dispiace di non aver potuto parlare di questo con Silenzi, nel senso che è sempre piacevole farlo con una persona che sa di politica e di misura, comunque, anche sui massimi sistemi. Dico semplicemente che se domani dovesse capitare che il provvedimento, come si vocifera, preveda l’assegnazione della personalità giuridica alle zone, non potremmo andare oltre, sarebbe una presa in giro. Chi oggi, come Verdi e Comunisti italiani, rivendica a se stesso correttezza e coerenza, dovrebbe rivendicarlo anche domani, chiedendo che si arrestasse la discussione sul piano sanitario regionale e sugli altri articoli, perché altrimenti, dietro quella posizione non vi sarebbe coerenza politica ma semplicemente utilitarismo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, colleghi consiglieri, sono un po’ imbarazzato dal punto di vista istituzionale ad intervenire in un dibattito che rischia di essere completamente fuori luogo. Sono imbarazzato a fare questo intervento, un imbarazzo istituzionale perché rischiamo di parare di qualcosa che non è l’argomento reale, in quanto, benché il “convitato di pietra” si sia materializzato, credo che fino a domani nulla sapremo, ma si parla di una modifica radicale, per tenere insieme la maggioranza, degli argomenti che ci sono stati in lettura sottoposti e che abbiamo studiato per questo intervento: si parla di personalità giuridica alle zone. Si tratta di una soluzione — la saluterei con piacere — per la salvezza dell’autonomia del Salesi. Tutte cose che sarebbero giuste, doverose, che saluteremmo con piacere, non senza però considerare che la maggioranza è esplosa, è dovuta tornare precipitosamente sui propri passi, che dopo due anni la montagna ha partorito il topolino perché non è stata in mettere in campo una riforma che trovasse l’accordo di tutte le componenti, cioè una maggioranza che per non dover trarre le conclusioni che quando si fallisce andrebbero tratte, ritorna precipitosamente sui propri passi.
Ciò premesso, ma lo vedremo domani, parliamo delle carte che abbiamo sottomano oggi.
L’intervento di Ricci non merita nella parte iniziale altra considerazione che due parole. Un discorso propagandistico, vetero-marxista, contro il Governo, contro l’internazionale del capitale e del delitto, un discorso antico che non ha alcuna attinenza né con la nostra riforma né con dei discorsi seri e concreti. Credo che le parole altisonanti di Ricci e qualche richiamo ad una presunta non omogeneità dell’opposizione servano soltanto a nascondere l’insipienza di questa maggioranza, l’incapacità di una proposta seria e concreta e la frattura interna a questa maggioranza.
Non c’è il ticket ma non viene riconosciuto da Ricci che nelle Marche c’è la maggior pressione fiscale d’Italia, non viene riconosciuto che l’investimento sanitario del Governo Berlusconi è aumentato rispetto ai Governi precedenti della sinistra. Da più parti, da sinistra, viene fatto un appello al consenso nudo e crudo nei confronti della proposta della Giunta. Addirittura D’Angelo ha detto “vi invito a non votare emendamenti”, portando così il cervello all’ammasso, rinunciando alla propria autonomia di consiglieri, emendamenti che possono stravolgere quello che lui chiama un piano di assoluto rigore, un piano assolutamente condivisibile.
Il centro-destra, che ha opinioni leggermente diverse, in quanto sul numero delle Asl — noi siamo per la conservazione dell’esistente, i nostri alleati sono per un numero leggermente inferiore — non deve fare una proposta che sicuramente avrebbe potuto fare mediando fra le sue due posizioni. Ma il problema non è questo, il problema è altro. Il problema è che questa maggioranza che governa, quindi ha un ruolo propositivo, costruttivo non riesce a fare una proposta concreta ai marchigiani, una proposta che non deve essere basata sul numero delle Asl, perché non è quello che conta, ma deve essere basata sulla qualità della sanità che non riesce a fare.
Perché questa maggioranza ha deciso di andare al riordino della sanità? La scusa ufficiale era per motivi economici: questa maggioranza ha bruciato migliaia di miliardi in sprechi, non sapendo gestire la sanità che rappresenta l’85% del bilancio della nostra Regione e a un certo punto ha detto “siccome la sanità costa tanto, mettiamoci le mani per risparmiare qualcosa”. Di fatto con piccoli strumenti palliativi — la Asl unica a livello di accentramento di acquisti, di alcune gestioni, già per quel poco che poteva dare di riscontro è stata fatta — non si è avuto alcun beneficio economico: la spesa farmaceutica è aumentata, siamo alla catastrofe economica. E allora, se si insiste su questa strada — e vengo più concretamente all’analisi della proposta normativa — i motivi sono unicamente politici, signori. Qui siamo a due anni dalle elezioni, un confronto elettorale che rischia di essere catastrofico per la maggioranza di centro-sinistra: siccome la sanità è stata trasformata da questa sinistra in un “votificio”, si è detto “aumentiamo il controllo politico sulla sanità”. E’ come si può aumentare il controllo politico sulla sanità? Certamente non con 13 direttori di Asl e 4 direttori di azienda ospedaliera, bisogna concentrare tutto nelle mani di un unico personaggio, ma soprattutto nelle mani della Giunta, perché vi dirò poi che alcune nomine che in una normale organizzazione aziendale spetterebbero al direttore di quell’azienda, in realtà vengono avocate alla Giunta, perché non si vuole che dalla sanità sfugga nemmeno un voto al centro-sinistra, ma mi sembra di ricordare la campagna elettorale che nel 2001 ha fatto Santoro: quando si abusa dell’intelligenza e della sopportazione del corpo elettorale si ottiene il risultato contrario. Quindi attenzione, colleghi della sinistra, questo modo imperioso di fare, spesso porta un risultato contrario.
La Asl unica — forse domani non sarà più nemmeno sul tappeto — allontana con chiarezza il controllo del territorio sulla sanità, accentra potere politico di fatto non cambiando niente. E’, come diceva Castelli, un’operazione gattopardesca. Noi, tutto sommato vediamo vicina alle nostre idee questa operazione, se non fosse per la privazione dell’autonomia e della personalità giuridica alle Asl, ma la conservazione delle 13 zone, se venissero, come si dice, dotate di Asl, sarebbe quanto di più vicino alla nostra idea se non per le critiche che faceva prima Castelli, che sono parzialmente condivisibili. La Asl unica non risolve alcun problema, non risolve gli sprechi, non risolve l’aumento della qualità sul territorio.
Voglio farvi presente una cosa. La struttura della sanità che si pretenderebbe di mettere in campo con questa riforma prevede: una direzione della Asl unica con una direzione amministrativa, un direttore sanitario, più i direttori delle aziende ospedaliere. Sotto avremmo 13 direttori di zona con i direttori dei presidi monospecialistici, di alta specializzazione, più i dipartimenti zonali. Sotto ancora 24 distretti che fanno pendent con i 24 distretti che gestiscono i servizi sociali, più i presidi ospedalieri. Ditemi voi come un’organizzazione così farraginosa, molto più pesante, molto più farraginosa di quella che abbiamo desso, possa portare ad una razionalizzazione e a una diminuzione degli sprechi. No, porta soltanto ad un accentramento del controllo politico, per fini elettoralistici, sulla sanità marchigiana.
Che dire poi — e questo è argomento che mi interessa estremamente molto da vicino — delle modalità con le quali si è arrivati alla creazione di due aziende ospedaliere? Vi chiederete giustamente voi e mi chiedo anch’io perché mai, davanti alla geniale, brillante idea della Asl unica, ci siano due aziende ospedaliere. La logica sarebbe quella di avere un’unica azienda ospedaliera. Perché gli ospedali riuniti Torrette-Umberto I-Salesi-Lancisi e l’autonomia del San Salvatore di Pesaro che non finisce sotto la Asl di Pesaro come capita per tutti gli altri ospedali dei capoluoghi di provincia, salvo Ancona? Non ho letto né sentito da nessuna parte alcun tipo di giustificazione che non sia quella che tutti noi sappiamo, cioè che, siccome i Ds di Pesaro controllano con il tallone d’acciaio questa maggioranza regionale, hanno voluto, immotivatamente, l’autonomia del San Salvatore di Pesaro. E si badi bene che quando questa autonomia doveva essere l’autonomia di un istituto di ricerca per avere dentro, come aveva proposto il Governo Berlusconi, l’istituto di ematologia, un istituto di livelli europeo, in quel caso non andava bene, altrimenti il direttore dell’istituto di ricerca, che è un istituto di carattere nazionale, l’avrebbe nominato il ministro della sanità che è di centro-destra. Credo che ai cittadini marchigiani debba essere del tutto chiaro che questa è un’operazione politica. Il San Salvatore autonomo sì e il Lancisi e il Salesi no. Perché? Non è stato in grado nessuno di spiegarcelo in questi mesi. Il San Salvatore è un ospedale normale come ce ne sono tantissimi altri nella regione Marche, uguale al Mazzoni di Ascoli Piceno, uguale all’ospedale di Macerata, non aveva alcuna motivazione per avere una sorte diversa. Io non sono contrario, fondamentalmente, all’autonomia del San Salvatore, sono contrario che questa autonomia venga tolta al Salesi e al Lancisi, che sono sì due istituti ospedalieri che avrebbero avuto diritto alla loro autonomia, perché sono due istituti che hanno delle specializzazioni che motivano una loro autonomia...(Interruzione). O tutti o nessuno. Se il San Salvatore ha l’autonomia, la può avere anche Ascoli. Spiegami, Benatti, per quale ragione il San Salvatore deve essere autonomo. Uscita dalla logica della sudditanza nei confronti dei Ds, specialmente dei Ds di Pesaro, e votate contro l’autonomia del San Salvatore, oppure votate anche l’autonomia degli altri ospedali, ma quello che a me interessa in una logica razionale è l’autonomia del Salesi e del Lancisi, che sono due istituti a carattere specialistico che funzionano da decine e decine di anni bene, al servizio della comunità marchigiana, al servizio della comunità italiana, interregionale ed ora noi vogliamo togliere loro l’autonomia.
Agli interventi dei miei colleghi voi vi siete prima ribellati dicendo “non è vero che chiudono”. Non è vero che chiudono, ma diventando presidi monospecialistici di alta specializzazione, salvo altro limitatamente al Salesi di cui si sta parlando, i presidi monospecialistici non garantiscono minimamente l’efficienza che fino ad oggi questi istituti hanno avuto. Vi spiego perché. Perché i direttori di questi presidi monospecialistici dipendono in via totalmente subordinata dal direttore degli ospedali riuniti e mi sembra che l’art. 17 dice che i loro budget vanno negoziati con il direttore di Torrette-Umberto I. Quale sarà la difesa dei direttori dei presidi monospecialistici nel caso in cui non trovino soddisfazione nella loro contrattazione con il direttore di Torrette? Nonostante che, per la sfiducia della Giunta verso coloro che essa stessa nominerà come direttori delle aziende ospedaliere e della Asur, i direttori dei presidi monospecialistici verranno nominati dalla Giunta e non dal direttore dell’azienda ospedaliera come sarebbe logico. Queste mistificazioni, questi compromessi non hanno senso. Ripeto, chi tutelerà i direttori dei presidi monospecialistici nel caso in cui non raggiungano l’accordo sui budget con i loro direttori? Nessuno: il Lancisi e il Salesi entreranno nel calderone di Torrette e saranno compressi dalle “superiori” esigenze di Torrette, non avranno possibilità di fare quegli investimenti che hanno fatto oggi, con fondi anche loro riservati dalle associazioni collaterali, da donazioni specifiche. Succederà come succede in tutti gli ospedali ove le cardiochirurgie, le cardiologie sono null’altro che reparti dell’ospedale, ove i reparti pediatrici sono null’altro che reparti. Non ci sarà quell’attenzione che oggi Ancona, le Marche e chi ha gestito queste strutture, hanno sempre avuto. Sono convintissimo. Il limite economico sarà un limite mortale e lo vedremo.
Non voglio introdurre qui — ne parleremo quando si tratterà del piano sanitario — il problema del disastro dell’accettazione, perché siamo già oggi con un pronto soccorso in coma. Quando arriverà l’accettazione cardiologica — per fortuna non quella pediatrica, perché per fortuna, come luogo rimarrebbe pur sempre dov’è oggi — avremo delle stragi, secondo me, perché l’istituto-Torrette non è assolutamente pronto a reggere l’urto di questa concentrazione.
Comunque vedremo domani e mi auguro, contrariamente a quello che dicevano D’Angelo e Ricci, che gli emendamenti per la salvezza del Salesi e del Lancisi, in un modo o nell’altro, in forma diretta o indiretta, trasversale o meno, con soluzioni, éscamotages magici e pirotecnici della maggioranza, in qualche modo vengano apportati.
Voglio criticare, per esempio, il comma 4 dell’art. 4 ove si preannuncia una mobilità selvaggia. Mi auguro che la trattativa del Presidente con i sindacati porti a discorsi diversi, ma anche la strutturazione tecnica di questa legge è assolutamente censurabile. Si dice che avremo “dei processi di mobilità del personale conseguenti alla riorganizzazione nonché alla consistenza delle variazioni delle dotazioni organiche delle strutture operanti nei diversi ambiti”. Questo significa che la Asl unica vedrà, potenzialmente, una mobilità pazzesca, poi con emendamenti introdotti dalla Commissione, questa realtà si tenta di mitigare, dicendo che le zone, per quanto riguarda la contrattazione di secondo livello avranno una potestà totale, cioè si è cercato di buttare fumo negli occhi al personale dipendente e al sindacato, tentando di far credere loro che avranno una importanza rilevante nella trattativa aziendale, quando invece ben sappiamo che ci sarà una straordinaria mobilità a scapito delle famiglie, dei dipendenti, del diritto del buon vivere, di chi lavora nell’ambito della sanità e che con il proprio sacrificio personale, che nulla ha a che vedere con la distruzione politica della sanità, sta tenendo in piedi una qualità possibile della sanità.
Il comma 8 dell’art. 4 prevede addirittura — tanto per dire quanto il potere politico vuol mettere le mani sulla sanità — che i dirigenti di primo livello della sanità possano essere cambiato ogni anno: i direttori di zona e i direttori di presidi. Come si possa pensare di fare un programma in cui coloro che lo devono portare avanti possano essere cambiati ogni anno me lo dovete spiegare. E’ proprio antitetico con qualsiasi modello organizzativo normale. In un anno non è possibile realizzare alcun tipo di programma, in un anno si può verificare se i passi avanti sono stati compiuti correttamente, se sono troppo pochi, ma non si può ipotizzare di mandare via un operatore dirigenziale dopo un anno.
All’art. 5 abbiamo proprio la riprova di quello che stavo dicendo prima. I direttori generali delle aziende ospedaliere e delle Asl risultano legati mani e piedi alla Giunta, non hanno un benché minimo spazio di autonomia in un ambito organizzativo in cui ci saranno 3-4 livelli decisionali omologhi ma non omogenei, quindi una sanità in mano all’agenzia, alla Giunta, all’assessorato, al servizio, proprio una disorganizzazione totale.
Le zone territoriali. Il coinvolgimento nella sanità degli enti locali. E’ una presa in giro, è completamente nullo. Hanno soltanto poteri di proposta nell’ambito di direttive e di parametri fissati dalla Giunta, quindi “devi venire soltanto a ratificare quello che io ti dico, altrimenti se non ti sta bene il tuo parere è del tutto consultivo, quindi non hai alcun potere di dire niente”. Per il collegio di direzione di zona viene prefissata una certa composizione e non si sa come questa composizione viene ultimata: si sa già che coloro che sono stati nominati risponderanno unicamente alla gestione politica.
Che dire, concludendo? E’ una proposta che non ha senso, una proposta fallita in partenza, una proposta che non risolve i problemi della sanità marchigiana, non risolve i problemi economici che la mala gestione di questa sinistra ha compiuto della sanità marchigiana e del bilancio regionale, quindi a tutti noi cittadini che siamo chiamati a coprire i buchi della sanità regionale attraverso una impennata delle tasse.
E’ una riforma che distrugge quanto di buono è stato fatto, perché con la prepotenza e la preponderanza politica si avvilirà sempre di più quella classe medica e paramedica, avvilirà sempre di più coloro che hanno tenuto in piedi la sanità finora e che hanno retto ai disastri della classe amministrativa politicizzata. E’ una riforma che da ultimo, perché è la cosa che mi sta più a cuore, va a distruggere quelli che sono due fiori all’occhiello di questa Regione, il Salesi e il Lancisi, uccidendoli nel calderone di Torrette che non vuol essere un dispregiativo nei confronti di chi lavora a Torrette, perché a Torrette tra l’università e l’ospedale ci sono delle grandi eccellenze, vuol essere una nota fortemente critica nei confronti di chi quel calderone non ha saputo, non sa organizzare, prova ne sia la disorganizzazione totale, pericolosa per la vita di tutti, del pronto soccorso.
Mi auguro che la notte porti consiglio e che domani, anche se la maggioranza dovesse uscire con una magra figura, esca almeno a testa alta, dicendo “abbiamo fatto qualcosa che ci ha costretto sì a tornare sui nostri passi, ma abbiamo salvato la sanità e la salute dei marchigiani”.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Sono una dei pochi consiglieri che ha avuto la fortuna di avere il Presidente D’Ambrosio in aula, quindi mi rivolgerò soprattutto a lei, Presidente, tenuto conto che di questa vicenda politica abbiamo avuto modo di parlare più volte, ci siamo confrontati, ci siamo divisi, ci siamo lasciati, quindi vale la pena che questa sera, in qualche modo ne continuiamo a parlare.
Quando il 3 giugno 2002 le ho detto che non avrei mai votato l’Asur, lei mi disse in modo profetico, oppure chiaroveggente — ma probabilmente di chi di politica ne sa più di me — che forse io non avrei votato l’Asur ma Rifondazione l’avrebbe votata. Sul momento, come al solito non ho capito, perché pensavo che ci sarebbe stato un congresso, avrei perso nel merito di quella tesi, sarebbe stato bene che l’avesse gestita un altro, più capace di portare avanti una tesi del genere. Poi le vicende sono andate nel modo che sappiamo e vedremo come sono esattamente andate. Stiamo al merito dell’Asur, che ci interessa questa sera.
Oltre quella questione ricordo che quando ancora facevo parte della Giunta, tutti noi assessori avevamo il dovere di affiancare l’assessore Melappioni nella Conferenze dei sindaci che era stata convocate nel mese di maggio. Ovviamente io feci quelle della mia provincia, tanto è vero che l’assessore Melappioni mi fece concludere l’assemblea di Urbino, dove a fronte di una serie di sindaci che dicevano — anche perché nei Ds stava avanzando questa proposta — che questa poteva essere una buona proposta, io conclusi dicendo che quella proposta era assolutamente negativa, che non aveva alcunché a che fare con la complessità dei problemi della sanità marchigiana, della sua diffusione, del numero di ospedali, della frammentazione da governare e dei problemi di cui stavamo ragionando e che la proposta su base provinciale poteva essere quella migliore.
Oggi sento da Ricci che quella, culturalmente, non aveva spessore, quando lui stesso faceva quella proposta a gennaio, agli organismi dirigenti del partito di Rifondazione comunista. Oggi lo vedo pentito, addirittura e dice che una proposta su base provinciale non ha spessore. Ma andiamo nel merito.
Che cosa è accaduto dal 22 luglio dell’anno scorso, quando la Giunta ha fatto la sua proposta, fino a questa sera? Sono accadute tante cose. La società marchigiana si è pronunciata, si è pronunciata in modo vario, ci sono state moltissime proteste, di è arrivati a raccogliere 40.000 fiume, si è arrivati a indire una manifestazione che domani avremo fuori di questo Consiglio regionale. Questa sera mi si dice che si torna indietro. Ben venga il ritorno indietro e alle aziende attuali con personalità giuridica e a un tempo di gestione di altri due anni, ma sul piano politico voglio fare due domande: c’era bisogno di arrivare a questa sera, a manifestazione indetta con i lavoratori che si mobilitano contro la Giunta regionale? C’era bisogno di arrivare a tanto? Non ci si poteva pensare prima? Quando lunedì ho detto alla maggioranza che, essendo ancora così tassativa la proposta del Presidente, non potevo più starci, tutto potevo immaginare meno che oggi il Presidente facesse una retromarcia generale rispetto alla proposta. (Interruzione). Certo, posso farla anch’io, ma io aspetto la fine di questa discussione, perché di questi posizionamenti strani ce ne sono molti: da chi dice che è una proposta per combattere gli opportunismi e i personalismi, a chi dice che si taglia il 50% delle tasse (questa mattina, non un secolo fa). La mia seconda domanda è questa: quando c’era la prima proposta della Asl provinciale, si pensava di concentrare nella Asl provinciale il taglio di una parte di spese amministrative. La proposta che aveva fatto circolare l’assessore Melappioni era questa. Nel momento in cui si mette al centro l’Asur, la proposta è quella di “far fuori” — non ho altri termini, poi domani o dopodomani, quando discuteremo il piano, si vedrà esattamente dove, in che modo e con quali tempi e con quali modi — gli ospedali di polo, perché si tenta di recuperare lì le risorse che dovevano non più essere recuperate dalla Asur. Questa è l’operazione.
Rispetto al vincolo economico, pag. 34, come sta in piedi il piano, se per fortuna andiamo indietro? In che modo il vincolo economico può reggere?
Quel signore molto bravo che La Margherita ha fatto venire a quel convegno diceva “perché dovete fare questa Asur? Dovete tagliare gli ospedali minori e non volete la gente attorno? Fatelo, se avete questo problema, nelle Marche”. Perché uno fa l’Asur? Perché porta via il livello di decisione e di confronto dal territorio? Lo porta via se deve risolvere, in qualche modo, un livello di decisione. Infatti, rispetto alla diffusione dell’ospedale di polo, rispetto alle eccellenze tutte su Ancona, rispetto agli ospedali di rete, rispetto alla prevenzione al 2,8 questo piano cerca di rimettere a posto un po’ più di prevenzione, un po’ più di territorio, un po’ più di eccellenza, purtroppo solo su Ancona, ma cosa dice? “Via gli ospedali di polo”. La questione che si propone è sostanzialmente questa. Quindi la criticità di questa proposta dipendeva dal fatto che, dal punto di vista economico-finanziario, assistenziale — quelle criticità di cui parla il piano — c’era bisogno di avere una proposta di forte aziendalizzazione, sul modello lombardo, che potesse far recuperare i 60 milioni di euro il primo anno, gli 85 il secondo anno e i 90 il terzo anno, costruendo un servizio sanitario regionale che saltava il secondo pano sanitario, perché chi ha costruito e vissuto il secondo piano sanitario sa qual è stato il compromesso. Il compromesso è stato “Ancona mantiene quasi tutto, ma gli ospedali di polo non si toccano”. Questo, detto in modo politicamente esplicito.
Questo compromesso con l’Asur diminuiva nella sua capacità, perché diventava: “Ancona non si tocca quasi per niente, anzi... Sulle eccellenze mettiamo un asterisco, altrimenti, politicamente, nei territori ci ammazzano — ma l’asterisco non costa — e gli ospedali di polo li eliminiamo quasi tutti, a condizione che non abbiano alcuni criteri particolarissimi” (pag. 107). Il punto diventava che il modello sanitario marchigiano cambiava faccia, cioè diventava servizio sanitario regionale in cui gli ospedali di rete diventavano tutto, un po’ più di territorio, cercavamo di stare sulla riabilitazione al meglio possibile, non si capisce bene quanto costa la retta e chi la paga. Perché la sostanza è questa: più riabilitazione, più lungodegenza, più semiresidenzialità, più qualcosa, ma chi paga? Se, come dice Berlusconi, pagano le famiglie è un disastro, se con qualche emendamento si può chiarire che paga la sanità, forse benissimo qualche posto letto in meno da qualche parte se nelle case di riposo ci si può stare con pagamento della retta da parte della sanità pubblica. (Interruzione). L’ha tolto dai Lea, quindi chi paga? I Comuni, le famiglie innanzitutto le donne. Dove diventa gratuito? Sulle donne. Dove diventa un po’ pagato? Dalle famiglie, chi le ha. Il Comune ti assiste solo se sei povero, altrimenti non ti assiste, perché non è un diritto. Se non vogliamo chiamarlo Berlusconi perché vi fa impressione chiamiamolo “l’accordo fatto sui Lea che mette fuori le cure odontoiatriche, la riabilitazione e le visite sportive”. Le Marche hanno detto “le visite sportive dentro”, ma la riabilitazione non si capisce. Io l’ho letto, riletto e riletto ancora, poi alla fine ho detto “faccio gli emendamenti, in modo che l’assessore dirà se va bene oppure no”. Il problema è: nella riabilitazione chi paga? Perché la sostanza degli anziani sta tutta qui.
La proposta che ho presentato — l’ho presentata in Commissione, in qualche modo l’ho ripresentata in aula — voleva tener conto del fatto che occorre tagliare nelle aziende di questa nostra regione, si può tagliare con criteri diversi rispetto alla proposta sbagliata che ha fattola Giunta regionale e la mia proposta era quella di otto zone, di salvare le aziende sanitarie, spiegando, però. Mi sono riguardata il decreto 229, perché bisogna che partiamo da una norma di legge, poi magari uno non è d’accordo e si dice “hai declinato male il 229”. Il 229 dice che le aziende o hanno il collegamento con la facoltà di medicina, oppure ci devono essere esigenze sanitarie che devono essere soddisfatte. Quando la Benatti dice a Favia o a Giannotti “questo San Salvatore a che serve?”. Infatti a che serve? Sostanzialmente a niente, se poi non gli diamo ciò che serve per diventare polo del centro-nord. O ha la cardiochirurgia e la neurochirurgia, altrimenti diventa l’etichetta per far bello il centro-sinistra di Pesaro, dopodiché rispetto al centro-destra che ha fatto una mobilitazione sulla talassemia — su cui non voglio entrare — la proposta di azienda senza dentro niente non copre, il centro-sinistra di Pesaro è comunque nudo. Ma rispetto alle esigenze sanitarie del centro-nord di questa regione che va in Emilia Romagna, glielo vogliamo fare questo polo? Se lo vogliamo fare ha senso avere l’azienda, altrimenti non ha senso, ha ragione Benatti a porre l’interrogativo.
La stessa questione riguarda il Salesi. Alla fine ho proposto anch’io di mantenere l’azienda Salesi, ma con l’onere di scrivere perché. Perché per dare una risposta ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. 229, per specifiche esigenze assistenziali relative all’infanzia è confermata l’azienda Salesi, mentre per il Lancisi io propongo il dipartimento e mi sono studiata la cosa, nel senso che quando ho sentito come l’assessore ha risposto a Ricci, dicendo “non si può fare”, mi sembrava che non si potesse fare. Invece no. Nel resto d’Italia le attività cardiologiche e cardiochirurgiche stanno dentro gli ospedali. Non ci sono ospedali cardiologici particolari tanto da essere aziende e questo vale dal Niguarda al Gemelli, a tutti. Quindi propongo che sia un dipartimento, dopodiché il dipartimento, rispetto all’obiezione che hanno fatto a Luchetti al quale piaceva e al quale in Commissione hanno detto “toglie”, non toglie niente. Ho tirato fuori la legge dell’Abruzzo che ha fatto il dipartimento cardiochirurgico dell’ospedale di Teramo e dell’ospedale di Chieti e lì si dice “i bilanci autonomi, per quanto riguarda la gestione del personale la pianta organica è aumentata”. Di conseguenza, la funzione dipartimentale mi sembrerebbe che possa stare benissimo dentro un’azienda di questo tipo.
Non ho altro da dire, nel senso che il dibattito potrà consentirmi di riparlare e quindi di tornare nel merito di questa vicenda. Credo che rispetto alla storia politica di questo Consiglio regionale sia comunque un’esperienza significativa da qualunque parte la si voglia guardare, un’esperienza formativa e sarebbe bene che prima di questo fine settimana tutti noi possiamo trarre un qualche utile suggerimento per fare meglio.

PRESIDENTE. Il programma che avevamo in parte concordato, di chiudere la nostra discussione generale verso le 24 è purtroppo impraticabile, perché ci sono altri 10 interventi, quindi 3-4 ore di discussione.
Se siete d’accordo, senza fare un inutile sacrificio questa sera aggiorniamo la nostra seduta a domani mattina, ricominciando alle 10 per concludere la discussione generale in mattinata.
Pongo in votazione questa proposta.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 22,20