Resoconto seduta n. 16 del 09/11/2000
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI GIOVEDI' 9 NOVEMBRE 2000
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI
INDI DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPE RICCI

La seduta inizia alle 11,10

Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 15 del 18 ottobre 2000.

(E' approvato)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 21 del 24 ottobre 2000, ad iniziativa della Giunta regionale: «Assestamento del bilancio 2000», assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 22 del 20 ottobre 2000, ad iniziativa dei consiglieri Amati, Silenzi e Secchiaroli: «Interventi per la promozione della cultura della pace e dei diritti umani», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 23 del 23 ottobre 2000, ad iniziativa della Giunta: «Modificazione ed integrazione della l.r. 28 marzo 1988, n. 6 recante: "Norme in materia di artigianato in attuazione della legge 8 agosto 1985, n. 443"», assegnata alla III Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 24 del 27 ottobre 2000, ad iniziativa del consigliere Viventi: «Tutela dalle esposizioni ai campi elettromagnetici derivanti da impianti fissi di radiofrequenza e telecomunicazione», assegnata alla IV Commissione in sede referente.



Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 24 del 31 ottobre 2000, ad iniziativa della Giunta regionale: «L.R. 39/97, art. 3, commi 1-2-3. Programma triennale degli interventi regionali a favore degli emigrati marchigiani per gli anni 2001/2003», assegnata alla III Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 25 del 2 novembre 2000, ad iniziativa dell'Ufficio di presidenza: «Bilancio di previsione del Consiglio regionale per l'esercizio finanziario 2001», iscritta all'ordine del giorno;
— n. 26 del 2 novembre 2000, ad iniziativa dell'Ufficio di presidenza: «Elezione della Commissione regionale per le pari opportunità tra uomo e donna. Legge regionale 18 aprile 1986, n. 9, articolo 3)», iscritta all'ordine del giorno;
— n. 27 del 2 novembre 2000, ad iniziativa della Giunta: «Reg. (CE) 1260/99. Approvazione del Documento Unico di Programmazione (DOC.U.P.) per le zone obiettivo 2 ed in sostegno transitorio delle Marche anni 2000/2006», assegnato alla VI Commissione in sede referente;
— n. 28 del 3 novembre 2000, ad iniziativa della Giunta regionale: «Piano regionale di tutela e risanamento della qualità dell'aria, ai sensi del D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203 (l.r. 5 settembre 1992, n. 46, art. 7)», assegnata alla IV Commissione in sede referente.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 46 del consigliere Pistarelli: «Patto territoriale della provincia di Macerata», iscritta all'ordine del giorno;
— n. 47 del consigliere Procaccini: «Politica infermieristica regionale»;
— n. 48 dei consiglieri Pistarelli Romagnoli, Novelli, Ciccioli, Gasperi e Castelli: «Finanziaria 2001 - spesa sanitaria»;
— n. 49 del consigliere Ceroni: «Legge regionale 5 agosto 1992, n. 34: Norme in materia urbanistica, paesaggistica, assetto del territorio»;
— n. 50 del consigliere Massi: «Possibilità per i sindaci di essere ricandidati per la terza volta consecutiva»;
— n. 51 del consigliere Amati: «Solidarietà con il popolo Saharawi».



Legge regionale restituita vistata
dal commissario di Governo

PRESIDENTE. Il commissario di Governo nella regione Marche ha restituito, vistata, la legge regionale: «Norme per l'acquisto di quote partecipative del capitale della Finanziaria Regionale Marche s.p.a.».




Deliberazioni inviate dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta regionale ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 2110 del 10 ottobre 2000: «Art. 29 della l.r. 23 marzo 2000, n. 22. Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2000 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato relative alla quota del Fondo Sanitario Nazionale - conto capitale - per l'anno 2000. Lire 7.034.000.000»;
— n. 2112 del 10 ottobre 2000: «Art. 29 della l.r. 23 marzo 2000, n. 22. Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2000 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per il rafforzamento e lo sviluppo delle imprese agroindustriali (art. 13, comma 1, D.L. 173/98). Lire 2.796.000.000»;
— n. 2168 del 17 ottobre 2000: «Art. 12 della l.r. n. 13/2000, riutilizzo fondi»;
— n. 2169 del 17 ottobre 2000: «Variazione al bilancio di cassa per l'anno 2000. Lire 5.088.755.383»;
— n. 2170 del 17 ottobre 2000: «Art. 29 della l.r. 23.3.2000, n. 22. Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2000 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dello Stato relative al programma nazionale "Biodiversità e risorse genetiche". Lire 105.479.983»;
— n. 2216 del 24 ottobre 2000: «Art. 29, della l.r. 23 marzo 2000, n. 22. Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2000 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per la riqualificazione dell'offerta turistica. Legge 203/1995. Lire 192.513.350»;
— n. 2217 del 24 ottobre 2000: «Art. 29 della l.r. 23 marzo 2000, n. 22. Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2000 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per il pagamento delle rate - anno 2000 - del mutuo contratto per fronteggiare le occorrenze conseguenti agli eventi sismici iniziati il 26.09.1997 - quota a carico dello Stato. Lire 7.500.000.000»;
— n. 2218 del 24 ottobre 2000: «Art. 29 della l.r. 23 marzo 2000, n. 22. Iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2000 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per l'innovazione tecnologica, l'ammodernamento e il miglioramento dei livelli di sicurezza degli impianti a fune - art. 8, Legge 140/99 e D.L. 24.11.1999. Lire 7.000.000.000».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Ascoli e Martoni e gli assessori Melappioni e Ottaviani.



Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Nei giorni 30 e 31 ottobre si è tenuta a Santiago de Compostela (Spagna) la IV Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative delle Regioni d'Europa. Erano presenti le Presidentesse ed i Presidenti di quasi tutte le Assemblee legislative delle Regioni europee che sono dotate di poteri legislativi. Centocinquanta persone in rappresentanza delle Regioni di Spagna, Italia, Austria, Germania, Belgio, di Aland (Finlandia), di Azzorre e di Madeira (Portogallo), della Scozia (Regno Unito).
Un giorno e mezzo di intensi lavori, alla presenza di autorevoli rappresentanti istituzionali spagnoli e della Unione europea, che hanno conosciuto momenti fortemente emotivi e politicamente significativi nella condanna unanime del feroce attentato messo in atto proprio la mattina del 30 ottobre, nel centro di Madrid, dalla banda terroristica dell'ETA.
I temi trattati hanno avuto come filo conduttore il rafforzamento della unione politica dell'Europa, la riforma dei trattati e la prospettiva di una Costituzione europea, il ruolo delle Regioni in questa nuova Europa.
La prima sessione ha trattato della Carta Europea dei Diritti Fondamentali. L'importante documento predisposto da una apposita Commissione interistituzionale ed esaminato favorevolmente nel recente vertice di Biarritz, dovrà essere ufficialmente adottato dalla Conferenza intergovernativa (CIG) che si terrà a Nizza il 6 e 7 dicembre 2000.
La Carta dei Diritti Fondamentali costituisce un grande passo avanti nel percorso che tende a dare una base giuridico-costituzionale unica all'Europa, una fonte di diritto omogenea che raccolga le acquisizioni più avanzate in tema di diritti e di libertà che esistono nei diversi paesi europei.
Nella Conferenza di Santiago, affermato il valore positivo e avanzato del testo della Carta, si è teso a rafforzarne le affermazioni in tema di protezione ambientale, assumendo i contenuti della Dichiarazione di Biscaglia del 12 febbraio 1999 in materia di diritto umano all'ambiente. Inoltre la discussione ha riguardato il valore vincolante della Carta, cioè la sua efficacia rispetto agli ordinamenti in vigore negli Stati e soprattutto la spinta affinché essa venga inserita nei trattati. La relazione-documento approvata a larga maggioranza che trovate in cartella riflette chiaramente questo dibattito e questa presa di posizione.
La seconda sessione della Conferenza è stata dedicata direttamente alla Conferenza intergovernativa 2000 del 6/7 dicembre a Nizza. Il tema era appunto La Conferenza intergovernativa sulla riforma istituzionale e le prospettive future della Ue dal punto di vista delle Regioni e dei loro Parlamenti. Il mandato della Conferenza intergovernativa 2000 è quello di stabilire le condizioni istituzionali per l'allargamento della Ue e l'approfondimento della legittimità democratica delle decisioni degli organi della Unione.
In questo contesto la Conferenza ha affermato con forza il ruolo delle Regioni nel processo decisionale europeo e nello sviluppo delle politiche comunitarie. Le Regioni sono più vicine ai cittadini rispetto agli stati nazionali e pertanto un loro più forte legame con le istituzioni europee conferisce alle decisioni degli organi Ue un maggiore livello di legittimità agli occhi dei cittadini. Di qui l'indicazione della necessità di dare poteri più forti alle Regioni nei processi decisionali della Ue rafforzando anche la collocazione istituzionale del Comitato delle Regioni fino a farne una seconda Camera europea.
Su questi punti la relazione-documento approvata dalla Conferenza è molto chiara e non necessita di ulteriori illustrazioni.
Guardiamo dunque al vertice di Nizza del 6 e 7 dicembre come ad un momento importantissimo. C'è la necessità di una mobilitazione delle forze federaliste, delle Regioni e delle autonomie locali d'Europa per far sentire la loro voce ed influire sulla Conferenza. Per questo le organizzazioni federaliste e le associazioni di Regioni ed enti locali hanno promosso una discussione nelle assemblee elettive in vista di Nizza 2000 ed una manifestazione da tenere a Nizza proprio il 6/7 dicembre. Anche noi dovremo fare la nostra parte.
Nel corso della IV Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni d'Europa di Santiago de Compostela, i Presidenti dei Consigli delle Regioni italiane presenti, hanno convenuto circa l'opportunità di accelerare il processo di trasformazione della Conferenza dei Presidenti al fine di dotare le Assemblee di un vero organo di raccordo politico e legislativo.
Hanno per questo scopo elaborato il seguente documento e deciso la convocazione di una Conferenza dei Presidenti di Consigli regionali e delle Province autonome per discuterlo. Vi leggo brevemente l'ordine del giorno che sarà discusso e rielaborato e dovrà tornare nella nostra Assemblea per poter raccogliere il parere e il voto di tutti: "Preso atto che nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicate le forme di raccordo e le relazioni collaborative interistituzionali tra le Assemblee legislative regionali e nazionali e che risulta sempre più necessario ridefinire il ruolo delle Assemblee legislative quale fulcro del processo decisionale pubblico, mettendo a punto linee comuni di intervento; rilevato che il processo di riforma istituzionale in corso induce le Regioni ad adottare misure tali che le Assemblee legislative assumano un'assoluta centralità nella definizione legislativa e statutaria delle scelte fondamentali delle rispettive Regioni; sottolineata la necessità di realizzare forme stabili di "democrazia decidente" che consentano di affrontare congiuntamente la regolazione di un sistema di poteri molteplici e ripartiti tra più livelli istituzionali; concordano di sottoporre alle rispettive Assemblee le seguenti proposte: 1) di stabilire che accanto alla denominazione ufficiale il Consiglio regionale utilizzerà la denominazione di Parlamento della Regione o della Provincia autonoma; 2) di costituire il Congresso delle Regioni (Assemblea federale), cui ogni Parlamento regionale aderisce; 3) di stabilire che il Congresso, sede naturale - per omogeneità di status, di legittimazione popolare e del pluralismo nella rappresentanza - dell'alleanza fra le Assemblee legislative regionali, svolga funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento della rete delle Assemblee legislative, di confronto e di convergenza delle politiche regionali, quale momento preliminare alla riprogettazione dello Stato italiano in senso federale; 4) di stabilire che ogni Parlamento di Regione o di Provincia autonoma si rappresentato in seno al Congresso da una delegazione composta dal presidente dell'Assemblea, o da un suo delegato, e da due consiglieri regionali; 5) di procedere, non appena insediato il nuovo organo, allo scioglimento della Conferenza dell'Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome, attribuendone le relative funzioni al neo-istituito organismo".
Ha chiesto di parlare il consigliere Andrea Ricci. Ne ha facoltà.

ANDREA RICCI. Il Presidente ci ha informato dell'esito della riunione dei Presidenti dei Consigli regionali e ci ha letto un ordine del giorno. All'interno di quell'ordine del giorno, per quanto riguarda la mia parte politica vi sono questioni e risoluzioni condivisibili e altre non condivisibili, sulle quali ritengo opportuno, nel caso in cui la comunicazione venga intesa come un mandato al Presidente del Consiglio regionale delle Marche, che si sviluppi un dibattito in questa Assemblea.
Altra cosa è se invece il Consiglio regionale prende semplicemente atto dell'ordine del giorno che il Presidente ci ha letto, senza per questo intendere che il Consiglio regionale delle Marche lo condivida nella sua interezza, rinviando successivamente un dibattito più approfondito.
Su due questioni essenzialmente mi permetto di esprimere una perplessità. La prima, quella riguardante il cambio del nome dell'Assemblea legislativa regionale in Parlamento regionale, sulla quale noi esprimiamo dubbi, perplessità e allo stato attuale contrarietà. La seconda questione, ovviamente collegata a questa, è sulla necessità di una trasformazione dello Stato italiano in senso federale, sulla quale il nostro gruppo e la nostra parte politica esprime ugualmente dubbi, perplessità ed attualmente contrarietà.
Quindi, se si intende la comunicazione come una necessità di informare il Consiglio non è necessario dibattere, se invece lo si intende come un mandato del Consiglio al Presidente, allora credo che sarebbe opportuno discuterne.

PRESIDENTE. Ringrazio il consigliere Andrea Ricci per l'attenzione dimostrata alla comunicazione. Era una semplice informazione e vorrei che tutti i consiglieri che si recassero in convegni, in particolare all'estero, di grande importanza, relazionassero al Consiglio in qualche modo, anche mettendo la documentazione nella cartella dei consiglieri, in modo che queste esperienze possano portare a una crescita collettiva e a una socializzazione di conoscenza. E' stato questo, oggi: avete una cartella con dei documenti allegati e la comunicazione era una semplice informazione per dire di quali questioni si sta discutendo nella Conferenza dei Presidenti di Assemblee regionali. C'era una riunione ieri sera convocata a Cagliari, la riunione si è conclusa dando mandato a un piccolo gruppo di rielaborare l'ordine del giorno, che ovviamente non sarà approvato dalla Commissione dei Presidenti ma sarà discusso Consiglio per Consiglio, per vedere l'orientamento di tutti i Consigli regionali del nostro Paese. Credo che sia comunque un passaggio di estremo interesse, di grande importanza e credo che noi dovremmo dare grande attenzione a questi passaggi, come abbiamo anche dimostrato ieri, grazie alla presidenza della Commissione straordinaria per lo Statuto, nell'invitare ad Ancona, con un'iniziativa del nostro Consiglio regionale, ad un incontro, i rappresentanti delle Commissioni straordinarie per lo statuto già istituite. Questo ci ha anche dimostrato che, tutto sommato, siamo anche abbastanza avanti rispetto al resto d'Italia, perché soltanto cinque sono le Commissioni per la redazione del nuovo statuto già istituite. Quindi, nessun mandato, soltanto un'informativa.




Comunicazioni dei consiglieri

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Gasperi. Per quale motivo, consigliere?

GILBERTO GASPERI. Per una comunicazione sull'autonomia dei consiglieri.

PRESIDENTE. Quindi, ai sensi dell'art. 35, ultimo comma?

GILBERTO GASPERI. Esatto, Presidente. Tra l'altro, è giusto che lei vada per il sottile per vedere tutto, però non inizi più il Consiglio se non c'è nessun membro della Giunta, perché il Consiglio non può iniziare se non c'è almeno un rappresentante della Giunta. Se vogliamo andare a vedere i particolari, andiamo a vederli.
Signor Presidente, chiedo di essere tutelato nel lavoro di consigliere, perché stanno avvenendo delle cose che sono non assurde ma indegne per la dignità del lavoro dei consiglieri. Ho fatto una richiesta — tra l'altro è sufficiente farla per fax o per telefono — poiché, come lei sa, ogni consigliere ha diritto di accesso alla documentazione della Regione. Sto seguendo molto da vicino le problematiche del mondo dell'agricoltura e sono cose che vengono già dalla precedente legislatura, ma le cose piuttosto gravi stanno succedendo, purtroppo, da un certo periodo a questa parte.
Dopo che vengono fatte le richieste di documentazione, non solo non viene dato corso alla consegna di quanto chiesto, ma addirittura, dopo che su mia pressione sono riuscito ad andare presso l'ufficio dove lavorava l'ex liquidatore dell'Esam, a marzo, ed avere constatato tale stanza era piena di documentazione, adesso tale documentazione non c'è più. Indipendentemente da questo, sono stato invitato ad uscire perché dovevano chiudere tale stanza, senza darmi i documenti che avevo richiesto.
Volevo telefonare ai carabinieri e la prossima volta lo farò, chiamerò i carabinieri per essere tutelato nella mansione che mi hanno dato gli elettori marchigiani, come agli altri consiglieri presenti in questo Consiglio —... Se devo fare un corso Cepu per acquisire i documenti, sono ben contento di andarlo a fare, ma voglio essere tutelato dalle autorità competenti, in questo caso lei, Presidente, rappresenta anche me e io mi vedo rappresentato da lei nell'ambito delle mansioni e dei diritti che hanno i consiglieri.
E' avvenuto quanto segue. Durante il colloquio avevo chiesto dei documenti che avevo chiesto già da diverso tempo e che non mi sono stati consegnati ho immediatamente fatto una richiesta seduta stante, in data 7.11.2000. La funzionaria mi ha invitato ad andare a ritirarli presso l'assessorato. Siccome ero stato condotto presso la ex sede Esam con un'auto del Consiglio, ho chiesto all'autista di portarmi direttamente... Presidente, debbo finire.

PRESIDENTE. Ha però cinque minuti di tempo.

GILBERTO GASPERI. Presidente, io mi spoglio qui in pubblico, se lei non mi fa finire...

PRESIDENTE. E lo faccia, per carità...

GILBERTO GASPERI. ...perché lei mi sta facendo delle pressioni...

PRESIDENTE. Per carità...

GILBERTO GASPERI. Voglio spiegare cos'è avvenuto. Sono andato all'assessorato e non solo sono stato preso in giro, ma il funzionario se ne è andato. Ho allora chiesto di avere l'orario di entrata e di uscita del funzionario, perché se aveva smesso di lavorare non avevo nessun diritto di trattenerlo, ma se è rimasto al lavoro mi doveva spiegare perché non mi consegnava il documento. Tanto è vero che è intervenuto l'assessore, perché era mio diritto andare a chiedere direttamente perché stava succedendo una cosa di questo genere.
Ma la presa in giro è ancora maggiore, perché mi è detto che quello che ho richiesto il giorno 7.11 mi sarebbe stato consegnato il giorno 9. Ma allora, ciò che ho richiesto nei giorni 3 e 4, quando mi verrà consegnato?
Siccome è diritto dei consiglieri accedere ai documenti, io accederò a tutti i documenti che ci sono in questa Giunta. Perciò chiedo di poter andare a chiedere direttamente i documenti agli assessori, perché gli assessori sono rappresentanti anche di noi consiglieri, indipendentemente dalle situazioni che ci sono negli uffici dove tutto è sotto controllo di telecamere. Mi prenderò le mie responsabilità, perché questa situazione, questa realtà non c'era nemmeno quando in seno al Consiglio erano state denunciate delle situazioni e delle posizioni di grande malessere che hanno poi trovato degli estremi a livello di responsabilità giuridica.
Quindi Presidente, le dico che mi presenterò in ogni ufficio della Regione, aprirò i cassetti per accedere ai documenti indipendentemente da quello che mi verrà detto dal funzionario o meno, perché c'è il diritto di accesso per ogni consigliere.

PRESIDENTE. Grazie, consigliere. La informo che all'inizio della seduta era presente l'assessore Agostini. Per quanto riguarda la sua richiesta, che ritengo legittima, mi adopererò per quanto di mia competenza, per far sì che il suo diritto possa venire esercitato pienamente.
Ha chiesto di parlare il consigliere Trenta. Ne ha facoltà.

UMBERTO TRENTA. Signor Presidente, egregi colleghi, mi permetto di fornire subito al Consiglio una considerazione e stimolare una valutazione concernente un argomento che, sono certo, interesserà le coscienze individuali di ciascuno di noi.
Come è certamente noto a tutti, un'organizzazione sindacale ha compiuto un'indagine concernente il lavoro minorile in Italia che ritengo dovrebbe costringere tutti noi, e non soltanto, ad una comune riflessione politica ma anche a dar vita ad una concreta azione difensiva dovuta alla parte più debole della società civile: parliamo di minori che sono sempre più vittime innocenti di una società ancora non sufficientemente attenta ai gravi problemi sociali che colpiscono i minori, come l'aggressione della ferocia dei pedofili e lo sfruttamento del lavoro minorile e nero. Ovviamente, abbiamo davanti a noi gravi discrasie della società che partoriscono considerazioni insufficienti a riconoscere il valore necessario a garantire i minori tutti. Guardiamo dentro al buco nero di una collettività che consente la violenza dei pedofili sui minori i quali, oltretutto, non frequentano la scuola e crescono — se di crescita si tratta — in un ambiente triste e doloroso. E' difficile immaginare una problematica tanto importante per tutti senza porsi una prima domanda: quanti sono, nella nostra regione, i minori costretti a sopportare, in un Paese cosiddetto "civile", una vita tanto dolorosa. Quanti sono, in che modo vivono, in che maniera sono sfruttati, maltrattati e rovinati per la mancata protezione alla parte più debole della collettività? In Italia sono stati stimati circa 3560-400 mila minori sfruttati, che lavorano inopinatamente senza le garanzie dovute, con datori di lavoro fuori legge e famiglie indegne di questo nome. Quanti sono nelle Marche? E' stata avviata un'indagine dall'assessore competente? Sono state interessate le strutture istituzionali, morali e civili che possano contribuire a scavare nel profondo la radice del male che colpisce attualmente la nostra coscienza?
Propongo che questo argomento venga posto all'ordine del giorno del Consiglio regionale per una doverosa valutazione politica, dopo un'azione di approfondimento che la Giunta svolgerà, per fornire i relativi elementi di conoscenza necessari a decisioni di grande rilevanza civile e politica.
Il preambolo che abbiamo per il progetto di Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea cita espressamente: "A tal fine è necessario rafforzare la tutela dei diritti fondamentali alla luce dell'evoluzione della società; il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure delle comunità umane e delle generazioni future". Articolo 1, dignità umana; articolo 2, diritto alla vita; articolo 3, diritto all'integrità della persona; articolo 4,k proibizione della tortura e delle pene; articolo 5, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato; articolo 14, diritto all'istruzione; articolo 24, diritti del bambino.
Alla forza di questo e di quest'atto che viene in Consiglio, chiedo e impegno i Presidenti del Consiglio e della Giunta, a evidenziare alla nazione Italia tutta e alla nazione europea, la seduta del Consiglio, se questo è parlare alle vostre coscienze.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Giannotti ai sensi dell'art. 35. Deve comunicare l'argomento.

ROBERTO GIANNOTTI. Sul rispetto del regolamento da parte del Presidente del Consiglio.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIANNOTTI. Mi interessa esprimervi un disagio che il gruppo di Forza Italia sente, che però può trasformarsi in un atto di protesta. Vorrei che il consigliere Ricci, che è stato consigliere di opposizione fino a ieri, ascoltasse.
Il regolamento del Consiglio prevede — artt. 109 e 110 — tempi certi per la risposta alle interrogazioni e alle interpellanze. Il gruppo di Forza Italia chiede il rispetto di questi tempi. Se questo vuol dire aumentare il numero delle sedute noi siamo d'accordo, però non potete togliere alle opposizioni la potestà di esercitare il proprio diritto di sindacato ispettivo, quindi vi diciamo chiaramente che o si rispetta la norma e il regolamento, e quindi entro 20 giorni dalla presentazione l'interrogazione a risposta orale viene iscritta all'ordine del giorno, entro 20 giorni dall'interrogazione la risposta scritta ha una risposta, oppure, Presidente, il nostro gruppo, come forma di protesta civile non garantirà la presenza all'inizio delle sedute del Consiglio regionale. Quindi preoccupatevi, dalla prossima volta, di essere puntuali in 21 per iniziare la seduta del Consiglio, perché da parte nostra non ci sarà nessuna tolleranza se non viene rispettato questo aspetto fondamentale del nostro lavoro.

UMBERTO TRENTA. Presidente, non mi ha risposto. Io ho chiesto la sospensione del Consiglio.

PRESIDENTE. La risposta è implicita.

UMBERTO TRENTA. No, perché io ho parlato alle coscienze. Allora chiedo l'appello nominale: voglio che i consiglieri si esprimano su questo punto.

PRESIDENTE. Lei doveva solo fare una comunicazione e io le ho garantito un diritto scritto nel regolamento che era già al limite, consigliere Trenta.
Consigliere Giannotti, apprezzo l'argomento che lei solleva; ritengo impropria la sede, perché c'è la Conferenza dei presidenti di gruppo per decidere che cosa si fa e quando si fa e pochi minuti fa abbiamo deciso e discusso la data del nuovo...

ROBERTO GIANNOTTI. Però, l'ordine del giorno lo fa lei.

PRESIDENTE; Sì, d'accordo, ma se dobbiamo aumentare il numero delle sedute c'è la sede della Conferenza dei presidenti di gruppo che prende in considerazione questa ipotesi. La ringrazio, comunque, dell'osservazione.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori il consigliere Pistarelli. Ne ha facoltà.

FABIO PISTARELLI. In data 30 ottobre ho inoltrato richiesta scritta all'Ufficio di presidenza e a lei personalmente di iscrizione urgente di una mozione che riguarda la legge finanziaria attualmente in discussione in Parlamento. So che è stata oggetto di discussione in Conferenza dei presidenti di gruppo, ho anche il dovere, però, di riproporre in aula la questione, perché non mi pare che la Conferenza abbia preso una decisione definitiva. Chiedo che l'aula si esprima.
E' un documento molto asettico, che riguarda soprattutto il rispetto delle prerogative di questa Assemblea elettiva. Nella finanziaria c'è un articolo che impone da parte del Governo centrale ritocchi di aliquote Irap, malgrado la volontà dei Governi e dei Consigli regionali. Su questo meccanismo noi dovremmo esprimerci per esprimere la nostra opinione. Ritengo che quando si elaborano tanti documenti che riguardano le potestà, i poteri, le facoltà, i diritti delle assemblee elettive e poi vi sono delle ricadute così pesanti in senso contrario da parte dei documenti proposti, ritengo che sia necessario che i Consigli regionali si esprimano per garantire almeno un potere di interlocuzione con i documenti che vengono elaborati dal Parlamento.
Ritengo che vi siano tutte le condizioni affinché l'aula si esprima su questo documento, pertanto chiedo l'iscrizione, anche in coda ai lavori di questo Consiglio o al massimo nella prossima seduta del Consiglio regionale, perché se andiamo a discutere di un articolo della finanziaria a maggio del 2001 quando la finanziaria è ormai stata approvata, ampiamente discussa ed è divenuta operativa, è chiaro che questo documento non serve più a nulla. Chiedo invece che sia almeno un'occasione per aprire un dibattito, una discussione. Riguarda, tra l'altro, la spesa sanitaria e una manovra parallela sui direttori generali, perché il Ministero è in procinto di approvare con decreto la possibilità di ritoccare in alto le indennità dei direttori generali e anche questa è una cosa che non abbiamo mai discusso e trattato come Regioni. Ritengo che vi siano tutte le condizioni per parlarne almeno noi e poi discuterne e concludere a seconda delle opinioni e degli orientamenti di ognuno, però almeno parliamone in quest'aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Su quanto illustrato adesso da Pistarelli e sulla conseguente richiesta il mio gruppo si associa, quindi sollecito ad accogliere la richiesta stessa, alla quale aggiungo la richiesta di iscrizione d'urgenza della mozione n. 50 presentata dal sottoscritto, che lei ha prima annunciato, per esprimere la contrarietà del Consiglio regionale alla possibilità che sia introdotta nella normativa che si va ad esaminare in questi giorni nel Parlamento nazionale, della terza candidatura consecutiva dei sindaci. Siccome è un argomento che a passi molto veloci sta per essere varato, sia nella competente Commissione parlamentare sia nell'aula parlamentare, chiedo che questa mozione sia discussa oggi, in coda anche al Consiglio, o al massimo in apertura del prossimo Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Mi dispiace che non sia presente il collega Gasperi, che è da ritenersi un fortunato. Se si lamenta per una risposta del 4 novembre...

ROBERTO GIANNOTTI. Ti spogli anche tu?

PRESIDENTE. Ma su cosa sta intervenendo?

OTTAVIO BRINI. Su quello che diceva il consigliere Gasperi.

PRESIDENTE. Non è possibile, consigliere Brini. Stiamo discutendo sull'ordine del giorno.

OTTAVIO BRINI. Le faccio presente che c'è una richiesta da agosto e non c'è stata nessuna risposta.

PRESIDENTE. Stiamo discutendo sull'ordine dei lavori, consigliere Brini, non c'entra niente.
Se non vi sono altri interventi, vorrei comunicare ai consiglieri Massi e Pistarelli che c'è stata un'ampia discussione nella Conferenza dei presidenti di gruppo sulla necessità di inserire due argomenti importanti come questi nella seduta odierna e di trattarli con una procedura d'urgenza. Si è riconosciuta l'importanza fondamentale di questi due argomenti sollevati e la necessità di accelerare la loro discussione, però si è anche ritenuto che l'importanza è tale da meritare l'argomento un adeguato approfondimento e una adeguata istruttoria, per cui credo di poter interpretare la Conferenza dei presidenti di gruppo, nel dire che il prossimo Consiglio regionale vedrà sicuramente inseriti all'ordine del giorno i due temi ed è quindi del tutto inutile emettere in votazione la richiesta, perché questo sarà fatto sulla base anche della discussione già avvenuta nella Conferenza dei presidenti di gruppo.
Non metterei quindi in votazione nient'altro, se non il fatto che il giorno 22, data del prossimo Consiglio regionale, saranno iscritte all'ordine del giorno le due mozioni. Dato che è previsto l'assestamento del bilancio, abbiamo già concordato di mettere le mozioni comunque dopo questi atti.

FABIO PISTARELLI. Siamo in linea di massima d'accordo, almeno entro il mese di novembre riusciremo a dire qual è la nostra posizione come Consiglio regionale al Parlamento, per quanto riguarda la finanziaria. Prego però l'aula e lei soprattutto, di far sì che vi sia la possibilità di discutere completamente la mozione, perché se andiamo in coda all'ordine del giorno, questa necessità che anche lei sottolineava della discussione in aula, verrebbe ad essere sacrificata. Quindi chiedo che venga posta ai primi punti all'ordine del giorno, subito dopo l'assestamento.

PRESIDENTE. Penso di poter garantire che verrà trattata, anche perché per il 22 è già stata indicata la seduta notturna, quindi avremo tutto il tempo per discutere gli argomenti.
Pongo in votazione la richiesta di iscrizione delle due mozioni.

(Il Consiglio approva)



Comunicazioni dei consiglieri

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, ai sensi dell'art. 35 del regolamento, il consigliere Ciccioli. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Voglio portare a conoscenza del Consiglio di una lettera che il dott. Raffaele Landolfo, commissario liquidatore dell'Esam, ha inviato al consigliere Gasperi, che me ne ha dato notizia e che per esigenze di Consiglio regionale leggerò solo per poche righe, essendo una lettera di tre pagine.

GIULIO SILENZI. In base a quale articolo?

CARLO CICCIOLI. Articolo 35, ultimo comma: "Comunicazioni al Consiglio".

GIULIO SILENZI. Allora, facciamo un Consiglio di comunicazioni...

GILBERTO GASPERI. E allora, le seduta cominciamole alle 10!

CARLO CICCIOLI. Per l'interesse dei lavori del Consiglio leggerò solo poche righe: "Egregio consigliere, non le nego che avevo cancellato dalla mia mente la storia dell'Esam. Comunque, con grande serenità di spirito prendo atto di quest'ultimo documento. Si meraviglierà, forse, di quel che dirò per quello spirito di verità che dovrebbe contraddistinguere la vita di ciascuno, anche in questa sede devo ringraziare il Presidente della Giunta regionale dott. Vito D'Ambrosio e l'ex assessore all'agricoltura dott. Marco Moruzzi che mi hanno affidato, nella loro discrezionalità, fiducia nella liquidazione dell'Ente di sviluppo agricolo delle Marche. In virtù dei risultati conseguiti durante la fase liquidatoria e degli apprezzamenti oltremodo positivi dell'ex assessore all'agricoltura apparsi sulla stampa locale, sono stato chiamato a prospettare un progetto economico-finanziario nella Repubblica Dominicana interamente finanziato dagli organismi internazionali. I positivi risultati conseguiti durante la liquidazione dell'Esam non sono soltanto il frutto della mia esperienza in fatto di liquidazione di enti pubblici ma anche del costante aiuto del Consiglio regionale che mi è sempre stato offerto. Non posso sottacere i consigli, i suggerimenti e le proposte che sono venute da lei, dal consigliere Avenali, Procaccini, D'Angelo, Ricci, Cecchini, Brachetta, Pacetti, Meschini, Bartolomei ed altri che, con estrema delicatezza e senza mai entrare nei particolari delle procedure liquidatorie, hanno sempre incoraggiato lo scrivente ad andare avanti, avendo solo avuto, come punto di riferimento il rispetto della legge".
Vado avanti: "...Mi ha inviato una relazione. Il commento a tale scritto è già stato fatto da lei che conosce, come altri consiglieri, la stragrande maggioranza degli atti posti in essere dalla liquidazione. Che dirle? Sono in grado in qualsiasi momento di documentare con gli atti alla mano, punto per punto, l'esatto contrario in quanto in essa è scritto. Lei sa benissimo che quasi tutti i provvedimenti della gestione liquidatoria, iniziando proprio dal piano di liquidazione, sono stati analizzati sotto il controllo della legittimità e del merito dal comitato regionale di controllo, dal collegio dei revisori dei conti composto da persone espertissime in tema di liquidazione, dai servizi della Giunta. So altresì che nessuno ha mai eccepito ritardi, disfunzioni od omissioni nelle fasi liquidatorie. Non solo, anche la terza Commissione consiliare di cui lei faceva parte, ha analizzato tutti gli atti, notevoli, della liquidazione e mi ha sempre invitato a procedere nel modo delineato, che poi non sono altro che le disposizioni impartite dal Ministero del tesoro, ragioneria generale dello Stato, ispettorato generale degli enti disciolti, in tema di liquidazione degli enti pubblici. Dovrei ricorrere forse alla magistratura per vedere ricostruire la verità? Ma a chi gioverebbe un ritardo nel chiudere la liquidazione dell'Esam a cui restavano solo pochi mesi alla conclusione?".
La lettera è firmata Raffaele Landolfo, commissario liquidatore dell'Esam. Da ciò emerge che la relazione ufficiale contiene dei falsi.

PRESIDENTE. Consigliere Ciccioli, la ringrazio. Faccio presente al Consiglio che le comunicazioni, in base all'articolo 35, ultimo comma, dalla prossima seduta saranno ammesse se presentate il giorno prima per iscritto al Presidente, altrimenti vengono fuori situazioni del tutto ingestibili.





Mozione (Discussione): «Pace in Medio Oriente» Amati (41)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 41 del consigliere Amati, che ha la parola per illustrarla.

SILVANA AMATI. Egregi colleghi, con questo intervento voglio trasformare la mozione presentata circa un mese fa sulla situazione Medio Orientale in una risoluzione del Consiglio regionale che ho già consegnato, che tenga conto, nei limiti del possibile, degli sviluppi rapidi che la situazione ha subito, e che subisce giorno per giorno.
Quindi, questa risoluzione attualizza quella mozione.
Credo che tutti Voi abbiate seguito sui giornali e sugli altri mass-media l’evoluzione dei fatti.
Il punto che bisogna comprendere è che questi fatti sono gravi sia per i risvolti umanitari che riguardano l’area in questione, sia per gli effetti che possono produrre sulla scena internazionale.
L’arresto del processo di pace in Medio Oriente a cui abbiamo assistito si è tradotto già in centinaia di morti e di feriti, molti di essi rimarranno invalidi. I dati di questa mattina erano di otto morti palestinesi e di una donna israeliana solo nella giornata di ieri. Per la evidente sproporzione di forze in campo, le vittime e i mutilati riguardano in prevalenza, ma non solo, i palestinesi.
Ma l’intervento della comunità internazionale non è solo motivato dalla necessità di una efficace difesa dei diritti umani, dalla necessità di ricercare le vie per fermare la violenza e riprendere il cammino della pace; in verità, a me pare che gli sviluppi della situazione possano essere imprevedibili, estendersi in tutta l’area del Medio Oriente con conseguenze notevoli sulla pace e sulla sicurezza mondiale.
Continuando l’attuale situazione di pre-guerra non si può escludere l’ipotesi di un allargamento del conflitto da israeliano-palestinese ad arabo-israeliano, situazioni difficili permangono nei rapporti tra Israele e la Siria, tra Israele e il Libano. Il perdurare di questa situazione incoraggia le forze più estremiste in entrambi i campi, allarga le divisioni, scava fossati.
Anche per ciò occorre un’azione tenace e decisa per bloccare la spirale delle ritorsioni e delle violenze.
L’Europa è interessata in prima persona, l’Italia più di ogni altro in Europa, e così la nostra Regione.
In verità si sta giocando in destino futuro del Mediterraneo, i rapporti dell’Europa con esso, del nostro Paese che vive sul Mediterraneo.
Fare del Mediterraneo un’area pacifica, di sviluppo e di cooperazione è elemento centrale della politica dell’Unione europea riconfermata recentemente con il rilancio di strumenti di cooperazione come il nuove programma MED ed altri, ma ciò sarà possibile se nel Mediterraneo si affermerà la pace, la difesa dei diritti umani, la costituzione di stati democratici, la soluzione dei focolai di tensione aperti.
Sappiamo inoltre che le vicende di quest’area hanno diretta rilevanza sui mercati delle materie prime, sui rapporti dell’occidente con l’oriente, influenzano i processi di globalizzazione.
Ecco dunque la necessità, anche egoistica, di impegnarsi su questo fronte a riportare pace, libertà, stabilità, rispetto dei diritti umani.
Più volte il Consiglio regionale è intervenuto su questi fronti, sui fronti caldi, non solo con mozioni ma anche con atti di cooperazione allo sviluppo.
L’azione è stata incisiva nella ex Yugoslavia dove finalmente si inizia ad intravedere una fuoriuscita dalla drammatica situazione che abbiamo vissuto per dieci anni e che ha insanguinato l’Europa, una sua parte centrale.
Abbiamo preso posizione e realizzato rapporti di cooperazione con il popolo Saharawi in una vicenda che avvelena i rapporti tra il fronte Polisario, il Marocco, l’Algeria, e che va risolta per dare stabilità alla regione del Maghreb nel rispetto dei diritti umani e del principio di autodeterminazione dei popoli che sono stati sotto regimi coloniali.
Abbiamo recentemente partecipato alla carovana di solidarietà con la Palestina e allacciato rapporti di cooperazione con le forze pacifiste che su entrambi i fronti si battono per la pace. Nel nostro piccolo abbiamo realizzato una politica all’interno delle priorità nazionali e comunitarie di politica estera e di cooperazione allo sviluppo.
Oggi abbiamo di fronte una situazione drammatica, ancora una volta nel Medio Oriente.
Già gli amministratori che avevano partecipato un mese fa al viaggio in Palestina ci avevano avvisato della tensione e della frustrazione tra i palestinesi, per un processo di pace che non marciava secondo gli accordi di Oslo e successivi, un lunghissimo processo di pace che dura dagli accordi di Oslo di otto anni fa.
La provocatoria visita di Sharon alla valle dei Templi, le eccessive e dure reazione alle prime manifestazione della nuova Intifada dell’esercito israeliano e l’occupazione o il blocco delle zone sotto l’autorità palestinese, fatti condannati dall’Assemblea generale dell’ONU hanno fatto da detonatore alla rabbia e alla protesta, maturata in tanti anni di frustrazione, riacceso la miccia insieme ad un negoziato che non scioglieva, dopo averli posti sul tappeto, i punti fondamentali di dissenso come il ruolo di Gerusalemme, la sorte dei profughi e i loro diritti, la questione del ritiro dei coloni o della loro presenza dai territori che dovranno appartenere ad un altro Stato, quello appunto palestinese.
Il punto nodale è qui, garantire il diritto ai palestinesi di avere uno stato; rispettare le risoluzioni dell’ONU che prevedono il ritiro di Israele dalle zone occupate e anche da Gerusalemme est; la sicurezza di Israele, ma finalmente e in maniera non ambigua il diritto dei palestinesi di darsi uno Stato indipendente, pacifico e democratico, che al pari di altri Stati sia in grado di organizzare in piena autonomia i propri affari interni e le relazioni internazionali, possa accogliere tutti i palestinesi, possa finalmente vivere in pace e costruire il proprio avvenire con pienezza di sovranità in primo luogo sulle sue risorse, con Gerusalemme capitale di due Stati, ed uno status che la renda città aperta a tutti, rispettosa di ogni fede e simbolo della riconciliazione, tenendo conto che essa è punto di incrocio delle tre grandi religioni monoteiste di cui è pregna la storia e la cultura dei popoli Mediterranei.
Questo e non altro è il punto e occorre scioglierlo perché la pace in quell’area non ha alternativa; senza pace non ci sarà la sicurezza di Israele, e senza lo Stato palestinese non ci sarà la pace, senza di ciò le relazioni internazionali saranno sempre in bilico per ciò che attiene la sicurezza.
Ecco perché occorre dare appoggio a tutte le forze che in Israele come in Palestina sanno riconoscere le ragione dell’altro lavorando per una pace giusta e duratura.
Gli appelli generici alla fine delle violenze servono poco, occorre affrontare le questioni reali e serie che abbiamo di fronte e sciogliere i nodi con una trattativa ben cadenzata e attentamente seguita e sostenuta dalla Comunità internazionale.
E’ chiaro che oggi si trappa ricostituire una situazione in cui la trattativa possa riprendere: a questo fine è decisivo istituire la commissione che accerti le responsabilità per i fatti recenti, come votato dall’ONU. Così come è decisivo porre fine all’occupazione dei territori palestinesi e alla violenza, cioè rispettare gli accordi di Sharm El Sheikh e far si che l’ONU ponga in essere tutte le misure possibili e necessarie per assicurare i diritti umani e proteggere la popolazione civile.
Il fatto che ci sia stato, nonostante la grave situazione che permane, l’incontro tra Shimon Peres e Arafat è segno che, nonostante tutto un filo di dialogo è rimasto aperto, così come è rilevante che oggi Arafat sia negli Stati Uniti e che presto anche Barak sarà in quella sede, per riallacciare il dialogo.
Ma appunto proprio perché un filo di dialogo ancora c’è, occorre irrobustirlo con prese di posizioni che puntino ad una pace vera, con azioni della comunità internazionale, degli Stati, degli enti locali, della società civile.
In questo senso la manifestazione di sabato a Roma è molto significativa: essa è indetta da un arco di forze molto ampio ed è bene che anche i popoli facciano sentire la loro voci.
Su queste linee la risoluzione che presento impegna la Giunta regionale ed il Consiglio regionale ad adoperarsi nei confronti del governo italiano e dell’Unione europea e ad aderire formalmente alla manifestazione di sabato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Ceroni. Ne ha facoltà.

REMIGIO CERONI. Mi pare che la relazione della collega Amati sia molto ben articolata. Voglio aggiungere alcune brevi considerazioni.
I fatti medio-orientali avvenuti in queste ultime settimane ci inducono ad una profonda riflessione, sono fatti di violenza ed è naturale e doveroso condannarli.
Sentiamo anche il dovere di esprimere solidarietà a tutti coloro che hanno perso membri della propria famiglia e a tutti coloro che continuano a soffrire. L'odio e lo spirito di vendetta non debbono mai essere incoraggiati ma condannati.
Questi fatti però ci fanno capire quanto sia ancora lungo e difficile il processo di pace in Medio Oriente e ci fanno rendere conto che dietro l'ottimismo di facciata la situazione è ancora estremamente esplosiva.
Troppo ottimismo, purtroppo questo lo dobbiamo dire, è stato fatto trapelare dagli americani sui mezzi di informazione ad uso e consumo della loro campagna elettorale. Il fallimento degli accordi di Camp David e della mediazione americana era stato evidente. Il presidente Clinton aveva creato in clima elettorale, delle attese incredibili in tutto il mondo e soprattutto nei territori incriminati. Come spesso accade le aspettative deluse e tradite hanno generato una reazione forte ed incontrollata. Perché è chiaro che la passeggiata di Sharon è stata solo un pretesto. Se non ci fosse stata, sicuramente si sarebbe verificato qualche altro elemento scatenante. Dalle reazioni che si sono avute, è chiaro che il fuoco covava sotto la cenere, tutto era pronto, mancava soltanto la miccia finale. Troppo presto infatti Israele è passato dai proiettili di gomma a quelli veri ed è altrettanto vero che l'organizzazione palestinese si è mossa con i bambini in prima fila e i cecchini dietro. Abbiamo ancora sotto gli occhi le immagini violente del bambino ammazzato.
Ma, a mio parere, niente nasce da niente, né le reazioni popolari sono mai talmente spartane da arrivare ad essere così ben organizzate, se non c'è dietro qualcosa. Allora mi pare che la regia internazionale del terrorismo sia sempre molto attenta, molto abile, molto pronta, molto efficace. Questo è veramente grave e pericoloso.
Rispetto alla grave situazione medio-orientale mi pare evidente rilevare che c'è stata una totale assenza dell'Europa nella vicenda, come, peraltro, sottolineato e riconosciuto dal presidente Prodi. Io ritengo che sia il momento di mettere in campo la soggettività politica dell'Europa nella sua interezza. Perché le questioni medio-orientali, le questioni mediterranee sono questioni alla cui soluzione non possiamo delegare solo gli americani. E' ora di dire agli Stati Uniti di America di fare un passo indietro. Naturalmente, per avere un ruolo credibile l'Europa deve smettere di parlare con interventi di singoli Stati, ma deve avere una unica voce. Solo così il suo intervento può essere credibile, forte e carismatico.
Inoltre, l'Europa può esercitare le dovute pressioni anche in Israele, se è vero che Israele vuol entrare a far parte dell'Unione europea. L'Europa deve fare il massimo per far ripartire il processo di pace.
In questo particolare caso del Medio Oriente, penso che anche l'Italia non possa rimanere inerte, perché più a rischio rispetto agli altri Paesi europei, anche se resta difficile pensare che il nostro ministro degli esteri sia capace di produrre qualcosa di positivo. L'Italia no ha una politica estera, è evidente. Lo ha dimostrato il suo mancato ingresso nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'esclusione delle candidature italiane alla guida dell'Alto commissariato per i rifugiati dell'Onu a cui abbiamo presentato due candidature e siamo stati bocciati, ma soprattutto lo dimostra l'astensione italiana nella risoluzione presentata dai Paesi arabi alle Nazioni Unite per la costituzione di una commissione d'inchiesta sui fatti accaduti. Lei Presidente, ha detto "dobbiamo favorire la creazione della commissione di sicurezza": il Governo italiano si è astenuto rispetto a una risoluzione presentata dai Paesi arabi.
Da questo Consiglio parte quindi un appello agli ebrei e ai palestinesi perché superino la violenza e riavviino nuovamente quel dialogo che è l'unica versa speranza per la pace. Certo la possibilità di un accordo è condizionata dalla debolezza del governo Barak che rischia di pagare un pesante prezzo elettorale a favore del Likud, ma gli eventi hanno dimostrato che anche Arafat no ha il pieno controllo dei territori palestinesi. La situazione determinatasi è delicatissima e va gestita con estrema serietà e responsabilità. Tuttavia non si può non riconoscere che nella situazione attuale i palestinesi rappresentano la parte più debole, perché 120 morti e 4.000 feriti da parte palestinese guerriglia e sassi contro missili, elicotteri e mitragliatori non sono la stessa cosa. Tocca quindi alla comunità internazionale farsi carico di assicurare la necessaria solidarietà ai palestinesi come in altre occasioni è stata assicurata ad Israele.
La questione fa emergere un altro grave problema che è quello della caduta del ruolo delle Nazioni Unite, avvenuta da tanto tempo, ma che si rivela con maggiore drammaticità ogni volta che l’Onu si trova di fronte a gravi problemi, dove la mediazione non basta.
Le Nazioni Unite così come sono strutturate ed organizzate, per il fatto che rappresentano volontà molto forti ma anche molto ristette, non rappresentano più uno strumento capace di garantire la pace e la sicurezza nel mondo con la necessaria autorevolezza.
Mi auguro che il processo di pace, il dialogo tra le parti possano riprendere quanto prima e assicurare alla popolazione interessata, a tutto il Medio Oriente, all'intero Mediterraneo un futuro di pace.
Per quanto detto ritengo, a nome del gruppo di Forza Italia, di poter esprimere il nostro apprezzamento e il voto favorevole alla risoluzione presentata, integrata da due emendamenti. Con il primo emendamento proponiamo di togliere "con Gerusalemme città di due stati aperta a tutti e rispettosa di ogni fede e simbolo di riconciliazione", perché potrebbe non essere questa la soluzione. Vorrei raccogliere l'invito fatto ieri dalla Santa Sede, che dice che Gerusalemme appartiene al patrimonio spirituale dell'umanità, quindi la capitale dei due Stati potrebbe anche essere diversa, ma Gerusalemme può rimanere questo luogo al di sopra delle parti, patrimonio spirituale dell'umanità. Inoltre, impegnarci a questa manifestazione nazionale, che non penso sia di tutti...

SILVANA AMATI. Questo è vero: io vi ho fatto avere la copia, quindi lo sapete.

REMIGIO CERONI. Preferirei che su questa questione, che è estremamente importante, ci fosse una manifestazione di tutti. Non penso che ci sia difficoltà a condividere quello che abbiamo detto, le relazioni sono sostanzialmente identiche, quindi propongo di stralciare quest'ultimo passaggio.

SILVANA AMATI. Presidente, ovviamente è ritirata la mozione e al suo posto presentata la proposta di risoluzione.

PRESIDENTE. D'accordo. Ha chiesto di parlare il consigliere Trenta. Ne ha facoltà.

UMBERTO TRENTA. Questo che doveva essere un dibattito interessantissimo, vedo che si trasforma in un monologo di chi interviene o in un dialogo tra persone sensibili a questo problema. Questo è grave rispetto al richiamo che ho fatto poc'anzi quando, forse per inesperienza, chiedevo la sospensione simbolica dei lavori del Consiglio e di questo le chiedo palesemente scusa Presidente, però quando si parla di pace un conto è la pace così come noi la prospettiamo, altro discorso la pace che nasce dalla libertà.
Vengo al dunque, rispondendo alla dolcissima collega Amati che mi ha concesso un giusto spazio.
Nell'ultima seduta del mese di luglio fornii a tutti i consiglieri un progetto di "piazza della pace" che penso lei conosca meglio degli altri, collega Amati, perché attentamente l'ha valutato. Non ho avuto risposta da nessuno: significa che noi parliamo, la cosa interessa solo due o tre persone, e si tratta di iniziative volte alla pace, quindi comunque meritevoli.
Il problema che vogliamo impostare, impegnando il Consiglio, riguarda un ordinamento di legge, e qui vengo alla proposta fatta da Silenzi, Amati e dall'assessore Secchiaroli. Ne sto preparando un'altra anch'io e chiederò l'unificazione. Infatti, la pace non è un discorso di parte ma che riguarda la totalità, nel rispetto delle leggi, delle strutture nazionali e sovranazionali, altrimenti rischiamo di sentirci rispondere "questa competenza non riguarda noi".
Perché è attinente a questa attenta proposta di risoluzione del Consiglio regionale delle Marche per la pace in Medio Oriente? Quando parliamo di prevalere della legge del più forte e ci rivolgiamo all'Onu, l'Onu ci dovrebbe far capire la differenza fra membri e membri permanenti dello stesso organismo. Parliamo di simbolo che elimina tutte le differenze, coinvolgendo tutti. Quindi faccio un'osservazione: la globalizzazione dei mercati noi tutti la sosteniamo, ma chi determina i mercati è il potere economico-finanziario che nel mondo parla in dollari Usa e con banchieri internazionali che hanno una nazionalità ben precisa. Non posso pensare che il problema della pace in Medio Oriente sia legato alle vittime. La vita di un uomo, che comunque nasce libero ovunque, rispetta un valore assoluto, il dono della vita. Signori miei, sono morti arabi, israeliani, palestinesi. Sfido il consigliere Amati a venire con me all'ambasciata israeliana, come io feci tanti anni fa, perché quel progetto data 1975. Dico questo perché noi ci impegniamo, come ci stiamo impegnando, per il Saharawi, come ci impegneremo per gli amici dell'Albania, dei Balcani. Chi preme il tasto della guerra in certi territori e perché? Quanti sono i focolai accesi di guerra, le pulizie etniche sul globo? Ma veramente possiamo richiamare un problema di importanza internazionale come la guerra in una capitale come Gerusalemme che è l'incontro di tre grandi religioni monoteistiche? Questo significa riproporre il muro di Berlino che il popolo sovrano ha abbattuto. Non è uno scontro ideologico, è uno scontro fortemente economico, solo economico, lì ci sono le vere differenze.
Noi aiutiamo gli ultimi: significa che noi già siamo primi? Quando dibattiamo di queste cose in Consiglio regionale, ci vorrebbe la presenza di tutti, perché se noi adesso ci alzassimo mancherebbe il numero legale per l'ennesima volta. Io queste cose le sento e le urlo, ma la sensibilità dei nostri colleghi consiglieri dov'è? Presidente Minardi, queste sono cose gravi: noi parliamo di una risoluzione a livello internazionale che dice di eliminare le differenze, che parla dell'uguaglianza, del rispetto dei diritti umani, dell'accoglienza in queste condizioni? Non è possibile, ci stiamo prendendo in giro. Un problema come questo non va risolto con una mozione ma con un progetto vero che parli di sangue, di sudore, di rispetto di tutti i morti, altrimenti torniamo al 4 novembre, a tutte le feste di liberazione, ai partigiani. E' ora di finirla con le divisioni e di parlare di condivisioni.
Le chiedo ufficialmente, consigliere Amati, di riunificare quelle due proposte sulla pace e di vedere veramente cos'è il progetto "piazza della pace", che corre il rischio di essere sottovalutato. Questo è il significato della pace che nasce dalla libertà degli uomini liberi, altrimenti la pace è un accordo economico che detta il più forte.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, credo di avere il compito semplificato dalle parole dei colleghi Ceroni e Trenta che in minima parte hanno anticipato quello che volevo dire, e mi riconosco in molto di quello che hanno detto. Mi riconosco anche, largamente, nella mozione, quindi non mi soffermerò sul molto che condivido ma puntualizzerò le cose che leggo e non mi piacciono o quelle che non leggo e mi sarebbe piaciuto trovare.
Credo che tutta la società politica e dei popoli d'Europa condivide e parte dalla premessa che la pace in Medio Oriente si costruisce sull'accettazione del diritto di quei popoli, come di ogni popolo, ad avere una patria. Senza una patria difficilmente si può pensare ad una relazione pacifica fra soggetti che non hanno uno stesso tavolo, uno stesso piede di confronto, uno stesso livello di paragone.
Capisco che quando si scrive si fa uno sforzo di sintesi. Ricordo che nella mozione oggetto del ritiro che abbiamo sentito, c'era stata una proposta di emendamento di cancellazione laddove si parlava di "sproporzionate reazioni israeliane", laddove si faceva riferimento alla provocazione della "spianata delle moschee" proposta alla valle dei Templi.
Credo che la prima constatazione che dobbiamo fare in questa sede, è che la scintilla che ha innescato questa inaspettata recrudescenza di violenza in Palestina che pensavamo ormai destinata a non rivedere — ricordo l’Intifada di 7-8 anni fa, pensavamo che non ci sarebbe più stata occasione di rivedere sugli schermi ragazzi con i sassi contro elicotteri e mitragliatrici — è scaturita dal fatto che è saltata la data del 13 settembre come data programmata per il riconoscimento del popolo palestinese. Chi parla, in un'azione che ha riconosciuto subito e felicemente lo Stato d'Israele, aveva pronti i manifesti con scritto "Benvenuta Palestina", per festeggiare, con questo riconoscimento programmato e pattuito a livello diplomatico internazionale, il passo per la risoluzione di questa controversia. Poi non c'è stata addirittura neanche una dichiarazione unilaterale, perché l'autorità palestinese, per non innescare ciò che in effetti ugualmente si è innescato, ha deciso spontaneamente di ritardare nella escussione di ciò che era suo pattuito diritto riconosciuto. Credo che non dire questo risponderà ad esigenze diplomatiche, ma siccome anche la verità ha un diritto di cittadinanza, per la verità questo dobbiamo dirlo.
Così come a che pro' tacere l'illegale aggressione col sasso e la mortifera risposta con la pallottola? Se riconoscessimo il diritto di rispondere a pallottole con le proteste anche illegali, anche violente, dovremmo in questa sede chiedere scusa, come italiani, per quanto commesso dal Governo D'Alema che ha mandato a bombardare le città di Belgrado e della Serbia, ree di avere risposto con le pallottole ai sassi. Se sproporzione c'è, diciamolo. E se sproporzione non c'è, perché abbiamo risposto in maniera non diplomatica poco più di un anno fa?
Accanto a queste constatazioni che sono di coscienza e ci accomunano tutti nel sentirle — ci sono poi le ragioni del rispetto della sensibilità, della diplomazia, degli equilibri — ci sono alcune riflessioni di stampo squisitamente politico che credo di dover fare in termini politici.
La prima è che noi siamo una Regione, non abbiamo una politica estera, anche se abbiamo una responsabilità nel momento in cui, a maggio, c'è stata in Ancona, promossa dalla Regione Marche, una conferenza dei popoli dell'Adriatico per la pace nell'Adriatico, quindi nel Mediterraneo. Non possiamo sentirci crocevia di pace in momenti di immagine e poi spogliarci di questo manto quando diventa una cappa di responsabilità cui non possiamo sottrarci. Quindi non abbiamo una politica estera ma abbiamo un dovere di interagire, di porci nei confronti dei soggetti che esprimono la politica estera della nostra patria, per rappresentare quello che abbiamo non solo sentito ma sentito dire non più tardi di cinque mesi fa ad Ancona. Ricordo che ci furono polemiche per questo convegno fatto in periodo di elezioni. Io non penso al momento elettorale ma penso che sia stata una grande assunzione di responsabilità dei popoli delle Marche per impegnarsi in questa battaglia di pace.
Se siamo interlocutori doverosamente chiamati a sensibilizzare, a stimolare i nostri organi diplomatici, non credo di poter evitare in questa sede — non so se lo faremo per iscritto o soltanto lasciandolo alla trascrizione dell'intervento — un giudizio sul ruolo particolarmente deplorevole che la nostra diplomazia, e segnatamene la diplomazia italiana alle Nazioni Unite, ha avuto nella vicenda della Palestina. L'ambasciatore che fa una dichiarazione "da amici al bar" che provoca una crisi con Israele, per farsi un po' perdonare si astiene su una mozione che tutti votano, anche l'Inghilterra, dando il segnale di una nazione che non ha un fil rouge, non ha un elemento di riferimento di politica estera, neanche in problemi in cui dico cose che mai mi sarei sognato di dire: la prima Repubblica, nel Medio Oriente aveva un ruolo politico, mi pesa dirlo, però non c'è più. Questo Governo, questa situazione politica ci ha gettato in una situazione di dilettanti allo sbaraglio in politica estera: ambasciatori, ministro e questa assurdità del non aver saputo esprimere la stessa posizione per 48 ore al Palazzo di vetro. Allora, una riflessione sul ruolo dell'ambasciatore all'Onu va fatta, va fatta sull'azione del Governo e va fatta anche su questo documento che voterei nella sua interezza fino alla penultima riga. Non posso votare le ultime due righe perché ho grande rispetto per il diritto delle forze politiche a promuovere manifestazioni politiche, l'ho fatto io. Ricordo quando, dirigente del Fronte della Gioventù, promuovemmo una manifestazione sulla Palestina che cambiò la linea dell'allora Movimento sociale, perché i giovani avevano una posizione più rispettosa del diritto dei popoli, dell'autodeterminazione. Quindi per carità: che le forze politiche manifestino evviva, ma che le forze politiche abbiano un loro piano di esistenza che interagisce, che è in ingranaggio ma non è scambiabile o sovrapponibile con quello delle istituzioni è ABC istituzionale. La forza politiche manifestano, la Regione è un'istituzione, e non credo che la Regione in quanto tale possa sposare la tesi di forze politiche senza perdere quella sua valenza e capacità di rappresentanza di tutti i marchigiani e, soprattutto, senza con ciò entrare, dal ruolo istituzionale, nel dibattito politico.
Molte forze che promuovono questa manifestazione, hanno nella loro compagine le forze del Governo. E' una stranezza di questi anni — non voglio rimpiangere più di tanto il passato — quella delle manifestazioni contro se stessi. Ricordiamo il corteo del partito allora esprimente la maggior parte dei ministri, insieme ai sindacati, all'allora segretario poi presidente del Consiglio contro una politica che in fondo era la loro. Se si promuove una manifestazione come forze politiche e si chiede il coinvolgimento del livello istituzionale — la Regione lo è — in questa manifestazione, allora le forze politiche che chiedono il coinvolgimento della Regione impegnano una presa di posizione chiara del Governo. Cioè, se queste forze vogliono noi, poiché hanno il potere e hanno anche la responsabilità di farlo, schierino i ministri, oppure li cambino. Se questo non è, ho la forte sensazione che si stia facendo un'operazione di nascondimento dietro un dito, in un'azione che — scusate il bisticcio — in parte è di parte, per altra parte coinvolge alcuni livelli istituzionali, però senza andare a quell'effettivo, reale livello a cui le cose si possono cambiare.
A questa operazione di ipocrisia non credo che possiamo prestarci. Se si tratta di sollecitare una forte presa di posizione della Patria, delle nostre forze, tante o poche, di politica estera, di relazioni internazionali, lo si faccia al livello in cui lo si può fare e senza infingimenti e anche se si tratta di un Governo di sinistra. Io credo che noi faremmo la nostra parte come l'ha fatta il Polo in occasione di altre manifestazioni di scelte di politica internazionale: l'allargamento alla Nato, la prima missione in Albania. Se ci vuol essere una scelta istituzionale la si faccia laddove lo si può e lo si deve; se si vuol fare una manifestazione di partito padronissimi, lo abbiamo fatto, vi diciamo "fatela".
Quindi, ribadendo con forza l'impegno e la sensibilità al problema, siamo disponibili a votare questo documento di cui condividiamo lo spirito, non disponibili a quelle ultime due righe che ci sembrano un'operazione non voglio dire di contrabbando ma sicuramente di poca chiarezza a cui chiediamo un'emenda in questa sede.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Vorrei sgomberare subito il campo dall'accusa che si sia in maniera surrettizia voluto arrivare ad una soluzione che facesse partecipare il Consiglio ad un'iniziativa che ha un suo valore perché ci sono gli Enti locali per la pace, vi sono associazioni unitarie. Lo scopo della mozione era quello di discutere in questa sede e forze è caduta un po' l'attenzione sui problemi medio-orientali e su quello che possono significare anche per la nostra nazione, perché c'è una sottovalutazione generale, internazionale su quello che il terrorismo potrebbe rifare se questa soluzione non trova uno sbocco.
A noi interessava che il Consiglio regionale delle Marche si pronunciasse in maniera non ipocrita, chiara sulla questione medio-orientale, sulla questione palestinese. Siccome la manifestazione ha alcune adesioni di partiti, e non di tutti i partiti, alcune adesioni di associazioni che si rifanno al centro-sinistra ma anche al centro-destra, per non introdurre un elemento di divisione, avendo ascoltato la collega Amati, che questo punto non è discriminante, nel senso che possiamo anche accantonarlo, in modo che se c'è una condivisione chiara su un documento chiaro come quello che abbiamo presentato, è importante perché dà anche un segnale alle forze politiche nazionali, al Governo, che forse, in materia di politica estera, l'Italia può ritrovare quell'unità che l'ha caratterizzata negli anni scorsi e che le ha permesso di svolgere un ruolo molto importante su alcune aree geografiche, che a mio avviso dobbiamo continuare a svolgere.
Ieri sono stati uccisi otto giovani palestinesi e una ragazza israeliana: sono le ultime vittime della spirale di violenza che da quasi due mesi ha sconvolto la Palestina e Israele. In questo periodo sono stati centinaia i morti, nella stragrande maggioranza palestinesi, e migliaia i feriti, molto gravi e gravissimi. Questa è la tragica contabilità di un nuovo capitolo della tragedia medio-orientale, di fronte al quale è naturale sentirsi impotenti, sopraffatti dall'orrore e dalla pietà, vinti da quello che sembra un destino di violenza e di morte ineluttabile. Ma sarebbe un grave errore politico e morale: la pietà per le vittime e l'orrore per la violenza, sentimenti più che giustificati, non possono diventare uno schermo che ci impedisca di comprendere le cause di questa situazione che accomuna in un confuso ed indistinto appello alla ragionevolezza i torti e le ragioni, ignorando le responsabilità e le colpe e così, di fatto, finendo per accentuare la sensazione di chi subisce ancora una volta una grave ingiustizia, i palestinesi, di non essere compresi, di essere abbandonati e di non avere altra soluzione che una ribellione disperata.
Mi pare sottovalutato il fatto che se questa disperazione non trova uno sbocco in un accordo vero, può determinare scenari completamente nuovi in tutto il mondo. Le immagini che avevamo negli anni passati accantonato, rimosso, possono essere di estrema e gravissima attualità. In questi giorni, in queste settimane, paradossalmente la vittoria di Bush, potrebbe favorire meglio di Al Gore una soluzione al problema medio-orientale. Se non diamo uno sbocco alla situazione medio-orientale, ognuno di noi, quando parleremo di sicurezza, dovrà introdurre un nuovo capitolo, perché questo è inevitabile e noi stiamo sottovalutando questo aspetto.
Ritengo che dire questo non significhi — è superfluo precisarlo — essere anti-israeliani. Soltanto una miserabile ignoranza e una stolta abitudine a strumentalizzare ogni questione a fini di politica interna possono originare un'interpretazione di questo tipo. Se si avesse l'abitudine a dedicare una maggiore attenzione alla politica internazionale, si conoscerebbero, ad esempio, le autorevoli prese di posizione di importanti esponenti israeliani che criticano la politica del governo Barak con argomenti molto più duri di quelli che si è soliti sentire in Italia. E certo non parliamo di persone anti-israeliane. Anche uno dei principali quotidiani israeliani che ospita quasi ogni giorno articoli di dura critica alla politica condotta in questi anni, dice: "Sono trascorsi oltre sette anni e Israele ha in mano la sicurezza e il controllo amministrativo del 61% della Cisgiordania e di circa il 20% della Striscia di Gaza nonché il controllo della sicurezza di un altro 26% della Cisgiordania. E' questo controllo che ha permesso ad Israele di raddoppiare, in dieci anni, il numero dei coloni, di allargare gli insediamenti, di continuare la sua politica discriminatoria volta a ridurre la quota parte di acqua destinata a tre milioni di palestinesi, di impedire lo sviluppo edilizio nella maggioranza della Cisgiordania e di sigillare un'intera nazione dentro zone ristrette, imprigionata in una rete di strade di raccordo adibite solo agli ebrei. In questi giorni di severe restrizioni interne possiamo constatare con quanta accuratezza ciascuna delle strade sia stata pianificata: 200.000 ebrei hanno libertà di movimento, mentre circa 3 milioni di palestinesi sono chiusi fino a quando non si sottometteranno alle richieste israeliane". Questo è uno dei giornali a maggiore tiratura, non certo di sinistra, israeliani. Questa è la preoccupazione forte che dobbiamo avere.
Dobbiamo allora comprendere da cosa nasce questa situazione, perché le grandi speranze di Oslo si sono perdute. La decisione dei palestinesi di cercare un accordo a Oslo era essa stessa il frutto di una ennesima sconfitta e dell'isolamento estremo in cui essi si trovavano in quel momento. Ricordiamoci la guerra del Golfo e l'appoggio che avevano dato al regime iracheno. Oslo viene dopo l'isolamento dei palestinesi rispetto alla vicenda della guerra del Golfo. Quella fu, quindi, il punto di arrivo di un processo e un atto di realismo politico e insieme di coraggio con il quale si cercava, da parte di Arafat, di garantire un futuro alla prossima generazione palestinese quella che invece rischiava e oggi rischia di essere condannata, come i propri padri, alla emarginazione e alla violenza. Non si deve mai dimenticare che l'accordo di Oslo si basa sulle risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea delle Nazioni Unite, con la rinuncia da parte palestinese di oltre il 75% della Palestina mandataria, la decisione di costruire un proprio Stato nei propri territori occupati pari solamente al 25% della propria superficie. Prevedeva un periodo transitorio di cinque anni durante il quale quasi il 90% dei territori occupati doveva essere trasferito gradualmente all'autorità nazionale palestinese e la restante parte — Gerusalemme, i profughi, gli insediamenti, il futuro Stato palestinese — doveva discutersi nella parte finale, con l'impegno da entrambe le parti a non intraprendere iniziative unilaterali che potessero compromettere l'esito finale delle trattative. Fu solo il primo ministro Rabin, prima di essere assassinato da un fanatico della destra religiosa israeliana, che aveva onorato la prima fase dell'accordo: il ritiro dalla maggior parte della Striscia di Gaza e della città di Gerico, rifiutando di subire i ricatti dei coloni e della destra estremista e accettando per la prima volta in un governo israeliano l'appoggio dei deputati arabi al suo governo per far passare gli accordi di Oslo. Dopo la sua morte il processo di pace ha subito una battuta di arresto e sia Netanyahu sia Barak non sono riusciti a far fare un passo in avanti, anzi hanno dato molto spazio ai coloni e agli estremisti anti arabi e anti palestinesi.
L'altro aspetto del problema su cui non si può tacere, riguarda l'assoluta sproporzione sul ricorso alla forza da parte d'Israele. Abbiamo tutti negli occhi le terribili immagini del linciaggio di Ramallah e siamo tutti assolutamente contrari ad ogni forma di violenza, soprattutto sui più deboli. Ciò non può significare, però, mettere sullo stesso piano le violente proteste dei palestinesi che tirano le pietre e il ricorso alle armi da fuoco e persino ai carri armati da parte dell'esercito israeliano. Sono stupito che i mezzi d'informazione continuino a parlare di guerra o di rischio di guerra, quando a confrontarsi ci sono forze così sproporzionate. In realtà si tratta di un massacro quasi a senso unico. La condanna di comportamenti che costituiscono crimini contro l'umanità, tra i quali è compreso anche l'uso eccessivo della forza nella repressione, non può essere un principio che viene piegato alle convenienze politiche, pena la perdita di credibilità della stessa pretesa dei Paesi occidentali di farsi portatori di un nuovo principio di diritto internazionale.
In questo senso comprendo lo sforzo del nostro Governo di favorire la ripresa del dialogo, evitando posizioni che possono sembrare unilaterali, ma in questo caso mi sembra che si sia andati oltre questa apprezzabile prudenza, con il rischio di alimentare, in Israele, la convinzione pericolosa di poter contare comunque sulla copertura dei Paesi amici, come è giusto che l'Italia sia, rafforzando così, però, le posizioni più oltranziste.
E' necessario invece un diverso atteggiamento che metta tutti di fronte alle proprie responsabilità. E' inutile continuare a raccontare la storia dello scontro degli integralismi religiosi. Certo, la provocazione della passeggiata sulla spianata delle moschee è stato l'evento scatenante, ma l'attenzione era il prodotto di un processo di pace che dopo sette anni ha iniziato ad assumere agli occhi dei palestinesi l'immagine della farsa a loro danno, con gli insediamenti dei coloni che continuano, con la proibizione a costruire le case che vengono abbattute, con le requisizioni della terra, con la razionalizzazione dell'acqua, con l'acquisto della loro acqua rispetto agli israeliani. E chiunque è stato in questi anni in Palestina ha toccato con mano la tensione, l'esasperazione di questo popolo. Non ci si può stupire di questa reazione, perché se a un popolo non dai non solo una Patria ma non dai una speranza, è chiaro che la violenza e la ribellione sono l'unica via d'uscita che c'è.
Voglio concludere dicendo che è importante che il Consiglio regionale abbia discusso di questa problematica, è importante che la mozione che verrà approvata venga spedita a tutte le forze politiche, alla Commissione esteri della Camera e del Senato, al Ministero degli esteri, al Governo italiano e a tutte le altre forze politiche e sociali che sono interessate. E' importante che le Marche, sui temi della pace in ogni area geografica del mondo, sulle iniziative concrete che qui venivano riprese, anche quella del consigliere Trenta, gli organi di rappresentanza del Consiglio e della Giunta regionale siano ancor più impegnati e diano risposte operative, concrete, progetti che concretamente possiamo fare per testimoniare questa nostra sensibilità. non c'è vera pace senza vera giustizia. Questo è scritto in una delle più grandi Encicliche di questo secolo: "Populorum progressio". Bisogna che tutti ci ricordiamo di questa grande verità anche nel caso dei palestinesi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Credo che il Consiglio regionale faccia bene a discutere un problema di questo tipo e anzi siamo già in ritardo visti gli eventi così tumultuosi che si susseguono nel Medio Oriente e più precisamente nella terra di Palestina. Il 13 settembre scorso, l'autorità palestinese e il suo presidente Arafat hanno rinviato la proclamazione prevista dello Stato palestinese come un atto di disponibilità verso Israele, il nuovo governo e, più in generale, verso il processo di pace e i negoziati in corso, ma i massacri israeliani sono continuati e la politica aggressiva di Israele è continuata. Del resto, i massacri odierni non sono fatti isolati. Infatti, da più di 52 anni Israele attua verso il popolo palestinese un vero e proprio genocidio. Dal 1948 Israele ignora l'esistenza del popolo palestinese, demandando la questione al più vasto conflitto mai risolto tra arabi ed israeliani.
Nel 1993 ci fu la cosiddetta "svolta di Oslo" e fu effettivamente una vera e propria svolta, in cui furono firmate le dichiarazioni di principio tra Arafat e l'allora presidente Rabin successivamente ucciso dagli oltranzisti della destra israeliana. Questa dichiarazione prevedeva un periodo di transitorio di cinque anni, fino al 1998, entro il provvedere alla restituzione dei territori palestinesi all'autorità legittima rappresentativa di quel popolo, presieduta dal presidente Arafat e la restante parte a Gerusalemme, quindi ad Israele.
Ma al di là delle questioni odierne che spesso, anche nel dibattito di quest'oggi vengono ricondotte alla cronaca anziché alla storia, va data una risoluzione con il pieno riconoscimento dello Stato palestinese. Per porre fine a questo conflitto si debbono applicare tutte le risoluzioni dell'Onu che gli israeliani non hanno mai rispettate. Ne hanno rispettate solo tre sulle centinaia proposte. Ma visto che i negoziati odierni non danno quello che dovrebbero dare, in primo luogo la pace e il riconoscimento dello Stato palestinese, occorre che ci sia il pieno riconoscimento di una dignità del popolo palestinese, occorre che la comunità internazionale, visto anche il modificarsi sostanziale e peggiorativo dello scenario internazionale dove le forze imperialiste ormai hanno avuto il sopravvento, provveda a negoziati diretti, ma con il pieno coinvolgimento dell'Onu, dell'organizzazione delle Nazioni Unite che deve avere nuova dignità, maggiore possibilità d'intervento d'interposizione ma anche militare, l'intervento dei governi pieni europei, in primo luogo della Ue, del nostro Governo che ancora è troppo debole sulla questione palestinese, anche se ha fatto passi significativi, della Russia come terza forza ancora embrionale rispetto al monopolio che si è instaurato dopo il 1989 e degli stessi Stati Uniti d'America che oggi vivono, per così dire, una vacanza di direzione politica internazionale dove lo scenario è sempre più incerto.
Ma la pace, la vera pace, con il pieno riconoscimento dei diritti di tutti i popoli che insistono in quella regione deve passare in primo luogo con il pieno riconoscimento dello Stato palestinese. Tutte le altre posizioni dilazioneranno i tempi, porteranno nuove guerre, intensificheranno in maniera ulteriore la guerra in quella regione, coinvolgendo anche Stati che oggi là vivono una fase di transizione evolutiva ma che può essere anche involutiva, con nuovi e vecchi integralismi.
Per questi motivi molto schematici, mi auguro e ci auguriamo che il dibattito sia costruttivo, sia propositivo verso la finalità della pace e per questi motivi il gruppo Comunisti italiani voterà la risoluzione proposta. Il gruppo Comunisti che oggi è rappresentato dal solo sottoscritto perché il collega e compagno Martoni partecipa a una riunione istituzionale, ha proposto una integrazione alla risoluzione, perché nel passaggio preliminare, nella ricostruzione, seppure schematica della evoluzione e della involuzione della situazione che ha portato agli ulteriori massacri, occorre dire che bisogna dare subito corso alle risoluzioni, con il pieno riconoscimento dello Stato palestinese.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Ritengo che questa iniziativa del Consiglio regionale delle Marche di discutere sul drammatico problema della guerra in Medio Oriente sia un fatto importante per tutti i cittadini della nostra regione. E' ormai indispensabile far sentire la propria voce su questo dramma che ormai da decenni non riesce più a trovare una soluzione definitiva che possa soddisfare le componenti in conflitto. Ritengo che parte di queste responsabilità dovute alla situazione di drammatica instabilità in Medio Oriente, che si è tradotta in una moltitudine di vittime, soprattutto da parte palestinese, sia da addebitare alla comunità internazionale che poco ha fatto affinché la situazione palestinese venisse affrontata con determinazione. Noi sappiamo bene qual è il ruolo dell'Onu, non mi voglio illudere sul ruolo democratico di un'assemblea che al suo interno concede la possibilità ad alcuni privilegiati di diritto di veto. Non ci vogliamo illudere su questa democraticità, perché è chiaro che quando uno solo può dire con il suo voto che non si deve discutere un dramma così evidente e internazionale, il ruolo di credibilità di questa istituzione viene meno. Ma al di là di questo ruolo ridotto dell'Onu, la cosa che più preoccupa — e questo va detto ad alta voce — è che le risoluzioni dell'Onu devono valere per tutti. Non è possibile, non è più tollerabile che sulle risoluzioni dell'Onu ci sia una discrezionalità della comunità internazionale rispetto a quelle da far rispettare e a quelle che si possono rinviare sine die, all'infinito. Questo è il dramma odierno della società internazionale: un ruolo dell'Onu depotenziato, non credibile.
La situazione palestinese è sfociata proprio da questo ruolo non forte e non credibile dell'Onu. Molteplici sono state le risoluzioni dell'Onu fino ad oggi senza nessun risultato. Nessuno si è preoccupato di dire, soprattutto agli israeliani, che quelle risoluzioni andavano attuate. In altre situazioni nel mondo, però, si è ricorso per far rispettare le risoluzioni dell'Onu, ai bombardamenti. Questo è un insulto alla ragione, va rimandato al mittente. Noi siamo contro i bombardamenti, ma siamo convinti che le risoluzioni dell'Onu devono valere per tutti, non solo nella vicenda palestinese ma ci sono altre situazioni del mondo, che potrebbe esplodere da un momento all'altro appunto perché si ignorano queste risoluzioni. La collega Amati faceva riferimento alla situazione del Saharawi. Dopo l'occupazione da parte del Marocco dell'ex colonia spagnola del Sahara occidentale, c'è stata una fuga dei residenti nel deserto algerino, da 25 anni accampati nelle tende di un deserto inospitale, che vivono con gli aiuti internazionali, con 32 risoluzioni dell'Onu, con una valanga di denaro sperperato per arrivare a queste risoluzioni e tutto tace, con l'esasperazione, la delusione, la frustrazione di una popolazione che non può decidere in piena autonomia del proprio diritto di autodeterminazione. E' chiaro che questa frustrazione porterà prima o poi alla violenza e qualsiasi innesco è sufficiente per dare forza a questa rivolta violenta che scaturisce dalle frustrazioni, dalle delusioni, dall'impotenza a far valere le proprie ragioni.
Questo è successo in Palestina con la visita del "falco" Sharon, ma questo è stato l'innesco. Il problema è che la sofferenza si porta avanti da anni. E' allora indispensabile che questo Consiglio, come la comunità internazionale, ribadisca che nonostante tutti i limiti di democrazia dell'Onu, occorre che le risoluzioni vengano fatte applicare. Occorre uno Stato palestinese, occorre dire che al lancio di sassi non si può rispondere con i mitra, occorre che l'Unione europea finalmente abbia un ruolo politico. Il dramma dell'assenza politica sulla scena internazionale dell'Unione europea, ancora una volta dimostra tutta la sua incapacità a cercare di rimuovere situazioni difficili che si sono verificate nel mondo. In passato l'Unione europea è stata condannata per il suo ruolo defilato nella crisi dei Balcani, nella crisi in Iraq, oggi ha demandato tutto agli Stati Uniti d'America, come se il problema della pace in Medio Oriente sia esclusivamente americano. Non è possibile accettare questo ruolo di sudditanza dell'Unione europea agli Stati Uniti d'America, questo va detto con forza! Il dramma è di questa latitanza politica europea. E poi non ci lamentiamo se l'uro va in picchiata: non è un fatto economico l'euro che va in picchiata, dipende dall'assenza politica dell'Unione europea. Quando non c'è un'Unione politica non ci può essere una forte economia, una forte moneta che possa rappresentare un insieme di Stati, poiché in queste situazioni ognuno va per i fatti suoi.
Riteniamo che debba essere condannato l'atteggiamento dell'Italia in sede Onu, che si è astenuta affinché si attivasse una commissione internazionale per verificare gli incidenti provocati dalla visita di Sharon.
Non riusciamo a capire questi atteggiamenti, ci auguriamo che quanto discusso in quest'aula e quanto si discuterà in altre Regioni sensibili a questa problematica della pace e non solo in Medio Oriente ma dappertutto, e l'atteggiamento italiano in sede Onu siano più coerenti e siano da stimolo sia in sede Onu che in sede europea, affinché le problematiche di convivenza siano affrontate nella situazione di maggiore obiettività e soprattutto nel rispetto degli interessi e della dignità di ogni cittadino, sotto qualsiasi bandiera esso si trovi, qualsiasi religione esso professi.

PRESIDENTE. E' conclusa la discussione. C'è una nuova proposta di risoluzione, quindi sono state ritirate sia la mozione 41 che la proposta di risoluzione precedente. Sono stati presentati degli emendamenti.
Propongo di passare alla discussione delle mozioni 40 e 46, in modo da poter aggiustare il testo degli emendamenti e il testo finale della proposta di risoluzione.
Pongo in votazione la proposta.

(Il Consiglio approva)



Mozioni (Discussione e votazione):
«Situazione concernente il patto territoriale della Provincia di Macerata» Grandinetti, Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia e Trenta (40)
«Patto territoriale della Provincia di Macerata» Pistarelli (46)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozioni n. 40, ad iniziativa dei consiglieri Grandinetti, Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia e Trenta e n. 46 del consigliere Pistarelli. Le mozioni sono abbinate ai sensi dell'art. 119 del regolamento interno.
Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Siamo addivenuti alla stesura di un documento unitario. Questa cosa fa piacere a me quale proponente della mozione che aveva lo scopo di porre la questione al Consiglio regionale. Lo scopo è raggiunto e si addiviene ad una risoluzione forte, che ha la capacità di riassumere tutte le posizioni dei vari gruppi e porre pertanto le nostre determinazioni agli organi competenti, in questo caso gli organi centrali, cioè il Governo e il Cipe.
Non mi soffermo a lungo sui contenuti, perché sono stati oggetto di discussione e di confronto fra tutti i gruppi nella stesura della proposta unitaria di risoluzione, se non per sottolinearne due aspetti.
Il primo riguarda il fatto che anche questa Regione inserì il patto di Macerata nell'accordo di programma come strumento non solo di interpretazione della filosofia della concertazione dell'intesa istituzionale, ma anche quale via maestra per rilanciare i territori della provincia di Macerata colpiti dagli eventi sismici del 1997. Questo strumento fu subito inserito, attraverso un emendamento approvato dalla Camera, nella legge 61 e venne definito "strumento speciale", perché si utilizzavano procedure e norme che avevano indicato il patto territoriale quale strumento di concertazione, quale strumento di intervento nella politica economica, di rilancio nel tessuto socio-produttivo, ma all'interno di questa intelaiatura nazionale ilo strumento "patto territoriale" per la provincia di Macerata era strumento speciale, tant'è che al legge 61, in un suo passaggio indicava quali possibili vie preferenziali percorrere per quanto riguarda la definizione, approvazione e finanziamento del patto di Macerata.
La seconda sottolineatura riguarda invece il fatto che tutto questo non ha avuto applicazione, perché sulla base di una lettura tutta formale dei dati di presentazione del patto e di recepimento e licenziamento da parte del Cipe, il patto di Macerata è finito nel calderone degli altri patti territoriali che, proposti dopo il mese ultimo utile per discuterne con la programmazione 1999 sono stati messi in agenda per il mese novembre del corrente anno. I ritardi, se vi sono stati, non devono impedire la trattazione del patto territoriale come strumento speciale che deroga le normali procedure.
Ecco l'appello che facciamo, che mi sono sentito di proporre al Consiglio regionale, facendo propria la proposta di risoluzione: il Ministero faccia tutto il possibile per dare a questo strumento le necessarie priorità di finanziamento e di conclusione dell'iter procedimentale. E' un appello fondato su norme del nostro ordinamento e soprattutto su assunti forti di principio che tutti sono stati in grado di condividere, ma che poi, in sede di applicazione centrale hanno visto un mancato rispetto.
Con questo appello, con questa sottolineatura dei due aspetti fondamentali che riguardano la questione, significando altresì che la partita è di grande delicatezza e importanza. Infatti vi sono progetti finanziati per quasi 250 miliardi complessivi, approvati a seguito di procedure molto selettive e molto serie fatte dall'Istituto di Mediocredito fondiario delle Marche e concertate insieme alle categorie, alle forze sociali, alle forze produttive e ai livelli istituzionali coinvolti nel patto. E' quindi questo un passaggi fondamentale ed importante. Chiediamo con forza che questa voce che si leva dalla Regione Marche giunga al Governo, affinché venga approvato questo strumento, vengano terminati velocemente le procedure e l'iter burocratico in deroga ai principi posti in generale per quanto riguarda la predisposizione e il licenziamento dei patti territoriali.
Ricordo infine che proprio di recente il Ministero è intervenuto e il Cipe ha approvato tutta una serie di patti territoriali che riguardano l'Italia. L'elenco è molto lungo e in questo elenco non c'è il patto di Macerata. Vi è perciò un altro passaggio che dimostra la necessità di far sentire la voce forte e autorevole di questo Consiglio verso gli organi centrali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Abbiamo concordato una risoluzione unitaria, pertanto, vista anche l'ora, a mio avviso dovremmo procedere celermente.
Vorrei richiamare ad una correttezza i colleghi Pistarelli e Grandinetti quando sulla stampa, all'indomani dell’ultimo Consiglio regionale accusarono il centro-sinistra di voler rinviare il dibattito sul patto di Macerata, quando quella era invece stata una decisione della Conferenza dei presidenti di gruppo, poiché in quella seduta non c'era il tempo per discutere su questo atto e valutammo tutti insieme, unitariamente, che non sarebbe successo sulla se l'avessimo messo ai primi punti dell'ordine del giorno di questa seduta come è avvenuto. Quindi, anche tra di noi sarebbe bene non alimentare polemiche su problematiche che sono invece di vitale importanza, per evitare divisioni su un argomento così delicato, in modo che le forze politiche tutte si concentrino per raggiungere l'obiettivo. Stiamo parlando non di un patto qualsiasi ma del patto territoriale delle zone terremotate. Questo patto nasce all'indomani del terremoto, pertanto si trova uno strumento di concertazione tra le parti economiche, sociali e istituzionali per poter riuscire a mettere in moto una ingente risorsa finanziaria per il decollo economico di quelle aree, che è il problema vero che abbiamo oggi. La ricostruzione sta andando avanti, sta procedendo con i tempi tecnici richiesti, il problema è come sviluppiamo occupazione ed economia in quelle aree. Il patto territoriale dà questa risposta.
C'è stato un impegno esplicito del capo dello Stato a seguire le vicende del patto proprio per questa rilevanza, vi sono state interpretazioni burocratiche che non ne hanno permesso il finanziamento, c'è oggi la necessità e la volontà espressa dalla Provincia di Macerata, recepita dal Governo regionale, di poter ottenere una deroga da parte della Comunità europea affinché tutti i regimi di aiuto previsti nel patto vengano finanziati. Intanto dovremmo fare la domanda per la nuova scadenza di novembre, ma lì i regimi di aiuto sono ridotti rispetto a quelli originari. Quindi, ciò che chiediamo alla Giunta regionale, è che segua ai diversi livelli, nazionale e comunitario, il patto del terremoto, la rinascita della zona terremotata del maceratese, per cui non un atto qualsiasi ma un'attenzione particolare, in modo che si colga questo obiettivo, che vengano finanziate tutte le misure previste nel patto che possono attivare investimenti per centinaia di miliardi.
E' importante che questa risoluzione sia firmata da tutti i presidenti di gruppo del Consiglio regionale perché dà il senso dell'importanza della problematica che stiamo discutendo, ma dà anche maggiore forza al Governo della Regione Marche per poter ottenere, a Roma e a Bruxelles, tutte quelle decisioni che possano portare rapidamente al finanziamento di questo patto che ha una corsia preferenziale, così come si diceva nella legge nazionale sul terremoto, che ha un impegno della più alta carica dello Stato e che è indispensabile per far rinascere economicamente le zone che già erano fragili e che sono state colpite così duramente dal terremoto in quell'area ancor più marginale del territorio regionale che è appunto l'area maceratese la quale ha un suo specifico molto diverso rispetto all'altra area colpita dell'anconetano. Quindi chiediamo questo impegno costante e rilevante rispetto alla problematica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Signor Presidente, colleghi, oggi si discute questa risoluzione che parte da una mozione del sottoscritto del gruppo di Forza Italia e di una mozione del gruppo di Alleanza nazionale. Si poteva votare già da qualche settimana, si è preferito non farlo. Noi riteniamo che la mozione era impostata in modo talmente costruttivo e acritico — anche se critiche si potevano fare sull'iter di questo patto territoriale — e oggi finalmente, anche per delle iniziative che ci sono state in aula andiamo a votare una risoluzione firmata da tutti i partiti che fanno parte di questo Consiglio.
E' vero che questo patto territoriale si va a innestare in un contesto veramente molto pericoloso, cioè all'interno di un entroterra povero, colpito in modo inaudito da quella calamità naturale avvenuta un paio di anni or sono e che bisogna veramente poter rivalutare non solo per quanto riguarda il patto territoriale, ma facendo ragionamenti di rafforzamento per quanto riguarda anche lo Stato, la Regione, la Provincia competente su quel territorio, perché bisogna cercare di salvare delle zone che sono veramente prossime alla desertificazione, che sono veramente povere di aziende, hanno problemi di servizi, quindi dobbiamo tenerne conto come di una parte che ha bisogno di noi. Quando si parla di federalismo, si parla anche di solidarietà a livello nazionale.
Teniamo conto che questo entroterra montano del maceratese ha dei problemi strutturali che sono stati aggravati e va tenuto nel debito conto quando facciamo leggi, quando parliamo di razionalizzazione dei servizi, perché a volte non è più razionalizzazione dei servizi ma lasciare che i servizi vadano in zone caotiche e popolate, abbandonando i nostri corregionali che si trovano in zone più sfortunate e che magari hanno meno abitanti ma hanno bisogno anche loro della scuola, della sanità, quindi le nuove coppie che si vanno a costituire difficilmente rimangono in quelle zone, perché non trovano i servizi di cui una famiglia moderna, che vuol procreare dei figli, ha bisogno quando si va a formare.
Rispetto al patto territoriale ci sono stati intoppi di ordine burocratico e ci sono state cattive interpretazioni, ci sono stati problemi anche a livello europeo, di permessi ecc. su cui non mi dilungo, perché il mio fine era quello di costruire qualcosa tutti insieme affinché questo patto sia approvato e non polemizzare contro qualcuno. Ritengo che avere il senso dell'istituzione significhi anche soprassedere a delle polemiche, pur giuste, quando c'è di mezzo l'interesse precipuo di aziende, di persone, di un territorio debole da difendere.
Per questo, visto che c'è una proposta di risoluzione firmata da tutti, mi limito a dichiarare il voto favorevole del gruppo di Forza Italia alla risoluzione, non dilungandomi su un iter lungo, che ha avuto una novità negli ultimi giorni, ma ritengo che a questo punto parlarne possa essere solo argomento di polemiche inutili, quindi dimostriamo che questa opposizione ha voglia di collaborare sui fatti importanti, anzi prende iniziative al fine di risolvere i problemi di territori deboli che ci stanno particolarmente a cuore.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Prendo la parola per tre questioni, fondamentalmente. Anzitutto, per sottolineare l'aspetto costruttivo di questa risoluzione, per cui devo ringraziare tutti i presidenti dei gruppi per l'attenzione che hanno dedicato a questa proposta di risoluzione rispetto alle due mozioni iniziali e alla volontà di altri gruppi di presentarne per lo stesso obiettivo. Credo che il lavoro fatto sia positivo, ringrazio tutti coloro che hanno dato una mano da questo punto di vista.
La una questione attiene un particolare tratto del nostro territorio, un territorio, come giustamente diceva Grandinetti, che soffre di sottosviluppo in confronto ad altre realtà marchigiane.
La cosa che vorrei sottolineare, è che questo patto, probabilmente, da solo non riuscirà a risolvere le condizioni di sottosviluppo di quei territori. Sarà sicuramente una iniezione allo sviluppo, ma non sarà sufficiente se non accompagneremo questo patto con altri provvedimenti di carattere infrastrutturale che saranno essenziali alla possibilità sia dello sviluppo stesso in termini complessivi, ma anche la buon fine degli investimenti che lo stesso patto presuppone. Pertanto credo che dobbiamo prendere coscienza di questo dato e impegnarci ulteriormente perché non solo la ricostruzione pesante delle aree del terremoto ma anche le infrastrutture che insistono in quelle aree trovino la loro realizzazione.
Da ultimo, voglio sottolineare — faccio appello per questo alla Giunta, in particolare in un momento in cui ci si accinge a ridefinire anche l'assetto organizzativo della stessa realtà amministrativa regionale — che è necessario assolutamente attrezzare l'ufficio programma della Regione in termini ancor più forti rispetto alla programmazione negoziata, perché se il patto territoriale di Macerata ha trovato alcuni ritardi, lo si deve anche al fatto che ancora sotto questo punto di vista siamo poco allenati.
Non è un problema che attiene unicamente alla nostra Regione, è un problema che attiene a tutte le Regioni, ma il fatto che ci si sia incamminati verso una modalità programmatoria di investimenti proprio per lo sviluppo, verso una politica di negoziazione concertata, significa avere un'attrezzatura, sia amministrativa che burocratica, di approfondimento necessario perché questi strumenti siano utilizzati al meglio. Sono strumenti che funzionano, ma sono strumenti abbastanza sofisticati, perché mettono insieme i soggetti istituzionali, i soggetti sociali, il mondo bancario e tutte quelle altre realtà che aiutano a determinare le condizioni dei patti territoriali. Pertanto ritengo che si debba fare uno sforzo particolare perché ci si doti delle necessarie strutture per il raggiungimento degli obiettivi che ci riproponiamo proprio con la programmazione negoziata.
Credo che l'esempio che abbiamo dato in questa circostanza sia una buona cosa, sia un sintomo di buona volontà per raggiungere obiettivi comuni che vanno al di là degli schieramenti di partito o di gruppo.
Diamo quindi il nostro voto favorevole alla risoluzione come gruppo Popolari-Margherita.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Una dichiarazione brevissima per stare nei tempi e, più in generale, per dare la possibilità di completare l'ordine del giorno.
Il patto territoriale della provincia di Macerata interviene in un'area diversa da quella della provincia di Ancona investita anch'essa dal terremoto, perché quell'entroterra è molto diverso, anche se più ampio e meno popoloso, mentre il fabrianese è all'interno di un distretto industriale significativo. L'area del camerinese è una zona più povera dal punto di vista del dinamismo economico.
Questo atto aiuta ad una risoluzione del problema, anche se per la verità, spesso è più predisposto per una visibilità di alcuni gruppi, di alcuni consiglieri, che per risolvere un problema reale. Spesso, sulle questioni dello sviluppo economico si fa propaganda e demagogia anziché intervenire nel merito. Del resto, questo patto era stato addirittura assunto come priorità dal presidente della Repubblica nella sua visita nelle Marche, per cui credo che, al di là dei ritardi oggettivi, siamo in una fase di discussione complessiva da parte delle Province delle Marche rispetto all'approvazione dei patti territoriali. Proprio in queste ore la stessa Provincia di Ancona sta facendo una consultazione, quindi il patto di Macerata interviene ad accompagnare l’accordo istituzionale di programma sulla ricostruzione del terremoto, dove sia il Governo nazionale sia la Regione Marche con leggi finanziarie e con i propri bilanci sono intervenuti in maniera considerevole: in quelle aree sono stati dirottati quasi mille miliardi complessivamente, per lo sviluppo economico, che è cosa diversa dalla ricostruzione. Ritardi oggettivi, anche ritardi nella fase istruttoria, perché nella mozione presentata dal vicepresidente Grandinetti e dagli altri firmatari, è mancata l'indicazione della fase istruttoria del ritardo. All'inizio il ritardo è derivato dal fatto che alcuni settori di attività erano stati esclusi dal patto territoriale, proprio perché gli accordi territoriali intervenivano e intervengono su attività industriali e artigianali già consolidate e non si teneva conto — in parte ancora si tiene poco conto — che nel frattempo si è modificato in profondità il modello di sviluppo che insisteva in quelle zone e che è in forte crisi, anzi è completamente scomparso il modello basato sul sistema conciario, della lavorazione della pelle, è in forte crisi la cartiera e la lavorazione della carta, per cui si deve tenere conto in maniera ancora più forte di questa modificazione, poiché nel frattempo si sono affacciate nuove possibilità di sviluppo, è cresciuto un indotto attraverso i settori della meccanica, della calzatura e del mobile che erano esclusi all’inizio, per cui c'è un ritardo oggettivo da questo punto di vista ed è giunto che nella fase istruttoria questa sottovalutazione sia stata recuperata.
Ma c'è stato anche un altro tipo di ritardo, perché alcune imprese hanno presentato — la maggior parte, per la verità, sono imprese serie — progetti abnormi, sovradimensionati e che hanno penalizzato anche i progetti più seri, facendo sì che dovesse essere rivista tutta la partita delle progettazioni.
Ecco allora, cari colleghi, che guardate solo alla superficie e non alla profondità del perché ci sono stati questi ritardi. Tuttavia mi pare che questo atto presentato con le modificazioni opportune vada nel segno di accelerare, di chiedere, di sollecitare anche lo Stato nazionale affinché si concretizzi il patto e per questo noi lo abbiamo sottoscritto ed il nostro gruppo lo voterà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Il gruppo Ccd approverà questa risoluzione frutto di una responsabile collaborazione. Ribadisco i concetti che i colleghi che mi hanno preceduto hanno espresso, ma vorrei sottolineare una cosa, seppure a titolo di riflessione abbastanza amara. Che cosa è emerso? Silenzi diceva che qualcuno aveva cercato di strumentalizzare politicamente questo ritardo. Questo può anche essere avvenuto, ma è stato il contrappeso a un atteggiamento enfatico attuato dalla Provincia di Macerata in primavera, allorché c'è stata anche la visita del presidente della Repubblica. L'enfasi è stata molto negativa, perché negli operatori economici, in quelli che avevano investito sul patto territoriale era subentrata una legittima delusione e un'ansia particolare, perché c'era l'incertezza sugli investimenti che invece dovevano essere certi.
A noi fa piacere che adesso si riprenda il cammino. Debbo solo dire che l'atteggiamento, in questi mesi, del presidente della Provincia di Macerata e di quella Amministrazione provinciale è stato di totale chiusura, di non collaborazione. La Provincia di Macerata non dialoga neanche con i consiglieri regionali del proprio territorio, di tutti i colori, quindi è una questione di metodo, addirittura, e la cosa mi preoccupa ancora di più. L'Amministrazione provinciale di Macerata, su questo e su altri problemi ha dimostrato un isolamento e una chiusura preoccupanti, che vanno contro la tendenza alla quale tutti ci stiamo indirizzando, dell'autonomia e del federalismo sussidiario. Con queste mentalità non costruiamo niente.

PRESIDENTE. Avevo una richiesta d'intervento da parte del Vicepresidente della Giunta Spacca, che però è andato a ricevere la delegazione dei lavoratori socialmente utili, quindi non può intervenire. Possiamo pertanto passare alla votazione.
Pongo pertanto in votazione la proposta di risoluzione a firma di tutti i presidenti di gruppo.

(Il Consiglio approva)



Mozione (Votazione proposta di risoluzione): «Pace in Medio Oriente» Amati (41)

PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione della proposta di risoluzione sulla pace in Medio Oriente. Sono stati presentati diversi emendamenti.
Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Rispetto a una discussione che secondo me è stata comunque importante, vasta e positiva, anche se con qualche distrazione iniziale, anche nello spirito che è stato espresso, credo di poter esprimere anche a nome del collega Silenzi, l'accettazione dell'emendamento proposto da Procaccini ed altri che propone di aggiungere, dopo "valutato", "occorre a tale proposito il pieno riconoscimento dello Stato palestinese". Per quanto pleonastico, sembra che nel mondo pleonastico non sia, quindi se c'è una reiterata affermazione, condivido.
Rispetto alla proposta di Cerioni e Viventi sono per accogliere l'eliminazione di "esprimere adesione a Roma", nello spirito unitario che si diceva, nonostante altre volte si è compiuta questa adesione, e penso al caso Ocalan.
Propongo invece, per quanto riguarda la prima parte, di votare un subemendamento in cui la stessa frase iniziale non venga intesa come sostitutiva ma aggiuntiva. Propongo che, ove si dice "con Gerusalemme capitale di due Stati, città aperta e rispettosa di ogni fede, simbolo della riconciliazione", si dica "Gerusalemme appartiene al patrimonio spirituale dell'umanità, ci deve essere per tutti libero accesso ai luoghi santi specialmente per ebrei, cristiani e musulmani", perché questo rafforza l'idea della internazionalità culturale e religiosa della città ma non esime dal dichiarare che comunque è bene dichiarare che sia capitale dei due Stati.
Circa l'emendamento di Novelli sono d'accordo, per quanto mi riguarda, che si stigmatizzi che quando l'ambasciatore italiano Fulci è andato non doveva astenersi ma votare a favore, quindi sono d'accordo per accogliere questo emendamento.
Sono d'accordo anche all'accoglimento dell'emendamento proposto da Luchetti che pone il problema di un impegno finanziario della Ue perché si dia lavoro ai palestinesi e non cresca la questione del sottosviluppo economico che come sempre è fonte non solo di disagio ma di strumentalizzazione.
Queste sono le proposte che, per abbreviare i tempi, mi sentirei di fare ai colleghi. Se l'orientamento è positivo potremmo passare al voto, però valutate voi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. La relatrice si è detta d'accordo con l'emendamento di soppressione dell'ultimo capoverso. Noi siamo contrarti a questa soppressione e mi pare di capire che anche i presidenti dei gruppi Verdi e Rifondazione siano sulla stessa linea, quindi potremmo procedere alla votazione per parti separate.

PRESIDENTE. Sarebbe comunque avvenuta per parti separate, perché l'emendamento presentato dal gruppo di Forza Italia interveniva su due punti diversi del documento.
Pongo in votazione l'emendamento n. 1 a firma Procaccini.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la prima parte dell'emendamento n. 2, come subemendata dal consigliere Amati, che prevede di aggiungere, dopo le parole "simbolo di riconciliazione", tutta la parte contenuta nel primo emendamento di Forza Italia: "Gerusalemme appartiene al patrimonio spirituale dell'umanità, ci deve essere per tutti libero accesso ai luoghi santi, specialmente per ebrei, cristiani e musulmani".

(Il Consiglio approva)

L'altro emendamento, sostituito in questa parte, viene a decadere. Pongo quindi in votazione la seconda parte dell'emendamento, che sopprime l'ultimo capoverso: "esprime sulla base di tutto ciò la sua adesione alla manifestazione nazionale per la pace in Medio Oriente che si svolgerà sabato 11 novembre".

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione l'emendamento n. 3 a firma Novelli e Romagnoli: "esprime stupito dissenso avverso la recente decisione dell'ambasciatore italiano presso le Nazioni Unite Fulci di non sostenere con proprio voto le risoluzioni che affermavano tali principi e ne chiedevano il rispetto".

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione l'emendamento n. 4 a firma Luchetti: "in particolare sottolineare l'urgenza che l'Unione europea assuma un ruolo incisivo a favore della realizzazione della vera pace. Occorre aiutare il popolo palestinese a superare le condizioni di indigenza. Solo uno sviluppo economico decente potrà riscattare una condizione di sottoproletariato attualmente strumentalizzata da chi a livello internazionale vuole destabilizzare le condizioni di pace".

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la risoluzione come emendata.

(Il Consiglio approva)





Comunicazioni della Giunta

PRESIDENTE. Prima di togliere la seduta, ha chiesto la parola il Vicepresidente della Giunta Spacca, a nome della Giunta. Ne ha facoltà.

GIAN MARIO SPACCA. Mi scuso con il Consiglio se non ho potuto partecipare alla conclusione della riflessione sul patto territoriale, ma c'era una delegazione che chiedeva di essere ricevuta e ascoltata in merito ad un problema che riguarda il lavoro, quindi abbiamo ascoltato le loro legittime richieste.
Il Governo regionale accoglie con grande favore l'ordine del giorno che è stato approvato all'unanimità dal Consiglio. Del resto il Governo si sta già impegnando seriamente e rigorosamente sul tema del patto territoriale di Macerata, sia perché, come è stato detto dal presidente del gruppo Ds Silenzi e dal consigliere Pistarelli questo tema del patto territoriale della provincia di Macerata è funzionale alla rivitalizzazione delle attività economiche delle aree terremotate, quindi si sposa con tutto il processo di ricostruzione sia perché è uno strumento di programmazione negoziata e come tale funzionale alla valorizzazione di un territorio e quindi a un obiettivo di crescita della comunità regionale nel suo complesso.
Ma ho preso la parola soprattutto per dire, a nome anche del Presidente D'Ambrosio che segue personalmente questa vicenda, che abbiamo informazioni — è questa la testimonianza più concreta del modo in cui il Governo regionale segue il problema del patto territoriale della provincia di Macerata — che il Ministero del tesoro si è reso disponibile a notificare alla Commissione europea la richiesta di deroga per il patto, il quale comunque dovrà partecipare al prossimo bando del 30 novembre, secondo quanto previsto dalla delibera Cipe del 4 agosto 2000. La Regione aveva già in precedenza appoggiato la richiesta sia della Provincia di Macerata che della società che attua questo patto di fare la richiesta alla Commissione europea, che il Ministero del tesoro ha notificato.
Vorrei anche dire che nel confronto con i parlamentari della nostra regione è in corso un'azione per far approvare un emendamento alla legge finanziaria, affinché la preferenza prevista al patto territoriale dell'area terremotata, in base alla legge 61 del 1998 sia effettivamente considerata una precedenza e quindi ci sia la garanzia che il patto territoriale di Macerata entri nel finanziamento e quindi nella concreta possibilità della realizzazione.
Vi chiedo scusa se non ho potuto formulare prima questa riflessione.

PRESIDENTE. Avevamo avvertito della sua assenza perché impegnato a ricevere una delegazione.
La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 13,45