Resoconto seduta n. 188 del 20/04/2004
La seduta inizia alle 10,55



Approvazione verbale


PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 187 del 6 aprile 2004.

(E' approvato)




Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 241, in data 1 aprile 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Disposizioni in materia di funzioni relative al riutilizzo, al riciclo e al recupero dei rifiuti”, assegnata alla IV Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 242, in data 19 aprile 2004, ad iniziativa dei consigliere Brini, Giannotti, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti e Trenta, concernente: “Modifica alla l.r. 14 dicembre 1998, n. 45 ‘Norme per il riordino del trasporto pubblico regionale e locale nelle Marche’ “, assegnata alla IV Commissione in sede referente.




Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 130, in data 13 aprile 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Definizione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi per l’anno 2004 ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n. 18/96 e successive modificazioni concernente la promozione e il coordinamento delle politiche di intervento in favore delle persone disabili”, assegnata alla V Commissione in sede referente;
— n. 131, in data 13 aprile 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Aggiornamento del programma finanziario di ripartizione dei finanziamenti per la ricostruzione post-terremoto anno 2004”, assegnata alla IV Commissione in sede referente.



Proposte di regolamento
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di regolamento:
— n. 19, in data 13 aprile 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Disposizioni in attuazione della legge regionale 3 giugno 2003, n. 11, sull’incremento e la tutela della fauna ittica e la disciplina della pesca nelle acque interne”, assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 20, in data 13 aprile 2004, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Istituzione del registro regionale delle persone giuridiche private”, assegnata alla I Commissione in sede referente.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono statte presente le seguenti mozioni:
— n. 362 dei consiglieri Mollaroli, Franceschetti, Amati: “Gratuità del servizio prestito nelle biblioteche”;
— n. 363 dei consiglieri Mollaroli, Tontini, Giannotti, Cecchini, Gasperi, Secchiaroli: “Crisi aziendale della ditta Ultramobile S.p.A. di Calcinelli di Saltara”;
— n. 364 del consigliere Castelli: “Dichiarazione di interesse regionale della tratta ferroviaria Ascoli-Roma ‘Ferrovia dei due mari’ ”.




Nomina

PRESIDENTE. Ho provveduto, con decreto n. 47 del 6 aprile 2004 alla seguente nomina: di n. 2 rappresentanti effettivi, di cui uno con funzioni di presidente, e di n. 1 rappresentate supplente nel collegio dei revisori dei conti della Finanziaria regionale Marche.



Leggi regionali promulgate
dal Presidente della Giunta

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha promulgato le seguenti leggi regionali:
— n. 6, in data 6 aprile 2004, concernente: “Disciplina delle aree ad elevato rischio di crisi ambientale”;
— n. 7, in data 14 aprile 2004, concernente: “Disciplina della procedura di valutazione di impatto ambientale”.


Dichiarazione di illegittimità
da parte della Corte costituzionale

PRESIDENTE. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 10, della legge regionale 24 luglio 2002, n. 10, concernente: “Misure urgenti in materia di risparmio energetico e contenimento dell’inquinamento luminoso”.




Deliberazioni presentate dalla Giunta regionale

PRESIDENTE. Sono state presentate dalla Giunta regionale le seguenti deliberazioni,
— n. 315, concernente: “Art. 27, l.r. 19.2.2004, n. 3 - Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato e delle relative spese euro 24.000,00”;
— n. 316, concernente: “Art. 27, comma 1, l.r. 19.2.2004, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti da assegnazioni di fondi dallo Stato per il programma interregionale ‘Monitoraggio dei sistemi irrigui’ euro 78.313,00”;
— n. 317, concernente: “Art. 3, l.r. 19.2.2004, n. 2 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione euro 31.444.589,20”;
— n. 318, concernente: “Art. 3, l.r. 19.2.2004, n. 2 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione euro 59.609.238,00”;
— n. 319, concernente: “Art. 20, comma 3, l.r. 11.12.2001, n. 31 – Prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie per l’integrazione dello stanziamento di capitoli compresi nell’elenco n,. 4 ‘Elenco delle spese dichiarate obbligatorie’ del bilancio 2004 euro 90.000,00”.
— n. 344, concernente: “Art. 27, comma 1, l.r. 19 febbraio 2004, n. 3 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per l’attuazione di programmi interregionali euro 1.981.619,00”;
— n. 345, concernente: “Art. 27, comma 1, l.r. 19 febbraio 2004, n. 3 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato e delle relative spese euro 30.540.710,97”.



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere Romagnoli.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, il consigliere Procaccini. Ne ha facoltà.

CESARE PROCACCINI. Chiedo l'anticipazione dopo la discussione sulle proposte di legge, delle tre mozioni da noi presentate sulla questione del ritiro dei militari italiani dall'Iraq.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Esprimo la mia contrarietà, come ho già detto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Credo non sia possibile insistere per rendere questo Consiglio una palestra di discussione sulla politica internazionale. Capisco quanto anima il consigliere Procaccini, ma credo che questo argomento debba rimanere in coda al Consiglio così come fissato, in maniera che si possa andare avanti e si possa sciogliere il nodo della legge n. 20 rispetto al quale noi diamo un giudizio estremamente negativo, altrimenti debbo pensare che la maggioranza non vuole, in realtà, affrontare il dibattito su questa questione e ha trovato l'éscamotage di una discussione interminabile sull'Iraq per non trattare nemmeno nella seduta di oggi questo argomento molto spinoso per la Giunta regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Vorrei chiedere l'anticipazione del punto 8, riguardante la proposta di legge n. 225 al secondo punto dell'ordine del giorno, dopo le interrogazioni, perché questa è una legge che noi possiamo approvare anche rapidamente, mentre sono d'accordo con la richiesta che ha avanzato il collega Procaccini di fare, dopo queste due leggi, la mozione sull'Iraq, che da tempo giace in Consiglio regionale.
Se siamo d'accordo, credo di darci, per la mozione sull'Iraq, come abbiamo fatto anche per altre mozioni, dei tempi, magari distinguendoli tra i gruppi maggiori e i gruppi minori, dieci e cinque minuti, in modo da proseguire con la legge 20, perché è ben strana la posizione che ha qui espresso il presidente del gruppo di Forza Italia, che addebita alla maggioranza la non volontà di approvare la legge 20 quando sappiamo, invece, che sulla legge 20 sono stati presentati decine di emendamenti dall'opposizione, con un intento ostruzionistico proprio per non approvarla. Per approvare la legge 20 c'è bisogno semplicemente che vengano ritirati gli emendamenti ostruzionistici e noi siamo pronti ad approvarla anche subito.

OTTAVIO BRINI. Guarda che ti mandiamo a casa subito questa mattina: siete in 7, non avete la maggioranza.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Non si può addebitare alla maggioranza una volontà che è espressamente manifestata da parte dell'opposizione, di fare ostruzionismo su quella legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Io chiedo addirittura l'anticipazione della discussione della legge 20, perché noi abbiamo fatto una trattativa con il presidente della Commissione per fare un emendamento unanime e condiviso, quindi possiamo sbrigarci rapidamente della cosa e affrontare come primo punto la legge 20.

PRESIDENTE. Ho tre richieste da mettere in votazione.
Pongo in votazione la richiesta di anticipare la proposta di legge regionale n. 225 al punto 2 dell'ordine del giorno.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di anticipare la discussione delle mozioni nn. 290, 292, 326, 332 e 342 al punto 5 dell'ordine del giorno.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di anticipare la discussione della proposta di legge regionale n. 226 al punto 2.
Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Credo che questo sia il momento giusto, se la maggioranza è d'accordo, per fare la proposta 20 perché ci sono le condizioni ci sono i consiglieri regionali, non ci sarebbe il problema della decadenza degli emedamenti eventuali, quindi invito la maggioranza a fare ad anticipare questa proposta di legge rispetto a tutto il resto.

Il Consiglio non approva

(Dissensi da parte dei consiglieri di minoranza)



Interrogazione (Svolgimento): «Area ex Montedison sita in Comune di Falconara M. individuata ad elevato rischio crisi ambientale» Cesaroni (748)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 748 del consigliere Cesaroni. Per la Giunta risponde l'assessore Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. "In riferimento all'interrogazione di cui all'oggetto si comunica che il Servizio Tutela Ambientale per quanto di competenza risponde alle questioni sollevate ai punti dal 2 all'8, fino alla data del 27/5/2003, data in cui il Ministero dell'Ambiente ha dichiarato il sito di interesse nazionale:
Il Servizio non è in possesso della perizia eseguita dal Dr. Nedo Bianconi se non per la parte trasmessa in allegato all'interrogazione.
Presentazione del Piano della Caratterizzazione richiesto in sede di conferenza dei Servizi, a cui il Servizio Tutela Ambientale ha partecipato, indetta dal Comune di Falconara ai sensi del DM 471/99, del 23/01/02. Solo dopo la Caratterizzazione sarà possibile a norma di legge procedere alla stesura di un progetto di bonifica dell'area.
Come previsto dal D.M. 471/99 la Regione partecipa a tutte le conferenze dei Servizi nella quali vengono valutati gli elaborati tecnici relativi alle azioni di bonifica dando, ove lo ritenga necessario, prescrizioni e/o richieste di integrazioni. I controlli sul campo spettano, come da legge, alla Provincia che si avvale dell'ARPAM.
Come indicato nel D.M.471/99 le ditte che propongono le bonifiche devono avere la capacità tecnico economica per eseguire quanto proposto.
Il D.M. 471/99 prevede che all'approvazione del Progetto definitivo di Bonifica il soggetto attuatore definisca una fideiussione a favore della Regione in ragione di almeno del 20% del costo della Bonifica; la fideiussione sarà svincolata solo quando la Provincia, come esplicitamente citato nel D.M. 471/99, avrà certificato l'avvenuta bonifica dell'area.
I controlli sul campo in merito alla giusta esecuzione di tutte le azioni di bonifica approvate, spettano, come già indicato, alla Provincia con il supporto dell'ARPAM; si rammenta inoltre che detti controlli sono necessari al fine di poter procedere al termine dei lavori, alla certificazione dell'avvenuta bonifica da parte della Provincia così come espressamente richiesto dal D.M. 471/99, e allo svincolo della fideiussione da parte della Regione.
In data 27 maggio 2003 il Ministero dell'Ambiente con Decreto n. 83 suppl. ord. G.U. n. 121 perimetra il sito di interesse nazionale denominato Falconara Marittima, dando così corpo al sito nazionale individuato dall'art. 114 comma 20 della L. 29 dicembre 2000 n. 388. Con la perimetrazione viene trasferita al Ministero dell'Ambiente la titolarità delle procedure di cui al D.M. 471/99. I1 sito richiamato nell'interrogazione è parte integrante del sito di interesse nazionale.
Il 10 giugno 2003 si è tenuta la prima Conferenza dei Servizi convocata dal Ministero in cui si è stabilita la presentazione di un Piano della Caratterizzazione sulla scorta delle decisioni già attivate nelle conferenze locali.
La Regione partecipa sia in sede di eventuali commissioni tecniche sia di conferenze dei servizi alla valutazione critica degli elaborati tecnici con l'espressione di voto nelle conferenze decisorie.
I controlli sull'esecuzione delle azioni approvate spettano al Ministero che può avvalersi sul campo o delle sue emanazioni tecniche (APAT) o degli Enti tecnici territoriali ARPA, nella fattispecie ARPAM.
Per quanto specificatamente posto ai punti 1 e 9 dell'interrogazione, come già premesso, occorre precisare che a seguito dell'avvenuto inserimento, ai sensi dell'art 14 della L. 179/02 del "sito di Falconara M.ma" tra quelli di "interesse nazionale" e con la sua definitiva perimetrazione (comprendente anche l'area in questione), tutte le procedure per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale sono in capo al Ministero dell'Ambiente e all'apposita Conferenza di Servizi. Prima dell'individuazione delle definitive soluzioni progettuali per il ripristino ambientale e il riuso urbanistico dell'area, occorrerà necessariamente procedere all'esecuzione ed approvazione del Piano di caratterizzazione finalizzato a definire con esattezza le are interessate dall'inquinamento per procedere poi alla stesura dei progetti di bonifica, tenendo conto che sull'area insiste un edificio definito monumento di archeologia industriale e che parte di essa potrà essere interessata dalla riorganizzazione infrastrutturale del nodo ferroviario di Falconara.
Allo stato attuale, non essendo stato a tutt'oggi esaminato dalla predetta Conferenza Ministeriale il Piano di Caratterizzazione del sito, non risulta possibile ipotizzare le soluzioni progettuali più adeguate e la tempistica per i definitivi interventi di ripristino e riuso dell'area che comunque dovranno essere correlati alle esigenze di recupero e restauro dell'edificio tutelato e alle più generali esigenze di risanamento ambientale dell'area ad elevato rischio al cui interno il sito ex Montedison è ricompreso.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Cesaroni.

ENRICO CESARONI. Ringrazio l'assessore per la risposta e per l'impegno, comunque la risposta è stata tecnica, d'ufficio, mentre io volevo anche una risposta politica, visto che si tratta di una situazione che interessa una località non molto lontana dalla sua residenza. Io mi sono battuto in altre sedi istituzionali per cercare di fare chiarezza su questo sito. Che lei non sia a conoscenza di una perizia fatta dal tribunale mi sembra assurdo, in quanto un tecnico incaricato dal tribunale ha fatto una perizia descrittiva, che mette in risalto molti problemi di quel territorio, con i rischi che comportano. E' strano che la Regione non l'abbia agli atti una perizia di questo valore.
L'altra cosa importante è che politicamente c'è stata una forte volontà da parte del Comune di Falconara e della Provincia di Ancona per approvare velocemente questo sito. In questo sito dobbiamo costruire alberghi e case per i cittadini. E' una perizia che prevede un alto rischio di inquinamento, pericolosissimo per la salute pubblica. Il Comune e la Provincia hanno fortemente voluto quest'area edificabile, rispetto alla quale il sottoscritto aveva fatto emendamenti in Consiglio provinciale per cambiarne la destinazione d'uso, perché quell'area doveva essere un polmone verde per la ricchezza di Falconara. Di Falconara si parla tanto, si parla di Api ed altre cose, ma poi i fatti vanno avanti e rimane tutto com'era prima, anzi peggiora, perché in quella realtà è molto pericoloso fare quelle costruzioni. Io ho chiesto l'intervento della Regione per un controllo e penso che lei sia la persona più adatta, perché vive a Falconara ed è pertanto la persona più indicata per fare questo tipo di controllo e per scongiurare qualsiasi iniziativa rischiosa per i cittadini.
E' strano che le perizie fatte dai tribunali non contano niente, mentre conta la volontà politica delle amministrazioni comunali e provinciali per mandare avanti un'area di insediamento produttivo e residenziale.
La ringrazio per la risposta tecnica che mi ha dato, assessore, ma è solo tecnica e io mi auguro che le risposte tecniche del servizio corrispondano a quella dell'assessore, però mi permetto di condannare le scelte politiche di quell'Amministrazione di centro-sinistra che governa Falconara, perché quelle scelte mettono a rischio e pericolo i cittadini di Falconara. Mi permetto di condannare, su questo, anche l'Amministrazione provinciale di Ancona che ha fatto una forzatura, anche in Consiglio provinciale, contro la volontà di tanti consiglieri, dato che questo piano regolatore è andato avanti a maggioranza con una forte resistenza dell'opposizione. Le abbiamo provate tutte, adesso mi sono appellato alla Regione Marche per verificare e far stare tranquilli i cittadini. Penso che persona più adatta dell'assessore regionale all'ambiente non ci sia, perché lei abita in quel territorio e ne conosce i problemi.




Interrogazione (Svolgimento): «Richiesta motivazioni esclusione delle Accademie di Macerata e Urbino dalla convenzione già stipulata dalla Regione con le quattro Università: finanziati 18 progetti con l’utilizzo di 2,999 milioni di euro assegnati dal CIPE per il triennio 2002-2004» Massi (978)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 978 del consigliere Massi. Per la Giunta risponde il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. La delibera Cipe 36 del 3 maggio 2002 ha ripartito le risorse per interventi nelle aree depresse per il triennio 2002-2004, ha assegnato alla Regione Marche, tra l'altro, risorse pari a euro 2.999.000 da impiegare per i settori ricerca e formazione.
In considerazione delle indicazioni fornite dalla stessa delibera Cipe, che richiedeva la coerenza dei progetti con le priorità programmatiche regionali, la Giunta regionale, con propria deliberazione n. 618 del 7 maggio 2003 ha definito i settori di intervento nell’ambito dei quali investire le risorse rese disponibile dal Cipe. I settori, con specifico riferimento alle risorse destinate ad interventi nel settore della ricerca, sono stati così definiti: ambiente, beni culturali, innovazione nelle piccole e medie imprese.
Questi settori prioritari d'intervento risultano coerenti con le indicazioni programmatiche generali individuate dalla Regione Marche nel proprio programma regionale di sviluppo e ribadite nel documento di programmazione economica e finanziaria regionale 2003-2005.
La legge n. 508 del 21 dicembre 1999, come modificata dalla legge n. 268 del 22.11.2002 di conversione del decreto legge 212/2002 "Riforma delle accademie di belle arti, dell’accademia nazionale di danza, dell’accademia nazionale di arte drammatica, degli istituti superiori per le industrie artistiche ecc., sancisce che le accademie "costituiscono il sistema dell'alta formazione artistica e musical" ed indica le stesse come "sedi primarie di alta formazione, di specializzazione e di ricerca nel settore artistico e musicale".
La Giunta regionale pertanto, pur non disconoscendo la funzione formativa in campo artistico storicamente svolta dalle accademie di Macerata e Urbino e la funzione di collegamento con il territorio da esse svolta, ha ritenuto che, in considerazione dei settori di intervento nei quali sono state finalizzate le risorse Cipe da destinare alla ricerca, fosse più coerente e strategicamente funzionale il coinvolgimento nella definizione e realizzazione dei progetti da realizzare degli atenei marchigiani che svolgono istituzionalmente il ruolo di attori della ricerca e dello sviluppo delle innovazioni in collegamento con il tessuto industriale regionale.
Ciò peraltro non pregiudica l'eventualità che in relazione a future finalizzazioni di risorse in azioni rivolte a progetti di ricerca e formazione in ambiti di specifica loro pertinenza possa essere previsto il diretto coinvolgimento delle suddette accademie.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Ho compreso qual è stata la ratio della decisione. Voi avete fatto una valutazione complessiva di questi progetti, peraltro pervenuti alla Giunta regionale. Però sono due le cose che vorrei far notare. La prima è che se andiamo a vedere nel merito questi progetti, ci sono, incredibilmente, progetti proposti dai nostri atenei che riguardano, ad esempio, il recupero e restauro dei beni culturali.
Con tutto il rispetto delle nostre università, di cui siamo tutti orgogliosi, sono andate a presentare dei progetti che vanno ad invadere il campo delle accademie dove si insegna il restauro, il recupero. La beffa, a mio avviso, è stata questa. Cosa possiamo dire? Che sicuramente nel comitato delle università cui la Regione partecipa, bisognava dare una linea almeno sulla programmazione. Vogliamo almeno dire che le università, che sono specializzate in tecnologia avanzata — Ancona, Politecnico — o le università del diritto o della scienza, della chimica, della biologia o dei settori del commercio e dell'economia si astengano dal proporre progetti che vadano ad invadere direttamente il settore specifico delle accademie?
Di contro le accademie non hanno presentato i progetti, però è anche vero che le accademie di Macerata oggi insegnano il design industriale a livelli eccellenti, perché le nostre aziende della moda e della calzatura si avvalgono dei docenti e degli studenti delle accademie stesse, perché studiano il modo di presentare il nostro prodotto.
Ho capito che questa è stata una fase di passaggio anche abbastanza veloce, però c'è sicuramente questa contraddizione.
Chiedo ufficialmente alla Giunta e all'assessorato competente, oltre a dichiarare la volontà, che il Presidente ha esaminato, di dichiarare in futuro anche i progetti dell'accademia, chiedo che venga data una linea ben precisa su cui le accademie possano presentare i loro progetti e lo stesso le università.
Se permettete siamo di fronte all'ennesimo caso di istituzioni che non fanno sistema. I nostri eccellenti atenei non si parlano tra loro, quindi è l'ennesima dimostrazione della nostra Regione...

UGO ASCOLI. Stanno cominciando.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Sarebbe proprio urgente, assessore.
E' l'ennesimo caso in cui ognuno è eccellente e bravo da sé, però non parla con gli altri e siccome in epoca di ristrettezza economica sarebbe il caso di incentivarli al loro interno a selezionare i progetti e poi a concertarli anche con gli altri, se questa volontà che voi avete dichiarato di aprire alle accademie si tramuterà in un messaggio di strategia un po' più concreto e preciso, credo che avremmo fatto un servizio utile, perché mi pare che la nuova sfida sia quella della ricerca, dell'innovazione e del premio al genio inventivo, quindi credo che un impulso dalla Regione su questo è urgente e va sollecitato subito.


Interrogazione (Svolgimento): «Progetto di cava della Valle del Cerreto a San Severino Marche» Grandinetti e Brini (1020)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 1020 dei consiglieri Grandinetti e Brini.
Per la Giunta risponde il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta.
Le strutture tecniche dell'Amministrazione regionale ancora non conoscono il progetto oggetto dell'interrogazione. Ciò in quanto la proposta di coltivazione è stata presentata a seguito dell'entrata in vigore del Programma Provinciale delle Attività Estrattive di Macerata.
La norma di riferimento (art. 13 della L.R. n. 71/1997) stabilisce un procedimento per cui il progetto di cava deve essere presentato al comune territorialmente competente il quale provvede alla successiva trasmissione del progetto stesso e delle relative valutazioni motivate, all'Amministrazione Provinciale.
La Provincia, mediante apposita Conferenza dei servizi alla quale partecipano rappresentanti di Comune, Corpo Forestale dello Stato e Regione, rilascia la compatibilità ambientale e l’autorizzazione paesaggistica.
L’Amministrazione regionale analizzzerà la proposta di progetto in questione proprio in sede di Conferenza dei Servizi indetta dalla Provincia di Macerata effettuando in quella sede tutte le valutazioni del caso tenendo in debito conto delle indicazioni riportate nelle premesse dell'interrogazione stessa.
Vale la pena ripercorrere brevemente tutti i vari passaggi che hanno condotto alla presentazione del progetto per il quale viene mossa la presente interrogazione.
Il Piano Regionale delle Attività Estrattive approvato con DACR n. 66 del 9 aprile 2002, pubblicato nel supplemento n. 18 al BURM n. 80 del 16/07/2002) ha individuato per la Provincia di Macerata 37 aree di possibile esenzione per i materiali di difficile reperibilità o non sostituibili solo per affioramenti esterni ai divieti di cui all'articolo 6, comma 3 della L.R n. 71/1997 e esterni ad altri criteri indicati dal Piano Regionale.
Il progetto per il quale si chiedono chiarimenti ricade all'interno dell'area di possibile esenzione del PRAE "AZ - Monte San Pacifico". La Provincia con il proprio PPAE e a seguito di analisi di dettaglio, ha confermato l'area come di esenzione indicandola come "Bacino 2". Pur non conoscendo i dettagli progettuali per i motivi sopra indicati, la proposta estrattiva dovrebbe rientrare proprio all'interno di un'area di esenzione confermata dal Programma provinciale di Macerata il quale avrebbe dovuto già in sede di redazione effettuare tutti gli approfondimenti circa le interferenze tra gli impatti introdotti da una attività di cava e le varie componenti ambientali del territorio.
Il Piano Regionale prevede meccanismi di controllo (verifica di compatibilità) solo per le aree di esenzione individuate nei Programmi Provinciali per quei materiali di difficile reperibilità non cartografati nel Piano Regionale stesso. Il caso in questione non rientra nelle possibilità di un nuovo controllo regionale.
In questo caso, sulla base delle numerose aree di possibile esenzione cartografate dal PRAE, le analisi preliminari sulla conferma del sito sono state effettuate dall'Amministrazione Provinciale nella fase di redazione del proprio Programma Provinciale.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Ringrazio il Presidente per la risposta e faccio notare alcune cose importanti.
Il piano cave della provincia di Macerata è stato il primo a venire alla luce, ho l'impressione che sia un piano cavia, dato che c'è lo stesso consulente che dà giudizi in Regione e c'è lo stesso consulente ad Ascoli Piceno che dà giudizi legali sul piano cave, che poi servirà alle altre Province.
Noi abbiamo fatto queste osservazioni non tanto sul piano cave nel suo complesso, perché ho visto che nella conferenza di servizi ha destato perplessità anche negli organi regionali e ho riscontrato una sensibilità all'ambiente anche nella risposta di poco fa.
San Severino è città d'arte. Questo non toglie che là non si possano fare delle attività estrattive, però nel caso della cava del Cerreto, si tratta di una cava che sarebbe in linea d'aria a 500 metri dalla piazza che è una delle più belle delle Marche e da tutte le posizioni si vedrebbe questo buco che non si potrebbe poi più aggiustare, perché una volta bucate le montagne di calcare, non ci si salva più.
Poi ci sono dei problemi di conformità al piano cave, ma sono problemi su cui è tornato con una interrogazione il consigliere D'Angelo, c'è una dichiarazione dello stesso consigliere D'Angelo insieme al consigliere Procaccini, c'è anche una lettera di critica a quanto è stato fatto dalla Provincia da parte del sottosegretario Martusciello ecc. Noi dobbiamo cercare di scongiurare questa grave ferita che sta portando al blocco del piano cave nel suo complesso. Se sa che sulle cave pressioni ci sono, quindi, probabilmente, è stata inserita questa cava al centro di una città d'arte su pressione di qualcuno. Poi, blocca tutto il piano cave di Macerata e probabilmente porta anche un disservizio a coloro che devono lavorare, cioè agli imprenditori, ai cavatori, alle persone che legittimamente vogliono espletare il loro compito, ma questa volta la cosa è stata talmente grossa, è andata agli occhi dei cittadini, sono nati dei comitati trasversali, dall'estrema sinistra alla destra, che si sono costituiti da parte di giovani che hanno giustamente a cuore l'ambiente, specialmente quando confligge al centro della città con il panorama e il futuro della stessa.
So che la Regione comincia ad essere critica verso questo piano, ci sono tante possibilità per estrarre lo stesso materiale. Mi fa anche pensare il fatto che poi sia stato collocato, questo piano cave, su San Severino, su Cingoli, su Gagliole e su Camerino in forma più ridotta, cioè vanno a toccare città che vivono di turismo, stanno sviluppando l'agriturismo, hanno una versatilità, più che di industria e di artigianato, sotto il profilo del turismo, di un turismo nuovo che deve anche cercare di riequilibrare il nostro territorio, quindi un turismo a livello di stazioni balneari, sviluppando però ancora di più le nostre colline che sono comparabili con questi nuovi modi di operare per cercare di attirare le persone.
Occorre cercare di essere pronti a recepire quello che i nostri organi hanno già cominciato ad annotare su questo piano, specialmente su questa cava all'interno di una città ed è ora che i personaggi pubblici che devono rispondere alla gente comincino anche a spiegare le loro decisioni. Quando prendono tali decisioni bisogna che spieghino perché l'hanno fatto. E' troppo facile, adesso, cercare di cambiare l'ubicazione, pure cosa ben fatta. Infatti, si sta parlando di ubicazione da un'altra parte, sullo stesso territorio che è già alterato da un'escavazione che esiste da decenni ed è già una buona soluzione, però bisogna capire perché è stato fatto precedentemente tutto ciò. Vorrei capire con quale criterio la Provincia di Macerata ha cercato di intaccare, il centro di una città d'arte tra le più belle delle Marche.



Proposta di legge (Discussione e votazione)
«Norme per la promozione, il riconoscimento e lo sviluppo delle associazioni di promozione sociale» Giunta (225)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 225, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Mi scuso per non essere stata tempestiva. Cercherò di recuperare.
La proposta di legge 225 trae fondamento da un'importante legge nazionale, la 283 del 2000 che disciplina le associazioni di promozione sociale. E' una legge molto importante, che definisce quali associazioni sono considerate di promozione sociale e attiva strumenti (un osservatorio nazionale) e mette a disposizione risorse affinché le associazioni di promozione sociale possano svolgere iniziative di utilità sociale per se stesse e per terzi.
All'art. 8 della legge nazionale si dice che le Regioni possono, con proprie leggi, attivare un osservatorio regionale per le associazioni di promozione sociale e istituire un registro delle stesse associazioni e l'attivazione di questi due strumenti consente alle associazioni di promozione sociale di svolgere la propria iniziativa, ma anche — e qui è la novità — di potersi convenzionare con enti pubblici al fine di svolgere iniziative di carattere sociale ed altro.
Con questa legge, che trae fondamento dalla legge nazionale, discipliniamo le associazioni di promozione sociale. Abbiamo scelto, diversamente da quanto fa la legge nazionale che dà una definizione molto generica, di caratterizzare le associazioni di promozione sociale della nostra regione, di attivare, oltre al registro regionale, un registro comunale, perché sappiamo che nella nostra realtà regionale, ma complessivamente nella realtà italiana, in questi anni sono nate numerosissime associazioni. Questa è una straordinaria ricchezza della nostra regione e anche della nostra nazione. Quindi, con questa scelta che è tipica della nostra legge noi abbiamo tenuto in considerazione anche altre normative regionali. E' una novità che attraverso la nostra legge regionale noi consentiamo anche l'attivazione di registri comunali. Perché questo? Perché esiste una ricchezza di iniziative e di associazioni che probabilmente non è possibile contenere tutte nelle dimensioni e nei criteri delle caratterizzazioni regionali. Indichiamo anche, nella legge, quali sono le forme di sostegno che la Regione mette a disposizione e come possono essere destinate le risorse, quindi per sostenere l'attività, per consentire anche di ammodernare le sedi o di affittare sedi, quindi per fare in modo che questo mondo, che questa rete possa avere riconoscimenti, sedi, strumenti per poter operare al meglio, perché riconosciamo che questa sia una funzione straordinaria di questa rete di associazionismo e discipliniamo anche, all'art. 13, le modalità con le quali le associazioni di promozione sociale possono convenzionarsi con i soggetti pubblici.
Noi diciamo molto precisamente, all'art. 13 — perché questo è un punto delicato — che la Regione, gli enti locali e anche altri enti pubblici possono stipulare convenzioni con le associazioni che hanno un minimo di riconoscimento e di tempo di attività presenti nella regione, per attuare progetti che siano integrativi di attività di promozione sociale verso terzi, non sostitutivi, perché sappiamo che nel settore delle politiche sociali, culturali — queste sono le finalità entro cui operano le associazioni di promozione sociale, esiste una iniziativa degli enti pubblici, una iniziativa del terzo settore e a partire dall'attivazione di questa legge può coesistere anche un'iniziativa dell'associazionismo di promozione sociale. Occorre che queste non siano sostitutive, quindi abbiamo scelto con molta convinzione, facendo un ragionamento molto complesso e articolato tra di noi, che la funzione di questo associazionismo, anche per svolgere iniziative di gestione di servizi ed altro, possa essere soltanto integrativa.
Credo che con questa legge facciamo un passo avanti significativo nella nostra regione, riconosciamo il valore di questo mondo cosiddetto del non profit, lo incardiniamo dentro un percorso di forte integrazione con altri soggetti che già operano e credo che con questo strumento nuovo che con la legge 225 ci diamo, consentiamo e offriamo possibilità, arricchiamo l'offerta, per consentire alla nostra Regione e agli enti pubblici di svolgere funzioni, di attivare servizi che rispondano sempre di più ai bisogni articolati, a volte persino personalizzati, a volte persino individuali, che il mondo delle politiche sociali richiede.
Quindi la legge è stata discussa molto seriamente e serenamente nella V Commissione, abbiamo lavorato in grande sintonia tra maggioranza e minoranza, tant'è che la legge la portiamo in aula già all'unanimità, quindi credo che possa riconfermare questo consenso e credo che diamo una risposta a questo mondo che esiste, che non ha avuto fino ad ora regole e che, attraverso questo strumento può avere una sua valorizzazione un riconoscimento, un incardinamento in queste politiche integrate pubblico-privato sociale, che credo possa essere estremamente utile ai fini di arricchire le iniziative degli enti locali e di altri enti pubblici della nostra regione.

PRESIDENTE. Non è presente il relatore di minoranza, quindi apro la discussione.
Non vi sono richieste d’intervento, quindi ha la parola l’assessore Secchiaroli.

MARCELLO SECCHIAROLI. Penso che la reazione della collega Mollaroli abbia già evidenziato l’importanza di questa legge. Volevo soltanto aggiungere a quanto già detto dalla collega Mollaroli, che questa legge completa tutta la normativa regionale rispetto al cosiddetto terzo settore. Abbiamo la legge sul volontariato regionale, anche qui c’è una riforma in atto collegata direttamente con la riforma che si sta discutendo a livello nazionale, abbiamo fatto la modifica della nostra legge regionale sulla cooperazione sociale, mancava questa legge sull’associazionismo di promozione sociale, siamo la terza regione in Italia che norma questa parte importante del terzo settore e nel frattempo è nato, per iniziativa dell’associazionismo di cooperazione sociale, della cooperazione sociale, nella nostra regione, ufficialmente, anche il forum del terzo settore, quindi questa legge va a inserirsi in un momento di unitarietà delle diverse forme di associazionismo sociale e va a costituire, per la prima volta, un punto di riferimento preciso che questi soggetti del terzo settore hanno pur essendo i loro compiti diversi, il loro modo di rapportarsi diversi, ma si rafforza quel modello a rete che stiamo consolidando con l’applicazione della riforma e con il ruolo fondamentale che in questa riforma del sociale assumono questi attori sociali. Sono strumenti nati da loro, io volevo ringraziare la Commissione per il lavoro svolto unitariamente, ma vorrei anche ringraziare le associazioni che hanno contribuito in modo determinante alla stesura di questo testo. Mi riferisco ad Arci, Acli, Auser, Ancescao e Compagnia delle opere, che in un gruppo di lavoro hanno permesso, ancora una volta, di formulare un sto di legge aderente alla realtà concreta e ai bisogni concreti che questa parte importante della società marchigiana ha nel welfare.

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Questa proposta è stata licenziata all’unanimità all’interno della Commissione, perché era una legge le cui finalità e gli oggetti che costituiscono la parte centrale dell’articolo 1 tendono al riconoscimento giuridico e alla regolamentazione del pluralismo, oltre che all’autonomia delle associazioni che si occupano di promozione sociale. Dal punto di vista tecnico il relatore di minoranza Pistarelli, che non è presente per un contemporaneo impegno professionale ma che sarà presente al momento della votazione dell’intero testo, ha ritenuto opportuno non presentare alcun emendamento perché si riconosce in questo testo così come è stato elaborato dalla Commissione. Questa legge era da lungo tempo attesa, assieme alle altre leggi che si occupano della cooperazione sociale, che si occupano del non profit e, come ha ricordato l’assessore, completa l’arco del vario tipo di associazionismo, per cui voteremo a favore di questo e degli altri articoli, poi interverremo sul merito complessivo al termine dell’articolato.
Pongo in votazione l’articolo 1.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Iniziative regionali per le celebrazioni del sessantesimo anniversario della Resistenza e della Guerra di Liberazione per la diffusione della conoscenza delle persecuzioni subite dal popolo ebraico e dai deportati» Giunta (208)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 208, ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Questa proposta di legge sulla promozione di iniziative per il 60° anniversario della liberazione che si celebrerà il prossimo 25 aprile, unitamente a proposte analoghe elle Province di Pesaro e Urbino e di Macerata, è molto importante. E’ infatti un atto un tentativo di revisionismo generale che rischia di creare una frattura nella memoria storica. Il tentativo è quello di creare una zona grigia dove tutto diventi uguale, dove i carnefici vengano equiparati alle vittime, dove la decontestualizzazione degli avvenimenti venga utilizzata per un basso dibattito politico dell’oggi.
Lo scopo delle proposte è quello di rafforzare nei giovani e nell’intera società, sia la coscienza di quegli avvenimenti, sia la conoscenza, sia anche la consapevolezza che attraverso quei valori della Resistenza e dell’antifascismo, si difendono oggi i cardini della nostra Repubblica democratica. Unitamene a ciò si vuol anche ricordare il dramma delle deportazioni, delle persecuzioni subite dal popolo ebraico.
In definitiva le finalità di questa proposta sono anche quelle di dare un impegno maggiore per l’attualità e per il futuro contro il ripetersi di altre guerre, di altri drammi, di altri olocausti.
L’articolato della legge è molto semplice. L’art. 1 definisce le finalità, attraverso iniziative sulla diffusione del patrimonio della Resistenza e sulla conoscenza delle persecuzioni subite dai deportati.
L’art. 2 definisce le caratteristiche, le iniziative ed anche i criteri per soggetti pubblici e privati, in primo luogo le Province ed i Comuni ma anche le associazioni, le scuole ed il mondo più vasto delle articolazioni democratiche per convegni, per concorsi ed anche per iniziative di tipo culturale. A mio modo di vedere, a questo proposito l’istituenda università della pace potrebbe costituire un elemento concreto, visibile per la raccolta di documentazione. l’art. 3 è quello che prevede il finanziamento di queste iniziative. Certo una disponibilità non eccelsa, 30.000 euro, che tuttavia può essere, sia come fondo autonomo, sia anche come quota di iniziative co-finanziate, un volano per l’ulteriore di sviluppo di queste iniziative più generali in favore di una cultura di convivenza in memoria, ma anche di grande attualità sui temi e sui valori della Resistenza e della pace.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Cari colleghi concordo in grandissima parte con la relazione di maggioranza del collega Procaccini, in Commissione è stato fatto un proficuo lavoro per assemblare questi testi, si sa che sono pervenuti degli emendamenti su cui possiamo discutere e che probabilmente, guardando anche la tendenza del Parlamento nazionale su questo argomento potrebbero essere recepiti e inseriti nel testo. Mi riferisco ai profughi istriani rispetto ai quali so esserci qualche collega della maggioranza e anche lo stesso relatore di maggioranza che non sono d’accordo, però prego di riflettere su questo argomento, perché comunque non snatura in alcun modo l’impianto fondamentale della legge, quindi su questo argomento il Consiglio regionale oggi, unanimemente, può esprimere la condivisione del programma e della strategia che ci stiamo dando, cioè valorizzare e salvaguardare il patrimonio dei luoghi che ricordano i fatti della Resistenza e della liberazione e in secondo luogo la promozione dei valori della Resistenza, movimento che ha portato alla liberazione del nostro paese e che ha ispirato la Costituzione repubblicana.
Faccio appello a non dividerci su questo argomento importantissimo, sul quale possiamo oggi dire, con soddisfazione, che c’è un pressoché comune sentire di tutti gli italiani e anche dei marchigiani.
La legge si propone di indirizzare finanziamenti e risorse alla valorizzazione dei luoghi ma anche alla predisposizione di programmi di studi e di ricerca indirizzati soprattutto ai giovani delle nostre scuole. Mi auguro anche agli insegnanti, anche alle famiglie e in generale a tutte le istituzioni culturali e di ricerca che abbiamo nella nostra regione. E’ chiaro che punta ad introdurre una filosofia importantissima: il rispetto reciproco e la convivenza civile basati sulla condivisione di alcuni valori base. Dispiace quando qualche volta riemerge questa non condivisione, però possiamo sottolineare che oggi, a 60 anni di distanza, ci sono tutte le condizioni perché questo paese si ritrovi nella condivisione dei valori che riguardano la Resistenza, la Costituzione e naturalmente la vita democratica che in questo paese c’è stata dal 1945 in poi.
Rivolgo ancora questo appello. Ho visto l’emendamento presentato dai colleghi di Alleanza nazionale, voglio ricordare ai colleghi della sinistra che questo emendamento ha fatto parte di un recepimento da parte del Parlamento nazionale su analogo testo. Vedo delle perplessità in qualche collega, però chiedo di farlo passare, perché non snatura in alcun modo il messaggio forte di questa legge che oggi andiamo ad approvare. Nessuno pensi che sia un tentativo per svilire, per sminuire, per non onorare i valori della Resistenza. Autorevoli esponenti e personaggi della cultura, tutto l’arco culturale dei nostro paese, provenienti da esperienze diverse, oggi si ritrovano a condividere il valore di quelli che sono stati episodi del passato, drammi, tragedie del passato che hanno visto la sofferenza immensa del popolo ebraico e dei perseguitati, di colori politici diversi, ma sicuramente da regimi dittatoriali che speriamo sempre nella nostra Europa di non rivedere più.
Quindi facci questo appello. E’ un momento importante, approviamo questa legge prima del 25 aprile, cerchiamo di mettere i nostri enti locali, le nostre scuole in condizioni di andare orgogliosi di questa legge che la Regione oggi approva, rendendo anche un ringraziamento alle Province che hanno prodotto i testi, che hanno migliorato il testo già esistente. Sappiamo che comunque questo è il punto di partenza, che su questi argomenti spesso c’è ancora indifferenza, ignoranza, quindi dobbiamo aiutare anche le nostre scuole, senza presunzione da parte nostra, come istituzione, però sollecitando riflessione. Non voglio offendere insegnanti e settori di insegnamento, ma forse un’ora di meno in scienze, in matematica, in italiano e un’ora di più di riflessione su questi argomenti, contribuirebbero comunque a far crescere la coscia civile dei nostri giovani. Aiutiamo anche le scuole a spronare qualche riflessione e qualche visita in più, magari in qualche modo della memoria che fanno riflettere in maniera drammatica, angosciosa, ma fanno crescere questi giovani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Questa mattina affrontiamo un argomento molto importante e delicato, che ancora una volta tende più che a unire, a dividere le componenti che fanno parte di questo Consiglio regionale. E’ un vero peccato, perché in un momento così difficile e drammatico, è giusto parlare di Resistenza e anche doveroso, ma è soprattutto importante parlare di pacificazione. Noi notiamo che molto spesso questa parola viene strumentalizzata ad arte nei mass-media, nelle tv di Stato con delle iniziative, con delle manifestazioni organizzate da partiti, movimenti e associazioni, sfruttando anche chi veramente porta avanti la parola della pacificazione. Oggi assistiamo nuovamente ad un tentativo di divisione tra sinistra e destra ed è difficile per uno di centro capire questo dibattito, questa dialettica.
Noi siamo cresciuti, da giovani democristiani, con una cultura di anticomunismo e di antifascismo. Riteniamo che dopo 50 anni di storia sia il fascismo che il comunismo hanno fallito sotto tutti i punti di vista e bene fa chi sta riconoscendo i propri errori, sta rivedendo la propria politica e la propria posizione. Quindi la pacificazione è un elemento determinante, un elemento molto importante che deve unire chi in passato si è trovato su sponde diverse.
Personalmente voterò contro questa proposta di legge, perché è un voto più che altro di protesta contro chi cerca di dividere, non un voto contrario ai valori e ai contenuti di questa legge. In quest’area ancora una volta si cerca di dividere i due poli, pensando ognuno di essere portatore di verità, invece così facendo non ci si rende conto che si crea un fossato maggiore e disagio, con un messaggio negativo soprattutto nei confronti dei giovani che hanno bisogno di pace e di tranquillità.
Dobbiamo dare atto al presidente di Alleanza nazionale Fini di essere riuscito in questi ultimi anni, con una politica seria, veramente importante all’interno del proprio partito, non badando al consenso ma badando soprattutto a ricostruire una nuova identità — basti pensare al viaggio in Israele, che è stato significativo, importante e di riflessione di tutti noi — a far ripensare a quel triste periodo, cosa che ancora non fanno i comunisti italiani, in questo momento, per cercare di unire e di portare quel messaggio. Una domanda diventa spontanea: a che cosa è servita la caduta del muro di Berlino? Se facciamo una riflessione attenta e seria sicuramente troveremo dei punti d’incontro, perché la pace non è né di destra né di sinistra ma di tutti e tutti vogliamo tutelare, difendere questo patrimonio e portare un nuovo messaggio alle nuove generazioni. Quindi basta con queste ideologie che sanno proprio di antico, di nostalgia. I nostalgici non fanno più parte della nuova politica e delle nuove generazioni. Basta seminare veleni ed odio con queste manifestazioni dove viene beffeggiato anche il segretario dei Ds. La gente non riesce più a comprendere qual è il messaggio che state dando. Anche quest’aula vogliamo dividere tra la destra e la sinistra? Io che sono di centro mi dissocio completamente per protesta e on voterò questa legge, perché se veramente vogliamo dare un nuovo messaggio, soprattutto nelle piazze, quando si fanno le manifestazioni non bisogna contestare il segretario nazionale dei Ds, perché dà un’apertura intelligente sulla politica estera che purtroppo i comunisti non hanno, in Italia. Non è un problema di chi ha una politica estera: se siete isolati nel mondo il problema non è di chi sta cercando di ricucire strappi e di dare una politica ai propri governi.
Quindi chiedo di fare un documento che sia veramente di pacificazione per tutti. Gli amici di Alleanza nazionale hanno presentato un emendamento in questo senso, quindi anch’io invito a trovare una soluzione su questo emendamento di An, altrimenti daremmo un cattivo messaggio. Se non si troverà un accordo, il mio voto sarà negativo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Questa legge dal punto di vista dell’impatto per il suo fondo di dotazione (30.000 euro) e dal punto di vista dell’efficacia, è sicuramente simbolica. Ma dal punto di vista dei contenuti è una legge molto forte, che fissa delle coordinate dal punto di vista storico e anche politico.
Credo che nel 2004, a 59 anni dalla caduta del fascismo e dalla fine dei regimi, sia opportuno cercare di scrivere la storia come essa è, quella vera. La storia a distanza di tempo non deve essere scritta né dai vincitori né dai vinti ma deve essere esaminata per le vicende realmente accadute.
Prima il relatore di maggioranza Procaccini ha parlato di revisionismo. Io credo che sia giusto fare del revisionismo, perché a partire da quegli orrori e di errori — meno gravi dal punto di vista simbolico ma ugualmente gravi per le cose che hanno determinato — si deve costruire un nuovo mondo. In un altro secolo e in un altro millennio, il nuovo mondo, possibilmente, deve farsi carico di capire cosa è successo in quel periodo. Non hanno senso le nostalgie dei regimi prima del 1945. Lo dico anche se qualcuno la pensa diversamente. Come non hanno senso le nostalgie dei regimi comunisti finiti con la caduta del muro di Berlino del 1989. Tutto ciò che si scrive oggi di comunismo è nostalgia, perché è comunque una vicenda storicizzata. Ciò che si cerca di tenere in vita — allora, nel dopoguerra, del fascismo, oggi del comunismo — è comunque un’operazione di chirurgia plastica, cosa diversa. Quindi sono d’accordo ai revisionismi, sono d’accordo a questa legge, purché operi a 360 gradi.
Credo che sia molto utile per tutti leggere il libro di Paolo Pansa, giornalista di sinistra, uomo di sinistra, condirettore de L’Espresso, collaboratore di Repubblica e quant’altro, che con il libro Il sangue dei vinti rende giustizia agli orrori dell’altra parte. Credo che sono state fatte cose terribili e occorre scrivere tutti insieme una storia condivisa, i cui fatti siano condivisi.
Ricordo che le cose che ha scritto Paolo Pansa furono scritte qualche decennio prima da Giorgio Pisanò i cui libri venivano però diffusi in Italia clandestinamente e la cui redazione saltò in aria negli anni ‘70 a Milano, con l’intero edificio. Evidentemente, quando le ferite sono fresche è difficile scrivere la storia vera, quando le ferite sono distanti di generazioni è possibile scrivere la storia senza la penna dei vincitori e dei vinti ma per quella che è stata, con i documenti, coni fatti. In questo senso credo che un grande atto che ha trovato anche forti critiche, è stato il viaggio del leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini in Israele, che è andato a parlare di vicende che sicuramente creano grande imbarazzo a coloro che hanno avuto un ruolo nella destra politica di 60 anni fa. Ha affermato che le leggi razziste italiane del 1938 e le vicende che riguardavano le leggi razziste della Repubblica Sociale sono state comunque un atto indecente. Questo è stato un passaggio molto forte di revisionismo, di cui la destra non ha avuto paura e che ha affrontato anche con grandi critiche, con grandi problemi non di strutture ma di alcuni che possono avere interpretato in maniera diversa da come sono queste cose. Credo allora che chi prende queste posizioni nette ha diritto di sentir prendere anche agli altri analoghe posizioni nette. Quando si parla di persecuzioni subite dal popolo e dai deportati, possiamo parlare tranquillamente di persecuzioni subite dal popolo italiano nella Jugoslavia di Tito e dagli esuli giuliani, dalmati e istriani che sono stati a decine di migliaia uccisi e 350.000 fuggiti profughi da quelle zone della ex Jugoslavia. Credo che dobbiamo mettere tutto sullo stesso piano: la vita delle persone è uguale sia se hanno una simpatia da una parte che dall’altra. Noi crediamo proprio che si esce dal pregiudizio nel momento in cui si accettano e si condividono insieme pezzi terribili di storia comune. Per questo l’emendamento che ha come prima firmataria Franca Romagnoli propone di aggiungere alla parola “regionali”, le parole “anche dagli esuli giuliani, dalmati, istriani e delle loro famiglie rifugiati nel territorio marchigiano”. La città di Ancona conobbe una pagina di vergogna quando, sbarcati dalla nave alcune centinaia di profughi dalmati istriani, che avevano lasciato i loro beni, le loro ricchezze, la loro storia, la loro vita, furono insultati presi a pomodori al porto di Ancona da attivisti dell’estrema sinistra, nell’allora 1949 e, in più occasioni, al momento dello sbarco. Pagine di vergogna di cui la città di Ancona si è macchiata e che devono essere riscattate insieme a tante altre pagine. Quando si parla di quello che è accaduto non si possono dimenticare i bombardamenti alleati sulla città di Ancona, che hanno visto migliaia di vittime civili: mi sembra che Ancona ebbe 160 bombardamenti in quegli anni, alcuni piccoli, altri a colpi di migliaia di morti, nelle case civili e non nelle strutture militari. Quindi qualche riflessione complessiva va fatta.
Questa legge ha un valore simbolico che noi voteremo, perché abbiamo fatto una grossa valutazione: noi voteremo la legge se verrà accettato l’emendamento che abbiamo proposto all’articolo 1, secondo comma, che marchia in maniera diversa la legge. Se non verrà accolto noi romperemo il fronte politico del Consiglio regionale, quindi sarà una legge di maggioranza, una legge di parte, ve la terrete: la maggioranza fa le sue leggi, la minoranza non le vota. O c’è questo messaggio simbolico forte che non esistono due verità, di verità ne esiste una, quella della storia, che grazie a Dio, io come tanti altri in quest’aula non abbiamo subito perché siamo nati tutti più o meno dagli anni ‘50 in poi, quindi ce l’hanno raccontata, ce l’hanno ricordata, l’abbiamo letta a scuola, ma per fortuna non siamo stati coinvolti, oppure non voteremo questa legge. Questo è da comprendere e da capire. Non ho altro da dire perché non c’è alcuna strumentalità in questa presa di posizione. Potevamo fare 20-30 emendamenti, non sarebbe servito. Abbiamo invece fatto un solo emendamento-simbolo che segna il passaggio dalla storia di parte alla storia comune condivisa. Sarebbe un atto alto di questo Consiglio regionale accettarlo e poter votare all’unanimità o a grandissima maggioranza questa legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Ritengo che questa legge sia importante, che serve in una fase come questa in cui si rischia di dimenticare la storia del nostro paese e le origini della nostra Repubblica. In particolare una norma che si ponga l’obiettivo di mantenere la memoria nelle generazioni future. Quello del mantenimento della memoria è un problema rilevante. Abbiamo in questo periodo la negazione addirittura dell’esistenza dell’olocausto, proprio nel paese in cui l’olocausto, più che in altri luoghi si è sviluppato, cioè in Germania. Questa filosofia, questa negazione sta attraversando le frontiere e credo che sia importante che anche nel nostro paese, dove le persecuzioni subite dal popolo ebraico, dai deportati militari, dai politici, discriminazioni che hanno colpito cittadini, militari, politici, religiosi, discriminazioni che hanno toccato anche la sfera sessuale, ci sia una legge che abbia come obiettivo il rispetto dei luoghi dove si sono verificate queste discriminazioni, dove si sono verificate queste negazioni dei diritti essenziali dell’uomo.
E’ importante un provvedimento di questo genere, soprattutto perché ormai sono tanti i cittadini che non hanno vissuto più quei momenti. Addirittura molte persone non hanno neanche percepito, attraverso i propri padri la memoria, i racconti, quello che è accaduto nei periodi più bui del nostro paese, quello che è accaduto e che spesso è stato negato, non soltanto nei momenti in cui certi regimi si macchiavano di queste violazioni dei diritti essenziali dei cittadini, ma anche successivamente.
La legge giustamente parla anche dei luoghi dove questi comportamenti si sono svolti, in particolare si parla dei campi di internamento che operarono sul territorio nazionale ma anche nella nostra regione. Occorre avere un rispetto nei riguardi di questi luoghi, occorre evitare che vengano abbandonati a se stessi, occorre evitare addirittura che vengano aggrediti da interventi di utilizzazione del territorio che non rispettano niente, neanche i luoghi della memoria. Sono passati appena 60 anni, eppure i comportamenti di allora sembrano tanto lontani. In realtà 60 anni sono molto pochi. Sembrano lontani ma il tempo trascorso è molto poco. Mi dispiace che questa opportunità di una legge regionale approvata all’unanimità non venga colta dal collega consigliere Brini di Forza Italia che ha annunciato un voto contrario. Forse saranno le scadenze elettorali che si avvicinano, ma io penso che perderemo una grossa occasione se non varassimo questo provvedimento con un voto unanime del Consiglio regionale, un segnale affinché questa disposizione legislativa possa essere applicata nei prossimi mesi con la consapevolezza di essere stata un punto di caduta, di convergenza di tutte le opinioni politiche e culturali presenti all’interno di questo Consiglio regionale. Faccio quindi un appello a ripensare, a valutare questo voto. I provvedimenti giunti in aula questa mattina non vogliono essere una mera celebrazione di una scadenza importante come quella del 25 aprile che si avvicina, vogliono essere una testimonianza concreta e un impegno che poi passerà anche attraverso i comportamenti dei singoli, delle amministrazioni, delle associazioni perché sia effettivamente diffusa e valorizzata quella cultura di democrazia e di giustizia che è stata ripristinata nel nostro paese dopo la Resistenza e la guerra di liberazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

UMBERTO TRENTA. Onorevoli colleghi, intervengo per un motivo molto semplice: per ricordare all’Assemblea che questo Consiglio regionale votò nel 2003 una legge fondamentale per l’ordinamento statutario delle Regioni ma della Regione Marche, con un’autodefinizione: “regione Marche, regione di pace”. Non posso non citare i colleghi che hanno lavorato con impegno, dedizione, capacità e spirito unitario, quindi vi richiamo a questa unità. Votammo all’unanimità questa legge che è complessa, articolata e ritengo, non senza un pizzico di presunzione, completa. Di fatto sancisce un principio dalla pace parlata alla pace operata. E dico perché. Siamo gli unici al mondo ad esserci dotati di una legge regionale che all’art. 15 — come ha richiamato il collega, mi auguro primo assessore alla pace, della Regione Marche Procaccini — prevede l’università per la pace. Io non faccio una distinzione partitica, politica, né su questioni che ritengo già superate di fatto dalla storia. Camminiamo nel mondo della globalizzazione, ma globalizzazione dei diritti umani. L’uomo è nato libero ovunque, è la presunzione quotidiana degli individui che si vuole diversificare su concetti che sono legati profondamente alla vita. La vita è un dono che non ci appartiene, siamo chiamati ad un impegno morale, etico e politico per rappresentare in ogni nostra istanza e in ogni nostra istituzione il concetto sacro della vita. Pace è la parola di Dio: siate operatori di pace e l’impegno politico, morale, etico che ogni consigliere, che ogni rappresentante politico generalizza ancora, ma che ogni uomo deve portare quotidianamente nella società.
L’università ha in sé un progetto trino, che è anche l’Onu dei bambini. Cos’è l’Onu dei bambini, cara collega Mollaroli, caro Gilberto Gasperi, voi che l’avete accettato, condiviso e a volte mi avete dato quello sprone necessario? Il progetto prevede la scolarizzazione della cultura dei diritti umani ed è per questo che, grazie al Presidente Minardi e al consigliere Martoni, che mi auguravo fosse stato in aula, stiamo camminando per un gemellaggio con la Fondazione Nobel ad Oslo. Cosa significa questo? Creare ad Oslo un consorzio universitario mondiale sui diritti umani, dove i Premi Nobel per la pace operino direttamente con un protocollo d’intesa sottoscritto da questa Regione, sottoscritto dai Comuni delle Marche che stanno deliberando. Richiamo il distratto assessore Luciano Agostini: io le ho dato un fac-simile della delibera che deve portare nelle scuole questo impegno, anche e soprattutto su incitamento dei Comuni. La metà di questo importo che avremo — perché ogni Comune sarà un Comune di pace — verrà complementato dal Consiglio regionale nella sua interezza, facendo della dichiarazione “regione Marche regione di pace” quello che serve come fondo strutturale permanente per gestire la scolarizzazione della cultura di pace.
Quindi i 4-5 capoluoghi di provincia che sono struttura portante della regione Marche, che si fregiano della medaglia della Resistenza, che si fregiano della medaglia per l’onore militare a difesa della libertà di tutti... Signori, la Regione Marche ha questa legge strutturale che fa capo all’art. 15 e deve avere un fondo permanente. Questa è la pace operata e non parlata. Sulla pace parlata ci dividiamo.
La pace non ha né la sinistra né la destra, ha un cuore che pulsa ma parla di libertà. La libertà è un diritto assoluto come la vita ed ecco che il manifesto che avete, mi auguro non distrattamente, firmato in occasione dell’approvazione, all’unanimità, di quella legge, deve portare con onore quella firma, perché significa “voto-vita”. Sì alla vita, no alla guerra.
Il nostro consigliere Grandinetti deve portare questo progetto al Governo affinché le tre “P” della guerra, Bush, Blair e Berlusconi, si impegnino per un’opera di pace, ma questo va fatto da tutti i capigruppo di questo consesso, perché democraticamente eletto, perché rappresenta le istanze di quelle persone che ci hanno dato la fiducia. Ma ricordiamoci: un’istituzione democratica è veramente tale se rappresenta in ogni sua manifestazione il diritto alla libertà e il dovere per la pace. La pace non deve essere un compromesso tipo “ci mettiamo d’accordo per non fare belligeranza”, la pace nasce con il rispetto preciso della vita, dono che non ci appartiene. E’ a questa vostra moralità che intendo fare appello, affinché con forza si passi dalla pace parlata alla pace operata. Contano i fatti tangibili, concreti, quindi l’istituzione di quelle che non sono fantasie, perché vediamo la crisi dell’Onu a livello internazionale, vediamo la crisi di un’Europa incapace di agire nei Balcani e stiamo rischiando la bancanizzazione dell’Europa.
Quindi, siccome abbiamo condiviso all’unanimità questa legge, io vi chiedo, nel rispetto di quelle firme che avete messo e con le quali mi date il coordinamento affinché riesca a portare questo progetto alla Fondazione Nobel per i Premi Nobel per la pace ma soprattutto all’Onu di Kofi Annan, riscontri concreti. Ringrazio il Presidente Minardi ancora una volta, che mi ha autorizzato una missione che il farò giovedì. Sarò davanti al ministro per i beni culturali Urbani, affinché si impegni concretamente al finanziamento di quello che è il contenitore dell’università della pace, sul progetto “Ascoli città della pace”, nella regione Marche, “regione di pace”. Mi auguro che sia Urbino, sia Ancona — grazie a Silvana Amati — sia Gradara — grazie a Mollaroli — noi possiamo compiere questo miracolo di avere l’omologo dell’Onu dei grandi basato sul diritto di voto esclusivo, per arrivare alla scolarizzazione della cultura dei diritti umani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. Giudico grave la posizione espressa dal centro-destra, dai rappresentanti di Forza Italia e di An in merito all’annunciato voto contrario nei confronti di questa legge regionale che, come tante altre volte accaduto in passato, celebra l’anniversario della Resistenza e della liberazione. Non credo che questa posizione del centro-destra derivi da una volontà di attualizzare l’eredità storica del fascismo. Non credo che sia questo l’intento, non mi sembra che le forze, al di là di qualche eccezione del centro-destra, oggi si pongano in continuità con la dittatura fascista che in Italia ha regnato nel secolo precedente. Credo che questa posizione della destra e del centro-destra nasconda un intento esclusivamente strumentale e ideologico, dietro il quale si nasconde una cosa forse ancora più grave: la perdita del senso dello Stato, l’indifferenza verso le istituzioni democratiche, le loro radici storiche e culturali. Mi sembra quindi che la posizione del centro-destra derivi da un vuoto ideale rispetto al senso della Repubblica e dello Stato che dovrebbe invece essere presente in tutte le forze politiche democratiche.
Da questo vuoto ideale, da questa indifferenza cinica, da questa strumentalizzazione continua nascono oggi i moderni rischi autoritari che il paese corre.
Infatti la posizione espressa che lega il voto favorevole a questa legge, se insieme alla celebrazione della Resistenza e della liberazione viene celebrata contemporaneamente la tragedia delle foibe, nasconde questo vuoto ideale e questa cinica indifferenza.
Noi, come Rifondazione comunista sulle foibe abbiamo sviluppato una riflessione politica e storica, realizzato convegni. L’abbiamo fatto perché riteniamo che le foibe rappresentino una tragedia. Sono episodi di degenerazione criminale omicida della lotta di liberazione del popolo jugoslavo, che non possono trovare giustificazione nelle persecuzioni che esso ha subito. Riteniamo anche che la sinistra abbia commesso, nei decenni passati, degli errori nell’occultare, nel sottovalutare i fatti accaduti in Dalmazia nell’immediato dopoguerra. Ma pensare che questi fatti possano trovare equiparazione con il genocidio del popolo ebraico, l’olocausto, o che possano rappresentare episodi fondativi della nostra storia, della storia dello Stato e della Repubblica italiana alla pari della Resistenza e della guerra di liberazione è una posizione assolutamente strumentale e ideologica.
Il popolo italiano nel corso della sua storia è stato a volte vittima e a volte carnefice. Nel caso delle foibe sicuramente il popolo italiano è stato vittima di omicidi, di assassini individuali e collettivi derivanti essenzialmente dall’odio etnico, ma in quello stesso periodo il popolo italiano è stato anche carnefice: lo è stato nell’invasione e nell’occupazione della Libia, dell’Etiopia, della Grecia e anche della Jugoslavia. In quegli stessi anni le truppe italiane inviate dal fascismo in Europa e nel mondo sono state responsabili di episodi altrettanto criminali di assassinii, stermini altrettanto brutali di quelli che il popolo italiano in Dalmazia ha dovuto subire nella stagione delle foibe. Ogni popolo è, nel corso della sua storia, a volte vittima, a volte carnefice. Finché l’umanità non avrà trovato il modo di determinare consapevolmente le condizioni della propria esistenza individuale e collettiva, finché non avrà realizzato una società che on ha bisogno di violenze e di oppressione, i popoli saranno vittime e carnefici.
Ma questo cosa c’entra con la celebrazione della Resistenza e della guerra di liberazione? Non spetta alle istituzioni, tanto meno ai partiti scrivere la storia. Scrivere la storia spetta agli storici, agli studiosi. Le istituzioni devono incentivare, garantire che la ricerca storica sia libera e non piegata alle esigenze politiche del momento.
Questa legge regionale non vuole scrivere la storia del ‘900, sarebbe un intento totalitario, come in passato altri regimi hanno fatto, quello di scrivere una storia ufficiale. Questa legge intende celebrare il momento fondativo del nostro Stato repubblicano, perché la Resistenza è il momento fondativo della Repubblica. L’assetto istituzionale, l’ordine democratico in cui noi oggi viviamo derivano dalla Resistenza e dalla guerra di liberazione.
La Costituzione repubblicana che oggi è il cardine dell’ordinamento statale nel quale anche la Regione Marche è inquadrata, è figlia della Resistenza, di quella congerie politica, culturale e ideale che ha animato la lotta di liberazione. Questo deve essere un patrimonio comune di tutte le forze politiche, non foss’altro perché rappresenta la oggettiva realtà e quindi credo che sia doveroso, necessario che le istituzioni celebrino i propri momenti fondativi e si adoperino per diffondere la conoscenza, il patrimonio ideale, storico che ha portato alla nascita della Repubblica in cui noi oggi viviamo.
Negare questo, voler aggiungere a questo momento di solenne celebrazione e diffusione di conoscenza altre questioni, nasconde quel basso intento strumentale che lascia esterrefatti.
Io capisco chi proviene da una storia politica che ha rappresentato in passato, fino agli anni più recenti, una alternativa al processo culturale, storico e ideale che ha portato alla nascita della Repubblica; non capisco chi invece ritiene di inserirsi all’interno di questo processo fin dalle sue origini.
Così come è assolutamente priva di qualsiasi giustificazione l’equiparazione tra l’olocausto ed episodi drammatici, tragici, criminosi come quelli delle foibe o, aggiungo io, come quelli dei massacri italiani in Libia, in Etiopia, in Albania, in Grecia e in Jugoslavia. (Interruzione). Le foibe sono questo, Viventi. In Italia i comunisti non hanno mai massacrato nessuno, come tu ben sai, non hanno mai compiuto episodi di sterminio collettivo. (interruzione del consigliere Castelli). Lasciamo stare, perché se ci mettiamo ad elencare episodi della storia italiana, da piazza Fontana, a Bologna, all’Italicus... Stiamo parlando di altro. Mettere sullo stesso piano olocausto e genocidio con le foibe significa negare che l’olocausto ha rappresentato il male assoluto che si è incarnato nella storia dell’umanità, che ha rappresentato un episodio unico e, speriamo, irripetibile, non soltanto per dimensioni quantitative del fenomeno, ma anche per qualità e intenti finali. L’idea dello sterminio di un popolo esclusivamente perché quel popolo incarnava nella visione dei carnefici, il male del mondo, non è episodio che si è ripetuto nella storia. Né le foibe né altri massacri commessi hanno avuto questo carattere. Quindi credo che diffondere la conoscenza nelle giovani generazioni di ciò che è accaduto, è un atto doveroso per le istituzioni, indipendentemente da chi momentaneamente le governa. L’intento strumentale sta nel fatto che si vuole, da parte del centro-destra e di chi si oppone a una legge come questa, ridurre tutto alla bassa polemica, in vista dell’acquisizione di qualche consenso elettorale temporaneo. L’intento di chi approva questa legge è molto più elevato di questo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Colleghi, in una discussione che è riuscita a volare basso come poteva essere nei peggiori pronostici, credo che abbia azzeccato il primo intervento il collega Brini, il quale ha detto che questa proposta di legge, con l’apparenza di voler unire, era pensata e scritta nel preciso, e credo profondamente controproducente, intento, di dividere, nella speranza di poter incassare qualcosa da una divisione. Dico controproducente perché mi sembra che in questa fase la nomenclatura della sinistra, il ceto politico di sinistra, non capendo che quello che ci accingiamo a vivere non è un normale 60° anniversario della fine della guerra in Italia ma il primo anniversario della fine della guerra in Italia che il paese vive in stato di guerra. Questo è il dato significativo che vi è sfuggito, perché mentre voi ancora invitate la Regione Marche nel nostro livello istituzionale, il paese ai livelli più alti, invitate il popolo italiano a guardarsi l’ombelico ripensando alla guerra civile che ci fu 60 anni fa, non vi accorgete che le vostre basi... Io per anni ho vissuto il disagio di vedere gli elettori ex Msi di An, che votarono Rifondazione comunista, dicendo “io non sono comunista, però mi fate schifo, preferisco Rifondazione e i suo temi sociali. Per la prima volta noto con piacere in questi mesi un flusso di ritorno, non solo tutti gli elettori si stanno riposizionando verso il loro alveo naturale, ma gli elettori d Rifondazione dicono: se è vero che i 131 bambini morti ad Ancona nel bombardamento dell'istituto Birarelli sono un danno collaterale nella legittima esportazione armata di una democrazia, allora se erano leciti quelli del 1943 sono leciti anche i bambini morti a Baghdad nel 2003 e siccome voi avete accompagnato i vostri a marciare contro quegli assassini gabellati con la pietosa definizione di "danni collaterali", sbagliate a non accorgervi che rappresentando quelli di 60 anni fa come danni collaterali leciti, vi ponete in contraddizione con le vostre tesi. A questo proposito segnalo solo due cose sugli emendamenti, poi ne parleremo nello specifico. Mi è sembrato fortemente minimale l'emendamento edulcorato che i colleghi di Alleanza nazionale hanno proposto all'art. 2. Io voterò il loro emendamento, ma mi sembra minimale, perché non è possibile... (Interruzione). Io ho presentato il 5 aprile quattro emendamenti, di cui tre sono stati ritenuti irricevibili dal Presidente, uno a ragione e due no. Uno è stato ammesso, e in esso segnalavo che non è pensabile che si commemori esclusivamente il ricordo degli italiani caduti nella guerra contro il nazifascismo, perché 60 anni fa di italiani ne sono caduti molti da una parte e dall'altra e da nessuna parte. Ho fatto l’esempio dei 131 bambini dell'orfanotrofio di Ancona, perché presa lettera per lettera la legge che voi proponete all'approvazione di quest'aula, quei bambini, non essendo stati uccisi né dai nazifascisti, né in lotta con i nazifascisti perché erano bambini, sarebbero immeritevoli di ricordo e celebrazione.
Per questo l'emendamento che ho proposto io all'articolo 2 della legge dicendo: per quanto riguarda tutti i caduti della guerra e della guerra civile degli anni 1943-45, se si ricade nel meccanismo della distinzione fra morti buoni, morti cattivi e morti meritati è evidente che non ci possiamo stare. La zolletta di zucchero dell'emendamento dei colleghi di An da questo punto di vista è assolutamente insufficiente al fine, perché la vicenda dell'esodo dei profughi dalmati nella prospiciente costa adriatica è stato numericamente rilevantissimo e importante, ma occorre chiarire che in Italia si è combattuta una dolorosa guerra che ha sparso sangue innocente da una parte e dall'altra. Se si nega questo, se non si capisce questo vuol dire che si ritiene che sia opportuno celebrare, 60 anni dopo, i valori, l'opportunità e la necessità di quella guerra. Attenti, perché se vi ponete sul piano inclinato per cui tutte le guerre sono necessarie, è molto difficile e contraddittorio spendersi poi per la pace e dire che tutti i popoli "devono... tranne".
Da questo punto di vista ritengo nodale il mio emendamento all'articolo 2.
Sui tre emendamenti che il Presidente ha ritenuto di non portare alla discussione dell'aula, chiederò ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 85 che l'aula si pronunci sull’ammissibilità di due di essi e preciso che quello in cui proponevo di sostituire "la conoscenza storica della Resistenza" con "la retorica della Resistenza", il Presidente dice che è una boutade, forse ha ragione e mi rimetto alla sua valutazione, anche se l'italiano non è un'opinione, ognuno può valutare, anche con la lettura della trascrizione, se oggi abbiamo fatto conoscenza storica della Resistenza o non, piuttosto vuota retorica.
Ritengo invece assolutamente non trascurabili e pertinentissimi i due emendamenti che forse i colleghi non conoscono, che ho proposto all'art. 2 della legge. Siccome la mia richiesta di voto ai sensi dell'art. 85 del regolamento interno non prevede discussione, nel minuto che mi rimane brevissimamente li espongo.
Uno è quello con cui dico che per ogni euro che viene speso per commemorare le durezze cui stato sottoposto il popolo ebraico o gli europei di religione e origine israelita in Europa, deve essere speso altrettanto per promuovere la conoscenza delle atrocità cui nello Stato di Israele vengono sottoposti i cittadini palestinesi. Questo lo dico con la preghiera di attenzione che non c'è, ma con la consapevolezza che c'è la registrazione, perché mi assumo la responsabilità di quello che dico quando preciso, apertis verbis, che in questo momento non è all'ordine del giorno di nessuno se ha fatto più morti il comunismo, se ha fatto più morti il nazismo, se ha fatto più morti la Santa Inquisizione. L'attualità politica non è fatta dal "mortometro". L'unica sfida al nostro agire politico attuale non è la misurazione degli eccidi dei secoli scorsi bensì l'esistenza di un genocidio intollerabile, hic et nunc, nel nostro Mediterraneo e ai nostri giorni. Il genocidio contro cui abbiamo il dovere di combattere è quello del popolo palestinese e io vorrei che lei convenisse con me, presidente Ricci, la verità delle parole che sto per dire e di cui mi assumo tutta la responsabilità politica, penale ecc.: le durezze di cui è stato fatto oggetto il popolo ebraico nel secolo scorso in Europa, sono oggi il pretesto unico e l'arma propagandistica attraverso la quale viene perpetrato e asseritamente giustificato il genocidio del popolo palestinese. Conseguentemente ogni parola spesa per celebrare quelle durezze del secolo scorso, è oggi una lancia spezzata nel costato del popolo palestinese martirizzato.

ANDREA RICCI. Non sono d'accordo.

SERGIO NOVELLI. Prendo atto che tu non sei d'accordo, assumo la responsabilità delle mie parole, però attenzione: sono d'accordo i tuoi elettori, perché i tuoi elettori si preoccupano del fatto che quello che accade oggi a Gaza, in Cisgiordania, il muro, le uccisioni, gli omicidi politici trovano la giustificazione teorica in quello che è accaduto 60 anni fa nella nostra Europa. Per questo ritengo opportuno che l'aula si esprima su questa valutazione.
Sui campi di concentramento marchigiani mi sono informato: fortunatamente furono cosa quantitativamente modesta e non gravissima. Nella provincia di Ancona non ci fu la durezza degli americani che deportavano i civili americani di origine giapponese nei campi con il filo spinato. Gli anconetani israeliti vennero sottoposti all'obbligo di dimora nel comune di Serra de' Conti e il podestà leggeva loro la corrispondenza. Ci fu un campo più severo a Esanatoglia, ma non tanto severo, e solo per pochi mesi, perché addirittura, quando i monarchici, nel settembre invitarono i "concentrati" a tornare alle loro case, per motivi di sicurezza preferirono non farlo, quindi non doveva essere stata una cosa così grave, e di questo ci rallegriamo tutti. Però, se parliamo della storia delle Marche, gli eventi storici veramente rilevanti e da commemorare, avvenuti nelle Marche, sono la battaglia del Sentinum e la battaglia del Metauro, che per me sono circa altrettanto attuali delle vicende della seconda guerra mondiale o prima nucleare, però hanno lasciato una traccia molto profonda. Prima il collega Trenta ci ha intrattenuto sugli orrori della guerra. La guerra è sempre un evento spiacevole che porta brutte cose, ma ha un pregio: prima o poi finisce, qualunque cosa succeda, qualunque sia il carico di asprezza, di odi, di sangue, di vendette, perché se dopo vent'anni, dopo quaranta, dopo sessanta, dopo centossessanta, dopo tremila ancora stiamo a rinfacciarci quello che è successo, non finisce mai.
Concludo dichiarando che voterò contro questa legge perché è nello spirito di volere che le guerre non finiscano mai e richiamo a me stesso e a voi il valore storico della battaglia di Sentinum, perché fu la battaglia che fece nascere l'impero romano. Roma conquistò l'Italia due volte, non solo nel III secolo a.C. in epoca repubblicana, ma già in epoca monarchica. La conquistò tutta al di sotto del Po, poi la perse tutta con i Tarquini, perché la Roma monarchica era una tirannide di tipo etrusco, di tipo orientaleggiante che praticava il dominio sui popoli vinti. Non poté quindi reggere a una sconfitta militare come nessuna delle tirannidi degli assiri, degli antiochi poté sopravvivere a una sconfitta militare. Roma conquistò il mondo non per una supremazia militare ma per una supremazia politica. La battaglia di Sentinum fu il momento in cui Roma sconfisse gli italici e li trasformò non in servi ma in socie poi in contadini. Il principio storicamente vincete di Roma, affermato nelle Marche fra Sentinum e Metauro, è che il principio per cui chi vinceva sopprimeva i capi del popolo vinto, prendeva le donne per prede e passava a fil di spada i nemici, era una sciocchezza. Il principio romano del parce punire superbi et parce subiecti, consentì a Roma di conquistare l'allora mondo conosciuto. Non fu una supremazia militare, fu una supremazia politica e civile. Quella supremazia politica e civile avvenne in terra marchigiana, Sentinum e Metauro. Perché Metauro? Perché i cartaginesi erano convinti che se Annibale avesse potuto invadere l'Italia — e la invase — gli italici si sarebbero ribellati a Roma repubblicana, così come all'epoca dei Tarquini si erano dissociati da Roma monarchica. Così non fu. Annibale, genio militare ma nano politico, scoprì a sue spese che fra la Roma dei Tarquini e la Roma repubblicana c'era stato il miracolo politico dell'assimilazione dei vinti, per cui gli italici rimasero con Roma anche quando Roma era alle corde.
Credo che questo sia il migliore esempio, la migliore dimostrazione di come una guerra, se viene vinta con lo spirito non di annientare o punire il vinto ma di comprendere le ragioni buone che anche il vinto può avere, per fare un percorso insieme comune dopo la guerra, può essere levatrice anche di un progresso; se invece nella guerra sei da solo, l'eterna vendetta del vinto sul vincitore, finché il vincitore non riuscirà a rovesciare le carte sul tavolo e a tornare in condizioni di ..., obiettivamente mi sembra che siamo molto lontani da quella strada che, con parole, tutti dicono di percorrere — il collega Trenta ce l'ha magnificata con un lungo e appassionato intervento — ma va approfondita, altrimenti è assolutamente vuota.
Per questo motivo chiedo al Presidente di esprimersi sull'ammissibilità dei due emendamenti all'art. 2 che ho presentato, quello sulla Palestina e quello sulla romanità, che sono fortemente connessi alla vicenda della guerra civile e delle durezze subite dal popolo ebraico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Dopo l'intervento del consigliere Ricci mi corre l'obbligo di precisare le ragioni culturali, politiche e di spirito democratico che hanno indotto Alleanza nazionale ad esprimere la posizione che è stata significativamente indicata dal nostro capogruppo Ciccioli, di una disponibilità ad accettare il senso e il significato di questa legge, purché vi sia un esplicito riferimento alla vicenda delle foibe. Non si tratta di un ricatto, non si tratta di una leva ideologica, non si tratta di revanscismo ma si tratta di una precisa convinzione che trae spunto da quella che noi riteniamo essere una verità profonda: che l'elemento fondante di questo nostro sistema, del sistema che trova nella Costituzione la sua articolazione giuridica, morale e normativa, non sia tout-court la Resistenza ma il concetto di libertà e di democrazia. Questo è l'elemento fondante del nostro sistema: libertà e democrazia.
Se questo è vero, e non vedo come possa essere disconosciuto questo aspetto, questo contenuto, a 60 anni da quei fatti, che sicuramente originarono la riaffermazione della democrazia e della libertà è necessario che non si evidenzi, non si esalti, non si beatifichi la parte truculenta, drammatica che pure è esistita, del percorso militare, storico e bellico che portò alla democrazia e alla libertà ma alla democrazia e alla libertà in quanto tali, attraverso un'operazione che sia realmente pacificatrice e che parte dall'assunto che giustamente Novelli ricordava: non si può esaltare un atto di guerra come se non finisse mai, ma men che meno si può esaltare un atto di guerra civile, che per definizione è la più vergognosa, la più scabrosa, la più drammatica delle guerre e che perciò stesso non può assurgere a contenuto realmente unificante e fondante di una comunità, perché non si può prendere come elemento fondante e unificante una qualsiasi ricorrenza storica che per se stessa ha determinato lacerazione, divisione e guerra fratricida. A questo revisionismo no, assolutamente; questa è volontà di disconoscere gli orrori che furono e che si compirono in quei drammatici 3-5 ani.
La nostra volontà è un'altra: quella di far sì che quando, nel 2004, questa Regione avverte l'obbligo, storico, morale e giuridico, di consacrare davvero i valori di democrazia e di libertà fondanti del nostro sistema, non si possa fare riferimento alla Resistenza tout-court, ma si faccia riferimento a tutto quel coacervo di drammi, di difficoltà, di lotte, di fatti storici che hanno pregiudicato gravemente la vita, l'incolumità, la dignità di tante persone nel loro complesso, non per dire tutti uguali, non per fare orrende e di cattivo gusto gerarchie degli orrori, ma per arrivare davvero, dopo 60 anni, a una considerazione che fa parte ormai anche del patrimonio culturale di tanta parte della sinistra più avvertita. Questo è un tabù che dobbiamo smentire, che dobbiamo ritenere e qualificare come tale: non tutto l'antifascismo fu democratico. E allora, se non tutto l'antifascismo fu democratico — mi riferisco all'antifascismo del brigatisti di Porzus che uccisero i partigiani di "Giustizia e libertà", fra cui il fratello di Pasolini, mi riferisco a tutte quelle pagine che anche da sinistra sono state riconosciute ammesse, non in una logica revisionistica ma di serena riconciliazione del Partito comunista anche con il proprio passato — se questo è vero, se non tutto l'antifascismo fu democratico — e non poteva essere democratico l'antifascismo di chi semplicemente voleva sostituire a un regime dittatoriale un altro regime dittatoriale — questo passaggio di richiedere a questo Consiglio che vi sia una verifica complessiva, un ricordo complessivo, una memoria complessiva degli orrori, perché da quegli orrori si affermi con tranquillità, con forza, anche con emozione il principio supremo della democrazia e della libertà, non è semplicemente un passaggi procedimentale di questo iter approvativo della legge ma è invece un fatto culturale assolutamente importante. Noi non possiamo disconoscere che sul mito della Resistenza sono state operate anche speculazioni di natura politica, che non furono tanto e solo denunciata dal Msi, da Almirante e da altri, ma che sono state denunciate, scritte, documentate, argomentate da Augusto del Noce, che parlava dell’operazione culturale e politica che sul nome della Resistenza fu operata a metà degli anni ‘60 con la svolta del centro-sinistra, quando era necessario suggellare in qualche modo questa nuova fase politica del cosiddetto arco costituzionale, quando dopo i tragici fatti di Genova del 1960, quando Tambroni era pronto a fare un Governo del Msi, fu utilizzato il concetto di Resistenza per dare dignità e nobiltà a un’operazione politica e culturale, che fino a quel momento non aveva avuto invece residenza in quella che era la coscienza veramente collettiva e politica del popolo italiano e della sua classe dirigente. Parlava, Del Noce, di eterogenesi dei fini, ovvero dell’utilizzo in forma ideologica e politica dei fatti della Resistenza come elemento non morale, non di generale archetipo costituzionale, ma di precisa scelta politico-ideologica, che doveva costituire la premessa per l’ingresso, allora, del Partito socialista e poi delle frange più vicine al Partito comunista, cosa che puntualmente si realizzò con il Governo di solidarietà nazionale del 1977-78, che non a caso fu premesso da un’altra teoria elaborata dall’allora giovane “cavallo di razza” Ciriaco De Mita, che tirò fuori proprio il principio dell’arco costituzionale. Questo a dimostrazione del fatto che un conto sono i fatti sacri e fondativi del nostro sistema repubblicano, che sono la democrazia e la libertà, vero si quali ognuno di noi mostra il suo ossequio, il suo rispetto, la propria intima adesione, altro invece sono le utilizzazioni in forma politica di alcuni fatti che hanno, chiaramente, una loro oggettività storica degna di nota, di valutazione e di approfondimento, ma che hanno raggiunto quello che Ricci considerava un carattere fondativo solo tardivamente e spesso e volentieri per ragioni preparatorie a svolte di natura politica. Allora, se è vero che è necessario che questo popolo avverta l’esigenza di ricordare comunque i fatti che vennero prima dello ristabilimento dei principi di democrazia e di libertà della nostra nazione, è altrettanto vero che questi fatti sono tragici, hanno visto le pagine della Resistenza e le pagine delle foibe e della tragedia giuliano-dalmata, che ha un significato tanto maggiore — non ripeto per fare paralleli, paragoni e gerarchie dell’orrore, perché ciascuno di noi conserva il buon gusto, per evitare anche di correrlo questo rischio — in quanto una memoria realmente condivisa — di questo l’Italia ha bisogno, e ne ha bisogno maggiormente quando è impegnata, sul fronte internazionale, nelle situazioni e negli impegni che ben conosciamo — questo popolo, questa nazione ha bisogno davvero che ci sia un momento unificante, frutto sì di riconciliazione, ma soprattutto di intima condivisione di quelle che sono le origini, di quello che ci deve comunque unire. Allora io dico alla sinistra — in questo caso sì, si può parlare di funzione strumentale — “come si può pensare che lo stesso 25 aprile possa essere sentito intimamente come festa di tutti gli italiani, fintanto che viene utilizzato anche come strumento di propaganda politica, come attestano, ad esempi, gli striscioni Ora e sempre Resistenza che campeggiano regolarmente in ogni manifestazione antigovernativa, che perciò stesso diventa un vulnus, un pregiudizio a tutto lo sforzo condiviso da quanti affollano quest’aula, di avere questo momento di riconciliazione?”.
Noi saremo pronti, come diceva Ciccioli, ad approvare questa legge, se solo questo Consiglio regionale avrà il coraggio, avrà la volontà, manifesterà l’intenzione di dire “quella guerra è finita, ricordiamone gli orrori, ricordiamone le pagine”, non perché ciascuno di noi debba paradossalmente rivestire gli indumenti, le divise dei loro nonni e dei loro padri, anche perché c’è qualcuno che, come me, avrebbe molte difficoltà a scegliere le divise dei loro padri e dei loro nonni. Questo è il caso di tutti gli italiani, perché come ricorda Romolo Gobbi, già direttore dell’Istituto Gramsci, nel suo libello “Il mito della Resistenza”, oggi come oggi noi dobbiamo dire una verità: che fascisti e uomini della Resistenza erano, nel ‘45, una minoranza, perché la gran parte degli italiani erano italiani impauriti, italiani renitenti alla leva, italiani che aspettavano gli eventi, italiani che avevano fame. Questo, senza retorica, dobbiamo riconoscere. Epigoni del fascismo, del comunismo, ma la realtà è stata questa al di là della retorica, al di là dei fatti eroici che ci sono stati: una grande massa di italiani, affamata e sbandata, che aspettava gli eventi che, diciamocelo una volta per tutte, furono poi determinati dalla VI Armata americana più di ogni altro agente militare e politico. Se questo è vero, arriviamo davvero a un riconoscimento unanime, corale, condiviso, non ci dividiamo su queste cose, anche perché, nei fatti delle foibe, si riassume un significato particolare anche per l’oblio che ha circondato questo fenomeno e questa tragedia. E’ proprio l’oblio che ha indotto il Parlamento italiano, anche con il voto della Margherita, dei Ds a riconoscere la necessità di una “Giornata della memoria”, che non è, da destra, un volantino elettorale per dimostrare quanto siamo stati muscolarmente capaci di riaffermare una volontà negletta, non è tanto e non è solo questo; è stato un momento fondamentale che vorrei ricordare con le parole di un parlamentare che diceva, proprio l’11 febbraio al presidente Casini: “Oggi affrontiamo un passaggio difficile della storia italiana quale la vicenda drammatica di 350.000 italiani costretti ad abbandonare le loro case e, prima ancora, quella dei 15.000 italiani morti nelle foibe per il solo fatto di essere italiani. E’ una pagina che a lungo è stata rimossa nella storia del paese e sulla quale è stato steso un velo di oblio e di dimenticanza. Credo che sia giunto il tempo di dichiarare che quella pagina di storia appartiene alla nostra storia, alla storia di tutti noi, alla storia degli italiani”. Sono le parole di Piero Fassino, del segretario dei Democratici di sinistra, che l’11 febbraio al Parlamento italiano afferma e die una volta per tutte “quelle pagine sono le nostre pagine, quella storia era anche la nostra storia”. E allora mi chiedo, cari colleghi dei Ds e della margherita, perché voi non avete il coraggio di dire ciò che Fassino ha avuto la dignità e il coraggio di sostenere nel Parlamento. Questa è la nostra richiesta, questa non è una sfida provocatoria, questa è la volontà di chiarire se in questo Consiglio regionale si vuol fare propaganda asservendo il mito della Resistenza all’ennesimo tentativo, all’ennesimo bisogno elettorale, oppure vogliamo fare una cosa seria che potrà veramente far crescere la memoria dei marchigiani, che prima di tutto sono italiani e che prima ancora sono italiani dediti al principio della democrazia e della libertà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Non vorrei sembrare irrispettoso verso questi temi, ma avrei ritenuto più opportuno trattare prima le leggi sul commercio e l’organizzazione del personale che rimandiamo da mesi e che sono veramente di competenza nostra e poi lasciare queste discussioni sul passato che vorremmo attualizzare, ad un momento successivo.
Ascoltando gli interventi, in particolare quello del collega Ricci, ho avuto la conferma di una convinzione: che da una parte quando si fanno queste leggine e provvedimenti c’è sicuramente uno scopo nobile che si vuol perseguire, dall’altra c’è sempre uno scopo strumentale di natura politica.
Dico questo perché, collega, ti sei rivolto con disinvolta disattenzione nei confronti del centro-destra, mostrando anche una mancanza di attenzione nei confronti delle parole che il mio collega relatore di minoranza Francesco Massi ha utilizzato nel presentare questo provvedimento. Il collega Massi ha detto che sostanzialmente condivideva i contenuti di questa leggina e quindi, intanto, rispetto alla dichiarazione fatta da altri c’era bisogno di questa attenzione. Ma io non vedo nemmeno il problema che tu hai visto insormontabile nella richiesta fatta dai colleghi di Alleanza nazionale, che hanno presentato un emendamento secondo me accettabilissimo da parte anche della sinistra, che un “emendamento” di questo tipo ha votato in Parlamento. Se la sinistra accetta questo in Parlamento non vedo perché non lo debba accettare a livello della Regione Marche. Ma oltre questo, se andiamo al di là e cominciamo a fare questi discorsi sul passato, sul dramma della dittatura fascista, io ti dico che sicuramente la dittatura fascista è stato un dramma da parte mia e da parte di chi, come me, ha una certa esperienza politica e non c’è difficoltà a riaffermarlo, lo abbiamo sempre detto e lo ripetiamo. Ma ti posso dire che oltre alla Resistenza e ai valori della Resistenza che non disconosciamo, non dobbiamo dimenticare che questa istituzione repubblicana, che è la nuova Costituzione dello Stato repubblicano italiano, si basa su questi valori ma ha avuto un presupposto fondamentale per renderli concreti, altrimenti sarebbero stati subito cancellati un anno dopo scritti: la vittoria, nel 1948 della Democrazia Cristiana sul Partito comunista, perché se ci fosse stata quella sconfitta saremmo passati anche noi da una dittatura ad un’altra. Questa è una verità storica che non possiamo disconoscere. Soprattutto mi preoccupo quando uno dice “voglio rifondare il comunismo”, poi dice “voglio democrazia, libertà, pluralismo”. Ma il comunismo ha rappresentato la negazione della democrazia, della libertà e del pluralismo, quindi trovo un contrasto enorme fra queste dichiarazioni. Se vogliamo fare una cosa seria dobbiamo condannare il fascismo come abbiamo sempre condannato e dobbiamo condannare il comunismo. Questa è una leggina su cui abbiamo passato tutta la mattinata: rispetto ad altri argomenti poteva essere liquidata in cinque minuti. Spendiamo 60 milioni di lire per ricordare questi fatti. Facciamolo, ma troviamo anche il modo — questo è l’invito che faccio — di uscire con un voto unanime da questa Assemblea dopo che ci abbiamo perso tanto tempo, accettando anche quegli emendamenti che non stravolgono niente e che sono un minimo riconoscimento alla storia. Se dovessimo andare a fare un’analisi, brutalità sono state commesse dal regime fascista, da noi sempre condannate, da noi democratici cristiani sempre condannate — quindi ti invito ad essere attento quando dici “il centro-destra ha detto che vota contro”. Il collega Massi, relatore di minoranza, ha detto che vota a favore e tu dici che vota contro: o non sei stato a sentire, oppure giochi su queste parole e su questi termini. Inoltre, gli emendamenti proposti da Alleanza nazionale, lo ripeto, non stravolgono assolutamente ma consentono di avere una visione anche più completa. Io dico che se questi argomenti e questi concetti sono stati accettati a livello parlamentare, non vedo perché non debbano essere accettati a livello regionale.
Visto che abbiamo dedicato tanto tempo a questa discussione e i siamo accalorati tanto, troviamo almeno il modo di uscire con una soluzione unanime, altrimenti andremo ancora a dividerci fra antifascisti, anticomunisti ecc., e tutto ciò non ha senso: le brutalità sono tali, come le dittature, e secondo me non c’è distinzione né colore. Troviamo il buon senso per fare almeno queste cose. Io rispetto la decisione del collega, perché è lui che l’ha seguita e preparata, quindi io mi adeguo correttamente, come noi abbiamo sempre fatto nel corso di questi anni, quindi l’Udc voterà a favore senza condizionamenti o ricatti di alcun genere, però dico che il buon senso di voi tutti che siete maggioranza dovrebbe essere tale a far accogliere l’indicazione del gruppo di Alleanza nazionale che, ripeto, è corretta, non stravolge e consente a tutti di uscire con un livello dignitoso superiore, anche per rispetto del lavoro svolto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Considerazioni su questa legge, seppur breve e con non troppi finanziamenti, ma il cui valore simbolico, politico e culturale è notevole. Appartiene infatti alla tradizione di questa Regione — non siamo di fronte a un momento particolare speciale — ricordare, attraverso norme legislative, attraverso il sostegno ad iniziative, uno dei momenti fondamentali della nostra storia repubblicana, anzi il momento topico, quello da cui nasce la nostra storia repubblicana e democratica: la Resistenza, la lotta di liberazione è questo. La legge che arriva oggi in aula, proposta dalla Giunta regionale — lo vorrei ricordare ai colleghi della minoranza, che a me pare si stanno contraddicendo questa mattina per una battaglia veramente strumentale e che sta assumendo anche dei caratteri eccessivi — ha una genesi particolare. Prima di questa legge sono arrivate al Consiglio regionale due proposte, di iniziativa di due Consigli provinciali, quello di Pesaro e quello di Macerata, che hanno proposto all’unanimità testi con contenuti simili.
I gruppi di An e di Fi che appartengono a quei Consigli non si sono sentiti sollecitati, preoccupati, né hanno voluto inserire in quei testi questo emendamento, il contenuto che dall’emendamento emerge. Io credo che questo sia necessari ricordarlo se vogliamo davvero riflettere, ragionare e anche valutare il contenuto fortemente strumentale che le opposizioni questa mattina stanno proponendoci. Quindi ritengo che questa legge debba essere garantita e approvata così come il testo della Commissione l’ha licenziata. E’ impossibile per la sinistra e per il centro-sinistra fare nostro l’emendamento, che metterebbe sullo stesso piano due eventi storici che no è possibile equiparare. Non perché, come qui si ricordava, con citazioni anche del segretario nazionale del partito al quale io appartengo, esistono morti di serie A o di serie B o perché fenomeni vanno valutati da un punto di vista quantitativo — i 6 milioni di morti degli ebrei contro i 350.000 esuli e morti nelle foibe — non è questo. Sono due fenomeni storicamente non paragonabili. Questa legge deve mantenere forte questo carattere. Tra l’altro io credo che l’approvazione, l’11 febbraio, della legge nazionale, che riconosce il 10 febbraio come data per celebrare e ricordare anche il fenomeno delle foibe, sia l’occasione che ha fatto giustizia di questo evento, che storicamente andava riconosciuto. Ritardi ci sono stati da parte della sinistra e da parte del centro-sinistra. Qualcuno ricorda come il fatto che Tito sia stato un uomo che si è collocato, per quanto riguarda i rapporti internazionali, contro lo stalinismo e che ha dato vita ad uno dei fenomeni di politica internazionale più interessanti, quello di avere messo insieme i paesi non allineati, è stata una delle ragioni per cui qualcuno ritiene ci possa essere stata una certa accondiscendenza o comunque un ritardo nel ricordare anche questo fenomeno, può essere storicamente recepito come tale, ma oggi, di fronte al fatto che il Parlamento italiano ha riconosciuto il 10 febbraio — sappiamo che ricorda il 10 febbraio del 1947, il trattato di pace di Parigi che fissa definitivamente il passaggio dei territori istriani alla Jugoslavia — ha trovato il giusto riconoscimento. Inficiare questa legge con questo emendamento, a mio parere è assolutamente improprio, inopportuno, storicamente ingiusto.
Quindi ritengo che occorra approvare questo testo così come esso è, fare in modo che le iniziative di celebrazione che la legge promuove vengano realizzate, ma c’è una novità in questa legge che io voglio ricordare e che a me pare assolutamente non insignificante: oltre all’importanza che ha il ricordo, ho riletto, nel preparare questo intervento — ma taglio drasticamente su tante questioni — l’intervento che il presidente della Repubblica Sandro Pertini fece proprio in territorio marchigiano, a Sant’Angelo in Vado nel 1970 — il presidente Pertini inaugurava lì un monumento alla Resistenza — ricordando come un monito fortissimo quello di continuare a impegnare le forze politiche e culturali ad informare i giovani. Pertini diceva che nei libri di storia, in quel momento, nel 1970 la Resistenza non era presente. Le pagine dei nostri libri di storia si fermavano alla prima guerra mondiale se non all’unità d’Italia. Oggi, fortunatamente, grazie anche al Governo di centro-sinistra e alla politica di quel Governo, che ha segnato sicuramente, dal punto di vista dell’innovazione, aspetti significativi, la storia del ‘900 è già nei libri di testo, i ragazzi possono studiarla, possono approfondirla e io credo che, insieme alle iniziative che comunque continuano a competere, anche come valore etico, alle istituzioni, esiste anche questa grande novità.
Ricordo poi che la legge, oltre ad avere il fine del ricordo di una memoria viva che non vuole essere assolutamente celebrativa, ma che ha in sé, insito l’aspetto della ricerca storica che non può essere non ricordato e che, come ricordava qualcuno, comunque non appartiene alla politica ma alla storia, inserisce un aspetto in più, importante: consente alla nostra Regione di fare una mappatura, quindi una ricerca, di tutti i luoghi che sono stati significativi dal punto di vista degli eventi della seconda guerra mondiale.
Quindi credo che, rifuggendo da strumentalizzazioni politiche che hanno abbastanza riempito l’aula di questo mattina, si possa approvare questa legge così com’è, con quei contenuti che vogliono ricordare i valori fondativi della nostra storia repubblicana e che vedono nella lotta al fascismo e nell’antifascismo e nella liberazione uno dei valori fondamentali.
Il 10 febbraio è data che ricorda le foibe. Ognuno vedrà come vuole impegnarsi in questa giornata che il Parlamento nazionale ha attivato, per fare in modo che anche la nostra Regione possa riconoscere, ricordare, studiare, ma questo non è assolutamente possibile farlo in questo contesto normativo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Non avrei voluto intervenire, perché dopo le parole dette dagli esponenti del mio gruppo, dagli esponenti della minoranza e da alcuni della maggioranza fosse giusto rimanere in silenzio, perché solo con il silenzio, molte volte, si riesce a celebrare molto meglio alcuni eventi. Però ritengo indegno perseguire un fine che è completamente diverso negli intenti, con dei mezzi che sono dissacratori e diffamanti. Fermo restando che non c’è bisogno di fare ulteriori dichiarazioni contro la dittatura, fermo restando che non esiste differenza fra una dittatura fascista e una comunista, dobbiamo, giustamente, ribadire alcuni concetti fondamentali. Noi che sediamo in quest’aula non abbiamo mai e poi mai cercato di portare il fascismo come idea predominante sulla società, quando invece in questi banchi siedono persone che fino a 12 anni fa volevano portare il comunismo come punto di riferimento e di libertà nell’ambito di un paese democratico come l’Italia.
Oggi non possiamo nemmeno dire che le conseguenze di quelle cose non le conoscete, perché tutti siete stati in vacanza nei paesi dell’est. Così come è indegno ricordare Tito quando l’Istria, la Croazia, la Serbia, la Macedonia, il Kosovo hanno dovuto fare una guerra interna per rendersi autonomi e indipendenti.
Fermo restando questo principio, ritengo che un richiamo anche a quegli eventi mostruosi che sono avvenuti nell’altro versante del mare della nostra regione, non credo sia assurdo, né diminuisce il significato di questa legge, perché altrimenti ritengo che qui la denigrazione, l’inganno e la diffamazione ancora imperino e non a caso è avvenuto quello che è avvenuto nei confronti di una nostra collega ex assessore. Purtroppo non c’è stato nessun impegno — la prossima volta lo chiederò a tutto il Consiglio — per pretendere che prima che finisca la legislatura ci siano una sentenza e un processo rispetto a ciò che è accaduto all’ex assessore Cecchini, perché mi sembra che la stessa procedura dell’inganno, della diffamazione e della denigrazione ancora imperino, come fosse un verbo di dittatura che tutti andiamo non ad allontanare ma a condannare.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio per le conclusioni.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Dissento un po’ dall’impostazione del consigliere Viventi, perché ogni tanto parlare anche di temi alti non fa male. Poi magari ci dividiamo, è più difficile tradurre i problemi nella concretezza, però ogni tanto vale la pena di fare qualche riflessione che ci aiuta ad andare avanti avendo chiarito le cose.
Potrei fare un intervento basato sul fatto che, mentre questa legge è ancorata al territorio regionale, il richiamo sulle foibe non riguarda fatti regionali ecc. Ma non voglio fare questo tipo di intervento, voglio fare un altro intervento, breve.
Penso che non sia accettabile un tentativo, sottile, che sta venendo avanti in questo nostro paese, di mettere sullo stesso piano fenomeni completamente diversi, storicamente diversi e soprattutto diversi per quanto riguarda la scala di priorità per la nostra nascita, per la nascita dell’attuale Repubblica italiana. Non c’è da far pesare con il bilancino, non è quello. La Resistenza è alla base della nostra Repubblica e della Costituzione. Questo è un dato storico, politico e culturale, non ci sono se e ma, questo è il dato ed è un dato che prescinde totalmente dal fatto “tutti quelli della Resistenza sono stati bravi?”. Sicuramente no. Qualcuno, qui dentro, ha detto che la Resistenza e il fascismo erano espressioni di minoranze. A parte che sul secondo qualche dubbio ce l’ho, ma la Resistenza è stata espressione di minoranze? Anche il processo dell’unità d’Italia è stato dovuto all’impegno forte di minoranze, fortemente convinte di avere impostato un’azione di lunga lena in cui ciascuno ha pagato costi molto alti e alla fine hanno ottenuto l’unità d’Italia. Diciamocelo con franchezza: non è vero che in Italia la Resistenza è stata una guerra civile, perché è una stupidaggine colossale. E’ stato un movimento forte, ampio lì dove c’è stato. Ci sono state zone d’Italia che non l’hanno conosciuto poco, tutto il sud d’Italia l’ha conosciuto pochissimo, salvo “Le giornate di Napoli” molto celebrate, ma probabilmente un po’ meno partecipate di quanto si dice e salvo la Resistenza a Roma, a Porta San Paolo. Ma il sud d’Italia non ha conosciuto la Resistenza. Vuol dire che il sud d’Italia non ha partecipato? Ma non diciamo stupidaggini. La verità è che li processo di formazione di questa Repubblica si è innestato su una serie di movimenti, di reazioni, di richiami, di confronti pagati pesantemente su valori che sono quelli che hanno indotto una parte del popolo italiano a resistere e a insorgere in armi contro la tirannide nazifascista. Ma allora questa legge non tiene conto delle foibe? Chi l’ha detto mai? Il problema delle foibe è un’altra cosa su cui prendiamo oggi posizione dicendo che è stato un fenomeno negativo, ma con la storia, con le radici di questo nostro paese non ha a che vedere, è un elemento, un fenomeno, una serie di venti fortemente negativi, in cui sicuramente ci sono state delle aberrazioni, ma non c’entra con la storia di questa Repubblica. Questa Repubblica è nata con la Costituzione che nasce sulla base dei fenomeni che hanno portato dalla Resistenza alla Costituzione, questo dice questa legge. Poi si incardina sul territorio regionale perché vuole avere un ulteriore elemento. Questo significa che questa legge esclude le foibe? Sciocchezze, non c’è scritto da nessuna parte. Significa solo — e su questo sono fermamente convinta — che il 25 aprile è una data che va festeggiata, e mi dispiace che l’attuale presidente del Consiglio dei ministri trovi il modo di non festeggiarla mai con motivazioni sempre varie ma che si ripetono sempre. Va festeggiata non per una ritualità sciocca, della quale nessuno sente il bisogno, ma perché dobbiamo fare riferimento alle nostre radici, perché la Costituzione è fatta sulla base di un incontro difficilissimo fra tre radici culturali, lo sappiamo tutti e ce lo continuiamo a dire, è inutile che ci raccontiamo altre storie: la radice liberal-democratica, la radice socialista nella versione doppia (versione gramsciana, versione marxista e versione più social-riformista) e la radice di un cattolicesimo socialdemocratico. Queste sono le linee che si sono unite nella nostra Costituzione, come si sono unite nella Resistenza. Che poi la Resistenza possa avere avuto dei momenti in cui ci possano essere stati fenomeni negativi, che hanno avuto come alibi la Resistenza e che non avevano niente a che vedere con la Resistenza chi lo nega? Per fortuna la Resistenza è stato un movimento talmente di massa, che sicuramente lì in mezzo c’è stata qualcuno che non era tale da poter essere indicato come esempio. Ma questo cosa significa, che l’esistenza di qualcuno che on va bene snatura il movimento da cui è nata la nostra storia repubblicana? Questo dice questa legge.
Vogliamo parlare di foibe? Sì, ma altrove. Il 10 febbraio parleremo di foibe e vedremo come, vedremo di farci carico anche di questo fenomeno, non c’è problema su questo. Il problema vero è che la storia di questa Repubblica nasce dalla Resistenza e dalla Costituzione che è stata scritta da chi, in quel periodo, ha giocato un ruolo fondamentale. Rileggiamoci gli atti della Costituente, perché è importante capire come si sono incontrati e che cosa ha significato il movimento della Resistenza.
Questo vuol dire questa legge e per questo voto con grande piacere questa legge. Mi meraviglio che i alcuni colleghi dell’opposizione non la votino, perché in questa legge non c’è nulla che non faccia capire o che faccia capire che il fenomeno delle foibe viene visto favorevolmente, viene visto come un incidente trascurabile. Non è così, è un’altra cosa, ne parliamo altrove, in un altro momento. Questo è un momento in cui si parla della Resistenza, di un anniversario della Resistenza e della guerra di liberazione. Questo è il dato strutturale che sta dietro questa legge, che sta nella nostra storia. Pertanto questa legge va votata. Pi parleremo di foibe, ma un’altra volta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione, innanzitutto, la prosecuzione della seduta fino al voto finale della proposta di legge.

Il Consiglio approva

Articolo 1. Emendamento n. 1 presentato da Ciccioli, Romagnoli, Castelli e Gasperi. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. L’emendamento è inutile illustrarlo perché è chiarissimo e rientra nello spirito della legge quando dice del problema delle deportazioni. E’ un segnale simbolico, che poco toglie anche dal punto di vista economico ai 30.000 euro. Lo riteniamo discriminante per votare la legge. Di fronte a un atteggiamento di apertura crediamo che ci si debba riconoscere in questa legge, nello spirito di una memoria storica. Noi l’abbiamo proposto e lo votiamo. Delle foibe credo che non ci sia niente da aggiungere e del martirio del popolo italiano residente nei territori giuliani, dalmati e istriani credo non ci sia niente da dire, il Parlamento italiano, con il voto dei Ds e dei gruppi della sinistra ha fissato nel 10 febbraio la “Giornata della memoria delle foibe”, quindi è chiaro che di fronte all’uso della legge per altre motivazioni nobili, politiche, quello che ci pare, non possiamo votarla. Faccio quindi appello a tutto il Consiglio su questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

PIETRO D'ANGELO. per le motivazioni già dette dal Presidente D'Ambrosio voto contro questo emendamento, non per un fatto precostituito, politico o quant’altro, perché giustamente va inserito in un altro contesto, quindi il mio voto contrario dipende dal fatto che l’emendamento non è coerente con la proposta di legge.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Insisto perché l’aula valuti i miei emendamenti sui commi 2 e 3 dell’articolo 1.

PRESIDENTE. Il consigliere Novelli ha presentato due emendamenti che ho giudicato estranei all’argomento in discussione. Dato che il consigliere Novelli insiste, è l’aula che deve decidere.
Il primo emendamento è stato da me giudicato estraneo all’argomento in discussione, perché si riferisce alla causa palestinese. Recita “con le stesse modalità e il medesimo impegno economico la Regione promuoverà iniziative di conoscenza delle persecuzioni e del martirio subito in aree geograficamente meno prossime ma nell’attualità dal popolo palestinese”. E’ evidente che questo emendamento è estraneo all’argomento in discussione, l’ho dichiarato inaccettabile, il consigliere Novelli vuole che l’aula si esprima, io chiedo all’aula di esprimersi sulla non accettabilità dell’emendamento, per cui votando sì si conferma la non accettabilità.
Pongo in votazione la non accettabilità dell’emendamento.

Il Consiglio approva

Do lettura del secondo emendamento: “Con le stesse modalità e il medesimo impegno economico la Regione promuoverà iniziative di conoscenza delle battaglie di Sentinum, nella terza guerra sannitica del 291 a.C. e del Metauro nella seconda guerra punica nel 207 a.C.”. Credo che sia ancora più evidente la non attinenza all’argomento in discussione, che ho dichiarato.
Pongo in votazione la non attinenza all’argomento in discussione, quindi la non ammissibilità.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 1. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Chiedo che il regolamento possa essere applicato in maniera equa ed intelligente da parte sua e dell’ufficio, Presidente, senza rigidità, perché stiamo parlando di questioni che sono state in grado di accendere un dibattito che è stato tutto sommato molto corretto e anche profondo. Non mi pare che sulle questioni procedurali ci si debba incartare o addirittura si debba rovinare questo clima di confronto. Chiedevo l’appello nominale perché il Presidente D'Ambrosio nella sua replica, a fine dibattito generale ha detto una cosa che penso sia stata colta da tutti: stiamo parlando del 60° anniversario della Resistenza, non mettiamo altra discussione o altre tematiche, così delicate tra l’altro, all’ordine dei lavori. Il comma 2 non riguarda il 60° ma è l’estensione della portata di questi interventi previsti dalla proposta di legge e l’estensione alle persecuzioni subite dal popolo ebraico, nonché dai deportati militari e politici nei campi di internamento. Io ritengo che l’emendamento di Alleanza nazionale fosse assolutamente attinente a questo tipo di discorso, perché non può non parlarsi di deportazione, addirittura di uccisione di centinaia, di migliaia di italiani per motivi che poi l’art. 2 precisa quando parla di motivi razziali e lì c’erano motivi razziali, etnici. Ecco perché chiedevo in maniera anche un po’ forte, che ci fosse stato un appello nominale, perché a mio avviso non può essere fatto ancora una volta il discorso di due pesi e due misure, cioè che ci sono deportazioni di un certo tipo e deportazioni di un altro tipo. Se lo inseriamo, dobbiamo essere in grado di fare qui, anche in quest’area, quel passaggio culturale, prima che politico, morale, etico prima che ideologico, che possa finalmente favorire una storia condivisa. Questo volevo dire precedentemente, l’ho detto in questo momento in sede di dichiarazione di voto, siamo costretti a votare contro l’art. 1, perché a nostro avviso ancora si vuol parlare di un certo tipo di morti rispetto ad un certo tipo di altri morti. Il ricordo deve essere unico, la storia deve essere condivisa, finalmente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 1.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Emendamento n. 2 a firma Modesti e Mollaroli. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 3 a firma Novelli, che ha la parola per illustrarlo.

SERGIO NOVELLI. Ritengo che l’aula, che non ha recepito il “brodino” che i colleghi di An hanno estrapolato da questo emendamento, con ancora maggior ragione non possa condividere l’atto di verità che chiedevo venisse compiuto, perché è evidente che riferirsi al fatto storico che la maggior parte dei profughi, zaratini soprattutto, da Pola e dalle coste dalmate si siano rifugiati nelle Marche perché c’erano le comunicazioni navali più dirette, andava ovviamente segnalato. Giustamente qualcuno ha ricordato che il fatto dell’arrivo di quei poveri profughi fu allora visto con un’altra visione.
In questo emendamento ho evidenziato in grassetto le due parti che sono integrative rispetto al testo della legge proposta dalla Commissione. Una ricorda i profughi dalmati e istriani verso le Marche, l’altra è la precisazione che le vittime degli eventi del 1945 non sono solo i caduti nella lotta contro il nazifascismo ma tutti i caduti vanno ricordati e vorrei che venissero ricordati gli anconetani morti sotto i bombardamenti che, evidentemente, non sono meritevoli neanche di menzione e ricordo. Telefonavo a un consigliere comunale non del mio partito — ma forse presto lo sarà — che diceva “se la Regione approva oggi una legge per ricordare i caduti, un mio concittadino che è morto sulle spiagge di Anzio combattendo contro l’invasore non lo posso far commemorare?”. Gli manderò il testo della legge, ma evidentemente, nella commemorazione, alcuni caduti, pur essendosi battuti con la bandiera italiana contro la bandiera straniera su territorio italiano non sono degni dello stesso ricordo che a vostro giudizio solo alcuni potevano meritare. Quindi insisto sull’emendamento chiedendo all’aula una riflessione di buon senso.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 2 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Una brevissima dichiarazione di voto. Riportandomi a quanto hanno già detto i miei colleghi Ciccioli, Castelli e Gasperi. A precisazione del contenuto del nostro emendamento bocciato da questa maggioranza, dichiaro che noi siamo, con dispiacere, contrari a questo tipo di proposta per come è stata stesa, per come è stata portata avanti e discussa anche in quest’aula. Poteva essere un momento di serio confronto e di passo avanti rispetto ad un dibattito che è già molto avanti tra gli storici, nella società civile, tra le persone che hanno comunque avuto il coraggio, anche in tempi non sospetti, di aprire determinate discussioni e determinati percorsi. Loro sono già molto avanti, la politica, almeno una parte di essa, mi pare che sia ancora molto indietro e continui ad usare elementi della nostra storia, che devono essere pertanto elementi della storia che ho definito “storia condivisa” di un popolo, come clava da agitare verso questo o quell’altro schieramento politico, verso questo o quell’altro interesse di parte.
Signori, siamo ancora una volta inadeguati. Una parte della politica si dimostra inadeguata ai compiti che deve svolgere, perché se vuol fare delle istituzioni un profilo alto che rifletta veramente la coscienza di un popolo, la volontà di un popolo, queste occasioni non le deve perdere come le sta perdendo questo Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Confermo il voto negativo non rispetto alla bontà della legge ma alla troppa distanza che c‘è tra la destra e la sinistra che, con un po’ più di buon senso e meno ideologia, sicuramente oggi poteva consentire di raggiungere un buon obiettivo. Siamo ancora lontani da una seria e proficua pacificazione e per questo motivo diamo il voto contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Al 99% la dichiarazione di voto del collega Pistarelli mi rappresenta. Ho preso la parola per dire che voto contro con dispiacere. A me, tutto sommato, neanche dispiace tanto, perché era ampiamente scontato che questo fosse il clima. Abbiamo fatto anche un po’ di propaganda per gli amici di Alleanza nazionale: il mancato voto al mio emendamento sulla guerra civile, con la encomiabile eccezione del collega Castelli. Per gli amici della sinistra il mancato voto all’emendamento sul martirio palestinese che, ripeto, a qualcuno dei vostri può provocare qualche curiosità. Comunque è bella la politica appunto perché ognuno assume la responsabilità delle cose che ritiene di dover esprimere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Ribadisco il voto favorevole dell’Udc su questo testo, esprimo però il rammarico che l’emendamento di Alleanza nazionale non sia stato approvato.
Voglio dire ai colleghi della sinistra che qualche volta bisogna dimostrare un po’ di elasticità. Pensate cosa ha fatto nella valutazione della storia di questo paese l’on. Fini. Può essere credibile e può non essere credibile: ha riaperto un dibattito, ha assunto una posizione coraggiosa anche rispetto al suo personale passato, ha dimostrato elasticità. Mi preoccupa che la sinistra, anche qui tra voi, dovrebbe avere qualche gesto di maggiore apertura e disponibilità.
Come vedete l’Udc vota questa legge, ci crede, perché sul testo non ha nulla da dire, anzi condivide completamente i valori che sono stati espressi, però l’emendamento di Alleanza nazionale poteva essere recepito da voi e lo dico ai Ds, perché oggettivamente Rifondazione comunista e i Comunisti italiani nel Parlamento italiano hanno espresso analogo voto contrario, però i Ds nel Parlamento italiano hanno recepito l’emendamento che qui ha presentato An. Vi pregherei, qualche volta, di dare un’apertura maggiore come qualche volta sappiamo fare noi.
Comunque l’Udc approva questo testo, con questo rammarico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Una brevissima dichiarazione di voto, perché il testo merita una serietà di approfondimento. Io credo che i morti meritano tutti rispetto e considerazione, così come i profughi, ma torno a dire che non si possono mettere sullo stesso piano gli aggressori e gli aggrediti, i carnefici con le vittime, i fascisti ed i nazisti con i partigiani nel nome della cosiddetta pacificazione nazionale.
In realtà di questo non c’è bisogno, perché la Resistenza prima e successivamente la Repubblica da essa nata, hanno creato non solo le condizioni ma anche i diritti concreti entro i quali si esercita la democrazia.
Noi non siamo nostalgici — mi riferisco ai Comunisti italiani — perché la vostra sofferenza è grande in quanto i vostri ideali originari, colleghi della destra, sono incompatibili con la tradizione democratica in generale ed in particolare del nostro paese. I Comunisti italiani quindi, a differenza vostra, non hanno nulla di cui vergognarsi. Il Partito comunista italiano, insieme ad altre forze, è stato l’artefice ed il protagonista della libertà nel nostro paese, a cominciare dalla lotta contro il nazismo e contro il fascismo e successivamente per la libertà, per i diritti e per la democrazia del nostro paese. Per essere coerente fino in fondo e per non essere un ipocrita che utilizza la storia ad uso odierno vorrei anche dire che gli Stati che allora si richiamavano al comunismo, come l’Urss, insieme a tutti gli altri alleati — Stati Uniti d’America — hanno avuto un ruolo decisivo per la sconfitta del fascismo e del nazismo. Quindi non c’è bisogno di riscrivere la storia del ‘900, perché chi lo fa, in realtà persegue uno scopo di rivincita. Il tentativo è quello di riscrivere un storia attraverso la quale, come un grimaldello culturale, si possa agire sulle fondamenta della Repubblica, contro quella Repubblica fondata sull’antifascismo ma anche sui diritti e sul lavoro e non è un caso — lo ricordava il Presidente D'Ambrosio — che il presidente del Consiglio Berlusconi si guardi bene dal partecipare alla più significativa manifestazione della Repubblica italiana, vale a dire il 25 aprile, perché vede in quella data, in quella concezione un impedimento ai disegni di tipo diverso da quella storia.
Lo dico, anche qui, senza polemica: è stato un errore compiuto da una parte del centro-sinistra condividere la cosiddetta “Giornata della memoria”, perché le foibe, anche nella nostra analisi hanno rappresentato fatti gravissimi, esecrandi, ma vanno inseriti in un contesto di guerra di aggressione nazista e fascista che “italianizzava” con il terrore e con la morte pezzi di altre nazioni. In questo caso, quella che sarebbe diventata poi la Repubblica Federativa di Jugoslavia. La resistenza jugoslava più in generale, da questo punto di vista ha tuttora piena legittimazione. Le foibe, che sono state cosa diversa da quella resistenza, sono avvenute dopo e non prima dell’aggressione e comunque sia non vanno certo giustificate. Ma se voi volete aprire un dibattito serio e sereno sulla storia del ‘900, troverete nei Comunisti italiani degli attenti attori, proprio perché noi siamo stati, insieme alle altre forze democratiche, protagonisti di quella storia di libertà e di democrazia.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge n. 208.

Il Consiglio approva



Proposte di legge (Votazione ordini del giorno di non passaggio agli articoli):
«Tutela e valorizzazione del patrimonio storico dell’internamento razziale civile della seconda guerra mondiale, dell’antifascismo e della Resistenza delle Marche» Consiglio provinciale di Macerata (181)
«Tutela e valorizzazione del patrimonio storico dell’internamento razziale civile della seconda guerra mondiale, dell’antifascismo e della Resistenza delle Marche» Consiglio provinciale di Pesaro e Urbino (193)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposte di legge n. 181 d iniziativa della Consiglio provinciale di Macerata e n. 193 ad iniziativa del Consiglio provinciale di Pesaro e Urbino.
Sono stati presentati due ordini del giorno per il non passaggio agli articoli.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. I presupposti di quelle leggi sono stati assorbiti dalla proposta che abbiamo approvato, quindi si tratta di non passare al voto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il primo ordine del giorno, relativo alla proposta di legge n. 181.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il secondo ordine del giorno, relativo alla proposta di legge n. 193.

Il Consiglio approva

La seduta è sospesa. Informo che la data del prossimo Consiglio regionale è quella del 6 maggio e non del 28 aprile.



La seduta è sospesa alle 14,10