Resoconto seduta n. 152 del 24/09/2003
La seduta riprende alle 16,30



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Modifica del piano di sviluppo rurale (PSR) 2000-2006 Regione mMrche redatto ai sensi del Reg. (CE) 1257/99, per il successivo invio alla Commissione europea» giunta (107)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 107.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Avenali.

Ferdinando AVENALI. Mi scuso in anticipo se non sarò all’altezza dell’importanza dell’argomento, perché non sto molto bene, comunque i colleghi interverranno e integreranno qualora lo ritenessero. Comunque, sicuramente il Psr è uno degli strumenti importanti. Quando l’abbiamo approvato, nel 2000 avevamo già deciso che c’era bisogno di andare a una rinegoziazione, a una riorganizzazione dello stesso Psr anche alla luce delle esperienze che venivano fatte con i bandi che sono stati sin qui effettuati. C’è stata una correttezza, da questo punto di vista, di percorso istituzionale, nel senso che questo atto viene approvato prima ancora che sia approvato dalla Ce, quindi devo ringraziare l’assessorato e l’assessore per questo percorso istituzionalmente corretto, anche se, affinché si possa arrivare a un atto approvato in Consiglio regionale che non contenga modifiche sostanziali da parte della Ce si è inviato informalmente il testo, quindi è stato comunicato anche il testo che è stato oggetto di discussione anche in Commissione, pertanto credo di poter dire che se non ci saranno sorprese, il testo che andremo ad approvare non avrà modifiche sostanziali nemmeno proposte dalla Commissione Ce. Questo è importante, perché nel momento in cui verrà pubblicato l’atto sul Bur, sarà l’atto a cui ci si dovrà riferire per l’attività dei prossimi mesi, dei prossimi anni.
L’atto è stato discusso a lungo, prima in Giunta da parte della struttura con le organizzazioni di categoria, ma discusso a lungo anche in III Commissione prima, in VI poi, quindi di nuovo in III. Abbiamo discusso molte ore, perché riteniamo essere un atto importante anche in un momento particolare della politica agricola, quindi si è discusso alla luce delle osservazioni che erano state fatte ai precedenti Psr, con difficoltà dal punto di vista burocratico, ma anche per l’efficienza e l’efficacia degli investimenti sin qui realizzati, pertanto il lavoro che è stato svolto in questi mesi è anche il frutto delle carenze che sono state individuate nei bandi: tre bandi, uno nel giugno del 2001, uno nel dicembre del 2001 e l’altro a settembre del 2002. Questo è importante perché abbiamo tenuto conto di queste specificità. In particolare anche della questione dell’efficacia ed efficienza delle risorse.
Il Psr lo andiamo a discutere, tra l’altro, in un momento estremamente particolare della politica agricola anche della nostra regione e pertanto del nostro paese. Non c’è dubbio che non possiamo non tener conto dei forti mutamenti che si registreranno in agricoltura, in particolare alla luce della nuova politica comunitaria. C’è stato un cambiamento profondo, sicuramente ci sono alcuni aspetti di fondo, come quello del disaccoppiamento, nel senso che non c’è più un collegamento diretto tra contributi comunitari e colture, quindi “faccio grano, perché con il grano prendo contributi”, ma c’è un disaccoppiamento di queste risorse, nel senso che ci saranno dei contributi della Ce indipendentemente dai piani colturali delle varie aziende, quindi un rapporto più diretto con il mercato.
C’è sicuramente uno spazio nuovo per lo sviluppo rurale, seppure nel Psr questo era già contenuto, ma passi in avanti in questa direzione, quindi nell’interesse più generale non solo degli agricoltori ma dei cittadini, perché il problema agricolo non è solo un problema di reddito che è importante per gli agricoltori, ma significa anche derrate alimentari, quindi alimentazione umana, se volete anche di allevamento, che comunque è collegata con l’alimentazione umana. Quindi la Pac imprimerà sicuramente una svolta alla politica agricola su cui dovremo riflettere. Si sta discutendo dei regolamenti comunitari, verranno definiti presto, quindi credo che in tempi non lunghi dovremo tornare in quest’aula a discutere anche di queste questioni.
L’altro punto secondo me molto importante è questo negoziato del commercio mondiale, cosiddetto Wto, il fallimento che c’è stato a Cancun che per alcuni versi è preoccupante, nel senso che noi abbiamo bisogno di regole a livello internazionale, poiché hanno sicuramente ragione i paesi poveri quando sottolineano l’esigenza di ridurre il contributo da parte dell’Ue o degli Stati Uniti ai propri agricoltori, i cosiddetti paesi ricchi che investono in agricoltura, ma nel contempo abbiamo bisogno di regole generali certe, perché questi paesi non hanno alcuna regola, non hanno contingentamento di alcunché, nel senso che noi abbiamo contingentate una serie di produzioni, non hanno regole per quanto riguarda l’utilizzo dei pesticidi e perciò rischiamo di fare una politica agricola sana, salubre nella nostra regione, nel nostro paese e poi consumare derrate che vengono da questi paesi, dove ancora si utilizza, magari, il Ddt. Quindi la materia è estremamente complessa, questa è un’altra partita molto importante.
In questi giorni a livello comunitario si è avviata una discussione sul discorso degli Ogm, un altro tema di grande rilevanza, perché al di là delle questioni legate alla ricerca, rispetto alle quali da parte del gruppo Ds e mia personale non c’è un rifiuto, anzi riteniamo che la ricerca pubblica debba essere finanziata per non lasciare tutto in mano alle multinazionali, come è avvenuto in questi campi e come è avvenuto nel campo delle sementi, non c’è dubbio che è incompatibile coltivare Ogm con l’agricoltura marchigiana, un’agricoltura di qualità, tipica, su cui abbiamo puntato in questi anni, su cui i nostri agricoltori stanno investendo, un’agricoltura che è la leva fondamentale della competitività e della remunerazione del nostro sistema.
Credo che ha fatto bene l’assessore a dire che su questo saremo severi, perché c’è una legge e questa legge va applicata.
Il Psr si innesca all’interno di questo più complesso problema dell’agricoltura e dell’alimentazione del settore agroalimentare in generale, quindi con le scelte che abbiamo compiuti e che oggi andremo ad approvare, se il Consiglio sarà d’accordo, nella sostanza andiamo a incidere in questa direzione, quindi abbiamo fatto delle scelte che vanno nella direzione di rendere più competitive le nostre imprese, quindi investire individuando delle priorità.
Peraltro parliamo di un Psr che rappresenta circa 100 milioni di euro di investimenti, una cosa abbastanza interessante.
Questo è il quadro generale su cui si va a incentrare il discorso di questo Psr. Al suo interno si è lavorato per andare in direzione di una semplificazione, in direzione di concentrare le risorse e renderle più incisive e anche in direzione di alcune priorità che molto brevemente ricorderò.
Per rendere più incisive le risorse, concentrarle e ridurre la parte burocratica, siamo passati dalle precedenti 20 misure e 14 sottomisure, a 11, con un forte snellimento. Questo è un fatto positivo, un’esperienza che andiamo a fare, ci sono stati mutamenti profondi, che in qualche modo incideranno, però credo che sia molto positivo, proprio perché le risorse non sono molte, dobbiamo saperle concentrare in determinate direzioni.
Abbiamo poi individuato delle priorità, quindi abbiamo da un lato eliminato una serie di passaggi burocratici, dall’altro abbiamo individuato delle priorità, che erano già contenute, in gran parte, nel testo elaborato dalla Giunta, poi sono state fatte alcune modifiche anche sostanziali nel corso del dibattito. Le priorità che abbiamo individuato riguardano i giovani che riteniamo essere il punto centrale della nuova politica agricola dei prossimi anni. Sappiamo benissimo quanto sia necessario in questo settore il ricambio generazionale, quindi questa è una delle priorità assolute. Poi abbiamo individuato i produttori a titolo principale, coloro che vivono con l’attività agricola e in questo contesto abbiamo anche individuato un premio, su cui c’è stata una lunga discussione, dovuta più al fatto che non conoscevamo cosa hanno fatto altre Regioni o alcune priorità che erano state individuate nei precedenti bandi. Mi riferisco all’imprenditoria femminile. Ritengo che abbiamo fatto bene ad affrontare anche questo tema, pur avendo privilegiato la qualità dei progetti, proprio per rendere le nostre imprese competitive, metterle in condizioni di poter competere, essere remunerative, rispondere alle esigenze dei consumatori, però non c’è dubbio che il discorso dell’imprenditoria femminile sia un aspetto qualificante di questo Psr.
Credo che non si tratti di una forzatura, ma di una componente molto importante della nostra agricoltura. Peraltro la Toscana in una misura dice “lasciamo una riserva di 10 punti all’imprenditoria femminile”. Parlare di riserva è sbagliato in sé, ma peraltro da noi, in questo caso non inciderebbe niente, perché abbiamo visto dalle tabelle che i progetti finanziati delle donne sono superiori al 25%, fino ad arrivare, su alcuni aspetti, a percentuali molto più alte. Abbiamo quindi dovuto trovare un sistema che incentivi ulteriormente in questa direzione. Queste sono le priorità su cui abbiamo lavorato in questi mesi.
Vorrei andare velocemente ad alcune misure. Abbiamo puntato sulla misura A che riguarda i piani di miglioramento aziendale. Qui ci sono state molte domande, i primi due bandi hanno avuto anche difficoltà perché il rapporto tra le domande e le risorse disponibili presentava uno scarto notevole. Con l’ultimo bando è stato fatto un passo in avanti consistente, positivo, sono state aumentate le risorse e abbiamo visto che su 1.092 pratiche che hanno i requisiti per essere finanziate, ne sono state finanziate 683, quindi vedranno risorse 683 imprese agricole nei prossimi mesi.
La misura B riteniamo essere molto importante, perché riguarda l’insediamento dei giovani. Abbiamo discusso il discorso del pre-pensionamento, perché abbiamo visto che ha inciso pochissimo, si finanziano pochi progetti, quindi abbiamo detto “puntiamo sui giovani”. Questa è un’altra delle misure che riteniamo essere prioritaria. Rimane ferma la misura G che riguarda l’innovazione tecnologica e la commercializzazione. Sappiamo che questo è uno dei punti cardine per lo sviluppo dell’agricoltura marchigiana. Dobbiamo puntare più sulla trasformazione, sulla commercializzazione dei nostri prodotti, perché sappiamo che si aumenta il valore aggiunto, si aumenta l’occupazione, quindi questo è sicuramente un capitolo molto importante, tutte le risorse disponibili vengono utilizzate, peraltro debbo dire che quasi tutti i progetti che vengono presentati con la misura G sono stati in gran parte finanziati.
Un’altra misura che è stata oggetto di una discussione molto lunga in Commissione è la misura F, in particolare la F2 che riguarda l’agricoltura biologica. Qui abbiamo compiuto una scelta coraggiosa, nel senso che abbiamo deciso di interrompere, per quanto riguarda le nuove domande — per il pregresso i finanziamenti continueranno ad arrivare alle aziende che hanno assunto impegni quinquennali — il discorso del basso impatto, puntando tutto sull’agricoltura biologica, un’agricoltura in crescita, con una domanda di mercato crescente, piccoli produttori che investono in questa direzione. Credo che un supporto importante è quello dell’agricoltura di piccole dimensioni, in primo luogo nelle zone interne e montane. Qui siamo andati a incidere nei meccanismi del bando, facendo queste scelte.
Rimane fermo l’impegno per quanto riguarda la misura E, zone svantaggiate e soggette a vincoli ambientali, le zone interne e così via, quindi il prato-pascolo, la zootecnia, la montagna ecc., come pure le misure per quanto riguarda tutto il discorso della forestazione, sia la H che la I, che intervengono a favore delle politiche forestali e di rimboschimento in generale, quindi non soltanto forestali. Queste sono misure importanti, abbiamo visto molte domande, quindi c’è una certa disponibilità degli agricoltori ad intervenire.
Poi è stata fatta una nuova misura, la J che mette insieme tutto quello che possiamo chiamare sviluppo rurale, al cui interno c’è tutto il discorso della valorizzazione del patrimonio rurale, dell’agriturismo, delle produzioni artigiane all’interno delle aziende agricole. Tutta questa gamma di questioni che sono molto importanti, prevede anche il discorso dell’integrazione del reddito. Attraverso questi investimenti passa anche la qualificazione del turismo, questo rapporto tra la costa e l’entroterra.
Queste sono state le misure su cui abbiamo incentrato, fondamentalmente, la nostra attenzione. Altre misure rimangono, ma non mi ci soffermo, per il semplice fatto che sono importanti ma non strategiche o comunque di supporto alle scelte che dicevo.
A grandissime linee queste sono le cose che volevo dire. Il documento di programmazione è molto consistente, io l’ho sintetizzato in pochi punti politici, di fondo. Gli altri colleghi, il relatore di minoranza collega Gasperi, integreranno quanto da me detto.
In VI Commissione il progetto è stato approvato a maggioranza con un voto contrario, in III Commissione è stato approvato a maggioranza con due astensioni, quindi credo che vi sia stato un lavoro collegiale di grande disponibilità da parte di tutti noi. Abbiamo discusso 30 ore in Commissione, attorno a questo Psr, quindi credo che tutto si possa dire, meno che non abbiamo discusso di questo documento. Questo dimostra che c’è attenzione da parte dei colleghi, che c’è interesse, perché riteniamo l’agricoltura un punto importante dello sviluppo e della qualificazione del sistema produttivo marchigiano. Pertanto invito i colleghi a un voto unanime.

PRESIDENTE. Ha la parola relatore di minoranza, consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Nella discussione di questo piano di sviluppo rurale, voglio ringraziare, oltre che tutti i componenti la Commissione, in modo particolare il vicepresidente Viventi e il consigliere Cesaroni, perché se non avessimo chiesto lunedì di concludere la discussione, probabilmente oggi non sarebbe stato discusso il Psr medesimo. La cosa sarebbe stata negativa, perché non avremmo raggiunto la linea di dare, attraverso l’approvazione di questo piano, le indicazioni su cui eravamo d’accordo, anche se ci siamo astenuti.
Questi sono fondi che devono essere spesi entro il 2004. Non a caso sono state tolte alcune misure e altre immesse, in modo tale che in questa maniera si riuscirà ad ottenere una spesa la più elevata possibile, altrimenti potevamo non essere nella condizione di spendere completamente quanto a nostra disposizione. Dirò poi perché ci siamo astenuti, ma vorrei fare chiarezza.
Si tratta di un piano a cui crediamo, su cui abbiamo lavorato, ma siccome i bandi non li facciamo noi ma vengono fatti direttamente dall’assessorato e siccome la gestione è fatta direttamente dall’assessorato, viene a mancare il controllo o l’indirizzo completo che noi avremmo voluto perseguire fino in fondo, pur nel rispetto delle competenze di una maggioranza e di una minoranza, perché quando una componente politica vince le elezioni ha il diritto di governare. Lo ribadisco, in modo tale che non si creino dei dubbi come sta avvenendo in altre istituzioni.
Noi ci eravamo trovati in difficoltà su alcuni punti, in funzione di variazioni portate in VI Commissione e siamo arrivati, in parte, a una specie di compromesso, non perché non riconosciamo che l’imprenditoria non debba avere una sua prevalenza, ma non possiamo assolutamente essere l’alibi perché l’imprenditoria femminile sia un modo per aggirare il gioco che spesso viene fatto da imprenditori che affittano la loro azienda alle mogli o alle sorelle, aggirando l’ostacolo, prendendo ben 10 punti in più rispetto alla stessa qualità di progetto. Tutta la Commissione ha infatti approvato un emendamento che pone un limite e dice “te lo riconosco, purché questo titolo di imprenditrice sia stato già in atto per un certo periodo” (due o tre anni).
Voi sapete che sulla legge 215 sulla formazione femminile, sono stati fatti progetti da parte di mariti che hanno dato l’indicazione della moglie o della sorella e quando sono andati a fare il sopralluogo, non essendo presente colei che la doveva gestire, è risultato tutto in regola da un punto di vista legislativo, ma questo fa venir meno il senso di rispetto e di dignità nei confronti di noi legislatori.
Ritengo fra l’altro che non sia giusto che noi dobbiamo creare un’isola di privilegio delle donne, come se fossero persone da salvaguardare perché in estinzione. Noi dobbiamo legiferare considerando che le donne hanno gli stessi diritti di noi uomini e nello stesso modo come cerchiamo di salvaguardare i diritti degli uomini dobbiamo salvaguardare quelli delle donne, ma non come se fossero dei panda. Anzi, dobbiamo lottare perché la donna abbia la stessa dignità dell’uomo.
Dopo una discussione, alla fine ci siamo sentiti in diritto di astenerci, perché non accettavamo alcune strategie che sono state messe in votazione, giustamente la maggioranza ha avuto ragione e abbiamo presentato due emendamenti. Siccome c’è stato un disguido tecnico, questi emendamenti fanno parte di tutte e tre le componenti politiche che erano di minoranza nell’ambito della Commissione, quindi il vicepresidente Viventi, il consigliere Cesaroni e il sottoscritto.
Nel complesso noi abbiamo ritenuto che questo piano di sviluppo venisse in Consiglio, abbiamo ritenuto di difendere quelle parti su cui abbiamo potuto incidere, ma logicamente non siamo stati in accordo nel momento in cui c’erano delle difficoltà per alcune impostazioni che venivano prese, in modo particolare per quanto riguarda un vantaggio da dare all’imprenditoria giovanile. Anche lì c’è una situazione di disagio, perché anche lì venivano presi in considerazione i sessi. In parte siamo riusciti ad equipararli, ma soprattutto, con l’emendamento approvato all’unanimità siamo riusciti a far sì che non avvenga ciò che sta avvenendo con la legge 215 in cui si sono aggirate alcune realtà. In questo caso, se lasciamo i cancelli aperti perché alcuni imprenditori facciano i furbi, la responsabilità è nostra che non abbiamo posto dei vincoli e delle barriere affinché ciò non succedesse.
Ringrazio la Commissione e il presidente della Commissione, perché è stato fatto un approfondimento concreto, ci è stata data la possibilità di approfondire, siamo riusciti ad intervenire, perché dove siamo andati a chiedere, in modo particolare nell’ambito delle dirigenze della Giunta abbiamo ottenuto risposte e ci sono stati dati chiarimenti. Però c’è quella realtà su cui non siamo stati d’accordo e c’è quindi stata una astensione, pur cercando di far discutere l’atto oggi in Consiglio, per portarlo, in concreto, alla soddisfazione delle esigenze del mondo agricolo marchigiano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. In qualità di vicepresidente della III Commissione e a nome del gruppo Udc annuncio il voto di astensione su questo atto. Vorrei però fare alcune riflessioni che mi sembrano doverose. Dopo i pasticci dello scorso anno nella gestione dei bandi, l’Amministrazione regionale, la Commissione ecc. sono corse ai ripari e quest’anno si è riusciti a dare una sistemazione migliore al pacchetto.
Per quanto riguarda i contenuti, personalmente avrei preferito — in questo senso non sono stato soddisfatto — che si riuscisse ancora di più a intervenire, a far sì che alcune misure fossero più cospicuo, le misure fossero in numero ancora minore, incentivando alcuni progetti, rendendo quindi i finanziamenti più concreti. In questo non ci siamo riusciti. Abbiamo fatto degli aggiustamenti, come ha ricordato Avenali, le misure sono diminuite da 14 a 11, si poteva fare di più. Dico che bisognava incentivare di più alcuni progetti imprenditoriali veri, perché così avremmo preparato l’agricoltura marchigiana ad essere più competitiva nel 2005-2006 quando, all’interno dell’Ue ci sarà l’ingresso di altri paesi e questo comporterà non la ;mancanza totale ma sicuramente la riduzione di trasferimenti, quindi è evidente che questi anni li dobbiamo utilizzare per creare delle nicchie di mercato, delle situazioni di capacità competitiva da parte delle imprese marchigiane. Questo lo si fa facendo selezione.
Il nostro voto di astensione significa che non possiamo negare che uno sforzo in questa direzione sia stato fatto, altrimenti saremmo non sinceri, però, obiettivamente non è stato fatto nella misura che ritenevamo indispensabile.
Quando abbiamo fatto scorrere la graduatoria, quindi abbiamo riconosciuto finanziamenti a più progetti, che magari avevano punteggi più bassi, abbiamo perso dal punto di vista della qualità, ma abbiamo anche intaccato, se non esaurito, le risorse finanziarie delle annualità future. Nel 2005 ci saranno le elezioni regionali e chi vivrà vedrà, si rimboccherà le maniche, ma l’agricoltura marchigiana non finisce con le elezioni regionali del 2005 e questa, per me è una preoccupazione abbastanza seria, perché se da un lato anticipare questi fondi serve per accontentare oggi più imprese, quindi diamo un po’ di soldi a tutti e “facciamo politica” — perché questo è il risultato finale di questo tipo di gestione — è evidente che rinunciamo a spingere nel senso di una selezione qualitativa e soprattutto andiamo a erodere risorse che nel futuro non saranno più disponibili. Questo è il problema più evidente, al di là delle questioni marginali e queste sono le questioni di fondo che ci spingono al voto di astensione, non tanto il fatto — per il quale abbiamo presentato un emendamento — che all’interno della misura M è eccessivo che su poco meno di 4 miliardi di vecchie lire a disposizione per un’azione di marketing, ben 700 milioni di lire vengano utilizzati per aprire un sito web dell’assessorato all’agricoltura della Regione. Cosa dobbiamo fare, con questo sito web? Una vetrinetta? Alcuni colleghi, anche della maggioranza, l’avranno pensata come me, poi ci sono però ragioni politiche che vanno rispettate. C’è stato anche un altro fatto sul quale abbiamo discusso, ma non per questo ci stracciamo le vesti: l’imprenditoria femminile, su cui abbiamo discusso animatamente. Anche su questo ho detto che sono d’accordo se su due progetti di un’imprenditrice e di un imprenditore, se hanno una eguale valenza qualitativa e quindi un eguale punteggio si favorisce l’imprenditoria femminile; ma non posso essere d’accordo su quanto viene invece attuato con questo piano, dove un progetto di una imprenditrice femminile con 51 punti passa avanti a un progetto di un imprenditore uomo con 60 punti. Come diceva il collega Procaccini, che poi ci ha ripensato...

Cesare PROCACCINI. Io faccio parte della maggioranza...

Luigi VIVENTI. Infatti l’ho detto prima che, nonostante il pensiero personale...

Adriana MOLLAROLI. C’è un conservatorismo di destra e uno di sinistra...

Luigi VIVENTI. Qui non c’entra niente, questa è demagogia. Infatti Procaccini è d’accordo con me — io lo posso dire, lui non lo può dire — perché è una persona seria, ma dovresti essere d’accordo anche tu, perché in questo modo sembra quasi che l’imprenditrice femminile sia qualcosa di meno rispetto all’uomo, se le devo dare 10 punti in più per mandarla avanti. Per me non va bene. A parità di condizioni sono d’accordo con voi, in questo modo non sono d’accordo. Però, ripeto, sono comunque due fatti marginali, perché se dicessimo che non votiamo per questo non saremmo seri nemmeno noi dell’opposizione. Le motivazioni sono invece quelle che ho espresso in precedenza.
Comunque ritengo che questo sia un piano che serve agli agricoltori, per cui per senso di responsabilità abbiamo partecipato. L’unico rammarico è che ancora non siamo riusciti a discutere del piano agricolo regionale, più volte annunciato anche da parte del precedente assessore all’agricoltura e questa è una carenza perché se avessimo avuto il piano agricolo regionale con cui inserire il Psr, probabilmente avremmo potuto lavorare anche con più razionalità. Non so se è intenzione dell’Amministrazione regionale portare avanti questo progetto o rinunciarci perché non serve più o non so per quale altro motivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Questo atto è molto importante, viene dopo una discussione molto lunga, partecipata. Peraltro, di questa discussione sul merito vediamo nel dibattito oggi in aula i benefici effetti, perché il clima che c’è in aula mi sembra molto positivo e costruttivo, anche se ci sono stati dei punti di vista diversi e tuttora ci sono, proprio perché c’è stata la possibilità di entrare nel merito, di capire, ma non c’è neanche stato un testo blindato e credo che la Commissione abbia avuto la possibilità di introdurre modifiche, cogliendo anche alcune questioni che non erano state colte nel primo testo di rimodulazione. Avremmo preferito che questo testo fosse stato discusso prima dell’estate, ma arriviamo comunque in tempo per varare in tempi solleciti dei nuovi bandi e riaprire un canale finanziario molto importante, che tutto il settore agroalimentare della nostra regione attendeva e attende.
Noi verdi abbiamo dato un contributo di proposte concrete con emendamenti, con suggerimenti, con indicazioni, proposte che sono state accolte in parte nel testo, proposte che hanno concorso alla definizione di soluzioni diverse da quelle con cui si era partiti all’inizio. Molti dei nostri emendamenti proposti sono stati presi in considerazione, molti sono stati accolti, diversi sono stati rielaborati, diversi si sono arricchiti anche con la discussione che è stata fatta guardando le esperienze del passato e le prospettive del futuro.
Uno degli elementi che voglio sottolineare, che mi sembra particolarmente rilevante riguarda il tema della semplificazione, una questione molto difficile da affrontare, sulla quale non si deve abbassare la guardia, perché anche essendo stati introdotti nel Psr alcuni elementi di semplificazione, in sede di bandi, come abbiamo già visto in passato, si introducono altre clausole, altri documenti, altri meccanismi che vanificano questo snellimento e questa semplificazione, però qui la volontà mi sembra molto chiara ed espressa con regole ben precise, che cercano anche di fare in modo che nella fase successiva dei bandi non scatti questo meccanismo o venga limitato. Quindi, stabilire che tutta una serie di documenti, che sono necessari per l’istruttoria, per l’erogazione del contributo, siano richiesti soltanto per coloro che poi andranno effettivamente a realizzare l’investimento in quanto posizionati nella graduatoria in un punto tale da poter avere l’aiuto finanziario, questo mi sembra un passaggio molto importante e credo che vada messo in evidenza questo aspetto.
Abbiamo un’altra novità importante su questo piano di sviluppo rurale, che riguarda la misura F2 che finanzia e incentiva la trasformazione dell’agricoltura convenzionale in agricoltura biologica. Dopo che per due annualità centinaia di domande non sono state accolte, non tanto per mancanza di requisiti ma per mancanza di fondi, c’è uno sforzo all’interno di questo piano di sviluppo rurale per trovare delle nuove risorse, perché non ci si è limitati soltanto a rimodulare le risorse rimaste disponibili da qui alla fine del quinquennio, ma sono state aggiunte altre risorse e questo è un fatto importante. All’interno di questa ricollocazione delle risorse, tutte quelle misure che hanno una particolare importanza — penso alla misura A sugli investimenti strutturali, al “premio giovani”, alla misura F o ad altre azioni importanti — sono state privilegiate in questa ripartizione.
Rifinanziare in maniera consistente la misura F2 corrisponde alla conferma di una scelta politica che vede nella nostra Regione l’agricoltura biologica quella che dà una risposta in termini tecnici, in termini economici, in termini ambientali e anche di qualità delle produzioni. Finanziare questa misura con risorse più consistenti rispetto alle ultime annualità mi sembra particolarmente importante, perché abbiamo visto che ormai sono tanti gli agricoltori che vedono in questa forma di agricoltura la prospettiva del futuro, non soltanto perché sono già intorno al 7-8% quanto perché ormai diventa una scelta non tanto per inseguire il contributo ma per inseguire un’innovazione di prodotto e questo è un successo: non ci si orienti verso una forma di agricoltura perché ci sono contributi, ma ci si orienti verso una forma di agricoltura perché è una scelta imprenditoriale.
Credo che non avremmo queste cifre se così non fosse per l’agricoltura biologica nella nostra regione. Il piano ha fatto una scelta coraggiosa, bisogna darne atto a tutti coloro che hanno concorso alla decisione di dire “in questa carenza di fondi, tra le misure che finanziano il basso impatto ambientale e quelle che finanziano l’agricoltura biologica noi diamo priorità all’agricoltura biologica”. E’ una scelta che altre Regioni non si sono sentite di fare, una scelta che certamente destina le risorse a coloro che scelgono la strada più impegnativa, perché certamente produrre rispettando il regolamento 2092 e i disciplinari dell’agricoltura biologica significa affrontare delle difficoltà maggiori rispetto a una semplice riduzione e contenimento dell’uso delle sostanze chimiche in agricoltura.
Ci sono anche nuove risorse per il “premio giovani”, è un fatto positivo, avevamo delle graduatorie che sono rimaste indietro per parecchio tempo, anche per la facilità con cui questa misura finanzia e permette all’azienda agricola di accedere a risorse pubbliche. Ci sono nuove risorse anche per la misura dell’ingegneria finanziaria, in particolare quella della garanzia per i fidi e quindi un’azione, anche qui, particolarmente importante e innovativa, proprio perché premia quelle aziende che non vanno a chiedere un puro contributo per co-finanziare i propri investimenti ma si rivolgono al sistema bancario per finanziare i propri progetti e non hanno le spalle così robuste da poter offrire tutte le garanzie che oggi il sistema bancario richiede.
Credo che questa misura sia particolarmente importante anche alla luce delle decisioni che si stanno prendendo a livello internazionale con “Basilea 2”. Sappiamo che questa è una materia in evoluzione, ci sono stati degli interventi che hanno un po’ allentato alcuni vincoli che avrebbero penalizzato il sistema delle piccole e medie imprese e anche il sistema delle imprese agricole che hanno, nella nostra regione, una dimensione piccola o medio-piccola e comunque avere in funzione nella nostra regione strumenti di ingegneria finanziaria come quelli che abbiamo messo in piedi in questi anni e che soprattutto non hanno erogato fondi a soggetti che poi li hanno male utilizzati — perché non abbiamo casi di questo genere — significa essere in anticipo nei tempi rispetto ad altre Regioni, significa avere amplificato l’effetto moltiplicatore di queste risorse, perché un miliardo qui destinato ha un effetto moltiplicatore 20 rispetto agli investimenti, quindi un costo molto contenuto per la pubblica amministrazione, peraltro somme che con il tempo rientrano, quindi chiuso il ciclo di investimenti di quell’impresa, quelle risorse che sono state impegnate per garantire nei riguardi delle banche possono essere utilizzate per garantire nei riguardi delle banche altre aziende.
La riduzione delle misure da 20 a 11 io non l’ho salutata con grande favore, pur essendo la semplificazione una delle scelte che questo piano ha fatto, perché purtroppo abbiamo cancellato alcune azioni innovative che non sono state accantonate perché non hanno funzionato ma perché non le abbiamo volute utilizzare. Dentro queste azioni innovative potevano esserci delle risposte a dei bisogni nuovi, che in un primo momento potevano essere circoscritti a una quota ridotta di aziende, ma come l’esperienza in agricoltura ci ha dimostrato, nella nostra regione abbiamo fatto partire tante cose che all’inizio sembravano per pochi, poi, in realtà, si sono rivelate utili e in alcuni casi addirittura necessarie per tanti, così poteva essere per queste azioni.
Credo che non è possibile, non essendo state attivate queste misure, né dire che sarebbero state fondamentali e importanti, né dire che non avrebbero funzionato. Sono state accantonate, mi auguro che non rimangano sulla carta le idee che avevano spinto tutto un mondo agricolo a concertare su un piano di sviluppo rurale delle Marche che si articolava su una serie molto vasta di misure.
Non ho condiviso, in Commissione, un’ultima modifica, oggetto dell’emendamento presentato da alcuni colleghi della minoranza: la previsione di un portale Internet di costo spropositato rispetto all’utilità dell’investimento, un investimento di 380.000 euro che avrebbe più opportunamente potuto essere destinato altrove, magari riducendo le dimensioni di questo portale Internet all’interno di una misura M che è molto valida, sulla quale, in un primo momento, era stato posto un tetto di spesa che poi è stato cancellato perché nel frattempo era stata già attivata la procedura di gara.
Detto questo, individuati i punti neri del Psr c’è da dire che esso ha sicuramente altri pregi: l’indicazione del vincolo del 60% in relazione all’assegnazione del punteggio sui bandi. Questo vincolo del 60% obbliga a dare alla qualità del progetto il punteggio e non assegnare punteggio ai progetti presentati in base ad alti parametri, che possono essere più discrezionali o possono essere legati a caratteristiche diverse dalla qualificazione del progetto stesso. Questo è un passaggio in avanti importante, anche perché avevamo visto, nelle ultime tornate dei bandi del Psr, che la percentuale di punteggio destinata alla qualità del progetto andava man mano riducendosi, anche se all’interno acquisivano peso alcuni fattori come la presenza dell’azienda agricola in zone montane, in zone marginali, la presenza di imprenditrici femminili. Su questo punto sono state aumentate le opportunità per imprenditrici femminili che riceveranno quel qualcosa in più nella definizione del punteggio.
E’ un piano che voterò, perché complessivamente dedica anche un’attenzione particolare alle zone montane, alla zootecnia, che sono certamente i punti deboli della nostra agricoltura, perché non sono dei punti su cui in futuro potremo far leva soltanto basandoci sui risultati economici. In queste zone e in questi settori l’agricoltura, biologica o non biologica, cooperativa o individuale, ha una funzione anche sociale e ambientale che altre forme di agricoltura non possono avere, quindi è importante che in questo momento ci sia attenzione per questo settore, è importante, in questa fase, fare attenzione alla zootecnia, perché non esiste un’agricoltura senza zootecnia, un’agricoltura in rotta di collisione con la sostenibilità ambientale ma anche con il mantenimento di quel patrimonio che è la fertilità dei nostri terreni, cioè la condizione senza la quale la nostra agricoltura è perdente in termini qualitativi e quantitativi.
Quindi la zootecnia va sostenuta nelle sue forme e credo che dobbiamo pensare alla zootecnica in forma innovativa, pensare alle tante zootecnie presenti nella nostra regione, alle tante forme di allevamento che consentono di mantenere nel territorio una stretta correlazione tra coltivazioni vegetali e presenza di animali. Quindi questa attenzione alla zootecnia, automaticamente deve andare anche alle zone a pascolo. Dei territori che hanno una redditività economica bassa per unità di superficie, ma che hanno un valore estremamente alto se mettiamo il contributo che questi territori — pascoli e boschi — hanno nel bilancio ambientale complessivo della nostra regione, ivi compreso il grande tema della tutela dell’equilibrio idrogeologico della nostra regione, che ogni anno presenta dei conti rilevantissimi per la pubblica amministrazione, ma anche per gli stessi privati che comunque devono farsi carico di questo.
Quindi questa attenzione alle attività nelle zone montane mi sembra particolarmente rilevante. La troviamo nelle misure per la zootecnia ma anche nelle misure per la forestazione, anche nell’intervento per la tartuficoltura, dove sono stati ritoccati anche i massimali d’intervento. Forse potrà sembrare, a osservatori disattenti, un aspetto di dettaglio, ma non è assolutamente così. Stavamo cofinanziando progetti di realizzazione di tartufaie con una percentuale di aiuto teoricamente del 50%, in realtà spesso e volentieri un terzo e un quarto di quello che i bandi del piano dichiaravano, perché molti dei costi per la realizzazione di questi interventi erano di gran lunga superiori e noi non riconoscevamo la possibilità di rendicontare questi costi. Oggi, con alcuni meccanismi abbiamo ritoccato anche questo passaggio, perché anche nella tartuficoltura si sta verificando quello che si verifica nel settore della pesca: mentre in passato nella pesca il prodotto veniva dalla raccolta nel mare e i tartufi venivano dalla raccolta spontanea, oggi la gran parte del pescato viene dalla maricoltura, cioè dall’allevamento; così nella nostra regione e nel nostro paese la gran parte del tartufo, in particolare il nero pregiato o lo “scorzone”, viene da coltivazioni, da interventi in cui l’uomo, in un rapporto corretto di utilizzo dell’ambiente naturale, ha iniziato a produrre quello che il mercato chiede e nello specifico un prodotto che è il vero “oro nero” delle nostre colline e delle nostre montagne.
Voglio dire due cose sulla questione della spesa e chiudere questo intervento. Si è detto da più parti che dobbiamo spendere tutto, dobbiamo spendere rapidamente, all’inizio di questa legislatura c’è stata una tentazione di dire “usiamo subito tutte le risorse fin dai primi anni, esauriamo tutto”, ci sono lunghissime liste di domande, peraltro su bandi che non miravano alla qualità, che facevano entrare tutti i progetti, anzi addirittura sembrava che si presentassero i progetti tanto per presentarli, più nell’interesse dei progettisti che nell’interesse di coloro che dovevano poi avere il finanziamento, nel senso che i progettisti percepiscono una percentuale del valore del progetto. Per fortuna questa tendenza è stata bocciata, abbiamo deciso di mantenere un’articolazione, nel corso degli anni, di queste risorse finanziarie a disposizione.
Credo che questa, per noi, sia stata una soluzione intelligente, perché nel bilancio della nostra Regione, nelle leggi ordinarie non ci sono quasi per niente risorse per gli investimenti infrastrutturali. Quindi togliere la possibilità di finanziare un piano di miglioramento aziendale, un intervento infrastrutturale perché nel bilancio della Regione, nelle risorse proprie non c’è una risposta, togliere questa possibilità perché sul Psr non c’è più capienza, significava fermare l’agricoltura marchigiana, fermare il processo di innovazione. Sarebbe stato un errore clamoroso. Bene hanno fatto la Giunta, regionale o l’assessore, o i dirigenti, nel tavolo nazionale a opporsi al meccanismo che stabiliva che bisognava impegnare e spendere tutto in tempi estremamente rapidi, addirittura di gran lunga in anticipo rispetto alla fine del periodo del piano di sviluppo rurale, anche se questa posizione non è poi stata sposata dalle altre Regioni.
Questa scelta faceva comodo a coloro che hanno speso tutto subito e peraltro hanno fatto la scelta, conoscendo il quadro di spesa delle altre Regioni, di spendere tutto su iniziative tipo l’indennità compensativa, in cui basta soltanto presentare una domanda e poi si riceve il contributo pubblico, ma non c’è nessun impegno a realizzare investimenti, non c’è nessun impegno a strutturare una filiera. Quindi le Regioni che hanno fatto questo, o sono nelle condizioni di avere leggi regionali proprie, con cui finanziano poi investimenti strutturali, o hanno meccanismi di intervento tipo Cassa del mezzogiorno, quindi benefici che arrivano direttamente dallo Stato e che Regioni come la nostra, del centro-Italia non hanno, o sono delle Regioni che tendono a portare allo sfascio l’agricoltura del proprio territorio, perché applicano o attuano la politica della cicala piuttosto che quella della formica. Alle cicale che hanno fatto certe scelte sono preferibili le formiche marchigiane che hanno cercato di dosare nel tempo queste risorse, anche se sono passati dei meccanismi che tendono ad accelerare non tanto i tempi della spesa quanto la data in cui non ci devono più essere risorse disponibili sul piano di sviluppo rurale.
Questo richiederà una maggiore attenzione dell’assessorato, una capacità di saper dosare le risorse, saper far scattare i bandi, i finanziamenti nei tempi giusti, ma sono convinto che se l’attenzione sul Psr delle Marche rimane alta, come è stata lata in questi anni — non è un caso che un atto come questo, che poteva passare inosservato nel dibattito in Commissione, in aula, ha ricevuto attenzione — non potrà che giovarsene l’agricoltura marchigiana e credo che questo vada a merito di coloro che a vario titolo hanno tenuto alta l’attenzione su questo argomento, concorrendo a migliorare il contenuto finale di questo provvedimento, sul quale confermo il mio voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cesaroni.

Enrico CESARONI. E’ vero, la discussione sul Psr è stata di approfondimento, abbiamo discusso per 30 ore cercando di cambiare qualcosa rispetto al vecchio Psr. Siamo riusciti a cambiare qualcosa, però da tutti i consiglieri sento sempre dire grosse parole a favore dell’agricoltura, ma nei fatti non è quello che si dice. C’è molta differenza fra quello che il Consiglio approva e i bandi che i coltivatori si trovano a preparare e sviluppare. Non è come diciamo noi. Qui sembra tutto facile, ma l’agricoltura non cresce, i giovani non fanno agricoltura, le aziende non si creano perché ci sono difficoltà. La prima difficoltà è la necessità di semplificazione del piano, perché per fare un piano di sviluppo agricolo ci vogliono tecnici, ingegneri, bisogna spendere milioni prima di presentare un piano che non si sa poi se verrà finanziato. Prima di iniziare la discussione di questo Psr abbiamo detto “vogliamo creare nuove aziende agricole con i giovani”, per lasciare un segno di continuità dell’agricoltura. Era questa la volontà di tutti e su questa linea abbiamo operato. Infatti abbiamo favorito i giovani per quanto riguarda la misura A, con priorità assoluta, abbiamo dato finanziamenti per gli insediamenti dei giovani, cercando di coprire tutte le richieste che i giovani hanno fatto, anche quelle degli anni precedenti, perché con questo Psr negli anni precedenti abbiamo pagato i debiti per l’Obiettivo 5b, centinaia e centinaia di domande. Adesso cerchiamo almeno di soddisfare le esigenze dei giovani che hanno fatto domanda con il Psr dal 2000 in avanti. I giovani che hanno fatto domanda nel 2000 ancora non sono stati liquidati neanche del 50% del premio e già sono tre anni che fanno attività agricola.
Chiedo quindi maggior controllo da parte della Commissione sui bandi e su come si evolve la spesa, perché noi dobbiamo essere veloci nello spostamento delle cifre, per soddisfare le esigenze, soprattutto nella misura A. Avenali ha detto che ancora abbiamo 200 miliardi di investimenti da spendere, ma gli investimenti sono molto meno, perché in quei 200 miliardi vi sono molte spese per servizi. Paghiamo molti servizi, ma se non c’è chi lavora i terreni i servizi non servono più, dobbiamo creare prima le aziende e poi i servizi, invece facciamo l’opposto: prima finanziamo i servizi alle organizzazioni professionali, alle organizzazioni cooperativistiche, strutture ma non c’è più chi chiede il servizio, perché le aziende agricole stanno tutte per chiudere in quanto non ci sono più giovani che continuano a lavorare. Noi dobbiamo creare veramente le aziende, poi andare avanti e fare i servizi. Invece qui c’è uno sbilanciamento molto sui servizi e poco sugli investimenti. Per questo, come Forza Italia ci asteniamo sul Psr, perché chiediamo più finanziamenti sugli investimenti e meno sui servizi, poiché vogliamo creare aziende vere, di giovani, che possano continuare nel tempo ed essere competitive a livello di mercato comune europeo, altrimenti rischiamo di non essere più competitivi. Siccome questo piano è l’ultima opportunità e dobbiamo impegnare la spesa nel 2004 da spendere entro il 2006, è importante che controlliamo continuamente la spesa, altrimenti rischiamo di non spendere tutti i finanziamenti della Ce e non facciamo un vero sviluppo rispetto alle priorità che abbiamo dato noi come Commissione.
Per quanto riguarda l’imprenditoria femminile, noi non siamo contrari, ma siamo favorevoli a certe condizioni, quelle indicate nell’emendamento. Chi già da tre anni svolge questo tipo di attività deve avere anche la priorità dei 10 punti, però non vorrei che il premio di 10 punti per l’imprenditoria femminile scavalcasse il punteggio di un coltivatore che abita in montagna, altrimenti facciamo sempre la politica all’inverso: un coltivatore che ha l’azienda in montagna non prende il contributo e magari un’impresa femminile sul lungomare prende il finanziamento. Qui creiamo un’altra disparità, quindi chiedo all’assessore e al servizio di fare i bandi giusti, per dare la possibilità a chi vive in zone svantaggiate di avere le stesse opportunità che ha un’impresa femminile, almeno questo, perché non bisogna considerare solo 10 punti per l’imprenditoria femminile e chi vive in zone svantaggiate non ha alcuna facilitazione.
Sulle zone montane è vero quanto è stato detto, però c’è un piano zootecnico fermo da un anno che si ricomincia a discutere da capo; c’è il piano agricolo regionale, di cui si parla da un anno e non si discute. A chi opera nel settore servono risposte urgenti, altrimenti non si può fare alcuna scelta. Non è come per l’industria, che quando uno è coperto, dalla sera alla mattina cambia indirizzo produttivo. In agricoltura ci vogliono anni per cambiare un indirizzo produttivo e se non c’è un indirizzo serio e chiaro della Regione si blocca tutto: si fanno le domande per prendere solo per prendere i finanziamenti, perché questa è la logica. Non c’è una politica che guardi al futuro e così non si creano aziende, quindi finché ci sono i contributi ci sono le aziende, ma quando non ci saranno più i contributi non ci saranno più neanche le aziende.
Precedentemente non sono state create, nel mondo agricolo, aziende competitive, non sono state create aziende, al massimo abbiamo cambiato la stessa azienda dal padre al figlio, ma non abbiamo creato veramente aziende. Abbiamo lavorato molto su questo Psr per creare qualcosa di buono per poter almeno dire “abbiamo creato 50 attività agricole nuove”, puntando su 50 giovani che possano portare avanti l’agricoltura”. Questo non è stato fatto, fino ad oggi, ma è stato fatto un discorso di sperpero di denaro pubblico che poi non è andato tutto a vantaggio degli agricoltori, perché 10 agli agricoltori e 90 ai servizi per l’agricoltura. Noi paghiamo miliardi e miliardi per i servizi a tutte le strutture che lavorano in agricoltura e all’agricoltura va 10. L’abbiamo visto anche per il Psr: avevamo messo una clausola, stabilita all’unanimità in III Commissione, sulla misura M, di 100.000 euro — aveva votato a favore anche Avenali — poi dalla III Commissione è andata in VI Commissione, si è modificato il piano e siamo ritornati indietro, oggi la spesa è libera. Perché? Perché l’assessorato ha fatto un bando per l’informatizzazione di 350.000 euro. I 250.000 euro che si spendono in più, non potevano soddisfare 4 miliardi di investimento per la meccanizzazione, assessore? Invece, quegli agricoltori purtroppo non avranno il contributo per la meccanizzazione, perché non saranno sufficienti i fondi, questo succederà.
Cerchiamo allora di limitare le spese superflue e diamo più possibilità a chi fa domanda di investimento di averla approvata, avere il contributo e far partire un’azienda nuova.
Per questi motivi, poiché non vediamo chiaro in questo Psr, come Forza Italia ci asteniamo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. La discussione sul piano di sviluppo rurale ha visto insieme il lavoro della VI Commissione e della III. Voglio intervenire su due questioni che hanno già assunto, per il tono della relazione del presidente e per il livello degli interventi di chi ha già parlato, la rilevanza politica che merita. Come vogliamo innovare l’agricoltura nella nostra regione? Uno dei punti è anche quello della premialità in direzione dell’impresa femminile. Tutto lo sforzo sul quale si è convenuto e in parte si è dissentito, riguarda come dobbiamo innovare l’agricoltura nelle Marche, il ragionamento della qualità, la necessità di valorizzare le zone montane, la necessità di ridurre da 20 a 11 misure. Tutto questo ragionamento sta insieme, nel senso che abbiamo la necessità di adeguare la nostra agricoltura, che sta per vivere un banco di prova molto delicato — lo è già oggi nell’Europa dei 15, lo sarà ancora di più nell’Europa dei 25 paesi — e il ridisegno della politica agricola comunitaria è un’occasione di grande potenzialità. Ovviamente ci trova in anticipo rispetto all’abbandono di politiche di alta intensità chimica, perché addirittura lasciamo il basso impatto e andiamo verso l’agricoltura biologica. Ma la questione è l’impresa agricola. Come si sostanzia la sua forza? In che modo si fanno i piani aziendali? Chi riesce a decidere di investire in agricoltura? Per questo, dal momento in cui uno decide di starci al momento in cui ha la sovvenzione pubblica, bisogna creare le condizioni perché questa impresa diventi remunerativa.
Sappiamo per esperienza che l’Ue finanzia sempre imprese che hanno solidità, quindi il fatto di poter finanziare anche piccole imprese — si è cercato di farlo nei bandi con la diversa sperimentazione nel corso di questi anni — caratterizza la nostra Regione. Così pure il fatto di voler, con più nettezza che in Emilia Romagna o in Toscana, con più nettezza di altre Regioni italiane, mettere la premialità all’impresa femminile, è politicamente molto importante. Credo che la discussione, che pure ci ha impegnato in argomentazioni molto diverse fra di noi, sia comunque un fatto importante. E’ inutile negare una differenza politica su questa questione. Quando si dice “premialità alle donne a parità”, si dice una cosa non adeguata, a mio parere. Se guardiamo i dati dei finanziamenti del Psr da qui al 31.12.2002, viene fuori che il 25% dei finanziamenti è andato alle donne, poi con differenze dentro le misure. Quindi siamo molto lontani dalla parità.
Il dato delle donne in agricoltura è ancora del 7% rispetto alla popolazione attiva delle Marche. E’ come paragonare la piccola con la grande impresa. Si dice “a parità passa la piccola”, ma la piccola non sarà mai pari alla grande perché non ha innovazione tecnologica, non ha credito rispetto alle banche. E’ la stessa cosa paragonare un’impresa femminile con un’impresa maschile.
Ciò che si è voluto fare non è stato mettere in dieci punti a parità, ma mettere i dieci punti in più all’impresa femminile, salvaguardando i tre anni. Questa è la mediazione su cui si è convenuto, ma il punto è quello di stare su una politica che attui la differenza dell’impresa femminile da quella maschile, e badate non stiamo facendo altro che il nostro dovere, sia perché l’Ue ce lo chiede, sia perché l’Ue ce lo impone e non è un caso che chi ha cominciato a leggere i documenti sul fondo di coesione e anche sulla proposta italiana di riforma della politica regionale di coesione comunitaria la capacità di mettere non la politica di parità ma la politica di differenza di genere, quindi punti in più rispetto agli investimenti delle aziende, questo è un punto che viene dato per scontato, anzi che viene censurato.
Voglio dire al presidente D’Ambrosio, che ha un documento inviato dal commissario responsabile del Fse, che dice che, nonostante quello che abbiamo fatto, siamo inadeguati rispetto ai risultati nel premiare le politiche di valorizzazione di risorse umane femminili, così varrebbe la pena di capire che cosa succede sull’Obiettivo 2. Anche qui, nell’Obiettivo 2 noi abbiamo già scritto, ma fra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare. Oggi il pregio di questa correzione del Psr dipende dal fatto che non lo correggiamo solo sugli aspetti di relazione introduttiva ma con premialità assoluta.
Perché non funziona il Fse, che pure ha queste previsioni? Perché è talmente relativa la premialità alle donne, che non funziona. Invece qui, fatto 100 ci sono comunque 10 punti e quindi, probabilmente, in un lungo periodo, se la Regione manterrà questo orientamento, quando faremo il monitoraggio qualcosa si dovrebbe vedere e questo ci mette al pari di altri paesi europei. Ho provato a controllare le politiche del Feoga nelle altre Regioni: da oggi in avanti saremo la Regione capofila su questa politica, ma la politica europea per la pari opportunità nelle aree rurali non comincia qui, oggi, ci sono politiche molto precise che l’Ue ha già introdotto in Agenda 2000 e quindi, sia nella riduzione dei meccanismi di protezione, nel mercato interno comunitario, sia quando si parla di priorità di intervento al sostegno dello sviluppo delle aree rurali, sia quando si parla di sussidiarietà, sempre l’Ue, quando valuta i progetti-paese ha messo con forza l’essenziale contributo delle donne allo sviluppo rurale. In Finlandia, dove si è aumentata una politica partita nel 1970 — ci sono i dati che dimostrano questa politica — è aumentata di molto la presenza delle donne nelle aree rurali, ma anche in Spagna dove, nel corso degli anni, il 28,3% della popolazione è attiva nelle aree rurali, percentuali che in Italia sono irraggiungibili e indescrivibili. Così pure in Germania il 29%, oppure in Austria, per parlare di un paese non dell’Unione europea, addirittura si arriva a dati come il 41,5% per alcune aree.
Il punto è che noi introduciamo una premialità, che questa premialità è obbligatoria, perché non sono mai pari le condizioni fra chi è diverso. Per fare un esempio che si capisce di più in quest’aula: perché su 40 consiglieri ci sono solo 5 donne? Non credo che nelle Marche sia concentrato tutto nella parte maschile il livello di efficienza, intelligenza, capacità. Non è così, perché nel mondo femminile, nell’economia, nella società ci sono persone che potrebbero benissimo rappresentare più del 51% anche di quest’aula. La questione è che i meccanismi della politica selezionano e poi impediscono alle donne di arrivare in alcune sedi.
La stessa cosa è con il credito alle banche: quando non hai dietro di te un background, la banca ti guarda nella faccia ma se non hai un sistema che ti protegge dal punto di vista delle fidejussioni bancarie non ti puoi presentare dicendo “sono una donna”, perché sarà sempre preferito l’uomo, più dotato dal punto di vista della copertura assicurativa o di fidejussione. La stessa questione vale per la capacità di impegno sui mezzi materiali in un’azienda. Parliamo di cose che non sono ugualmente rapportabili, quindi dire parità è come dire “non sono d’accordo”. Siccome non voglio credere che questo Consiglio non possa non trovarsi unito, credo che vada bene così come la Commissione ha scritto, perché comunque stiamo facendo un salto di qualità importante per la nostra regione. Credo che in questo modo faremmo un salto in avanti rispetto alla legislazione di questa nostra Regione, cominciando a entrare non solo nelle teorie o nei principi, ma soprattutto nella capacità di intervenire nel merito, di condizionare i bandi, la capacità di andare a quel controllo, monitoraggio dei risultati che vogliamo raggiungere. Questa diventa allora una priorità così come la qualità, così come le zone montane, diventa una questione politica di primo piano, che se il Consiglio raggiunge insieme, unitariamente, consentirà a tutti di fare un salto importante in avanti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Un breve intervento per unirmi ai colleghi nel considerare, giustamente, questo un atto importante di questo Consiglio regionale a favore di un settore che nella nostra regione ha una rilevanza considerevole.
Credo che chi segue le vicende dell’agricoltura da qualche anno e va indietro negli ultimi venti anni con il ricordo, può capire come noi arriviamo, oggi, ad un piano che è della terza generazione, potremmo dire mutuando termini da altri settori, nel senso che in poco più di vent’anni l’agricoltura marchigiana è cambiata in maniera radicale e possiamo dire che anche la stessa terminologia che possiamo leggere scorrendo il Psr così come ci viene presentato questa sera trova una configurazione che è radicalmente diversa da quella di solo 15 anni fa quando ancora si davano finanziamenti alle aziende agricole per mettere il telefono, una cosa che sembra da primi del ‘900, invece parliamo di solo 15 anni fa. Quindici anni fa si davano finanziamento per adeguare le abitazioni alle norme igieniche, oggi parliamo di innovazione tecnologica, oggi parliamo di agricoltura biologica come uno dei tratti importanti della nostra agricoltura, oggi, soprattutto, mettiamo al centro della politica agraria la politica ambientale. Anche questa dieci anni fa sarebbe stata una contraddizione in termini, perché l’agricoltura 10-15 anni fa era un elemento che andava ad aggredire l’ambiente, invece oggi diventa lo strumento attraverso il quale la politica agricola si esplica, quindi uno strumento del cosiddetto sviluppo sostenibile, che anche in agricoltura è diventato non più uno slogan ma una politica.
Credo quindi che il merito dell’assessorato sia stato quello di adeguarsi a questa nuova tendenza, che è dovuta in gran parte alla politica agricola europea e noi di questo dobbiamo essere consapevoli, perché anche e soprattutto attraverso il piano di sviluppo rurale abbiamo toccato con mano, negli ultimi 15 anni, quanto l’Europa fosse importante per il nostro paese, per lo sviluppo delle nostre imprese. L’agricoltura questo l’ha saputo cogliere, quindi noi diciamo che attraverso questo piano di sviluppo rurale si vede quanto è cresciuta l’agricoltura, ma possiamo anche dire che oggi leggiamo la capacità di guida che la Regione assume nei confronti dell’agricoltura stessa. Per capacità di guida intendo le scelte che a livello politico l’assessorato prima, la Commissione poi e oggi il Consiglio regionale assume con le misure che sono state bene illustrate dal relatore di maggioranza e poi riprese dal relatore di minoranza, che non sono, anche qui, scelte che in qualche modo vanno a toccare tutte le aziende in maniera diffusa, ma che si concentrano in poche misure, per andare a incidere — una delle espressioni più ricorsa in quest’aula questa sera — per avere la possibilità di vederne l’efficacia, i benefici immediati.
Quindi assumere una guida nel cambiamento dell’agricoltura, che sta andando avanti in maniera vertiginosa, molto più che il tempo reale, ma direi anche una capacità di guida per quello che la struttura della Regione, la struttura dell’assessorato ha saputo acquisire in termini di capacità professionale e quindi di capacità di offrire, anche da questo punto di vista, un servizio qualificato alle aziende. Parlare di politica agricola significa parlare di una pattuglia di professionisti che lavorano nell’ente pubblico a favore dell’agricoltura e questo è uno dei tanti patrimoni che abbiamo acquisito in questi anni attorno alle tematiche delle politiche comunitarie.
Passiamo dagli slogan alle politiche, passiamo già da tempo in questa capacità di fare delle scelte e di utilizzare gli incentivi e i disincentivi per incentivare, per far assumere al mondo imprenditoriale agricolo dei comportamenti virtuosi. A questo si aggiunge una capacità che ormai è diffusa nelle nostre imprese, di collaborazione, di cooperazione non solo fra imprese ma anche una capacità di collaborare con il pubblico, perché uno dei cardini della politica comunitaria è proprio quello di integrare i finanziamenti privati con quelli pubblici ai diversi livelli.
Tutto per confermare, con il voto favorevole della margherita, l’adesione a questa impostazione che la Regione Marche ha dato e confermare come questa scelta qualificante, che noi riteniamo sia stata fatta a favore delle pari opportunità — già la collega Cecchini ne ha illustrato ampiamente le caratteristiche — sia non soltanto un segnale di civiltà, l’adesione a una impostazione che dà la Ce, ma, come diceva bene la collega Cecchini, si tratta di mettere le imprese nelle condizioni di poter avere delle opportunità uguali agli altri. Questo è tanto più vero in agricoltura, dove vediamo un grande interesse da parte delle donne. Il mondo agricolo è stato sempre pieno di manodopera femminile, però, così come il mondo agricolo è arrivato tardi all’imprenditoria — perché l’imprenditoria in agricoltura data 30-40 anni — a maggior ragione dobbiamo aiutare le donne ad avere fiducia in loro stesse, in questa capacità imprenditoriale. Noi non diciamo che le donne non sono capaci di fare agricoltura, noi diciamo che c’è bisogno di incentivare ancora di più questa volontà delle donne di acquisire delle imprese proprie, quindi l’aiuto è significativo da un punto di vista del principio e io credo che non sia scandaloso che a una donna venga riconosciuta questa premialità che va a colmare un gap di consapevolezza culturale ma anche di strumenti a disposizione.
Lo stesso divario che può avere un’azienda che può essere situata in una zona montana. Siamo a un livello di incentivo, fermo restando che la scelta primaria che è stata fatta dalla Regione Marche è quella di assegnare ben 60 punti alla politica della qualità. Quindi credo che possiamo essere soddisfatti perché questo piano di sviluppo fa delle scelte che vanno verso un avvenire per le aziende agricole, credo che dovremmo monitorare ancora di più, rispetto a quello che abbiamo fatto in passato per valutarne l’efficacia, considerato il fatto che andiamo verso un periodo in cui ancora di più le aziende dovranno investire in loro stesse, perché, come sappiamo, con l’allargamento gran parte della politica verrà rivista, quindi è bene che utilizziamo questi anni per capire quello che sta succedendo in agricoltura e capire soprattutto come i soldi vengono spesi per poter anche progettare meglio il futuro dopo il 2006.

PRESIDENTE. Visto che sono già le 18, direi di non fare dichiarazioni di voto. Tutti coloro che non sono intervenuti e che si sono riservati l’iscrizione alla dichiarazione di voto, sono invitati a non ripetere lo stesso dibattito, altrimenti non chiuderemmo in un tempo dignitoso. Tengo ancora aperte le iscrizioni, ma evitiamo di fare dichiarazioni di voto, possibilmente.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Avrei fatto così, Presidente, anche senza la sua opportuna proposta e richiesta, perché queste brevi considerazioni servono a dare un contributo alla discussione, in quanto siamo nella continuità di rivalutare un settore, quello agricolo, che ha già visto questo Consiglio discutere in una riunione monotematica. Diversi piani sono stati approvati: quello sulla zootecnia, alcune leggi importanti sulla forestazione, altre leggi inopportunamente bloccate, come quella sulla zootecnia sono in via di discussione e di approvazione. Oggi discutiamo ed approviamo un atto complesso, il piano di sviluppo rurale che mobilita ingenti risorse e cerca di portare le Marche su un livello di qualità rispetto ad una possibilità quantitativa che è sempre minore in virtù della nuova politica europea.
Siamo quindi in presenza di una discussione che va completata, va verificata e, per quanto ci riguarda, la nostra posizione è favorevole. I Comunisti italiani condividono questa proposta, hanno cercato di dare un contributo anche su quei punti che in qualche modo andavano chiariti. Certo poteva uscire un testo migliore, tuttavia mi pare che questa proposta tiene conto dell’esigenza di modernizzare l’agricoltura delle Marche, di valorizzare il progetto, di valorizzare la qualità ed il sistema delle Marche.
Si è discusso molto dell’imprenditoria femminile. Io credo che sia giusto il principio, giusta la sostanza di valorizzare l’impresa femminile, di dare maggiori punteggi a questa impresa, partendo dalla parità della qualità del progetto. Se mai l’obiezione era sul metodo. Non sono un “conservatore di sinistra”, anche se bisognerebbe essere sempre, in generale, un po’ conservatori ma anche rivoluzionari. L’obiezione era sul metodo, su come si doveva e si deve affermare l’effettiva valorizzazione non già della superata questione femminile ma della differenza di genere. L’obiezione, secondo me, deriva ed è derivata dal fatto che non bisogna introdurre una riserva, come se questo potesse in qualche modo salvare una marginalità inferiore, ma appunto occorre — e la proposta fa questo, a mio modo di vedere — invertire una concezione maschilista, che, paradossalmente, strumentalizzando l’opportunità del maggiore punteggio, fa sì che alcune persone intestino l’azienda, oggi a titolarità maschile, alle proprie mogli, sorelle, figlie. Ma siccome nessuno vuol fare questo, penso che in maniera giusta anche le colleghe e le compagne, come la Mollaroli ed altre, con forza hanno sottoposto questa questione come un fatto di cultura, non solo come un fatto di sostanza mera a se stessa per prendere qualche punto e credo che avete fatto molto bene.
Il testo che oggi approviamo e votiamo è più chiaro, più rispettoso, a mio modo di vedere, dell’effettiva esigenza della parità e dell’effettiva dignità dell’impresa femminile nelle Marche. Come pure bisogna intervenire su un punto che in qualche modo, per motivi organizzativi è stato lasciato ad una discrezionalità tecnica o troppo tecnica, come quello della misura M sulle spese ammissibili, dove la III Commissione consiliare, per quello che riguardava l’informatizzazione della commercializzazione dei prodotti e dell’acquisto delle attrezzature informatiche, aveva messo in maniera giusta il tetto dei 100.000 euro. Oggi questo tetto, su proposta della Giunta viene tolto. La Commissione, con una discussione di merito ha tolto questa ipotesi e di fatto siamo ad una previsione dei tre paragrafi o capitoli delle spese ammissibili, pag. 155, di 150.000 euro ed è per questo che ho proposto — e la Commissione ha accolto — di invitare con un apposito ordine del giorno che la Commissione ha fatto, all’assessorato e alla Giunta regionale, di utilizzare questi quasi 700 miliardi di lire per riempire il sito non già di una pubblicità impropria, già inflazionata, ma per una effettiva promozione del sistema Marche sul versante dell’agricoltura.
E’ con queste considerazioni breve e schematiche che voteremo a favore.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Poche considerazioni per esprimere il giudizio positivo del gruppo Ds intorno a queste modifiche al Psr che stiamo approvando. Considerazioni di carattere più generale, perché molto opportunamente sono state illustrate nel dettaglio le varie misure e le varie modifiche che sono state apportate all’interno del piano dal relatore Avenali. A me preme sottolineare come, attraverso questo atto, si vada ulteriormente perfezionando un’idea legata all’agricoltura del futuro, un’idea che sempre di più vede l’agricoltura e la politica per l’agricoltura legata soprattutto al ruolo e alla funzione che questa svolge all’interno del territorio. Non siamo in presenza di un piano agricolo in quanto tale ma di un vero piano di sviluppo rurale, il che significa la grande attenzione che in sede di programmazione regionale, nell’eseguire e nel dare corso ad un’impostazione, ad una indicazione della comunità dell’Ue, che individua nelle zone rurali, in tutte quelle zone che caratterizzano grandemente il territorio della nostra regione, a basso insediamento abitativo, una funzione ed un ruolo che, giocando sulle potenzialità endogene di questi territori, può essere svolta in termini di crescita e di sviluppo. E’ chiaro che in questi territori soprattutto, l’agricoltura assume e svolge un ruolo ed una funzione importante nell’ambito delle potenzialità di sviluppo di quei territori. Di questo si tratta e di questo stiamo discutendo, quindi non di un piano che ragiona sugli incentivi all’agricoltura, cioè su quella sorta di sostegno al reddito al quale siamo stati abituati negli anni, ma che ormai è grandemente superato e che nei prossimi anni non avremo più neanche modo di poter realizzare ma, al contrario, un piano che tende a strutturare l’agricoltura nel futuro, che tende a fare in modo di ritagliare all’agricoltura un ruolo importante nell’ambito dello sviluppo di certe zone, soprattutto se questo viene giocato, tra l’altro, nell’ambito dell’integrazione con altre realtà imprenditoriali e caratterizzazioni che vengono proprio da quei territori, nell’ambito della salvaguardia del territorio, nell’ambito dell’integrazione e della multifunzionalità dell’impresa, nell’ambito di quanto, giocare sullo sviluppo dell’impresa agricola, può servire alla salvaguardia del territorio ma può servire anche al turismo e a tutta una serie di potenzialità che in quei territori vengono giocati.
In questo piano vengono semplificate le misure, selezionate, credo in modo appropriato e sempre di più si va nella direzione della qualità dell’agricoltura, quindi non finanziamenti a pioggia, ma al contrario una scelta, che vede nell’agricoltura di qualità, nel biologico in primo luogo, nello sviluppo dell’impresa dei giovani in agricoltura, la possibilità di strutturare l’ingresso delle nuove imprese e le imprese giovanili che già sono presenti all’interno dell’agricoltura, la funzione ambientale che l’agricoltura sempre di più svolge e ancora di più dovrà svolgere nel futuro, le misure di ingegneria finanziaria a supporto di una politica complessa e complessiva che deve guardare questo mondo. Questa è la filosofia positiva di questo piano di sviluppo rurale e la parte più innovativa, che con queste modifiche trova ulteriore slancio ed ulteriore sforzo in una continuità rispetto all’approvazione, avvenuta già in questa legislatura, del piano iniziale. Con queste modifiche, ulteriormente si va in tale direzione.
Un’ultima considerazione credo vada fatta nell’esprimere un giudizio positivo sul lavoro della Giunta e del servizio intorno a questo piano, ma soprattutto anche rispetto alla metodologia che è stata applicata nel portare a compimento l’iter di questo atto amministrativo, dove per la prima volta, in modo chiaro e forte vediamo un ruolo che è stato giocato dal Consiglio attraverso il lavoro delle Commissioni e per la prima volta siamo riusciti, attraverso un lavoro qualificato svolto dall’assessorato e dal servizio, in collaborazione con la Commissione, a gestire in itinere il rapporto con l’Ue, non siamo stati soltanto soggetti passivi di indicazioni che ci venivano date dall’Ue ma nell’ambito delle trattative che durante l’iter di definizione di questo piano si sono svolte con l’Ue stessa abbiamo avuto la possibilità di dire la nostra, di caratterizzare, quindi, la nostra possibilità di scelta. Anche su questo credo che vada dato un giudizio politico positivo che va a rafforzare la scelta e la convinzione nell’esprimere voto positivo a questo piano di sviluppo rurale, nella convinzione che potrà contribuire fortemente alla crescita e alla stabilità di uno sviluppo dell’economia della nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Silenzi.

Giulio SILENZI. Questo dibattito è importante per l’economia regionale e per tutto il mondo agricolo. In uno degli ultimi Consigli abbiamo approvato la legge sull’assistenza tecnica, quella riforma sull’assistenza tecnica, che aiuta tutto un mondo a proseguire sulla strada dell’innovazione e della modernità e del sostegno alle imprese in un mondo particolare, che ha nell’impresa agricola un appesantimento dovuto anche agli anni, ove si sente una maggiore necessità di cambiamento, di innovazione, quindi un aiuto concreto per assistere tutti coloro che vogliano fare impresa con un prodotto che poi riesca a stare autonomamente sul mercato, senza assistenza contributiva, dando il massimo da parte pubblica, con un aiuto in un percorso progettuale nuovo, che chiama tutto il mondo associativo ad uno sforzo di miglioramento, di innovazione: la fatica dell’innovazione rispetto al ristagno delle situazioni date.
Quell’atto di riforma dell’assistenza tecnica è stato un fatto importante, legato a quello che stiamo discutendo, per come utilizzeremo quelle decine di miliardi per il sostegno alle nostre imprese, determinando una programmazione che incida profondamente sul mondo agricolo, perché stiamo parlando di 320 miliardi complessivi di investimenti, 200 di parte pubblica, 120 di parte privata per i prossimi due-tre anni. Quindi due atti che ritengo fondamentali per la modernità del settore dell’agricoltura, per l’innovazione sulla caratterizzazione della qualità, della valorizzazione delle nostre peculiarità, puntando su un’integrazione del reddito che dia all’agricoltore la soddisfazione per un duro lavoro che viene fatto e un riconoscimento economico rispetto a questo lavoro.
Mi sento quindi, non in maniera formale ma convinta, di ringraziare per il dibattito scevro dalle tentazioni demagogiche e polemiche fini a se stesse, di ringraziare tutti i consiglieri della III Commissione in primis ma anche della VI che è stata poi coinvolta nella parte terminale del dibattito, perché si è prodotto un risultato importante, che non era scontato.
Un ringraziamento anche al bi-presidente delle due Commissioni Avenali, che ha condotto questo dibattito e le varie posizioni in maniera utile all’agricoltura, con una procedura nuova per questa Regione. Non siamo venuti in aula con un piano già definito e immodificabile, anzi abbiamo voluto coinvolgere il momento consiliare come fondamentale rispetto a una concertazione che c’era stata sulle modifiche al Psr ma che non era rigida, che lasciava al dibattito della Commissione la possibilità di intervenire anche sostanzialmente, rispetto alle scelte o alle allocazioni di indirizzi che dovevano poi allocare risorse, in maniera che le scelte venissero fatte da una sintesi all’interno della Commissione, con l’accortezza di non fare bandi con riserva che creano sempre situazioni spiacevoli e indefinite, ma aprire un confronto con la Ce, in modo che la Commissione potesse recepirne gli indirizzi, traducendoli in un atto che è venuto in aula, con scelte fatte da tutti condivise, quindi un atto importante che segna, insieme alla legge di riforma dell’assistenza tecnica, alla legge sulla zootecnia, alla legge sulla forestazione, alla legge sulla qualità — atti approvati o in fase di discussione all’interno della Commissione — tutto lo scenario di un’agricoltura moderna e di come noi vogliamo indirizzare le risorse europee, statali e regionali per sostenere questo processo di innovazione nella regione. Quindi andremo a fare un piano regionale dell’agricoltura, che in larghissima parte abbiamo già discusso o stiamo discutendo, quindi è l’insieme di questa nuova struttura legislativa che darà il piano agricolo regionale quale momento di confronto ulteriore tra le forze politiche e le forze associative.
In questo caso penso che la politica ha svolto bene la sua funzione, perché innovare è una parola suggestiva, ma poi realizzare innovazioni quando vi sono interessi finanziari considerevoli non è mai scontato e il ruolo della politica è quello di guidare un processo di innovazione e non lasciarsi intrappolare rispetto a interessi consolidati, che se vengono modificati creano una situazione di difficoltà. Molte volte la politica deve guidare alcuni processi di innovazione anche rispetto al mondo associativo, che può avere, in un particolare momento, altri interessi. Penso che in questo contesto, anche con il confronto aperto rispetto alle forze associative, economiche e sociali, la politica, il Consiglio regionale hanno svolto una funzione di traino e hanno avuto una visione lungimirante rispetto a quello che dovevamo fare.
Noi abbiamo scelto i giovani: come potevamo non fare questa scelta? E’ elementare in una regione dove l’agricoltura è fatta di anziani, dove gli imprenditori agricoli hanno, per la maggior parte, sopra i 55-60 anni, dove i giovani sotto i 45 anni sono una percentuale minima. E’ chiaro che tutti i progetti che vengono dai giovani devono trovare una premialità. Così come il dibattito sull’imprenditoria femminile, questo 10% in più va nella direzione di privilegiare un’imprenditoria che, altrimenti, nel mondo dell’agricoltura, avrebbe percentuali basse. Non è l’assistenza fine a se stessa, la quota che viene riservata all’imprenditoria femminile indipendentemente dal progetto che si presenta, ma se ci sono progetti di qualità è giusto riconoscere quel quid in più che favorisca una imprenditrice agricola rispetto ad un imprenditore, ma questo a parità di condizioni di qualità del progetto e non di assistenza fine a se stessa.
Così come le altre scelte che abbiamo fatto. Condivido l’introduzione del relatore, quindi non riprendo altre questioni che qui sono state sottolineate, come la scelta del biologico che confermiamo e che è importante, perché destiniamo decine e decine di miliardi a un settore importante, che connota, in parte, la nostra agricoltura e la nostra regione in tempo di Ogm su cui sapete qual è la nostra posizione.
E’ stato anche sollevato il problema del portale che non è legato alla pubblicità. Per fare un portale di pubblicità non c’è bisogno di centinaia di milioni, basterebbero poche decine di milioni. Si tratta di un portale dell’agricoltura che regolamenta tutto questo mondo e che mette in rete le aziende, che modernizza questo settore, che va dal catasto dei terreni e delle vocazioni dei terreni alla messa in rete tra l’utente e le stesse aziende e quindi abbisogna di un intervento pari ad altri interventi che abbiamo fatto per i musei delle Marche, per le pinacoteche. Sono risorse che non sono esagerate: una volta fatto questo portale, chi verrà nella prossima legislatura farà delle scelte mirate in base alle esigenze. L’esigenza è di modernizzare un settore a cui puntare molto, perché sarebbe miope, parlando di centinaia e centinaia di miliardi, che rimanessimo indietro sulla rete, sul collegamento Internet, che è il futuro. Quindi, quelle risorse che abbiamo destinato, non sono nuove ma erano già state destinate in quella misura e che abbiamo accelerato nella spesa, dovendo anche rendicontare e pertanto sarebbe stato un errore avere le risorse e non spenderle, non aiutando il processo di innovazione che volevamo portare avanti.
Ci sarà poi un confronto sui bandi e sulle ulteriori spese, perché è giusto che ci sia anche un’opera di controllo, da parte del Consiglio, di quello che si va a realizzare, poiché siamo profondamente convinti che quello che si andrà a realizzare sarà utile all’impresa agricola, per chiarificare, per snellire ma anche per mettere in rete, anche per valorizzare e vendere i prodotti.
Questo atto è quindi importante, di nuovo ringrazio sentitamente i consiglieri regionali. Penso che questa sera abbiamo scritto una pagina importante e positiva per l’agricoltura e per i lavori dello stesso Consiglio regionale. Nel ringraziamento non posso che associare il lavoro del servizio, del dirigente Bozzi e di tutta la “squadra”, perché è stato un lavoro duro che ha impegnato i consiglieri ma ha impegnato anche la struttura che ha risposto in maniera molto positiva e puntuale.

PRESIDENTE. C’è ora l’emendamento n. 1, presentato da Gasperi, Novelli, Pistarelli, Viventi, Ciccioli, Romagnoli, Cesaroni e Castelli. Ha la parola il consigliere Gasperi per illustrarlo.

Gilberto GASPERI. Questo emendamento era stato presentato anche in Commissione. Si chiede di togliere “marketing”, proprio in funzione di quello che avverrà dopo, visto e considerato che ci sarà un incarico per un sito. Togliere “marketing” ci può permettere di avere una riduzione del costo della destinazione fatta con un incarico già pronto e preparato. Non appena verrà approvato questo progetto l’incarico verrà assegnato. Noi, proprio per questo motivo vorremmo togliere la parola “marketing”, perché è una dizione non idonea, dal momento che il marketing deve essere fatto direttamente dai produttori e non può essere assolutamente fatto da un sito a livello regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

Ferdinando AVENALI. Esprimo il parere sia sul primo che sul secondo emendamento, visto che sono collegati.
Credo che debbano essere respinti questi due emendamenti, per il fatto che c’è già stata una lunga discussione sul sito e peraltro l’assessore ne ha adesso spiegato anche i contenuti. Aggiungo che domani mattina firmerò la lettera, come avevamo concordato in Commissione, con la quale facciamo una sorta di raccomandazione alla Giunta affinché, laddove sia possibile risparmiare, anche rispetto a questo investimento, risorse da lasciare a favore delle imprese agricole lo si faccia senza snaturare la qualità del progetto stesso.
Alla luce di questi due fatti invito a ritirare gli emendamenti, oppure a votare contro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 1.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 2. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Lo illustro per un motivo molto semplice. Questo emendamento è molto importante. Noi poniamo un limite che tra l’altro era già stato previsto e noi indichiamo il limite massimo di 100.000 euro. In tutte le operazioni, quando si tratta di un privato, viene detto “tanto dalla Ce, tanto dalla Regione”. In questo caso, siccome i soldi sono su un programma regionale, è tutto finanziato dalla Ce, però siccome quel costo è intorno agli 800 milioni, è vero che è finanziato dalla Regione, ma quei soldi vengono sottratti ai privati, perché della misura M viene tolto un importo pari a 800 milioni. Quindi non è che questi soldi vengono dati dalla Ce, anzi vengono dati dalla Ce, ma se non poniamo un limite, qualsiasi progetto fatto direttamente dalla Regione sottrae fondi direttamente ai privati che vogliano investire.
Se la Regione ritiene che sia idoneo e giusto un certo tipo di programma, deve destinare una parte dei finanziamenti delle proprie risorse e non prelevarli dalla Ue a scapito dei privati. Pertanto è falso quanto detto prima nella relazione, cioè che questo progetto è un qualcosa per allargare e per dare maggiore beneficio. Se realmente si crede a questo beneficio, non devono essere sottratti capitali agli imprenditori agricoli. Per una parte posso essere anche d’accordo, massimo per 100.000 euro, ma la restante parte può essere tranquillamente messa dalla Regione che, se crede a questo progetto, è giusto che investa una milionesima parte del suo bilancio.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 18,40