Resoconto seduta n. 163 del 02/12/2003
La seduta riprende alle 17,00





Proposte di legge (Discussione e rinvio):
«Disposizioni eccezionali e straordinarie in attuazione del piano sanitario regionale 220/2006 relative al personale delle strutture sanitarie private titolari di accordi contrattuali con il servizio sanitario regionale» Luchetti (188)
«Norme transitorie per l’assorbimento nell’organico del servizio sanitario regionale del personale in servizio presso strutture private convenzionate» Favia e Cesaroni (206)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 188, ad iniziativa del consigliere Luchetti.
Ha la parola il relatore, consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. La proposta di legge che sottoponiamo all’approvazione dell’aula attiene ad una normativa che fu stralciata nella proposta di legge di riorganizzazione della riforma sanitaria, in quanto a quel tempo si fece una riflessione circa l’opportunità di valutare l’impatto della normativa in questione, che attiene sostanzialmente alla tutela di professionalità e posti di lavoro di quei lavoratori che si potrebbero trovare in difficoltà, secondo quanto prevede il piano sanitario, che impone la revisione di alcune convenzioni con enti privati, rispetto a tali rivisitazioni di convenzioni. Ecco perché si è pensato di fare una riflessione: proprio per valutare l’impatto di questi provvedimenti, che fino ad oggi sono molto relativi, non hanno un grande impatto. Per il momento si è operata una revisione della convenzione con il “Villalba” di Macerata. E’ stata la prima occasione in cui si è posto il problema occupazionale-professionale.
Pertanto si è arrivati ad una proposta di legge che ho presentato in stretto raccordo con l’assessorato alla sanità, a cui si è aggiunta un’altra proposta di legge che è stata abbinata alla proposta originaria e che in parte corrispondeva totalmente ai contenuti della prima proposta di legge. Alla proposta di legge 188, infatti, è stata abbinata, ai sensi dell’art. 66, sesto comma, del regolamento interno del Consiglio, la proposta di legge n. 206, primo firmatario il consigliere Favia, avente identico oggetto, ad iniziativa di Favia e Cesaroni. Dopo un esame preliminare la Commissione ha scelto il primo testo, proprio perché il secondo ricalcava sostanzialmente i contenuti del primo.
Questa proposta di legge si propone di tutelare quelle situazioni che potrebbero verificarsi in attuazione del piano. In effetti, siccome il piano riassetta tutta la strutturazione dell’offerta sanitaria, si propone di rivedere alcuni aspetti convenzionali, alcune convenzioni con enti privati e per questo si vuol tutelare le eccedenze di manodopera che si potrebbero realizzare in quelle occasioni.
La proposta di legge parla nel primo articolo di eccezionalità e transitorietà. Infatti questo è un provvedimento eccezionale, talché negli articoli successivi la proposta di legge prevede una durata limitata al triennio di applicazione del piano, perché non può essere un triennio generalizzato per il futuro. Ecco perché si è parlato di provvedimento eccezionale transitorio. Questo provvedimento dovrebbe riguardare il personale che risulta in esubero a seguito di processi di riconversione, disattivazione o soppressione di unità operativa o strutture sanitarie private.
Il personale di cui trattasi, ha una sua professionalità e la legge si propone di tutelare queste professionalità che dovrebbero realizzare la continuità dei servizi, in quanto la disattivazione delle convenzioni comunque prevede l’assicurazione dell’attività assistenziale, pertanto oltre che la garanzia del posto di lavoro, questi lavoratori dovrebbero essere utilizzati per le loro professionalità.
All’art. 2 si parla della strumentazione che viene posta in essere per raggiungere questo obiettivo. Infatti questa strumentazione fa riferimento a protocolli d’intesa. In effetti, nel caso in cui si arrivasse ad una riconversione o disattivazione di unità operative, si dovrebbe attivare un protocollo d’intesa stipulato tra Regione, azienda o zona interessata e strutture private, che dovrebbe indicare i relativi esuberi di personale.
Ad una prima dizione si intendeva riservare questo protocollo alle aziende e strutture private; abbiamo inteso assegnare anche alla Regione un ruolo attivo nello stilare questi protocolli, proprio perché la Regione in questi provvedimenti deve avere una visione generale dei processi che vengono messi in essere. Questi esuberi di personale non possono riguardare personale precario o a contratto professionale. Ecco perché non solo abbiamo indicato come primo gennaio la data in cui questo personale doveva essere in servizio, per evitare generalizzazioni che potrebbero essere strumentalizzate nell’attivazione dei protocolli. Pertanto la data del primo gennaio è quella in cui tutto questo personale che eventualmente risultasse in esubero doveva essere in servizio. Non solo, ma le assunzioni di questo personale devono essere a tempo indeterminato.
Le procedure che devono essere attivate successivamente alla individuazione degli esuberi prevedono l’inserimento di questo personale nelle strutture sanitarie del servizio pubblico regionale. Questo inserimento dovrebbe avvenire per selezioni, per titoli professionali ed esame orale, pertanto è chiaro che questo personale, per avere titolo ad entrare nella pubblica amministrazione dovrà superare un esame ad hoc.
I posti che questi lavoratori dovrebbero occupare, dovrebbero figurare nelle dotazioni organiche delle varie strutture. Allorché queste strutture non avessero posti disponibili ad effetto delle professionalità risultanti esuberanti dovrebbero rideterminare al proprio interno, ovviamente con l’approvazione della Regione, le loro dotazioni organiche che nella loro determinazione devono salvaguardare massimamente la possibilità di utilizzare al meglio le professionalità esuberanti.
La condizione di idoneità è indispensabile per entrare a far parte dei ruoli regionali.
Per quanto riguarda la tutela di questo personale, nel secondo articolo è stato fatto direttamente anche un riconoscimento del servizio prestato a tempo determinato nelle strutture interessate a questi fenomeni. Abbiamo adottato questa normativa per evitare che successivamente si potesse trovare ostacolo in questo riconoscimento.
In altre occasioni, infatti — si sono avute altre occasioni di personale transitato nelle strutture pubbliche per servizi dismessi, non solamente a livello di Regione ma anche di enti locali — c’è sempre stata una indecisioni e una indeterminatezza di questo passaggio di carattere economico-giuridico.
Ecco perché abbiamo esplicitamente definito come dovesse essere riconosciuto il servizio pregresso.
Per quanto riguarda poi la questione della determinazione del fabbisogno nel caso in cui non risultassero posti vacanti in organico per l’immediato inserimento, abbiamo ritenuto di dover inserire nella normativa una norma di salvaguardia che potrà consentire alla Regione — ecco il suo ruolo importantissimo nella stesura dei protocolli e nella rideterminazione delle dotazioni organiche — la possibilità che la Regione possa individuare, allorché gli esuberi fossero eccessivi, anche una rispalmatura di questi esuberi su altre strutture di riferimento. Questa è una norma di salvaguardia che abbiamo messo proprio per evitare che ostacoli di carattere momentaneo non dessero la possibilità di una rideterminazione organica delle zone che potrebbero essere interessate da questi fenomeni.
L’articolo 4 è una disposizione finanziaria che indica l’utilizzo del fondo sanitario, perché questo personale dovrà ricoprire i posti di dotazione organica del sistema sanitario come fonte di finanziamento.
La norma finale riguarda la durata di questa legge. La presente legge si applica fino alla fine dell’efficacia del piano. Questo per ovviare a un debordo dell’utilizzo di questo strumento che deve essere finalizzato unicamente ai casi che si porranno nella sistemazione di personale in esubero dovuto a riconversione.
Credo che sia un provvedimento giusto che fa da corollario a quelle che saranno le operazioni di risistemazione del piano sanitario, è giusto che si prenda questo provvedimento a salvaguardia dell’occupazione di quegli operatori che si verrebbero a trovare senza posto di lavoro nel caso di una rivisitazione delle strutture. Credo tra l’altro che sia doveroso sottolineare che queste conversioni non fanno riferimento ad una riduzione del livello della qualità dei servizi. Di qui anche la salvaguardia delle professionalità, perché queste riconversioni potranno essere attuate e finalizzate unicamente alla razionalizzazione e non all’abbassamento dei livelli di qualità e di assistenza.
Credo che sia un provvedimento abbastanza pesato in tutte le sue parti, in quanto è un provvedimento organico. Alcuni in Commissione — il sottoscritto in primis — si sono posti gli effetti e l’impatto finanziario che poteva comportare, ma nell’approfondimento fatto ci siamo resi conto che si tratta di un provvedimento che riguarderà casi marginali, che comunque si possono verificare in quel lavoro di revisione strutturale di tutta l’offerta dei servizi sanitari.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli, relatore di minoranza.

FABIO PISTARELLI. Questo è un atto delicato, perché riguarda la salvaguardia di posti di lavoro, pertanto trova, in linea teorica, una condivisione da parte di tutti verso la difesa di livelli occupazionali, difesa del lavoro. E’ un atto delicato perché inserisce nel sistema norme di carattere generale e addirittura precisa che queste norme hanno efficacia fino alla valenza del piano, quindi fino al 2006. Pertanto questo atto ha i suoi effetti sin d’ora, ma non prevedibili per tutto l’arco della sua efficacia, perché chissà che cosa potrà accadere per quanto riguarda i rapporti con le strutture private convenzionali da qui a uno, due, tre anni, perché sappiamo che fino alla vigenza del piano sanitario 2003-2006 questa norma applica, dispiega i suoi effetti. Ecco perché è delicata: perché è nata da un’esigenza particolare, immediata, quella del caso che ha interessato la provincia di Macerata: la Asl 9 e la Asl 8. Perciò è nato da quel tipo di esigenza, anche a seguito del fatto che in Giunta regionale, con delibera dell’1.4.2003 si è recepito un accordo tra le strutture sanitarie pubbliche e i privati convenzionati per quanto riguarda la riorganizzazione delle case di cura Villalba di Macerata e Villa Pini di Civitanova Marche. Conoscete la questione perché è nota anche alle cronache: la proprietà che gestisce la casa di cura Villalba ha deciso di chiudere quella strutture, aprendo quindi una lunga serie di incontri e discussioni con la Giunta regionale per capire quale fosse il percorso in grado di salvaguardare comunque livelli di assistenza, salvaguardare posti di lavoro ma trasferendo in un altro centro, quello di Villa Pini, della stessa proprietà, la maggior parte delle funzioni e degli operatori.
Questa è la molla che ha fatto partire tutta una serie di atti e di attività, prima di Giunta, con la direzione delle Asl di Civitanova e Macerata, con i privati ecc. e che pertanto ha portato all’approvazione dell’accordo relativo a questa riorganizzazione e poi ha fatto scaturire una discussione che è arrivata nella nostra V Commissione, perché in sede di legge di riorganizzazione del sistema sanitario regionale e di piano, da qualcuno era stato suggerito di inserire anche questo elemento, poi in quella sede, cioè nella sede di discussione dei due atti che abbiamo licenziato a giugno si decise unanimemente di rinviare a un atto apposito questa materia che non poteva essere racchiusa e sintetizzata in un passaggio di una legge più complessiva che era quella della riorganizzazione del sistema sanitario regionale, né in quella del piano sanitario regionale 2003-2006 e si è arrivati a questa proposta di legge.
Fu una proposta che oggi trova però una impostazione, come ripeto, che è generale e che dà un percorso non dico automatico ma quasi, perché se preceduto da accordi, protocolli d’intesa tra le aziende del servizio sanitario, le strutture private interessate, sentite le organizzazioni sindacali, è comunque in grado di suscitare determinati effetti. L’esubero di personale delle strutture private può essere assorbito, in presenza di carenza individuata nelle piante organiche delle strutture pubbliche, può essere assorbito dalle strutture pubbliche stesse.
Il passaggio è solo quello di un colloquio, di una verifica dei titoli, ma un colloquio orale e in pratica la definizione del percorso è l’assunzione nella struttura pubblica. A questo punto la riflessione che si è fatta in Commissione in parte ma che ripropongo oggi in questa sede, nella sede massima del Consiglio e dei lavori istituzionali di questa Regione, è questa: non abbiamo certezza di quello che potrebbe accadere per quanto riguarda gli anni a venire, abbiamo però la certezza di un caso specifico ed è su quello che si è incentrata la giusta attenzione delle istituzioni che non devono essere insensibili a dei problemi di perdita di posti di lavoro e perciò di disoccupazione possibile da parte di personale in esubero delle strutture private che sono state chiuse, sottoposte a chiusura, quindi pongo all’aula questa questione: specifichiamo, miriamo l’intervento, in caso contrario non avremmo certezza né di quanto impatto potrà avere negli anni a venire questo tipo di legge, né della “capienza” di bilancio per quanto riguarda il servizio sanitario pubblico.
Mi spiego meglio: se dai pochi casi di Villalba si passa ad altri numerosi, diversi casi, a questo punto cosa si fa? Non si applica la norma? La si deve applicare. Ma con quali fondi e finanziamenti? Non lo sappiamo quanti ne dovranno essere necessari. Allora miriamo l’intervento — è questa la proposta che facciamo insieme alla collega Cecchini, che spiegherà anche lei i passaggi che ci hanno suggerito questo, come componenti della Commissione sanità — cioè indichiamo direttamente che questo tipo di intervento è legato all’accordo che la Giunta regionale ha stipulato sentite le organizzazioni sindacali, con la proprietà, per quanto riguarda la riorganizzazione delle case di cura Villalba-Villa Pini, così faremmo due operazioni. Primo, rendere operativo quel sentimento, quella sensibilità che ci porta tutti, unanimemente, alla salvaguardia dei posti di lavoro. Secondo, eviteremmo il rischio che per il futuro si possano aprire tutta una serie di vicende che oggi non conosciamo e che il servizio sanitario pubblico, il sistema regionale non so se è in grado di permettersi oggi di affrontare, perché non viviamo un momento di abbondanza di risorse, anzi viviamo un momento di ristrettezza di risorse.
Se sul personale abbiamo detto tutti che i numeri del sistema portano ad una riflessione precisa, cioè siamo abbondantemente al di sopra della media nazionale per quanto riguarda l’impatto del personale sul finanziamento pubblico, sul finanziamento complessivo, un po’ a macchia di leopardo, se c’è questa incidenza del personale molto forte sulla spesa sanitaria, andiamo a mirare l’intervento a quella che è stata la motivazione iniziale. Ecco perché i due emendamenti che abbiamo presentato e proposto limitano e non trasformano questo passaggio legislativo in un passaggio legislativo che varrebbe da qui fino alla vigenza di piano, un passaggio legislativo troppo delicato, perché si creerebbero le condizioni di assorbire una serie di personale in esubero in maniera automatica dalle strutture private a quelle pubbliche senza passare attraverso i meccanismi normali, i meccanismi rituali di selezione e di assunzione del personale delle strutture sanitarie pubbliche, tant’è che nell’articolo iniziale, quello delle finalità, si dice “in via eccezionale e straordinaria”, ma poi lo si contraddice quando si afferma che tutto questo varrà per un periodo definito ma comunque lungo, agganciato alla vita del piano sanitario e alla ristrutturazione del sistema avviata da quel piano e dalla legge di riorganizzazione. Se è in via eccezionale e straordinaria facciamo sì che questa via eccezionale e straordinaria agganciata direttamente all’accordo che è stato effettuato, alla salvaguardia di quei posti di lavoro sia un intervento di natura provvisoria, contingente e non sia un intervento comunque permanente, perché, ripeto, se vi sono poi altre situazioni, altre domande questa legge impone di affrontarle e risolverle tutte alla stessa maniera, a meno che non vogliamo incappare in violazioni di legge, cioè in non rispetto non osservanza delle leggi che ci stiamo dando come Consiglio regionale.
Il mio orientamento è quindi assolutamente favorevole alla salvaguardia dei posti di lavoro per quanto concerne questa vicenda legata al territorio maceratese, cioè la vicenda relativa a Villalba-Villa Pini. La mia forte perplessità è a far sì che da questa cosa nasca poi una norma di carattere generale che è imprevedibile per quanto riguarda il numero delle persone che potrebbero essere coinvolte e pertanto le ricadute economico-finanziarie che questo sistema non può permettersi, oggi, vista la percentuale di incidenza della voce personale sul sistema stesso per quanto riguarda la spesa sanitaria di questa Regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Ci troviamo a discutere di una legge delicata, perché vorrei sapere cosa ne pensano i presidenti dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Comunisti italiani su questa proposta, che potrebbe essere “di destra”, approvata dalle sinistre. Con la salvaguardia del posto di lavoro si favorisce il privato. Non è il contrario, assessore Melappioni, dipende dai punti di vista con i quali si guarda e non bisogna avere la presunzione di essere portatori di verità, perché in tre anni lei ha fatto magrissime figure in quest’aula, per quanto riguarda la sanità, quindi impari ad ascoltare, impari a comportarsi come dovuto, perché per le figure che ha fatto lei a livello di sanità, un altro assessore si sarebbe dimesso come minimo 4-5 volte.
Per quanto riguarda invece il discorso della legge che noi stiamo discutendo, a nostro avviso questa legge ci sembra molto leggera, fragile, debole. Non ce ne voglia il consigliere Luchetti se questa legge porta solo la sua firma e non di altri consiglieri della maggioranza. Penso che nonostante ci siano altre firme, tutti i partiti che sostengono questa coalizione siano d’accordo con questa proposta. Per quanto ci riguarda alcune considerazioni riteniamo opportuno farle. Innanzitutto non è stata fatta un’attenta analisi su quante aziende private hanno del personale in esubero, perché oltre al problema che ha sollevato il consigliere Pistarelli sulla Asur n. 8 c’è una proposta di legge ad iniziativa dei consiglieri Cesaroni e Favia che non a caso hanno fatto questa proposta di legge, sicuramente l’hanno fatta perché nel loro territorio potrebbe esistere questo tipo di problema, quindi sarebbe stato opportuno che nella relazione ci fosse stato illustrato quante aziende private erano in esubero di personale sotto questo aspetto, in quali reparti o in quali laboratori e soprattutto a quanto assomma il personale in esubero. Questo è il nodo principale della discussione che stiamo sviluppando, perché tutto il personale in esubero si può riconvertire? Da quello che diceva il consigliere Luchetti circa l’art. 4, in mancanza di posti vacanti il personale in esubero potrebbe essere utilizzato in altre strutture di riferimento, se non ho capito male.
Cosa significa ciò, compagno Procaccini e compagno Ricci? Che state facendo, sotto il periodo di Natale, un grande regalo ai privati, quindi parlate lo stesso linguaggio del presidente Berlusconi, finalmente per una volta ci troviamo d’accordo e siamo in sintonia, quindi prendiamo atto che finalmente cominciate a ragionare in modo un po’ più libero e democratico, sotto certi aspetti. Il privato non è più quel tabù che si diceva una volta. Però non vorrei che fosse un falso problema, che lo smascheraste sotto la salvaguardia della tutela del posto di lavoro, perché, come diceva anche il consigliere Pistarelli questa legge è lacunosa, perché stiamo discutendo non su numeri, non su cifre, non su cose reali e concrete, ma su ipotesi. Questa legge potrebbe, domani, andare a gravare anche sulla spesa sanitaria regionale, quando si dice che il personale potrebbe essere utilizzato in strutture di riferimento.
La domanda che pongo e non è retorica, è: perché i privati non possono riconvertire il personale in esubero? Perché non facciamo una legge in cui si dica che queste aziende private debbono utilizzare il loro personale all’interno della propria struttura e non metterlo a carico delle aziende o di strutture di riferimento?
Ecco perché dicevo che il discorso che state facendo oggi è di destra, quindi questa proposta doveva essere rinviata e approfondita, c’è troppa leggerezza. Noi stiamo discutendo su un problema delicato che riguarda la sanità marchigiana, che riguarda soprattutto il futuro delle aziende pubbliche che non dovremmo gravare di altro personale sgravando le aziende private. Chi parla non è uno di sinistra, però ho qualche perplessità su questo tipo di ragionamento.
Quando il sottoscritto si è differenziato dal collega Grandinetti sulla problematica dell’accorpamento di alcune strutture, pensava che l’indirizzo di questa maggioranza di sinistra fosse quello di riconvertire il personale nella stessa azienda, non che il personale di quell’azienda, una volta chiuso un reparto, dovesse andare a gravare un’altra azienda. Questo è il discorso di fondo, Procaccini, potete essere favorevoli come volete, potete avere l’avallo dei sindacati, di chiunque, ma il problema rimane, il problema è molto serio. A questo punto ripeto le domande: non avete fatto il censimento di quante aziende sono in esubero in tutte le Marche; quali reparti, laboratori o similari vengono chiusi? A quanto assomma il personale in esubero? Avete fatto un’analisi se questo personale in esubero deve essere riconvertito all’interno delle stesse aziende?
Ho posto questi quesiti che mi sembrano naturali ed elementari. Sono dei dubbi che penso anche voi avete, Procaccini, perché è molto facile aprire un laboratorio privato e poi, un domani, riconvertirlo, passare il personale in esubero al pubblico. Chiunque potrebbe fare un’operazione di questo genere, però se è un’operazione mascherata dovete avere il coraggio di dire “noi facciamo questo per tutelare o per salvaguardare il personale”, ma a mio avviso salvaguardate e tutelate i privati che sono i beneficiari di questa operazione, perché il personale deve essere riconvertito all’interno delle aziende, visto come abbiamo dato la possibilità di accorpare i reparti.
Per quanto mi riguarda questa legge deve essere approfondita, deve essere rivista, deve essere discussa con maggiori dati alla mano, non possiamo dire cosa faremo fra tre anni, due anni, un anno. Questa è una legge che cerca di favorire i privati e il pubblico si prende tutto il personale. Dovete avere la coscienza politica e morale di dire questo. Se direte questo noi siamo d’accordo e ve la voteremo, ma dovete avere il coraggio di ammettere che questa è la situazione e la realtà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Ho votato contro questa legge in Commissione sanità. Le ragioni sono presto dette. E’ un provvedimento generale che consegna alla Regione Marche un problema nel problema. La nostra è una regione in cui la spesa sanitaria è molto ampia e in alcuni casi fuori controllo. Avremo modo di tornare in quest’aula e spiegare il perché di questo. Abbiamo nelle Marche un costo medio del ricovero ben più alto di quello nazionale, il costo medio nazionale di ricovero è di 3.228 euro, nelle Marche 3.943 euro, i giorni di degenza nelle Marche costano 656 euro in media, in Italia 510. Il personale nelle Marche costa 46.511 euro in media, nel resto d’Italia 38.420 euro. Sono dati inconfutabili forniti dal Ministero della sanità rispetto ai quali nulla risponde l’assessore alla sanità, a fronte di una interrogazione ormai vecchia di un anno, da me presentata.
Porto questi dati che sono ufficiali, non frutto di una opinione politica che può essere più o meno giusta, come tutte le opinioni politiche.
Contemporaneamente sappiamo che il 60% del bilancio sanitario è occupato dal personale, sappiamo anche che il contratto dei medici mette in difficoltà atroci le nostre casse sanitarie con una velocità assoluta, perché contavo di arrivare in quest’aula avendo fatto io la ricognizione, perché in Commissione nulla ci è stato detto su quanti sono i dipendenti delle strutture private, quanti sono quelli degli eventuali esuberi. Non pensavo di poter arrivare ad avere un quadro dettagliato, ma almeno quante sono le strutture private e quanti sono i dipendenti. Non pensavo che l’atto arrivasse oggi così velocemente in aula, dato che si è fatta soltanto mercoledì scorso l’approvazione in Commissione. L’atto è passato con la velocità della luce in Commissione bilancio e oggi con l’iscrizione in quest’aula. Facciamo quindi questa legge non sapendo bene che cosa stiamo facendo. A una mia obiezione di questo tipo si è detto “noi in verità stiamo onorando un accordo che riguarda Villalba e Villa Pini, di cui alla delibera regionale 452” ed è per questo che vi troverete a votare la finalizzazione di questa legge esclusivamente per quell’accordo. Anche questa è una procedura anomala, perché in quest’aula abbiamo discusso molte volte di vertenze operaie e abbiamo cercato di manifestare la nostra solidarietà in tutti i modi, in tutte le maniere in cui questo ente poteva farlo. Mai è venuto in mente a nessuno di pensare che potessero diventare dipendenti della Regione Marche, senza concorso, siano essi dirigenti, siano essi impiegati o personale tecnico e amministrativo. Avremmo anche verificato la dotazione organica della Regione, verificato i posti a disposizione, poi avremmo detto, eventualmente, che era il caso di accedere a delle graduatorie di qualche ente. Mai è stata fatta una procedura del genere, tanto più che siamo in piena situazione in cui sul personale sanitario avremo modo di dire che le difficoltà sono più di una, anche a pagare gli stipendi.
In questa situazione facciamo un provvedimento generale, poi se si respingerà l’emendamento si vorrà dire che l’avete voluto fare così generale, perché non era solo per Villalba e Villa Pini come si è detto per qualche laboratorio di cui non si sa bene il nome, quindi non si sa bene quanti sono quelli che stiamo per assumere. Il risultato è che, come dice Brini, valorizziamo, sosteniamo il privato — sotto Natale un grande regalo al privato di questa regione — con un’operazione tale per cui il privato licenzia e la Regione assume senza concorso, con una prova di idoneità del tutto formale e di fatto questo personale viene inserita là dove serve, senza dire né quali sono i posti vacanti né quali sono le necessità delle singole Asl. Sostanzialmente un provvedimento pericoloso. Dire “di destra” mi sembra dire poco, perché è un provvedimento che vi impedirà di sostenere che si mettono nuove tasse perché bisogna pagare gli stipendi del personale. Si spunta un’alibi davvero molto grande rispetto alle difficoltà della sanità.
Per tutte queste ragioni voto contro. Ho presentato gli emendamenti insieme al collega Pistarelli esclusivamente per smascherare un’operazione che si chiama Villa Alba-Villa Pini, ma che in verità vi consente di inserire dentro il servizio sanitario regionale ben altre unità di cui non sapete o non volete in questa fase dire, perché la cosa davvero drammatica è la vostra reticenza. Non mi si venga a dire che non si possono fare provvedimenti ad hoc, chi è vecchio di questa Regione ne ha visti tanti. Se solo funzionasse il collegamento Internet avrei fatto vedere al relatore Luchetti, sulle leggi del personale, quanti provvedimenti ad hoc in questi ultimi dieci anni sono stati fatti. In verità non lo volete fare, o per lo meno sono pronta a ricredermi qualora l’emendamento abbia il voto favorevole di quest’aula, ma credo che non l’avrà. Era comunque mio obbligo farlo, proprio perché è bene capire qual è la politica che intendete fare sul personale, dopodiché non ci si venga a lamentare che il contratto costa perché il contratto è fra i diritti dei lavoratori e non si venga a dire che questo aggrava le casse della Regione senza sapere come fare, perché da oggi questa cosa non la potete più dire.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Attraverso il ministro Sirchia sono stati tagliati alle Marche 1.200 posti letto, di conseguenza, a cascata, ci sarà un effetto negativo per l’occupazione, sia nel settore della sanità pubblica sia nel settore di quella privata. Da questo punto di vista è molto giusto che l’istituzione pubblica si faccia carico, soprattutto in settori similari, di riassorbire l’eventuale manodopera che viene licenziata dal settore privato, anzi questo, nella nostra concezione di sinistra e di Comunisti “più Stato e meno mercato”, andrebbe fatto in tutti i settori, tanto più in carenza del settore pubblico in alcune figure come quelle degli infermieri, che dovrebbero incentivare operazioni di questo tipo, quindi i Comunisti italiani voteranno questo atto perché non è a favore dei privati ma a favore dei lavoratori.

PRESIDENTE. Non vi sono altri interventi, quindi ha la parola, per la replica, il relatore di maggioranza consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Alcune risposte vanno date, anche perché definire questo provvedimento di destra o di sinistra mi fa sorridere.
Intanto voglio dire, per correttezza, che si tratta di lavoratori che già operano nel settore e che fino ad oggi hanno operato a fronte di convenzioni che ha normalmente stipulato la Regione o che hanno stipulato le Asl, inoltre dobbiamo anche considerare che questa realtà si propone nel momento in cui c’è una rivisitazione della convenzione, per cui non è un provvedimento al buio, è un provvedimento che tutela quelle occasioni che si proporranno nel momento in cui si andranno a riorganizzare le strutture sanitarie. Quello che si vuol attribuire a questo atto dicendo che è un atto generalista, è una cosa che non sta né in cielo né in terra. Lo stesso provvedimento proposto da Favia e Cesaroni aveva la stessa caratteristica, non perché nel territorio di Favia e Cesaroni si propone la stessa cosa, non è così. Tra l’altro, se ricordate, fu unanimemente deciso di stralciarlo dal provvedimento di riordino generale proprio per un maggiore approfondimento, ma tutti ci si rendeva conto, a quell’epoca, che era un provvedimento saggio da dover assumere.
Per quanto riguarda il fatto che purtroppo la Regione non ha potuto assumere operai che hanno avuto licenziamento in ditte private, penso che questi siano argomenti che non ha senso porli in questi termini. Questo è personale che opera nel settore della sanità, pagato indirettamente, ma pagato dalla Regione, perché svolge una funzione sanitaria e tra l’altro è personale che ha una sua professionalità che va in qualche modo salvaguardata, per salvaguardare i servizi che non debbono diminuire, tanto è vero che parte del personale di Villalba è passato e dovrà passare nell’ospedale di Macerata dove si sono trasferiti posti letto che erano prima di competenza di Villalba.
Quando ci sono questioni oggettive sono d’accordo, ma quando si vogliono tirar fuori questioni che non stanno né in cielo né in terra non capisco. Cerchiamo di essere costruttivi almeno a fronte di questi provvedimenti che non sono da definire bipartisan, sono nella normalità e secondo me sono da accettare con il buon senso non solo per la tutela dei lavoratori ma anche per venire incontro a quelle questioni di carattere sociale che si potrebbero porre nel momento in cui si va a fare provvedimenti di riordino. Quindi non è un provvedimento di destra o di sinistra ma un provvedimento di buon senso. Ha la durata del piano e non può essere legato solamente a Villa dei Pini, perché il piano fa delle precise scelte nel merito dei servizi, dell’offerta di determinati servizi (pensiamo ad esempio al riordino che si farà negli istituti ex art. 26, alle problematiche della riabilitazione, degli anziani). Sono tutti provvedimenti che si potranno proporre. Non a caso dovrà essere firmato un protocollo, a quel punto, altrimenti non si potrà attuare la legge. pertanto ci sono tutte le norme di salvaguardia, da questo punto di vista.
Tra l’altro alcune convenzioni, nel caso in cui si dovesse assumere personale, converranno anche alla regione, perché la Regione, oltre che pagare il personale per il servizio che richiedono le strutture private, a volte fornisce anche l’utile, perché chi privatamente fornisce il servizio deve anche non rimetterci.
Pertanto ci sono tutte le caratteristiche, le salvaguardie di un provvedimento che va a favore dei lavoratori che si troverebbero in difficoltà, nella salvaguardia dei livelli dei servizi che sono stati garantiti attraverso le convenzioni. Non entro nel merito di altre questioni che sono state poste perché non vale neanche la pena, dico solo che è un provvedimento saggio che accompagna il piano sanitario, che farebbe a meno di uno strumento che invece salvaguarda quelle occasioni che potrebbero trovare conflittualità e in qualche modo anche ostacolo alla riorganizzazione dei servizi sanitari.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione.
Articolo 01. Emendamento n. 1. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Si tratta di limitare gli effetti di questa legge all’accordo fatto dalla Regione Marche con la delibera 52 e cioè Villalba-Villa Pini, impedendo a questa legge di avere un effetto generale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Specifico la potata dell’emendamento che è fondamentale, a nostro avviso, per sostenere l’impianto complessivo della legge. E’ un emendamento che indica e circoscrive la portata dell’intervento che ci apprestiamo a mettere in funzione, perché richiama quell’accordo che la Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali, le strutture interessate, ha formalizzato con la delibera dell’1.4.2003, n. 452. In questo caso si è assolutamente dalla parte della convinta adesione all’intervento, perché è la salvaguardia di posti di lavoro già specificati, indicati e pertanto si è in grado di capire e stabilire quelle che sono le conseguenze sotto un profilo finanziario, cioè di oneri a carico del servizio sanitario regionale.
In caso contrario le perplessità del collega Brini, del consigliere Cecchini che abbiamo tutti espresso, sarebbero molto pesanti, perché si entrerebbe in un meccanismo di automatismo o, peggio, di discrezionalità, perché è vero che c’è bisogno di un preliminare accordo, ma l’accordo demandato all’Esecutivo può scattare in certi casi e non scattare in altri, quindi peggio: se si dice che la scelta è discrezionale, cioè se è la Regione che alla fine deve decidere peggio ancora, perché non c’è solo l’automatismo, c’è anche la discrezionalità, cioè in qualche caso la struttura privata potrebbe avere questi benefici, in altri casi no, e non solo parametrati alla necessità di integrazione delle piante organiche delle strutture pubbliche, perché l’accordo nasce anche da una volontà politico-amministrativa generale. Ritengo quindi che su questa questione ci si debba assolutamente misurare, pesando gli interventi, pesando il proprio voto, perché andrebbe a influenzare in maniera negativa quello che oggi stiamo facendo, animati da spirito positivo perché vogliamo salvaguardare i posti di lavoro, però salvaguardare significa intervenire ad hoc su una certa questione e non dare poi la possibilità di muoversi con la discrezionalità, saltando o comunque introducendo meccanismi che non sono rituali per quanto riguarda il completamento delle piante organiche del sistema sanitario pubblico. Su questo chiediamo grande attenzione e senso di responsabilità per quanto riguarda l’intera aula e tutti i gruppi consiliari.

PRESIDENTE. E’ stata chiesta la verifica del numero legale, quindi prego di procedere in tal senso, a partire dal n. 24.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Se l’opposizione è d’accordo, chiedo di rinviare questo atto e andare avanti con i lavori del Consiglio.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di rinvio.

Il Consiglio approva





Proposta di legge (Discussione e votazione): «Trasformazione in costruzioni a carattere permanente degli alloggi prefabbricati temporanei istallati a seguito degli eventi sismici iniziati il 26 settembre 1997» Giunta (199)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 199, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il consigliere di maggioranza consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. La presente proposta di legge riguarda gli alloggi prefabbricati in legno installati a seguito degli eventi sismici del settembre 1997 e prevede che la proprietà venga trasferita senza oneri ai Comuni dove sono localizzati. Si tratta di strutture che insistono in parte in aree acquisite dai Comuni, in parte in aree di proprietà dei privati. E’ cessato lo scopo per il quale sono stati installati, quindi la proposta è che possano essere utilizzati per interesse pubblico quale emergenza abitativa, protezione civile, attività turistico-ricreative o centri polifunzionali. Se non dovessero prestarsi a scopi pubblici verranno alienati. In questo caso il prezzo verrà determinato dall’ufficio tecnico comunale, d’intesa con gli uffici tecnici regionali. Le somme ricavate vanno in questo caso restituite alla Regione che le destinerà all’edilizia residenziale pubblica al netto delle spese sostenute. Le case di legno che invece insistono su aree private vengono messe in vendita a favore dei proprietari del fondo. Le stalle e i fienili devono comunque essere adeguate alle norme igienico-sanitarie e per questo possono utilizzare i contributi previsti dalla legge finanziaria del 2002. Le domande di trasformazione dell’autorizzazione di edilizia provvisoria in permesso a costruire o la denuncia di inizio attività vanno presentate entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. E’ previsto un vincolo di destinazione per almeno 10 anni ai sensi della legge regionale 13/90. Il dato politico che sottende questa proposta di legge è che, anziché smantellare e perdere un patrimonio che comunque è stato pagato con i fondi pubblici, si dà la possibilità di acquisire queste strutture a patrimonio collettivo e soprattutto che queste strutture possano in via prioritaria essere utilizzate per finalità pubbliche e quindi possono arricchire il patrimonio pubblico di quel territorio, possono essere usate dalla Comunità montana e dall’ente parco, quindi possono continuare, come già è stato fino adesso per quanto riguarda l’emergenza del terremoto, a essere utilizzate per finalità utili all’incremento dello sviluppo di quel territorio.
Riteniamo quindi che con questa operazione venga fatta un’azione di sana amministrazione così come lo è tutta la ricostruzione del terremoto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Come gruppo di Forza Italia diamo voto favorevole, perché abbiamo contribuito anche noi a trovare un accordo unitario a questa proposta di legge che consideriamo ottimale e che dà una risposta seria anche sul territorio per come è stata impostata. Ci auguriamo che questa proposta venga applicata con spirito costruttivo da parte dei Comuni, perché la nostra non è un’imposizione ma una scelta scaturita da un ragionamento logico. Per esempio, quando si parlava delle abitazioni abbiamo concordato unitariamente che può essere riconosciuto il diritto di prelazione a favore di categorie di cittadini che non siano proprietari di altre abitazioni nel territorio nazionale. Abbiamo voluto dare la massima trasparenza affinché il proprietario sia uno solo e non ci sia un accaparramento o una volontà da parte di chi voleva acquisire più abitazioni a livello speculativo.
Per questo ed altri motivi, anche per il recupero delle stalle e dei fienili siamo d’accordo e diamo il parere favorevole a questa legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Siamo favorevoli all’idea di confermare le strutture delle casette in legno e non disperderne il valore. Ricordo che all’indomani dell’evento sismico ci fu il dubbio se contare puntare sui MAM, che in effetti erano degli indegni gabbioni freddi, caldi, o puntare piuttosto sui prefabbricati come si fece in Friuli, che poi restavano come valore. Ciò che mi sorprende un po’ è che la trasformazione da permanenti rimovibili a stabili e stanziate avvenga per un provvedimento normativo che, leggo al terzo comma dell’art. 1, è in deroga a tutte le norme tecniche di attuazione del Ppar e del Ptc. Il che vuol dire che queste casette, collocate — sono tutte in provincia di Macerata, solo 13 nella provincia di Ancona — su posizioni che non rispondevano a suo tempo a esigenze di tutela del paesaggio... In questo Consiglio ci siamo stracciati le vesti in occasione della norma sul condono edilizio previsto dalla finanziaria e ho la preoccupazione: vi siete posti il problema di verificare se sono zone vincolate, se sono in cima a un cucuzzolo o se invece sono in qualche misura tutelate almeno negli aspetti essenziali del Ppar? Altrimenti stabilire il precedente che per non disperdere il valore, non fare la demolizione, si ratifica tutto con buona pace di ogni norma paesistica mi sembra che sia una cosa un po’ forte.
Sulla scorta di questo chiarimento al terzo comma dell’art. 1 mi riservo di valutare che tipo di voto esprimere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. La questione sottoposta all’aula è di una certa delicatezza, perché riguarda la trasformazione in carattere permanente di interventi assolutamente dettati dal periodo di emergenza post-sismica che abbiamo vissuto, soprattutto nelle province di Macerata e Ancona. Anche qui non vi è un quadro definito delle situazioni che potrebbero essere oggetto dell’applicazione di questa legge, perché qui si dà, con l’art. 1 la possibilità di trasferimento, senza oneri, ai Comuni delle strutture, ma i Comuni debbono individuare quali sono le strutture che effettivamente servono a piani e programmi di natura turistico-culturale, ricreativa e quant’altro per quanto riguarda le civili abitazioni e per quanto riguarda le altre strutture produttive, cioè stalle e fienili di carattere provvisorio avviando adeguamenti relativi alle vigenti normative a carattere igienico-sanitario. Si concedono anche contributi ai privati e per quanto riguarda i Comuni devono far fronte all’individuazione di quello che non è necessario ed eventualmente all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica. Attraverso questa acquisizione di risorse si può attivare tutto quel meccanismo (piantumazione, messa in ordine sotto un profilo strutturale) di quei centri utilizzati per la residenza provvisoria, le famose “casette” di legno. Tutto questo ha carattere straordinario. Ecco perché c’è quella norma che dice di andare in deroga al Ppar e ai piani territoriali di coordinamento delle Province.
Abbiamo però valutato l’impatto vero degli interventi? Effettivamente c’è una possibilità di recuperare ad altre finalità e funzioni quei centri oppure quelle finalità e quelle funzioni sono un interrogativo, non una cosa assolutamente certa e raggiungibile? Mi spiego meglio: ci sono centri che accolgono ancora oggi decine di famiglie, altri centri che fortunatamente sono stati abbandonati perché i nuclei familiari sono rientrati nelle proprie case. I Comuni sono in grado di trasformare quei centri, con sinergie, effettivamente in centri di accoglienza turistica, centri che possano attirare? Perché devono avere un mercato quelle cose, altrimenti si rischia di accollare ai Comuni cosa che poi rimangono là, non vengono utilizzate da alcuno e vanno in lento ma inesorabile disfacimento.
O si fa veramente l’opera di rilancio, di trasformazione di quei centri in fruibili centri vocati ad altro, oppure si rischia di fare un’operazione tipo “ce l’abbiamo, le diamo ai Comuni, poi vedranno loro”.
Il dubbio è questo, perché effettivamente ne sono state costruite tante di strutture abitative di questa natura. Non so se riuscirà, il territorio, a farne oggetto di una cosa virtuosa, pure se facciamo solo un’operazione di passaggio di titolarità tra noi e l’ente locale, senza la certezza di quello che potrà avvenire per il futuro.
Ecco la perplessità, altrimenti condividiamo la relazione di minoranza, perché il collega Brini dice “abbiamo verificato, valutato e monitorato tutto, ci conviene molto di più acquisire queste strutture al patrimonio pubblico piuttosto che dismettere tutto e rimandarle chissà dove”. Dove vanno queste casette, una volta tolte? Saranno pressoché inutilizzabili da altre parti, dalla protezione civile, dalle nostre strutture di intervento per quanto riguarda i fenomeni in emergenza. Questa è una preoccupazione giusta. Però non si rischia comunque di dare ai Comuni cose che potrebbero non essere gestibili? Cosa ci fanno di 40-50 casette di legno? Venerdì scorso io sono stato a Cesi, lì sono quasi tutte ancora abitate, però in un futuro saranno acquisite al Comune. Cosa ci fanno? Un centro pressoché vicino al centro storico che sarà recuperato, spero in tempi finalmente brevi, perché sono passati ormai quasi 7 anni dal sisma, ma il piano di recupero di Cesi e di altre frazioni non è partito, nemmeno nell’opera di demolizione delle macerie o degli edifici gravissimamente danneggiati. Se il piano di recupero parte e si ricostruisce il centro storico, il centro originario della frazione di Cesi, lì vicino a 100-200 metri ci sono decine e decine di casette di legno. Sarà un camping? Da chi è gestito? Il Comune, così piccolo, sarà in grado di farne oggetto di un utilizzo di quel tipo? I privati sono interessati? Siccome il fenomeno è abbastanza diffuso, queste domande secondo noi non sono retoriche ma dovrebbero essere oggetto di approfondimento. Nell’impostazione siamo orientati a comprendere le ragioni che hanno portato a questa proposta, siamo però perplessi sulle ricadute concrete. Non so se ci sono altri spunti che vengano dagli enti locali e che potrebbero essere utili per la nostra riflessione. Sono stati fatti questi studi, ci sono delle disponibilità pubblico-private per gestire queste cose? Perché se vanno in disfacimento in mano ai Comuni, on faremmo un’opera meritoria, cosa che invece, nei presupposti, vorrebbe essere questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Voto a favore di questa proposta di legge, perché consente di capitalizzare, da parte dei Comuni delle aree terremotate, quel patrimonio servito all’emergenza e che può essere utile per la valorizzazione di quei territori.
Voglio portare l’esperienza di Serravalle del Chienti, con il cui sindaco ipotizzammo, in un tempo ormai lontano, l’utilizzo produttivo di questi villaggi. Allora — spero che la legge lo consenta — le ipotesi erano tre: quella di fare un villaggio turistico per chi volesse fare turismo naturalistico; quella di fare una casa per anziani in montagna; essendo quella una zona paleontologica di estremo rilievo, perché si è visto nella mostra di Camerino sul ‘400 ci sono dei ritrovati di grande valore, poteva essere un campus per studiosi di paleontologia.
Ho fatto questi tre esempi per dire che questa legge si aspettava da tempo, penso che verrà accolta con molto favore per un utilizzo positivo di queste risorse sul territorio. Si tratterà di costruire, eventualmente, le sinergie economiche per fare queste operazioni, perché quelle strutture possono diventare un incentivo per la valorizzazione di quelle aree nella misura in cui non solo consentiamo il trasferimento degli alloggi ai Comuni ma nella misura in cui i Comuni possono coordinare un’iniziativa economica attorno a questo patrimonio.

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Intervento per il sostegno dei sistemi di certificazione della qualità e della tracciabilità delle produzioni agricole ed agroalimentari» Giunta (174)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 174, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Si tratta di un’importante proposta di legge approvata all’unanimità in Commissione, quindi vi esimo da una lunga illustrazione. La proposta prevede interventi per il sostegno dei sistemi di certificazione della qualità, della tracciabilità e delle produzioni agricole ed agroalimentari della regione. E’ una proposta molto importante, perché in qualche modo dà una risposta alle esigenze sia dei consumatori che degli agricoltori. Infatti l’obiettivo che si intende perseguire con questa proposta di legge è quello di assicurare al consumatore la qualità e la sicurezza dei prodotti agricoli ed agroalimentari che vanno ad acquistare, di garantire le informazioni sull’origine delle materie prime, questione estremamente importante per la vaporizzazione dei nostri prodotti, sull’identità degli operatori coinvolti nella metodologia applicata alle varie fasi del processo produttivo, quindi la tracciabilità del percorso, fornire strumenti di competitività alle imprese del settore, favorire lo sviluppo di un’agricoltura ecocompatibile, favorire l’accesso alle produzioni comunitarie delle produzioni tradizionali regionali.
Questa proposta di legge è importante proprio perché tende a perseguire l’obiettivo che la Regione Marche sta perseguendo dal 1995 in poi sul discorso delle produzioni tipiche, delle produzioni di qualità, in modo da dare risposte concrete ai consumatori sulla salubrità dei prodotti.
Peraltro questa proposta di legge per certi versi è anche una risposta indiretta contro le produzioni Ogm ed è all’ordine del giorno anche una mozione che è stata presentata da tutti i consiglieri della III Commissione sull’argomento degli Ogm, Ogm che riteniamo essere in contrasto con il tipo di agricoltura su cui abbiamo investito in questi anni. La legge si pone l’obiettivo di andare a qualificare queste produzioni tipiche e di andare a individuare e certificare l’origine delle produzioni nella nostra regione.
L’altra cosa importante è andare a individuare un marchio di qualità delle nostre produzioni agroalimentari. Personalmente sarei stato più soddisfatto se fossimo riusciti a pensare a un marchio di qualità del meglio della produzione marchigiana, anche industriale, però nulla vieta che questo obiettivo lo possiamo perseguire in futuro e che intanto cominciamo a lavorare in questa direzione nella promozione di un marchio di qualità per quanto riguarda l’agroalimentare, visto che è in un passaggio estremamente delicato nella politica agricola, nel senso che nei prossimi anni ci dovremo misurare più che mai con il mercato, anche in attuazione della nuova politica agricola comunitaria, il cosiddetto disaccoppiamento tra le produzioni agricole e il contributo comunitario.
peraltro l’obiettivo fondamentale della proposta di legge è il discorso della tracciabilità, che a dire il vero è previsto dalle norme comunitarie, perché già la normativa comunitaria prevede che dall’1.1.2005 tutte le aziende debbano perseguire la tracciabilità, debbano dimostrare la rintracciabilità del percorso produttivo.
Con questa proposta di legge diamo un incentivo alle aziende per prepararsi a questa scadenza, quindi anticipiamo i tempi. Credo che questo sia un aspetto qualificante della proposta di legge, aiuta i produttori, le imprese agroalimentari ad attrezzarsi per rispettare la scadenza dell’1.1.2005, cioè anticipiamo i tempi e aiutiamo le imprese ad attrezzarsi in questa direzione, quindi tutto il discorso del rispetto dei disciplinari di produzione non solo per quanto riguarda le Dop, le Doc, gli Igp ecc., ma anche alcuni percorsi che si vogliono individuare anche in altre produzioni tipiche della nostra regione.
Queste sono le questioni di fondo: anticipare i tempi della tracciabilità e individuare il marchio di qualità. All’interno dell’articolato si prevedono quindi una serie di interventi a favore degli agricoltori che applicheranno questa proposta di legge, quindi anche una risposta per quanto riguarda la promozione a favore dei consumatori.
La proposta di legge è stata approfondita e discussa in Commissione, da parte della quale c’è stato un parere unanime favorevole e invito quindi il Consiglio a fare altrettanto.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Condivido quanto detto dal presidente della Commissione e relatore di maggioranza. Vorrei aggiungere soltanto due cose, secondo me molto importanti. Questo è un argomento nuovo, che possiamo definire quasi di frontiera. E’ una realtà che parte dal regolamento 178 e dalla legge di orientamento del Governo nazionale del 2001, dalla cultura che sta venendo avanti per quanto riguarda la denominazione di origine, da parte dell’Ue a livello di Wto.
Voi sapete che su questo argomento la stessa Ue ha avuto qualcosa da ridire negli anni scorsi e in questa realtà è intervenuta la regione Emilia Romagna, che con la sua legge applicata con scadenza 30 giugno, ha provveduto ad una dotazione finanziaria formidabile di ben 18 miliardi.
Capisco che la regione Emilia Romagna è quasi cinque volte la regione Marche in termini di pil, ma essendo noi in fase ancora di avvio di esperienza in questo campo, dovremmo fare il possibile prima ancora che diventi un passaggio obbligato, così come disposto dal regolamento 1788.
Gli obiettivi sono contenuti, però avremo sicuramente domande superiori alla disponibilità finanziaria. Per quanto riguarda la tracciabilità, la certificazione, il marchio regionale sono tutti elementi sui quali bisognerebbe acquisire una possibile esperienza gestionale che ci possa permettere, con il 2005 di avere un disegno politico più organico e più interessato.
Fino ad oggi i risultati non sono stati all’altezza dell’impegno finanziario profuso dalla regione Marche: se si eccettua il settore vitivincolo che conta ben 16 doc, il comparto agroalimentare marchigiano può contare solo su tre dop, di cui solo una effettivamente operativa, quella che riguarda la Casciotta di Urbino e tre Igp a carattere interregionale, di cui solo il “vitellone bianco” dell’Appennino centrale con una certa rilevanza economica.
Sono favorevole e dichiaro che il gruppo di An vota questa proposta di legge, sperando che i risultati saranno realmente concreti, proprio perché c’è necessità di dare una risposta ad un settore che deve trovare una sua realtà economica non solamente nel nostro territorio ma soprattutto nell’ambito dell’Ue.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Intervengo per dire che ci troviamo di fronte a una proposta di legge importante, anche perché individua nei sistemi di certificazione della qualità e della tracciabilità delle produzioni agricole uno degli strumenti per la promozione dei prodotti del nostro territorio e per affiancare la filiera agroalimentare marchigiana nell’operazione di trasparenza che fino ad oggi è stata fatta, soprattutto su alcuni prodotti ma che invece deve diventare uno strumento generalizzato per affrontare meglio il mercato ma anche per produrre e trasformare meglio i prodotti. Quindi condivisibili le finalità all’art. 1, la promozione dei sistemi di controllo di cui all’art. 2, i sistemi di certificazione della gestione aziendale con le norme Uni e Iso e soprattutto i sistemi di tracciabilità aziendale di filiera. Nella nostra regione possiamo dire di essere stati anticipatori di tali sistemi, anche per prodotti che sembravano dover essere fuori da questo meccanismo della tracciabilità (prodotti freschi, prodotti non trasformati, prodotti che non necessariamente entravano fra quelli a denominazione d’origine o di indicazione geografica protetta).
Ho qualche riserva sulla formulazione dell’art. 6 dove concediamo contributi genericamente a tutti i comitati promotori e consorzi di tutela che vogliano promuovere il riconoscimento di una denominazione d’origine. Non perché non condivida questa azione, che peraltro in passato avevamo finanziato anche con l’Ob. 5b, ma perché abbiamo visto che questa azione dà luogo alla nascita di organismi che alcune volte sono fini a se stessi, che non permettono di raggiungere la denominazione, quindi la disponibilità di risorse per queste azioni rischia di incentivare la nascita di comitati che promuovano le operazioni di riconoscimento dei prodotti per i quali non esistono le condizioni per raggiungere una denominazione di origine protetta, una indicazione di origine geografica protetta. Su questo anche i dati sulla quantità della denominazione di origine protetta e indicazione geografica protetta che abbiamo nel nostro paese — poco più di 100 — ci dimostrano che questo strumento della dop e della igp è uno strumento che può toccare soltanto una quota residuale delle nostre produzioni, perché oggi tocca alcuni prodotti importantissimi come il Parmigiano Reggiano e il Prosciutto di Parma che da soli costituiscono la gran parte, la quasi totalità del fatturato di tutte le denominazioni del nostro paese.
Questo è un rischio, occorre quindi un rigore, una selezione maggiore rispetto a quella indicata nell’articolo per andare a finanziare questi organismi che rischiano di proliferare eccessivamente. Quindi una critica non tanto all’articolo di per sé quanto un pericolo che una gestione troppo avventata di questo articolo ci porti a finanziare qualche cosa che non porta niente all’agricoltura.
Voglio anche dare un altro elemento di riflessione a proposito di quello che affermo: le centinaia di vini a denominazione d’origine controllata o a denominazione di origine controllata e garantita o igt non sono passate al sistema dop e igp proprio per la problematicità nella gestione di questo sistema e noi abbiamo, soltanto nel settore vino, cinque volte le denominazioni che abbiamo in tutto il resto del settore, con la differenza che il vino fa riferimento a una norma nazionale e tutto il resto delle produzioni fa riferimento alle denominazioni e indicazioni geografiche dei regolamenti comunitari, a dimostrazione che nel sistema delle dop e delle igp ci sono delle problematicità di gestione tali che fanno sì che pochi raggiungano il traguardo, quindi non vorrei che, finanziando l’art. 6 piuttosto che altri provvedimenti di altri articoli, destinassimo risorse su una strada che dia poi pochi risultati. Fermo restando che le dop e le igp sono comunque uno strumento valido e certamente non da sottovalutare.
Contemporaneamente credo che una grande attenzione occorra anche sulla gestione del marchio di qualità. “La Giunta regionale individua altresì prodotti agricoli e agroalimentari da ammettere all’uso del marchio”. Anche qui la gestione sarà importante, per evitare che questo diventi un contenitore di qualsiasi cosa e non uno strumento per qualificare le produzioni che entrano nel paniere, perché certamente ci sarà una spinta da parte di tutti per avere questo marchio di qualità come se fosse un adesivo da appiccicare sopra il prodotto che io faccio, senza invece utilizzare l’occasione del marchio di qualità per qualificare ulteriormente le produzioni. E’ vero che per avere questa qualificazione si fa riferimento all’art. 2, comma 2, quello che stabilisce che i disciplinari di produzione devono avere alcune caratteristiche; altrettanto vero che tra queste caratteristiche l’Ue ci ha obbligato a inserire la voce C, che dice “consentire l’accesso a qualsiasi potenziale candidato nell’ambito dell’Ue, fatto salvo le denominazioni di origine”, quindi siamo costretti, per le norme europee, a infilare questa “clausola-omnibus”, che praticamente riduce e ridimensiona le finalità esposte nell’art. 1 e che sono la parte qualificante.
Comunque la proposta di legge, opportunamente gestita, può permettere di collocare la nostra Regione avanti nella politica di qualificazione dei prodotti e questi interventi sono certamente necessari al settore, ma occorre farne una buona ed oculata gestione.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Le cose che diceva Moruzzi sono state oggetto di discussione in Commissione, ma prima io non mi sono dilungato. Convengo nel dire che dobbiamo evitare una polverizzazione di enti, di soggetti, disperdendo risorse, però con l’art. 9 che prevede “sentita la competente Commissione consiliare” ogni anno andiamo a definire il piano. Credo quindi che abbiamo uno strumento per verificare che non ci sia una polverizzazione di enti che non sia incisiva rispetto agli obiettivi della legge stessa, quindi credo che questo strumento ci permetta di evitare questo tipo di discorso.
Sabato sono stato a un convegno dove si è chiesta la dop della cicerchia di Serra de’ Conti o altre cose di questo tipo: in quel caso è necessaria l’istituzione di un comitato per avviare l’istruttoria della pratica. Però non c’è dubbio che questo non può significare finanziare soggetti che già stanno in piedi a seguito di doc, dop, igp e che sono stati istituti, oppure una polverizzazione di enti con una dispersione delle risorse.
Credo che con il piano annuale possiamo intervenire, o comunque la Giunta dovrebbe essere accorta anche nell’andare a definire la parte attuativa, per quanto riguarda il discorso tesso del marchio. Quindi concordo nello spirito e credo che abbiamo strumenti per poter intervenire.

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

C’è un emendamento a firma Avenali, che ha la parola per illustrarlo.

FERDINANDO AVENALI. L’emendamento prevede che per quanto riguarda i contributi di cui agli articoli 4 e 5 vengono erogati a quei produttori che non utilizzano organismi geneticamente modificati. Noi vogliamo perseguire un certo tipo di politica, perciò si rende necessario aggiungere questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Su questo emendamento ho dei dubbi, perché il testo recita: “Nella concessione dei contributi di cui agli articoli 3 e 4 viene data priorità ai progetti finalizzati ad attestare l’assenza di Ogm nelle filiere di produzione”. Per quale motivo noi diciamo che è data priorità ai progetti finalizzati e non diciamo che vengono esclusi se hanno Ogm? C’è una ragione. Perché dobbiamo attestarci alle indicazioni che ci dà l’Ue. Posso essere in parte favorevole, ma dipende dalle realtà...

FERDINANDO AVENALI. Noi diamo priorità a quei progetti che vanno a individuare, come processo produttivo, l’esistenza o meno della tracciabilità. I contributi li diamo per anticipare la normativa comunitaria che prevede il percorso di tracciabilità, quindi diamo priorità a quei progetti che si pongono l’obiettivo di verificare se in quelle produzioni c’è Ogm.

GILBERTO GASPERI. Mi auguro che sia questa l’interpretazione, altrimenti c’è un certo imbarazzo, anche perché dipende dai prodotti su cui andiamo a disquisire, perché nell’alimentazione del bestiame, già oggi alcuni prodotti derivano da Ogm.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Modifiche alla l.r. 2 settembre 1996, n. 38. Riordino in materia di diritto allo studio universitario» Giunta (175)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 175, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Questa proposta di legge è semplice e consta di soli due articoli, ma ha un contenuto di grande significato, quindi mi auguro che il Consiglio la possa approvare. Raggiunge tre obiettivi sostanziali. Primo, utilizzare al meglio i servizi, sia strutture che mense, che oggi vengono gestite dagli Ersu; dare agli stessi maggiore autonomia gestionale ed imprenditoriale; rivisitare le tasse universitarie, con la finalità di destinare questo introito all’aumento delle borse di studio.
La legge consente due operazioni che oggi gli Ersu non possono fare: avere risorse provenienti da altri soggetti pubblico-privati e consentire agli Ersu di utilizzare le proprie strutture abitative o di ristorazione per convegni, congressi e attività, utilizzando lo strumento della convenzione con enti pubblici. Non solo, ma gli Ersu possono utilizzare le loro mense anche mettendole a disposizione di altri soggetti pubblici, intendendo per tali enti locali, ma anche istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, purché tutto questo sia compatibile con l’attività del rendere servizi agli studenti universitari, quindi purché questo non arrechi disservizi agli studenti universitari e purché venga coperta la spesa dei costi di gestione, comprese le spese di personale.
L’art. 2 aumenta lievemente l’importo della tassa universitaria, con un passaggio degli attuali 77,47 euro a 90 euro. Argomento questo secondo aspetto perché mi pare il più significativo, anche se rendere più autonomi gli stessi Ersu non è argomento di minore considerazione.
Abbiamo le tasse universitarie ferme a 77,47 euro dal 1996, passeremmo a 90 e così collocheremmo la nostra regione con una tassa grosso modo pari a quella delle regioni del centro-nord. Ma con la legge abbiamo finalizzato questo aumento alla possibilità di mettere a disposizioni maggior numero di borse di studio destinate agli studenti, perché oggi ci troviamo di fronte a questa situazione;: abbiamo, nell’anno scolastico 2002-2003 circa 58.000 studenti iscritti, di cui 5.689 sono risultati idonei alla borsa di studio, ma solo 4.339 sono i beneficiari, mentre 1.281 sono idonei ma non beneficiari. Questo deriva anche da un taglio che deriva dalla messa a disposizione di risorse dello Stato e con questa operazione di aumento della tassa universitaria abbiamo verificato che questo incremento potrebbe far introitare alla nostra Regione circa 650.000 euro in più e ciò consentirebbe di ridurre quell’aumento di ragazzi e ragazze che risultano idonei ma per i quali non sono sufficienti le risorse.
Credo quindi che sia un atto significativo, un atto importante che è stato discusso con le organizzazioni sindacali, con gli stessi Ersu, con le stesse università. Tra direttori degli Ersu e presidenti e rettori c’è anche una lieve sfumatura di orientamento, l’assessorato ha fatto anche una consultazione con gli stessi organismi di rappresentanza degli studenti.
Credo che con queste operazioni, seppure mi rendo conto che non sono operazioni semplici, da un punto di vista sociale e politico quelle di introdurre elementi di incremento della tassazione universitaria, mi pare che si possa rispondere ad egli obiettivi socialmente rilevanti.
Ricordo inoltre che per quanto riguarda l’accesso alla borsa di studio, per il primo anno è legata alle condizioni economiche (e noi applichiamo, per l’anno scolastico 2003-2004 l’Isee, fissata in 14.500 euro) e per gli anni successivi la condizione è esclusivamente il merito.
Mi pare che in questo contesto, con queste coordinate l’operazione possa essere, anche se non indolore, accettabile, equa e anche con un obiettivo di un certo rilievo sociale. Mi auguro quindi che il Consiglio possa discuterne serenamente, seriamente e cercare di arrivare ad un’approvazione e ad un voto positivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Vorrei aggiungere soltanto ulteriori osservazioni a quanto già detto dalla relatrice. Noi riteniamo che questa sia una riforma a metà degli Ersu: da una parte si concede una maggiore autonomia, si va verso una sorta di privatizzazione di enti non solo erogatori ma gestori dei servizi, quindi una maggiore autonomia gestionale e finanziaria, dall’altra però non si fornisce agli Ersu una effettiva autonomia soprattutto finanziaria, o meglio una maggiore corresponsione di risorse, così come tutti i direttori degli Ersu, sentiti in audizione, hanno evidenziato, seppur contenti di poter avere questo margine ulteriore di manovra nella gestione degli enti stessi.
Non condividiamo, in particolare, l’aumento della tassa di iscrizione che si colloca, con l’adeguamento attuale, tra le più alte d’Italia. Prima era probabilmente tra le più basse, ma ora ci collochiamo nella fascia più alta. Riteniamo, quindi, che questo poteva essere evitato.
I direttori, ascoltati, da una parte plaudivano a questa innovazione, dall’altra lamentavano una carenza di interessamento, ma soprattutto di finanziamento e di aiuti economici agli Ersu stessi, addirittura recriminavano su una situazione di disparità tra gli stessi Ersu.
Ritengo comunque che delle domande ce le dobbiamo fare: stiamo investendo adeguatamente in questa direzione? Il personale che gestisce gli Ersu, è adeguato a questa riforma o ci troviamo con una struttura, anche dal punto di vista numerico, inadeguata? Diamo cioè un’autonomia di facciata o effettivamente forniamo questi Ersu di maggiore personale, di maggiori risorse e strumenti adeguati per far sì che possano anche all’esterno reperire queste risorse? Da più parti chiedevano la possibilità di fare convenzioni anche con l’esterno e questo non è stato consentito, anche per la gestione di servizi di ristorazione di mensa. Quindi è illusoria questa maggiore autonomia, questa maggiore capacità gestionale che viene consentita e concessa, o è reale? Crediamo che sia più un’operazione di facciata, che comporta uno sforzo positivo in tal senso, apprezzato anche dagli stessi responsabili degli Ersu, ma che poi questa modifica non sia posta in condizioni di poter funzionare al meglio o di vederne gli effetti benefici che dovrebbero conseguire anche da questa apertura, proprio al mercato, a questa sorta di privatizzazione che vedrebbe gestori protagonisti gli Ersu stessi e non più soltanto emanazione di una politica svolta da altri.
Per queste ragioni noi siamo scettici sugli effetti e sui risultati di questa riforma, pur condividendone lo spirito, quindi ci asterremo nella votazione finale, pur avendo partecipato fattivamente, in Commissione, ad apportare delle modifiche che hanno indubbiamente migliorato l’atto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. A differenza della collega Romagnoli non ritengo che questa proposta di legge, in modo particolare l’art. 1 introduca una sorta di privatizzazione nella gestione degli Ersu; ritengo al contrario che introduca elementi di flessibilità gestionale che contribuiscono a rafforzare la gestione e la finalità pubblica di questi enti, in modo particolare la possibilità di reperire risorse, oltre che da soggetti pubblici, anche da soggetti privati. Introduce un elemento di finanziamento che però, poi, dovrà essere gestito nell’ambito delle finalità e con le procedure e le modalità tipiche e proprie di enti regionali. Quindi, con questa proposta di legge non scegliamo una strada che pure era stata ventilata, quella della trasformazione degli Ersu da enti regionali di diritto pubblico in enti economici, la struttura rimane quella dell’ente regionale.
Da questo punto di vista il mio giudizio rispetto all’art. 1 della legge è positivo, ritengo in modo particolare che il comma 2, la possibilità di un utilizzo pubblico delle strutture degli Ersu sia un servizio ulteriore messo a disposizione dell’intera collettività, non solo studentesca.
Esprimo invece un dissenso che mi porterà a votare in modo contrario sull’articolo 2 il quale introduce l’aumento della tassa regionale per il diritto allo studio. E’ pur vero che si tratta di un aumento ridotto in termini assoluti, poiché è di circa 12,5 euro ed è anche vero che sono diversi anni che la tassa per il diritto allo studio rimane inalterata, tuttavia non si può dimenticare: primo, che l’aumento è consistente in termini relativi, perché tutto d’un tratto aumentiamo la tassa di circa il 20%, quindi recuperiamo ampiamente la svalutazione della moneta che in questi anni ha fatto deprimere il valore reale della tassa regionale per il diritto allo studio; in secondo luogo questo aumento, pur limitato in termini assoluti, si colloca in una situazione di grave difficoltà da parte degli studenti e delle loro famiglie nel finanziare la formazione universitaria. Infatti siamo di fronte ad un taglio drastico delle risorse all’università e al diritto allo studio da parte del Governo centrale che ha portato anche a clamorose proteste da parte dei rettori dell’università e ci troviamo di fronte anche ad un consistente aumento che si è registrato nel corso degli ultimi anni, delle tasse di iscrizione universitarie, che in certi casi sono addirittura raddoppiate. Se a tutto questo aggiungiamo i costi accessori, quindi indiretti, della frequenza universitaria, ci accorgiamo che ormai, oggi, l’università è diventata un lusso che solo pochi possono permettersi. Di certo, rispetto a qualche anno o a qualche decennio fa, nell’università è ritornata in modo prepotente la selezione di classe, perché le famiglie meno abbienti trovano estrema difficoltà a far studiare i propri figli, a dotarli di una formazione universitaria.
In questa situazione non c’è dubbio che va aumentato lo strumento delle borse di studio, insieme agli altri strumenti di servizio reale agli strumenti. Il punto è: come finanziare questo necessario aumento? Penso che la strada maestra non debba essere quella della tassa di scopo o dell’aumento della tassa di scopo. Riconosco che è un problema il fatto che ci siano 1.200 studenti che sono idonei ma oggi non possono avere la borsa di studio. Ritengo però che il carico per finanziare queste borse di studio andrebbe distribuito sull’intera comunità regionale, dovrebbe essere la fiscalità generale a finanziare il diritto allo studio e non fare un utilizzo esclusivo di tasse di scopo. Quindi non redistribuire solo sulla comunità studentesca l’onere di finanziare borse di studi per gli studenti capaci e meritevoli ma privi di mezzi, perché l’obiettivo della formazione universitaria, dell’innalzamento, della qualificazione professionale e culturale è un obiettivo dell’intera collettività.
Da questo punto di vista, se mai, pensiamo, nei prossimi bilanci, a dirottare risorse dal bilancio regionale verso il finanziamento del diritto allo studio.
Per questo sull’articolo 2 esprimerò il mio dissenso con il voto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. La prima parte della legge è condivisibile, è più tecnica e anzi le possibilità previste dall’art. 1 andrebbero anche ampliate, proprio perché si può far fruire gli spazi pubblici in orario extrascolastico, extrauniversitario a soggetti diversificati, quindi da questo punto di vista è la scuola che dà un servizio al resto della società.
L’art. 2 non è del tutto condivisibile, proprio perché l’aumento non risolverebbe il problema del deficit, inoltre il segnale sarebbe negativo in quanto, in questo contesto la scuola pubblica, in particolare la ricerca e l’università, sono penalizzate dalla politica del Governo, quindi si dovrebbe fare una riflessione rispetto alla messa in campo istituzionale regionale di una politica, anche in virtù delle nuove competenze che le Regioni hanno, per far sì che ci siano politiche diverse, alternative, attraverso una nuova dislocazione del bilancio. Proprio perché già oggi, forse, più di ieri, la selezione, purtroppo, avviene prima dell’università, perché se passasse così com’è la proposta del Governo Berlusconi, in particolare del ministro Moratti, come nel 1800 la selezione avverrebbe già nelle scuole elementari e non all’università. Tuttavia non è condivisibile del tutto, ma la discussione nella Commissione, alla quale anche noi abbiamo dato un contributo, introduce un elemento di solidarietà, proprio perché l’aumento è finalizzato all’utilizzo della tassa destinata alle borse di studio.
E’ in questo contesto schematico che ho cercato di descrivere, che il nostro voto sarà di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Convengo con chi mi ha preceduto nel dire che non stiamo affatto privatizzando gli Ersu, anzi consentiamo loro di poter svolgere funzioni ulteriori. Tra l’altro in questo modo consentiamo, anche ai sensi della legge nazionale 30 di per svolgere funzioni che attengono direttamente all’orientamento, alla formazione e anche al nuovo collocamento così come si è definito con legge nazionale.
Voglio però fermarmi su un aspetto che per ora è stato sottaciuto e che invece vale quanto meno 7,5 milioni di euro. Riguarda il comma 4 il quale recita che il comma 2 dell’art. 38 della legge 38/96 è abrogato. Tradotto, questo introduce una novità, cioè che il salario accessorio, che sino a questo momento veniva pagato dagli Ersu, sarà pagato dalla Regione Marche. Questa norma che veniva istituita nel 1996 quando il salario accessorio valeva meno e quindi poteva essere un onere sostenuto dagli Ersu, per come si è voluta tutta la dinamica del salario accessorio non poteva più essere, quindi condivido la soluzione che in sede contrattuale e legislativa stiamo definendo.
Però — l’assessore Ascoli non c’è ma il Presidente se lo ricorda e l’assessore Secchiaroli sicuramente — a fronte di questa norma c’è un piccolo tesoro nel bilancio della Regione, che è pari a questi 7,5 milioni di euro. La mia proposta è quindi quella di soprassedere sull’articolo 2, comma 1 e rimandare al discorso complessivo per gli anni futuri a quello che dice Ricci sulla fiscalità generale e soprassedere per l’anno in corso e ho preparato un ordine del giorno che propone al Consiglio regionale di vincolare la Giunta ad impegnare i soldi che dovrebbero essere ridati — ma non sono mai tornati in Regione — per le borse di studio. Questo ci consentirebbe di risolvere con la fiscalità generale per il futuro e per l’anno in corso coprire quelle borse di studio che non sono state istituite. Per questa ragione, qualora venga accettata questa norma voterò sicuramente a favore, altrimenti mi asterrò. In ogni caso presento questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Secchiaroli.

MARCELLO SECCHIAROLI. Le motivazioni dell’art. 1 sono già state spiegate in tutti gli interventi che si sono susseguiti e che sono positivi rispetto ad una difficoltà degli Ersu ad avere una flessibilità che è pubblica. Sono d’accordo con il collega Ricci che rimane pubblica, all’interno del ruolo degli Ersu nei confronti degli studenti, che è cambiato proprio per il modo di vivere diverso degli studenti, cioè il consumo dei pasti, come si muovono ecc. Credo che questo abbia incontrato non solo il favore dei direttori ma anche dei sindacati e inizia questo processo di autonomia spiegato con molta più precisione rispetto al testo precedente che era interpretabile da questo punto di vista e che aveva creato non pochi disguidi.
L’aumento della tassa, è già stato precisato essere un aggiornamento che dal 1996 non veniva fatto. Non è una giustificazione ma una esigenza che negli incontri ufficiali che la Regione ha fatto anche con i rappresentanti degli studenti era stata condivisa.
Capisco anche che un discorso di questo genere va ad attutire, non ad affrontare radicalmente le graduatorie ancora di idonei che non possono percepire materialmente la borsa di studio, voglio però ricordare che anche gli idonei possono usufruire soltanto di alcune agevolazioni come i pasti e altre cose.
Questo volevo dirlo, perché non è vero che noi ci attestiamo sulle rette più alte in Italia. La nostra vicina Emilia Romagna supera abbondantemente la cifra che noi abbiamo applicato, la Toscana lo stesso, quindi ci attestiamo all’interno delle regioni dell’Italia centrale. Quelle che hanno le tasse più basse sono le regioni dell’Italia meridionale, la Sicilia in primis.
Non so a che cosa si riferisca nel dettaglio la collega Cecchini, ma sicuramente in questi giorni stiamo affrontando il problema non solo con i direttori ma con i sindacati e stiamo andando ad una autonomia degli Ersu che sarà propedeutica a un riassetto complessivo di queste istituzioni all’interno di tutta l’organizzazione, che stiamo portando avanti, delle agenzie, delle associazioni ecc. Quando si parla di privatizzazione credo che sia il termini più sbagliato, in quanto tutti i dipendenti degli Ersu sono dipendenti regionali, dipendenti pubblici.
Abbiamo assistito anche alle manifestazioni che gli studenti, specialmente di Urbino, hanno fatto: con loro ci siamo incontrati, con loro abbiamo preso degli impegni e abbiamo detto loro e concordato che questa solidarietà deriva dal taglio del 20% dei trasferimenti che il Governo fa alle Regioni, che è cominciato dall’anno precedente, continua quest’anno e al ritmo del 20% all’anno fa sì che il lungo elenco di idonei che non riescono ad usufruire della borsa di studio è in continuo aumento.
Proprio in questi giorni stiamo affrontando con i sindacati e con i direttori questa problematica, tutti stanno attendendo l’approvazione di questa legge e quando si parla di omogeneità e di riequilibrio fra gli Ersu, stiamo tentando di affrontare questo tema sapendo che gli Ersu sono diversi uno dall’altro e vivono situazioni completamente diverse, partendo da Urbino, scendendo ad Ancona, Macerata, Camerino ed Ascoli.
Credo quindi che questa legge è propedeutica a tutto il confronto che abbiamo in piedi e ci permette non più di dare interpretazioni dubbie ma certezza su questa flessibilità che è il primo obiettivo

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno. Ha la parola il consigliere Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Negli anni precedenti la Regione ha pagato per conto degli Ersu il salario accessorio. L’abbiamo fatto negli ultimi quattro anni e a un certo punto, quando nacque una critica dentro la maggioranza per il fatto che spendevamo troppi soldi per il personale, a una ricognizione ci accorgemmo che erano 11 miliardi di lire che avremo dovuto riavere dagli Ersu. Gli Ersu non hanno mai restituito la somma, nonostante fosse vincolata. La proposta è non di riprendere la somma dagli Ersu, ma di chiedere loro di consentirne un utilizzo per le borse di studio. tra l’altro incontrerebbe il consenso delle gestioni amministrative e dei direttori e dei presidenti, proprio perché la somma era vincolata in attesa di ridarla. Propongo quindi di lasciare questo importo agli Ersu per gli studenti.

PRESIDENTE. Do lettura dell’ordine del giorno: “...impegna la Giunta regionale a vincolare le somme che nel bilancio di previsione sono destinate all’anticipo agli Ersu per il salario accessorio dei dipendenti Ersu negli anni 1996-2003, a soddisfare le borse di studio sinora non finanziate”.
Ha la parola l’assessore Ascoli.

UGO ASCOLI. Questo ordine del giorno torna su un problema discusso recentemente con i direttori dell’Ersu. Abbiamo garantito, come ci eravamo impegnati sia io che Secchiaroli, la copertura dei salari accessori a tutti i dipendenti fino al 2003, con soddisfazione anche delle organizzazioni sindacali, abbiamo impegnato anche una serie di altre misure per poter garantire servizi e le borse di studio e questo ordine del giorno riaprirebbe tutto un discorso di contabilizzazione di bilanci che sono abbastanza risolti. Quindi sarei per non accogliere questo ordine del giorno, perché piuttosto che semplificare ci complica di molto la vita. Con gli Ersu la partita è in via di soluzione abbiamo fatto diversi passi avanti per portare trasparenza ai bilanci degli Ersu stessi, la modifica alla legge 38 ci aiuterà a questo processo di trasparenza con i discorsi dell’autonomia presenti in quella modifica, quindi personalmente ritengo che, nonostante un’origine giusta della vicenda, per come si è portata avanti la questione in questi ultimi mesi l’ordine del giorno, più che aiutarci ci complicherebbe molto la vita.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini sull’ordine dei lavori.

CESARE PROCACCINI. Chiedo che si discuta e che si approvi la proposta di legge sulla zootecnica, perché è riferita al 2003, è ferma da mesi, siamo a fine anno e gli agricoltori e gli allevatori aspettano i fondi pubblici per rinnovare le proprie imprese.

PRESIDENTE. Sono le 19,20, è possibile continuare e proseguire in seduta notturna, qualora l’Assemblea lo decida.
Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Concordo con Procaccini circa l’esigenza che questa legge venga approvata, perché è stata una legge tormentata per alcuni versi, molto discussa, oggetto di molte ore di discussione in Commissione, peraltro approvata all’unanimità.
Se non vi sono le condizioni perché manca l’assessore o perché siamo a fine seduta, se si decidesse di discutere sono qui, ma se si ritenesse di non poterla discutere questa sera chiedo che si metta al primo punto all’ordine del giorno della prossima seduta. Questa cosa deve essere chiusa presto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Concordo con Procaccini sulla necessità di discutere e approvare la proposta di legge e sono anche disponibile a fare una sola dichiarazione di voto. Penso che l’iter sia stato talmente lungo, che perdere l’occasione di discutere e licenziare questo atto significhi esporre al rischio che queste risorse non siano disponibili.

PRESIDENTE. Per informazione dei consiglieri e per una sorta di economia dei nostri lavori informo che la giornata del 17 si prefigura già molto ricca di proposte di legge e atti da approvare. Se riusciamo a fare oggi la discussione di questa proposta di legge è opportuno, ma è chiaro che lo decide l’Assemblea. Ci sono le condizioni per procedere rapidamente?

GILBERTO GASPERI. Non c’è neppure il numero legale, Presidente.
Non è presente l’assessore e io ho un incontro con il sottosegretario, quindi chiedo di rimandare questa discussione.

PRESIDENTE. Se non vi sono le condizioni, dichiaro chiusa la seduta. La proposta di legge sarà inserita al primo punto della prossima seduta.

La seduta termina alle 19,30