Resoconto seduta n. 189 del 20/04/2004
La seduta riprende alle 16,55



Mozioni (Discussione e votazione delle mozioni nn. 290 e 342):
«Rientro in patria dei militari italiani impegnati oltre confine nella occupazione di altri stati sovrani» Novelli (290)
«Ritiro militari italiani dall?Iraq» Procaccini e Martoni (292)
«Ritiro contingente militare italiano dall?Iraq» Procaccini e Martoni (326)
«Drammatico attentato in Iraq» Procaccini e Martoni (332)
«Manifestazione autorizzata dall?Amministrazione comunale di Porto San Giorgio in data 27 novembre 2003 ?Iraq: imperialismo e resistenza? svoltasi il giorno 4 dicembre 2003 presso la sala di proprietà comunale in viale Oberdan (ex caserma dei carabinieri)» Romagnoli, Ceroni e Massi (342)

PRESIDENTE. L?ordine del giorno reca le mozioni n. 290 del consigliere Novelli, nn. 292, 326 e 332 dei consiglieri Procaccini e Martoni e n. 342 dei consiglieri Romagnoli, Ceroni e Massi.
Considerato che non è presente il consigliere Novelli, ha la parola il consigliere Procaccini per illustrare le mozioni da lui presentate insieme al consigliere Martoni.

Cesare PROCACCINI. Gli ultimi fatti accaduti in Iraq dovrebbero impegnare in maniera più rigorosa e precisa, sia nell?analisi sia nelle scelte, le istituzioni democratiche. Infatti nella nostra analisi, una democrazia non deve farsi intimorire dai ricatti di assassini brutali. L?uccisione della guardia privata italiana in Iraq rafforza in maniera drammatica le ragioni di chi ha contrastato questa guerra ingiusta, combattuta nel nome del petrolio e del predominio strategico. Rivedere una posizione sbagliata è un atto di forza e non di debolezza, quindi occorre al più presto uscire da questa guerra, prima che sia troppo tardi.
Di fronte ad una situazione che si fa di giorno in giorno più grave è necessario assumere l?unica decisione giusta: il ritorno immediato in patria dei soldati italiani dall?Iraq. Del resto i focolai di tensione e le spirali di violenza e di odio innescate dal conflitto iracheno ed accentuate dall?occupazione politico-militare degli eserciti americano ed inglese continuano a destare preoccupazione presso tutta la comunità mondiale e le forze amanti della pace.
Gli ultimi fatti e gli ultimi morti vanno nella direzione di un immediato ritiro dei soldati stranieri dall?Iraq. Inoltre a questo si aggiunge un?altra guerra: quelle che Israele, ormai indisturbata e con l?avallo degli Stati Uniti, anche sulla via di omicidi mirati conduce contro la Palestina.
La guerra, anziché sconfiggere il terrorismo lo ha alimentato. La guerra rischia di estendersi ad altre zone di quell?area: cresce l?ostilità degli Stati Uniti d?America nei confronti della Siria e dell?Iran. La tardiva cattura di Saddam Hussein ha alimentato, se possibile, la spirale di terrore. Le motivazioni che hanno scatenato la guerra ? la presenza delle armi nucleari ? era falsa. Il sanguinoso attentato ai soldati italiani, ai quali i Comunisti italiani rivolgono di nuovo il loro cordoglio, che è costato la vita a 15 carabinieri, a 2 soldati dell?esercito, a 2 civili e l?ultimo l?altro ieri, è anche il frutto avvelenato di una nuova, inedita e peggiore politica estera italiana, basata sulla guerra e sulla cancellazione del diritto internazionale. E? la prova che i nostri soldati sono stati mandati allo sbaraglio ed esposti al pericolo senza nessuna copertura, senza nessuna rete di rapporti ed intese necessarie quando si opera in un territorio di guerra.
I governanti italiani, anziché andare a farsi fotografare in Iraq insieme ai soldati, avrebbero fatto meglio a valutare prima la situazione e ad intraprendere, in Europa e nel mondo, una politica di autonomia e di pace.
Sono stati mandati i soldati italiani per fiancheggiare una guerra, condannata dalla maggioranza del popolo mondiale e anche da quello italiano. Una guerra fatta in violazione dell?art. 11 della Costituzione, senza nessun mandato internazionale. Il Governo italiano si è reso responsabile di partecipare, sotto il comando straniero, all?occupazione militare di un altro paese, esponendo migliaia di giovani soldati al rischio della vita. Questo al solo scopo di potersi sedere al tavolo dei vincitori annunciati.
Questa politica è in totale subalternità agli Stati Uniti d?America. L?unico risultato tangibile di questa guerra imperialista sferrata dagli Stati Uniti allo scopo di impossessarsi delle enormi risorse economiche ed energetiche dell?Iraq è stato quello di avere inasprito il terrorismo, di avere inasprito il fanatismo religioso, di avere allargato il solco tra i paesi occidentali e quelli di religione islamica.
La guerra, che ha anche un carattere neo-coloniale, è riuscita a coalizzare tutti gli oppositori di Saddam Hussein contro l?occidente. Le forze di occupazione l?unica cosa che garantiscono sono i pozzi petroliferi. Le forze di occupazione, di fatto, alimentano il caos, la guerriglia e cercano di innescare, se non si ritireranno, una vera e propria resistenza. Impediscono il passaggio di potere alle forze politiche irachene, i una realtà dove la guerra impedisce una prospettiva pacifica per l?Iraq, quindi la guerra è tutt?altro che finita. La sceneggiata sulla cattura di Saddam Hussein è peraltro tardiva, proprio perché i due più grandi eserciti del mondo sono riusciti a trovare il dittatore che loro stessi, ed in particolare gli Stati Uniti d?America avevano messo al potere. Questa spettacolarizzazione è servita non alla fine della guerra ma ad alimentare la guerra medesima, coalizzando quelle forze che prima vedevano nella guerra una liberazione e adesso vedono quella che essa è: una guerra, appunto, di occupazione. Ma parlare di pace in tempo di guerra richiede anche atti concreti, altrimenti si scivola nella retorica.
Da questo punto di vista ? mi rivolgo agli amici e compagni delle altre forze di centro-sinistra ? occorrerebbe più coraggio. Il pugno nello stomaco impresso in maniera positiva dal nuovo governo spagnolo, ha certamente provocato, alla dinamica della pace, uno sviluppo maggiore, proprio perché il nuovo governo progressista e democratico spagnolo, mentre noi parliamo sta ritirando i propri militari dall?Iraq. Quindi, a questo punto occorrono atti significativi di parole ma anche di fatti. Occorre uscire dalla retorica del tricolore e di una improbabile unità nazionale, perché questo aggraverebbe la condizione internazionale, non darebbe uno sbocco positivo a quelle forze amanti della pace e darebbe un assist insperato ad un Governo quello italiano, che non ha più una politica estera se non quella della subalternità.
Le forze del Governo in violazione della Costituzione, hanno inviato i militari in una piena zona di guerra. Solo degli ipocriti consapevoli potevano pensare che i militari italiani non avrebbero corso pericolo.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

I Comunisti italiani esprimono dolore per i soldati morti ma anche per i civili, per quelli italiani e per quelli di tutte le altre parti del mondo e per i tanti civili che ancora muoiono e soffrono sotto questa guerra. Ma esprimiamo altresì rabbia per una tragedia annunciata, per una politica estera del Governo vuota e di totale servilismo agli Stati Uniti d?America. A questo punto solo il ritiro immediato delle truppe militari e la fine dell?occupazione dell?Iraq possono far cessare la guerra. Questo significa lasciare l?Iraq e gli iracheni a se stessi? Non di certo. Noi chiediamo l?immediato ritiro dei soldati italiani da tutta la regione irachena, di tutte le forze di occupazione, per consentire l?avvio di un processo costituente, gestito in primo luogo dal popolo iracheno e garantito dall?Onu anche con l?invio di aschi blu, di eserciti internazionali che non abbiano partecipato alla guerra. Bisogna accelerare, prima che sia troppo tardi, un ragionamento, e con assoluta priorità, di tipo diplomatico con l?Onu, con la Lega Araba e con l?Unione europea, volto a riportare la situazione irachena dentro una cornice di diritto internazionale, altrimenti la guerra e il terrorismo che si è visto nelle ultime ore, anziché fermarsi dilagheranno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Signor Presidente, colleghi, quando si affrontano in un?aula come questo Consiglio regionale questioni che sono assolutamente al di là della competenza specifica istituzionale specifica dell?ente, è di farci considerare saccenti di politica internazionale, andando al di là dell?ambito di una operatività concreta. Ciò nondimeno, la situazione internazionale, non soltanto dell?Iraq ma complessiva che stanno vivendo il mondo e il nostro paese, non poteva essere lasciata senza spezzare una lancia, per quanto minima, per cercare di indirizzare il Governo della nazione in una direzione più coerente con quelli che erano gli auspici e le intenzioni del popolo italiano. Occasione che naturalmente questo Consiglio regionale ha, come al solito, perduto.
Noi oggi, andiamo a parlottare della questione della partecipazione dell?Italia alla guerra mesopotamica sotto l?incalzare di un precipitare degli eventi talmente concitato, da rendere la nostra aspettativa ormai assolutamente superflua. Perché?
Chi parla ricorda di avere atteso né gli attentati di novembre, né l?insurrezione di aprile, per porsi il problema della partecipazione di un corpo armato italiano all?estero. Il problema non può essere risolto in termini di comparazione tra la cattiveria o antidemocraticità di Saddam Hussein piuttosto che di Sharabi, perché ovviamente una simile comparazione esula completamente dalle competenze e dalla conoscenza non di questo Consiglio ma di tutti noi italiani.
Il problema che posi a me stesso e che posi all?aula il 3 luglio dell?anno scorso con la mozione 290 è che la bussola, la stella polare dell?azione internazionale dell?Italia può essere il principio di autodeterminazione dei popoli, della Dichiarazione di Helsinki del 1965, oppure no. Ricordiamo di avere rispettato come un grande successo il fatto che nel 1965 tutte le forze, gli Stati Uniti come l?Unione Sovietica, avessero accettato il principio della non ingerenza e dell?autodeterminazione dei popoli. O questo vale sempre, quando i popoli scelgono una politica interna che a noi aggrada, come spesso è accaduto, vale quando scelgono una politica interna che meno ci garba, come è accaduto in Algeria, ma allora le elezioni vennero sospese tra il plauso, vale anche in occasione di regimi a caratterizzazione politica meno condivisibile. Perché se qualcuno si arroga il diritto di dire ?questo va, questo non va?, siamo già al di là dell?autodeterminazione, siamo in una scelta di governo mondiale, di politica unipolare, di imposizione di posizioni politiche alla volontà dei popoli.
La cosa più scellerata cui si è assistito in questi mesi, è che l?intervento militare, a prescindere dai morti che poteva costare, a prescindere dalle conseguenze e dai sentimenti sul territorio, era giustificato dalla lodevole intenzione di portare in quel paese la democrazia.
Il problema è che di lodevole intenzione è lastricato il percorso dell?inferno, perché poi nessuno pensa a se stesso come all?alfiere e al propagatore del mare, per cui ?faccio la guerra perché perversamente godo della sofferenza e della disgrazia altrui?; ognuno pensa di portare ciò di cui si sente latore nel bene, ma molto spesso questo bene, soggettivamente sentito, è oggettivamente fallimentare.
Sono stato criticato anche da amici che mi hanno detto ?ma come, tu a luglio del 2003 hai definito patrioti gli iracheni che si opponevano agli americani, quindi agli italiani e poi questi che chiami patrioti hanno ucciso 19 nostri connazionali?. Sono patrioti lo stesso, perché credo che chiunque, di fronte all?invasione della propria parte da parte dello straniero, animato dalle migliori intenzioni di cui l?inferno è lastricato, se si batte contro lo straniero è un patriota. Se arrivassero qui decine di migliaia di soldati iracheni non motivati dal desiderio di opprimerci ma di portarci la vera fede, che è anche più importante della democrazia, il Corano, e magari distribuire ai nostri bambini il couscous, che eviterebbe loro l?obesità delle merendine, del consumismo ecc., a questi ?amichevoli? soldati iracheni chiederei di andare via con le buone e, ove tutto fallisse, cercherei di mandarli via a pedate. Unica difesa che un patriota, italiano o iracheno, di fronte a questo tipo di prevaricazione, potrebbe adottare.
Mi ha fatto specie vedere che purtroppo il Governo della nazione si è prestato a un?operazione che non solo era assolutamente indifendibile sotto un profilo etico-morale, ma era anche un clamoroso errore, perché il dramma ? lo disse Winston Churchill all?allora presidente del Consiglio Benito Mussolini ? con le guerra è che ognuno può iniziarle e sa come iniziarle, ma una volta che sono iniziate nessuno sa come finirle e nessuno può, di propria volontà, finirle. Questo è un tipo di ammonimento che si sarebbe dovuto rammentare nel momento in cui certe scelte sono state fatte. Ovviamente siamo tutti rammaricati dei 19 italiani caduti a novembre. Per l?altro connazionale ucciso in aprile qualcuno ha detto ?trattavasi di un civile armato in teatro di operazioni belliche, quindi passibile di esecuzione sommaria ai sensi dell?art. 47 della convenzione de L?Aja?. Vero. Però è anche vero che, a prescindere dal fatto che uno può anche trovarsi a commettere atti ingiusti o illeciti, lo spettacolo di una persona catturata, minacciata, ?incaprettata?, umiliata, bendata, assassinata con un colpo di pistola, a prescindere delle circostanze che l?armato irregolare venga trattato da franco tiratore, quindi passibile di esecuzione stataria, ma stataria vuol dire subito, nel luogo in cui viene colto armato, non dopo giorni di ostentazione, minacce di morte, torture psicologiche e fisiche. Tuttavia credo che almeno una parola, se non siamo ipocriti, dovremmo dirla: beni più di 20 sono i connazionali che, se non hanno ancora perso la vita, la perderanno per la scelta inopportuna di inviare italiani in Mesopotamia, perché il dato clamoroso, macroscopico che abbiamo sotto gli occhi, è che dei 3.000 militari inviati in Bosnia nel 1999, 236 hanno già perduto la vista per neoplasie polmonari o leucemie, di cui nessuno può dire che sono certamente conseguenza delle 10 tonnellate di munizioni DU sparate dalla coalizione occidentale in quel teatro, nel 1999. Però nessuno può dire, come ha detto il ministro Martino, che una tale incidenza di morti tra ragazzi di 20-30 anni per malattie polmonari e affezioni neoplasiche, sia imputabile alla diffusione del fumo tra i giovani: 236 su 3.000 è un 10%.
In Bosnia gli americani impiegarono 10 tonnellate di munizioni DU. L?anno scorso, in Mesopotamia ne hanno impiegate 85 tonnellate, cioè 8 volte di più e tutte nell?area prevalentemente occupata da italiani, polacchi e fino a ieri spagnoli, che se ne sono andati, perché loro volevano occupare Baghdad e la zona sunnita, dove hanno probabilmente meno attentati, gli inglesi occupano un?altra zona con munizioni convenzionali, nella zona intermedia dove si combatteva un anno fa, dove ci fu la resistenza della guardia presidenziale, dove si sono usate le pallottole ad uranio impoverito, vengono impiegati i ?miserabili ascari?. Bene ha fatto il governo spagnolo a ritirare il proprio contingente, perché questo dimostra che alla fin fine la volontà popolare, conculcata per un erto periodo, può essere poi ristorata. L?allora governo Aznar, sapendo che il 92% dei suoi governati è contrario alla guerra, vi partecipa, dopodiché si vota. Lasciamo stare l?odioso attentato, una situazione drammatica, comunque si vota. Non stiamo parlando di una normativa sulla coltivazione del tabacco o sui dazi dell?acciaio, questioni importantissime, parliamo di pace e di guerra: il 92% della popolazione non condivide una scelta a carattere topico e centrale come la guerra e votando manda a casa chi non ha rispettato il volere degli amministrati. Che male c?è? Vince il terrorismo? Vince il principio di democrazia e rappresentanza.
Concludo veramente ricordando a me stesso una cosa. Quando un anno fa ci ponemmo il problema della partecipazione a una guerra o a una post-guerra dell?Italia, faccio presente al consigliere Procaccini che l?art. 13 del decreto legge che a luglio inviò la missione, applicava ai militari italiani in missione nell?antica Babilonia il codice militare di guerra in tempo di guerra, quindi si sapeva benissimo che quella guerra era. Per noi, una scelta come la pace e la guerra è una scelta di coscienza e va al di là del dato contingente del ?siamo al governo, siamo all?opposizione?. I colleghi di sinistra, ricordo in particolare la collega Benatti, dissero ?ci siamo trovati allora ad appoggiare la guerra in Kosovo per contingenti circostanze, ma la lezione è imparata, questa volta la sinistra non è più tentennante nell?affermare il principio prioritario e prevalente del rispetto dell?autodeterminazione dei popoli, anche al di là delle convivenze contingenti di governo di maggioranza?. Nel modestissimo piccolo, ma tutti gli amici, quelli con cui abbiamo costruito questo progetto di Alternativa sociale, allora, quando i nostri partiti e la nostra coalizione erano per la guerra e noi no, dicemmo ?noi non ci stiamo?, ognuno disse arrivederci, quando era il momento di dire arrivederci, perché di fronte a certe scelte, se uno la lezione l?ha imparata e la sente, la applica concretamente. Poiché ho una buona memoria, dopo avere visto la sinistra uscire dall?aula al momento a Montecitorio al momento di decidere se prolungare o no la missione, chiedo se quel ... di coscienza è effettivamente imparato e prioritario per tutti o è solo contingentemente prioritario, nel qual caso saremmo un po? indietro.
Credo che con tutto il ritardo di questa mozione che viene in aula dopo un anno circa, sia doveroso dare un segnale alle Camere che a giungo dovrebbero eventualmente confermare la prosecuzione della missione, ma non lo faranno perché il presidente del Consiglio Berlusconi ha cento difetti, ma sciocco non è e certamente è già pronto a ritirare il contingente italiano subito prima delle europee, ben prima del voto in Parlamento per la proroga e ben prima che gli italiani possano punire lui come hanno punito Blair alle suppletive, il successore di Aznar alle direttive spagnole ecc., perché una ingenuità così non illudetevi che Berlusconi la permetta, per cui l?occasione che Fassino e gli altri hanno perso uscendo dall?aula un mese fa, non gli sarà concessa a giugno: se tutto va bene il ritiro avverrà senza che noi abbiamo avuto l?occasione di dare questo segnale che non abbiamo voluto dare a novembre-dicembre dell?anno scorso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Ci ritroviamo in questo Consiglio regionale a discutere della guerra in Iraq dopo la seduta che dedicammo quando la guerra iniziò. Penso che oggi tutti noi dobbiamo sforzarci di non ripetere le posizioni che all?inizio di questa drammatica guerra ciascuna forza politica ha espresso in questo Consiglio regionale. Credo che tutti noi dobbiamo fare un sforzo per riflettere sugli sviluppi concreti della situazione.
Quali sono gli sviluppi concreti? Sono che a sei mesi dalla fine della guerra ancora in Iraq la situazione è tutt?altro che pacificata, anzi si è aggravata dal punto di vista delle vittime, nella popolazione civile e nei soldati appartenenti alle truppe di occupazione, si è aggravata dal punto di vista della possibilità, per quel paese e per quel popolo, di costruire in tempi rapidi un futuro democratico per ridare vita ad un nuovo stato iracheno. Si è aggravata a livello internazionale, perché in questi mesi si è visto come, nonostante la cattura di Saddam Hussein e il crollo di quel regime, il terrorismo fondamentalista islamico ha rafforzato la propria capacità distruttiva e di morte. Si è visto come le giustificazioni allora date alla guerra, che erano il possesso di armi di distruzione di massa da parte del regime di Saddam Hussein, si sono rivelate menzognere, tanto che il Congresso degli Stati Uniti d?America e il Parlamento inglese hanno avviato apposite commissioni d?inchiesta per fare luce sul comportamento bugiardo dei propri governi.
L?Italia in tutto questo processo ha finora avuto un ruolo totalmente subalterno nei confronti dell?amministrazione Bush. Ora la situazione è ad una svolta: la decisione del governo spagnolo presieduto dal socialista Zapatero, di procedere ad un ritiro immediato ed unilaterale ? già oggi sono rientrati in patria 260 militari spagnoli delle brigate speciali ? dimostra l?isolamento dalla comunità internazionale dell?amministrazione Bush, della Gran Bretagna di Blair e dell?Italia di Berlusconi. Immediatamente dopo la decisione del governo spagnolo anche l?Honduras, un piccolo paese, che tuttavia partecipava alla coalizione occupante, ha deciso di ritirare le proprie truppe. l Portogallo ha annunciato che senza fatti nuovi e significativi deciderà ben prima del 30 giugno il ritiro delle truppe.
Non siamo quindi di fronte, rispetto alla guerra che si sta conducendo in Iraq, ad una divisione tra Islam e occidente, non siamo di fronte ad uno scontro di civiltà, non ci si può appellare alla fedeltà occidentale atlantica per sostenere la necessità del mantenimento delle truppe italiane in Iraq. Francia, Germania, la gran parte dei paesi europei, fin dall?inizio hanno espresso la loro contrarietà a questa guerra. Se analizziamo oggettivamente la situazione internazionale ci rendiamo conto che l?amministrazione Bush è oggi portatrice di un progetto estremista e sovversivo dell?ordine e del diritto internazionale. Sta conducendo, questa amministrazione americana, il mondo sull?orlo del baratro. La guerra preventiva, teorizzata e praticata, ha scatenato nel mondo intero, oltre che in Iraq, le forze della distruzione. E? necessario che l?Italia in questo contesto svolga fino in fondo il proprio ruolo, allineandosi all?opinione prevalente nell?Unione europea. E? necessario che dopo la svolta spagnola anche l?Italia ponga fine alla propria partecipazione all?occupazione militare del territorio iracheno.
Questo non vuol dire affatto cedere ai terroristi. La vicenda drammatica e tragica degli ostaggi italiani deve essere distinta dalla decisione politica del ritiro delle truppe. Il nostro paese, il nostro Governo, le istituzioni devono fare tutto il possibile e anche di più per salvare la vita ai tre ostaggi che ancora sono nelle mani dei terroristi. Non bisogna legare il ritiro delle truppe alla richiesta che i terroristi fanno rispetto al rilascio degli ostaggi.
La Spagna è l?esempio di come ci si deve comportare, perché la Spagna è stata colpita più di tutte le altre nazioni europee dal terrorismo, dal vile attentato di Madrid, più vile forse di tutti gli altri, perché ha colpito treni pieni di lavoratori pendolari, immigrati, studenti, assolutamente privi di qualsiasi valore simbolico. La Spagna ha dimostrato che la lotta al terrorismo non si combatte con la guerra: mentre ha annunciato il ritiro unilaterale delle proprie truppe, la Spagna ha arrestato e annientato, attraverso operazioni di polizia, le cellule terroristiche che avevano compiuto l?attentato e che probabilmente si accingevano a compierne degli altri.
Questo è il modo con cui si combatte il terrorismo. In realtà la guerra e l?occupazione militare dell?Iraq non ha nulla a che fare con la lotta al terrorismo, risponde a ben precisi interessi di tipo economico e geopolitico, volti a consolidare il dominio imperiale degli Stati Uniti. Ci vuole uno scatto d?orgoglio del nostro paese. Se l?Italia facesse questo passo, contribuirebbe anche a fare dell?Unione europea un?entità politica decisiva nel mondo, cosa che fino ad oggi non ha potuto essere per le divisioni interne all?Unione europea. Manca solo l?Italia a questo appello.

Marco LUCHETTI. Manca anche l?Inghilterra.

Andrea RICCI. Manca anche l?Inghilterra, tuttavia noi sappiamo i legami di ferro che esistono fra Inghilterra e Stati Uniti e sappiamo che se l?Italia si aggregasse all?asse francese, tedesco e spagnolo, la situazione all?interno dell?Unione europea avrebbe una svolta radicale.
Per questo noi riteniamo che sia un senso di responsabilità politica quello di ritirare immediatamente le truppe. Guardate che è velleitario, estremista l?atteggiamento del Governo italiano, non di chi chiede il ritiro unilaterale e immediato delle truppe. E? isolato nel mondo, non solo a livello dei governi, ma di opinioni pubbliche, di popolazioni. Sono isolati quei governi che ancora pensano che attraverso l?occupazione militare e la guerra si possa dare all?Iraq il futuro democratico a cui quel popolo avrebbe diritto e si può combattere il terrorismo. Siete voi ad essere isolati, siete voi ad essere irresponsabili.
Per questo credo che, seppure con ritardo, oggi l?Italia farebbe un grande servizio alla causa della pace e del diritto internazionale se annunciasse il proprio ritiro e avanzasse, insieme agli altri paesi europei, una proposta di coinvolgimento pieno e integrale dell?Onu per la transizione democratica verso un nuovo governo e un nuovo stato democratico iracheno.
E? impensabile che la scadenza del 30 giugno possa essere mantenuta, e la Spagna ha motivato con questa impossibilità il ritiro immediato delle truppe. Ricordo che la Spagna fa parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in questo periodo. E? impensabile che un governo fantoccio come quello che gli americani hanno messo in piedi assolutamente privo di qualsiasi rappresentanza del popolo iracheno, possa pacificare quel paese e costruire la democrazia. Allora chiedo agli amici e ai compagni dell?opposizione al Governo e della maggioranza in questo Consiglio regionale di fare un passo in avanti, per coloro che ancora non l?abbiano fatto, rispetto a posizioni maturate precedentemente. Ritengo che sia del tutto incomprensibile, di fronte a quello che accade in Europa ? in Francia dove governa il centro-destra, in Germania dove governano i socialdemocratici, in Spagna dove governano i socialisti ? che in Italia il centro-sinistra, le forze appartenenti all?internazionale socialista, pur essendo all?opposizione non prendano una posizione chiara e netta per il ritiro immediato e unilaterale, in questo modo distanziandosi no solo dalle altre forze del centro-sinistra e della sinistra italiana come Rifondazione; Comunisti italiani, verdi, una parte significativa degli stessi Democratici di sinistra che chiedono il ritiro, ma distanziandosi da quel grande movimento pacifista che a livello mondiale ha segnato la propria egemonia sulla opinione pubblica e ha conquistato un consenso maggiore.
Credo che se da questo Consiglio regionale, che sicuramente non ha una posizione determinante per influire sulle vicende mondiali, uscisse un segnale deciso e forte di unità tra tutte le forze dell?opposizione al Governo Berlusconi per la richiesta del ritiro immediato e unilaterale delle truppe, si potrebbe dare un segnale politico forte anche a livello nazionale e sono convinto che si anticiperebbe quanto, ineluttabilmente, fra qualche settimana accadrà.
Quindi perché voler essere a tutti i costi più realisti del re ed aggregati ad un carro che ha ormai terminato la sua corsa? Un po? di coraggio non guasterebbe. Quindi auspico che si possa arrivare ad una mozione unitaria che possa essere approvata da questo Consiglio per la richiesta del ritiro immediato e unilaterale delle truppe italiane dall?Iraq.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Questo argomento è molto delicato ed è un vero peccato che dopo che ne è stato chiesto l?anticipo, in pochi intimi in quest?aula ne discutiamo.
Se veramente è un problema delle coscienza, un problema di tutti noi, penso che tutti dovevamo e dobbiamo avere il dovere di dare un contributo, anche se non siamo determinanti nelle scelte finali, però siamo parte attiva nelle indicazioni che si possono e si devono dare ai nostri concittadini marchigiani.
Abbiamo seguito attentamente l?intervento del presidente del gruppo di Rifondazione comunista. Ancora una volta emergono delle difficoltà e delle contraddizioni su una politica estera che non vede contrapposte le opposizioni del Governo nazionale con la maggioranza, ma una minoranza delle opposizioni, una minima minoranza delle opposizioni all?interno dell?arcipelago del Parlamento nazionale. In linea generale è condivisibile la proposta di risoluzione presentata da Franceschetti, Luchetti e Rocchi, anche se deve essere rivista e in alcuni punti modificata. Quindi, caro Ricci, in questa circostanza le forze del centro-sinistra dell?Ulivo, hanno fatto un passo in avanti e ancora una volta voi ne avete fatti due indietro. Siete voi che vi state isolando con una politica esasperata, nel voler evidenziare a tutti i costi divisioni che possono ritrovare e debbono ritrovare una convergenza quando si parla di pace.
A nostro avviso il neo premier spagnolo Zapatero ha commesso un grave errore a livello politico e militare, perché se è vero come è vero che anche gli uomini che sono stati mandati, gli italiani, sono apprezzati e stimati ? e vedete la solidarietà che in questi giorni si esprime per i nostri uomini che stanno in Iraq ? il premier Zapatero ha commesso un grosso errore, perché se voleva essere credibile, come lo è stato per i consensi ricevuti sull?emotività di una campagna elettorale, doveva ritirare le truppe il 30 giugno, così come aveva detto durante la campagna elettorale. Aver tolto oggi circa 300 militari, ha indebolito le forze che stanno svolgendo un ruolo delicatissimo in quella bolgia che è oggi l?Iraq, dove ognuno è padrone di se stesso, dove ognuno va in giro con armi minacciando a destra e a manca e creando anche disagio e difficoltà nel popolo iracheno.
Pensate qual era la situazione quando c?era Saddam Hussein: basta andare indietro nel tempo, vedere alcune immagini, alcune situazioni, alcune circostanze. Oggi che finalmente l?Iraq è stato liberato da un tiranno, da un dittatore, deve iniziare una nuova democrazia, ma sotto il segno della democrazia, non sotto il segno dei combattimenti selvaggi, dell?uno armato contro l?altro e chi è più forte alla fine la spunta. Quindi noi, come gruppo di Forza Italia siamo disponibili a ragionare sulla mozione che è stata presentata, a migliorarla e a trovare una convergenza. Questo è l?auspicio che lanciamo a Franceschetti, Luchetti e Rocchi. Se c?è veramente questa volontà di trovare un accordo su questa risoluzione, noi siamo disponibili a rivederla e nello stesso tempo anche a votarla. Non ci troviamo nelle posizioni di Rifondazione comunista, non accetteremo quanto è stato detto e non lo condividiamo.
Ripeto, dopo avere sentito anche l?intervento dell?amico Carlo Ciccioli per sapere cosa ne pensa di questa risoluzione, possiamo anche tentare di votare compatti su un problema così delicato e importante non solo per i marchigiani ma per il popolo italiano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D?Angelo.

Pietro D'ANGELO. Presidente, colleghi, non volevamo mai arrivare a questo punto e affermare che quanto si levava prima dell?intervento militare in Iraq da parte dell?opinione pubblica, di molti statisti, da parte del mondo cattolico e di molte nazioni, che una guerra in Iraq avrebbe di fatto peggiorato la situazione sarebbe accaduto, dandoci quindi l?opportunità di dire ?avevamo ragione?. Una guerra illegale e immorale, perché non si può, con l?alibi di combattere il terrorismo e predicare l?esportazione della democrazia attraverso le armi. Dicevamo insieme al Papa che le armi avrebbero avuto un effetto moltiplicatore del terrorismo e così è stato. Dicevamo che il terrorismo è figlio dell?ingiustizia e dell?esasperazione, abbiamo sempre detto che il terrorismo andava combattuto rimuovendo il substrato di cui si nutre. Il terrorismo si nutre del substrato dell?ingiustizia e dell?esasperazione. Così si va verso la costruzione della pace, non attraverso guerra preventiva. Siamo arrivati a questa assurdità predicata per il mondo da un governo di dubbia democraticità, come quello americano, visto i risultati delle ultime elezioni. Una nazione, come quella degli Stati Uniti, che fa vanto della propria democrazia e i propri governi sono espressioni di lobbies economiche. Sappiamo tutti che questa amministrazione Bush è espressione delle lobbies dei petrolieri, è espressione delle lobbies delle industrie degli armamenti. Non a caso la loro politica è stata coerente: controllo del petrolio e, contestualmente, svuotamento degli arsenali militari. Era prevedibile, ma riteniamo assurdo che paesi democratici come la stessa Italia, che il Governo Berlusconi si allinei, dividendo insieme anche all?aiuto di Aznar, che per fortuna i cittadini spagnoli hanno punito come dovevano e speriamo che prossimamente toccherà a Berlusconi subire la stessa sorte... Dicevo, è assurdo che paesi democratici possano avallare una politica dissennata come quella del governo americano.
E? giusto il ritiro delle truppe spagnole, deciso non tanto da Zapatero quanto dai cittadini spagnoli che hanno dato mandato, attraverso libere elezioni, al loro rappresentante di smentire la posizione non condivisa dai cittadini, del precedente governo Aznar. Abbiamo sempre detto che la pace va coltivata giorno per giorno attraverso il dialogo, attraverso il confronto e non attraverso l?unilateralismo dimostrato dal governo americano. Ricordo l?impegno attivo del Papa che ha cercato in tutti i modi di convincere l?amministrazione Bush a non fare quel passo, ma sono riusciti, pur di dare una legittimità al loro intervento, a inventare che l?Iraq era un magazzino di armi di distruzione di massa. Dove sono queste armi di distruzione di massa? Ebbene, riteniamo che quanto verificatosi sia stato un errore pacchiano dell?amministrazione Bush e dei vassalli dell?amministrazione Bush, tra cui il governo italiano. E? stato un errore pacchiano quello di seguire in questa avventura il governo americano che, ripeto, con la sua azione non ha stroncato il terrorismo ma lo ha moltiplicato, ha avuto un effetto moltiplicatore, e l?abbiamo visto e purtroppo qualcuno ne ha pagato direttamente le conseguenze.
In una situazione di questo genere non si può non dare atto al governo spagnolo di serietà e credibilità. Perché hanno ritirato le truppe? Perché è chiaro che si invoca l?intervento diretto dell?Onu, a suo tempo emarginato come un qualcosa che non serviva. Quando l?Onu si esprimeva contro queste azioni unilaterali è stata messa in un angolo, senza possibilità di avere voce in capitolo. Oggi, per avere una copertura politica si invita l?intervento dell?Onu. Ma io credo che l?intervento dell?Onu non potrà garantire quello che gli americani si aspettano, cioè la copertura politica mantenendo in Iraq le truppe di occupazione e magari garantendo anche un governo fantoccio a totale servizio di questa potenza imperialista che sta mettendo a rischio la pace nel mondo.
Io non ho mai criminalizzato gli americani, ma certo il suo governo, ripeto espressione di lobbies, non ha dato mai dimostrazione di lungimiranza e di moderazione. E? un governo estremista, a totale servizio delle lobbies petrolifere e delle industrie militari.
L?iniziativa del governo spagnolo di ritirare le truppe è stata importante perché cerca di scuotere l?opinione pubblica mondiale e anche quella politica su un coinvolgimento dell?Onu che non può avvenire sulle basi richieste dagli americani, cioè il mantenimento del controllo americano in Iraq e l?avvio di un governo fantoccio. Non può l?Onu dare questa copertura, né tanto meno permettere quello che si sta verificando in questo momento in Iraq, cioè un protettorato Usa di stile neo coloniale. Non è possibile che ciò possa avere un futuro. Mi auguro che dopo la Spagna altri paesi arrivino a prendere questa decisione, cioè cercare un forte impatto politico per rimediare alle nefaste scelte del governo americano. Per rimediare in questo momento c?è una sola via d?uscita: il ritiro di tutte le truppe d?occupazione che hanno fatto valanghe di morti tra i civili e il contestuale coinvolgimento dell?Onu che assicuri, attraverso una forza militare multinazionale, possibilmente musulmana, neutrale, che nulla deve avere avuto a che fare con l?occupazione, che garantisca un futuro governo iracheno credibile. Solo così potremo tentare di riportare la pace in Medio Oriente e io non separerei il problema iracheno da quello israeliano, dagli ultimi eventi nel vicino Medio Oriente, sono totalmente connessi. Bisogna impegnarsi affinché non ci sia la criminalizzazione di tutti i musulmani, perché criminalizzarli significa alimentare una guerra santa e sappiamo quanto sia esplosiva la miscela ?guerra più fanatismo religioso?.
I verdi, insieme ad altre forze politiche di questo Consiglio chiederanno, per i motivi che ho detto, l?immediato ritiro delle truppe italiane insieme alle altre truppe di occupazione per avviare quel processo di pacificazione che solamente la comunità internazionale può garantire, ma certo se non si farà questo primo passo, ho i miei dubbi che la via della pace sia vicina. Sarà lunga, terribilmente devastante e l?unica cosa che mi consola è che almeno i verdi, insieme a gran parte della società civile mondiale, a gran parte del mondo cattolico, fanno appello a un atto di coraggio affinché si possa in qualche modo riparare ad una follia di un governo come quello americano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo che il dibattito che si tiene oggi sulla questione dell?Iraq sia importante, perché a pieno titolo il Consiglio regionale si inserisce in un dibattito più largo che sta investendo tutto il nostro paese e non solo, in merito ad una situazione delicatissima, che pone a rischio gli equilibri della pace.
Ecco perché credo che sia una cosa opportuna discutere di ciò anche in questo consesso.
Credo che uno degli aspetti di cui bisogna tener conto, è che, allorché si parla della questione dell?Iraq non sia possibile estrapolarla da una valutazione più ampia di scenario internazionale, di strategia, di politica internazionale. Credo che sia molto angusto riferirci a scelte contingenti rispetto a un?esigenza fondamentale che è sempre più sentita e che la guerra in Iraq ha posto in evidenza, quella della necessità di trovare in questo nostro mondo una possibilità di confronto diverso dal momento in cui, con la caduta del muro di Berlino i vecchi equilibri si sono superati, perché hanno bisogno comunque di un nuovo posizionamento. Non possono essere determinati se non in ossequio a un principio fondamentale, quello del rispetto della pace. Ecco perché credo che sia fondamentale rilanciare con forza, da parte del Governo italiano e di tutta l?Europa il ruolo dell?Onu che in questi ultimi anni è venuto sempre meno, grazie ad una posizione internazionale degli Stati Uniti che ha stabilito, vuole stabilire un ordine che assolutamente non può essere ricondotto e riconducibile unicamente a una strategia nazionale, quella della logica del più forte.
Purtroppo è questo che abbiamo davanti e la cosa tragica è che questo disegno è non determinato dalle vicende delle Torri gemelle o da altre questioni ma da un progetto preciso del governo Bush che, proprio alla vigilia della sua elezione aveva già predisposto un progetto di nuovo equilibrio mondiale, incardinato essenzialmente sul potere degli Stati Uniti, tant?è che la guerra in Iraq è una guerra preannunciata ancor prima delle Torri gemelle, cui dovevano succedere ulteriori fasi, che dovevano interessare altri paesi. Questo è il disegno che era stato predisposto come progetto di nuovo equilibrio mondiale.
A me è capitato di parlare con un personaggio che ha a che fare con le Marche in quanto sposato con una marchigiana, vicepresidente della Microsoft internazionale, Paolucci, premiato con il Premio Frontino, che gli abbiamo dato noi marchigiani, che aveva preannunciato molti mesi prima della dichiarazione di guerra all?Iraq da parte degli Stati Uniti, la volontà di fare questa guerra e di iniziare una nuova realtà internazionale.
Credo invece che l?unica strada di politica internazionale seria che possa avere credibilità e dare uno sbocco, sia quella di mettere mano a un riequilibrio necessario, indispensabile, tra il nord e il sud del mondo. L?unica strada che può togliere quello che molti definiscono l?acqua di cultura del terrorismo da una parte e dall?altra le premesse per una coesistenza pacifica che possano risolvere anche all?occidente sviluppato quella possibilità di cooperazione che oggi, in qualche modo, attraverso l?immigrazione si viene a sperimentare come fenomeno dirompente anche per le proprie società.
Non è possibile che la povertà in questo mondo sia così larga rispetto ad un?altra piccola parte del mondo dove invece si sta bene e si vive molto più a lungo.
Questo è lo scenario internazionale che va perseguito, tenendo conto soprattutto della necessità che a livello internazionale si abbia la possibilità di dare all?Onu un potere diverso dal passato, che le deriva dalla legittimazione complessiva dei paesi del mondo e non tenere questo organismo sotto lo scacco dei finanziamenti, così come gli Stati Uniti stanno facendo, perché sappiamo che per molto tempo gli Stati Uniti non hanno più finanziato l?Onu e che veda in questo ambito un nuovo ruolo dell?Europa, perché è necessario che l?Europa giochi un ruolo determinante in questo scacchiere internazionale, perché proprio l?Europa, grazie alla sua realtà comunitaria, è riuscita a sconfiggere i mali del XX secolo, cioè i mali della guerra. L?abbiamo sperimentato noi direttamente: dopo la I e la II guerra mondiale, se non abbiamo più avuto conflitti è perché abbiamo capito che solo la cooperazione, solo l?unità europea poteva scongiurare un?ulteriore conflitto.
Ecco perché dobbiamo lavorare in questo senso ed in questo senso dobbiamo realizzare la strada d?uscita della situazione dell?Iraq.
La guerra sciagurata scatenata da Bush e da Blair nei confronti di un dittatore da anni teneva sotto scacco un intero paese ma che, ricordiamolo è stato aiutato abbondantemente dagli stessi Stati Uniti. Ricordiamo il ruolo giocato da Saddam Hussein nei confronti dell?Iraq islamico e sappiamo perfettamente quanto l?Iraq di Saddam Hussein ha giocato, nel Medio Oriente, rispetto ad una situazione esplosiva che si era determinata nei confronti di una recrudescenza dell?islamismo e dell?integralismo islamico.
Ecco perché credo che se noi poggiamo la nostra posizione di politica estera su queste basi, riusciremo anche a capire perché, in questo momento, dobbiamo essere molto attenti alle scelte che facciamo in Iraq e dobbiamo assolutamente incardinare le nostre scelte su uno scenario più ampio su una posizione di politica estera che questo Governo stenta a determinare in quanto si è trovato isolato nella fase cruciale della guerra in Iraq, in quanto il Governo Berlusconi da una parte voleva aiutare, come ha aiutato, in effetti, il governo Bush, e dall?altra parte voleva tenersi fuori per non rischiare di pagare le conseguenze di un intervento che sarebbe stato molto costoso rispetto ad un intervento diretto in Iraq. Questa è la politica che possiamo definire ?all?italiana?, la politica del furbo, la politica della non scelta o della scelta camuffata, perché in effetti la scelta del Governo italiano è stata una scelta camuffata. Ricordiamo i movimenti pacifisti che abbiamo avuto nel 2003 nel nostro paese e che hanno dimostrato la volontà della non guerra: a fronte di questa situazione interna si è scelto un intervento indiretto, che non si capiva fino in fondo e in effetti oggi ci troviamo, in Iraq, paragonati alle forze d?occupazione.
Di fronte a questo credo che una questione fondamentale è quella di lavorare nella direzione di ripristinare una linea europea. Ho sentito dire che in Europa la Francia e la Germania hanno fatto una scelta precisa, quella del non intervento ben sapendo che hanno giocato moltissimo i contratti del petrolio rispetto a questa posizione, cioè quando le posizioni di politica internazionale si basano unicamente sui rapporti economici, sui rapporti di interesse reciproco, è evidente che è una politica miope, fine a se stessa, che trascende gli interessi più ampi, della convivenza e della cooperazione. Anche la posizione di alcuni paesi europei va portata su un altro piano e deve essere costruita una posizione che riesca a incidere realmente nello scacchiere internazionale. Se andiamo avanti così l?Europa sarà sempre più debole e c?è sicuramente qualcuno che vuole che questa realtà si mantenga su questo piano. Noi abbiamo bisogno di costruire una politica estera europea. Così come Prodi ha già detto che sarebbe necessario pensare anche a una comune difesa europea, dopo aver fatto la moneta unica, noi dobbiamo fare del tutto perché anche la politica estera diventi un terreno comune di aggregazione dei paesi dell?Unione europea. Questa sarebbe una questione di formidabile efficienza ed efficacia nello scacchiere internazionale, perché determinerebbe i nuovi equilibri internazionali, aiuterebbe a costruire quegli equilibrio basati sulla pace, che ci servono ad anticipare i fenomeni di guerra come quelli dell?Iraq.
Il problema dell?Iraq non sarà isolato nel futuro, sarà uno dei tanti problemi che avremo davanti se non riusciremo a trovare la forza dei nuovi equilibri. Il non ritiro o ritiro delle truppe diventa una quisquilia davanti ai problemi che si determineranno dopo la vicenda dell?Iraq. Ecco perché dobbiamo agire, dobbiamo avere la forza di giudicare i problemi dell?Iraq in questo scenario di carattere più ampio, di carattere internazionale che superi abbondantemente gli interessi di parte, gli interessi meramente economici.
Uno degli aspetti che voglio mettere in evidenza anche in questo dibattito, emerso chiaramente, è che di tutto si è parlato ? del non ritiro delle truppe, del ritiro delle truppe, della permanenza delle truppe ? abbandonando completamente una questione fondamentale di cui ci eravamo occupati anche allorché Saddam Hussein era al Governo: quella della salvaguardia della gente dell?Iraq, a cui nessuno più pensa. Qui si pensa unicamente ai rapporti interni, di scontro tra le forze politiche ma nessuno ha messo in evidenza quanto sta soffrendo il popolo iracheno, in un momento di grande passaggio, in un momento di uscita dalla dittatura, in un momento in cui si poteva riprendere un barlume di sviluppo che avrebbe determinato un nuovo consenso rispetto ad una posizione occidentale ovviamente non dovuta alla guerra, ma questa è stata la sciagura a cui siamo andati incontro. Ebbene questo barlume di avanzamento viene completamente disatteso, perché l?unico dibattito che si fa è il discorso delle truppe sì o no.
Credo che il comportamento delle truppe italiane in Iraq sia esemplare, che indubbiamente ha i connotati di una peace-skipping reale: il sacrificio dei nostri carabinieri non deve essere fine a se stesso, deve essere una testimonianza di come l?Italia, dal Libano in poi, si è sempre comportata nei momenti in cui è intervenuta a garantire la pace. Ma dobbiamo anche essere molto forti a volere, conseguentemente, una svolta reale nella conduzione di questa vicenda che, se così continuasse, porterebbe tutto i mondo occidentale ad un frazionamento, ad una divisione che sarebbe esiziale anche per il futuro dei rapporti internazionali.
Ecco perché condivido la posizione assunta dalla Margherita e dai Ds a livello nazionale, dove so è cauti, molto cauti nella decisione del ritiro delle truppe. Certo, quello che sta avvenendo negli ultimi momenti, gli avvenimenti degli ultimi giorni ce lo dicono chiaro: io credo che anche le forze del centro-destra si rendano conto di quali rischi si corrono permanendo questa situazione. Non credo che la scelta dell?intervento nel dopoguerra sia condivisa fino in fondo da tutte le forze del centro-destra, perché si sta alimentando una situazione a livello iracheno incomprensibile, perché l?imposizione di un governo assolutamente non compensato da una forza interna di riconoscimento reale della rappresentanza significa poco. Vi assicuro che, per quanto possa conoscere superficialmente il mondo islamico, è un mondo molto più complesso delle altre realtà, molto più complesso dello stesso mondo africano, dove le questioni religiose e non solo, fanno premio su altre cose e mettere d?accordo le fazioni dell?Iraq è un compito assolutamente improbo.
Ecco perché chi sapeva queste cose è maggiormente responsabile per avere alimentato un intervento bellico che si sapeva da prima non avrebbe portato assolutamente a nulla, in queste condizioni.
Ritengo quindi che dobbiamo premere affinché l?Onu possa risolvere i problemi della propria capacità di rappresentatività internazionale e dobbiamo tener conto delle condizioni della gente dell?Iraq qualora dovessimo far rientrare i nostri militari, perché se dovessimo far correre pericoli reali alla popolazione dell?Iraq ritirando gli aiuti che stiamo realizzando là, sarebbe una sciagura per il popolo iracheno. Pertanto dobbiamo essere molto attenti, dobbiamo cercare il maggiore apporto possibile di tutti i paesi, per determinare una situazione quanto più possibilmente intelligibile in Iraq e quanto più possibilmente sostenibile, con un governo che qualcuno dice deve essere democratico: quando si parla di democrazia in culture dove anche le nostre forme importanti di libertà vengono trapiantate in maniera bellica, diventa molto complesso poter piantare la democrazia stessa. Comunque noi diciamo che occorre un governo credibile, che in qualche modo rappresenti la gente irachena e possa superare la vecchia dittatura ma possa anche governare in pace la propria popolazione.
Noi abbiamo presentato un documento che va in questa direzione, che spinge verso una nuova realtà di governo dell?Iraq con un?attenzione particolare anche alla gente dell?Iraq che ha bisogno assolutamente di tutela, in un momento in cui la guerra civile o le bande che si stanno creando all?interno del paese potrebbe determinare massacri di pericolosità e di grandezze incredibili.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Credo che sia abbastanza facile pontificare in un?aula del Consiglio regionale distratta e semivuota, perché in questo dibattito c?è stata tanta enfasi, si va al voto, non c?è il numero legale.
Prima di dire quali errori sono stati fatti o non fatti dall?America e da altri bisognerebbe capire da dove si è partiti. Si è partiti da quel maledetto 11 settembre 2001...

Marco LUCHETTI. Si è partiti prima...

Carlo CICCIOLI. Io vorrei partire dall?11 settembre 2001. Credo che non ci sarebbero stati interventi di questo tipo se non ci fosse stato l?11 settembre. Mai un presidente degli Stati Uniti avrebbe potuto giustificare un?azione come quella che è stata fatta, se non ci fosse stato un evento così drammatico e così eclatante. E? evidente che il problema del mondo arabo, del mondo islamico da tempo, da decenni va avanti: la questione palestinese, il problema della stabilità nel Medio Oriente, il problema complessivo degli equilibri in quell?area. Sono problemi che datano molto più tempo. Se uno deve valutare questa situazione non si tratta solo del prlema di quell?area ma anche dell?area meridionale della ex Unione Sovietica, la Cecenia per esempio, ma non solo la Cecenia. Ma il problema drammatico è esploso in seguito alla vicenda delle due Torri, che ovviamente schiude a nuovi scenari internazionali.
Condivido coloro che dicono che l?intervento americano è stato piuttosto rozzo, non bilanciato, che sono stati messi sullo stesso piano, nelle considerazioni della politica internazionale, l?intervento in Afghanistan che aveva una sua valenza e una sua particolarità, e l?intervento in Iraq, una regione che ha mille anni di storia civile precedenti alla storia romana. Questo apre un?altra finestra.
Però io credo che tra i danni che ha fatto Bush c?è una cosa di cui bisogna rendergli merito: che ha scoperchiato il caldaio prima che accadessero altre cose. Il suo intervento, intempestivo se vogliamo, ha aperto uno squarcio su quello che stava accadendo nel mondo islamico e su quello che caratterizzerà la storia di tutto questo secolo.
Qualche giorno fa in un incontro a Loreto con i padri Scalabriniani mi hanno detto che i loro vertici affermano che il problema Islam si esaurirà nei prossimi trent?anni e poiché la Chiesa cattolica ragiona in termini di secoli, di millenni ? ricordo qualche tempo fa quando, a Fonte Avellana, ponevo il problema degli equilibri del centro-sinistra in Italia e mi rispose un priore dicendo ?di cosa stai parlando? Questa è una quisquilia, noi siamo qui da mille anni? ?... Insomma, loro sostengono, con la presenza e l?impegno che hanno, che la frattura fra i vertici fondamentalisti islamici e la popolazione islamica è fortissima, che quei gruppi elitari non rappresentano la popolazione araba e la popolazione islamica e che comunque, alla fine, il capitolo Islam si concluderà con il popolo islamico che spazzerà via queste élites, in parte anche economiche, perché hanno un forte potere economico come la famiglia di Osama Bin Laden o altro, in parte religiose. Nel frattempo però ci sono trent?anni. Tra trent?anni molti di noi avranno 80 anni, qualcuno di più, qualcuno di meno, comunque nel frattempo saranno vissute generazioni. Quindi credo che comunque il problema non era residuale, non era di cattiveria degli Stati Uniti o di reazione improvvida e impropria di Bush o del suo gruppo dirigente, è un problema forte, che parte, per esempio, dal non rispetto della vita, della vita degli altri e della vita propria, dei gruppi fondamentalisti. Questo è il presupposto, perché nel momento in cui ci sono le affermazioni che uccidere 3.000 persone nelle due Torri non vale niente perché quelle vite non valgono niente e non vale niente neanche la vita propria, neanche la vita personale di ogni singolo musulmano, c?è veramente una rivoluzione totale rispetto a tutti i valori e le culture del mondo occidentale.
Il Papa ha più volte sottolineato che non ci può essere guerra di religione perché sarebbe una cosa gravissima a e credo che su questo tutti debbano dare atto che il comportamento del Santo Padre ha impedito che si creasse uno scontro di religione, perché sul piano dell?immaginario collettivo si è trattato di altro, però è un dato che c?è una guerra fortissima tra culture e tra storie diverse e credo che si debba capire non solo come poterle affrontare ma anche da che parte stare, perché da che parte stare, al di là di tutte le valutazioni, deve essere una cosa chiara.
Ho ascoltato prima l?intervento di Luchetti che ha un certo modo moderato di affrontare i problemi, che però non riconosco. Ho ascoltato le dichiarazioni di Prodi di 7-10 giorni fa quando diceva ?con Bin Laden non si può trattare, l?Europa non può trattare una tregua con Bin Laden?, però dire ?chiudiamo subito la partita dell?Iraq e ritiriamoci è un errore estremamente grave. Quello che sta facendo la Spagna è una cosa gravissima, che incentiva la possibilità di altre azioni eclatanti. Quanti ci siamo chiesti, visto che si vota in Italia il 13 giugno e ci sono le elezioni europee in tutto il continente ?quanti attentati ci saranno??. Perché se per far andare via la Spagna sono bastati degli attentati prima delle elezioni, conviene che non si vada in treno in Italia prima del 13 giugno, perché se c?è un problema di mettere all?angolo l?Italia, è chiaro che qualcosa queste centrali operative, che sono tutt?altro che sprovvedute, faranno prima del 13 giugno prima delle elezioni italiane. Speriamo che mi sbagli profondamente, speriamo che io, come organi di riflessione importanti, non di giornali quotidiani ma riviste di dibattito politico e strategico di politica estera ci sbagliamo, perché tutti si pongono il problema di quale possa essere la prossima iniziativa che abbia strumentalità negli equilibri dell?occidente.
Credo quindi che bisognerà considerare anche altri aspetti. Quale sarà il futuro della popolazione civile dell?Iraq, non solo oggi che sta soffrendo una guerra civile interna fortissima, ma anche domani, nel momento in cui, per esempio, tutte le truppe occidentali si ritireranno? Perché c?è già un precedente: quello che è accaduto ai curdi quando c?era Saddam, quello che è accaduto, per esempio, alla sinistra irachena, con le decine di migliaia di esecuzioni dei comunisti iracheni nell?Iraq. Questi sono dati che credo debbano interessare quando si dà un giudizio politico.
Credo che comunque, se ci vuol essere la volontà di un documento unitario c?è una nostra disponibilità, ma il documento unitario non può essere quello che è stato qui scritto da Franceschetti, Luchetti e Rocchi, in cui si dice che ?la presenza del nostro esercito viene associata a quella di forze occupanti?. Questo non è affatto vero, perché la popolazione di Nassiriya ha fatto manifestazioni a favore delle truppe italiane. E? chiaro che i terroristi agiscono molto di più. Bastano due-tre persone a fare un attentato gravissimo, mentre mettere in piazza, in quelle condizioni, alcune centinaia di persone ? più di 500 persone hanno manifestato solidarietà a Nassiriya in favore delle truppe italiane: immagini prese dalle tv di tutto il mondo ? è ben più complesso.
Quindi credo che percepire in questo modo la presenza delle truppe italiane sia veramente un cattivo favore che noi facciamo ai nostri giovani che sono là, verso i quali invece io manifesto sentimenti di profonda solidarietà, sostegno e anche ammirazione.
In questo quadro il giudizio, che sicuramente può essere critico nei confronti del tipo di intervento americano, on può essere totalmente negativo sulla vicenda, dopo quello che si è sofferto, perché quello che è accaduto nell?immaginario collettivo ma sulla pelle del popolo americano l?11 settembre non è una cosa che può essere trascurata. E anche quello che può succedere alla vigilia delle elezioni europee mi preoccupa.
Spero che questo non accada, spero che sia soltanto una brutta fantasia, ma credo che non aiutiamo la pace e la politica internazionale dando dei giudizi assolutamente unilaterali e fuori posto, di cui la storia, successivamente, farà giustizia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Discutiamo di un fatto che preoccupa tutta la comunità internazionale e ne discutiamo oggi alla luce degli ultimi cambiamenti che giorno per giorno stanno a testimoniare l?aggravarsi di una situazione sempre più tragica, sempre più drammatica e sempre più pericolosa per la pace nel mondo e per gli equilibri internazionali in una fase nella quale sempre di più si dimostra il fallimento di una politica, quella degli Stati Uniti d?America, basata sul principio della guerra preventiva, sull?idea muscolare del controllo del dominio del mondo, sul principio che gli Stati Uniti, da soli possano essere in grado di determinare le sorti e il controllo della stabilità e della pace nel mondo.
Si sta dimostrando che questa teoria, quetsa tesi è stata del tutto fallimentare, ma oltre ad essere stata fallimentare è stata basata su principi, tra l?altro, falsi, che sempre di più emergono non soltanto nella comunità internazionale ma anche all?esterno dello stesso dibattito negli Stati Uniti d?America. Si era detto che si interveniva perché in Iraq si era in presenza di un armamento altamente pericoloso per la sicurezza internazionale, e di questo non si è trovata traccia; si era detto che si interveniva per diminuire il rischio del terrorismo a livello internazionale, ma dopo che c?è stato l?intervento in Iraq il terrorismo internazionale è aumentato e non vale neanche la tesi che questa è stata una risposta all?attentato dell?11 settembre, perché nel dibattito degli Stati Uniti è di questi giorni che questo non risponde a verità. Prima ancora dell?attentato alle Torri gemelle dell?11 settembre già si discuteva della teoria della guerra preventiva e si sta discutendo proprio in questi giorni, rispetto alla pubblicazione, al trattato fatto dalla stampa americana, in particolare dal giornalista Woodward, uno degli artefici principali dello sandalo Watergate di allora, del fatto che già all?interno del partito repubblicano, prima dell?11 settembre c?era un forte dibattito sulla teoria della guerra preventiva, che vedeva, tra l?altro, non soltanto l?America divisa, ma lo stesso partito repubblicano su posizioni differenti, con falchi e colombe, con Powell che rappresentava le colombe ed altri all?interno dello stesso schieramento del partito repubblicano su posizioni più oltranziste, da falchi.
Quindi neanche questa tesi può essere sostenuta a giustificazione della guerra preventiva intesa come risposta al terrorismo internazionale dopo l?attentato dell?11 settembre.
Ma i presupposti che hanno portato a quella guerra oggi ci stanno a dimostrare quanto fosse stata errata quella scelta, quanto il terrorismo non solo non sia diminuito, ma al contrario sia aumentato, quanto la instabilità a livello internazionale sia aumentata, insieme al terrorismo e quanto sia aumentata anche a partire da quel paese. Noi siamo convinti che una forte critica alla politica americana dell?unilateralismo non debba e non possa significare in nessun modo arrendevolezza nei confronti della lotta al terrorismo internazionale; siamo fermamente convinti e certi che debba essere perseguita fino in fondo, ma non certamente con le armi dell?unilateralismo, al contrario con le armi della politica, della diplomazia, del rafforzamento delle istituzioni internazionali, a partire dall?Onu e con le armi di una politica economica internazionale che sia capace di distribuire maggiore eguaglianza a livello internazionale. Queste crediamo che siano le armi principali per difendersi e per lottare contro il terrorismo, oltre a quelle della difesa, quando serve, della politica della forza.
Ma non può essere il contrario, il ribaltamento, l?idea che attraverso i muscoli e l?unilateralismo si potesse rispondere al terrorismo.
Noi siamo quindi consapevoli, quando facciamo questa affermazione, che questa lotta dovrà impegnare i paesi non solo occidentali ma di tutto il mondo, nei prossimi anni, a lottare contro qualsiasi fondamentalismo, da qualsiasi parte provenga e contro qualsiasi politica e tentativo di risolvere attraverso il terrorismo ogni problema.
L?altra dimostrazione del fallimento di questo tipo di politica sono i risultati che si stanno ottenendo oggi nell?Iraq, dove eravamo convinti di andare a liberare un popolo ? e questo, in parte, può essere avvenuto nei confronti di un feroce dittatore qual era Saddam Hussein ? ma nonostante questo ci troviamo oggi tutta la popolazione irachena sollevarsi contro le forze di occupazione e ci troviamo non soltanto il partito che sosteneva Saddam Hussein, ma anche la maggioranza della popolazione sciita che ha subito le principali persecuzioni, con ferocia inaudita, negli anni della dittatura di Saddam Hussein. Questo credo stia a dimostrare il fallimento di questo tipi politica e che va condotto un forte ripensamento di tutto.
Crediamo che il tema non sia, nell?immediato, ritiro delle truppe sì o no, ma la necessità, di fronte a questo scenario fallimentare, del nostro paese, ma internazionale, di cambiare rotta, di modificare la politica degli Stati Uniti. Posso capire anche l?imbarazzo registrato negli interventi dei colleghi della minoranza di questa Regione, quando dicono che aperture ci possono essere, ragionamenti si possono fare rispetto alle stesse mozioni della maggioranza, ma senza sciogliere i nodi veri rispetto ai quali si sta consumando, un dibattito reale in questo nostro pese e a livello internazionale, un dibattito sul quale l?unico vero assente è il Governo di questo nostro paese, che non sa dimostrare quale posizione prendere, non sa dimostrare in che direzione andare, se veramente si vuol cambiare questo scenario internazionale, si vuol andare nella direzione di un maggiore peso e ruolo dell?Onu.
Questo è il tema di fondo che oggi abbiamo di fronte: come, a livello internazionale, i paesi possano contribuire per far sì che l?Onu, presto, riesca a prendere le redini di questo processo, riesca a superare, a far fronte al fallimento della politica americana e dei governi che l?hanno appoggiata in questo momento.
Questo imbarazzo è determinato non da una divisione che c?è nell?opposizione ma dalla stessa divisione che c?è all?interno della maggioranza, che molto spesso viene sottaciuta e che voglio qui ricordare, che non ha visto unanime neanche la stessa maggioranza rispetto alle posizioni sullo stesso intervento. Ad esempio una posizione diversa tra Forza Italia, An e Udc, che pur votando per spirito di coalizione l?intervento di un anno fa a fianco degli Stati Uniti, però aveva dimostrato grande incertezza e grande difficoltà a giustificare fino in fondo la teoria della guerra preventiva.
Oggi questo ulteriore imbarazzo e questa assenza di politica internazionale di fronte al grave tema del Governo Berlusconi, è dimostrato dall?ultimo fatto: la presa di posizione di Zapatero e del governo spagnolo. Non si tratta di giudicare la giustezza o meno della scelta del governo spagnolo che, voglio ricordare, siede nel Consiglio di sicurezza dell?Onu, che ha sicuramente informazioni anche diverse, superiori a quelle che abbiamo noi come forze politiche di opposizione di questo Governo, rispetto agli scenari o alla stessa propensione che il governo americano e i suoi alleati hanno in questo momento, di fare in modo che l?Onu possa subentrare dal 30 giugno nel controllo di questa situazione.
Non è il giudizio che il Governo italiano deve dare o meno su quello che ci deve preoccupare, ma che cosa fare oggi rispetto a questo scenario che sta cambiando. Rispetto a questo scenario, l?unica cosa che Berlusconi ci sa dire è: ?non meravigliamoci?. Questo farà in modo che l?Italia diventerà il primo partner, in termini di alleanza, con la principale super potenza mondiale, gli Stati Uniti d?America. Credo non solo che questa non sia una politica internazionale di amicizia, ma al contrario sia l?ulteriore dimostrazione di una politica internazionale di mera subalternità agli Stati Uniti d?America, concepita come alleanza con il potente che, in quanto tale, è in grado di lasciare le briciole di un ipotetico guadagno economico allo Stato e all?economia italiana da questo scenario.
Noi, al contrario, pensiamo, da forze politiche che non sono assolutamente anti americane, ma pensano ad un rapporto di collaborazione, nel mondo occidentale, tra Europa e Stati Uniti d?America, che amicizia e collaborazione significano anche avere una propria politica autonoma, capace di condizionare e di dire no al multilateralismo americano. Quando diciamo questo non significa in alcun modo posizioni antiamericane ma significa entrare all?interno dello stesso dibattito americano, che non è rappresentato soltanto dalle posizioni di Bush ma rappresentato anche dalle posizioni del candidato alla prossima scadenza elettorale per la presidenza degli Stati Uniti d?America, del democratico Kerry.
Servono quindi segnali forti in questo momento, che devono venire anche dal nostro paese, per fare in modo che l?America riveda la sua politica. Ecco perché abbiamo presentato una mozione che riprende i temi del dibattito all?interno della gran parte della sinistra europea e di gran parte dell?Europa e oggi, probabilmente, la stessa posizione spagnola, che è diversa nell?immediato, dalla nostra, può rappresentare un?opportunità per ricostruire una unità europea attorno a questo tema e una maggioranza dei paesi uniti a livello europeo, che era stata rotta, in primo luogo dal Governo Berlusconi e dal governo di Aznar, per ridare peso e ruolo all?Ue.
Chiediamo con forza che vi sia un pronunciamento dell?Ue su questo tema, che porti a una nuova risoluzione dell?Onu, cosa questa fondamentale, che permetterebbe un intervento diverso in quel paese.
Voglio sottolineare l?assenza, di nuovo, di attenzione e di politica internazionale seria. Fino a una settimana fa il ministro degli esteri Frattini ci ricordava che non serviva una nuova risoluzione dell?Onu, perché l?intervento era già basato su una risoluzione Onu sufficiente a legittimare l?intervento. Oggi, dietro gli ultimi avvenimenti, sta forse ragionando sull?opportunità di una nuova risoluzione Onu. Ben venga, ma noi chiediamo conto al Governo italiano di un impegno forte che vada in questa direzione. Non solo si chieda una nuova risoluzione Onu, ma si chieda una nuova risoluzione Onu all?interno della quale siano indicati due cardini di fondo: la necessità dell?intervento, del controllo Onu rispetto alla situazione nel dopoguerra in Iraq e il passaggio immediato, a partire dal 30 giugno, come previsto, del governo di quel paese nelle mani del popolo iracheno.
Questa è la nostra posizione, ulteriormente rafforzata e avvalorata dalla piena solidarietà che oggi trova nei Ds, nelle forze politiche di tutto questo nostro paese, il tema degli ostaggi che oggi sono in mano ai rapitori in Iraq, che necessitano di ogni tipo di intervento capace di arrivare, nel giro di breve tempo, alla loro liberazione. Così come va il nostro cordoglio alla famiglia del quarto ostaggio barbaramente ucciso nei giorni scorsi dagli stessi rapitori.
Il tema non è quello del ritiro immediato delle truppe, oggi, ma del ruolo dell?Onu che deve essere giocato subito. Il rischio che corriamo è che il ritiro diventi una tragica necessità. Va fatto capire agli Stati Uniti d?America che occorre un?inversione di rotta, capace di dare peso e ruolo non più a una politica unilaterale ma, al contrario, a una politica multilaterale rappresentata in primo luogo dall?Onu e dalle altre forze del mondo democratico in particolare, ma di tutti i paesi del mondo.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione delle mozioni, partendo dalla 290 a firma del consigliere Novelli, che ha la parola per dichiarazione di voto.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione la mozione n. 342. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. La mozione non è stata illustrata. E? una questione molto specifica, critica nei confronti di una manifestazione avvenuta nel comune di Porto San Giorgio, in cui i colleghi censuravano alcune espressioni, oggettivamente poco condivisibili, usate in occasione di un convegno svoltosi circa due mesi fa.
Io non voterò la mozione dei colleghi, non perché non mi sembri che sia opportuno in alcun modo esprimermi su una manifestazione che tra l?altro vede il patrocinio di amministrazioni pubbliche, compiacimento che comunque è stato cruento a danno di nostri connazionali, in quel caso connazionali in divisa che si trovavano in terra straniera in ossequio a un ordine ingiusto, ma legittimo, del Governo legittimamente eletto. Il problema è che nei termini in cui è stata posta la mozione dei colleghi, sembra che la erronea interpretazione data da parte degli organizzatori del convegno sia in qualche misura un postumo avallo del fatto che, essendo criticata in termini scorretti la missione, essa è indirettamente giusta, per cui il mio voto sarà contro la mozione dei tre colleghi, ma con la specifica che la riprovazione per chi dice che non possiamo esprimere cordoglio per i militari uccisi da invasori... Perbacco, i militari uccisi sono nostri connazionali. E? ancora più grave, allora, la posizione del nostro connazionale civile ucciso qualche giorno fa. Noi possiamo certamente esprimere l?opinione che non doveva trovarsi lì ? l?abbiamo detto, scritto, affermato ? ma dire ?li ammazzano, ben gli sta?, oggettivamente non è condivisibile.
Quindi il voto è contrario alla mozione non perché ci sia la minima comprensione nei confronti dell?uso di espressioni di giubilo verso disgrazie, quindi non vorrei che fosse equivocato e frainteso il senso di questo voto contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Credo che questo documento sia estremamente chiaro. E? un giudizio sull?uso improprio delle istituzioni. Noi siamo abituati a questa caduta di stile per altre questioni, ma su questa vicenda in modo particolare il coinvolgimento diretto dell?Amministrazione comunale di Porto San Giorgio, l?utilizzo di strutture pubbliche, la partecipazione di assessori comunali, l?utilizzazione di risorse del Comune per una manifestazione di quel genere credo siano fatti che meritano una più che ampia deplorazione sul piano politico. Bene hanno fatto consiglieri dei tre gruppi a predisporre questo documento che richiama l?esigenza di un utilizzo corretto delle istituzioni. Colgo l?occasione per ribadire il concetto di fondo espresso nel documento, cioè la solidarietà piena ai familiari delle vittime di Nassiriya.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Il documento firmato a nome del gruppo di An dal consigliere Romagnoli che oggi non è presente, è pienamente condiviso dal gruppo e l?iniziativa è sicuramente censurabile nella maniera più esecrabile possibile. Quindi noi voteremo comunque a favore di questo documento e crediamo che anche gli altri debbano quanto meno, se non condividono per motivi politici il documento, astenersi e non votare contro, perché ciò che è accaduto con la manifestazione di Porto San Giorgio è qualcosa che spero sia semplicemente stato uno scivolone dell?Amministrazione comunale e sia sfuggito di mano al controllo, perché se fosse una manifestazione condivisa nel merito dall?amministrazione pubblica sarebbe motivo di intervento delle vecchie prefetture sul sindaco e sugli amministratori locali.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la mozione n. 342.

Il Consiglio non approva

Passiamo ora alla proposta di risoluzione a firma di Franceschetti, Luchetti e Rocchi.
Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Affronto la questione di entrambe le proposte di risoluzione. Voto contrario a quella del centro, che è antitetica alla mozione da me presentata un anno fa e respinta dal Consiglio. E? incomprensibile che la maggioranza centrista di questo Consiglio si ritrovi con questa mozione che, segnalo al collega Franceschetti, rappresenta esattamente la posizione di Berlusconi: ?vorrei l?Onu per il 30 giugno e per allora ci auguriamo che vengano liberati gli ostaggi?. Io ho condiviso la posizione berlusconiana fino a poco tempo fa, poi l?ho lasciata, voi l?avete sposata.
Per quello che riguarda l?auspicio per la liberazione degli ostaggi, credo che debba essere sicuramente espresso da tutti, ma mi sembra che sia contenuto anche nell?altra proposta di risoluzione, in relazione alla quale chiederei subito di poterla votare per parti separate fino al primo punto deliberativo ?Iraq;?, mentre non condivido le ultime tre righe ove si auspicano l?Onu, i caschi blu ecc., perché credo che se c?è qualche organizzazione più disprezzata dal popolo iracheno degli Stati Uniti d?America, sia solamente l?Onu che prima li ha fatti disarmare e poi non ha saputo efficacemente opporsi all?invasione militare. Credo quindi che la seconda risoluzione possa essere votata per parti separate a norma di regolamento.
Sulla prima voto ovviamente contrario, con la specifica che sulla richiesta di liberare gli ostaggi, ribadito che non dovevano essere lì, che erano civili armati, non c?è motivo di essere contrario.

Roberto GIANNOTTI. Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Spacca assente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi assente
Agostini presente
Amagliani presente
Amati presente
Ascoli presente
Avenali presente
Benatti presente
Brini assente
Castelli assente
Cecchini assente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli assente
D?Ambrosio presente
D?Angelo presente
Donati presente
Favia assente
Franceschetti presente
Gasperi assente
Giannotti presente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni presente
Massi Gentiloni Silveri assente
Melappioni presente
Minardi assente
Modesti presente
Mollaroli assente
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli assente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi presente
Romagnoli assente
Secchiaroli presente
Silenzi assente

PRESIDENTE. Dato che non c?è il numero legale, la seduta è tolta.

La seduta termina alle 19,10