Resoconto seduta n. 138 del 17/06/2003
La seduta riprende alle 16,40
Proposte di legge (Seguito discussione generale e votazione articoli):
«Riordino del servizio sanitario regionale» Giunta (134)
«Riordino del servizio sanitario regionale della regione Marche» iniziativa popolare (165)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta. Ha la parola l’assessore Rocchi.
LIDIO ROCCHI. La Giunta chiede una sospensione della seduta fino alle 18,30.
PRESIDENTE. Il presidente della V Commissione ha invece chiesto la convocazione della Commissione stessa alle 17,30.
Ha la parola il consigliere Viventi.
LUIGI VIVENTI. Credo che questo Consiglio regionale debba mantenere un minimo di dignità. Da questa mattina alle 10 siamo qui a fare i “garzoni”. Non prendiamoci qui in giro: sono arrivate qui notizie che da una parte si stravolgeva il piano, poi alle 14 sono arrivate notizie che questo non è più vero e si arrabbiano i sindacati. A me sta bene il ruolo che svolgono Cgil-Cisl-Uil, ma noi come minoranza consiliare, siamo stati tenuti per due anni al di fuori della gestione di questa materia, che è la materia centrale di questa legislatura, non possiamo oggi consentirvi di trattarci da “garzoni”. Questa mattina una cosa, oggi pomeriggio un’altra, si riunisce la V Commissione e il Vicepresidente Pistarelli non sa niente, poi magari alle 19 verrete qui dicendoci “ci vediamo domani mattina”. E’ allora più serio dire “non siamo nelle condizioni politiche di proseguire questa seduta”, quindi la sciogliamo e ci vediamo domani mattina. Non teneteci qui a fare gli zimbelli fino alle 19.
Questa è una dichiarazione che faccio fuori dei denti, ma è evidente anche a un cieco che siete in difficoltà e non siete in grado di riprendere i lavori. Diteci chiaramente “siamo in difficoltà, ci vediamo domani mattina”, è più serio.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.
ROBERTO TONTINI. Capisco le osservazioni svolte dal collega Viventi, comunque già questa mattina noi abbiamo iniziato una discussione abbastanza approfondita. Ci sono alcune cose rilevate, relativamente alla fase aperta di trattative, che è palese e che abbiamo anche cercato di spiegare questa mattina a cosa tende, in che direzione sta cercando di portare. Non c’è quindi qualche cosa di strano. Sono tempi che la Giunta sta chiedendo per un ragionamento alla luce del sole. Questa mattina più interventi hanno evidenziato quali sono i termini della questione. La richiesta è di un tempo limitato, si chiede un’ora e mezza di sospensione perché è il tempo entro il quale si pensa di chiudere l’operazione ed entro il quale si ha la possibilità di riprendere gli accordi che tutti insieme come maggioranza avevamo preso perché si arrivasse a concludere i lavori entro una certa data, anche questa dichiarata e alla luce del sole, entro la scadenza dei commissari di governo, cosa rispetto alla quale tutti, come capigruppo di maggioranza e di opposizione, avevamo concordato. E’ vero che c’è una novità rispetto al programma dei lavori. E’ cosa di cui politicamente credo vada preso atto ed è una richiesta forte: si chiede il rinvio di un’ora e mezza, per continuare poi con i lavori del Consiglio così come previsti e nell’ordine così come tutti insieme avevamo concordato. Quindi siamo d’accordo rispetto alla proposta della Giunta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Sono sbalordito, nel senso che oggi, nelle Marche sono successe due questioni che hanno non poca rilevanza: la mobilitazione popolare di questa mattina che ha coinvolto il Consiglio, ha espresso uno stato d’animo diffuso nella regione da parte dei lavoratori ma non solo; l’attenzione che al nostro dibattito viene data dai mezzi di comunicazione. Tutto ciò testimonia l’importanza del tema che siamo stati chiamati a discutere e ad approvare. Rispetto a questo prendiamo atto della manifesta incapacità dell’Esecutivo di presentare una proposta di riforma che risponda ai bisogni delle Marche, credo che questo sia il dato politico. Dopodiché, tutto il resto diventa un problema di costume politico, non credo che ci si possa accontentare di una comunicazione formalissima, fatta peraltro con dignità dall’assessore al turismo, quando avremmo preferito che fosse stato il Presidente a venire in aula e a spiegarci i termini della rottura con il sindacato. Non credo che questa sia una questione di poco conto, cioè che il Consiglio regionale sia informato dello stato dell’arte, di come stanno le cose, di quali sono le questioni in discussione, i punti di scontro e i punti d’incontro. Credo che questo sia doveroso nei confronti della nostra dignità di consiglieri regionali. Fra l’altro non si capisce bene se dobbiamo rispondere alla proposta della Giunta di dilazionare il dibattito o del Presidente di convocare la Commissione consiliare. Mi rimetto alla volontà del Consigli, perché credo che una questione come questa non possa che essere valutata collegialmente dal Consiglio regionale, però esprimo il pieno dissenso politico e una ferma condanna dell’atteggiamento della Giunta regionale, che ancora una volta sta dimostrando la propria incapacità a governare i problemi delle Marche.
CRISTINA CECCHINI. Chiedo al Presidente in quale fase siamo, del dibattito. Non ci sono più iscritti consiglieri a parlare, quindi art. 41, primo comma, il Presidente deve dichiarare chiusa la discussione generale. Dopodiché è data facoltà di parlare ai relatori, che non ci sono e ai rappresentanti della Giunta che non l’hanno chiesto, perché Rocchi non ha chiesto di parlare per chiudere, a nome della Giunta, la discussione, ha chiesto solo di rinviare. Siamo in questa fase, quindi anzitutto bisogna votare l’eventuale sospensione richiesta dalla Giunta e su questa proposta mi pronuncio negativamente, nel senso che è troppo extraistituzionale questa discussione in aula, il Consiglio è esautorato, il Presidente della Giunta non c’è mai, tratta e poi disfa gli accordi che fa, non si capisce che cosa il Consiglio regionale dovrebbe fare, quindi rispetto alla proposta della Giunta mi permetto di dire di no e di votare contro, chiedendo invece alla Giunta di venire in aula a relazionare, altrimenti avanzo un’ulteriore proposta che è quella di presentare, con alcuni consiglieri che lo vorranno fare, un ordine del giorno ai sensi dell’art. 81 di non passaggio agli articoli della legge, proprio perché, essendo dichiarata chiusa la discussione, possiamo votare l’art. 81 e c’è un ordine del giorno già pronto che lo chiede, per fare in modo che non si proceda alla votazione di questa legge.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Il problema fondamentale è un altro. Non è nemmeno eccessivamente regolare che ci sia stata la protrazione della discussione questa mattina, perché ieri sera non c’erano più iscritti a parlare ed è norma che le iscrizioni avvengano entro la relazione. Le iscrizioni sono state fatte dopo il mio intervento. Ma il problema non è questo. Il problema è che il Presidente non è mai stato presente nel momento in cui si è discussa una delle leggi più importanti, se non la più importante. A questo punto chiedo che si voti subito o che il Presidente rimandi a domani mattina la convocazione del Consiglio.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
FABIO PISTARELLI. Dichiaro a nome di tutto il gruppo e dell’intera Casa delle libertà che le parole del consigliere Viventi sono assolutamente condivisibili, dovrebbero esserlo da parte di tutti, perché tutti siamo esautorati in questo momento dal nostro ruolo, dalla nostra funzione che è quella di discutere e di dibattere in quest’aula una proposta di legge.
Noi chiediamo il non passaggio agli articoli. E’ finita la discussione generale, la proposta di legge non mi pare che abbia trovato consenso, né in quest’aula né fuori, quest’aula deve decidere, quindi vi sono tutte le condizioni politico-formali per dire questo: non passaggio agli articoli, per far riappropriare questo Consiglio regionale del suo ruolo e della sua funzione: si discute in Commissione, si riporta in Commissione il dibattito, correttamente e formalmente, su tutte le proposte emendative, soppressive, aggiuntive, modificative comunque della proposta di legge e poi si ritorna in aula quando la proposta di legge avrà trovato un assetto almeno di maggioranza.
Consegno l’ordine del giorno di non passaggio agli articoli e chiedo di porlo subito in votazione.
PRESIDENTE. Sono state avanzate tre richieste. La prima, da parte della Giunta, è di rinvio dell’Assemblea alle 18,30. La seconda è di rinvio a domani mattina. La terza è quella del consigliere Pistarelli di utilizzare l’art. 81, che normalmente viene utilizzato alla fine della discussione generale, prima della valutazione degli articoli. La discussione generale in questo momento non è chiusa, io ho detto questa mattina che devono ancora intervenire Silenzi e Melappioni. Anche i capigruppo di minoranza sanno che Silenzi e Melappioni sono iscritti a intervenire.
ROBERTO TONTINI. Prima di passare alla votazione, mi vedo costretto, visto un atteggiamento che credo serva a poco rispetto al concreto di ciò che in queste ore andiamo a decidere, a chiedere la verifica del numero legale. (Proteste da parte dei gruppi di minoranza).
FABIO PISTARELLI. Bravi, bravi! (Clamori da parte dei gruppi di minoranza)
PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale. Nomino consiglieri segretari i consiglieri Avenali e Castelli.
FERDINANDO AVENALI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Spacca assente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi presente
Agostini assente
Amagliani assente
Amati presente
Ascoli assente
Avenali presente
Benatti assente
Brini presente
Castelli presente
Cecchini presente
Ceroni presente
Cesaroni presente
Ciccioli presente
D’Ambrosio assente
D’Angelo assente
Donati assente
Favia assente
Franceschetti assente
Gasperi presente
Giannotti presente
Grandinetti assente
Luchetti assente
Martoni assente
Massi Gentiloni Silveri presente
Melappioni assente
Minardi presente
Modesti presente
Mollaroli assente
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli presente
Procaccini assente
Ricci assente
Rocchi presente
Romagnoli presente
Secchiaroli assente
Silenzi assente
PRESIDENTE. Sono presenti n. 18 consiglieri, quindi non esiste numero legale, quindi il Consiglio è convocato con lo stesso ordine del giorno per domani. (Clamori da parte dei gruppi di minoranza) Volete che convochi il Consiglio per le 18,30? Prima non vi stava bene, però. Credevo che, volendo voi rifiutare il rinvio alle 18,30, non vi andava bene che lo imponessi io; se invece volete il rinvio alle 18,30 per me va benissimo.
La seduta è sospesa. Riprenderà alle 18,30.
La seduta, sospesa alle 17,00,
riprende alle 18,40
PRESIDENTE. Riprende la seduta. Ha la parola, per le conclusioni della discussione generale il Presidente della Giunta.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Tocca a me, per compito istituzionale chiudere la discussione generale su un atto di notevole importanza, il primo degli atti di notevole importanza che porterà il sistema sanitario marchigiano ad una riforma notevole che si ispiri ad alcuni principi e che sia, soprattutto, sottratto ad una disputa nominalistica, perché nella sostanza è la cosa fondamentale e nella sostanza noi pensiamo di avere posto le basi di quello che nel successivo atto che prenderemo in esame, cioè il piano sanitario regionale, abbiamo chiamato “Alleanza per la salute”.
Noi riteniamo che ci sono alcuni modelli di sanità, ai quali ci ispiriamo; ci sono altri modelli di qualità, che sono quelli a cui non ci ispiriamo e non vogliamo ispirarci.
Vorrei iniziare proprio dall’intervista che ieri ha fatto il responsabile nazionale della salute, il ministro Sirchia, il quale ha riconosciuto alcuni dati che sono ormai di dominio pubblico, complessivo, che cioè la previsione di risorse nel bilancio nazionale per far fronte alle richieste, alle esigenze, ai bisogni della popolazione italiana in materia di salute, questo stanziamento di risorse è fortemente insufficiente, non perché, come si tende da qualche parte a far apparire, tutte le Regioni sono sprecone in materia, ma perché, se alziamo gli occhi dal cortile di casa nostra e guardiamo intorno, il trend di crescita della spesa sanitaria in Italia è sulla stessa linea di tutta l’Europa occidentale, oscilla annualmente fra il 6 e l’8%. La previsione invece del bilancio nazionale prevede per quest’anno un incremento del 3,4%. C’è da coprire questa forbice, c’è da far fronte a questo tipo di esigenza con un Governo che, per bocca del ministro ipotizza una risposta che è quella dell’alleanza tra le Regioni e il sistema assicurativo privato. A noi non va bene questo modello, lo diciamo fin dall’inizio, questo è un modello che non ci piace, nel quale sono previste differenze di risposte non a seconda della differenza dei bisogni ma a seconda della differenza del censo e questo a noi non sta bene. Noi vogliamo e continuiamo a volere una sanità che abbia alcune caratteristiche, che sostanzialmente può essere indicata ed individuata come una sanità che sia universalistica, che sia ugualitaria, che preveda un unico “assicuratore di ultima istanza” che è lo Stato o comunque il pubblico, una sanità pubblica che faccia fronte a questo tipo di esigenze.
Fin dall’inizio ci siamo trovati a dover fare alcune scelte difficili, alcune scelte complicate. Le scelte della sanità, in tutti i paesi del mondo e in tutte le Regioni d’Italia hanno attraversato momenti di grande difficoltà, di grande fibrillazione, perché la scelta fra l’uno e l’altro modello è una scelta non facile ma soprattutto nell’uno e nell’altro modello rimangono, sia pure diversamente affrontati i problemi di ritrovare una dimensione economica che non sia soltanto espressione di mentalità ragionieristica. Non possiamo rispondere alle esigenze e ai bisogni delle popolazioni soltanto facendo i conti da ragionieri, ma non possiamo nemmeno ignorare questo, perché questo porterebbe al dissesto tutti i bilanci regionali, per quanto possano pesare un po’ più o un po’ meno le cifre della sanità sui bilanci delle Regioni, sui quali dal 2002 pesano. Questi sono stati i nostri punti di partenza.
L’altro punto di partenza importante è stato quello di individuare i punti deboli, le caratteristiche negative del sistema organizzativo marchigiano che, basato su una tradizionalmente diffusa risposta ospedaliera generalizzata, non può più accettare questo tipo di risposta perché è sbagliata, non perché è costosa. Si tratta quindi di recuperare la dimensione della risposta giusta al tipo di richiesta: dell’individuazione dei bisogni, della costruzione di percorsi che facciano sentire i cittadini tutti sicuri, non la falsa sicurezza di avere vicino casa un ospedale o un reparto che, per carenza di numeri, sia non un presidio ma un pericolo, un rischio. Lo sappiamo, ci sono dati su cui ormai c’è una concordanza generale: al di sotto di certi livelli quantitativi anche la qualità scade in maniera pericolosa e al di sotto di alcuni elementi scade in maniera ancora più rilevante e aumenta il rischio. Si può parlare tranquillamente dei reparti di ostetricia e ginecologia che, per i dati dell’OMS al di sotto degli 800-1.000 parti all’anno non offrono garanzie di sicurezza, al di sotto dei 500 cominciano a diventare rischiosi, più si scende e più diventano rischiosi.
Si tratta e si è trattato di recuperare una dimensione che desse alla risposta ospedaliera quello spazio che è necessario che abbia per rispondere alla fase acuta delle patologie, sia una fase acuta medica, sia una fase acuta chirurgica. Questo è il dato della sanità di oggi, questo è il dato a cui abbiamo cercato di avvicinare la sanità marchigiana.
Le Marche erano la regione con il più alto numero percentuale di piccoli ospedali rispetto alla popolazione, la tradizionale risposta era quella ospedaliera. Abbiamo voluto rovesciare questa logica e dare uno spazio sempre crescente alla medicina sul territorio, una medicina — che non è solo medicina — che si inquadra nell’attività di prevenzione, di mantenimento della salute. Ciò tenendo conto di un altro elemento di cui tutti parliamo ma di cui difficilmente tutti ci ricordiamo quando sarebbe necessario farlo: l’invecchiamento della popolazione marchigiana. Abbiamo una popolazione tra le più longeve d’Italia, una popolazione ultrasessantacinquenne in crescente crescita, tendendo al raggiungimento della percentuale della popolazione infraquindicenne. Questi sono gli elementi che rendono poi necessario un governo attento della sanità.
La popolazione anziana ha esigenze, per il mantenimento del livello di salute, che incidono e che richiedono maggiori risorse, ma ha anche esigenze alle quali non è possibile rispondere in maniera standard con lo strumento ospedaliero. Conosciamo tutti, perché l’abbiamo letto, perché qualche volta ci è capitato di esserne coinvolti, che la tendenza all’ospedalizzazione degli anziani a volte si diffonde come risposta del tutto impropria ad una impossibilità di far fronte alle richieste, ai bisogni di salute di soggetti che hanno esigenze maggiori e resistenze minori. Da questi punti siamo partiti con fatica, con un’opera lunghissima di attenzione, di consultazione, di ascolto nei territori, qui, con gli esponenti delle istituzioni, delle forze organizzate, sociali, dei sindacati, dei cittadini, degli operatori, con tutti quelli che nel mondo della sanità si trovano a dover interpretare un ruolo, tenendo conto di un dato: noi siamo convinti che la sanità e il funzionamento della sanità è e non può non essere nell’interesse degli utenti, questo è il dato fondamentale, che aiuta a mantenere nel giusto angolo ottico l’attenzione verso i problemi, verso le richieste, verso le esigenze, giuste, di chi lavora dentro, di chi interpreta ruoli, di chi esercita ruoli, ma tenendo conto, sempre, che il risultato finale deve essere attento e deve essere valutato, impostato per rispondere all’interesse dell’utente finale.
Questo è il dato nella nostra cultura assolutamente prevalente su tutto: i servizi pubblici sono a disposizione di chi utilizza questi servizi: la sanità è quindi soprattutto a disposizione degli utenti e deve rispondere alle loro esigenze.
Questa è la ragione che spiega la lunghezza di questo percorso che abbiamo iniziato, partendo dall’inidicazione dei dati di criticità — e li ho indicati — da una frammentazione, da una eccessiva risposta ospedaliera, quindi sbagliata, da una inappropriatezza delle risposte — che da questo punto di vista significa spreco di risorse e cattivo funzionamento del servizio — ha cercato di dare risposta a questo tipo di esigenze e ha cercato di dare risposta anche ad un altro problema, che è anche questo generale della sanità, quanto meno italiana. Parlo del problema di una erroneamente intesa ottica di concorrenzialità interna fra le istituzioni che sul territorio sono deputate ad occuparsi della sanità:. Il principio che va tecnicamente sotto il nome della mobilità passiva o della mobilità attiva, che significa mettere a punto strutture e risposte che siano in grado di attrarre dall’esterno e quindi di dare risposte non soltanto a chi è all’interno ma anche a chi viene dall’esterno, è stato applicato del tutto impropriamente anche nell’ambito intraregionale, come se il bilancio inattivo di una sola Asl fosse sufficiente a compensare l’eventuale bilancio passivo complessivo del sistema. Questo veniva dato da una eccessiva frammentazione, una frammentazione che era rimasta eccessiva anche quando siamo partiti già in fase di riduzione, quando dalle 24 aziende originariamente previste, impostate e fatte nascere nelle Marche, si era passati a 13 aziende territoriali, con la previsione ulteriore di aziende ospedaliere che hanno, anche qui, perso per strada alcune caratteristiche fondamentali, acquistando una specie di status legato al riconoscimento del titolo, del tutto indipendentemente dalla sostanza, come se, avendo io una Ford, ci mettessi dietro l’etichetta della Ferrari e pretendessi che quella fosse una Ferrari. Non è così. E’ importante allora che la macchina funzioni, è importante che renda al massimo delle sue prestazioni. E allora questo è il punto su cui abbiamo potuto e dovuto lavorare: le aziende ospedaliere hanno un senso e un significato nel momento in cui rispondono a specifiche esigenze, nel momento in cui sono un concentrato di risposta ospedaliera di alto livello, in grado di soddisfare le esigenze di una larga fascia di popolazione.
Noi siamo partiti da 13 aziende territoriali e 5 aziende ospedaliere, 4 nella città di Ancona e una nella città di Pesaro. Sicuramente una superdotazione per una popolazione di 1.418.000 abitanti. Abbiamo cercato di mettere ordine, di costruire un sistema a rete che desse risposte, tenendo conto anche che oggi, per fortuna il progresso della medicina e tecnico in generale, consente di dare risposte a rete, di organizzare un sistema che sia in grado di dare risposte a rete molto più degli anni immediatamente antecedenti i nostri e, soprattutto, l’accelerazione dei progressi tecnici consente di dare risposte molto più avanzate, molto più veloci, molto più appropriate. Ma anche qui abbiamo dovuto fare i conti con una realtà che è sotto gli occhi di tutti, perché nell’ambito del mondo della salute e della richiesta della salute, l’offerta spesso genera la domanda. Tutte le volte che è stata acquistata un’altra Tac, sono aumentate le richieste di Tac, ogni volta che è stata acquistata un’altra risonanza magnetica sono aumentate le richieste di risonanza magnetica, in una specie di spirale che richiede una stretta alleanza fra chi fornisce servizi, chi dà risposte e chi chiede servizi, che non sono quasi mai i cittadini da soli ma sono, ovviamente, quelle prime figure professionali a cui si rivolgono i cittadini, cioè i medici di base, i medici di famiglia e i medici specialisti. Questo è il tipo di alleanza che abbiamo cercato di stipulare. Mi rendo conto di dire cose ovvie, però lasciatemele dire tutte, altrimenti corriamo il rischio di affrontare un tema di questo spessore settorializzando molto soltanto per ragioni di strumentale, ma ammissibilissima, contrapposizione politica. Poi ci contrapporremo nel voto, ma almeno...
ROBERTO GIANNOTTI. Perché non ha sentito quello che abbiamo detto...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho letto Giannotti, sono ancora capace di leggere.
Da questo punto di vista è anche importante mettere in piedi dei meccanismi che controllino un altro elemento distorsivo, che, prima ancora che di spreco è di danno per la salute, cioè l’uso eccessivo e quindi inappropriato, di farmaci, con tutti i meccanismi che conosciamo bene, per cui ogni nostra abitazione ha un armadietto farmaceutico pieno per la metà di medicine che o non servono o non servono più o comunque sono state acquistate in misura superiore, come se tesaurizzare le medicine comportasse dei vantaggi di per sé.
L’educazione ad un corretto uso dei farmaci non può passare attraverso l’imposizione di un ticket, se non è accompagnata e incardinata su una corretta educazione, se non è incardinata su alcuni elementi forti che dobbiamo richiedere. Non il ticket, dobbiamo chiedere con forza che le confezioni dei medicinali siano come in Svezia, come in Finlandia dove ti danno 7 pillole se il medico ti ha ordinato una cura per 7 giorni e non una scatola da 10 perché comunque si vende solo la scatola da 10, o da 20. Questo è l’altro meccanismo che abbiamo messo in moto e che comincia ad avere dei risultati positivi.
Fatte queste premesse abbiamo dovuto, nel guardarci intorno, nel fare l’inventario dei punti critici ma anche delle risorse, come impostare al meglio il rapporto con quella che rimane una risorsa importante di questa regione, l’unica facoltà di medicina del nostro territorio, alla quale dobbiamo avere la capacità di chiedere quello che solo la facoltà di medicina ci può fornire e dobbiamo avere la capacità di resistere a richieste che ci venissero da quella facoltà e che non fossero giustificate dal punto di vista della necessità della fornitura di una professionalità molto alta, che è quella che si richiede oggi ad una facoltà di medicina e che la nostra facoltà di medicina — delle Marche, non solo di Ancona — è ancora in grado di dare perché è ancora una buona facoltà di medicina.
Questi sono stati i punti di partenza: riduzione dei soggetti sul territorio perché significa riduzione della frammentazione, perché significa riduzione della concorrenzialità, perché significa un’organizzazione a rete in grado di rispondere alle esigenze e ai bisogni se supportata, come supportata, nel nostro sistema, da un numero di mezzi di soccorso attrezzati — ambulanze — che in rapporto alla popolazione ci rendono la prima regione d’Italia. Queste cose ce le dimentichiamo sempre. Noi siamo bravissimi nel fare cose, siamo pessimi, non nel vendere ciò che facciamo ma nell’illustrare ciò che facciamo. Questi sono gli elementi che abbiamo preso per partire nella nostra opera di riforma che ha seguito il doppio ambito: il piano e l’ambito della riorganizzazione del sistema ma anche il piano e l’ambito del nuovo piano sanitario, cioè “che cosa si fa” e “chi fa che cosa?”.
Abbiamo scelto un modello di riorganizzazione molto avanzato, del tutto nuovo come dimensioni, anche se finora c’è una realtà regionale — la Provincia autonoma di Trento — che ha questa struttura, una unica Asl, perché abbiamo pensato che fosse possibile, con le dimensioni della nostra regione, con le caratteristiche che abbiamo, con lo sviluppo dell’informatica, con l’implementazione dei rapporti e del sistema a rete, prevedere una unica azienda territoriale. Ci siamo resi conto che un’unica azienda territoriale poteva comportare problemi di accentramento eccessivo, di distanza dai problemi reali del territorio, una forma particolarmente sgradita di neocentralismo regionale e abbiamo cercato di costruire un meccanismo che fosse complicato sì, ma bilanciato, perché abbiamo cercato di mantenere una centralizzazione sempre più forte sugli aspetti che possono essere o che debbono essere centralizzati; una centralizzazione forte su quello che riguarda le strutture, l’attività, le previsioni, le prospettive, che possiamo chiamare di supporto tecnico-amministrativo e per quello che riguarda la necessità e l’opportunità di un’azione di programmazione generale, perché ricordiamoci anche che la sanità è uno degli ambiti nei quali la programmazione è più importante di tutto il resto. Dobbiamo sapere che tipo di risposta dare a una popolazione di cui conosciamo e dobbiamo conoscere caratteristiche, residenza; dobbiamo conoscere il territorio al quale diamo risposta, le caratteristiche dei luoghi. Quindi abbiamo accentrato questo nella Asur e abbiamo previsto, contemporaneamente, un meccanismo che tenesse conto delle esigenze dei territori, che fosse in collegamento con i territori, che non espropriasse le istituzioni sul territorio e i governi sul territorio, della possibilità di rispondere in collaborazione alle esigenze dell’”Alleanza della salute” nei singoli territori. Questi sono i punti su cui noi abbiamo basato la nostra riforma, quindi abbiamo basato la riforma su una sostenibilità dal punto di vista numerico: 1.450.000 abitanti, che sono più o meno il numero di “utilizzatori” di qualche Asl già in Italia, provinciale: Lombardia, Roma, più o meno. Certo, se avessimo avuto una popolazione doppia non avremmo mai parlato di Asl unica. Abbiamo anche cercato di mantenere un collegamento, quindi la previsione di attenzione, di protagonismo dei territori, prevedendo l’impostazione, il mantenimento o la struttrurazione di punti forti sul territorio che nei luoghi dov’erano le precedenti Asl, potessero svolgere un compito di doppia faccia, di trait-d’union tra il territorio e il centro, che potessero dare input al centro perché la programmazione non fosse centralizzata, che potessero dare risposte immediate a quelle esigenze del territorio che non sono tali da poter essere risolte soltanto a livello centrale. Questo è il modello che noi stiamo cercando di mettere in atto, un modello difficile, un modello nuovo ma un modello nel quale crediamo profondamente, perché, non ripercorrendo pedissequamente la strada del modello del D. Lgs. 229 del 1999, ne conserva tuttavia le finalità e gli scopi, che condivide in pieno, perché questo è il dato su cui ci siamo misurati e vogliamo essere misurati.
Tutto semplice? No, perché si tratta di far crescere una attitudine, un modello organizzativo che richiede un approccio completamente diverso, una mentalità diversa nella quale tutti si devono misurare e sulla quale sono state dette cose abbastanza “esotiche”, come mi suggerisce giustamente l’assessore Ascoli: si è pensato, si è fatto credere o si è detto che l’azienda unica territoriale non escludeva o presupponeva una mobilità del personale da un capo all’altro della regione. Follia. Chi mai avrebbe pensato a una cosa del genere? Soltanto dei folli, sarebbe stata una risposta micidialmente sbagliata alle esigenze del territorio. Si sono dette altre cose, di gigantismi, di ingovernabilità. Non è vero. Se insieme si lavora “per... “ e se insieme si vuol rispondere alle esigenze di salute dei cittadini marchigiani, questo modello può funzionare, questo è un modello sul quale pensiamo si possano investire energie, prospettive, impegni, programmazione, alleanze nuove con chi ci lavora dentro, con chi li rappresenta, con chi dà anche una misura dei bisogni — perché da quello dobbiamo partire — per far sì che nelle Marche ci sia una sanità uguale per tutti, indipendentemente da dove sta. Ovviamente, ed è chiaro, con la giusta gradazione di risposte nel momento in cui risposte ad esigenze molto elevate, molto raffinate, molto difficili non possono essere diffuse sul territorio per il dato banalissimo che è necessario concentrare, specializzare, costruire dei meccanismi e dei poli che siano in grado di dare risposte alte a richieste alte, che siano in grado anche di lanciare il nostro sistema verso una frontiera che ancora non ha raggiunto, che è quella dei trapianti, che siano in grado di lanciare il nostro sistema verso una forte concorrenzialità. Anche questo voglio sottolineare, perché si corre il rischio di dimenticarlo sempre: noi non abbiamo impostato una politica di concorrenza selvaggia verso le altre realtà sanitarie al di fuori della nostra regione, abbiamo cercato di gestire contemporaneamente il discorso di un innalzamento qualitativo per migliorare il bilancio della mobilità, ma nello stesso tempo anche fare accordi con le Regioni confinanti — il più forte l’abbiamo fatto, finora, con la Regione Emilia — dove si stabilisce nelle zone di confine un patto, per cui si fanno alcune cose da una parte e alcune altre da un’altra parte, non si fa una concorrenza sfrenata, perché questo è sciocco, è frutto di sprechi, frutto di una sanità concorrenziale negativa, non concorrenziale in alto ma concorrenziale su altri livelli.
DAVID FAVIA. Concorrenza è qualità.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Quando parlo di prestazioni sanitarie parlo sempre di prestazioni di qualità, parlo sempre di servizi garantiti, mi pare ovvio.
ROBERTO GIANNOTTI. Lo dica ai cittadini del Montefeltro.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Caro Giannotti, pare che istituzionalmente in quest’aula bisognerebbe darsi del lei: diamoci del lei. Lei svolge un compito — e lo svolge bene — nei nostri confronti, che in altre Regioni viene svolto specularmente da nostri nei riguardi dei vostri colleghi di partito che governano. E’ facile fare l’opposizione nella sanità, perché non c’è mai una risposta sufficiente, perché il meglio è sempre davanti a noi. Se vogliamo dire questo lo possiamo dire dovunque. Vogliamo allora dire che la sanità piemontese è pessima perché un soggetto è morto in ambulanza perché da Asti o Cuneo per arrivare fino a Vercelli e Verbania ci ha impiegato troppo? Vogliamo dire questo? No, sappiamo bene quali sono le difficoltà, sappiamo bene quali sono gli esempi di malasanità, ma a parte le patologie sappiamo che è difficile dare risposte all’altezza dei bisogni e soprattutto dei bisogni avvertiti, perché questo l’altro elemento: il cittadino ha bisogno di sentirsi sicuro, anche se sappiamo che la sicurezza non è, spesso, in quello che lui ritiene sicuro. Ma c’è questo bisogno.
E’ chiaro che le zone interne delle Marche hanno una situazione peggiore rispetto alle zone costiere, su tutto. Ma è altrettanto chiaro che noi abbiamo cercato di dare una risposta a questo, proprio lasciando sul territorio non soltanto le antenne, non soltanto i punti di monitoraggio ma i punti di organizzazione della risposta e di fornitura dei servizi. Siccome non siamo degli sconsiderati o almeno pensiamo di non esserlo e siccome ci rendiamo conto che comunque percorriamo strade sulle quali ci sono esperienze di tutti i livelli, abbiamo fin dall’inizio previsto un periodo che ci portasse a qualunque tipo di riforma organizzativa della sanità. Qualunque tipo di riforma, che non sia esclusivamente marginale, richiede tempi, richiede previsioni, richiede prospettive, richiede costruzione di percorsi. Questo è stato un difficile passaggio che la maggioranza ha affrontato con difficoltà, con le difficoltà che tutte le maggioranze hanno nell’affrontare questo problema, con le difficoltà che i colleghi presidenti tutti hanno affrontato quando si sono trovati a misurarsi con questi problemi.
E allora, questa maggioranza, che condivide il progetto generale, che condivide la risposta, che condivide il modello di sanità, ha dovuto trovare al suo interno alcune fasi e alcune ipotesi che fossero sufficientemente condivise, per consentirle di andare avanti con convinzione, con qualcuno che non era molto convinto, con qualcuno che era preoccupato, con qualcuno che, giustamente, pensava che forse un modello così avanzato potesse essere complicato da tradurre nella realtà. Però questa maggioranza alla fine ha trovato una posizione su cui ritrovarsi, ognuno facendo leva sulla sua sensazione e volontà di appartenenza politica al progetto, poi qualcuno ogni tanto ha pensato che questo tipo di percorso fosse tale da porgli dei problemi, ma ci sono comunque e ci sono stati, all’interno della maggioranza, non solo fra i partiti che fanno parte della Giunta ma anche fra i partiti che non fanno parte della Giunta, con senso istituzionale molto spiccato, le convergenze necessarie.
Siamo convinti di avere creato il modello migliore del mondo? No. Siamo convinti di avere cerato un modello insuperabile? No. Siamo convinti di aver creato un modello che oggi come oggi dà la migliore risposta possibile alle esigenze dei cittadini marchigiani e di quelli che si trovano ad aver bisogno della sanità qui.
Io dico sempre — e lo ripeto qui — che uno dei titoli di cui vogliamo essere fieri, è che se in una strada delle Marche una persona viene colpita da malore, riceve lo stesso tipo di risposta qualunque sia il colore della sua pelle, la consistenza del suo conto in banca, la sua provenienza e qualunque sia la sua appartenenza politica, ideologica. Questo è il dato al quale noi puntiamo e riteniamo di aver trovato un modello che, superando le caratteristiche negative del vecchio, ci lanci verso la nuova sanità, verso la risposta più avanzata possibile ai bisogni dei cittadini marchigiani, ovviamente con un percorso e un cammino che prevedano una transitorietà.
Il modello è quello di una azienda territoriale nella quale vengano fuse, per incorporazione, le preesistenti realtà aziendali, che alla fine dia luogo ad un meccanismo che abbia un centro e poi la sopravvivenza, rafforzata da questo punto di vista, di luoghi nei quali si risponde ai servizi, che si chiamano zone. Li abbiamo chiamati zone proprio per sottolineare la caratteristica territoriale. Poi, all’interno di questo abbiamo previsto anche — è questo l’altro elemento importante — che ci fossero una alleanza ed una risposta, combinata, socio-sanitaria. Nel piano sanitario abbiamo previsto anche l’inserimento della risposta ai bisogni sociali, quindi un piano socio-sanitario, socio-assistenziale. A questo siamo arrivati, facendoci carico di una serie di problemi per strada, che ci sono stati posti: del livello di contrattazione decentrata per quanto riguarda la tutela di chi nella sanità lavora e siccome noi, della necessità di tutela di questi diritti siamo assolutamente convinti, abbiamo cercato di dare una risposta anche su questo piano; abbiamo cercato di dare risposta anche a quello che nel frattempo succede e abbiamo previsto una norma transitoria su cui abbiamo lavorato, ri-lavorato, ci siamo confrontati, abbiamo cercato di avere il più ampio ventaglio di opinioni, abbiamo cercato di seguire il metodo della concertazione per ottenere, alla fine, una norma transitoria che oggi viene presentata come emendamento dalla Commissione che si è riunita per questo e per altro e che prevede un sistema nel quale, entro 90 giorni dall’approvazione della legge, la Giunta regionale mette in moto i meccanismi per arrivare alla costituzione dell’azienda sanitaria unica regionale e delle aziende ospedaliere e successivamente crea nei tempi previsti — entro novembre 2003 — un elenco di soggetti tra cui scegliere quelli che nominerà e nel mese successivo nominare il direttore della azienda sanitaria, i direttori delle zone. Questo, ovviamente, comporterà la decadenza e la cessazione della gestione commissariale nell’ambito della sanità marchigiana.
Quali sono, allora, le caratteristiche della fase transitoria? Sono sostanzialmente tre: la durata, i meccanismi, la distribuzione di poteri. La durata è prevista in due ani, un biennio dall’approvazione della legge. L’altro elemento è una distinzione di funzioni e di poteri e competenze, perché abbiamo previsto che la fase, questa fase possa e debba essere una fase nella quale l’istituita, istituenda, che la Giunta istituirà azienda unica regionale, abbia il compito di espletare a livello centralizzato quelle funzioni di supporto tecnico che abbiamo individuato, per ora, come acquisto di beni e servizi, ovviamente di importo superiore a 100.000 euro, appalti di opere pubbliche superiori a 500.000 euro, gestione del patrimonio immobiliare, con esclusione della manutenzione ordinaria, affidamento e gestione della tesoreria unica, gestione del sistema informativo e controllo di gestione. Queste sono le sei funzioni che vengono affidate da subito all’azienda sanitaria unica regionale, per il tempo di due anni. Nel frattempo le zone, che avranno un loro direttore unico — non più la triade — perché non avranno più tutte queste funzioni, quindi saranno alleggerite di compiti e di funzioni, avranno personalità giuridica e quindi accompagneranno la fase al termine della quale, dopo il biennio, ci sarà l’istituzione dell’azienda sanitaria unica regionale a pieno titolo, quella che poi avrà anche il governo clinico, tutta la competenza, tutto l’insieme di competenze previsto dalla legge per l’azienda sanitaria unica regionale.
Questi sono i meccanismi che noi abbiamo pensato e che danno sufficienti garanzie ad una fase transitoria nella quale si tenga conto della necessità di partire, da subito, sulla centralizzazione di funzioni e di lasciare invece lo spazio di due anni perché si trasferiscono quelle che sono le esigenze di governo clinico, che sono molto più complesse, molto più delicate e molto più difficili e quindi graduali da fare.
Queste sono le prospettive, con l’emendamento che vi è stato consegnato; questo è il tipo di risposta che noi diamo e che riteniamo garantisca un passaggio graduale, l’immediato inizio del processo di centralizzazione che viene affidata alla azienda sanitaria unica regionale in questa prima fase solo per questo e quindi viene istituita l’azienda per fare questo, in questa prima fase, che dà la risposta anche ai territori, garantendo un passaggio sufficientemente lungo e graduale da arrivare ad una soluzione finale quando ormai saranno maturi l’esperienza e il tipo di approccio che noi tutti faremo.
Queste sono le prospettive che noi abbiamo costruito, con difficoltà, ricercando consensi. Pensiamo di aver dato risposte forti, risposte significative a questo tipo di richieste che ci venivano e ci vengono. Si tratta, adesso, una volta approvata la legge, di rimboccarsi le maniche e di lavorare tutti — almeno quelli che ci credono — perché questo modello di sanità funzioni al meglio, perché è un modello che richiede la collaborazione di tutti per funzionare, ma che noi siamo convinti che quando funzionerà darà risposte alle esigenze di tutti. Questa è la strada che abbiamo deciso di intraprendere oggi, proponendo questa riforma organizzativa del sistema sanitario regionale delle Marche.
PRESIDENTE. E’ conclusa la discussione generale. Prima di passare alla votazione dell’articolato della proposta di legge n. 134 abbiamo un ordine del giorno presentato da Cecchini e altri, ex art. 81 del regolamento, che deve essere votato prima di passare alla votazione della proposta di legge.
Ha la parola, per illustrarlo, il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. E’ una ulteriore verifica, prima della discussione dei singoli articoli, se ci sono le condizioni affinché quest’aula possa ancora ripensare, prima di compiere atti che possono diventare devastanti per la sanità marchigiana. Siccome vale la pena tentare tutto ciò che il regolamento consente, questo non passaggio agli articoli potrebbe permettere di costruire ancora un rapporto con le parti sociali che abbiamo lacerato in modo definitivo con tutto quanto è successo questa mattina, ieri sera e oggi durante il Consiglio regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
FABIO PISTARELLI. Il documento riprende due passaggi fondamentali della discussione di quest’aula, che è stata svolta sia ieri che oggi. Primo, la questione relativa alla contrattazione cosiddetta decentrata e più in particolare alla personalità giuridica. Secondo, il riferimento al D. Lgs. 502, che all’art. 3 parla molto chiaramente di Asl che si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale e del fatto che la loro organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato “nel rispetto dei principi e criteri previsti dalle disposizioni regionali”. Gli ultimi fatti aggravano ancor più il quadro complessivo, colleghi consiglieri. La relazione del Presidente cerca di tranquillizzare una maggioranza che in realtà è ancora disorientata e, io ritengo, per senso di responsabilità preoccupata per quello che sta avvenendo. Con la modifica dell’art. 26, noi introduciamo una personalità giuridica a tempo che non è contemplata da nessun codice (scade fra due anni), inoltre con quella norma, se approvata, diamo alla Giunta una delega in bianco di stabilire quegli indirizzi e quei criteri che il D. Lgs.. 502 dice essere pregidiuziali rispetto alla struttura territoriale, all’articolazione territoriale o sovraterritoriale del sistema sanitario regionale.
L’atto aziendale di diritto privato dell’azienda unica più le articolazioni — è cosa molto grave prevedere un istituto che non è scritto da nessuna parte, cioè la personalità giuridica che scade — è fatto nel rispetto dei principi e criteri previsti dalle disposizioni regionali, noi li dobbiamo già avere come Regione, non delegare alla Giunta, addirittura ponendo la stessa in una situazione di assoluta delega in bianco su una questione di natura strettamente legata alle funzioni e ai poteri del Consiglio regionale. Se non facciamo nemmeno programmazione, se diciamo che è la Giunta che darà gli indirizzi per l’adozione degli atti necessari per la costituzione dell’azienda unica, per la riorganizzazione dell’azienda ospedali riuniti di Ancona, ospedale San Salvatore, addirittura per la questione relativa allo svolgimento di tutte le funzioni assegnate alla Asur e sottratte ai territori, che comunque mantengono personalità giuridica limitata, non so questo Consiglio regionale di che cosa si deve occupare. Queste sono questioni molto serie e importanti che ritengo non possano essere affrontate, né attraverso una Commissione, che è stata convocata a nostro modo di vedere illegittimamente, né al di fuori di ogni regola prevista dal nostro statuto e dal nostro regolamento, attraverso una serie di emendamenti che sono irricevibili e non possono essere discussi in quest’aula. Quest’aula non può perciò essere chiamata a discutere su una proposta che comunque è completamente diversa rispetto a quella licenziata dalla Commissione e che è stata oggetto di tutta la discussione di ieri e di oggi. Siamo di fronte ad un testo nuovo anche per quanto riguarda Ancona, la stessa azienda ospedaliera riunita, perché presidio ospedaliero è altro rispetto al presidio monospecialistico.
Tutto questo deve essere oggetto di una discussione profonda, approfondita, che abbia tutti i caratteri di legittimità formale, sia nelle norme che andiamo ad inserire e a votare nella proposta di legge, che nelle procedure. Per questi motivi il Consiglio regionale ha l’obbligo, non solo l’opportunità, la necessità di rinviare alla discussione in Commissione e perciò di accogliere questa nostra richiesta di passaggio all’articolato. Occorre tempo per fare questa che è una proposta di legge che potrebbe essere devastante se scritta così come l’abbiamo potuta leggere negli ultimi minuti, nelle ultime ore, perché è ancora peggiorativa rispetto a quello che già c’era e che era un quadro preoccupante, come abbiamo avuto modo di spiegare nella discussione generale. Altro che futuro e possibilità per i nostri cittadini di vedere le risposte. Ripeto, personalità a tempo, mai vista in nessun codice. Qualche volta noi consiglieri regionali svolgiamo anche un po’ di professione di avvocati: mai vista una cosa del genere.
Inoltre la contrattazione locale, zonale come si supera rispetto ai contratti collettivi nazionali di sanità? Fra due anni cosa succede? Contratteremo per due anni a livello territoriale perché rimarranno le aziende che si chiameranno zone e poi diremo ai sindacati “no, si dovrà contrattare a livello regionale”? Perché il livello è aziendale. Potremo lasciare anche in questi due anni la contrattazione a livello aziendale, in un’azienda che diventa zona ma mantiene personalità giuridica? Questi sono, secondo noi, degli aspetti assolutamente pazzeschi del sistema che andiamo a licenziare con un voto all’ultimo momento, su un emendamento presentato all’ultimo momento. E’ un appello accorato quello che fa l’opposizione, con grande senso di responsabilità. Rinviamo l’atto in Commissione, meditiamolo, votiamo il non passaggio all’articolato. E’ chiusa la discussione generale, lo possiamo fare fin da subito, evitando vulnus pericolosissimi, sia procedurali che di merito.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione in seduta notturna.
Il Consiglio approva
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Vorrei ricordare a questa Assemblea che il problema centrale che stiamo affrontando non sono gli equilibri tra i consiglieri regionali di maggioranza o gli equilibri tra Giunta e sindacati, il problema centrale è l’organizzazione sanitaria, mentre tutto il dibattito si è spostato sulla mediazione dopo 23 mesi di discussione interna alla maggioranza. La prima riunione di maggioranza è stata nel luglio 2001 e nel giugno 2003, cioè 23 mesi dopo siamo sul problema della mediazione. Gli equilibri vengono fatti salvi con un pasticcio giuridico, una proposta abnorme. Pistarelli prima ha detto che si inventa una figura giuridica nuova, che quindi vende, acquista, organizza, prende decisioni gravissime in materia di sanità anche post-mortem, perché dopo la morte di quella figura giuridica quelle decisioni saranno in essere. A nostro avviso questo è un fatto veramente abnorme. C’è una scelta che doveva essere fatta. Ieri, nel mio intervento ho detto “si porterà avanti una proposta rivoluzionaria o una proposta che non cambia niente?”. “Sarà una proposta che cambia tutto, che noi magari critichiamo, ma che l’assessore dice “sarà rivoluzionaria o una proposta che non cambia niente?”. In questo dilemma non è stato scelto né l’uno né l’altro, è stato scelto un incrocio, una visione di “imbastardimento” di un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, attraverso passaggi che sono inconcepibili. Prima ho riletto due-tre volte, per capire, il concetto di salvaguardia delle aziende Salesi e Lancisi all’interno degli ospedali riuniti di Ancona. Non sono più ospedali riuniti, non sono più aziende di alta specializzazione, sono una cosa congiunta attraverso un cordone ombelicale che però non è giuridicamente né l’uno né l’altro. Siamo veramente di fronte a degli istituti nuovi che non sono previsti e che produrranno solamente confusione. Questi emendamenti sostanzialmente rovesciano alcune decisioni che erano previste nella proposta di Giunta, quindi chiediamo che l’intero testo sia risottoposto all’esame istruttorio della Commissione, attraverso i normali procedimenti che prevedono il regolamento e lo Statuto. Su questo siamo inflessibili e in base a queste valutazioni ma anche alla disponibilità istituzionale prenderemo le nostre decisioni successive.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Per ribadire il nostro assenso a questo ordine del giorno che, come è stato ampiamente motivato, ha una sua spiegazione. Le Marche hanno aspettato due anni per avere una proposta di piano, per avere una proposta di riordino del sistema organizzativo, poi questa maggioranza si è ridotta a rendere il dibattito in quest’aula un fatto formale, un fatto grave. Per questo credo che la motivazione di fondo che sta alla base della richiesta è sostanzialmente questa: il fatto che si siano introdotte modifiche sostanziali alla proposta di riordino che ci inducono ad avviare un momento di approfondimento. Avremo modo nel corso di queste serate, di tornare su tante delle cose che lei ha detto, Presidente D’Ambrosio, durante il suo intervento, sia rispetto alle scelte del ministro Sirchia, sia rispetto alle questioni legate più strettamente agli atti che ci riguardano, quindi potremo verificare nel concreto. Credo però che una sintesi del suo intervento possa essere fatta. Lei ha fatto in aula, questa sera, un intervento pericoloso sul piano amministrativo e sul piano politico. Io debbo riconoscere, se non altro, il coraggio di essere venuto in aula a dire delle cose gravissime rispetto alla destrutturazione del sistema ospedaliero regionale, perché dalle sue parole ho letto la volontà di destrutturare il sistema dei piccoli ospedali delle Marche, poiché lei ha detto questo. Lei, oggi è venuto in aula a dire che le aziende ospedaliere sono troppe, quindi non c’è spazio per salvare le aziende ad alta specialità di Ancona, così come non c’è spazio per riconoscere il giusto ruolo alle province di Ascoli Piceno e Macerata. Lei ha confermato la scelta — anche se ha cercato poi di allentarla — di una nuova forma di centralismo regionale, perché di questo si tratta. Lei, oggi ha deriso l’esigenza di una partecipazione reale della società marchigiana a queste scelte. Se leggo bene le ultime dichiarazioni del presidente di Confindustria di questa sera, la Giunta regionale arriva all’approvazione di questo atto completamente isolata dal contesto politico e sociale delle Marche, questo è il dato di fondo. Nemmeno più il consenso di una parte della società marchigiana.
Ecco perché devo darle atto, da una parte di avere avuto il coraggio di venire ad esprimere le proprie idee, ma devo esprimere una grandissima preoccupazione per i caratteri di questa riforma che assolutamente non garantiscono. Quello che proponete è un mostro giuridico. Non riesco a capire quale idea maniacale abbia accompagnato questo mettere insieme norme che non stanno assolutamente insieme. Questa è una scelta scellarata sul piano politico, una scelta priva di ogni legittimità. Questo percorso che lei ha indicato, è di fatto la scelta degli inganni che questa Giunta regionale vuol proporre ai marchigiani, sperando che non abbiano gli occhi per vedere e le orecchie per sentire.
Penso che invece i marchigiani hanno gli occhi per vedere e le orecchie per sentire e comunque faranno pagare a questa maggioranza un prezzo altissimo in termini politici. Le elezioni non sono lontane, credo che ormai il vostro isolamento da questo contesto vi porti veramente a raggiungere la sponda dell’opposizione.
Per questo riteniamo doveroso che questo atto torni in Commissione per essere approfondito.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Caro Presidente, volevo fare un ragionamento con lei e non posso esimermi, se mi permette, di iniziare con una battuta. Lei sa che Carlo Emidio Gadda, che era un autore minore, passò alla storia della letteratura per il “Il pasticciaccio brutto di via Merulana”. Lei passerà alla cronaca come l’autore de “Il pasticciaccio brutto di via Gentile da Fabriano”, per delle ragioni che sono facili da spiegare a chi, come lei, sa di legge. E’ un pasticciaccio veramente brutto, che ci costa qualcosa come 70 milioni di euro, perché così ha scritto Augusto Melappioni nel testo del Psr.
Primo ragionamento, semplicissimo: il discorso della personalità giuridica. Comporta che le zone saranno comunque oggetto del processo di fusione per incorporazione. Il patrimonio delle zone sarà gestito dall’Asur. Avere personalità giuridica è l’attitudine a essere titolare di rapporti giuridici attivi e passivi, ma questa personalità giuridica è già decurtata, già condizionata da persona giuridica già inabilitata, perché c’è un tutore per quanto riguarda cinque, o quattro, delle funzioni. Curioso: questa personalità giuridica, primo caso nell’ordinamento italiano, nasce mutila. L’unico caso è quello dell’interdetto dell’inabilitato che, per l’appunto, non può esercitare alcune funzioni, ma guarda caso sono proprio alcune funzioni, quelle che ne “Il pasticciaccio brutto di via Gentile da Fabriano” vengono avocate all’Asur. Non è solo anomala la personalità a tempo, è anomala una personalità giuridica che è comunque privata di alcune funzioni, è anomala la personalità giuridica di un soggetto senza patrimonio, perché qui casca l’asino, cari colleghi della maggioranza che probabilmente state cercando di trovare l’espressione giusta per b(ere la cicuta, perché fra le funzioni che significativamente hanno segnato al linea del Piave di questa maggioranza, guarda caso c’è la gestione del patrimonio immobiliare, perché tutta la battaglia che Giulio Silenzi, immagino, insieme al Presidente D’Ambrosio hanno combattuto, è stata su questa funzione, perché se è vero che Augusto Melappioni scrive nel Psr che dal 2002 al 2005 sono preventivati dalla riorganizzazione e semplificazione amministrativa aziendale, ovvero dalla cancellazione delle Asl, qualcosa come 70 milioni di euro, ci si deve spiegare come, arretrando sul punto, questi soldi saranno risparmiati. Qui salta tutto il piano, qui salta il Psr, qui salta la prospettiva economica di risparmio e razionalizzazione che noi non condividevamo, ma che oggi non può vedere con questo “pasticciaccio brutto” la Giunta regionale incapace o comunque non disposta a cambiare il Psr, perché qui cambia anche il secondo atto, il secondo corollario e questo accordo dell’ultima ora, quando già il “quarto uomo”, insieme a Silenzi, esponevano il minutaggio che tranquillamente continuava a correre, ci deve spiegare dove li prende 70 milioni Silenzi, perché l’ha scritto Melappioni la privazione della personalità giuridica costava 70 milioni. Forse una volta seguirai Tremonti, magari con la cartolarizzazione, magari con la dismissione, magari lanciandoti da Wall Street e tutti voi, con il cilindro di Paperone, avrete dimostrato quella che era la verità sul Psr, ovvero il tentativo di “far cassa”, era qui la razionalizzazione: fare cassa attraverso la gestione e la dismissione dei denari che appartengono alla tradizione, alla cultura e ai lasciti di tutti coloro che gli ospedali i polo li hanno fatti, li hanno creati e, senza essere retorici, oggi si vedono imputare alla vostra sovranità assoluta il compito di gestire questo patrimonio enorme.
Ecco perché vi siete legati all’Asur e all’incorporazione, previa fusione, come fosse l’ultima spiaggia, perché è questo lo strumento che state preparando e lo dovete dire ai sindacati. Io non so se sono d’accordo o meno, certo è che la personalità giuridica di un interdetto — fra l’altro un interdetto a tempo — è una non personalità giuridica. Il patrimonio ricade sotto la gestione dell’Asur e già si preparano, probabilmente, operazioni di questo genere.
Noi chiediamo, quindi, il non passaggio agli articoli per un semplice motivo: che questo Psr è carta straccia per la parte che riceveva pedissequamente tutta la vostra costruzione che in questi due anni vi ha visto isolati dalle Marche, dalle categorie sociali, da tutti coloro che rappresentavano il tradizionale brodo di cultura della vostra retorica sanitaria, perché questo oggi ci avete dimostrato.
Caro Presidente, caro Silenzi, per tornare a via Merulana: avete la stessa credibilità di chi, proprio vicino a via Merulana, cerca di vendere il Colosseo a qualche giapponese. Non siamo giapponesi, siamo marchigiani e oggi si mette la parola fine su una triste vicenda che non tarderà a produrre quello che Melappioni ha detto, cioè un deficit, nel 2005, pari a 428 milioni.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.
LUIGI VIVENTI. Per un anno sono stato in un appartamento a via Merulana, quando facevo l’università a Roma, quindi quando ho sentito citare il fattaccio mi sono ringiovanito.
Colleghi, voi sapete che io utilizzo sempre modi e termini moderati in quest’aula e anche fuori. Oggi credo che abbiamo vissuto una brutta giornata...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Per il caldo?
LUIGI VIVENTI. Non per il caldo ma per il brutto comportamento della Giunta e della maggioranza che la sostiene. Ho detto ai colleghi che, finché ci saranno una sinistra e un centro-sinistra così compatti, disposti a ingoiare tutto e a subire ogni cosa, sono convinto che riuscirete a vincere anche le prossime elezioni, perché vedo che senza spirito critico accettano tutto. Questa mattina abbiamo ricevuto la notizia che nella trattativa con il sindacato di ieri sera era stato trovato un accordo all’ultima ora, rinunciando a un punto fermo dichiarato dal Presidente, dall’assessore ecc., quello della personalità giuridica delle zone, quindi la possibilità di fare contrattazione e ci è stato detto che non era più vero, tant’è che l’assessore Melappioni a una certa ora è venuto qui in aula dicendo “farò una dichiarazione brevissima questa sera”, facendo capire a tutti che, da persona seria qual è — e io ho espresso pubblicamente a lui la mia personale solidarietà — avrebbe rassegnato le dimissioni in caso di accordo in questa direzione. Poi abbiamo subito un rinvio. Non ce n’erano i motivi, ma anche da parte dei colleghi è stato accettato questo rinvio, siamo rimasti in quest’aula e abbiamo visto che c’era stato un nuovo cambiamento negli indirizzi. Questi emendamenti secondo i colleghi Pistarelli e Ceroni sono stati illegittimamente esaminati in Commissione, in quanto la Commissione dovrebbe essere convocata con 48 ore di anticipo: non mi azzardo a fare previsioni giuridiche su questo perché non conosco la norma. Se fosse vero, però, vi inviterei — anche per questo ho sottoscritto questo documento — a un ripensamento serio, perché non vorrei che questo atto, che è già così confuso, fosse inficiato anche da aspetti procedurali, da aspetti formali.
A parte le autonomie del Salesi e del Lancisi su cui si è discusso abbondantemente, credo che la modifica sostanziale sia determinata dall’art. 26. Il Presidente non era in aula quando sono intervenuto ieri, illustrando alcune richieste di emendamento all’ipotesi di Asl unica regionale, rispetto alla quale avevo detto “non mi sono mai scandalizzato più di tanto”, ma avendo l’assicurazione della funzionalità dei servizi territoriali, avendo l’autonomia reale delle 13 zone, avendo tutta una serie di garanzie che consentono realisticamente, non solo a parole ma anche nei fatti, di avere una sanità giusta e organizzata bene in tutto il territorio marchigiano.
Questo art. 26 è chiarissimamente frutto di un compromesso dell’ultima ora perché è stiracchiato da tutte le parti: da una parte bisogna accontentare Cgil e Cisl per dire loro “potete fare la contrattazione”, altrimenti scatenano il finimondo, dall’altra parte si dice “questo riconoscimento giuridico ve lo diamo solo per contrattare, così teniamo buoni i sindacati, per il resto vi togliamo tutto, quindi lo riportiamo nella competenza della Asl unica”. Intanto la Asl unica parte subito, poi nel giro di due anni arriva all’approdo finale, cioè togliamo del tutto l’autonomia alle 13 zone fra due anni e rimarrà solo questa azienda sanitaria unica. Funzionerà? Non lo so. Certo è che così mi sembra un pasticcio. Non ho mai visto una cosa simile: ci si impiegano due anni, ci si convince della bontà di questa soluzione, voi vi siete convinti della bontà di questa soluzione. Io ho detto “se la emendiamo in qualche modo può anche darsi che funzioni”. Perché dovete adesso andare a pasticciarla dicendo “queste competenze te le tolgo, poi fra due anni...”. Un contorcimento così, caro Presidente, non l’avrei fatto, eventualmente una trattativa l’avrei fatta anche con questi sindacati: saranno importanti, per carità, vanno rispettati, ma alla fine uno amministra, governa, prende una decisione e deve avere il coraggio di portarla avanti. Veramente è un’immagine del “mister tentenna”, che fa un passetto avanti e due indietro, come il “povero Pietro”.
Al di là della battuta, un po’ di decisione, un po’ di rispetto. Io mi sono messo nei panni dell’assessore Melappioni, che in questi due anni ha portato la croce. Lui è un po’ più grande di me, quindi io ci stavo abbondantemente dentro, però chiunque di noi si fosse trovato in questi due anni a svolgere il ruolo di assessore regionale si sarebbe trovato in difficoltà, perché questa è la verità, ma è anche vero che nel momento in cui è stata presa una decisione collegiale, l’avete pensate a ripensata 70 volte, almeno abbiate il coraggio di portarla avanti con decisione. Invece è stiracchiata da una parte e dall’altra, non si sa più che decisione è. Può funzionare così? Non lo so. “Ti do la personalità giuridica ma il patrimonio immobiliare te lo tolgo e lo gestisco io; il controllo di gestione lo faccio io perché di te non mi fido, non sei capace”. Che razza di autonomia è questa, Non lo so. Può andar bene così? Credo che se le stesse organizzazioni sindacali vanno a leggere a fondo questo documento non possono essere d’accordo. Avete fatto tanto per portarle nell’accordo, ma non possono essere d’accordo, perché questa è una personalità giuridica del tutto fittizia, non so nemmeno se è possibile, in questi termini. Non possiamo riscrivere il codice civile. Azienda significa certe cose. Perché non avere il coraggio di assumersi certe responsabilità e portarle avanti? Se uno è convinto che una soluzione funziona la porta avanti. La politica è anche l’arte della mediazione, ma dopo due anni lo spettacolo che abbiamo vissuto oggi è stato veramente deprimente. Se i consiglieri di maggioranza sono disponibili ad accettare tutto bene: per questo ho detto all’inizio che se c’è da parte vostra questa forza di essere compatti nonostante questo, evidentemente avete la forza per vincere anche le prossime elezioni, perché immagino che una vicenda simile, trasportata sui banchi della Casa delle libertà avrebbe fatto succedere il finimondo, con 70 posizioni su 15 consiglieri. Qui si è riusciti a trovarne una sola, e allora bisogna mettersi il cuore in pace: o c’è un intervento dall’alto, altrimenti non c’è niente da fare.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.
OTTAVIO BRINI. Abbiamo ripreso il dibattito dopo anche momenti in cui la maggioranza, per propri problemi stava dibattendo, stava affrontando, stava cercando di dare una risposta ad un problema che, se può apparentemente sembrare abbia trovato una soluzione, ancora qualche difficoltà la mostra.
Dicevamo ieri nell’intervento, Presidente D’Ambrosio, che questo Consiglio regionale si deve riappropriare del suo ruolo istituzionale, non mercanteggiando di volta in volta, occasionalmente, su situazioni che sono state sgradevoli e spiacevoli. Ieri lei era assente, Presidente e ho letto una sua dichiarazione del mese di dicembre, ove si diceva che mai così in basso era caduto il Consiglio regionale delle Marche al momento del voto. C’era stato uno spostamento della sua maggioranza da un candidato all’altro, nella prima votazione. Nella seconda il fatto è stato ancora più grave, perché non solo ha perso pezzi, ma questi franchi tiratori che si nascondono nell’anonimato e che non hanno il coraggio nemmeno di manifestare un voto democratico civile, non si erano resi conto che il gruppo di Forza Italia era uscito dall’aula, quindi potevano evitare questa magra figura e farla evitare anche a lei. A meno che non si tratti del solito segnale per dire “‘anche se nel segreto dell’urna, noi ci siamo e siamo pronti ad impallinarvi”. Lei fa bene a sminuire il problema anche per la delicatezza e la portata degli argomenti che stiamo affrontando. Io non sono d’accordo al 100% con i miei colleghi che stanno cercando di demolire quanto fino adesso è stato impostato. Basta leggersi alcune richieste e proposte che con l’amico capogruppo Giannotti da circa due anni non facciamo che fare, come la centralizzazione degli acquisti, la necessità di delegare. Il dott. Zuccatelli poteva sicuramente presentare qualche cosa di più corposo, di incisivo. Questa proposta non ha fatto altro che riprendere quanto è stato evidenziato in questi anni: eliminazione degli sprechi, centralizzazione degli acquisti e si è arrivati a questa proposta, che è condivisibile sotto questo aspetto, occorreva qualche contenuto in più. Il dott. Zuccatelil si sostituisce all’assessore al bilancio e dice che farà risparmiare il 50% alla Giunta. Quindi, Presidente, c’è la sensazione che i tecnici, anche se importati, tentino di superare gli Esecutivi, e a magari a farne le spese sono gli assessori di turno, condividendo questa impostazione fin dall’inizio, che forse porta pure qualche miglioramento. Non condivido, quindi, l’impostazione dell’amico Ciccioli quando dice “non si è fatto niente”, perché il nostro lavoro, quello di alcuni consiglieri del gruppo di Forza Italia è stato recepito in parte, anche se non siamo d’accordo al 100% su quello che è stato fatto, come non siamo d’accordo sull’Asur. Quando discuteremo chiederemo un chiarimento, per cercare di capire fino a che punto c’è un limite per discutere questo problema, perché sono importanti le autonomie delle zone, rima aziende.
Noi prendiamo atto che in questo momento si sono registrati tre passaggi.
Zuccatelli ha fallito il suo mandato con la proposta che ha prodotto. L’assessore Melappioni è fortemente in difficoltà per la proposta che ha fatto la maggioranza e vedremo al momento del voto se la maggioranza diventerà minoranza, non sappiamo ancora quello che può succedere, visti i precedenti di questo Consiglio regionale. Come diceva il presidente del gruppo di Rifondazione comunista Ricci, qui dentro tutti hanno giocato al lotto, non solo le opposizioni. Quando arriveremo a discutere gli emendamenti, la coerenza di chi ha sempre detto di volere 13 aziende come Forza Italia, non troverà riscontro negli altri gruppi che non lo potranno dire con altrettanta facilità. Quindi noi non saremo la Croce Rossa che andrà a soccorso di qualcuno, ma sicuramente discuteremo con coerenza secondo quanto abbiamo sempre detto portato avanti.
Assessore Melappioni, le hanno fatto fare il tour delle Marche... (Interruzione). Io sono del gruppo di Forza Italia, Ciccioli: ti piacerebbe creare difficoltà nel gruppo di Forza Italia ma non ci riuscirai: abbiamo la nostra autonomia, la nostra indipendenza e la nostra capacità propositiva di fare politica. Questo forse dà fastidio a qualcuno, perché siamo un gruppo che fa politica e si confronta con la politica, non con gli uomini, con le persone, occasionalmente. Devi apprezzare che quando c’è un confronto serrato, serio, basato sui contenuti, sulle proposte, sulle cose che si stanno discutendo, ben venga all’interno della Casa delle libertà, perché è un patrimonio comune per tutti. Nessuno di noi è portatore di verità. Ecco lo sforzo che dobbiamo fare per battere le sinistre, quelle sinistre che oggi sono incapaci di portare avanti la politica del governo delle Marche e che vanno avanti magari a singhiozzo, godendo delle divisioni della Casa delle libertà, momentanee od occasionali.
Ecco il salto di qualità che dobbiamo fare noi, come Casa delle libertà. Noi abbiamo presentato 300 emendamenti: ognuno presenta il proprio emendamento, non c’è l’emendamento dei 15 consiglieri. Abbiamo due anni davanti e ci stanno dando una grossa mano: hanno cambiato due assessori, hanno tolto la delega alla Cecchini, oggi è in difficoltà l’assessore Melappioni. Ma quando capiteranno mai questi regali, Ciccioli? Ne vogliamo approfittare o no? Vogliamo cominciare a fare questa politica del territorio, a dire alla gente come stanno le cose? Chi lo sa che la Giunta D’Ambrosio ha perso tre mezzi e mezzo per strada?
Ho voluto fare questa riflessione per dire agli amici della Casa delle libertà che non dobbiamo essere scienziati, dobbiamo solo lavorare, pianificare e controbattere quello che dicono gli amici dell’Ulivo e delle sinistre.
Concludo come dice sempre l’amico Francesco Massi: anche nel partito, quando non condividevamo posizioni imposte, magari per logiche di gruppo o di potere, abbiamo sempre avuto la possibilità di autonomia e di voto personale o di coscienza. Sempre c’è stato questo nei partiti democratici, nei partiti che veramente hanno democrazia al loro interno, dopo un confronto, dopo un dibattito.
Oggi abbiamo preso atto che questa maggioranza, se sarà ancora tale al momento del voto, non parla più di azienda unica, già se ne parlerà fra due anni. Comunque avremo modo di chiarire, in sede di discussione degli emendamenti, questo passaggio importante, perché non credo che una maggioranza, a scatola chiusa decida per due anni di blindare un provvedimento.
Ecco dove sta tutto il discorso. Oggi si diceva che nel documento doveva essere scritto sei mesi, altri dicevano da subito. Intanto ci sono due anni. Sentiremo nella replica dell’assessore, se condivide questa impostazione. Noi dobbiamo essere molto attenti su questo provvedimento...
DAVID FAVIA. Il dott. Zuccatelli, nonostante tutto rimane al posto suo. E’ l’unico che ha vinto.
OTTAVIO BRINI. L’unico che ha vinto è il dott. Zuccatelli: una miriade di documenti, di carte che hanno girato...
ROBERTO GIANNOTTI. Sta a vedere che ha ragione la Bianconi...
OTTAVIO BRINI. Può anche darsi: con l’esperienza che ha, forse avrà ragione la Bianconi, comunque vedremo.
La ringrazio, Presidente D’Ambrosio, per l’intervento che lei ha fatto questa sera: saremmo stati ancora più contenti se si fosse affrontato di più questa problematica nella giornata di ieri, ma lei aveva degli impegni. Mi auguro che avrà modo di ascoltarci e di recepire quel poco di buon che noi possiamo dare, affinché questa proposta sia più forte, più gestibile e si possa calare veramente nel territorio. Quando torneremo a discutere degli emendamenti avremo anche modo di dividerci con gli amici anconetani, pesaresi, perché è finito il monopolio di ancona, degli anconetani, dei pesaresi, la provincia di Macerata vuole più rispetto non solo sulla sanità ma anche su altre problematiche. Lo stesso invito lo lancio agli amici ascolani del centro-sud: bisogna che noi portiamo avanti anche le nostre idee e le nostre proposte.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
SERGIO NOVELLI. Non credevo di dover fare un supplemento di discussione generale come in qualche tratto si è sentito, perché mi sembra che dovevamo parlare semplicemente dell’ordine del giorno di non passaggio all’articolato, proposto da una serie di colleghi rettamente, in considerazione dell’evidente infortunio in cui la maggioranza è incorsa in questi giorni e che il Presidente della Giunta ha in qualche misura rappresentato oggi come una ricerca della mediazione, della massima possibile convergenza e ricomposizione su una posizione. Che questa ricerca c’è stata l’abbiamo visto: avevamo notato la vostra assenza, avevamo intuito che stavate cercando qualcosa nei corridoi e nelle stanze di questo palazzo. Nella vostra ricerca non avete trovato, per esempio, il senso del ridicolo, che avete smarrito. Voi andate a proporre un emendamento alla firma usurpata e falsamente dichiarata della Commissione V, ma a firma di un esponente di maggioranza, in grazia del quale questa Giunta fra 90 giorni si troverà ad avere 14 aziende sanitarie territoriali: 13 sono le vecchie Asl non soppresse e una sarebbe l’azienda sanitaria unica. Chiedo non a me stesso ma a quel minimo di logica e coerenza che dovrebbe ancora aleggiare nell’aula anche alle 20,30: come è possibile? Se ci sono 14 aziende e una di questa è unica, le altre 13 sono aziende ectoplasmatiche? Aziende fittizie? Aziende finalizzate a condurre in porto la buona fede di alcuni gruppi che si sono espressi con durezza in questi banchi ieri, riportando a mitezza le loro affermazioni? E’ veramente un’affermazione di evidente falsità che, nel momento in cui viene da persone istruite e intelligenti, è chiaramente mossa da finalità fraudolente.
Se l’Asur è unica, le 13 restanti cosa sarebbero? Voi parlate di aziende zonali aventi personalità giuridica che nascerebbero dalla nuova formulazione dell’art. 26 e sarebbero Asz, non aziende sanitarie zonali ma “aziende sanitarie zoppe”, perché avrebbero ancora personalità giuridica, avrebbero ancora il direttore generale ma non avrebbero né patrimonio né funzione. Se lo spirito di questa iniziativa della Giunta era l’eliminazione dello spreco, chiedo a me stesso e a voi: che senso ha mantenere in carica 13 cirenei per due anni, pagati 200.000 euro all’anno ciascuno, unicamente per consentire a quelle parti di maggioranza che non avevano disponibilità a votare un esplicito passaggio all’Asur, di fingersi di essersi salvati l’anima nei confronti del sindacato, dell’elettorato con questa ipocrita operazione? Mi sembra che sia veramente una contraddizione in termini. Avere 14 aziende, di cui una unica e 13 fittizie, solo costose non è l’accorpamento dei centri di spesa ma l’accorpamento del potere di spesa su un soggetto il mantenimento di alcuni rigagnoli di elargizione per accontentare, garantire, soddisfare. mi sembra una cosa pazzesca sotto il profilo della logica.
Sotto il profilo della correttezza di rapporti di questo Consiglio mi sembra abbastanza grave quello che è accaduto con la convocazione della Commissione, unica che a norma del nostro regolamento poteva presentare emendamenti, anche quando era già ampiamente consumata, non solo iniziata, la discussione generale sugli articoli emendanti. La convocazione della Commissione è avvenuta senza il preavviso dell’art. 60 e con l’esplicita affermazione di dissenso del vicepresidente. Se l’esigenza di un aggiustamento in corso d’opera c’era e tutti avevamo capito che c’era, nulla impediva al presidente della Commissione di convocare la stessa in ora serale, nell’ora intermedia fra la seduta antimeridiana e pomeridiana, per consentire la non convocazione della Commissione e la deliberazione della Commissione in forma anomala, sotto dettatura dei funzionari, senza la convocazione dei commissari. E’ un qualcosa che sicuramente dimostra, ancora una volta, la mancanza di rispetto istituzionale da parte della maggioranza di questo Consiglio. Rispetto che non è dovuto soltanto all’opposizione ma che è sicuramente mancato anche nei confronti dei colleghi di maggioranza, che hanno espresso ieri una abbastanza netta contrarietà rispetto ad alcune scelte. Queste scelte non vengono affatto revocate, vengono solo dichiaratamente posposte. Allora non è dato capire: se queste scelte che avete propagandato per due anni sono necessarie e utili, perché differite la misura salvifica per due anni? Perché non siete in grado di gestire il passaggio nei pochi mesi che si erano ipotizzati in sede di prima stesura della pdl, tenendo presente che era del luglio del 2002 e arriveremo addirittura al 2005? Se la misura è salvifica, perché non avete il coraggio e la forza di farla? Se la misura è esiziale, perché la volete fare? Non si sfugge assolutamente da questo letto di procuste. Si può sfuggire con il risolino, con il rinvio, con l’assenza del numero, ma se la maggioranza intende autoassolversi dalla cattiva figura, sicuramente non lo fa. Se qualcuno mi dice “ti do un cazzotto in faccia” io penso a difendermi; se mi dice “te lo do fra due anni”, a questo punto non diventa una carezza o un complimento, diventa una manifestazione di ostilità con qualche ripensamento qualche vile intenzione di cogliere il momento, anche elettoralmente, meno nocivo.
Un’ultima nota che mi fa pensare che sia assolutamente opportuno non andare oggi alla votazione dell’articolato, oltre all’evidente disagio dell’aula, è la irregolare convocazione della Commissione e anche il fatto che l’unica affermazione seria che emerge dall’emendamento a firma Ricci, è quella di accorpare i centri di spesa. Il collega Brini ha detto “noi sono anni che diciamo che, pur mantenendo l’impostazione delle aziende ospedaliere e locali, dovremmo avviare da subito un processo di integrazione dei centri di spesa, delle stazioni di appalto, dei provveditorati’. Era una cosa giusta che proponevamo, è giusta anche se la proponete voi, però debbo segnalare che è una cosa giusta, affermata e negata dai fatti, perché nel mentre affermate che l’Asur verrà insediata come centro unico di spesa e gestione, questa Giunta regionale ha approvato una delibera, la 507 del 2002, rispetto alla quale io avevo presentato, prima ancora che la delibera venisse licenziata dalla Giunta, un’interpellanza;, poiché già si sapeva che l’intenzione della Giunta era di affidare il servizio trasporto sanitario a trattativa privata, spezzettato fra le varie aziende, alle pubbliche assistenze. Segnalavo che la cosa era illegale per un voto consultivo del Consiglio di Stato che era in procinto di essere trasposto in giudizio del capo dello Stato. La Giunta, non rispondendo alla mia interpellanza — questa è la prassi — ha deliberato di andare avanti senza la gara a trattativa privata, per una spesa annua di 16 milioni di euro, poi la delibera è stata revocata, non perché c’è stato un ripensamento ma perché è arrivata la sentenza del capo dello Stato. Allora, dite di voler accorpare le spese e contemporaneamente le frazionate, le disperdete con la trattativa privata; dite di voler procedere sulla strada dell’azienda unica, ma allora a che senso mantenete, per due anni, delle emorragie di costo di questo tipo? La richiesta di portare in Commissione ciò che in Commissione è andata in maniera impropria, mi sembra che sia doverosa, perché credo che l’aula, non foss’altro per la considerazione della sua distratta composizione, dovrebbe prenderne atto e rimandare l’argomento in Commissione e a un voto più sereno e formato dell’articolato in altra occasione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.
DAVID FAVIA. Presidente, colleghi consiglieri, credo che questo ordine del giorno sia quanto mai ragionevole e opportuno in quanto sarebbe ragionevole e opportuno far tornare in Commissione questa materia sulla quale si è consumata, a mio giudizio, una lesione istituzionale alla quale siamo peraltro abituati e della quale dirò tra poco, ma soprattutto una figura veramente terrificante da parte della Giunta regionale e della maggioranza. Credo che le modificazioni che dicono tutto e il contrario di tutto, gli emendamenti che la maggioranza ha fatto a se stessa in questi giorni, stravolgendo anche dal punto di vista tecnico basilare il provvedimento giuridico, richiedano che si torni in Commissione per ripensare una situazione rispetto alla quale non pensavo mai che un organo di governo potesse pensare in aula, come si dice ad Ancona “all’imbrago”, senza paracadute.
Presidente, la sua assenza dal dibattito è stata, come al solito, molto grave...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Perché “come al solito”?
DAVID FAVIA. Lei molto spesso è assente al dibattito, riemerge come deus-ex-machina: dovrebbe farsi fare una carrucola che la cali per venire a risolvere i problemi, come faceva Zeus nella tragedia greca. Forse sarebbe stato più opportuno che lei avesse portato in aula un provvedimento sul quale avesse trovato d’accordo la sua maggioranza. Lei si è trovato senza maggioranza e con una parte essenziale della stessa che l’ha costretta a tentare di risolvere un problema in sede extraistituzionale e questo credo sia gravissimo, sia da parte sua che da parte di quei consiglieri che in qualche modo hanno minacciato di farle mancare la maggioranza se lei non avesse quanto meno tentato di ricucire un rapporto con il sindacato, quindi addirittura abbiamo avuto dei consiglieri che l’hanno spinta ed hanno avallato un tentativo di soluzione extraistituzionale, quando, molto più opportunamente, si sarebbero dovuti far loro portatori delle istanze del sindacato e quindi trattare la vicenda nella sede istituzionale. E’ veramente gravissimo, nei confronti dell’istituzione consiliare, questo modo di fare che va avanti da anni. Quanto meno da quando io sono entrato in questo Consiglio regionale si ragiona con neo-formazioni quasi partitiche, comunque con fondazioni che difendono interessi particolari, sempre al di fuori dell’organismo istituzionale. Credo che ciò sia gravissimo. Addirittura, nell’attesa di raggiungere un accordo la maggioranza ha fatto mancare il numero legale, strumento di lotta tipico dell’opposizione, che in questo caso si è ribaltato, dando vita a un’opposizione nell’ambito della maggioranza e comunque sancendo una difficoltà irreversibile da parte di questa maggioranza. Una maggioranza che ha partorito degli emendamenti a mio giudizio allucinanti. Voglio parlare immediatamente di quello del Salesi: c’erano grandi aspettative in quest’aula, si pensava che alla fine avrebbe prevalso il buon senso, che si sarebbe trovata una formula per lasciare l’autonomia al Salesi, è stata partorita, non so da quale geniale mente, una presa in giro. Cambia soltanto il titolo: viene definito presidio ospedaliero, ma non cambia niente. Perde l’autonomia, rimane assorbito negli ospedali riuniti Umberto I-Lancisi-Salesi, non cambia veramente niente.
Ma l’apoteosi l’avete raggiunta con la modifica della disciplina transitoria, che francamente in parte voterò perché una mi trova perfettamente d’accordo: quella in cui, per due anni si lascerà l’autonomia, la personalità giuridica alle zone, ex Asl, con una formulazione giuridicamente allucinante. Come si fa a dare la personalità giuridica a tempo? Il Presidente mi spiegherà se esiste nell’ordinamento italiano la personalità giuridica a tempo o se non sarà necessario un altro atto legislativo per togliere alle zone la personalità giuridica, cioè per risistemarle nell’alveo della riforma. Credo che sia veramente una cosa assurda.
Nel nuovo art. 26 vengono date all’Asur alcune funzioni che si sarebbero potute tranquillamente accentrare nell’assessorato alla sanità da tempo, senza togliere alcun altro tipo di competenza, quindi nemmeno la personalità giuridica alle Asl, ma; badate bene, questa riforma di fatto rimane paralizzata fino alle nuove edizioni, così cercando, non so con quale fanciullesca speranza, di ipotecare quello che non ci auguriamo sarà il nuovo governo di centro-destra di questa Regione.
Alla luce di questo pout-pourry di inefficienza gestionale, inefficienza amministrativa, inefficienza giuridica, credo che un ritorno in Commissione, nell’alveo corretto istituzionale per dibattere una riforma seria e non farraginosa, affastellata, piena di sprechi come questa sarebbe quanto mai opportuno.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.
REMIGIO CERONI. Dicevo ieri, Presidente, che siamo a tre anni dall’insediamento di questo Consiglio regionale e nonostante la sanità abbia un ruolo di rilievo nel bilancio regionale, è la prima volta che ci troviamo a discutere del funzionamento del servizio sanitario regionale. Forse, se si fosse trovato il coraggio di portare l’argomento in discussione, probabilmente il bilancio regionale si troverebbe in minori difficoltà.
La proposta di legge all’esame approvata e presentata dalla Giunta lo scorso anno è stata poco condivisa da tutti, dai sindacati, dalle categorie produttive, dalle forze di opposizione e anche all’interno dei gruppi di maggioranza. Nonostante ciò, dopo un anno è stata portata ugualmente all’esame della Commissione. Sarebbe stato più logico, trovando la proposta delle resistenze, anche sul piano della concertazione con le forze sindacali, ritirarla. E’ stata portata in Commissione in quattro e quattr’otto, mentre la Commissione era interessata allo svolgimento delle elezioni amministrative, abbiamo lavorato mattina e pomeriggio, alla fine è stata emendata dalla Giunta prima, dall’assessore successivamente, dalla Commissione stessa ed è uscita per l’approvazione del Consiglio regionale.
Sul piano politico ancora non riesco a capire quali erano gli obiettivi della Giunta regionale, che cosa voleva ottenere con questa proposta di legge. A me pare che rispetto all’impostazione originaria, del testo originario c’è rimasto poco, perché la Giunta l’ha emendato, l’assessore l’ha emendato, la Commissione l’ha emendato. Ieri abbiamo fatto la discussione su una proposta che oggi viene di nuovo modificata.
Lei è magistrato Presidente, e mi stupisce che una persona così preparata, anche sul piano giuridico, voglia mettere la propria firma su una proposta di legge che è illeggibile. Ho guardato la legge regionale 26 del 1996 e debbo dire che quella legge, pur avendo fallito nei suoi obiettivi, ha una costruzione logica. Io che ho partecipato alla formazione degli statuti dei Comuni, so che c’è sempre stata una logica nella costruzione: le competenze del Consiglio, le competenze della Giunta, le competenze dell’assessore, le competenze dell’Asur. Bisognava costruire la legge seguendo uno schema. La legge dovrebbe essere leggibile sì da parte dell’esperto, del magistrato, ma anche da parte del cittadino semplice che vuol vedere come questa legge viene applicata.
Sono convinto che ci vorranno gli avvocati per capire cosa la legge vuol dire, per interpretare i continui rimandi da un articolo all’altro.
La mia proposta è la seguente. Non chiedo un rinvio, perché dovrebbero passare sei mesi prima di poterla nuovamente portare in aula, però potremmo utilizzare lo stesso stratagemma utilizzato quattro ore fa: facciamo mancare il numero legale, riconvochiamo il Consiglio regionale per lunedì prossimo. Nel frattempo si può fare un emendamento per cui, fermi restando i principi e gli obiettivi che volete raggiungere — perché questa è una facoltà che compete a voi: la maggioranza decida che cosa deve contenere la legge e come la vuol realizzare — si potrebbe ricostruire la legge di sana pianta. Penso che due giorni sarebbero sufficienti, quindi sospendiamo i lavori del Consiglio per due giorni, poi lunedì mattina cominciamo ridiscuterla, tenendo conto di un testo che sia veramente un testo di legge, perché ritengo che, così com’è formulata, darà luogo a un contenzioso incredibile. Non ha un senso logico questa legge. Assessore, capisco che le sue dimissioni sono solo minacciate e mai formulate, però quale pasticcio abbiamo costruito con questa legge? Mi rendo perfettamente conto che la Regione Marche si trova in una situazione economica drammatica, che il servizio sanitario è la causa di questa situazione, che è necessario prendere dei provvedimenti per eliminare gli sprechi che ci sono nella sanità, però facciamolo con una legge seria, precisa, puntuale. Poi, se questa può essere impopolare, nella politica bisogna fare anche le scelte impopolari quando servono, ma bisogna evitare i pasticci, perché l’Italia è piena di pasticci.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Oggettivamente ed obiettivamente la discussione che abbiamo portato avanti da ieri è stata un crescendo di assurdità e oggi stiamo rasentando il ridicolo, non per colpa nostra ma per una situazione contingente che si è venuta a creare nell’ambito della maggioranza. Questo ordine del giorno è stato presentato prima della chiusura del dibattito per poterlo discutere, perché nel momento in cui è chiuso il dibattito questo ordine del giorno è normale che la maggioranza non lo voterà, altrimenti se la legge dovesse tornare in Commissione, prima di sei mesi non potrebbe essere riportata in Consiglio. E allora parliamoci chiaro: sappiamo in partenza che ciò non può avvenire, ma questo dibattito serve per fare finalmente chiarezza. Il fatto stesso che con l’introduzione dell’Asur si protraggano per due anni le 13 Asl, era nella filosofia di questo piano, per un motivo molto semplice: in questo piano non si vede il filo logico della caduta, sul territorio, di una Asl unica. Nel momento in cui, il primo gennaio 2004 fossero state escluse le varie Asl, come poteva cadere? Si sarebbero viste dopo le conseguenze. In questa assurdità l’unico vantaggio è, con un aggravio di spesa sostanziale, che le 13 Asl forniscono un tempo minimo indispensabile perché diventi esecutiva la Asur e ricada in modo fattivo nel territorio. In tutte queste discussioni che ci sono state per tanto tempo non è stata fatta alcuna proiezione né di quello che sarebbe successo con l’introduzione di una Asl unica, né delle conseguenze , né delle spese. Addirittura, in una proiezione fatta da alcuni dirigenti — questa cosa è venuta fuori, durante un dibattito, circa 10 giorni fa — era stato previsto un aggravio di spese nell’ambito della sanità, per un importo pari al 20% delle spese stesse. Sotto questo aspetto, probabilmente, protrarre le 13 Asl per due anni, con i loro dirigenti, potrebbe avere un costo minore rispetto allo sfacelo che sarebbe successo nell’ambito della sanità.
Addirittura, durante le discussioni che ci sono state in Commissione sanità, non è nemmeno stata chiarita una posizione: che l’incarico a colui che dovrà reggere l’Asur, non sia dato per un tempo superiore alla durata di questa legislatura.
Non è a seguito di un dibattito fatto per fare opposizione che diciamo questo, ma per fare chiarezza su quello che succederà. Nel mio intervento di ieri ho riportato quello che aveva detto l’allora assessore alla sanità, nel 1998 e quello che aveva detto il Presidente D’Ambrosio. Dissero che avrebbero senz’altro risanato il deficit della sanità, poi le conseguenze si sono viste. Questo non significa che nel prossimo piano sanitario saremo qui a rileggere le conseguenze, ma mi auguro che i vari emendamenti che sono stati presentati, on solamente da noi dell’opposizione ma anche dalla maggioranza, portino chiarezza per far sì che la sanità marchigiana sia a beneficio dei cittadini e non a beneficio di coloro che ne discutono per avere più o meno spazi in un dibattito in televisione o sui giornali. La sanità marchigiana limiti i costi e la si smetta di andare a confondere il problema con la bandiera che abbiamo nelle Marche, quella relativa al fatto che abbiamo una vita media più lunga proprio perché c’è una sanità efficiente.. Tra sanità e salute ci sono realtà, situazioni e concetti completamente diversi. Sappiamo — ne sono certo — che questo ordine del giorno non può passare, però la filosofia della presentazione di questo ordine del giorno era non per discuterlo in questo momento a fine dibattito, ma per verificare come si era svolto il dibattito. Per questo nella apertura dei lavori, alle 17, avevo proposto che tutto fosse rimandato a domani mattina, almeno avremmo avuto il tempo per fare chiarezza e portare un contributo costruttivo all’approvazione di questo piano sanitario.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Vorrei velocemente chiarire una questione. Ringrazio il collega Viventi per le parole che ha espresso nei miei confronti, ma contemporaneamente debbo deluderlo rispetto all’interpretazione che aveva dato alle mie parole ieri sera. Quando si stava avvicinando la fase finale della discussione avevo solo l’intenzione, in quel momento, in cui sapevamo benissimo che c’era un confronto giustamente aperto con le forze sociali, di intervenire per dire “non è il momento per chiudere una discussione generale”.
L’altra cosa, colleghi dell’opposizione, è che mi sembra un po’ strano che si sia intervenuti per dire “non entriamo nel merito”, poi il dibattito sia stato tutto sul merito, quindi non sia stato che la ripetizione della discussione generale. Credo che anche dalla vostra riflessione ci siano tutte le condizioni per entrare pienamente nel dibattito e dare finalmente alla sanità marchigiana la possibilità di confrontarsi su un progetto definitivo ed operativo, quindi superando questa fase di grossa incertezza ed inquietudine che c’è nel sistema e io ripeto che anche un giorno in meno aiuta ad andare avanti e a trovare soluzioni nuove per i marchigiani che ne hanno bisogno.
PRESIDENTE. Dobbiamo porre in votazione l’ordine del giorno di non passaggio agli articoli. Se passa l’ordine del giorno, equivale alla reiezione dell’atto, ai sensi dell’art. 64.
Prego di procedere alla votazione dell’ordine del giorno per appello nominale, a nome dei consiglieri Novelli, Castelli e Massi.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta assente
Viventi sì
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi Gentiloni Silveri sì
Melappioni no
Minardi no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Giannotti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIANNOTTI. Vorrei capire quali intenzioni abbiamo. Molti di noi sono qui da questa mattina alle 10. Evidentemente la nostra giornata è pagata più che profumatamente, quindi nulla da obiettare, però diamoci un codice di comportamento. Nessuno può pensare che noi non facciamo opposizione ad una proposta di legge che non accettiamo, però se è opposizione è opposizione. Insisto nel dire che dobbiamo darci un tetto oltre il quale no si debba arrivare. Se stabiliamo che a mezzanotte concludiamo i lavori questo ci dà tempo di rientrare nelle città di residenza e domani mattina essere qui alle 10 e ricominciare a lavorare. Se invece si vuol andare più in là diciamocelo, perché almeno per quel che mi riguarda cambia l’atteggiamento.
PRESIDENTE. Non esiste la possibilità di prendere una decisione ora, su due piedi, perché dipende dalla maggioranza la quale utilizza la seduta notturna, come la può utilizzare, ad oltranza. Però, siccome credo che siamo all’avvio di una votazione prolungata, se siete d’accordo ci prendiamo cinque minuti per fare la Conferenza dei presidenti di gruppo, evitando la riunione di domani mattina.
Non vi sono obiezioni, quindi la seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 21,10,
riprende alle 21,30
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Pongo anzitutto in votazione l’emendamento n. 1 che riguarda la nuova titolazione, a firma Viventi.
Ha la parola il consigliere Ricci.
ANDREA RICCI. La V Commissione ha modificato il titolo della legge con “riorganizzazione” al posto di “riordino”, perché la legge precedente relativa all’organizzazione aziendale si intitola “Riordino del servizio sanitario regionale”. Per evitare di fare due leggi con lo stesso titolo abbiamo dovuto scegliere quest’altra scelta.
LUIGI VIVENTI. Alla luce di queste dichiarazioni l’emendamento lo ritiro.
PRESIDENTE. Articolo 1. Emendamento a firma Pistarelli e altri. Ha la parola il consigliere Pistarelli per illustrarlo.
FABIO PISTARELLI. Noi vorremmo che questa legge fosse, sotto un profilo formale, leggibile. Il primo comma inizia già malissimo, perché recita: “La Regione assicura l’erogazione di servizi sanitari e socio-sanitari attraverso il sanitario regionale costituito dall’insieme delle funzioni delle attività espletate dalle strutture direttamente gestite dalle aziende di cui all’art. 2 nonché dalle strutture e dai professionisti che sulla base della normativa vigente hanno titolo ad operare per conto delle aziende stesse”. Traduzione... Se ci si vuol riferire alla 502 c’è la 502. Noi diciamo più semplicemente ‘ispirate ai principi di cui all’art. 32 e al 117". Ciò se vogliamo fare un riferimento al diritto alla salute e alle prerogative della Regione. Fare tutta questa elucubrazione è sintomo che questa legge è nata in maniera cervellotica e sta concludendo il suo iter in maniera ancora più aggrovigliata e pesante.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2 a firma Cecchini, che ha la parola.
CRISTINA CECCHINI. Intendo aggiungere al significato della legge, che si ispira agli articoli 32 e 117 della Costituzione, anche altri articoli assai attinenti della Costituzione, in modo particolare gli articoli 3 e 38. L’art. 3 riguarda l’eguaglianza, la pari dignità di tutti i cittadini italiani a prescindere da sesso, religione ecc., ma forse è meno conosciuto l’art. 38 con il quale si dà valore all’assistenza sociale. noi stiamo facendo un piano socio-sanitario, ci si è divisi sul significato di beneficenza dentro la legge nazionale 328, ma credo che valga la pena, per dare un’impronta di valore per questa Regione, indicarlo nelle finalità della legge.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 1/3 a firma Cecchini, che ha la parola.
CRISTINA CECCHINI. Sulla base di cosa finanziamo questa nostra legge? Non solo sulla base della compatibilità finanziarie ma anche sulla base di indicatori epidemiologici, clinici e strutturati in modo che la ripartizione delle risorse che definiscono la programmazione regionale abbia una base solida.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Non credo che ci sia una Regione così attrezzata o in procinto di riuscire, entro pochi anni, a svolgere un meccanismo di finanziamento di questo tipo, anche se potrebbe essere auspicabile. Credo che non ci siano le condizioni tecnico-scientifiche per poter fare questo percorso.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Mi sembra che questa proposta sia abbastanza neutra rispetto alle contrapposizioni di questa seduta, anzi credo che abbia il merito di aggiungere, alla spada di Damocle della finanza, un minimo di salute, altrimenti il rischio è che di salute si parli solo nella copertina e successivamente di principi anche generalissimi, ma anche l’indicazione più strettamente connessa alla problematica della salute come l’emendamento Cecchini mostra di voler evidenziare. Evidentemente consigliere Cecchini, come avevo detto e osservato nel mio precedente intervento a commento dell’ordine del giorno, qui si pensa, più che a Ippocrate, a Wall Street, quindi, probabilmente, le indicazioni finanziarie dovranno sovraintendere alla regolazione del sistema sanitario. Mi pare che il voto della maggioranza su questo punto sia perfettamente in linea con il senso e l’etica del compromesso raggiunto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 1/4 a firma Viventi, che ha la parola.
LUIGI VIVENTI. Anziché una partecipazione degli enti locali chiedo un coinvolgimento e una concertazione con gli enti locali interessati. E’ un rafforzamento del concetto. Se ci credete lo votate: non stravolge niente ma dà un ruolo effettivo agli enti locali.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
SERGIO NOVELLI. “Concertazione” rispetto a “partecipazione” esprime un valore in più ed era un’opportunità che poteva essere colta tra le pieghe di quella che è una disastrosa involuzione del sistema sanitario che questo, a stretto riordino, determinerebbe. Mentre il passaggio della 502, portando alla Conferenza dei sindaci ha fondamentalmente portato a un’aziendalizzazione che ha escluso le istanze di partecipazione democratica locale dalla gestione della sanità, nel momento in cui la maggioranza si accinge a creare dei soggetti che non capisco più bene cosa siano, certamente si apre lo spazio per creare un meccanismo di consultazione che non è partecipazione. La partecipazione è il parere non obbligatorio, non vincolante, meramente dilatorio, che lascia immodificata la gestione strategica; Concertazione può essere anche un parere vincolante, un gradimento che necessariamente deve essere espresso. Per questo noi pensavamo di andare a dare alle conferenze dei sindaci e alla conferenza di coordinamento socio-sanitario un potere di consultazione non meramente formale ma anche di parere vincolante sull’operato dei direttori, sulla loro conferma, per cui mi sembra che sia un’attenzione di doveroso rispetto nei confronti degli enti locali.
Ricordo che nella discussione generale, quando abbiamo detto tutti “questa è una riforma che viene fatta contro ogni istanza possibile (la Confindustria, i sindacati, gli enti locali)” qualcuno ha detto, qualcuno ha detto “le associazioni delle autonomie locali hanno espresso un giudizio favorevole. Se ritenete rilevante l’opinione degli enti locali nelle occasioni in cui sono consenzienti alla proposta di governo, mi sembra che sia abbastanza naturale dare un parere non meramente formale ma impegnativo anche allorquando queste istanze possono esprimere un parere non semplicemente adesivo. Per questo mi sembra che l’accento sulla concertazione, su un parere vincolante, debba essere posto già adesso nella proposta di legge di legge e anche più avanti, dove si parla delle conferenze degli enti locali.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Tutta la discussione su questa legge la si è giocata su un anno di coinvolgimento con le parti sociali, con le associazioni degli enti locali, con il territorio ed è stata una brutta sintesi, una brutta vicenda quella che si sta concludendo, quindi questa questione non è secondaria, così come non saranno secondari gli articoli che verranno fino al 23, quello dei comitati di partecipazione.
Abbiamo chiara l’esperienza dell’aziendalizzazione in questi anni, di qual è stato il rapporto di scambio politico fra i direttori generali e le conferenze dei sindaci, o meglio con i presidenti delle conferenze dei sindaci. Scambio politico, non altro, che ha fatto venire nostalgia per le funzioni dei comitati di gestione o di partecipazione dei cittadini che in qualche modo hanno lavorato per gestire servizi sociali. Quindi questa questione non è per niente neutrale e verificare fino a che punto vogliamo coinvolgere e concertare con gli enti locali interessati la politica sanitaria è un bell’emendamento, quindi vale la pena di costruire su questo un ragionamento politico.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.
ANDREA RICCI. SIAMO alla fase dei principi generali a cui si ispira la proposta di legge, quindi non siamo ancora alla fase della definizione dettagliata dei compiti e delle funzioni della legge e dei soggetti della legge. In questo senso il termine “partecipazione” è il più adeguato per esprimere il principio generale. All’interno del concetto generale di partecipazione ricadono anche le forme del coinvolgimento e della concertazione, di volta in volta dettagliate anche in maniera diversa e articolata, a seconda dei casi e delle funzioni. Per questa ragione ritengo più corretto e appropriato, all’art. 1 usare la parola “partecipazione”.
FABIO PISTARELLI. Chiedo la votazione per appello nominale, a nome anche dei colleghi Ciccioli e Castelli.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Modesti no
Mollaroli astenuto
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi Gentiloni Silveri sì
Melappioni no
Minardi no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. Emendamento n. 1/5 a firma Cecchini, che ha la parola.
CRISTINA CECCHINI. Vale la pena, in questa legge, di cominciare a nominare la promozione delle medicine non convenzionali negli interventi per la salute, cominciare a introdurre questo concetto nella legislazione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.
ANDREA RICCI. Penso che questo sia un tema importante e rilevante, però la collocazione di questo tema non può essere quella della legge, tanto meno dei suoi principi generali, penso che varrà la pena nel piano sanitario prevedere anche, eventualmente, un passaggio relativo a questo argomento. Non credo che sia questa la collocazione più adatta.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Questa Giunta in una occasione specifica, per una situazione particolare ha anche approvato uno specifico percorso, ma vorrei anche ricordare che rispetto ai livelli essenziali di assistenza questo percorso terapeutico non è previsto, quindi non può essere finanziato dentro il percorso del finanziamento del sistema sanitario ma deve trovare una modalità propria, in attesa di quello che uscirà dal Parlamento il quale sta discutendo approfonditamente una specifica proposta di legge.
CRISTINA CECCHINI. Occorre un impegno della Giunta e della Commissione a costruire un ragionamento, perché altre Regioni lo stanno facendo. Il Piemonte e la Toscana hanno addirittura legiferato, c’è un contenzioso con il Governo, c’è un testo di legge unificato in Parlamento, in qualche modo si sta definendo la questione. Se anche da parte della Regione Marche nel suo piano si mette un paragrafo che indica la volontà questo va bene. Volevo sollecitare questa cosa, quindi ritiro l’emendamento.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. ...le Avis si moltiplicheranno.
Emendamento n. 1/6 a firma Pistarelli, che ha la parola.
FABIO PISTARELLI. Chiedo la soppressione del comma 3, indicazione del D. Lgs. 229, la cosiddetta “riforma Bindi”. Se lo facciamo dobbiamo indicare anche il “decreto Sirchia”, dobbiamo indicare le ultime normative anche sui Lea, cosa che non facciamo in questa legge. Ci riferiamo a un decreto che è già superato da un decreto successivo che si chiama “Sirchia”, da un nuovo piano sanitario nazionale, da nuovi livelli di assistenza. Secondo noi questo riferimento è ridondante, inutile o errato, a seconda dei punti di vista. Ridondante perché non serve richiamare cose che fanno parte del quadro nazionale, inutile perché riguarda una normativa che fa da riferimento perché ha modificato l’art. 502 in parte e il 517 e successivi, ma è stata ulteriormente aggiornata, errata perché se ci si ferma al 229, poi si fa un errore, perché non si valutano aspetti che sono egualmente, se non più punto di riferimento fondamentale, come scritto nel comma 3.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Pongo in votazione l’articolo 1. Ha la parola il consigliere Procaccini.
CESARE PROCACCINI. Credo che a questo punto entriamo nel merito effettivo della legge e per i Comunisti italiani è doverosa una dichiarazione di voto preliminare, perché il fatto stesso che vengano esaltate le modifiche presenti nel testo uscito dalla Commissione testimonia la validità della nostra critica iniziale di merito, perché la proposta, seppure modificata e depotenziata, rappresenta tuttora una forzatura. Infatti la creazione di tanti elementi di contrappeso evidenzia, a nostro modo di vedere, i rischi di una forte centralizzazione. Soprattutto in questa fase, quando si pensa all’organizzazione si dovrebbe sempre pensare anche al contento, caratterizzato dalla pericolosità del Governo di destra e ciò dovrebbe il più possibile, per il centro-sinistra, evitare forzature e scelte di tipo organizzativistico. Dobbiamo esaltare il sistema, la prevenzione, la diminuzione delle liste di attesa, l’alta specialità che insiste nel capoluogo e non solo, che a prescindere dalla nuova organizzazione del piano sanitario, che noi condividiamo in pieno, della centralizzazione e semplificazione delle aziende ospedaliere, tuttavia deve salvaguardare ed estendere l’autonomia di cura e di ricerca di quelle specialità. Dobbiamo pensare agli ospedali periferici, a quelli di polo che debbono essere il sistema di supporto del primo presidio vicino al territorio, per non ingolfare gli ospedali di rete in maniera impropria e l’alta specialità. Dobbiamo evitare scelte che possano indebolire la gestione dei servizi sanitari in maniera uniforme. L’organizzazione, per noi dovrebbe essere la declinazione flessibile. Dobbiamo usare la flessibilità per le cose, non per le persone e per i lavoratori. Una declinazione flessibile del piano sanitario che, al contrario, costituisce per noi l’atto principale di programmazione. La nostra critica all’Asur, tuttavia, non può eludere il nodo della necessità della semplificazione, sia di una riforma intesa come aggiornamento del piano sanitario 1998-2000, sia come semplificazione dell’attuale sistema organizzativo. Non perché è da buttare, ma perché non più in sintonia con le nuove e peggiori compatibilità economiche. Noi assumiamo la necessità della semplificazione e del risparmio del sistema sanitario pubblico, anche se da un punto di vista diverso, originale dall’azienda unica. Abbiamo presentato una nostra proposta che era quella delle Asl provinciali che teneva insieme la semplificazione, la riduzione, il governo democratico su area vasta della sanità pubblica. Di fronte al rifiuto di tali ipotesi, di fronte allo scontro suscitato dall’Asur, abbiamo proposto un consorzio unico regionale delle attuali aziende sanitarie per semplificare subito una fase condivisa per un ulteriore e più spinto accentramento.
Ma ormai non siamo più nella fase tecnica, questa fase è alle nostre spalle. Siamo giunti alla rottura con i sindacati, Cgil e Cisl. Una Giunta ed una maggioranza di centro-sinistra non devono mai compiere, per propria responsabilità, la rottura con i sindacati. E comunque un accordo possibile va sempre ricercato, mai si deve spezzare, nella rispettiva e totale autonomia, la connessione con i lavoratori e le loro rappresentanze. La rottura, oggi è un fatto grave che ci coinvolge tutti e neanche noi, che non siamo responsabili, siamo assolti, né ci sentiamo assolti.
Siamo alla fase politica. Consigliere Romagnoli, lei con il suo solito garbo ha annoverato i Comunisti italiani tra i “malpancisti” della maggioranza. Ciò è errato. Non solo non lo siamo, ma siamo forse più di altri disciplinati, anzi siamo spietati nella disciplina: abbiamo una concezione leninista della disciplina, soprattutto verso la maggioranza di centro-sinistra, in virtù di un’analisi politica che vede nella destra un pericolo costante per la democrazia e per i diritti dei lavoratori, ma qui la disciplina non c’entra. Siamo all’interno di scelte che non riguardano la disciplina. I Comunisti italiani sono autonomi ed unitari al tempo stesso, perché l’autonomia senza l’unità sfocia nel settarismo e nell’estremismo e l’unità senza l’autonomia sfocia nella subalternità e nell’opportunismo.
Non so se ci riusciamo, ma anche nelle Marche cerchiamo di rappresentare questa politica ed esprimiamo a viso aperto un dissenso nel merito in questo caso, su un atto che secondo noi è secondario, che è stato drammatizzato in maniera impropria. Il dissenso che noi esprimiamo non indebolisce ma rafforza la Giunta e la maggioranza, la deve far riflettere per l’oggi e per il domani, deve far riflettere tutti noi. Non è, per i Comunisti italiani, minimamente in discussione la fiducia verso il Presidente D’Ambrosio, verso l’assessore Melappioni e verso l’intera Giunta, essi hanno la totale nostra fiducia. Il dissenso e la contrarietà netta all’Asur che i Comunisti italiani hanno espresso ieri nella discussione generale, tuttavia, non ci chiudono gli occhi di fronte all’evoluzione che la discussione ha avuto. Non si è giunti all’accordo con il sindacato e ciò, ripeto, è un fatto grave, anche perché è sempre difficile fare accordi dinanzi all’ultima spiaggia. Tuttavia il gruppo dei Comunisti italiani che ho l’onore di rappresentare, che aveva il mandato di una netta e totale contrarietà, ha apprezzato il tentativo di giungere a un accordo complessivo, abbiamo apprezzato lo sforzo del Presidente D’Ambrosio, se non di cambiare la proposta almeno di aggiornarla. Per noi questi sono fatti importanti, che possono riannodare sin da domani il filo con i sindacati. E’ per questo, anche come contributo unitario, che trasformiamo la nostra contrarietà sui punti della legge che istituiscono l’Asur, in astensione, a cominciare dall’art. 1 che voteremo per parti separate. Voteremo a favore dei commi 1 e 3.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. A me dispiace rilevare una contraddizione nell’intervento di Cesare Procaccini. Ascoltando il suo intervento mi sarei aspettato non la trasformazione del dissenso in una posizione di astensione ma la conferma del dissenso. Ha espresso un giudizio durissimo, di cui credo questo Consiglio debba tenere conto. Vi sono atteggiamenti mediati dalla esigenza di mantenere un equilibrio fra i partiti, di tenere conto del posizionamento politico ma le parole sono come pietre e Procaccini ha questa capacità, oltre a questa esercitazione antigovernativa, antidestra sfasata rispetto al luogo in cui si realizza il dibattito, ha detto delle cose abbastanza precise.
Questo articolo è un insieme di affermazioni che sono state contraddette nella pratica, nella gestione sanitaria di questi anni, una gestione che noi abbiamo considerato fallimentare, una gestione che abbiamo considerato clientelare e abbiamo detto anche da dove viene l’attuale situazione di crisi del sistema, da dove deriva l’attuale situazione di fallimento finanziario, da dove proviene la caduta di qualità dei servizi offerti ai cittadini. Una enunciazione di principio che contrasta con il contenuto vero della legge. Vi sono alcuni riferimenti del tutto fuori luogo: per esempio il richiamo alla partecipazione degli enti locali. Non può dirsi altrettanto la sicurezza per quello che riguarda la solidarietà, l’impegno e la partecipazione delle formazioni sociali che i fatti hanno dimostrato avere tutt’altro parere. Così come non ci sembra che l’obiettivo di fondo che la legge persegue sia quello di favorire lo sviluppo omogeneo del sistema sanitario regionale. Noi abbiamo detto tutto l’opposto: che questo sistema produrrà ulteriori guasti e non consentirà di dare una risposta di buona salute ai cittadini marchigiani. Abbiamo già detto quali sono i rischi: vi sono dei rischi concreti rispetto allo smantellamento dei piccoli ospedali della nostra regione che vengono cancellati con una matita da questo provvedimento. Il Presidente D’Ambrosio nel suo intervento non ha fatto mistero di perseguire questo obiettivo, che poi sarà la scelta di fondo di questo piano sanitario, perché se c’è una osa assodata rispetto alla quale non sono possibili mediazioni, è la chiusura dei piccoli ospedali, questione sulla quale torneremo, ma rimane questa grave ferita inferta all’alta specialità di Ancona con il depotenziamento di due grandi, importanti esperienze ospedaliere quali il Lancisi e il Salesi, rispetto ai quali abbiamo chiesto non un pannicello caldo ma un atto di coraggio e di responsabilità su cui insisteremo, perché fra pochi minuti voteremo l’emendamento che abbiamo proposto.
Abbiamo voluto adottare una tecnica: proporremo la conferma delle due aziende, poi chiederemo un voto singolo, sia per il Salesi, sia per il Lancisi, perché vogliamo mettere alla prova tutto il Consiglio regionale.
Credo che partiamo male. La maggioranza, oltre ad avere fallito nei fatti, dimostra di cominciare a perdere consenso anche sul piano politico, se dobbiamo interpretare nel verso giusto il pronunciamento del capogruppo dei Comunisti italiani. Per questo voteremo contro questo articolo della legge.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Vorrei tornare su un errore che ha fatto questo Consiglio regionale nel non accettare l’articolo 38 della Costituzione e secondo me cambia la sostanza del tipo di organizzazione socio-sanitaria che andiamo a costruire. Con la legge nazionale 328 c’è stata l’espulsione dalla sanità delle persone non autosufficienti. Se andiamo a vedere l’art. 3 septies del decreto 229 c’è scritto con molta chiarezza che le prestazioni a favore delle persone non autosufficienti sono incluse nell’alta integrazione socio-sanitaria, quindi sono nella sanità. Le cure intensive prolungate, domiciliari, residenziali, semiresidenziali — cose molto concrete, perché ci sono pagine, pagine e pagine e su questo riconvertiremo i piccoli ospedali e faremo la politica concreta di questa regione — metterle come fosse beneficenza o un diritto di assistenza sociale cambia moltissimo, perché significa che la retta è più o meno pagata dalle famiglie o comunque interviene il sistema sanitario pubblico. Quindi il mancato riferimento a questo testo la dice lunga su come si vuol risolvere nel concreto questa partita, quindi quanto basta per un voto generale già negativo su tutte le questioni, come non bastassero le questioni che abbiamo già visto e che discuteremo successivamente.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Il terzo comma inserito dalla Commissione introduce anche un curioso elemento di riflessione, che è il riferimento al decreto legislativo 229. Immagino che il tardivo riferimento al 229 dovesse in qualche modo inserirsi in quel tentativo di recuperare il favore sindacale e sociale che questa proposta non aveva, ma in realtà apre un aspetto significativo. In realtà, dopo la riforma del titolo V il decreto 229 deve essere letto, per quanto riguarda la sua funzione e la sua efficacia nei confronti di questa Regione, tenendo conto che la materia sanitaria è di legislazione concorrente, quindi, a ben vedere i profondi discostamenti che l’assetto di questo riordino presenta rispetto al 229 non sono pochi, potevano essere in qualche modo giustificati proprio per l’avvenuta intercorsa modifica costituzionale, sicché, in forza del principio di autoorganizzazione di cui gode oggi la Regione dopo la riforma del titolo V si poteva astrattamente giustificare l’allontanamento di alcune norme del 229 che in maniera piuttosto chiara ed evidente contrastano con il seguito dell’articolato. Basti pensare ad alcuni aspetti delle aziende ospedaliere per quanto riguarda anche l’organizzazione delle Asl. Invece cosa si dice? Qui si fa un altro “pastrocchio”: si cerca di coniugare aspetti diversi di normative che ora si citano e ora si contrastano, in nome di quello che abbiamo definito “pasticciaccio brutto di via Gentile da Fabriano” che proprio all’articolo 1 evidenzia tutte le proprie profonde contraddizioni. E’ evidente che anche nell’articolo 1 si leggono e si individuano tutte le ragioni che hanno portato alla costruzione di un atto confuso, contraddittorio, così pieno di antinomie da dover rendere necessario il dimezzamento, o meglio la scansione temporale degli effetti del provvedimento. Così lo leggiamo, così vediamo le ragioni di questa antinomie nel primo articolo in riferimento al 229. Procaccini ha giustamente fatto riferimento, com’è suo diritto alla memoria di Wladimir Illyich Ulianov, in arte Lenin, quindi per cercare di metterlo in crisi dovrei parlare male di Procaccini stesso, perché mi pare che fra gli archetipi leninisti c’era sempre la frase “se il nemico di classe ti elogia vuol dire che stai sbagliando”, quindi io parlerò bene di Procaccini, cercando di metterlo così in crisi, per un semplice motivo: in realtà Procaccini ha correttamente considerato come questo progetto, non previsto dal programma di “Marche democratiche” non costituisce una politica generale di centro-sinistra. Credo che questo sia vero e anche quell’andare verso il sindacato non può essere, a mio modo di vedere, sufficiente a considerare superate queste valutazioni, se non altro per il fatto che il sindacato non ha accettato questa mediazione.
Perché credo che questa approvazione è un’occasione persa per questa Assemblea elettiva? Perché il problema reale è che tutto è avvenuto fuori. Questa è una ferita democratica. Io non mi scandalizzo se ci sono “interpartitiche” o consultazioni: piena è la legittimità di ciascuna forza politica nel cercare le soluzioni politiche e nessuno di noi fa così il retorico da stupirsi di questo, ma in realtà il fatto grave è che la crisi extraparlamentare vedeva protagonisti soggetti che sono diversi dai partiti e dalle forze politiche. In realtà il meccanismo di privazione dei nostri poteri nasce da lì, quindi credo che questo sia argomento per una riflessione utile e necessaria, anche perché andiamo, in sostanza, a ratificare decisioni e soluzioni che, prima di affrontare gli emendamenti che vanno a incidere sul testo, ci portano, immagino, a dover presumere che l’atteggiamento di questa maggioranza sia blindato, quindi chi ritiene sufficiente a cambiare il giudizio di questo testo la manifestazione d’intenti, l’esasperata o comunque parossistica ricerca di un accordo, non può sfuggire a un dato: che questa Assemblea assomiglia all’assemblea degli azionisti di quelle grandi società per azioni che vengono convocate una volta ogni tanto, senza poteri apprezzabili di incidere su questi argomenti. Da questo punto di vista che non è di destra ma di sinistra, credo che la capacità decisionale di questo ente, presupponga che il luogo della decisione è altrove e quindi anche i percorsi che stiamo affrontando sul nuovo Statuto, sulla rivendicazione di ruolo, altro non sono che flatus vocis o comunque affermazioni di autoerotismo istituzionale che poco o nulla hanno a che fare con il ruolo di questa Assemblea che mi pare essersi degradato a mera ratifica di decisioni provate, cercate ma non raggiunte, di soggetti diversi da quelli che compongono l’Assemblea stessa.
PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei esprimere ringraziamento e apprezzamento per le posizioni del consigliere Procaccini. Tutti i richiami alla Costituzione vanno bene ma sono obiettivamente un po’ superflui, visto che ogni legge dovrebbe ispirarsi ai principi della Costituzione, quindi mi sembrerebbe una di quelle cose che si facevano una volta in cui si diceva “visto l’art. 3...” ecc. che erano diventate una specie di ritualismo. Questa è una legge che si ispira ai principi costituzionali così come tutte le leggi che dovremo fare e che abbiamo fatto, quindi da questo punto di vista mi sembra una cosa superflua.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 1 per parti separate. Pongo prima in votazione il comma 1.
Il Consiglio approva
Pongo in votazione i commi 2 e 3.
Il Consiglio approva
Art. 2. Emendamento a firma Ceroni, che ha la parola.
REMIGIO CERONI. Questo emendamento conferma la nostra opinione sulle 13 aziende sanitarie e aggiunge le aziende ospedaliere nel numero di 7. Noi crediamo che per favorire la nascita di eccellenze, per creare presidi ad alta specializzazione è necessario dotare gli ospedali di personalità giuridica pubblica e di autonomia imprenditoriale.
Ho letto il piano sanitario di qualche altra Regione che prevede per i presidi ospedalieri l’autonomia, la personalità giuridica pubblica, mentre la Asl è acquirente di prestazioni, cioè l’ospedale e i privati sono fornitori di prestazioni. Questo è un modello che nella riforma non avete voluto prendere in considerazione, che però secondo me potrebbe avere degli aspetti positivi, perché confondere il controllore con il controllato — Asl e ospedale — non è opportuno. Noi proponiamo l’azienda ospedaliera Umberto I di Ancona, il Lancisi di Ancona, il Salesi di Ancona, il San Salvatore di Pesaro, un’azienda ospedaliera per la provincia di Macerata, una per gli ospedali riuniti di Ascoli Piceno e San Benedetto e una per gli ospedali riuniti del Fermano. Questo comporta l’abrogazione del terzo e quarto comma dell’art. 2.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
SERGIO NOVELLI. Alleanza nazionale esprime voto favorevole a questo emendamento, anche se l’istituzione di ulteriori aziende ospedaliere potrebbe sembrare in controtendenza con le affermazioni e i richiami a un contenimento di costi che tutti hanno indicato come necessario in discussione generale, tuttavia l’affermazione di principio che ci sembra giusto riprendere, così come ha illustrato il proponente, è che va valorizzata la qualità del servizio fornito dagli ospedali. Credo che se un appunto può essere fatto è che forse c’è un’operazione di semplificazione eccessiva laddove si pongono nello stesso cesto le aziende ospedaliere con una forte connotazione specialistica con quelle che invece hanno un’incidenza più territoriale. Da questo punto di vista, se esiste un’azienda ospedaliera a Pesaro, per la gestione dell’ospedale del capoluogo, non si capisce perché una analoga iniziativa non vada vista come altrettanto opportuna per gli altri poli a Fermo, a Macerata e ad Ascoli. Il nostro emendamento specifica l’opportunità di mantenere una autonoma gestione per i due soggetti che in questo momento sono i fornitori di servizi di maggiore qualità — le due aziende specialistiche cardiologica e materno-infantile — e al tempo stesso la dimostrazione concreta di come una corretta gestione del servizio sanitario fornito possa avere anche una gestione economica non negativa come è avvenuto in particolare per il Lancisi l’anno scorso e anche per il Salesi non ci sono stati i grossi squilibri che in altre aziende sanitarie invece si sono avuti. Da questo punto di vista l’affermazione della corrispondenza numero di aziende-importo del deficit è smentita, l’hanno già fatto nei bilanci scorsi due aziende ospedaliere a forte specializzazione e per questo andavano a nostro giudizio difese, a prescindere da ogni altra valutazione. Certamente una valutazione di giustizia e di coerenza induce a ritenere che anche per Macerata, Fermo ed Ascoli il processo di aziendalizzazione ospedaliera che è stato fatto per Pesaro, siccome l’unica voce che si è sentita in difesa è quella della “posizione di confine”, se vale per Pesaro, ovviamente non può non valere quanto meno per Ascoli che è altrettanto frontaliera non soltanto verso l’Abruzzo ma verso la vicina Roma che con la Salaria si raggiunge facilmente.
A voler essere coerenti con i principi logico-amministrativi che hanno presieduto l’esposizione anche di questa maggioranza in questo lungo dibattito, sembrerebbe che il voto a questo emendamento dovrebbe essere favorevole anche al di là dello schieramento, poi siamo tutti maggiorenni, sappiamo che i principi logico-amministrativi non presiederanno il vostro voto, che le scelte che hanno portato a una conclusione per Pesaro non verranno riprodotte per le altre realtà delle Marche, perché la valutazione non è logico-amministrativa ma strettamente geopolitica, quindi la scelta geopolitica sarà forse diversa. Per noi comunque, la valutazione di coerenza e di principio va rivendicata, per cui votiamo a favore di questo emendamento, sia in difesa dell’alta specializzazione al Lancisi e al Salesi, sia in difesa del criterio di giusta distribuzione dell’offerta aziendale ospedaliera nell’intero territorio regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
RoBERTO GIANNOTTI. Ha già detto il nostro rappresentante in Commissione che questo emendamento si sostanzia per la riaffermazione della scelta delle 13 aziende sanitarie, una posizione che noi abbiamo mantenuto nel corso di questo lunghissimo dibattito di due anni. Noi non riteniamo che la ricetta indicata dalla Giunta regionale sia quella giusta per rispondere ai bisogni della sanità delle Marche e i fatti hanno dimostrato che avevamo ragione, perché comunque si è immaginato un assetto organizzativo che in qualche modo riprende e sviluppa questo discorso.
La seconda scelta contenuta in questo emendamento è quella della conferma dell’autonomia, dello status di azienda del Lancisi e del Salesi. Anche qui è inutile riprendere concetti già largamente espressi rispetto alla storia, rispetto al ruolo svolto da queste due istituzioni ospedaliere, che rappresentano l’uno un’eccellenza nazionale — credo che sulla valenza del Salesi i libri parlino chiaramente — l’altro ha raggiunto un positivo equilibrio di bilancio rispetto al quale credo sia più che doveroso chiedere la conferma dello status.
L’altro aspetto della proposta è di immaginare comunque un riequilibrio delle aziende ospedaliere su tutto il territorio regionale, andando a considerare anche la necessità di rendere concreta questa possibilità per altre province delle Marche. Le due questioni ulteriori che vengono richiamate in questo emendamento sono il no netto all’Asur di cui chiediamo l’abrogazione e l’aspetto di dare maggiore peso, maggiore ruolo alle zone, una cosa peraltro ripresa e codificata, anche se in maniera imperfetta, dall’art. 26. Per questo noi confermiamo il nostro voto favorevole a questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.
FAUSTO FRANCESCHETTI. Chi, come me e altri colleghi di maggioranza, aveva previsto, prima ancora di vedere gli emendamenti presentati, quello che sarebbe accaduto da parte delle forze politiche dell’opposizione, ha avuto ovviamente conferma, perché abbiamo registrato non solo una disparità di proposte dentro la Casa delle libertà... (Interruzione). Noi abbiamo mantenuto la proposta dell’azienda unica e delle tredici zone. Quella è stata la proposta da quando è uscita dalla Giunta a quando è andata in Commissione. Voi avete proposto 13 Asl, Alleanza nazionale ne propone 7, 5 e 4, perché magari a Fermo si può dire che An ha presentato la proposta per mantenere quell’azienda e ad Ascoli, sempre An può dire che ha presentato 4 aziende, escludendo quella di Fermo. La stessa cosa avviene per le aziende ospedaliere. Noi discutiamo questo emendamento presentato da Ceroni che prevede 7 aziende ospedaliere, oltre le 13 sanitarie locali. L’emendamento successivo, sempre dello stesso Ceroni, prevede 13 aziende sanitarie e 6 ospedaliere, poi a scendere.
Non voglio aggiungere altro, dico che voi non siete stati in grado di fare neanche la stessa proposta dentro lo stesso gruppo consiliare.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Non voterò questa proposta, perché prevede l’aziendalizzazione provinciale. Mentre condivido il ragionamento che tende a costruire la modalità più concreta di organizzazione territoriale, quindi la proposta a 13, poi a 8, a 7, a 5 (le diverse modalità di organizzazione territoriale che condivido e che voterò), questa proposta invece aggiunge gli ospedali provinciali che diventano aziende e questo mi trova del tutto contraria. Credo che il livello di aziendalizzazione sia sbagliato, perché introduce un ragionamento esclusivamente economico e credo che si cominci a vedere che cosa voglia davvero fare la Giunta regionale con l’azienda unica. L’insistenza con la quale la Giunta regionale ormai ha determinato la sua posizione, secondo me a questo punto, dopo aver letto la nuova stesura dell’art. 26 mi risulta finalmente chiara, nel senso che si vuole la gestione del patrimonio, la cartolarizzazione del patrimonio, la vendita e quindi la messa in investimento di una parte del patrimonio dei lasciti e delle eredità. Di fatto un’aziendalizzazione delle risorse pubbliche per privatizzare una parte di sanità. Credo che questa questione sia la risposta più semplice del perché questa proposta è sbagliata e credo che mai si debba incentivare l’aziendalizzazione, quindi mi vanno bene le proposte territoriali di organizzazione delle Asl sanitarie, non mi vanno bene le proposte di aziendalizzazione degli ospedali, a meno che non siano fortemente motivate. E’ fortemente motivata, dal punto di vista di ciò che è stata, l’esperienza del Salesi, è fortemente motivabile, se la vogliamo costruire, l’esperienza del San Salvatore, per il momento il San Salvatore è una finzione giuridica, tutta politica e se non passeranno gli emendamenti del piano così rimarrà, quindi diventerà, al pari dell’ospedale provinciale di Ascoli o di quello di Macerata, un errore, perché nulla significa se non un’aziendalizzazione della sanità.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.
FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Una battuta a Franceschetti: capisco che digerire i rospi è cosa difficile, non è un buon digestivo pensare alle digestione degli altri, quindi ognuno si tenga le sue digestioni lunghe e tormentate, sperando che le notti delle digestioni non siano quelle di don Rodrigo che erano abbastanza tormentate. Comunque, lasciamo a ciascuno i propri rospi, Franceschetti.
Il patrimonio è uno dei punti focali della vicenda della Asl unica. Per una strana tendenza della politica italiana, se di privatizzazioni, cartolarizzazioni, project-financing parla il centro-sinistra, siamo di fronte a un’evoluzione democratica, illuminista, eccezionale, illuminata, moderna, democratica ecc., se lo propone il centro-destra è il più bieco liberismo, capitalismo ecc. Siamo stati abituati fin dai tempi di Prodi a questo tipo di frasi e concezioni. Comunque vorrei precisare che, al di là di questo emendamento specifico di Ceroni la posizione dell’Udc è a favore dell’autonomia del Salesi e del Lancisi, perché rappresentano eccellenze che anche a livello di programmazione e di gestione devono essere veramente autonome. Forse è una forzatura l’aziendalizzazione provinciale, ma questo fatt dovete capirlo, perché si pensava che il centro-sinistra che governa le Marche avesse avuto una capacità di apertura maggiore nella concertazione anche di questo tipo di programmazione. Naturalmente questo non c’è stato, c’è una chiusura, una blindatura che secondo noi ha dato vita a un pasticcio burocratico-giuridico notevole, la cui portata sarà più nota nei prossimi giorni. Comunque per quanto riguarda il Lancisi e il Salesi la posizione dell’Udc è a favore dell’autonomia piena.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. Credo che l’approccio del centro-destra sia quello di sminuire il ruolo del capoluogo e in particolare dei presidi Lancisi e Salesi, perché nel mentre si esalta l’eccellenza di questi due ospedali da una parte, dall’altra li si equipara ad altre cinque aziende, quindi si gioca al più uno e nella sostanza si vuol far vedere che in realtà non sono l’eccellenza dell’eccellenza ma sono una delle strutture al pari di tutti gli altri. Diversa è la proposta della Giunta regionale che invece mira all’esatto opposto: la creazione degli ospedali riniti di Ancona serve per elevare il ruolo delle strutture ospedaliere del capoluogo al rango di strutture al servizio di tutta la regione e non soltanto della città.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo emendamento all’art. 2.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/2 a firma Ceroni, che ha la parola.
REMIGIO CERONI. Prendo atto che Franceschetti è contrario alla creazione di una azienda ospedaliera nel Fermano. Forse i consiglieri... (Interruzione). Naturalmente i consiglieri debbono sapere che nel Fermano ci sono sette ospedali: Montegiorgio, Montegranaro, Sant’Elpidio a Mare, Porto San Giorgio, il Murri, l’ospedale privato Villa Verde e l’Inrca. Nel raggio di 50.000 abitanti abbiamo sette ospedali. Anziché perdere tempo come avete fatto fino adesso nel fare una scelta di razionalizzazione della rete ospedaliera, pensavo che creare un’azienda ospedaliera nel Fermano poteva essere utile per avviare il processo di razionalizzazione, però Franceschetti ha detto di no. Noi facciamo un’ulteriore proposta, che è quella di mettere insieme almeno gli ospedali della provincia di Ascoli Piceno. Fermo restando l’Umberto I, il Lancisi e il Salesi, oltre il San Salvatore di Pesaro che già opera, noi abbiamo inserito un’azienda ospedaliera per la provincia di Macerata con il permesso del consigliere Brini e un’azienda ospedaliera per gli ospedali riuniti per la provincia di Ascoli Piceno.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Intervenire a nome del gruppo in questa situazione, mi consente di spiegare meglio, soprattutto al capogruppo Franceschetti ma a tutta l’Assemblea, la portata del fenomeno.
Per sua natura l’opposizione non ha capacità organica di proposta approvabile, proprio perché è minoranza, quindi qual è il ruolo tecnico dell’opposizione in un’Assemblea elettiva? Quello di introdurre una serie di emendamenti tecnici che consentano, attraverso l’assemblaggio... (Interruzioni). Vi ringrazio degli applausi... Dopo questa spiegazione spero che si sia compreso — parlo da consigliere eletto nella provincia di Ancona — che è specifico intendimento della minoranza cercare di alzare il livello qualitativo degli ospedali del sud delle Marche. Cosa accade negli ospedali di Macerata e di Ascoli? Che la non concentrazione di attenzione e di investimenti sulle strutture crea un’erogazione della qualità dell’assistenza che è mediocre. Questo, purtroppo è molto spiacevole per i cittadini residenti in provincia di Macerata e in provincia di Ascoli. Sono testimone di una vicenda, l’ultima in ordine di tempo di una cronologia molto numerosa, di un cittadino della provincia di Macerata respinto tre volte dall’ospedale di Macerata, benché in presenza di patologia grave e poi fortunosamente, solo per amicizia personale con me, ricoverato all’ospedale di Torrette di Ancona, con una grave forma di encefalite. Allora c’è qualcosa che non funziona nel percorso terapeutico. Uno che ha un’encefalite e tre volte attraverso il pronto soccorso non viene intercettato, solo per un’amicizia personale con un medico che ha interconnessione con la struttura sanitaria viene finalmente ricoverato all’ospedale di Torrette: c’è qualcosa da qualificare. Per questo credo che sia molto importante creare nelle province di Macerata e di Ascoli un solo ospedale di eccellenza che, fiancheggiato dagli ospedali del territorio, possa esprimere un’alta qualità, perché non dappertutto si può spalmare tutto.
AUGUSTO MELAPPIONI. Chiudendo i piccoli ospedali...
CARLO CICCIOLI. Non chiudendo: tenendo i piccoli ospedali con determinate funzioni periferiche, programmate, di supporto e tutto il resto e un ospedale per provincia dove si alza notevolmente la qualità. Per questo mi permetto di votare a favore, a nome di tutto il gruppo, della proposta di emendamento del consigliere Ceroni.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.
OTTAVIO BRINI. Noi ci auguriamo che con questo emendamento si apra veramente un dibattito serio. Vedi, assessore Silenzi, dobbiamo prendere atto che nella nostra provincia siamo ancora di serie B. La rianimazione a Civitanova va avanti a rilento e qualche medico o qualche direttore sanitario mette i bastoni fra le ruote, abbiamo grosse difficoltà per i ricoveri, liste di attesa interminabili e il direttore sanitario dice “se si paga si risparmia sulla salute e sui soldi”. Questi sono gli slogans che girano nella nostra provincia. Non so cosa potrai dire, perché vedi e vivi le stesse cose che vedo e vivo io, però questo è il momento di cominciare a decentrare le eccellenze su tutto il territorio, bisogna smetterla di fare i monopoli, le lobbies, i poteri forti. Nel mio gruppo ho detto “se c’è una maggioranza su tutti questi punti il sottoscritto vota con serenità e tranquillità, ma non pensino altri che noi saremo le ruote di scorta per salvare qualcuno che non ha il coraggio, poi, di votare”. Su questo argomento dovremmo quindi riflettere. Noi sappiamo che l’emendamento verrà sicuramente respinto, ma altri si aspettano che vengano respinti anche altri emendamenti di tale portata.
Cara Benatti, la nostra non è una battaglia di campanile, perché la sanità è un bene per tutti e a volte, quando in passato si parlava, erano parole molto care all’assessore Giulio Silenzi: ci riempivamo la bocca quando si diceva che bisognava decentrare, portare nel territorio i servizi, i poliambulatori, i Sert. Oggi invece assistiamo a una politica di accentramento, di accorpamento, un cambio di tendenza molto strano.
Noi abbiamo fatto una proposta non per mettere in difficoltà Franceschetti perché è di Fermo o Silenzi perché è di Macerata, o perché Silenzi ha il collegio Civitanova-Loreto-Macerata. Noi possiamo dire tranquillamente no a questo emendamento, però dobbiamo riflettere, in futuro, su questo. Non ce ne vogliano gli amici anconetani, perché è giusto che voi facciate la vostra battaglia per il Lancisi, per il Salesi, per un diritto, per mantenere questa eccellenza, ma dovete tener conto anche delle altre province: quando si parla di trasporto ci sono tagli anche per le province di Macerata ed Ascoli, quando si parla di sanità le cenerentole sono Macerata ed Ascoli, quindi bisogna che le risorse siano redistribuite in tutto il territorio, perché noi rappresentiamo tutto il territorio. L’assessore Silenzi diceva “tu sei il consigliere delle Marche, non di Civitanova”. Io do il mio voto favorevole con la massima disponibilità, quindi nessuno potrà dire, quando verranno altri emendamenti, alcunché. Il nostro emendamento, con la massima sincerità e lealtà lo voto.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Silenzi.
GIULIO SILENZI. Esprimo contrarietà all’emendamento e alla filosofia che sta dietro questi emendamenti, che sono stupefacenti. Si presentano simili emendamenti togliendo qualche riferimento locale. Si presenta un emendamento con il Fermano, poi si presenta un emendamento senza il Fermano, in modo che gli ascolani possano dire “hanno respinto il nostro emendamento” e i fermani diranno “noi voteremo per il Fermano”, come ha già detto la collega Romagnoli. E allora si vota per il Fermano e contro il Fermano, senza il Fermano e questa è un’ipocrisia che cozza contro una grande indicazione che era stata data alla comunità marchigiana... (Interruzione). Convocheremo, appena finito, una conferenza stampa a Fermo.
Le Marche hanno avuto un’indicazione solenne da un viceministro che è sceso da Roma ed ha sottratto il tempo ai problemi nazionali per venire nelle Marche...
GILBERTO GASPERI. Ma ieri sera eravate qui tutti con le lacrime, c’era una pioggia di lacrime...
GIULIO SILENZI. ...ha distolto il suo tempo dalle gravi problematiche nazionali per venire nelle Marche e dare indicazioni politico-partitiche su come bisognava comportarsi come Alleanza nazionale o Casa delle libertà — non si è capito bene se parla a nome di tutto il Polo o a nome suo — dicendo “pochi emendamenti ma qualificati e per quanto riguarda il numero delle Asl noi abbiamo studiato perché abbiamo i consulenti”, che sono venuti dalla Regione Lazio. Immaginate un ministro che viene con i consulenti pagati dalle Regioni per fare conferenze stampa. Tanto per dire qualcosa di simpatico. L’articolo diceva: “rispetto al numero, 4, 5 o 7 vi faremo sapere tra tre giorni la proposta di Alleanza nazionale”. Questa sera le abbiamo tutte e tre le proposte: le tiriamo a sorte? Colleghi, un po’ di serietà. In questo dimostrate che non avete una cultura di governo, perché pur stando all’opposizione, dove basta presentare i fogli e sottoporli all’attenzione, non avete il coraggio delle scelte, quindi presentate un emendamento a 5 in modo che c’è Fermo, un emendamento a 4 in modo che Fermo non c’è, così ognuno fa la sua bella conferenza stampa.
Per quanto riguarda le aziende ospedaliere, è vero che nelle Marche c’è bisogno di un riequilibrio rispetto alle risorse finanziarie da destinare alla sanità e questo riequilibrio è iniziato, perché è un fatto di equità rispetto al territorio e ai marchigiani, ma prevedere un’azienda per provincia, proprio perché all’interno delle province c’è uno squilibrio rispetto alle risorse finanziarie, significherebbe che l’ospedale di Civitanova diventa un satellite dell’ospedale di Macerata e significherebbe vanificare tutta quella politica sul territorio per i servizi sanitari, che è indispensabile, per cui la tua firma qui, rispetto all’esito di aziendalizzazione, cioè di una visione “ospedalocentrica”, sarebbe per le nostre zone devastante proprio per quel riequilibrio che abbiamo gradualmente portato avanti per i servizi di territorio, di prevenzione e di altro.
REMIGIO CERONI. Perché fai il discorso inverso su Ancona?
GIULIO SILENZI. Questo discorso di riequilibrio vale anche per Ancona, perché in questi anni, con una politica che gradualmente ha introdotto un principio di equità, si sono abbassate le contribuzioni rispetto ad una elevata spesa anconetana, per aumentare la spesa dei territori del sud delle Marche e questi sono numeri, caro Ceroni. E’ chiaro che tutto non si può fare dall’oggi al domani, ma questo è un processo che è andato avanti, riconoscendo ad Ancona le funzioni regionali che sono anche le funzioni mie che abito non in Ancona, perché riconosco le funzioni regionali di Ancona come funzioni anche mie, non solo anconetane.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. Il collega Silenzi ha anticipato molte delle cose che volevo dire io, però vorrei sottolinearle, perché effettivamente questo pacchetto di emendamenti al dice lunga sull’approccio che ha il centro-destra nei confronti di questa riforma sanitaria e anche di un modo di essere all’interno delle istituzioni.
Noi concepiamo il ruolo di opposizione — il centro-sinistra lo sta dimostrando a livello nazionale — come la capacità anche dell’opposizione di fare proposte con una cultura di governo. Con questi emendamenti si dimostra come il centro-destra è ancora ancorato a un modo vecchio di fare politica e di fare anche opposizione, che è quello di rilanciare e creare soltanto un’aspettativa che poi si traduce in demagogia. Se voi foste al governo proporreste, con questo pacchetto alla comunità marchigiana almeno 18 proposte diverse, quindi una coalizione che si propone di governare la prossima legislatura si presenta di fronte alla comunità marchigiana con 18 proposte di aziende ospedaliere, voi andate dalle 7 alle 4, alle 6, alle 3, prevedete anche voi, in una delle proposte gli ospedali riuniti di Ancona, quindi non vi scandalizza niente, fate una cosa e il suo contrario. Credo che questa cosa mette in grande difficoltà i consiglieri del centro-destra che sono andati a passeggio per il Viale a propagandare l’eccellenza della sanità anconetana, perché se voi foste al Governo fareste le chirurgie in tutti gli ospedali di polo, potenziereste i 13 ospedali di rete, mentre questa sera introducete il concetto di eccellenza in tutte e quattro le province, poi pretendete anche che Ancona sia sede dell’eccellenza. Questo porterebbe, da parte di un governo di destra di questa regione ad un aumento vertiginoso dei costi delle strutture amministrative, perché le aziende ospedaliere poi costano in termini di strutture amministrative, con la conseguente riduzione dei servizi ai cittadini, ergo fareste quello che sta facendo il Governo nazionale delle destre, cioè mettereste la sanità pubblica in ginocchio e aprireste la strada alla sanità privata. Questa è un’operazione di demagogia che noi smentiremo in tutte le sedi. Comunque, in ogni articolo dei vostri emendamenti emerge una cultura contro il capoluogo di regione.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/3 a firma Favia, Ceroni e Giannotti. Ha la parola il consigliere Cesaroni.
ENRICO CESARONI. Proponiamo di mantenere le 13 aziende sanitarie esistenti e vedo con grande soddisfazione che questo documento l’abbiamo presentato tre giorni fa, quando la Giunta e la maggioranza sono ritornate sui propri passi, mantenendo le tre Asl... (Interruzione). Tredici zone è come dire tredici Asl. Voi siete ritornati su quello che chiede Forza Italia. Noi siamo per le 13 Asl più le quattro aziende ospedaliere esistenti. Non c’è niente di nuovo, non vedo perché alle Asl sia stata data autonomia finanziaria e al Salesi e Lancisi si debba togliere, anche perché queste sono due strutture riconosciute a livello nazionale come ospedali di eccellenza fiore all’occhiello della regione Marche, nessuno può dire cose diverse da queste. La maggioranza ha detto “lasciamo l’autonomia finanziaria alle 13 zone”, oggi non si capisce perché si debbano penalizzare il Salesi e il Lancisi che sono due fiori all’occhiello di questa regione, anche della sanità anconitana, Benatti. Anche quando si è discusso il piano sanitario del 1998 c’è stata discussione su queste due aziende, perché anche quella volta la maggioranza ne aveva messo in discussione l’autonomia, che poi è andata avanti. Oggi soprattutto il Lancisi, che è ritenuto un ospedale all’avanguardia a livello nazionale, con la logica di questa maggioranza viene penalizzato, insieme al Salesi. Non si capisce la logica.
Questo emendamento non prevede aumento di aziende sanitarie ma solo il mantenimento del Salesi e del Lancisi, come oggi. Se per le Asl va bene lasciare l’autonomia finanziaria, non vedo perché il Salesi e il Lancisi debbano essere accorpati all’Umberto I. Invito la maggioranza a ragionare su questo, perché se fino a un certo punto si è arrivati a dare l’autonomia finanziaria alle aziende sanitarie sul territorio, non vedo perché non si debba lasciare autonomia finanziaria a queste due aziende, per lo meno altri due anni come per le zone. Se l’avete fatto per tutti, non capisco perché volete penalizzare gli unici due ospedali della regione Marche riconosciuti a livello nazionale. Non capisco questa volontà.
Chiedo quindi alla maggioranza di rivedere questa situazione, perché se avete fattolo sforzo di lasciare l’autonomia alle 13 Asl, facciamo uno sforzo maggiore e lasciamola anche a Salesi e Lancisi, al San Salvatore e all’Umberto I, come fatto fino ad oggi, poi fra due anni rivedremo le cose per tutti. Questo piano sanitario, oggi penalizza solo il Lancisi e il Salesi, sono queste due strutture che, guarda caso, sono i due fiori all’occhiello di questa regione.
Chiedo la votazione per appello nominale a nome anche dei consiglieri Favia e Brini
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Sono perplesso su questo emendamento, l’ho dichiarato più volte. Questa è la cristallizzazione della situazione attuale, che non va. Però c’è un problema: la vostra proposta porta al peggio. Tra male e peggio scelgo male. Una volta sono andato a Ostra a una cena di simpatizzanti e un contadino mi ha detto “sai cos’è questo? Ci vuole questo, in Consiglio regionale”. Mi ha portato un attrezzo agricolo, in cui da una parte c’era la vanga e dall’altra parte il “mazzolo” e mi ha detto “questo strumento si chiama male e peggio”, perché da una parte la vanga e dall’altra il “mazzolo”. Tra male e peggio uno sceglie male, quindi noi voteremo questo strumento operativo, organizzativo, che è la cristallizzazione che non risolve, però è meno male del peggio che ci passate voi.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, nella discussione che c’è stata sugli emendamenti che sono stati votati poc’anzi, alcuni consiglieri della maggioranza hanno evidenziato come le aziende ospedaliere costituiscano un forte centro di costo, in quanto, sostanzialmente, per la loro natura hanno il massimo vantaggio affinché le prestazioni effettuate all’interno dell’azienda siano in quantità e in qualità più elevata possibile, perché comunque riscuoteranno dai bilanci dell’azienda sanitaria. Ogni azienda ospedaliera è un centro di costo particolarmente elevato e non sempre un centro in cui l’oculatezza e l’appropriatezza della prestazione alberga e viene ospitata. In particolare dobbiamo anche considerare che quando i costi delle strutture fisse, delle strutture burocratiche incidono percentualmente in misura rilevante sul bilancio dell’azienda ospedaliera. Un conto è parlare di autonomia e quindi difenderla con una battaglia giusta e legittima, in particolare per presidi ospedalieri ad alta specializzazione e un conto quando dietro questa autonomia si rischia di difendere una struttura amministrativa e burocratica che non automaticamente si trasforma in qualità del servizio o in appropriatezza della prestazione. Questo è il motivo per il quale ho delle perplessità rispetto alla moltiplicazione delle aziende ospedaliere nella nostra regione, soprattutto in una situazione in cui non è più possibile prorogare le scelte del passato, in cui sono tanti i centri di spesa che agiscono al di fuori di una appropriatezza e oculatezza che ormai è indispensabile richiamare, centralizzando anche alcune funzioni e semplificando alcune strutture. Ho sottoscritto un emendamento che non sarà votato sull’articolo 2 ma per forza di cose sarà votato negli articoli successivi, che riguarda proprio queste strutture che sono state richiamate nell’intervento di Ceroni, cioè il Lancisi e il Salesi. E’ stato un emendamento presentato con la collega Benatti, un emendamento che vuol salvare l’autonomia, anzi ribadire e consolidare l’autonomia di alcune strutture sanitarie di eccellenza, in particolare il Salesi e il Lancisi, senza per questo rinunciare a collocare queste strutture dell’azienda ospedali riuniti di Ancona, che è il tentativo che noi stiamo facendo per non penalizzare tutto i lavoro che è stato fatto fino adesso in queste strutture che hanno avuto la natura di azienda ospedaliera e che devono difendere le loro prerogative come se fossero un’azienda ospedaliera, prendendo tutti i vantaggi dell’autonomia ma rinunciando a tutti i difetti dell’azienda ospedaliera stessa.
I due emendamenti agli articoli 17 e 18, sui quali devo parlare adesso — perché faccio appello già adesso a tutti coloro che si vogliono pronunciare su questa vicenda — prevedono anzitutto che le nomine del direttore vengano fatte non dal direttore generale dell’azienda ospedaliera ma direttamente dalla Giunta regionale. Quindi non una subordinazione da parte del Salesi e del Lancisi all’azienda ospedaliera ospedali riuniti ma una dipendenza diretta dalla Giunta perché la nomina del direttore viene da quella sede. Ma non soltanto questo, ovviamente. L’individuazione di queste strutture come presidio monospecialistico e l’individuazione del direttore, del soggetto responsabile del raggiungimento degli obiettivi, dell’uso razionale del complesso delle risorse assegnate, della negoziazione del budget e precise indicazioni sulla garanzia dell’integrazione con i dipartimenti e le unità operative dell’azienda ospedaliera nel caso dell’azienda complessa come nel caso dell’ospedale pediatrico Salesi, la partecipazione all’attività di programmazione dell’azienda ospedaliera, la responsabilità diretta del budget assegnato al presidio, la ripartizione interna, con i direttori di dipartimento e la gestione in accordo coni l direttore generale di queste risorse finanziarie a disposizione, la valutazione comparativa dei costi attraverso l’istituzione di una struttura di controllo di gestione, la nomina dei direttori di dipartimento, l’attribuzione di responsabilità delle posizioni organizzative, verifiche gestionali, tecnico-professionali dei dirigenti e tutta una serie di altre questioni che vengono poste, che alla fine ci fanno dire che se oggi vogliamo difendere il mantenimento di un direttore sanitario, di un direttore amministrativo a fianco di un direttore generale o siamo realmente preoccupati dell’autonomia.
Se siamo realmente preoccupati dell’autonomia non discuto che certamente istituire un’azienda ospedaliera garantisce un’autonomia a queste strutture ma a quale prezzo, a quale costo? Dal punto di vista comunicativo è molto più semplice dire “io difendo il mantenimento dell’azienda ospedaliera, io mantengo lo status quo”. Con questa soluzione noi pensiamo che si possa andare a ridurre il numero delle aziende ospedaliere senza penalizzare il Lancisi e il Salesi.
Accetterei anche la provocazione e la sollecitazione di Cesaroni di entrare nel merito delle aziende e di tutto il resto, ma ho esaurito il mio tempo: lo sarò, se mai, nella discussione del prossimo emendamento.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.
GIULIO SILENZI. Il collega Ciccioli ci dice che sceglie il male minore, cioè voterà 13 aziende sanitarie. Presenta emendamenti per 7, per 5 e per 4. Manca un elemento fondamentale: la ruota. Non potete votare tutte le proposte, non è serio! State facendo fare una figuraccia a Baldassarri, questa sera, non è serio. Le state votando tutte! (Interruzioni). Un minimo di decenza, come posizione politica. Vi coprite di ridicolo, caro Carlo, non è da te.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.
DAVID FAVIA. Sono estremamente contento della rabbia di Silenzi e di tutta la maggioranza, perché vuol dire che l’imbarazzo e la contezza di essere vicini ad una sconfitta politica sono ai massimi livelli. A Silenzi e agli altri che sono intervenuti sul ruolo dell’opposizione credo che vada chiarito, come bene ha atto Ciccioli prima, qual è il ruolo dell’opposizione. Il ruolo dell’opposizione non è quello di fare una proposta ma di contrastare la maggioranza e limitare i danni che, come in questo caso, la maggioranza sta portando alla comunità marchigiana. Quindi non deve scandalizzare che l’opposizione faccia una serie di proposte nella speranza che la maggioranza, volta dopo volta, viste tutte le proposte, almeno su una rinsavisca. Se fossimo forza di governo avremmo una proposta unitaria ben migliore della vostra. Mi vien da dire tutto ma non la Asl unica. Credo che siano allucinanti gli interventi tipo quello di Franceschetti che analizzano presunti errori nel ruolo dell’opposizione, quando vi ricordo che poche ore fa avete fatto mancare il numero legale in quest’aula perché non avevate una proposta, quindi è veramente vergognoso quello che state facendo.
Trovo corrette le proposte che sono state fatte poc’anzi sul riequilibrio territoriale, quindi su aziende ospedaliere rappresentanti le province. Non mi sembra, come hai detto tu, cara Benatti, che vi sia un attacco del centro-destra al capoluogo, c’è una volontà del centro-destra di riequilibrare le risorse sul territorio facendo appello al riequilibrio delle risorse, senza dimenticare le eccellenze che stanno in Ancona ma che non sono di Ancona. E’ sbagliata e perdente la partita di chi vuol sostenere che il Lancisi e il Salesi sono eccellenze anconetane: sono eccellenze regionali ed interregionali che hanno la ventura di stare in Ancona, ma io faccio appello alla maggioranza, all’opposizione, a tutti i consiglieri regionali a votare qualsiasi emendamento di maggioranza o di opposizione che possa portare alla salvaguardia dell’autonomia di queste due eccellenze regionali. Faccio rilevare un’altra discrasia, come ben diceva prima Cesaroni. Voi avete confusamente proposto vari emendamenti, tra i quali due che lasciano le cose come sono per due anni, esattamente quello che c’è scritto in questo nostro emendamento. L’unica cosa che voi volete penalizzare è l’autonomia del Lancisi e del Salesi, allora, cara Benatti, non ci venire a dire che il centro-destra è contro Ancona: è questa maggioranza di sinistra contro Ancona, perché voi lasciate le Asl così come sono e bocciate soltanto l’autonomia del Lancisi e Salesi. Vi chiedo allora di trovare un accordo, foss’anche sull’art. 26, quanto meno di conservare, oltre che l’autonomia delle Asl, l’autonomia del Salesi come minimo e del Lancisi per due anni e poi riparlarne.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. Dato che a tarda sera ci diamo tutti del “caro”, caro Favia ti devo dire che se tu ci accusi di avere toni alti io dico che voi avete invece i toni bassi perché avete la faccia di bronzo di passare una dopo l’altra la rassegna di tutta la stagione autunno-inverno, primavera-estate delle proposte di aziende ospedaliere, senza proporre una scelta, perché probabilmente la scelta unitaria che voi fareste se foste al governo di questa Regione, sarebbe quella di fare aziende ospedaliere anche di tutti gli ospedali del polo, per fare eccellenze in tutta la regione. (Interruzione). Finalmente l’avvocato consigliere regionale David Favia ha detto in quest’aula quello che veramente pensa, cioè che se noi abbiamo 100 lire da spendere a favore dei servizi amministrativi delle aziende ospedaliere, ormai le dobbiamo dividere fra 7 aziende ospedaliere come voi avete proposto, perché ha dignità Macerata, ha dignità Ascoli, chiunque si alza ha dignità di fare un’azienda ospedaliera. Questo vuol dire annullare il significato dell’azienda ospedaliera, perché l’azienda ospedaliera non c’entra niente con l’eccellenza.
Se dobbiamo sempre far stare insieme il diavolo e l’acqua santa, chiarisciti dentro casa tua, Favia, invece di andare a spasso e fare i girotondi al Viale.
PRESIDENTE. Pongo in votazione, per appello nominale, l’emendamento.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini no
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi sì
Melappioni no
Minardi no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. La stessa cosa vale per il 2/4, che è identico. E’ possibile votare emendamenti simili come questi senza più la discussione? Il significato è sempre quello, state dicendo le stesse cose.
ROBERTO GIANNOTTI. L’emendamento 2/4 contiene un riferimento preciso riguardante i commi 3 e 4.
PRESIDENTE. Articolo 2. Emendamento 2/4. Lo pongo in votazione.
Il Consiglio non approva
Subemendamento Favia 2/05. Ha la parola il consigliere Favia.
DAVID FAVIA. Il subemendamento mira a modificare il punto 2 del punto 1 dell’emendamento Trenta, nel senso di rendere autonome le aziende ospedaliere Umberto I, Salesi e Lancisi.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il subemendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento 2/5 a firma Trenta, che ha la parola.
UMBERTO TRENTA. L’emendamento riguarda una presa di posizione che a carattere locale è stata ben definita dal Consiglio straordinario di Ascoli Piceno nel Consiglio di lunedì. Noi vogliamo l’azienda ospedaliera del Piceno che ha una sua definizione autonoma. Ascoli Piceno è un’entità complessa con tre capisaldi: Ascoli, Fermo e San Benedetto, che di fatto vorrebbero avere un’azienda autonoma che risponda alle esigenze di quella popolazione nell’ambito di una ordinata sanità regionale. Era ed è questo il senso dell’emendamento. Quindi non è una cosa campata in aria e su questo chiedo al potente assessore Agostini condivisione, come a tutti i consiglieri eletti nel Piceno, perché è la risposta che la nostra gente si aspetta, anche nell’ambito del raccordo di un asse forte Ascoli-Macerata. (Interruzione). Assessore Rocchi, dobbiamo avere il rispetto di questa poca gente che ha l’ardire di stare qui a quest’ora a sopportare queste cose. Non è Trenta che vuole questo emendamento, ma la gente picena che chiede questo. Per non sminuire il concetto di quanto richiesto in questo emendamento, chiedo che venga votato all’unanimità.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Vorrei spiegare molto brevemente il perché di una richiesta che è rappresentata in questo emendamento e che comunque è riecheggiata, che riguarda l’azienda ospedaliera del Piceno. Silenzi mi deve spiegare se dal 1998 al 2003 lui ha cambiato idea rispetto a delle proposizioni che pure erano presenti nel piano sanitario regionale.
Qual è il nostro ragionamento per quanto riguarda Ascoli? In senso generale i dati dicono che i posti letto di elevata assistenza delle Marche vedono la nostra regione con una percentuale più bassa della media nazionale. La media nazionale parla di 22,5 posti letto per 100.000 abitanti, di elevata assistenza, nelle Marche abbiamo il 19,2. Quindi quando si parla di riqualificazione di posti letto non si può parlare di riqualificazione in senso quantitativo e numerico ma anche in senso qualitativo. Questo è un dato macro da cui partire.
Voi sapete benissimo che nella regione Marche ci sono due confini e non solo uno, quindi se è vero come è vero che l’azienda San Salvatore di Pesaro, pur non avendo le caratteristiche richieste dalla “legge Bindi” per essere considerata come azienda ospedaliera lo è stata considerata per una valutazione di carattere sanitario, di salute, politico, evidentemente non ci sono ostacoli di carattere amministrativo e giuridico a che possa essere ipotizzata anche un’azienda ospedaliera laddove esiste il secondo confine delle Marche. Qui si può scherzare quanto si vuole, ma se andiamo a vedere i dati della mobilità passiva extraregionale che si consumano ai danni dell’intero servizio sanitario regionale, allora sappiamo che verso il vicino Abruzzo si evidenzia un trend assolutamente vertiginoso per quanto riguarda il pagamento che il servizio sanitario regionale delle Marche deve all’Abruzzo. Mi si deve spiegare anzitutto perché esiste solo un confine della regione Marche, mi si deve spiegare qual è la proposta per quanto riguarda il riallineamento alla media nazionale di posti ad elevata specializzazione o elevata complessità, mi si deve spiegare per quale motivo si enuncia il problema della mobilità nelle “Marche di confine” senza poi arrivare a nessun tipo di forte opzione da questo punto di vista, se non un paio di espressioni contenute nel Psr per quanto riguarda l’emodinamica, comunque condizionata ad una valutazione di compatibilità economica che vale solo per emodinamica ad Ascoli e non per altre zone e per quanto riguarda un riconoscimento delle esperienze di neurochirurgia.
Perché dicevo che Silenzi probabilmente ha cambiato idea rispetto al 1998? Perché quello che vado dicendo io era scritto testualmente a pag. 132 del vecchio Psr che Silenzi ha votato insieme ad altri, nel momento in cui si scriveva, parlando di specialità di tipo C, “una particolare attenzione nell’ambito delle alte specialità chirurgiche deve essere dedicata a quelle situazioni in cui i fenomeni di mobilità sono per un verso più evidenti ma dove sono tendenzialmente maggiori le possibilità di invertire il trend attraverso la costituzione di centri di attrazione, anche di fascia C, funzionali non solo ai territori di riferimento ma all’intero sistema marchigiano”. Funzionali per due motivi: innanzitutto per cercare di drenare le passività che questo servizio sanitario regionale deve comunque affrontare nella parte sud delle Marche, in secondo luogo perché c’è una valutazione da fare rispetto al ruolo... Non dico niente di strano se affermo che, in realtà, i veri competitori del sistema anconetano-regionale non sono tanto gli ospedali di rete e non devono essere considerati gli ospedali di rete ma gli altri grandi complessi ospedalieri verso cui spesso e volentieri i marchigiani vanno, e mi riferisco al Niguarda, al Gemelli, ai cardiologici della regione Emilia Romagna in particolare e quant’altro.
Lo sforzo culturale è questo. Non si deve pensare al sistema anconetano solo come elemento terminale di destinazione della richiesta sanitaria dei cittadini delle Marche, ma essenzialmente come fenomeno di alta specializzazione che deve cercare in qualche modo di evitare che il cittadino marchigiano, come succede spessissimo, trovi uno sbocco rispetto alle proprie esigenze sanitarie, in quelli che sono i sistemi di altre regioni. Lo stesso assessore Agostini ha recentemente parlato anche della possibilità che possa essere costituito l’ospedale unico che sia l’esito della fusione degli ospedali di San Benedetto ed Ascoli, c’è una certa attenzione da parte delle autonomie locali, ma ha un senso parlare di questo, ovvero agire in base a un’ottica di razionalizzazione importante e concreta solo se, come presupposto di questo sforzo e di questo studio vi sia quella che abbiamo chiesto come costituzione di azienda ospedaliera del Piceno, che vedrebbe già subito, immediatamente, una motivata, concreta possibilità di risparmio, ma mi si deve spiegare che senso avrebbe un ospedale unico, un sacrificio di questo genere, se non corrisposto dalla possibilità di avere attività di alta specializzazione di elevata complessità, non per una ragione campanilistica, ma per i fenomeni che anche dal punto di vista della matematica sanitaria tengono: la mobilità, la necessità di riqualificare e aumentare i posti della categoria C anche dalla parte nostra.
Non credo quindi che debba essere oggetto di ironia o di sarcasmo una richiesta forte che dovrebbe vedere i consiglieri regionali tutti e non solo quelli di Ascoli Piceno, valutare questa possibilità che era adombrata dalla stessa stesura del piano sanitario vecchio. Capisco che tu Silenzi, eri partito levriero sull’Asur e sei tornato, al di là del tuo umorismo, bassotto. Tu accusi noi di contraddittorietà, quando avevi tracciato la linea del Piave sull’Asur, l’Asur non è più unica ma unificanda azienda sanitaria, dalla linea del Piave sei arrivato alla linea del Chienti ma sul Chienti rimani, anche perché ci dovrai sempre spiegare come si avranno 70 milioni di euro che tu hai votato in Giunta come presumibile risparmio della fusione delle 13 aziende. Probabilmente unirai Wall Street a Lenin e attraverso la cartolarizzazione, la privatizzazione della gestione cercherai di trovare altre soluzioni, ma non possiamo accettare lezioni di coerenza da te, Giulio.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Ascoli.
UGO ASCOLI. Si continua a pensare che le politiche sanitarie, di riequilibrio, di investimenti si possano fare semplicemente appiccicando un’etichetta di azienda autonoma. Qui siamo veramente alla miseria delle argomentazioni e io mi auguro che quando arriveremo a parlare del piano sanitario entreremo veramente nel merito delle questioni, vedendo quali sono gli ospedali di rete, come vanno potenziati, come si trasformeranno gli ospedali di polo, quali saranno gli investimenti da fare davvero, per migliorare la qualità di tutte le nostre strutture sanitarie.
Non c’è dubbio che l’intenzione della Giunta e del lavoro fatto in questi anni è quello di riequilibrare le risorse investite nella sanità marchigiana, alcuni indicatori dicono già con chiarezza che le cose sono molto migliorate, vanno ancora migliorate.
Se voi leggete e non fate solamente demagogia, andate a vedere gli indicatori di spesa, gli indicatori di consumi sanitari, gli indicatori di sanità, vedrete che c’è stato un riequilibrio discreto e non irrilevante fra le quattro province ed è nostra intenzione proseguire con questo riequilibrio. Questo però significa che tutti i problemi che avete sollevato sono degni di essere ascoltati ma degni anche di essere trattati con strumenti idonei. Quindi risolvere tutto con una bandierina di autonomia in più o in meno mi sembra un’operazione misera ed è per questo che noi vogliamo, invece, da un lato potenziare gli ospedali di rete, soprattutto avendo sott’occhio i problemi di mobilità attiva e passiva nelle zone di confine, e questo sta dentro il piano sanitario, ma contemporaneamente vogliamo migliorare tutte le eccellenze regionali che abbiamo. Ecco perché non stiamo lì a guardare le bandierine ma vogliamo invece investire più risorse nelle eccellenze. Un modo per investire più risorse è quello di riorganizzare le risorse per redistribuirle dove vanno distribuite. Il Lancisi avrà più spazi e più autonomia di budget e più sale chirurgiche e più modalità di essere ancora il centro di eccellenza per tutta la regione e non solo, il Salesi avrà più risorse da questa riorganizzazione e noi puntiamo molto sul reinvestimento di risorse risparmiate nel Salesi, puntiamo molto a fare del Salesi veramente un’eccellenza che non sia solamente una battaglia da affrontare con la bandierina dell’autonomia e vi assicuro che gli strumenti sono precisi, non possiamo ridurli soltanto a una questione nominalistica. Gli strumenti ci sono, vanno attentamente monitorati, vanno attentamente reinvestiti, attentamente controllati. Lì dobbiamo fare la battaglia di qualità e superiamo questo discorso che invece stiamo facendo tutti con le bandierine del Piceno, del Maceratese. E’ come se mettessimo una bandierina sopra un ospedale e quello diventa potenziato, funziona bene, attiva mobilità attiva, fa tutti i discorsi di qualità, garantisce servizi e così via. Questa è veramente un’opera misera, spero che non la facciamo più per questa sera.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Vorrei ricordare all’assessore, ma anche a Stefania Benatti, che vale la pena di fare un ragionamento sulle eccellenze, legato però non tanto alla loro localizzazione, per cui scatta immediatamente il meccanismo di chi è pro o a favore di Ancona, ma legato agli indicatori qualitativi e quantitativi. L’assessore verrà con dati aggiornati rispetto a quelli che io posso produrre in questo momento. Ricordo di avere lavorato su dati 2001 che portavano ad avere circa 28.654 marchigiani che andavano fuori regione, il piano dice 179 miliardi. Di questi, 11.700 sono della provincia di Pesaro, 7.000 della provincia di Ascoli, 4.0000 di Macerata e 5.000 di Ancona, in percentuali 40% Ps, 24% Ap, 16% Mc e 18% An. Questo ci interessa direttamente, poi non necessariamente la forma è l’aziendalizzazione, per il Piceno vale quello che vale per il San Salvatore, nel senso che ci può essere benissimo un’altra forma e non l’aziendalizzazione, sia per Pesaro che per il Piceno, ma i discorsi devono essere comunque speculari. In ogni caso la mobilità passiva è un grande problema per questa Regione, perché spendiamo soldi in mobilità passiva, tantissimi e non sono declinate grandi politiche, nel piano. Poi vedremo anche che non si vogliono fare politiche che tendano a mettere le eccellenze in altri luoghi. Per questo dovremo ragionare sul Lancisi e lo faremo domani e fra un po’ dovremo farlo anche sul Salesi, per capire perché sì e perché no, qual è la politica che si fa verso l’infanzia, altrimenti diventa tutto nominalistico, “sta ad Ancona e lo difendo”, oppure “sta ad Ancona e non lo voglio difendere” e non si capisce il merito delle politiche sanitarie, mentre vale la pena dividersi, se ci si vuol dividere, su qualcosa che indichi direttamente la qualità, rispetto alla quale ognuno dice quello che sa dire, ma è già altra cosa.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.
LUCIANO AGOSTINI. Delle brevissime considerazioni per dire che non sono d’accordo con questo emendamento, anche in ragione delle considerazioni che faceva il collega Castelli. Io penso che sarebbe sbagliato se potenziassimo o tentassimo di potenziare l’offerta sanitaria sul territorio, in particolare nelle aree di confine, appiccicando l’etichetta di azienda ospedaliera, non risolverebbe assolutamente il problema di aumentare l’offerta sanitaria. Sono il modo come si procede all’organizzazione del piano, così come si distribuiscono i servizi, le scelte che sui servizi si fanno in relazione al territorio, che devono portare all’aumento della qualità. In questi anni una redistribuzione delle risorse in maniera più equilibrata che nel passato è stata fatta. Ricordo anche, al consigliere Castelli, che negli ultimi anni abbiamo recuperato nella nostra zona, in particolare nella Asl 13 qualcosa come il 34% di mobilità passiva, quindi è evidente che se aumentiamo complessivamente l’offerta sanitaria, l’offerta di servizi, che non è solo quella ospedaliera, si possono raggiungere risultati importanti. In questa direzione mi premurerei più di consolidare un risultato importante che andremo ad approvare nel piano di riordino dei servizi sanitari, dove ci sono le scelte per le aree di confine, piuttosto che anticipare l’etichetta di azienda ospedaliera che non risolve di per sé il problema, perché non è l’aumento di servizio ospedaliero che aumenta l’offerta sanitaria complessiva e la dimostrazione l’abbiamo avuta in questi anni recuperando il 34%, aumentando complessivamente il livello di servizi in un’area di confine. Per quanto mi riguarda sono molto più soddisfatto se nella scelta di nuovo pano sanitario ci sono servizi come emodinamica, la scelta di neurochirurgia da consolidare nelle aree di confine, queste sono le scelte che portano a consolidare il servizio e a recuperare mobilità passiva, non l’istituzione di per sé di un’azienda ospedaliera che non significa niente se a questo non sono collegati i servizi. E’ culturalmente e politicamente sbagliato dire in maniera superficiale che quelle sono scelte che fanno parte di qualcosa che dovrà essere definito, mentre le aziende ospedaliere di per sé definiscono un miglioramento dell’offerta sanitaria. In questa direzione i Consigli comunali e noi abbiamo sostenuto che un ospedale unico, tra Ascoli e San Benedetto può aumentare il livello dei servizi con il recupero delle risorse finanziarie, per aumentare il livello dei servizi complessivi, perché è la crescita complessiva del servizio che recupera mobilità passiva, non l’etichetta di una struttura da azienda territoriale ad azienda ospedaliera.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.
ReMIGIO CERONI. Nella giornata di ieri abbiamo cercato di capire le ragioni che spingevano la Giunta regionale a operare la riforma del servizio sanitario regionale, abbiamo parlato del personale che ha fatto lievitare i costi con 1.740 assunzioni dal 1998 al 2001, abbiamo parlato della mancata razionalizzazione della rete ospedaliera, della mancata adozione dei provvedimenti sulla farmaceutica e delle rate dei mutui sui debiti prodotti dalla gestione del servizio. Poi abbiamo detto che c’è anche la mancata attivazione delle politiche di prevenzione, la carenza delle risorse per l’assistenza distrettuale che fa aumentare la spesa ospedaliera.
Bisogna ridurre la spesa, e allora l’azienda ospedaliera che propone Trenta non si può realizzare, perché diventerebbe un centro di costo che aumenterebbe i costi. Chiedo all’assessore che motivo ha tenere in piedi la Asl di Pesaro che ha 61 posti letto, cioè mantenere in piedi l’organizzazione di una Asl con un direttore generale, con tutta la struttura che ciò porta dietro, per 61 posti letto. Se ci sono delle ragioni che fanno tenere in piedi una Asl come quella di Pesaro, penso che vi siano altrettante ragioni importanti per votare, per organizzare l’azienda ospedaliera del Piceno, tenuto conto che l’azienda ospedaliera autonoma favorisce le alte specialità e le alte specialità sono carenti nella provincia di Ascoli Piceno, vista la mobilità. Naturalmente questo può nascondere degli interessi, perché solo dalla Asl di Fermo abbiamo avuto lo scorso anno 90 miliardi di mobilità verso quella di Ancona. Chiedo all’assessore di dare una risposta anche rispetto a questo.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Sarò molto sintetico per non favorire l’ostruzionismo della maggioranza.
Credo sia difficile far passare una cultura che non veda in una visione “ospedalocentrica” un sistema sanitario. Purtroppo dentro questo Consiglio continua un percorso di questo genere. A parte che questo significherebbe l’esclusione dell’ospedale di Novafeltria, ma vorrei ricordare al collega Ceroni che la funzione territoriale della Asl di Pesaro è una funzione molto diffusa sul territorio, anche di grande qualità, quindi quando si misura un’azienda territoriale non si considera soltanto quello che avviene dentro un ospedale di 60 posti letto ma c’è tutto un percorso di funzione complessa e complessiva di prevenzione che ha una grande storia, di residenzialità post-acuzie che ha una grande storia, per cui va bene la semplificazione amministrativa che vogliamo fare, ma non si può spiegare con questo la chiusura di un’azienda, complessivamente.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/6. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Ribadisco una posizione che ho assunto nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Noi ci siamo comportati lealmente, siamo venuti in aula, abbiamo accettato delle regole che sono limitative dell’azione dell’opposizione, a condizione che alle 24 il Consiglio terminasse.
Ripropongo questa questione. Se non è così io sono disposto a rimanere fin quando volete, però è evidente che da questo momento cambia regime, non mi sento più vincolato ad alcun impegno, parliamo e discutiamo su tutto.
Ascoli, ho l’impressione che tu hai sbagliato regione. Ho sentito una descrizione del sistema sanitario regionale, della mobilità passiva in decremento, fra un po’ dirai che il sistema sanitario è in attivo... Così come Franceschetti: non prendiamoci “per i fondelli”. Tu sei persona intelligente, che io stimo, così come è intelligente Silenzi, anche se qualche volta si diverte a fare i giochi in Consiglio regionale, ma non ti può sfuggire il fatto che gli emendamenti presentati hanno una richiesta massimale e una richiesta minimale. C’è una richiesta complessiva sull’aziendalizzazione delle Marche, c’è questo emendamento che prevede solamente l’aziendalizzazione del Salesi. Di fronte ad una posizione di blindatura vi abbiamo voluto offrire la possibilità di acquisire un minimo di dignità, Tontini e di assumere una posizione. Non siamo arrivati alle buffonate a cui abbiamo assistito, inventando dizioni tecniche particolari per segnalare una presunta autonomia del Lancisi o del Salesi, come siete arrivati a fare senza dignità, oggi, in questo Consiglio. Abbiamo avuto il coraggio di tenere fin dal primo momento una posizione chiara, abbiamo detto che il sistema delle aziende sanitarie non andava messo in discussione perché non era quello il motivo della crisi, abbiamo sempre detto che andava difesa l’autonomia del Salesi e del Lancisi in questi due anni, sfido chiunque a trovare un atto di forza Italia che dica il contrario. (Interruzione). Cara Benatti, tu non c’eri, sei arrivata adesso, sei nuova, sei giovane e inesperta, ma anche sprovveduta, perché non puoi venire ad affrontare il piano sanitario regionale senza avere avuto la precauzione di leggerti il vecchio piano che prevedeva a livello delle alte specialità un riequilibrio territoriale per le zone di confine. Una previsione del piano che non è stata minimamente realizzata sui versanti di Ascoli, Macerata e Pesaro. Non si è fatto nulla rispetto ad una previsione che diceva il contrario. La cosa desolante è che di fronte ad una proposta comunque di contenuto non si risponde nel merito dicendo “il Salesi non merita”, “il Lancisi non merita”, “sistema delle Asl”. Siete qui a dire “è un tentativo di strumentalizzazione”. Siete incoerenti, andate a cercare il pelo nell’uovo di una presunta differenza rispetto alle posizioni dei gruppi della maggioranza. Non si va lontano così, abbiate il coraggio di dire che siete contro, come ha detto Ascoli: l’autonomia del Salesi è una cosa inutile, l’autonomia del Lancisi è una cosa superata, sapendo che questa scelta porterà il Lancisi e il Salesi a diventare due reparti di un grande ospedale anconetano, perché questa è la prospettiva. Rispetto a ciò, questi emendamenti hanno un solo significato: ribadire la nostra scelta per un sistema delle Asl articolato così come è stato articolato in passato, ribadire il nostro giudizio sul mantenimento dell’autonomia del Lancisi e del Salesi, perché questo dicono gli emendamenti del gruppo di Forza Italia, il no all’azienda unica regionale, una posizione chiarissima. Comunque questo è un emendamento specifico da cui non si può sfuggire, perché c’è la previsione di una sola azienda. Chiediamo che il Salesi rimanga azienda ospedaliera e su questo chiedo io il voto nominale a nome dell’amico Brini e del consigliere Ceroni.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.
Franca ROMAGNOLI. Abbiamo accettato tempi contingentati, ma da domani credo che non lo faremo più, perché non c’è motivo per accettare delle regole unilaterali, vista la mancanza assoluta di volontà di accogliere, non dico questi che sono emendamenti strutturali, ma il benché minimo emendamento. I primi potevano essere accolti, erano questioni letterali e di termini. La blindatura che non avevate ottenuto tra di voi nell’Asur che poi avete rimaneggiato, la cercate ora negli emendamenti e nella discussione, quindi domani cambieremo anche noi sistema.
Parlo ora per non parlare sugli altri emendamenti relativi a queste Asl. Non stiamo giocando sui numeri, noi abbiamo fatto una serie di emendamenti proponendo il numero minimo di 5 Asl, quindi una successione, per riaprire il discorso sulla pluralità delle Asl, perché crediamo nell’azienda sanitaria con personalità giuridica, così come ci credete voi, perché siete voi ad aver proposto, oggi, questo interregno istituito con la norma transitoria art. 26 proprio perché la personalità giuridica delle Asl è importante, proprio perché qualcuno, oltre noi, ve l’ha chiesta e proprio perché lo stesso Presidente, prima, parlando e facendo le sue comunicazioni, ha detto chiaramente che si vuole così evitare l’immagine di lontananza delle decisioni, tutto quello che alla Asur poteva essere collegato, noi diciamo evitando l’Asur, voi dite posticipando come una bomba a orologeria l’Asur stessa o comunque la perdita della personalità giuridica di queste aziende. Ci credete anche voi, tanto che le avete ripristinate o comunque, per un periodo di due anni questa personalità che poi è ridotta, che poi è una sorta di riabilitazione, una sorta di interdizione, avete scritto che è necessario si mantenga. Proprio su questo che è il presupposto dell’esercizio vero e proprio dell’autonomia dei territori, autonomia che non si esercita mediante poteri esclusivamente di gestione ma che si esercita mediante poteri decisionali, poteri di amministrazione finanziaria, di esercizio di bilancio, tutto quello che le aziende, ora chiamate zone, perderanno fra qualche tempo e che in parte perdono ora, proprio per queste ragioni abbiamo ritenuto di aprire un ventaglio di ipotesi per mettervi, d’altronde, a vostro agio. Anche voi avete fatto in alcuni casi, sulle aziende ospedaliere, autonomia sì-autonomia no, proposto cose apparentemente contraddittorie. Noi però, a differenza vostra le raccogliamo, perché qualcosa di quello che proponete ci piacerà, ad esempio il Salesi, ed in massa lo voteremo. Quindi siamo più propensi di voi a raccogliere le cose buone che anche dall’altra parte possono venire. D’altronde è risibile l’ironia sui nomi, perché voi avete istituito una Asl unica, consociata con 13 consorelle, quindi ditemi dove sta l’unicità: neanche in senso evangelico dove si disquisisce sull’unigenito, sul soligenito. Qui è proprio così: unigenito, primogenito, cioè unica ma nello stesso tempo, a seguire 13 sorelle. C’è l’interpretazione evangelica su questo essere unico od essere invece primo di più figli di Gesù Cristo, da parte di chi interpreta alla lettera — peraltro male — l’ebraico. Così è il caso vostro: ridete sui numeri, quando poi ci proponete delle cose bizzarre anche dal punto di vista grammaticale e dei nomi adoperati.
Concludo dicendo che non venderemo gli emendamenti così come probabilmente faranno loro, perché crediamo in quello che facciamo, proviamo a farlo approvare, vediamo che non c’è nessuna disponibilità. Per quanto mi riguarda, il fatto di fermarmi a votare positivamente cinque Asl e non di meno non è per una stupida questione di campanile, per quanto io creda nel riconoscimento di questo ambito e di questa zona dal punto di vista dell’autonomia amministrativa — ed è in corso un iter parlamentare per riconoscerla — ma credo che questa Regione abbia a sua volta riconosciuto la stessa cosa in cui credo io quando, nel 1991 ha dato parere per l’istituzione della Provincia di Fermo, riconoscendo già di fatto questo quinto ambito nella regione e riconoscendolo anche in altre occasioni, manifestazioni o situazioni amministrativo-politiche. Quindi non c’è niente di risibile in questo, non c’è del becero campanilismo, c’è una sintonia con quanto la Regione, nel 1991 ha già riconosciuto.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.
SILVANA AMATI. Credo che oggi non sia una buona giornata, devo dirlo con onestà, perché ritengo che complessivamente ciascuno di noi avrebbe potuto dare meglio di quello che ha dato all’immagine esterna del Consiglio regionale e siccome da tanti anni siamo qui, abbiamo vissuto con sofferenza le difficoltà, gli attriti, i modi di intervenire inappropriati e anche le forme irrituali che mi sembra questa sera si ripetano. Intervengo solo per dire all’amico Giannotti che questo emendamento non rappresenta quella diversità che lui sottolineava. Tu sai bene Giannotti, che io, pur convinta di non avere i numeri, anche se li chiederò, ho presentato insieme al collega Avenali un emendamento che parla dell’azienda ospedaliera Salesi, però non possiamo dire qui, per correttezza tra noi, che in questo emendamento c’è questa specificità, perché c’è questa insieme alla riconferma delle 13 Asl. Non usiamo finzioni nominalistiche: è chiaro che qui c’è una giusta posizione vostra che ripropone situazioni diverse, però il fatto che qui sia comunque riproposta in blocco, in ognuna delle varianti, la riconferma delle 13 Asl così come esse erano prima, rappresenta evidentemente una condizione che non consente, neanche volendo dare un segno, di convergere su questo emendamento.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 2/6 per appello nominale a nome Giannotti, Favia e Brini.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi assente
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. Il consigliere Giannotti ha chiesto nell’intervento precedente di tornare sulla durata dei nostri lavori. Nella Conferenza dei presidenti di gruppo avevamo stabilito che a mezzanotte avremmo fatto un bilancio del nostro procedere. Il bilancio ci dice che in quattro ore abbiamo fatto 15 emendamenti, ne abbiamo 180. Se siete d’accordo direi di continuare, nel frattempo i presidenti dei gruppi di minoranza con il presidente della Commissione sfoltiscono in primo luogo gli emendamenti all’art. 2, in secondo luogo concentrano l’attenzione agli emendamenti interessanti, che non possono essere tutti 180, dando dimostrazione di non assumere un atteggiamento che ci porta a farci reciprocamente del male, non utile. (Interruzione). Dobbiamo prendere la decisione di chiudere la legge domani.
CARLO CICCIOLI. Presidente, c’è stata un’intesa tra gentiluomini che noi non avremmo utilizzato tutti gli strumenti a disposizione — ha parlato sempre uno per gruppo — e che, viceversa, non ci sarebbe stato un accaparramento troppo forte del tempo da parte della maggioranza. Se questo non è faccio una proposta semplice: ci sono una serie di emendamenti strutturalmente inaccettabili dal punto di vista ideologico da parte della Giunta, poi con l’emendamento 2/9 non c’è un discorso di principio ma di merito, così come con altri tre emendamenti del gruppo di An, così come con alcuni successivi. Si entra in una discussione non più di facciata ma di sostanza. Se si smette dopo queste altre due votazioni, si comincia domani mattina alle 10 e si va avanti, con un po’ di sacrificio, non potete imporre, entro domani, di chiudere, perché questo non sta scritto da nessuna parte. Io sono uno di quelli che sta qui tutta la notte e domani mattina pure, senza smettere, insieme a una parte del mio gruppo e parleremo su tutto, votando su tutto per appello nominale, per divisione, perché questo ci è consentito dal regolamento, rompendo ogni tipo di accordo. Se invece volete discutere in termini decenti, un paio di giorni per un atto così importante direi che sono pochi, però diciamo che sono accettabili. Quindi noi proponiamo di trattare altri due articoli per poi fermarci, in modo che domani mattina, freschi, cominciamo a discutere correttamente, sempre con l’accordo di uno per gruppo. Toglietevi dalla testa di chiudere per domani, perché non ve lo facciamo fare. La maggioranza dovrebbe accogliere questa proposta di buon senso — avete visto che abbiamo rinunciato alla discussione generale, abbiamo rinunciato a fare le dichiarazioni di voto, su qualche cosa è stato chiesto l’appello nominale, ma su poco — ma se ritenete di non accoglierla siamo qui, noi ci daremo il cambio, però ce la faremo. Noi ci impegniamo per giovedì sera a chiudere il riordino, poi possiamo fare la Conferenza dei presidenti di gruppo per decidere se venerdì cominciamo con il piano, oppure se lunedì convochiamo il Consiglio sul piano.
PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Se la proposta di Ciccioli è seria, e penso che sia seria, deve essere però accompagnata dal discorso che in settimana finiamo anche il piano.
CARLO CICCIOLI. Abbiamo presentato 415 emendamenti, alcuni dei quali sono tecnici...
ROBERTO GIANNOTTI. Voi sapete che su 400 emendamenti al piano, 200 sono ostruzionistici, che si fanno se andiamo avanti così. Se si apre un discorso ragionevole, probabilmente non sarà così.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Sto cercando di fare un discorso ragionevole. A questo punto possiamo cercare di fare questi due emendamenti, poi sospendiamo, però nel giro della settimana facciamo anche il piano. Se dobbiamo lavorare anche sabato, lavoreremo anche sabato.
Se da persone ragionevoli ci diciamo che adesso smettiamo ed entro la settimana approviamo anche il piano, per noi va bene.
PRESIDENTE. Chiudiamo questa sera con altri due emendamenti, però se si prende l’impegno di ricominciare alle 10, di chiudere domani se ce la facciamo, altrimenti dopodomani, questo significa solo una cosa, senza che ci prendiamo in giro: ridurre drasticamente il numero degli emendamenti. Se l’obiettivo è di andare a giovedì andiamo a giovedì, ma facciamolo con un numero di emendamenti adeguato, che non serve a niente. Se dobbiamo concordare che si conclude giovedì, concluderemo giovedì mattina ma riducete gli emendamenti, altrimenti non si conclude giovedì.
Siete d’accordo? Prima si sfoltiscono gli emendamenti, insieme al presidente della Commissione e giovedì la partita si chiude.
Emendamento n. 2/7. Lo pongo in votazione.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/8. Lo pongo in votazione.
Il Consiglio non approva
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 0,30
del giorno 28.6.2003
Proposte di legge (Seguito discussione generale e votazione articoli):
«Riordino del servizio sanitario regionale» Giunta (134)
«Riordino del servizio sanitario regionale della regione Marche» iniziativa popolare (165)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta. Ha la parola l’assessore Rocchi.
LIDIO ROCCHI. La Giunta chiede una sospensione della seduta fino alle 18,30.
PRESIDENTE. Il presidente della V Commissione ha invece chiesto la convocazione della Commissione stessa alle 17,30.
Ha la parola il consigliere Viventi.
LUIGI VIVENTI. Credo che questo Consiglio regionale debba mantenere un minimo di dignità. Da questa mattina alle 10 siamo qui a fare i “garzoni”. Non prendiamoci qui in giro: sono arrivate qui notizie che da una parte si stravolgeva il piano, poi alle 14 sono arrivate notizie che questo non è più vero e si arrabbiano i sindacati. A me sta bene il ruolo che svolgono Cgil-Cisl-Uil, ma noi come minoranza consiliare, siamo stati tenuti per due anni al di fuori della gestione di questa materia, che è la materia centrale di questa legislatura, non possiamo oggi consentirvi di trattarci da “garzoni”. Questa mattina una cosa, oggi pomeriggio un’altra, si riunisce la V Commissione e il Vicepresidente Pistarelli non sa niente, poi magari alle 19 verrete qui dicendoci “ci vediamo domani mattina”. E’ allora più serio dire “non siamo nelle condizioni politiche di proseguire questa seduta”, quindi la sciogliamo e ci vediamo domani mattina. Non teneteci qui a fare gli zimbelli fino alle 19.
Questa è una dichiarazione che faccio fuori dei denti, ma è evidente anche a un cieco che siete in difficoltà e non siete in grado di riprendere i lavori. Diteci chiaramente “siamo in difficoltà, ci vediamo domani mattina”, è più serio.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.
ROBERTO TONTINI. Capisco le osservazioni svolte dal collega Viventi, comunque già questa mattina noi abbiamo iniziato una discussione abbastanza approfondita. Ci sono alcune cose rilevate, relativamente alla fase aperta di trattative, che è palese e che abbiamo anche cercato di spiegare questa mattina a cosa tende, in che direzione sta cercando di portare. Non c’è quindi qualche cosa di strano. Sono tempi che la Giunta sta chiedendo per un ragionamento alla luce del sole. Questa mattina più interventi hanno evidenziato quali sono i termini della questione. La richiesta è di un tempo limitato, si chiede un’ora e mezza di sospensione perché è il tempo entro il quale si pensa di chiudere l’operazione ed entro il quale si ha la possibilità di riprendere gli accordi che tutti insieme come maggioranza avevamo preso perché si arrivasse a concludere i lavori entro una certa data, anche questa dichiarata e alla luce del sole, entro la scadenza dei commissari di governo, cosa rispetto alla quale tutti, come capigruppo di maggioranza e di opposizione, avevamo concordato. E’ vero che c’è una novità rispetto al programma dei lavori. E’ cosa di cui politicamente credo vada preso atto ed è una richiesta forte: si chiede il rinvio di un’ora e mezza, per continuare poi con i lavori del Consiglio così come previsti e nell’ordine così come tutti insieme avevamo concordato. Quindi siamo d’accordo rispetto alla proposta della Giunta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Sono sbalordito, nel senso che oggi, nelle Marche sono successe due questioni che hanno non poca rilevanza: la mobilitazione popolare di questa mattina che ha coinvolto il Consiglio, ha espresso uno stato d’animo diffuso nella regione da parte dei lavoratori ma non solo; l’attenzione che al nostro dibattito viene data dai mezzi di comunicazione. Tutto ciò testimonia l’importanza del tema che siamo stati chiamati a discutere e ad approvare. Rispetto a questo prendiamo atto della manifesta incapacità dell’Esecutivo di presentare una proposta di riforma che risponda ai bisogni delle Marche, credo che questo sia il dato politico. Dopodiché, tutto il resto diventa un problema di costume politico, non credo che ci si possa accontentare di una comunicazione formalissima, fatta peraltro con dignità dall’assessore al turismo, quando avremmo preferito che fosse stato il Presidente a venire in aula e a spiegarci i termini della rottura con il sindacato. Non credo che questa sia una questione di poco conto, cioè che il Consiglio regionale sia informato dello stato dell’arte, di come stanno le cose, di quali sono le questioni in discussione, i punti di scontro e i punti d’incontro. Credo che questo sia doveroso nei confronti della nostra dignità di consiglieri regionali. Fra l’altro non si capisce bene se dobbiamo rispondere alla proposta della Giunta di dilazionare il dibattito o del Presidente di convocare la Commissione consiliare. Mi rimetto alla volontà del Consigli, perché credo che una questione come questa non possa che essere valutata collegialmente dal Consiglio regionale, però esprimo il pieno dissenso politico e una ferma condanna dell’atteggiamento della Giunta regionale, che ancora una volta sta dimostrando la propria incapacità a governare i problemi delle Marche.
CRISTINA CECCHINI. Chiedo al Presidente in quale fase siamo, del dibattito. Non ci sono più iscritti consiglieri a parlare, quindi art. 41, primo comma, il Presidente deve dichiarare chiusa la discussione generale. Dopodiché è data facoltà di parlare ai relatori, che non ci sono e ai rappresentanti della Giunta che non l’hanno chiesto, perché Rocchi non ha chiesto di parlare per chiudere, a nome della Giunta, la discussione, ha chiesto solo di rinviare. Siamo in questa fase, quindi anzitutto bisogna votare l’eventuale sospensione richiesta dalla Giunta e su questa proposta mi pronuncio negativamente, nel senso che è troppo extraistituzionale questa discussione in aula, il Consiglio è esautorato, il Presidente della Giunta non c’è mai, tratta e poi disfa gli accordi che fa, non si capisce che cosa il Consiglio regionale dovrebbe fare, quindi rispetto alla proposta della Giunta mi permetto di dire di no e di votare contro, chiedendo invece alla Giunta di venire in aula a relazionare, altrimenti avanzo un’ulteriore proposta che è quella di presentare, con alcuni consiglieri che lo vorranno fare, un ordine del giorno ai sensi dell’art. 81 di non passaggio agli articoli della legge, proprio perché, essendo dichiarata chiusa la discussione, possiamo votare l’art. 81 e c’è un ordine del giorno già pronto che lo chiede, per fare in modo che non si proceda alla votazione di questa legge.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Il problema fondamentale è un altro. Non è nemmeno eccessivamente regolare che ci sia stata la protrazione della discussione questa mattina, perché ieri sera non c’erano più iscritti a parlare ed è norma che le iscrizioni avvengano entro la relazione. Le iscrizioni sono state fatte dopo il mio intervento. Ma il problema non è questo. Il problema è che il Presidente non è mai stato presente nel momento in cui si è discussa una delle leggi più importanti, se non la più importante. A questo punto chiedo che si voti subito o che il Presidente rimandi a domani mattina la convocazione del Consiglio.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
FABIO PISTARELLI. Dichiaro a nome di tutto il gruppo e dell’intera Casa delle libertà che le parole del consigliere Viventi sono assolutamente condivisibili, dovrebbero esserlo da parte di tutti, perché tutti siamo esautorati in questo momento dal nostro ruolo, dalla nostra funzione che è quella di discutere e di dibattere in quest’aula una proposta di legge.
Noi chiediamo il non passaggio agli articoli. E’ finita la discussione generale, la proposta di legge non mi pare che abbia trovato consenso, né in quest’aula né fuori, quest’aula deve decidere, quindi vi sono tutte le condizioni politico-formali per dire questo: non passaggio agli articoli, per far riappropriare questo Consiglio regionale del suo ruolo e della sua funzione: si discute in Commissione, si riporta in Commissione il dibattito, correttamente e formalmente, su tutte le proposte emendative, soppressive, aggiuntive, modificative comunque della proposta di legge e poi si ritorna in aula quando la proposta di legge avrà trovato un assetto almeno di maggioranza.
Consegno l’ordine del giorno di non passaggio agli articoli e chiedo di porlo subito in votazione.
PRESIDENTE. Sono state avanzate tre richieste. La prima, da parte della Giunta, è di rinvio dell’Assemblea alle 18,30. La seconda è di rinvio a domani mattina. La terza è quella del consigliere Pistarelli di utilizzare l’art. 81, che normalmente viene utilizzato alla fine della discussione generale, prima della valutazione degli articoli. La discussione generale in questo momento non è chiusa, io ho detto questa mattina che devono ancora intervenire Silenzi e Melappioni. Anche i capigruppo di minoranza sanno che Silenzi e Melappioni sono iscritti a intervenire.
ROBERTO TONTINI. Prima di passare alla votazione, mi vedo costretto, visto un atteggiamento che credo serva a poco rispetto al concreto di ciò che in queste ore andiamo a decidere, a chiedere la verifica del numero legale. (Proteste da parte dei gruppi di minoranza).
FABIO PISTARELLI. Bravi, bravi! (Clamori da parte dei gruppi di minoranza)
PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale. Nomino consiglieri segretari i consiglieri Avenali e Castelli.
FERDINANDO AVENALI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Spacca assente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi presente
Agostini assente
Amagliani assente
Amati presente
Ascoli assente
Avenali presente
Benatti assente
Brini presente
Castelli presente
Cecchini presente
Ceroni presente
Cesaroni presente
Ciccioli presente
D’Ambrosio assente
D’Angelo assente
Donati assente
Favia assente
Franceschetti assente
Gasperi presente
Giannotti presente
Grandinetti assente
Luchetti assente
Martoni assente
Massi Gentiloni Silveri presente
Melappioni assente
Minardi presente
Modesti presente
Mollaroli assente
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli presente
Procaccini assente
Ricci assente
Rocchi presente
Romagnoli presente
Secchiaroli assente
Silenzi assente
PRESIDENTE. Sono presenti n. 18 consiglieri, quindi non esiste numero legale, quindi il Consiglio è convocato con lo stesso ordine del giorno per domani. (Clamori da parte dei gruppi di minoranza) Volete che convochi il Consiglio per le 18,30? Prima non vi stava bene, però. Credevo che, volendo voi rifiutare il rinvio alle 18,30, non vi andava bene che lo imponessi io; se invece volete il rinvio alle 18,30 per me va benissimo.
La seduta è sospesa. Riprenderà alle 18,30.
La seduta, sospesa alle 17,00,
riprende alle 18,40
PRESIDENTE. Riprende la seduta. Ha la parola, per le conclusioni della discussione generale il Presidente della Giunta.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Tocca a me, per compito istituzionale chiudere la discussione generale su un atto di notevole importanza, il primo degli atti di notevole importanza che porterà il sistema sanitario marchigiano ad una riforma notevole che si ispiri ad alcuni principi e che sia, soprattutto, sottratto ad una disputa nominalistica, perché nella sostanza è la cosa fondamentale e nella sostanza noi pensiamo di avere posto le basi di quello che nel successivo atto che prenderemo in esame, cioè il piano sanitario regionale, abbiamo chiamato “Alleanza per la salute”.
Noi riteniamo che ci sono alcuni modelli di sanità, ai quali ci ispiriamo; ci sono altri modelli di qualità, che sono quelli a cui non ci ispiriamo e non vogliamo ispirarci.
Vorrei iniziare proprio dall’intervista che ieri ha fatto il responsabile nazionale della salute, il ministro Sirchia, il quale ha riconosciuto alcuni dati che sono ormai di dominio pubblico, complessivo, che cioè la previsione di risorse nel bilancio nazionale per far fronte alle richieste, alle esigenze, ai bisogni della popolazione italiana in materia di salute, questo stanziamento di risorse è fortemente insufficiente, non perché, come si tende da qualche parte a far apparire, tutte le Regioni sono sprecone in materia, ma perché, se alziamo gli occhi dal cortile di casa nostra e guardiamo intorno, il trend di crescita della spesa sanitaria in Italia è sulla stessa linea di tutta l’Europa occidentale, oscilla annualmente fra il 6 e l’8%. La previsione invece del bilancio nazionale prevede per quest’anno un incremento del 3,4%. C’è da coprire questa forbice, c’è da far fronte a questo tipo di esigenza con un Governo che, per bocca del ministro ipotizza una risposta che è quella dell’alleanza tra le Regioni e il sistema assicurativo privato. A noi non va bene questo modello, lo diciamo fin dall’inizio, questo è un modello che non ci piace, nel quale sono previste differenze di risposte non a seconda della differenza dei bisogni ma a seconda della differenza del censo e questo a noi non sta bene. Noi vogliamo e continuiamo a volere una sanità che abbia alcune caratteristiche, che sostanzialmente può essere indicata ed individuata come una sanità che sia universalistica, che sia ugualitaria, che preveda un unico “assicuratore di ultima istanza” che è lo Stato o comunque il pubblico, una sanità pubblica che faccia fronte a questo tipo di esigenze.
Fin dall’inizio ci siamo trovati a dover fare alcune scelte difficili, alcune scelte complicate. Le scelte della sanità, in tutti i paesi del mondo e in tutte le Regioni d’Italia hanno attraversato momenti di grande difficoltà, di grande fibrillazione, perché la scelta fra l’uno e l’altro modello è una scelta non facile ma soprattutto nell’uno e nell’altro modello rimangono, sia pure diversamente affrontati i problemi di ritrovare una dimensione economica che non sia soltanto espressione di mentalità ragionieristica. Non possiamo rispondere alle esigenze e ai bisogni delle popolazioni soltanto facendo i conti da ragionieri, ma non possiamo nemmeno ignorare questo, perché questo porterebbe al dissesto tutti i bilanci regionali, per quanto possano pesare un po’ più o un po’ meno le cifre della sanità sui bilanci delle Regioni, sui quali dal 2002 pesano. Questi sono stati i nostri punti di partenza.
L’altro punto di partenza importante è stato quello di individuare i punti deboli, le caratteristiche negative del sistema organizzativo marchigiano che, basato su una tradizionalmente diffusa risposta ospedaliera generalizzata, non può più accettare questo tipo di risposta perché è sbagliata, non perché è costosa. Si tratta quindi di recuperare la dimensione della risposta giusta al tipo di richiesta: dell’individuazione dei bisogni, della costruzione di percorsi che facciano sentire i cittadini tutti sicuri, non la falsa sicurezza di avere vicino casa un ospedale o un reparto che, per carenza di numeri, sia non un presidio ma un pericolo, un rischio. Lo sappiamo, ci sono dati su cui ormai c’è una concordanza generale: al di sotto di certi livelli quantitativi anche la qualità scade in maniera pericolosa e al di sotto di alcuni elementi scade in maniera ancora più rilevante e aumenta il rischio. Si può parlare tranquillamente dei reparti di ostetricia e ginecologia che, per i dati dell’OMS al di sotto degli 800-1.000 parti all’anno non offrono garanzie di sicurezza, al di sotto dei 500 cominciano a diventare rischiosi, più si scende e più diventano rischiosi.
Si tratta e si è trattato di recuperare una dimensione che desse alla risposta ospedaliera quello spazio che è necessario che abbia per rispondere alla fase acuta delle patologie, sia una fase acuta medica, sia una fase acuta chirurgica. Questo è il dato della sanità di oggi, questo è il dato a cui abbiamo cercato di avvicinare la sanità marchigiana.
Le Marche erano la regione con il più alto numero percentuale di piccoli ospedali rispetto alla popolazione, la tradizionale risposta era quella ospedaliera. Abbiamo voluto rovesciare questa logica e dare uno spazio sempre crescente alla medicina sul territorio, una medicina — che non è solo medicina — che si inquadra nell’attività di prevenzione, di mantenimento della salute. Ciò tenendo conto di un altro elemento di cui tutti parliamo ma di cui difficilmente tutti ci ricordiamo quando sarebbe necessario farlo: l’invecchiamento della popolazione marchigiana. Abbiamo una popolazione tra le più longeve d’Italia, una popolazione ultrasessantacinquenne in crescente crescita, tendendo al raggiungimento della percentuale della popolazione infraquindicenne. Questi sono gli elementi che rendono poi necessario un governo attento della sanità.
La popolazione anziana ha esigenze, per il mantenimento del livello di salute, che incidono e che richiedono maggiori risorse, ma ha anche esigenze alle quali non è possibile rispondere in maniera standard con lo strumento ospedaliero. Conosciamo tutti, perché l’abbiamo letto, perché qualche volta ci è capitato di esserne coinvolti, che la tendenza all’ospedalizzazione degli anziani a volte si diffonde come risposta del tutto impropria ad una impossibilità di far fronte alle richieste, ai bisogni di salute di soggetti che hanno esigenze maggiori e resistenze minori. Da questi punti siamo partiti con fatica, con un’opera lunghissima di attenzione, di consultazione, di ascolto nei territori, qui, con gli esponenti delle istituzioni, delle forze organizzate, sociali, dei sindacati, dei cittadini, degli operatori, con tutti quelli che nel mondo della sanità si trovano a dover interpretare un ruolo, tenendo conto di un dato: noi siamo convinti che la sanità e il funzionamento della sanità è e non può non essere nell’interesse degli utenti, questo è il dato fondamentale, che aiuta a mantenere nel giusto angolo ottico l’attenzione verso i problemi, verso le richieste, verso le esigenze, giuste, di chi lavora dentro, di chi interpreta ruoli, di chi esercita ruoli, ma tenendo conto, sempre, che il risultato finale deve essere attento e deve essere valutato, impostato per rispondere all’interesse dell’utente finale.
Questo è il dato nella nostra cultura assolutamente prevalente su tutto: i servizi pubblici sono a disposizione di chi utilizza questi servizi: la sanità è quindi soprattutto a disposizione degli utenti e deve rispondere alle loro esigenze.
Questa è la ragione che spiega la lunghezza di questo percorso che abbiamo iniziato, partendo dall’inidicazione dei dati di criticità — e li ho indicati — da una frammentazione, da una eccessiva risposta ospedaliera, quindi sbagliata, da una inappropriatezza delle risposte — che da questo punto di vista significa spreco di risorse e cattivo funzionamento del servizio — ha cercato di dare risposta a questo tipo di esigenze e ha cercato di dare risposta anche ad un altro problema, che è anche questo generale della sanità, quanto meno italiana. Parlo del problema di una erroneamente intesa ottica di concorrenzialità interna fra le istituzioni che sul territorio sono deputate ad occuparsi della sanità:. Il principio che va tecnicamente sotto il nome della mobilità passiva o della mobilità attiva, che significa mettere a punto strutture e risposte che siano in grado di attrarre dall’esterno e quindi di dare risposte non soltanto a chi è all’interno ma anche a chi viene dall’esterno, è stato applicato del tutto impropriamente anche nell’ambito intraregionale, come se il bilancio inattivo di una sola Asl fosse sufficiente a compensare l’eventuale bilancio passivo complessivo del sistema. Questo veniva dato da una eccessiva frammentazione, una frammentazione che era rimasta eccessiva anche quando siamo partiti già in fase di riduzione, quando dalle 24 aziende originariamente previste, impostate e fatte nascere nelle Marche, si era passati a 13 aziende territoriali, con la previsione ulteriore di aziende ospedaliere che hanno, anche qui, perso per strada alcune caratteristiche fondamentali, acquistando una specie di status legato al riconoscimento del titolo, del tutto indipendentemente dalla sostanza, come se, avendo io una Ford, ci mettessi dietro l’etichetta della Ferrari e pretendessi che quella fosse una Ferrari. Non è così. E’ importante allora che la macchina funzioni, è importante che renda al massimo delle sue prestazioni. E allora questo è il punto su cui abbiamo potuto e dovuto lavorare: le aziende ospedaliere hanno un senso e un significato nel momento in cui rispondono a specifiche esigenze, nel momento in cui sono un concentrato di risposta ospedaliera di alto livello, in grado di soddisfare le esigenze di una larga fascia di popolazione.
Noi siamo partiti da 13 aziende territoriali e 5 aziende ospedaliere, 4 nella città di Ancona e una nella città di Pesaro. Sicuramente una superdotazione per una popolazione di 1.418.000 abitanti. Abbiamo cercato di mettere ordine, di costruire un sistema a rete che desse risposte, tenendo conto anche che oggi, per fortuna il progresso della medicina e tecnico in generale, consente di dare risposte a rete, di organizzare un sistema che sia in grado di dare risposte a rete molto più degli anni immediatamente antecedenti i nostri e, soprattutto, l’accelerazione dei progressi tecnici consente di dare risposte molto più avanzate, molto più veloci, molto più appropriate. Ma anche qui abbiamo dovuto fare i conti con una realtà che è sotto gli occhi di tutti, perché nell’ambito del mondo della salute e della richiesta della salute, l’offerta spesso genera la domanda. Tutte le volte che è stata acquistata un’altra Tac, sono aumentate le richieste di Tac, ogni volta che è stata acquistata un’altra risonanza magnetica sono aumentate le richieste di risonanza magnetica, in una specie di spirale che richiede una stretta alleanza fra chi fornisce servizi, chi dà risposte e chi chiede servizi, che non sono quasi mai i cittadini da soli ma sono, ovviamente, quelle prime figure professionali a cui si rivolgono i cittadini, cioè i medici di base, i medici di famiglia e i medici specialisti. Questo è il tipo di alleanza che abbiamo cercato di stipulare. Mi rendo conto di dire cose ovvie, però lasciatemele dire tutte, altrimenti corriamo il rischio di affrontare un tema di questo spessore settorializzando molto soltanto per ragioni di strumentale, ma ammissibilissima, contrapposizione politica. Poi ci contrapporremo nel voto, ma almeno...
ROBERTO GIANNOTTI. Perché non ha sentito quello che abbiamo detto...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho letto Giannotti, sono ancora capace di leggere.
Da questo punto di vista è anche importante mettere in piedi dei meccanismi che controllino un altro elemento distorsivo, che, prima ancora che di spreco è di danno per la salute, cioè l’uso eccessivo e quindi inappropriato, di farmaci, con tutti i meccanismi che conosciamo bene, per cui ogni nostra abitazione ha un armadietto farmaceutico pieno per la metà di medicine che o non servono o non servono più o comunque sono state acquistate in misura superiore, come se tesaurizzare le medicine comportasse dei vantaggi di per sé.
L’educazione ad un corretto uso dei farmaci non può passare attraverso l’imposizione di un ticket, se non è accompagnata e incardinata su una corretta educazione, se non è incardinata su alcuni elementi forti che dobbiamo richiedere. Non il ticket, dobbiamo chiedere con forza che le confezioni dei medicinali siano come in Svezia, come in Finlandia dove ti danno 7 pillole se il medico ti ha ordinato una cura per 7 giorni e non una scatola da 10 perché comunque si vende solo la scatola da 10, o da 20. Questo è l’altro meccanismo che abbiamo messo in moto e che comincia ad avere dei risultati positivi.
Fatte queste premesse abbiamo dovuto, nel guardarci intorno, nel fare l’inventario dei punti critici ma anche delle risorse, come impostare al meglio il rapporto con quella che rimane una risorsa importante di questa regione, l’unica facoltà di medicina del nostro territorio, alla quale dobbiamo avere la capacità di chiedere quello che solo la facoltà di medicina ci può fornire e dobbiamo avere la capacità di resistere a richieste che ci venissero da quella facoltà e che non fossero giustificate dal punto di vista della necessità della fornitura di una professionalità molto alta, che è quella che si richiede oggi ad una facoltà di medicina e che la nostra facoltà di medicina — delle Marche, non solo di Ancona — è ancora in grado di dare perché è ancora una buona facoltà di medicina.
Questi sono stati i punti di partenza: riduzione dei soggetti sul territorio perché significa riduzione della frammentazione, perché significa riduzione della concorrenzialità, perché significa un’organizzazione a rete in grado di rispondere alle esigenze e ai bisogni se supportata, come supportata, nel nostro sistema, da un numero di mezzi di soccorso attrezzati — ambulanze — che in rapporto alla popolazione ci rendono la prima regione d’Italia. Queste cose ce le dimentichiamo sempre. Noi siamo bravissimi nel fare cose, siamo pessimi, non nel vendere ciò che facciamo ma nell’illustrare ciò che facciamo. Questi sono gli elementi che abbiamo preso per partire nella nostra opera di riforma che ha seguito il doppio ambito: il piano e l’ambito della riorganizzazione del sistema ma anche il piano e l’ambito del nuovo piano sanitario, cioè “che cosa si fa” e “chi fa che cosa?”.
Abbiamo scelto un modello di riorganizzazione molto avanzato, del tutto nuovo come dimensioni, anche se finora c’è una realtà regionale — la Provincia autonoma di Trento — che ha questa struttura, una unica Asl, perché abbiamo pensato che fosse possibile, con le dimensioni della nostra regione, con le caratteristiche che abbiamo, con lo sviluppo dell’informatica, con l’implementazione dei rapporti e del sistema a rete, prevedere una unica azienda territoriale. Ci siamo resi conto che un’unica azienda territoriale poteva comportare problemi di accentramento eccessivo, di distanza dai problemi reali del territorio, una forma particolarmente sgradita di neocentralismo regionale e abbiamo cercato di costruire un meccanismo che fosse complicato sì, ma bilanciato, perché abbiamo cercato di mantenere una centralizzazione sempre più forte sugli aspetti che possono essere o che debbono essere centralizzati; una centralizzazione forte su quello che riguarda le strutture, l’attività, le previsioni, le prospettive, che possiamo chiamare di supporto tecnico-amministrativo e per quello che riguarda la necessità e l’opportunità di un’azione di programmazione generale, perché ricordiamoci anche che la sanità è uno degli ambiti nei quali la programmazione è più importante di tutto il resto. Dobbiamo sapere che tipo di risposta dare a una popolazione di cui conosciamo e dobbiamo conoscere caratteristiche, residenza; dobbiamo conoscere il territorio al quale diamo risposta, le caratteristiche dei luoghi. Quindi abbiamo accentrato questo nella Asur e abbiamo previsto, contemporaneamente, un meccanismo che tenesse conto delle esigenze dei territori, che fosse in collegamento con i territori, che non espropriasse le istituzioni sul territorio e i governi sul territorio, della possibilità di rispondere in collaborazione alle esigenze dell’”Alleanza della salute” nei singoli territori. Questi sono i punti su cui noi abbiamo basato la nostra riforma, quindi abbiamo basato la riforma su una sostenibilità dal punto di vista numerico: 1.450.000 abitanti, che sono più o meno il numero di “utilizzatori” di qualche Asl già in Italia, provinciale: Lombardia, Roma, più o meno. Certo, se avessimo avuto una popolazione doppia non avremmo mai parlato di Asl unica. Abbiamo anche cercato di mantenere un collegamento, quindi la previsione di attenzione, di protagonismo dei territori, prevedendo l’impostazione, il mantenimento o la struttrurazione di punti forti sul territorio che nei luoghi dov’erano le precedenti Asl, potessero svolgere un compito di doppia faccia, di trait-d’union tra il territorio e il centro, che potessero dare input al centro perché la programmazione non fosse centralizzata, che potessero dare risposte immediate a quelle esigenze del territorio che non sono tali da poter essere risolte soltanto a livello centrale. Questo è il modello che noi stiamo cercando di mettere in atto, un modello difficile, un modello nuovo ma un modello nel quale crediamo profondamente, perché, non ripercorrendo pedissequamente la strada del modello del D. Lgs. 229 del 1999, ne conserva tuttavia le finalità e gli scopi, che condivide in pieno, perché questo è il dato su cui ci siamo misurati e vogliamo essere misurati.
Tutto semplice? No, perché si tratta di far crescere una attitudine, un modello organizzativo che richiede un approccio completamente diverso, una mentalità diversa nella quale tutti si devono misurare e sulla quale sono state dette cose abbastanza “esotiche”, come mi suggerisce giustamente l’assessore Ascoli: si è pensato, si è fatto credere o si è detto che l’azienda unica territoriale non escludeva o presupponeva una mobilità del personale da un capo all’altro della regione. Follia. Chi mai avrebbe pensato a una cosa del genere? Soltanto dei folli, sarebbe stata una risposta micidialmente sbagliata alle esigenze del territorio. Si sono dette altre cose, di gigantismi, di ingovernabilità. Non è vero. Se insieme si lavora “per... “ e se insieme si vuol rispondere alle esigenze di salute dei cittadini marchigiani, questo modello può funzionare, questo è un modello sul quale pensiamo si possano investire energie, prospettive, impegni, programmazione, alleanze nuove con chi ci lavora dentro, con chi li rappresenta, con chi dà anche una misura dei bisogni — perché da quello dobbiamo partire — per far sì che nelle Marche ci sia una sanità uguale per tutti, indipendentemente da dove sta. Ovviamente, ed è chiaro, con la giusta gradazione di risposte nel momento in cui risposte ad esigenze molto elevate, molto raffinate, molto difficili non possono essere diffuse sul territorio per il dato banalissimo che è necessario concentrare, specializzare, costruire dei meccanismi e dei poli che siano in grado di dare risposte alte a richieste alte, che siano in grado anche di lanciare il nostro sistema verso una frontiera che ancora non ha raggiunto, che è quella dei trapianti, che siano in grado di lanciare il nostro sistema verso una forte concorrenzialità. Anche questo voglio sottolineare, perché si corre il rischio di dimenticarlo sempre: noi non abbiamo impostato una politica di concorrenza selvaggia verso le altre realtà sanitarie al di fuori della nostra regione, abbiamo cercato di gestire contemporaneamente il discorso di un innalzamento qualitativo per migliorare il bilancio della mobilità, ma nello stesso tempo anche fare accordi con le Regioni confinanti — il più forte l’abbiamo fatto, finora, con la Regione Emilia — dove si stabilisce nelle zone di confine un patto, per cui si fanno alcune cose da una parte e alcune altre da un’altra parte, non si fa una concorrenza sfrenata, perché questo è sciocco, è frutto di sprechi, frutto di una sanità concorrenziale negativa, non concorrenziale in alto ma concorrenziale su altri livelli.
DAVID FAVIA. Concorrenza è qualità.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Quando parlo di prestazioni sanitarie parlo sempre di prestazioni di qualità, parlo sempre di servizi garantiti, mi pare ovvio.
ROBERTO GIANNOTTI. Lo dica ai cittadini del Montefeltro.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Caro Giannotti, pare che istituzionalmente in quest’aula bisognerebbe darsi del lei: diamoci del lei. Lei svolge un compito — e lo svolge bene — nei nostri confronti, che in altre Regioni viene svolto specularmente da nostri nei riguardi dei vostri colleghi di partito che governano. E’ facile fare l’opposizione nella sanità, perché non c’è mai una risposta sufficiente, perché il meglio è sempre davanti a noi. Se vogliamo dire questo lo possiamo dire dovunque. Vogliamo allora dire che la sanità piemontese è pessima perché un soggetto è morto in ambulanza perché da Asti o Cuneo per arrivare fino a Vercelli e Verbania ci ha impiegato troppo? Vogliamo dire questo? No, sappiamo bene quali sono le difficoltà, sappiamo bene quali sono gli esempi di malasanità, ma a parte le patologie sappiamo che è difficile dare risposte all’altezza dei bisogni e soprattutto dei bisogni avvertiti, perché questo l’altro elemento: il cittadino ha bisogno di sentirsi sicuro, anche se sappiamo che la sicurezza non è, spesso, in quello che lui ritiene sicuro. Ma c’è questo bisogno.
E’ chiaro che le zone interne delle Marche hanno una situazione peggiore rispetto alle zone costiere, su tutto. Ma è altrettanto chiaro che noi abbiamo cercato di dare una risposta a questo, proprio lasciando sul territorio non soltanto le antenne, non soltanto i punti di monitoraggio ma i punti di organizzazione della risposta e di fornitura dei servizi. Siccome non siamo degli sconsiderati o almeno pensiamo di non esserlo e siccome ci rendiamo conto che comunque percorriamo strade sulle quali ci sono esperienze di tutti i livelli, abbiamo fin dall’inizio previsto un periodo che ci portasse a qualunque tipo di riforma organizzativa della sanità. Qualunque tipo di riforma, che non sia esclusivamente marginale, richiede tempi, richiede previsioni, richiede prospettive, richiede costruzione di percorsi. Questo è stato un difficile passaggio che la maggioranza ha affrontato con difficoltà, con le difficoltà che tutte le maggioranze hanno nell’affrontare questo problema, con le difficoltà che i colleghi presidenti tutti hanno affrontato quando si sono trovati a misurarsi con questi problemi.
E allora, questa maggioranza, che condivide il progetto generale, che condivide la risposta, che condivide il modello di sanità, ha dovuto trovare al suo interno alcune fasi e alcune ipotesi che fossero sufficientemente condivise, per consentirle di andare avanti con convinzione, con qualcuno che non era molto convinto, con qualcuno che era preoccupato, con qualcuno che, giustamente, pensava che forse un modello così avanzato potesse essere complicato da tradurre nella realtà. Però questa maggioranza alla fine ha trovato una posizione su cui ritrovarsi, ognuno facendo leva sulla sua sensazione e volontà di appartenenza politica al progetto, poi qualcuno ogni tanto ha pensato che questo tipo di percorso fosse tale da porgli dei problemi, ma ci sono comunque e ci sono stati, all’interno della maggioranza, non solo fra i partiti che fanno parte della Giunta ma anche fra i partiti che non fanno parte della Giunta, con senso istituzionale molto spiccato, le convergenze necessarie.
Siamo convinti di avere creato il modello migliore del mondo? No. Siamo convinti di avere cerato un modello insuperabile? No. Siamo convinti di aver creato un modello che oggi come oggi dà la migliore risposta possibile alle esigenze dei cittadini marchigiani e di quelli che si trovano ad aver bisogno della sanità qui.
Io dico sempre — e lo ripeto qui — che uno dei titoli di cui vogliamo essere fieri, è che se in una strada delle Marche una persona viene colpita da malore, riceve lo stesso tipo di risposta qualunque sia il colore della sua pelle, la consistenza del suo conto in banca, la sua provenienza e qualunque sia la sua appartenenza politica, ideologica. Questo è il dato al quale noi puntiamo e riteniamo di aver trovato un modello che, superando le caratteristiche negative del vecchio, ci lanci verso la nuova sanità, verso la risposta più avanzata possibile ai bisogni dei cittadini marchigiani, ovviamente con un percorso e un cammino che prevedano una transitorietà.
Il modello è quello di una azienda territoriale nella quale vengano fuse, per incorporazione, le preesistenti realtà aziendali, che alla fine dia luogo ad un meccanismo che abbia un centro e poi la sopravvivenza, rafforzata da questo punto di vista, di luoghi nei quali si risponde ai servizi, che si chiamano zone. Li abbiamo chiamati zone proprio per sottolineare la caratteristica territoriale. Poi, all’interno di questo abbiamo previsto anche — è questo l’altro elemento importante — che ci fossero una alleanza ed una risposta, combinata, socio-sanitaria. Nel piano sanitario abbiamo previsto anche l’inserimento della risposta ai bisogni sociali, quindi un piano socio-sanitario, socio-assistenziale. A questo siamo arrivati, facendoci carico di una serie di problemi per strada, che ci sono stati posti: del livello di contrattazione decentrata per quanto riguarda la tutela di chi nella sanità lavora e siccome noi, della necessità di tutela di questi diritti siamo assolutamente convinti, abbiamo cercato di dare una risposta anche su questo piano; abbiamo cercato di dare risposta anche a quello che nel frattempo succede e abbiamo previsto una norma transitoria su cui abbiamo lavorato, ri-lavorato, ci siamo confrontati, abbiamo cercato di avere il più ampio ventaglio di opinioni, abbiamo cercato di seguire il metodo della concertazione per ottenere, alla fine, una norma transitoria che oggi viene presentata come emendamento dalla Commissione che si è riunita per questo e per altro e che prevede un sistema nel quale, entro 90 giorni dall’approvazione della legge, la Giunta regionale mette in moto i meccanismi per arrivare alla costituzione dell’azienda sanitaria unica regionale e delle aziende ospedaliere e successivamente crea nei tempi previsti — entro novembre 2003 — un elenco di soggetti tra cui scegliere quelli che nominerà e nel mese successivo nominare il direttore della azienda sanitaria, i direttori delle zone. Questo, ovviamente, comporterà la decadenza e la cessazione della gestione commissariale nell’ambito della sanità marchigiana.
Quali sono, allora, le caratteristiche della fase transitoria? Sono sostanzialmente tre: la durata, i meccanismi, la distribuzione di poteri. La durata è prevista in due ani, un biennio dall’approvazione della legge. L’altro elemento è una distinzione di funzioni e di poteri e competenze, perché abbiamo previsto che la fase, questa fase possa e debba essere una fase nella quale l’istituita, istituenda, che la Giunta istituirà azienda unica regionale, abbia il compito di espletare a livello centralizzato quelle funzioni di supporto tecnico che abbiamo individuato, per ora, come acquisto di beni e servizi, ovviamente di importo superiore a 100.000 euro, appalti di opere pubbliche superiori a 500.000 euro, gestione del patrimonio immobiliare, con esclusione della manutenzione ordinaria, affidamento e gestione della tesoreria unica, gestione del sistema informativo e controllo di gestione. Queste sono le sei funzioni che vengono affidate da subito all’azienda sanitaria unica regionale, per il tempo di due anni. Nel frattempo le zone, che avranno un loro direttore unico — non più la triade — perché non avranno più tutte queste funzioni, quindi saranno alleggerite di compiti e di funzioni, avranno personalità giuridica e quindi accompagneranno la fase al termine della quale, dopo il biennio, ci sarà l’istituzione dell’azienda sanitaria unica regionale a pieno titolo, quella che poi avrà anche il governo clinico, tutta la competenza, tutto l’insieme di competenze previsto dalla legge per l’azienda sanitaria unica regionale.
Questi sono i meccanismi che noi abbiamo pensato e che danno sufficienti garanzie ad una fase transitoria nella quale si tenga conto della necessità di partire, da subito, sulla centralizzazione di funzioni e di lasciare invece lo spazio di due anni perché si trasferiscono quelle che sono le esigenze di governo clinico, che sono molto più complesse, molto più delicate e molto più difficili e quindi graduali da fare.
Queste sono le prospettive, con l’emendamento che vi è stato consegnato; questo è il tipo di risposta che noi diamo e che riteniamo garantisca un passaggio graduale, l’immediato inizio del processo di centralizzazione che viene affidata alla azienda sanitaria unica regionale in questa prima fase solo per questo e quindi viene istituita l’azienda per fare questo, in questa prima fase, che dà la risposta anche ai territori, garantendo un passaggio sufficientemente lungo e graduale da arrivare ad una soluzione finale quando ormai saranno maturi l’esperienza e il tipo di approccio che noi tutti faremo.
Queste sono le prospettive che noi abbiamo costruito, con difficoltà, ricercando consensi. Pensiamo di aver dato risposte forti, risposte significative a questo tipo di richieste che ci venivano e ci vengono. Si tratta, adesso, una volta approvata la legge, di rimboccarsi le maniche e di lavorare tutti — almeno quelli che ci credono — perché questo modello di sanità funzioni al meglio, perché è un modello che richiede la collaborazione di tutti per funzionare, ma che noi siamo convinti che quando funzionerà darà risposte alle esigenze di tutti. Questa è la strada che abbiamo deciso di intraprendere oggi, proponendo questa riforma organizzativa del sistema sanitario regionale delle Marche.
PRESIDENTE. E’ conclusa la discussione generale. Prima di passare alla votazione dell’articolato della proposta di legge n. 134 abbiamo un ordine del giorno presentato da Cecchini e altri, ex art. 81 del regolamento, che deve essere votato prima di passare alla votazione della proposta di legge.
Ha la parola, per illustrarlo, il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. E’ una ulteriore verifica, prima della discussione dei singoli articoli, se ci sono le condizioni affinché quest’aula possa ancora ripensare, prima di compiere atti che possono diventare devastanti per la sanità marchigiana. Siccome vale la pena tentare tutto ciò che il regolamento consente, questo non passaggio agli articoli potrebbe permettere di costruire ancora un rapporto con le parti sociali che abbiamo lacerato in modo definitivo con tutto quanto è successo questa mattina, ieri sera e oggi durante il Consiglio regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
FABIO PISTARELLI. Il documento riprende due passaggi fondamentali della discussione di quest’aula, che è stata svolta sia ieri che oggi. Primo, la questione relativa alla contrattazione cosiddetta decentrata e più in particolare alla personalità giuridica. Secondo, il riferimento al D. Lgs. 502, che all’art. 3 parla molto chiaramente di Asl che si costituiscono in aziende con personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale e del fatto che la loro organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato “nel rispetto dei principi e criteri previsti dalle disposizioni regionali”. Gli ultimi fatti aggravano ancor più il quadro complessivo, colleghi consiglieri. La relazione del Presidente cerca di tranquillizzare una maggioranza che in realtà è ancora disorientata e, io ritengo, per senso di responsabilità preoccupata per quello che sta avvenendo. Con la modifica dell’art. 26, noi introduciamo una personalità giuridica a tempo che non è contemplata da nessun codice (scade fra due anni), inoltre con quella norma, se approvata, diamo alla Giunta una delega in bianco di stabilire quegli indirizzi e quei criteri che il D. Lgs.. 502 dice essere pregidiuziali rispetto alla struttura territoriale, all’articolazione territoriale o sovraterritoriale del sistema sanitario regionale.
L’atto aziendale di diritto privato dell’azienda unica più le articolazioni — è cosa molto grave prevedere un istituto che non è scritto da nessuna parte, cioè la personalità giuridica che scade — è fatto nel rispetto dei principi e criteri previsti dalle disposizioni regionali, noi li dobbiamo già avere come Regione, non delegare alla Giunta, addirittura ponendo la stessa in una situazione di assoluta delega in bianco su una questione di natura strettamente legata alle funzioni e ai poteri del Consiglio regionale. Se non facciamo nemmeno programmazione, se diciamo che è la Giunta che darà gli indirizzi per l’adozione degli atti necessari per la costituzione dell’azienda unica, per la riorganizzazione dell’azienda ospedali riuniti di Ancona, ospedale San Salvatore, addirittura per la questione relativa allo svolgimento di tutte le funzioni assegnate alla Asur e sottratte ai territori, che comunque mantengono personalità giuridica limitata, non so questo Consiglio regionale di che cosa si deve occupare. Queste sono questioni molto serie e importanti che ritengo non possano essere affrontate, né attraverso una Commissione, che è stata convocata a nostro modo di vedere illegittimamente, né al di fuori di ogni regola prevista dal nostro statuto e dal nostro regolamento, attraverso una serie di emendamenti che sono irricevibili e non possono essere discussi in quest’aula. Quest’aula non può perciò essere chiamata a discutere su una proposta che comunque è completamente diversa rispetto a quella licenziata dalla Commissione e che è stata oggetto di tutta la discussione di ieri e di oggi. Siamo di fronte ad un testo nuovo anche per quanto riguarda Ancona, la stessa azienda ospedaliera riunita, perché presidio ospedaliero è altro rispetto al presidio monospecialistico.
Tutto questo deve essere oggetto di una discussione profonda, approfondita, che abbia tutti i caratteri di legittimità formale, sia nelle norme che andiamo ad inserire e a votare nella proposta di legge, che nelle procedure. Per questi motivi il Consiglio regionale ha l’obbligo, non solo l’opportunità, la necessità di rinviare alla discussione in Commissione e perciò di accogliere questa nostra richiesta di passaggio all’articolato. Occorre tempo per fare questa che è una proposta di legge che potrebbe essere devastante se scritta così come l’abbiamo potuta leggere negli ultimi minuti, nelle ultime ore, perché è ancora peggiorativa rispetto a quello che già c’era e che era un quadro preoccupante, come abbiamo avuto modo di spiegare nella discussione generale. Altro che futuro e possibilità per i nostri cittadini di vedere le risposte. Ripeto, personalità a tempo, mai vista in nessun codice. Qualche volta noi consiglieri regionali svolgiamo anche un po’ di professione di avvocati: mai vista una cosa del genere.
Inoltre la contrattazione locale, zonale come si supera rispetto ai contratti collettivi nazionali di sanità? Fra due anni cosa succede? Contratteremo per due anni a livello territoriale perché rimarranno le aziende che si chiameranno zone e poi diremo ai sindacati “no, si dovrà contrattare a livello regionale”? Perché il livello è aziendale. Potremo lasciare anche in questi due anni la contrattazione a livello aziendale, in un’azienda che diventa zona ma mantiene personalità giuridica? Questi sono, secondo noi, degli aspetti assolutamente pazzeschi del sistema che andiamo a licenziare con un voto all’ultimo momento, su un emendamento presentato all’ultimo momento. E’ un appello accorato quello che fa l’opposizione, con grande senso di responsabilità. Rinviamo l’atto in Commissione, meditiamolo, votiamo il non passaggio all’articolato. E’ chiusa la discussione generale, lo possiamo fare fin da subito, evitando vulnus pericolosissimi, sia procedurali che di merito.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione in seduta notturna.
Il Consiglio approva
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Vorrei ricordare a questa Assemblea che il problema centrale che stiamo affrontando non sono gli equilibri tra i consiglieri regionali di maggioranza o gli equilibri tra Giunta e sindacati, il problema centrale è l’organizzazione sanitaria, mentre tutto il dibattito si è spostato sulla mediazione dopo 23 mesi di discussione interna alla maggioranza. La prima riunione di maggioranza è stata nel luglio 2001 e nel giugno 2003, cioè 23 mesi dopo siamo sul problema della mediazione. Gli equilibri vengono fatti salvi con un pasticcio giuridico, una proposta abnorme. Pistarelli prima ha detto che si inventa una figura giuridica nuova, che quindi vende, acquista, organizza, prende decisioni gravissime in materia di sanità anche post-mortem, perché dopo la morte di quella figura giuridica quelle decisioni saranno in essere. A nostro avviso questo è un fatto veramente abnorme. C’è una scelta che doveva essere fatta. Ieri, nel mio intervento ho detto “si porterà avanti una proposta rivoluzionaria o una proposta che non cambia niente?”. “Sarà una proposta che cambia tutto, che noi magari critichiamo, ma che l’assessore dice “sarà rivoluzionaria o una proposta che non cambia niente?”. In questo dilemma non è stato scelto né l’uno né l’altro, è stato scelto un incrocio, una visione di “imbastardimento” di un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, attraverso passaggi che sono inconcepibili. Prima ho riletto due-tre volte, per capire, il concetto di salvaguardia delle aziende Salesi e Lancisi all’interno degli ospedali riuniti di Ancona. Non sono più ospedali riuniti, non sono più aziende di alta specializzazione, sono una cosa congiunta attraverso un cordone ombelicale che però non è giuridicamente né l’uno né l’altro. Siamo veramente di fronte a degli istituti nuovi che non sono previsti e che produrranno solamente confusione. Questi emendamenti sostanzialmente rovesciano alcune decisioni che erano previste nella proposta di Giunta, quindi chiediamo che l’intero testo sia risottoposto all’esame istruttorio della Commissione, attraverso i normali procedimenti che prevedono il regolamento e lo Statuto. Su questo siamo inflessibili e in base a queste valutazioni ma anche alla disponibilità istituzionale prenderemo le nostre decisioni successive.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Per ribadire il nostro assenso a questo ordine del giorno che, come è stato ampiamente motivato, ha una sua spiegazione. Le Marche hanno aspettato due anni per avere una proposta di piano, per avere una proposta di riordino del sistema organizzativo, poi questa maggioranza si è ridotta a rendere il dibattito in quest’aula un fatto formale, un fatto grave. Per questo credo che la motivazione di fondo che sta alla base della richiesta è sostanzialmente questa: il fatto che si siano introdotte modifiche sostanziali alla proposta di riordino che ci inducono ad avviare un momento di approfondimento. Avremo modo nel corso di queste serate, di tornare su tante delle cose che lei ha detto, Presidente D’Ambrosio, durante il suo intervento, sia rispetto alle scelte del ministro Sirchia, sia rispetto alle questioni legate più strettamente agli atti che ci riguardano, quindi potremo verificare nel concreto. Credo però che una sintesi del suo intervento possa essere fatta. Lei ha fatto in aula, questa sera, un intervento pericoloso sul piano amministrativo e sul piano politico. Io debbo riconoscere, se non altro, il coraggio di essere venuto in aula a dire delle cose gravissime rispetto alla destrutturazione del sistema ospedaliero regionale, perché dalle sue parole ho letto la volontà di destrutturare il sistema dei piccoli ospedali delle Marche, poiché lei ha detto questo. Lei, oggi è venuto in aula a dire che le aziende ospedaliere sono troppe, quindi non c’è spazio per salvare le aziende ad alta specialità di Ancona, così come non c’è spazio per riconoscere il giusto ruolo alle province di Ascoli Piceno e Macerata. Lei ha confermato la scelta — anche se ha cercato poi di allentarla — di una nuova forma di centralismo regionale, perché di questo si tratta. Lei, oggi ha deriso l’esigenza di una partecipazione reale della società marchigiana a queste scelte. Se leggo bene le ultime dichiarazioni del presidente di Confindustria di questa sera, la Giunta regionale arriva all’approvazione di questo atto completamente isolata dal contesto politico e sociale delle Marche, questo è il dato di fondo. Nemmeno più il consenso di una parte della società marchigiana.
Ecco perché devo darle atto, da una parte di avere avuto il coraggio di venire ad esprimere le proprie idee, ma devo esprimere una grandissima preoccupazione per i caratteri di questa riforma che assolutamente non garantiscono. Quello che proponete è un mostro giuridico. Non riesco a capire quale idea maniacale abbia accompagnato questo mettere insieme norme che non stanno assolutamente insieme. Questa è una scelta scellarata sul piano politico, una scelta priva di ogni legittimità. Questo percorso che lei ha indicato, è di fatto la scelta degli inganni che questa Giunta regionale vuol proporre ai marchigiani, sperando che non abbiano gli occhi per vedere e le orecchie per sentire.
Penso che invece i marchigiani hanno gli occhi per vedere e le orecchie per sentire e comunque faranno pagare a questa maggioranza un prezzo altissimo in termini politici. Le elezioni non sono lontane, credo che ormai il vostro isolamento da questo contesto vi porti veramente a raggiungere la sponda dell’opposizione.
Per questo riteniamo doveroso che questo atto torni in Commissione per essere approfondito.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Caro Presidente, volevo fare un ragionamento con lei e non posso esimermi, se mi permette, di iniziare con una battuta. Lei sa che Carlo Emidio Gadda, che era un autore minore, passò alla storia della letteratura per il “Il pasticciaccio brutto di via Merulana”. Lei passerà alla cronaca come l’autore de “Il pasticciaccio brutto di via Gentile da Fabriano”, per delle ragioni che sono facili da spiegare a chi, come lei, sa di legge. E’ un pasticciaccio veramente brutto, che ci costa qualcosa come 70 milioni di euro, perché così ha scritto Augusto Melappioni nel testo del Psr.
Primo ragionamento, semplicissimo: il discorso della personalità giuridica. Comporta che le zone saranno comunque oggetto del processo di fusione per incorporazione. Il patrimonio delle zone sarà gestito dall’Asur. Avere personalità giuridica è l’attitudine a essere titolare di rapporti giuridici attivi e passivi, ma questa personalità giuridica è già decurtata, già condizionata da persona giuridica già inabilitata, perché c’è un tutore per quanto riguarda cinque, o quattro, delle funzioni. Curioso: questa personalità giuridica, primo caso nell’ordinamento italiano, nasce mutila. L’unico caso è quello dell’interdetto dell’inabilitato che, per l’appunto, non può esercitare alcune funzioni, ma guarda caso sono proprio alcune funzioni, quelle che ne “Il pasticciaccio brutto di via Gentile da Fabriano” vengono avocate all’Asur. Non è solo anomala la personalità a tempo, è anomala una personalità giuridica che è comunque privata di alcune funzioni, è anomala la personalità giuridica di un soggetto senza patrimonio, perché qui casca l’asino, cari colleghi della maggioranza che probabilmente state cercando di trovare l’espressione giusta per b(ere la cicuta, perché fra le funzioni che significativamente hanno segnato al linea del Piave di questa maggioranza, guarda caso c’è la gestione del patrimonio immobiliare, perché tutta la battaglia che Giulio Silenzi, immagino, insieme al Presidente D’Ambrosio hanno combattuto, è stata su questa funzione, perché se è vero che Augusto Melappioni scrive nel Psr che dal 2002 al 2005 sono preventivati dalla riorganizzazione e semplificazione amministrativa aziendale, ovvero dalla cancellazione delle Asl, qualcosa come 70 milioni di euro, ci si deve spiegare come, arretrando sul punto, questi soldi saranno risparmiati. Qui salta tutto il piano, qui salta il Psr, qui salta la prospettiva economica di risparmio e razionalizzazione che noi non condividevamo, ma che oggi non può vedere con questo “pasticciaccio brutto” la Giunta regionale incapace o comunque non disposta a cambiare il Psr, perché qui cambia anche il secondo atto, il secondo corollario e questo accordo dell’ultima ora, quando già il “quarto uomo”, insieme a Silenzi, esponevano il minutaggio che tranquillamente continuava a correre, ci deve spiegare dove li prende 70 milioni Silenzi, perché l’ha scritto Melappioni la privazione della personalità giuridica costava 70 milioni. Forse una volta seguirai Tremonti, magari con la cartolarizzazione, magari con la dismissione, magari lanciandoti da Wall Street e tutti voi, con il cilindro di Paperone, avrete dimostrato quella che era la verità sul Psr, ovvero il tentativo di “far cassa”, era qui la razionalizzazione: fare cassa attraverso la gestione e la dismissione dei denari che appartengono alla tradizione, alla cultura e ai lasciti di tutti coloro che gli ospedali i polo li hanno fatti, li hanno creati e, senza essere retorici, oggi si vedono imputare alla vostra sovranità assoluta il compito di gestire questo patrimonio enorme.
Ecco perché vi siete legati all’Asur e all’incorporazione, previa fusione, come fosse l’ultima spiaggia, perché è questo lo strumento che state preparando e lo dovete dire ai sindacati. Io non so se sono d’accordo o meno, certo è che la personalità giuridica di un interdetto — fra l’altro un interdetto a tempo — è una non personalità giuridica. Il patrimonio ricade sotto la gestione dell’Asur e già si preparano, probabilmente, operazioni di questo genere.
Noi chiediamo, quindi, il non passaggio agli articoli per un semplice motivo: che questo Psr è carta straccia per la parte che riceveva pedissequamente tutta la vostra costruzione che in questi due anni vi ha visto isolati dalle Marche, dalle categorie sociali, da tutti coloro che rappresentavano il tradizionale brodo di cultura della vostra retorica sanitaria, perché questo oggi ci avete dimostrato.
Caro Presidente, caro Silenzi, per tornare a via Merulana: avete la stessa credibilità di chi, proprio vicino a via Merulana, cerca di vendere il Colosseo a qualche giapponese. Non siamo giapponesi, siamo marchigiani e oggi si mette la parola fine su una triste vicenda che non tarderà a produrre quello che Melappioni ha detto, cioè un deficit, nel 2005, pari a 428 milioni.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.
LUIGI VIVENTI. Per un anno sono stato in un appartamento a via Merulana, quando facevo l’università a Roma, quindi quando ho sentito citare il fattaccio mi sono ringiovanito.
Colleghi, voi sapete che io utilizzo sempre modi e termini moderati in quest’aula e anche fuori. Oggi credo che abbiamo vissuto una brutta giornata...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Per il caldo?
LUIGI VIVENTI. Non per il caldo ma per il brutto comportamento della Giunta e della maggioranza che la sostiene. Ho detto ai colleghi che, finché ci saranno una sinistra e un centro-sinistra così compatti, disposti a ingoiare tutto e a subire ogni cosa, sono convinto che riuscirete a vincere anche le prossime elezioni, perché vedo che senza spirito critico accettano tutto. Questa mattina abbiamo ricevuto la notizia che nella trattativa con il sindacato di ieri sera era stato trovato un accordo all’ultima ora, rinunciando a un punto fermo dichiarato dal Presidente, dall’assessore ecc., quello della personalità giuridica delle zone, quindi la possibilità di fare contrattazione e ci è stato detto che non era più vero, tant’è che l’assessore Melappioni a una certa ora è venuto qui in aula dicendo “farò una dichiarazione brevissima questa sera”, facendo capire a tutti che, da persona seria qual è — e io ho espresso pubblicamente a lui la mia personale solidarietà — avrebbe rassegnato le dimissioni in caso di accordo in questa direzione. Poi abbiamo subito un rinvio. Non ce n’erano i motivi, ma anche da parte dei colleghi è stato accettato questo rinvio, siamo rimasti in quest’aula e abbiamo visto che c’era stato un nuovo cambiamento negli indirizzi. Questi emendamenti secondo i colleghi Pistarelli e Ceroni sono stati illegittimamente esaminati in Commissione, in quanto la Commissione dovrebbe essere convocata con 48 ore di anticipo: non mi azzardo a fare previsioni giuridiche su questo perché non conosco la norma. Se fosse vero, però, vi inviterei — anche per questo ho sottoscritto questo documento — a un ripensamento serio, perché non vorrei che questo atto, che è già così confuso, fosse inficiato anche da aspetti procedurali, da aspetti formali.
A parte le autonomie del Salesi e del Lancisi su cui si è discusso abbondantemente, credo che la modifica sostanziale sia determinata dall’art. 26. Il Presidente non era in aula quando sono intervenuto ieri, illustrando alcune richieste di emendamento all’ipotesi di Asl unica regionale, rispetto alla quale avevo detto “non mi sono mai scandalizzato più di tanto”, ma avendo l’assicurazione della funzionalità dei servizi territoriali, avendo l’autonomia reale delle 13 zone, avendo tutta una serie di garanzie che consentono realisticamente, non solo a parole ma anche nei fatti, di avere una sanità giusta e organizzata bene in tutto il territorio marchigiano.
Questo art. 26 è chiarissimamente frutto di un compromesso dell’ultima ora perché è stiracchiato da tutte le parti: da una parte bisogna accontentare Cgil e Cisl per dire loro “potete fare la contrattazione”, altrimenti scatenano il finimondo, dall’altra parte si dice “questo riconoscimento giuridico ve lo diamo solo per contrattare, così teniamo buoni i sindacati, per il resto vi togliamo tutto, quindi lo riportiamo nella competenza della Asl unica”. Intanto la Asl unica parte subito, poi nel giro di due anni arriva all’approdo finale, cioè togliamo del tutto l’autonomia alle 13 zone fra due anni e rimarrà solo questa azienda sanitaria unica. Funzionerà? Non lo so. Certo è che così mi sembra un pasticcio. Non ho mai visto una cosa simile: ci si impiegano due anni, ci si convince della bontà di questa soluzione, voi vi siete convinti della bontà di questa soluzione. Io ho detto “se la emendiamo in qualche modo può anche darsi che funzioni”. Perché dovete adesso andare a pasticciarla dicendo “queste competenze te le tolgo, poi fra due anni...”. Un contorcimento così, caro Presidente, non l’avrei fatto, eventualmente una trattativa l’avrei fatta anche con questi sindacati: saranno importanti, per carità, vanno rispettati, ma alla fine uno amministra, governa, prende una decisione e deve avere il coraggio di portarla avanti. Veramente è un’immagine del “mister tentenna”, che fa un passetto avanti e due indietro, come il “povero Pietro”.
Al di là della battuta, un po’ di decisione, un po’ di rispetto. Io mi sono messo nei panni dell’assessore Melappioni, che in questi due anni ha portato la croce. Lui è un po’ più grande di me, quindi io ci stavo abbondantemente dentro, però chiunque di noi si fosse trovato in questi due anni a svolgere il ruolo di assessore regionale si sarebbe trovato in difficoltà, perché questa è la verità, ma è anche vero che nel momento in cui è stata presa una decisione collegiale, l’avete pensate a ripensata 70 volte, almeno abbiate il coraggio di portarla avanti con decisione. Invece è stiracchiata da una parte e dall’altra, non si sa più che decisione è. Può funzionare così? Non lo so. “Ti do la personalità giuridica ma il patrimonio immobiliare te lo tolgo e lo gestisco io; il controllo di gestione lo faccio io perché di te non mi fido, non sei capace”. Che razza di autonomia è questa, Non lo so. Può andar bene così? Credo che se le stesse organizzazioni sindacali vanno a leggere a fondo questo documento non possono essere d’accordo. Avete fatto tanto per portarle nell’accordo, ma non possono essere d’accordo, perché questa è una personalità giuridica del tutto fittizia, non so nemmeno se è possibile, in questi termini. Non possiamo riscrivere il codice civile. Azienda significa certe cose. Perché non avere il coraggio di assumersi certe responsabilità e portarle avanti? Se uno è convinto che una soluzione funziona la porta avanti. La politica è anche l’arte della mediazione, ma dopo due anni lo spettacolo che abbiamo vissuto oggi è stato veramente deprimente. Se i consiglieri di maggioranza sono disponibili ad accettare tutto bene: per questo ho detto all’inizio che se c’è da parte vostra questa forza di essere compatti nonostante questo, evidentemente avete la forza per vincere anche le prossime elezioni, perché immagino che una vicenda simile, trasportata sui banchi della Casa delle libertà avrebbe fatto succedere il finimondo, con 70 posizioni su 15 consiglieri. Qui si è riusciti a trovarne una sola, e allora bisogna mettersi il cuore in pace: o c’è un intervento dall’alto, altrimenti non c’è niente da fare.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.
OTTAVIO BRINI. Abbiamo ripreso il dibattito dopo anche momenti in cui la maggioranza, per propri problemi stava dibattendo, stava affrontando, stava cercando di dare una risposta ad un problema che, se può apparentemente sembrare abbia trovato una soluzione, ancora qualche difficoltà la mostra.
Dicevamo ieri nell’intervento, Presidente D’Ambrosio, che questo Consiglio regionale si deve riappropriare del suo ruolo istituzionale, non mercanteggiando di volta in volta, occasionalmente, su situazioni che sono state sgradevoli e spiacevoli. Ieri lei era assente, Presidente e ho letto una sua dichiarazione del mese di dicembre, ove si diceva che mai così in basso era caduto il Consiglio regionale delle Marche al momento del voto. C’era stato uno spostamento della sua maggioranza da un candidato all’altro, nella prima votazione. Nella seconda il fatto è stato ancora più grave, perché non solo ha perso pezzi, ma questi franchi tiratori che si nascondono nell’anonimato e che non hanno il coraggio nemmeno di manifestare un voto democratico civile, non si erano resi conto che il gruppo di Forza Italia era uscito dall’aula, quindi potevano evitare questa magra figura e farla evitare anche a lei. A meno che non si tratti del solito segnale per dire “‘anche se nel segreto dell’urna, noi ci siamo e siamo pronti ad impallinarvi”. Lei fa bene a sminuire il problema anche per la delicatezza e la portata degli argomenti che stiamo affrontando. Io non sono d’accordo al 100% con i miei colleghi che stanno cercando di demolire quanto fino adesso è stato impostato. Basta leggersi alcune richieste e proposte che con l’amico capogruppo Giannotti da circa due anni non facciamo che fare, come la centralizzazione degli acquisti, la necessità di delegare. Il dott. Zuccatelli poteva sicuramente presentare qualche cosa di più corposo, di incisivo. Questa proposta non ha fatto altro che riprendere quanto è stato evidenziato in questi anni: eliminazione degli sprechi, centralizzazione degli acquisti e si è arrivati a questa proposta, che è condivisibile sotto questo aspetto, occorreva qualche contenuto in più. Il dott. Zuccatelil si sostituisce all’assessore al bilancio e dice che farà risparmiare il 50% alla Giunta. Quindi, Presidente, c’è la sensazione che i tecnici, anche se importati, tentino di superare gli Esecutivi, e a magari a farne le spese sono gli assessori di turno, condividendo questa impostazione fin dall’inizio, che forse porta pure qualche miglioramento. Non condivido, quindi, l’impostazione dell’amico Ciccioli quando dice “non si è fatto niente”, perché il nostro lavoro, quello di alcuni consiglieri del gruppo di Forza Italia è stato recepito in parte, anche se non siamo d’accordo al 100% su quello che è stato fatto, come non siamo d’accordo sull’Asur. Quando discuteremo chiederemo un chiarimento, per cercare di capire fino a che punto c’è un limite per discutere questo problema, perché sono importanti le autonomie delle zone, rima aziende.
Noi prendiamo atto che in questo momento si sono registrati tre passaggi.
Zuccatelli ha fallito il suo mandato con la proposta che ha prodotto. L’assessore Melappioni è fortemente in difficoltà per la proposta che ha fatto la maggioranza e vedremo al momento del voto se la maggioranza diventerà minoranza, non sappiamo ancora quello che può succedere, visti i precedenti di questo Consiglio regionale. Come diceva il presidente del gruppo di Rifondazione comunista Ricci, qui dentro tutti hanno giocato al lotto, non solo le opposizioni. Quando arriveremo a discutere gli emendamenti, la coerenza di chi ha sempre detto di volere 13 aziende come Forza Italia, non troverà riscontro negli altri gruppi che non lo potranno dire con altrettanta facilità. Quindi noi non saremo la Croce Rossa che andrà a soccorso di qualcuno, ma sicuramente discuteremo con coerenza secondo quanto abbiamo sempre detto portato avanti.
Assessore Melappioni, le hanno fatto fare il tour delle Marche... (Interruzione). Io sono del gruppo di Forza Italia, Ciccioli: ti piacerebbe creare difficoltà nel gruppo di Forza Italia ma non ci riuscirai: abbiamo la nostra autonomia, la nostra indipendenza e la nostra capacità propositiva di fare politica. Questo forse dà fastidio a qualcuno, perché siamo un gruppo che fa politica e si confronta con la politica, non con gli uomini, con le persone, occasionalmente. Devi apprezzare che quando c’è un confronto serrato, serio, basato sui contenuti, sulle proposte, sulle cose che si stanno discutendo, ben venga all’interno della Casa delle libertà, perché è un patrimonio comune per tutti. Nessuno di noi è portatore di verità. Ecco lo sforzo che dobbiamo fare per battere le sinistre, quelle sinistre che oggi sono incapaci di portare avanti la politica del governo delle Marche e che vanno avanti magari a singhiozzo, godendo delle divisioni della Casa delle libertà, momentanee od occasionali.
Ecco il salto di qualità che dobbiamo fare noi, come Casa delle libertà. Noi abbiamo presentato 300 emendamenti: ognuno presenta il proprio emendamento, non c’è l’emendamento dei 15 consiglieri. Abbiamo due anni davanti e ci stanno dando una grossa mano: hanno cambiato due assessori, hanno tolto la delega alla Cecchini, oggi è in difficoltà l’assessore Melappioni. Ma quando capiteranno mai questi regali, Ciccioli? Ne vogliamo approfittare o no? Vogliamo cominciare a fare questa politica del territorio, a dire alla gente come stanno le cose? Chi lo sa che la Giunta D’Ambrosio ha perso tre mezzi e mezzo per strada?
Ho voluto fare questa riflessione per dire agli amici della Casa delle libertà che non dobbiamo essere scienziati, dobbiamo solo lavorare, pianificare e controbattere quello che dicono gli amici dell’Ulivo e delle sinistre.
Concludo come dice sempre l’amico Francesco Massi: anche nel partito, quando non condividevamo posizioni imposte, magari per logiche di gruppo o di potere, abbiamo sempre avuto la possibilità di autonomia e di voto personale o di coscienza. Sempre c’è stato questo nei partiti democratici, nei partiti che veramente hanno democrazia al loro interno, dopo un confronto, dopo un dibattito.
Oggi abbiamo preso atto che questa maggioranza, se sarà ancora tale al momento del voto, non parla più di azienda unica, già se ne parlerà fra due anni. Comunque avremo modo di chiarire, in sede di discussione degli emendamenti, questo passaggio importante, perché non credo che una maggioranza, a scatola chiusa decida per due anni di blindare un provvedimento.
Ecco dove sta tutto il discorso. Oggi si diceva che nel documento doveva essere scritto sei mesi, altri dicevano da subito. Intanto ci sono due anni. Sentiremo nella replica dell’assessore, se condivide questa impostazione. Noi dobbiamo essere molto attenti su questo provvedimento...
DAVID FAVIA. Il dott. Zuccatelli, nonostante tutto rimane al posto suo. E’ l’unico che ha vinto.
OTTAVIO BRINI. L’unico che ha vinto è il dott. Zuccatelli: una miriade di documenti, di carte che hanno girato...
ROBERTO GIANNOTTI. Sta a vedere che ha ragione la Bianconi...
OTTAVIO BRINI. Può anche darsi: con l’esperienza che ha, forse avrà ragione la Bianconi, comunque vedremo.
La ringrazio, Presidente D’Ambrosio, per l’intervento che lei ha fatto questa sera: saremmo stati ancora più contenti se si fosse affrontato di più questa problematica nella giornata di ieri, ma lei aveva degli impegni. Mi auguro che avrà modo di ascoltarci e di recepire quel poco di buon che noi possiamo dare, affinché questa proposta sia più forte, più gestibile e si possa calare veramente nel territorio. Quando torneremo a discutere degli emendamenti avremo anche modo di dividerci con gli amici anconetani, pesaresi, perché è finito il monopolio di ancona, degli anconetani, dei pesaresi, la provincia di Macerata vuole più rispetto non solo sulla sanità ma anche su altre problematiche. Lo stesso invito lo lancio agli amici ascolani del centro-sud: bisogna che noi portiamo avanti anche le nostre idee e le nostre proposte.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
SERGIO NOVELLI. Non credevo di dover fare un supplemento di discussione generale come in qualche tratto si è sentito, perché mi sembra che dovevamo parlare semplicemente dell’ordine del giorno di non passaggio all’articolato, proposto da una serie di colleghi rettamente, in considerazione dell’evidente infortunio in cui la maggioranza è incorsa in questi giorni e che il Presidente della Giunta ha in qualche misura rappresentato oggi come una ricerca della mediazione, della massima possibile convergenza e ricomposizione su una posizione. Che questa ricerca c’è stata l’abbiamo visto: avevamo notato la vostra assenza, avevamo intuito che stavate cercando qualcosa nei corridoi e nelle stanze di questo palazzo. Nella vostra ricerca non avete trovato, per esempio, il senso del ridicolo, che avete smarrito. Voi andate a proporre un emendamento alla firma usurpata e falsamente dichiarata della Commissione V, ma a firma di un esponente di maggioranza, in grazia del quale questa Giunta fra 90 giorni si troverà ad avere 14 aziende sanitarie territoriali: 13 sono le vecchie Asl non soppresse e una sarebbe l’azienda sanitaria unica. Chiedo non a me stesso ma a quel minimo di logica e coerenza che dovrebbe ancora aleggiare nell’aula anche alle 20,30: come è possibile? Se ci sono 14 aziende e una di questa è unica, le altre 13 sono aziende ectoplasmatiche? Aziende fittizie? Aziende finalizzate a condurre in porto la buona fede di alcuni gruppi che si sono espressi con durezza in questi banchi ieri, riportando a mitezza le loro affermazioni? E’ veramente un’affermazione di evidente falsità che, nel momento in cui viene da persone istruite e intelligenti, è chiaramente mossa da finalità fraudolente.
Se l’Asur è unica, le 13 restanti cosa sarebbero? Voi parlate di aziende zonali aventi personalità giuridica che nascerebbero dalla nuova formulazione dell’art. 26 e sarebbero Asz, non aziende sanitarie zonali ma “aziende sanitarie zoppe”, perché avrebbero ancora personalità giuridica, avrebbero ancora il direttore generale ma non avrebbero né patrimonio né funzione. Se lo spirito di questa iniziativa della Giunta era l’eliminazione dello spreco, chiedo a me stesso e a voi: che senso ha mantenere in carica 13 cirenei per due anni, pagati 200.000 euro all’anno ciascuno, unicamente per consentire a quelle parti di maggioranza che non avevano disponibilità a votare un esplicito passaggio all’Asur, di fingersi di essersi salvati l’anima nei confronti del sindacato, dell’elettorato con questa ipocrita operazione? Mi sembra che sia veramente una contraddizione in termini. Avere 14 aziende, di cui una unica e 13 fittizie, solo costose non è l’accorpamento dei centri di spesa ma l’accorpamento del potere di spesa su un soggetto il mantenimento di alcuni rigagnoli di elargizione per accontentare, garantire, soddisfare. mi sembra una cosa pazzesca sotto il profilo della logica.
Sotto il profilo della correttezza di rapporti di questo Consiglio mi sembra abbastanza grave quello che è accaduto con la convocazione della Commissione, unica che a norma del nostro regolamento poteva presentare emendamenti, anche quando era già ampiamente consumata, non solo iniziata, la discussione generale sugli articoli emendanti. La convocazione della Commissione è avvenuta senza il preavviso dell’art. 60 e con l’esplicita affermazione di dissenso del vicepresidente. Se l’esigenza di un aggiustamento in corso d’opera c’era e tutti avevamo capito che c’era, nulla impediva al presidente della Commissione di convocare la stessa in ora serale, nell’ora intermedia fra la seduta antimeridiana e pomeridiana, per consentire la non convocazione della Commissione e la deliberazione della Commissione in forma anomala, sotto dettatura dei funzionari, senza la convocazione dei commissari. E’ un qualcosa che sicuramente dimostra, ancora una volta, la mancanza di rispetto istituzionale da parte della maggioranza di questo Consiglio. Rispetto che non è dovuto soltanto all’opposizione ma che è sicuramente mancato anche nei confronti dei colleghi di maggioranza, che hanno espresso ieri una abbastanza netta contrarietà rispetto ad alcune scelte. Queste scelte non vengono affatto revocate, vengono solo dichiaratamente posposte. Allora non è dato capire: se queste scelte che avete propagandato per due anni sono necessarie e utili, perché differite la misura salvifica per due anni? Perché non siete in grado di gestire il passaggio nei pochi mesi che si erano ipotizzati in sede di prima stesura della pdl, tenendo presente che era del luglio del 2002 e arriveremo addirittura al 2005? Se la misura è salvifica, perché non avete il coraggio e la forza di farla? Se la misura è esiziale, perché la volete fare? Non si sfugge assolutamente da questo letto di procuste. Si può sfuggire con il risolino, con il rinvio, con l’assenza del numero, ma se la maggioranza intende autoassolversi dalla cattiva figura, sicuramente non lo fa. Se qualcuno mi dice “ti do un cazzotto in faccia” io penso a difendermi; se mi dice “te lo do fra due anni”, a questo punto non diventa una carezza o un complimento, diventa una manifestazione di ostilità con qualche ripensamento qualche vile intenzione di cogliere il momento, anche elettoralmente, meno nocivo.
Un’ultima nota che mi fa pensare che sia assolutamente opportuno non andare oggi alla votazione dell’articolato, oltre all’evidente disagio dell’aula, è la irregolare convocazione della Commissione e anche il fatto che l’unica affermazione seria che emerge dall’emendamento a firma Ricci, è quella di accorpare i centri di spesa. Il collega Brini ha detto “noi sono anni che diciamo che, pur mantenendo l’impostazione delle aziende ospedaliere e locali, dovremmo avviare da subito un processo di integrazione dei centri di spesa, delle stazioni di appalto, dei provveditorati’. Era una cosa giusta che proponevamo, è giusta anche se la proponete voi, però debbo segnalare che è una cosa giusta, affermata e negata dai fatti, perché nel mentre affermate che l’Asur verrà insediata come centro unico di spesa e gestione, questa Giunta regionale ha approvato una delibera, la 507 del 2002, rispetto alla quale io avevo presentato, prima ancora che la delibera venisse licenziata dalla Giunta, un’interpellanza;, poiché già si sapeva che l’intenzione della Giunta era di affidare il servizio trasporto sanitario a trattativa privata, spezzettato fra le varie aziende, alle pubbliche assistenze. Segnalavo che la cosa era illegale per un voto consultivo del Consiglio di Stato che era in procinto di essere trasposto in giudizio del capo dello Stato. La Giunta, non rispondendo alla mia interpellanza — questa è la prassi — ha deliberato di andare avanti senza la gara a trattativa privata, per una spesa annua di 16 milioni di euro, poi la delibera è stata revocata, non perché c’è stato un ripensamento ma perché è arrivata la sentenza del capo dello Stato. Allora, dite di voler accorpare le spese e contemporaneamente le frazionate, le disperdete con la trattativa privata; dite di voler procedere sulla strada dell’azienda unica, ma allora a che senso mantenete, per due anni, delle emorragie di costo di questo tipo? La richiesta di portare in Commissione ciò che in Commissione è andata in maniera impropria, mi sembra che sia doverosa, perché credo che l’aula, non foss’altro per la considerazione della sua distratta composizione, dovrebbe prenderne atto e rimandare l’argomento in Commissione e a un voto più sereno e formato dell’articolato in altra occasione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.
DAVID FAVIA. Presidente, colleghi consiglieri, credo che questo ordine del giorno sia quanto mai ragionevole e opportuno in quanto sarebbe ragionevole e opportuno far tornare in Commissione questa materia sulla quale si è consumata, a mio giudizio, una lesione istituzionale alla quale siamo peraltro abituati e della quale dirò tra poco, ma soprattutto una figura veramente terrificante da parte della Giunta regionale e della maggioranza. Credo che le modificazioni che dicono tutto e il contrario di tutto, gli emendamenti che la maggioranza ha fatto a se stessa in questi giorni, stravolgendo anche dal punto di vista tecnico basilare il provvedimento giuridico, richiedano che si torni in Commissione per ripensare una situazione rispetto alla quale non pensavo mai che un organo di governo potesse pensare in aula, come si dice ad Ancona “all’imbrago”, senza paracadute.
Presidente, la sua assenza dal dibattito è stata, come al solito, molto grave...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Perché “come al solito”?
DAVID FAVIA. Lei molto spesso è assente al dibattito, riemerge come deus-ex-machina: dovrebbe farsi fare una carrucola che la cali per venire a risolvere i problemi, come faceva Zeus nella tragedia greca. Forse sarebbe stato più opportuno che lei avesse portato in aula un provvedimento sul quale avesse trovato d’accordo la sua maggioranza. Lei si è trovato senza maggioranza e con una parte essenziale della stessa che l’ha costretta a tentare di risolvere un problema in sede extraistituzionale e questo credo sia gravissimo, sia da parte sua che da parte di quei consiglieri che in qualche modo hanno minacciato di farle mancare la maggioranza se lei non avesse quanto meno tentato di ricucire un rapporto con il sindacato, quindi addirittura abbiamo avuto dei consiglieri che l’hanno spinta ed hanno avallato un tentativo di soluzione extraistituzionale, quando, molto più opportunamente, si sarebbero dovuti far loro portatori delle istanze del sindacato e quindi trattare la vicenda nella sede istituzionale. E’ veramente gravissimo, nei confronti dell’istituzione consiliare, questo modo di fare che va avanti da anni. Quanto meno da quando io sono entrato in questo Consiglio regionale si ragiona con neo-formazioni quasi partitiche, comunque con fondazioni che difendono interessi particolari, sempre al di fuori dell’organismo istituzionale. Credo che ciò sia gravissimo. Addirittura, nell’attesa di raggiungere un accordo la maggioranza ha fatto mancare il numero legale, strumento di lotta tipico dell’opposizione, che in questo caso si è ribaltato, dando vita a un’opposizione nell’ambito della maggioranza e comunque sancendo una difficoltà irreversibile da parte di questa maggioranza. Una maggioranza che ha partorito degli emendamenti a mio giudizio allucinanti. Voglio parlare immediatamente di quello del Salesi: c’erano grandi aspettative in quest’aula, si pensava che alla fine avrebbe prevalso il buon senso, che si sarebbe trovata una formula per lasciare l’autonomia al Salesi, è stata partorita, non so da quale geniale mente, una presa in giro. Cambia soltanto il titolo: viene definito presidio ospedaliero, ma non cambia niente. Perde l’autonomia, rimane assorbito negli ospedali riuniti Umberto I-Lancisi-Salesi, non cambia veramente niente.
Ma l’apoteosi l’avete raggiunta con la modifica della disciplina transitoria, che francamente in parte voterò perché una mi trova perfettamente d’accordo: quella in cui, per due anni si lascerà l’autonomia, la personalità giuridica alle zone, ex Asl, con una formulazione giuridicamente allucinante. Come si fa a dare la personalità giuridica a tempo? Il Presidente mi spiegherà se esiste nell’ordinamento italiano la personalità giuridica a tempo o se non sarà necessario un altro atto legislativo per togliere alle zone la personalità giuridica, cioè per risistemarle nell’alveo della riforma. Credo che sia veramente una cosa assurda.
Nel nuovo art. 26 vengono date all’Asur alcune funzioni che si sarebbero potute tranquillamente accentrare nell’assessorato alla sanità da tempo, senza togliere alcun altro tipo di competenza, quindi nemmeno la personalità giuridica alle Asl, ma; badate bene, questa riforma di fatto rimane paralizzata fino alle nuove edizioni, così cercando, non so con quale fanciullesca speranza, di ipotecare quello che non ci auguriamo sarà il nuovo governo di centro-destra di questa Regione.
Alla luce di questo pout-pourry di inefficienza gestionale, inefficienza amministrativa, inefficienza giuridica, credo che un ritorno in Commissione, nell’alveo corretto istituzionale per dibattere una riforma seria e non farraginosa, affastellata, piena di sprechi come questa sarebbe quanto mai opportuno.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.
REMIGIO CERONI. Dicevo ieri, Presidente, che siamo a tre anni dall’insediamento di questo Consiglio regionale e nonostante la sanità abbia un ruolo di rilievo nel bilancio regionale, è la prima volta che ci troviamo a discutere del funzionamento del servizio sanitario regionale. Forse, se si fosse trovato il coraggio di portare l’argomento in discussione, probabilmente il bilancio regionale si troverebbe in minori difficoltà.
La proposta di legge all’esame approvata e presentata dalla Giunta lo scorso anno è stata poco condivisa da tutti, dai sindacati, dalle categorie produttive, dalle forze di opposizione e anche all’interno dei gruppi di maggioranza. Nonostante ciò, dopo un anno è stata portata ugualmente all’esame della Commissione. Sarebbe stato più logico, trovando la proposta delle resistenze, anche sul piano della concertazione con le forze sindacali, ritirarla. E’ stata portata in Commissione in quattro e quattr’otto, mentre la Commissione era interessata allo svolgimento delle elezioni amministrative, abbiamo lavorato mattina e pomeriggio, alla fine è stata emendata dalla Giunta prima, dall’assessore successivamente, dalla Commissione stessa ed è uscita per l’approvazione del Consiglio regionale.
Sul piano politico ancora non riesco a capire quali erano gli obiettivi della Giunta regionale, che cosa voleva ottenere con questa proposta di legge. A me pare che rispetto all’impostazione originaria, del testo originario c’è rimasto poco, perché la Giunta l’ha emendato, l’assessore l’ha emendato, la Commissione l’ha emendato. Ieri abbiamo fatto la discussione su una proposta che oggi viene di nuovo modificata.
Lei è magistrato Presidente, e mi stupisce che una persona così preparata, anche sul piano giuridico, voglia mettere la propria firma su una proposta di legge che è illeggibile. Ho guardato la legge regionale 26 del 1996 e debbo dire che quella legge, pur avendo fallito nei suoi obiettivi, ha una costruzione logica. Io che ho partecipato alla formazione degli statuti dei Comuni, so che c’è sempre stata una logica nella costruzione: le competenze del Consiglio, le competenze della Giunta, le competenze dell’assessore, le competenze dell’Asur. Bisognava costruire la legge seguendo uno schema. La legge dovrebbe essere leggibile sì da parte dell’esperto, del magistrato, ma anche da parte del cittadino semplice che vuol vedere come questa legge viene applicata.
Sono convinto che ci vorranno gli avvocati per capire cosa la legge vuol dire, per interpretare i continui rimandi da un articolo all’altro.
La mia proposta è la seguente. Non chiedo un rinvio, perché dovrebbero passare sei mesi prima di poterla nuovamente portare in aula, però potremmo utilizzare lo stesso stratagemma utilizzato quattro ore fa: facciamo mancare il numero legale, riconvochiamo il Consiglio regionale per lunedì prossimo. Nel frattempo si può fare un emendamento per cui, fermi restando i principi e gli obiettivi che volete raggiungere — perché questa è una facoltà che compete a voi: la maggioranza decida che cosa deve contenere la legge e come la vuol realizzare — si potrebbe ricostruire la legge di sana pianta. Penso che due giorni sarebbero sufficienti, quindi sospendiamo i lavori del Consiglio per due giorni, poi lunedì mattina cominciamo ridiscuterla, tenendo conto di un testo che sia veramente un testo di legge, perché ritengo che, così com’è formulata, darà luogo a un contenzioso incredibile. Non ha un senso logico questa legge. Assessore, capisco che le sue dimissioni sono solo minacciate e mai formulate, però quale pasticcio abbiamo costruito con questa legge? Mi rendo perfettamente conto che la Regione Marche si trova in una situazione economica drammatica, che il servizio sanitario è la causa di questa situazione, che è necessario prendere dei provvedimenti per eliminare gli sprechi che ci sono nella sanità, però facciamolo con una legge seria, precisa, puntuale. Poi, se questa può essere impopolare, nella politica bisogna fare anche le scelte impopolari quando servono, ma bisogna evitare i pasticci, perché l’Italia è piena di pasticci.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Oggettivamente ed obiettivamente la discussione che abbiamo portato avanti da ieri è stata un crescendo di assurdità e oggi stiamo rasentando il ridicolo, non per colpa nostra ma per una situazione contingente che si è venuta a creare nell’ambito della maggioranza. Questo ordine del giorno è stato presentato prima della chiusura del dibattito per poterlo discutere, perché nel momento in cui è chiuso il dibattito questo ordine del giorno è normale che la maggioranza non lo voterà, altrimenti se la legge dovesse tornare in Commissione, prima di sei mesi non potrebbe essere riportata in Consiglio. E allora parliamoci chiaro: sappiamo in partenza che ciò non può avvenire, ma questo dibattito serve per fare finalmente chiarezza. Il fatto stesso che con l’introduzione dell’Asur si protraggano per due anni le 13 Asl, era nella filosofia di questo piano, per un motivo molto semplice: in questo piano non si vede il filo logico della caduta, sul territorio, di una Asl unica. Nel momento in cui, il primo gennaio 2004 fossero state escluse le varie Asl, come poteva cadere? Si sarebbero viste dopo le conseguenze. In questa assurdità l’unico vantaggio è, con un aggravio di spesa sostanziale, che le 13 Asl forniscono un tempo minimo indispensabile perché diventi esecutiva la Asur e ricada in modo fattivo nel territorio. In tutte queste discussioni che ci sono state per tanto tempo non è stata fatta alcuna proiezione né di quello che sarebbe successo con l’introduzione di una Asl unica, né delle conseguenze , né delle spese. Addirittura, in una proiezione fatta da alcuni dirigenti — questa cosa è venuta fuori, durante un dibattito, circa 10 giorni fa — era stato previsto un aggravio di spese nell’ambito della sanità, per un importo pari al 20% delle spese stesse. Sotto questo aspetto, probabilmente, protrarre le 13 Asl per due anni, con i loro dirigenti, potrebbe avere un costo minore rispetto allo sfacelo che sarebbe successo nell’ambito della sanità.
Addirittura, durante le discussioni che ci sono state in Commissione sanità, non è nemmeno stata chiarita una posizione: che l’incarico a colui che dovrà reggere l’Asur, non sia dato per un tempo superiore alla durata di questa legislatura.
Non è a seguito di un dibattito fatto per fare opposizione che diciamo questo, ma per fare chiarezza su quello che succederà. Nel mio intervento di ieri ho riportato quello che aveva detto l’allora assessore alla sanità, nel 1998 e quello che aveva detto il Presidente D’Ambrosio. Dissero che avrebbero senz’altro risanato il deficit della sanità, poi le conseguenze si sono viste. Questo non significa che nel prossimo piano sanitario saremo qui a rileggere le conseguenze, ma mi auguro che i vari emendamenti che sono stati presentati, on solamente da noi dell’opposizione ma anche dalla maggioranza, portino chiarezza per far sì che la sanità marchigiana sia a beneficio dei cittadini e non a beneficio di coloro che ne discutono per avere più o meno spazi in un dibattito in televisione o sui giornali. La sanità marchigiana limiti i costi e la si smetta di andare a confondere il problema con la bandiera che abbiamo nelle Marche, quella relativa al fatto che abbiamo una vita media più lunga proprio perché c’è una sanità efficiente.. Tra sanità e salute ci sono realtà, situazioni e concetti completamente diversi. Sappiamo — ne sono certo — che questo ordine del giorno non può passare, però la filosofia della presentazione di questo ordine del giorno era non per discuterlo in questo momento a fine dibattito, ma per verificare come si era svolto il dibattito. Per questo nella apertura dei lavori, alle 17, avevo proposto che tutto fosse rimandato a domani mattina, almeno avremmo avuto il tempo per fare chiarezza e portare un contributo costruttivo all’approvazione di questo piano sanitario.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Vorrei velocemente chiarire una questione. Ringrazio il collega Viventi per le parole che ha espresso nei miei confronti, ma contemporaneamente debbo deluderlo rispetto all’interpretazione che aveva dato alle mie parole ieri sera. Quando si stava avvicinando la fase finale della discussione avevo solo l’intenzione, in quel momento, in cui sapevamo benissimo che c’era un confronto giustamente aperto con le forze sociali, di intervenire per dire “non è il momento per chiudere una discussione generale”.
L’altra cosa, colleghi dell’opposizione, è che mi sembra un po’ strano che si sia intervenuti per dire “non entriamo nel merito”, poi il dibattito sia stato tutto sul merito, quindi non sia stato che la ripetizione della discussione generale. Credo che anche dalla vostra riflessione ci siano tutte le condizioni per entrare pienamente nel dibattito e dare finalmente alla sanità marchigiana la possibilità di confrontarsi su un progetto definitivo ed operativo, quindi superando questa fase di grossa incertezza ed inquietudine che c’è nel sistema e io ripeto che anche un giorno in meno aiuta ad andare avanti e a trovare soluzioni nuove per i marchigiani che ne hanno bisogno.
PRESIDENTE. Dobbiamo porre in votazione l’ordine del giorno di non passaggio agli articoli. Se passa l’ordine del giorno, equivale alla reiezione dell’atto, ai sensi dell’art. 64.
Prego di procedere alla votazione dell’ordine del giorno per appello nominale, a nome dei consiglieri Novelli, Castelli e Massi.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta assente
Viventi sì
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi Gentiloni Silveri sì
Melappioni no
Minardi no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Giannotti. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIANNOTTI. Vorrei capire quali intenzioni abbiamo. Molti di noi sono qui da questa mattina alle 10. Evidentemente la nostra giornata è pagata più che profumatamente, quindi nulla da obiettare, però diamoci un codice di comportamento. Nessuno può pensare che noi non facciamo opposizione ad una proposta di legge che non accettiamo, però se è opposizione è opposizione. Insisto nel dire che dobbiamo darci un tetto oltre il quale no si debba arrivare. Se stabiliamo che a mezzanotte concludiamo i lavori questo ci dà tempo di rientrare nelle città di residenza e domani mattina essere qui alle 10 e ricominciare a lavorare. Se invece si vuol andare più in là diciamocelo, perché almeno per quel che mi riguarda cambia l’atteggiamento.
PRESIDENTE. Non esiste la possibilità di prendere una decisione ora, su due piedi, perché dipende dalla maggioranza la quale utilizza la seduta notturna, come la può utilizzare, ad oltranza. Però, siccome credo che siamo all’avvio di una votazione prolungata, se siete d’accordo ci prendiamo cinque minuti per fare la Conferenza dei presidenti di gruppo, evitando la riunione di domani mattina.
Non vi sono obiezioni, quindi la seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 21,10,
riprende alle 21,30
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Pongo anzitutto in votazione l’emendamento n. 1 che riguarda la nuova titolazione, a firma Viventi.
Ha la parola il consigliere Ricci.
ANDREA RICCI. La V Commissione ha modificato il titolo della legge con “riorganizzazione” al posto di “riordino”, perché la legge precedente relativa all’organizzazione aziendale si intitola “Riordino del servizio sanitario regionale”. Per evitare di fare due leggi con lo stesso titolo abbiamo dovuto scegliere quest’altra scelta.
LUIGI VIVENTI. Alla luce di queste dichiarazioni l’emendamento lo ritiro.
PRESIDENTE. Articolo 1. Emendamento a firma Pistarelli e altri. Ha la parola il consigliere Pistarelli per illustrarlo.
FABIO PISTARELLI. Noi vorremmo che questa legge fosse, sotto un profilo formale, leggibile. Il primo comma inizia già malissimo, perché recita: “La Regione assicura l’erogazione di servizi sanitari e socio-sanitari attraverso il sanitario regionale costituito dall’insieme delle funzioni delle attività espletate dalle strutture direttamente gestite dalle aziende di cui all’art. 2 nonché dalle strutture e dai professionisti che sulla base della normativa vigente hanno titolo ad operare per conto delle aziende stesse”. Traduzione... Se ci si vuol riferire alla 502 c’è la 502. Noi diciamo più semplicemente ‘ispirate ai principi di cui all’art. 32 e al 117". Ciò se vogliamo fare un riferimento al diritto alla salute e alle prerogative della Regione. Fare tutta questa elucubrazione è sintomo che questa legge è nata in maniera cervellotica e sta concludendo il suo iter in maniera ancora più aggrovigliata e pesante.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2 a firma Cecchini, che ha la parola.
CRISTINA CECCHINI. Intendo aggiungere al significato della legge, che si ispira agli articoli 32 e 117 della Costituzione, anche altri articoli assai attinenti della Costituzione, in modo particolare gli articoli 3 e 38. L’art. 3 riguarda l’eguaglianza, la pari dignità di tutti i cittadini italiani a prescindere da sesso, religione ecc., ma forse è meno conosciuto l’art. 38 con il quale si dà valore all’assistenza sociale. noi stiamo facendo un piano socio-sanitario, ci si è divisi sul significato di beneficenza dentro la legge nazionale 328, ma credo che valga la pena, per dare un’impronta di valore per questa Regione, indicarlo nelle finalità della legge.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 1/3 a firma Cecchini, che ha la parola.
CRISTINA CECCHINI. Sulla base di cosa finanziamo questa nostra legge? Non solo sulla base della compatibilità finanziarie ma anche sulla base di indicatori epidemiologici, clinici e strutturati in modo che la ripartizione delle risorse che definiscono la programmazione regionale abbia una base solida.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Non credo che ci sia una Regione così attrezzata o in procinto di riuscire, entro pochi anni, a svolgere un meccanismo di finanziamento di questo tipo, anche se potrebbe essere auspicabile. Credo che non ci siano le condizioni tecnico-scientifiche per poter fare questo percorso.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Mi sembra che questa proposta sia abbastanza neutra rispetto alle contrapposizioni di questa seduta, anzi credo che abbia il merito di aggiungere, alla spada di Damocle della finanza, un minimo di salute, altrimenti il rischio è che di salute si parli solo nella copertina e successivamente di principi anche generalissimi, ma anche l’indicazione più strettamente connessa alla problematica della salute come l’emendamento Cecchini mostra di voler evidenziare. Evidentemente consigliere Cecchini, come avevo detto e osservato nel mio precedente intervento a commento dell’ordine del giorno, qui si pensa, più che a Ippocrate, a Wall Street, quindi, probabilmente, le indicazioni finanziarie dovranno sovraintendere alla regolazione del sistema sanitario. Mi pare che il voto della maggioranza su questo punto sia perfettamente in linea con il senso e l’etica del compromesso raggiunto.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 1/4 a firma Viventi, che ha la parola.
LUIGI VIVENTI. Anziché una partecipazione degli enti locali chiedo un coinvolgimento e una concertazione con gli enti locali interessati. E’ un rafforzamento del concetto. Se ci credete lo votate: non stravolge niente ma dà un ruolo effettivo agli enti locali.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
SERGIO NOVELLI. “Concertazione” rispetto a “partecipazione” esprime un valore in più ed era un’opportunità che poteva essere colta tra le pieghe di quella che è una disastrosa involuzione del sistema sanitario che questo, a stretto riordino, determinerebbe. Mentre il passaggio della 502, portando alla Conferenza dei sindaci ha fondamentalmente portato a un’aziendalizzazione che ha escluso le istanze di partecipazione democratica locale dalla gestione della sanità, nel momento in cui la maggioranza si accinge a creare dei soggetti che non capisco più bene cosa siano, certamente si apre lo spazio per creare un meccanismo di consultazione che non è partecipazione. La partecipazione è il parere non obbligatorio, non vincolante, meramente dilatorio, che lascia immodificata la gestione strategica; Concertazione può essere anche un parere vincolante, un gradimento che necessariamente deve essere espresso. Per questo noi pensavamo di andare a dare alle conferenze dei sindaci e alla conferenza di coordinamento socio-sanitario un potere di consultazione non meramente formale ma anche di parere vincolante sull’operato dei direttori, sulla loro conferma, per cui mi sembra che sia un’attenzione di doveroso rispetto nei confronti degli enti locali.
Ricordo che nella discussione generale, quando abbiamo detto tutti “questa è una riforma che viene fatta contro ogni istanza possibile (la Confindustria, i sindacati, gli enti locali)” qualcuno ha detto, qualcuno ha detto “le associazioni delle autonomie locali hanno espresso un giudizio favorevole. Se ritenete rilevante l’opinione degli enti locali nelle occasioni in cui sono consenzienti alla proposta di governo, mi sembra che sia abbastanza naturale dare un parere non meramente formale ma impegnativo anche allorquando queste istanze possono esprimere un parere non semplicemente adesivo. Per questo mi sembra che l’accento sulla concertazione, su un parere vincolante, debba essere posto già adesso nella proposta di legge di legge e anche più avanti, dove si parla delle conferenze degli enti locali.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Tutta la discussione su questa legge la si è giocata su un anno di coinvolgimento con le parti sociali, con le associazioni degli enti locali, con il territorio ed è stata una brutta sintesi, una brutta vicenda quella che si sta concludendo, quindi questa questione non è secondaria, così come non saranno secondari gli articoli che verranno fino al 23, quello dei comitati di partecipazione.
Abbiamo chiara l’esperienza dell’aziendalizzazione in questi anni, di qual è stato il rapporto di scambio politico fra i direttori generali e le conferenze dei sindaci, o meglio con i presidenti delle conferenze dei sindaci. Scambio politico, non altro, che ha fatto venire nostalgia per le funzioni dei comitati di gestione o di partecipazione dei cittadini che in qualche modo hanno lavorato per gestire servizi sociali. Quindi questa questione non è per niente neutrale e verificare fino a che punto vogliamo coinvolgere e concertare con gli enti locali interessati la politica sanitaria è un bell’emendamento, quindi vale la pena di costruire su questo un ragionamento politico.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.
ANDREA RICCI. SIAMO alla fase dei principi generali a cui si ispira la proposta di legge, quindi non siamo ancora alla fase della definizione dettagliata dei compiti e delle funzioni della legge e dei soggetti della legge. In questo senso il termine “partecipazione” è il più adeguato per esprimere il principio generale. All’interno del concetto generale di partecipazione ricadono anche le forme del coinvolgimento e della concertazione, di volta in volta dettagliate anche in maniera diversa e articolata, a seconda dei casi e delle funzioni. Per questa ragione ritengo più corretto e appropriato, all’art. 1 usare la parola “partecipazione”.
FABIO PISTARELLI. Chiedo la votazione per appello nominale, a nome anche dei colleghi Ciccioli e Castelli.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Modesti no
Mollaroli astenuto
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi Gentiloni Silveri sì
Melappioni no
Minardi no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. Emendamento n. 1/5 a firma Cecchini, che ha la parola.
CRISTINA CECCHINI. Vale la pena, in questa legge, di cominciare a nominare la promozione delle medicine non convenzionali negli interventi per la salute, cominciare a introdurre questo concetto nella legislazione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.
ANDREA RICCI. Penso che questo sia un tema importante e rilevante, però la collocazione di questo tema non può essere quella della legge, tanto meno dei suoi principi generali, penso che varrà la pena nel piano sanitario prevedere anche, eventualmente, un passaggio relativo a questo argomento. Non credo che sia questa la collocazione più adatta.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Questa Giunta in una occasione specifica, per una situazione particolare ha anche approvato uno specifico percorso, ma vorrei anche ricordare che rispetto ai livelli essenziali di assistenza questo percorso terapeutico non è previsto, quindi non può essere finanziato dentro il percorso del finanziamento del sistema sanitario ma deve trovare una modalità propria, in attesa di quello che uscirà dal Parlamento il quale sta discutendo approfonditamente una specifica proposta di legge.
CRISTINA CECCHINI. Occorre un impegno della Giunta e della Commissione a costruire un ragionamento, perché altre Regioni lo stanno facendo. Il Piemonte e la Toscana hanno addirittura legiferato, c’è un contenzioso con il Governo, c’è un testo di legge unificato in Parlamento, in qualche modo si sta definendo la questione. Se anche da parte della Regione Marche nel suo piano si mette un paragrafo che indica la volontà questo va bene. Volevo sollecitare questa cosa, quindi ritiro l’emendamento.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. ...le Avis si moltiplicheranno.
Emendamento n. 1/6 a firma Pistarelli, che ha la parola.
FABIO PISTARELLI. Chiedo la soppressione del comma 3, indicazione del D. Lgs. 229, la cosiddetta “riforma Bindi”. Se lo facciamo dobbiamo indicare anche il “decreto Sirchia”, dobbiamo indicare le ultime normative anche sui Lea, cosa che non facciamo in questa legge. Ci riferiamo a un decreto che è già superato da un decreto successivo che si chiama “Sirchia”, da un nuovo piano sanitario nazionale, da nuovi livelli di assistenza. Secondo noi questo riferimento è ridondante, inutile o errato, a seconda dei punti di vista. Ridondante perché non serve richiamare cose che fanno parte del quadro nazionale, inutile perché riguarda una normativa che fa da riferimento perché ha modificato l’art. 502 in parte e il 517 e successivi, ma è stata ulteriormente aggiornata, errata perché se ci si ferma al 229, poi si fa un errore, perché non si valutano aspetti che sono egualmente, se non più punto di riferimento fondamentale, come scritto nel comma 3.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Pongo in votazione l’articolo 1. Ha la parola il consigliere Procaccini.
CESARE PROCACCINI. Credo che a questo punto entriamo nel merito effettivo della legge e per i Comunisti italiani è doverosa una dichiarazione di voto preliminare, perché il fatto stesso che vengano esaltate le modifiche presenti nel testo uscito dalla Commissione testimonia la validità della nostra critica iniziale di merito, perché la proposta, seppure modificata e depotenziata, rappresenta tuttora una forzatura. Infatti la creazione di tanti elementi di contrappeso evidenzia, a nostro modo di vedere, i rischi di una forte centralizzazione. Soprattutto in questa fase, quando si pensa all’organizzazione si dovrebbe sempre pensare anche al contento, caratterizzato dalla pericolosità del Governo di destra e ciò dovrebbe il più possibile, per il centro-sinistra, evitare forzature e scelte di tipo organizzativistico. Dobbiamo esaltare il sistema, la prevenzione, la diminuzione delle liste di attesa, l’alta specialità che insiste nel capoluogo e non solo, che a prescindere dalla nuova organizzazione del piano sanitario, che noi condividiamo in pieno, della centralizzazione e semplificazione delle aziende ospedaliere, tuttavia deve salvaguardare ed estendere l’autonomia di cura e di ricerca di quelle specialità. Dobbiamo pensare agli ospedali periferici, a quelli di polo che debbono essere il sistema di supporto del primo presidio vicino al territorio, per non ingolfare gli ospedali di rete in maniera impropria e l’alta specialità. Dobbiamo evitare scelte che possano indebolire la gestione dei servizi sanitari in maniera uniforme. L’organizzazione, per noi dovrebbe essere la declinazione flessibile. Dobbiamo usare la flessibilità per le cose, non per le persone e per i lavoratori. Una declinazione flessibile del piano sanitario che, al contrario, costituisce per noi l’atto principale di programmazione. La nostra critica all’Asur, tuttavia, non può eludere il nodo della necessità della semplificazione, sia di una riforma intesa come aggiornamento del piano sanitario 1998-2000, sia come semplificazione dell’attuale sistema organizzativo. Non perché è da buttare, ma perché non più in sintonia con le nuove e peggiori compatibilità economiche. Noi assumiamo la necessità della semplificazione e del risparmio del sistema sanitario pubblico, anche se da un punto di vista diverso, originale dall’azienda unica. Abbiamo presentato una nostra proposta che era quella delle Asl provinciali che teneva insieme la semplificazione, la riduzione, il governo democratico su area vasta della sanità pubblica. Di fronte al rifiuto di tali ipotesi, di fronte allo scontro suscitato dall’Asur, abbiamo proposto un consorzio unico regionale delle attuali aziende sanitarie per semplificare subito una fase condivisa per un ulteriore e più spinto accentramento.
Ma ormai non siamo più nella fase tecnica, questa fase è alle nostre spalle. Siamo giunti alla rottura con i sindacati, Cgil e Cisl. Una Giunta ed una maggioranza di centro-sinistra non devono mai compiere, per propria responsabilità, la rottura con i sindacati. E comunque un accordo possibile va sempre ricercato, mai si deve spezzare, nella rispettiva e totale autonomia, la connessione con i lavoratori e le loro rappresentanze. La rottura, oggi è un fatto grave che ci coinvolge tutti e neanche noi, che non siamo responsabili, siamo assolti, né ci sentiamo assolti.
Siamo alla fase politica. Consigliere Romagnoli, lei con il suo solito garbo ha annoverato i Comunisti italiani tra i “malpancisti” della maggioranza. Ciò è errato. Non solo non lo siamo, ma siamo forse più di altri disciplinati, anzi siamo spietati nella disciplina: abbiamo una concezione leninista della disciplina, soprattutto verso la maggioranza di centro-sinistra, in virtù di un’analisi politica che vede nella destra un pericolo costante per la democrazia e per i diritti dei lavoratori, ma qui la disciplina non c’entra. Siamo all’interno di scelte che non riguardano la disciplina. I Comunisti italiani sono autonomi ed unitari al tempo stesso, perché l’autonomia senza l’unità sfocia nel settarismo e nell’estremismo e l’unità senza l’autonomia sfocia nella subalternità e nell’opportunismo.
Non so se ci riusciamo, ma anche nelle Marche cerchiamo di rappresentare questa politica ed esprimiamo a viso aperto un dissenso nel merito in questo caso, su un atto che secondo noi è secondario, che è stato drammatizzato in maniera impropria. Il dissenso che noi esprimiamo non indebolisce ma rafforza la Giunta e la maggioranza, la deve far riflettere per l’oggi e per il domani, deve far riflettere tutti noi. Non è, per i Comunisti italiani, minimamente in discussione la fiducia verso il Presidente D’Ambrosio, verso l’assessore Melappioni e verso l’intera Giunta, essi hanno la totale nostra fiducia. Il dissenso e la contrarietà netta all’Asur che i Comunisti italiani hanno espresso ieri nella discussione generale, tuttavia, non ci chiudono gli occhi di fronte all’evoluzione che la discussione ha avuto. Non si è giunti all’accordo con il sindacato e ciò, ripeto, è un fatto grave, anche perché è sempre difficile fare accordi dinanzi all’ultima spiaggia. Tuttavia il gruppo dei Comunisti italiani che ho l’onore di rappresentare, che aveva il mandato di una netta e totale contrarietà, ha apprezzato il tentativo di giungere a un accordo complessivo, abbiamo apprezzato lo sforzo del Presidente D’Ambrosio, se non di cambiare la proposta almeno di aggiornarla. Per noi questi sono fatti importanti, che possono riannodare sin da domani il filo con i sindacati. E’ per questo, anche come contributo unitario, che trasformiamo la nostra contrarietà sui punti della legge che istituiscono l’Asur, in astensione, a cominciare dall’art. 1 che voteremo per parti separate. Voteremo a favore dei commi 1 e 3.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. A me dispiace rilevare una contraddizione nell’intervento di Cesare Procaccini. Ascoltando il suo intervento mi sarei aspettato non la trasformazione del dissenso in una posizione di astensione ma la conferma del dissenso. Ha espresso un giudizio durissimo, di cui credo questo Consiglio debba tenere conto. Vi sono atteggiamenti mediati dalla esigenza di mantenere un equilibrio fra i partiti, di tenere conto del posizionamento politico ma le parole sono come pietre e Procaccini ha questa capacità, oltre a questa esercitazione antigovernativa, antidestra sfasata rispetto al luogo in cui si realizza il dibattito, ha detto delle cose abbastanza precise.
Questo articolo è un insieme di affermazioni che sono state contraddette nella pratica, nella gestione sanitaria di questi anni, una gestione che noi abbiamo considerato fallimentare, una gestione che abbiamo considerato clientelare e abbiamo detto anche da dove viene l’attuale situazione di crisi del sistema, da dove deriva l’attuale situazione di fallimento finanziario, da dove proviene la caduta di qualità dei servizi offerti ai cittadini. Una enunciazione di principio che contrasta con il contenuto vero della legge. Vi sono alcuni riferimenti del tutto fuori luogo: per esempio il richiamo alla partecipazione degli enti locali. Non può dirsi altrettanto la sicurezza per quello che riguarda la solidarietà, l’impegno e la partecipazione delle formazioni sociali che i fatti hanno dimostrato avere tutt’altro parere. Così come non ci sembra che l’obiettivo di fondo che la legge persegue sia quello di favorire lo sviluppo omogeneo del sistema sanitario regionale. Noi abbiamo detto tutto l’opposto: che questo sistema produrrà ulteriori guasti e non consentirà di dare una risposta di buona salute ai cittadini marchigiani. Abbiamo già detto quali sono i rischi: vi sono dei rischi concreti rispetto allo smantellamento dei piccoli ospedali della nostra regione che vengono cancellati con una matita da questo provvedimento. Il Presidente D’Ambrosio nel suo intervento non ha fatto mistero di perseguire questo obiettivo, che poi sarà la scelta di fondo di questo piano sanitario, perché se c’è una osa assodata rispetto alla quale non sono possibili mediazioni, è la chiusura dei piccoli ospedali, questione sulla quale torneremo, ma rimane questa grave ferita inferta all’alta specialità di Ancona con il depotenziamento di due grandi, importanti esperienze ospedaliere quali il Lancisi e il Salesi, rispetto ai quali abbiamo chiesto non un pannicello caldo ma un atto di coraggio e di responsabilità su cui insisteremo, perché fra pochi minuti voteremo l’emendamento che abbiamo proposto.
Abbiamo voluto adottare una tecnica: proporremo la conferma delle due aziende, poi chiederemo un voto singolo, sia per il Salesi, sia per il Lancisi, perché vogliamo mettere alla prova tutto il Consiglio regionale.
Credo che partiamo male. La maggioranza, oltre ad avere fallito nei fatti, dimostra di cominciare a perdere consenso anche sul piano politico, se dobbiamo interpretare nel verso giusto il pronunciamento del capogruppo dei Comunisti italiani. Per questo voteremo contro questo articolo della legge.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Vorrei tornare su un errore che ha fatto questo Consiglio regionale nel non accettare l’articolo 38 della Costituzione e secondo me cambia la sostanza del tipo di organizzazione socio-sanitaria che andiamo a costruire. Con la legge nazionale 328 c’è stata l’espulsione dalla sanità delle persone non autosufficienti. Se andiamo a vedere l’art. 3 septies del decreto 229 c’è scritto con molta chiarezza che le prestazioni a favore delle persone non autosufficienti sono incluse nell’alta integrazione socio-sanitaria, quindi sono nella sanità. Le cure intensive prolungate, domiciliari, residenziali, semiresidenziali — cose molto concrete, perché ci sono pagine, pagine e pagine e su questo riconvertiremo i piccoli ospedali e faremo la politica concreta di questa regione — metterle come fosse beneficenza o un diritto di assistenza sociale cambia moltissimo, perché significa che la retta è più o meno pagata dalle famiglie o comunque interviene il sistema sanitario pubblico. Quindi il mancato riferimento a questo testo la dice lunga su come si vuol risolvere nel concreto questa partita, quindi quanto basta per un voto generale già negativo su tutte le questioni, come non bastassero le questioni che abbiamo già visto e che discuteremo successivamente.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Il terzo comma inserito dalla Commissione introduce anche un curioso elemento di riflessione, che è il riferimento al decreto legislativo 229. Immagino che il tardivo riferimento al 229 dovesse in qualche modo inserirsi in quel tentativo di recuperare il favore sindacale e sociale che questa proposta non aveva, ma in realtà apre un aspetto significativo. In realtà, dopo la riforma del titolo V il decreto 229 deve essere letto, per quanto riguarda la sua funzione e la sua efficacia nei confronti di questa Regione, tenendo conto che la materia sanitaria è di legislazione concorrente, quindi, a ben vedere i profondi discostamenti che l’assetto di questo riordino presenta rispetto al 229 non sono pochi, potevano essere in qualche modo giustificati proprio per l’avvenuta intercorsa modifica costituzionale, sicché, in forza del principio di autoorganizzazione di cui gode oggi la Regione dopo la riforma del titolo V si poteva astrattamente giustificare l’allontanamento di alcune norme del 229 che in maniera piuttosto chiara ed evidente contrastano con il seguito dell’articolato. Basti pensare ad alcuni aspetti delle aziende ospedaliere per quanto riguarda anche l’organizzazione delle Asl. Invece cosa si dice? Qui si fa un altro “pastrocchio”: si cerca di coniugare aspetti diversi di normative che ora si citano e ora si contrastano, in nome di quello che abbiamo definito “pasticciaccio brutto di via Gentile da Fabriano” che proprio all’articolo 1 evidenzia tutte le proprie profonde contraddizioni. E’ evidente che anche nell’articolo 1 si leggono e si individuano tutte le ragioni che hanno portato alla costruzione di un atto confuso, contraddittorio, così pieno di antinomie da dover rendere necessario il dimezzamento, o meglio la scansione temporale degli effetti del provvedimento. Così lo leggiamo, così vediamo le ragioni di questa antinomie nel primo articolo in riferimento al 229. Procaccini ha giustamente fatto riferimento, com’è suo diritto alla memoria di Wladimir Illyich Ulianov, in arte Lenin, quindi per cercare di metterlo in crisi dovrei parlare male di Procaccini stesso, perché mi pare che fra gli archetipi leninisti c’era sempre la frase “se il nemico di classe ti elogia vuol dire che stai sbagliando”, quindi io parlerò bene di Procaccini, cercando di metterlo così in crisi, per un semplice motivo: in realtà Procaccini ha correttamente considerato come questo progetto, non previsto dal programma di “Marche democratiche” non costituisce una politica generale di centro-sinistra. Credo che questo sia vero e anche quell’andare verso il sindacato non può essere, a mio modo di vedere, sufficiente a considerare superate queste valutazioni, se non altro per il fatto che il sindacato non ha accettato questa mediazione.
Perché credo che questa approvazione è un’occasione persa per questa Assemblea elettiva? Perché il problema reale è che tutto è avvenuto fuori. Questa è una ferita democratica. Io non mi scandalizzo se ci sono “interpartitiche” o consultazioni: piena è la legittimità di ciascuna forza politica nel cercare le soluzioni politiche e nessuno di noi fa così il retorico da stupirsi di questo, ma in realtà il fatto grave è che la crisi extraparlamentare vedeva protagonisti soggetti che sono diversi dai partiti e dalle forze politiche. In realtà il meccanismo di privazione dei nostri poteri nasce da lì, quindi credo che questo sia argomento per una riflessione utile e necessaria, anche perché andiamo, in sostanza, a ratificare decisioni e soluzioni che, prima di affrontare gli emendamenti che vanno a incidere sul testo, ci portano, immagino, a dover presumere che l’atteggiamento di questa maggioranza sia blindato, quindi chi ritiene sufficiente a cambiare il giudizio di questo testo la manifestazione d’intenti, l’esasperata o comunque parossistica ricerca di un accordo, non può sfuggire a un dato: che questa Assemblea assomiglia all’assemblea degli azionisti di quelle grandi società per azioni che vengono convocate una volta ogni tanto, senza poteri apprezzabili di incidere su questi argomenti. Da questo punto di vista che non è di destra ma di sinistra, credo che la capacità decisionale di questo ente, presupponga che il luogo della decisione è altrove e quindi anche i percorsi che stiamo affrontando sul nuovo Statuto, sulla rivendicazione di ruolo, altro non sono che flatus vocis o comunque affermazioni di autoerotismo istituzionale che poco o nulla hanno a che fare con il ruolo di questa Assemblea che mi pare essersi degradato a mera ratifica di decisioni provate, cercate ma non raggiunte, di soggetti diversi da quelli che compongono l’Assemblea stessa.
PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei esprimere ringraziamento e apprezzamento per le posizioni del consigliere Procaccini. Tutti i richiami alla Costituzione vanno bene ma sono obiettivamente un po’ superflui, visto che ogni legge dovrebbe ispirarsi ai principi della Costituzione, quindi mi sembrerebbe una di quelle cose che si facevano una volta in cui si diceva “visto l’art. 3...” ecc. che erano diventate una specie di ritualismo. Questa è una legge che si ispira ai principi costituzionali così come tutte le leggi che dovremo fare e che abbiamo fatto, quindi da questo punto di vista mi sembra una cosa superflua.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 1 per parti separate. Pongo prima in votazione il comma 1.
Il Consiglio approva
Pongo in votazione i commi 2 e 3.
Il Consiglio approva
Art. 2. Emendamento a firma Ceroni, che ha la parola.
REMIGIO CERONI. Questo emendamento conferma la nostra opinione sulle 13 aziende sanitarie e aggiunge le aziende ospedaliere nel numero di 7. Noi crediamo che per favorire la nascita di eccellenze, per creare presidi ad alta specializzazione è necessario dotare gli ospedali di personalità giuridica pubblica e di autonomia imprenditoriale.
Ho letto il piano sanitario di qualche altra Regione che prevede per i presidi ospedalieri l’autonomia, la personalità giuridica pubblica, mentre la Asl è acquirente di prestazioni, cioè l’ospedale e i privati sono fornitori di prestazioni. Questo è un modello che nella riforma non avete voluto prendere in considerazione, che però secondo me potrebbe avere degli aspetti positivi, perché confondere il controllore con il controllato — Asl e ospedale — non è opportuno. Noi proponiamo l’azienda ospedaliera Umberto I di Ancona, il Lancisi di Ancona, il Salesi di Ancona, il San Salvatore di Pesaro, un’azienda ospedaliera per la provincia di Macerata, una per gli ospedali riuniti di Ascoli Piceno e San Benedetto e una per gli ospedali riuniti del Fermano. Questo comporta l’abrogazione del terzo e quarto comma dell’art. 2.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
SERGIO NOVELLI. Alleanza nazionale esprime voto favorevole a questo emendamento, anche se l’istituzione di ulteriori aziende ospedaliere potrebbe sembrare in controtendenza con le affermazioni e i richiami a un contenimento di costi che tutti hanno indicato come necessario in discussione generale, tuttavia l’affermazione di principio che ci sembra giusto riprendere, così come ha illustrato il proponente, è che va valorizzata la qualità del servizio fornito dagli ospedali. Credo che se un appunto può essere fatto è che forse c’è un’operazione di semplificazione eccessiva laddove si pongono nello stesso cesto le aziende ospedaliere con una forte connotazione specialistica con quelle che invece hanno un’incidenza più territoriale. Da questo punto di vista, se esiste un’azienda ospedaliera a Pesaro, per la gestione dell’ospedale del capoluogo, non si capisce perché una analoga iniziativa non vada vista come altrettanto opportuna per gli altri poli a Fermo, a Macerata e ad Ascoli. Il nostro emendamento specifica l’opportunità di mantenere una autonoma gestione per i due soggetti che in questo momento sono i fornitori di servizi di maggiore qualità — le due aziende specialistiche cardiologica e materno-infantile — e al tempo stesso la dimostrazione concreta di come una corretta gestione del servizio sanitario fornito possa avere anche una gestione economica non negativa come è avvenuto in particolare per il Lancisi l’anno scorso e anche per il Salesi non ci sono stati i grossi squilibri che in altre aziende sanitarie invece si sono avuti. Da questo punto di vista l’affermazione della corrispondenza numero di aziende-importo del deficit è smentita, l’hanno già fatto nei bilanci scorsi due aziende ospedaliere a forte specializzazione e per questo andavano a nostro giudizio difese, a prescindere da ogni altra valutazione. Certamente una valutazione di giustizia e di coerenza induce a ritenere che anche per Macerata, Fermo ed Ascoli il processo di aziendalizzazione ospedaliera che è stato fatto per Pesaro, siccome l’unica voce che si è sentita in difesa è quella della “posizione di confine”, se vale per Pesaro, ovviamente non può non valere quanto meno per Ascoli che è altrettanto frontaliera non soltanto verso l’Abruzzo ma verso la vicina Roma che con la Salaria si raggiunge facilmente.
A voler essere coerenti con i principi logico-amministrativi che hanno presieduto l’esposizione anche di questa maggioranza in questo lungo dibattito, sembrerebbe che il voto a questo emendamento dovrebbe essere favorevole anche al di là dello schieramento, poi siamo tutti maggiorenni, sappiamo che i principi logico-amministrativi non presiederanno il vostro voto, che le scelte che hanno portato a una conclusione per Pesaro non verranno riprodotte per le altre realtà delle Marche, perché la valutazione non è logico-amministrativa ma strettamente geopolitica, quindi la scelta geopolitica sarà forse diversa. Per noi comunque, la valutazione di coerenza e di principio va rivendicata, per cui votiamo a favore di questo emendamento, sia in difesa dell’alta specializzazione al Lancisi e al Salesi, sia in difesa del criterio di giusta distribuzione dell’offerta aziendale ospedaliera nell’intero territorio regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
RoBERTO GIANNOTTI. Ha già detto il nostro rappresentante in Commissione che questo emendamento si sostanzia per la riaffermazione della scelta delle 13 aziende sanitarie, una posizione che noi abbiamo mantenuto nel corso di questo lunghissimo dibattito di due anni. Noi non riteniamo che la ricetta indicata dalla Giunta regionale sia quella giusta per rispondere ai bisogni della sanità delle Marche e i fatti hanno dimostrato che avevamo ragione, perché comunque si è immaginato un assetto organizzativo che in qualche modo riprende e sviluppa questo discorso.
La seconda scelta contenuta in questo emendamento è quella della conferma dell’autonomia, dello status di azienda del Lancisi e del Salesi. Anche qui è inutile riprendere concetti già largamente espressi rispetto alla storia, rispetto al ruolo svolto da queste due istituzioni ospedaliere, che rappresentano l’uno un’eccellenza nazionale — credo che sulla valenza del Salesi i libri parlino chiaramente — l’altro ha raggiunto un positivo equilibrio di bilancio rispetto al quale credo sia più che doveroso chiedere la conferma dello status.
L’altro aspetto della proposta è di immaginare comunque un riequilibrio delle aziende ospedaliere su tutto il territorio regionale, andando a considerare anche la necessità di rendere concreta questa possibilità per altre province delle Marche. Le due questioni ulteriori che vengono richiamate in questo emendamento sono il no netto all’Asur di cui chiediamo l’abrogazione e l’aspetto di dare maggiore peso, maggiore ruolo alle zone, una cosa peraltro ripresa e codificata, anche se in maniera imperfetta, dall’art. 26. Per questo noi confermiamo il nostro voto favorevole a questo emendamento.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.
FAUSTO FRANCESCHETTI. Chi, come me e altri colleghi di maggioranza, aveva previsto, prima ancora di vedere gli emendamenti presentati, quello che sarebbe accaduto da parte delle forze politiche dell’opposizione, ha avuto ovviamente conferma, perché abbiamo registrato non solo una disparità di proposte dentro la Casa delle libertà... (Interruzione). Noi abbiamo mantenuto la proposta dell’azienda unica e delle tredici zone. Quella è stata la proposta da quando è uscita dalla Giunta a quando è andata in Commissione. Voi avete proposto 13 Asl, Alleanza nazionale ne propone 7, 5 e 4, perché magari a Fermo si può dire che An ha presentato la proposta per mantenere quell’azienda e ad Ascoli, sempre An può dire che ha presentato 4 aziende, escludendo quella di Fermo. La stessa cosa avviene per le aziende ospedaliere. Noi discutiamo questo emendamento presentato da Ceroni che prevede 7 aziende ospedaliere, oltre le 13 sanitarie locali. L’emendamento successivo, sempre dello stesso Ceroni, prevede 13 aziende sanitarie e 6 ospedaliere, poi a scendere.
Non voglio aggiungere altro, dico che voi non siete stati in grado di fare neanche la stessa proposta dentro lo stesso gruppo consiliare.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Non voterò questa proposta, perché prevede l’aziendalizzazione provinciale. Mentre condivido il ragionamento che tende a costruire la modalità più concreta di organizzazione territoriale, quindi la proposta a 13, poi a 8, a 7, a 5 (le diverse modalità di organizzazione territoriale che condivido e che voterò), questa proposta invece aggiunge gli ospedali provinciali che diventano aziende e questo mi trova del tutto contraria. Credo che il livello di aziendalizzazione sia sbagliato, perché introduce un ragionamento esclusivamente economico e credo che si cominci a vedere che cosa voglia davvero fare la Giunta regionale con l’azienda unica. L’insistenza con la quale la Giunta regionale ormai ha determinato la sua posizione, secondo me a questo punto, dopo aver letto la nuova stesura dell’art. 26 mi risulta finalmente chiara, nel senso che si vuole la gestione del patrimonio, la cartolarizzazione del patrimonio, la vendita e quindi la messa in investimento di una parte del patrimonio dei lasciti e delle eredità. Di fatto un’aziendalizzazione delle risorse pubbliche per privatizzare una parte di sanità. Credo che questa questione sia la risposta più semplice del perché questa proposta è sbagliata e credo che mai si debba incentivare l’aziendalizzazione, quindi mi vanno bene le proposte territoriali di organizzazione delle Asl sanitarie, non mi vanno bene le proposte di aziendalizzazione degli ospedali, a meno che non siano fortemente motivate. E’ fortemente motivata, dal punto di vista di ciò che è stata, l’esperienza del Salesi, è fortemente motivabile, se la vogliamo costruire, l’esperienza del San Salvatore, per il momento il San Salvatore è una finzione giuridica, tutta politica e se non passeranno gli emendamenti del piano così rimarrà, quindi diventerà, al pari dell’ospedale provinciale di Ascoli o di quello di Macerata, un errore, perché nulla significa se non un’aziendalizzazione della sanità.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.
FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Una battuta a Franceschetti: capisco che digerire i rospi è cosa difficile, non è un buon digestivo pensare alle digestione degli altri, quindi ognuno si tenga le sue digestioni lunghe e tormentate, sperando che le notti delle digestioni non siano quelle di don Rodrigo che erano abbastanza tormentate. Comunque, lasciamo a ciascuno i propri rospi, Franceschetti.
Il patrimonio è uno dei punti focali della vicenda della Asl unica. Per una strana tendenza della politica italiana, se di privatizzazioni, cartolarizzazioni, project-financing parla il centro-sinistra, siamo di fronte a un’evoluzione democratica, illuminista, eccezionale, illuminata, moderna, democratica ecc., se lo propone il centro-destra è il più bieco liberismo, capitalismo ecc. Siamo stati abituati fin dai tempi di Prodi a questo tipo di frasi e concezioni. Comunque vorrei precisare che, al di là di questo emendamento specifico di Ceroni la posizione dell’Udc è a favore dell’autonomia del Salesi e del Lancisi, perché rappresentano eccellenze che anche a livello di programmazione e di gestione devono essere veramente autonome. Forse è una forzatura l’aziendalizzazione provinciale, ma questo fatt dovete capirlo, perché si pensava che il centro-sinistra che governa le Marche avesse avuto una capacità di apertura maggiore nella concertazione anche di questo tipo di programmazione. Naturalmente questo non c’è stato, c’è una chiusura, una blindatura che secondo noi ha dato vita a un pasticcio burocratico-giuridico notevole, la cui portata sarà più nota nei prossimi giorni. Comunque per quanto riguarda il Lancisi e il Salesi la posizione dell’Udc è a favore dell’autonomia piena.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. Credo che l’approccio del centro-destra sia quello di sminuire il ruolo del capoluogo e in particolare dei presidi Lancisi e Salesi, perché nel mentre si esalta l’eccellenza di questi due ospedali da una parte, dall’altra li si equipara ad altre cinque aziende, quindi si gioca al più uno e nella sostanza si vuol far vedere che in realtà non sono l’eccellenza dell’eccellenza ma sono una delle strutture al pari di tutti gli altri. Diversa è la proposta della Giunta regionale che invece mira all’esatto opposto: la creazione degli ospedali riniti di Ancona serve per elevare il ruolo delle strutture ospedaliere del capoluogo al rango di strutture al servizio di tutta la regione e non soltanto della città.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo emendamento all’art. 2.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/2 a firma Ceroni, che ha la parola.
REMIGIO CERONI. Prendo atto che Franceschetti è contrario alla creazione di una azienda ospedaliera nel Fermano. Forse i consiglieri... (Interruzione). Naturalmente i consiglieri debbono sapere che nel Fermano ci sono sette ospedali: Montegiorgio, Montegranaro, Sant’Elpidio a Mare, Porto San Giorgio, il Murri, l’ospedale privato Villa Verde e l’Inrca. Nel raggio di 50.000 abitanti abbiamo sette ospedali. Anziché perdere tempo come avete fatto fino adesso nel fare una scelta di razionalizzazione della rete ospedaliera, pensavo che creare un’azienda ospedaliera nel Fermano poteva essere utile per avviare il processo di razionalizzazione, però Franceschetti ha detto di no. Noi facciamo un’ulteriore proposta, che è quella di mettere insieme almeno gli ospedali della provincia di Ascoli Piceno. Fermo restando l’Umberto I, il Lancisi e il Salesi, oltre il San Salvatore di Pesaro che già opera, noi abbiamo inserito un’azienda ospedaliera per la provincia di Macerata con il permesso del consigliere Brini e un’azienda ospedaliera per gli ospedali riuniti per la provincia di Ascoli Piceno.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Intervenire a nome del gruppo in questa situazione, mi consente di spiegare meglio, soprattutto al capogruppo Franceschetti ma a tutta l’Assemblea, la portata del fenomeno.
Per sua natura l’opposizione non ha capacità organica di proposta approvabile, proprio perché è minoranza, quindi qual è il ruolo tecnico dell’opposizione in un’Assemblea elettiva? Quello di introdurre una serie di emendamenti tecnici che consentano, attraverso l’assemblaggio... (Interruzioni). Vi ringrazio degli applausi... Dopo questa spiegazione spero che si sia compreso — parlo da consigliere eletto nella provincia di Ancona — che è specifico intendimento della minoranza cercare di alzare il livello qualitativo degli ospedali del sud delle Marche. Cosa accade negli ospedali di Macerata e di Ascoli? Che la non concentrazione di attenzione e di investimenti sulle strutture crea un’erogazione della qualità dell’assistenza che è mediocre. Questo, purtroppo è molto spiacevole per i cittadini residenti in provincia di Macerata e in provincia di Ascoli. Sono testimone di una vicenda, l’ultima in ordine di tempo di una cronologia molto numerosa, di un cittadino della provincia di Macerata respinto tre volte dall’ospedale di Macerata, benché in presenza di patologia grave e poi fortunosamente, solo per amicizia personale con me, ricoverato all’ospedale di Torrette di Ancona, con una grave forma di encefalite. Allora c’è qualcosa che non funziona nel percorso terapeutico. Uno che ha un’encefalite e tre volte attraverso il pronto soccorso non viene intercettato, solo per un’amicizia personale con un medico che ha interconnessione con la struttura sanitaria viene finalmente ricoverato all’ospedale di Torrette: c’è qualcosa da qualificare. Per questo credo che sia molto importante creare nelle province di Macerata e di Ascoli un solo ospedale di eccellenza che, fiancheggiato dagli ospedali del territorio, possa esprimere un’alta qualità, perché non dappertutto si può spalmare tutto.
AUGUSTO MELAPPIONI. Chiudendo i piccoli ospedali...
CARLO CICCIOLI. Non chiudendo: tenendo i piccoli ospedali con determinate funzioni periferiche, programmate, di supporto e tutto il resto e un ospedale per provincia dove si alza notevolmente la qualità. Per questo mi permetto di votare a favore, a nome di tutto il gruppo, della proposta di emendamento del consigliere Ceroni.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.
OTTAVIO BRINI. Noi ci auguriamo che con questo emendamento si apra veramente un dibattito serio. Vedi, assessore Silenzi, dobbiamo prendere atto che nella nostra provincia siamo ancora di serie B. La rianimazione a Civitanova va avanti a rilento e qualche medico o qualche direttore sanitario mette i bastoni fra le ruote, abbiamo grosse difficoltà per i ricoveri, liste di attesa interminabili e il direttore sanitario dice “se si paga si risparmia sulla salute e sui soldi”. Questi sono gli slogans che girano nella nostra provincia. Non so cosa potrai dire, perché vedi e vivi le stesse cose che vedo e vivo io, però questo è il momento di cominciare a decentrare le eccellenze su tutto il territorio, bisogna smetterla di fare i monopoli, le lobbies, i poteri forti. Nel mio gruppo ho detto “se c’è una maggioranza su tutti questi punti il sottoscritto vota con serenità e tranquillità, ma non pensino altri che noi saremo le ruote di scorta per salvare qualcuno che non ha il coraggio, poi, di votare”. Su questo argomento dovremmo quindi riflettere. Noi sappiamo che l’emendamento verrà sicuramente respinto, ma altri si aspettano che vengano respinti anche altri emendamenti di tale portata.
Cara Benatti, la nostra non è una battaglia di campanile, perché la sanità è un bene per tutti e a volte, quando in passato si parlava, erano parole molto care all’assessore Giulio Silenzi: ci riempivamo la bocca quando si diceva che bisognava decentrare, portare nel territorio i servizi, i poliambulatori, i Sert. Oggi invece assistiamo a una politica di accentramento, di accorpamento, un cambio di tendenza molto strano.
Noi abbiamo fatto una proposta non per mettere in difficoltà Franceschetti perché è di Fermo o Silenzi perché è di Macerata, o perché Silenzi ha il collegio Civitanova-Loreto-Macerata. Noi possiamo dire tranquillamente no a questo emendamento, però dobbiamo riflettere, in futuro, su questo. Non ce ne vogliano gli amici anconetani, perché è giusto che voi facciate la vostra battaglia per il Lancisi, per il Salesi, per un diritto, per mantenere questa eccellenza, ma dovete tener conto anche delle altre province: quando si parla di trasporto ci sono tagli anche per le province di Macerata ed Ascoli, quando si parla di sanità le cenerentole sono Macerata ed Ascoli, quindi bisogna che le risorse siano redistribuite in tutto il territorio, perché noi rappresentiamo tutto il territorio. L’assessore Silenzi diceva “tu sei il consigliere delle Marche, non di Civitanova”. Io do il mio voto favorevole con la massima disponibilità, quindi nessuno potrà dire, quando verranno altri emendamenti, alcunché. Il nostro emendamento, con la massima sincerità e lealtà lo voto.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Silenzi.
GIULIO SILENZI. Esprimo contrarietà all’emendamento e alla filosofia che sta dietro questi emendamenti, che sono stupefacenti. Si presentano simili emendamenti togliendo qualche riferimento locale. Si presenta un emendamento con il Fermano, poi si presenta un emendamento senza il Fermano, in modo che gli ascolani possano dire “hanno respinto il nostro emendamento” e i fermani diranno “noi voteremo per il Fermano”, come ha già detto la collega Romagnoli. E allora si vota per il Fermano e contro il Fermano, senza il Fermano e questa è un’ipocrisia che cozza contro una grande indicazione che era stata data alla comunità marchigiana... (Interruzione). Convocheremo, appena finito, una conferenza stampa a Fermo.
Le Marche hanno avuto un’indicazione solenne da un viceministro che è sceso da Roma ed ha sottratto il tempo ai problemi nazionali per venire nelle Marche...
GILBERTO GASPERI. Ma ieri sera eravate qui tutti con le lacrime, c’era una pioggia di lacrime...
GIULIO SILENZI. ...ha distolto il suo tempo dalle gravi problematiche nazionali per venire nelle Marche e dare indicazioni politico-partitiche su come bisognava comportarsi come Alleanza nazionale o Casa delle libertà — non si è capito bene se parla a nome di tutto il Polo o a nome suo — dicendo “pochi emendamenti ma qualificati e per quanto riguarda il numero delle Asl noi abbiamo studiato perché abbiamo i consulenti”, che sono venuti dalla Regione Lazio. Immaginate un ministro che viene con i consulenti pagati dalle Regioni per fare conferenze stampa. Tanto per dire qualcosa di simpatico. L’articolo diceva: “rispetto al numero, 4, 5 o 7 vi faremo sapere tra tre giorni la proposta di Alleanza nazionale”. Questa sera le abbiamo tutte e tre le proposte: le tiriamo a sorte? Colleghi, un po’ di serietà. In questo dimostrate che non avete una cultura di governo, perché pur stando all’opposizione, dove basta presentare i fogli e sottoporli all’attenzione, non avete il coraggio delle scelte, quindi presentate un emendamento a 5 in modo che c’è Fermo, un emendamento a 4 in modo che Fermo non c’è, così ognuno fa la sua bella conferenza stampa.
Per quanto riguarda le aziende ospedaliere, è vero che nelle Marche c’è bisogno di un riequilibrio rispetto alle risorse finanziarie da destinare alla sanità e questo riequilibrio è iniziato, perché è un fatto di equità rispetto al territorio e ai marchigiani, ma prevedere un’azienda per provincia, proprio perché all’interno delle province c’è uno squilibrio rispetto alle risorse finanziarie, significherebbe che l’ospedale di Civitanova diventa un satellite dell’ospedale di Macerata e significherebbe vanificare tutta quella politica sul territorio per i servizi sanitari, che è indispensabile, per cui la tua firma qui, rispetto all’esito di aziendalizzazione, cioè di una visione “ospedalocentrica”, sarebbe per le nostre zone devastante proprio per quel riequilibrio che abbiamo gradualmente portato avanti per i servizi di territorio, di prevenzione e di altro.
REMIGIO CERONI. Perché fai il discorso inverso su Ancona?
GIULIO SILENZI. Questo discorso di riequilibrio vale anche per Ancona, perché in questi anni, con una politica che gradualmente ha introdotto un principio di equità, si sono abbassate le contribuzioni rispetto ad una elevata spesa anconetana, per aumentare la spesa dei territori del sud delle Marche e questi sono numeri, caro Ceroni. E’ chiaro che tutto non si può fare dall’oggi al domani, ma questo è un processo che è andato avanti, riconoscendo ad Ancona le funzioni regionali che sono anche le funzioni mie che abito non in Ancona, perché riconosco le funzioni regionali di Ancona come funzioni anche mie, non solo anconetane.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. Il collega Silenzi ha anticipato molte delle cose che volevo dire io, però vorrei sottolinearle, perché effettivamente questo pacchetto di emendamenti al dice lunga sull’approccio che ha il centro-destra nei confronti di questa riforma sanitaria e anche di un modo di essere all’interno delle istituzioni.
Noi concepiamo il ruolo di opposizione — il centro-sinistra lo sta dimostrando a livello nazionale — come la capacità anche dell’opposizione di fare proposte con una cultura di governo. Con questi emendamenti si dimostra come il centro-destra è ancora ancorato a un modo vecchio di fare politica e di fare anche opposizione, che è quello di rilanciare e creare soltanto un’aspettativa che poi si traduce in demagogia. Se voi foste al governo proporreste, con questo pacchetto alla comunità marchigiana almeno 18 proposte diverse, quindi una coalizione che si propone di governare la prossima legislatura si presenta di fronte alla comunità marchigiana con 18 proposte di aziende ospedaliere, voi andate dalle 7 alle 4, alle 6, alle 3, prevedete anche voi, in una delle proposte gli ospedali riuniti di Ancona, quindi non vi scandalizza niente, fate una cosa e il suo contrario. Credo che questa cosa mette in grande difficoltà i consiglieri del centro-destra che sono andati a passeggio per il Viale a propagandare l’eccellenza della sanità anconetana, perché se voi foste al Governo fareste le chirurgie in tutti gli ospedali di polo, potenziereste i 13 ospedali di rete, mentre questa sera introducete il concetto di eccellenza in tutte e quattro le province, poi pretendete anche che Ancona sia sede dell’eccellenza. Questo porterebbe, da parte di un governo di destra di questa regione ad un aumento vertiginoso dei costi delle strutture amministrative, perché le aziende ospedaliere poi costano in termini di strutture amministrative, con la conseguente riduzione dei servizi ai cittadini, ergo fareste quello che sta facendo il Governo nazionale delle destre, cioè mettereste la sanità pubblica in ginocchio e aprireste la strada alla sanità privata. Questa è un’operazione di demagogia che noi smentiremo in tutte le sedi. Comunque, in ogni articolo dei vostri emendamenti emerge una cultura contro il capoluogo di regione.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/3 a firma Favia, Ceroni e Giannotti. Ha la parola il consigliere Cesaroni.
ENRICO CESARONI. Proponiamo di mantenere le 13 aziende sanitarie esistenti e vedo con grande soddisfazione che questo documento l’abbiamo presentato tre giorni fa, quando la Giunta e la maggioranza sono ritornate sui propri passi, mantenendo le tre Asl... (Interruzione). Tredici zone è come dire tredici Asl. Voi siete ritornati su quello che chiede Forza Italia. Noi siamo per le 13 Asl più le quattro aziende ospedaliere esistenti. Non c’è niente di nuovo, non vedo perché alle Asl sia stata data autonomia finanziaria e al Salesi e Lancisi si debba togliere, anche perché queste sono due strutture riconosciute a livello nazionale come ospedali di eccellenza fiore all’occhiello della regione Marche, nessuno può dire cose diverse da queste. La maggioranza ha detto “lasciamo l’autonomia finanziaria alle 13 zone”, oggi non si capisce perché si debbano penalizzare il Salesi e il Lancisi che sono due fiori all’occhiello di questa regione, anche della sanità anconitana, Benatti. Anche quando si è discusso il piano sanitario del 1998 c’è stata discussione su queste due aziende, perché anche quella volta la maggioranza ne aveva messo in discussione l’autonomia, che poi è andata avanti. Oggi soprattutto il Lancisi, che è ritenuto un ospedale all’avanguardia a livello nazionale, con la logica di questa maggioranza viene penalizzato, insieme al Salesi. Non si capisce la logica.
Questo emendamento non prevede aumento di aziende sanitarie ma solo il mantenimento del Salesi e del Lancisi, come oggi. Se per le Asl va bene lasciare l’autonomia finanziaria, non vedo perché il Salesi e il Lancisi debbano essere accorpati all’Umberto I. Invito la maggioranza a ragionare su questo, perché se fino a un certo punto si è arrivati a dare l’autonomia finanziaria alle aziende sanitarie sul territorio, non vedo perché non si debba lasciare autonomia finanziaria a queste due aziende, per lo meno altri due anni come per le zone. Se l’avete fatto per tutti, non capisco perché volete penalizzare gli unici due ospedali della regione Marche riconosciuti a livello nazionale. Non capisco questa volontà.
Chiedo quindi alla maggioranza di rivedere questa situazione, perché se avete fattolo sforzo di lasciare l’autonomia alle 13 Asl, facciamo uno sforzo maggiore e lasciamola anche a Salesi e Lancisi, al San Salvatore e all’Umberto I, come fatto fino ad oggi, poi fra due anni rivedremo le cose per tutti. Questo piano sanitario, oggi penalizza solo il Lancisi e il Salesi, sono queste due strutture che, guarda caso, sono i due fiori all’occhiello di questa regione.
Chiedo la votazione per appello nominale a nome anche dei consiglieri Favia e Brini
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Sono perplesso su questo emendamento, l’ho dichiarato più volte. Questa è la cristallizzazione della situazione attuale, che non va. Però c’è un problema: la vostra proposta porta al peggio. Tra male e peggio scelgo male. Una volta sono andato a Ostra a una cena di simpatizzanti e un contadino mi ha detto “sai cos’è questo? Ci vuole questo, in Consiglio regionale”. Mi ha portato un attrezzo agricolo, in cui da una parte c’era la vanga e dall’altra parte il “mazzolo” e mi ha detto “questo strumento si chiama male e peggio”, perché da una parte la vanga e dall’altra il “mazzolo”. Tra male e peggio uno sceglie male, quindi noi voteremo questo strumento operativo, organizzativo, che è la cristallizzazione che non risolve, però è meno male del peggio che ci passate voi.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, nella discussione che c’è stata sugli emendamenti che sono stati votati poc’anzi, alcuni consiglieri della maggioranza hanno evidenziato come le aziende ospedaliere costituiscano un forte centro di costo, in quanto, sostanzialmente, per la loro natura hanno il massimo vantaggio affinché le prestazioni effettuate all’interno dell’azienda siano in quantità e in qualità più elevata possibile, perché comunque riscuoteranno dai bilanci dell’azienda sanitaria. Ogni azienda ospedaliera è un centro di costo particolarmente elevato e non sempre un centro in cui l’oculatezza e l’appropriatezza della prestazione alberga e viene ospitata. In particolare dobbiamo anche considerare che quando i costi delle strutture fisse, delle strutture burocratiche incidono percentualmente in misura rilevante sul bilancio dell’azienda ospedaliera. Un conto è parlare di autonomia e quindi difenderla con una battaglia giusta e legittima, in particolare per presidi ospedalieri ad alta specializzazione e un conto quando dietro questa autonomia si rischia di difendere una struttura amministrativa e burocratica che non automaticamente si trasforma in qualità del servizio o in appropriatezza della prestazione. Questo è il motivo per il quale ho delle perplessità rispetto alla moltiplicazione delle aziende ospedaliere nella nostra regione, soprattutto in una situazione in cui non è più possibile prorogare le scelte del passato, in cui sono tanti i centri di spesa che agiscono al di fuori di una appropriatezza e oculatezza che ormai è indispensabile richiamare, centralizzando anche alcune funzioni e semplificando alcune strutture. Ho sottoscritto un emendamento che non sarà votato sull’articolo 2 ma per forza di cose sarà votato negli articoli successivi, che riguarda proprio queste strutture che sono state richiamate nell’intervento di Ceroni, cioè il Lancisi e il Salesi. E’ stato un emendamento presentato con la collega Benatti, un emendamento che vuol salvare l’autonomia, anzi ribadire e consolidare l’autonomia di alcune strutture sanitarie di eccellenza, in particolare il Salesi e il Lancisi, senza per questo rinunciare a collocare queste strutture dell’azienda ospedali riuniti di Ancona, che è il tentativo che noi stiamo facendo per non penalizzare tutto i lavoro che è stato fatto fino adesso in queste strutture che hanno avuto la natura di azienda ospedaliera e che devono difendere le loro prerogative come se fossero un’azienda ospedaliera, prendendo tutti i vantaggi dell’autonomia ma rinunciando a tutti i difetti dell’azienda ospedaliera stessa.
I due emendamenti agli articoli 17 e 18, sui quali devo parlare adesso — perché faccio appello già adesso a tutti coloro che si vogliono pronunciare su questa vicenda — prevedono anzitutto che le nomine del direttore vengano fatte non dal direttore generale dell’azienda ospedaliera ma direttamente dalla Giunta regionale. Quindi non una subordinazione da parte del Salesi e del Lancisi all’azienda ospedaliera ospedali riuniti ma una dipendenza diretta dalla Giunta perché la nomina del direttore viene da quella sede. Ma non soltanto questo, ovviamente. L’individuazione di queste strutture come presidio monospecialistico e l’individuazione del direttore, del soggetto responsabile del raggiungimento degli obiettivi, dell’uso razionale del complesso delle risorse assegnate, della negoziazione del budget e precise indicazioni sulla garanzia dell’integrazione con i dipartimenti e le unità operative dell’azienda ospedaliera nel caso dell’azienda complessa come nel caso dell’ospedale pediatrico Salesi, la partecipazione all’attività di programmazione dell’azienda ospedaliera, la responsabilità diretta del budget assegnato al presidio, la ripartizione interna, con i direttori di dipartimento e la gestione in accordo coni l direttore generale di queste risorse finanziarie a disposizione, la valutazione comparativa dei costi attraverso l’istituzione di una struttura di controllo di gestione, la nomina dei direttori di dipartimento, l’attribuzione di responsabilità delle posizioni organizzative, verifiche gestionali, tecnico-professionali dei dirigenti e tutta una serie di altre questioni che vengono poste, che alla fine ci fanno dire che se oggi vogliamo difendere il mantenimento di un direttore sanitario, di un direttore amministrativo a fianco di un direttore generale o siamo realmente preoccupati dell’autonomia.
Se siamo realmente preoccupati dell’autonomia non discuto che certamente istituire un’azienda ospedaliera garantisce un’autonomia a queste strutture ma a quale prezzo, a quale costo? Dal punto di vista comunicativo è molto più semplice dire “io difendo il mantenimento dell’azienda ospedaliera, io mantengo lo status quo”. Con questa soluzione noi pensiamo che si possa andare a ridurre il numero delle aziende ospedaliere senza penalizzare il Lancisi e il Salesi.
Accetterei anche la provocazione e la sollecitazione di Cesaroni di entrare nel merito delle aziende e di tutto il resto, ma ho esaurito il mio tempo: lo sarò, se mai, nella discussione del prossimo emendamento.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.
GIULIO SILENZI. Il collega Ciccioli ci dice che sceglie il male minore, cioè voterà 13 aziende sanitarie. Presenta emendamenti per 7, per 5 e per 4. Manca un elemento fondamentale: la ruota. Non potete votare tutte le proposte, non è serio! State facendo fare una figuraccia a Baldassarri, questa sera, non è serio. Le state votando tutte! (Interruzioni). Un minimo di decenza, come posizione politica. Vi coprite di ridicolo, caro Carlo, non è da te.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.
DAVID FAVIA. Sono estremamente contento della rabbia di Silenzi e di tutta la maggioranza, perché vuol dire che l’imbarazzo e la contezza di essere vicini ad una sconfitta politica sono ai massimi livelli. A Silenzi e agli altri che sono intervenuti sul ruolo dell’opposizione credo che vada chiarito, come bene ha atto Ciccioli prima, qual è il ruolo dell’opposizione. Il ruolo dell’opposizione non è quello di fare una proposta ma di contrastare la maggioranza e limitare i danni che, come in questo caso, la maggioranza sta portando alla comunità marchigiana. Quindi non deve scandalizzare che l’opposizione faccia una serie di proposte nella speranza che la maggioranza, volta dopo volta, viste tutte le proposte, almeno su una rinsavisca. Se fossimo forza di governo avremmo una proposta unitaria ben migliore della vostra. Mi vien da dire tutto ma non la Asl unica. Credo che siano allucinanti gli interventi tipo quello di Franceschetti che analizzano presunti errori nel ruolo dell’opposizione, quando vi ricordo che poche ore fa avete fatto mancare il numero legale in quest’aula perché non avevate una proposta, quindi è veramente vergognoso quello che state facendo.
Trovo corrette le proposte che sono state fatte poc’anzi sul riequilibrio territoriale, quindi su aziende ospedaliere rappresentanti le province. Non mi sembra, come hai detto tu, cara Benatti, che vi sia un attacco del centro-destra al capoluogo, c’è una volontà del centro-destra di riequilibrare le risorse sul territorio facendo appello al riequilibrio delle risorse, senza dimenticare le eccellenze che stanno in Ancona ma che non sono di Ancona. E’ sbagliata e perdente la partita di chi vuol sostenere che il Lancisi e il Salesi sono eccellenze anconetane: sono eccellenze regionali ed interregionali che hanno la ventura di stare in Ancona, ma io faccio appello alla maggioranza, all’opposizione, a tutti i consiglieri regionali a votare qualsiasi emendamento di maggioranza o di opposizione che possa portare alla salvaguardia dell’autonomia di queste due eccellenze regionali. Faccio rilevare un’altra discrasia, come ben diceva prima Cesaroni. Voi avete confusamente proposto vari emendamenti, tra i quali due che lasciano le cose come sono per due anni, esattamente quello che c’è scritto in questo nostro emendamento. L’unica cosa che voi volete penalizzare è l’autonomia del Lancisi e del Salesi, allora, cara Benatti, non ci venire a dire che il centro-destra è contro Ancona: è questa maggioranza di sinistra contro Ancona, perché voi lasciate le Asl così come sono e bocciate soltanto l’autonomia del Lancisi e Salesi. Vi chiedo allora di trovare un accordo, foss’anche sull’art. 26, quanto meno di conservare, oltre che l’autonomia delle Asl, l’autonomia del Salesi come minimo e del Lancisi per due anni e poi riparlarne.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. Dato che a tarda sera ci diamo tutti del “caro”, caro Favia ti devo dire che se tu ci accusi di avere toni alti io dico che voi avete invece i toni bassi perché avete la faccia di bronzo di passare una dopo l’altra la rassegna di tutta la stagione autunno-inverno, primavera-estate delle proposte di aziende ospedaliere, senza proporre una scelta, perché probabilmente la scelta unitaria che voi fareste se foste al governo di questa Regione, sarebbe quella di fare aziende ospedaliere anche di tutti gli ospedali del polo, per fare eccellenze in tutta la regione. (Interruzione). Finalmente l’avvocato consigliere regionale David Favia ha detto in quest’aula quello che veramente pensa, cioè che se noi abbiamo 100 lire da spendere a favore dei servizi amministrativi delle aziende ospedaliere, ormai le dobbiamo dividere fra 7 aziende ospedaliere come voi avete proposto, perché ha dignità Macerata, ha dignità Ascoli, chiunque si alza ha dignità di fare un’azienda ospedaliera. Questo vuol dire annullare il significato dell’azienda ospedaliera, perché l’azienda ospedaliera non c’entra niente con l’eccellenza.
Se dobbiamo sempre far stare insieme il diavolo e l’acqua santa, chiarisciti dentro casa tua, Favia, invece di andare a spasso e fare i girotondi al Viale.
PRESIDENTE. Pongo in votazione, per appello nominale, l’emendamento.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini no
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi sì
Melappioni no
Minardi no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. La stessa cosa vale per il 2/4, che è identico. E’ possibile votare emendamenti simili come questi senza più la discussione? Il significato è sempre quello, state dicendo le stesse cose.
ROBERTO GIANNOTTI. L’emendamento 2/4 contiene un riferimento preciso riguardante i commi 3 e 4.
PRESIDENTE. Articolo 2. Emendamento 2/4. Lo pongo in votazione.
Il Consiglio non approva
Subemendamento Favia 2/05. Ha la parola il consigliere Favia.
DAVID FAVIA. Il subemendamento mira a modificare il punto 2 del punto 1 dell’emendamento Trenta, nel senso di rendere autonome le aziende ospedaliere Umberto I, Salesi e Lancisi.
PRESIDENTE. Pongo in votazione il subemendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento 2/5 a firma Trenta, che ha la parola.
UMBERTO TRENTA. L’emendamento riguarda una presa di posizione che a carattere locale è stata ben definita dal Consiglio straordinario di Ascoli Piceno nel Consiglio di lunedì. Noi vogliamo l’azienda ospedaliera del Piceno che ha una sua definizione autonoma. Ascoli Piceno è un’entità complessa con tre capisaldi: Ascoli, Fermo e San Benedetto, che di fatto vorrebbero avere un’azienda autonoma che risponda alle esigenze di quella popolazione nell’ambito di una ordinata sanità regionale. Era ed è questo il senso dell’emendamento. Quindi non è una cosa campata in aria e su questo chiedo al potente assessore Agostini condivisione, come a tutti i consiglieri eletti nel Piceno, perché è la risposta che la nostra gente si aspetta, anche nell’ambito del raccordo di un asse forte Ascoli-Macerata. (Interruzione). Assessore Rocchi, dobbiamo avere il rispetto di questa poca gente che ha l’ardire di stare qui a quest’ora a sopportare queste cose. Non è Trenta che vuole questo emendamento, ma la gente picena che chiede questo. Per non sminuire il concetto di quanto richiesto in questo emendamento, chiedo che venga votato all’unanimità.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.
GUIDO CASTELLI. Vorrei spiegare molto brevemente il perché di una richiesta che è rappresentata in questo emendamento e che comunque è riecheggiata, che riguarda l’azienda ospedaliera del Piceno. Silenzi mi deve spiegare se dal 1998 al 2003 lui ha cambiato idea rispetto a delle proposizioni che pure erano presenti nel piano sanitario regionale.
Qual è il nostro ragionamento per quanto riguarda Ascoli? In senso generale i dati dicono che i posti letto di elevata assistenza delle Marche vedono la nostra regione con una percentuale più bassa della media nazionale. La media nazionale parla di 22,5 posti letto per 100.000 abitanti, di elevata assistenza, nelle Marche abbiamo il 19,2. Quindi quando si parla di riqualificazione di posti letto non si può parlare di riqualificazione in senso quantitativo e numerico ma anche in senso qualitativo. Questo è un dato macro da cui partire.
Voi sapete benissimo che nella regione Marche ci sono due confini e non solo uno, quindi se è vero come è vero che l’azienda San Salvatore di Pesaro, pur non avendo le caratteristiche richieste dalla “legge Bindi” per essere considerata come azienda ospedaliera lo è stata considerata per una valutazione di carattere sanitario, di salute, politico, evidentemente non ci sono ostacoli di carattere amministrativo e giuridico a che possa essere ipotizzata anche un’azienda ospedaliera laddove esiste il secondo confine delle Marche. Qui si può scherzare quanto si vuole, ma se andiamo a vedere i dati della mobilità passiva extraregionale che si consumano ai danni dell’intero servizio sanitario regionale, allora sappiamo che verso il vicino Abruzzo si evidenzia un trend assolutamente vertiginoso per quanto riguarda il pagamento che il servizio sanitario regionale delle Marche deve all’Abruzzo. Mi si deve spiegare anzitutto perché esiste solo un confine della regione Marche, mi si deve spiegare qual è la proposta per quanto riguarda il riallineamento alla media nazionale di posti ad elevata specializzazione o elevata complessità, mi si deve spiegare per quale motivo si enuncia il problema della mobilità nelle “Marche di confine” senza poi arrivare a nessun tipo di forte opzione da questo punto di vista, se non un paio di espressioni contenute nel Psr per quanto riguarda l’emodinamica, comunque condizionata ad una valutazione di compatibilità economica che vale solo per emodinamica ad Ascoli e non per altre zone e per quanto riguarda un riconoscimento delle esperienze di neurochirurgia.
Perché dicevo che Silenzi probabilmente ha cambiato idea rispetto al 1998? Perché quello che vado dicendo io era scritto testualmente a pag. 132 del vecchio Psr che Silenzi ha votato insieme ad altri, nel momento in cui si scriveva, parlando di specialità di tipo C, “una particolare attenzione nell’ambito delle alte specialità chirurgiche deve essere dedicata a quelle situazioni in cui i fenomeni di mobilità sono per un verso più evidenti ma dove sono tendenzialmente maggiori le possibilità di invertire il trend attraverso la costituzione di centri di attrazione, anche di fascia C, funzionali non solo ai territori di riferimento ma all’intero sistema marchigiano”. Funzionali per due motivi: innanzitutto per cercare di drenare le passività che questo servizio sanitario regionale deve comunque affrontare nella parte sud delle Marche, in secondo luogo perché c’è una valutazione da fare rispetto al ruolo... Non dico niente di strano se affermo che, in realtà, i veri competitori del sistema anconetano-regionale non sono tanto gli ospedali di rete e non devono essere considerati gli ospedali di rete ma gli altri grandi complessi ospedalieri verso cui spesso e volentieri i marchigiani vanno, e mi riferisco al Niguarda, al Gemelli, ai cardiologici della regione Emilia Romagna in particolare e quant’altro.
Lo sforzo culturale è questo. Non si deve pensare al sistema anconetano solo come elemento terminale di destinazione della richiesta sanitaria dei cittadini delle Marche, ma essenzialmente come fenomeno di alta specializzazione che deve cercare in qualche modo di evitare che il cittadino marchigiano, come succede spessissimo, trovi uno sbocco rispetto alle proprie esigenze sanitarie, in quelli che sono i sistemi di altre regioni. Lo stesso assessore Agostini ha recentemente parlato anche della possibilità che possa essere costituito l’ospedale unico che sia l’esito della fusione degli ospedali di San Benedetto ed Ascoli, c’è una certa attenzione da parte delle autonomie locali, ma ha un senso parlare di questo, ovvero agire in base a un’ottica di razionalizzazione importante e concreta solo se, come presupposto di questo sforzo e di questo studio vi sia quella che abbiamo chiesto come costituzione di azienda ospedaliera del Piceno, che vedrebbe già subito, immediatamente, una motivata, concreta possibilità di risparmio, ma mi si deve spiegare che senso avrebbe un ospedale unico, un sacrificio di questo genere, se non corrisposto dalla possibilità di avere attività di alta specializzazione di elevata complessità, non per una ragione campanilistica, ma per i fenomeni che anche dal punto di vista della matematica sanitaria tengono: la mobilità, la necessità di riqualificare e aumentare i posti della categoria C anche dalla parte nostra.
Non credo quindi che debba essere oggetto di ironia o di sarcasmo una richiesta forte che dovrebbe vedere i consiglieri regionali tutti e non solo quelli di Ascoli Piceno, valutare questa possibilità che era adombrata dalla stessa stesura del piano sanitario vecchio. Capisco che tu Silenzi, eri partito levriero sull’Asur e sei tornato, al di là del tuo umorismo, bassotto. Tu accusi noi di contraddittorietà, quando avevi tracciato la linea del Piave sull’Asur, l’Asur non è più unica ma unificanda azienda sanitaria, dalla linea del Piave sei arrivato alla linea del Chienti ma sul Chienti rimani, anche perché ci dovrai sempre spiegare come si avranno 70 milioni di euro che tu hai votato in Giunta come presumibile risparmio della fusione delle 13 aziende. Probabilmente unirai Wall Street a Lenin e attraverso la cartolarizzazione, la privatizzazione della gestione cercherai di trovare altre soluzioni, ma non possiamo accettare lezioni di coerenza da te, Giulio.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Ascoli.
UGO ASCOLI. Si continua a pensare che le politiche sanitarie, di riequilibrio, di investimenti si possano fare semplicemente appiccicando un’etichetta di azienda autonoma. Qui siamo veramente alla miseria delle argomentazioni e io mi auguro che quando arriveremo a parlare del piano sanitario entreremo veramente nel merito delle questioni, vedendo quali sono gli ospedali di rete, come vanno potenziati, come si trasformeranno gli ospedali di polo, quali saranno gli investimenti da fare davvero, per migliorare la qualità di tutte le nostre strutture sanitarie.
Non c’è dubbio che l’intenzione della Giunta e del lavoro fatto in questi anni è quello di riequilibrare le risorse investite nella sanità marchigiana, alcuni indicatori dicono già con chiarezza che le cose sono molto migliorate, vanno ancora migliorate.
Se voi leggete e non fate solamente demagogia, andate a vedere gli indicatori di spesa, gli indicatori di consumi sanitari, gli indicatori di sanità, vedrete che c’è stato un riequilibrio discreto e non irrilevante fra le quattro province ed è nostra intenzione proseguire con questo riequilibrio. Questo però significa che tutti i problemi che avete sollevato sono degni di essere ascoltati ma degni anche di essere trattati con strumenti idonei. Quindi risolvere tutto con una bandierina di autonomia in più o in meno mi sembra un’operazione misera ed è per questo che noi vogliamo, invece, da un lato potenziare gli ospedali di rete, soprattutto avendo sott’occhio i problemi di mobilità attiva e passiva nelle zone di confine, e questo sta dentro il piano sanitario, ma contemporaneamente vogliamo migliorare tutte le eccellenze regionali che abbiamo. Ecco perché non stiamo lì a guardare le bandierine ma vogliamo invece investire più risorse nelle eccellenze. Un modo per investire più risorse è quello di riorganizzare le risorse per redistribuirle dove vanno distribuite. Il Lancisi avrà più spazi e più autonomia di budget e più sale chirurgiche e più modalità di essere ancora il centro di eccellenza per tutta la regione e non solo, il Salesi avrà più risorse da questa riorganizzazione e noi puntiamo molto sul reinvestimento di risorse risparmiate nel Salesi, puntiamo molto a fare del Salesi veramente un’eccellenza che non sia solamente una battaglia da affrontare con la bandierina dell’autonomia e vi assicuro che gli strumenti sono precisi, non possiamo ridurli soltanto a una questione nominalistica. Gli strumenti ci sono, vanno attentamente monitorati, vanno attentamente reinvestiti, attentamente controllati. Lì dobbiamo fare la battaglia di qualità e superiamo questo discorso che invece stiamo facendo tutti con le bandierine del Piceno, del Maceratese. E’ come se mettessimo una bandierina sopra un ospedale e quello diventa potenziato, funziona bene, attiva mobilità attiva, fa tutti i discorsi di qualità, garantisce servizi e così via. Questa è veramente un’opera misera, spero che non la facciamo più per questa sera.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
CRISTINA CECCHINI. Vorrei ricordare all’assessore, ma anche a Stefania Benatti, che vale la pena di fare un ragionamento sulle eccellenze, legato però non tanto alla loro localizzazione, per cui scatta immediatamente il meccanismo di chi è pro o a favore di Ancona, ma legato agli indicatori qualitativi e quantitativi. L’assessore verrà con dati aggiornati rispetto a quelli che io posso produrre in questo momento. Ricordo di avere lavorato su dati 2001 che portavano ad avere circa 28.654 marchigiani che andavano fuori regione, il piano dice 179 miliardi. Di questi, 11.700 sono della provincia di Pesaro, 7.000 della provincia di Ascoli, 4.0000 di Macerata e 5.000 di Ancona, in percentuali 40% Ps, 24% Ap, 16% Mc e 18% An. Questo ci interessa direttamente, poi non necessariamente la forma è l’aziendalizzazione, per il Piceno vale quello che vale per il San Salvatore, nel senso che ci può essere benissimo un’altra forma e non l’aziendalizzazione, sia per Pesaro che per il Piceno, ma i discorsi devono essere comunque speculari. In ogni caso la mobilità passiva è un grande problema per questa Regione, perché spendiamo soldi in mobilità passiva, tantissimi e non sono declinate grandi politiche, nel piano. Poi vedremo anche che non si vogliono fare politiche che tendano a mettere le eccellenze in altri luoghi. Per questo dovremo ragionare sul Lancisi e lo faremo domani e fra un po’ dovremo farlo anche sul Salesi, per capire perché sì e perché no, qual è la politica che si fa verso l’infanzia, altrimenti diventa tutto nominalistico, “sta ad Ancona e lo difendo”, oppure “sta ad Ancona e non lo voglio difendere” e non si capisce il merito delle politiche sanitarie, mentre vale la pena dividersi, se ci si vuol dividere, su qualcosa che indichi direttamente la qualità, rispetto alla quale ognuno dice quello che sa dire, ma è già altra cosa.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.
LUCIANO AGOSTINI. Delle brevissime considerazioni per dire che non sono d’accordo con questo emendamento, anche in ragione delle considerazioni che faceva il collega Castelli. Io penso che sarebbe sbagliato se potenziassimo o tentassimo di potenziare l’offerta sanitaria sul territorio, in particolare nelle aree di confine, appiccicando l’etichetta di azienda ospedaliera, non risolverebbe assolutamente il problema di aumentare l’offerta sanitaria. Sono il modo come si procede all’organizzazione del piano, così come si distribuiscono i servizi, le scelte che sui servizi si fanno in relazione al territorio, che devono portare all’aumento della qualità. In questi anni una redistribuzione delle risorse in maniera più equilibrata che nel passato è stata fatta. Ricordo anche, al consigliere Castelli, che negli ultimi anni abbiamo recuperato nella nostra zona, in particolare nella Asl 13 qualcosa come il 34% di mobilità passiva, quindi è evidente che se aumentiamo complessivamente l’offerta sanitaria, l’offerta di servizi, che non è solo quella ospedaliera, si possono raggiungere risultati importanti. In questa direzione mi premurerei più di consolidare un risultato importante che andremo ad approvare nel piano di riordino dei servizi sanitari, dove ci sono le scelte per le aree di confine, piuttosto che anticipare l’etichetta di azienda ospedaliera che non risolve di per sé il problema, perché non è l’aumento di servizio ospedaliero che aumenta l’offerta sanitaria complessiva e la dimostrazione l’abbiamo avuta in questi anni recuperando il 34%, aumentando complessivamente il livello di servizi in un’area di confine. Per quanto mi riguarda sono molto più soddisfatto se nella scelta di nuovo pano sanitario ci sono servizi come emodinamica, la scelta di neurochirurgia da consolidare nelle aree di confine, queste sono le scelte che portano a consolidare il servizio e a recuperare mobilità passiva, non l’istituzione di per sé di un’azienda ospedaliera che non significa niente se a questo non sono collegati i servizi. E’ culturalmente e politicamente sbagliato dire in maniera superficiale che quelle sono scelte che fanno parte di qualcosa che dovrà essere definito, mentre le aziende ospedaliere di per sé definiscono un miglioramento dell’offerta sanitaria. In questa direzione i Consigli comunali e noi abbiamo sostenuto che un ospedale unico, tra Ascoli e San Benedetto può aumentare il livello dei servizi con il recupero delle risorse finanziarie, per aumentare il livello dei servizi complessivi, perché è la crescita complessiva del servizio che recupera mobilità passiva, non l’etichetta di una struttura da azienda territoriale ad azienda ospedaliera.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.
ReMIGIO CERONI. Nella giornata di ieri abbiamo cercato di capire le ragioni che spingevano la Giunta regionale a operare la riforma del servizio sanitario regionale, abbiamo parlato del personale che ha fatto lievitare i costi con 1.740 assunzioni dal 1998 al 2001, abbiamo parlato della mancata razionalizzazione della rete ospedaliera, della mancata adozione dei provvedimenti sulla farmaceutica e delle rate dei mutui sui debiti prodotti dalla gestione del servizio. Poi abbiamo detto che c’è anche la mancata attivazione delle politiche di prevenzione, la carenza delle risorse per l’assistenza distrettuale che fa aumentare la spesa ospedaliera.
Bisogna ridurre la spesa, e allora l’azienda ospedaliera che propone Trenta non si può realizzare, perché diventerebbe un centro di costo che aumenterebbe i costi. Chiedo all’assessore che motivo ha tenere in piedi la Asl di Pesaro che ha 61 posti letto, cioè mantenere in piedi l’organizzazione di una Asl con un direttore generale, con tutta la struttura che ciò porta dietro, per 61 posti letto. Se ci sono delle ragioni che fanno tenere in piedi una Asl come quella di Pesaro, penso che vi siano altrettante ragioni importanti per votare, per organizzare l’azienda ospedaliera del Piceno, tenuto conto che l’azienda ospedaliera autonoma favorisce le alte specialità e le alte specialità sono carenti nella provincia di Ascoli Piceno, vista la mobilità. Naturalmente questo può nascondere degli interessi, perché solo dalla Asl di Fermo abbiamo avuto lo scorso anno 90 miliardi di mobilità verso quella di Ancona. Chiedo all’assessore di dare una risposta anche rispetto a questo.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.
AUGUSTO MELAPPIONI. Sarò molto sintetico per non favorire l’ostruzionismo della maggioranza.
Credo sia difficile far passare una cultura che non veda in una visione “ospedalocentrica” un sistema sanitario. Purtroppo dentro questo Consiglio continua un percorso di questo genere. A parte che questo significherebbe l’esclusione dell’ospedale di Novafeltria, ma vorrei ricordare al collega Ceroni che la funzione territoriale della Asl di Pesaro è una funzione molto diffusa sul territorio, anche di grande qualità, quindi quando si misura un’azienda territoriale non si considera soltanto quello che avviene dentro un ospedale di 60 posti letto ma c’è tutto un percorso di funzione complessa e complessiva di prevenzione che ha una grande storia, di residenzialità post-acuzie che ha una grande storia, per cui va bene la semplificazione amministrativa che vogliamo fare, ma non si può spiegare con questo la chiusura di un’azienda, complessivamente.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/6. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Ribadisco una posizione che ho assunto nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Noi ci siamo comportati lealmente, siamo venuti in aula, abbiamo accettato delle regole che sono limitative dell’azione dell’opposizione, a condizione che alle 24 il Consiglio terminasse.
Ripropongo questa questione. Se non è così io sono disposto a rimanere fin quando volete, però è evidente che da questo momento cambia regime, non mi sento più vincolato ad alcun impegno, parliamo e discutiamo su tutto.
Ascoli, ho l’impressione che tu hai sbagliato regione. Ho sentito una descrizione del sistema sanitario regionale, della mobilità passiva in decremento, fra un po’ dirai che il sistema sanitario è in attivo... Così come Franceschetti: non prendiamoci “per i fondelli”. Tu sei persona intelligente, che io stimo, così come è intelligente Silenzi, anche se qualche volta si diverte a fare i giochi in Consiglio regionale, ma non ti può sfuggire il fatto che gli emendamenti presentati hanno una richiesta massimale e una richiesta minimale. C’è una richiesta complessiva sull’aziendalizzazione delle Marche, c’è questo emendamento che prevede solamente l’aziendalizzazione del Salesi. Di fronte ad una posizione di blindatura vi abbiamo voluto offrire la possibilità di acquisire un minimo di dignità, Tontini e di assumere una posizione. Non siamo arrivati alle buffonate a cui abbiamo assistito, inventando dizioni tecniche particolari per segnalare una presunta autonomia del Lancisi o del Salesi, come siete arrivati a fare senza dignità, oggi, in questo Consiglio. Abbiamo avuto il coraggio di tenere fin dal primo momento una posizione chiara, abbiamo detto che il sistema delle aziende sanitarie non andava messo in discussione perché non era quello il motivo della crisi, abbiamo sempre detto che andava difesa l’autonomia del Salesi e del Lancisi in questi due anni, sfido chiunque a trovare un atto di forza Italia che dica il contrario. (Interruzione). Cara Benatti, tu non c’eri, sei arrivata adesso, sei nuova, sei giovane e inesperta, ma anche sprovveduta, perché non puoi venire ad affrontare il piano sanitario regionale senza avere avuto la precauzione di leggerti il vecchio piano che prevedeva a livello delle alte specialità un riequilibrio territoriale per le zone di confine. Una previsione del piano che non è stata minimamente realizzata sui versanti di Ascoli, Macerata e Pesaro. Non si è fatto nulla rispetto ad una previsione che diceva il contrario. La cosa desolante è che di fronte ad una proposta comunque di contenuto non si risponde nel merito dicendo “il Salesi non merita”, “il Lancisi non merita”, “sistema delle Asl”. Siete qui a dire “è un tentativo di strumentalizzazione”. Siete incoerenti, andate a cercare il pelo nell’uovo di una presunta differenza rispetto alle posizioni dei gruppi della maggioranza. Non si va lontano così, abbiate il coraggio di dire che siete contro, come ha detto Ascoli: l’autonomia del Salesi è una cosa inutile, l’autonomia del Lancisi è una cosa superata, sapendo che questa scelta porterà il Lancisi e il Salesi a diventare due reparti di un grande ospedale anconetano, perché questa è la prospettiva. Rispetto a ciò, questi emendamenti hanno un solo significato: ribadire la nostra scelta per un sistema delle Asl articolato così come è stato articolato in passato, ribadire il nostro giudizio sul mantenimento dell’autonomia del Lancisi e del Salesi, perché questo dicono gli emendamenti del gruppo di Forza Italia, il no all’azienda unica regionale, una posizione chiarissima. Comunque questo è un emendamento specifico da cui non si può sfuggire, perché c’è la previsione di una sola azienda. Chiediamo che il Salesi rimanga azienda ospedaliera e su questo chiedo io il voto nominale a nome dell’amico Brini e del consigliere Ceroni.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.
Franca ROMAGNOLI. Abbiamo accettato tempi contingentati, ma da domani credo che non lo faremo più, perché non c’è motivo per accettare delle regole unilaterali, vista la mancanza assoluta di volontà di accogliere, non dico questi che sono emendamenti strutturali, ma il benché minimo emendamento. I primi potevano essere accolti, erano questioni letterali e di termini. La blindatura che non avevate ottenuto tra di voi nell’Asur che poi avete rimaneggiato, la cercate ora negli emendamenti e nella discussione, quindi domani cambieremo anche noi sistema.
Parlo ora per non parlare sugli altri emendamenti relativi a queste Asl. Non stiamo giocando sui numeri, noi abbiamo fatto una serie di emendamenti proponendo il numero minimo di 5 Asl, quindi una successione, per riaprire il discorso sulla pluralità delle Asl, perché crediamo nell’azienda sanitaria con personalità giuridica, così come ci credete voi, perché siete voi ad aver proposto, oggi, questo interregno istituito con la norma transitoria art. 26 proprio perché la personalità giuridica delle Asl è importante, proprio perché qualcuno, oltre noi, ve l’ha chiesta e proprio perché lo stesso Presidente, prima, parlando e facendo le sue comunicazioni, ha detto chiaramente che si vuole così evitare l’immagine di lontananza delle decisioni, tutto quello che alla Asur poteva essere collegato, noi diciamo evitando l’Asur, voi dite posticipando come una bomba a orologeria l’Asur stessa o comunque la perdita della personalità giuridica di queste aziende. Ci credete anche voi, tanto che le avete ripristinate o comunque, per un periodo di due anni questa personalità che poi è ridotta, che poi è una sorta di riabilitazione, una sorta di interdizione, avete scritto che è necessario si mantenga. Proprio su questo che è il presupposto dell’esercizio vero e proprio dell’autonomia dei territori, autonomia che non si esercita mediante poteri esclusivamente di gestione ma che si esercita mediante poteri decisionali, poteri di amministrazione finanziaria, di esercizio di bilancio, tutto quello che le aziende, ora chiamate zone, perderanno fra qualche tempo e che in parte perdono ora, proprio per queste ragioni abbiamo ritenuto di aprire un ventaglio di ipotesi per mettervi, d’altronde, a vostro agio. Anche voi avete fatto in alcuni casi, sulle aziende ospedaliere, autonomia sì-autonomia no, proposto cose apparentemente contraddittorie. Noi però, a differenza vostra le raccogliamo, perché qualcosa di quello che proponete ci piacerà, ad esempio il Salesi, ed in massa lo voteremo. Quindi siamo più propensi di voi a raccogliere le cose buone che anche dall’altra parte possono venire. D’altronde è risibile l’ironia sui nomi, perché voi avete istituito una Asl unica, consociata con 13 consorelle, quindi ditemi dove sta l’unicità: neanche in senso evangelico dove si disquisisce sull’unigenito, sul soligenito. Qui è proprio così: unigenito, primogenito, cioè unica ma nello stesso tempo, a seguire 13 sorelle. C’è l’interpretazione evangelica su questo essere unico od essere invece primo di più figli di Gesù Cristo, da parte di chi interpreta alla lettera — peraltro male — l’ebraico. Così è il caso vostro: ridete sui numeri, quando poi ci proponete delle cose bizzarre anche dal punto di vista grammaticale e dei nomi adoperati.
Concludo dicendo che non venderemo gli emendamenti così come probabilmente faranno loro, perché crediamo in quello che facciamo, proviamo a farlo approvare, vediamo che non c’è nessuna disponibilità. Per quanto mi riguarda, il fatto di fermarmi a votare positivamente cinque Asl e non di meno non è per una stupida questione di campanile, per quanto io creda nel riconoscimento di questo ambito e di questa zona dal punto di vista dell’autonomia amministrativa — ed è in corso un iter parlamentare per riconoscerla — ma credo che questa Regione abbia a sua volta riconosciuto la stessa cosa in cui credo io quando, nel 1991 ha dato parere per l’istituzione della Provincia di Fermo, riconoscendo già di fatto questo quinto ambito nella regione e riconoscendolo anche in altre occasioni, manifestazioni o situazioni amministrativo-politiche. Quindi non c’è niente di risibile in questo, non c’è del becero campanilismo, c’è una sintonia con quanto la Regione, nel 1991 ha già riconosciuto.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.
SILVANA AMATI. Credo che oggi non sia una buona giornata, devo dirlo con onestà, perché ritengo che complessivamente ciascuno di noi avrebbe potuto dare meglio di quello che ha dato all’immagine esterna del Consiglio regionale e siccome da tanti anni siamo qui, abbiamo vissuto con sofferenza le difficoltà, gli attriti, i modi di intervenire inappropriati e anche le forme irrituali che mi sembra questa sera si ripetano. Intervengo solo per dire all’amico Giannotti che questo emendamento non rappresenta quella diversità che lui sottolineava. Tu sai bene Giannotti, che io, pur convinta di non avere i numeri, anche se li chiederò, ho presentato insieme al collega Avenali un emendamento che parla dell’azienda ospedaliera Salesi, però non possiamo dire qui, per correttezza tra noi, che in questo emendamento c’è questa specificità, perché c’è questa insieme alla riconferma delle 13 Asl. Non usiamo finzioni nominalistiche: è chiaro che qui c’è una giusta posizione vostra che ripropone situazioni diverse, però il fatto che qui sia comunque riproposta in blocco, in ognuna delle varianti, la riconferma delle 13 Asl così come esse erano prima, rappresenta evidentemente una condizione che non consente, neanche volendo dare un segno, di convergere su questo emendamento.
PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 2/6 per appello nominale a nome Giannotti, Favia e Brini.
GABRIELE MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli sì
Pistarelli sì Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Silenzi no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati no
Favia sì
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi assente
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Il Consiglio non approva
PRESIDENTE. Il consigliere Giannotti ha chiesto nell’intervento precedente di tornare sulla durata dei nostri lavori. Nella Conferenza dei presidenti di gruppo avevamo stabilito che a mezzanotte avremmo fatto un bilancio del nostro procedere. Il bilancio ci dice che in quattro ore abbiamo fatto 15 emendamenti, ne abbiamo 180. Se siete d’accordo direi di continuare, nel frattempo i presidenti dei gruppi di minoranza con il presidente della Commissione sfoltiscono in primo luogo gli emendamenti all’art. 2, in secondo luogo concentrano l’attenzione agli emendamenti interessanti, che non possono essere tutti 180, dando dimostrazione di non assumere un atteggiamento che ci porta a farci reciprocamente del male, non utile. (Interruzione). Dobbiamo prendere la decisione di chiudere la legge domani.
CARLO CICCIOLI. Presidente, c’è stata un’intesa tra gentiluomini che noi non avremmo utilizzato tutti gli strumenti a disposizione — ha parlato sempre uno per gruppo — e che, viceversa, non ci sarebbe stato un accaparramento troppo forte del tempo da parte della maggioranza. Se questo non è faccio una proposta semplice: ci sono una serie di emendamenti strutturalmente inaccettabili dal punto di vista ideologico da parte della Giunta, poi con l’emendamento 2/9 non c’è un discorso di principio ma di merito, così come con altri tre emendamenti del gruppo di An, così come con alcuni successivi. Si entra in una discussione non più di facciata ma di sostanza. Se si smette dopo queste altre due votazioni, si comincia domani mattina alle 10 e si va avanti, con un po’ di sacrificio, non potete imporre, entro domani, di chiudere, perché questo non sta scritto da nessuna parte. Io sono uno di quelli che sta qui tutta la notte e domani mattina pure, senza smettere, insieme a una parte del mio gruppo e parleremo su tutto, votando su tutto per appello nominale, per divisione, perché questo ci è consentito dal regolamento, rompendo ogni tipo di accordo. Se invece volete discutere in termini decenti, un paio di giorni per un atto così importante direi che sono pochi, però diciamo che sono accettabili. Quindi noi proponiamo di trattare altri due articoli per poi fermarci, in modo che domani mattina, freschi, cominciamo a discutere correttamente, sempre con l’accordo di uno per gruppo. Toglietevi dalla testa di chiudere per domani, perché non ve lo facciamo fare. La maggioranza dovrebbe accogliere questa proposta di buon senso — avete visto che abbiamo rinunciato alla discussione generale, abbiamo rinunciato a fare le dichiarazioni di voto, su qualche cosa è stato chiesto l’appello nominale, ma su poco — ma se ritenete di non accoglierla siamo qui, noi ci daremo il cambio, però ce la faremo. Noi ci impegniamo per giovedì sera a chiudere il riordino, poi possiamo fare la Conferenza dei presidenti di gruppo per decidere se venerdì cominciamo con il piano, oppure se lunedì convochiamo il Consiglio sul piano.
PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Se la proposta di Ciccioli è seria, e penso che sia seria, deve essere però accompagnata dal discorso che in settimana finiamo anche il piano.
CARLO CICCIOLI. Abbiamo presentato 415 emendamenti, alcuni dei quali sono tecnici...
ROBERTO GIANNOTTI. Voi sapete che su 400 emendamenti al piano, 200 sono ostruzionistici, che si fanno se andiamo avanti così. Se si apre un discorso ragionevole, probabilmente non sarà così.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Sto cercando di fare un discorso ragionevole. A questo punto possiamo cercare di fare questi due emendamenti, poi sospendiamo, però nel giro della settimana facciamo anche il piano. Se dobbiamo lavorare anche sabato, lavoreremo anche sabato.
Se da persone ragionevoli ci diciamo che adesso smettiamo ed entro la settimana approviamo anche il piano, per noi va bene.
PRESIDENTE. Chiudiamo questa sera con altri due emendamenti, però se si prende l’impegno di ricominciare alle 10, di chiudere domani se ce la facciamo, altrimenti dopodomani, questo significa solo una cosa, senza che ci prendiamo in giro: ridurre drasticamente il numero degli emendamenti. Se l’obiettivo è di andare a giovedì andiamo a giovedì, ma facciamolo con un numero di emendamenti adeguato, che non serve a niente. Se dobbiamo concordare che si conclude giovedì, concluderemo giovedì mattina ma riducete gli emendamenti, altrimenti non si conclude giovedì.
Siete d’accordo? Prima si sfoltiscono gli emendamenti, insieme al presidente della Commissione e giovedì la partita si chiude.
Emendamento n. 2/7. Lo pongo in votazione.
Il Consiglio non approva
Emendamento n. 2/8. Lo pongo in votazione.
Il Consiglio non approva
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 0,30
del giorno 28.6.2003