Resoconto seduta n. 164 del 10/12/2003
La seduta inizia alle 10,25
Giornata per la pace nelle Marche
PRESIDENTE. Signori consiglieri, autorità, in apertura di questo consiglio regionale aperto voglio ricordare ancora una volta le figure di due uomini della nostra terra, Carlo Urbani e Marco Beci, che tanto si sono spesi per la pace.
La decisione di impegnare la propria vita nella lotta alla miseria e alle malattie, nel portare aiuto e solidarietà alle popolazioni più bisognose, può sembrare un granello di sabbia nel mare della povertà in cui versano tanti paesi del mondo. Così non è. Accanto alle politiche degli Stati, ci sono le azioni degli uomini, dei missionari, delle organizzazioni volontarie, degli enti locali, che spesso riescono a fare meglio e di più e fin da subito per risollevare le sorti di una collettività che soffre, e che muovono sentimenti collettivi importanti per le decisioni che le massime autorità devono assumere.
Il Consiglio regionale delle Marche, in segno di riconoscenza per l'impegno pagato al prezzo della vita, ha voluto dedicare alla memoria di Carlo Urbani e Marco Beci due aule consiliari.
Con questo primo Consiglio aperto, ha voluto intanto chiamare a raccolta il sistema delle autonomie locali per ragionare insieme sui progetti già avanzati e che possono avanzarsi per contribuire fattivamente alla causa della pace. Ha voluto inoltre dare un preciso segnale di attenzione alla comunità dei missionari marchigiani che operano nel mondo.
Questo impegno sarà proseguito coinvolgendo tutte le espressioni della società civile (Onlus, organizzazioni diverse, istituzioni) e testimoniando con iniziative proprie la volontà, la tenace volontà di allargare l'orizzonte della propria "missione" ai richiami di una umanità che cerca pari dignità e pari diritti.
Per quello che riguarda il programma dei nostri lavori, l’introduzione per l’Ufficio di presidenza ai nostri lavori la presenterà il consigliere segretario Martoni. Successivamente presenteranno i programmi della Giunta l’assessore Silenzi e l’assessore Secchiaroli e per il primo degli interventi del sistema delle autonomie locali, invitato oggi a ragionare con i consiglieri regionali sulle nostre questioni, sulle nostre attività, interverrà il sindaco di Ancona Fabio Sturani.
La parola al consigliere Martoni.
GABRIELE MARTONI. Celebrare la giornata della pace nel 2003 è particolarmente difficile. Che cosa c'è infatti da celebrare in questo anno che si va faticosamente concludendo? Inutile persino fare l'elenco di tutte le guerre, dei conflitti in atto sulla terra oggi. Un calcolo approssimativo ne enumera circa trentacinque. Con un intero continente, l'Africa, che rischia di non avere futuro per la quantità e l'intensità dei disastri che una sorta di guerra perenne sta producendo.
Accanto alle guerre comunemente intese si stanno verificando delle situazioni insostenibili a causa di problemi sanitari per milioni di esseri umani. Trenta milioni di ammalati di Aids in Africa ,con circa tre milioni di bambini e ragazzi orfani per effetto della malattia. In questi giorni l'associazione Medici senza frontiere ci fa sapere che ogni anno 14 milioni di persone muoiono a causa di malattie infettive come la tubercolosi e l’Aids, che i farmaci in grado di guarirli esistono e ci rammenta che negare l'accesso al farmaci è un crimine contro l'umanità. Una diversa forma di guerra.
Personalmente penso con Ernesto Balducci che “la guerra non ha più senso per il semplice fatto che non si vince più. Per il semplice fatto che anche una guerra vinta non chiude il conflitto che voleva chiudere: lo riapre in forme più nuove e terribili". Altresì "la pace e la guerra sono inconciliabili: nessuna guerra, al di là dell'aggettivo che gli viene messo accanto, è conciliabile con la pace". ( Arrigo, monaco di Camaldoli)
Ed ancora con Enrico Peyretti ci sentiamo di affermare che “se c'è un vincitore c'è un vinto; uno è contento di avere inflitto un dolore e un danno, l'altro ha subito e patisce un male”. Ascoltiamo due voci autorevoli, che superano i tempi: Buddha ed Erasmo da Rotterdam. Buddha: “la vittoria alimenta inimicizia, perché chi è vinto giace dolente. Chi ha abbandonato vittoria e sconfitta, costui ristà tranquillo e felice. Dopo ogni vittoria resta ancora da fare la cosa più importante, che la vittoria ha allontanato: la riconciliazione. Il bisogno del vinto ed ugualmente il bisogno del vincitore rimane ancora insoddisfatto: è il bisogno di essere riconciliato, per avere sicurezza e tranquillità, per non dover temere recriminazioni, attacchi, dominio, vendetta. Questi sono bisogni e diritti fondamentali della vita, e la vittoria non li assicura, ma li rende incerti più che mai’.
Erasmo da Rotterdam il grande difensore della pace all'inizio del Cinquecento, avvertì che lo Stato moderno si andava costituendo sul diritto di guerra. In Erasmo si coalizzano due argomenti contro la guerra: l'argomento del sano utilitarismo. e quello morale, per cui l'uomo è fallito quando uccide l'uomo.
Serve la guerra contro la violenza e la malvagità? Neppure per questo serve, perché come dice Kant: la guerra è un male perché fa più malvagi di quanti ne toglie di mezzo. Oltre che vergognosa e degradante, la guerra, anche se vinta, non conviene, è stupida, costa sempre troppo cara, non risolve nessun problema, attira vendetta. Dunque, fallimento morale e fallimento economico, se economia vuol dire regole per bene abitare la casa, la casa umana, insieme, senza danni e minacce reciproche.
Dall'appello della Tavola della Pace ricaviamo che tutti siamo per la pace. Ma poi c'è sempre qualcuno pronto a giustificare la guerra. Tutti siamo per la pace ma la pace resta un oggetto misterioso. Che cos'è veramente la pace? Cosa dovrebbe fare la nostra Italia oggi per mettere un freno al crescente disordine internazionale e svolgere un ruolo di pace? E l'Europa che andiamo (faticosamente) costruendo, sarà uno strumento di pace? Cosa devono fare le istituzioni? Quale politica per la pace? Quale il ruolo della società civile?
Chi lavora per la pace e non si limita ad auspicarla, chi s'impegna ogni giorno e fa i conti. con i propri limiti sa che a queste domande occorre dare delle risposte urgenti. La gravità del momento (richiamata anche dalle recenti parole del Papa Giovarmi Paolo Il — "nubi oscure si addensano all'orizzonte del mondo. L'umanità, che ha salutato con speranza l'aurora del terzo millennio, sente ora incombere su di sé la minaccia di nuovi sconvolgenti conflitti. E' a rischio la pace nel mondo") — impone a tutti (nessuno si senta escluso) una riflessione e un'azione conseguente.
“A ognuno di fare qualcosa" amava ripetere Aldo Capitini. Ma fare qualcosa per la pace non basta più. Occorre imparare a farlo insieme. Cittadini, organizzazioni della società civile, comunità ed Enti Locali devono agire insieme, con audacia, operando oltre le frontiere e le diversità come un fronte unico, con una strategia globale e una consapevolezza comune.
Nello specifico mi unisco a Tonino Drago per affermare che "non si può più fare politica con il pensiero volutamente debole, che affronta di giorno in giorno le problematiche, ma non ha una visione ampi a, un progetto”.
La nonviolenza, con Gandhi, ha avviato uno dei processi più importanti della storia: la decolonizzazione. E' questa la grande novità del secolo scorso, non c'è altra novità.
La nonviolenza ha avuto prima una ispirazione religiosa (Francesco d’Assisi, Tolstoj, La Pira, Tonino Bello), poi con Gandhi acquista un'ispirazione più ampiamente etica. L'etica si settorizza poi con don Milani, che affronta il sociale (scuola, militare). Lanza del Vasto arriva a riconoscere la necessità di vivere in questa società con distacco: dobbiamo essere uomini non violenti al di sopra, indipendenti dalla società in cui viviamo; Gandhi non criticava gli inglesi. ma la loro società che viveva sul dominio delle colonie. Con un passaggio ulteriore, da Capitini a Galtung, si arriva a fare un discorso più ampio sui modelli di sviluppo. In Italia abbiamo una tradizione non violenta grandissima, non a caso è l'unica nazione che ha avuto una legge in cui si parla di difesa non violenta. La nonviolenza è grande passione per la politica, ciò che si critica è la politica attuale, perché la politica attuale è machiavellica: ma la storia non può finire con questo stile, sì dovrà iniziare a trovare stili nuovi, dove il fine non giustifica i mezzi.
Desidero concludere questa parte del mio intervento citando alcuni passi del messaggio di Giovanni Paolo Il in occasione della giornata mondiale della pace del primo gennaio 2003, sei mesi prima della pubblicazione dell'enciclica Pacem in Terris), mentre a Roma si era da pochi giorni aperto il Concilio Vaticano II e il mondo, a causa della crisi dei missili a Cuba, si trovo sull'orlo di una guerra nucleare.
La strada verso un mondo di pace, di giustizia e di libertà sembrava bloccata. Molti ritenevano che l’umanità fosse condannata a vivere per tanto tempo ancora in quelle precarie condizioni di guerra fredda, costantemente sottoposta all'incubo che un'aggressione o un incidente potessero scatenare da un giorno all'altro la peggior guerra dì tutta la storia umana. L'uso delle armi atomiche, infatti, l'avrebbe trasformata in un conflitto che avrebbe messo a repentaglio il futuro stesso dell'umanità. Giovanni XXIII non era d'accordo con coloro che ritenevano impossibile la pace. Con l'enciclica, egli fece sì che questo fondamentale valore con tutta la sua esigente verità cominciasse a bussare da entrambe le parti di quel muro (il muro di Berlino costruito nel 1961) e di tutti i muri. A ciascuno l'enciclica parlò della comune appartenenza alla famiglia umana e accese per tutti una luce sull'aspirazione della gente di ogni parte della terra a vivere in sicurezza, giustizia e speranza per il futuro.
Da spirito illuminato qual era, Giovanni XXIII identificò le condizioni essenziali per la pace in quattro precise esigenze dell'animo umano: la verità, la giustizia, l'amore e la libertà. La verità egli disse sarà fondamento della pace, se ogni individuo con onestà prenderà coscienza, oltre che dei propri diritti, anche dei propri doveri verso gli altri. La giustizia edificherà la pace, se ciascuno concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. L'amore sarà fermento di pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito. La libertà infine alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni.
Come potete notare mi sono sforzato di evitare la celebrazione perché come dicevo all'inizio, per il 2003 non abbiamo alcunché da celebrare, il tentativo è stato quello di offrire a voi e a me stesso alcune idee su cui riflettere anzi su cui meditare.
Ora vorrei passare dalla riflessione alla azione, perché è necessario come Consiglio regionale assumere degli impegni e sviluppare delle concrete azioni per rendere manifesta ed efficace la nostra volontà a perseguire la Pace.
Le azioni che abbiamo intenzione di proporre al Consiglio si sviluppano a partire dal concetto di "testimonianza", convinti come siamo che oggi più che mai abbiamo l'assoluta necessità di proporre a noi stessi, ai giovani, e a tutta la comunità marchigiana dei modelli positivi, dei testimoni di pace che ci aiutino ad educarci, a riscoprire i valori della socialità, della solidarietà e del vivere civile.
Un piccolo ma significativo atto è stato compiuto intitolando al dr. Marco Beci e al dr. Carlo Urbani la sala “ovale” e la sala "tonda" del Consiglio regionale, nella speranza e con l'augurio che un poco del loro grande valore di testimoni di pace riviva in tutti quelli che svolgono l'attività politica in quei luoghi.
Un'altra azione si è sostanziata in una attività a favore di missionari marchigiani che testimoniano in tutto il mondo con gesti di pace e di assistenza a favore dei più" deboli.
Questa azione coinvolge oltre al Consiglio regionale le quattro Amministrazioni Provinciali ed alcune aziende.
Un progetto prevede di impegnare il Consiglio regionale a dare visibilità (manifestazioni, pubblicazioni, supporti video informatici) a tutte le attività e testimonianze sviluppate annualmente da Enti Locali, scuole ed associazioni sui temi della pace e dei diritti umani.
Inoltre è in sviluppo una idea di progetto sul coinvolgimento del Consiglio regionale in merito alla applicazione della L.R. n. 9/2002. Nello specifico il Consiglio regionale, nell'ambito dell'art. 14, può integrare i momenti di celebrazione, pur importante e dovuta, con azioni di presenza istituzionale all'interno delle "attività per la promozione della cultura della pace e dei diritti umani" (lettera C, punto 1, art. 2) e per promuovere e sostenere "iniziative di informazione, sensibilizzazione ed educazione volte a favorire la cultura del la pace e dei diritti umani" punto 1 art. 6).
Sulla base del piano annuale di cui all'art. 10 ed in accordo e coordinamento con la Giunta regionale, il Consiglio regionale individua uno o più" temi da sviluppare, con iniziative di carattere informativo, di sensibilizzazione, di educazione e di promozione culturale a favore dei giovani marchigiani.
Il cuore di ciascun progetto sarà costituto dall'incontro tra i giovani e testimoni che sul tema indicato hanno maturato delle esperienze significative e riconoscibili. I consiglieri regionali saranno invitati ad introdurre e presenziare agli incontri con i testimoni. Tutte le idee ed ì materiali prodotti, verranno utilizzati dal Consiglio regionale che ne farà oggetto, quali buone pratiche, da diffondere tra i giovani e a tutta la comunità marchigiana.
PRESIDENTE. Ha ora la parola l’assessore Silenzi.
GIULIO SILENZI. In questi giorni si registra una nuova piccola speranza, raffigurata dagli accordi di Ginevra tra rappresentanti della società civile palestinese e israeliana. In quelle intese (che finalmente si stanno imponendo anche all’attenzione delle cancellerie) c’è soprattutto l’indicazione di una possibile alternativa alla dottrina secondo la quale i conflitti possono risolversi soltanto con la forza delle armi, con la guerra, tornata ad essere uno strumento che molti considerano legittimo e utilizzabile, dopo che era stato messo al bando nella Carta delle Nazioni Unite.
Il conflitto tra israeliani e palestinesi dura ormai da più di mezzo secolo, senza che le innumerevoli guerre che sono state combattute in mezzo secolo e il loro corredo di tragedie abbiano potuto in alcun modo rimuovere le ragioni che lo alimentano. Al contrario, l’abisso di orrore sembra senza fine e ogni giorno si rinnovano i lutti, che generano altri odi e altri morti. Se si vuole una prova che la strada della pace non passa per la guerra, e che la violenza non fa che preparare nuova violenza, basta guardare alla Palestina, al suo tragico passato, e al suo drammatico presente. Rispetto a tutto questo gli accordi di Ginevra indicano un’alternativa possibile, basata sul dialogo e la reciproca comprensione. Questa è la strada che la società civile di due popoli sventurati indica non solo ai rispettivi governi ma a tutti noi — che ci definiamo uomini di buona volontà — che crediamo nelle ragioni della convivenza pacifica tra i popoli.
Da quando approvammo la legge regionale n. 9 il quadro internazionale è sensibilmente mutato in peggio. Se la fine del secolo scorso ci aveva consegnato in eredità l’inquietante ritorno della guerra sul suolo europeo e il diffondersi di conflitti di tipo nazionale ed etnico (a conferma del fatto che la malapianta del nazionalismo era ancora capace di generare odi e guerre, simili a quelle che hanno tragicamente segnato la prima metà del Novecento), oggi dobbiamo purtroppo fare i conti con una situazione di conflitto permanente provocato dalla minaccia terroristica che a partire dal criminale attentato dell’11 settembre ha provocato tante vittime in ogni parte del mondo. A quella sfida, purtroppo, una parte del mondo occidentale capeggiata dagli Usa ha risposto con la dottrina e la pratica della guerra preventiva e globale. Questa scelta, oltre ad essere incapace di bloccare il terrorismo, finisce al contrario per alimentarlo, come purtroppo dimostra la situazione odierna in Iraq e la tendenza della minaccia terroristica ad estendere la propria sfida ad altri paesi. Sulla sfondo di questa tragica tendenza c’è la possibilità di uno scontro che finisca per assumere i caratteri di una contrapposizione tra religioni e culture.
Dopo la fine della guerra fredda i fattori di disordine internazionale si sono moltiplicati e abbiamo assistito al progressivo indebolimento delle istituzioni politiche che avrebbero dovuto regolare pacificamente i conflitti internazionali e prevenirli.
Questa situazione è estremamente pericolosa e non giova a nessuno, come ancora una volta dimostra la vicenda irachena, la delegittimazione dell’Onu. Bisogna invece lavorare per restituire all’Onu la sua funzione il suo prestigio: a questo non c’è alternativa.
Come non c’è alternativa alla ricerca di un assetto più giusto del mondo in cui viviamo, come condizione per una condizione di pace.
Basti considerare questi dati: un secolo fa circa (1913) il divario ,tra le nazioni più ricche e quelle più povere era misurato da un moltipicatore pari a 11; nel 1950 l’indice era salito a 35, nel 1973 a 44, per finire a 72 nel 1992. Secondo L’Economist, “dei bambini che muoiono prima di compiere 5 anni, il 98% sono in paesi in via di sviluppo; il 95% delle persone sieropositive è in nazioni povere; dei milioni che muoiono prematuramente per tubercolosi, malaria, morbillo, tetano, pertosse, tutti, tranne poche migliaia sono nelle aree povere del mondo”.
Un mondo, un destino? E’ evidente che in realtà ci troviamo di fronte a fratture vertiginose nella condizione degli esseri umani, rese tanto più clamorose dalla unificazione informativa. Il mondo è forse diventato un villaggio globale, ma in esso una parte (all’incirca i quattro quinti del totale) è destinata a soccombere.
La conclusione del rapporto del 1999 del programma di sviluppo delle Nazioni Unite è che “le minacce globali stanno crescendo, diventando sempre più grandi delle capacità nazionali di affrontarle e andando più in fretta delle risposte internazionali”.
Il problema della pace e della promozione della cultura della pace va posto all’interno di questo quadro drammatico che ho semplicisticamente schematizzato, e richiede una precisa presa di posizione etico-politica.
Credo che oggi più che mai attuale sia ciò che è indicato da uno dei grandi testi profetici del nostro tempo, l’enciclica di Paolo VI Popolarum progressivo, in particolare laddove richiamandosi alla pacem in terris di Papa Giovanni XIII, parla dello sviluppo come nuovo nome della pace e afferma che “combattere la miseria e lottare contro l’ingiustizia, è promuovere, insieme con il miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti, e dunque il bene comune dell’umanità. La pace non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini”.
Senza giustizia non c’è vera pace e senza pace non può esserci vera giustizia. E’ questa consapevolezza che ha ispirato i popoli delle Nazioni Unite a impegnarsi per “salvare future generazioni dal flagello della guerra, e insieme a promuovere i diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà”.
Nel nostro modesto ambito possiamo e dobbiamo fare quello che è in nostro potere per promuovere questi valori, migliorando la nostra politica nel campo della cooperazione. L’Europa può dare un contributo importante, a cominciare dal cambiamento della sua stessa economia e dal superamento del regime di aiuti pubblici che finiscono per penalizzare le agricolture dei paesi più poveri, che non possono reggere la concorrenza con settori produttivi che godono di interventi così massicci. Questa situazione influisce negativamente sui corsi internazionali, che in quasi tutti i campi hanno fatto registrare la diminuzione dei prezzi dei prodotti agricoli dei paesi poveri dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina.
Dobbiamo aiutare questi paesi a sviluppare i loro sistemi di produzione e di commercializzazione, e preservare l’agricoltura contadina dalla aggressione del mercato, dando priorità alla garanzia della sicurezza alimentare.
Solo in questo modo potremo risolvere il problema della pace, che non si può garantire al di fuori di un equilibrio economico giusto. La sicurezza non è separabile dalla giustizia.
L’Europa può dare un contributo essenziale, nel suo stesso interesse e l’Italia dovrebbe svolgere, ma non lo fa, un ruolo essenziale per la sua vocazione di ponte con l’Africa e di paese fortemente inserito nel Mediterraneo. E’ a questo che pensiamo quando promuoviamo insieme ad altri enti locali e ad altre associazioni, il progetto per la regimazione delle acque piovane in Eritrea, puntando ad offrire alle popolazioni di Buja l’opportunità di costruire la loro autosufficienza alimentare. Così come ci stiamo muovendo in Brasile, in Argentina, in Croazia, in Albania, utilizzando le organizzazioni non governative e il volontariato marchigiano: tanti uomini e donne nascosti nella loro funzione, ma che riescono a risolvere problemi di vita enormi e senza il loro contributo e il contributo di queste associazioni, di questo volontariato, tanta parte della nostra politica, dei nostri interventi e tante situazioni che sembrano lontane ma che sono molto vicine e sono vitali, dalla cui soluzione dipende la vita di migliaia di persone, non potrebbero realizzarsi e a loro va quindi il nostro ringraziamento e il nostro impegno ad una valorizzazione e a un rapporto sempre più stretto di collegamento, anche in una visione moderna e nuova di cooperazione allo sviluppo.
Noi abbiamo bisogno di una radicale riforma delle normative italiane, delle politiche di cooperazione allo sviluppo, che permetta con efficacia e tempestività di sostenere la promozione della pace nel mondo, la lotta alla povertà, l’inclusione sociale ed economica all’interno dei paesi terzi, la loro piena integrazione nel consesso mondiale, che rovesciando l’approccio tradizionale veda come principali protagonisti le società civili organizzate del nord e dei paesi più svantaggiati e rispettivi organi decentrati, partner più appropriati per uno sviluppo su base sociale, per cui la cooperazione allo sviluppo come rapporto tra il sistema Italia, fatto dalle istituzioni, dagli enti locali, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle associazioni di volontariato, dai sindacati, d tutte le forme di associazione sociale ed economica che stabiliscono un rapporto diretto con le aree geografiche che hanno bisogno di progetti di sviluppo, con gli stessi identici partner, laddove vi sono, quindi sindacati, forze economiche e sociali, enti locali, in un rapporto diretto, non Stato-Stato ma in un rapporto comunità locale-sistema della comunità locale, con il sistema delle comunità locali laddove si vuole agire.
La cooperazione allo sviluppo ha allora un senso più pregnante, non è solo solidarietà ma qualcosa che mette in moto l’economia, che rimuove le condizioni di sottosviluppo, che rende protagonista il territorio laddove si vuole intervenire.
Di questo abbiamo bisogno e per questo quest’anno abbiamo raddoppiato gli stanziamenti nel capitolo della cooperazione allo sviluppo e il mio invito è che il Consiglio regionale, nell’approvazione del bilancio 2004 veda una più considerevole azione per la cooperazione allo sviluppo chiamando tutti i settori, economici e sociali, delle Marche, a dare lo 0,1% del proprio bilancio per destinarlo alla cooperazione e allo sviluppo, per moltiplicare le azioni che dobbiamo fare, che non facciamo direttamente come Regione, ma azioni che attivino i progetti del mondo del volontariato, e ve ne sono molti. Togliere lo 0,1% dei fondi destinati all’agricoltura, al turismo, all’industria e artigianato, al sociale significa dare una risposta in termini finanziari, per moltiplicare decine e decine di azioni che possano veramente modificare le condizioni di vita e dare il nostro piccolo contributo ad un processo reale di pace.
Alle nostre spalle noi europei abbiamo una storia di dominazione, oppressione e sfruttamento a cui non abbiamo completamente rimediato e di cui non completamente abbiamo fatto un esame autocritico sincero. Lo dimostra il perdurare di velleità coloniali e l’atteggiamento di insofferenza xenofoba che si manifesta nel modo in cui alcuni di noi tendono a comportarsi nei confronti degli immigrati.
Tuttavia, forse proprio per questa storia tragica, l’Europa può essere il soggetto politico pi dotato, sul piano della cultura politica, per sviluppare un dialogo nuovo con l’Africa, con i paesi del Mediterraneo e con quelli dell’America meridionale. Lo potrà fare se saprà superare i suoi egoismi, e comprendere che il suo stesso futuro dipende dalla capacità di costruire un ordine internazionale veramente giusto e umano.
Le Regioni possono dare un contributo in questa direzione. Io ne indicavo uno e vorrei che anche dal dibattito, dalle conclusioni di questo Consiglio venisse recepito, perché daremmo un contributo concreto in questa direzione.
Le Marche hanno ispirato la loro politica di cooperazione allo sviluppo a questa superiore esigenza.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Secchiaroli.
MARCELLO SECCHIAROLI. Faccio un intervento sulla progettazione regionale rispetto a questa problematica, visto che i miei colleghi hanno ampiamente affrontato il problema a livello generale, politico e internazionale.
L'Onu ha proclamato il periodo 2001 2010 "Decennio Internazionale per una cultura di pace e nonviolenza per le bambine e i bambini del mondo". In precedenza, l'Onu aveva proclamato il periodo 1995 2004 "Decennio per l'educazione ai diritti umani”.
Per rafforzare queste decisioni, il 13 settembre 1999, l’Assemblea ”Generale delle Nazioni Unite ha approvato una “Dichiarazione" e un `Programma d'azione per una cultura di Pace".
L'obiettivo è "mobilitare l'opinione pubblica a livello nazionale e internazionale per costruire e promuovere una cultura di pace, facendo leva sull'impegno individuale e sul coinvolgimento delle istituzioni e delle organizzazioni a tutti i livelli, da quello internazionale a quello locale. In ogni paese, città o quartiere la cultura della pace può essere affermata in molti modi diversi, lavorando per sradicare le profonde cause culturali della violenza e della guerra, come la povertà, l'esclusione, l'ignoranza e lo sfruttamento".
La Tavola della pace, aderendo all'appello delle Nazioni Unite è da tempo impegnata a sollecitare un'ampia discussione pubblica sul significato della cultura della pace, sui suoi fondamenti e sul ruolo dei soggetti e delle agenzie educative che hanno la responsabilità di promuoverla a tutti i livelli: dalla scuola alla famiglia, dalla politica ai mezzi di comunicazione agli intellettuali.
Al fine di rafforzare il contributo degli Enti Locali e delle Regioni alla promozione della cultura della pace nell'ambito della scuola, la Tavola della Pace collabora costantemente con il Coordinamento Nazionale degli Enti locali per la Pace che, nel 2000, ha sottoscritto con il Ministero della Pubblica Istruzione un apposito protocollo d'Intesa che riconosce l'educazione alla pace (con tutti i suoi elementi di educazione interculturale ai diritti umani. allo sviluppo, alla legalità, alla solidarietà, alla nonviolenza) quale parte integrante degli obiettivi formativi della nostra scuola.
La Regione Marche ha ritenuto di partecipare in prima persona alle iniziative per la promozione della cultura della pace approvando il progetto “La mia scuola per la pace”. Tale progetto per l’educazione alla pace e ai diritti umani nelle Marche è stato attivato in collaborazione con la I Commissione consiliare, che nell’approvare il progetto di massima auspicava che l’iniziativa venisse gestita direttamente dalla Giunta regionale nel rispetto del pluralismo, in collaborazione con la Tavola della pace, che i temi da affrontare fossero quelli della nonviolenza, della pace e dello sviluppo dei popoli, del diritto al cibo, all’acqua, alla salute e alla sostenibilità ambientale.
Il progetto, realizzato in collaborazione con il Centro d’informazione delle Nazioni Unite in Italia, il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e il Centro studi e di formazione sui diritti dell’uomo e dei popoli dell’università di Padova, in applicazione del protocollo d’intesa sottoscritto dal Ministero della pubblica istruzione e dal Coordinamento nazionale degli enti locali è gestito dall’associazione senza scopo di lucro della Tavola della pace di Perugia.
Il progetto prevede che l'educazione alla pace e ai diritti umani è l'educazione civica del futuro. Essa crea le basi per la formazione di cittadini responsabili, consapevoli dei diritti e dei doveri dì ciascuno e impegnati per la loro tutela in Italia e nel resto del mondo. Le istituzioni scolastiche, gli Enti Locali, le Regioni, il mondo dell'informazione e, più in generale, tutte le agenzie educative devono contribuire a sviluppare la cultura della pace e dei diritti umani.
L'educazione alla pace non è una nuova materia da aggiungere agli altri insegnamenti.
L’educazione alla pace è educazione ai diritti umani, alla democrazia, all'intercultura e alla convivenza alla solidarietà, allo sviluppo, alla nonviolenza, ai conflitti, alla mondialità, alla legalità.
L'educazione alla pace non si limita all'insegnamento dei valori e dei principi ma è orientata all'azione.
L'educazione alla pace non è responsabilità esclusiva di un soggetto predeterminato ma risultato dell'azione congiunta, coordinata, continuativa di tanti soggetti diversi per collocazione, finalità istituzionali, posizione e ruolo sociale: autorità scolastiche nazionali e territoriali, Enti Locali, Regioni, studenti, insegnanti e organizzazioni della società civile.
La ricerca della collaborazione paritaria tra tutti questi soggetti diventa condizione necessaria per un'azione educativa efficace. Studenti, insegnanti, autorità scolastiche, associazioni ed enti locali possono unire competenze, esigenze, risorse valorizzando il protagonismo di ciascuno e costruendo una fitta rete di attività che deve divenire sempre più quotidiana e ordinaria.
Per promuovere correttamente l'educazione alla pace a scuola è necessario rispondere ad alcune domande: Quale posto ha la pace a scuola? La scuola è un luogo di pace? La scuola è un luogo dove si insegna e s'impara la pace? Cosa può fare una scuola "per la pace?".
La risposta a queste domande ci coinvolge tutti: scuola, istituzioni, enti locali, associazionismo, famiglia. Qual è il ruolo di ciascuno? In che modo è possibile sviluppare una collaborazione fattiva? La scuola dell’autonomia attribuisce nuove responsabilità alle Regioni e agli Enti Locali. In quale modo queste istituzioni possono contribuire alla costruzione di una scuola di pace?
Il progetto “La mia scuola per la pace" non si propone solo di realizzare seminari e dibattiti nelle scuole ma è uno strumento per: suscitare una vasta mobilitazione educativa in tutta la regione Marche diretta principalmente a diffondere tra i giovani la cultura della pace e dei diritti umani e un maggiore impegno a loro sostegno; promuovere un ampio dibattito sul ruolo della scuola nella costruzione della pace e nella promozione dei diritti umani, in sintonia con i programmi dell'Onu, dell'Unesco e dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani; coinvolgere il maggior numero di scuole di ogni ordine e grado " sollecitando l'avvio di concrete attività di educazione alla pace e ai diritti umani; promuovere l'inserimento permanente dell'educazione alla pace e ai diritti umani nei programmi scolastici di tutte le scuole di ogni ordine e grado; raccogliere e valorizzare le esperienze più significative di educazione alla pace nelle scuole delle Marche; promuovere la collaborazione tra studenti. insegnanti, Enti Locali e associazioni per la diffusione della cultura della pace.
Il progetto si propone di andare oltre le iniziative occasionali che spesso vengono realizzate nella scuola e per la scuola in modo frammentato tracciando un percorso didattico che favorisca lo sviluppo di una azione educativa estesa e continua fino a promuovere l'inserimento permanente dell'educazione alla pace nel programmi scolastici di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Il progetto prevede la realizzazione, nei limiti delle risorse disponibili, delle seguenti attività: invitare tutte le scuole delle Marche a promuovere progetti ed educazione alla pace e ai diritti umani; coinvolgere di tutti i Comuni e le Province delle Marche allo scopo di stimolare e sostenere l'adesione delle scuole al progetto 'La mia scuola per la pace"; accogliere le esperienze più 1 significative di educazione alla pace realizzate nelle scuole delle Marche negli ultimi due anni;costruire un sito web "per la promozione della cultura della pace" (il primo a livello nazionale) dove tutte le scuole potranno trovare: proposte didattiche, elenco dei progetti già realizzati o in corso, idee. e riflessioni, indicazioni bibliografiche, elenchi di possibili relatori; distribuire alcuni strumenti didattici agli insegnanti e agli studenti interessati. Il progetto prevede inoltre la realizzazione di seminari e dibattiti sui temi della pace e dei diritti umani che saranno definiti dalle scuole interessate sulla base del percorso didattico tracciato. Particolare attenzione sarà dedicata ai seguenti temi: la costruzione dell'Europa strumento di pace nel mondo, l'Onu, la nonviolenza, l'economia di giustizia, il diritto alla pace, alla vita e allo sviluppo sostenibile.
E’ stato effettuato un monitoraggio sullo stato di attuazione del programma. Tra le 219 scuole contattate: 43 scuole hanno aderito al progetto "La mia scuola per la pace" inserendolo nel POF; 62 sono impegnate in progetti di pace, pur non avendo inserito il nostro progetto nel POF; 59 stanno verificando se nella loro scuola vengono effettuati progetti dì pace; 35 sono risultate non interessate al progetto, ciò è dovuto in parte al numero ingente di progetti che arrivano alle scuole non consentendone una giusta valutazione; 20 sono da ricontattare.
Tra gli Enti Locali contattati: 24 sono impegnati nel progetto, hanno convocato le scuole esortandole ad inserirlo nel POF e ad inviare la scheda di rilevazione con i lavori svolti; 15 si impegnano da ora nel censire i progetti di pace che vengono fatti dalle scuole; 20 stanno verificando se l'ente locale è interessato ad aderire al progetto; 2 sono risultati non interessati, ciò dovuto in parte ad un disinteresse alla tematica della pace, in parte alla mancanza di personale che possa seguire il progetto 15 sono da ricontattare per 1a difficoltà nell'individuazione di un referente.
Al fine di una ulteriore sensibilizzazione degli Enti Locali e delle istituzioni scolastiche alle tematiche della pace come prima evidenziate sono stati programmati nel mese di gennaio 2004 quattro seminari provinciali da tenersi nei rispettivi Comuni capoluogo, a cui farà seguito un Convegno regionale per analizzare le iniziative ed i programmi che le varie scuole e i vari enti locali avranno posto in essere per fare anche delle Marche una Regione in cui la cultura della pace e dei diritti umani siano punti qualificanti ed essenziali di un civile e moderno sviluppo economico e sociale.
Concludo dicendo che questo è il progetto principe, di base su cui abbiamo iniziato questa sensibilizzazione sulla cultura della pace. Volevo ricordare al Consiglio, agli enti locali presenti, ai sindaci, agli amministratori che la Regione Marche a pieno titolo inserisce all’interno dei progetti per la pace e ricorda in questo Consiglio regionale straordinario, il protocollo d’intesa che ha con la direzione scolastica regionale sul progetto dell’interculturalità, tenendo presente che nella nostra regione ci sono oltre 6.000 ragazzi stranieri inseriti nelle scuole su 9.000 minori presenti in tutta la regione e quindi rappresenta oltre il 65% dei minori che sono integrati a pieno titolo nella scuola, una percentuale che sicuramente è ai primi posti in Italia, segno chiaro di questa propensione della nostra regione all’accoglienza e all’integrazione.
Metto anche, nel protocollo d’intesa con la direzione tra i segnali e i progetti di pace, l’integrazione scolastica dei disabili, il protocollo d’intesa che abbiamo con la direzione scolastica regionale, al di là del brutto momento che si sta attraversando su questo argomento, sulla finanziaria e sull’accertamento della disabilità. E’ certamente un segnale di politiche di pace importante sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista di sensibilizzazione, soprattutto dei giovani. Tutta la progettazione della scuola in ospedale, non solo come riconoscimento del diritto del bambino ad andare a scuola anche in situazioni ospedalizzate, ma proprio come momento di sensibilizzazione forte rispetto ai bambini che sono fuori della scuola, in ospedale, che hanno creato una sinergia rispetto a un progetto già iniziato con gli enti locali interessati — Comune di Pesaro e Comune di Ancona — per una visita di bambini e famiglie alle due scuole in ospedale.
L’altra cosa che sta partendo e che stiamo concertando con le Province e con gli enti locali è “Civis va a scuola”: tutta una formazione e informazione sull’applicazione della 328, della riforma dei servizi sociali, con strumenti didattici appropriati per studenti e insegnanti e che contiamo vada in parallelo con il percorso degli ambiti territoriali, dei piani di zona che sono momenti, anche questi, di sensibilizzazione forte al concetto di pace.
Tutti questi sono progetti che tendono a sostituire la cultura della guerra con la cultura della pace, la cultura della competizione selvaggia con quella della cooperazione, l’esclusione con l’accoglienza, l’individualismo con la solidarietà, la separazione con la condivisione, l’arricchimento con la redistribuzione, la sicurezza nazionale armata con la sicurezza comune.
PRESIDENTE. Per il primo degli interventi illustrativi di progetti in corso ha la parola Fabio Sturani, sindaco di Ancona.
Informo i presenti che i lavori stanno andando in diretta su Internet e che gli atti, da questa sera saranno disponibili sul sito del Consiglio.
FABIO STURANI, Sindaco di Ancona. Un saluto al Presidente del Consiglio, agli assessori, ai consiglieri regionali, ai rappresentanti delle autonomie locali, alle associazioni presenti.
Intanto un grazie per questo invito, non solo come sindaco di Ancona ma anche come presidente dell’Anci e per questa riunione aperta del Consiglio regionale dedicata al tema della pace.
Diceva il consigliere Martoni un anno terribile il 2003, un anno difficile. A conclusione di questo anno credo sia sicuramente un giudizio da condividere.
Ho ascoltato gli interventi degli assessori, del Presidente e del consigliere Martoni. Credo che non ci siano diversità e spero che questo Consiglio regionale sappia cogliere, su questo tema, una sostanziale unità e condivisione e un’azione comune da portare avanti nelle sedi opportune, nel rispetto dei ruoli e delle istituzioni, come un messaggio forte e unitario. Sarebbe già questo un primo segnale positivo che vorrei cogliere da questo Consiglio regionale.
Vorrei aggiungere alcune riflessioni e anche enunciare alcuni progetti che stiamo portando avanti come sistema delle autonomie locali e, per quanto mi riguarda, come città capoluogo di regione.
D’altronde Ancona si è sempre impegnata su questo tema. Vorrei ricordare la famosa “rivolta dei bersaglieri" nel 1920. Questo reparto che, nel 1920, di stanza nella nostra città si rifiutò' di partire per l'Albania ottenendo la solidarietà di tutta la
comunità. La repressione del Governo fu terribile e le vittime tante ma alla fine Giolitti rinunci' alla missione a Tirana e credo che quello sia stato un esempio importante di come è possibile coniugare un’azione di popolo, un sentimento profondo di tutte le comunità locali contro tutte le iniziative che sicuramente non andavano nella direzione giusta.
Si potrebbero citare altri esempi, ma in coerenza con questa storia, negli anni '90, la città accolse ed aiutò quanti fuggivano dai Balcani in fiamme e nel 1999, ha promosso la costituzione del Forum delle città dell'Adriatico e dello Ionio, una realtà operante ed in crescita.
La "Carta di Ancona”, che è il documento base del Forum, pone il problema della pace, della cooperazione nella pari dignità al centro del lavoro delle Comunità locali.
La "Carta di Ancona”. è stata approvata all'unanimità mentre era in atto la guerra in Kosovo, quindi un atto di coraggio e lungimiranza.
Non vogliamo sostituirci alla politica estera, non è questo il ruolo delle autonomie locali, però abbiamo dato un messaggio forte e chiaro di come è possibile creare le condizioni perché, partendo dalle esigenze delle comunità locali, si potesse riaprire un dialogo e una prospettiva di pace e di cooperazione.
Attraverso il Forum abbiamo avuto il finanziamento del progetto europeo, Aap 2020/Interreg 3C, ed oggi, 26 comunità locali del bacino adriatico ionico lavorano insieme sui temi dello sviluppo sostenibile e le pratiche del buon governo. Credo che sia questo un esempio importante, legato non solo ai paesi che oggi fanno parte dell’Unione europea ma anche a quelli che sono in procinto di entrare e a quelli che hanno fatto formale adesione, quindi tutta l’area balcanica che oggi è al di fuori di questo progetto.
Così come è giusto ricordare il nostro apporto, come Amministrazione comunale, alla Marcia della pace Perugia-Assisi, all’Onu dei popoli. Questo è un messaggio ricordato negli interventi precedenti che si lega ai collegamenti che stiamo oggi allacciando: si sta lavorando per un gemellaggio fra la nostra città e una città palestinese.
Credo che alcune iniziative, anche per quanto riguarda il piano culturale. Penso che il Festival Klezmer, che nella nostra città è giunto alla ottava dizione, rappresenti un momento di lavoro comune tra le comunità araba ed ebraica, che vogliono dare una testimonianza diversa di cooperazione, di collaborazione, anche partendo dalla cultura.
Non dimentichiamo anche i progetti che stiamo portando avanti in altre realtà, come quelli riguardanti i popoli curdi, saharawi, con i quali abbiamo iniziato i progetti comuni.
Recentemente, inoltre, abbiamo cofinanziato progetti con la Regione, la Provincia e la Camera di
Commercio a favore di Massawa, la città portuale dell'Eritrea e le regioni del Mar Rosso, come ricordava l’assessore Silenzi.
Credo che questa iniziativa di cooperazione allo sviluppo che l’assessore ha rilanciato rappresenti un ulteriore momento di crescita delle nostre comunità, ma soprattutto una testimonianza attiva, partendo dalle comunità locali e in quelle realtà iniziando a collaborare per portare avanti questi progetti di cooperazione allo sviluppo.
Il problema del coordinamento tra il sistema delle autonomie locali, degli enti pubblici e delle associazioni di volontariato credo che possa essere un elemento importante dal quale dobbiamo rilanciare.
Un altro terreno sul qua e siamo molto impegnati è quello dello sviluppo dei gemellaggi fra le scuole di paesi diversi. A questo fine è stato firmato anche un protocollo d'intesa fra il Forum e la Soprintendenza regionale scolastica.
Molto profonda è la nostra convinzione che i rapporti stretti fra le Comunità locali siano strategici per costruire la pace e dare un contributo alla realizzazione dell'Europa dei cittadini.
Un principio che è stato ribadito unanimemente nelle due riunioni dei Consigli comunali congiunti i Ancona e Split, città questa con cui siamo gemellati dal 1970. Così come l’adesione convinta della nostra Amministrazione comunale al Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace, che è un altro elemento sul quale stiamo costruendo iniziative.
Oggi la guerra contro il terrorismo internazionale richiede risposte non solo militari ma in primo luogo politiche.
Il primo obiettivo è arrivare alla convivenza pacifica tra israeliani e palestinesi, quindi salutiamo positivamente l’iniziativa di Ginevra.
E’ necessario anche che in Iraq si esprima al più presto il ruolo decisivo dell’Onu e dell’Ue, per fare in modo che il futuro del paese sia deciso dagli iracheni, tanto più dopo la strage di Nassiriya, che ha dimostrato ancora di più come gli Usa non siano in grado di gestire quella situazione.
Noi vogliamo che il nostro paese a livello internazionale rimanga fedele a ciò che c’è scritto nella Carta costituzionale, che rifiuta la guerra come strumento di azione politica.
Vogliamo l'Unione europea protagonista di una politica di pace e di cooperazione, soggetto attivo nel rispetto dei diritti degli uomini e delle donne, punto di riferimento per la costruzione di un altro momento possibile.
Il nodo strategico di questo inizio di terzo millennio è quello di risolvere la drammatica contraddizione fra il nord del mondo, sempre più ricco e potente, ed il sud, sempre più povero e disperato.
La “diplomazia dei popoli” tanto cara al non dimenticato Sindaco di Firenze Giorgio La Pira, può oggi come ieri avere un ruolo decisivo.
Vorrei concludere citando una frase che nelle settimane scorse ha fatto riflettere tutti quanti: dobbiamo costruire ponti, non solo in senso strutturale, ma non dobbiamo più costruire muri. Questo ci ha ricordato Papa Giovanni Paolo II e credo sia un messaggio importante dal quale dobbiamo lavorare per le nostre comunità.
PRESIDENTE. Nel dare la parola all’assessore Silvestri, voglio ricordare che sono stati invitati tutti i Comuni marchigiani, intervengono quelli che hanno deciso di partecipare, con due Comuni, San Benedetto e Fermo, i cui rappresentanti hanno telefonato dicendoci che avrebbero volentieri partecipato con loro progetti, ma che sono nella impossibilità concreta di essere presenti con noi, inoltre il Comune di Porto San Giorgio che era in elenco tra i partecipanti ma il cui assessore, Elisabetta Baldassarri, si è ammalata e oggi non è con noi.
GIOVANNI SILVESTRI, Assessore Comune di Ascoli Piceno. Quando, nell'agosto del corrente anno, mi pervenne dal "Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani" l'invito ad aderire ad uno specifico progetto in materia, ebbi immediatamente la sensazione che dovevo impegnarmi nella diffusione, in tutte le scuole materne e dell'obbligo, del senso, del concetto di "pace" e del profondo significato della locuzione "diritti umani".
Infatti, seppure dì tali parole si faccia attualmente largo uso, certamente nel profondo dell'animo umano sono poco radicate poiché vengono regolarmente disattese con gravi conseguenze dal punto di vista umano, sociale ed economico.
Tutti parlano della necessità dì espandere nelle contrade del mondo la fratellanza, la serenità, l'amore per il prossimo; tutti ne parlano ma si continua a morire combattendo, si continua in atrocità che nulla hanno di umano.
Il nostro Papa Giovanni Paolo Il non tralascia occasione per raccomandare ai popoli di cooperare, dì volersi bene; il nostro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi quando si reca in visita nelle città italiane, nel rivolgersi alla cittadinanza, esprime sempre profondo dolore per le numerose lotte che insanguinano i più remoti punti del pianeta ed i suoi profondi richiami storici sono sempre carichi di moniti al pacifismo.
Tuttavia in Asia ci si uccide, così come in Africa e nell’America Latina; il terrorismo nel nome di un dio ingiusto e sanguinario, chiunque esso sia dal momento che non può essere divinità candida e perfetta se vuole la distruzione del genere umano, sotto il segno di Bin Laden e di Saddam rende rosso di plasma umano terre, fiumi e mari.
Anche nella nostra civile Italia si muore nell'odio, basti pensare al fenomeno del brigatismo rosso, della mafia e della delinquenza organizzata.
Quindi la nostra Terra deve sentire prepotentemente la necessità di acquietarsi, le genti debbono ritrovare la concordia nel segno della ragione poiché se si addormenta il raziocinio si generano mostri.
Solo nel segno della pace, infatti, si può andare avanti alla ricerca del progresso civile, di uno sviluppo equilibrato che, superando le barriere dei confini geografici, possa permettere di eliminare le differenziazioni fra soggetti ricchi e quelli estremamente poveri e sfruttati; possa permettere di cancellare definitivamente il termine "terzo mondo" che evoca fame, indigenza, malattia, morte.
Dunque, sentendo nel profondo di me stesso queste necessità per il genere umano, non potevo non rendermi conto che l'individuo si educa all'amore fin da piccolo; per questo, dalla mia posizione di Assessore, eletto e voluto dalla cittadinanza. ascolana, ben comprendendo la responsabilità che mi si era voluta riservare attribuendomi la delega alla pace, ho fortemente avvertito l'obbligo imperioso di organizzare in Ascoli Piceno e per Ascoli Piceno, nella scuola e per la scuola, una manifestazione che contribuisse ad infondere la necessità dì sostituire la parola guerra con pace, la parola odio con amore, che portasse al rispetto dei "diritti umani".
In quanto Assessore, oltre che con lo specifico mandato in materia, ma anche con, I'incarico nel Decentramento e Pubblica Istruzione, ho cercato di interessare tutti gli organismi ai quali sono legato al fine di gridare più forte la parola "Pax” in modo che, unitamente ad altre voci, la nostra potesse raggiungere i cuori più duri cambiando, finalmente, il corso degli eventi.
Nella nostra città il progetto sulla Pace sarebbe dovuto pienamente riuscire per poter essere indicato' quale esempio anche per rispetto all’Organismo Regionale che con l'art. 15 della propria Legge n' 9/2002 volle sancire la costituzione, in questa terra picena del' "Università per la Pace".
Ricordo che tale legge fu votata all’unanimità come espressione unitaria di forze politiche democratiche che andarono al di là degli steccati e della propria appartenenza partitica.
Mi è doveroso un forte e sentito ringraziamento al Consigliere Regionale Umberto Trenta che, con grande passione ed impegno, sta portando avanti l'idea di questa Università della Pace di cui il Consiglio Regionale tutto, ha voluto onorare la città di Ascoli indicandola come sede.
In una prima riunione, nell'ottobre scorso presso il nostro Municipio, mi convinsi che stavo bene agendo poiché notevole fu la risposta di Organismi Scolastici e Circoscrizioni: parteciparono molti dirigenti di scuole materne e dell'obbligo, molti presidenti di circoscrizione che portarono le proprie idee.
Da tale incontro scaturì un documento che indicava le modalità di svolgimento della manifestazione, che per aver più risonanza, si sarebbe svolta nella maestosítà del Teatro Civico "Ventidio Basso" presso il quale, in due giornate del prossimo mese dì marzo, si sarebbero riunite, lanciando il proprio inno di giubilo, scuole materne, elementari e medie.
Costoro, è previsto nel suddetto documento, esporranno per circa 20 minuti le loro idee sulla Pace e sui Diritti Umani.
Oggi, in questa sala del Consiglio Regionale di Ancona, in occasione dell'anniversario dell'approvazione della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo", in occasione dell'importante ricorrenza della " Giornata per la Pace nelle Marche", mi sento fiero di comunicare quali e quante scuole hanno aderito al nostro progetto che, ricollegandosi al programma nazionale "La mia scuola per la pace", organizzato sotto l'alta protezione ed il patrocinio dell'O.N.U., prende il nome di “I bambini per la pace".
Il titolo vuole, infatti, evocare l'immagine di giovani creature di diversa razza, religione, cultura e linguaggio che, uniti in un immenso girotondo, gridino agli adulti che hanno perso il senso del reciproco rispetto di non odiarsi, uccidersi, distruggersi più.
Alla suddetta iniziativa, presentando scenette, poesie, opere grafiche, tutte sul medesimo tema, partecipano le seguenti scuole: Materna "F. A. Marcucci", " Mater Amabilis", "Tofare" Elementare "Borgo Solestà", "Ascoli Centro", Media "Luciani".
Mi auguro che le summenzionate possano dare un valido contributo in modo che si ritrovi il senso dell’umano vivere, il senso della fratellanza che sembrano definitivamente persi dopo gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 e dopo i luttuosi fatti di Nassiriya.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SANDRO DONATI
PRESIDENTE. Ha ora la parola il sindaco di Fano Cesare Carnaroli.
CESARE CARNAROLI, Sindaco di Fano. La guerra, in passato, era considerata la continuazione della politica. Una democrazia moderna deve considerare la guerra negazione della politica, perciò recupero del primato della politica come presupposto per il raggiungimento della pace. Politiche di cooperazione e di sviluppo per i popoli in guerra e divieto di vendita delle armi.
Alcune delle iniziative che poi elencherò per quanto riguarda il Comune di Fano, sono nate spontaneamente nel corso degli ultimi 7-8 anni. Senza un progetto preciso, oggi si sente invece l’esigenza di un coordinamento di tutte le attività che in questa direzione gli enti locali stanno portando avanti per evitare iniziative dispersive e, di conseguenza, poco efficaci. Questa cultura e pratica della pace ha generato comunque un effetto positivo anche nelle nostre città, ci ha portato ad una politica dell’accoglienza nei confronti dei cittadini extracomunitari, tanto che la Regione Marche ha scelto Fano per l’apertura di un servizio, di una iniziativa multiculturale e multietnica, ovvero un progetto di integrazione con la popolazione locale ed anche un progetto di educazione verso le giovani generazioni.
L'Amministrazione comunale di Fano è impegnata da diverso tempo in attività di pace tese al sostegno della Solidarietà Internazionale e alla Promozione di iniziative e linguaggi di Pace. La globalizzazione e i drammatici avvenimenti internazionali di questi ultimi anni rappresentano il contesto in cui "la nuova coscienza e sensibilità” degli enti locali si è necessariamente sviluppata. Per quanto riguarda la città di Fano le iniziative intraprese nelle ultime due legislature, accomunate da una idea della Pace basata sul bisogno di legalità e giustizia, seguono il seguente ordine cronologico:
1996 grande raccolta di fondi in favore delle vittime civili della ex Jugoslavia che ha visto la partecipazione generosa di tutta la città di Fano;
1999 adesione all'emergenza acqua, durante la guerra nel Kosovo, con l'invio di ipoclorito di sodio per la potabilizzazione dell'acqua, attraverso la Missione Arcobaleno. Abbiamo accompagnato personalmente il trasporto di ipoclorito;
2001 - Ospitalità a favore di bambini di nazionalità Saharawi (2001, 2002, 2003): con l'adesione al progetto promosso dalla Regione Marche la città di Fano ospita, da ben tre anni,
dieci bambini di nazionalità Saharawi (ex Sahara spagnolo). Tale iniziativa da due anni è diventata un progetto d'Ambito Territoriale.
Scopi dell'iniziativa sono stati quelli dì assicurare ai bambini l'abbandono delle altissime temperature del deserto, la possibilità di accedere a cure sanitarie, combattere la carenza di acqua.
Progetto "Ali di Libertà" (2001, 2002, 2003): progetto di aiuto alla scuola materna "Ali di Libertà" di Goias Brasiley che ospita i bambini e le bambine delle favelas attraverso tre azioni fondamentali: formazione delle maestre della scuola materna brasiliana; aiuto economico finalizzato al funzionamento della scuola; valorizzazione dell'esperienza attraverso l'ospitalità di una maestra brasiliana e l'esperienza didattica svolta presso la scuola dell'infanzia "A. Gallizzi".
Con il forte coinvolgimento dei bambini e genitori di Fano, sino ad oggi sono stati inviati 4.800,00 euro raccolti attraverso contributi dell'Amministrazione comunale, mercatino di Natale e tombola di solidarietà.
Inizia un coinvolgimento forte delle donne della città di Fano, che in collaborazione con il Centro documentazione delle Donne Assessorato alle Pari Opportunità, costituiscono il "Comitato Parola Libera Tutte" che caratterizza l'attività dell'Amministrazione comunale in difesa dei diritti delle donne che vivono in situazioni di conflitto
2002 Comitato Parola Libera Tutte. Campagna di solidarietà della città di Fano per le donne e i bambini defl'Afghanistan: raccolta fondi per un corso di alfabetizzazione per donne in Afghanistan e un corso di alfabetizzazione per bambini e bambine dei campi profughi in Pakistan. Inviati 13.480,00 euro, raccolti attraverso incontri con gli studenti e la cittadinanza, cene di solidarietà, concerti, mercatini, mostra d'arte figurativa, spettacoli teatrali.
2003 - Comitato Parola Libera Tutte. Campagna di solidarietà della città di Fano per le "Donne di Jenin", Palestina, che ha fatto proprio il progetto nazionale delle "Donne in Nero", attraverso la realizzazione di un ponte femminile tra le donne israeliane e le donne palestinesi per una convivenza pacifica. Raccolta fondi per le donne dei campi profughi, le studentesse universitarie e l'imprenditoria femminile. La raccolta è ancora in corso e sono stati attivati incontri con gli studenti, la cittadinanza, cene di solidarietà, mercatini e concerti per la pace.
Progetto Rainbow. L'Amministrazione comunale di Fano, fin dal febbraio scorso, ha dato piena disponibilità per cercare di arginare la grave emergenza Aids che sta falcidiando, gran parte della popolazione africana, determinando un numero incredibile di bambini malati o orfani. Il primo passo concreto, sulla via del gemellaggio di solidarietà tra Fano e la città di Ndola (Zambia) si è svolto attraverso una raccolta fondi conclusasi con un evento sportivo (triangolare di calcio) l'11 luglio scorso. L'iniziativa è stata organizzata dal Comitato Chiama l'Africa di Fano, in collaborazione con l'Amministrazione comunale di Fano, in favore del progetto Rainbow dell'Associazione Papa Giovanneo XXIII, fondata e presieduta da Don Oreste Benzi. Sono stati raccolti circa 20.000,00 euro devoluti al progetto Rainbow che solo nel 2002 ha aiutato e sostenuto 12.811 bambini orfani dell'AIDS, 3864 famiglie e 916 bambini in 15 centri nutrizionali.
L'Amministrazione comunale di Fano da diversi anni aderisce all'Associazione "Enti Locali per la Pace" e partecipa alla Marcia per la pace Assisi Perugia. Quest'anno, oltre la riconferma ad Enti locali per la pace, l'Amministrazione danese ha aderito anche all’Onu dei Popoli, grande momento assembleare della società civile del pianeta, adottando l'Argentina Raquel Robles dell'Associazione "Hjios" (Figli di Desaparecidos).
L'Amministrazione comunale di Fano aderisce al progetto "Scuola di pace per bambini palestinesi e israeliani" di cui è capofila il comune di Gradara, ma che ha anche il sostegno della Regione Marche, del Comune di Pesaro e di altri comuni della Provincia.
L'Amministrazione comunale di Fano, negli ultimi anni ha proposto un gemellaggio di solidarietà attraverso un contributo di oltre 15.000,00 euro per la costruzione nella città di Fossuta (Israele) di una “casa per pace" finalizzata all'incontro tra diverse culture e diverse religioni presenti nel territorio: musulmani, ebrei e cristiani.
Fatti e poche parole.
PRESIDENTE. Ha la parola il Vicesindaco del Comune di Macerata, Marconi Lorenzo.
LORENZO MARCONI, Vicesindaco di Macerata. Un saluto a tutti i consiglieri e agli amministratori.
Credo che questi ultimi periodi, questi ultimi anni hanno fatto maturare in molti la convinzione che ci sia incompatibilità tra la pace e la guerra. Ci sono state esperienze che hanno allargato la consapevolezza di questa incompatibilità. Da questa consapevolezza nasce la grande sensibilità, che è venuta crescendo nelle nostre realtà cittadine, nello specifico nella realtà di Macerata, che ha visto rafforzarsi la partecipazione dei cittadini a tutti quei momenti che la drammaticità degli eventi che si sono succeduti ha reso indispensabile ritrovarsi tra persone che volevano affermare la necessità di attivare se stesse, le istituzioni per impedire, cercare di limitare i danni che le guerre che si sono succedute in questi anni hanno determinato.
Ho detto una grande sensibilità che l’Amministrazione comunale ha cercato da un lato di raccogliere e dall’altro di favorire attraverso la partecipazione diretta alle proposte che venivano dai vari soggetti associativi che, a seconda delle situazioni si venivano organizzando, ma anche attraverso la costruzione di un rapporto con le associazioni, i movimenti che a livello nazionale operavano per rendere concreta da un lato l’azione a favore della pace come rifiuto della guerra e dall’altro per la promozione di una cultura che rafforzasse questa consapevolezza nei cittadini.
Due sono gli aspetti che caratterizzano l’attività che si è svolta nella nostra città: da un lato la partecipazione a tutti i momenti che sono stati espressione di un forte movimento per l’affermazione del rifiuto della guerra e dall’altro la costruzione di alcune attività, di alcuni interventi che avessero un respiro non immediato ma che cercassero di costruire legame con la città e con queste associazioni.
Non le ricordo tutte, perché abbiamo lasciato una scheda sulle principali attività che abbiamo svolto. Ce ne sono molte che si sono succedute nel tempo e che sono nate dal rapporto con le realtà associative e con i soggetti che su questi temi nella città si sono mossi e si sono attivati. Uno in particolare è stato richiamato, in quanto anche la Regione quest’anno ne è parte integrante, il progetto “La mia scuola per la pace”, che nella nostra città è partito da diversi anni e che ha visto via via crescere il numero delle scuole che partecipavano e le attività, le iniziative che venivano svolte.
Queste azioni, questi progetti hanno dato origine, a loro volta, ad un insieme di legami, in modo particolare con il Kenya, con una scuola a Korogocho, che ha visto da un lato consolidarsi il rapporto con l’Amministrazione comunale e dall’altro il diffondersi di rapporti di cui l’Amministrazione comunale ha solo una percezione, diretti tra le scuole e questa realtà. l’ho richiamata perché rende l’idea del processo in cui siamo inseriti.
Naturalmente ci sono altre attività, alcune delle quali svolte insieme con la Regione Marche. E’ stato ricordato il progetto dell’Eritrea, partecipiamo al progetto di ospitalità dei bambini del Saharawi e mi interessa richiamare altre due iniziative. Durante queste festività invieremo a tutte le famiglie un opuscolo, che nasce dal rapporto che si è costruito con la scuola di Korogocho: i ragazzi di quella scuola hanno inviato dei disegni e noi abbiamo chiamato alcune persone della nostra città a commentare quei disegni, a cercare di interpretare attraverso quei disegni la realtà che i ragazzi vivono. E’ un modo per far entrare ancor più in relazione i nostri ragazzi, i nostri bambini con delle realtà che vedono soltanto in maniera estemporanea in televisione.
L’altra iniziativa che vorrei richiamare e che in qualche modo vorrei far presente anche a questo Consiglio, e che nell’ambito delle attività che il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace ha svolto in modo particolare lo scorso ottobre con la V Assemblea dell’Onu dei popoli, ha avuto al centro il tema dell’Europa. In quell’occasione fu lanciata un’iniziativa che riguardava un appello relativo a “Fuori l’Europa dalla guerra, fuori la guerra dalla storia”, cioè la raccolta di firme per inserire nella Costituzione europea un articolo molto simile all’art. 11 della nostra Costituzione. Una raccolta di firme, un’iniziativa che il movimento più ampio della pace sta realizzando, ma che credo possa essere supportata anche da prese di posizione, da adesioni all’appello anche da parte delle istituzioni pubbliche.
E’ un modo per riaffermare la necessità di legare le iniziative che si svolgono nel territorio con un contesto più ampio.
Ringrazio per l’occasione che ci è stata fornita, mi auguro che questo Consiglio regionale possa essere un’occasione per intrecciare ancora di più le nostre attività, cercando di darci reciproco sostegno.
Ritengo che non vada persa assolutamente la positività che è costituita dalla autoorganizzazione: ci sono molti soggetti che nella nostra società, nella nostra città, ma più in generale nelle Marche, lavorano su questi temi da anni e si autoorganizzano, costruiscono rapporti tra di loro e con le istituzioni. Non vanno stretti intorno a pochi progetti, vanno aiutati a sviluppare le loro attività con una attenta operatività da parte delle istituzioni pubbliche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Marco Oggioni, presidente della Consulta per la pace del Comune di Jesi.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI
MARCO OGGIONI, Consulta per la pace del Comune di Jesi. Vi parlerò molto brevemente delle attività della Consulta per la pace del Comune di Jesi, intitolata ad Edmondo Marcucci, che è un organismo di partecipazione del quale fanno parte di diritto un rappresentante per ogni partito politico che siede in Consiglio comunale e un rappresentante per ogni associazione che nel nostro territorio si occupa a vario titolo di tematiche quali la solidarietà, la cooperazione, i diritti umani e simili cose. E’ un tavolo di dibattito molto particolare, perché voi capite che siedono a questo tavolo rappresentanti di organizzazioni che provengono da formazioni culturali e ideologiche estremamente diverse e proprio per questo è sempre molto emozionante partecipare ai lavori della Consulta e siamo sempre molto motivati nel portarli avanti. Ad esempio vi fanno parte i partiti politici, ma vi fanno parte i rappresentanti dei consultori, cattolici e non, vi fanno parte, per via epistolare le suore Clarisse di Jesi, come vi fanno parte ambientalisti e organizzazioni di promozione sportiva, associazioni come Emergency, Amnesty ed altre.
Sottolineo soltanto che l’ultima delle associazioni che è entrata a far parte della Consulta per la pace è una neonata associazione di cittadini jesini islamici, che si chiama “Moderati arabi-europei” e che è un’associazione di nostri concittadini che hanno sentito in questo momento il bisogno di fondare questa associazione, perché sentono anche a Jesi l’ombra del pregiudizio stringersi attorno a loro ed è una cosa che ci ha onorato molto. Questa associazione ha uno statuto che si propone di fare attività di collaborazione e di cooperazione nel nostro territorio.
Da quando è nata la Consulta opera su due linee guida: la formazione e l’informazione; i progetti di solidarietà. Le risorse della Consulta in termini economici sono di circa 15.000 euro all’anno che vengono destinati per circa 7-8 mila euro ai progetti di solidarietà e la restante parte ai progetti di informazione.
Negli ultimi mesi la Consulta ha sostenuto a livello extraterritoriale finanzia per un mese la corsia pediatrica dell’ospedale di Kabus, per un importo di circa 5.500 euro e questi denari servono ai farmaci e ai generi di prima necessità ed anche alla retribuzione del personale sanitario locale. Sono sufficienti per le spese di un mese di questa corsia pediatrica che ha 16 letti, ma sempre pieni, purtroppo.
Oltre a questo progetto, da tantissimi anni seguiamo un progetto di alfabetizzazione in una piccola comunità nicaraguense, destinato a circa 20 bambini. Sosteniamo le spese scolastiche annuali di questi 20 bambini, per un importo di circa 2.000 euro l’anno. Anche questo ci dà la misura delle cose.
L’ultimo progetto extraterritoriale che abbiamo sostenuto è un progetto per l’apertura di un emporio, a cui abbiamo contribuito, in Chiapas, per la vendita dei prodotti locali e per la distribuzione di prodotti importanti senza intermediazioni ulteriori.
Per quello che riguarda le cose che sono state fatte in questi ultimi mesi nel territorio ricordo la manifestazione “2000 idee per la pace” che sono oltre vent’anni che viene proposta a Jesi il giorno 6 gennaio, che coinvolge tutti i bambini delle scuole; lo scorso 6 gennaio c’è stato un incontro con Gino Strada, al quale la nostra città ha conferito la cittadinanza onoraria; il prossimo 6 gennaio avremo l’onore e il piacere di ospitare Alex Zanotelli, missionario comboniano e sempre nel contesto di questa giornata dedicata alle tematiche della pace, come consuetudine padre Alex il mattino incontrerà i bambini e il pomeriggio incontrerà la cittadinanza.
Stiamo poi portando avanti dei progetti di formazione per operatori delle nostre associazioni. Abbiamo fatto un corso con Luciano Capitini sulla non violenza, ma in particolare sulla mediazione dei conflitti di bassa intensità, cioè i litigi tra i vicini, i litigi tra di noi, i litigi nella strada. Abbiamo fatto un corso rivolto agli studenti delle scuole superiori con suor Rosemary Lynch, una pacifista statunitense, rivolto agli studenti delle scuole superiori, nello scorso aprile.
Infine abbiamo avviato un rapporto con dei rappresentanti di una comunità del Burkhina Fasu nei confronti dei quali, dal 6 al 31 gennaio promuoveremo una raccolta di generi di prima necessità e di medicinali che verranno poi spediti e suddivisi per metà destinandoli al Burkhina Fasu e per metà destinandoli ai missionari comboniani.
Per quello che riguarda gli aspetti culturali, due progetti importanti, assieme con l’assessorato alla cultura e alla biblioteca di Jesi. E’ in corso una mostra a Jesi su “I costruttori di pace”, Gandhi, Martin Luther King e Daisaku Ikeda. L’altro giorno c’è stato un concerto dell’Orchestra giovanile mondiale per la pace, un’orchestra sostenuta dall’Unicef e composta da ragazzi provenienti da varie nazioni.
La cosa che più ci addolora in Consulta, è che questi 15.000 euro che amministriamo, sono denari che non vengono portati in detrazione dalle spese belliche della nostra città o del nostro Stato, sono delle risorse economiche che in buona sostanza vengono portate in detrazione alle spese culturali, alle spese per i servizi sociali e quant’altro. Fino a che questo meccanismo rimarrà tale, è chiaro che rimane un paradosso che noi, di fatto andiamo a sostenere questi progetti sottraendoli non alla causa prima, cioè alle spese belliche, ma ai progetti di solidarietà sul nostro territorio.
PRESIDENTE. Do lettura di una comunicazione del presidente della Provincia di Pesaro e Urbino sen. Palmiro Ucchielli: “Gentilissimo presidente, con la presente, pur esprimendo la massima stima e il sostegno sincero per l’iniziativa lodevole, di particolare, drammatica attualità, comunico che per impegni precedentemente assunti, improrogabili, non potrò partecipare all’evento. La Provincia di Pesaro e Urbino è particolarmente sensibile ai temi oggetto del Consiglio regionale aperto, pertanto ti prego di voler esprimere ai presenti l’adesione e la partecipazione mia personale e della Giunta provinciale. Ti invio in allegato i progetti cui questa Amministrazione ha lavorato nel corso del 2003. Rinnovando la mia personale solidarietà all’interessante iniziativa promossa, colgo l’occasione per inviare cordiali saluti”.
Ha la parola il consigliere Trenta.
UMBERTO TRENTA. Un saluto agli ospiti tutti e ai miei colleghi consiglieri.
Fare una relazione sulla “Giornata della pace” nelle Marche è una cosa che mi prende in maniera particolare e non sto qui a dire il perché. Ho ascoltato con piacere le innumerevoli iniziative proposte a livello istituzionale dagli intervenuti, ma il mio pensiero va alla nostra legge regionale n. 9 che si è dibattuta per diversi anni e attraverso innumerevoli fatiche per portarla a compimento. Queste fatiche poi si sono risolte con un voto all’unanimità.
Intendo cominciare il mio discorso con un’importante premessa: il concetto di pace è un valore assoluto che non ammette distinguo ed aggettivazioni, tanto meno strumentalizzazioni e non si limita più soltanto ad assenza di guerra ma ad un dovere morale e civile, che ognuno di noi è chiamato a rispettare, quali uomini di buona volontà, cristiani e non, ognuno con la propria esperienza, la propria cultura, la propria religione, nel rispetto delle diversità ideologiche, impostando un confronto dialettico costruttivo.
La legge regionale n. 9 del 18 giugno 2002 costituisce il prosieguo dell’impegno intrapreso dalla Regione Marche in tal senso, dichiarandosi “Regione di pace”, consapevole del suo ruolo anche in funzione della posizione geografica strategica. L’ultimo, in ordine temporale, che ha definito la regione Marche come “porta verso l’oriente”, è stato il sottosegretario all’economia Mario Baldassarri in occasione del convegno su “Il partenariato interregionale nella politica di prossimità: il Mediterraneo e i Balcani”, tenutosi proprio ad Ancona lo scorso ottobre.
Il recente conflitto in Iraq ha generato contrapposizioni tra nazioni e schieramenti politici, che a mio giudizio è riduttivo ricondurre ad una semplicistica contrapposizione tra pacifismo etico kantiano e realismo weberiano o pessimismo hegeliano.
La convivenza pacifica dei popoli è una questione complessa che, come la politica, non può essere ricondotta alla filosofia dell’”aut-aut, è così e basta” ma a quella dell’e teeth, in tutte le sue articolazioni. Sono un ottimista di natura, ma anche consapevole della realtà dei fatti. Il discorso kantiano espresso nel progetto “Per una pace perpetua” parte dal pessimismo per muoversi verso l’ottimismo. Condivide, come evidenziato nell’analisi di Antonio Gargano, dell’Istituto italiano per gli studi filosofici, la visione dell’homo hominis lupus di Hobbes: “gli uomini sono lupi per gli altri uomini”, quindi anche Kant riconosce che l’uomo è tendenzialmente portato al male, ma è frenato dallo Stato che è lo strumento che permette di frenare l’iniquità dell’uomo e di dare slancio alla cultura, alla civiltà e quindi alla realizzazione dei fini morali. E’ epocale questo passaggio ,a la cultura e la civiltà. Oggi il presupposto fondamentale che mina la pace è lo scontro tra civiltà, quindi questo significa elevarsi ad una conoscenza filosofica della pace, perché la pace, signori miei, è la convivenza nel rispetto delle diversità.
Lo Stato come istituzione, che costituisce un elemento di carattere coattivo, una forza superiore rispetto agli individui, che li costringa, anche loro malgrado, a rispettarsi reciprocamente. Quindi il diritto, l’elemento fondamentale che oggi dovrebbe comprendere tutti, come freno degli egoismi degli uomini; diritto imposto nel segno della ragionevolezza.
Lo stesso ragionamento Kant lo trasferisce a livello degli Stati, giustificando che, come all’interno degli individui nasce una forza che li porta a cooperare nello Stato, così all’interno dei popoli nasce una forza che li spinge alla cooperazione internazionale. Per questo Kant è considerato il precursore delle Nazioni Unite, che oggi, purtroppo, celebrano il fallimento, soprattutto per quello che riguarda la cultura... Grazie del suo richiamo Presidente, capisco che il discorso non le interessa: era una relazione lunga ma il Presidente, come sempre, preferisce l’elogio dell’apparenza e dei fatti.
PRESIDENTE. Proceda, consigliere. Però le ricordo che ci sono cinque minuti per ogni consigliere.
UMBERTO TRENTA. Allora mi spieghi perché ha concesso altri tempi a chi è intervenuto prima. Io devo fare una relazione, come gruppo, in cinque minuti... Capisco che dà fastidio quello che sto dicendo, comunque non è un problema. E’ anche il diritto il fondamento della pace e qui viene sempre violato. Me ne assumo la responsabilità, Presidente, e non vado avanti.
Certamente il mio appoggio lo avrete sempre. L’avete avuto fin dall’inizio del progetto, ieri abbiamo cominciato questo cammino e ora dobbiamo finirlo insieme. Parlo dell’art. 15 della legge regionale che non cito, andatevi a vedere la legge: ancora oggi, qui, questa legge — stiamo preparando un bilancio — non è stata finanziata e tutti parliamo... Brava Fano, Mollaroli: hanno detto di avere fatto tanto... Presidente, qui è un impegno morale ed etico, perché questa è la risoluzione dell’Onu che guarda all’etica politica. Quando mi parla su questo io mi confronto. Lei mi toglie la parola, quindi sappiano i signori intervenuti, sappiano tutti che qui si parla di pace, io la pace la opero. Piazza della Riconciliazione a Pristina, prima pietra, 29 agosto, tappa fondamentale. Fondazione Nobel, e capisca perché si chiama Nobel: Nobel era l’inventore della dinamite: mortificato dell’uso che ne ha fatto l’intelligenza degli uomini, così come la compongono nella strumentalizzazione della pace, ha destinato i suoi avere per il premio per la pace. Noi andremo ad Oslo, perché questa legge è votata all’unanimità del Consiglio e all’unanimità si porta avanti, non perché è il progetto di Umberto Trenta. Non lo permetto a nessuno.
L’assessore al bilancio, con i capigruppo, trovino insieme anche a noi i fondi necessari per l’istituzione dell’università della pace: l’avete votata e voglio vedere fin quando l’ipocrisia prevarrà sulla giustezza di una legge. Presidente, chiedo scusa.
PRESIDENTE. Grazie, consigliere.
UMBERTO TRENTA. Prego, Presidente. La vita è lunga e vi sono battaglie che faremo ancora insieme, perché il manifesto lo avete firmato tutti ed era il messaggio alle Nazioni Unite di un Premio Nobel che si chiama Madre Teresa di Calcutta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.
CESARE PROCACCINI. Svilupperò poche considerazioni, perché condivido la relazione del consigliere segretario compagno Martoni. Mi pare tuttavia che oggi dobbiamo uscire dall’ipocrisia e dall’elenco delle cose da fare, perché in realtà l’illusione che il terrorismo internazionale si potesse sconfiggere con la guerra è svanita. Il terrorismo è più forte, la guerra non è cessata, la strage di militari italiani in Iraq, di quelli polacchi e di tanti civili è lì a dimostrarlo. Ormai non si contano più i morti. La teoria e la pratica della guerra preventiva hanno evidenziato le caratteristiche del “nuovo” ordine internazionale. Infatti dopo la fine dell’Urss, questo conteso è stato dominato da una nuova e reiterata concezione da parte degli Stati Uniti d’America di supremazia totale sul mondo: militare, economica e strategica. La guerra in Iraq ha tutti e tre questi connotati: in primo luogo supremazia militare che non solo fa a meno dell’Onu ma anche della Nato; supremazia economica che ipoteca la proprietà delle risorse energetiche, in particolare gli immensi giacimenti petroliferi iracheni con vere e proprie forme di tipo neocolonialista; supremazia strategica che si concretizza con un posizionamento di lungo periodo in quella regione medio orientale-asiatica e con una competizione “vittoriosa” su altri paesi capitalisti, primi fra tutti Francia e Germania. In tutto ciò il Governo italiano ha avuto ed ha una totale subalternità agli Stati Uniti d’America, con una involuzione filo-americana mai vista.
Anzi, l’”allievo” Berlusconi in queste ore ha superato il maestro Bush e teorizza che si può, per portare la civiltà occidentale nel mondo, violare la sovranità degli Stati.
La contrarietà di Francia e Germania non è bastata a fermare la guerra, la divisione dell'Europa è un altro degli effetti perseguiti dall’amministrazione statunitense. Ciò richiama la necessità delle forze politiche democratiche europee ad agire per una effettiva unità politica, economica e militare europea, non con una visione contro ma in difesa della pace medesima, con una visione di cooperazione mondiale e di autonomia, per una politica che guardi al sud del mondo, che destini risorse economiche per debellare le malattie, per abbassare i livelli di inquinamento per risolvere i problemi della fame e della sete. Una politica di nuova globalizzazione che ascolti il grande movimento di massa che in tutto i mondo ha posto questi temi agli Stati e ai governanti del pianeta. In primo luogo il tema della pace, senza la quale nessuna ipotesi di sviluppo sarà possibile.
Questa analisi è più valida oggi, quando si è visto in maniera scientifica che nessuno dei motivi addotti a giustificare la guerra all’Iraq era vero, come la mia provata esistenza delle armi nucleari e di distruzione di massa. La contrarietà dei Comunisti italiani non significa minimamente giustificare il regime di Saddam Hussein, né tanto meno il terrorismo, ma, al contrario, si è visto che proprio la guerra all’Iraq, in un tragico gioco delle parti, ha alimentato il terrorismo, anzi — l’abbiamo visto in queste ore — oggi c’è il rischio che milioni di persone del mondo arabo e non solo si sentano rappresentate proprio dall’estremismo, dal fondamentalismo, in ultima analisi anche dal terrorismo.
Occorre quindi ripristinare quel minimo di diritto internazionale. Questo bisogna farlo oggi, perché i nemici di oggi sono anche i nemici di ieri. Solo gli ipocriti non sanno che Saddam Hussein e Bin Laden sono stati al servizio, quando occorreva, di politiche di tipo imperialistico. Chi oggi li definisce terroristi, ieri, nel 1979 li indicava come campi di libertà perché si battevano contro i sovietici, ma in realtà sono gli stessi.
Quindi il terrorismo nella nostra analisi non trova nessuna legittimazione, anzi il terrorismo internazionale e il terrorismo nazionale sono nemici irriducibili dei lavoratori e della risoluzione dei problemi dei popoli. Il terrorismo offre un alibi formidabile a politiche autoritarie ed aggressive ed anche le forme estreme dei “martiri” palestinesi che si fanno esplodere in Israele causando morti civili, non aiutano la causa palestinese né il presidente Arafat, che ormai è prigioniero fra due fuochi, tra il fondamentalismo palestinese e quello israeliano.
Di fronte a ciò l’impotenza delle istituzioni internazionali appare quanto mai colpevole. L’Onu, che dovrebbe battere un colpo e certamente non è più rappresentativo del nuovo contesto internazionale, l’Unione europea, la Lega Araba sembrano sigle avulse dalla drammatica realtà, non si riesce ad imporre, lì sì, in quelle zone, in quelle aree, una “ingerenza umanitaria” con una forza armata internazionale che blocchi la carneficina, sapendo che senza uno Stato palestinese non potrà mai esserci la pace in quella zona del mondo.
Ma parlare di pace in questo tempo di guerra richiede atti concreti, altrimenti si scivola nella retorica e a questo punto occorrono atti effettivi, di concretezza, occorre uscire dalla retorica del tricolore e di una improbabile unità nazionale con quelle forze del Governo che, in violazione della Costituzione repubblicana, hanno inviato i militari in una zona di piena guerra. Solo degli ipocriti consapevoli potevano pensare che i militari non avrebbero corso pericoli.
I Comunisti italiani esprimono il dolore per i soldati morti e per i tanti civili, ma al tempo stesso vogliamo esprimere anche rabbia per una tragedia annunciata, per una politica estera del Governo vuota e di totale servilismo agli Stati Uniti d’America. A questo punto solo il ritiro delle truppe militari e la fine dell’occupazione dell’Iraq possono far cessare la guerra. Noi chiediamo l’immediato ritiro dei militari di tutte le nazioni. Solo questi fatti possono far cessare la guerra. Quindi bisogna accelerare, con l’avvio di un processo costituente gestito dal popolo iracheno e garantito dagli organismi internazionali, ma anche con l’invio dei “caschi blu” dell’ONu di nazioni che non abbiano partecipato alla guerra, prima della fine della presidenza italiana dell’Unione europea, quell’iniziativa volta ad intraprendere passi diplomatici e non solo, in una cornice di trasparenza internazionale di diritto, altrimenti la guerra e il terrorismo, come si è visto nelle ultime ore a Mosca, anziché fermarsi, dilagheranno.
PRESIDENTE. Prego i consiglieri e tutti coloro che intervengono di attenersi ai tempi, perché sono ancora previsti 14 interventi e la seduta dobbiamo concluderla alle 13,30.
Ha la parola Luigi Ugolini, responsabile del progetto della Comunità montana Montefeltro.
LUIGI UGOLINI, Comunità montana del Montefeltro. La Comunità montana del Montefeltro, in collaborazione con il Comune di Sassocorvaro e la Provincia di Pesaro e Urbino ha realizzato, attraverso l’8 per mille della presidenza del Consiglio, per un totale di 300.000 euro, un progetto secondo noi eccezionale. Io non sono consigliere della Comunità montana del Montefeltro ma opero e lavoro nei centri missionari dell’alto Montefeltro.
Il progetto che si andrà a realizzare in Etiopia e in Zambia è di breve durata e di immediato impatto, volto ad incrementare l’autosufficienza alimentare ed il miglioramento delle condizioni igìenico-sanitarie in queste due aree.
Quindi si prevede I' acquisto di risorse direttamente funzionali alla nutrizione ed alla coltivazione del terreno, nonché la creazione di un pozzo per nazione per il prelievo di acqua.
Si dovrà nel contempo attivare anche un'opera di sensibilizzazione e di informazione sul tipo specifico di assistenza e di servizio che si andrà ad offrire.
Il progetto sì realizzerà nell'arco di tre mesi, ed è strutturato in 4 fasi distinte anche se fra loro strettamente connesse:
1 fase (15 giorni circa) impostazione e definizione di modalità di distribuzione delle risorse, con allestimento dei magazzini messi a disposizione dalla missione e catalogazione delle risorse (per questa fase non è previsto contributo economico). Infatti dovremo allestire queste cose in collaborazione con i missionari Cappuccini delle Marche e dell’Emilia Romagna in Etiopia e dell’organizzazione Onlus Wilford Zambia di Carpegna;
2 fase 75 giorni. Questo sarà il momento più importante dell'intero progetto, ed infatti verrà perseguito per l'intero arco del progetto. Si entra infatti nella fase operativa con una prima distribuzione e l'impostazione. e sensibilizzazione di una campagna nutrizionale, affiancata questa da un'assistenza nutrizionale individuale e da una di tipo formativo e didattico circa il valore nutrizionale degli alimenti, e l'importanza delle condizioni igienico sanitarie.
3 fase (60 giorni circa ) anch'essa di tipo operativo si caratterizza nell'allestimento del cantiere per la realizzazione del pozzo, con l'individuazione delle risorse umane, organizzative, logistiche e operative.
4 fase 15 giorni circa, momento di confronto per i realizzatori dell'intervento, analisi ed indagine dei risultati ottenuti, raccolta dati e impressioni della popolazione. Non viene richiesto un contributo a valere sui fondi dell'otto per mille per tale tipo di attività che verrà infatti realizzata dai soggetti (religiosi o laici) che collaborano con la missione.
Sono anni che frequentiamo queste missioni, conosciamo quindi bene queste due realtà, sappiamo benissimo, grazie anche ai campi di lavoro e ai viaggi esperienza che vengono realizzati dalla Diocesi di S. Marino Montefeltro e dall'organizzazione “Noi per lo Zambia” la carestia che sta distruggendo l’Africa.
Quest'anno, per esempio siamo scesi nel Dawro Konta in Etiopia a costruire una strada e sono stati raccolti, al 90% nella nostra zona, i soldi per realizzare questa strada.
Sappiamo bene che Etiopia e Zambia occupano purtroppo i primi posti al mondo per danni alla popolazione causati dalla cattiva nutrizione.
Nell'ultimo viaggio ho visto personalmente cosa significa morire di fame: famiglie che conoscevo decimate, famiglie che non esistono più.
Per questo basandoci sulla nostra esperienza, ma soprattutto su quella delle missioni e dei nostri amici missionari, per l'Etiopia, i Cappuccini dell'Emilia Romagna e Marche per lo Zambia le strutture della Onlus We For Zambia, in particolare Maria Pia Ruggeri, missionaria laica di. Carpegna, abbiamo deciso di intervenire. In Etiopia su cinque missioni: Gassa Chare e Baccio nella regione del Dawro Konta. Wasserà, Jajura e Taza nella regione del kambatta Hadia.
In Zambia invece su sei strutture nella regione del Copperbelt, precisamente nella zona di Luanshia: Walale Buntungwa St. Antony St. Max Fizenghe Malaika.
Queste zone che elencavo, sono veramente povere, al di fuori dei flussi economici della nazione
Dietro anche al suggerimento di un dirigente alla presidenza del Consiglio dei Ministri, abbiamo pensato di intervenire con aiuti immediati, con un pacchetto alimentare per il fabbisogno minimo mensile di una famiglia media di 7 persone. Per quanto riguarda l'Etiopia con: 20 Kg di grano; 15 Kg di Mais; 1 Kg di latte in polvere; 10 kg di fagioli; 2 Kg di misto cereali con vitamine solubili per bambini. Per un totale di 48 Kg ed un costo di 27,91 euro mensile. Pensate che una famiglia vive con 27 euro in Etiopia!
Fatti i dovuti calcoli e senza starvi ad annoiare con le cifre, abbiamo previsto un importo pro/capite giornaliero di 0,1411 Euro (compreso il trasporto) che moltiplicato per 12,000 (le persone coinvolte) e x 90 giorni (la durata del progetto) da un Totale di 152.388,00 Euro A questo aggiungiamo i costi per la realizzazione di un pozzo, che sono di 23.618, 00 Euro il totale diventa per l'Etiopia di 176.006,00 Euro. Per lo Zambia invece, con: 25 Kg farina di mais
5 Kg di riso; 0,5 Kg di olio di semi; 5 Kg di fagioli; 1 Kg di sale; 2 Kg di Zucchero; 5 Kg di pesce secco. Per un totale di 43,80 e un costo di 30,24 euro mensile, ed un importo pro/capite giornaliero di 0,1728 euro (compreso il trasporto) che moltiplicato per 10,000 persone coinvolte e x 90 giorni durata del progetto il Totale è di 155.520,00 euro A questo aggiungiamo i costi per la realizzazione di un pozzo. che sono di 12.397,77 Euro il totale diventa per lo Zambia di 167.917,00 Euro. Il totale complessivo del progetto, è di 343.917,77 Euro. Ce ne sono stati finanziati 340.000 dall’8 per mille.
Noi siamo entusiasti di questo, perché veramente riusciamo a far vivere e sopravvivere 22.000 persone in questa nazione. Grazie.
PRESIDENTE. Ha la parola Maria Pia Gennari, per la città di Pesaro.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GILBERTO GASPERI
MARIA PIA GENNARI, Assessore Comune di Pesaro. Ringrazio per l’occasione. Sono convinta che la “Giornata della pace” debba essere costituita da 365 giorni all’anno. Oggi l’istituzione le dà un valore significativo, ma senza dubbio abbiamo bisogno tutti di richiamarci ad una continuità.
Credo che le città possano essere dei “laboratori dei diritti” e dei luoghi di esercizio quotidiano di superamento dei conflitti ed è da questo che nasce la pace come esito conclusivo, naturale di un processo che però non ha mai una conclusione definita.
Ritengo che i diritti e la pace sottendano in ogni istituzione la necessità di rendere più forti una serie di elementi: il senso di appartenenza a una comunità civile, la responsabilità individuale e collettiva verso quella comunità, la consapevolezza che le istituzioni democratiche sono insieme soggetto e oggetto, un po’ il nocchiero e un po’ la barca di questa difficile e ardua spedizione.
In sintesi, in tre direzioni esprimo quelle che sono le iniziative e le politiche che il Comune di Pesaro svolge in questa direzione: interventi che agiscono nella quotidianità; interventi connessi ad eventi specifici sul tema; le azioni di gemellaggio.
Gli interventi che agiscono nella quotidianità credo che siano costituiti essenzialmente dalle politiche quotidiane dei servizi, che danno la consapevolezza dei diritti e insieme rafforzano la necessità di acquisire la consapevolezza dei doveri. Abbiamo una “Casa della pace” a Pesaro, dal 1998, come luogo di incontro, come frontiera di integrazione per le famiglie immigrate, in particolare per i bambini, attraverso forme di corsi di lingua e cultura (laboratori, doposcuola) e per le donne, come superamento della solitudine e come approccio significativo a problematiche che altrove non facilmente trovano una soluzione. C’è un lavoro significativo con le istituzioni scolastiche attraverso l’adesione alla Tavola della pace, attraverso un lavoro sistematico di integrazione con le scuole per l’integrazione dei bambini stranieri e per l’apprendimento di italiano come lingua 2.
Dal secondo anno, con le scuole superiori in particolare, è in atto un progetto che si chiama “Giustizia e legalità”, che è stato promosso al Comune di Pesaro da parte dell’Associazione nazionale magistrati e che è un’occasione di riflessione che poniamo per gli studenti di tutte le scuole superiori della città.
Prima si faceva riferimento alla scuola in ospedale. Poiché la scuola che c’è all’interno della città di Pesaro è costituisca essenzialmente da bambini stranieri, lì c’è un luogo particolarmente significativo, dove si incontra un bisogno di salute, una esigenza di diritto e una riaffermazione di pace, lontani dalle proprie terre.
Secondi elementi sono quelli connessi ad eventi specifici sul tema, agli incontri con le associazioni, alla promozione di eventi culturali per gli studenti e la città. In precedenza qualche intervento faceva riferimento alle esigenze della testimonianza in questa direzione. Vorrei ricordare che abbiamo già cominciato, come Comune di Pesaro, quella che si chiama “La giornata della memoria” e abbiamo accolto, neanche un mese fa, una testimone del campo di sterminio di Auschwitz, uno dei pochi testimoni rimasti in vita, Liliana Segre. Questi sono percorsi che attuiamo nelle scuole, a cui si dà poi una continuità con il curriculum scolastico di tutti i giorni.
Una serie di mostre hanno caratterizzato la nostra città e la presenza diversa di persone. Una, “Io non sono razzista ma...” che ha portato alla partecipazione di più di 1.000 studenti e l’ultima che si è conclusa da poco, “La città dei diritti umani”, che era sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica e dell’alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha registrato oltre 8.000 visitatori.
Certamente c’è l’adesione di Pesaro al Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace e quest’anno, per la V Assemblea dell’Onu dei popoli abbiamo avuto l’occasione e l’onore di incontrare il Guatemala, attraverso l’esperienza e la presenza di una donna particolarmente significativa, Ivonne Miguela Guilar Sandoval, che opera in quel paese proprio per la promozione dei diritti umani e che hanno incontrato numerosi studenti, numerose istituzioni della nostra città. E’ emersa senza dubbio la drammaticità di un paese dove domina l’arbitrarietà del sistema giudiziario e anche un ricorso indiscriminato alla carcerazione preventiva. Abbiamo avviato un’ipotesi di collaborazione che possa toccare la formazione di operatori di giustizia.
Ci sono alcuni gemellaggi in atto. La città di Pesaro ha un gemellaggio con Keita dal 1985, formalizzato nel 1987 attraverso la spedizione di un gruppo di studenti. C’è un gemellaggio con Rafa, la città palestinese sulla Striscia di Gaza, con iniziative di solidarietà promosse nei confronti di questa città dal comitato cittadino, dal Forum cittadino delle donne. Abbiamo creato una forma di sottoscrizione con una scuola femminile e con le associazioni femminili di Rafa. Proprio in questi giorni hanno, a Pesaro, i loro prodotti artigianali da far conoscere e da far acquistare. Il comitato cittadino sta promuovendo un’ulteriore raccolta di fondi per altri progetti. E’ volontà dell’Amministrazione comunale stabilire anche legami con una città israeliana. C’è un rapporto forte con la Bielorussia, un’ospitalità che prosegue una tradizione consolidata da parte di bambini che provengono da istituti di cura e orfanotrofi proprio su iniziativa di un’associazione, “Girotondo”. Dal 1997 a Doboj prosegue l’organizzazione di colonie estive nel mese di agosto da parte di Ipsia, una Onlus che opera con i bambini delle scuole elementari con lo scopo di superare delle divisioni che esistono all’interno della città stessa tra serbi e musulmani.
Non voglio aggiungere altro, perché sarebbe una descrizione, che potrebbe apparire frammentaria, di una serie diversa e diffusa di iniziative. Quello che vorrei sottolineare, in conclusione, è che indubbiamente il tema della pace e dei diritti ci coinvolge, ma rischia di coinvolgerci in maniera occasionale o emozionale quando accadono degli eventi che ci sconvolgono o quando si tratta di assumere delle iniziative al riparo di azioni violente, pesanti, che la pace l’hanno già distrutta.
L’obiettivo delle politiche di un Comune, l’obiettivo delle istituzioni, a mio avviso, è proprio quello di creare un nesso inscindibile e un anello che lega le emozioni e la traduzione di quelle istanze in anziani e in leggi che garantiscono la promozione dei diritti e l’assunzione dei doveri, perché questo è un percorso verso la pace che può essere più forte rispetto a una virtualità di atteggiamenti che rischiano di essere poco costruttivi, mentre in questo momento la pace c’è bisogno di costruirla.
PRESIDENTE. Ha la parola Rolando Rossi.
ROLANDO ROSSI, Presidente Comunità montana Alta Valmarecchia. Voglio anzitutto ringraziare il Presidente del Consiglio regionale e tutto il Consiglio per aver dato l’opportunità, in questa giornata solenne, a tutti i territori, di illustrare i progetti e le iniziative in tema di pace e di diritti umani.
Innanzitutto accolgo l’appello che faceva l’assessore Silenzi all’inizio, di destinare lo 0,1% del bilancio per iniziative di solidarietà e in questo senso mi farò promotore, all’interno dell’Uncem, per far assumere questa iniziativa a tutte le Comunità montane delle Marche.
In Alta Valmarecchia i temi della pace e dei diritti umani sono stati sempre legati alla memoria locale, cioè all’orribile vicenda che le nostre popolazioni hanno vissuto con la strage nazifascista di Fragheto del 7 aprile 1944 dove, come tutti sappiamo, furono trucidate 30 persone, in maggioranza bambini, donne ed anziani. Le istituzioni locali e le scuole stanno facendo da molti anni iniziative per tenere vivo questo ricordo, sia come un atto doveroso verso le vittime sia come un momento di riflessione e di approfondimento di tutti i valori costituzionali quali il ripudio della guerra, il rispetto della dignità dell’uomo e il valore della non violenza. Ancor prima dell’istituzione de “Il giorno della memoria” del 27 gennaio, l’anniversario della strage di Fragheto del 7 aprile era stato dichiarato “Giornata di vaccinazione contro la guerra”, alla quale tutti gli anni tutte le scuole hanno partecipato e su Fragheto c’è un progetto molto originale delle nostre scuole che si chiama “La valigia della memori”, una valigia che sta girando in tutte le città d’Italia che sono state vittime di stragi nazifasciste e che ogni anno raccolgono un pezzo di storia e tutti gli anni questa valigia torna a Fragheto nell’anniversario che celebriamo. A Fragheto si sono ritrovati gli enti locali, le scuole, gli istituti di ricerca sulla scuola della Resistenza, le associazioni della pace, i cittadini per far nascere un’organizzazione permanente per promuovere una cultura di pace. Mi fa molto piacere dare l’annuncio in questo consesso che è nata la Scuola di pace di Fragheto, che sarà gestita nelle sue attività da un’associazione di volontariato recentemente costituita, che si chiama “Il borgo della pace” e che svilupperà le sue iniziative in tre direzioni: una sulla ricerca storica locale, anche perché su Fragheto ancora ci sono molti aspetti da chiarire; una seconda attività riguarderà la formazione degli operatori, quindi sì insegnanti, ma anche tutti coloro che svolgono attività educative nei confronti dei giovani; una terza branca di attività sarà quella di promuovere le iniziative insieme a tutte le associazioni pacifiste.
Tra i progetti previsti per l’anno 2004 c’è un ciclo di incontri sui grandi pensatori del pace — si è svolto già un primo incontro sulla figura di San Francesco — e ci sarà un’altra iniziativa che si chiama “Finestre sul mondo”, dedicata in particolare al tema dei diritti umani. “Finestre sul mondo” si articolerà in tre momenti: un momento di conoscenza per capire nei vari paesi del mondo qual è lo stato dei diritti umani e come questi sono tutelati e garantiti; ci sarà un momento culturale legato allo spettacolo e alla musica di tutti i paesi del mondo; attorno a questo ci saranno delle iniziative di solidarietà per finanziare e promuovere progetti dei paesi dei quali si parla.
Un elemento importante delle nostre iniziative è che tutti i progetti e tutte le iniziative che vengono svolte e portati avanti, li svolgiamo sia progettando che gestendoli insieme a tutte le scuole della nostra vallata e questo penso che sia una finalità che prevede la legge regionale.
Per quanto riguarda invece le iniziative portate avanti dal mondo associativo mi preme segnalare un progetto che porta avanti l gruppo missionario di Novafeltria relativo alle adozioni scolastiche a distanza in Etiopia: ogni anno viene garantito il diritto all’istruzione a 200 bambini etiopi.
In questa fase, nella nostra vallata sono gli enti locali che stimolano i processi e le iniziative sui temi della pace e della non violenza. La Comunità montana e il Comune di Novafeltria hanno aderito al Coordinamento nazionale degli enti locali e anche quest’anno, in occasione dell’Assemblea dei popoli dell’Onu ne abbiamo ospitato un rappresentante. Inoltre il Comune di Novafeltria ha anche costituito un coordinamento “Pace e diritti umani che coinvolge tutte le associazioni di volontariato e culturali presenti in zona, che portano avanti progetti in tema di diritti umani e di solidarietà internazionale.
Ci sono indubbiamente molte cose da fare. I rappresentanti delle città delle Marche oggi hanno illustrato dei bellissimi e importantissimi progetti, ma io ritengo che siano molto importanti anche le microiniziative e in questo senso voglio formulare una proposta al Consiglio regionale. La Regione ha una bellissima legge, la 9 del 2002. Penso che questa legge sarà completamente attuata quando in tutta la regione, da Ancona a Casteldelci, tutte le comunità saranno attive e coinvolte sui temi della pace, dei diritti umani e della solidarietà internazionale.
Penso che vada trovato un modo efficace per raggiungere questo obiettivo e ritengo che una buona pratica potrebbe essere quella di far nascere questi processi dal basso. Quindi la proposta che formulo è che tutti gli anni la Regione possa attribuire delle risorse finanziarie agli ambiti territoriali che sono già previsti per il sociale, perché penso che questi potrebbero essere gli ambiti ottimali per promuovere questo tipo di progetti e di iniziative, perché affrontano questioni che sono previste anche dalla legge, come l’integrazione interculturale e quant’altro.
Quindi sollecitazione a premiare anche i piccoli progetti che a livello locale nella nostra regione vengono portati avanti.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Mi dispiace che il mio intervento non sarà in sintonia con alcuni di quelli che hanno parlato prima. Io ho dei dubbi che servano sedute del Consiglio regionale tipo questa, perché la mia sensazione, piccola piccola, è che siamo un po’ autoreferenziali e ci parliamo addosso. Ovviamente il tema è di altissimo spessore, la guerra è un crimine contro l’uomo e contro l’umanità nel suo insieme, però il conflitto è una delle opzioni possibili dell’uomo: c’è la tolleranza, c’è l’incontro, però c’è anche il conflitto e quindi ciò che segue alla conflittualità che non trova una soluzione, la guerra. Oggi si dice che la guerra è più cattiva del passato, io credo che questo non sia vero. La guerra, oggi è molto più pericolosa del passato ma non è più cattiva. Abbiamo nella storia atrocità terribili, con decapitazioni, torture, sterminio di popoli. A volte ci sono testimonianze del passato che sono di un’atrocità che forse l’uomo non riuscirebbe oggi a proporre. Oggi è cresciuta l’idea, tra le persone, che la guerra non è la soluzione, che la guerra distrugge e raramente, alla fine, dà una soluzione. Oggi tutti hanno presente la necessità di sostenere i diritti umani, talvolta i diritti umani sono anche alibi, luogo per la coscienza perché poi non vengono praticati, però credo che ci siano anche voci molto forti — è stata citata quella di Giovanni Paolo II, ma non è la sola — che, con voce alta, forte e soprattutto credibile, sostengono i diritti dell’uomo ovunque. Ciò che noi possiamo fare è la promozione di politiche della pace. Promuovere la pace innanzitutto significa promuovere la cultura, l’informazione e la formazione delle persone e anche azioni, talvolta piccole o piccolissime, talvolta grandi — si citavano l’acqua, le scuole, l’elettrificazione ma non solo questo — per creare un clima e un’atmosfera di pace. La promozione della salute, nel mondo, è una politica di pace; il Centro per la talassemia di Pesaro è una politica di pace. Ognuno può dare un contributo, talvolta piccolo come può essere quello nostro, talvolta molto grande, come può essere quello di coloro che sono al vertice delle istituzioni, nazionali e internazionali, purché la pace non sia una strumentalizzazione. Mentre credo profondamente in una politica di pace, non mi piacciono molto i pacifisti a senso unico e il pacifismo a senso unico, che è un modo per sostenere, tutto sommato, molti nemici della pace.
Io spero, spero nell’Europa innanzitutto, spero nella nuova Costituzione europea, spero che l’Europa più forte abbia un ruolo di equilibrio per costruire la pace nel mondo. Sono orgoglioso delle truppe italiane che sono in Iraq, perché lavorano per la pace, l’abbiamo visto consentendo alla città di Nassiriya di ricostruire un minimo di vie di comunicazione, di portare l’acqua potabile in tutte le case, di ridare la corrente elettrica nei quartieri che ne erano privi e ho l’orgoglio di ricordare qui la figura del marchigiano Marco Beci, insieme ad altri marchigiani — cito Carlo Urbani in periodo di pace, ma ne cito anche altri — che dalle Marche hanno svolto e svolgono, per fortuna alcuni senza il sacrificio della vita, un ruolo forte nell’organizzazione, per esempio, di Medici senza frontiere. Ne conosco alcuni che sono stati colleghi di ospedale e che, senza dirlo forte, svolgono un ruolo per la pace. Marco Beci era andato in Iraq non per portare la guerra ma per portare la pace. Vorrei ricordare qui — perché in parte era passato attraverso di me — che il giorno prima di morire aveva perfezionato l’accordo per far venire ad Ancona, alla cardiochirurgia del Lancisi, un giovane che aveva problemi di intervento rapido. Allora bisogna cercare, qualche volta, di abbassare i toni della polemica e alzare quelli alti del contributo vero per la pace.
Per concludere voglio ricordare una vicenda, quella della Somalia e della partecipazione delle truppe italiane alle operazioni là. Dopo un primo intervento, verificati i costi, le difficoltà e la pericolosità dell’intervento non solo italiano ma internazionale, quello che talvolta viene apostrofato come il mondo civile, che invece, magari, non è molto civile, decise di ritirare le truppe dalla Somalia. Qual è stato il risultato a distanza di alcuni anni? I “signori della guerra” hanno distrutto ogni infrastruttura civile, non esiste più lo Stato, sono state compiute atrocità terribili e ricostruire oggi la Somalia dal disfacimento morale e civile in cui è precipitata sarà un lavoro per il quale occorreranno decenni e decenni. Quindi, mentre credo nella pace, nella cultura della pace, nello sforzo per la pace, ho dei dubbi che un certo tipo di pacifismo, un certo tipo di azione politica contribuisca veramente alla pace.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Torresi, della Provincia di Ascoli Piceno.
GIORDANO TORRESI, Assessore Provincia di Ascoli Piceno. Innanzitutto permettetemi di porgere il saluto dell’Amministrazione provinciale di Ascoli Piceno, dei presidenti, del Consiglio, della Giunta agli assessori, ai consiglieri regionali.
La Provincia di Ascoli Piceno, tra le prime in Italia, ha istituito fin dal 1995 un Assessorato alle Politiche della Pace e Mondialità.
In questi ultimi anni, contrassegnati purtroppo da guerre in Afganistan, poi in Iraq e dallo scoppio di un terrorismo internazionale che appare dilagante, la nostra Provincia dovere di attivarsi con iniziative straordinarie, per sensibilizzare, promuovere ed educare alla pace, culminate con la grande marcia “Insieme per la Pace” che il 29 marzo scorso ha portato migliaia di persone dal santuario di San Giacomo della Marca, di Monteprandone, fino alla Piazza della Rotonda di San Benedetto dei Tronto. In quell'occasione, tra le personalità che hanno voluto portare la loro testimonianza di pace, c'era anche il giornalista Sergio Zavoli. Successivamente le iniziative di mobilitazione sono proseguite con un concerto dei gruppo musicale I Nomadi, che a San Benedetto dei Tronto ha raccolto un pubblico di otre 10 mila spettatori.
In questa prospettiva, merita d'essere citata l'inclusione di un Consigliere straniero aggiunto in seno al Consiglio Provinciale e l'attività dei Centro Polivalente Provinciale per Immigrati che è in funzione dall'aprile dei 2000. Intanto, già fervono i preparativi per affrontare col dovuto impegno la ricorrenza dell'Anno Internazionale dei Riso 2004, che oramai è alle porte. Non ultimo l’adesione all’iniziativa della Regione Marche nell’istituzione dell’università della pace.
Come Provincia di Ascoli Piceno sosteniamo da tempo che. anche gli interventi attuati sul nostro territorio per favorire l'integrazione degli stranieri rientrano a pieno titolo nelle politiche di pace e solidarietà internazionale, basti pensare all'utilissima attività d'informazione a favore degli immigrati che stiamo attuando attraverso la pubblicazione dei periodico "Piceno 3M Multietnico, Multiculturale, Multirazziale.
Oltre alle iniziative straordinarie suggerite dalla drammaticità dei tempi che stiamo vivendo, dal 1995 ad oggi l'Assessorato provinciale alla Pace ha attivato numerose iniziative, alcune delle quali si sono affermate coi tempo a livello nazionale, diventando appuntamenti annuali molto sentiti. Tra questi, in primo luogo, l'organizzazione della annuale Asta di Solidarietà "Aiutiamo la Pace”) che prevede la vendita di quadri donati da li artisti e con i proventi della quale viene finanziata la realizzazione di microprogetti in paesi in via di sviluppo. Abbiamo fino ad oggi raccolto 237.500 euro per un totale finanziamento di 44 progetti.
Quest'anno l'ottava edizione dell'asta si terrà domenica 14 dicembre, come sempre nella sala dei Consiglio Provinciale. Le opere d'arte poste all'incanto sono all'altezza della tradizione. Per fare qualche nome: Sandro Chia, Mimmo Paladino, Maurizio Cannavacciuolo, Luigi Ontani, Arnaldo Pomodoro, Tullio Pericoli, Gianmarco Montesano. Con la precedente edizione dell'Asta (che si è tenuta nel dicembre 2002) si sono raccolti oltre 60 mila euro che sono stati impiegati per finanziare interventi a favore delle popolazioni terremotate dei Molise, realizzare un centro di aggregazione e formazione giovanile a Medellin in Colombia, costruire un mulino per granaglie a Kibre Menghisti in Etiopia, avviare un panificio nel quale lavoreranno 15 adolescenti di un centro d'accoglienza di La Piata in Argentina, acquistare gli arredi per un orfanotrofio di Shkoder in Albania.
Tradizionale corollario dell'asta è lo spettacolo gratuito Suoni e Colori per la Pace, che quest'anno si terrà sabato 13 dicembre al Palacongressi di San Benedetto dei Tronto. La nostra Provincia condivide inoltre numerose iniziative lanciate dalla Regione Marche. Tra queste, merita d'essere ricordato il sostegno al progetto di solidarietà con il popolo Saharawi.
La lascerò agli atti l’elenco dei 44 progetti del finanziamento.
PRESIDENTE. Ha la parola il Vicesindaco di Tolentino Comi.
FRANCESCO COMI, Vicesindaco di Tolentino. Mi sia consentito anzitutto ringraziare il Presidente, l’Ufficio di presidenza, i consiglieri regionali, tutti i rappresentanti delle autonomie locali che sono qui presenti a nome dell’Amministrazione comunale di Tolentino e anche a nome dei Comuni dell’ambito sociale 16 che ho l’onore di rappresentare. Un ringraziamento per l’invito alle autonomie locali e per la partecipazione a questa celebrazione solenne.
Non credo che questa sia una giornata semplicemente formale, rituale, scontata che viviamo in modo distaccato, perché la cooperazione, la solidarietà, la pace noi amministratori degli enti locali, le varie istituzioni non ci limitiamo a contemplarla ma la viviamo quotidianamente, la costruiamo ogni giorno attraverso una quotidiana e costante opera di programmazione, una importante opera e azione di governo, attraverso la capacità di persuasione, di sensibilizzazione che ciascuno di noi amministratore di enti locali deve necessariamente esercitare nel governare la complessità delle contraddizioni, delle lacerazioni, delle differenze che ci sono nella nostra società.
Costruire la pace significa innanzitutto governare le contraddizioni, significa innanzitutto informazione, dialogo tra i popoli, confronto tra le varie etnie, significa favorire il senso di appartenenza a una comunità civile e significa valorizzare e rafforzare il senso di rappresentanza delle istituzioni democratiche e in questo credo che ciascuno di noi sia necessariamente impegnato ogni giorno.
La nostra città è fra quelle che negli ultimi hanno ha costruito, vissuto e conosciuto da vicino un profondo mutamento anche del proprio assetto demografico con l’ingresso di numerosi nuovi cittadini immigrati. E’ stato un momento non difficile, non traumatico, è stato un momento che ha significato cambiamento di abitudini e, magari, qualche coraggiosa iniziativa nel mondo del lavoro, della scuola e nel mondo associativo e del volontariato. La nostra adesione a costruire la pace la facciamo ogni giorno nel complesso di tante iniziative.
Voglio limitarmi ad elencarne alcune per l’economia della discussione e per dare semplicemente un messaggio come comunità.
Abbiamo lo scorso febbraio vissuto due giorni intensi di festa con un’iniziativa dal nome “Una comunità floreale e solidale”. Lo scopo della nostra iniziativa come Comune, come ambito sociale era quella di far incontrare, conoscere, interagire le varie comunità immigrate presenti nel nostro territorio. E’ stata un’occasione per conoscersi, per confrontarsi, per far conoscere abitudini diverse e anche attraverso questo piccolo passo abbiamo rafforzato una aspirazione legittima di integrazione nella nostra comunità. Abbiamo organizzato conferenze e dibattiti sul tema dell’integrazione, dell’immigrazione, sulla comunità floreale e solidale, sulla pace nel nostro territorio.
Una delle iniziative importanti che abbiamo fatto quest’anno con grande passione, per quanto semplice, apparentemente scontata, è stata quella di coinvolgere i bambini delle scuole elementari e medie sul tema “Adotta un amico: pensierini per la pace”. Ciascuno di loro si è impegnato nel costruire un rapporto, sia pure a distanza, con un amico della Bielorussia, del Brasile, dell’India e, attraverso questo rapporto, sia pure interlocutorio, a distanza, abbiamo voluto, attraverso i bambini lanciare un messaggio forte di solidarietà tra i popoli.
Tra le iniziative importanti cito l’adesione alla Marcia di Assisi, la celebrazione de “La giornata della memoria” nelle scuole, con il dibattito tra gli studenti, “La giornata dei diritti umani”, con la partecipazione delle associazioni di volontariato, che è servita anche e soprattutto a raccogliere, oltre che solidarietà, fondi per sostenere e incoraggiare le iniziative di solidarietà in alcuni paesi in difficoltà. Abbiamo collaborato con il commercio equo e solidale, per favorire, anche all’interno delle nostre mense, la diffusione di prodotti che siano un segno di solidarietà. Abbiamo nuovamente istituito, quest’anno, il servizio della mediazione culturale nelle scuole, con uno sportello aperto agli immigrati e abbiamo, di recente — il prossimo Consiglio comunale del 18 dicembre lo consacrerà — istituito una Consulta dei popoli degli immigrati. Sarà un’occasione utile e preziosa per favorire uno scambio e un’integrazione solidale tra i popoli.
Io credo che la pace sia un’aspirazione legittima, ma credo che sia un processo e un progetto che dobbiamo costruire quotidianamente e va costruito soprattutto con la partecipazione delle istituzioni tutte, comprese quelle degli enti locali, con la partecipazione delle scuole e degli insegnanti. Da questo punto di vista dobbiamo incentivare anche la formazione, l’insegnamento dell’educazione civica, il dibattito nelle scuole. Dobbiamo esercitare un ruolo, come enti locali, costruendo rapporti più stretti tra le comunità locali, per educare e sensibilizzare al tema della pace.
Il Comune di Tolentino accoglie l’invito — me ne farò promotore, anche nell’ambito sociale 16 — dell’assessore regionale Silenzi, per destinare una parte del bilancio alla cooperazione sociale.
PRESIDENTE. Ha la parola il Sindaco di Urbino Galuzzi.
MASSIMO GALUZZI, Sindaco di Urbino. Anch’io saluto e ringrazio il Presidente del Consiglio regionale, i consiglieri regionali. Credo che questa iniziativa serva se serve a mettere insieme le cose, a cercare di coordinare, a cercare di muovere anche uno scambio di esperienze, di situazioni che si stanno muovendo. Pensavo e penso che l’obiettivo fosse quello di portare qualche esperienza che si sta portando avanti a livello delle realtà regionali e poi cercare di governare questo impegno che credo debba essere comune. Mi piace in questo senso portare l’esperienza di Urbino degli ultimi anni, che oltretutto è venuta avanti con l’aiuto della Regione (del Presidente del Consiglio regionale due-tre anni fa, del Presidente della Giunta regionale, del consigliere Trenta che aveva seguito alcune cose) e ci sembra una esperienza abbastanza interessante. Urbino è una città aperta alle esperienze su molti piani: come città del Rinascimento, se non altro, ha seguito con grande curiosità intellettuale ciò che avveniva intorno a sé. E’ impossibile ripetere quella storia, ma qualche cosa si può fare ed alcune iniziative, per esempio attorno al 2001 sono andate avanti, credo con un certo rilievo: una serie di nuove attività riguardanti appunto i temi della pace, dei diritti civili, il dialogo fra culture e religioni che è in gran parte il tema che avete affrontato qui, questa mattina.
Ho ascoltato le numerose iniziative ed è bella la spontaneità con la quale queste iniziative vengono avanti in tutto il territorio regionale, ma forse questo lavoro va coordinato, serve per questa attività un governo, un contenitore, un ragionamento più omogeneo, altrimenti può darsi che si rischi di perdere energie, pur avendo quel riferimento della spontaneità che è necessaria. Penso, in questo senso, che l’esperienza che abbiamo fatto ad Urbino negli ultimi 2-3 anni potrebbe il quadro di riferimento che, se fatto proprio dalla Regione, potrebbe essere quel governo che penso sia necessario. Noi la metteremmo volentieri a disposizione della Regione, se fosse questo.
Nel momento in cui il processo di globalizzazione ha assunto i caratteri che conosciamo abbiamo potuto constatare quanto fosse importante dare ulteriore forza ad un cammino culturale che nella nostra città si sviluppa da anni ed abbiamo ritenuto necessario aprire la nostra esperienza in quest’ultima fase ad uno scenario più ampio.
Prima il riconoscimento Unesco di Città patrimonio dell’umanità, unica nella regione, poi il 2 luglio 2001 la città di Urbino, con l’aiuto forte della Regione, ha ospitato, per l’Italia, la presentazione della “Carta della Terra” da parte di Mikhail Gorbaciov, Premio Nobel per la pace e presidente dell’Associazione non governativa Green Cross International. L’Italia, tante istituzioni, tanta gente hanno potuto conoscere i principi ed i valori su cui è fondata la “Carta della Terra”, che è il documento emerso dalla Conferenza di Rio del 1992.
Alla cerimonia hanno preso parte Rita Levi Montalcini, il Premio Nobel per la medicina presidente onorario di Green Cross Italia, ospiti internazionali provenienti dalla Federazione delle Repubbliche Russe, dal Giappone, rappresentanti di molte religioni, di enti locali in Italia, sotto il patrocinio della presidenza della Repubblica.
Nella medesima giornata è stata lanciata la “Dichiarazione di Urbino”, perché si volevano coinvolgere i Comuni, le Province e le Regioni proprio perché più vicini ai temi, alle problematiche, alle sensibilità dei cittadini, a quello che i cittadini chiedono ed è stata lanciata questa “Dichiarazione di Urbino” a cui hanno poi aderito varie Regioni, varie Province, vari Comuni in tutta Italia sul tema prevalente dello sviluppo sostenibile e rispettoso delle qualità naturali, ambientali, della sostenibilità. Abbiamo ritenuto significativo che proprio da una piccola città e proprio da enti che nel nostro paese sono i più vicini ai cittadini sia partito un messaggio rivolto alle istituzioni, ai governanti, ai cittadini.
Abbiamo chiesto ad ognuno di impegnarsi per dare forza ad un progetto etico, morale e politico che guardi alla realtà mondiale in tutti i suoi molteplici spetti e siamo convinti che solo rispettando la comunità vivente, l’integrità ambientale, perseguendo la giustizia sociale ed economica, salvaguardando i principi della democrazia e della non violenza — questi sono i principi della “Carta della terra” — si sarà in grado di eliminare le tensioni e i conflitti e far emergere le ragioni della convivenza e guardare con speranza al futuro.
E’ questo il chiaro messaggio contenuto nella “Carta della Terra”. I fatti dell’11 settembre 2001 hanno reso drammaticamente chiaro che viviamo in una comunità di piccole dimensioni. Non è più possibile pensare che esistano tragedie e problematiche che non ci riguardano, che non influenzano la vita quotidiana di ognuno di noi. Il mondo è ormai globale, ma si deve fare in modo che siano globalizzati i diritti, le soluzioni dei problemi, le possibilità, di vita, di speranza, di futuro, è questa la questione fondamentale.
La cosa che volevo dire questa mattina è che molte di queste iniziative rimangono poi sulla carta. Non è così. L’elemento è che abbiamo dato continuità a questa iniziativa proposta allora, da due anni Urbino è centro mondiale de “La Carta della Terra in azione”, per cui ad Urbino da due anni, dopo il 2001 si riuniscono le rappresentanti a livello mondiale dell’associazione che vengono da 30-40 paesi di tutto il mondo. Quest’anno sono stati ad Urbino 100 studiosi da tutto il mondo per discutere su queste questioni e su questi temi.
Questa è l’esperienza che abbiamo cercato di portare avanti. A me convince perché è quel quadro che dicevo prima: potrebbe essere quel governo, quella cornice di riferimento su cui convogliare, cercare di governare lo sforzo che altrimenti rischia di polverizzarsi e di essere meno efficace del necessario. Urbino sarebbe molto lieta di dare una mano, di mettere a disposizione della Regione che ci ha aiutato, questa sua esperienza che, pensiamo, avrebbe ancora più valore.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silvana Amati.
SILVANA AMATI, Consigliere regionale — Coordinatore Enti locali per la pace. Intervengo con piacere e con una certa emozione a questo primo Consiglio regionale che è stato convocato in prima applicazione della legge 9, perché credo che sia stato un atto significativo di questa legislatura aver varato la legge 9 all’interno della quale, come sicuramente sarà stato dichiarato dal collega Trenta, c’è l’università della pace, ma all’interno della quale c’è un impegno serio legato all’educazione, alla pace, alla legalità e alla cooperazione internazionale, che peraltro, come voi sapete, vicaria un’assenza nazionale molto grave, perché da molti anni attendiamo una legge sulla cooperazione internazionale che faccia avere al nostro paese la giusta funzione in un settore così delicato ed importante.
Il mio intervento sarà mirato ad una particolare caratteristica che io ho, che è quella di essere vicepresidente nazionale degli Enti locali per la pace e tengo a tale qualifica, in particolare in questa giornata — vedo qui amici e colleghi che aderiscono all’associazione nazionale e a quella marchigiana — perché la scelta che ha fatto il Presidente del Consiglio è stata quella di ragionare soprattutto sul lavoro degli enti locali in questa nostra prima seduta e sugli impegni di solidarietà. Noi abbiamo tante volte aderito, come Consiglio regionale, alle iniziative degli Enti locali per la pace con ordini del giorno, con interventi, con mozioni. Abbiamo sempre aderito alle manifestazioni più importanti messe in campo dagli Enti locali per la pace e dalla Tavola per la pace: mi riferisco in particolare alla marcia Perugia-Assisi, alle iniziative che ad essa sono correlate. Quindi, forse può essere utile che resti agli atti di questo Consiglio anche la qualità del lavoro della conferenza, cosa è e cosa racchiude, perché l’impressione che qualche volta abbiamo è quella che il Coordinamento sia noto solo in apparenza e che in sostanza non si sappia fino in fondo quando e come, se sia definito e che funzioni abbia.
Voglio qui ricordare, perché resti agli atti dei nostri lavori, che il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace è un’associazione che riunisce Comuni, Province e Regioni che sono impegnati, in Italia, a promuovere la pace, i diritti umani, la solidarietà e la cooperazione internazionale. Esso nasce il 12 ottobre 1986 dalla III Conferenza internazionale degli enti locali denuclearizzati e ha quindi una vita tutto sommato abbastanza recente, per quello che è il tempo storico della nostra politica.
Le funzioni del Coordinamento nazionale sono quelle di promuovere l’impegno costante degli enti locali e delle Regioni a favore della pace, della solidarietà e della cooperazione internazionale, di promuovere lo sviluppo di iniziative dei Comuni, lo scambio anche di informazioni, perché sappiamo benissimo — e lo sappiamo sia da legislatori regionali che da ex amministratori (quasi tutti i consiglieri hanno avuto, in passato, funzione di sindaco o di assessore nelle loro Amministrazioni) — come il problema del coordinamento sia un problema centrale e come spesso le iniziative di solidarietà si sovrappongano e si rincorrano e come sarebbe utile per tutti, in particolare per i punti di attenzione alla nostra solidarietà, che ci fosse non solo un’informazione ma anche una corrispondenza rispetto alle esperienze che si mettono in campo. La funzione del Coordinamento è anche quella di approfondire la ricerca e la riflessione politica e giuridica sui compiti che gli enti locali possono mettere in campo e realizzare un archivio nazionale sulle attività degli Enti locali per la pace. Inizia anche, nel senso proprio del coordinamento, un’attenzione alle conferenze internazionali: sappiamo che sia il Tavolo per la pace che gli Enti locali per la pace sono stati sempre presenti anche alle grandi manifestazioni, da Porto Alegre alle questioni legate ai social forum, per conoscere, capire e coordinare al meglio.
La funzione del Coordinamento nazionale si espleta poi anche nelle manifestazioni alle quali aderisce il Coordinamento ma alle quali anche noi abbiamo aderito come Regione. Per esempio alla storia delle Assemblee dell’Onu dei popoli, la quinta delle quali si è svolta da poco. Ricordo che le Assemblee dell’Onu dei popoli, anch’esse legate alla vita e al luogo di Perugia e alla marcia Perugia-Assisi sono abbastanza recenti: è solo dal 1995 che è iniziata questa esperienza importante, anche qui partendo dalla consapevolezza del valore e del ruolo dell’Onu e delle Nazioni Unite, con la consapevolezza, anche, che non era solo importante avere un riferimento internazionale e mondiale, ma costruire una Onu dei popoli dove i rappresentanti dei popoli venissero e comunicassero il loro lavoro, il loro specifico e la loro realtà.
Un altro elemento molto importante, legato al Coordinamento e legato alle Assemblee dell’Onu dei popoli è l’esperienza che qui alcuni già hanno raccontato e che noi ben conosciamo, che sta nell’”Adottare un popolo”. A ridosso dell’Assemblea i Comuni nazionali e marchigiani in particolare, le Province, la Regione hanno avuto la possibilità di “adottare” personalità che afferravano dalle varie parti del mondo, raccontando la loro storia, il loro disagio, le questioni che ci appartengono.
Un tema specifico è stato poi sempre quello della pace in Medio Oriente di cui parlava l’assessore Silenzi. E’ evidente che per noi la situazione medio-orientale resta uno dei punti vivi di sofferenza anche in quest’anno così travagliato e credo quindi che la possibilità di discutere di progetti, di lavorare, di costruire là momenti di confronto — gli Enti locali per la pace hanno anche lavorato per la creazione di un Coordinamento degli enti locali appositamente legato alle questioni medio-orientali e all’apertura di una struttura di servizio degli enti locali legata ai progetti di cooperazione per la Palestina — siano questioni non di poco peso che sono servite in modo importante.
Nelle Marche nell’anno in corso si è poi strutturata la dimensione regionale degli Enti locali per la pace. E’ il collega Rossi di Grottammare, oggi presidente del Consiglio di quella città a coordinare il nostro Coordinamento a livello regionale. A questo Coordinamento regionale aderiscono, oltre alla nostra Regione, le quattro Province marchigiane, 17 Comuni tra i quali alcuni molto rilevanti quanto a numero di abitanti. Ci auguriamo che ci possa essere, anche da questo punto di vista, un ulteriore incremento delle adesioni dei Comuni, perché se si vuol costruire la pace dal basso è evidente che l’impegno degli enti locali è elemento assolutamente non secondario.
Ho teso, in questo momento di confronto a parlare della struttura, a parlare dell’esperienza, a ricordare quelle che sono le funzioni. Ho scelto di non parlare di pace e di guerra, quello che era l’indirizzo qui dato dalla presidenza del Consiglio a cui peraltro ben si è attenuto il consigliere segretario Martoni, perché è chiaro che in questo anno di guerra eludere i temi della guerra già in sé è una scelta non secondaria.
Credo che però siamo comunque chiamati a mantenere un impegno. Siamo — si leggeva nei nostri “sacri testi” — la prima generazione che ha in sé la possibilità di modificare lo stato delle cose. Il nostro mondo, il mondo a ridosso del 2000 avrebbe i mezzi e le condizioni per cambiare le situazioni, per far sì che la guerra non vinca, che le 35 situazioni di guerra oggi esistenti — io credo che siano di più — si riducano e quindi che prevalga il buon senso, che prevalga la cultura di pace. Noi abbiamo quindi anche una grande responsabilità, perché se siamo la prima generazione in questa condizione, siamo anche la prima generazione che potrebbe favorire questo progetto e quindi portare su di noi una responsabilità storica che certamente noi non vogliamo assumere. Il 10 dicembre del 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si è dato seguito alla costruzione successiva a un grande dramma. Se non ci fossero stati la seconda guerra mondiale, l’Olocausto, non sarebbero risorte le Nazioni Unite che oggi vediamo, purtroppo, così deboli rispetto alle esigenze dei mondi e della pace a livello internazionale.
Voglio concludere dicendo che è indispensabile che ci sia comunque un appello alle forze politiche del nostro paese perché almeno si mantenga una coerenza nei luoghi della decisione, a quella che è la storia del nostro paese, a quella che è la Carta costituzionale italiana, a quell’articolo 11 di ripudio della guerra che non può essere ricordato solo, quando poi no è da essere efficace nelle scelte proprie che i nostri governi e le nostre forze politiche devono affrontare. E’ chiaro che basterebbe applicare la Carta costituzionale perché guerre preventive non stiano in nessuna condizione nel dizionario della politica italiana.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere provinciale Luca Barbadoro, presidente della Commissione provinciale per la pace di Ancona.
LUCA BARBADORO, Presidente Commissione per la pace, Provincia di Ancona. Rappresento la Provincia di Ancona, quindi porto il saluto dell’assessore alla pace Giancarlo Sagramola e del presidente Enzo Giancarli che mi hanno delegato in quanto presidente della Commissione consiliare competente. Vi ringrazio e saluto i presenti e vado subito ad iniziare questa breve illustrazione dicendo che la Provincia di Ancona ha finanziato il progetto presentato dalla "Scuola di pace 2003" che ha lo scopo di essere una sorta di lezioni, corsi seminariali che hanno come sottotitolo concreto “Dalla società civile un no alla guerra".
Ricordavano molti questa mattina che le tensioni belliche e i conflitti internazionali caricano questa giornata, di sfumature particolari, ma questa è un’iniziativa che la Provincia ha già intrapreso da un paio d’anni e secondo me è da sottolineare, perché è vero che ci deve essere un’attenzione e una condanna politica, ma ci deve essere anche una ripresa di riflessione filosofico-concettuale, quindi una cultura della pace che si fa concretamente attraverso un architrave concettuale organizzato. La Provincia ha poi partecipato a sostenere il servizio civile internazionale e ha finanziato un suo progetto, ormai da un paio d’anni, che si chiama “L’Africa in piedi”: ogni mese di marzo si tiene questo convegno che prevede una valorizzazione della terra africana, dove sappiamo che l’elemento cruento della guerra è nei posti dove fa più danni.
La finalizzazione, attraverso un finanziamento a un progetto della Confartigianato di Ancona per la creazione di una “Scuola dei mestieri” a Soddo, in Etiopia. Inoltre lo stanziamento di fondi per una mostra fatta in luglio alla Mole Vanvitelliana, sull’attività che fanno i volontari nella realtà territoriale dello Zambia. Inoltre la Provincia di Ancona partecipa alla Tavola della pace, alla manifestazione annuale Perugia-Assisi e dal costituendo organismo delle Nazioni Unite per i popoli, quindi partecipa attivamente anche al “Fondo mondiale delle città unite”, un altro organismo internazionale creato appositamente per far veicolare la pace.
Quindi noi, come ogni realtà territoriale che ha parlato questa mattina, ci impegniamo concretamente e attivamente per la creazione non solo di un orizzonte di pace ma per una costruzione concettuale che vada al di là della logica di guerra che pure è presente nella nostra società e che va sconfitta.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore della Provincia di Macerata Riccioni.
MAURO RICCIONI, Assessore Provincia di Macerata. Un saluto a tutti i consiglieri regionali, un saluto agli assessori. Vengo a presentare in maniera succinta quella che è stata l’attività dell’assessorato provinciale alla cooperazione internazionale e alla pace, da me rappresentato per quanto riguarda la Provincia di Macerata. Credo sicuramente che sia il caso di riconoscere unanimemente che la cooperazione internazionale è quello strumento principe per poter governare processi costruttivi di pace, per poter andare a conoscere le tante situazioni di difficoltà, di drammaticità, di guerre, di carestie che vi sono in tutto il mondo. Credo che tutti gli enti locali debbano aprire gli occhi nei confronti dell’Africa e vengo subito a un tema che credo sia centrale in questa discussione, in questo contributo che stiamo dando al dibattito.
Credo che ci sia la necessità di uscire fuori da quella cultura modaiola per cui i conflitti drammatici nel mondo, le situazioni difficili sono solo quelle che vengono rappresentate sui mass-media, quelle che vediamo con i nostri occhi sulle televisioni, così nessuno parla di una guerra come quella della Sierra Leone che si è conclusa, anche se non definitivamente, perché c’è ancora una situazione destabilizzata, in quel luogo, una situazione difficile, che si è protratta per oltre un decennio, bambini-soldato, ragazzini che avevano visto morire davanti ai propri occhi fratelli, sorelle, genitori, che hanno conosciuto solo la guerra, non hanno forse neanche capito che d’altro canto, di fronte alla guerra c’è la pace e che la pace può essere l’altra faccia della guerra, perché per loro la guerra era il lavoro, per loro la guerra era tutto e così le tante situazioni difficili che si vivono in Africa a seguito dei tanti conflitti, rispetto ai quali spesso non si fanno delle operazioni di cooperazione internazionale, perché è difficile trovare quella Ong che lì lavora, lì va a costruire un progetto, lì fa cooperazione decentrata. Così noi ci abbiamo provato, un discorso che abbiamo avviato con lo Zambia, un paese devastato sì da conflitti etnici, ma soprattutto dalla piaga dell’Aids, una piaga sicuramente forte che sta portando a Lusaka, la capitale, a far sì che un cittadino su tre sia malato di Aids, che una persona su due sia sieropositiva. Una situazione che è già esplosiva e che diventerà ancora più grave nel corso dei prossimi 10-15 anni.
In questo progetto, in collaborazione con il Centro missionario Francescano, abbiamo cercato di dare agli orfani di genitori malati di Aids la possibilità di imparare un mestiere, la possibilità di diventare falegnami, di diventare sarte, quindi la possibilità che questi prodotto venissero esportati anche in contesti esteri, anche nel mondo occidentale.
Abbiamo fatto tanti altri progetti, come il “Progetto Santa Fe” per aiutare gli alluvionati italo-argentini, un intervento economico in favore dell’ospedale pediatrico dell’Avana e altri progetti che sono stati strutturati dalla Regione, a cui noi abbiamo aderito, come il progetto che veniva sottolineato prima per quanto riguarda l’Eritrea, l’altro progetto per l’Africa che viene confezionato proprio in questi giorni, anche lì abbiamo dato l’okay. Mi auguro che sul terreno della cooperazione internazionale possa iniziare un processo che veda anche il superamento di quella dicotomia progetti di sfera laica-progetti di sfera cattolica. Secondo me bisogna uscire fuori da questi concetti vetusti, superarli e guardare veramente se quei canali sono giusti per fare un’attività di cooperazione, se con la cooperazione si può anche cominciare una possibilità di aprire un processo di costruzione di pace dal basso.
Vorrei dire altre cose ma il tempo a disposizione è molto succinto, spero di aver dato n minimo di contributo e vi ringrazio.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI
PRESIDENTE. Ha la parola Sorbini, sindaco di Gradara.
SANDRO SORBINI, Sindaco di Gradara. Ringrazio il Presidente del Consiglio regionale e tutti i consiglieri per l’opportunità che ci viene data di presentare l’esperienza di Gradara.
Voglio risparmiare un po’ di tempo chiedendo al Presidente di distribuire questa cartella che raccoglie le iniziative che abbiamo portato avanti negli anni sul tema della pace.
Oggi non deve essere una semplice occasione di formalità, di esprimere un impegno su questo tema, che deve rimanere un parlarsi addosso. Credo che l’occasione di questa giornata sia da cogliere come un contributo all’applicazione della legge regionale n. 9 che è stata richiamata, che è anche lo spunto per questa giornata, perché la legge regionale è molto importante per dare concretezza alla possibilità di costituire una rete di istituzioni, di associazioni e di cittadini che già si impegnano su questo tema e che possono amplificare e rendere ancora più concreto ed evidente l’impegno della nostra Regione sul tema del ripristino della pace nel mondo.
Da questo punto di vista mi permetto di rappresentare, senza falsa modestia, un grande patrimonio che Gradara ha costruito in questi anni, un patrimonio di reti, di rapporti, di contatti fra cittadini e associazioni, prevalentemente, che ha portato la Regione Marche e le città della nostra regione, ad intervenire concretamente sia nei Balcani, sia nel vicino medio oriente, sia, più in generale, sui temi della legalità e dell’educazione alla convivenza.
Abbiamo sostanzialmente cercato di capitalizzare quello che può essere un patrimonio di valori storico-artistici particolari, come quello dei nostri complessi monumentali, con un forte potere di evocazione, di immaginazione, quindi abbiamo cercato di costruire questo “castello della pace” in cui non solo visitatori occasionali e a scopi turistici, ma anche visitatori più motivati e più specializzati nella voglia, nella volontà di costruire rapporti di pace si incontrano periodicamente e cercano di costruire un mondo nuovo.
Oggi in Palestina vivono due cittadini onorari di Gradara, che si chiamano Netah Golan e Nizar Kamal, che hanno deciso di sposarsi. Lei è israeliana e lui è palestinese e nella loro terra questa scelta è praticamente impossibile, non viene riconosciuta dallo Stato israeliano questa possibilità. Hanno scelto di venire in Italia a sposarsi, di corollare questo loro sogno e hanno scelto Gradara. La città di Gradara si è stretta intorno a loro, nel momento della crisi più importante dell’occupazione dei territori palestinesi, nel 2001 il Consiglio comunale ha deciso di assegnare questa cittadinanza onoraria e di intensificare i rapporti e le relazioni con questi giovani e con tutta la cerchia dei loro amici, conoscenti, delle associazioni che si impegnano per la pace. Da lì è nata questa esperienza che si è svolta a Gradara nel mese di ottobre della “Scuola di pace” per i bambini israeliani e palestinesi e che credo sia tra le poche che sono state organizzate direttamente da un comitato organizzatore composto da Comuni, istituzioni, enti locali. Gradara è stato il Comune capofila di una serie di Comuni molto nutrita, a partire dal capoluogo di Pesaro, da Fano, da Jesi, da città dell’Emilia Romagna come Riccione, San Giovanni in Marignano, Misano Adriatica. A questi Comuni, che erano anche quelli che hanno dato vita alla marcia della pace del 21 aprile 2003, si sono aggiunti tanti altri enti locali. Voglio ricordare, per sottolineare il carattere con cui viviamo queste attività, il fatto che il Comune con cui siamo gemellati, Muggensturm in Germania, della provincia di Rastatt, ha aderito a questo progetto, ha finanziato le spese di viaggio di alcuni componenti della “Scuola di pace”, quindi crediamo di interpretare anche in questo modo la volontà della legge di stringere rapporti di gemellaggio non solo con i paesi europei, ma anche far vivere dei rapporti di gemellaggio fra le nostre città europee con questi paesi. Stiamo allargando questi rapporti di costruzione della scuola di pace e posso annunciarvi che a Gradara, nell’anno nuovo, nascerà la sezione italiana dell’associazione “Windows for peace” che è l’unica che pubblica in doppia lingua una rivista scritta dai bambini israeliani e palestinesi e che intende rafforzare, attraverso questa associazione italiana che nasce nella nostra regione, tutta quella rete di contatti che lega ormai l’Italia e anche l’Europa al conflitto più radicale che esiste al mondo, quello del medio oriente.
Le iniziative che abbiamo intrapreso hanno una caratteristica: coinvolgono direttamente e in prima persona i bambini. La Marcia della pace del 21 aprile è stata dedicata a Nawal, figlia di questi nostri concittadini onorari palestinesi ed è stata organizzata e realizzata con la partecipazione diretta dei bambini e delle bambine delle nostre scuole, delle nostre città. In sostanza i bambini non solo di Gradara, sono una sorta di ambasciatori della pace. Voglio ricordare che dalla fine della guerra del Kosovo abbiamo attivato un’associazione di città e di associazioni che si chiama Ludomir e che intende utilizzare il gioco come forte elemento di comunicazione e potente strumento di costruzione di pace.
Concludo proponendo al Consiglio regionale di non disperdere questo patrimonio, riconoscendo alla città di la possibilità di inserire questo centro di documentazione che trovate nella cartella che vi è stata fornita, in abbinamento alla lodevole iniziativa dell’università della pace di Ascoli Piceno, pensando di concretizzare nella Ludoteca per la pace dei popoli dell’Adriatico e dei Balcani che abbiamo istituito a, uno di questi centri e punti di riferimento di questa rete che lodevolmente questa Regione intende costruire.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.
FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Credo che a questo punto sia il caso di accorciare le riflessioni e sintetizzare qualche proposta di ulteriore riflessione su due punti soltanto. Intanto c’è da ringraziare gli enti locali che sono rimasti fino in fondo, due o tre “eroi”. Degli enti locali possiamo dire di essere abbastanza delusi, perché alle riunioni per lo Statuto non ci vengono, anche lì ci sono stati solo due-tre “eroi”: qualche volta abbiamo l’impressione che tra la Regione e gli enti locali ci sia quasi un muro di incomunicabilità. A dire il vero spendo una parola a favore della Regione che cerca il dialogo, ma gli enti locali non mi pare rispondano in maniera consapevole della fase statutaria che stiamo affrontando e anche su questo argomento i nostri amici degli enti locali avrebbero fatto bene anche ad aspettare la replica del Presidente, credo sarebbe stata una cosa molto più corretta. Non mi preoccupo comunque della loro assenza, prendo atto di un grande sforzo delle Amministrazioni locali nel proporre lodevoli iniziative, però ci dobbiamo tutti dire che siamo di fronte a iniziative molto disperse tra loro: non c’è un coordinamento, i Comuni più importanti cercano di correre di più, fanno addirittura politica estera, è tutta roba lodevole, credo in buona fede, con grande passione, anche civile, però non so con quanta efficacia, vista la dispersione di molte risorse, inconsapevolmente, rispetto a quanto avrebbe potuto essere se ci fosse stato un coordinamento unitario.
Abbiamo parlato di Aids, guerre, cooperazione, politica dell’accoglienza, accoglienza degli immigrati, tutto sommato del “diverso”. Faccio un ragionamento che abbiamo fatto con la collega Mollaroli in I Commissione. Credo che quando si parla di pace — l’ho detto nell’occasione in cui abbiamo potuto incontrare il dott. Lotti, poi in un incontro con l’assessore alla pubblica istruzione — sia assolutamente necessario educare alla pace i nostri studenti, soprattutto concentrandoci e concentrandoli sul rispetto per le opinioni diverse. Sembra una cosa banale, però rispetto delle opinioni diverse significa rispetto dell’avversario, ascoltare l’avversario, capire se ha più ragione di noi e capire perché ha ragione più di noi. Se ci pensate bene, inculcare nei giovani il rispetto dell’avversario, delle diverse posizioni significa rispetto delle diversità fisiche, sociali, economiche, razziali, religiose. Se insegniamo tutto questo, probabilmente diamo una cultura in più ai nostri giovani. Ci sono stati colleghi che hanno fatto degli accenni politici: io mi ero preparato anche degli accenni politici. Martoni, per esempio, ha parlato di La Pira: ricordo quanta solitudine aveva La Pira quando cercava di dialogare con Ho Chi Min e il Pci di allora non lo appoggiava, perché La Pira era “dall’altra parte”. Sarà stata la guerra fredda, sarà stato un bipolarismo che era più duro e ideologico di oggi, c’era più bipolarismo allora di oggi e quindi, probabilmente, la tutela delle proprie posizioni portava anche al fatto che un La Pira che tutti hanno santificato, da una parte, che era la sua opposizione, non era condiviso. Ma questo lo consegniamo alla storia ed è una cosa su cui non voglio ritornare.
In questi giorni molti italiani stanno seguendo con una certa passione uno sceneggiato che si chiama “La meglio gioventù”: credo che abbia avuto quasi 10 milioni di spettatori. Il regista di questo sceneggiato è uno che viene dalla sinistra, un sessantottino che non ha rinnegato niente, è ancora della sinistra, ma ha dipinto con coraggio una fase in cui, alle soglie del terrorismo, si cercava di inculcare in molti giovani la cultura dell’odio, cioè istituzioni e padroni andavano abbattuti con la violenza. Oggi con ironia molti giornalisti evidenziano quanti sessantottini stanno dentro Forza Italia: lo sappiamo benissimo. Non sto dicendo che questo sia per loro un approdo finale e completo, però ricordiamoci che c’è stata una fase in cui la cultura dell’odio è sfociata nella violenza, perché non a tutti, quando semi dell’odio, puoi dire che l’odio si deve fermare alle parole, perché le parole, seminando odio, scatenano su molte persone un istinto alla violenza e questo sceneggiato l’ha dipinto molto bene, so che gli italiani l’hanno seguito con una certa attenzione.
Faccio un esempio: qui dentro ci siamo divisi sul G8. Il G8 c’è stato anche quando presidente del Consiglio era Prodi, poi D’Alema, poi Berlusconi e le nazioni erano sempre quelle, però i ragazzi sono stati scatenati soltanto quando c’era un certo presidente del Consiglio. Non credo che il G8 durante la presidenza Amato o D’Alema, abbia prodotto cose eccezionali per il terzo mondo o per chi sta peggio, non mi pare; solo che si è creata una base culturale per dire che il G8, se vi sono certi governanti è una associazione a delinquere, se ci stanno altri non ci si fa caso oppure non si va a contestare. Questa non è educazione.
Credo che l’esempio che debbono dare i consiglieri regionali, i parlamentari, i Comuni sia anche quello di un’educazione ad attenuare la faziosità e di questo ci dobbiamo far carico tutti, perché è vero, probabilmente può accadere con chiunque governi che si pensa che la verità sia da una parte sola, altrimenti a che servono le blindature di bilancio, regionali e nazionali? Quando si respingono in blocco tutti gli emendamenti dell’opposizione, sia che lo faccia Berlusconi, sia che lo faccia D’Ambrosio, è una cosa faziosa, ce lo vogliamo dire o no? Quando si danno incarichi professionali solo ad esperti ritenuti esperti solo perché appartengono ad una sola parte politica, sia che lo faccia D’Ambrosio sia che lo faccia Berlusconi, è una cosa faziosa, perché lascerebbe passare il concetto che “solo chi la pensa come me che governo è capace di gestire alcune cose ed è esperto in alcuni settori”. Quando vogliamo fare questo dibattito? Possiamo parlare dell’Iraq, di Baghdad, dell’Afghanistan, Procaccini; io perderei un po’ di tempo a spiegarlo agli italiani, al di là di chi ce li ha mandati. Allora raggiungiamo questo accordo: non parliamo di chi ce li ha mandati e perché. Ma lo possiamo dire che i nostri soldati si distinguono per una particolare funzione nei confronti di quelle popolazioni che è diversa da altre nazioni? Su questo penso che un compromesso lo possiamo raggiungere.
Ritorno ai Comuni, all’assessore alla pubblica istruzione, ai progetti: quei Comuni che fanno i “Consigli dei ragazzi” hanno portato un esempio educativo notevole e ne abbiamo parlato. Questo è un esempio che va portato avanti, spesso anche oltre alcuni insegnanti che ritengono che quello sia tempo perso, che quello non educhi a niente, oltre che guardare come deve essere tenuto il giardino pubblico, come deve essere tenuta la palestra, ma là dentro i ragazzi dovrebbero imparare la dialettica politica e sappiamo che tanti insegnanti hanno paura a parlare di educazione civica, perché temono che si sconfini nella partitica e nella politica.
Se abbiamo un po’ più di attenzione nei confronti di questo tipo di educazione, questo tipo di educazione è un servizio per l’educazione alla pace, poi a tutto quello che in ostri Comuni hanno fatto vanno la mia stima e il mio apprezzamento, però non credo che — oltre a un’educazione di conoscenza dei problemi, quindi sicuramente allarga la mente, le prospettive, l’educazione — vada al cuore dei giovani per l’educazione della pace, perché a quello ci si deve andare educandoli a non essere faziosi. Qualche volta l’avversario ha ragione, chiunque governi, e di fronte a questa ragione è giusto che maggioranze di diversi colori ne prendano atto.
Io sono stato l’unico consigliere regionale del centro-destra ad aderire alla partecipazione della Regione alla marcia di Assisi. Sono rimasto sbalordito da una dichiarazione dell’on. Bertinotti, quando ha sottolineato, con scandalo, che l’on. Bondi si è recato nello stesso giorno presso la tomba di San Francesco e Bertinotti ha detto “è uno scandalo, perché chi manda i soldati in Iraq non deve predicare sulla tomba di San Francesco”. Non pretendo che Bertinotti conosca la Chiesa e le questioni della Chiesa, ma voglio far presente a Bertinotti che se alla porta del convento bussa Saddam Hussein, secondo la Chiesa deve essere accolto, perché il più grande peccatore è giusto che sia accolto; se ci fosse Hitler o se ci fosse Stalin, dovrebbero essere accolti, come tutti. Ma nessuno, caro D’Angelo, può arrogarsi la pretesa di dire chi è cristiano e chi non è cristiano, chi pecca e chi non pecca, tutto qui. E siccome ho visto delle pretese in quella marcia, nel catalogare le persone, oggi, mi dispiace dirlo, se ci fosse la stessa delibera non potrei apporre la mia firma.
PRESIDENTE. Voglio fare un bilancio degli interventi da fare. Ci sono ancora 7 interventi di consiglieri, più due rappresentanti di Comuni, oltre al Sindaco di Angeloni che prenderà adesso la parola, quindi dobbiamo pensare come organizzarci, mentre Luana Angeloni farà il suo intervento.
LUANA ANGELONI, Sindaco di Senigallia. Signor Presidente, signori consiglieri, l'Amministrazione Comunale di Senigallia è impegnata concretamente per l'attuazione di iniziative ed interventi finalizzati alla promozione nel territorio dei temi dei diritti umani e della pace.
Tali politiche hanno sempre potuto contare su di una grande sensibilità diffusa all'interno della comunità locale e su quella profonda aspirazione alla pace testimoniata in più occasioni dal tessuto sociale e culturale senigalliese, con un segno particolare rappresentato da una massiccia e consapevole presenza del mondo giovanile.
Sul fronte della cooperazione, da alcuni anni il nostro Comune sostiene la causa dell'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, volgendo azioni di solidarietà nei confronti della popolazione Saharawi, un piccolo popolo del deserto che da oltre 25 anni si trova esiliato dalla propria terra, nel disinteresse internazionale e ai limiti della sopravvivenza. Il nostro Ente, in collaborazione con l'Associazione “Il Seme", accoglie un gruppo di bambini durante il periodo estivo. Un periodo durante il quale i bambini frequentano i centri estivi, vivono esperienze di gioco, di svago, hanno la possibilità di socializzare con i bambini del posto, traendone innumerevoli benefici per il loro sviluppo psico fisico e creando un ponte di solidarietà tra la nostra comunità ed il popolo saharawi. Tale esperienza rappresenta altresì un arricchimento culturale ed umano anche per i bambini della nostra città che hanno la possibilità di confrontarsi con una realtà di vita dura, ma molto ricca di valori.
Analogamente il Comune di Senigallia, insieme all'Associazione "Un Tetto", porta avanti ormai da quattro anni un progetto di accoglienza dei bambini di Litva, piccolo villaggio bielorusso interessato dagli effetti della nube di Chernobyl. Il progetto, oltre a perseguire il primario obiettivo del "risanamento" rispetto agli effetti di Chernobyl, ha di fatto creato una rete sociale grazie alla quale si è rafforzato il rapporto tra Senigallia e la comunità di Litva, tanto da affiancare al progetto accoglienza un ulteriore progetto di azioni (scuola di italiano per insegnanti e ragazzi, rifacimento del tetto della scuola, ecc.) verificate e pianificate direttamente in loco.
Ma forse la realtà più consolidata esistente nel nostro territorio, che opera da nove anni ormai sul versante della promozione e tutela dei diritti umani è rappresentata dalla Scuola comunale di pace di Senigallia.
Si tratta di un'istituzione davvero significativa, che coinvolge molte donne, uomini ed associazioni della nostra città, attraverso la partecipazione a corsi e seminari, ma con una formula aperta anche a quegli eventi di carattere artistico, come recital, films o concerti, in grado di stimolare una partecipazione emotiva alle questioni proposte. E’ un'esperienza che ci permette di arricchire la nostra conoscenza, spesso falsata da una informazione sempre più' superficiale e distratta; una realtà che interroga le nostre coscienze costringendoci a fermarci e a riflettere.
1 temi scelti per i corsi generali della Scuola Comunale di Pace, presentano sempre contenuti di forte attualità e sono intimamente e drammaticamente direi legati ai mutamenti intervenuti nello scenario politico mondiale. Lo scorso anno il motivo proposto era: L'esercizio della memoria contro la globalizzazione della mente, tema che conteneva una sorta di invito a coltivare l'esercizio della memoria come riscoperta delle proprie radici ed antidoto verso un presente che cancella tutto in un attimo.
Quest'anno l'argomento scelto è stato quello della giustizia e dei diritti, da leggere come richiamo verso un impegno forte e chiaro a scoprire le ragioni vitali della nonviolenza, rispettando la legalità, praticando la giustizia, tutelando i diritti propri ed altrui. Il programma prevede una serie di appuntamenti di qualità per il forte richiamo. Venerdì prossimo il procuratore generale Giancarlo Caselli discuterà sul tema della legalità, della giustizia e dei diritti. Il prossimo 22 gennaio verrà proiettato il film Segreti di Stato del regista Nicola Tranfaglia con la partecipazione di Paolo Benvenuti ed in collaborazione con l'Istituto Regionale della Storia del Movimento di Liberazione delle Marche. In aprile sarà la volta delle giornaliste Giovanna Botteri e Giuliana Sgrena a confrontarsi sulla questione sempre più attuale dei limiti del diritto di cronaca. Oltre alle conferenze il programma prevede un seminario sulle religioni monoteistiche, un corso di formazione per docenti sul tema del bullismo a scuola ed un laboratorio di musicoterapia per l'educazione alla pace e all'intercultura. Esperienze che richiamano un forte pubblico, caratterizzato da una notevole presenza di giovani.
Negli ultimi tempi abbiamo vissuto eventi dolorosi, nei quali le grandi contraddizioni che caratterizzano il mondo attuale si sono affacciate con tutto il loro pesante carico di drammaticità: dall'ingiustizia di un nord del mondo sempre più ricco a scapito di porzioni dell'umanità condannate a lottare ogni giorno contro la fame e la morte, sino alla sempre più evidente incapacità di risolvere attraverso la via della diplomazia e del dialogo, quei focolai di guerra che sempre più frequentemente divampano nel globo. Ed allora se c’è una cosa che gli ultimi drammatici eventi ci hanno insegnato è che non possiamo sempre delegare agli altri le scelte che riguardano il nostro futuro, che queste vicende ci riguardano tutti, hanno a che fare con noi, con le nostre decisioni concrete e con i nostri gesti quotidiani.
Per queste motivazioni realtà come quelle della Scuola comunale di pace di Senigallia rappresentano un patrimonio prezioso per la nostra comunità, fondato su una testimonianza concreta di riflessione, di impegno e di solidarietà da parte di tante donne e tanti uomini. Per questo meritano l’attenzione e il sostegno dell’istituzione comunale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Questa giornata e questa discussione sono un’occasione di riflessione. Cercherò anch’io rapidamente fornire alcuni spunti.
E’ evidente che la pace non può essere garantita negando contemporaneamente diritti essenziali all’uomo, quali quelli alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, con la permanenza di paesi in una costante povertà, in una costante situazione di discriminazione, di mancanza di democrazia e di regimi che convivono con un modello economico che si arricchisce su questo stato di discriminazione.
Anche paesi ricchi di risorse non sono messi in condizioni di poter garantire diritti essenziali e ancora oggi nel XXI secolo sono necessarie delle battaglie per diritti essenziali, anche una battaglia per il diritto al cibo, il diritto alla sovranità alimentare dei popoli, il diritto a coltivare i prodotti per il mercato interno e non prodotti destinati all’esportazione sui mercati internazionali dove questi hanno un valore e vengono scambiati come delle commodities, mercati del nord del mondo; paesi in condizioni di dover esportare prodotti alimentari come caffè, cacao, olio di palma, canna da zucchero, cotone, per approvvigionarsi di valuta necessaria per restituire i prestiti forniti spesso da istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale. E non c’è bisogno di pensare soltanto ai paesi dell’Africa, basta pensare anche all’Argentina, il quinto paese al mondo per esportazione di prodotti alimentari in cui si verificano sistematicamente morti di bambini per denutrizione.
Viene negato l’accesso alle risorse produttive anche con meccanismi nuovi, inventati recentemente da questo sistema, come la ”brevettazione della vita”, che espropria i popoli dal libero uso delle varietà vegetali selezionate nel corso degli anni dagli agricoltori. E’ proverbiale il caso della brevettazione da parte di una società texana del riso basmati, il prodotto più importante che nel sub continente indiano viene prodotto di grande qualità, che è stato brevettato e oggi addirittura gli agricoltori, se vogliono seminare lo stesso riso devono pagare dei brevetti a queste società multinazionali. Persino queste aberrazioni ci siamo inventati, e sono delle invenzioni recenti, degli ultimi anni.
Il III Rapporto delle Nazioni unite sulla fame nel mondo presentato a Ginevra alcuni mesi fa dice che mai come in passato le imprese multinazionali in molte regioni del mondo controllano il sistema alimentare e non esiste un sistema di garanzia giuridica per gli abusi in questo settore. La denutrizione persiste in un pianeta che pure produce alimenti più che sufficienti per nutrire tutta la popolazione e la distribuzione delle risorse e il modello neo-liberista sono responsabili della miseria e della denutrizione. Il Rapporto va anche oltre, dice che così come inizialmente, in passato, i garanti dei diritti umani si attivarono per arginare gli abusi di potere, oggi ci si deve muovere per limitare gli abusi di potere delle imprese multinazionali in campo alimentare. Ma questi diritti fondamentali oggi continuano a essere un’impossibilità, per alcuni paesi, di un diritto di accesso e autogestione libera delle risorse, delle materie prime. Penso alle ricchezze di interi paesi in mano a società estere che certamente non operano nell’interesse delle popolazioni residenti, penso alle zone costiere della Nigeria, ricchissime di petrolio, dove vediamo scene di popolazioni indigenti a cui vengono negati diritti essenziali, nonostante che dal loro territorio provenga una risorsa che altrove ha determinato ricchezza di interi paesi. Penso anche al diritto di accesso ai farmaci. Proprio in questi giorni c’è stata una “Giornata nazionale sull’Aids” che ha avuto come fulcro l’iniziativa promossa in Sudafrica da Nelson Mandela e in questi giorni la stampa internazionale, i mass-media ci hanno riparlato di questa malattia che è incurabile dove non c’è ricchezza ed è perfettamente curabile dove invece le risorse sono diversamente distribuite. Una progressione della malattia che in Africa è completamente diverse rispetto all’Europa ed è direttamente in relazione con il mancato accesso a tutta una serie di farmaci disponibili, anche per una gestione dei prodotti farmaceutici da parte delle imprese che detengono i brevetti.
Chiudo dicendo che, superata la cooperazione allo sviluppo sulle grandi opere che in passato sono state più necessarie alle imprese che le realizzavano o che vendevano tecnologie spesso ingestibili a paesi in cui non era possibile attivare una rete di assistenza tecnica per i prodotti che venivano esportati, non è stata questa azione rafforzata in direzione dello sviluppo di tecnologie appropriate e un’azione pesante, forte, su piccoli progetti di cooperazione collocati all’interno di una grande strategia complessiva per consentire lo sviluppo e la pari opportunità a tutti i paesi e popoli di questa terra.
L’allargamento agli enti locali delle possibilità di intervenire con progetti di solidarietà e di cooperazione ha certamente concorso ad arricchire la qualità della cooperazione del nostro paese, anche quando questa è stata poco coordinata, come è stato rilevato giustamente dal collega che mi ha preceduto. Credo che una riflessione sia quella di recuperare comunque un maggior ruolo alle Ong che in passato sono state estromesse anche da una parte degli interventi e dalla partecipazione a livello nazionale, alla definizione di progetti che pure, in passato, avevano dato buoni risultati. Si insiste invece sul finanziamento a favore di agenzie governative ed intergovernative che hanno un costo che ritorna poi nel nostro paese, troppo elevato, ed hanno una ricaduta in termini finanziari, rispetto all’investimento effettuato, certamente non favorevole come quello gestito dalle Ong o dai piccoli progetti di cooperazione.
Non si può tacere sul fatto che proprio i bilanci di questi ultimi anni registrano una crescita delle spese militari. La spesa militare accrescere il prodotto interno lordo di paesi ricchi, le guerre sono viste da molte società che vendono tecnologia militare come occasione per rafforzare i propri bilanci e riportare a utile le loro operazioni finanziarie di investimento. Anche l’Italia è tra i paesi — con la finanziaria approvata recentemente — che ha rafforzato, incrementato la spesa militare. Questo è un dato che non riguarda solo gli Stati Uniti o i paesi del sud del mondo. Nel nostro paese la convivenza, la nonviolenza, l’educazione alla pace devono entrare nella cultura e nell’azione quotidiana, affinché la politica sia conseguente e coerente alla volontà di pace che viene da tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Ha la parola Davide Favi, assessore del Comune di Chiaravalle.
DAVIDE FAVI, Assessore Comune di Chiaravalle. Dopo avere ascoltato gli interventi, comunque mi atterrò allo spirito di questa riunione, senza esimermi dal fare alcune precisazioni.
Secondo me la pace è qualcosa che non si pota ma sicuramente si costruisce e le azioni per costruire la pace sono quelle di cooperazione internazionale.
Perché dico questo? Perché la guerra, un conflitto non è lo strumento che costruisce la pace anzi la distrugge e la pace va ricostruita e mantenuta dopo che sempre e comunque c’è stato un conflitto. Non condivido che nel terzo millennio ci si adoperi per riportare in un paese destabilizzato quello che è un diritto di tutti gli uomini. Noi che cosa abbiamo fatto? Abbiamo fatto un progetto, partecipando ad un bando della Regione Marche, di cooperazione internazionale decentrata. L’abbiamo fatto noi come ente promotore e il progetto è stato co-finanziato dai Comuni di Monte San Vito, Monsano e Camerata Picena, cercando di ricostruire quel tessuto che viene a mancare dopo che c’è stato un conflitto. L’obiettivo generale del nostro progetto era quello di promuovere lo sviluppo socio-economico delle comunità locali a Mostar, in Bosnia. Questo perché con il susseguirsi di queste “guerre preventive” tutte le attenzioni vengono di volta in volta concentrate sull’emergenza e sull’immediato, tralasciando poi tutte quelle azioni che si erano intraprese, spostandole sull’ultimo conflitto vigente.
Che cosa è successo? Che nei Balcani, dopo un primo intervento massiccio di aiuti umanitari si è lasciata la società civile senza nessun aiuto, senza avere ancora ricostruito, riportato alla normalità questo paese. Quindi l’obiettivo specifico promosso da questo progetto a Mostar era quello dello sviluppo socio-economico. Nello specifico era d’integrare e differenziare i redditi dei piccoli produttori agricoli dell’area di Mostar nord, garantendo loro nuove opportunità produttive e commerciali attraverso la diffusione e l’ampliamento della produzione biologica, prevedendo una suddivisione di questo progetto in due attività principali: una formativa, per i cooperanti e l’altra di avviamento alla produzione biologica.
Questo perché noi riteniamo fondamentale che questo nuovo tipo di fare cooperazione diventi anche interscambio tra le comunità locali e gli enti locali, al di qua dell’Adriatico, perché questa era un’esigenza fortemente sentita anche dall’Amministrazione locale di Mostar. Io sono stato là alla fine del progetto e non abbiamo quasi mai parlato del progetto in sé e per sé. Loro lamentavano una cosa: che molte volte noi arriviamo a fare cooperazione con progetti già preconfezionati, che difficilmente si calano sulla realtà locale. Ci siamo accorti, con associazione Tamat che ha fatto il progetto in loco, di questa stortura e abbiamo lasciato il canovaccio del nostro progetto, mantenendo gli obiettivi finali e calandolo appunto sulla realtà locale, coinvolgendo tutti coloro che dovevano essere gli attori principali di questo primo mattone, un piccolo mattoncino che noi abbiamo messo ma che dobbiamo continuare a far crescere per dare la possibilità che diventi effettivamente una casa con un tetto. Questo diventa difficile, e ce ne rendiamo conto, come enti locali. Nonostante tutte le nostre difficoltà di bilancio, riteniamo fondamentale promuovere comunque queste azioni.
Dobbiamo fare in modo che la comunità europea faccia in Bosnia ciò che ha fatto per la Turchia, però fino a quando questo problema non verrà affrontato dalla comunità europea, dobbiamo farci promotori di piccole iniziative che comunque servono a rincuorare coloro che si sentono abbandonati e lasciati per conto proprio.
Non vorrei rubare altro tempo agli interventi e vorrei concludere dicendo che, passando per il boulevard di Mostar a piedi, dopo sei anni dalla fine del conflitto, calpestare gli avvallamenti delle granate, vedere le facciate dei palazzi ancora completamente distrutti, arrivare alla fine di questo boulevard, la strada che segnava il confine tra i due schieramenti, i bosniaci e i croati, arrivare nella piazza molto grande, dove c’è l’unico edificio estremamente moderno, sede di una banca, ricordarlo nelle immagini della televisione, con i cecchini che sparavano sulla popolazione, non capisco come si possa ancora oggi pensare che l’unica azione che possa promuovere la pace in ogni luogo sia un conflitto ed una guerra.
PRESIDENTE. Ha la parola il vicesindaco di Grottammare Maria Cristina Costanzo.
MARIA CRISTINA COSTANZO, Vicesindaco di Grottammare. Il tema della solidarietà internazionale e della cooperazione allo sviluppo è stato certamente uno degli elementi che più hanno caratterizzato l'azione politica e amministrativa del Comune di Grottammare negli ultimi anni.
Ciò nella consapevolezza che nel nuovo scenario globale ogni scelta politica locale deve tener conto della necessità di stabilire relazioni più eque e solidali tra tutti i popoli del pianeta al fine di conseguire condizioni di vivibilità e sicurezza per le future generazioni.
Oltre a perseguire obiettivi di autosufficienza alimentare e processi di sviluppo autosostenibile nelle realtà interessate ai progetti, le iniziative intraprese hanno avuto lo scopo di far crescere la suddetta consapevolezza nell'insieme della popolazione locale. Pertanto tali iniziative hanno visto il coinvolgimento della cittadinanza di Grottammare, sia nel reperimento delle risorse necessarie, che nel contatto diretto con le comunità co-interessate.
Oltre che per il consistente impegno del Comune, l'avvio ed il successo di tali progetti è stato possibile, grazie al sostegno finanziario della Regione Marche, della Provincia di Ascoli Piceno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le iniziative intraprese ed ancora in corso, in ordine cronologico, sono le seguenti: progetto Itiuba in Brasile; progetto Argirocastro in Albania; progetto saharawi, una popolazione peraltro ben conosciuta alla regione marche che si è fatta promotrice del progetto; progetto Isola di Sal, Capo Verde; progetto bambini di Gaza e progetto Chiapas
Progetto Itiuba: il progetto rivolto a questa cittadina brasiliana dello Stato di Bahia, di 35.000 abitanti, gemellata con Grottammare, afflitta da una gravissima siccità ha lo scopo di contrastare gli effetti di questo fenomeno naturale, sostenendo esperienze pilota di economia compatibile con le risorse presenti nel territorio.
Il progetto, avviato nel 1996 è consistito nel finanziare uno studio idrogeologico del territorio volto ad individuare i siti ove scavare pozzi artesiani di acqua potabile, per poi procedere concretamente alla realizzazione di otto pozzi in altrettante frazioni. Successivamente si è proceduto ad implementare nel sito che tra quelli individuati presentava le migliori condizioni oggettive (buona quantità e qualità di acqua erogata, presenza di aree pianeggianti da coltivare, disponibilità dei residenti a formare una cooperativa agricola) la realizzazione di un serbatoio, di una rete idrica di irrigazione, di una piantagione di frutta esotica e di un laboratorio per la lavorazione della produzione.
La gelatina di frutta, la marmellata ed il miele prodotti nel laboratorio in questione, oltre a soddisfare le esigenze delle popolazioni coinvolte costituiscono l'oggetto di un ulteriore sviluppo del progetto originario, in fase di reperimento delle risorse necessarie, denominato "frutti della solidarietà". che tende a importare nel nostro Paese, nell'ambito della rete del commercio equo e solidale tale produzione.
Nel febbraio dell'anno in corso una delegazione di circa 25 cittadini di Grottammare si è recata a Itiuba per conoscere la popolazione locale e prendere atto dei risultati raggiunti con il progetto.
Un originale sviluppo del progetto Itiuba, attualmente in fase di concretizzazione, è il "progetto rondine", che consiste nel mandare in quella località brasiliana, nel periodo della nostra stagione fredda (analogamente agli uccelli migratori), un gruppo di anziani di Grottammare con significative esperienze professionali alle spalle, prescelti sulla base in un apposita rilevazione condotta tra i giovani di Itiuba, allo scopo di trasmettere loro utili competenze professionali.
Il 15 gennaio prossimo partirà da Grottammare il primo gruppo di cinque pensionati.
Progetto Argirocastro: tale progetto consiste nel sostenere ed affiancare il Comune di Argirocastro, importante città del sud dell'Albania, gemellata con Grottammare, nel processo di formazione degli strumenti di governo del territorio. Il progetto iniziato nel 1999 con il sostegno della Regione Marche, in collaborazione don l'ARCI, ha lo scopo di favorire il rafforzamento della democrazia locale albanese, attraverso la formazione di regole condivise per l'uso sostenibile delle risorse del territorio. Esso ha già dato importanti risultati, molto apprezzati dalle autorità locali e nazionali albanesi. E' già stata realizzata l'aereofotogrammetria del territorio; sono stati pubblicati gli studi preliminari per la pianificazione urbanistica ed è stato allestito, presso il Comune albanese, un moderno ufficio di pianificazione. 1 tecnici comunali di Argirocastro sono stati formati all'uso dei più sofisticati programmi di gestione informatizzata della cartografia tramite un
intervento formativo svolto a Grottammare e, successivamente, in Albania. E' stato inoltre realizzato un suggestivo depliant turistico che associa le risorse storico culturali e paesaggistiche delle due città gemellate. Attualmente è in fase di finanziamento, nell'ambito della Legge 84/01, uno sviluppo di questo progetto, volto a realizzare il piano di recupero del centro storico della città, indispensabile per conseguire il riconoscimento da parte dell'UNESCO quale patrimonio dell'umanità.
Nel Settembre dello scorso anno una ventina di cittadini grottammaresi si sono recati in Albania per visitare la città e conoscere la popolazione locale.
Progetto Saharawi: il progetto consiste nel consentire a circa sessanta bambini saharawi di trascorrere il periodo estivo, in una decina di località marchigiane, di cui Grottammare è il comune capofila. Tale soggiorno ha lo scopo di alleviare la sofferenza degli stessi bambini, costretti sin dalla nascita a vivere in condizioni di particolare precarietà in una zona desertica situata nel sud dell'Algeria. Il progetto, avviato nell'estate del 1999, anche al fine di sostenere le istanze di liberazione e di autonomia della popolazione del Sahara occidentale, vede il Comune di Grottammare attivarsi ogni anno per organizzare, con il sostegno finanziario della Regione Marche, il viaggio ed il soggiorno dei bambini interessati.
Nell'ambito di tale iniziativa il Comune di Grottammare ha siglato un protocollo di gemellaggio con la tendopoli di Yreifia e ha partecipato con suoi amministratori a varie missioni.
Progetto Isola di Sal: il progetto in questione nasce dal Gemellaggio di Grottammare avvenuto nel Luglio del 1999 con questa municipalità facente parte della Repubblica africana di Capo Verde.
L'obiettivo principale perseguito è quello di sostenere l'infanzia e la gioventù dell'isola che rappresenta la gran parte dell'intera popolazione.
Tra le azioni realizzate spiccano la fornitura di un'incubatrice e di altre apparecchiature sanitarie, la fornitura degli strumenti musicali necessari alla creazione di un banda musicale giovanile, acquistati grazie ad una consistente sottoscrizione tra la popolazione di Grottammare, e l'attivazione di due borse di studio che hanno già consentito il raggiungimento, presso un Istituto Professionale del nostro territorio, della Qualifica professionale nel settore elettronico e della pesca ad altrettanti giovani capoverdiani. Una giovane capoverdiana ospite della nostra cittadina frequenta attualmente il 4' anno di scola media superiore.
Nel 1999 e nel 2000 folte delegazioni di cittadini grottammaresi si sono recate a Sal per visitare l'isola e conoscere la popolazione del luogo.
Progetto bambini di Gaza: questo progetto avviato nel 2002 ha consentito a bambini palestinesi provenienti da Jabalya di trascorrere il mese di Agosto a Grottammare. Le risorse necessarie per il viaggio dei bambini sono state raccolte tra i cittadini, mentre il Comune si è fatto carico delle spese per la loro ospitalità.
Lo scopo dell'iniziativa, realizzata in collaborazione con l'associazione palestinese Remedial Education Center, ha lo scopo di allontanare i bambini coinvolti, da un contesto caratterizzato da guerra e violenza oltre che da condizioni socio economiche particolarmente difficili. Il periodo trascorso in Italia oltre ai riflessi positivi sul benessere fisico dei bambini ha chiaramente l'intento di produrre un sollievo psicologico fondamentale per lo sviluppo della loro esistenza.
Progetto Chiapas: è il progetto più recentemente avviato dal Comune di Grottammare in collaborazione con l'associazione Mani Tese. Esso ha lo scopo di sostenere politicamente e materialmente una tra le comunità indios della regione messicana del Chiapas, che si sono autocostituite in "municipi autonomi" per rivendicare un'autonomia che salvaguardi dalla definitiva scomparsa il grande patrimonio culturale che le caratterizza.
Oltre all'invio di una delegazione ufficiale per la firma del Gemellaggio con il Municipio Autonomo Ernesto Che Guevara, avvenuta nel Gennaio dell'anno in corso, il Comune di Grottammare ha finanziato con la somma di 5.000 Euro la realizzazione di un piccolo acquedotto al servizio di un centro umanitario a disposizione di vari Municipi autonomi.
Ringrazio per l’attenzione, ho portato al Presidente alcune pubblicazioni che riguardano due dei nostri progetti e ne lascerò all’ingresso alcune che possono essere date ai consiglieri.
PRESIDENTE. A conclusione di questi nostri lavori voglio intanto ringraziare tutti i sindaci, i presidenti di Provincia che si sono fatti rappresentare da autorevoli rappresentanti delle loro Province, assessori o presidenti di Commissione. Numerosi enti locali, ben 22 hanno partecipato a questi nostri lavori. Ringrazio anche i consiglieri regionali Novelli, Viventi, D’Angelo, Cecchini, Castelli, Luchetti e Tontini che hanno rinunciato ad intervenire per permettere la conclusione di questi lavori ad un’ora adeguata, invitandoli a presentare un documento scritto che sarà pubblicato prima possibile sul resoconto che già da questa sera sarà sul sito Internet e successivamente qualora decidessimo di produrre gli atti di questi nostri lavori. Io sono dell’idea che è giusto produrre gli atti di questi nostri lavori.
Perché in Consiglio regionale aperto? Mi pare sia una domanda alla quale ancora rispondere, perché ho ascoltato nella discussione punti di vista ancora diversi sulla necessità di fare Consigli regionali aperti anche su questo tema.
Io sono convinto che questo Consiglio regionale aperto ha in sé i semi di due-tre questioni fondamentali, anche dal punto di vista simbolico.
Intanto credo sia stato opportuno convocare, nel giorno che noi abbiamo deciso di destinare alla celebrazione della “Giornata della pace” nella nostra regione, una seduta di questo tip perché ci permette di far emergere uno dei tanti volti, non noti, delle Marche: il volto delle Marche generose. Qui, oggi, 22 sindaci o rappresentanti di Provincia hanno presentato i loro progetti che prima di oggi venivano condotti e gestiti silenziosamente, autonomamente, senza che nessuno li conoscesse. Sappiamo che non si racchiude qui la generosità dei marchigiani, perché forse in misura addirittura più numerosa associazioni, Onlus, parrocchie e tanti altri soggetti stanno operando nella stessa direzione.
Credo che questo volto delle Marche spontaneamente generose — perché nessuno li ha organizzati, ognuno per conto proprio, come tante formichine stanno raccogliendo dei materiali per soddisfare alcune necessità primarie dei paesi meno sviluppati — era giusto che in qualche modo emergesse. Il dato che abbiamo ascoltato questa mattina — appena 27,91 euro sono sufficienti per sfamare una famiglia di sette persone per un mese — credo che sia per ognuno di noi un fulmine che ci mette nella condizione di ragionare su questo dato e di trovare anche misure limitate, parziali, individuali, che comunque non risolvono il problema della fame nel mondo, ma ovviamente danno un segno tangibile e concreto di un possibile intervento di sostegno e di sollievo.
A me interessava organizzare questo Consiglio regionale aperto per cogliere un paio di trasformazioni che hanno avuto anche le nostre città. Intanto, oggi abbiamo parlato di città che si stanno interessando di costruire le loro relazioni molto al di fuori delle mura, delle proprie mura. Fino a qualche decennio fa le città marchigiane erano assolutamente prese dalla necessità di organizzare servizi e vita all’interno delle proprie mura. Oggi anche la città più piccola delle marche è nelle condizioni di cominciare a porsi problemi di intervenire in realtà molto lontane: da Capo Verde al Brasile, al Sahara, in una serie di direzioni. Lo stesso volto dei marchigiani sta cambiando direzione, perché fino a 30 anni fa i sindaci delle nostre città, nella migliore delle occasioni, se uscivano per delle relazioni esterne alla loro città guardavano il nord perché era il luogo nel quale si recavano i loro cittadini, era quindi la realtà territoriale con la quale costruire le proprie relazioni, anche istituzionali. Se guardate i gemellaggi delle nostre città vanno tutti in quella direzione. Ebbene questo fatto, dell’esistenza del quale abbiamo preso atto oggi, è decisamente nuovo: le nostre città cominciano a volgere il proprio sguardo sempre più verso il sud, sempre più verso le aree dalle quali partono immigrati che arrivano da noi, affrontano con noi la propria scommessa di vita, il proprio progetto di vita e questo rappresenta una assoluta novità.
Questo protagonismo delle città a me interessava che si manifestasse in questa realtà, la realtà del Consiglio regionale, in un momento in cui noi dobbiamo costruire lo Statuto regionale, uno Statuto che deve prendere atto assolutamente di questo nuovo protagonismo, ma non deve cedere a questo protagonismo un tentativo di possibile, anche ingenuo, anche inconsapevole svuotamento dell’aula consiliare, perché se il sistema della rappresentanza in questi venti anni è cresciuto, se l’autonomia delle città è diventata più forte, la personalità delle città è più forte che in passato, se dobbiamo dare una veste, un’organizzazione a questi soggetti che rappresentano un elemento di vitalità, non possiamo permettere che questa vitalità svuoti l’aula consiliare, sia essa la vitalità dei sindaci sia essa la vitalità dell’associazionismo economico-sociale.
Questo sistema della rappresentanza deve essere incardinato nel Consiglio regionale e nello Statuto dobbiamo prevedere che questa vitalità marchigiana potenzi l’attività del Consiglio, non gli sottragga funzioni.
Credo che sia un elemento fondamentale, allora, dare una risposta positiva alla discussione che abbiamo fatto, cioè la discussione non si conclude, ma domai deve trasformarsi in una azione, a seconda delle indicazioni che sono arrivate in questo dibattito che ritengo interessante, a partire da una questione che è stata evidenziata: è ora, ormai, anche se la legge è recentissima, di fare una valutazione del funzionamento di questa legge, prevederne gli eventuali emendamenti, gli aggiustamenti laddove non è adeguata e aggiustamenti sono stati richiesti da più interventi, quindi una indicazione di lavoro pratica e concreta è stata assolutamente avanzata.
Una serie di interventi che sono stati avanzati in questa sede meritano assolutamente una sistemazione. Noi dobbiamo produrre, ora che conosciamo tutti gli interventi degli enti locali della nostra regione, una mappatura della tipologia degli interventi stessi, capire laddove è più produttivo intervenire, quindi dove è meno dispersivo impegnare le risorse, selezionare così dei campi di intervento e fare in modo che sia possibile privilegiare alcuni interventi piuttosto che altri.
Credo che la giornata di oggi sia stata, da questo punto di vista, interessante e che sia stato il primo passo e il primo anno nel quale noi produciamo un’azione di questo tipo. L’augurio è che l’anno prossimo prevediamo il 10 dicembre, come quest’anno, una seduta che non riguarda soltanto le istituzioni ma anche la cosiddetta società civile organizzata, in grado di produrre azioni positive e in grado di interagire con le istituzioni, in un modo assolutamente importante.
Mi auguro quindi — e opereremo in questa direzione — che Ufficio di presidenza, Commissione e Giunta possano concordare delle azioni e arrivare il 10 dicembre dell’anno prossimo, con un progetto che riguardi la valorizzazione dell’attività della comunità marchigiana intesa in senso di attori istituzionali e sociali nella direzione di valorizzare il rapporto nord e sud delle Marche e sud del mondo.
Quest’anno — non vorrei che passasse inosservato — noi abbiamo dato concretezza ad un’azione avviata su proposta del consigliere Luchetti l’anno scorso, in occasione della “Giornata della pace”: l’anno scorso scrivemmo a tutti i missionari marchigiani chiedendo loro di presentare dei progetti da finanziare, eventualmente, con le nostre risorse o con risorse che avremmo aggiunto alle nostre. I missionari marchigiani si sono adoperati per avanzare dei progetti, li abbiamo attentamente valuti, abbiamo raccolto, con il contributo delle Province e con il contributo di altri soggetti, una quantità di risorse che ci permette di dare concretezza a questa azione. Non abbaino selezionato “un” progetto, “il” progetto migliore, ma abbiamo suddiviso le risorse, non tante, di cui disponevamo, in tanti soggetti quanti sono i missionari che hanno avanzato dei progetti, semplicemente perché ci è sembrato giusto, il primo anno, nell’avvio, dare un segno di attenzione al “soggetto missionario” che è ambasciatore di pace nel mondo e dare un’attenzione alla comunità missionaria marchigiana. Non risolveremo certamente i problemi della fame, diamo soltanto un contributo, intanto, di solidarietà, poi anche un contributo materiale a chi, tutto sommato, probabilmente conduce, nel modo più anonimo possibile, più disinteressato e con il maggiore slancio possibile, disponendo di pochissime risorse, una vita che noi rischiamo di scoprire molte volte in occasioni luttuose, come ci è capitato, purtroppo, in questo anno.
Per questo abbiamo inteso assegnare ad ogni missionario una quota delle risorse raccolte, pari, indipendentemente dalla dimensione del progetto. Questa è stata una scelta condivisa che ritengo, tutto sommato, intelligente.
L’augurio è che nel progetto l’anno prossimo si possa aggiungere alla comunità che oggi si è ritrovata in quest’aula, anche tutto il sistema dell’associazionismo ed il sistema delle Onlus, il sistema che interviene direttamente, spontaneamente, per conto proprio.
Mi interessa in particolare valutare, senza imporre niente a nessuno, senza cercare di togliere vitalità a nessuno, senza chiedere a nessuno di rinunciare la proprio protagonismo ed alla propria visibilità, se è possibile porsi una domanda e cercare una risposta su un tema che non riguarda soltanto la questione della pace, del rapporto nord e sud, ma su un tema pregnante della comunità marchigiana che è il seguente: è possibile passare dalla generosità spontanea alla generosità organizzata? Questo lo ritroviamo in tutti i settori. Noi abbiamo una società estremamente vitale, che si organizza per conto proprio, che si dà uno slancio proprio per intervenire. E’ possibile selezionare, coordinare l’azione di tutti, individuare pochi interventi, in modo da non disperdere quelle poche risorse che metteremo insieme, moltiplicare le disponibilità perché un’attività anche di raccolta fatta convergendo su alcuni obiettivi possa essere moltiplicata, come pure un’attività di intervento potrebbe avere effetti ancora più ampi se non fosse dispersa e dispersiva. Qui c’è il tema del rapporto tra le città e con la Regione. Nessuna centralizzazione, massimo della libertà nell’azione dei singoli e delle città, ma tanto meglio se all’azione dei singoli e delle città riusciamo a dare un quadro di riferimento dentro il quale ognuno si deve sentire assolutamente libero, ma può essere anche libero di cooperare con gli altri soggetti per raggiungere un obiettivo condiviso dentro un programma condiviso. Quindi dalla solidarietà, generosità spontanea, alla solidarietà e generosità organizzata. Se ce la facciamo a raggiungere questo obiettivo, piano piano ci educhiamo a produrre atti di questo tipo in tutti i settori e credo che questo sia un compito assoluto che i consiglieri regionali debbono avere nel proprio statuto personale.
Vi ringrazio. L’appuntamento è alle prossime sedute sulle quali svilupperemo la giornata di oggi.
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 14,35
Giornata per la pace nelle Marche
PRESIDENTE. Signori consiglieri, autorità, in apertura di questo consiglio regionale aperto voglio ricordare ancora una volta le figure di due uomini della nostra terra, Carlo Urbani e Marco Beci, che tanto si sono spesi per la pace.
La decisione di impegnare la propria vita nella lotta alla miseria e alle malattie, nel portare aiuto e solidarietà alle popolazioni più bisognose, può sembrare un granello di sabbia nel mare della povertà in cui versano tanti paesi del mondo. Così non è. Accanto alle politiche degli Stati, ci sono le azioni degli uomini, dei missionari, delle organizzazioni volontarie, degli enti locali, che spesso riescono a fare meglio e di più e fin da subito per risollevare le sorti di una collettività che soffre, e che muovono sentimenti collettivi importanti per le decisioni che le massime autorità devono assumere.
Il Consiglio regionale delle Marche, in segno di riconoscenza per l'impegno pagato al prezzo della vita, ha voluto dedicare alla memoria di Carlo Urbani e Marco Beci due aule consiliari.
Con questo primo Consiglio aperto, ha voluto intanto chiamare a raccolta il sistema delle autonomie locali per ragionare insieme sui progetti già avanzati e che possono avanzarsi per contribuire fattivamente alla causa della pace. Ha voluto inoltre dare un preciso segnale di attenzione alla comunità dei missionari marchigiani che operano nel mondo.
Questo impegno sarà proseguito coinvolgendo tutte le espressioni della società civile (Onlus, organizzazioni diverse, istituzioni) e testimoniando con iniziative proprie la volontà, la tenace volontà di allargare l'orizzonte della propria "missione" ai richiami di una umanità che cerca pari dignità e pari diritti.
Per quello che riguarda il programma dei nostri lavori, l’introduzione per l’Ufficio di presidenza ai nostri lavori la presenterà il consigliere segretario Martoni. Successivamente presenteranno i programmi della Giunta l’assessore Silenzi e l’assessore Secchiaroli e per il primo degli interventi del sistema delle autonomie locali, invitato oggi a ragionare con i consiglieri regionali sulle nostre questioni, sulle nostre attività, interverrà il sindaco di Ancona Fabio Sturani.
La parola al consigliere Martoni.
GABRIELE MARTONI. Celebrare la giornata della pace nel 2003 è particolarmente difficile. Che cosa c'è infatti da celebrare in questo anno che si va faticosamente concludendo? Inutile persino fare l'elenco di tutte le guerre, dei conflitti in atto sulla terra oggi. Un calcolo approssimativo ne enumera circa trentacinque. Con un intero continente, l'Africa, che rischia di non avere futuro per la quantità e l'intensità dei disastri che una sorta di guerra perenne sta producendo.
Accanto alle guerre comunemente intese si stanno verificando delle situazioni insostenibili a causa di problemi sanitari per milioni di esseri umani. Trenta milioni di ammalati di Aids in Africa ,con circa tre milioni di bambini e ragazzi orfani per effetto della malattia. In questi giorni l'associazione Medici senza frontiere ci fa sapere che ogni anno 14 milioni di persone muoiono a causa di malattie infettive come la tubercolosi e l’Aids, che i farmaci in grado di guarirli esistono e ci rammenta che negare l'accesso al farmaci è un crimine contro l'umanità. Una diversa forma di guerra.
Personalmente penso con Ernesto Balducci che “la guerra non ha più senso per il semplice fatto che non si vince più. Per il semplice fatto che anche una guerra vinta non chiude il conflitto che voleva chiudere: lo riapre in forme più nuove e terribili". Altresì "la pace e la guerra sono inconciliabili: nessuna guerra, al di là dell'aggettivo che gli viene messo accanto, è conciliabile con la pace". ( Arrigo, monaco di Camaldoli)
Ed ancora con Enrico Peyretti ci sentiamo di affermare che “se c'è un vincitore c'è un vinto; uno è contento di avere inflitto un dolore e un danno, l'altro ha subito e patisce un male”. Ascoltiamo due voci autorevoli, che superano i tempi: Buddha ed Erasmo da Rotterdam. Buddha: “la vittoria alimenta inimicizia, perché chi è vinto giace dolente. Chi ha abbandonato vittoria e sconfitta, costui ristà tranquillo e felice. Dopo ogni vittoria resta ancora da fare la cosa più importante, che la vittoria ha allontanato: la riconciliazione. Il bisogno del vinto ed ugualmente il bisogno del vincitore rimane ancora insoddisfatto: è il bisogno di essere riconciliato, per avere sicurezza e tranquillità, per non dover temere recriminazioni, attacchi, dominio, vendetta. Questi sono bisogni e diritti fondamentali della vita, e la vittoria non li assicura, ma li rende incerti più che mai’.
Erasmo da Rotterdam il grande difensore della pace all'inizio del Cinquecento, avvertì che lo Stato moderno si andava costituendo sul diritto di guerra. In Erasmo si coalizzano due argomenti contro la guerra: l'argomento del sano utilitarismo. e quello morale, per cui l'uomo è fallito quando uccide l'uomo.
Serve la guerra contro la violenza e la malvagità? Neppure per questo serve, perché come dice Kant: la guerra è un male perché fa più malvagi di quanti ne toglie di mezzo. Oltre che vergognosa e degradante, la guerra, anche se vinta, non conviene, è stupida, costa sempre troppo cara, non risolve nessun problema, attira vendetta. Dunque, fallimento morale e fallimento economico, se economia vuol dire regole per bene abitare la casa, la casa umana, insieme, senza danni e minacce reciproche.
Dall'appello della Tavola della Pace ricaviamo che tutti siamo per la pace. Ma poi c'è sempre qualcuno pronto a giustificare la guerra. Tutti siamo per la pace ma la pace resta un oggetto misterioso. Che cos'è veramente la pace? Cosa dovrebbe fare la nostra Italia oggi per mettere un freno al crescente disordine internazionale e svolgere un ruolo di pace? E l'Europa che andiamo (faticosamente) costruendo, sarà uno strumento di pace? Cosa devono fare le istituzioni? Quale politica per la pace? Quale il ruolo della società civile?
Chi lavora per la pace e non si limita ad auspicarla, chi s'impegna ogni giorno e fa i conti. con i propri limiti sa che a queste domande occorre dare delle risposte urgenti. La gravità del momento (richiamata anche dalle recenti parole del Papa Giovarmi Paolo Il — "nubi oscure si addensano all'orizzonte del mondo. L'umanità, che ha salutato con speranza l'aurora del terzo millennio, sente ora incombere su di sé la minaccia di nuovi sconvolgenti conflitti. E' a rischio la pace nel mondo") — impone a tutti (nessuno si senta escluso) una riflessione e un'azione conseguente.
“A ognuno di fare qualcosa" amava ripetere Aldo Capitini. Ma fare qualcosa per la pace non basta più. Occorre imparare a farlo insieme. Cittadini, organizzazioni della società civile, comunità ed Enti Locali devono agire insieme, con audacia, operando oltre le frontiere e le diversità come un fronte unico, con una strategia globale e una consapevolezza comune.
Nello specifico mi unisco a Tonino Drago per affermare che "non si può più fare politica con il pensiero volutamente debole, che affronta di giorno in giorno le problematiche, ma non ha una visione ampi a, un progetto”.
La nonviolenza, con Gandhi, ha avviato uno dei processi più importanti della storia: la decolonizzazione. E' questa la grande novità del secolo scorso, non c'è altra novità.
La nonviolenza ha avuto prima una ispirazione religiosa (Francesco d’Assisi, Tolstoj, La Pira, Tonino Bello), poi con Gandhi acquista un'ispirazione più ampiamente etica. L'etica si settorizza poi con don Milani, che affronta il sociale (scuola, militare). Lanza del Vasto arriva a riconoscere la necessità di vivere in questa società con distacco: dobbiamo essere uomini non violenti al di sopra, indipendenti dalla società in cui viviamo; Gandhi non criticava gli inglesi. ma la loro società che viveva sul dominio delle colonie. Con un passaggio ulteriore, da Capitini a Galtung, si arriva a fare un discorso più ampio sui modelli di sviluppo. In Italia abbiamo una tradizione non violenta grandissima, non a caso è l'unica nazione che ha avuto una legge in cui si parla di difesa non violenta. La nonviolenza è grande passione per la politica, ciò che si critica è la politica attuale, perché la politica attuale è machiavellica: ma la storia non può finire con questo stile, sì dovrà iniziare a trovare stili nuovi, dove il fine non giustifica i mezzi.
Desidero concludere questa parte del mio intervento citando alcuni passi del messaggio di Giovanni Paolo Il in occasione della giornata mondiale della pace del primo gennaio 2003, sei mesi prima della pubblicazione dell'enciclica Pacem in Terris), mentre a Roma si era da pochi giorni aperto il Concilio Vaticano II e il mondo, a causa della crisi dei missili a Cuba, si trovo sull'orlo di una guerra nucleare.
La strada verso un mondo di pace, di giustizia e di libertà sembrava bloccata. Molti ritenevano che l’umanità fosse condannata a vivere per tanto tempo ancora in quelle precarie condizioni di guerra fredda, costantemente sottoposta all'incubo che un'aggressione o un incidente potessero scatenare da un giorno all'altro la peggior guerra dì tutta la storia umana. L'uso delle armi atomiche, infatti, l'avrebbe trasformata in un conflitto che avrebbe messo a repentaglio il futuro stesso dell'umanità. Giovanni XXIII non era d'accordo con coloro che ritenevano impossibile la pace. Con l'enciclica, egli fece sì che questo fondamentale valore con tutta la sua esigente verità cominciasse a bussare da entrambe le parti di quel muro (il muro di Berlino costruito nel 1961) e di tutti i muri. A ciascuno l'enciclica parlò della comune appartenenza alla famiglia umana e accese per tutti una luce sull'aspirazione della gente di ogni parte della terra a vivere in sicurezza, giustizia e speranza per il futuro.
Da spirito illuminato qual era, Giovanni XXIII identificò le condizioni essenziali per la pace in quattro precise esigenze dell'animo umano: la verità, la giustizia, l'amore e la libertà. La verità egli disse sarà fondamento della pace, se ogni individuo con onestà prenderà coscienza, oltre che dei propri diritti, anche dei propri doveri verso gli altri. La giustizia edificherà la pace, se ciascuno concretamente rispetterà i diritti altrui e si sforzerà di adempiere pienamente i propri doveri verso gli altri. L'amore sarà fermento di pace, se la gente sentirà i bisogni degli altri come propri e condividerà con gli altri ciò che possiede, a cominciare dai valori dello spirito. La libertà infine alimenterà la pace e la farà fruttificare se, nella scelta dei mezzi per raggiungerla, gli individui seguiranno la ragione e si assumeranno con coraggio la responsabilità delle proprie azioni.
Come potete notare mi sono sforzato di evitare la celebrazione perché come dicevo all'inizio, per il 2003 non abbiamo alcunché da celebrare, il tentativo è stato quello di offrire a voi e a me stesso alcune idee su cui riflettere anzi su cui meditare.
Ora vorrei passare dalla riflessione alla azione, perché è necessario come Consiglio regionale assumere degli impegni e sviluppare delle concrete azioni per rendere manifesta ed efficace la nostra volontà a perseguire la Pace.
Le azioni che abbiamo intenzione di proporre al Consiglio si sviluppano a partire dal concetto di "testimonianza", convinti come siamo che oggi più che mai abbiamo l'assoluta necessità di proporre a noi stessi, ai giovani, e a tutta la comunità marchigiana dei modelli positivi, dei testimoni di pace che ci aiutino ad educarci, a riscoprire i valori della socialità, della solidarietà e del vivere civile.
Un piccolo ma significativo atto è stato compiuto intitolando al dr. Marco Beci e al dr. Carlo Urbani la sala “ovale” e la sala "tonda" del Consiglio regionale, nella speranza e con l'augurio che un poco del loro grande valore di testimoni di pace riviva in tutti quelli che svolgono l'attività politica in quei luoghi.
Un'altra azione si è sostanziata in una attività a favore di missionari marchigiani che testimoniano in tutto il mondo con gesti di pace e di assistenza a favore dei più" deboli.
Questa azione coinvolge oltre al Consiglio regionale le quattro Amministrazioni Provinciali ed alcune aziende.
Un progetto prevede di impegnare il Consiglio regionale a dare visibilità (manifestazioni, pubblicazioni, supporti video informatici) a tutte le attività e testimonianze sviluppate annualmente da Enti Locali, scuole ed associazioni sui temi della pace e dei diritti umani.
Inoltre è in sviluppo una idea di progetto sul coinvolgimento del Consiglio regionale in merito alla applicazione della L.R. n. 9/2002. Nello specifico il Consiglio regionale, nell'ambito dell'art. 14, può integrare i momenti di celebrazione, pur importante e dovuta, con azioni di presenza istituzionale all'interno delle "attività per la promozione della cultura della pace e dei diritti umani" (lettera C, punto 1, art. 2) e per promuovere e sostenere "iniziative di informazione, sensibilizzazione ed educazione volte a favorire la cultura del la pace e dei diritti umani" punto 1 art. 6).
Sulla base del piano annuale di cui all'art. 10 ed in accordo e coordinamento con la Giunta regionale, il Consiglio regionale individua uno o più" temi da sviluppare, con iniziative di carattere informativo, di sensibilizzazione, di educazione e di promozione culturale a favore dei giovani marchigiani.
Il cuore di ciascun progetto sarà costituto dall'incontro tra i giovani e testimoni che sul tema indicato hanno maturato delle esperienze significative e riconoscibili. I consiglieri regionali saranno invitati ad introdurre e presenziare agli incontri con i testimoni. Tutte le idee ed ì materiali prodotti, verranno utilizzati dal Consiglio regionale che ne farà oggetto, quali buone pratiche, da diffondere tra i giovani e a tutta la comunità marchigiana.
PRESIDENTE. Ha ora la parola l’assessore Silenzi.
GIULIO SILENZI. In questi giorni si registra una nuova piccola speranza, raffigurata dagli accordi di Ginevra tra rappresentanti della società civile palestinese e israeliana. In quelle intese (che finalmente si stanno imponendo anche all’attenzione delle cancellerie) c’è soprattutto l’indicazione di una possibile alternativa alla dottrina secondo la quale i conflitti possono risolversi soltanto con la forza delle armi, con la guerra, tornata ad essere uno strumento che molti considerano legittimo e utilizzabile, dopo che era stato messo al bando nella Carta delle Nazioni Unite.
Il conflitto tra israeliani e palestinesi dura ormai da più di mezzo secolo, senza che le innumerevoli guerre che sono state combattute in mezzo secolo e il loro corredo di tragedie abbiano potuto in alcun modo rimuovere le ragioni che lo alimentano. Al contrario, l’abisso di orrore sembra senza fine e ogni giorno si rinnovano i lutti, che generano altri odi e altri morti. Se si vuole una prova che la strada della pace non passa per la guerra, e che la violenza non fa che preparare nuova violenza, basta guardare alla Palestina, al suo tragico passato, e al suo drammatico presente. Rispetto a tutto questo gli accordi di Ginevra indicano un’alternativa possibile, basata sul dialogo e la reciproca comprensione. Questa è la strada che la società civile di due popoli sventurati indica non solo ai rispettivi governi ma a tutti noi — che ci definiamo uomini di buona volontà — che crediamo nelle ragioni della convivenza pacifica tra i popoli.
Da quando approvammo la legge regionale n. 9 il quadro internazionale è sensibilmente mutato in peggio. Se la fine del secolo scorso ci aveva consegnato in eredità l’inquietante ritorno della guerra sul suolo europeo e il diffondersi di conflitti di tipo nazionale ed etnico (a conferma del fatto che la malapianta del nazionalismo era ancora capace di generare odi e guerre, simili a quelle che hanno tragicamente segnato la prima metà del Novecento), oggi dobbiamo purtroppo fare i conti con una situazione di conflitto permanente provocato dalla minaccia terroristica che a partire dal criminale attentato dell’11 settembre ha provocato tante vittime in ogni parte del mondo. A quella sfida, purtroppo, una parte del mondo occidentale capeggiata dagli Usa ha risposto con la dottrina e la pratica della guerra preventiva e globale. Questa scelta, oltre ad essere incapace di bloccare il terrorismo, finisce al contrario per alimentarlo, come purtroppo dimostra la situazione odierna in Iraq e la tendenza della minaccia terroristica ad estendere la propria sfida ad altri paesi. Sulla sfondo di questa tragica tendenza c’è la possibilità di uno scontro che finisca per assumere i caratteri di una contrapposizione tra religioni e culture.
Dopo la fine della guerra fredda i fattori di disordine internazionale si sono moltiplicati e abbiamo assistito al progressivo indebolimento delle istituzioni politiche che avrebbero dovuto regolare pacificamente i conflitti internazionali e prevenirli.
Questa situazione è estremamente pericolosa e non giova a nessuno, come ancora una volta dimostra la vicenda irachena, la delegittimazione dell’Onu. Bisogna invece lavorare per restituire all’Onu la sua funzione il suo prestigio: a questo non c’è alternativa.
Come non c’è alternativa alla ricerca di un assetto più giusto del mondo in cui viviamo, come condizione per una condizione di pace.
Basti considerare questi dati: un secolo fa circa (1913) il divario ,tra le nazioni più ricche e quelle più povere era misurato da un moltipicatore pari a 11; nel 1950 l’indice era salito a 35, nel 1973 a 44, per finire a 72 nel 1992. Secondo L’Economist, “dei bambini che muoiono prima di compiere 5 anni, il 98% sono in paesi in via di sviluppo; il 95% delle persone sieropositive è in nazioni povere; dei milioni che muoiono prematuramente per tubercolosi, malaria, morbillo, tetano, pertosse, tutti, tranne poche migliaia sono nelle aree povere del mondo”.
Un mondo, un destino? E’ evidente che in realtà ci troviamo di fronte a fratture vertiginose nella condizione degli esseri umani, rese tanto più clamorose dalla unificazione informativa. Il mondo è forse diventato un villaggio globale, ma in esso una parte (all’incirca i quattro quinti del totale) è destinata a soccombere.
La conclusione del rapporto del 1999 del programma di sviluppo delle Nazioni Unite è che “le minacce globali stanno crescendo, diventando sempre più grandi delle capacità nazionali di affrontarle e andando più in fretta delle risposte internazionali”.
Il problema della pace e della promozione della cultura della pace va posto all’interno di questo quadro drammatico che ho semplicisticamente schematizzato, e richiede una precisa presa di posizione etico-politica.
Credo che oggi più che mai attuale sia ciò che è indicato da uno dei grandi testi profetici del nostro tempo, l’enciclica di Paolo VI Popolarum progressivo, in particolare laddove richiamandosi alla pacem in terris di Papa Giovanni XIII, parla dello sviluppo come nuovo nome della pace e afferma che “combattere la miseria e lottare contro l’ingiustizia, è promuovere, insieme con il miglioramento delle condizioni di vita, il progresso umano e spirituale di tutti, e dunque il bene comune dell’umanità. La pace non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze. Essa si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento di un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini”.
Senza giustizia non c’è vera pace e senza pace non può esserci vera giustizia. E’ questa consapevolezza che ha ispirato i popoli delle Nazioni Unite a impegnarsi per “salvare future generazioni dal flagello della guerra, e insieme a promuovere i diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà”.
Nel nostro modesto ambito possiamo e dobbiamo fare quello che è in nostro potere per promuovere questi valori, migliorando la nostra politica nel campo della cooperazione. L’Europa può dare un contributo importante, a cominciare dal cambiamento della sua stessa economia e dal superamento del regime di aiuti pubblici che finiscono per penalizzare le agricolture dei paesi più poveri, che non possono reggere la concorrenza con settori produttivi che godono di interventi così massicci. Questa situazione influisce negativamente sui corsi internazionali, che in quasi tutti i campi hanno fatto registrare la diminuzione dei prezzi dei prodotti agricoli dei paesi poveri dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina.
Dobbiamo aiutare questi paesi a sviluppare i loro sistemi di produzione e di commercializzazione, e preservare l’agricoltura contadina dalla aggressione del mercato, dando priorità alla garanzia della sicurezza alimentare.
Solo in questo modo potremo risolvere il problema della pace, che non si può garantire al di fuori di un equilibrio economico giusto. La sicurezza non è separabile dalla giustizia.
L’Europa può dare un contributo essenziale, nel suo stesso interesse e l’Italia dovrebbe svolgere, ma non lo fa, un ruolo essenziale per la sua vocazione di ponte con l’Africa e di paese fortemente inserito nel Mediterraneo. E’ a questo che pensiamo quando promuoviamo insieme ad altri enti locali e ad altre associazioni, il progetto per la regimazione delle acque piovane in Eritrea, puntando ad offrire alle popolazioni di Buja l’opportunità di costruire la loro autosufficienza alimentare. Così come ci stiamo muovendo in Brasile, in Argentina, in Croazia, in Albania, utilizzando le organizzazioni non governative e il volontariato marchigiano: tanti uomini e donne nascosti nella loro funzione, ma che riescono a risolvere problemi di vita enormi e senza il loro contributo e il contributo di queste associazioni, di questo volontariato, tanta parte della nostra politica, dei nostri interventi e tante situazioni che sembrano lontane ma che sono molto vicine e sono vitali, dalla cui soluzione dipende la vita di migliaia di persone, non potrebbero realizzarsi e a loro va quindi il nostro ringraziamento e il nostro impegno ad una valorizzazione e a un rapporto sempre più stretto di collegamento, anche in una visione moderna e nuova di cooperazione allo sviluppo.
Noi abbiamo bisogno di una radicale riforma delle normative italiane, delle politiche di cooperazione allo sviluppo, che permetta con efficacia e tempestività di sostenere la promozione della pace nel mondo, la lotta alla povertà, l’inclusione sociale ed economica all’interno dei paesi terzi, la loro piena integrazione nel consesso mondiale, che rovesciando l’approccio tradizionale veda come principali protagonisti le società civili organizzate del nord e dei paesi più svantaggiati e rispettivi organi decentrati, partner più appropriati per uno sviluppo su base sociale, per cui la cooperazione allo sviluppo come rapporto tra il sistema Italia, fatto dalle istituzioni, dagli enti locali, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni, dalle associazioni di volontariato, dai sindacati, d tutte le forme di associazione sociale ed economica che stabiliscono un rapporto diretto con le aree geografiche che hanno bisogno di progetti di sviluppo, con gli stessi identici partner, laddove vi sono, quindi sindacati, forze economiche e sociali, enti locali, in un rapporto diretto, non Stato-Stato ma in un rapporto comunità locale-sistema della comunità locale, con il sistema delle comunità locali laddove si vuole agire.
La cooperazione allo sviluppo ha allora un senso più pregnante, non è solo solidarietà ma qualcosa che mette in moto l’economia, che rimuove le condizioni di sottosviluppo, che rende protagonista il territorio laddove si vuole intervenire.
Di questo abbiamo bisogno e per questo quest’anno abbiamo raddoppiato gli stanziamenti nel capitolo della cooperazione allo sviluppo e il mio invito è che il Consiglio regionale, nell’approvazione del bilancio 2004 veda una più considerevole azione per la cooperazione allo sviluppo chiamando tutti i settori, economici e sociali, delle Marche, a dare lo 0,1% del proprio bilancio per destinarlo alla cooperazione e allo sviluppo, per moltiplicare le azioni che dobbiamo fare, che non facciamo direttamente come Regione, ma azioni che attivino i progetti del mondo del volontariato, e ve ne sono molti. Togliere lo 0,1% dei fondi destinati all’agricoltura, al turismo, all’industria e artigianato, al sociale significa dare una risposta in termini finanziari, per moltiplicare decine e decine di azioni che possano veramente modificare le condizioni di vita e dare il nostro piccolo contributo ad un processo reale di pace.
Alle nostre spalle noi europei abbiamo una storia di dominazione, oppressione e sfruttamento a cui non abbiamo completamente rimediato e di cui non completamente abbiamo fatto un esame autocritico sincero. Lo dimostra il perdurare di velleità coloniali e l’atteggiamento di insofferenza xenofoba che si manifesta nel modo in cui alcuni di noi tendono a comportarsi nei confronti degli immigrati.
Tuttavia, forse proprio per questa storia tragica, l’Europa può essere il soggetto politico pi dotato, sul piano della cultura politica, per sviluppare un dialogo nuovo con l’Africa, con i paesi del Mediterraneo e con quelli dell’America meridionale. Lo potrà fare se saprà superare i suoi egoismi, e comprendere che il suo stesso futuro dipende dalla capacità di costruire un ordine internazionale veramente giusto e umano.
Le Regioni possono dare un contributo in questa direzione. Io ne indicavo uno e vorrei che anche dal dibattito, dalle conclusioni di questo Consiglio venisse recepito, perché daremmo un contributo concreto in questa direzione.
Le Marche hanno ispirato la loro politica di cooperazione allo sviluppo a questa superiore esigenza.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Secchiaroli.
MARCELLO SECCHIAROLI. Faccio un intervento sulla progettazione regionale rispetto a questa problematica, visto che i miei colleghi hanno ampiamente affrontato il problema a livello generale, politico e internazionale.
L'Onu ha proclamato il periodo 2001 2010 "Decennio Internazionale per una cultura di pace e nonviolenza per le bambine e i bambini del mondo". In precedenza, l'Onu aveva proclamato il periodo 1995 2004 "Decennio per l'educazione ai diritti umani”.
Per rafforzare queste decisioni, il 13 settembre 1999, l’Assemblea ”Generale delle Nazioni Unite ha approvato una “Dichiarazione" e un `Programma d'azione per una cultura di Pace".
L'obiettivo è "mobilitare l'opinione pubblica a livello nazionale e internazionale per costruire e promuovere una cultura di pace, facendo leva sull'impegno individuale e sul coinvolgimento delle istituzioni e delle organizzazioni a tutti i livelli, da quello internazionale a quello locale. In ogni paese, città o quartiere la cultura della pace può essere affermata in molti modi diversi, lavorando per sradicare le profonde cause culturali della violenza e della guerra, come la povertà, l'esclusione, l'ignoranza e lo sfruttamento".
La Tavola della pace, aderendo all'appello delle Nazioni Unite è da tempo impegnata a sollecitare un'ampia discussione pubblica sul significato della cultura della pace, sui suoi fondamenti e sul ruolo dei soggetti e delle agenzie educative che hanno la responsabilità di promuoverla a tutti i livelli: dalla scuola alla famiglia, dalla politica ai mezzi di comunicazione agli intellettuali.
Al fine di rafforzare il contributo degli Enti Locali e delle Regioni alla promozione della cultura della pace nell'ambito della scuola, la Tavola della Pace collabora costantemente con il Coordinamento Nazionale degli Enti locali per la Pace che, nel 2000, ha sottoscritto con il Ministero della Pubblica Istruzione un apposito protocollo d'Intesa che riconosce l'educazione alla pace (con tutti i suoi elementi di educazione interculturale ai diritti umani. allo sviluppo, alla legalità, alla solidarietà, alla nonviolenza) quale parte integrante degli obiettivi formativi della nostra scuola.
La Regione Marche ha ritenuto di partecipare in prima persona alle iniziative per la promozione della cultura della pace approvando il progetto “La mia scuola per la pace”. Tale progetto per l’educazione alla pace e ai diritti umani nelle Marche è stato attivato in collaborazione con la I Commissione consiliare, che nell’approvare il progetto di massima auspicava che l’iniziativa venisse gestita direttamente dalla Giunta regionale nel rispetto del pluralismo, in collaborazione con la Tavola della pace, che i temi da affrontare fossero quelli della nonviolenza, della pace e dello sviluppo dei popoli, del diritto al cibo, all’acqua, alla salute e alla sostenibilità ambientale.
Il progetto, realizzato in collaborazione con il Centro d’informazione delle Nazioni Unite in Italia, il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e il Centro studi e di formazione sui diritti dell’uomo e dei popoli dell’università di Padova, in applicazione del protocollo d’intesa sottoscritto dal Ministero della pubblica istruzione e dal Coordinamento nazionale degli enti locali è gestito dall’associazione senza scopo di lucro della Tavola della pace di Perugia.
Il progetto prevede che l'educazione alla pace e ai diritti umani è l'educazione civica del futuro. Essa crea le basi per la formazione di cittadini responsabili, consapevoli dei diritti e dei doveri dì ciascuno e impegnati per la loro tutela in Italia e nel resto del mondo. Le istituzioni scolastiche, gli Enti Locali, le Regioni, il mondo dell'informazione e, più in generale, tutte le agenzie educative devono contribuire a sviluppare la cultura della pace e dei diritti umani.
L'educazione alla pace non è una nuova materia da aggiungere agli altri insegnamenti.
L’educazione alla pace è educazione ai diritti umani, alla democrazia, all'intercultura e alla convivenza alla solidarietà, allo sviluppo, alla nonviolenza, ai conflitti, alla mondialità, alla legalità.
L'educazione alla pace non si limita all'insegnamento dei valori e dei principi ma è orientata all'azione.
L'educazione alla pace non è responsabilità esclusiva di un soggetto predeterminato ma risultato dell'azione congiunta, coordinata, continuativa di tanti soggetti diversi per collocazione, finalità istituzionali, posizione e ruolo sociale: autorità scolastiche nazionali e territoriali, Enti Locali, Regioni, studenti, insegnanti e organizzazioni della società civile.
La ricerca della collaborazione paritaria tra tutti questi soggetti diventa condizione necessaria per un'azione educativa efficace. Studenti, insegnanti, autorità scolastiche, associazioni ed enti locali possono unire competenze, esigenze, risorse valorizzando il protagonismo di ciascuno e costruendo una fitta rete di attività che deve divenire sempre più quotidiana e ordinaria.
Per promuovere correttamente l'educazione alla pace a scuola è necessario rispondere ad alcune domande: Quale posto ha la pace a scuola? La scuola è un luogo di pace? La scuola è un luogo dove si insegna e s'impara la pace? Cosa può fare una scuola "per la pace?".
La risposta a queste domande ci coinvolge tutti: scuola, istituzioni, enti locali, associazionismo, famiglia. Qual è il ruolo di ciascuno? In che modo è possibile sviluppare una collaborazione fattiva? La scuola dell’autonomia attribuisce nuove responsabilità alle Regioni e agli Enti Locali. In quale modo queste istituzioni possono contribuire alla costruzione di una scuola di pace?
Il progetto “La mia scuola per la pace" non si propone solo di realizzare seminari e dibattiti nelle scuole ma è uno strumento per: suscitare una vasta mobilitazione educativa in tutta la regione Marche diretta principalmente a diffondere tra i giovani la cultura della pace e dei diritti umani e un maggiore impegno a loro sostegno; promuovere un ampio dibattito sul ruolo della scuola nella costruzione della pace e nella promozione dei diritti umani, in sintonia con i programmi dell'Onu, dell'Unesco e dell'Alto Commissariato per i Diritti Umani; coinvolgere il maggior numero di scuole di ogni ordine e grado " sollecitando l'avvio di concrete attività di educazione alla pace e ai diritti umani; promuovere l'inserimento permanente dell'educazione alla pace e ai diritti umani nei programmi scolastici di tutte le scuole di ogni ordine e grado; raccogliere e valorizzare le esperienze più significative di educazione alla pace nelle scuole delle Marche; promuovere la collaborazione tra studenti. insegnanti, Enti Locali e associazioni per la diffusione della cultura della pace.
Il progetto si propone di andare oltre le iniziative occasionali che spesso vengono realizzate nella scuola e per la scuola in modo frammentato tracciando un percorso didattico che favorisca lo sviluppo di una azione educativa estesa e continua fino a promuovere l'inserimento permanente dell'educazione alla pace nel programmi scolastici di tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Il progetto prevede la realizzazione, nei limiti delle risorse disponibili, delle seguenti attività: invitare tutte le scuole delle Marche a promuovere progetti ed educazione alla pace e ai diritti umani; coinvolgere di tutti i Comuni e le Province delle Marche allo scopo di stimolare e sostenere l'adesione delle scuole al progetto 'La mia scuola per la pace"; accogliere le esperienze più 1 significative di educazione alla pace realizzate nelle scuole delle Marche negli ultimi due anni;costruire un sito web "per la promozione della cultura della pace" (il primo a livello nazionale) dove tutte le scuole potranno trovare: proposte didattiche, elenco dei progetti già realizzati o in corso, idee. e riflessioni, indicazioni bibliografiche, elenchi di possibili relatori; distribuire alcuni strumenti didattici agli insegnanti e agli studenti interessati. Il progetto prevede inoltre la realizzazione di seminari e dibattiti sui temi della pace e dei diritti umani che saranno definiti dalle scuole interessate sulla base del percorso didattico tracciato. Particolare attenzione sarà dedicata ai seguenti temi: la costruzione dell'Europa strumento di pace nel mondo, l'Onu, la nonviolenza, l'economia di giustizia, il diritto alla pace, alla vita e allo sviluppo sostenibile.
E’ stato effettuato un monitoraggio sullo stato di attuazione del programma. Tra le 219 scuole contattate: 43 scuole hanno aderito al progetto "La mia scuola per la pace" inserendolo nel POF; 62 sono impegnate in progetti di pace, pur non avendo inserito il nostro progetto nel POF; 59 stanno verificando se nella loro scuola vengono effettuati progetti dì pace; 35 sono risultate non interessate al progetto, ciò è dovuto in parte al numero ingente di progetti che arrivano alle scuole non consentendone una giusta valutazione; 20 sono da ricontattare.
Tra gli Enti Locali contattati: 24 sono impegnati nel progetto, hanno convocato le scuole esortandole ad inserirlo nel POF e ad inviare la scheda di rilevazione con i lavori svolti; 15 si impegnano da ora nel censire i progetti di pace che vengono fatti dalle scuole; 20 stanno verificando se l'ente locale è interessato ad aderire al progetto; 2 sono risultati non interessati, ciò dovuto in parte ad un disinteresse alla tematica della pace, in parte alla mancanza di personale che possa seguire il progetto 15 sono da ricontattare per 1a difficoltà nell'individuazione di un referente.
Al fine di una ulteriore sensibilizzazione degli Enti Locali e delle istituzioni scolastiche alle tematiche della pace come prima evidenziate sono stati programmati nel mese di gennaio 2004 quattro seminari provinciali da tenersi nei rispettivi Comuni capoluogo, a cui farà seguito un Convegno regionale per analizzare le iniziative ed i programmi che le varie scuole e i vari enti locali avranno posto in essere per fare anche delle Marche una Regione in cui la cultura della pace e dei diritti umani siano punti qualificanti ed essenziali di un civile e moderno sviluppo economico e sociale.
Concludo dicendo che questo è il progetto principe, di base su cui abbiamo iniziato questa sensibilizzazione sulla cultura della pace. Volevo ricordare al Consiglio, agli enti locali presenti, ai sindaci, agli amministratori che la Regione Marche a pieno titolo inserisce all’interno dei progetti per la pace e ricorda in questo Consiglio regionale straordinario, il protocollo d’intesa che ha con la direzione scolastica regionale sul progetto dell’interculturalità, tenendo presente che nella nostra regione ci sono oltre 6.000 ragazzi stranieri inseriti nelle scuole su 9.000 minori presenti in tutta la regione e quindi rappresenta oltre il 65% dei minori che sono integrati a pieno titolo nella scuola, una percentuale che sicuramente è ai primi posti in Italia, segno chiaro di questa propensione della nostra regione all’accoglienza e all’integrazione.
Metto anche, nel protocollo d’intesa con la direzione tra i segnali e i progetti di pace, l’integrazione scolastica dei disabili, il protocollo d’intesa che abbiamo con la direzione scolastica regionale, al di là del brutto momento che si sta attraversando su questo argomento, sulla finanziaria e sull’accertamento della disabilità. E’ certamente un segnale di politiche di pace importante sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista di sensibilizzazione, soprattutto dei giovani. Tutta la progettazione della scuola in ospedale, non solo come riconoscimento del diritto del bambino ad andare a scuola anche in situazioni ospedalizzate, ma proprio come momento di sensibilizzazione forte rispetto ai bambini che sono fuori della scuola, in ospedale, che hanno creato una sinergia rispetto a un progetto già iniziato con gli enti locali interessati — Comune di Pesaro e Comune di Ancona — per una visita di bambini e famiglie alle due scuole in ospedale.
L’altra cosa che sta partendo e che stiamo concertando con le Province e con gli enti locali è “Civis va a scuola”: tutta una formazione e informazione sull’applicazione della 328, della riforma dei servizi sociali, con strumenti didattici appropriati per studenti e insegnanti e che contiamo vada in parallelo con il percorso degli ambiti territoriali, dei piani di zona che sono momenti, anche questi, di sensibilizzazione forte al concetto di pace.
Tutti questi sono progetti che tendono a sostituire la cultura della guerra con la cultura della pace, la cultura della competizione selvaggia con quella della cooperazione, l’esclusione con l’accoglienza, l’individualismo con la solidarietà, la separazione con la condivisione, l’arricchimento con la redistribuzione, la sicurezza nazionale armata con la sicurezza comune.
PRESIDENTE. Per il primo degli interventi illustrativi di progetti in corso ha la parola Fabio Sturani, sindaco di Ancona.
Informo i presenti che i lavori stanno andando in diretta su Internet e che gli atti, da questa sera saranno disponibili sul sito del Consiglio.
FABIO STURANI, Sindaco di Ancona. Un saluto al Presidente del Consiglio, agli assessori, ai consiglieri regionali, ai rappresentanti delle autonomie locali, alle associazioni presenti.
Intanto un grazie per questo invito, non solo come sindaco di Ancona ma anche come presidente dell’Anci e per questa riunione aperta del Consiglio regionale dedicata al tema della pace.
Diceva il consigliere Martoni un anno terribile il 2003, un anno difficile. A conclusione di questo anno credo sia sicuramente un giudizio da condividere.
Ho ascoltato gli interventi degli assessori, del Presidente e del consigliere Martoni. Credo che non ci siano diversità e spero che questo Consiglio regionale sappia cogliere, su questo tema, una sostanziale unità e condivisione e un’azione comune da portare avanti nelle sedi opportune, nel rispetto dei ruoli e delle istituzioni, come un messaggio forte e unitario. Sarebbe già questo un primo segnale positivo che vorrei cogliere da questo Consiglio regionale.
Vorrei aggiungere alcune riflessioni e anche enunciare alcuni progetti che stiamo portando avanti come sistema delle autonomie locali e, per quanto mi riguarda, come città capoluogo di regione.
D’altronde Ancona si è sempre impegnata su questo tema. Vorrei ricordare la famosa “rivolta dei bersaglieri" nel 1920. Questo reparto che, nel 1920, di stanza nella nostra città si rifiutò' di partire per l'Albania ottenendo la solidarietà di tutta la
comunità. La repressione del Governo fu terribile e le vittime tante ma alla fine Giolitti rinunci' alla missione a Tirana e credo che quello sia stato un esempio importante di come è possibile coniugare un’azione di popolo, un sentimento profondo di tutte le comunità locali contro tutte le iniziative che sicuramente non andavano nella direzione giusta.
Si potrebbero citare altri esempi, ma in coerenza con questa storia, negli anni '90, la città accolse ed aiutò quanti fuggivano dai Balcani in fiamme e nel 1999, ha promosso la costituzione del Forum delle città dell'Adriatico e dello Ionio, una realtà operante ed in crescita.
La "Carta di Ancona”, che è il documento base del Forum, pone il problema della pace, della cooperazione nella pari dignità al centro del lavoro delle Comunità locali.
La "Carta di Ancona”. è stata approvata all'unanimità mentre era in atto la guerra in Kosovo, quindi un atto di coraggio e lungimiranza.
Non vogliamo sostituirci alla politica estera, non è questo il ruolo delle autonomie locali, però abbiamo dato un messaggio forte e chiaro di come è possibile creare le condizioni perché, partendo dalle esigenze delle comunità locali, si potesse riaprire un dialogo e una prospettiva di pace e di cooperazione.
Attraverso il Forum abbiamo avuto il finanziamento del progetto europeo, Aap 2020/Interreg 3C, ed oggi, 26 comunità locali del bacino adriatico ionico lavorano insieme sui temi dello sviluppo sostenibile e le pratiche del buon governo. Credo che sia questo un esempio importante, legato non solo ai paesi che oggi fanno parte dell’Unione europea ma anche a quelli che sono in procinto di entrare e a quelli che hanno fatto formale adesione, quindi tutta l’area balcanica che oggi è al di fuori di questo progetto.
Così come è giusto ricordare il nostro apporto, come Amministrazione comunale, alla Marcia della pace Perugia-Assisi, all’Onu dei popoli. Questo è un messaggio ricordato negli interventi precedenti che si lega ai collegamenti che stiamo oggi allacciando: si sta lavorando per un gemellaggio fra la nostra città e una città palestinese.
Credo che alcune iniziative, anche per quanto riguarda il piano culturale. Penso che il Festival Klezmer, che nella nostra città è giunto alla ottava dizione, rappresenti un momento di lavoro comune tra le comunità araba ed ebraica, che vogliono dare una testimonianza diversa di cooperazione, di collaborazione, anche partendo dalla cultura.
Non dimentichiamo anche i progetti che stiamo portando avanti in altre realtà, come quelli riguardanti i popoli curdi, saharawi, con i quali abbiamo iniziato i progetti comuni.
Recentemente, inoltre, abbiamo cofinanziato progetti con la Regione, la Provincia e la Camera di
Commercio a favore di Massawa, la città portuale dell'Eritrea e le regioni del Mar Rosso, come ricordava l’assessore Silenzi.
Credo che questa iniziativa di cooperazione allo sviluppo che l’assessore ha rilanciato rappresenti un ulteriore momento di crescita delle nostre comunità, ma soprattutto una testimonianza attiva, partendo dalle comunità locali e in quelle realtà iniziando a collaborare per portare avanti questi progetti di cooperazione allo sviluppo.
Il problema del coordinamento tra il sistema delle autonomie locali, degli enti pubblici e delle associazioni di volontariato credo che possa essere un elemento importante dal quale dobbiamo rilanciare.
Un altro terreno sul qua e siamo molto impegnati è quello dello sviluppo dei gemellaggi fra le scuole di paesi diversi. A questo fine è stato firmato anche un protocollo d'intesa fra il Forum e la Soprintendenza regionale scolastica.
Molto profonda è la nostra convinzione che i rapporti stretti fra le Comunità locali siano strategici per costruire la pace e dare un contributo alla realizzazione dell'Europa dei cittadini.
Un principio che è stato ribadito unanimemente nelle due riunioni dei Consigli comunali congiunti i Ancona e Split, città questa con cui siamo gemellati dal 1970. Così come l’adesione convinta della nostra Amministrazione comunale al Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace, che è un altro elemento sul quale stiamo costruendo iniziative.
Oggi la guerra contro il terrorismo internazionale richiede risposte non solo militari ma in primo luogo politiche.
Il primo obiettivo è arrivare alla convivenza pacifica tra israeliani e palestinesi, quindi salutiamo positivamente l’iniziativa di Ginevra.
E’ necessario anche che in Iraq si esprima al più presto il ruolo decisivo dell’Onu e dell’Ue, per fare in modo che il futuro del paese sia deciso dagli iracheni, tanto più dopo la strage di Nassiriya, che ha dimostrato ancora di più come gli Usa non siano in grado di gestire quella situazione.
Noi vogliamo che il nostro paese a livello internazionale rimanga fedele a ciò che c’è scritto nella Carta costituzionale, che rifiuta la guerra come strumento di azione politica.
Vogliamo l'Unione europea protagonista di una politica di pace e di cooperazione, soggetto attivo nel rispetto dei diritti degli uomini e delle donne, punto di riferimento per la costruzione di un altro momento possibile.
Il nodo strategico di questo inizio di terzo millennio è quello di risolvere la drammatica contraddizione fra il nord del mondo, sempre più ricco e potente, ed il sud, sempre più povero e disperato.
La “diplomazia dei popoli” tanto cara al non dimenticato Sindaco di Firenze Giorgio La Pira, può oggi come ieri avere un ruolo decisivo.
Vorrei concludere citando una frase che nelle settimane scorse ha fatto riflettere tutti quanti: dobbiamo costruire ponti, non solo in senso strutturale, ma non dobbiamo più costruire muri. Questo ci ha ricordato Papa Giovanni Paolo II e credo sia un messaggio importante dal quale dobbiamo lavorare per le nostre comunità.
PRESIDENTE. Nel dare la parola all’assessore Silvestri, voglio ricordare che sono stati invitati tutti i Comuni marchigiani, intervengono quelli che hanno deciso di partecipare, con due Comuni, San Benedetto e Fermo, i cui rappresentanti hanno telefonato dicendoci che avrebbero volentieri partecipato con loro progetti, ma che sono nella impossibilità concreta di essere presenti con noi, inoltre il Comune di Porto San Giorgio che era in elenco tra i partecipanti ma il cui assessore, Elisabetta Baldassarri, si è ammalata e oggi non è con noi.
GIOVANNI SILVESTRI, Assessore Comune di Ascoli Piceno. Quando, nell'agosto del corrente anno, mi pervenne dal "Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani" l'invito ad aderire ad uno specifico progetto in materia, ebbi immediatamente la sensazione che dovevo impegnarmi nella diffusione, in tutte le scuole materne e dell'obbligo, del senso, del concetto di "pace" e del profondo significato della locuzione "diritti umani".
Infatti, seppure dì tali parole si faccia attualmente largo uso, certamente nel profondo dell'animo umano sono poco radicate poiché vengono regolarmente disattese con gravi conseguenze dal punto di vista umano, sociale ed economico.
Tutti parlano della necessità dì espandere nelle contrade del mondo la fratellanza, la serenità, l'amore per il prossimo; tutti ne parlano ma si continua a morire combattendo, si continua in atrocità che nulla hanno di umano.
Il nostro Papa Giovanni Paolo Il non tralascia occasione per raccomandare ai popoli di cooperare, dì volersi bene; il nostro Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi quando si reca in visita nelle città italiane, nel rivolgersi alla cittadinanza, esprime sempre profondo dolore per le numerose lotte che insanguinano i più remoti punti del pianeta ed i suoi profondi richiami storici sono sempre carichi di moniti al pacifismo.
Tuttavia in Asia ci si uccide, così come in Africa e nell’America Latina; il terrorismo nel nome di un dio ingiusto e sanguinario, chiunque esso sia dal momento che non può essere divinità candida e perfetta se vuole la distruzione del genere umano, sotto il segno di Bin Laden e di Saddam rende rosso di plasma umano terre, fiumi e mari.
Anche nella nostra civile Italia si muore nell'odio, basti pensare al fenomeno del brigatismo rosso, della mafia e della delinquenza organizzata.
Quindi la nostra Terra deve sentire prepotentemente la necessità di acquietarsi, le genti debbono ritrovare la concordia nel segno della ragione poiché se si addormenta il raziocinio si generano mostri.
Solo nel segno della pace, infatti, si può andare avanti alla ricerca del progresso civile, di uno sviluppo equilibrato che, superando le barriere dei confini geografici, possa permettere di eliminare le differenziazioni fra soggetti ricchi e quelli estremamente poveri e sfruttati; possa permettere di cancellare definitivamente il termine "terzo mondo" che evoca fame, indigenza, malattia, morte.
Dunque, sentendo nel profondo di me stesso queste necessità per il genere umano, non potevo non rendermi conto che l'individuo si educa all'amore fin da piccolo; per questo, dalla mia posizione di Assessore, eletto e voluto dalla cittadinanza. ascolana, ben comprendendo la responsabilità che mi si era voluta riservare attribuendomi la delega alla pace, ho fortemente avvertito l'obbligo imperioso di organizzare in Ascoli Piceno e per Ascoli Piceno, nella scuola e per la scuola, una manifestazione che contribuisse ad infondere la necessità dì sostituire la parola guerra con pace, la parola odio con amore, che portasse al rispetto dei "diritti umani".
In quanto Assessore, oltre che con lo specifico mandato in materia, ma anche con, I'incarico nel Decentramento e Pubblica Istruzione, ho cercato di interessare tutti gli organismi ai quali sono legato al fine di gridare più forte la parola "Pax” in modo che, unitamente ad altre voci, la nostra potesse raggiungere i cuori più duri cambiando, finalmente, il corso degli eventi.
Nella nostra città il progetto sulla Pace sarebbe dovuto pienamente riuscire per poter essere indicato' quale esempio anche per rispetto all’Organismo Regionale che con l'art. 15 della propria Legge n' 9/2002 volle sancire la costituzione, in questa terra picena del' "Università per la Pace".
Ricordo che tale legge fu votata all’unanimità come espressione unitaria di forze politiche democratiche che andarono al di là degli steccati e della propria appartenenza partitica.
Mi è doveroso un forte e sentito ringraziamento al Consigliere Regionale Umberto Trenta che, con grande passione ed impegno, sta portando avanti l'idea di questa Università della Pace di cui il Consiglio Regionale tutto, ha voluto onorare la città di Ascoli indicandola come sede.
In una prima riunione, nell'ottobre scorso presso il nostro Municipio, mi convinsi che stavo bene agendo poiché notevole fu la risposta di Organismi Scolastici e Circoscrizioni: parteciparono molti dirigenti di scuole materne e dell'obbligo, molti presidenti di circoscrizione che portarono le proprie idee.
Da tale incontro scaturì un documento che indicava le modalità di svolgimento della manifestazione, che per aver più risonanza, si sarebbe svolta nella maestosítà del Teatro Civico "Ventidio Basso" presso il quale, in due giornate del prossimo mese dì marzo, si sarebbero riunite, lanciando il proprio inno di giubilo, scuole materne, elementari e medie.
Costoro, è previsto nel suddetto documento, esporranno per circa 20 minuti le loro idee sulla Pace e sui Diritti Umani.
Oggi, in questa sala del Consiglio Regionale di Ancona, in occasione dell'anniversario dell'approvazione della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo", in occasione dell'importante ricorrenza della " Giornata per la Pace nelle Marche", mi sento fiero di comunicare quali e quante scuole hanno aderito al nostro progetto che, ricollegandosi al programma nazionale "La mia scuola per la pace", organizzato sotto l'alta protezione ed il patrocinio dell'O.N.U., prende il nome di “I bambini per la pace".
Il titolo vuole, infatti, evocare l'immagine di giovani creature di diversa razza, religione, cultura e linguaggio che, uniti in un immenso girotondo, gridino agli adulti che hanno perso il senso del reciproco rispetto di non odiarsi, uccidersi, distruggersi più.
Alla suddetta iniziativa, presentando scenette, poesie, opere grafiche, tutte sul medesimo tema, partecipano le seguenti scuole: Materna "F. A. Marcucci", " Mater Amabilis", "Tofare" Elementare "Borgo Solestà", "Ascoli Centro", Media "Luciani".
Mi auguro che le summenzionate possano dare un valido contributo in modo che si ritrovi il senso dell’umano vivere, il senso della fratellanza che sembrano definitivamente persi dopo gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 e dopo i luttuosi fatti di Nassiriya.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
SANDRO DONATI
PRESIDENTE. Ha ora la parola il sindaco di Fano Cesare Carnaroli.
CESARE CARNAROLI, Sindaco di Fano. La guerra, in passato, era considerata la continuazione della politica. Una democrazia moderna deve considerare la guerra negazione della politica, perciò recupero del primato della politica come presupposto per il raggiungimento della pace. Politiche di cooperazione e di sviluppo per i popoli in guerra e divieto di vendita delle armi.
Alcune delle iniziative che poi elencherò per quanto riguarda il Comune di Fano, sono nate spontaneamente nel corso degli ultimi 7-8 anni. Senza un progetto preciso, oggi si sente invece l’esigenza di un coordinamento di tutte le attività che in questa direzione gli enti locali stanno portando avanti per evitare iniziative dispersive e, di conseguenza, poco efficaci. Questa cultura e pratica della pace ha generato comunque un effetto positivo anche nelle nostre città, ci ha portato ad una politica dell’accoglienza nei confronti dei cittadini extracomunitari, tanto che la Regione Marche ha scelto Fano per l’apertura di un servizio, di una iniziativa multiculturale e multietnica, ovvero un progetto di integrazione con la popolazione locale ed anche un progetto di educazione verso le giovani generazioni.
L'Amministrazione comunale di Fano è impegnata da diverso tempo in attività di pace tese al sostegno della Solidarietà Internazionale e alla Promozione di iniziative e linguaggi di Pace. La globalizzazione e i drammatici avvenimenti internazionali di questi ultimi anni rappresentano il contesto in cui "la nuova coscienza e sensibilità” degli enti locali si è necessariamente sviluppata. Per quanto riguarda la città di Fano le iniziative intraprese nelle ultime due legislature, accomunate da una idea della Pace basata sul bisogno di legalità e giustizia, seguono il seguente ordine cronologico:
1996 grande raccolta di fondi in favore delle vittime civili della ex Jugoslavia che ha visto la partecipazione generosa di tutta la città di Fano;
1999 adesione all'emergenza acqua, durante la guerra nel Kosovo, con l'invio di ipoclorito di sodio per la potabilizzazione dell'acqua, attraverso la Missione Arcobaleno. Abbiamo accompagnato personalmente il trasporto di ipoclorito;
2001 - Ospitalità a favore di bambini di nazionalità Saharawi (2001, 2002, 2003): con l'adesione al progetto promosso dalla Regione Marche la città di Fano ospita, da ben tre anni,
dieci bambini di nazionalità Saharawi (ex Sahara spagnolo). Tale iniziativa da due anni è diventata un progetto d'Ambito Territoriale.
Scopi dell'iniziativa sono stati quelli dì assicurare ai bambini l'abbandono delle altissime temperature del deserto, la possibilità di accedere a cure sanitarie, combattere la carenza di acqua.
Progetto "Ali di Libertà" (2001, 2002, 2003): progetto di aiuto alla scuola materna "Ali di Libertà" di Goias Brasiley che ospita i bambini e le bambine delle favelas attraverso tre azioni fondamentali: formazione delle maestre della scuola materna brasiliana; aiuto economico finalizzato al funzionamento della scuola; valorizzazione dell'esperienza attraverso l'ospitalità di una maestra brasiliana e l'esperienza didattica svolta presso la scuola dell'infanzia "A. Gallizzi".
Con il forte coinvolgimento dei bambini e genitori di Fano, sino ad oggi sono stati inviati 4.800,00 euro raccolti attraverso contributi dell'Amministrazione comunale, mercatino di Natale e tombola di solidarietà.
Inizia un coinvolgimento forte delle donne della città di Fano, che in collaborazione con il Centro documentazione delle Donne Assessorato alle Pari Opportunità, costituiscono il "Comitato Parola Libera Tutte" che caratterizza l'attività dell'Amministrazione comunale in difesa dei diritti delle donne che vivono in situazioni di conflitto
2002 Comitato Parola Libera Tutte. Campagna di solidarietà della città di Fano per le donne e i bambini defl'Afghanistan: raccolta fondi per un corso di alfabetizzazione per donne in Afghanistan e un corso di alfabetizzazione per bambini e bambine dei campi profughi in Pakistan. Inviati 13.480,00 euro, raccolti attraverso incontri con gli studenti e la cittadinanza, cene di solidarietà, concerti, mercatini, mostra d'arte figurativa, spettacoli teatrali.
2003 - Comitato Parola Libera Tutte. Campagna di solidarietà della città di Fano per le "Donne di Jenin", Palestina, che ha fatto proprio il progetto nazionale delle "Donne in Nero", attraverso la realizzazione di un ponte femminile tra le donne israeliane e le donne palestinesi per una convivenza pacifica. Raccolta fondi per le donne dei campi profughi, le studentesse universitarie e l'imprenditoria femminile. La raccolta è ancora in corso e sono stati attivati incontri con gli studenti, la cittadinanza, cene di solidarietà, mercatini e concerti per la pace.
Progetto Rainbow. L'Amministrazione comunale di Fano, fin dal febbraio scorso, ha dato piena disponibilità per cercare di arginare la grave emergenza Aids che sta falcidiando, gran parte della popolazione africana, determinando un numero incredibile di bambini malati o orfani. Il primo passo concreto, sulla via del gemellaggio di solidarietà tra Fano e la città di Ndola (Zambia) si è svolto attraverso una raccolta fondi conclusasi con un evento sportivo (triangolare di calcio) l'11 luglio scorso. L'iniziativa è stata organizzata dal Comitato Chiama l'Africa di Fano, in collaborazione con l'Amministrazione comunale di Fano, in favore del progetto Rainbow dell'Associazione Papa Giovanneo XXIII, fondata e presieduta da Don Oreste Benzi. Sono stati raccolti circa 20.000,00 euro devoluti al progetto Rainbow che solo nel 2002 ha aiutato e sostenuto 12.811 bambini orfani dell'AIDS, 3864 famiglie e 916 bambini in 15 centri nutrizionali.
L'Amministrazione comunale di Fano da diversi anni aderisce all'Associazione "Enti Locali per la Pace" e partecipa alla Marcia per la pace Assisi Perugia. Quest'anno, oltre la riconferma ad Enti locali per la pace, l'Amministrazione danese ha aderito anche all’Onu dei Popoli, grande momento assembleare della società civile del pianeta, adottando l'Argentina Raquel Robles dell'Associazione "Hjios" (Figli di Desaparecidos).
L'Amministrazione comunale di Fano aderisce al progetto "Scuola di pace per bambini palestinesi e israeliani" di cui è capofila il comune di Gradara, ma che ha anche il sostegno della Regione Marche, del Comune di Pesaro e di altri comuni della Provincia.
L'Amministrazione comunale di Fano, negli ultimi anni ha proposto un gemellaggio di solidarietà attraverso un contributo di oltre 15.000,00 euro per la costruzione nella città di Fossuta (Israele) di una “casa per pace" finalizzata all'incontro tra diverse culture e diverse religioni presenti nel territorio: musulmani, ebrei e cristiani.
Fatti e poche parole.
PRESIDENTE. Ha la parola il Vicesindaco del Comune di Macerata, Marconi Lorenzo.
LORENZO MARCONI, Vicesindaco di Macerata. Un saluto a tutti i consiglieri e agli amministratori.
Credo che questi ultimi periodi, questi ultimi anni hanno fatto maturare in molti la convinzione che ci sia incompatibilità tra la pace e la guerra. Ci sono state esperienze che hanno allargato la consapevolezza di questa incompatibilità. Da questa consapevolezza nasce la grande sensibilità, che è venuta crescendo nelle nostre realtà cittadine, nello specifico nella realtà di Macerata, che ha visto rafforzarsi la partecipazione dei cittadini a tutti quei momenti che la drammaticità degli eventi che si sono succeduti ha reso indispensabile ritrovarsi tra persone che volevano affermare la necessità di attivare se stesse, le istituzioni per impedire, cercare di limitare i danni che le guerre che si sono succedute in questi anni hanno determinato.
Ho detto una grande sensibilità che l’Amministrazione comunale ha cercato da un lato di raccogliere e dall’altro di favorire attraverso la partecipazione diretta alle proposte che venivano dai vari soggetti associativi che, a seconda delle situazioni si venivano organizzando, ma anche attraverso la costruzione di un rapporto con le associazioni, i movimenti che a livello nazionale operavano per rendere concreta da un lato l’azione a favore della pace come rifiuto della guerra e dall’altro per la promozione di una cultura che rafforzasse questa consapevolezza nei cittadini.
Due sono gli aspetti che caratterizzano l’attività che si è svolta nella nostra città: da un lato la partecipazione a tutti i momenti che sono stati espressione di un forte movimento per l’affermazione del rifiuto della guerra e dall’altro la costruzione di alcune attività, di alcuni interventi che avessero un respiro non immediato ma che cercassero di costruire legame con la città e con queste associazioni.
Non le ricordo tutte, perché abbiamo lasciato una scheda sulle principali attività che abbiamo svolto. Ce ne sono molte che si sono succedute nel tempo e che sono nate dal rapporto con le realtà associative e con i soggetti che su questi temi nella città si sono mossi e si sono attivati. Uno in particolare è stato richiamato, in quanto anche la Regione quest’anno ne è parte integrante, il progetto “La mia scuola per la pace”, che nella nostra città è partito da diversi anni e che ha visto via via crescere il numero delle scuole che partecipavano e le attività, le iniziative che venivano svolte.
Queste azioni, questi progetti hanno dato origine, a loro volta, ad un insieme di legami, in modo particolare con il Kenya, con una scuola a Korogocho, che ha visto da un lato consolidarsi il rapporto con l’Amministrazione comunale e dall’altro il diffondersi di rapporti di cui l’Amministrazione comunale ha solo una percezione, diretti tra le scuole e questa realtà. l’ho richiamata perché rende l’idea del processo in cui siamo inseriti.
Naturalmente ci sono altre attività, alcune delle quali svolte insieme con la Regione Marche. E’ stato ricordato il progetto dell’Eritrea, partecipiamo al progetto di ospitalità dei bambini del Saharawi e mi interessa richiamare altre due iniziative. Durante queste festività invieremo a tutte le famiglie un opuscolo, che nasce dal rapporto che si è costruito con la scuola di Korogocho: i ragazzi di quella scuola hanno inviato dei disegni e noi abbiamo chiamato alcune persone della nostra città a commentare quei disegni, a cercare di interpretare attraverso quei disegni la realtà che i ragazzi vivono. E’ un modo per far entrare ancor più in relazione i nostri ragazzi, i nostri bambini con delle realtà che vedono soltanto in maniera estemporanea in televisione.
L’altra iniziativa che vorrei richiamare e che in qualche modo vorrei far presente anche a questo Consiglio, e che nell’ambito delle attività che il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace ha svolto in modo particolare lo scorso ottobre con la V Assemblea dell’Onu dei popoli, ha avuto al centro il tema dell’Europa. In quell’occasione fu lanciata un’iniziativa che riguardava un appello relativo a “Fuori l’Europa dalla guerra, fuori la guerra dalla storia”, cioè la raccolta di firme per inserire nella Costituzione europea un articolo molto simile all’art. 11 della nostra Costituzione. Una raccolta di firme, un’iniziativa che il movimento più ampio della pace sta realizzando, ma che credo possa essere supportata anche da prese di posizione, da adesioni all’appello anche da parte delle istituzioni pubbliche.
E’ un modo per riaffermare la necessità di legare le iniziative che si svolgono nel territorio con un contesto più ampio.
Ringrazio per l’occasione che ci è stata fornita, mi auguro che questo Consiglio regionale possa essere un’occasione per intrecciare ancora di più le nostre attività, cercando di darci reciproco sostegno.
Ritengo che non vada persa assolutamente la positività che è costituita dalla autoorganizzazione: ci sono molti soggetti che nella nostra società, nella nostra città, ma più in generale nelle Marche, lavorano su questi temi da anni e si autoorganizzano, costruiscono rapporti tra di loro e con le istituzioni. Non vanno stretti intorno a pochi progetti, vanno aiutati a sviluppare le loro attività con una attenta operatività da parte delle istituzioni pubbliche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Marco Oggioni, presidente della Consulta per la pace del Comune di Jesi.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI
MARCO OGGIONI, Consulta per la pace del Comune di Jesi. Vi parlerò molto brevemente delle attività della Consulta per la pace del Comune di Jesi, intitolata ad Edmondo Marcucci, che è un organismo di partecipazione del quale fanno parte di diritto un rappresentante per ogni partito politico che siede in Consiglio comunale e un rappresentante per ogni associazione che nel nostro territorio si occupa a vario titolo di tematiche quali la solidarietà, la cooperazione, i diritti umani e simili cose. E’ un tavolo di dibattito molto particolare, perché voi capite che siedono a questo tavolo rappresentanti di organizzazioni che provengono da formazioni culturali e ideologiche estremamente diverse e proprio per questo è sempre molto emozionante partecipare ai lavori della Consulta e siamo sempre molto motivati nel portarli avanti. Ad esempio vi fanno parte i partiti politici, ma vi fanno parte i rappresentanti dei consultori, cattolici e non, vi fanno parte, per via epistolare le suore Clarisse di Jesi, come vi fanno parte ambientalisti e organizzazioni di promozione sportiva, associazioni come Emergency, Amnesty ed altre.
Sottolineo soltanto che l’ultima delle associazioni che è entrata a far parte della Consulta per la pace è una neonata associazione di cittadini jesini islamici, che si chiama “Moderati arabi-europei” e che è un’associazione di nostri concittadini che hanno sentito in questo momento il bisogno di fondare questa associazione, perché sentono anche a Jesi l’ombra del pregiudizio stringersi attorno a loro ed è una cosa che ci ha onorato molto. Questa associazione ha uno statuto che si propone di fare attività di collaborazione e di cooperazione nel nostro territorio.
Da quando è nata la Consulta opera su due linee guida: la formazione e l’informazione; i progetti di solidarietà. Le risorse della Consulta in termini economici sono di circa 15.000 euro all’anno che vengono destinati per circa 7-8 mila euro ai progetti di solidarietà e la restante parte ai progetti di informazione.
Negli ultimi mesi la Consulta ha sostenuto a livello extraterritoriale finanzia per un mese la corsia pediatrica dell’ospedale di Kabus, per un importo di circa 5.500 euro e questi denari servono ai farmaci e ai generi di prima necessità ed anche alla retribuzione del personale sanitario locale. Sono sufficienti per le spese di un mese di questa corsia pediatrica che ha 16 letti, ma sempre pieni, purtroppo.
Oltre a questo progetto, da tantissimi anni seguiamo un progetto di alfabetizzazione in una piccola comunità nicaraguense, destinato a circa 20 bambini. Sosteniamo le spese scolastiche annuali di questi 20 bambini, per un importo di circa 2.000 euro l’anno. Anche questo ci dà la misura delle cose.
L’ultimo progetto extraterritoriale che abbiamo sostenuto è un progetto per l’apertura di un emporio, a cui abbiamo contribuito, in Chiapas, per la vendita dei prodotti locali e per la distribuzione di prodotti importanti senza intermediazioni ulteriori.
Per quello che riguarda le cose che sono state fatte in questi ultimi mesi nel territorio ricordo la manifestazione “2000 idee per la pace” che sono oltre vent’anni che viene proposta a Jesi il giorno 6 gennaio, che coinvolge tutti i bambini delle scuole; lo scorso 6 gennaio c’è stato un incontro con Gino Strada, al quale la nostra città ha conferito la cittadinanza onoraria; il prossimo 6 gennaio avremo l’onore e il piacere di ospitare Alex Zanotelli, missionario comboniano e sempre nel contesto di questa giornata dedicata alle tematiche della pace, come consuetudine padre Alex il mattino incontrerà i bambini e il pomeriggio incontrerà la cittadinanza.
Stiamo poi portando avanti dei progetti di formazione per operatori delle nostre associazioni. Abbiamo fatto un corso con Luciano Capitini sulla non violenza, ma in particolare sulla mediazione dei conflitti di bassa intensità, cioè i litigi tra i vicini, i litigi tra di noi, i litigi nella strada. Abbiamo fatto un corso rivolto agli studenti delle scuole superiori con suor Rosemary Lynch, una pacifista statunitense, rivolto agli studenti delle scuole superiori, nello scorso aprile.
Infine abbiamo avviato un rapporto con dei rappresentanti di una comunità del Burkhina Fasu nei confronti dei quali, dal 6 al 31 gennaio promuoveremo una raccolta di generi di prima necessità e di medicinali che verranno poi spediti e suddivisi per metà destinandoli al Burkhina Fasu e per metà destinandoli ai missionari comboniani.
Per quello che riguarda gli aspetti culturali, due progetti importanti, assieme con l’assessorato alla cultura e alla biblioteca di Jesi. E’ in corso una mostra a Jesi su “I costruttori di pace”, Gandhi, Martin Luther King e Daisaku Ikeda. L’altro giorno c’è stato un concerto dell’Orchestra giovanile mondiale per la pace, un’orchestra sostenuta dall’Unicef e composta da ragazzi provenienti da varie nazioni.
La cosa che più ci addolora in Consulta, è che questi 15.000 euro che amministriamo, sono denari che non vengono portati in detrazione dalle spese belliche della nostra città o del nostro Stato, sono delle risorse economiche che in buona sostanza vengono portate in detrazione alle spese culturali, alle spese per i servizi sociali e quant’altro. Fino a che questo meccanismo rimarrà tale, è chiaro che rimane un paradosso che noi, di fatto andiamo a sostenere questi progetti sottraendoli non alla causa prima, cioè alle spese belliche, ma ai progetti di solidarietà sul nostro territorio.
PRESIDENTE. Do lettura di una comunicazione del presidente della Provincia di Pesaro e Urbino sen. Palmiro Ucchielli: “Gentilissimo presidente, con la presente, pur esprimendo la massima stima e il sostegno sincero per l’iniziativa lodevole, di particolare, drammatica attualità, comunico che per impegni precedentemente assunti, improrogabili, non potrò partecipare all’evento. La Provincia di Pesaro e Urbino è particolarmente sensibile ai temi oggetto del Consiglio regionale aperto, pertanto ti prego di voler esprimere ai presenti l’adesione e la partecipazione mia personale e della Giunta provinciale. Ti invio in allegato i progetti cui questa Amministrazione ha lavorato nel corso del 2003. Rinnovando la mia personale solidarietà all’interessante iniziativa promossa, colgo l’occasione per inviare cordiali saluti”.
Ha la parola il consigliere Trenta.
UMBERTO TRENTA. Un saluto agli ospiti tutti e ai miei colleghi consiglieri.
Fare una relazione sulla “Giornata della pace” nelle Marche è una cosa che mi prende in maniera particolare e non sto qui a dire il perché. Ho ascoltato con piacere le innumerevoli iniziative proposte a livello istituzionale dagli intervenuti, ma il mio pensiero va alla nostra legge regionale n. 9 che si è dibattuta per diversi anni e attraverso innumerevoli fatiche per portarla a compimento. Queste fatiche poi si sono risolte con un voto all’unanimità.
Intendo cominciare il mio discorso con un’importante premessa: il concetto di pace è un valore assoluto che non ammette distinguo ed aggettivazioni, tanto meno strumentalizzazioni e non si limita più soltanto ad assenza di guerra ma ad un dovere morale e civile, che ognuno di noi è chiamato a rispettare, quali uomini di buona volontà, cristiani e non, ognuno con la propria esperienza, la propria cultura, la propria religione, nel rispetto delle diversità ideologiche, impostando un confronto dialettico costruttivo.
La legge regionale n. 9 del 18 giugno 2002 costituisce il prosieguo dell’impegno intrapreso dalla Regione Marche in tal senso, dichiarandosi “Regione di pace”, consapevole del suo ruolo anche in funzione della posizione geografica strategica. L’ultimo, in ordine temporale, che ha definito la regione Marche come “porta verso l’oriente”, è stato il sottosegretario all’economia Mario Baldassarri in occasione del convegno su “Il partenariato interregionale nella politica di prossimità: il Mediterraneo e i Balcani”, tenutosi proprio ad Ancona lo scorso ottobre.
Il recente conflitto in Iraq ha generato contrapposizioni tra nazioni e schieramenti politici, che a mio giudizio è riduttivo ricondurre ad una semplicistica contrapposizione tra pacifismo etico kantiano e realismo weberiano o pessimismo hegeliano.
La convivenza pacifica dei popoli è una questione complessa che, come la politica, non può essere ricondotta alla filosofia dell’”aut-aut, è così e basta” ma a quella dell’e teeth, in tutte le sue articolazioni. Sono un ottimista di natura, ma anche consapevole della realtà dei fatti. Il discorso kantiano espresso nel progetto “Per una pace perpetua” parte dal pessimismo per muoversi verso l’ottimismo. Condivide, come evidenziato nell’analisi di Antonio Gargano, dell’Istituto italiano per gli studi filosofici, la visione dell’homo hominis lupus di Hobbes: “gli uomini sono lupi per gli altri uomini”, quindi anche Kant riconosce che l’uomo è tendenzialmente portato al male, ma è frenato dallo Stato che è lo strumento che permette di frenare l’iniquità dell’uomo e di dare slancio alla cultura, alla civiltà e quindi alla realizzazione dei fini morali. E’ epocale questo passaggio ,a la cultura e la civiltà. Oggi il presupposto fondamentale che mina la pace è lo scontro tra civiltà, quindi questo significa elevarsi ad una conoscenza filosofica della pace, perché la pace, signori miei, è la convivenza nel rispetto delle diversità.
Lo Stato come istituzione, che costituisce un elemento di carattere coattivo, una forza superiore rispetto agli individui, che li costringa, anche loro malgrado, a rispettarsi reciprocamente. Quindi il diritto, l’elemento fondamentale che oggi dovrebbe comprendere tutti, come freno degli egoismi degli uomini; diritto imposto nel segno della ragionevolezza.
Lo stesso ragionamento Kant lo trasferisce a livello degli Stati, giustificando che, come all’interno degli individui nasce una forza che li porta a cooperare nello Stato, così all’interno dei popoli nasce una forza che li spinge alla cooperazione internazionale. Per questo Kant è considerato il precursore delle Nazioni Unite, che oggi, purtroppo, celebrano il fallimento, soprattutto per quello che riguarda la cultura... Grazie del suo richiamo Presidente, capisco che il discorso non le interessa: era una relazione lunga ma il Presidente, come sempre, preferisce l’elogio dell’apparenza e dei fatti.
PRESIDENTE. Proceda, consigliere. Però le ricordo che ci sono cinque minuti per ogni consigliere.
UMBERTO TRENTA. Allora mi spieghi perché ha concesso altri tempi a chi è intervenuto prima. Io devo fare una relazione, come gruppo, in cinque minuti... Capisco che dà fastidio quello che sto dicendo, comunque non è un problema. E’ anche il diritto il fondamento della pace e qui viene sempre violato. Me ne assumo la responsabilità, Presidente, e non vado avanti.
Certamente il mio appoggio lo avrete sempre. L’avete avuto fin dall’inizio del progetto, ieri abbiamo cominciato questo cammino e ora dobbiamo finirlo insieme. Parlo dell’art. 15 della legge regionale che non cito, andatevi a vedere la legge: ancora oggi, qui, questa legge — stiamo preparando un bilancio — non è stata finanziata e tutti parliamo... Brava Fano, Mollaroli: hanno detto di avere fatto tanto... Presidente, qui è un impegno morale ed etico, perché questa è la risoluzione dell’Onu che guarda all’etica politica. Quando mi parla su questo io mi confronto. Lei mi toglie la parola, quindi sappiano i signori intervenuti, sappiano tutti che qui si parla di pace, io la pace la opero. Piazza della Riconciliazione a Pristina, prima pietra, 29 agosto, tappa fondamentale. Fondazione Nobel, e capisca perché si chiama Nobel: Nobel era l’inventore della dinamite: mortificato dell’uso che ne ha fatto l’intelligenza degli uomini, così come la compongono nella strumentalizzazione della pace, ha destinato i suoi avere per il premio per la pace. Noi andremo ad Oslo, perché questa legge è votata all’unanimità del Consiglio e all’unanimità si porta avanti, non perché è il progetto di Umberto Trenta. Non lo permetto a nessuno.
L’assessore al bilancio, con i capigruppo, trovino insieme anche a noi i fondi necessari per l’istituzione dell’università della pace: l’avete votata e voglio vedere fin quando l’ipocrisia prevarrà sulla giustezza di una legge. Presidente, chiedo scusa.
PRESIDENTE. Grazie, consigliere.
UMBERTO TRENTA. Prego, Presidente. La vita è lunga e vi sono battaglie che faremo ancora insieme, perché il manifesto lo avete firmato tutti ed era il messaggio alle Nazioni Unite di un Premio Nobel che si chiama Madre Teresa di Calcutta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.
CESARE PROCACCINI. Svilupperò poche considerazioni, perché condivido la relazione del consigliere segretario compagno Martoni. Mi pare tuttavia che oggi dobbiamo uscire dall’ipocrisia e dall’elenco delle cose da fare, perché in realtà l’illusione che il terrorismo internazionale si potesse sconfiggere con la guerra è svanita. Il terrorismo è più forte, la guerra non è cessata, la strage di militari italiani in Iraq, di quelli polacchi e di tanti civili è lì a dimostrarlo. Ormai non si contano più i morti. La teoria e la pratica della guerra preventiva hanno evidenziato le caratteristiche del “nuovo” ordine internazionale. Infatti dopo la fine dell’Urss, questo conteso è stato dominato da una nuova e reiterata concezione da parte degli Stati Uniti d’America di supremazia totale sul mondo: militare, economica e strategica. La guerra in Iraq ha tutti e tre questi connotati: in primo luogo supremazia militare che non solo fa a meno dell’Onu ma anche della Nato; supremazia economica che ipoteca la proprietà delle risorse energetiche, in particolare gli immensi giacimenti petroliferi iracheni con vere e proprie forme di tipo neocolonialista; supremazia strategica che si concretizza con un posizionamento di lungo periodo in quella regione medio orientale-asiatica e con una competizione “vittoriosa” su altri paesi capitalisti, primi fra tutti Francia e Germania. In tutto ciò il Governo italiano ha avuto ed ha una totale subalternità agli Stati Uniti d’America, con una involuzione filo-americana mai vista.
Anzi, l’”allievo” Berlusconi in queste ore ha superato il maestro Bush e teorizza che si può, per portare la civiltà occidentale nel mondo, violare la sovranità degli Stati.
La contrarietà di Francia e Germania non è bastata a fermare la guerra, la divisione dell'Europa è un altro degli effetti perseguiti dall’amministrazione statunitense. Ciò richiama la necessità delle forze politiche democratiche europee ad agire per una effettiva unità politica, economica e militare europea, non con una visione contro ma in difesa della pace medesima, con una visione di cooperazione mondiale e di autonomia, per una politica che guardi al sud del mondo, che destini risorse economiche per debellare le malattie, per abbassare i livelli di inquinamento per risolvere i problemi della fame e della sete. Una politica di nuova globalizzazione che ascolti il grande movimento di massa che in tutto i mondo ha posto questi temi agli Stati e ai governanti del pianeta. In primo luogo il tema della pace, senza la quale nessuna ipotesi di sviluppo sarà possibile.
Questa analisi è più valida oggi, quando si è visto in maniera scientifica che nessuno dei motivi addotti a giustificare la guerra all’Iraq era vero, come la mia provata esistenza delle armi nucleari e di distruzione di massa. La contrarietà dei Comunisti italiani non significa minimamente giustificare il regime di Saddam Hussein, né tanto meno il terrorismo, ma, al contrario, si è visto che proprio la guerra all’Iraq, in un tragico gioco delle parti, ha alimentato il terrorismo, anzi — l’abbiamo visto in queste ore — oggi c’è il rischio che milioni di persone del mondo arabo e non solo si sentano rappresentate proprio dall’estremismo, dal fondamentalismo, in ultima analisi anche dal terrorismo.
Occorre quindi ripristinare quel minimo di diritto internazionale. Questo bisogna farlo oggi, perché i nemici di oggi sono anche i nemici di ieri. Solo gli ipocriti non sanno che Saddam Hussein e Bin Laden sono stati al servizio, quando occorreva, di politiche di tipo imperialistico. Chi oggi li definisce terroristi, ieri, nel 1979 li indicava come campi di libertà perché si battevano contro i sovietici, ma in realtà sono gli stessi.
Quindi il terrorismo nella nostra analisi non trova nessuna legittimazione, anzi il terrorismo internazionale e il terrorismo nazionale sono nemici irriducibili dei lavoratori e della risoluzione dei problemi dei popoli. Il terrorismo offre un alibi formidabile a politiche autoritarie ed aggressive ed anche le forme estreme dei “martiri” palestinesi che si fanno esplodere in Israele causando morti civili, non aiutano la causa palestinese né il presidente Arafat, che ormai è prigioniero fra due fuochi, tra il fondamentalismo palestinese e quello israeliano.
Di fronte a ciò l’impotenza delle istituzioni internazionali appare quanto mai colpevole. L’Onu, che dovrebbe battere un colpo e certamente non è più rappresentativo del nuovo contesto internazionale, l’Unione europea, la Lega Araba sembrano sigle avulse dalla drammatica realtà, non si riesce ad imporre, lì sì, in quelle zone, in quelle aree, una “ingerenza umanitaria” con una forza armata internazionale che blocchi la carneficina, sapendo che senza uno Stato palestinese non potrà mai esserci la pace in quella zona del mondo.
Ma parlare di pace in questo tempo di guerra richiede atti concreti, altrimenti si scivola nella retorica e a questo punto occorrono atti effettivi, di concretezza, occorre uscire dalla retorica del tricolore e di una improbabile unità nazionale con quelle forze del Governo che, in violazione della Costituzione repubblicana, hanno inviato i militari in una zona di piena guerra. Solo degli ipocriti consapevoli potevano pensare che i militari non avrebbero corso pericoli.
I Comunisti italiani esprimono il dolore per i soldati morti e per i tanti civili, ma al tempo stesso vogliamo esprimere anche rabbia per una tragedia annunciata, per una politica estera del Governo vuota e di totale servilismo agli Stati Uniti d’America. A questo punto solo il ritiro delle truppe militari e la fine dell’occupazione dell’Iraq possono far cessare la guerra. Noi chiediamo l’immediato ritiro dei militari di tutte le nazioni. Solo questi fatti possono far cessare la guerra. Quindi bisogna accelerare, con l’avvio di un processo costituente gestito dal popolo iracheno e garantito dagli organismi internazionali, ma anche con l’invio dei “caschi blu” dell’ONu di nazioni che non abbiano partecipato alla guerra, prima della fine della presidenza italiana dell’Unione europea, quell’iniziativa volta ad intraprendere passi diplomatici e non solo, in una cornice di trasparenza internazionale di diritto, altrimenti la guerra e il terrorismo, come si è visto nelle ultime ore a Mosca, anziché fermarsi, dilagheranno.
PRESIDENTE. Prego i consiglieri e tutti coloro che intervengono di attenersi ai tempi, perché sono ancora previsti 14 interventi e la seduta dobbiamo concluderla alle 13,30.
Ha la parola Luigi Ugolini, responsabile del progetto della Comunità montana Montefeltro.
LUIGI UGOLINI, Comunità montana del Montefeltro. La Comunità montana del Montefeltro, in collaborazione con il Comune di Sassocorvaro e la Provincia di Pesaro e Urbino ha realizzato, attraverso l’8 per mille della presidenza del Consiglio, per un totale di 300.000 euro, un progetto secondo noi eccezionale. Io non sono consigliere della Comunità montana del Montefeltro ma opero e lavoro nei centri missionari dell’alto Montefeltro.
Il progetto che si andrà a realizzare in Etiopia e in Zambia è di breve durata e di immediato impatto, volto ad incrementare l’autosufficienza alimentare ed il miglioramento delle condizioni igìenico-sanitarie in queste due aree.
Quindi si prevede I' acquisto di risorse direttamente funzionali alla nutrizione ed alla coltivazione del terreno, nonché la creazione di un pozzo per nazione per il prelievo di acqua.
Si dovrà nel contempo attivare anche un'opera di sensibilizzazione e di informazione sul tipo specifico di assistenza e di servizio che si andrà ad offrire.
Il progetto sì realizzerà nell'arco di tre mesi, ed è strutturato in 4 fasi distinte anche se fra loro strettamente connesse:
1 fase (15 giorni circa) impostazione e definizione di modalità di distribuzione delle risorse, con allestimento dei magazzini messi a disposizione dalla missione e catalogazione delle risorse (per questa fase non è previsto contributo economico). Infatti dovremo allestire queste cose in collaborazione con i missionari Cappuccini delle Marche e dell’Emilia Romagna in Etiopia e dell’organizzazione Onlus Wilford Zambia di Carpegna;
2 fase 75 giorni. Questo sarà il momento più importante dell'intero progetto, ed infatti verrà perseguito per l'intero arco del progetto. Si entra infatti nella fase operativa con una prima distribuzione e l'impostazione. e sensibilizzazione di una campagna nutrizionale, affiancata questa da un'assistenza nutrizionale individuale e da una di tipo formativo e didattico circa il valore nutrizionale degli alimenti, e l'importanza delle condizioni igienico sanitarie.
3 fase (60 giorni circa ) anch'essa di tipo operativo si caratterizza nell'allestimento del cantiere per la realizzazione del pozzo, con l'individuazione delle risorse umane, organizzative, logistiche e operative.
4 fase 15 giorni circa, momento di confronto per i realizzatori dell'intervento, analisi ed indagine dei risultati ottenuti, raccolta dati e impressioni della popolazione. Non viene richiesto un contributo a valere sui fondi dell'otto per mille per tale tipo di attività che verrà infatti realizzata dai soggetti (religiosi o laici) che collaborano con la missione.
Sono anni che frequentiamo queste missioni, conosciamo quindi bene queste due realtà, sappiamo benissimo, grazie anche ai campi di lavoro e ai viaggi esperienza che vengono realizzati dalla Diocesi di S. Marino Montefeltro e dall'organizzazione “Noi per lo Zambia” la carestia che sta distruggendo l’Africa.
Quest'anno, per esempio siamo scesi nel Dawro Konta in Etiopia a costruire una strada e sono stati raccolti, al 90% nella nostra zona, i soldi per realizzare questa strada.
Sappiamo bene che Etiopia e Zambia occupano purtroppo i primi posti al mondo per danni alla popolazione causati dalla cattiva nutrizione.
Nell'ultimo viaggio ho visto personalmente cosa significa morire di fame: famiglie che conoscevo decimate, famiglie che non esistono più.
Per questo basandoci sulla nostra esperienza, ma soprattutto su quella delle missioni e dei nostri amici missionari, per l'Etiopia, i Cappuccini dell'Emilia Romagna e Marche per lo Zambia le strutture della Onlus We For Zambia, in particolare Maria Pia Ruggeri, missionaria laica di. Carpegna, abbiamo deciso di intervenire. In Etiopia su cinque missioni: Gassa Chare e Baccio nella regione del Dawro Konta. Wasserà, Jajura e Taza nella regione del kambatta Hadia.
In Zambia invece su sei strutture nella regione del Copperbelt, precisamente nella zona di Luanshia: Walale Buntungwa St. Antony St. Max Fizenghe Malaika.
Queste zone che elencavo, sono veramente povere, al di fuori dei flussi economici della nazione
Dietro anche al suggerimento di un dirigente alla presidenza del Consiglio dei Ministri, abbiamo pensato di intervenire con aiuti immediati, con un pacchetto alimentare per il fabbisogno minimo mensile di una famiglia media di 7 persone. Per quanto riguarda l'Etiopia con: 20 Kg di grano; 15 Kg di Mais; 1 Kg di latte in polvere; 10 kg di fagioli; 2 Kg di misto cereali con vitamine solubili per bambini. Per un totale di 48 Kg ed un costo di 27,91 euro mensile. Pensate che una famiglia vive con 27 euro in Etiopia!
Fatti i dovuti calcoli e senza starvi ad annoiare con le cifre, abbiamo previsto un importo pro/capite giornaliero di 0,1411 Euro (compreso il trasporto) che moltiplicato per 12,000 (le persone coinvolte) e x 90 giorni (la durata del progetto) da un Totale di 152.388,00 Euro A questo aggiungiamo i costi per la realizzazione di un pozzo, che sono di 23.618, 00 Euro il totale diventa per l'Etiopia di 176.006,00 Euro. Per lo Zambia invece, con: 25 Kg farina di mais
5 Kg di riso; 0,5 Kg di olio di semi; 5 Kg di fagioli; 1 Kg di sale; 2 Kg di Zucchero; 5 Kg di pesce secco. Per un totale di 43,80 e un costo di 30,24 euro mensile, ed un importo pro/capite giornaliero di 0,1728 euro (compreso il trasporto) che moltiplicato per 10,000 persone coinvolte e x 90 giorni durata del progetto il Totale è di 155.520,00 euro A questo aggiungiamo i costi per la realizzazione di un pozzo. che sono di 12.397,77 Euro il totale diventa per lo Zambia di 167.917,00 Euro. Il totale complessivo del progetto, è di 343.917,77 Euro. Ce ne sono stati finanziati 340.000 dall’8 per mille.
Noi siamo entusiasti di questo, perché veramente riusciamo a far vivere e sopravvivere 22.000 persone in questa nazione. Grazie.
PRESIDENTE. Ha la parola Maria Pia Gennari, per la città di Pesaro.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GILBERTO GASPERI
MARIA PIA GENNARI, Assessore Comune di Pesaro. Ringrazio per l’occasione. Sono convinta che la “Giornata della pace” debba essere costituita da 365 giorni all’anno. Oggi l’istituzione le dà un valore significativo, ma senza dubbio abbiamo bisogno tutti di richiamarci ad una continuità.
Credo che le città possano essere dei “laboratori dei diritti” e dei luoghi di esercizio quotidiano di superamento dei conflitti ed è da questo che nasce la pace come esito conclusivo, naturale di un processo che però non ha mai una conclusione definita.
Ritengo che i diritti e la pace sottendano in ogni istituzione la necessità di rendere più forti una serie di elementi: il senso di appartenenza a una comunità civile, la responsabilità individuale e collettiva verso quella comunità, la consapevolezza che le istituzioni democratiche sono insieme soggetto e oggetto, un po’ il nocchiero e un po’ la barca di questa difficile e ardua spedizione.
In sintesi, in tre direzioni esprimo quelle che sono le iniziative e le politiche che il Comune di Pesaro svolge in questa direzione: interventi che agiscono nella quotidianità; interventi connessi ad eventi specifici sul tema; le azioni di gemellaggio.
Gli interventi che agiscono nella quotidianità credo che siano costituiti essenzialmente dalle politiche quotidiane dei servizi, che danno la consapevolezza dei diritti e insieme rafforzano la necessità di acquisire la consapevolezza dei doveri. Abbiamo una “Casa della pace” a Pesaro, dal 1998, come luogo di incontro, come frontiera di integrazione per le famiglie immigrate, in particolare per i bambini, attraverso forme di corsi di lingua e cultura (laboratori, doposcuola) e per le donne, come superamento della solitudine e come approccio significativo a problematiche che altrove non facilmente trovano una soluzione. C’è un lavoro significativo con le istituzioni scolastiche attraverso l’adesione alla Tavola della pace, attraverso un lavoro sistematico di integrazione con le scuole per l’integrazione dei bambini stranieri e per l’apprendimento di italiano come lingua 2.
Dal secondo anno, con le scuole superiori in particolare, è in atto un progetto che si chiama “Giustizia e legalità”, che è stato promosso al Comune di Pesaro da parte dell’Associazione nazionale magistrati e che è un’occasione di riflessione che poniamo per gli studenti di tutte le scuole superiori della città.
Prima si faceva riferimento alla scuola in ospedale. Poiché la scuola che c’è all’interno della città di Pesaro è costituisca essenzialmente da bambini stranieri, lì c’è un luogo particolarmente significativo, dove si incontra un bisogno di salute, una esigenza di diritto e una riaffermazione di pace, lontani dalle proprie terre.
Secondi elementi sono quelli connessi ad eventi specifici sul tema, agli incontri con le associazioni, alla promozione di eventi culturali per gli studenti e la città. In precedenza qualche intervento faceva riferimento alle esigenze della testimonianza in questa direzione. Vorrei ricordare che abbiamo già cominciato, come Comune di Pesaro, quella che si chiama “La giornata della memoria” e abbiamo accolto, neanche un mese fa, una testimone del campo di sterminio di Auschwitz, uno dei pochi testimoni rimasti in vita, Liliana Segre. Questi sono percorsi che attuiamo nelle scuole, a cui si dà poi una continuità con il curriculum scolastico di tutti i giorni.
Una serie di mostre hanno caratterizzato la nostra città e la presenza diversa di persone. Una, “Io non sono razzista ma...” che ha portato alla partecipazione di più di 1.000 studenti e l’ultima che si è conclusa da poco, “La città dei diritti umani”, che era sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica e dell’alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha registrato oltre 8.000 visitatori.
Certamente c’è l’adesione di Pesaro al Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace e quest’anno, per la V Assemblea dell’Onu dei popoli abbiamo avuto l’occasione e l’onore di incontrare il Guatemala, attraverso l’esperienza e la presenza di una donna particolarmente significativa, Ivonne Miguela Guilar Sandoval, che opera in quel paese proprio per la promozione dei diritti umani e che hanno incontrato numerosi studenti, numerose istituzioni della nostra città. E’ emersa senza dubbio la drammaticità di un paese dove domina l’arbitrarietà del sistema giudiziario e anche un ricorso indiscriminato alla carcerazione preventiva. Abbiamo avviato un’ipotesi di collaborazione che possa toccare la formazione di operatori di giustizia.
Ci sono alcuni gemellaggi in atto. La città di Pesaro ha un gemellaggio con Keita dal 1985, formalizzato nel 1987 attraverso la spedizione di un gruppo di studenti. C’è un gemellaggio con Rafa, la città palestinese sulla Striscia di Gaza, con iniziative di solidarietà promosse nei confronti di questa città dal comitato cittadino, dal Forum cittadino delle donne. Abbiamo creato una forma di sottoscrizione con una scuola femminile e con le associazioni femminili di Rafa. Proprio in questi giorni hanno, a Pesaro, i loro prodotti artigianali da far conoscere e da far acquistare. Il comitato cittadino sta promuovendo un’ulteriore raccolta di fondi per altri progetti. E’ volontà dell’Amministrazione comunale stabilire anche legami con una città israeliana. C’è un rapporto forte con la Bielorussia, un’ospitalità che prosegue una tradizione consolidata da parte di bambini che provengono da istituti di cura e orfanotrofi proprio su iniziativa di un’associazione, “Girotondo”. Dal 1997 a Doboj prosegue l’organizzazione di colonie estive nel mese di agosto da parte di Ipsia, una Onlus che opera con i bambini delle scuole elementari con lo scopo di superare delle divisioni che esistono all’interno della città stessa tra serbi e musulmani.
Non voglio aggiungere altro, perché sarebbe una descrizione, che potrebbe apparire frammentaria, di una serie diversa e diffusa di iniziative. Quello che vorrei sottolineare, in conclusione, è che indubbiamente il tema della pace e dei diritti ci coinvolge, ma rischia di coinvolgerci in maniera occasionale o emozionale quando accadono degli eventi che ci sconvolgono o quando si tratta di assumere delle iniziative al riparo di azioni violente, pesanti, che la pace l’hanno già distrutta.
L’obiettivo delle politiche di un Comune, l’obiettivo delle istituzioni, a mio avviso, è proprio quello di creare un nesso inscindibile e un anello che lega le emozioni e la traduzione di quelle istanze in anziani e in leggi che garantiscono la promozione dei diritti e l’assunzione dei doveri, perché questo è un percorso verso la pace che può essere più forte rispetto a una virtualità di atteggiamenti che rischiano di essere poco costruttivi, mentre in questo momento la pace c’è bisogno di costruirla.
PRESIDENTE. Ha la parola Rolando Rossi.
ROLANDO ROSSI, Presidente Comunità montana Alta Valmarecchia. Voglio anzitutto ringraziare il Presidente del Consiglio regionale e tutto il Consiglio per aver dato l’opportunità, in questa giornata solenne, a tutti i territori, di illustrare i progetti e le iniziative in tema di pace e di diritti umani.
Innanzitutto accolgo l’appello che faceva l’assessore Silenzi all’inizio, di destinare lo 0,1% del bilancio per iniziative di solidarietà e in questo senso mi farò promotore, all’interno dell’Uncem, per far assumere questa iniziativa a tutte le Comunità montane delle Marche.
In Alta Valmarecchia i temi della pace e dei diritti umani sono stati sempre legati alla memoria locale, cioè all’orribile vicenda che le nostre popolazioni hanno vissuto con la strage nazifascista di Fragheto del 7 aprile 1944 dove, come tutti sappiamo, furono trucidate 30 persone, in maggioranza bambini, donne ed anziani. Le istituzioni locali e le scuole stanno facendo da molti anni iniziative per tenere vivo questo ricordo, sia come un atto doveroso verso le vittime sia come un momento di riflessione e di approfondimento di tutti i valori costituzionali quali il ripudio della guerra, il rispetto della dignità dell’uomo e il valore della non violenza. Ancor prima dell’istituzione de “Il giorno della memoria” del 27 gennaio, l’anniversario della strage di Fragheto del 7 aprile era stato dichiarato “Giornata di vaccinazione contro la guerra”, alla quale tutti gli anni tutte le scuole hanno partecipato e su Fragheto c’è un progetto molto originale delle nostre scuole che si chiama “La valigia della memori”, una valigia che sta girando in tutte le città d’Italia che sono state vittime di stragi nazifasciste e che ogni anno raccolgono un pezzo di storia e tutti gli anni questa valigia torna a Fragheto nell’anniversario che celebriamo. A Fragheto si sono ritrovati gli enti locali, le scuole, gli istituti di ricerca sulla scuola della Resistenza, le associazioni della pace, i cittadini per far nascere un’organizzazione permanente per promuovere una cultura di pace. Mi fa molto piacere dare l’annuncio in questo consesso che è nata la Scuola di pace di Fragheto, che sarà gestita nelle sue attività da un’associazione di volontariato recentemente costituita, che si chiama “Il borgo della pace” e che svilupperà le sue iniziative in tre direzioni: una sulla ricerca storica locale, anche perché su Fragheto ancora ci sono molti aspetti da chiarire; una seconda attività riguarderà la formazione degli operatori, quindi sì insegnanti, ma anche tutti coloro che svolgono attività educative nei confronti dei giovani; una terza branca di attività sarà quella di promuovere le iniziative insieme a tutte le associazioni pacifiste.
Tra i progetti previsti per l’anno 2004 c’è un ciclo di incontri sui grandi pensatori del pace — si è svolto già un primo incontro sulla figura di San Francesco — e ci sarà un’altra iniziativa che si chiama “Finestre sul mondo”, dedicata in particolare al tema dei diritti umani. “Finestre sul mondo” si articolerà in tre momenti: un momento di conoscenza per capire nei vari paesi del mondo qual è lo stato dei diritti umani e come questi sono tutelati e garantiti; ci sarà un momento culturale legato allo spettacolo e alla musica di tutti i paesi del mondo; attorno a questo ci saranno delle iniziative di solidarietà per finanziare e promuovere progetti dei paesi dei quali si parla.
Un elemento importante delle nostre iniziative è che tutti i progetti e tutte le iniziative che vengono svolte e portati avanti, li svolgiamo sia progettando che gestendoli insieme a tutte le scuole della nostra vallata e questo penso che sia una finalità che prevede la legge regionale.
Per quanto riguarda invece le iniziative portate avanti dal mondo associativo mi preme segnalare un progetto che porta avanti l gruppo missionario di Novafeltria relativo alle adozioni scolastiche a distanza in Etiopia: ogni anno viene garantito il diritto all’istruzione a 200 bambini etiopi.
In questa fase, nella nostra vallata sono gli enti locali che stimolano i processi e le iniziative sui temi della pace e della non violenza. La Comunità montana e il Comune di Novafeltria hanno aderito al Coordinamento nazionale degli enti locali e anche quest’anno, in occasione dell’Assemblea dei popoli dell’Onu ne abbiamo ospitato un rappresentante. Inoltre il Comune di Novafeltria ha anche costituito un coordinamento “Pace e diritti umani che coinvolge tutte le associazioni di volontariato e culturali presenti in zona, che portano avanti progetti in tema di diritti umani e di solidarietà internazionale.
Ci sono indubbiamente molte cose da fare. I rappresentanti delle città delle Marche oggi hanno illustrato dei bellissimi e importantissimi progetti, ma io ritengo che siano molto importanti anche le microiniziative e in questo senso voglio formulare una proposta al Consiglio regionale. La Regione ha una bellissima legge, la 9 del 2002. Penso che questa legge sarà completamente attuata quando in tutta la regione, da Ancona a Casteldelci, tutte le comunità saranno attive e coinvolte sui temi della pace, dei diritti umani e della solidarietà internazionale.
Penso che vada trovato un modo efficace per raggiungere questo obiettivo e ritengo che una buona pratica potrebbe essere quella di far nascere questi processi dal basso. Quindi la proposta che formulo è che tutti gli anni la Regione possa attribuire delle risorse finanziarie agli ambiti territoriali che sono già previsti per il sociale, perché penso che questi potrebbero essere gli ambiti ottimali per promuovere questo tipo di progetti e di iniziative, perché affrontano questioni che sono previste anche dalla legge, come l’integrazione interculturale e quant’altro.
Quindi sollecitazione a premiare anche i piccoli progetti che a livello locale nella nostra regione vengono portati avanti.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.
CARLO CICCIOLI. Mi dispiace che il mio intervento non sarà in sintonia con alcuni di quelli che hanno parlato prima. Io ho dei dubbi che servano sedute del Consiglio regionale tipo questa, perché la mia sensazione, piccola piccola, è che siamo un po’ autoreferenziali e ci parliamo addosso. Ovviamente il tema è di altissimo spessore, la guerra è un crimine contro l’uomo e contro l’umanità nel suo insieme, però il conflitto è una delle opzioni possibili dell’uomo: c’è la tolleranza, c’è l’incontro, però c’è anche il conflitto e quindi ciò che segue alla conflittualità che non trova una soluzione, la guerra. Oggi si dice che la guerra è più cattiva del passato, io credo che questo non sia vero. La guerra, oggi è molto più pericolosa del passato ma non è più cattiva. Abbiamo nella storia atrocità terribili, con decapitazioni, torture, sterminio di popoli. A volte ci sono testimonianze del passato che sono di un’atrocità che forse l’uomo non riuscirebbe oggi a proporre. Oggi è cresciuta l’idea, tra le persone, che la guerra non è la soluzione, che la guerra distrugge e raramente, alla fine, dà una soluzione. Oggi tutti hanno presente la necessità di sostenere i diritti umani, talvolta i diritti umani sono anche alibi, luogo per la coscienza perché poi non vengono praticati, però credo che ci siano anche voci molto forti — è stata citata quella di Giovanni Paolo II, ma non è la sola — che, con voce alta, forte e soprattutto credibile, sostengono i diritti dell’uomo ovunque. Ciò che noi possiamo fare è la promozione di politiche della pace. Promuovere la pace innanzitutto significa promuovere la cultura, l’informazione e la formazione delle persone e anche azioni, talvolta piccole o piccolissime, talvolta grandi — si citavano l’acqua, le scuole, l’elettrificazione ma non solo questo — per creare un clima e un’atmosfera di pace. La promozione della salute, nel mondo, è una politica di pace; il Centro per la talassemia di Pesaro è una politica di pace. Ognuno può dare un contributo, talvolta piccolo come può essere quello nostro, talvolta molto grande, come può essere quello di coloro che sono al vertice delle istituzioni, nazionali e internazionali, purché la pace non sia una strumentalizzazione. Mentre credo profondamente in una politica di pace, non mi piacciono molto i pacifisti a senso unico e il pacifismo a senso unico, che è un modo per sostenere, tutto sommato, molti nemici della pace.
Io spero, spero nell’Europa innanzitutto, spero nella nuova Costituzione europea, spero che l’Europa più forte abbia un ruolo di equilibrio per costruire la pace nel mondo. Sono orgoglioso delle truppe italiane che sono in Iraq, perché lavorano per la pace, l’abbiamo visto consentendo alla città di Nassiriya di ricostruire un minimo di vie di comunicazione, di portare l’acqua potabile in tutte le case, di ridare la corrente elettrica nei quartieri che ne erano privi e ho l’orgoglio di ricordare qui la figura del marchigiano Marco Beci, insieme ad altri marchigiani — cito Carlo Urbani in periodo di pace, ma ne cito anche altri — che dalle Marche hanno svolto e svolgono, per fortuna alcuni senza il sacrificio della vita, un ruolo forte nell’organizzazione, per esempio, di Medici senza frontiere. Ne conosco alcuni che sono stati colleghi di ospedale e che, senza dirlo forte, svolgono un ruolo per la pace. Marco Beci era andato in Iraq non per portare la guerra ma per portare la pace. Vorrei ricordare qui — perché in parte era passato attraverso di me — che il giorno prima di morire aveva perfezionato l’accordo per far venire ad Ancona, alla cardiochirurgia del Lancisi, un giovane che aveva problemi di intervento rapido. Allora bisogna cercare, qualche volta, di abbassare i toni della polemica e alzare quelli alti del contributo vero per la pace.
Per concludere voglio ricordare una vicenda, quella della Somalia e della partecipazione delle truppe italiane alle operazioni là. Dopo un primo intervento, verificati i costi, le difficoltà e la pericolosità dell’intervento non solo italiano ma internazionale, quello che talvolta viene apostrofato come il mondo civile, che invece, magari, non è molto civile, decise di ritirare le truppe dalla Somalia. Qual è stato il risultato a distanza di alcuni anni? I “signori della guerra” hanno distrutto ogni infrastruttura civile, non esiste più lo Stato, sono state compiute atrocità terribili e ricostruire oggi la Somalia dal disfacimento morale e civile in cui è precipitata sarà un lavoro per il quale occorreranno decenni e decenni. Quindi, mentre credo nella pace, nella cultura della pace, nello sforzo per la pace, ho dei dubbi che un certo tipo di pacifismo, un certo tipo di azione politica contribuisca veramente alla pace.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Torresi, della Provincia di Ascoli Piceno.
GIORDANO TORRESI, Assessore Provincia di Ascoli Piceno. Innanzitutto permettetemi di porgere il saluto dell’Amministrazione provinciale di Ascoli Piceno, dei presidenti, del Consiglio, della Giunta agli assessori, ai consiglieri regionali.
La Provincia di Ascoli Piceno, tra le prime in Italia, ha istituito fin dal 1995 un Assessorato alle Politiche della Pace e Mondialità.
In questi ultimi anni, contrassegnati purtroppo da guerre in Afganistan, poi in Iraq e dallo scoppio di un terrorismo internazionale che appare dilagante, la nostra Provincia dovere di attivarsi con iniziative straordinarie, per sensibilizzare, promuovere ed educare alla pace, culminate con la grande marcia “Insieme per la Pace” che il 29 marzo scorso ha portato migliaia di persone dal santuario di San Giacomo della Marca, di Monteprandone, fino alla Piazza della Rotonda di San Benedetto dei Tronto. In quell'occasione, tra le personalità che hanno voluto portare la loro testimonianza di pace, c'era anche il giornalista Sergio Zavoli. Successivamente le iniziative di mobilitazione sono proseguite con un concerto dei gruppo musicale I Nomadi, che a San Benedetto dei Tronto ha raccolto un pubblico di otre 10 mila spettatori.
In questa prospettiva, merita d'essere citata l'inclusione di un Consigliere straniero aggiunto in seno al Consiglio Provinciale e l'attività dei Centro Polivalente Provinciale per Immigrati che è in funzione dall'aprile dei 2000. Intanto, già fervono i preparativi per affrontare col dovuto impegno la ricorrenza dell'Anno Internazionale dei Riso 2004, che oramai è alle porte. Non ultimo l’adesione all’iniziativa della Regione Marche nell’istituzione dell’università della pace.
Come Provincia di Ascoli Piceno sosteniamo da tempo che. anche gli interventi attuati sul nostro territorio per favorire l'integrazione degli stranieri rientrano a pieno titolo nelle politiche di pace e solidarietà internazionale, basti pensare all'utilissima attività d'informazione a favore degli immigrati che stiamo attuando attraverso la pubblicazione dei periodico "Piceno 3M Multietnico, Multiculturale, Multirazziale.
Oltre alle iniziative straordinarie suggerite dalla drammaticità dei tempi che stiamo vivendo, dal 1995 ad oggi l'Assessorato provinciale alla Pace ha attivato numerose iniziative, alcune delle quali si sono affermate coi tempo a livello nazionale, diventando appuntamenti annuali molto sentiti. Tra questi, in primo luogo, l'organizzazione della annuale Asta di Solidarietà "Aiutiamo la Pace”) che prevede la vendita di quadri donati da li artisti e con i proventi della quale viene finanziata la realizzazione di microprogetti in paesi in via di sviluppo. Abbiamo fino ad oggi raccolto 237.500 euro per un totale finanziamento di 44 progetti.
Quest'anno l'ottava edizione dell'asta si terrà domenica 14 dicembre, come sempre nella sala dei Consiglio Provinciale. Le opere d'arte poste all'incanto sono all'altezza della tradizione. Per fare qualche nome: Sandro Chia, Mimmo Paladino, Maurizio Cannavacciuolo, Luigi Ontani, Arnaldo Pomodoro, Tullio Pericoli, Gianmarco Montesano. Con la precedente edizione dell'Asta (che si è tenuta nel dicembre 2002) si sono raccolti oltre 60 mila euro che sono stati impiegati per finanziare interventi a favore delle popolazioni terremotate dei Molise, realizzare un centro di aggregazione e formazione giovanile a Medellin in Colombia, costruire un mulino per granaglie a Kibre Menghisti in Etiopia, avviare un panificio nel quale lavoreranno 15 adolescenti di un centro d'accoglienza di La Piata in Argentina, acquistare gli arredi per un orfanotrofio di Shkoder in Albania.
Tradizionale corollario dell'asta è lo spettacolo gratuito Suoni e Colori per la Pace, che quest'anno si terrà sabato 13 dicembre al Palacongressi di San Benedetto dei Tronto. La nostra Provincia condivide inoltre numerose iniziative lanciate dalla Regione Marche. Tra queste, merita d'essere ricordato il sostegno al progetto di solidarietà con il popolo Saharawi.
La lascerò agli atti l’elenco dei 44 progetti del finanziamento.
PRESIDENTE. Ha la parola il Vicesindaco di Tolentino Comi.
FRANCESCO COMI, Vicesindaco di Tolentino. Mi sia consentito anzitutto ringraziare il Presidente, l’Ufficio di presidenza, i consiglieri regionali, tutti i rappresentanti delle autonomie locali che sono qui presenti a nome dell’Amministrazione comunale di Tolentino e anche a nome dei Comuni dell’ambito sociale 16 che ho l’onore di rappresentare. Un ringraziamento per l’invito alle autonomie locali e per la partecipazione a questa celebrazione solenne.
Non credo che questa sia una giornata semplicemente formale, rituale, scontata che viviamo in modo distaccato, perché la cooperazione, la solidarietà, la pace noi amministratori degli enti locali, le varie istituzioni non ci limitiamo a contemplarla ma la viviamo quotidianamente, la costruiamo ogni giorno attraverso una quotidiana e costante opera di programmazione, una importante opera e azione di governo, attraverso la capacità di persuasione, di sensibilizzazione che ciascuno di noi amministratore di enti locali deve necessariamente esercitare nel governare la complessità delle contraddizioni, delle lacerazioni, delle differenze che ci sono nella nostra società.
Costruire la pace significa innanzitutto governare le contraddizioni, significa innanzitutto informazione, dialogo tra i popoli, confronto tra le varie etnie, significa favorire il senso di appartenenza a una comunità civile e significa valorizzare e rafforzare il senso di rappresentanza delle istituzioni democratiche e in questo credo che ciascuno di noi sia necessariamente impegnato ogni giorno.
La nostra città è fra quelle che negli ultimi hanno ha costruito, vissuto e conosciuto da vicino un profondo mutamento anche del proprio assetto demografico con l’ingresso di numerosi nuovi cittadini immigrati. E’ stato un momento non difficile, non traumatico, è stato un momento che ha significato cambiamento di abitudini e, magari, qualche coraggiosa iniziativa nel mondo del lavoro, della scuola e nel mondo associativo e del volontariato. La nostra adesione a costruire la pace la facciamo ogni giorno nel complesso di tante iniziative.
Voglio limitarmi ad elencarne alcune per l’economia della discussione e per dare semplicemente un messaggio come comunità.
Abbiamo lo scorso febbraio vissuto due giorni intensi di festa con un’iniziativa dal nome “Una comunità floreale e solidale”. Lo scopo della nostra iniziativa come Comune, come ambito sociale era quella di far incontrare, conoscere, interagire le varie comunità immigrate presenti nel nostro territorio. E’ stata un’occasione per conoscersi, per confrontarsi, per far conoscere abitudini diverse e anche attraverso questo piccolo passo abbiamo rafforzato una aspirazione legittima di integrazione nella nostra comunità. Abbiamo organizzato conferenze e dibattiti sul tema dell’integrazione, dell’immigrazione, sulla comunità floreale e solidale, sulla pace nel nostro territorio.
Una delle iniziative importanti che abbiamo fatto quest’anno con grande passione, per quanto semplice, apparentemente scontata, è stata quella di coinvolgere i bambini delle scuole elementari e medie sul tema “Adotta un amico: pensierini per la pace”. Ciascuno di loro si è impegnato nel costruire un rapporto, sia pure a distanza, con un amico della Bielorussia, del Brasile, dell’India e, attraverso questo rapporto, sia pure interlocutorio, a distanza, abbiamo voluto, attraverso i bambini lanciare un messaggio forte di solidarietà tra i popoli.
Tra le iniziative importanti cito l’adesione alla Marcia di Assisi, la celebrazione de “La giornata della memoria” nelle scuole, con il dibattito tra gli studenti, “La giornata dei diritti umani”, con la partecipazione delle associazioni di volontariato, che è servita anche e soprattutto a raccogliere, oltre che solidarietà, fondi per sostenere e incoraggiare le iniziative di solidarietà in alcuni paesi in difficoltà. Abbiamo collaborato con il commercio equo e solidale, per favorire, anche all’interno delle nostre mense, la diffusione di prodotti che siano un segno di solidarietà. Abbiamo nuovamente istituito, quest’anno, il servizio della mediazione culturale nelle scuole, con uno sportello aperto agli immigrati e abbiamo, di recente — il prossimo Consiglio comunale del 18 dicembre lo consacrerà — istituito una Consulta dei popoli degli immigrati. Sarà un’occasione utile e preziosa per favorire uno scambio e un’integrazione solidale tra i popoli.
Io credo che la pace sia un’aspirazione legittima, ma credo che sia un processo e un progetto che dobbiamo costruire quotidianamente e va costruito soprattutto con la partecipazione delle istituzioni tutte, comprese quelle degli enti locali, con la partecipazione delle scuole e degli insegnanti. Da questo punto di vista dobbiamo incentivare anche la formazione, l’insegnamento dell’educazione civica, il dibattito nelle scuole. Dobbiamo esercitare un ruolo, come enti locali, costruendo rapporti più stretti tra le comunità locali, per educare e sensibilizzare al tema della pace.
Il Comune di Tolentino accoglie l’invito — me ne farò promotore, anche nell’ambito sociale 16 — dell’assessore regionale Silenzi, per destinare una parte del bilancio alla cooperazione sociale.
PRESIDENTE. Ha la parola il Sindaco di Urbino Galuzzi.
MASSIMO GALUZZI, Sindaco di Urbino. Anch’io saluto e ringrazio il Presidente del Consiglio regionale, i consiglieri regionali. Credo che questa iniziativa serva se serve a mettere insieme le cose, a cercare di coordinare, a cercare di muovere anche uno scambio di esperienze, di situazioni che si stanno muovendo. Pensavo e penso che l’obiettivo fosse quello di portare qualche esperienza che si sta portando avanti a livello delle realtà regionali e poi cercare di governare questo impegno che credo debba essere comune. Mi piace in questo senso portare l’esperienza di Urbino degli ultimi anni, che oltretutto è venuta avanti con l’aiuto della Regione (del Presidente del Consiglio regionale due-tre anni fa, del Presidente della Giunta regionale, del consigliere Trenta che aveva seguito alcune cose) e ci sembra una esperienza abbastanza interessante. Urbino è una città aperta alle esperienze su molti piani: come città del Rinascimento, se non altro, ha seguito con grande curiosità intellettuale ciò che avveniva intorno a sé. E’ impossibile ripetere quella storia, ma qualche cosa si può fare ed alcune iniziative, per esempio attorno al 2001 sono andate avanti, credo con un certo rilievo: una serie di nuove attività riguardanti appunto i temi della pace, dei diritti civili, il dialogo fra culture e religioni che è in gran parte il tema che avete affrontato qui, questa mattina.
Ho ascoltato le numerose iniziative ed è bella la spontaneità con la quale queste iniziative vengono avanti in tutto il territorio regionale, ma forse questo lavoro va coordinato, serve per questa attività un governo, un contenitore, un ragionamento più omogeneo, altrimenti può darsi che si rischi di perdere energie, pur avendo quel riferimento della spontaneità che è necessaria. Penso, in questo senso, che l’esperienza che abbiamo fatto ad Urbino negli ultimi 2-3 anni potrebbe il quadro di riferimento che, se fatto proprio dalla Regione, potrebbe essere quel governo che penso sia necessario. Noi la metteremmo volentieri a disposizione della Regione, se fosse questo.
Nel momento in cui il processo di globalizzazione ha assunto i caratteri che conosciamo abbiamo potuto constatare quanto fosse importante dare ulteriore forza ad un cammino culturale che nella nostra città si sviluppa da anni ed abbiamo ritenuto necessario aprire la nostra esperienza in quest’ultima fase ad uno scenario più ampio.
Prima il riconoscimento Unesco di Città patrimonio dell’umanità, unica nella regione, poi il 2 luglio 2001 la città di Urbino, con l’aiuto forte della Regione, ha ospitato, per l’Italia, la presentazione della “Carta della Terra” da parte di Mikhail Gorbaciov, Premio Nobel per la pace e presidente dell’Associazione non governativa Green Cross International. L’Italia, tante istituzioni, tanta gente hanno potuto conoscere i principi ed i valori su cui è fondata la “Carta della Terra”, che è il documento emerso dalla Conferenza di Rio del 1992.
Alla cerimonia hanno preso parte Rita Levi Montalcini, il Premio Nobel per la medicina presidente onorario di Green Cross Italia, ospiti internazionali provenienti dalla Federazione delle Repubbliche Russe, dal Giappone, rappresentanti di molte religioni, di enti locali in Italia, sotto il patrocinio della presidenza della Repubblica.
Nella medesima giornata è stata lanciata la “Dichiarazione di Urbino”, perché si volevano coinvolgere i Comuni, le Province e le Regioni proprio perché più vicini ai temi, alle problematiche, alle sensibilità dei cittadini, a quello che i cittadini chiedono ed è stata lanciata questa “Dichiarazione di Urbino” a cui hanno poi aderito varie Regioni, varie Province, vari Comuni in tutta Italia sul tema prevalente dello sviluppo sostenibile e rispettoso delle qualità naturali, ambientali, della sostenibilità. Abbiamo ritenuto significativo che proprio da una piccola città e proprio da enti che nel nostro paese sono i più vicini ai cittadini sia partito un messaggio rivolto alle istituzioni, ai governanti, ai cittadini.
Abbiamo chiesto ad ognuno di impegnarsi per dare forza ad un progetto etico, morale e politico che guardi alla realtà mondiale in tutti i suoi molteplici spetti e siamo convinti che solo rispettando la comunità vivente, l’integrità ambientale, perseguendo la giustizia sociale ed economica, salvaguardando i principi della democrazia e della non violenza — questi sono i principi della “Carta della terra” — si sarà in grado di eliminare le tensioni e i conflitti e far emergere le ragioni della convivenza e guardare con speranza al futuro.
E’ questo il chiaro messaggio contenuto nella “Carta della Terra”. I fatti dell’11 settembre 2001 hanno reso drammaticamente chiaro che viviamo in una comunità di piccole dimensioni. Non è più possibile pensare che esistano tragedie e problematiche che non ci riguardano, che non influenzano la vita quotidiana di ognuno di noi. Il mondo è ormai globale, ma si deve fare in modo che siano globalizzati i diritti, le soluzioni dei problemi, le possibilità, di vita, di speranza, di futuro, è questa la questione fondamentale.
La cosa che volevo dire questa mattina è che molte di queste iniziative rimangono poi sulla carta. Non è così. L’elemento è che abbiamo dato continuità a questa iniziativa proposta allora, da due anni Urbino è centro mondiale de “La Carta della Terra in azione”, per cui ad Urbino da due anni, dopo il 2001 si riuniscono le rappresentanti a livello mondiale dell’associazione che vengono da 30-40 paesi di tutto il mondo. Quest’anno sono stati ad Urbino 100 studiosi da tutto il mondo per discutere su queste questioni e su questi temi.
Questa è l’esperienza che abbiamo cercato di portare avanti. A me convince perché è quel quadro che dicevo prima: potrebbe essere quel governo, quella cornice di riferimento su cui convogliare, cercare di governare lo sforzo che altrimenti rischia di polverizzarsi e di essere meno efficace del necessario. Urbino sarebbe molto lieta di dare una mano, di mettere a disposizione della Regione che ci ha aiutato, questa sua esperienza che, pensiamo, avrebbe ancora più valore.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silvana Amati.
SILVANA AMATI, Consigliere regionale — Coordinatore Enti locali per la pace. Intervengo con piacere e con una certa emozione a questo primo Consiglio regionale che è stato convocato in prima applicazione della legge 9, perché credo che sia stato un atto significativo di questa legislatura aver varato la legge 9 all’interno della quale, come sicuramente sarà stato dichiarato dal collega Trenta, c’è l’università della pace, ma all’interno della quale c’è un impegno serio legato all’educazione, alla pace, alla legalità e alla cooperazione internazionale, che peraltro, come voi sapete, vicaria un’assenza nazionale molto grave, perché da molti anni attendiamo una legge sulla cooperazione internazionale che faccia avere al nostro paese la giusta funzione in un settore così delicato ed importante.
Il mio intervento sarà mirato ad una particolare caratteristica che io ho, che è quella di essere vicepresidente nazionale degli Enti locali per la pace e tengo a tale qualifica, in particolare in questa giornata — vedo qui amici e colleghi che aderiscono all’associazione nazionale e a quella marchigiana — perché la scelta che ha fatto il Presidente del Consiglio è stata quella di ragionare soprattutto sul lavoro degli enti locali in questa nostra prima seduta e sugli impegni di solidarietà. Noi abbiamo tante volte aderito, come Consiglio regionale, alle iniziative degli Enti locali per la pace con ordini del giorno, con interventi, con mozioni. Abbiamo sempre aderito alle manifestazioni più importanti messe in campo dagli Enti locali per la pace e dalla Tavola per la pace: mi riferisco in particolare alla marcia Perugia-Assisi, alle iniziative che ad essa sono correlate. Quindi, forse può essere utile che resti agli atti di questo Consiglio anche la qualità del lavoro della conferenza, cosa è e cosa racchiude, perché l’impressione che qualche volta abbiamo è quella che il Coordinamento sia noto solo in apparenza e che in sostanza non si sappia fino in fondo quando e come, se sia definito e che funzioni abbia.
Voglio qui ricordare, perché resti agli atti dei nostri lavori, che il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace è un’associazione che riunisce Comuni, Province e Regioni che sono impegnati, in Italia, a promuovere la pace, i diritti umani, la solidarietà e la cooperazione internazionale. Esso nasce il 12 ottobre 1986 dalla III Conferenza internazionale degli enti locali denuclearizzati e ha quindi una vita tutto sommato abbastanza recente, per quello che è il tempo storico della nostra politica.
Le funzioni del Coordinamento nazionale sono quelle di promuovere l’impegno costante degli enti locali e delle Regioni a favore della pace, della solidarietà e della cooperazione internazionale, di promuovere lo sviluppo di iniziative dei Comuni, lo scambio anche di informazioni, perché sappiamo benissimo — e lo sappiamo sia da legislatori regionali che da ex amministratori (quasi tutti i consiglieri hanno avuto, in passato, funzione di sindaco o di assessore nelle loro Amministrazioni) — come il problema del coordinamento sia un problema centrale e come spesso le iniziative di solidarietà si sovrappongano e si rincorrano e come sarebbe utile per tutti, in particolare per i punti di attenzione alla nostra solidarietà, che ci fosse non solo un’informazione ma anche una corrispondenza rispetto alle esperienze che si mettono in campo. La funzione del Coordinamento è anche quella di approfondire la ricerca e la riflessione politica e giuridica sui compiti che gli enti locali possono mettere in campo e realizzare un archivio nazionale sulle attività degli Enti locali per la pace. Inizia anche, nel senso proprio del coordinamento, un’attenzione alle conferenze internazionali: sappiamo che sia il Tavolo per la pace che gli Enti locali per la pace sono stati sempre presenti anche alle grandi manifestazioni, da Porto Alegre alle questioni legate ai social forum, per conoscere, capire e coordinare al meglio.
La funzione del Coordinamento nazionale si espleta poi anche nelle manifestazioni alle quali aderisce il Coordinamento ma alle quali anche noi abbiamo aderito come Regione. Per esempio alla storia delle Assemblee dell’Onu dei popoli, la quinta delle quali si è svolta da poco. Ricordo che le Assemblee dell’Onu dei popoli, anch’esse legate alla vita e al luogo di Perugia e alla marcia Perugia-Assisi sono abbastanza recenti: è solo dal 1995 che è iniziata questa esperienza importante, anche qui partendo dalla consapevolezza del valore e del ruolo dell’Onu e delle Nazioni Unite, con la consapevolezza, anche, che non era solo importante avere un riferimento internazionale e mondiale, ma costruire una Onu dei popoli dove i rappresentanti dei popoli venissero e comunicassero il loro lavoro, il loro specifico e la loro realtà.
Un altro elemento molto importante, legato al Coordinamento e legato alle Assemblee dell’Onu dei popoli è l’esperienza che qui alcuni già hanno raccontato e che noi ben conosciamo, che sta nell’”Adottare un popolo”. A ridosso dell’Assemblea i Comuni nazionali e marchigiani in particolare, le Province, la Regione hanno avuto la possibilità di “adottare” personalità che afferravano dalle varie parti del mondo, raccontando la loro storia, il loro disagio, le questioni che ci appartengono.
Un tema specifico è stato poi sempre quello della pace in Medio Oriente di cui parlava l’assessore Silenzi. E’ evidente che per noi la situazione medio-orientale resta uno dei punti vivi di sofferenza anche in quest’anno così travagliato e credo quindi che la possibilità di discutere di progetti, di lavorare, di costruire là momenti di confronto — gli Enti locali per la pace hanno anche lavorato per la creazione di un Coordinamento degli enti locali appositamente legato alle questioni medio-orientali e all’apertura di una struttura di servizio degli enti locali legata ai progetti di cooperazione per la Palestina — siano questioni non di poco peso che sono servite in modo importante.
Nelle Marche nell’anno in corso si è poi strutturata la dimensione regionale degli Enti locali per la pace. E’ il collega Rossi di Grottammare, oggi presidente del Consiglio di quella città a coordinare il nostro Coordinamento a livello regionale. A questo Coordinamento regionale aderiscono, oltre alla nostra Regione, le quattro Province marchigiane, 17 Comuni tra i quali alcuni molto rilevanti quanto a numero di abitanti. Ci auguriamo che ci possa essere, anche da questo punto di vista, un ulteriore incremento delle adesioni dei Comuni, perché se si vuol costruire la pace dal basso è evidente che l’impegno degli enti locali è elemento assolutamente non secondario.
Ho teso, in questo momento di confronto a parlare della struttura, a parlare dell’esperienza, a ricordare quelle che sono le funzioni. Ho scelto di non parlare di pace e di guerra, quello che era l’indirizzo qui dato dalla presidenza del Consiglio a cui peraltro ben si è attenuto il consigliere segretario Martoni, perché è chiaro che in questo anno di guerra eludere i temi della guerra già in sé è una scelta non secondaria.
Credo che però siamo comunque chiamati a mantenere un impegno. Siamo — si leggeva nei nostri “sacri testi” — la prima generazione che ha in sé la possibilità di modificare lo stato delle cose. Il nostro mondo, il mondo a ridosso del 2000 avrebbe i mezzi e le condizioni per cambiare le situazioni, per far sì che la guerra non vinca, che le 35 situazioni di guerra oggi esistenti — io credo che siano di più — si riducano e quindi che prevalga il buon senso, che prevalga la cultura di pace. Noi abbiamo quindi anche una grande responsabilità, perché se siamo la prima generazione in questa condizione, siamo anche la prima generazione che potrebbe favorire questo progetto e quindi portare su di noi una responsabilità storica che certamente noi non vogliamo assumere. Il 10 dicembre del 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si è dato seguito alla costruzione successiva a un grande dramma. Se non ci fossero stati la seconda guerra mondiale, l’Olocausto, non sarebbero risorte le Nazioni Unite che oggi vediamo, purtroppo, così deboli rispetto alle esigenze dei mondi e della pace a livello internazionale.
Voglio concludere dicendo che è indispensabile che ci sia comunque un appello alle forze politiche del nostro paese perché almeno si mantenga una coerenza nei luoghi della decisione, a quella che è la storia del nostro paese, a quella che è la Carta costituzionale italiana, a quell’articolo 11 di ripudio della guerra che non può essere ricordato solo, quando poi no è da essere efficace nelle scelte proprie che i nostri governi e le nostre forze politiche devono affrontare. E’ chiaro che basterebbe applicare la Carta costituzionale perché guerre preventive non stiano in nessuna condizione nel dizionario della politica italiana.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere provinciale Luca Barbadoro, presidente della Commissione provinciale per la pace di Ancona.
LUCA BARBADORO, Presidente Commissione per la pace, Provincia di Ancona. Rappresento la Provincia di Ancona, quindi porto il saluto dell’assessore alla pace Giancarlo Sagramola e del presidente Enzo Giancarli che mi hanno delegato in quanto presidente della Commissione consiliare competente. Vi ringrazio e saluto i presenti e vado subito ad iniziare questa breve illustrazione dicendo che la Provincia di Ancona ha finanziato il progetto presentato dalla "Scuola di pace 2003" che ha lo scopo di essere una sorta di lezioni, corsi seminariali che hanno come sottotitolo concreto “Dalla società civile un no alla guerra".
Ricordavano molti questa mattina che le tensioni belliche e i conflitti internazionali caricano questa giornata, di sfumature particolari, ma questa è un’iniziativa che la Provincia ha già intrapreso da un paio d’anni e secondo me è da sottolineare, perché è vero che ci deve essere un’attenzione e una condanna politica, ma ci deve essere anche una ripresa di riflessione filosofico-concettuale, quindi una cultura della pace che si fa concretamente attraverso un architrave concettuale organizzato. La Provincia ha poi partecipato a sostenere il servizio civile internazionale e ha finanziato un suo progetto, ormai da un paio d’anni, che si chiama “L’Africa in piedi”: ogni mese di marzo si tiene questo convegno che prevede una valorizzazione della terra africana, dove sappiamo che l’elemento cruento della guerra è nei posti dove fa più danni.
La finalizzazione, attraverso un finanziamento a un progetto della Confartigianato di Ancona per la creazione di una “Scuola dei mestieri” a Soddo, in Etiopia. Inoltre lo stanziamento di fondi per una mostra fatta in luglio alla Mole Vanvitelliana, sull’attività che fanno i volontari nella realtà territoriale dello Zambia. Inoltre la Provincia di Ancona partecipa alla Tavola della pace, alla manifestazione annuale Perugia-Assisi e dal costituendo organismo delle Nazioni Unite per i popoli, quindi partecipa attivamente anche al “Fondo mondiale delle città unite”, un altro organismo internazionale creato appositamente per far veicolare la pace.
Quindi noi, come ogni realtà territoriale che ha parlato questa mattina, ci impegniamo concretamente e attivamente per la creazione non solo di un orizzonte di pace ma per una costruzione concettuale che vada al di là della logica di guerra che pure è presente nella nostra società e che va sconfitta.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore della Provincia di Macerata Riccioni.
MAURO RICCIONI, Assessore Provincia di Macerata. Un saluto a tutti i consiglieri regionali, un saluto agli assessori. Vengo a presentare in maniera succinta quella che è stata l’attività dell’assessorato provinciale alla cooperazione internazionale e alla pace, da me rappresentato per quanto riguarda la Provincia di Macerata. Credo sicuramente che sia il caso di riconoscere unanimemente che la cooperazione internazionale è quello strumento principe per poter governare processi costruttivi di pace, per poter andare a conoscere le tante situazioni di difficoltà, di drammaticità, di guerre, di carestie che vi sono in tutto il mondo. Credo che tutti gli enti locali debbano aprire gli occhi nei confronti dell’Africa e vengo subito a un tema che credo sia centrale in questa discussione, in questo contributo che stiamo dando al dibattito.
Credo che ci sia la necessità di uscire fuori da quella cultura modaiola per cui i conflitti drammatici nel mondo, le situazioni difficili sono solo quelle che vengono rappresentate sui mass-media, quelle che vediamo con i nostri occhi sulle televisioni, così nessuno parla di una guerra come quella della Sierra Leone che si è conclusa, anche se non definitivamente, perché c’è ancora una situazione destabilizzata, in quel luogo, una situazione difficile, che si è protratta per oltre un decennio, bambini-soldato, ragazzini che avevano visto morire davanti ai propri occhi fratelli, sorelle, genitori, che hanno conosciuto solo la guerra, non hanno forse neanche capito che d’altro canto, di fronte alla guerra c’è la pace e che la pace può essere l’altra faccia della guerra, perché per loro la guerra era il lavoro, per loro la guerra era tutto e così le tante situazioni difficili che si vivono in Africa a seguito dei tanti conflitti, rispetto ai quali spesso non si fanno delle operazioni di cooperazione internazionale, perché è difficile trovare quella Ong che lì lavora, lì va a costruire un progetto, lì fa cooperazione decentrata. Così noi ci abbiamo provato, un discorso che abbiamo avviato con lo Zambia, un paese devastato sì da conflitti etnici, ma soprattutto dalla piaga dell’Aids, una piaga sicuramente forte che sta portando a Lusaka, la capitale, a far sì che un cittadino su tre sia malato di Aids, che una persona su due sia sieropositiva. Una situazione che è già esplosiva e che diventerà ancora più grave nel corso dei prossimi 10-15 anni.
In questo progetto, in collaborazione con il Centro missionario Francescano, abbiamo cercato di dare agli orfani di genitori malati di Aids la possibilità di imparare un mestiere, la possibilità di diventare falegnami, di diventare sarte, quindi la possibilità che questi prodotto venissero esportati anche in contesti esteri, anche nel mondo occidentale.
Abbiamo fatto tanti altri progetti, come il “Progetto Santa Fe” per aiutare gli alluvionati italo-argentini, un intervento economico in favore dell’ospedale pediatrico dell’Avana e altri progetti che sono stati strutturati dalla Regione, a cui noi abbiamo aderito, come il progetto che veniva sottolineato prima per quanto riguarda l’Eritrea, l’altro progetto per l’Africa che viene confezionato proprio in questi giorni, anche lì abbiamo dato l’okay. Mi auguro che sul terreno della cooperazione internazionale possa iniziare un processo che veda anche il superamento di quella dicotomia progetti di sfera laica-progetti di sfera cattolica. Secondo me bisogna uscire fuori da questi concetti vetusti, superarli e guardare veramente se quei canali sono giusti per fare un’attività di cooperazione, se con la cooperazione si può anche cominciare una possibilità di aprire un processo di costruzione di pace dal basso.
Vorrei dire altre cose ma il tempo a disposizione è molto succinto, spero di aver dato n minimo di contributo e vi ringrazio.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI
PRESIDENTE. Ha la parola Sorbini, sindaco di Gradara.
SANDRO SORBINI, Sindaco di Gradara. Ringrazio il Presidente del Consiglio regionale e tutti i consiglieri per l’opportunità che ci viene data di presentare l’esperienza di Gradara.
Voglio risparmiare un po’ di tempo chiedendo al Presidente di distribuire questa cartella che raccoglie le iniziative che abbiamo portato avanti negli anni sul tema della pace.
Oggi non deve essere una semplice occasione di formalità, di esprimere un impegno su questo tema, che deve rimanere un parlarsi addosso. Credo che l’occasione di questa giornata sia da cogliere come un contributo all’applicazione della legge regionale n. 9 che è stata richiamata, che è anche lo spunto per questa giornata, perché la legge regionale è molto importante per dare concretezza alla possibilità di costituire una rete di istituzioni, di associazioni e di cittadini che già si impegnano su questo tema e che possono amplificare e rendere ancora più concreto ed evidente l’impegno della nostra Regione sul tema del ripristino della pace nel mondo.
Da questo punto di vista mi permetto di rappresentare, senza falsa modestia, un grande patrimonio che Gradara ha costruito in questi anni, un patrimonio di reti, di rapporti, di contatti fra cittadini e associazioni, prevalentemente, che ha portato la Regione Marche e le città della nostra regione, ad intervenire concretamente sia nei Balcani, sia nel vicino medio oriente, sia, più in generale, sui temi della legalità e dell’educazione alla convivenza.
Abbiamo sostanzialmente cercato di capitalizzare quello che può essere un patrimonio di valori storico-artistici particolari, come quello dei nostri complessi monumentali, con un forte potere di evocazione, di immaginazione, quindi abbiamo cercato di costruire questo “castello della pace” in cui non solo visitatori occasionali e a scopi turistici, ma anche visitatori più motivati e più specializzati nella voglia, nella volontà di costruire rapporti di pace si incontrano periodicamente e cercano di costruire un mondo nuovo.
Oggi in Palestina vivono due cittadini onorari di Gradara, che si chiamano Netah Golan e Nizar Kamal, che hanno deciso di sposarsi. Lei è israeliana e lui è palestinese e nella loro terra questa scelta è praticamente impossibile, non viene riconosciuta dallo Stato israeliano questa possibilità. Hanno scelto di venire in Italia a sposarsi, di corollare questo loro sogno e hanno scelto Gradara. La città di Gradara si è stretta intorno a loro, nel momento della crisi più importante dell’occupazione dei territori palestinesi, nel 2001 il Consiglio comunale ha deciso di assegnare questa cittadinanza onoraria e di intensificare i rapporti e le relazioni con questi giovani e con tutta la cerchia dei loro amici, conoscenti, delle associazioni che si impegnano per la pace. Da lì è nata questa esperienza che si è svolta a Gradara nel mese di ottobre della “Scuola di pace” per i bambini israeliani e palestinesi e che credo sia tra le poche che sono state organizzate direttamente da un comitato organizzatore composto da Comuni, istituzioni, enti locali. Gradara è stato il Comune capofila di una serie di Comuni molto nutrita, a partire dal capoluogo di Pesaro, da Fano, da Jesi, da città dell’Emilia Romagna come Riccione, San Giovanni in Marignano, Misano Adriatica. A questi Comuni, che erano anche quelli che hanno dato vita alla marcia della pace del 21 aprile 2003, si sono aggiunti tanti altri enti locali. Voglio ricordare, per sottolineare il carattere con cui viviamo queste attività, il fatto che il Comune con cui siamo gemellati, Muggensturm in Germania, della provincia di Rastatt, ha aderito a questo progetto, ha finanziato le spese di viaggio di alcuni componenti della “Scuola di pace”, quindi crediamo di interpretare anche in questo modo la volontà della legge di stringere rapporti di gemellaggio non solo con i paesi europei, ma anche far vivere dei rapporti di gemellaggio fra le nostre città europee con questi paesi. Stiamo allargando questi rapporti di costruzione della scuola di pace e posso annunciarvi che a Gradara, nell’anno nuovo, nascerà la sezione italiana dell’associazione “Windows for peace” che è l’unica che pubblica in doppia lingua una rivista scritta dai bambini israeliani e palestinesi e che intende rafforzare, attraverso questa associazione italiana che nasce nella nostra regione, tutta quella rete di contatti che lega ormai l’Italia e anche l’Europa al conflitto più radicale che esiste al mondo, quello del medio oriente.
Le iniziative che abbiamo intrapreso hanno una caratteristica: coinvolgono direttamente e in prima persona i bambini. La Marcia della pace del 21 aprile è stata dedicata a Nawal, figlia di questi nostri concittadini onorari palestinesi ed è stata organizzata e realizzata con la partecipazione diretta dei bambini e delle bambine delle nostre scuole, delle nostre città. In sostanza i bambini non solo di Gradara, sono una sorta di ambasciatori della pace. Voglio ricordare che dalla fine della guerra del Kosovo abbiamo attivato un’associazione di città e di associazioni che si chiama Ludomir e che intende utilizzare il gioco come forte elemento di comunicazione e potente strumento di costruzione di pace.
Concludo proponendo al Consiglio regionale di non disperdere questo patrimonio, riconoscendo alla città di la possibilità di inserire questo centro di documentazione che trovate nella cartella che vi è stata fornita, in abbinamento alla lodevole iniziativa dell’università della pace di Ascoli Piceno, pensando di concretizzare nella Ludoteca per la pace dei popoli dell’Adriatico e dei Balcani che abbiamo istituito a, uno di questi centri e punti di riferimento di questa rete che lodevolmente questa Regione intende costruire.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.
FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Credo che a questo punto sia il caso di accorciare le riflessioni e sintetizzare qualche proposta di ulteriore riflessione su due punti soltanto. Intanto c’è da ringraziare gli enti locali che sono rimasti fino in fondo, due o tre “eroi”. Degli enti locali possiamo dire di essere abbastanza delusi, perché alle riunioni per lo Statuto non ci vengono, anche lì ci sono stati solo due-tre “eroi”: qualche volta abbiamo l’impressione che tra la Regione e gli enti locali ci sia quasi un muro di incomunicabilità. A dire il vero spendo una parola a favore della Regione che cerca il dialogo, ma gli enti locali non mi pare rispondano in maniera consapevole della fase statutaria che stiamo affrontando e anche su questo argomento i nostri amici degli enti locali avrebbero fatto bene anche ad aspettare la replica del Presidente, credo sarebbe stata una cosa molto più corretta. Non mi preoccupo comunque della loro assenza, prendo atto di un grande sforzo delle Amministrazioni locali nel proporre lodevoli iniziative, però ci dobbiamo tutti dire che siamo di fronte a iniziative molto disperse tra loro: non c’è un coordinamento, i Comuni più importanti cercano di correre di più, fanno addirittura politica estera, è tutta roba lodevole, credo in buona fede, con grande passione, anche civile, però non so con quanta efficacia, vista la dispersione di molte risorse, inconsapevolmente, rispetto a quanto avrebbe potuto essere se ci fosse stato un coordinamento unitario.
Abbiamo parlato di Aids, guerre, cooperazione, politica dell’accoglienza, accoglienza degli immigrati, tutto sommato del “diverso”. Faccio un ragionamento che abbiamo fatto con la collega Mollaroli in I Commissione. Credo che quando si parla di pace — l’ho detto nell’occasione in cui abbiamo potuto incontrare il dott. Lotti, poi in un incontro con l’assessore alla pubblica istruzione — sia assolutamente necessario educare alla pace i nostri studenti, soprattutto concentrandoci e concentrandoli sul rispetto per le opinioni diverse. Sembra una cosa banale, però rispetto delle opinioni diverse significa rispetto dell’avversario, ascoltare l’avversario, capire se ha più ragione di noi e capire perché ha ragione più di noi. Se ci pensate bene, inculcare nei giovani il rispetto dell’avversario, delle diverse posizioni significa rispetto delle diversità fisiche, sociali, economiche, razziali, religiose. Se insegniamo tutto questo, probabilmente diamo una cultura in più ai nostri giovani. Ci sono stati colleghi che hanno fatto degli accenni politici: io mi ero preparato anche degli accenni politici. Martoni, per esempio, ha parlato di La Pira: ricordo quanta solitudine aveva La Pira quando cercava di dialogare con Ho Chi Min e il Pci di allora non lo appoggiava, perché La Pira era “dall’altra parte”. Sarà stata la guerra fredda, sarà stato un bipolarismo che era più duro e ideologico di oggi, c’era più bipolarismo allora di oggi e quindi, probabilmente, la tutela delle proprie posizioni portava anche al fatto che un La Pira che tutti hanno santificato, da una parte, che era la sua opposizione, non era condiviso. Ma questo lo consegniamo alla storia ed è una cosa su cui non voglio ritornare.
In questi giorni molti italiani stanno seguendo con una certa passione uno sceneggiato che si chiama “La meglio gioventù”: credo che abbia avuto quasi 10 milioni di spettatori. Il regista di questo sceneggiato è uno che viene dalla sinistra, un sessantottino che non ha rinnegato niente, è ancora della sinistra, ma ha dipinto con coraggio una fase in cui, alle soglie del terrorismo, si cercava di inculcare in molti giovani la cultura dell’odio, cioè istituzioni e padroni andavano abbattuti con la violenza. Oggi con ironia molti giornalisti evidenziano quanti sessantottini stanno dentro Forza Italia: lo sappiamo benissimo. Non sto dicendo che questo sia per loro un approdo finale e completo, però ricordiamoci che c’è stata una fase in cui la cultura dell’odio è sfociata nella violenza, perché non a tutti, quando semi dell’odio, puoi dire che l’odio si deve fermare alle parole, perché le parole, seminando odio, scatenano su molte persone un istinto alla violenza e questo sceneggiato l’ha dipinto molto bene, so che gli italiani l’hanno seguito con una certa attenzione.
Faccio un esempio: qui dentro ci siamo divisi sul G8. Il G8 c’è stato anche quando presidente del Consiglio era Prodi, poi D’Alema, poi Berlusconi e le nazioni erano sempre quelle, però i ragazzi sono stati scatenati soltanto quando c’era un certo presidente del Consiglio. Non credo che il G8 durante la presidenza Amato o D’Alema, abbia prodotto cose eccezionali per il terzo mondo o per chi sta peggio, non mi pare; solo che si è creata una base culturale per dire che il G8, se vi sono certi governanti è una associazione a delinquere, se ci stanno altri non ci si fa caso oppure non si va a contestare. Questa non è educazione.
Credo che l’esempio che debbono dare i consiglieri regionali, i parlamentari, i Comuni sia anche quello di un’educazione ad attenuare la faziosità e di questo ci dobbiamo far carico tutti, perché è vero, probabilmente può accadere con chiunque governi che si pensa che la verità sia da una parte sola, altrimenti a che servono le blindature di bilancio, regionali e nazionali? Quando si respingono in blocco tutti gli emendamenti dell’opposizione, sia che lo faccia Berlusconi, sia che lo faccia D’Ambrosio, è una cosa faziosa, ce lo vogliamo dire o no? Quando si danno incarichi professionali solo ad esperti ritenuti esperti solo perché appartengono ad una sola parte politica, sia che lo faccia D’Ambrosio sia che lo faccia Berlusconi, è una cosa faziosa, perché lascerebbe passare il concetto che “solo chi la pensa come me che governo è capace di gestire alcune cose ed è esperto in alcuni settori”. Quando vogliamo fare questo dibattito? Possiamo parlare dell’Iraq, di Baghdad, dell’Afghanistan, Procaccini; io perderei un po’ di tempo a spiegarlo agli italiani, al di là di chi ce li ha mandati. Allora raggiungiamo questo accordo: non parliamo di chi ce li ha mandati e perché. Ma lo possiamo dire che i nostri soldati si distinguono per una particolare funzione nei confronti di quelle popolazioni che è diversa da altre nazioni? Su questo penso che un compromesso lo possiamo raggiungere.
Ritorno ai Comuni, all’assessore alla pubblica istruzione, ai progetti: quei Comuni che fanno i “Consigli dei ragazzi” hanno portato un esempio educativo notevole e ne abbiamo parlato. Questo è un esempio che va portato avanti, spesso anche oltre alcuni insegnanti che ritengono che quello sia tempo perso, che quello non educhi a niente, oltre che guardare come deve essere tenuto il giardino pubblico, come deve essere tenuta la palestra, ma là dentro i ragazzi dovrebbero imparare la dialettica politica e sappiamo che tanti insegnanti hanno paura a parlare di educazione civica, perché temono che si sconfini nella partitica e nella politica.
Se abbiamo un po’ più di attenzione nei confronti di questo tipo di educazione, questo tipo di educazione è un servizio per l’educazione alla pace, poi a tutto quello che in ostri Comuni hanno fatto vanno la mia stima e il mio apprezzamento, però non credo che — oltre a un’educazione di conoscenza dei problemi, quindi sicuramente allarga la mente, le prospettive, l’educazione — vada al cuore dei giovani per l’educazione della pace, perché a quello ci si deve andare educandoli a non essere faziosi. Qualche volta l’avversario ha ragione, chiunque governi, e di fronte a questa ragione è giusto che maggioranze di diversi colori ne prendano atto.
Io sono stato l’unico consigliere regionale del centro-destra ad aderire alla partecipazione della Regione alla marcia di Assisi. Sono rimasto sbalordito da una dichiarazione dell’on. Bertinotti, quando ha sottolineato, con scandalo, che l’on. Bondi si è recato nello stesso giorno presso la tomba di San Francesco e Bertinotti ha detto “è uno scandalo, perché chi manda i soldati in Iraq non deve predicare sulla tomba di San Francesco”. Non pretendo che Bertinotti conosca la Chiesa e le questioni della Chiesa, ma voglio far presente a Bertinotti che se alla porta del convento bussa Saddam Hussein, secondo la Chiesa deve essere accolto, perché il più grande peccatore è giusto che sia accolto; se ci fosse Hitler o se ci fosse Stalin, dovrebbero essere accolti, come tutti. Ma nessuno, caro D’Angelo, può arrogarsi la pretesa di dire chi è cristiano e chi non è cristiano, chi pecca e chi non pecca, tutto qui. E siccome ho visto delle pretese in quella marcia, nel catalogare le persone, oggi, mi dispiace dirlo, se ci fosse la stessa delibera non potrei apporre la mia firma.
PRESIDENTE. Voglio fare un bilancio degli interventi da fare. Ci sono ancora 7 interventi di consiglieri, più due rappresentanti di Comuni, oltre al Sindaco di Angeloni che prenderà adesso la parola, quindi dobbiamo pensare come organizzarci, mentre Luana Angeloni farà il suo intervento.
LUANA ANGELONI, Sindaco di Senigallia. Signor Presidente, signori consiglieri, l'Amministrazione Comunale di Senigallia è impegnata concretamente per l'attuazione di iniziative ed interventi finalizzati alla promozione nel territorio dei temi dei diritti umani e della pace.
Tali politiche hanno sempre potuto contare su di una grande sensibilità diffusa all'interno della comunità locale e su quella profonda aspirazione alla pace testimoniata in più occasioni dal tessuto sociale e culturale senigalliese, con un segno particolare rappresentato da una massiccia e consapevole presenza del mondo giovanile.
Sul fronte della cooperazione, da alcuni anni il nostro Comune sostiene la causa dell'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, volgendo azioni di solidarietà nei confronti della popolazione Saharawi, un piccolo popolo del deserto che da oltre 25 anni si trova esiliato dalla propria terra, nel disinteresse internazionale e ai limiti della sopravvivenza. Il nostro Ente, in collaborazione con l'Associazione “Il Seme", accoglie un gruppo di bambini durante il periodo estivo. Un periodo durante il quale i bambini frequentano i centri estivi, vivono esperienze di gioco, di svago, hanno la possibilità di socializzare con i bambini del posto, traendone innumerevoli benefici per il loro sviluppo psico fisico e creando un ponte di solidarietà tra la nostra comunità ed il popolo saharawi. Tale esperienza rappresenta altresì un arricchimento culturale ed umano anche per i bambini della nostra città che hanno la possibilità di confrontarsi con una realtà di vita dura, ma molto ricca di valori.
Analogamente il Comune di Senigallia, insieme all'Associazione "Un Tetto", porta avanti ormai da quattro anni un progetto di accoglienza dei bambini di Litva, piccolo villaggio bielorusso interessato dagli effetti della nube di Chernobyl. Il progetto, oltre a perseguire il primario obiettivo del "risanamento" rispetto agli effetti di Chernobyl, ha di fatto creato una rete sociale grazie alla quale si è rafforzato il rapporto tra Senigallia e la comunità di Litva, tanto da affiancare al progetto accoglienza un ulteriore progetto di azioni (scuola di italiano per insegnanti e ragazzi, rifacimento del tetto della scuola, ecc.) verificate e pianificate direttamente in loco.
Ma forse la realtà più consolidata esistente nel nostro territorio, che opera da nove anni ormai sul versante della promozione e tutela dei diritti umani è rappresentata dalla Scuola comunale di pace di Senigallia.
Si tratta di un'istituzione davvero significativa, che coinvolge molte donne, uomini ed associazioni della nostra città, attraverso la partecipazione a corsi e seminari, ma con una formula aperta anche a quegli eventi di carattere artistico, come recital, films o concerti, in grado di stimolare una partecipazione emotiva alle questioni proposte. E’ un'esperienza che ci permette di arricchire la nostra conoscenza, spesso falsata da una informazione sempre più' superficiale e distratta; una realtà che interroga le nostre coscienze costringendoci a fermarci e a riflettere.
1 temi scelti per i corsi generali della Scuola Comunale di Pace, presentano sempre contenuti di forte attualità e sono intimamente e drammaticamente direi legati ai mutamenti intervenuti nello scenario politico mondiale. Lo scorso anno il motivo proposto era: L'esercizio della memoria contro la globalizzazione della mente, tema che conteneva una sorta di invito a coltivare l'esercizio della memoria come riscoperta delle proprie radici ed antidoto verso un presente che cancella tutto in un attimo.
Quest'anno l'argomento scelto è stato quello della giustizia e dei diritti, da leggere come richiamo verso un impegno forte e chiaro a scoprire le ragioni vitali della nonviolenza, rispettando la legalità, praticando la giustizia, tutelando i diritti propri ed altrui. Il programma prevede una serie di appuntamenti di qualità per il forte richiamo. Venerdì prossimo il procuratore generale Giancarlo Caselli discuterà sul tema della legalità, della giustizia e dei diritti. Il prossimo 22 gennaio verrà proiettato il film Segreti di Stato del regista Nicola Tranfaglia con la partecipazione di Paolo Benvenuti ed in collaborazione con l'Istituto Regionale della Storia del Movimento di Liberazione delle Marche. In aprile sarà la volta delle giornaliste Giovanna Botteri e Giuliana Sgrena a confrontarsi sulla questione sempre più attuale dei limiti del diritto di cronaca. Oltre alle conferenze il programma prevede un seminario sulle religioni monoteistiche, un corso di formazione per docenti sul tema del bullismo a scuola ed un laboratorio di musicoterapia per l'educazione alla pace e all'intercultura. Esperienze che richiamano un forte pubblico, caratterizzato da una notevole presenza di giovani.
Negli ultimi tempi abbiamo vissuto eventi dolorosi, nei quali le grandi contraddizioni che caratterizzano il mondo attuale si sono affacciate con tutto il loro pesante carico di drammaticità: dall'ingiustizia di un nord del mondo sempre più ricco a scapito di porzioni dell'umanità condannate a lottare ogni giorno contro la fame e la morte, sino alla sempre più evidente incapacità di risolvere attraverso la via della diplomazia e del dialogo, quei focolai di guerra che sempre più frequentemente divampano nel globo. Ed allora se c’è una cosa che gli ultimi drammatici eventi ci hanno insegnato è che non possiamo sempre delegare agli altri le scelte che riguardano il nostro futuro, che queste vicende ci riguardano tutti, hanno a che fare con noi, con le nostre decisioni concrete e con i nostri gesti quotidiani.
Per queste motivazioni realtà come quelle della Scuola comunale di pace di Senigallia rappresentano un patrimonio prezioso per la nostra comunità, fondato su una testimonianza concreta di riflessione, di impegno e di solidarietà da parte di tante donne e tanti uomini. Per questo meritano l’attenzione e il sostegno dell’istituzione comunale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Questa giornata e questa discussione sono un’occasione di riflessione. Cercherò anch’io rapidamente fornire alcuni spunti.
E’ evidente che la pace non può essere garantita negando contemporaneamente diritti essenziali all’uomo, quali quelli alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’ambiente, con la permanenza di paesi in una costante povertà, in una costante situazione di discriminazione, di mancanza di democrazia e di regimi che convivono con un modello economico che si arricchisce su questo stato di discriminazione.
Anche paesi ricchi di risorse non sono messi in condizioni di poter garantire diritti essenziali e ancora oggi nel XXI secolo sono necessarie delle battaglie per diritti essenziali, anche una battaglia per il diritto al cibo, il diritto alla sovranità alimentare dei popoli, il diritto a coltivare i prodotti per il mercato interno e non prodotti destinati all’esportazione sui mercati internazionali dove questi hanno un valore e vengono scambiati come delle commodities, mercati del nord del mondo; paesi in condizioni di dover esportare prodotti alimentari come caffè, cacao, olio di palma, canna da zucchero, cotone, per approvvigionarsi di valuta necessaria per restituire i prestiti forniti spesso da istituzioni internazionali come il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale. E non c’è bisogno di pensare soltanto ai paesi dell’Africa, basta pensare anche all’Argentina, il quinto paese al mondo per esportazione di prodotti alimentari in cui si verificano sistematicamente morti di bambini per denutrizione.
Viene negato l’accesso alle risorse produttive anche con meccanismi nuovi, inventati recentemente da questo sistema, come la ”brevettazione della vita”, che espropria i popoli dal libero uso delle varietà vegetali selezionate nel corso degli anni dagli agricoltori. E’ proverbiale il caso della brevettazione da parte di una società texana del riso basmati, il prodotto più importante che nel sub continente indiano viene prodotto di grande qualità, che è stato brevettato e oggi addirittura gli agricoltori, se vogliono seminare lo stesso riso devono pagare dei brevetti a queste società multinazionali. Persino queste aberrazioni ci siamo inventati, e sono delle invenzioni recenti, degli ultimi anni.
Il III Rapporto delle Nazioni unite sulla fame nel mondo presentato a Ginevra alcuni mesi fa dice che mai come in passato le imprese multinazionali in molte regioni del mondo controllano il sistema alimentare e non esiste un sistema di garanzia giuridica per gli abusi in questo settore. La denutrizione persiste in un pianeta che pure produce alimenti più che sufficienti per nutrire tutta la popolazione e la distribuzione delle risorse e il modello neo-liberista sono responsabili della miseria e della denutrizione. Il Rapporto va anche oltre, dice che così come inizialmente, in passato, i garanti dei diritti umani si attivarono per arginare gli abusi di potere, oggi ci si deve muovere per limitare gli abusi di potere delle imprese multinazionali in campo alimentare. Ma questi diritti fondamentali oggi continuano a essere un’impossibilità, per alcuni paesi, di un diritto di accesso e autogestione libera delle risorse, delle materie prime. Penso alle ricchezze di interi paesi in mano a società estere che certamente non operano nell’interesse delle popolazioni residenti, penso alle zone costiere della Nigeria, ricchissime di petrolio, dove vediamo scene di popolazioni indigenti a cui vengono negati diritti essenziali, nonostante che dal loro territorio provenga una risorsa che altrove ha determinato ricchezza di interi paesi. Penso anche al diritto di accesso ai farmaci. Proprio in questi giorni c’è stata una “Giornata nazionale sull’Aids” che ha avuto come fulcro l’iniziativa promossa in Sudafrica da Nelson Mandela e in questi giorni la stampa internazionale, i mass-media ci hanno riparlato di questa malattia che è incurabile dove non c’è ricchezza ed è perfettamente curabile dove invece le risorse sono diversamente distribuite. Una progressione della malattia che in Africa è completamente diverse rispetto all’Europa ed è direttamente in relazione con il mancato accesso a tutta una serie di farmaci disponibili, anche per una gestione dei prodotti farmaceutici da parte delle imprese che detengono i brevetti.
Chiudo dicendo che, superata la cooperazione allo sviluppo sulle grandi opere che in passato sono state più necessarie alle imprese che le realizzavano o che vendevano tecnologie spesso ingestibili a paesi in cui non era possibile attivare una rete di assistenza tecnica per i prodotti che venivano esportati, non è stata questa azione rafforzata in direzione dello sviluppo di tecnologie appropriate e un’azione pesante, forte, su piccoli progetti di cooperazione collocati all’interno di una grande strategia complessiva per consentire lo sviluppo e la pari opportunità a tutti i paesi e popoli di questa terra.
L’allargamento agli enti locali delle possibilità di intervenire con progetti di solidarietà e di cooperazione ha certamente concorso ad arricchire la qualità della cooperazione del nostro paese, anche quando questa è stata poco coordinata, come è stato rilevato giustamente dal collega che mi ha preceduto. Credo che una riflessione sia quella di recuperare comunque un maggior ruolo alle Ong che in passato sono state estromesse anche da una parte degli interventi e dalla partecipazione a livello nazionale, alla definizione di progetti che pure, in passato, avevano dato buoni risultati. Si insiste invece sul finanziamento a favore di agenzie governative ed intergovernative che hanno un costo che ritorna poi nel nostro paese, troppo elevato, ed hanno una ricaduta in termini finanziari, rispetto all’investimento effettuato, certamente non favorevole come quello gestito dalle Ong o dai piccoli progetti di cooperazione.
Non si può tacere sul fatto che proprio i bilanci di questi ultimi anni registrano una crescita delle spese militari. La spesa militare accrescere il prodotto interno lordo di paesi ricchi, le guerre sono viste da molte società che vendono tecnologia militare come occasione per rafforzare i propri bilanci e riportare a utile le loro operazioni finanziarie di investimento. Anche l’Italia è tra i paesi — con la finanziaria approvata recentemente — che ha rafforzato, incrementato la spesa militare. Questo è un dato che non riguarda solo gli Stati Uniti o i paesi del sud del mondo. Nel nostro paese la convivenza, la nonviolenza, l’educazione alla pace devono entrare nella cultura e nell’azione quotidiana, affinché la politica sia conseguente e coerente alla volontà di pace che viene da tutti i cittadini.
PRESIDENTE. Ha la parola Davide Favi, assessore del Comune di Chiaravalle.
DAVIDE FAVI, Assessore Comune di Chiaravalle. Dopo avere ascoltato gli interventi, comunque mi atterrò allo spirito di questa riunione, senza esimermi dal fare alcune precisazioni.
Secondo me la pace è qualcosa che non si pota ma sicuramente si costruisce e le azioni per costruire la pace sono quelle di cooperazione internazionale.
Perché dico questo? Perché la guerra, un conflitto non è lo strumento che costruisce la pace anzi la distrugge e la pace va ricostruita e mantenuta dopo che sempre e comunque c’è stato un conflitto. Non condivido che nel terzo millennio ci si adoperi per riportare in un paese destabilizzato quello che è un diritto di tutti gli uomini. Noi che cosa abbiamo fatto? Abbiamo fatto un progetto, partecipando ad un bando della Regione Marche, di cooperazione internazionale decentrata. L’abbiamo fatto noi come ente promotore e il progetto è stato co-finanziato dai Comuni di Monte San Vito, Monsano e Camerata Picena, cercando di ricostruire quel tessuto che viene a mancare dopo che c’è stato un conflitto. L’obiettivo generale del nostro progetto era quello di promuovere lo sviluppo socio-economico delle comunità locali a Mostar, in Bosnia. Questo perché con il susseguirsi di queste “guerre preventive” tutte le attenzioni vengono di volta in volta concentrate sull’emergenza e sull’immediato, tralasciando poi tutte quelle azioni che si erano intraprese, spostandole sull’ultimo conflitto vigente.
Che cosa è successo? Che nei Balcani, dopo un primo intervento massiccio di aiuti umanitari si è lasciata la società civile senza nessun aiuto, senza avere ancora ricostruito, riportato alla normalità questo paese. Quindi l’obiettivo specifico promosso da questo progetto a Mostar era quello dello sviluppo socio-economico. Nello specifico era d’integrare e differenziare i redditi dei piccoli produttori agricoli dell’area di Mostar nord, garantendo loro nuove opportunità produttive e commerciali attraverso la diffusione e l’ampliamento della produzione biologica, prevedendo una suddivisione di questo progetto in due attività principali: una formativa, per i cooperanti e l’altra di avviamento alla produzione biologica.
Questo perché noi riteniamo fondamentale che questo nuovo tipo di fare cooperazione diventi anche interscambio tra le comunità locali e gli enti locali, al di qua dell’Adriatico, perché questa era un’esigenza fortemente sentita anche dall’Amministrazione locale di Mostar. Io sono stato là alla fine del progetto e non abbiamo quasi mai parlato del progetto in sé e per sé. Loro lamentavano una cosa: che molte volte noi arriviamo a fare cooperazione con progetti già preconfezionati, che difficilmente si calano sulla realtà locale. Ci siamo accorti, con associazione Tamat che ha fatto il progetto in loco, di questa stortura e abbiamo lasciato il canovaccio del nostro progetto, mantenendo gli obiettivi finali e calandolo appunto sulla realtà locale, coinvolgendo tutti coloro che dovevano essere gli attori principali di questo primo mattone, un piccolo mattoncino che noi abbiamo messo ma che dobbiamo continuare a far crescere per dare la possibilità che diventi effettivamente una casa con un tetto. Questo diventa difficile, e ce ne rendiamo conto, come enti locali. Nonostante tutte le nostre difficoltà di bilancio, riteniamo fondamentale promuovere comunque queste azioni.
Dobbiamo fare in modo che la comunità europea faccia in Bosnia ciò che ha fatto per la Turchia, però fino a quando questo problema non verrà affrontato dalla comunità europea, dobbiamo farci promotori di piccole iniziative che comunque servono a rincuorare coloro che si sentono abbandonati e lasciati per conto proprio.
Non vorrei rubare altro tempo agli interventi e vorrei concludere dicendo che, passando per il boulevard di Mostar a piedi, dopo sei anni dalla fine del conflitto, calpestare gli avvallamenti delle granate, vedere le facciate dei palazzi ancora completamente distrutti, arrivare alla fine di questo boulevard, la strada che segnava il confine tra i due schieramenti, i bosniaci e i croati, arrivare nella piazza molto grande, dove c’è l’unico edificio estremamente moderno, sede di una banca, ricordarlo nelle immagini della televisione, con i cecchini che sparavano sulla popolazione, non capisco come si possa ancora oggi pensare che l’unica azione che possa promuovere la pace in ogni luogo sia un conflitto ed una guerra.
PRESIDENTE. Ha la parola il vicesindaco di Grottammare Maria Cristina Costanzo.
MARIA CRISTINA COSTANZO, Vicesindaco di Grottammare. Il tema della solidarietà internazionale e della cooperazione allo sviluppo è stato certamente uno degli elementi che più hanno caratterizzato l'azione politica e amministrativa del Comune di Grottammare negli ultimi anni.
Ciò nella consapevolezza che nel nuovo scenario globale ogni scelta politica locale deve tener conto della necessità di stabilire relazioni più eque e solidali tra tutti i popoli del pianeta al fine di conseguire condizioni di vivibilità e sicurezza per le future generazioni.
Oltre a perseguire obiettivi di autosufficienza alimentare e processi di sviluppo autosostenibile nelle realtà interessate ai progetti, le iniziative intraprese hanno avuto lo scopo di far crescere la suddetta consapevolezza nell'insieme della popolazione locale. Pertanto tali iniziative hanno visto il coinvolgimento della cittadinanza di Grottammare, sia nel reperimento delle risorse necessarie, che nel contatto diretto con le comunità co-interessate.
Oltre che per il consistente impegno del Comune, l'avvio ed il successo di tali progetti è stato possibile, grazie al sostegno finanziario della Regione Marche, della Provincia di Ascoli Piceno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le iniziative intraprese ed ancora in corso, in ordine cronologico, sono le seguenti: progetto Itiuba in Brasile; progetto Argirocastro in Albania; progetto saharawi, una popolazione peraltro ben conosciuta alla regione marche che si è fatta promotrice del progetto; progetto Isola di Sal, Capo Verde; progetto bambini di Gaza e progetto Chiapas
Progetto Itiuba: il progetto rivolto a questa cittadina brasiliana dello Stato di Bahia, di 35.000 abitanti, gemellata con Grottammare, afflitta da una gravissima siccità ha lo scopo di contrastare gli effetti di questo fenomeno naturale, sostenendo esperienze pilota di economia compatibile con le risorse presenti nel territorio.
Il progetto, avviato nel 1996 è consistito nel finanziare uno studio idrogeologico del territorio volto ad individuare i siti ove scavare pozzi artesiani di acqua potabile, per poi procedere concretamente alla realizzazione di otto pozzi in altrettante frazioni. Successivamente si è proceduto ad implementare nel sito che tra quelli individuati presentava le migliori condizioni oggettive (buona quantità e qualità di acqua erogata, presenza di aree pianeggianti da coltivare, disponibilità dei residenti a formare una cooperativa agricola) la realizzazione di un serbatoio, di una rete idrica di irrigazione, di una piantagione di frutta esotica e di un laboratorio per la lavorazione della produzione.
La gelatina di frutta, la marmellata ed il miele prodotti nel laboratorio in questione, oltre a soddisfare le esigenze delle popolazioni coinvolte costituiscono l'oggetto di un ulteriore sviluppo del progetto originario, in fase di reperimento delle risorse necessarie, denominato "frutti della solidarietà". che tende a importare nel nostro Paese, nell'ambito della rete del commercio equo e solidale tale produzione.
Nel febbraio dell'anno in corso una delegazione di circa 25 cittadini di Grottammare si è recata a Itiuba per conoscere la popolazione locale e prendere atto dei risultati raggiunti con il progetto.
Un originale sviluppo del progetto Itiuba, attualmente in fase di concretizzazione, è il "progetto rondine", che consiste nel mandare in quella località brasiliana, nel periodo della nostra stagione fredda (analogamente agli uccelli migratori), un gruppo di anziani di Grottammare con significative esperienze professionali alle spalle, prescelti sulla base in un apposita rilevazione condotta tra i giovani di Itiuba, allo scopo di trasmettere loro utili competenze professionali.
Il 15 gennaio prossimo partirà da Grottammare il primo gruppo di cinque pensionati.
Progetto Argirocastro: tale progetto consiste nel sostenere ed affiancare il Comune di Argirocastro, importante città del sud dell'Albania, gemellata con Grottammare, nel processo di formazione degli strumenti di governo del territorio. Il progetto iniziato nel 1999 con il sostegno della Regione Marche, in collaborazione don l'ARCI, ha lo scopo di favorire il rafforzamento della democrazia locale albanese, attraverso la formazione di regole condivise per l'uso sostenibile delle risorse del territorio. Esso ha già dato importanti risultati, molto apprezzati dalle autorità locali e nazionali albanesi. E' già stata realizzata l'aereofotogrammetria del territorio; sono stati pubblicati gli studi preliminari per la pianificazione urbanistica ed è stato allestito, presso il Comune albanese, un moderno ufficio di pianificazione. 1 tecnici comunali di Argirocastro sono stati formati all'uso dei più sofisticati programmi di gestione informatizzata della cartografia tramite un
intervento formativo svolto a Grottammare e, successivamente, in Albania. E' stato inoltre realizzato un suggestivo depliant turistico che associa le risorse storico culturali e paesaggistiche delle due città gemellate. Attualmente è in fase di finanziamento, nell'ambito della Legge 84/01, uno sviluppo di questo progetto, volto a realizzare il piano di recupero del centro storico della città, indispensabile per conseguire il riconoscimento da parte dell'UNESCO quale patrimonio dell'umanità.
Nel Settembre dello scorso anno una ventina di cittadini grottammaresi si sono recati in Albania per visitare la città e conoscere la popolazione locale.
Progetto Saharawi: il progetto consiste nel consentire a circa sessanta bambini saharawi di trascorrere il periodo estivo, in una decina di località marchigiane, di cui Grottammare è il comune capofila. Tale soggiorno ha lo scopo di alleviare la sofferenza degli stessi bambini, costretti sin dalla nascita a vivere in condizioni di particolare precarietà in una zona desertica situata nel sud dell'Algeria. Il progetto, avviato nell'estate del 1999, anche al fine di sostenere le istanze di liberazione e di autonomia della popolazione del Sahara occidentale, vede il Comune di Grottammare attivarsi ogni anno per organizzare, con il sostegno finanziario della Regione Marche, il viaggio ed il soggiorno dei bambini interessati.
Nell'ambito di tale iniziativa il Comune di Grottammare ha siglato un protocollo di gemellaggio con la tendopoli di Yreifia e ha partecipato con suoi amministratori a varie missioni.
Progetto Isola di Sal: il progetto in questione nasce dal Gemellaggio di Grottammare avvenuto nel Luglio del 1999 con questa municipalità facente parte della Repubblica africana di Capo Verde.
L'obiettivo principale perseguito è quello di sostenere l'infanzia e la gioventù dell'isola che rappresenta la gran parte dell'intera popolazione.
Tra le azioni realizzate spiccano la fornitura di un'incubatrice e di altre apparecchiature sanitarie, la fornitura degli strumenti musicali necessari alla creazione di un banda musicale giovanile, acquistati grazie ad una consistente sottoscrizione tra la popolazione di Grottammare, e l'attivazione di due borse di studio che hanno già consentito il raggiungimento, presso un Istituto Professionale del nostro territorio, della Qualifica professionale nel settore elettronico e della pesca ad altrettanti giovani capoverdiani. Una giovane capoverdiana ospite della nostra cittadina frequenta attualmente il 4' anno di scola media superiore.
Nel 1999 e nel 2000 folte delegazioni di cittadini grottammaresi si sono recate a Sal per visitare l'isola e conoscere la popolazione del luogo.
Progetto bambini di Gaza: questo progetto avviato nel 2002 ha consentito a bambini palestinesi provenienti da Jabalya di trascorrere il mese di Agosto a Grottammare. Le risorse necessarie per il viaggio dei bambini sono state raccolte tra i cittadini, mentre il Comune si è fatto carico delle spese per la loro ospitalità.
Lo scopo dell'iniziativa, realizzata in collaborazione con l'associazione palestinese Remedial Education Center, ha lo scopo di allontanare i bambini coinvolti, da un contesto caratterizzato da guerra e violenza oltre che da condizioni socio economiche particolarmente difficili. Il periodo trascorso in Italia oltre ai riflessi positivi sul benessere fisico dei bambini ha chiaramente l'intento di produrre un sollievo psicologico fondamentale per lo sviluppo della loro esistenza.
Progetto Chiapas: è il progetto più recentemente avviato dal Comune di Grottammare in collaborazione con l'associazione Mani Tese. Esso ha lo scopo di sostenere politicamente e materialmente una tra le comunità indios della regione messicana del Chiapas, che si sono autocostituite in "municipi autonomi" per rivendicare un'autonomia che salvaguardi dalla definitiva scomparsa il grande patrimonio culturale che le caratterizza.
Oltre all'invio di una delegazione ufficiale per la firma del Gemellaggio con il Municipio Autonomo Ernesto Che Guevara, avvenuta nel Gennaio dell'anno in corso, il Comune di Grottammare ha finanziato con la somma di 5.000 Euro la realizzazione di un piccolo acquedotto al servizio di un centro umanitario a disposizione di vari Municipi autonomi.
Ringrazio per l’attenzione, ho portato al Presidente alcune pubblicazioni che riguardano due dei nostri progetti e ne lascerò all’ingresso alcune che possono essere date ai consiglieri.
PRESIDENTE. A conclusione di questi nostri lavori voglio intanto ringraziare tutti i sindaci, i presidenti di Provincia che si sono fatti rappresentare da autorevoli rappresentanti delle loro Province, assessori o presidenti di Commissione. Numerosi enti locali, ben 22 hanno partecipato a questi nostri lavori. Ringrazio anche i consiglieri regionali Novelli, Viventi, D’Angelo, Cecchini, Castelli, Luchetti e Tontini che hanno rinunciato ad intervenire per permettere la conclusione di questi lavori ad un’ora adeguata, invitandoli a presentare un documento scritto che sarà pubblicato prima possibile sul resoconto che già da questa sera sarà sul sito Internet e successivamente qualora decidessimo di produrre gli atti di questi nostri lavori. Io sono dell’idea che è giusto produrre gli atti di questi nostri lavori.
Perché in Consiglio regionale aperto? Mi pare sia una domanda alla quale ancora rispondere, perché ho ascoltato nella discussione punti di vista ancora diversi sulla necessità di fare Consigli regionali aperti anche su questo tema.
Io sono convinto che questo Consiglio regionale aperto ha in sé i semi di due-tre questioni fondamentali, anche dal punto di vista simbolico.
Intanto credo sia stato opportuno convocare, nel giorno che noi abbiamo deciso di destinare alla celebrazione della “Giornata della pace” nella nostra regione, una seduta di questo tip perché ci permette di far emergere uno dei tanti volti, non noti, delle Marche: il volto delle Marche generose. Qui, oggi, 22 sindaci o rappresentanti di Provincia hanno presentato i loro progetti che prima di oggi venivano condotti e gestiti silenziosamente, autonomamente, senza che nessuno li conoscesse. Sappiamo che non si racchiude qui la generosità dei marchigiani, perché forse in misura addirittura più numerosa associazioni, Onlus, parrocchie e tanti altri soggetti stanno operando nella stessa direzione.
Credo che questo volto delle Marche spontaneamente generose — perché nessuno li ha organizzati, ognuno per conto proprio, come tante formichine stanno raccogliendo dei materiali per soddisfare alcune necessità primarie dei paesi meno sviluppati — era giusto che in qualche modo emergesse. Il dato che abbiamo ascoltato questa mattina — appena 27,91 euro sono sufficienti per sfamare una famiglia di sette persone per un mese — credo che sia per ognuno di noi un fulmine che ci mette nella condizione di ragionare su questo dato e di trovare anche misure limitate, parziali, individuali, che comunque non risolvono il problema della fame nel mondo, ma ovviamente danno un segno tangibile e concreto di un possibile intervento di sostegno e di sollievo.
A me interessava organizzare questo Consiglio regionale aperto per cogliere un paio di trasformazioni che hanno avuto anche le nostre città. Intanto, oggi abbiamo parlato di città che si stanno interessando di costruire le loro relazioni molto al di fuori delle mura, delle proprie mura. Fino a qualche decennio fa le città marchigiane erano assolutamente prese dalla necessità di organizzare servizi e vita all’interno delle proprie mura. Oggi anche la città più piccola delle marche è nelle condizioni di cominciare a porsi problemi di intervenire in realtà molto lontane: da Capo Verde al Brasile, al Sahara, in una serie di direzioni. Lo stesso volto dei marchigiani sta cambiando direzione, perché fino a 30 anni fa i sindaci delle nostre città, nella migliore delle occasioni, se uscivano per delle relazioni esterne alla loro città guardavano il nord perché era il luogo nel quale si recavano i loro cittadini, era quindi la realtà territoriale con la quale costruire le proprie relazioni, anche istituzionali. Se guardate i gemellaggi delle nostre città vanno tutti in quella direzione. Ebbene questo fatto, dell’esistenza del quale abbiamo preso atto oggi, è decisamente nuovo: le nostre città cominciano a volgere il proprio sguardo sempre più verso il sud, sempre più verso le aree dalle quali partono immigrati che arrivano da noi, affrontano con noi la propria scommessa di vita, il proprio progetto di vita e questo rappresenta una assoluta novità.
Questo protagonismo delle città a me interessava che si manifestasse in questa realtà, la realtà del Consiglio regionale, in un momento in cui noi dobbiamo costruire lo Statuto regionale, uno Statuto che deve prendere atto assolutamente di questo nuovo protagonismo, ma non deve cedere a questo protagonismo un tentativo di possibile, anche ingenuo, anche inconsapevole svuotamento dell’aula consiliare, perché se il sistema della rappresentanza in questi venti anni è cresciuto, se l’autonomia delle città è diventata più forte, la personalità delle città è più forte che in passato, se dobbiamo dare una veste, un’organizzazione a questi soggetti che rappresentano un elemento di vitalità, non possiamo permettere che questa vitalità svuoti l’aula consiliare, sia essa la vitalità dei sindaci sia essa la vitalità dell’associazionismo economico-sociale.
Questo sistema della rappresentanza deve essere incardinato nel Consiglio regionale e nello Statuto dobbiamo prevedere che questa vitalità marchigiana potenzi l’attività del Consiglio, non gli sottragga funzioni.
Credo che sia un elemento fondamentale, allora, dare una risposta positiva alla discussione che abbiamo fatto, cioè la discussione non si conclude, ma domai deve trasformarsi in una azione, a seconda delle indicazioni che sono arrivate in questo dibattito che ritengo interessante, a partire da una questione che è stata evidenziata: è ora, ormai, anche se la legge è recentissima, di fare una valutazione del funzionamento di questa legge, prevederne gli eventuali emendamenti, gli aggiustamenti laddove non è adeguata e aggiustamenti sono stati richiesti da più interventi, quindi una indicazione di lavoro pratica e concreta è stata assolutamente avanzata.
Una serie di interventi che sono stati avanzati in questa sede meritano assolutamente una sistemazione. Noi dobbiamo produrre, ora che conosciamo tutti gli interventi degli enti locali della nostra regione, una mappatura della tipologia degli interventi stessi, capire laddove è più produttivo intervenire, quindi dove è meno dispersivo impegnare le risorse, selezionare così dei campi di intervento e fare in modo che sia possibile privilegiare alcuni interventi piuttosto che altri.
Credo che la giornata di oggi sia stata, da questo punto di vista, interessante e che sia stato il primo passo e il primo anno nel quale noi produciamo un’azione di questo tipo. L’augurio è che l’anno prossimo prevediamo il 10 dicembre, come quest’anno, una seduta che non riguarda soltanto le istituzioni ma anche la cosiddetta società civile organizzata, in grado di produrre azioni positive e in grado di interagire con le istituzioni, in un modo assolutamente importante.
Mi auguro quindi — e opereremo in questa direzione — che Ufficio di presidenza, Commissione e Giunta possano concordare delle azioni e arrivare il 10 dicembre dell’anno prossimo, con un progetto che riguardi la valorizzazione dell’attività della comunità marchigiana intesa in senso di attori istituzionali e sociali nella direzione di valorizzare il rapporto nord e sud delle Marche e sud del mondo.
Quest’anno — non vorrei che passasse inosservato — noi abbiamo dato concretezza ad un’azione avviata su proposta del consigliere Luchetti l’anno scorso, in occasione della “Giornata della pace”: l’anno scorso scrivemmo a tutti i missionari marchigiani chiedendo loro di presentare dei progetti da finanziare, eventualmente, con le nostre risorse o con risorse che avremmo aggiunto alle nostre. I missionari marchigiani si sono adoperati per avanzare dei progetti, li abbiamo attentamente valuti, abbiamo raccolto, con il contributo delle Province e con il contributo di altri soggetti, una quantità di risorse che ci permette di dare concretezza a questa azione. Non abbaino selezionato “un” progetto, “il” progetto migliore, ma abbiamo suddiviso le risorse, non tante, di cui disponevamo, in tanti soggetti quanti sono i missionari che hanno avanzato dei progetti, semplicemente perché ci è sembrato giusto, il primo anno, nell’avvio, dare un segno di attenzione al “soggetto missionario” che è ambasciatore di pace nel mondo e dare un’attenzione alla comunità missionaria marchigiana. Non risolveremo certamente i problemi della fame, diamo soltanto un contributo, intanto, di solidarietà, poi anche un contributo materiale a chi, tutto sommato, probabilmente conduce, nel modo più anonimo possibile, più disinteressato e con il maggiore slancio possibile, disponendo di pochissime risorse, una vita che noi rischiamo di scoprire molte volte in occasioni luttuose, come ci è capitato, purtroppo, in questo anno.
Per questo abbiamo inteso assegnare ad ogni missionario una quota delle risorse raccolte, pari, indipendentemente dalla dimensione del progetto. Questa è stata una scelta condivisa che ritengo, tutto sommato, intelligente.
L’augurio è che nel progetto l’anno prossimo si possa aggiungere alla comunità che oggi si è ritrovata in quest’aula, anche tutto il sistema dell’associazionismo ed il sistema delle Onlus, il sistema che interviene direttamente, spontaneamente, per conto proprio.
Mi interessa in particolare valutare, senza imporre niente a nessuno, senza cercare di togliere vitalità a nessuno, senza chiedere a nessuno di rinunciare la proprio protagonismo ed alla propria visibilità, se è possibile porsi una domanda e cercare una risposta su un tema che non riguarda soltanto la questione della pace, del rapporto nord e sud, ma su un tema pregnante della comunità marchigiana che è il seguente: è possibile passare dalla generosità spontanea alla generosità organizzata? Questo lo ritroviamo in tutti i settori. Noi abbiamo una società estremamente vitale, che si organizza per conto proprio, che si dà uno slancio proprio per intervenire. E’ possibile selezionare, coordinare l’azione di tutti, individuare pochi interventi, in modo da non disperdere quelle poche risorse che metteremo insieme, moltiplicare le disponibilità perché un’attività anche di raccolta fatta convergendo su alcuni obiettivi possa essere moltiplicata, come pure un’attività di intervento potrebbe avere effetti ancora più ampi se non fosse dispersa e dispersiva. Qui c’è il tema del rapporto tra le città e con la Regione. Nessuna centralizzazione, massimo della libertà nell’azione dei singoli e delle città, ma tanto meglio se all’azione dei singoli e delle città riusciamo a dare un quadro di riferimento dentro il quale ognuno si deve sentire assolutamente libero, ma può essere anche libero di cooperare con gli altri soggetti per raggiungere un obiettivo condiviso dentro un programma condiviso. Quindi dalla solidarietà, generosità spontanea, alla solidarietà e generosità organizzata. Se ce la facciamo a raggiungere questo obiettivo, piano piano ci educhiamo a produrre atti di questo tipo in tutti i settori e credo che questo sia un compito assoluto che i consiglieri regionali debbono avere nel proprio statuto personale.
Vi ringrazio. L’appuntamento è alle prossime sedute sulle quali svilupperemo la giornata di oggi.
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 14,35