Resoconto seduta n. 144 del 30/06/2003
La seduta inizia alle 10,40



Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 180, in data 23 giugno 2003, ad iniziativa del consigliere Massi, concernente: «Disciplina dell'attività di tatuaggio e piercing»; assegnata alla V Commissione in sede referente;
— n. 181, in data 11 giugno 2003, ad iniziativa del Consiglio provinciale della Provincia di Macerata, concernente: «Tutela e valorizzazione del patrimonio storico dell'internamento razziale civile della II guerra mondiale, dell'antifascismo e della resistenza delle Marche», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Proposta di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata la proposta di atto amministrativo n. 111 in data 20 giugno 2003, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: «Approvazione del piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico dei bacini di rilievo (PAI) - art. 11 - l.r. 13/99», assegnata alla IV Commissione in sede referente.




Deliberazioni amministrative
inviate dalla Giunta regionale

PRESIDENTE. La Giunta ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 821 in data 10 giugno 2003, concernente: «Art. 27 della legge regionale n. 4/2003 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dalla UE - e entro 128.520,00 e modifiche al POA.»;
— n. 822 in data 10 giugno 2003, concernente: «Art. 4 della legge regionale n. 3/2003 - reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione (Euro 2.212.644,81)»
— n. 823 in data 10 giugno 2003, concernente: «Art. 4 della legge regionale n. 3/2003 - reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione (Euro 676.953,38)»;
— n. 857 in data 17 giugno 2003, concernente: «Art. 20, comma 3, legge regionale 11.12.2001, n. 31 - prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie, per l'integrazione dello stanziamento di capitoli di spesa compresi nell'elenco n. 4 "Elenco delle spese dichiarate obbligatorie" del Bilancio di previsione per l'anno 2003. Euro 577.000,00»;
— n. 858 in data 17 giugno 2003, concernente: «Art. 4 della l.r. 11.3.2003 n. 3 reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2003 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione - 380.107,12 euro».



Comunicazione del Presidente

PRESIDENTE. Ricordo ai consiglieri regionali che venerdì 4 luglio si terrà ad Ancona, al teatro delle Muse, alle ore 10,30, un importante incontro interistituzionale tra la Camera dei deputati, il Consiglio regionale delle marche e la Conferenza dei presidenti delle Assemblee regionali — sarà presente il presidente della Camera Casini — per la presentazione del Rapporto 2002 sullo stato della legislazione. Raccomando la partecipazione dei consiglieri a questo importantissimo incontro che rafforza il processo di cooperazione tra le Assemblee legislative nazionali e regionali.



Proposta di atto amministrativo (Votazione): «Piano sanitario regionale 2003-2006» Giunta (99)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione della proposta di atto amministrativo n. 99, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Per sintetizzare quanto emerso in questi giorni di dibattito, un dibattito serio, serrato, che purtroppo ha messo in luce alcune contraddizioni che debbono essere evidenziate. Mi dispiace che non sia presente il presidente del gruppo Ds Franceschetti il quale, con interventi sia sulla stampa che in aula parla di demagogia e di strumentalizzazione, ma si è rivelato un grande maestro, tanto che sembra il mago Silvan per come ha illustrato e prospettato queste problematiche. A meno che Franceschetti abbia assistito a un altro dibattito in questo Consiglio regionale.
Innanzitutto questa maggioranza ha fallito la concertazione con il sindacato, fatto eccezionale nelle Marche. E' la prima volta che succede che il più grande sindacato, la Cgil, di sinistra, si metta contro questa maggioranza, criticandola e minacciando uno sciopero generale che l'altro giorno, in modo un po' annacquato, si è verificato.
Quindi la prima sconfitta di questa maggioranza — che è una maggioranza virtuale, sentendo i veleni e le battute che di volta in volta si fanno i consiglieri in aula — la quale ha perso dei pezzi su un problema molto serio. I Comunisti italiani hanno salvato provvisoriamente, occasionalmente la maggioranza, quando hanno visto che la stessa stava andando sotto con i numeri. Il presidente Procaccini insieme al compagno Martoni sono stato un salvagente per questa maggioranza e le hanno dato un appoggio non sui contenuti, ma solo sotto l'aspetto politico, dicendo che non bisogna dare il governo alle destre. Forse Franceschetti non era in aula o forse questo non l'ha recepito, come non ha recepito lo strappo con i Ds anconetani. Se non l'ha sentito o visto in aula, lo doveva leggere sulla stampa: un dibattito serio. I Ds tentano di fare i democristiani, con le "correnti", ma democristiani si nasce, non ci si diventa, è tutta un'altra scuola, tutto un altro stile. Chi vuol fare il democristiano doveva nascerci, non vi si può improvvisare oggi, contagiato da qualche democristiani di sinistra o centrista che oggi fa parte di questa maggioranza. Ognuno deve essere fedele alla propria identità, politica e culturale, senza vergognarsi di niente. Uno che è comunista è tale, così un democristiano. Però non bisogna giocare, adesso, a fare i comunisti o i democristiani. Alcuni sono bravi nel segreto dell'urna, ma alla luce del sole trovano difficoltà oggettive e sicuramente devono evitare queste figuracce.
Annuncio il voto favorevole sull'Api — non venti ma anche trent'anni, per quanto mi riguarda, se qualcuno aveva qualche perplessità o dubbio — però ho letto che i Verdi sono usciti dalla maggioranza. Presidente Moruzzi, consequenzialmente questa mattina D'Angelo si dovrebbe dimettere da presidente della IV Commissione, se siete coerenti. Siccome è stato eletto da una maggioranza presidente della IV Commissione, questa mattina dovrebbe dire che esce dalla maggioranza, se è coerente; se invece continua a fare quella solita demagogia strumentale, rimarrà al suo posto, fedele, e dirà che sarà la sentinella dei problemi ambientali, ma a noi questa sentinella non serve, perché sappiamo fare l'opposizione da soli. Quindi se sei coerente, D'Angelo, questa mattina dovresti dimetterti, altrimenti non dite che siete usciti della maggioranza. Voi state a pieno titolo in questa maggioranza che porterà avanti il discorso dell'Api ed altri tipi di discorso, quindi non cercate di strumentalizzare e di fare demagogia.

MARCO MORUZZI. ...vediamo come voti.

OTTAVIO BRINI. Io voto a favore dell'Api, te l'ho detto anche in una trasmissione televisiva. Io sono coerente, però sto all'opposizione, non dico che vado in maggioranza: votando con la maggioranza rimango all'opposizione.
Anche nel centro-destra — a differenza del compagno Franceschetti noi sappiamo fare un'autocritica — abbiamo avuto delle difficoltà su questa proposta di legge. An si è presentata con una propria proposta — 4, 5 o 7 aziende — l'Udc aveva una proposta che arrivava anche a 8, Forza Italia era per il mantenimento delle 13, coerente da due anni a questa parte.
Mi auguro che Franceschetti si rilegga tutto il dibattito di queste sedute, perché gli servirà anche come riflessione.
Non me ne voglia il consigliere Cecchini, ma Forza Italia non ha nulla a che vedere con la sua opposizione. La Cecchini è portatrice di valori che non sono i nostri, quindi se qualche gruppo consiliare tenta o cerca di fare degli accordi politici con la Cecchini, Forza Italia fin da questo momento si chiama fuori della Casa delle libertà. Ognuno deve svolgere il suo ruolo e deve essere fedele ai programmi politici e programmatici che gli elettori nel 2000 ci hanno chiesto. Quindi, se qualcuno in questo momento è tentato di allargare la Casa delle libertà a qualche altro consigliere regionale, sicuramente non troverà più Forza Italia sul tavolo della discussione.
Un ultimo appunto faccio a Silenzi, se mi è permesso. Ha detto che Civitanova ha aumentato 52 posti letto. Civitanova non ha aumentato niente: da Macerata sono stati portati a Civitanova. Tu non hai regalato niente a Civitanova, Silenzi.

GIULIO SILENZI. Infatti è stato spiegato questo.

OTTAVIO BRINI. A Macerata non è stato detto, l'ho dovuto spiegare ieri io, ad un seminario di Forza Italia che abbiamo fatto a Cingoli.
Prendiamo atto che questa maggioranza è tornata indietro, con l'azienda unica... Ciccioli, visto che stai entrando adesso, ti dico che prima ho parlato anche per te che eri assente. Mi auguro che qualcuno ti riferisca quanto ho detto, soprattutto sulla prospettiva futura della Casa delle libertà. Noi, con la Cecchini non abbiamo nulla a che vedere e a che spartire, come Forza Italia, perché i suoi valori sono diversi dai nostri. Se qualche partito vuole collegarsi con Sinistra democratica lo faccia, ma senza coinvolgere la Casa delle libertà.
Questa maggioranza è uscita con le ossa rotte, sia sotto l'aspetto dell'impostazione dell'impianto, ma soprattutto sotto l'aspetto politico. Basti pensare che nel dibattito non c'è stata una sola critica all'assessore Melappioni e questo deve far riflettere tutti, perché si è giudicato positivo, anche se non condivisibile, il lavoro dell'assessore sotto l'aspetto dell'impostazione, si è apprezzata la coerenza dell'assessore Melappioni, che è rimasto sempre attento e sensibile al dibattito e ha tentato in qualsiasi maniera di migliorare la proposta di legge. Noi non siamo soddisfatti, perché come azienda unica si poteva in questa fase superare il problema, lasciare le 13 aziende e ragionarci molto. Questa è l'unica critica, per quanto mi riguarda, per l'art. 26, anche se sono soddisfatto che siano state fatte le 13 aziende e che sia stato anche dato loro il potere giuridico. Bisogna quindi che facciate un'attenta analisi politica e una verifica seria per quello che è successo e per quello che potrà accadere: lo vedremo mercoledì con l'Api, poi con la legge 13, poi con chissà che cosa, perché ormai si è aperto un solco e soprattutto, Franceschetti, stai attento al tuo gruppo, che ha grossi problemi in questo momento e non cercare di spostare il tuo problema su altri partiti. Abbiamo ammesso che in questo momento non siamo riusciti a proporci con una risposta unitaria della Casa delle libertà, bisogna che anche noi facciamo la nostra autocritica, ma prendiamo impegno, da qui in avanti, di presentarci insieme uniti e compatti, senza il richiamo delle sirene che tentano di mettere in crisi questa maggioranza, ma con coerenza e dignità politica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Questo piano sanitario deve rappresentare la piena attuazione del piano attualmente in vigore. Gran parte di quelle previsioni sono infatti valide ed attuali e molte parti di quel piano non sono state del tutto realizzate, a cominciare dai distretti come elementi principali di individuazione dei bisogni di sanità e di risposte appropriate. Se i ricoveri ospedalieri sono in numero elevato, è anche perché non sempre ha funzionato il primo livello della filiera sanitaria, costituito dai presidi territoriali.
Il protocollo d’intesa con i medici generali, i cosiddetti “medici di famiglia”, ha costituito un fatto positivo che va verificato su una proiezione medio-lunga, proprio per vedere se quel protocollo risponde ad una esigenza di ulteriore responsabilizzazione e ad una maggiore appropriatezza.
Ma il cosiddetto “ricovero facile” non va attribuito, o comunque non del tutto, al medico di famiglia. Infatti, sul territorio spesso non esiste alternativa all’ospedale. Tuttavia anche l’aspetto del ricovero ospedaliero porta con sé dati contraddittori: da un lato ricoveri impropri, dall’altro si scrive, talvolta in modo poco scientifico, che l’utilizzo medio degli ospedali è troppo basso.
Il piano sanitario regionale prevede la fase della trasformazione contestuale della sanità pubblica, basata oggi in larga parte sull’ospedale. Questa supremazia va rivista, perché si deve ridare spazio alla prevenzione. Si deve passare da una tutela esclusivamente medicalizzata della salute ad una tutela anche sociale, dove gli elementi di rischio debbono essere ridotti ed in prospettiva eliminati, ad iniziare dai luoghi di lavoro dove gli incidenti sono ancora innumerevoli e dove permangono vecchie forme di lavoro malsano e nocivo, dove si sono aggiunte nuove forme di alienazione, in un mercato del lavoro ormai senza regole, senza posto fisso, che espone l’individuo ad un vuoto di prospettiva e alla disperazione.
La difesa, a volte esasperata, dei piccoli ospedali, segnala la necessità della trasformazione contestuale, altrimenti non ci crederà nessuno che l’eliminazione delle medicine e delle chirurgie negli ospedali di polo aumenterà la qualità della sanità.
Completamento della riforma dell’emergenza a livello regionale, presenza di forme serie e continuative di prestazioni poliambulatoriali, con medici delle diverse branche e soprattutto integrazione fra il sociale e il sanitario debbono, secondo noi, costituire gli elementi principali della sanità pubblica di tipo nuovo. Un altro problema da risolvere è quello delle liste d’attesa ancora tropo lunghe. Occorre, d’intesa con i sindacati e con opportuni investimenti, prevedere turni differenziati per accedere a Tac, a risonanze magnetiche, a mammografie e quant’altro; prevedere anche turni notturni per i ricoverati, in modo da abbassare i lunghissimi tempi d’attesa per gli esterni.
In questo modo si dà una risposta concreta alla prevenzione e non si costringe la persona a pagare alte somme alle cliniche private che in un gioco delle parti quasi vivono esclusivamente di questa lunghezza di tempi della sanità pubblica.
La fase della trasformazione e del potenziamento della sanità pubblica ha bisogno di più risorse, non meno. Se non si avrà questa contestualità non ci sarà la riorganizzazione ma la chiusura dei servizi.
Questo processo ha bisogno di basi scientifiche e di una forte direzione politica ed istituzionale. Il dibattito sull’alta specialità e sugli altri ospedali di polo è stato contraddittorio e segnato da troppe spinte localistiche, creando differenze fuori luogo, a seconda della presenza più o meno autorevole dei diversi personaggi istituzionali. Ma nel complesso possiamo dire che esiste una maggiore consapevolezza, sia rispetto alla necessità della qualità delle prestazioni, sia alla politica della prevenzione.
Gli sprechi, le spese improprie, i doppioni vanno eliminati, ma la sanità pubblica, proprio perché universale non può essere a pareggio. Se passasse il concetto tecnico-economico del Governo Berlusconi, avremmo una sanità per i ricchi e una per i poveri. La difesa dei piccoli ospedali da parte della Casa delle libertà è una finta difesa, perché a livello nazionale il Governo li chiude ed il sistema assicurativo che il Governo Berlusconi introduce porrà sul lastrico milioni di persone, perché si dovrà infatti fare una scelta: o pagarsi la pensione, anch’essa privatizzata con il sistema assicurativo, che prosciuga la fonte, la busta paga ed abolisce la liquidazione, il cosiddetto Tfr, oppure pagarsi per intero una sanità residuale.
Torno a ripetere: gli anziani saranno dinanzi ad una lenta condanna a morte, psicologica e pratica. Occorre sconfiggere tale impostazione. La destra è pericolosa, non è uguale al centro-sinistra; la sanità pubblica non si difende con le affermazioni, ma con le scelte, con le risorse ed è per questo che in regime di cosiddetto federalismo bisogna pensare a bilanci più sociali, a bilanci di tipo nuovo.
Il piano sanitario avrà una organizzazione inedita con l’azienda unica. In questo contesto, che non abbiamo del tutto condiviso, le zone, le nuove zone devono sfuggire alla logica aziendale ed assumere un ruolo di gestione democratica della sanità pubblica. Secondo me i sindaci hanno compiuto un errore pensando che decidere loro sulla dislocazione dei servizi e sulla riduzione dei posti letto a livello di province significhi un maggiore potere. Per la verità c’è stata una sottovalutazione complessiva anche da parte di chi ha avallato questo tipo di decisione, perché senza una programmazione regionale si possono accentuare e non risolvere i localismi.
In questa fase difficile di riorganizzazione regionale della sanità, pur partendo, sull’organizzazione, da un punto di vista diverso, abbiamo apportato, come gruppo e come partito il nostro contributo unitario, che in alcuni passaggi della legge è stato decisivo e ha permesso di non impantanare un’esperienza politica su un aspetto organizzativo. Ci siamo fatti carico anche di altri passaggi di merito che noi non abbiamo condiviso del tutto, come quello della esperienza di Sassocorvaro per una sperimentazione dell’ospedale pubblico. Questo rigore, questa serietà, questa lealtà verso la coalizione dell’Ulivo e del centro-sinistra per noi sono naturali, perché il contesto, oggi, è più importante del soggetto. Lo dovrebbero capire — e lo dico sommessamente — anche gli altri partiti del centro-sinistra, lo dovrebbe sapere, ad esempio, il neo sindaco di Porto San Giorgio, un certo Brignocchi che ha pensato bene, con la complicità del suo e degli altri partiti, di vietare, di escludere i Comunisti italiani che in quella città hanno raddoppiato i voti, hanno contribuito alla vittoria, al ballottaggio, del centro-sinistra, di escluderli, nel più classico stile anticomunista, dalla nuova Giunta comunale. Ciò è la riprova della deriva nella direzione politica, è la riprova di chi è maggioranza nei numeri ma minoritario nel progetto. A Porto San Giorgio infatti, voi siete all’opposizione del progetto dell’Ulivo e del centro-sinistra. Noi siamo ancora tropo piccoli, ma non rinunciamo per questo ad una prospettiva di rinnovamento della società italiana e nel caso di questo piano sanitario regionale vogliamo rafforzare e migliorare la sanità pubblica, vogliamo migliorare e non chiudere i servizi sanitari.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Potremmo dilungarci molto solo a commentare le difficoltà che il centro-sinistra in questo momento sta vivendo in tutti i campi: per la sanità in quest'aula, salvato dall'astensione dei responsabili comunisti e da una parte dei Verdi; difficoltà dimostrate negli emendamenti sulla riorganizzazione, con spaccature evidenti anche del gruppo Ds, difficoltà successive manifestate per ora solo sui giornali, di cui avremo contezza nel prossimo Consiglio regionale e che hanno sancita la fuoriuscita dei Verdi per l'argomento Api e ultimo riferimento, quello fatto da Procaccini alle vicende di Porto San Giorgio. Non lo facciamo, mentre invece voi vi siete divertiti ad evidenziare bazzecole rispetto davvero alle travi che vi stanno appesantendo in questo periodo. Non lo facciamo, anche per non svilire questo dibattito sulla sanità che deve vedere la salute e soprattutto il cittadino, il paziente, colui che ha bisogno al centro della discussione, per lo meno al centro delle dichiarazioni di voto, della finale di questa maratona che si è svolta in due atti, che ha visto prima il riordino sanitario e poi la discussione e il voto sugli emendamenti del piano sanitario.
Ribadisco quanto già detto nella discussione generale, questo piano lo riteniamo inadeguato, soprattutto perché parte da un'analisi sommaria, che non ha tenuto minimamente conto della necessità di monitorare gli effetti e lo stato di applicazione del piano sanitario precedente. Un'analisi non dettagliata dei bisogni, della domanda e dell'offerta, ma un piano che è invece partito dal presupposto, quasi assiomatico, che l'offerta è comunque sovrabbondante, che nell'offerta ospedaliera sovrabbondante sta la causa di tutti i mali, quindi di tutti gli sprechi e di tutto il disavanzo, quindi presupposto non condivisibile, perché sappiamo benissimo che le cause del disavanzo stanno altrove, stanno in una gestione allegra della sanità e del bilancio della sanità che ha coinvolto tutti i settori, che probabilmente si è annidata anche negli ospedali, non certo esclusivamente nei minori ma, come insegnano le statistiche, si è annidata principalmente negli ospedali maggiori che invece non vengono minimamente presi in considerazione dal punto di vista della razionalizzazione della spesa.
Un'analisi quindi insufficiente, carente, inadeguata dalla quale non poteva che uscire un piano sanitario altrettanto carente, altrettanto inadeguato alle aspettative dei marchigiani.
I punti di maggiore crisi e difficoltà di questo piano riguardano proprio questa razionalizzazione che ha preso in considerazione non la realtà dei flussi dove la mobilità si forma, si sposta, passiva od attiva, quali sono le esigenze, soprattutto la domanda, quindi i bacini d'utenza dove maggiormente sono richieste questa o quella prestazione, ma piuttosto una razionalizzazione provinciale, che ha finito per decretare, per lo meno a parole, il potenziamento, generico in alcuni casi e non di fatto avvenuto, degli ospedali di rete e la chiusura, se non immediata ma attraverso una "agonia politicamente corretta" — perché questo si è cercato di fare, degli ospedali minori.
Dal punto di vista politico questo piano è ineccepibile, perché nonostante le contraddizioni siano uscite, nonostante i problemi siano emersi anche nella maggioranza, è un capolavoro di ambiguità politica, perché le decisioni cruente, apparentemente non sono state prese, però sono nei fatti e si manifesteranno soprattutto nel prossimo anno, non nei prossimi due anni che vedranno l'esperimento dell'Asur, ma gli effetti sugli ospedali minori, così come il famoso emendamento finale recita, si vedranno presto, quanto prima. Ripeto, le condizioni richieste per poter consentire il funzionamento degli ospedali minori, in particolare delle chirurgie che realizzano l'attività primaria, di supporto degli ospedali di rete, sono effettivamente condizioni che, se da un lato, formalmente consentono la sopravvivenza di qualcosa, già lì si evince una classificazione che è quella di ospedali che comunque mantengono sulla carta il proprio nome, quindi realizzano fin da subito il vero e proprio supporto con il mantenimento della chirurgia sette giorni su sette e ospedali che si dovranno guadagnare la vita, quindi che dovranno rimettere la decisione al direttore di zona, alla Conferenza dei sindaci e alla Giunta, per vedere di mantenere qualcosa della chirurgia programmata. Se, ripeto, le condizioni sono lì indicate, da un esame delle stesse si osserva invece che gli ospedali minori non avranno la possibilità di esplicare al meglio la funzione chirurgica, seppure viene loro apparentemente mantenuta, ma soprattutto non ci sarà nessuna convenienza, anche per il comma stesso che prevede una sorta di articolazione degli ospedali minori, una sorta di fungibilità tra l'ospedale di rete e l'ospedale minore, la cui équipe può indifferentemente operare determinate patologie medie, alte, di complicazione o di rischio nell'ospedale di rete o nell'ospedale minore. Questa alternanza, questa fungibilità dovrebbe sulla carta garantire il piccolo ospedale che così può non respingere gli interventi più elevati ma farli nell'ospedale di rete, a mio avviso farà invece sì — siamo realisti, parliamo di primari, di chirurghi che cercheranno di eliminare il più possibile i rischi — che saranno proprio i primari degli ospedali minori a scegliere sistematicamente di operare nell'ospedale di rete e, così facendo, svuoteranno di ogni significato e di ogni effettiva efficienza chirurgica l'ospedale più piccolo, ma soprattutto eviteranno che l'ospedale piccolo si attrezzi adeguatamente per far fronte a quelle che per ora sono rimaste le complessità minime, addirittura di minimo rischio. Sappiamo quanto si ricerchi la colpa del medico e quanto la categoria dei medici sia davvero colpita da azioni giudiziarie, spesso anche infondate. Io primario sicuramente sceglierò, proprio per questa fungibilità che avete dato con questo articolo, tra qualche tempo, di operare sistematicamente nell'ospedale di rete. Questa cosa — io l'ho già sperimentata nelle decisioni che determinati direttori o commissario hanno assunto sul territorio, provocando a posteriori la chiusura di determinati ospedali o reparti — provocherà un calo di numeri, assessore. Voi siete stati abili nel fare questo, ma quando verranno fatte le statistiche, tra un anno, i numeretti dell'ospedale minore, che ha mantenuto sette giorni, cinque o tre, non saranno all'altezza di farvi dire "questo ospedale può proseguire", ma vi faranno dire "questo ospedale ha i numeri per far sì che venga chiuso o che debba vedere ulteriormente razionalizzata e ridotta la propria attività", così come è stato fatto, cioè creare il bisogno, creare il depotenziamento. Questa è una scelta che parte da lontano, Franceschetti: sappiamo che nella tua e mia zona che certe volte non sembra la stessa zona, quando i rianimatori sono andati via dagli ospedali minori, puntualmente sono andati via i reparti e i punti nascita, puntualmente è andato via il pronto soccorso, puntualmente sono andati via anche i punti di primo soccorso e di stabilizzazione dell'emergenza, perché anche un ragazzino che arriva avendo ingoiato un corpo estraneo non si è in grado di farlo riprendere dal soffocamento, senza rianimatore. Puntualmente, quindi, si è ridotta l'attività chirurgica. Questo è il meccanismo che mi ha preoccupato, che mi preoccupa ancora e che è insito in questo piano, un piano che crea le condizioni per depotenziare, pur mantenendo sulla carta determinate caratteristiche e requisiti. Un depotenziamento che avviene piano piano e che poi sarà la base, il presupposto, la motivazione di provvedimenti di chiusura che dovranno prendere atto di un calo notevole di funzionalità di quell'ospedale, così come già negli ospedali minori è avvenuto. Parlo perché le cifre le conosco: da quando il rianimatore non è in certi ospedali, la chirurgia, di fatto è già programmata ed è già minore nei numeri, è già una chirurgia che vedeva prima 200 interventi l'anno e che ora ne vede 40 o 50. Queste cifre saranno l'argomento, la motivazione per potervi consentire o consentire ai direttori di zona la chiusura definitiva, cioè ci prepariamo a chiudere, facendolo però in maniera indolore politicamente. Noi riteniamo che questo inganno vada invece svelato e cerchiamo di dirlo anche con il voto contrario di oggi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Vorrei fare alcune brevi considerazioni al termine di queste lunghe giornate di discussione. La discussione e la votazione del piano sanitario ha confermato, di fatto, le sensazioni che avevo avuto quando abbiamo votato la legge di riordino, cioè che la mancanza di decisione di questa maggioranza a portare avanti fino in fondo un suo progetto, le divisioni interne, che sono state anche evidenti — rispetto alle quali non voglio fare alcuna speculazione politica, che non credo sia mai nobile — si sono ripetute sul piano sanitario. Se il Presidente D'Ambrosio si fosse chiamato "Pietro" anziché "Vito", avrei detto "la riforma sanitaria del Presidente D'Ambrosio Pietro, un passo avanti e un altro indietro".

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. La posso aiutare, consigliere Viventi, a trovare la rima anche con il nome mio attuale...

LUIGI VIVENTI. Mi è venuta spontanea questa, Presidente, me la conceda, sempre con li rispetto che ho verso l'istituzione. Quando noi abbiamo approvato la legge di riordino, abbiamo detto "cancelliamo le 13 aziende e ne facciamo una sola", poi un articolo dopo, per cercare di "accalappiare" i sindacati e al tempo stesso non perdere l'assessore Melappioni, abbiamo detto che però hanno personalità giuridica. Nel mondo civile, giuridico esistono le persone fisiche e le persone giuridiche: le persone giuridiche sono società, sono aziende.
Sul piano sanitario più o meno la stessa cosa. La filosofia del piano è chiara: ospedali centrali che hanno valenza regionale, ospedali di rete che devono crescere assorbendo le attuali potenzialità degli ospedali di polo. Questa è la filosofia del piano, è scritta, è chiara. Perché poi rimangiarsi queste cose?
Dall'opposizione ho detto "è evidente che se io cittadino devo chiedere di avere comunque un ospedale di polo che funziona male, preferisco avere un ospedale di rete a qualche chilometro di distanza che funziona bene". Poi abbiamo rivisto le corse indietro a Cagli, a pergola, con le chirurgie 7 giorni, 5 giorni. Se andiamo a leggere il 316 bis secondo me, se è possibile è quasi peggiorativo dell'altro, perché è evidente che in quelle condizioni non potranno operare. Se invece la maggioranza avesse avuto la capacità, la forza di essere propositiva, avere il suo progetto e portarlo avanti, è chiaro che chi amministra qualche rischio di impopolarità su qualche argomento lo corre. Credo che grandi stravolgimenti, grandi contestazioni popolari non ci sono state, onestamente, quindi se ci fosse stata più linearità, meno ambiguità, probabilmente avremmo portato a casa, tutti quanti, un risultato migliore.
Una considerazione politica. Il collega Brini prima diceva che la Casa delle libertà non si è presentata nemmeno lei unita a questo appuntamento, ed è vero. Per questo fin dall'inizio, con molto realismo avevo detto "c'è una proposta da parte della Giunta regionale e della maggioranza di centro-sinistra sull'Asur, confrontiamoci con quella proposta". Quindi l'Udc, caro Brini, si è confrontata concretamente su quella proposta di Asl unica. Io non ho alcuna difficoltà a dire — l'ho scritto e lo ripeto — che a me non scandalizzava l'ipotesi dell'azienda unica regionale; che i primi risparmi dovevano e devono essere fatti in sede amministrativa, prima che in sede sanitaria e proprio per questi motivi non mi sono sentito di fare le barricate contro l'ipotesi dell'Asur. Per questo ho detto "per quanto riguarda l'Udc si confronterà". Abbiamo infatti presentato emendamenti che tendevano a migliorare questa proposta da parte della maggioranza.
Poi ci siamo trovati in difficoltà quando abbiamo visto una maggioranza che faceva un passo da una parte e uno dall'altra. E' evidente che anche chi, dall'opposizione, si vuol confrontare seriamente, a quel punto si trova in difficoltà.
Io ho avuto anche il coraggio di dire cose che non erano popolari stando all'opposizione, però credo che se uno vuol dimostrare di avere capacità di governo deve anche dire quelle cose lì, anche se sta all'opposizione. Noi l'abbiamo fatto, l'abbiamo detto, lo ripeto per l'ennesima volta: probabilmente la centralizzazione di alcuni servizi era ed è doverosa, il risparmio da realizzare in alcune situazioni andava fatto va fatto. Su questo non parlerò mai contro rispetto a certe ipotesi, perché sono cose che avevo già detto due anni fa. Sicuramente è colpevole il ritardo con cui ci siamo arrivati e colpevole è anche il modo come abbiamo votato questi atti, un pasticcio e una indeterminatezza che anche sul piano sanitario sono riemerse ancora una volta.
Non penserei tanto, dal punto di vista politico, alle divisioni all'interno del centro-sinistra. Il centro-sinistra ha dimostrato che, pur in una situazione complicatissima come questa che li vedeva frastagliati e divisi su situazioni diverse e su tante cose, il voto finale l'ha portato. Io sono altrettanto convinto che se fossimo stati noi al posto loro, in una situazione come questa, non saremmo arrivati a 24 voti finali, come sono arrivati loro.
All'amico collega Procaccini vorrei dedicare un'ultima battuta...

OTTAVIO BRINI. Qualche morto per strada l'hanno fatto, però: il Lancisi, il Salesi...

LUIGI VIVENTI. Questa storia del Salesi e del Lancisi non mi ha appassionato più di tanto, vi dico la sincera verità, perché credo che non sia devastante, intanto, la soluzione che è stata adottata. Non sarò popolare quando dico queste cose, ma per lo meno sono sincero. Non aggiungo altro, perché dovrei fare considerazioni che non mi piacciono, mi porterebbero fuori dall'eleganza politica.
Un'ultima considerazione per quanto riguarda l'amico e collega Procaccini. Quando lui parla di destra, vorrei dirgli con amicizia e con stima: la destra economica è in gran parte presente nell'Ulivo. Non so se è più presente nell'Ulivo che nel centro-destra. La destra politica è nel centro-destra e all'interno della destra politica c'è una destra sociale che dimostra di avere grandi affinità, a volte, di intenti con l'estrema sinistra, non ultimo l'esempio sul referendum che è stato votato pochi giorni fa, sono fatti evidenti. Quindi non farei tanto questo discorso della destra perché è superato; farei il discorso dei contenuti, caro Procaccini, e su alcuni di questi contenuti io mi trovo d'accordo con te. Sono convinto — di questo l'Udc a livello nazionale è convinta quanto noi a livello regionale — che il sistema sanitario nazionale non possa prescindere da una organizzazione pubblica efficiente, perché non v'è dubbio che se noi pensassimo a una totale privatizzazione del sistema sanitario, allora sì che faremmo il discorso dei ricchi e dei poveri, perché molti ricchi sono a sinistra, e si travestono pure, perché fa comodo stare a sinistra. Quindi non fra destra e sinistra che non esiste più, ma fra ricchi e poveri. Noi che abbiamo nel nostro Dna una visione della società che comunque deve essere solidarista, ci batteremo affinché la sanità pubblica possa essere un sanità funzionante. Abbiamo cercato in quest'aula, con umiltà, di apportare il nostro modesto contributo. Ricordo di avere ricevuto l'applauso, al 36° emendamento approvato dopo 35 bocciati: meglio uno che niente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Nel dichiarare il voto negativo, voglio ricominciare da quello che era il nostro mandato elettorale. Nel programma presentato il 16 giugno 2000 in quest'aula, la Giunta D'Ambrosio presentava, fra le cinque idee-forza per lo sviluppo regionale, quello di un welfare di qualità per un sistema regionale a rete. Nel punto specifico del welfare regionale, "dalla sanità alla salute", le questioni all'ordine del giorno erano quelle di una razionalizzazione e razionamento della quantità e si diceva "fare le cose giuste al momento giusto per le persone giuste; costruire nella sfida della trasparenza, un sistema regionale di condivisione delle scelte della Regione con i territori". Poi: "copertura del bisogno dei più deboli attraverso forme appropriate ad ogni bisogno".
A me pare che le tre questioni qui indicate siano la possibile chiave di lettura per le quali con tranquillità posso votare contro questo programma di riorganizzazione del modello aziendale e contemporaneamente dei servizi sanitari sul territorio. Perché questo? Sul primo punto, nuovo modello organizzativo, abbiamo assistito a una scelta non trasparente, perché la vera volontà di questa operazione, che è l'accentramento di risorse e quindi l'accentramento sul patrimonio, di conseguenza le alienazioni, le cartolarizzazioni, è stata una scelta non chiara, né trasparente, né tanto meno una scelta sulla quale si è potuto lavorare nel corso di questo anno politico. Abbiamo parlato di tutto, l'Asur era un totem irraggiungibile che non si poteva togliere di mezzo con altre proposte alternative, ma non è ben capito la sostanza di questa operazione. Oggi ci troviamo con un accentramento delle decisioni nell'Asur, un accentramento del patrimonio e anche un accentramento dei servizi. Su questo vorrei intervenire, perché credo che rispetto al mandato che avevamo come maggioranza di centro-sinistra usciamo nella riorganizzazione obbligata dal Governo e dalle leggi nazionali che ci imponevano il 4 per mille con una struttura sanitaria non più equilibrata, ma una struttura sanitaria che se non avrà una gestione oculata da parte dell'assessore, nelle linee come è stata descritta permette ulteriori squilibri. Dico questo perché l'assessore sa bene che mentre noi discutevamo e approvavamo il nostro piano sanitario regionale, contemporaneamente la Conferenza dei presidenti il 18-19 giugno 2003 approvava il documento sulla mobilità sanitaria interregionale e questo documento non solo è importante per l'adozione della tariffa unica convenzionata sulla mobilità di tutti i soggetti dimessi fra le Regioni ma dice anche che cosa sono i centri di eccellenza, che cosa sono le alte specialità, cosa sono le aziende miste, quelle che hanno l'insieme del triennio clinico della formazione delle facoltà di medicina e chirurgia. Il combinato disposto di questi due atti, il nostro piano sanitario e questo atto sulla mobilità sanitaria interregionale, rende molto più evidente quello che era già evidente.
Che cosa dice? Nel nostro piano noi abbiamo voluto scaricare il taglio sugli ospedali di polo, gli emendamenti non sono stati capaci di modificare l'impostazione. Ma le eccellenze sono tutte concentrate ad Ancona, non solo per i 420 posti letto, ma in questo accordo Stato-Regioni si dice che il centro di eccellenza non coincide con l'azienda o con l'attuazione di programmi di ricerca all'interno della struttura bensì "con l'unità operativa che eroga le prestazioni che caratterizzano le eccellenze con le unità operative funzionalmente connesse. Per definire le eccellenze si fa riferimento alle specificità per patologie, per il trattamento posto in essere, per la capacità di attrazione del bacino d'utenza". Tradotto, i 428 posti letto sono tutti concentrati ad Ancona e tutti i centri di eccellenza avranno queste tariffe — perché qui si è a lungo discusso di dismettere la delibera sulle tariffe e la Giunta ha pure detto che l'avrebbe fatto, ma non ha detto che avrebbe firmato questo atto, come hanno fatto gli altri presidenti di Regione. Quindi sappiamo che ci sono centri di eccellenza tutti concentrati ad Ancona, salvo 30 posti letto su Pesaro per ematologia, ma non ci entro perché è una storia ormai conosciuta.
Cosa sono le alte specialità? "Si conviene utilizzare quale riferimento di base il decreto del 1992 che individua le discipline di alta specialità e all'interno di queste le prestazioni specifiche alle quali, in ragione della complessità è possibile riconoscere una maggiorazione tariffaria". Quindi alle alte specialità delle aziende ospedaliere è possibile riconoscere una maggiorazione tariffaria. Chiedo allora al consigliere Mollaroli, che dice che abbiamo ottenuto per il San Salvatore molto, perché abbiamo l'etichetta di "azienda": quali sono le alte specialità del San Salvatore? Pensiamo di avere risolto la questione ridando i 16 posti letto? Non sono 60. Sono 60 rispetto ai cantieri messi su da Ilja Gardi che ha ridotto la rianimazione e la dialisi nel momento in cui i cantieri edili dovevano costruire. Le alte specialità sono pagate in modo diverso quando esistono. Essere azienda ospedaliera ma non avere le alte specialità vuol dire essere un ospedale di rete, non c'è differenza fra l'ospedale di Pesaro e quelli di Jesi, di Fano, di Urbino, di Fermo. Anzi, nel piano non c'è differenza fra i posti letto delle aziende ospedaliere e quelli degli ospedali di rete, perché gli ospedali di rete e quelli di polo sono chiamati complessivamente "zone".
Nella casistica complessiva del ragionamento sul fronte ospedaliero, viene fuori che l'eccellenza sta ad Ancona, che c'è un riconoscimento formale del San Salvatore, che non c'è alcuna differenza fra aziende ospedaliere e ospedali di rete, che c'è un taglio sugli ospedali di polo.
A questo punto non so più se è più deleterio quello che abbiamo fatto noi o è più deleterio quello che ha fatto il ministro Sirchia. Cosa dice il piano sanitario nazionale? Bacini di eccellenza provinciali e, nei poli ospedalieri, pronto soccorso e specialistiche. Noi abbiamo fatto dei poli ospedalieri un luogo funzionale agli ospedali di rete dove si fa la medicina, dove si fanno le chirurgie programmate o i day-surgery.
A mio parere, per l'entroterra è molto più importante avere la chirurgia d'urgenza. E' molto più rassicurante per gli anziani sapere che, in caso di fatto acuto si può andare in un ospedale vicino casa, perché nel momento in cui si deve programmare un intervento la famiglia e il malato ben si organizzano e possono andare nel luogo più conveniente. Quindi non so se è più deleterio quello che abbiamo fatto noi o quello che propone il piano sanitario nazionale. So che l'esperienza degli ospedali di polo non è stata messa in fila per le qualità che avevano, perché c'erano quelli estremamente qualificati, quelli poco qualificati, non si è fatta una graduatoria e la si è rimandata a un futuro nel quale, però, ormai è scritto che chirurgia programmata sarà, che urgenza non potrà essere e che il problema sarà quello di convivere con il day-surgery e la riabilitazione.
Da ultimo voglio parlare della riabilitazione. Credo che il punto più chiaro di questo nostro piano sanitario sia la riabilitazione, quindi varrà la pena di tornare sulla verifica di quello che realizziamo nella parte del piano che si chiama riabilitazione, perché un conto sarà se quei posti letto diventeranno tutti privati e un conto sarà se quei posti letto saranno ancora riabilitazione pubblica. Questa questione non riesco a risolverla. Non so se l'assessore o il personalità giuridica saranno in grado di dirlo, però la qualità del piano cambia profondamente. Se le prestazioni per le cure domiciliari, residenziali, per i malati terminali saranno gestite sempre più dai privati in questa regione, come si sta facendo, è n conto; se invece saranno gestite dalla struttura pubblica, è un altro tipo di sanità che mettiamo in campo e in ogni caso la tariffa farà la vera differenza nel risultato delle prestazioni che riusciremo a fare.
Consegnerò personalmente al Presidente D'Ambrosio l'elenco dei ricoverati all'ospedale Lancisi e anche la parte di cartella clinica dalla quale risulta che operazioni "a cuore battente" — operazioni difficilissime da fare, che solo due medici sanno fare — sono state fatte da un medico tirocinante. Lo dico perché non vorrei che diventassero esternazioni elettorali quelle che vado facendo. Siccome mi voglio assumere la responsabilità di quello che faccio, formalmente fotocopio il materiale in mio possesso e lo consegnerò non appena fatte le fotocopie.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Il gruppo Margherita voterà il nuovo piano sanitario che viene ad essere il nuovo punto di riferimento della programmazione sanitaria delle Marche e a questo atto noi annettiamo più importanza dell'atto precedente adottato, cioè la legge di riordino, perché il piano sanitario viene ad essere l'obiettivo principale della politica sanitaria.
I nuovi obiettivi che si pone questo piano sono condivisibili, perché sappiamo che il piano precedente purtroppo è stato in qualche modo inficiato da una gestione assai decentrata e poco attinente la programmazione stessa, pertanto annettiamo molta importanza a come questo piano verrà gestito. Saremo in grado di gestirlo se la struttura che abbiamo realizzato con l'atto di riordino risponderà adeguatamente, sarà in grado di poter corrispondere organizzativamente agli obiettivi del piano, pertanto sottolineiamo la necessità di un attento controllo degli atti di gestione di questo piano, perché questo piano ha in sé una serie di rimandi di notevole rilevanza e delle scadenze precise, pertanto dipenderà molto da come riusciremo a contenere gli obiettivi del piano, che hanno bisogno di essere implementati, sia per quanto riguarda progetti fondamentali che diventeranno allegati al piano stesso, sia tutta l'altra serie di decisioni che riguardano la diagnostica e tutti i servizi di supporto alla organizzazione sanitaria.
Per la nostra sanità è necessario che gli obiettivi del piano vengano perseguiti, a cominciare dal riequilibrio di risorse che è contenuto nel piano stesso, cioè questo spostamento di risorse dall'ospedalizzazione al territorio, che è la chiave di volta per impostare la nuova sanità nelle Marche, nuova sanità che non può prescindere da quanto fino ad oggi abbiamo fatto io credo che si è fatto un buon lavoro nella sanità delle Marche.
Quando parliamo di sanità, anche in quest'aula, qualche volta viene da pensare di trovarci di fronte ad una sanità inadeguata, invece sappiamo tutti che la sanità delle Marche fino ad oggi ha avuto un alto livello e dobbiamo assolutamente migliorarla dal punto di vista qualitativo. Però partiamo da un livello adeguato, che faceva riferimento, per lo squilibrio di risorse che registriamo, ad un'offerta assolutamente superiore a quanto sarebbe necessario avere. Ecco perché questo piano ha in sé l'obiettivo di riequilibrare qualitativamente e quantitativamente l'intera offerta sanitaria, ma anche di consentire di decollare sul territorio con una medicina più adeguata. Dovremmo fare in modo, nell'impostazione della rete ospedaliera, di raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati. Questo mettere in rete tutte le strutture, a cominciare da quelle chirurgiche e potenziando gli ospedali di rete, dovrebbe aprire una nuova stagione organizzativa che dovrebbe consentire un utilizzo più razionale delle risorse, ma dipenderà molto da come questa organizzazione sarà svolta, dipenderà molto dal fatto che la programmazione regionale riesca a mantenere ferme le direttive che il piano contiene e soprattutto nella elevazione della qualità, particolarmente degli ospedali di rete.
L'altro aspetto a cui annettiamo molta importanza e che diventa centrale rispetto agli obiettivi di piano è l'impegno che la nuova programmazione assume sulla residenzialità, sia per quanto riguarda la riabilitazione, a cui si farà riferimento con un progetto specifico, sia per quanto riguarda tutta la residenzialità attinente la non autosufficienza e i punti più critici.
Questo consentirà sicuramente di adeguare le linee del piano socio-assistenziale con il piano sanitario, realizzando quella integrazione socio-sanitaria per poter realizzare la quale fino ad oggi non c'erano gli strumenti necessari. L'integrazione è uno dei punti principali di questa nostra evoluzione nell'organizzazione sanitaria. Sappiamo che si sta implementando il piano socio-assistenziale, ma senza la gamba della sanità l'integrazione non sarà possibile.
Da questo punto di vista interverranno gli enti locali che avranno un nuovo ruolo e potranno, attraverso l'integrazione specifica, così come la realizzazione del piano regionale dell'assistenza, realizzare sul territorio quelle integrazioni sufficienti per venire incontro ai nuovi bisogni della nostra comunità, a cominciare dall'anzianizzazione.
Noi abbiamo avuto fino ad oggi una rete che in qualche modo ha risposto alla non autosufficienza, dobbiamo fare in modo che si passi ad una integrazione reale perché si possa consentire, sia di rispondere agli anziani non autosufficienti che sono assolutamente in aumento, sia per mettere in essere effettivamente e concretamente quelle politiche — parlo per esempio dell'assistenza domiciliare integrata — che fino ad oggi non hanno potuto essere sviluppare perché utilizzate proprio per la non autosufficienza all'interno delle cosiddette case di riposo.
Con il precedente piano non avevamo dato il via a questa integrazione necessaria, tenendo conto che fino ad oggi la risposta è stata lasciata alla buona volontà di chi ha direttole Ipab, che si è trovato di fronte ad enormi difficoltà e possiamo anche dire che in vari punti della nostra regione questa risposta, purtroppo, è stata data anche attraverso un'improvvisazione che va superata. Ecco perché l'impegno, anche numerico, abbastanza pesante, perché si tratta di un impegno di più di 60 miliardi di vecchie lire, da questo punto di vista diventa strategico e diventa sicuramente uno dei punti più qualificanti del piano che stiamo approvando.
Da ultimo voglio sottolineare che dipenderà molto dalla capacità dell'assessorato, dell'agenzia sanitaria tenere sotto controllo le varie grandezze del piano sanitario nel mantenere fermi gli obiettivi finanziari della sanità. Ritengo di dover sottolineare questo aspetto: noi potremo difendere la sanità pubblica, che è una scelta precisa della nostra maggioranza, se riusciremo ad utilizzare al meglio le risorse che ci sono concesse, che sono assolutamente inadeguate rispetto ai bisogni, ma che comunque, in qualche modo, se razionalizzate possono darci una risposta soddisfacente. E' chiaro che il carico fiscale che abbiamo dovuto introdurre nella nostra comunità potrà essere anche ridotto, a condizione che si abbia la capacità di tenere ferme quelle grandezze che il piano stesso predispone nei suoi enunciati.
La questione economica è di fondamentale importanza perché non si faccia riferimento poi a nuovi balzelli per la nostra comunità, ma è chiaro che da questo punto di vista occorre una forte responsabilizzazione dei territori e per questo dovremo tenere presente una nuova dimensione di rapporto con gli enti locali, proprio per evitare che le spinte periferiche rischino di mettere in discussione le linee di piano.
E' una questione di fondo che vogliamo sottolineare, non riguarda sicuramente solo la sanità e l'assistenza, riguarda anche altri aspetti, ma voglio sottolinearlo proprio per l'importanza delle grandezze di cui discutiamo quando parliamo di servizi sociali e sanitari che necessitano assolutamente un rapporto costruttivo tra la Giunta regionale e le Amministrazioni locali, perché non si possano, d'ora in avanti, verificare fughe in avanti rispetto a quanto si è programmato.
Con l'approvazione di questo piano non si esaurisce lo sforzo di programmazione, di ricerca di miglioramento della qualità dell'offerta sanitaria, perché da oggi il piano, una volta approvato dovrà essere non solo attuato ma anche implementato con tutte le altre questioni a cui rimanda, che questo Consiglio potrà implementare, a cui potrà dare il suo contributo, per fare in modo proprio che il piano abbia successo, soprattutto in riferimento alla grandezza economica che è data.
Credo che sia stata una grande prova di responsabilità quella che questo Consiglio ha affrontato, sicuramente siamo riusciti ad evitare quegli scontri che in passato hanno caratterizzato le fasi della riorganizzazione sanitaria e questo senso di responsabilità credo dovrà permeare, da qui in avanti, tutta la programmazione sanitaria, se vogliamo in qualche modo dare ai nostri cittadini una sanità degna di un paese civile, ma soprattutto se vogliamo recuperare in qualità quelle dimensioni che la nostra regione ha sempre avuto e che dobbiamo assicurare ai nostri cittadini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che non si possa non partire da un giudizio sul metodo che è stato seguito per l'esame di questo importante strumento di programmazione. Il Consiglio regionale delle Marche approva il nuovo piano sanitario con due anni di ritardo rispetto alla scadenza. Questo giudica da solo, se fosse necessario, l'incapacità di questo Esecutivo a produrre proposte legislative. Lo è oggi per la sanità, così come denunciamo esserlo per tanti altri settori importanti della vita politica di questa regione. Anche in questa vicenda la maggioranza di centro-sinistra ha preferito un percorso extraistituzionale a quello istituzionale, caro Agostini, cioè la preparazione, l'avvio, il lavoro preparatorio alla predisposizione di questi due strumenti sono stati interni al partito di maggioranza relativa — Ds — prima, ai partiti della maggioranza successivamente, scavando un solco rispetto al Consiglio regionale e introducendo un precedente gravissimo. Quando si disconosce il ruolo del Consiglio regionale come avvenuto in questo caso, si commette un atto grave.
Il terzo rilievo che mi sento di fare, è che il piano di riordino e il piano sanitario intervengono di fronte ad una situazione di non attuazione delle scelte del vecchio piano sanitario. Noi oggi siamo in grado di dire che il vecchio piano sanitario non è stato attuato in questa regione, quindi era quello che noi dicevamo, cioè un libro dei sogni difficilmente applicabile, rispetto al quale si è resa evidente anche la nn volontà politica di dare corso a scelte fondamentali.
L'altro giudizio riguarda il fatto che la crisi del sistema sanitario regionale è indiscutibile, non è solo un fatto per gli addetti ai lavori o per il Consiglio regionale delle Marche. E' un dato largamente acquisito dall'opinione pubblica, dalla società marchigiana. E' una crisi gestionale, di fatto il sistema di gestione della sanità vive in regime di commissariamento da mesi, da anni, cioè i direttori generali che questa Giunta regionale ha scelto con fare discrezionale, secondo una logica politica, non sono stati in grado di gestire questo processo e sono stati commissariati per questa incapacità. Il dato di fatto è che oggi abbiamo la stragrande maggioranza delle aziende sanitarie con un commissario, non con un direttore generale.
Il secondo elemento importante rispetto alle cose che abbiamo detto è che la crisi finanziaria è un dato altrettanto largamente acquisito. Anche qui ci si può arrampicare sugli specchi, si può dire che la colpa è dei minori trasferimenti, si può dire tutto e il contrario di tutto, però il dato oggettivo è che il debito della sanità si è determinato gradualmente e in maniera inarrestabile negli ultimi otto anni, guarda caso con la Giunta D'Ambrosio 1, la Giunta D'Ambrosio 2, la Giunta D'Ambrosio 3, quindi la responsabilità politica è tutta di questo esecutivo. E' quindi inutile questo tentativo di arrampicarsi sugli specchi andando a recuperare responsabilità esterne che non ci sono. Le responsabilità sono vostre, c'è stata una sottovalutazione della voragine finanziaria che si stava via via determinando, c'è stata la vostra incapacità di affrontare e risolvere il problema finanziario. Il terzo elemento di questa crisi è il dato oggettivo della caduta di qualità dei servizi. Non c'è marchigiano che sia in grado di recepire questa favola della sanità marchigiana in buona salute, credo che il dato vero sia che la maggioranza dei nostri concittadini riconosca lo scadimento, la caduta di livello dei servizi sanitari sul territorio.
Il piano sanitario che dobbiamo approvare oggi è una risposta inadeguata alla domanda di qualità e di diffusione sul territorio dei servizi sanitari, non affronta e non risolve il primo problema, quello delle liste d'attesa. Non ci sono strumenti, indicazioni, obiettivi che consentano di porre fine a questa piaga, che è una piaga gravissima, il problema n. 1 della sanità marchigiana rispetto alla efficienza dei servizio. Il piano sanitario che oggi ci chiedete di approvare è una riproposizione di enunciazioni di principio, la cui realizzazione viene rimandata nel tempo e rimessa alla volontà politica della Giunta regionale, è un gioco al quale Forza Italia non ci sta. Se valutiamo quello che è stato il vecchio piano sanitario, evidentemente non possiamo essere ottimisti sul fatto che il nuovo piano sanitario sarà realizzato.
Due le scelte di fondo che non condividiamo rispetto al piano. La prima riguarda il fatto che viene di nuovo vanificata l'esigenza dell'avvio concreto del riequilibrio delle alte specialità. Da questo piano non c'è il via libera ad un'esigenza largamente diffusa sul territorio regionale, perché è ampiamente dimostrato che i servizi di alta specialità allocati in Ancona, oggi non sono in grado di rispondere alla domanda dei cittadini delle altre province. La nostra richiesta di un riequilibrio sul territorio di confine — Ascoli, Macerata, Pesaro — doveva essere recepita. Non c'è alcuna indicazione, c'è solo una indicazione di principio che rimanda nel tempo questa scelta ma non c'è una scelta. Questo non rappresenta solo un atto di giustizia nei confronti dei cittadini delle province di confine che si vedono vitato un diritto, cioè che i servizi di alta specialità siano garantiti al di là della sede di residenza di ciascuno di noi, ma dimostra anche la palese incapacità ad affrontare e sciogliere uno dei nodi della crisi finanziaria della sanità regionale, che è quello della mobilità passiva. Se non si realizza il riequilibrio sul versante delle aree di confine non si risolve il problema della mobilità passiva, questo è il dato di fondo. I dati che abbiamo dimostrano che l'incidenza di quanto paga le Marche per garantire l'assistenza ospedaliera, l'assistenza specialistica ai propri concittadini fuori della regione è altissima.
L'altra scelta che non condividiamo è quella delle chirurgie a tempo negli ospedali di polo. Noi siamo convinti che questa scelta rappresenti la certificazione della morte degli ospedali minori. Non puoi, Ricci, non riconoscere il ruolo fondamentale che svolge la chirurgia nei piccoli ospedali e togliere oggi la chirurgia, renderla inagibile, così come questo piano dice, di fatto trasforma gli ospedali minori in ospedali di serie B, in ospedali destinati ad un inarrestabile degrado. E allora i marchingegni tecnici, cioè le distanze chilometriche che hanno consentito a Minardi di dire che i piccoli ospedali non si toccano, non reggono. Il suo ospedale non si tocca, ma è la vittoria di Pirro. Il Presidente Minardi non ha motivo di gioire, perché non si è riconosciuta, per esempio, l'importanza dell'ospedale di Cagli, si è introdotto un marchingegno che consente, per qualche settimana, di salvare quell'ospedale, così come di salvare qualche ospedale della regione. Gli atti di furbizia non servono, così come è stato per Sassocorvaro. Lei si è stracciato le vesti, però ha votato l'emendamento. La sperimentazione gestionale che prevede l'ingresso dei privato, in bocca vostra è una cosa sciagurata, perché è stato solo il prezzo che avete pagato ai potentati locali dei Ds per far passare la scelta della disattivazione delle chirurgie. Non è una scelta condivisa. Mi dicono che oggi addirittura la Giunta regionale approverà la delibera. Le faccio rilevare, consigliere Ricci, la tempestività con cui questa Giunta di centro-sinistra paga i propri prezzi a chi si è fatto carico di dare la copertura politica.
Così come i pretestuosi riferimenti alle volontà nazionali non diminuiscono le vostre gravissime responsabilità, le responsabilità della Giunta regionale e della maggioranza di centro-sinistra per avere avviato il processo di destrutturazione degli ospedali delle zone interne montane. Voi, oggi vi assumete la responsabilità di lasciare un terzo del territorio delle Marche privo di strutture ospedaliere in grado di affrontare e salvare la vita di tante persone, commettendo un errore di valutazione anche sul piano finanziario, perché la capacità di interdizione che fino ad oggi hanno avuto tanti ospedali minori rispetto all'offerta sanitaria in questo modo viene a cadere.
Devo solo ripetere brevemente quello che ha detto con molta proprietà il collega Brini rispetto alle valutazioni politiche. Questi atti approvati segnalano i limiti e le contraddizioni di questa maggioranza. In questa vicenda c'è un solo vincitore: ha vinto la paura, ha vinto la minaccia di D'Ambrosio di mandarvi tutti a casa. Dovete avere il coraggio di ammettere che l'elemento decisivo in questo dibattito è stata la decisione di D'Ambrosio di dire che se non passavano queste cose si sarebbe dimesso.
Mi dispiace quando D'Ambrosio dice che la maggioranza è salda. La maggioranza non è salda, Presidente D'Ambrosio, l'ha detto il consigliere Brini nei suoi interventi. Il Pdci ha votato il piano di riordino con un grande mal di pancia. Ha detto sostanzialmente che non lo condivideva e l'ha votato per disciplina di schieramento. Procaccini ha fatto un discorso coerente, ha detto: contro le destre sono in linea. E' quindi coerente rispetto alla solidarietà politica, ma questo non toglie che vi è mancato anche il suggello della legittimazione da parte di un partito autorevole della maggioranza. Solo la grande responsabilità politica di Procaccini vi ha evitato una crisi, perché se Procaccini in quella famosa votazione avesse votato insieme alla Amati le cose in questo Consiglio, questo dibattito avrebbe avuto un altro sviluppo.
Il distinguo dei Verdi è un fatto politico che dovete acquisire. Il voto del consigliere dei Verdi sullo strumento del riordino è stato chiarissimo. Poi, le lacerazioni interne ai Ds. Non può, Presidente, non valutare quello che è successo all'interno del suo partito, dove due consiglieri di Ancona, autorevolissimi — uno è il segretario provinciale, presidente di una Commissione, ma, mi si dice, la segreteria provinciale dei Ds, a stragrande maggioranza — hanno espresso un giudizio negativo sulle scelte del piano per quello che riguarda l'aziendalizzazione. Infine le "fughe" del consigliere Rocchi, il quale, tutte le volte che c'è da prendere decisioni importanti, sulla stampa dice di esserci e in Consiglio fugge, così come è successo, in questo caso, non votando l'emendamento Amati-Avenali sul problema del Salesi. Uno che è convinto di queste cose lascia stare gli ordini di scuderia e, in coscienza, assume le proprie responsabilità, cosa che Rocchi non ha fatto nemmeno in questa occasione.
Credo che veramente vi sia da essere preoccupati e da gridare poco alla compattezza, compattezza che non c'è nemmeno sul piano sociale, perché su questa vicenda avete creato una lacerazione sociale pesantissima, perdendo uno dei punti di riferimento essenziali del vostro predominio politico in questa regione. E' noto, è un dato acquisito che la formula D'Ambrosio ha vinto nelle Marche grazie all'alleanza con il grande potentato imprenditoriale, con i grandi interessi imprenditoriali e con il sindacato. Oggi avete già perso per strada uno di questi due anelli, io credo che perderete presto anche l'altro.
Sul riordino abbiamo già detto che la scelta dell'azienda unica è una scelta scellerata, l'affermazione di una nuova forma di centralismo regionale, l'azienda unica rappresenta un mostro giuridico che produrrà un contenzioso permanente e infinito e l'azienda è un pozzo indistinto, assessore. Non può sfuggire a nessuno che l'azienda confermerà tutti i privilegi e tutte le clientele, che l'azienda servirà a mascherare gli sprechi e dove avvengono gli sprechi, che l'azienda unica perpetuerà la pratica della lottizzazione che da nove anni segna la gestione della sanità. Per questo il gruppo di Forza Italia voterà contro questo piano, proprio per marcare la propria piena dissociazione dalle scelte della Giunta regionale. Il gruppo di Forza Italia ha già proposto — e oggi lo ribadisco — lo scioglimento dell'azienda unica regionale, attraverso l'indizione di un referendum abrogativo. L'abbiamo già detto in conferenza stampa una settimana fa, il nostro servizio legislativo sta preparando l'atto deliberativo, attiveremo il meccanismo che è consentito, cioè il pronunciamento di venti Consigli regionali per proporre ai marchigiani un referendum che cancelli l'Asur e rimetta le cose a posto. Ma non ci limiteremo a questo perché — di questo state certi — il dibattito sulla sanità non si conclude oggi, anzi per Forza Italia comincia oggi. Così come abbiamo fatto a Cingoli l'altro giorno, andremo in tutte le città delle Marche, in tutte le sedi ospedaliere e sanitarie delle Marche a dire quale misfatto è stato fatto ai danni dei marchigiani.

PRESIDENTE. Sono iscritti a parlare dieci consiglieri. Direi quindi di decidere fin da ora che possiamo continuare la seduta fino alla conclusione, senza interruzioni.

(Così rimane stabilito)

Ha la parola il consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. Con la legge di riordino approvata dieci giorni fa e con il piano sanitario regionale che ci accingiamo ad approvare quest'oggi, diamo un nuovo assetto alla sanità regionale, un assetto in netta controtendenza rispetto alla politica sanitaria del Governo nazionale, perché con la riforma sanitaria che stiamo varando, nella nostra regione si conferma e si rafforza il carattere pubblico del servizio sanitario regionale basato sui principi di universalità, di equità e di solidarietà, a differenza di quanto sta avvenendo su scala nazionale, dove il Governo Berlusconi, da un lato, con il taglio delle risorse destinate al sistema del welfare e dall'altro con una imminente e strisciante revisione normativa che si ispira al modello assicurativo statunitense vuol privatizzare la salute e farne un terreno di lucro e di profitto.
L'obiettivo strategico di questo piano sanitario regionale è quello del riequilibrio e della riqualificazione dell'offerta e della spesa sanitaria, in modo tale da consentire una risposta il più possibile adeguata ed efficiente ai nuovi bisogni di salute che esprime la comunità marchigiana. Questo obiettivo strategico si declina essenzialmente e prioritariamente in tre punti.
Il primo riguarda l'aumento delle risorse, delle strutture, degli strumenti per la politica di prevenzione e per la sanità territoriale. E' un fatto importante quanto è contenuto nel piano sanitario regionale in relazione alla finalizzazione di una quota della spesa sanitaria per il finanziamento della prevenzione e anche in relazione al consistente aumento quantitativo di carattere finanziario, pari a 60 milioni di euro nel triennio per questo tipo di interventi. Il secondo punto riguarda il potenziamento della sanità residenziale extraospedaliera, articolata su tre livelli funzionali: la lungodegenza, la riabilitazione e le Rsa per anziani, per disabili e per malati cronici. Qui noi, fino ad oggi riscontriamo un grave deficit nell'offerta sanitaria della nostra regione, un deficit che con questo piano sanitario regionale ci avviamo a colmare, in modo da modernizzare il sistema dell'offerta sanitaria rendendolo adeguato ai bisogni nuovi che l'andamento demografico della popolazione marchigiana impongono.
Il terzo elemento importante di questa riqualificazione dell'offerta sanitaria riguarda una questione che è anche di metodo e non solo di merito e di contenuto, cioè la stretta integrazione che si vuole immettere, ancora più profondamente di quanto fino ad oggi non sia stato, tra la rete dei servizi sanitari e la rete dei servizi sociali. Naturalmente questi obiettivi strategici impongono, per essere realizzati, che si affronti il problema della ristrutturazione della rete ospedaliera. Quindi non è stato soltanto il vincolo, pure esistente, di carattere nazionale, relativo alla riduzione dei posti letto, fino alla cifra del 4 per mille rispetto alla popolazione, ma anche una esigenza interna al nostro sistema, che ci ha imposto di mettere mano alla rete ospedaliera. Questa ristrutturazione è avvenuta, sulla base del piano, in relazione a fondamentalmente tre criteri. Il primo, quello riguardante l'appropriatezza delle prestazioni. E' un criterio essenziale, non soltanto perché un sistema di prestazioni ospedaliere utilizzato in modo più appropriato garantisce un consistente risparmio di risorse che possono essere investite per altre strutture di offerta sanitaria, ma anche perché l'appropriatezza delle prestazioni ospedaliere aumenta anche la qualità del percorso di cura per il cittadino e per l'utente del servizio sanitario regionale. Il secondo criterio è stato quello dell'effettivo utilizzo dei posti letto, perché una proliferazione quantitativa di posti letto, non sempre utilizzati nel pieno di una logica di efficienza comporta uno spreco di risorse umane, professionali, finanziarie ed anche una complessiva incrinatura nella efficiente logica gestionale del sistema. Il terzo criterio è stato quello della riduzione della mobilità passiva, che pesa così fortemente nella nostra regione, che sottrae risorse al sistema sanitario che, se ridotta, potrebbero utilmente essere utilizzate per perseguire gli obiettivi strategici che dicevo.
Sulla base di questi criteri il sistema ospedaliero risulta articolato su tre differenti livelli: le aziende ospedaliere, le alte specialità, gli ospedali di rete, i poli ospedalieri. Il criterio programmatorio e gestionale dovrà essere quello di una forte integrazione sistemica di questi tre livelli ospedalieri, attraverso la differenziazione delle funzioni. Il potenziamento delle alte specialità avviene non soltanto consolidando il polo di eccellenza anconetano ma anche avviando una tendenza verso l'attivazione di nuove funzioni di eccellenza in altri territori della nostra regione, con particolare attenzione a quelli di confine.
La struttura centrale della rete ospedaliera sono gli ospedali di rete. Il potenziamento strutturale, organizzativo e finanziario degli ospedali di rete è un requisito essenziale per rendere il nostro sistema sanitario adeguato alle esigenze. Gli ospedali di polo, che nella nostra regione sono così diffusi, a differenza di quanto non accada in altre regioni del nostro paese, risultano preservati nella loro funzione ospedaliera, attraverso la definizione di una loro precisa identità, complementare alla rete degli ospedali di zona.
La definizione di questo quadro programmatorio è soltanto il primo passo della riforma. Altrettanto decisiva sarà la fase della sua concreta attuazione. Da questo punto di vista noi chiediamo alla Giunta regionale coerenza e determinazione nell'applicazione dei principi di questa riforma, coerenza e determinazione anche maggiori rispetto a quanto fino ad oggi si è manifestato.
Voglio ora svolgere alcune considerazioni politiche finali, perché non c'è dubbio che con la legge di riorganizzazione e con il piano sanitario regionale questa maggioranza ha superato una prova difficile e decisiva, forse la prova più impegnativa di questa legislatura. L'opposizione di centro-destra ha confermato la propria inconsistenza sul piano di una proposta complessiva per un governo diverso nella Regione Marche rispetto a quello che esiste dal 1995. Si è limitata ad un atteggiamento demagogico, populistico, cavalcando, al di fuori di qualsiasi disegno strategico di governo, tutte le spinte e controspinte, tra loro contraddittorie, che dal territorio e dalle lobbies di interessi che agiscono nella sanità pervenivano.
Il superamento di questa prova difficile, sicuramente è un fatto positivo per questa maggioranza regionale. Ora entriamo in una lunga fase elettorale che si chiuderà nel 2006 con le elezioni politiche nazionali e che vedrà l'anno prossimo una tornata di elezioni amministrative che coinvolgerà molte realtà della nostra regione e poi, nel 2005 il rinnovo del Consiglio regionale. Le recenti elezioni amministrative, nelle Marche e in Italia, hanno dimostrato che nelle Marche è possibile confermare una diffusa rete di amministrazioni locali progressiste e in Italia, a livello nazionale è possibile battere e sconfiggere il Governo di centro-destra guidato da Berlusconi. Ma hanno altresì dimostrato che a questo fine il centro-sinistra da solo non è autosufficiente; è necessario il rapporto con la sinistra di alternativa e in modo particolare con il partito della Rifondazione comunista. Credo che anche il percorso in Consiglio regionale, nella società marchigiana, della riforma sanitaria, ha dimostrato, al di là dei numeri e delle presenze in questo Consiglio regionale, che il rapporto tra il centro-sinistra e Rifondazione comunista è una necessità inderogabile. Questo rapporto non può percorrere più, a livello nazionale ma anche a livello locale, strade percorse in passato. Noi crediamo che sia necessaria a questo punto, in questa fase politica, in vista delle scadenze amministrative del 2004, delle regionali del 2005 e successivamente delle politiche del 2006, l'apertura di un confronto programmatico a tutti i livelli, tra tutte le forze del centro-sinistra e Rifondazione comunista, che non sia però limitato soltanto alle forze politiche ma che coinvolga anche le forze di movimento.
In questo senso noi riteniamo essenziale, nelle Marche, che si recuperi un rapporto di confronto, di dialogo e di costruzione come di un programma alternativo con la maggiore organizzazione sindacale di questo paese, la Cgil.
La Giunta regionale, le forze politiche di maggioranza dovranno operare e agire in modo tale che le incomprensioni, le fratture, le polemiche che hanno contrassegnato il rapporto tra questa organizzazione di massa a e il governo regionale possano essere superate.
Abbiamo appreso dalla stampa nei giorni scorsi che una forza politica della maggioranza, i Verdi, per altre ragioni che discuteremo nel Consiglio di mercoledì prossimo, hanno annunciato di uscire dalla maggioranza. Si tratta di un atto politicamente rilevante, perché l'uscita dalla maggioranza in una Regione ha un rilievo di carattere nazionale. Non siamo di fronte semplicemente a un atto relativo a un piccolo ente locale, le Regioni governate dal centro-sinistra, purtroppo, non sono così tante. Questo atto dimostra che il centro-sinistra e l'Ulivo non sono più, se mai lo sono stati, un soggetto politico unitario, per quanto plurale. In questo senso, questa decisione dal punto di vista della dinamica e delle prospettiva politica contiene un elemento interessante, tuttavia è chiaro che l'atto compiuto assume un rilievo politico generale.
Noi riteniamo che occorra aprire subito, tra le forze del centro-sinistra e Rifondazione comunista, nella nostra regione, una verifica politica complessiva che non sia limitata soltanto all'ente Regione ma che coinvolga l'insieme delle situazioni a livello regionale, in vista delle future scadenze elettorali che si concuderanno con le elezioni politiche del 2006, per comprendere come, a livello regionale e locale, intendiamo tutti contribuire, anche sul terreno delle amministrazioni regionale e locali, all'avvio di un percorso unitario delle attuali opposizioni al Governo Berlusconi, per determinare momenti comuni di lotta e di costruzione dell'alternativa programmatica. In questo senso occorre inquadrare anche la decisione assunta da una forza politica di maggioranza che noi riteniamo importante e indispensabile per contribuire alla costruzione di una reale alternativa alle politiche del Governo nazionale. Soltanto all'interno di questo quadro più complessivo, che fuoriesce dalla pura e semplice attività amministrativa di carattere regionale, si potrà consolidare questa esperienza di governo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. E' evidente — noi abbiamo particolarmente insistito perché il dibattito sulla sanità si chiudesse questa mattina, non alle due di notte — che non si tratta di un semplice dichiarazione di voto ma di una valutazione complessiva sul quadro dell'organizzazione sanitaria nelle Marche e sul quadro, politico, sullo scenario di questo Consiglio regionale. La sanità è il macigno sopra la politica della Regione, nel senso che rappresenta, come tutti sanno, l'82% del bilancio, che diventa l'88% se ci mettiamo il 6% dei mutui pregressi sui debiti sulla sanità. A mio parere, come percezione è il 70% dell'impatto della politica regionale sull'opinione pubblica. L'artigianato, l'ambiente ecc., se va bene sono il 30%, la gente percepisce la Regione, per più del 70%, come politica sanitaria.
Quali sono state le scelte su due atti? Per quanto riguarda l'atto sul riordino delle Asl la risposta è stata l'accentramento: siamo passati da 13 aziende sanitarie a una Asl unica, con, per due anni, le zone che sono un ibrido giuridico. Per quanto riguarda le aziende ospedaliere, da 4 a 2, Ancona e Pesaro. Questa è stata la scelta, accentrare. Invece, per quanto riguarda il piano sanitario la politica è stata esattamente la stessa, accentramento. E' stato un passaggio progressivo di smantellamento delle strutture minori che va avanti da anni e adesso lo smantellamento passa agli ospedali di rete, cioè si cerca di ridurre al massimo le specialistiche. Le specialistiche, da reparti, posti letto ecc., diventano in molti casi semplicemente ambulatori e sostanzialmente l'unica politica è stata sulla compressione del sistema; compressione del sistema amministrativo, compressione del sistema sanitario.
A nostro parere, per comprimere sostanzialmente i costi, che è un problema di politica finanziaria, non di politica sanitaria, è uno degli indirizzi ma non può essere l'indirizzo.
Una delle polemiche che la sinistra ci fa sempre come Casa delle libertà è che la colpa è di Berlusconi: qualsiasi cosa succeda la colpa è di Berlusconi. Berlusconi non ha inventato niente, ha proseguito dal punto di vista finanziario sulla politica precedente che è stata prima di Prodi, poi di D'Alema e quindi di Amato, di cercare di contenere l'impatto sulla finanza nazionale, sulla finanza dello stato della sanità, dando un po' di più, perché in funzione della politica dei Governi di centro-sinistra nella Conferenza Stato-Regioni è arrivato a un accordo che aumentava un pochino, quindi se dovessi fare una critica dal mio punto di vista, Berlusconi è stato il continuatore della politica del centro-sinistra. Però, siccome esiste un problema di riformismo, vediamo i due effetti della politica di centro-sinistra pura e la possibile alternativa riformista.
L'effetto della politica di centro-sinistra pura è che si accentrano le strutture sanitarie, si accentrano le strutture amministrative, sostanzialmente il pubblico si ritira per mantenere l'universalità delle prestazioni. Di fatto l'accentramento comporta l'aumento delle liste di attesa e chi si ritira è la gente, perché chi può, di fronte a una struttura pubblica che non ci riesce, va dal privato e ci va direttamente, chi non può aspetta e qualche volta, aspettando, perde la vita. Qual è una delle mie attività più grosse, nel mio tempo disponibile, per la politica? Per colpa di una serie di circostanze occasionali che non dipendono da nessuno, io passo una parte del mio tempo a telefonare ai medici, alle strutture pubbliche per chiedere, per persone che sono in situazioni critiche, di riceverle da parte di medici del servizio pubblico, che ovviamente, di fronte a un collega medico, consigliere regionale, che poi, magari, chissà, può arrabbiarsi, fanno la prestazione.
Questo è un sistema corretto? So benissimo che probabilmente c’è qualcuno che non ha urgenza, ma qualcuno che ha urgenza, quindi qualcosa che nel sistema non funziona c’è, non può essere solo la cattiveria dell'opposizione.
Qual è la ricetta alternativa di Berlusconi? Berlusconi dice “io voglio riassestare il sistema”, poi ci sono varie sensibilità, qualcuno è più liberista, qualcuno, come noi, è più sociale, ha più il senso dello Stato in un momento di federalismo, per cui qualcuno lo critica. Il privato che lavora per il pubblico, questo è il concetto che sta cercando di far passare con molte difficoltà il nuovo Governo. Siccome si è visto che alcune prestazioni il privato convenzionato, cioè il privato a cui il pubblico paga, ma di meno, anzi gli tira il collo all’impossibile — la conflittualità tra case di cura private, laboratori privati e la Regione sta nel fatto che la Regione cerca di tirare il collo al privato più che può — però molte prestazioni, anche di qualità vengono fatte con costi molto minori, quindi vediamo quanta parte si può dare in convenzione ai privati per risparmiare, contenendo la spesa complessiva del sistema e quanto invece deve necessariamente rimanere totalmente nel pubblico. Questo significa essere riformisti e da questa parte prima o poi ci andiamo.
Qual è la diversità? O ci si va con le cooperative, che è un’ipotesi. La sinistra dovrà dire: “siccome non ce la facciamo, invece di puntare sul privato punteremo su una cooperazione che metterà in atto dei meccanismi di gestione che sono una cosa un po’ diversa dal privato, sono privato sociale”, oppure dirà “c’è chi nel privato si organizza così bene che dà le prestazioni”. Di qui non si sfugge.
L’altra parte è il problema politico. Investe tutti i rapporti tra le forze politiche, quindi i rapporti dialettici all’interno della minoranza, i rapporti dialettici all’interno della maggioranza e questi sono stati tanti.
Cos’ha fattola maggioranza? La Cecchini è un caso personale? Però la Cecchini è passata all’opposizione. I Verdi sono una situazione particolare? Però i verdi, prima fortemente scontenti — l’hanno detto a chiarissime lettere — sono passati all’opposizione. Leggevo oggi un documento non dei consiglieri regionali, del vertice politico regionale del movimento dei Verdi che conferma il passaggio all’opposizione. Circa i Comunisti italiani, Montanelli diceva “io faccio le cose turandomi il naso”. I Comunisti italiani hanno detto esattamente questo: “qui puzza, mi turo il naso ma votiamo”, perché loro hanno un senso staliniano — posso dirlo, perché per voi è un complimento — della fedeltà nei confronti della maggioranza politica di cui fanno parte. Allora cominciamo a essere 25-1=24, poi 24-2=22, poi 22=2 che ci stanno con il naso turato...
Se si tratta di far cadere questa Giunta e bisogna allearsi con Belzebù — lo dico a Brini — io mi alleo con Belzebù. Non dico che ci sto bene, però ci provo. Se si è sfasciato il quadro politico ci provo. E allora, se voto insieme alla Amati e ad Avenali per salvare il Salesi a me sta bene, non ho alcun problema a votare insieme a due consiglieri dei Ds che evidentemente sono anche loro fortemente critici...

OTTAVIO BRINI. Ma sul dunque si ricompattano.

CARLO CICCIOLI. Credo che la politica sia anche un fatto di confronto sui problemi. L’altro giorno ho guardato su Ansa se c’era una manifestazione di Cgil e Cisl nelle Marche venerdì, quando c’è stato lo sciopero generale sulla sanità. Se ci fosse stata una manifestazione io ci sarei andato, invece purtroppo non l’ho trovato, quindi nessuno mi ha dato la “dritta”. Non ho problema. L’importante è non prendere gli ordini da Silenzi, da D’Ambrosio, da Melappioni. Questa è una cosa che l’opposizione non deve fare. Siccome mi sento tranquillissimo e non prendo ordini da nessuno della maggioranza, anzi quando posso cerco di portare via qualcosa alla maggioranza, quando posso, allora credo che...

OTTAVIO BRINI. Non occasionalmente, Ufficio di presidenza ed altro.

CARLO CICCIOLI. Dedico al consigliere Brini ma a tutta l'Assemblea la lettura di un libro di Alain De Benoi, un intellettuale filosofo francese, bravo, profondo, che ha scritto un libero interessantissimo, intitolato "Il nemico principale". Lui dice che molto spesso le persone prendono come nemico principale quello che sta seduto vicino. De Benoi dice "questa è una scemenza politica". Il nemico principale non è quello che ti sta più vicino perché tu lo percepisci come uno che ce l'ha con te, ma quello che ti sta più lontano, che ha la più grande differenza politica con te. E' complesso capirlo, nessuno più di me, da psichiatra, può capire quanto è difficile, perché ci cado anch'io, delle volte. A volte, stupidamente, ogni tanto mi lascio condizionare da voci che mi vengono da dietro. Bisogna leggersi bene il libro di De Benoi che è fondamentale.
Il centro-destra, la Casa delle libertà può battere il centro-sinistra sulla qualità: o si fa un discorso forte di qualità e allora noi siamo vincenti, oppure mi dispiace dirlo, la sinistra scalcinata, con un personale politico appena decente batte il centro-destra. Secondo me, se il centro-destra saprà tirar fuori la qualità, potrà vincere, altrimenti, se si accontenta, se io mi accontento dicendo "quanto siamo bravi" non vado sopra, perdiamo. Per esempio, il referendum è uno strumento di battaglia che io condivido, però estremamente pericoloso, perché se lo fanno tutti, quindi anche la Cgil e la Cisl, la gente non va a votare e allora noi non raggiungiamo il quorum, quindi non può essere la furbata di uno solo, deve essere una larga mobilitazione che coinvolge i marchigiani che sono pronti. Mi hanno fermato tutti, medici, pazienti, persone, per chiedermi, per quindici giorni: "gliela fate a fermarli?". Io dicevo "ci proviamo". Il dato percepito dalla gente è che è stata fatta una cosa brutta, noi dobbiamo trasformarlo in dato politico di consenso per fare una cosa buona, di prospettiva.
Questa è una delle fasi più basse, sicuramente, della Giunta D'Ambrosio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. In questa lunga discussione sulla sanità noi Verdi siamo stati una delle voci critiche, in particolare sulla legge di organizzazione, dove siamo giunti a manifestare una differenza sulla valutazione dell'atto di organizzazione, in particolare sulla nascita dell'Asur e sul percorso che è stato avviato. Un modello su cui improvvisamente, dopo una breve pausa la maggioranza ha ripiegato, dopo una difficoltà di ripercorrere un'altra soluzione che ci trovava fin dall'inizio perfettamente convinti e concordi anche con le impostazioni che l'assessore aveva manifestato, e non solo l'assessore. Un modello, questo dell'Asur, che parte senza una garanzia di dare dei risultati attesi, una sperimentazione, come hanno detto alcuni, ma certamente una sperimentazione rischiosa e non condivisibile, una sperimentazione che altrove, in forma non di azienda unica regionale ma di grande azienda che accorpa rilevanti strutture, ancora non ha dato risultati, anzi è bloccata l'esperienza di Bologna. Noi, su questo abbiamo marcato una forte differenza, perché vediamo il rischio di un fallimento di proposte che pure fanno leva su principi sani e su una contrapposizione, quella del centro-destra che preoccupa noi, preoccupa sicuramente il nostro elettorato, ma credo preoccupi lo stesso elettorato di centro-destra, il modello di una sanità privatizzata, sempre più affidata alle assicurazioni, sempre più affidata a soggetti privati che investono dove l'offerta dei servizi può dare un introito e non dove l'offerta dei servizi risponde a una necessità sociale. Lo vediamo anche nel campo della farmaceutica e della medicina, dove alcuni prodotti non vengono ricercati perché non c'è mercato, non perché non ci siano cittadini, persone, uomini bisognosi di cure. Questo avviene all'interno di paesi ricchi ma avviene anche tra paesi ricchi e paesi poveri, dove addirittura farmaci disponibili nei paesi ricchi non vengono resi disponibili nei paesi poveri se non si è disposti a pagare le stesse cifre che soggetti pubblici e privati pagano per quel tipo di assistenza di carattere farmaceutico.
Noi siamo per una forte difesa della sanità pubblica e temiamo che scelte come quelle della nostra Regione possano assestare un colpo non solo a quel modello di organizzazione ma al principio del mantenimento saldo della sanità nella mano pubblica.
In questo Consiglio esprimiamo una posizione minoritaria, evidentemente. Ci dispiace che questa posizione minoritaria concorrano a farla non soltanto i consiglieri del centro-destra ma anche colleghi del centro-sinistra che si sono spinti verso questa strada della sperimentazione. Noi riteniamo che non si possa far correre questo rischio a cittadini che non vogliono lasciarsi confondere dalle lusinghe della sanità privata e questi cittadini sono, a mio avviso, gran parte dell'elettorato del centro-destra, un elettorato che il centro-destra non merita, alla luce delle posizioni che hanno assunto il ministro, il Governo, alla luce delle proposte di ritorno verso le mutue, alla luce del tentativo di deviare una parte della spesa pubblica verso soggetti privati che non sono certamente in grado di offrire quel servizio che oggi la struttura pubblica offre, pur con tutti i suoi limiti, con le inefficienze che comunque devono e possono essere recuperate.
Noi Verdi abbiamo dato un contributo che ritengo fattivo e responsabile, negli ultimi due anni in particolare in cui si è sviluppato questo dibattito sulla sanità e credo che abbiamo svolto anche un ruolo di cerniera con le organizzazioni sindacali, nella assoluta consapevolezza che un governo, una maggioranza di centro-sinistra non possa permettersi, per sua stessa natura, di portare avanti una riforma di enorme valenza come quella sulla sanità in forte contrapposizione con le due più importanti organizzazioni sindacali, la Cgil e la Cisl. Non a caso il collega Ricci nel suo intervento ha esplicitamente detto al centro-sinistra che va perseguito, come politica prioritaria, il riallaccio di rapporti seri, costruttivi, responsabili, anche se sinceramente debbo dire che noi abbiamo appena lanciato un macigno — forse noi Verdi un po' meno di altri — e non è facile, dopo continue dichiarazioni di buona volontà, riaprire un dialogo, ricostruire dei rapporti che non vadano oltre la formale partecipazione, un impegno circoscritto a quello che comunque è necessario fare. Quindi credo che si debba profondamente riflettere.
La nostra indisponibilità manifestata a vari livelli, in vario modo ad avallare l'Asur è il frutto di una discussione sviluppata all'interno della nostra organizzazione politica, una discussione lunga, una discussione che in questo periodo si è sovrapposta anche alla decisione, da parte della maggioranza, di andare a riconfermare un rinnovo della concessione della raffineria Api di Falconara che non ci trova concordi nei tempi, non ci trova concordi nei modi e ci ha spinto, in un momento come questo, a un passo molto serio e impegnativo, che è proprio quello di dire che si è passata la misura, che probabilmente non basta più invitare la maggioranza a riflettere, cosa che abbiamo fatto in questi anni, bisogna mettere il centro-sinistra di fronte a una condizione diversa da quella che abbiamo vissuto fino a questo momento, quella di non poter dare per scontata la partecipazione di tutte le forze politiche che hanno stretto l'accordo, con queste modalità, poco permeabili a delle sollecitazioni che invece dovrebbero condizionarci, in senso buono.
Da qui è scaturita la decisione di dichiarare la nostra forza politica non più disponibile a partecipare alla maggioranza di questo governo regionale, anche se rivendichiamo e riteniamo importante, per noi e per le future azioni politiche che questo centro-sinistra andrà a sviluppare nella nostra regione, sentirci parte preoccupata, partecipe del centro-sinistra, indipendentemente dal giudizio che noi diamo sull'azione di governo, in particolare sulle ultime azioni di governo che sono state sviluppate all'interno della regione.
Ma della vicenda potremo parlare meglio nella prossima seduta del Consiglio regionale, con l'argomento scatenante, o la goccia che ha fatto traboccare il vaso, se mi è permesso questo paragone. Noi però abbiamo ovviamente assunto un atteggiamento diverso, un atteggiamento di stimolo e che sicuramente non piacerà ai nostri colleghi di coalizione, ma è un'assunzione di responsabilità, un'accelerazione. Noi riteniamo che questo passo fosse necessario, non soltanto e non solo sulla base di conti che riguardano la nostra parte politica ma sulla base di valutazioni che possono essere d'interesse per tutto il centro-sinistra. Serve una scossa. Vediamo una parte dei nostri cittadini, dei nostri elettori, che da quello che succede in quest'aula e dal modo in cui ci relazioniamo su una serie di problemi, anziché avvicinarsi al centro-sinistra in presenza di una destra molto aggressiva, che governa, che decide e che cambia le regole, anche regole importanti, anche regole fondamentali per la convivenza politica e sociale in questo nostro paese, non trova nella nostra azione di governo un modello da riproporre a livello nazionale. Troviamo delle difficoltà molto forti. La maggioranza, a nostro avviso, non era in grado, senza una scossa così forte di rimettere in discussione questo suo modo di operare. Speriamo che il nostro atto abbia comunque uno sbocco positivo, che non significa una finta, un'uscita e un rientro ma significa sollecitare una discussione seria e rimetterci in discussione, non puntando su quelle scorciatoie a cui abbiamo assistito continuamente in questi ultimi tempi, compresi non solo la legge di organizzazione ma anche questo piano sanitario in cui, nella fase della votazione degli emendamenti si sono scelte delle scorciatoie utili certamente a ricompattare qualche voto, qualche dissenso, ma certamente che smontano alcuni dei presupposti di questo piano. Non i presupposti della difesa della sanità pubblica, non gli elementi essenziali che differenziano l'analisi di questo piano dalle proposte che la minoranza ha fatto in quest'aula.
Noi temiamo che non ci siano, all'interno di questo piano, a seguito di questo approccio del governo regionale, decisioni conseguenti alle linee regionali che sono pur contenute in questo piano e che ne fanno un piano di grande valore.
Noi riteniamo che ci sia il rischio che le risorse necessarie per questa riconversione verso i bisogni nuovi della società marchigiana non siano reperite attraverso alcune scelte che nel piano sono contenute e mi farebbe piacere sapere dallo stesso assessore se condivide queste soluzioni che noi abbiamo in quest'aula elaborato e riaggiustato nel corso anche dell'ultima discussione, quando, a quella semplificazione della rete ospedaliera, in particolare di quegli ospedali che conservano divisioni, che non sono atti ad erogare servizi di qualità — la rete dei piccoli ospedali — o su tutta la struttura ospedaliera fondata sulla presenza dell'università di Ancona, i margini di riduzione, di riorganizzazione, di semplificazione sono sufficienti a recuperare le risorse che a noi servono per spostare la sanità dall'ospedale verso servizi più vicini al territorio e basati non sull'ospedale ma su altre forme, se con un bilancio che ormai per l'82% viene assorbito dalla sanità, è possibile ancora mercanteggiare, scendere a dei compromessi che, rispetto a delle indicazioni originarie che erano più rigorose, almeno a livello di principio, poi accettano che le chirurgie a cinque giorni diventino a sette giorni, che dove queste chirurgie non dovevano esserci continuino a rimanere, dove si poteva dare una indicazione più incisiva di semplificazione.
Mi sembra che ci sia una difficoltà anche all'interno di questo piano, che pure è molto valido dal punto di vista dei principi. Non ne parlo perché il tempo è tiranno, ma non vorrei che questo non parlarne fosse letto come un sorvolare o non aver preso coscienza e non condividere i contenuti estremamente positivi di questo pano, quando si individuano dei principi e quando si parla di territori e di servizi vicini ai cittadini. Dico però che anche su questo piano c'è l'ombra di decisioni assunte per assecondare in alcuni casi dei localismi, in altri casi delle esigenze di voto e credo che questo non sia un buon servizio.
Anche questo è un altro elemento di preoccupazione che non avevamo qualche settimana fa, ma che invece è subentrato nel frattempo.
Non vogliamo criminalizzare chi ha fatto la cosiddetta difesa dei piccoli ospedali, ma non pensiamo neanche che se vogliamo effettivamente mantenere tutte le promesse che sono contenute in questo piano, si possa non essere rigorosi nella semplificazione delle strutture ospedaliere e, negli impegni di spesa che comunque continuiamo a conservare, nel rapporto con l'università di Torrette.
Detto ciò, anche alla luce delle posizioni assunte nei riguardi della maggioranza, i Verdi non condividono l'intera impostazione del piano, anche se condividiamo l'impianto e riteniamo che anche su questo piano debba essere dato da parte nostra un segnale. Non un segnale di contrarietà, non un segnale che lasci uno spazio alla destra, non un segnale che assecondi i tentativi di qualche collega della minoranza — faccio riferimento a Ciccioli — di cercare degli agganci, delle trasversalità che noi non perseguiremo mai in quest'aula. Cercheremo di far prevalere le idee, non certamente opportunismi o strategie politiche per cui si vota anche quello che non si condivide, pur di mettere in difficoltà qualcuno o si sorvola su questioni di contenuto sulla base di strategie politiche, ma proprio per questo motivo, dato che sulla partita della sanità l'intera maggioranza di centro-sinistra ha percorso una strada sulla quale saranno i fatti, i mesi prossimi a dimostrare chi aveva ragione e chi aveva torto, mi sento di preannunciare un voto di astensione su questo piano, al quale abbiamo dato il nostro contributo anche di condivisione, quale segnale anche di una necessità che la verifica sia fatta non soltanto in relazione alle esigenze di carattere elettorale, ma anche con una stretta connessione al merito delle questioni, sulle quali è oggettivo che la maggioranza di centro-sinistra ha aperto un solco nella nostra regione, non tanto e non soltanto con alcune sue componenti ma anche con cittadini, anche con persone con le quali non è stata trovata una modalità di confronto e di concertazione tale da poterci permettere di andare a queste riforme con una maggiore serenità, incalzati certamente da un centro-destra che non condivide le impostazioni di fondo, ma noi siamo stati incalzati, spesso non soltanto per questioni di campanile o di difesa di posizioni di potere, ma anche su principi generali, su questioni generali, da soggetti che invece avrebbero più opportunamente meglio sostenere questa riforma.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Dalla tendenza degli interventi finora è emerso che si prende l'occasione di questo dibattito per fare riflessioni politiche di metà legislatura. E' una fortuna che direttamente non ci ascoltino i cittadini, non perché è uno scandalo parlare di strategie politiche e fare un bilancio di metà legislatura o poco più, ma perché le conclusioni da trarre dovevano essere più vicine al contenuto del lungo dibattito che c'è stato in questi giorni.
Anch'io non riuscirò a fare un intervento stretto sulla vicenda amministrativa e programmatica della sanità, faccio solo alcuni accenni per poi arrivare anch'io a una conclusione politica.
Sul piano della sanità credo che occorrerà rispondere a una domanda, oppure aiutare il cittadino ad avere qualche convincimento e qualche risposta.
La prima domanda che mi pongo da solo e che so i cittadini condivido, è questa: quanto e cosa ha fatto il sindaco Sturani nella protesta, nella critica per le vicende Salesi e Lancisi? E cosa dovrebbe fare il sindaco di Penna San Giovanni a cui, dal primo luglio, è stata tolta la guardia medica? Era l'unica cosa che c'era. Da Penna San Giovanni per arrivare all'ospedale più vicino ci vogliono 40 minuti. E' su questo che i cittadini si interrogheranno. Noi abbiamo parlato molto bene e tra noi ci siamo divisi, sull'eccellenza e sull'abbondanza della sanità, ma resta il dubbio in tanti cittadini di quali sicurezze avranno nei prossimi giorni. Il piano è sicuramente in buona fede, sicuramente ha tenuto conto di parametri, istanze, qualità, eccellenze, standards organizzativi, strategici, aziendali, pubblici, privati... Anzi, dico solamente pubblici, perché se noi parliamo di privato siamo subito tacciati in un certo modo, il pubblico, come ha detto Ricci, sarebbe solo prerogativa della sinistra.
Certo che il piano prevede tutto, però l'assessore converrà che è un piano che non scrive nulla di preciso se non pochissime linee e che lascia le mani libere al direttore generale, all'agenzia, all'assessorato. E' una cosa anche normale, ma bastava scriverlo. Quello che ci preoccupa è che ad assicurazioni che ci sono sulla carta a livello ideologico, secondo me non segue nulla di preciso e soprattutto mi riferisco agli ospedali di polo. Oggi potremmo dire che in alcune zone, come per alcuni ospedali di polo, potremmo essere soddisfatti, ma l'incertezza per il futuro è notevole. In poche parole, oggi si vanno a sancire sicurezze. Spiace che quando interviene il collega Procaccini, che lo fa sempre con tono molto basso, spesso non c'è molta attenzione, perché il suo cliché di intervento fonico è quello, però ha detto delle cose molto profonde: ha detto che oggi alcuni interventi, soprattutto quelli che si ritengono politicamente più qualificati o che sono stati propagandati come più qualificati, sono legati all'azione di alcuni personaggi di questa maggioranza, quindi quando sarà finito il Consiglio ci potremo divertire, al bar, a stilare il "borsino" di chi scende e chi sale, una moda tanto in voga in questo momento. A quei personaggi sono legati zone e ospedali di polo.
Il cittadino vede tutto questo, sa che da lunedì in qualche pronto soccorso gli diranno che non ci sono né ago né filo, perché questo sta avvenendo in questi giorni, non c'è bisogno di andarlo a dire alla Corte dei conti né alla procura della Repubblica però è così, e guarda caso in moltissimi punti di soccorso dell'entroterra è così. Si tratta di vedere se attraverso questo piano noi abbiamo dato le risposte.
Non è questo un intervento polemico ma un intervento che vuol essere costruttivo, per cercare tutti insieme di trovare le certezze che servono per il futuro, in termini di sicurezza sanitaria.
Vorrei parlare un momento del dott. Zuccatelli. Io ho indirizzato al dott. Zuccatelli, da quando è stato nominato, da quando ha cercato di introdurre — qualcuno dice subdolamente, ma secondo me l'ha fatto alla luce del sole, quindi anche qui sono abbastanza buono — la Asur, diverse interrogazioni, alcune, lo ammetto, abbastanza acide, abbastanza cattive, per chiedere chiarimenti su alcuni aspetti della sua gestione. Però oggi va detto che voi avete chiamato un tecnico per scrivere un modello, per suggerire un modello strategico aziendale, a questo tecnico la parte politica ha richiesto di rinnegare molto, quasi tutto del suo modello strategico per ridisegnare in fretta e furia un altro modello. Io che sono stato abbastanza cattivo con Zuccatelli, oggi sono dalla parte del tecnico. A questo tecnico che voi avete chiamato da oltre frontiera, avete chiesto più volte di riscrivere tutto e naturalmente è una violenza che si fa alla professione del tecnico. Poi non metto bocca sugli orientamenti politici che si attribuiscono al dott. Zuccatelli, quindi se abbia gradito o meno questo pressing da parte della maggioranza, non mi interessa. Dico solo che ci troviamo di fronte a una situazione molto anomala, dove si va ad implementare un modello organizzativo strategico che lascia tantissimi dubbi sul piano giuridico e dell'organizzazione, ma soprattutto l'incertezza che si incrementa è quella sui servizi sanitari, dell'entroterra e dei poli ospedalieri. Questo purtroppo c'è. Abbiamo parlato di eccellenza e di abbondanza della sanità e rispetto ai luoghi dove c'è abbondanza di sanità — mi auguro che continui a esserci — dobbiamo dare più certezze laddove non ci sono.
Su questo concludo con una riflessione politica. Tutti abbiamo sentito gli interventi, anche critici, ma abbiamo sentito anche interventi del passato, delle forze sociali che qui sono state spesso evocate e convocate, in qualche modo. Credo che con gli eccessivi localismi di cui parlava Procaccini — un'analisi che ho condiviso molto — e per quanto riguarda il Consiglio regionale, anche noi ci dobbiamo far carico, se siamo caduti in qualche eccesso di localismo, anche delle nostre convenienze. Parlo per tutti, quindi non è una predica che faccio all'altra parte. Però sia chiaro che qui si è evidenziata, a mio avviso, nel trascurato colloquio e scambio di opinioni con i sindaci, che per due terzi sono del centro-sinistra, la perdita di questo aggancio. Oggi, quello che emerge è che la forza di centro-sinistra che ha vinto nel 2000 non appare coesa nel rappresentare unilateralmente, in maniera equilibrata, le esigenze del territorio regionale. Uno che è abituato ad essere all'opposizione da tanti anni alle forze di sinistra e centro-sinistra come me, può dire che nel momento in cui erano governo uomini della sinistra che venivano veramente dalla scuola di Mosca — quindi pensate a quanta distanza ideologica ci fosse — quegli uomini rappresentavano in maniera molto più unitaria il territorio, in maniera molto più istituzionale di quanto non avvenga oggi, purtroppo, con un centro-sinistra abituato al potere — da questo virus sono affette tante forze nel nostro paese, poiché governano da troppo tempo — che probabilmente ha trascurato molti aspetti, molte istituzioni, molte esigenze, sacrificandoli ai supremi interessi di partito.
Questo è avvenuto e purtroppo per me è una delusione che vi rilancio in maniera costruttiva, ma che in qualche modo denota un certo invecchiamento nella gestione del potere anche in questa regione Marche, da parte di un classe dirigente che l'ha rappresentata autorevolmente e legittimamente per parecchio tempo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Colleghi, Presidente, voglio con questo intervento ribadire in toto un mio precedente intervento fatto relativamente alla discussione dell’emendamento 316 bis sugli ospedali di polo. In quell’intervento dicevo che ero rimasto deluso dalla scelta fatta dalla maggioranza in merito al riordino sanitario, dicevo che questo piano sanitario contiene alcuni aspetti discutibili che hanno fatto perdere gli obiettivi più ambiziosi e mi riferisco agli ospedali di polo che andavano inquadrati in un contesto della rete ospedaliera regionale, degli ospedali regionali, degli ospedali di rete, appunto di polo. Volevamo che questi ospedali assumessero la loro funzione più peculiare, che è quella di garantire ai cittadini un riferimento sanitario valido e sicuro e una qualità dei servizi sanitari, integrandosi, in base alla specializzazione, agli ospedali di rete i quali debbono essere potenziati anche nelle eccellenze.
Relativamente agli ospedali di polo in alcune situazioni, nella scelta erano emerse più esigenze politico-territoriali che una critica valutazione della situazione in funzione delle garanzie di assicurare la salute ai cittadini. Al di là di questa critica che ho fatto durante la discussione dell’emendamento 316 bis, ritengo che il piano sanitario sia da valutare positivamente.
Mi trovo oggi, purtroppo, in una situazione difficile, che è quella di decidere se far prevalere la mia credibilità o se andare dietro direttive del mio partito il quale, in un comunicato stampa che ho appena letto annunciava l’astensione del Verdi su questo piano sanitario. Io ritengo che in politica, come nella vita di ogni uomo, la credibilità e la coerenza rappresentino uno degli aspetti più importanti. Pur seguendo il mio partito nelle posizioni politiche assunte non posso cambiare la mia valutazione sul piano sanitario in funzione della collocazione politica dello stesso, perché o un piano sanitario fa acqua da tutte le parti e quindi si vota contro, oppure si dice che è positivo e si vota a favore, non si vota a seconda di come uno è collocato politicamente. Capirete bene che il mio atteggiamento, la mia linea-guida, quello che mi guida nella vita e in politica è stata sempre la ricerca — chi mi conosce lo sa, soprattutto coloro che hanno lavorato con me nelle Commissioni e i miei colleghi di maggioranza e di opposizione — della massima coerenza nelle valutazioni critiche.
Non ritengo un atteggiamento credibile dire, un giorno, che il piano è positivo nei suoi contenuti e quindi va votato e tre giorni dopo dire che non è buono e bisogna astenersi o votare contro. Non è nella mia indole, al di là di dove uno è collocato politicamente. Lo dico con molta sofferenza, ma ritengo che la mia credibilità, la credibilità di Pietro D’Angelo debba essere salvaguardata, al di là della posizione del partito di appartenenza. Io non faccio parte di quel gruppo nutrito di politici dalle mille facce, ne ho una sola. So assumere le mie responsabilità e difendere con tenacia e coerenza la mia credibilità.
Per questo prendo atto della valutazione del mio partito che dice che mi devo astenere su questo piano, ma contestualmente, in base a tutte le valutazioni che io ho fatto, in base alla salvaguardia della mia credibilità, non posso non confermare, al di là di quegli aspetti che ho già detto, che non condivido e che critico, una valutazione positiva di questo piano.
Per quanto riguarda preoccupazioni che sono emerse durante il dibattito sulla mia posizione in Consiglio, voglio rassicurare tutti, collega Brini: continuerò a essere quello che sono sempre stato, continuerò a seguire con attenzione le problematiche a me più care, quelle ambientali, con coerenza, ma è certo che, come dicevi tu, continuerò, oggi più che mai, a essere attento sugli atti che verranno discussi in questo Consiglio e nelle Commissioni.
Relativamente alla vicenda dell’Api devo dire, come ho detto all’interno dei Verdi, che la fuoriuscita dei Verdi dalla maggioranza relativamente a questa vicenda è una sconfitta politica di tutta questa maggioranza, Verdi compresi che non sono riusciti a far passare una posizione programmatica, ma è altrettanto una sconfitta politica di questa maggioranza che non è attenta alla pluralità delle voci delle varie componenti della stessa.
Giorni fa, durante la dichiarazione di voto sul riordino ho detto “voto questo atto esclusivamente per responsabilità politica, perché stare in una maggioranza significa responsabilità politica, ma stare in una maggioranza significa anche essere ascoltati”, questo era il messaggio che avevo mandato, un messaggio che speravo fosse raccolto. Bisogna essere ascoltati, perché la ricchezza di una coalizione sta proprio nella differenza delle varie componenti, nella loro storia, nei loro ideali, nei loro programmi. La ricchezza di una coalizione sta proprio lì. Ebbene, vi assicuro che mi è costato moltissimo questo intervento, ma, ripeto, la mia credibilità al primo posto, poi tutto il resto. Quindi, pur con le critiche fatte relativamente a degli interessi localistici che hanno prevalso, voterò a favore di questo piano sanitario. (Interruzione). Ho detto che seguo il mio partito, Giannotti, però la mia coerenza e la mia credibilità sono mie personali, non c’è nessun partito che può farmi perdere la credibilità.
Rassicurando tutti quanti, continuerò il mio lavoro di consigliere, cercando con più attenzione di prima di seguire le tematiche a me più care. Permettetemi di dire che se i rappresentanti politici, se tutti coloro che si impegnano per la collettività avessero un concetto, anche in minoranza, come quello del sottoscritto che si muove in funzione degli interessi della collettività e della propria credibilità, penso che tutta la collettività ne avrebbe un vantaggio. Purtroppo anche oggi abbiamo dovuto constatare che così non è.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. I presidente del gruppo di Rifondazione comunista Ricci ha detto una cosa scontata ma utile da ricordare, ovvero che questo atto è il più importante della legislatura, quindi i commenti che si devono riservare allo stesso sono comunque da ricollegarsi a un dato: che ciò che si esprime in quest'aula oggi in realtà è una cosa non secondaria, quindi i comportamenti politici non possono assumere un carattere personale, minimale o marginale. Oggi si realizza l'operazione, il provvedimento più qualificante della legislatura, anzi vorrei dire di più: in realtà questo provvedimento unito a quello del 1998 rappresentano i due pilastri dell'esperienza-D'Ambrosio nelle Marche. Quindi credo di non dire nulla di esagerato e di scontato nel momento in cui affermo che probabilmente la vicenda-D'Ambrosio sarà giudicata dai posteri in relazione a tutto questo. C'è stata la parentesi del terremoto, ma quello è affare occasionale ed eccezionale.
Mi dico allora quale può essere una sintetica considerazione di ciò che stiamo facendo.
I problemi, così come descritti nella parte narrativa del Psr appaiono quasi del tutto analoghi alle modalità con cui venivano descritti nel Psr del 1998. Sono quelli che ha enunciato e richiamato Ricci, sono quelli che rimangono sostanzialmente sul tappeto. Le soluzioni proposte, infatti, sono di due tipi. La prima è di natura puramente finanziaria e ha i caratteri e la strategia dell'operazione immobiliare, quindi a fronte delle ricche analisi delle diseconomie, delle problematiche finanziarie la scelta è quella, non altra: la gestione immobiliare. In secondo luogo c'è la scelta sui piccoli ospedali. Da questo punto di vista ritengo che la posizione dei Verdi non sia corretta, perché la manovra sui piccoli ospedali in realtà c'è stata, assume la forma dell'eutanasia e non della cancellazione che è costata al presidente della Giunta regionale della Puglia le contestazioni che lo hanno visto circondato, assediato nella sua macchina e quant'altro. La scelta c'è: rimproveriamo a questa maggioranza di averla camuffata. Così come rimproveriamo a questa maggioranza di non aver chiaramente, in maniera evidente, ufficiale manifestato quella volontà strategica di gestione del patrimonio immobiliare come scelte determinante, non secondaria, strategica e non tattica.
Sui piccoli ospedali voglio dire solo un'ultima cosa, perché è legittimo pensare di operare nei termini che sono descritti ed enunciati nel piano sanitario regionale, è una scelta politica. Non rispettiamo questa scelta per la parte che dissimula la volontà, ma ciò che è più grave è che la tesi secondo la quale il piccolo ospedale continua ad operare e ad esistere, si basa sul principio che in realtà, per quanto riguarda l'attività chirurgica, esiste una precisa codificazione di ciò che il piccolo ospedale, per quanto riguarda la chirurgia, entro certi parametri, può fare. In realtà la precisa codifica non esiste, non esiste una tipologia che in maniera esclusiva possa essere riannessa all'attività del piccolo polo ospedaliero. Lo dimostra il fatto che il secondo e il terzo punto delle proposizioni a condizione delle quali è consentito l'espletamento dell'attività piccolo-chirurgica, alludano proprio alla necessità che l'ospedale di rete non abbia la possibilità, l'organizzazione, la strutturazione sufficiente ad evadere di per sé quei piccoli interventi di media complessità che dovrebbero, secondo Ricci, rappresentare la tipizzazione chirurgica del piccolo ospedale. Ma su questo ci siamo intrattenuti.
Ciò che mi sembra più grave è che rimangano non affrontati, almeno in questa prima fase consiliare, i grandi nodi che pure nel tempo avevamo avuto modo di considerare unanimemente come gli aspetti draconiani di questa realtà sanitaria. Non è stato affrontato in maniera seria e precisa il problema del riequilibrio territoriale e ha ragione Massi quando dice che il riequilibrio territoriale non è solo quello delle alte specializzazioni. Si è intrattenuta su questo Cristina Cecchini portando l'ulteriore dato dell'accordo recente che consente ancor di più e ancora una volta di commentare quale sia la filosofia che ancora oggi ispira la maggioranza. C'è il problema dell'entroterra. Il problema del riequilibrio è un problema di entroterra anche per le ragioni che abbiamo detto spesse volte, orografiche, morfologiche, policentriche. Il problema è stato annunciato, evidenziato, non risolto, anzi la soluzione proposta sembra militare esattamente in senso contrario a quel principio che è un principio di uguaglianza, non di egualitarismo, dei cittadini marchigiani. Con certe scelte politiche andiamo ad affondare il bisturi su quelli che sono gli archetipi della convivenza democratica e gli archetipi della convivenza democratica parlano di uguaglianza. I cittadini dell'entroterra sono sicuramente meno uguali, da domani, rispetto agli altri concittadini. Sono meno uguali anche in materia di percezione. Questo è un fatto di insicurezza percepita che andrà ad aumentare il grado di estraniazione, il grado di percezione della propria debolezza, che si aggiunge a fenomeni sociali, antropologici, come l'invecchiamento della popolazione, come l'isolamento delle zone montane, come tante altre situazioni e circostanze che non ci consentono di poter dire che questo provvedimento porterà ad aumentare il grado di coesione sociale, letto anche in termini di sicurezza, dei cittadini marchigiani.
Non c'è una soluzione chiara sul problema della riabilitazione, e qui la Regione Marche doveva dare la propria indicazione, perché sappiamo il decreto sui Lea cosa esprime in materia di riabilitazione. Ci attendevamo che la Regione Marche dicesse con chiarezza se, con fondi autonomi o meno, la riabilitazione sarà pagata al cittadino marchigiano. Per lo meno avevamo il diritto, in questa sala, di sapere e di conoscere se nella strategia forte di questa Amministrazione che parla di welfare marchigiano universale, equo, solidale, di qualità, esiste o meno un passo che mi dicono essere già nei programmi di Regioni vicine che, superando la descrizione dei Lea nazionali, hanno portato la Regione Romagna a valutare questa cosa. Pensate che cosa potrebbe succedere se la riabilitazione fosse erogata gratuitamente in Emilia Romagna e non nelle Marche e se da qui dipendesse l'obbligo di remunerazione della prestazione di quei Lea se erogata in favore dei cittadini marchigiani trasmigrati. Problemi seri, problemi importanti, problemi degli sprechi.
Quando si parla di sprechi si è costretti a essere sistematicamente tacciati di qualunquismo, e allora parlare di spreco rappresenta un elemento ritenuto politicamente debole. Non è così, manca sicuramente un'analisi forte, magari anche impopolare rispetto alla stessa classe medica, su qui bacini di spreco che ancora, ahimé, allignano nella nostra sanità, e di diseconomie procurate. Nelle mie Asl stanno succedendo cose gravi, che probabilmente rispondono a strategia generale, assessore Melappioni, di dirigenti o comunque di operatori amministrativi che vengono pensionati a dicembre, per poi essere ripresi con consulenza a gennaio, con un aggravio doppio per il welfare italiano: un aggravio sul sistema previdenziale e che non allevia sicuramente il carico dell'esborso economico dal punto di vista amministrativo generale.
Assessore Melappioni, il 5 dicembre 1998, criticando l'impostazione del piano sanitario di quel tempo, lei disse due cose che io oggi confermo e sottoscrivo. Mancava allora, lei diceva, un progetto complessivo di programmazione economica della politica sanitaria. Questo lei diceva allora rispetto al "piano Masconi": mi chiedo se quel serio progetto complessivo di programmazione economica della politica sanitaria possa essere rinvenibile, ravvisabile in questo provvedimento. Non c'è, ci sono cifre messe a capitolo ma anche cadute sotto il peso della mediazione politica dell'Asur. Manca sicuramente e manca la seconda parte del suo discorso, quando, una volta tanto si rifletteva — e lei lo faceva anche con una certa dose di coraggio — sul problema della valutazione dei direttori generali. Dopo atto anni di gestione D'Ambrosio, dopo avere ravvisato e registrato le diseconomia economiche e i disavanzi che sappiamo, non diciamo una parola su come stata gestita la sanità dai direttori generali. Non c'è una parola di apprezzamento o disapprovazione, non c'è l'indice puntato su un eventuale eccesso di autocrazia che pure sappiamo essere affiorata in tante parte delle nostre Regioni, non c'è una parola nemmeno di analisi. E' venuto il momento, credo, di dare una valutazione che non deve essere solo estrinseca, singolare sull'operato di colui il quale, entro venti giorni, dovrà essere confermato o meno, ma esiste un problema sistemico delle direzioni generali che non è stato affatto approntato.
Quest'aula non sarà più la tessa di prima, dopo aver raccolto le dichiarazioni di Procaccini, della Cecchini prima. Non voglio fare l'avvoltoio, però c'è un fatto. Credo che il problema maggiore, il fatto politico più grave è che questo che rappresentava l'atto più importante della legislatura e probabilmente il secondo atto — insieme al Psr del 1998 — qualificante della figura politica di Vito D'Ambrosio, è stato interamente gestito in modo extraistituzionale e il fatto grave è che la mediazione politica è avvenuta fuori, è avvenuta spesso e volentieri con interlocutori che non siedono in questa aula, ma attraverso la necessità di raggiungere una cifra matematica che garantisse il passaggio di un atto che, in realtà, è stato pensato, ispirato, coordinato secondo una soluzione finale che è altra rispetto alla nostra volontà. Questo è il dato grave, questo dobbiamo recuperare. L'attenzione non poteva che essere massima, proprio perché questo è il corollario dell'importanza dell'atto, ma anche lo stesso partito di maggioranza relativa oggi vive una crisi gravissima e una dicotomia gravissima che ci interessa non per svolazzare sui problemi altrui — ognuno ha i propri, ci mancherebbe che volessimo farlo — ma perché finalmente venga fatta luce su una metodologia che era la stessa della manovra sulle tasse del dicembre 2001. Lo dicemmo già allora, lo ripetiamo oggi: il fatto grave è che vi sia il sospetto di una sorta di consiglio di amministrazione che regola le vicende di una Regione che vivrà anche dopo il 2006. La sensazione è che attraverso la finanza, attraverso l'eutanasia dei piccoli ospedali, in realtà si sia pensato di parametrare il tutto al 2006, o meglio alla festa successiva di chi non ci sarà, ma fatta la quale sarà gabbato sicuramente "lo santo", perché nel momento in cui si rinuncia alla strategia, si fanno passi indietro, si danno soluzioni pittoresche che valgano fino alla chiusura delle urne elettorali, nessuno di noi potrà dire cosa succederà della sanità che non è l'82% del bilancio della Regione, "è la Regione". Oggi la sanità è la Regione Marche, altro non è. Se su questo provvedimento si manifestano tante incertezze, tante manovre dilatorie e tanti problemi un motivo ci sarà e di questo non si rallegreranno sicuramente i marchigiani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Il nuovo piano sanitario a mio avviso introduce molte novità. Introduce anche una novità di atteggiamento di approccio culturale verso questo problema. Penso che ci sia un punto che è stato poco ripreso e poco sottolineato in tutti questi giorni di dibattito, sia sulla legge di riordino che sul piano sanitario regionale, cioè che questo piano, prima ancora di affrontare il problema della sanità e dell'organizzazione della sanità marchigiana, pone un'altra questione: quella di come dobbiamo muoverci nei prossimi mesi, nei prossimi anni, per tutelare meglio la salute dei cittadini marchigiani, che viene prima di come noi operiamo nella sanità, attraverso una politica a più ampio raggio che riguarda la qualità della vita in questa nostra regione, già di per sé abbastanza buona e alta, che riguarda la tutela dell'ambiente, la sicurezza e la tutela dei luoghi di lavoro e così via dicendo, introducendo anche un rapporto nuovo, diverso tra i diversi soggetti che sono interessati a questa politica. L'Amministrazione regionale non è solo la rappresentanza istituzionale intesa in senso più largo, quindi sindaci, presidenti delle Province, ma anche tutti quei soggetti che operano nella società, dalle associazioni di volontariato alle forze economiche e sociali. Credo intanto che ci sia questo elemento d novità che va ribadito e sottolineato maggiormente rispetto a quanto non sia stato fatto fino ad oggi.
Sul versante della sanità penso vi siano alcune idee-forza che voglio richiamare soltanto, perché già altri colleghi le hanno sottolineate. Intanto mi pare importante che ci si ponga in maniera seria e concreta l'integrazione socio-sanitaria, sia con il piano sia con la legge di riordino, per esempio anche attraverso l'introduzione della figura del responsabile dei servizio socio-sanitari e c'è molta attenzione e peso che si vuol dare ai servizi extraospedalieri, con l'aumento forte di risorse e in maniera anche vincolata, su alcuni servizi come la prevenzione, la salute mentale, l'assistenza domiciliare ed altro. Dall'altra parte puntare molto anche ad aumentare e qualificare le strutture e i servizi per le post-acuzie. Il raggiungimento di questi obiettivi e contemporaneamente anche la riduzione del deficit della sanità impongono una riorganizzazione e una razionalizzazione del sistema ospedaliero della nostra regione, che riguarda non solo la questione della riduzione dei posti letto, peraltro imposta a livello nazionale dal decreto del Governo Berlusconi. Ho sentito prima il presidente del gruppo di Forza Italia Giannotti dire "andremo in tutte le città delle Marche ove risiede una struttura ospedaliera e spiegheremo la posizione di Forza Italia". Mi auguro che in questi incontri che farete avrete anche l'onestà politica e intellettuale di dire non solo quello che pensate sulla riforma che il centro-sinistra ha fatto nelle Marche, ma direte anche ai cittadini di quelle città e di quei territori come la pensate voi, a livello nazionale, con il piano sanitario che avete fatto e che prefigura la chiusura di tutti i piccoli ospedali.

ROBERTO GIANNOTTI. Questo lo dici tu, non è vero...

FAUSTO FRANCESCHETTI. No, questo lo dice il piano sanitario nazionale che voi avete approntato, come ha detto il vostro ministro Sirchia ad Ancona. Direte anche qual è la vostra posizione sulla questione del numero delle aziende, sia sanitarie che ospedaliere, come Casa delle libertà, rispetto alle decine di emendamenti opposti fra loro che avete fatto, Forza Italia, An e le altre forze politiche del centro-destra. Spero che abbiate questa onestà politica ed intellettuale, quando parlerete a quei cittadini marchigiani. Noi abbiamo cominciato a farlo con le nostre iniziative.
Sul fronte della rete ospedaliera questo piano fa delle scelte importanti e anche coraggiose, intanto puntando molto sulla riorganizzazione degli ospedali di rete, anche con delle novità che abbiamo introdotto nella discussione in Commissione, elevando il numero di posti letto di quelle realtà territoriali che avevano un deficit nel rapporto posti letto-numero di abitanti, tra cui c'è anche Civitanova Marche, Brini, come ci sono Fermo, Fano e Senigallia. La chiusura di Villa Alba a Macerata e il potenziamento di Villa dei Pini a Civitanova non c'entrano niente. Ti devi informare meglio, Giannotti, sui lavori della Commissione. Come pure sono state introdotte novità riguardo le unità operative complesse, in modo particolare per alcune specializzazioni come quelle di otorino e oculistica.

OTTAVIO BRINI. Tu confondi il pubblico con il privato.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Non confondo niente, Brini; quando dico le cose sono quelle e questo è quanto è avvenuto in Commissione. Dovresti essere più attento al dibattito che c'è in sede di Commissione consiliare, Brini.
L'altra questione su cui interveniamo, in maniera precisa, dando criteri precisi nel piano sanitario è la definizione del ruolo degli ospedali di polo. Anche qui noi facciamo una scelta diversa da quella che proponete voi con il piano sanitario nazionale, una scelta che salvaguarda alcuni ospedali di polo nella nostra regione per le acuzie, con una forte integrazione con gli ospedali di rete, tramite il mantenimento della chirurgia programmata e l'utilizzazione delle altre strutture minori, che non utilizzeremo come supporto agli ospedali di rete, per affrontare questioni di cui oggi i cittadini della nostra regione hanno particolarmente bisogno e che riguardano la residenzialità, la lungodegenza, la riabilitazione e così via.
Voglio fare un'ultima considerazione di carattere più politico. Il giudizio che noi diamo, come gruppo regionale Ds nel merito del piano sanitario e riguardo alla legge di riordino è fortemente positivo. I Democratici di sinistra hanno dato un contributo importante nella elaborazione di questi due atti che giustamente sono stati da più parti definiti come atti fondamentali di questa legislatura e abbiamo fatto un lavoro positivo che rafforza la sanità pubblica e l'efficienza della sanità marchigiana, che già in questi anni ha fatto notevoli passi in avanti. Se pensiamo a quello che era l'emergenza sanitaria fino a due-tre anni fa e a quella che è oggi la risposta sull'emergenza sanitaria, ci accorgiamo che c'è una differenza abissale: è il giorno rispetto alla notte di prima. Sul piano più strettamente politico voglio ricordare che noi, oggi approviamo un piano sanitario che in altri momenti, quando non governava il centro-sinistra e governavano forze politiche che allora erano più vicine a te, Giannotti, c'erano ad Ancona le manifestazioni di massa contro la politica regionale sulla sanità. Questa è la differenza tra oggi ed allora, caro Giannotti. Così come ha ragione Viventi: al di là della divisione su qualche emendamento, il voto finale su questi due atti ha rappresentato una tenuta reale di questa maggioranza. Di questo voi dovete prendere politicamente atto, con un ruolo positivo che è stato esercitato anche da quelle forze, con una posizione costruttiva da parte di quelle forze politiche di maggioranza, come i Comunisti italiani che su questi due atti hanno dimostrato un grande senso di responsabilità e un grande contributo anche nella elaborazione del piano sanitario stesso. Di questo dobbiamo e dovete prendere atto.
C'è oggi indubbiamente un elemento nuovo nella discussione, in questa Regione, determinato dalla decisione assunta dai Verdi di uscire dalla maggioranza. E' questa una decisione seria, importante, che ovviamente comporta anche delle conseguenze sul piano politico. Credo che questa sia stata una decisione affrettata e non condivisibile, dal mio punto di vista, perché è una scelta che da una parte indebolisce politicamente un rapporto positivo e anche costruttivo che abbiamo intrapreso in questi anni come forze politiche, prima dell'Ulivo e poi, più in generale, del centro-sinistra. Ritengo che sia stata sbagliata anche per il modo come essa è avvenuta, perché se si voleva aprire un confronto nel merito dei problemi altre potevano essere le strade da seguire. Tuttavia ritengo che oggi, rispetto a questa posizione che è stata presa dal partito regionale dei Verdi occorre confrontarsi e credo che debba continuare un confronto con questa forza politica da parte di tutto il centro-sinistra per recuperare un rapporto costruttivo e di collaborazione, nell'interesse non solo dell'Amministrazione regionale che è sicuramente parte importante della nostra politica, ma nell'interesse anche di tutte quelle realtà locali, sia Comuni che Province, che ci vedono governare insieme.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Al termine di un lungo dibattito e di un lungo confronto non è facile sintetizzare in pochi minuti. Cercherò di farlo, anche perché i colleghi della Casa delle libertà hanno già espresso ampiamente il nostro pensiero su questo piano. Cercherò di dare però un taglio, al mio intervento, aggiuntivo rispetto all'impianto degli interventi che mi hanno preceduto, magari partendo dal privilegio di essere stato relatore di minoranza, sia in Commissione che in aula, di questo atto.
Sul piano sanitario si fece la scelta, in Commissione, di partire proprio da questo atto a discutere, prima dell'altro. Non fu una scelta casuale in Commissione. Fu dettata da due motivi, tutti e due politici. Uno all'interno della maggioranza, le vostre divisioni, un altro all'interno dell'opposizione, la nostra volontà di parlare prima dei bisogni e poi delle strutture che dovevano governare, gestire le risposte ai bisogni.
Queste due volontà si incontrarono, questi due percorsi che erano assolutamente mondi lontanissimi si incontrarono e abbiamo iniziato a discutere per giorni e alacremente sul piano sanitario. I due mondi si sono riallontanati nel momento in cui si è fatta la legge di riorganizzazione del servizio sanitario regionale, perché con tutta evidenza sono andate avanti le contraddizioni della maggioranza e con tutta evidenza si è allargata la frattura con l'opposizione, che parlava invece un'altra lingua, quella non del numero, ma quella del fatto che non era una risposta avere non solo anticipato la questione della organizzazione della gestione della sanità rispetto a tutto il resto, ma non rea una risposta neppure quella di avere azzerato in un gioco terribile di rialzi, quasi come si fosse al poker, tutte le aziende e riunificato tutto in una unica struttura che si chiamerà Asur. Questa era la nostra posizione, tutto quello che poteva venire fuori da un dibattito, da un confronto che partisse da quel dato, cioè di azzeramento dell'azienda sanitaria unica, poteva essere patrimonio di discussione, di confronto, di convergenza, eravamo disposti a fare ogni passo.
Ecco perché la lettura di quella che è stata la posizione della Casa delle libertà deve essere data in maniera corretta. Una posizione che ancora oggi ribadisco essere fortemente contraria ad avere anticipato la discussione dell'organizzazione e soprattutto contraria all'esito che ha avuto quella discussione, cioè l'Asur, a favore di una grossa riflessione, finalmente seria, su quelli che sono i nodi veri della sanità. E i nodi potevano essere letti attraverso questa lente, cioè il piano sanitario, perché qui ci doveva essere la discussione, su quello che significava riequilibrio, perché noi ci stiamo battendo da anni... Ricordo interrogazioni e interpellanze del 1998, 1999 anche della collega Cecchini sul riequilibrio, cioè sulla questione delle risorse e della destinazione delle stesse, che è squilibrata nella regione Marche. Si poteva leggere il riequilibrio in senso di posti letto, di strutture, di alta specialità, nel senso di risposte più puntuali a bisogni che, invece di accorciarsi, si allungano. Qui siamo in una situazione che, rispetto al passato, sta peggiorando certe risposte, non migliorando: liste di attesa, possibilità di diagnostiche puntuali. Sta peggiorando e non lo diciamo noi, o solo noi.
Tutto questo poteva essere patrimonio di riflessione attraverso il piano, perché il piano fornisce, nelle premesse, tutti gli elementi per approfondire, poiché ci sono interessantissime analisi sociali dei bisogni, delle fragilità e anche intressantissimi riferimenti a quella che è la situazione. Finalmente si fanno dei numeri: i posti letto per acuti, i tassi di spedalizzazione ecc. Poi, se qualcuno ha la volontà di andare oltre questi dati che sono limitati anche per la giusta prudenza politica — non si può scrivere tutto sul piano — basta chiederli e penso che gli uffici abbiano la possibilità, il modo di fornire ulteriori approfondimenti. Io non ho ancora ricevuto quelli relativi alla spedalizzazione di Ancona, quel 70% di utilizzo su Ancona di quei posti letto che dovrebbe invece avere inversa percentuale, però il sindacato continua a ripetere che in tante specialità c'è questa questione, cioè il 70% ospedali di Ancona e 30% funzione regionale vera e propria. L'assessore l'ultima volta — eravamo in sede di discussione degli ultimi emendamenti all'una di notte, non è riuscito a organizzarsi — mi ha detto che me li fornirà nei prossimi giorni, anche perché è sempre utile avere questi riferimenti, perché si potrebbe capire la situazione oggi e anche quello che è stato ed è lo squilibrio delle risorse finanziarie. Tant'è che la collega Cecchini ha tradotto in un emendamento questa riflessione che io sto cercando di fare, cioè scomputiamo i posti letto veri di valenza regionale, quelli che il vecchio piano definiva di fascia C e ricalcoliamo i posti letto sotto questo profilo. Lì ci poteva stare veramente un bel discorso di soddisfazione di Civitanova, Macerata, Pesaro, Ascoli ecc., oggi no, perché quei dati sono rimasti gli stessi, malgrado l'approfondimento ci avesse detto in maniera chiara che non erano posti letto di valenza regionale, almeno non tutti. Gli scambi che ci sono stati sono stati tra Villalba e Villa dei Pini.
Il quadro che ne viene fuori purtroppo è il seguente. Questo piano non tocca i nodi centrali, i nodi veri della sanità delle Marche, non toccherà i nodi finanziari, anzi alla luce di quello che è successo con l'Asur aggraverà questo quadro complessivo di squilibrio, pertanto non risponde né al riequilibrio sulle alte specialità, né al riequilibrio sulle "Marche di confine", né al riequilibrio sulla questione piccoli e medi rispetto ai grandi, perché ci devono essere, effettivamente, un mozzo e dei raggi: il mozzo è l'ospedale provinciale, gli ospedali di rete; gli altri sono i raggi che devono essere fatti funzionare. In realtà quelli sono, sotto il profilo della scelta, assolutamente sotto la mannaia della discrezionalità — l'ultima versione sui poli ospedalieri — perciò questa raggiera non c'è né sulle reti-polo, né sulle alte specialità reti-polo. Ecco allora che il disegno che viene fuori è di una ulteriore accentuazione di quelli che sono stati i mali della sanità marchigiana di questi ultimi anni, uno squilibrio fortissimo, non sanato da frasi ad effetto, come "sarà progressivamente attivata emodinamica" o "si tiene conto delle esperienze in eurochirurgia a Pesaro ed Ascoli". Sono frasi, come si dice in gergo forense, "di stile", che si mettono sempre in tutte le costituzioni o in tutti gli atti di citazione, che non possono nascondere la realtà: non avete dato una risposta nel senso del cambiamento, anzi siamo nella più bieca continuità fatta attraverso compromessi in basso, compromessi tutti politici, tutti interni alle vostre contraddizioni, che hanno escluso completamente quelli che dovevano essere gli interlocutori veri, cioè le Province che erano già state penalizzate, i territori penalizzati. Si toglie la guardia medica a Penna San Giovanni: si vuol fare così razionalizzazione e risparmio? Lascio a voi la risposta. Noi voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Come diceva il collega Pistarelli, è difficile fare una sintesi in pochi minuti, soprattutto di una serie di osservazioni. E' indubbio che comunque noi, quest'oggi completiamo un percorso di lunghi mesi di riflessione che il sistema Marche ha fatto sull'aspetto più importante, uno dei più importanti del proprio welfare, quello della sanità. Lo fa quest'oggi con un progetto che noi abbiamo intitolato "Un'alleanza per la salute". Non è un titolo senza motivo, non è un titolo che lasceremo abbandonato a se stesso ma è una promessa e un impegno nei confronti dei marchigiani, quei marchigiani che in molte forme e molto più di quello che si è detto, ci hanno dato un consenso su questo percorso. Siamo venuti in aula consiliare con la conferenza delle autonomie totalmente d'accordo, con il comitato economico e sociale fortemente d'accordo. Un percorso fatto dentro il territorio con i sindaci, che hanno sostanzialmente condiviso, al di là di una serie di distinguo, questo percorso, un percorso difficile, che ci consente di dare un'idea più forte alla nostra sanità e ci consente, nella sfida ormai reale fra le Regioni, di attrezzarci con un sistema sanitario competitivo e di dimensione tendenzialmente sui livelli più alti del nostro paese, anche con grande dignità rispetto alla dimensione europea. Questo con una risistemazione del sistema che è in sintonia fra il percorso di riordino e quello del piano sanitario. Credo che questo, oggi sia motivo di soddisfazione e ringrazio qui la maggioranza nelle sue articolazioni, comprendendo le specificità, le problematiche di ogni forza politica che hanno trovato comunque una sintesi dentro questo piano sanitario.
Ancora una volta abbiamo avuto l'opportunità di cerare veramente un modello marchigiano. Il percorso fatto in altre regioni non riesce a salvaguardare il percorso storico di piccoli ospedali, come siamo riusciti a fare noi con questa proposta di riorganizzazione. Teniamo insieme quello che sentivo dai banchi della minoranza sembrare quasi un pericolo: la sicurezza e la garanzia.
La collega Romagnoli prima diceva "questo è un tentativo di garantire di più?". Certo, vogliamo garantire i marchigiani, la prima cosa che ci preoccupa è la salute, quindi la qualità delle prestazioni che vogliamo fornire ai marchigiani. Questo, per un'evoluzione scientifica, tecnologica, per certi aspetti non è più possibile dentro i piccoli ospedali, ma non vuol dire che il ruolo basilare dei piccoli ospedali viene meno. Noi l'abbiamo modificato come programmazione, in certe realtà l'abbiamo già realizzato, quindi invito chi vuole a venire con me a vedere cosa significa riorganizzare un piccolo ospedale. Questo significa una programmazione che recupera un ruolo forte alla prevenzione, una delle tre gambe del tavolo. Inoltre, finalmente diamo dignità operativa al percorso della post-acuzie, della lungodegenza, della riabilitazione, della residenzialità per la non autosufficienza.
Come ricordava il collega Castelli, credo che questo sia in linea con una coerenza che lui fa risalire a un mio intervento del 1998. E' vero, credo di essere in coerenza con quella linea e proprio in coerenza con quella linea oggi siamo in grado di dichiarare che il controllo economico della spesa sanitaria in questa regione è di buon livello, cosa che non avveniva fino a pochi anni fa.
E' ovvio che questo piano sanitario dà molto spazio al territorio; starà alle nostre capacità attuare questo percorso, ma i piani comunitari per la salute non sono più un mero sì o no da parte del territorio, ma sono la possibilità del territorio stesso di esprimere la priorità dei propri bisogni in maniera chiara, netta, decisa e su quelli programmare, dentro risorse destinate, un proprio percorso.
Si è richiamato qui il concetto dell'accentramento. E' vero, c'è un accentramento dentro la sanità, è l'accentramento delle funzioni di supporto. Noi abbiamo ridotto la tensione sul concetto di aziendalizzazione che porta questo Governo nazionale a licenziare i direttori generali che non raggiungono il pareggio nei bilanci delle aziende. Abbiamo superato questo percorso, abbiamo creato un meccanismo per cui il controllo economico sulle funzioni di supporto è centrale e forte e abbiamo lasciato al territorio le sue singole scelte di individualità.
Vorrei qui rispondere subito a una questione che richiamava il collega Massi, quella della guardia medica. Il territorio ha scelto a maggioranza — non tutti i Comuni sono d'accordo — e ha preferito ridurre il numero delle guardie mediche, che comunque in questa regione rimane più alto della media nazionale. Questo a fronte di che cosa? Alla possibilità di attivare un servizio di guardia 118, molto più importante rispetto alla drammaticità della perdita della vita. E' ovvio che questo lo facciamo dentro le compatibilità economiche che ci vengono messe a disposizione. Voi avete declarato con forza, ma senza approfondire, secondo me, il fatto che il Governo Berlusconi ha aumentato le risorse a favore della sanità: questa è la stessa storiella per cui il Governo Berlusconi riduce la pressione fiscale, però ai cittadini escono più soldi per l'imposizione fiscale generale, in questo paese.
Perché dico questo? Semplicemente...

REMIGIO CERONI. ...c'è da vergognarsi.

AUGUSTO MELAPPIONI. Voi non avete conoscenza dei dati. Ceroni, tu non hai conoscenza, perché questo governo non aumenta niente, perché noi siamo obbligati a non avere più la possibilità di recuperare negli anni successivi. Vai a vedere quello che è stato negli anni precedenti, le quote messe a disposizione come percentuale di incremento rispetto all'anno precedente. Fammi parlare, non vuoi sapere la verità, tu. La verità sui numeri non la volete sapere. La verità è che il Governo di centro-sinistra ha aumentato, in percentuale, più di questo Governo che è fermo al 4%; il Governo Berlusconi incrementa solo del 4% e obbliga la Lombardia ad applicare le tasse, non noi. La Lombardia, la Puglia, il Piemonte. Ci sono quattro Regioni di centro-destra che l'hanno fatto. Vai a leggere i dati, Ceroni; non fare il superficiale su questa questione. Vai ad approfondire e vedrai che i Governi di centro-sinistra hanno aumentato maggiormente la disponibilità economica sulla sanità, molto di più di quanto faccia questo Governo. Nonostante questo noi abbiamo la capacità, con un percorso difficile, complesso, di aumentare le risorse per le categorie fragili e deboli di questa regione, questa è la verità. E' ovvio che ci assumiamo la responsabilità di questo percorso, di governare questa storia fino alla fine e lo faremo con determinazione e convinzione, come fino ad oggi abbiamo portato avanti, grazie alla maggioranza, questo percorso di riordino che dà appropriatezza e qualità al sistema sanitario, dentro una logica che è quella della salute, non più soltanto quella della sanità, perché crediamo alla centralità del malato. Avrei preferito più spesso sentire questa parola qui dentro, ma l'ho sentita molto poco.

PRESIDENTE. Ha la parola il presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Il presidente del gruppo di Forza Italia ricordava prima che noi abbiamo condiviso riflessioni, voti, contrasti su due leggi che hanno impostato la nuova sanità marchigiana. Abbiamo condiviso per un tempo lungo, abbiamo notato, sottolineato, evidenziato posizioni anche fortemente differenziate, ma è del tutto ovvio, quando si parla di sanità, quando si fanno delle riforme vere, che ci si possa trovare in forte contrapposizione. I due modelli di sanità che si sono confrontati in quest'aula sono profondamente alternativi, profondamente contrapposti, quindi ci siamo trovati tra parti opposte. Questo è il dato fondamentale, strutturale, quindi non richiamo quello che ho detto all'inizio, alla chiusura della discussione generale sulla legge di riordino: il modello di sanità che esce da questa maratona è il modello di sanità che noi vogliamo, che noi riteniamo sia quello giusto, quello equo. Non esiste una giustizia astratta; esiste la giustizia concreta che significa fare parti disuguali fra disuguali, fare parti uguali fra uguali, ma soprattutto farsi carico, dovunque e sempre, concretamente, di quelli che sono i principi della nostra Costituzione, che soprattutto mette in primo piano principio di eguaglianza e principio di solidarietà. Questi sono i dati fondamentali. Su questi dati ci siamo fortemente attestati e su questi dati usciamo avendoli approvati.
Il resto, secondo me è frutto di polemiche. Posso dire, se vogliamo entrare in polemiche, che ci sono altri modelli non solo di sanità ma anche di interventi organizzativi sulla sanità di altre Regioni, che sono totalmente diversi, come il piano sanitario della Lombardia dove praticamente la Giunta è delegata a decidere tutto: gli ospedali, i posti letto, tutto, con il parere della Commissione competente. Noi invece abbiamo cercato di spostare sempre più verso le esigenze del territorio questo, proprio per evitare che ci fosse una deriva neocentralista, che non vogliamo e alla quale siamo profondamente contrari, proprio perché è sbagliata.
Questi sono i dati fondamentali, dopodiché quali sono gli elementi? Gli elementi preoccupanti sono quelli di un trend nazionale di crescita di richieste e di impegni della domanda di servizi sanitari che oscilla fra il 6 e l'8% secondo il trend dell'Europa occidentale e una previsione e predisposizione di risorse che per il 2003, rispetto al 2002, prevede un 3,4% in più che viene assorbito integralmente e non è sufficiente per il contratto del comparto della sanità. Questo è il dato fondamentale di fronte al quale ci troviamo, ci troveremo e di fronte al quale dovremo tutti quanti, indipendentemente dai colori, cercare di far quadrare i conti. E' uno dei pochi punti su cui mi trovo in totale accordo con il ministro Sirchia, anche se nella realtà mi pare che, se vogliamo continuare il giochino di Viventi che io mi chiamo "Pietro", allora direi che forse, il ministro Sirchia potrebbe aggiungere un "Zapata" al suo cognome, "padre Zapata".
Non si può affrontare la sanità soltanto con ottica ragionieristica, perché se la affrontiamo con ottica ragionieristica, alla fine arriveremmo a una conclusione che non ci sta bene, cioè chi sta meglio ha la sanità e chi sta male ha una sanità di serie B, serie C, serie Z. Questo significa che bisogna recuperare ragionevolezza, razionalità, organizzazione ma bisogna dare servizi e bisogna dare servizi importanti quei servizi, soprattutto, che sono i territori stessi a chiedere, a impostare in un confronto che è apertissimo e che non si chiude adesso.
Quello che volevo sottolineare alla fine di questo lungo dibattito — perché il resto credo che ce lo leggeremo, ce lo diremo ecc. — è che per noi, ma credo anche per voi, colleghi consiglieri di maggioranza e di opposizione, non è finita qui, perché qui è finita una fase di confronto sulla sanità che è soltanto la fase delle parole scritte sulla carta. Quello che sarà nel concreto dipenderà da come noi sapremo far vivere questo modello, un modello difficile, complicato, ma che, secondo noi, con grande attenzione può funzionare. Se funzionerà questo modello avremo impostato un nuovo atteggiamento verso questo tipo di problema. Questo è il tipo di sfida che ci sta davanti, per noi deve funzionare. Noi ci impegniamo su questo come Giunta, come maggioranza, anche con quelle forze che — non è piacevole per chi sta in maggioranza — hanno ritenuto di scegliere una posizione diversa. Ho colto, nel lungo intervento del consigliere Moruzzi, alcuni spunti che mi pare possano essere recuperati e rilanciati. Se l'uscita dalla maggioranza non è un dato di scelta politica di campo ma rimane nell'ambito dello stesso campo, se è un dato soltanto di forte richiamo, di forte pungolo, di forte critica, secondo me in parte ingiustificata — ma vedremo nel concreto — allora va bene, ci misureremo su questo. Nessuno pretende di essere responsabile di una coalizione, se poi parti di questa coalizione non ci si riconoscono più, nessuno pretende di farlo in maniera indifferente. Non è così, non è stato così, non sarà così. Ma questo è un elemento che non può e non deve incidere sul tema fondamentale. Noi stiamo parlando del modo migliore di rendere uno dei servizi fondamentali ai cittadini, cioè di garantire il loro diritto alla salute, che è un diritto base dei diritti di cittadinanza. Questo è ciò di cui stiamo parlando. Sul resto, sui giochini, sulle contrapposizioni, su quelli che possono essere anche i riflessi impropri io non voglio fermarmi, perché non è questa la sede. Noi su questo vogliamo misurarci, su questo ci misureremo, su questo chiameremo i cittadini marchigiani a dare un giudizio su che tipo di servizio sanitario regionale stiamo costruendo. Questo è il punto fondamentale, tutto il resto viene dopo.
Abbiamo posto le premesse perché la sanità migliori, perché risponda al meglio, perché sia meno costosa e più efficiente. E si può e si deve. Dopodiché, da adesso in poi vedremo nel concreto come funziona.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo n. 99.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Votazione ordine del giorno di non passaggio agli articoli): «Riordino del servizio sanitario regionale della regione Marche», iniziativa popolare (165)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 165, ad iniziativa popolare.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. Si è già proceduto alla discussione congiunta, insieme alla proposta di legge 134, successivamente approvata dal Consiglio, anche alla proposta di legge di iniziativa popolare n. 165 del 2003, concernente anch'essa il riordino del servizio sanitario regionale della regione Marche. Abbiamo stabilito questo percorso di discussione congiunta e di votazione separata, perché riteniamo che lo strumento della legge d'iniziativa popolare è un importante mezzo di partecipazione dei cittadini all'attività di questo Consiglio regionale, quindi va valorizzato in questo senso.
La proposta di legge di iniziativa popolare conteneva degli articoli, nella sua parte fondamentale, che già sono stati esaminati da quest'aula, in occasione della discussione e della votazione degli emendamenti alla proposta di legge n. 134/2002. In modo particolare, l'elemento centrale della proposta di legge di iniziativa popolare era quello riguardante una riorganizzazione del sistema sanitario regionale articolata su cinque aziende sanitarie locali. Abbiamo in questo Consiglio regionale già espresso una posizione rispetto a questa proposta, allorché il Consiglio regionale stesso ha respinto l'emendamento a firma Romagnoli, Ciccioli, Pistarelli, Castelli, Gasperi e Novelli, che tendeva ad istituire cinque aziende territoriali nella nostra regione. Gli articoli 2, 3, 4 e 6 della proposta di legge n. 165/2003 sono analoghi a questo emendamento respinto dal Consiglio regionale. In conseguenza, poiché il regolamento interno impedisce al Consiglio regionale di esprimersi due volte su contenuti sostanzialmente analoghi, i firmatari dell'ordine del giorno che abbiamo presentato, che corrispondono ai membri di maggioranza della V Commissione, chiedono il non passaggio agli articoli della legge d'iniziativa popolare. Su questa legge, quindi, già il Consiglio regionale ha espresso un proprio giudizio, dopo averne discusso sia in Commissione sia in Consiglio regionale e quindi noi riteniamo che la votazione di un ordine del giorno di non passaggio agli articoli possa, in maniera chiara e netta, confermare un giudizio di merito già espresso su questa proposta, che è di tipo negativo.
Resta tuttavia il fatto che in ogni caso la proposta di legge d'iniziativa popolare ha dato un contributo importante a tutta la discussione che in questi mesi si è avuta sulla riforma della sanità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Come volevasi dimostrare, Presidente, la beffa in danno di 6-7 mila firmatari di questa proposta d'iniziativa popolare, peraltro prassi non comune, quindi già di per sé solo per questo rispettabilissima, si è consumata. Si è tentato addirittura, in Commissione, di fare il blitz proponendo l'accorpamento e l'unificazione dei testi di legge, non ci si è riusciti per mere riluttanze tecniche, perché effettivamente, così, gli stessi uffici hanno impedito di fare, e siamo arrivati a mettere in coda questa proposta di legge, dimenticandola, tanto che siamo addirittura ricorsi a un ordine del giorno suppletivo. Ora mi si dice che la discussione generale si è svolta, nessuno se ne è accorto e non credo che anche questa fosse unificata, e si giunge a proporre un non passaggio all'articolato. Noi riteniamo, al di là della noncuranza e della mancanza di rispetto con cui si è affrontato questo testo, sul quale qualche migliaia di firme sono state raccolte, che tecnicamente questa sia una soluzione inaccettabile, quanto meno ai voti ci dovremmo arrivare, per esaminare di volta in volta gli articoli che si appalesino in contrasto con quanto già votato e in quel caso, verificandosi il contrasto, non procedere al voto di quegli articoli o votarli ugualmente, perché anche questa è una facoltà, con le conseguenze che l'aula si assumerà, ammettendo al voto quegli articoli che non parlano di cinque Asl, che parlano di altre cose, di aziende, tutto ciò su cui il giudicato di quest'aula non è sceso. Qui si parla anche di suggerimenti finanziari, di finanziamenti per le zone proposti in un modo anziché in un altro. Su tutto si può discutere, facendo poi di volta in volta uno screening degli articoli che possono o non possono essere votati, salvo che la priorità sia quella di evitare l'imbarazzo di bocciare, da parte della maggioranza, nuovamente, come avvenuto per una serie enorme di emendamenti, quello che 6.000 cittadini hanno proposto al Consiglio regionale.
Noi siamo quindi nettamente contrari a questo espediente che è puramente di convenienza politica, demagogica della maggioranza, per evitare il pronunciamento su una proposta di iniziativa popolare, siamo per affrontare regolarmente l'esame, il passaggio ai voti, esaminando di volta in volta dove il contrasto con norme precedentemente approvate, esista o meno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

REMIGIO CERONI. Sono quasi disgustato da questo atteggiamento. Noi abbiamo di fronte le due più importanti leggi che caratterizzano questa legislatura, perché la sanità, come tutti sappiamo, impegna l'85% delle risorse. E' evidente che i conti della Regione non tornano per la cattiva gestione che è stata fatta della sanità in questa legislatura. Questa nuova Amministrazione eletta nel 2000 ha fatto un disastro nella gestione della sanità. Voler continuare ad imputare al Governo Berlusconi colpe che non ha è un atteggiamento insopportabile. Noi dobbiamo dire che forse le risorse sono insufficienti, ma dobbiamo stabilire da dove siamo partiti, cioè dobbiamo verificare quante erano le risorse nell'anno 2000. Il Governo Amato aveva stanziato 124.000 miliardi; in quattro anni arriviamo a 157.000 miliardi. Tra i debiti pregressi lasciati aperti — i conti 1994, 1995 e 1999 — il Governo mette sul piatto 114.000 miliardi in più. E' vero che il Governo dispone della Zecca, ma non è in grado di triplicare le risorse a disposizione della sanità. Chiudo qui il discorso che aveva sollecitato l'assessore.
Vi avevo detto, in occasione dell'intervento per il riordino amministrativo delle Asl che voi avete una strana idea del mandato ricevuto. Voi ritenete di non dover rendere conto a nessuno del vostro operato, perché dopo tre anni dall'insediamento di questa maggioranza è la prima volta che il Consiglio si occupa dei problemi della sanità, nonostante sia un argomento fondamentale della Regione, cioè la Regione Marche ormai è diventata un'azienda sanitaria. Questo vostro atteggiamento arrogante e presuntuoso l'avete confermato nell'esame della proposta d'iniziativa popolare fatta da alcuni cittadini delle Marche che voi avete considerato carta straccia. Voi avete diritto di fare le leggi e modificarle come ritenete opportuno, però nel momento in cui c'è una proposta d'iniziativa popolare, uno la esamina, poi dice "quello che dite non è conforme alle nostre aspettative, non corrisponde alle necessità di questa Regione e lo respingiamo". Quello che si compie oggi è veramente un gesto di scorrettezza, di arroganza nei confronti dei cittadini. Prendo atto che vi comportate in questa maniera, volete sfuggire al giudizio dei cittadini delle Marche, però nel 2005 certamente non potrete fare a meno di subire il loro giudizio e vi accorgerete quanto questo giudizio sarà severo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Vorrei sapere se l'ordine del giorno di non passaggio agli articoli è predisposto in completa ipocrisia o con qualche sotto fondo di serietà. Il richiamo all'art. 64 del regolamento mi pare inconferente, poiché si limita a precisare i tempi in cui può essere riproposto alla Commissione l'esame di una proposta già oggetto di un vaglio dell'aula. Poiché, però, la pdl 165 è già qui, ne deduco che in Commissione sia già passata e quindi il riferimento all'art. 64 non c'entra assolutamente nulla. Esiste un'altra norma del regolamento interno che preclude la votazione di atti aventi il contenuto di altri già bocciati, ma preclude soltanto il riesame nella stessa seduta di altri emendamenti od ordini del giorno aventi contenuto identico a quello dei testi bocciati. Qui stiamo parlando di una proposta di legge e, come qualcuno ha fatto notare, non di una proposta di legge qualsiasi, ma uno dei rarissimi casi di una proposta di legge che scaturisce dall'atto di attenzione e interesse di migliaia di cittadini. Chiedere è un diritto, rispondere è cortesia, questa maggioranza ha il diritto di rispondere no, di rispondere sì, non credo che possa avere la scortesia di non rispondere affatto. Da questo punto di vista mi sembra che sia un'operazione non totalmente sincera, forse un po' farisaica dire "siccome ho detto di no ad Alleanza nazionale che diceva le stesse cose, rispondere di noi ai cittadini mi pare scortese, neanche rispondo, preferisco dosarmi il diniego a coloro che mi stanno meno simpatici".
Però, attenzione. Se l'aula decidesse, approvando l'ordine del giorno sottoscritto dai quatto presidenti di gruppo della maggioranza, di non procedere al passaggio all'articolato, a parte il fatto che il regolamento ci chiamava a partire dalla votazione della pdl 165 — perché le proposte di legge si votano partendo dalla più lontana da quella della Giunta — quindi, se fossimo carenti dovremmo ricominciare da capo. Questa non credo sia una cosa confacente alla serietà di tutti noi. Credo che sarebbe opportuno capire se la proposta di non passaggio alla votazione degli articoli è veramente prodromica a un riesame in Commissione entro i sei mesi, decorsi i sei mesi oppure no, perché se l'intenzione è di dire "7.000 cittadini ci chiedono di valutare diversamente questa cosa", il Consiglio ha votato 7 giorni fa un atto, è perfettamente padrone di ripensare, oppure può dire "ci ritorno fra sei mesi". Il senso di dire "rimando in Commissione" vuol dire "la mando in Commissione e lì la dimentico" — lo chiedo al proponente dell'ordine del giorno Ricci, anche nella sua qualità di presidente della Commissione — o vuol dire "la rimando in Commissione perché lì fra sei mesi vedrò...

ANDREA RICCI. Non è un rimando in Commissione.

SERGIO NOVELLI. Il non passaggio al voto degli articoli è ovviamente un'operazione ipocrita. Se voi non avete alcuna intenzione di rimandarla in Commissione, come mi sembra ovvio, allora dite che respingete, ma per respingere si vota contro. Non dite "già abbiamo votato contro le proposte di An sei giorni fa", perché i cittadini aspettano una riposta, che può essere anche negativa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Per il rispetto che tutti dobbiamo proprio a quelle migliaia di firme che sono state raccolte sul testo, credo che non ci debba essere da parte di alcuno una speculazione politica, una strumentalizzazione politica di quelle firme, perché adesso noi possiamo dire quello che vogliamo, ma il non passaggio ai voti di quella proposta di legge non è un espediente né una volontà di non tener conto di quelle firme o di unire il danno alla beffa. Tutti sanno che quella era una proposta di legge avanzata e che, tra l'altro, è stata oggetto di una riflessione anche attenta da parte della Commissione e rispetto a quella discussione in Commissione intanto non mi pare che da parte dell'opposizione sia venuto un grande contributo nel merito. Oltretutto, qui si è detto che si è tentato di accorpare quella legge di iniziativa popolare con la legge della Giunta, ma in realtà i primi a chiedere questa cosa furono proprio i promotori di quella legge, con una lettera che è stata ufficializzata alla V Commissione, poi in Commissione su questo abbiamo discusso e abbiamo tutti insieme convenuto, con i firmatari, che era più utile che la legge andasse in Consiglio nello stesso giorno, però in maniera separata rispetto a quella della Giunta, quindi non c'è stata alcuna volontà di scippo. La richiesta di non passaggio ai voti è la presa d'atto di una cosa che è accaduta in questo Consiglio e che ha visto il Consiglio stesso pronunciarsi nel merito fondamentale di quella proposta di legge, che era l'istituzione delle cinque aziende nella regione Marche, cosa di cui questo Consiglio ha discusso abbondantemente facendo una scelta diversa.
Non entro nel merito, ma il Consiglio su quello si è pronunciato, oltretutto si è pronunciato su altri articoli, sulla stragrande maggioranza degli articoli di quella proposta di legge, alcuni de quali sono uguali alla scelta che ha fatto la legge della Giunta regionale: penso ad esempio alle aziende ospedaliere, perché anche la proposta degli "Amici del cuore" di Fermo prevedeva due aziende ospedaliere, quella di Pesaro e quella di Ancona che riunificava Torrette, Lancisi e il Salesi. Ad esempio, la proposta di legge entrava nel merito anche del piano e indicava il modo come arrivare alla individuazione del 4 per mille die posti letto, indicava in Amandola e Novafeltria gli ospedali che dovevano essere ricompresi con la funzione chirurgica, loro dicevano anche con l'emergenza, ma la scelta che abbiamo fatto nel piano da questo punto di vista è stata diversa.
Quindi, nel merito concreto di tutto l'articolato il Consiglio regionale ha ragionato, discusso e votato, pertanto non c'è alcuna volontà di espropriare alcunché, anzi ritengo che questo è un contributo sicuramente positivo apportato alla discussione, ma su questo si è poi consumata anche una decisione da parte del Consiglio, quindi una risposta nel merito c'è stata: che si condivida o meno è un altro discorso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Credo di essere l'unico consigliere che ha presentato emendamenti sulla 165 ma non credo di aver fatto un errore quando ho costruito gli emendamenti su questa proposta, perché pensavo che l'avremmo messa in votazione prima dell'altra, quindi tutte le questioni che volevo sollevare sulla legge 134 le ho anche risollevate sulla 165. Capisco il meccanismo tecnico secondo il quale non passiamo alla votazione e capisco anche che, stante la discussione già risolta, questo è il meccanismo che utilizziamo. Penso però che abbiamo fatto un errore, perché in questo modo impediamo ai cittadini che hanno raccolto le firme di vedere votato l'articolato di legge da loro proposto e di fatto vanificato. L'abbiamo vanificato prima in Commissione, perché si è fatta prima la legge e alla fine di questo si è parlato quasi niente. Di fatto facciamo la stessa operazione in aula. Credo che dal punto di vista delle procedure il segnale che diamo ai cittadini che hanno raccolto le firme è negativo. Noi dovevamo confrontarci con le modalità organizzative sulla sanità che essi proponevano, controproporre una soluzione possibile e credo che sarebbe stato meglio partire da loro per poi arrivare alla legge della Giunta sulla quale potevamo svolgere tutte le considerazioni che abbiamo svolto.
Per questa ragione voterò contro l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'ordine del giorno di non passaggio agli articoli della proposta di legge n. 165 ad iniziativa popolare.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 14,45