Resoconto seduta n. 193 del 06/07/2004
La seduta inizia alle 11,00




Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 192 del 30 giugno 2004.

(E’ approvato)



Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata la proposta di legge n. 251, ad iniziativa della Giunta: «Assestamento del bilancio 2004», assegnata alla II Commissione.




Sentenza Corte costituzionale

PRESIDENTE. La Corte costituzionale, con sentenza n. 176/2004, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 della legge regionale 15 ottobre 2002, n. 19, concernente: «Modifiche della legge regionale 4 ottobre 1999, n. 26 “Norme ed indirizzi per il settore del commercio‘“»




Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere Trenta.



Comunicazioni del Presidente della Giunta

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Informo i colleghi che ho provveduto alla sostituzione dell'assessore Silenzi con il consigliere Cataldo Modesti, con decorrenza dalla data di proclamazione della elezione di Silenzi alla carica di presidente della Provincia di Macerata, perché non ritenevo che la Giunta potesse restare, sia pure per un anno o poco meno, senza un assessore. Ho provveduto a piccoli spostamenti nell'ambito dell'attribuzione delle cosiddette deleghe: il consigliere Modesti ha avuto quelle che erano dell'assessore Silenzi, poi gli ho affidato anche tutti gli incarichi e le competenze legati in precedenza all'assessore Agostini al di fuori del bilancio. Ho ritenuto più opportuno mantenere la continuità dell'attenzione all'agricoltura, quindi l'assessore Agostini ha la competenza del bilancio e dell'agricoltura. L'assessore Modesti ha competenza ai lavori pubblici, urbanistica, edilizia, difesa della costa e politiche comunitarie, che precedentemente erano affidate all'assessore Agostini, inoltre le politiche della cooperazione. Ho provveduto poi a riassegnare all'assessore Secchiaroli l'incarico di seguire i temi dell'emigrazione per concentrare in testa a un unico assessore tutto il discorso del welfare, quindi mantenendogli anche il diritto allo studio, perché c'è da seguire con particolare attenzione tutta la tematica, in questa fase, della messa a regime del piano socio-assistenziale e dell'incrocio piano socio-assistenziale e piano socio-sanitario, specialmente per quanto riguarda il problema degli anziani. Ho ritenuto più omogenea la competenza dell'istruzione all'assessore Ascoli che aveva già la formazione professionale. Ho spostato l'incarico per quanto riguarda l'informatica e la statistica dall'assessore Ascoli all'assessore Spacca e, avendo terminato la predisposizione del piano delle attività estrattive, quindi trattandosi ormai soltanto di operazioni di controllo che i piani e le attività concrete delle Province siano in linea con quelle nostre — questo riguarda molto più l'ambiente — le attività estrattive sono state assegnate all'assessore Amagliani nell'ambito ambientale.
Queste sono le modifiche che ho fatto e che comunico al Consiglio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non eravamo abituati a questa sensibili, di questo ne diamo atto. Quindi si ripristina un clima di legalità istituzionale che in passato non era fra le virtù di questa Giunta regionale. Mi permetto solo di esprimere a voce alta qualche perplessità in ordine alle motivazioni che lei ha addotto. Vorrei capire fino in fondo il senso e il significato della delega tolta all'assessore Secchiaroli relativa alla pubblica istruzione, assegnata all'assessore Ascoli. Credo non possa essere giustificato dall'esigenza di accorpare deleghe similari. Ricordo che nel dibattito dell'altra volta si poneva l'accento sul fatto che doveva esprimersi una specificità rispetto a questa responsabilità e per questo fu scelto l'allora assessore Secchiaroli.
Non vorrei che questo fosse un avvertimento politico, così come hanno detto e scritto i giornali della mia provincia l'altro giorno. Credo che sia invece un atto di sfiducia rispetto alla politica regionale nel campo dell'istruzione. Se è così sarebbe stato forse più opportuno un esame di coscienza, che non può che essere collettivo rispetto alle responsabilità esercitate; un esame di coscienza che dovrebbe investire tutta l'attività della Giunta regionale.
Credo che l'enfasi elettoralistica che l'ha pervasa in queste settimane, Presidente, non sia assolutamente giustificata. Lei può vedere tutto e il contrario di tutto, ma interpretare il risultato delle elezioni europee, che è comunque complessivamente negativo per il centro-sinistra, il risultato delle elezioni amministrative, che è comunque un risultato complessivamente negativo per il centro-sinistra rispetto alle sconfitte cocenti e roventi di Fano e Porto Sant'Elpidio, soprattutto di Fano, dove lei ha messo tanto di suo per far perdere alla sinistra, con la dissennata scelta fatta relativamente alla prospettazione della realizzazione dell'ospedale unico Pesaro-Fano... Insisto nel dire che il voto pro Aguzzi a Fano è stato anche un pronunciamento contro la Giunta regionale, contro la prospettiva di questo neo centralismo ospedaliero che in qualche modo questa Giunta regionale e la sinistra fanese ha gettato nella campagna elettorale. Questo per dire che complessivamente credo che il giudizio dei marchigiani sia stato e sia negativo rispetto a questa Giunta regionale. Avremo modo, fra qualche mese, di verificare il concreto qual è il livello di soddisfazione dei marchigiani rispetto alla super tassazione a cui sono sottoposti, perché lei deve ricordare che noi marchigiani siamo i cittadini più tassati in Italia, rispetto ad una Regione che ha fallito sul piano finanziario — i dati di bilancio e le proiezioni ottimistiche dell'assessore Agostini non ci convincono — che ha fallito sul piano della riforma sanitaria, dandoci un sistema sanitario assolutamente insufficiente e inadeguato, creando però carrozzoni che servono solo a rafforzare il potere della politica.
Rispetto a questo credo che qualche preoccupazione andava espressa in Consiglio regionale questa mattina.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Secondo me non c'entrano le valutazioni sul risultato elettorale, mi imiterò invece alla comunicazione del Presidente per segnalare due questioni sulle quali lavorare. Vedo con soddisfazione il recupero delle attività amministrative al settore ambientale. Mi permetto di dire che questa delega deve essere piena, perché quando le attività estrattive furono tolte all'ambiente fu un grave danno per questa regione. In questi cinque anni l'assessore Spacca, come a tutti noto, ha lavorato più per rendere compatibile questo settore agli interessi industriali e adesso l'assessore Amagliani deve fare un lavoro forte.
Il Presidente ha detto, nel presentare la delega, che siccome è finita la fase della programmazione delle attività estrattive, il controllo lo può fare anche l'assessore all'ambiente. Non è così. Il piano delle attività estrattive a livello delle singole Province chiama in causa direttamente la Regione. Ne segnalo uno di cui sono certa, perché l'ho studiato: il piano delle attività estrattive della Provincia di Pesaro non è compatibile con quello regionale. Non c'è dubbio che, lavorandoci, il nuovo assessore se ne accorgerà subito. Non se ne era accorto l'assessore precedente proprio per questa sua "sensibilità" agli interessi industriali. Quindi vedo con soddisfazione questa scelta che viene fatta, come quella di recuperare in un unico assessore lavoro, formazione e scuola. Non potevano andare divisi, non avrebbe funzionato in nessun modo. Non so se c'era una disattenzione dell'assessore Secchiaroli, certo non c'era una grande attenzione ma non credo che sia imputabile a questo. Il problema è che la Regione può essere in grado di fare politiche sulle questioni del lavoro, della formazione e della scuola nella misura in cui ci investe qualcosa di suo e siccome le risorse sono tutte le Fse non c'è dubbio che questa è una scelta opportuna.
Per il resto auguro al nuovo assessore di fare bene e di fare una bella esperienza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Non eccepirò molto sulle deleghe proposte dal Presidente della Giunta, perché in genere le deleghe di governo, così come quelle in una Giunta regionale o comunale sono un atto interno della maggioranza. Il fatto che poi ci sia un riordino, un assestamento sia degli equilibri politici che organizzativi non è di grande rilevanza. Debbo dire, viceversa, che non noto grandi cambiamenti in questa Giunta regionale, perché al di là del trionfalismo su alcuni dati, che secondo me non trovano riscontro nella realtà, di fatto siamo in una regione dove, in un momento di trend negativo per il centro-destra — le elezioni di metà legislatura sono sempre abbastanza negative per tutte le maggioranza, da decenni e in tutta Europa — grazie al lavoro della Giunta di centro-sinistra il centro-destra è andato discretamente bene. Noi, come centro-destra siamo andati, complessivamente, al di là dei risultati dei singoli partiti — qualcuno è andato indietro all'interno della coalizione di centro-destra — siamo andati avanti per il 2%, il che non ci dispiace. Abbiamo raggiunto dei risultati importanti e significativi come la conquista di una serie di Comuni importanti: Fano e Sant'Elpidio a Mare sono i due eclatanti, ma citerei Montecassiano, citerei Ostra Vetere. Alcuni Comuni persi sono molto meno, complessivamente, come numero di popolazione, dei Comuni vinti.
Quindi in un quadro nazionale in cui il centro-sinistra avanza e il centro-destra va indietro, nelle Marche abbiamo avuto delle punte di eccellenza, che sono il presupposto, non scontato, di un rovesciamento degli equilibri. Quindi la mancanza di iniziativa politica di questa Giunta continua. Cito il caso, che credo sia opportuno affrontare, dell'Ancoopesca: 103 lavoratori di questa città perdono il posto di lavoro e non c'è alcuna iniziativa politica forte su questa vicenda, anzi alcune iniziative stanno partendo, ma dall'esterno.
Sull'energia leggo oggi che c'è la consultazione per il piano energetico che da anni è al palo, e sapete che le Marche è una delle regioni in deficit di energia, quindi il piano energetico è strategico. Scarse iniziative sul piano di alcune risorse possibili, come quelle degli investimenti per quanto riguarda i porti turistici, quindi la possibilità di aumentare la possibilità nei settori "alti".
Sono scontento per i marchigiani, ma mi sembra che il trend negativo di questa politica continua, quindi se il centro-destra sarà all'altezza come classe dirigente, ci potrà essere una svolta nella nostra regione.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha la parola, sull'ordine dei lavori, l'assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Chiedo di anticipare al punto 3 l'attuale punto 7, proposta di legge regionale n. 233, "Norme per l'istituzione e la gestione delle aree protette", in quanto c'è la necessità di inserire le norme di salvaguardia per quello che riguarda i piani delle aree protette.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Nell'ultima seduta del Consiglio regionale prima delle elezioni, vi è stata la fuga spaventata del gruppo diessino e della maggioranza che non ha voluto votare una mozione presentata dal gruppo di Forza Italia sul problema del pagamento del parcheggio all'ospedale di Torrette di Ancona. Una mozione che è ancora all'ordine del giorno, che chiedo venga iscritta al secondo punto dell'ordine del giorno odierno. Credo che ai cittadini marchigiani si debba questo, credo sia doveroso nei confronti dei malati marchigiani tartassati, costretti a pagare anche il parcheggio, seppure nelle ore del mattino, per andare a sostenere cure o per andare a visitare parenti.
Una decisione contraria di questa maggioranza alla discussione di questa mozione che chieda il ritorno alla gratuità sarebbe un atto grave nei confronti di questi cittadini.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di anticipare al punto 3 dell'ordine del giorno la proposta di legge n. 233.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta del consigliere Giannotti di anticipare al punto 2 dell'ordine del giorno la mozione n. 296.

Il Consiglio non approva

Fausto FRANCESCHETTI. Chiedo la verifica del voto.

PRESIDENTE. Pongo nuovamente in votazione la proposta.

Il Consiglio non approva

Roberto GIANNOTTI. Chiedo la votazione per appello nominale.

PRESIDENTE. Non è possibile, perché doveva essere chiesto prima.






Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Progetto obiettivo tutela della salute mentale 2004-2006» Giunta (223)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 123, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Si tratta di un atto importante, previsto dal piano sanitario regionale e arrivato in Consiglio in tempi relativamente rapidi, dopo una consultazione molto ampia, che si è svolta prima nella fase di proposizione da parte della Giunta regionale e successivamente anche da parte della Commissione consiliare sanità, che ha potuto raccogliere pareri, osservazioni e proposte provenienti sia dal mondo degli operatori, sia dal mondo delle associazioni di familiari.
Complessivamente possiamo dire che il contributo di questi soggetti è stato attentamente vagliato nei lavori della Commissione e la gran parte delle osservazioni che ci sono pervenute hanno trovato un pieno accoglimento, in modo particolare sui punti più complessi del piano.
La situazione della salute mentale nella nostra regione è oggetto della parte iniziale del progetto obiettivo. Ad oggi vi sono circa 30.000 malati presi in carico dalle strutture sanitarie che si occupano di salute mentale. Abbiamo una rete di servizi estremamente articolata, già oggi in grado di far fronte alla pluralità delle azioni necessarie in questo campo, la rete dei servizi, organizzata in 13 dipartimenti di salute mentale, uno per ogni zona, in 13 centri di salute mentale e 13 servizi psichiatrici di tipo ospedaliero. I posti letto previsti sono 144: tutti sono stati attivati, tranne quelli negli ospedali di Fabriano e Camerino.
Oltre a queste strutture più "pesanti" vi sono una serie di strutture più "leggere", 26 strutture residenziali, nuclei di gruppi di appartamento diffusi all'interno di ciascun dipartimento di salute mentale, 19 centri diurni e 4 day-hospital. Il personale impiegato a tutt'oggi è composto da 896 persone nelle varie figure professionali. A questo proposito è stata rilevata la necessità di procedere ad un inserimento di queste figure professionali, molte delle quali hanno un rapporto di lavoro precario o di consulenza, all'interno di un regime giuridico stabile che possa dare certezza ai dipartimenti di salute mentale sulla continuità del personale impiegato.
E' importante sottolineare che nella nostra regione si è concluso il periodo di superamento degli ex ospedali psichiatrici, delle strutture manicomiali e vi sono a tutt'oggi 311 pazienti provenienti dagli ex ospedali psichiatrici presi in carico dal servizio sanitario regionale.
Questo progetto obiettivo costituisce un aggiornamento del primo progetto obiettivo sulla salute mentale che continua a rimanere riferimento organizzativo e culturale. Gli obiettivi delineati da questo progetto obiettivo sono innanzitutto quello di promuovere la salute mentale nell'intero ciclo di vita dell'individuo, in secondo luogo di assicurare la prevenzione primaria e secondaria, cioè quella rivolta alla totalità della popolazione e quella rivolta alle particolari categorie di rischio che vengono individuate all'interno della società marchigiana, alla luce delle statistiche e dei comportamenti. In terzo luogo quello di assicurare la prevenzione terziaria, cioè ridurre le conseguenze disabilitanti della malattia mentale.
Un quarto obiettivo che acquisisce un'importanza strategica all'interno del progetto obiettivo per la salute mentale è quello di garantire la qualità della vita al nucleo familiare comprendente il malato psichiatrico, perché questa è una questione a tutt'oggi aperta e irrisolta, dopo la legge 180, anche a seguito della parziale attuazione che fino ad oggi quella legge ha ricevuto.
Da questo punto di vista si ritiene necessario proseguire lungo gli indirizzi culturali che la legge 180 ha introdotto nel campo della cura della malattia psichiatrica nel nostro paese, superandone, attraverso una piena, completa, integrale attuazione, i limiti che fino adesso ha manifestato.
Il quinto obiettivo, specifico ma importante, è quello di ridurre i suicidi e i rischi di suicidio nella popolazione marchigiana, che nel corso degli ultimi anni hanno visto un preoccupante incremento. A questo fine si procede a una riorganizzazione delle strutture operative dei dipartimenti di salute mentale che costituiscono il nucleo portante dell'organizzazione del sistema sanitario nel campo della salute mentale. All'interno dei dipartimenti di salute mentale si prevede, così come stabilisce la normativa, la presenza di un operatore ogni 1.500 abitanti e dal punto di vista del personale sono state pienamente accolte, attraverso modifiche apportate dalla Commissione, richieste provenienti dalle organizzazioni sindacali degli operatori e dalle associazioni dei familiari dei malati, relativamente ai tempi di assistenza necessari ad ogni ricoverato, che in una stesura precedente erano stati ridotti.
Le strutture in cui si articola il dipartimento di salute mentale sono i centri di salute mentale, le strutture di ricovero, a loro volta articolate nei servizi psichiatrici, cioè nei reparti ospedalieri, nei day-hospital e nelle strutture residenziali terapeutiche.
Il terzo campo di organizzazione riguarda le strutture residenziali sanitarie articolate in centri diurni e strutture riabilitative residenziali in comunità protette e gruppi di appartamento.
Un altro grande campo relativo all'assistenza ai malati psichiatrici e alle persone soggette a disturbi di questa natura riguarda le strutture residenziali a carattere prevalentemente sociale che vengono inserite nel progetto obiettivo per mettere in campo una strategia di pieno, completo e organico coordinamento e integrazione tra i due livelli di cura e di assistenza che questo tipo di malattia richiede: quello di carattere sanitario e quello di carattere sociale. Le strutture residenziali a prevalente carattere sanitario si articolano in comunità alloggi, comunità familiari, alloggi sociali, centri di pronta accoglienza e case-famiglia.
Va sottolineato infine un aspetto significativo: per la prima volta nella nostra regione viene attivato un processo specifico per l'autismo, già avviato in precedenza e che trova collocazione e conferma all'interno del progetto obiettivo. Alcuni importanti aspetti di tipo organizzativo, regolamentare e operativo saranno successivamente definiti dalla Giunta regionale e dalla Asur con apposite linee guida sulla base degli indirizzi strategici di questo atto.
Penso che anche per il lavoro lungo di consultazione, dialogo e confronto che si è avuto, prima in sede di Giunta e poi, in maniera particolarmente efficace, in sede di lavoro di Commissione, questo atto possa trovare un'accoglienza positiva da parte della comunità marchigiana e soprattutto da quella parte di comunità marchigiana che a vario titolo è impegnata su questo problema.
Ritengo che da questo punto di vista, con il lavoro svolto in precedenza e con la riorganizzazione, in coerenza con il lavoro svolto, che compiamo con questo atto, la nostra regione possa dirsi adeguatamente attrezzata per far fronte ad un problema che sta diventando sempre più difficile a causa dell'aumento del disagio e della sofferenza mentale, che nelle società odierne si verifica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Che si arrivi oggi a definire il progetto per la salute mentale è un dato importante, perché la salute mentale è uno di quei progetti speciali che indubbiamente stabiliscono la qualità di un piano sanitario complessivo, quindi che ci si occupi di salute mentale è una cosa sulla quale mi sento di dare un giudizio positivo. Tutto sommato, rispetto ai ritardi pluriannuali che abbiamo nei progetti, questo progetto, pur giungendo a metà anno 2004, nei ritardi complessivi della programmazione sanitaria della nostra Regione, in fondo non è così esagerato. Viceversa mi sento subito di cogliere gli aspetti essenziali, anche dal punto di vista tecnico, e in questo caso mi avvalgo, al di là del mio ruolo di consigliere regionale, di quello specifico di essere un attore del servizio sanitario nazionale di psichiatria, in quanto medico psichiatra e in quanto ho lavorato per quindici anni nelle strutture sanitarie pubbliche della psichiatria, per dare un giudizio, innanzitutto sulla fotografia dell'esistente. Il piano dà complessivamente un giudizio positivo dell'esistente: mi sento di dire che a distanza di 25 anni dall'istituzione del servizio sanitario nazionale, a tutt'oggi ci sono alcune aree del nostro territorio prive dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura. Su 13 zone, ce ne sono due particolarmente delicate, Fabriano e Camerino, zone di montagna dove c'è una patologia anche esplosiva, a volte. Proprio a Fabriano e a Camerino ci sono dei pazienti che sono sfuggiti di mano ai servizi e hanno determinato degli omicidi. Questa è ovviamente la punta dell'iceberg, però significa che sotto c'è un territorio molto vasto, diffuso, difficile talvolta da raggiungere, che non è adeguatamente servito. Questi due servizi funzionano con il trasferimento dei pazienti a molti chilometri di distanza: nel caso di Fabriano all'ospedale Murri di Jesi, cioè oltre 40 chilometri, con la rescissione dei contatti con la famiglia, se non estemporanei e lo stesso vale per Camerino.
Per quanto riguarda le strutture residenziali terapeutico-riabilitative, al posto delle 26 previste ce ne sono 22. Anche qui alcune aree sono meno fortunate e meno servite. Lo stesso vale per i centri diurni: sui 19 previsti ne funzionano solo 17, e per i punti ambulatoriali, in merito ai quali rispetto ai 67 previsti ce ne sono 54.
Comprendo le difficoltà ad attivare i servizi, ma il punto principale su cui questo atto è carente è quello della definizione precisa delle risorse e dei mezzi, perché la psichiatria non si fa con una dotazione costosa di strumentistica o di tecnologie avanzate ma si fa soprattutto con le persone e con i luoghi. La prima cosa è stabilire con molta precisione quante sono le persone, perché avere il centro diurno ma farlo funzionare sei ore al giorno, significa sostanzialmente che la risposta che si dà all'utenza è modesta.
A mio parere abbiamo un limite nel passaggio dalla gestione dell'emergenza — la gestione dell'emergenza è la crisi e la crisi sono una serie di risposte: l'intervento del medico, il ricovero se serve e quant'altro — al percorso di riabilitazione. Il limite più grave dei servizi psichiatrici in Italia, ma in particolare nelle Marche, è quello di non prevedere strutture comunitarie dinamiche. Noi stiamo cioè creando nuove cronicità, e mi spiego meglio: al di là del passato manicomiale, che oggettivamente — qui do un parere positivo — è stato in qualche modo smaltito con la chiusura di tutte le vecchie strutture manicomiali, per l'età delle persone che essendo diventate anziane sono state inserite in case protette, in case di riposo, sta emergendo, a partire dalla "riforma Basaglia" e il recepimento successivo, sempre nel 1978, nella riforma del servizio sanitario nazionale, stiamo assistendo alla nascita di nuove cronicità, che sarebbero giovani adulti — perché l'adolescenza in genere è finita — che iniziano una carriera psichiatrica nella quale l'intervento del servizio sanitario pubblico è solo quello di stabilizzazione della situazione, quindi viene bloccata la crisi ma non c'è l'atto successivo, che è quello della riabilitazione.
Questi esordi di patologia psichiatrica non subiscono un intervento decisivo nell'ambito del recupero della riabilitazione, non voglio dire della guarigione, ma sicuramente un miglioramento significativo. Miglioramento significativo significa trovare delle capacità di adattamento rispetto al contesto sociale, rispetto alla famiglia, rispetto alle amicizie, cioè guardare la qualità della vita della persona e non solo reprimere il sintomo, che è quello che si fa attualmente attraverso l'utilizzo, a volte improprio, dei farmaci, e la mancanza assoluta di progetti terapeutici complessivi.
Qual è il passaggio significativo, di qualità? Passare dal controllo della patologia, dal controllo del sintomo, alla riabilitazione, al reinserimento in un contesto, utilizzando le risorse che la persona ha, non danneggiate, bloccando l'avanzare della psicopatologia e migliorando il contesto riabilitativo, il reinserimento.
La prima cosa che devo dire riguarda la promiscuità di patologie all'interno delle strutture. Io ho degli episodi che potrei citare con nome e cognome, di giovani inseriti in strutture protette in cui prevalgono pazienti anziani, deteriorati o addirittura con Alzheimer, e cito Pesaro; persone che non trovano alcuna accoglienza in strutture nella propria zona e c'è la necessità assoluta di trasferirle in altre zone, talvolta in altre regioni, e posso citare Fano, anche Ancona, la Asl di Ascoli Piceno.
Sostanzialmente c'è un nucleo di risposte mancanti. La repressione della patologia è cosa giusta, non mi scandalizzo, perché, come in tutte le discipline mediche, c'è da fare un'attività di contrasto nei confronti della patologia incipiente, ma poi ci deve essere una fase, che è molto diversa da tutte le altre discipline mediche, di riorganizzazione della personalità, del percorso di vita, dell'attività sociale, del contesto familiare e tutto il resto. Qui abbiamo un buco nero che secondo me è nella legge nazionale, quindi anche qui le responsabilità sono complessive: la legge nazionale va assolutamente riformata.
Tra le lamentazioni che faccio nei confronti del percorso del Ministero della sanità e del Governo, c'è la necessità di una forte accelerazione sul piano delle riforme per l'assistenza psichiatrica, perché ci sono dei limiti e l'attuale legislazione non risponde in maniera completa alle esigenze.
A caduta la nostra Regione non dà questo tipo di risposte, non solo per la mancanza di legislazione nazionale, perché nell'ambito della legislazione vigente si potrebbero comunque prendere dei provvedimenti, ma nell'ambito degli stessi progetti e programmi, perché credo che l'aspetto importante di cui noi dobbiamo dotarci, con strutture-pilota, è quello di creare strutture unitarie dinamiche, attraverso l'utilizzo del privato sociale. Anche qui si è visto che il pubblico non riesce a dare tutte le risposte, perché il pubblico significa contratti, orari di lavoro, una particolare organizzazione delle attività terapeutiche. E allora, siccome le attività terapeutiche non possono essere inquadrate solo negli orari di lavoro e nei contratti, quindi c'è bisogno di qualcosa di più, l'unica risposta positiva la dà il privato sociale, che ovviamente deve essere normato, controllato, deve avere delle caratteristiche, non può essere spontaneistico, perché lo spontaneismo talvolta fa anche dei danni, che deve trovare collocazione all'interno di un progetto.
Sarà paradossale, ma mi sono sentito "padrino" di alcune cooperative che appartengono all'area della sinistra, che on è la mia, insieme alle quali abbiamo fatto delle cose molto positive, perché credevamo tutti nello stesso progetto di fare un passo in avanti rispetto alla cultura statica di dare semplicemente risposte all'emergenza.
Non ho null'altro da dire, se non che questo atto è in positivo, ma nel quale non mi riconosco. Manca il colpo d'ala, manca quel qualcosa di nuovo che è necessario. Questa regione è particolare: è sfortunata perché ha la popolazione tanto diffusa e quindi i servizi costano tanto: un conto è avere un milione e mezzo di persone concentrate in un'area metropolitana, un conto avere un milione e mezzo di persone diffuse in 246 comuni, in una situazione di valli in cui c'è bassissima concentrazione di popolazione, ci sono distanze chilometriche, infrastrutture viarie scollegate, spesso addirittura strutture che appartengono non al '900 ma all'800. Però abbiamo la fortuna proprio per questo, del piccolo numero, quindi di poter dare delle risposte più proprie, più particolari, con maggiore oculatezza. Nei piccoli numeri si possono gestire anche cose di grande qualità, nei grandi numeri è difficile dare delle risposte.
Mi è capitato casualmente di occuparmi di situazioni gestite nella città di Roma: i colleghi medici psichiatri mi dicevano "non siamo in grado di far fronte a cose, perché nella domanda massiccia di richieste non riusciamo a seguire il particolare, quindi alziamo le mani". Perché si tratta di una grande metropoli, non trovi la rete sociale circostante, non trovi la comunità accogliente e via di seguito. Nella nostra regione, che è fatta di piccoli centri con comunità accoglienti — esiste ancora la rete delle relazioni parentali, delle relazioni familiari, delle relazioni vicinali — il progetto può decollare, anzi potremmo essere pilota e modello per progetti diversi.
Il fattore qualificante al quale ci riferiremo è quello delle risorse e dei mezzi attribuiti a questo atto. Se ci viene quantificato con precisione quante persone per ciascuna attività che facciamo questo ha senso, altrimenti, molte volte accade — e credo che anche i consiglieri di maggioranza me ne debbano dare atto — che noi facciamo piani, progetti bellissimi, anche condivisibili, ma nei fatti non vengono attuati perché mancano risorse e personale. A questo punto diventano modelli teorici, ce lo raccontiamo tra di noi, ma l'efficacia sul territorio è poi modestissima.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Ritengo che sia una giornata molto importante quella odierna, in cui vediamo concretizzarsi il nostro progetto di riforma di sistema sanitario con l'approvazione di uno dei primi progetti obiettivo, quello che riguarda la salute mentale. Ogni volta che ci si avvicina al tema della malattia mentale, della sofferenza psichica credo che il pensiero non possa non andare a quella straordinaria figura di scienziato pensatore che è stato Franco Basaglia, alla sua opera di denuncia "crimini di pace" e all'uomo che, come noto, restituì la parola ai "matti" e a cui è ispirata la legge 180 del 1978 che chiuse in Italia i manicomi e che passò la competenza dalle Province alle Regioni. Di lui e del suo insegnamento, oltre all'esperienza straordinaria a Gorizia, a Colorno, a Trieste mi piace ricordare due aspetti. Primo, l'attenzione all'ascolto, al saper ascoltare senza preconcetti, condizione inevitabile per chi si pone in relazione di aiuto e il farsi carico concretamente del malato non significa fermarsi alla malattia ma considerare la cura un tentativo di ricondurre la persona alla sua piena possibilità esistenziale.
Ricordo questo perché con questo atto siamo di fronte ad un progetto che pianifica gli interventi del nostro sistema sanitario verso la salute mentale, che vede questa patologia, purtroppo, ancora in aumento anche nella nostra regione, vede questa patologia toccare varie fasce di popolazione, quelle spesso culturalmente e socialmente più fragili e anche una rilevante presenza verso la popolazione giovanile e infantile che per la prima volta in questo atto viene considerata e per essa vengono anche previsti degli interventi.
Ho voluto ricordare la figura di Franco Basaglia, quello scienziato-pensatore come io l'ho definito, ma come lo definisce tanta parte della cultura italiana, perché giace in Parlamento — approfitto di questa giornata per depositare un ordine del giorno che impegna la nostra Regione a impedire che vengano apportate alla legge 180 modifiche sbagliate — una proposta dell'on. Burani Procaccini, che tenta di stravolgere alcuni aspetti significativi della legge 180.
L'atto, come è già stato ricordato anche dall'intervento del consigliere Ciccioli, ci consegna una fotografia della situazione della nostra regione, una fotografia abbastanza seria dello stato di bisogno, con dati molto precisi riguardanti la casistica, riguardanti anche le modalità di cura, il personale dedicato, la tipologia delle strutture destinate e dedicate a questo tipo di malattia e agli standard che ci diamo per i nostri servizi e per indicare le soluzioni.
Dall'atto si desumono alcune fragilità del nostro sistema che voglio ricordare, anche se la Commissione ha dedicato tempo, attenzione a questo atto proprio per la delicatezza della patologia che affronta, quindi ci abbiamo lavorato con molta serietà, ma voglio ricordare qui alcune fragilità e anche gli aspetti positivi.
Le fragilità del nostro sistema che vengono indicate dall'atto riguardano a pag. 12 la prevalenza, ancora forte, della cura farmacologica, l'insufficienza rispetto anche ad alcuni standards nazionali di alcune figure professionali, in particolare quella degli educatori, rispetto alla quale abbiamo delle percentuali molto più basse nei confronti della media nazionale. Inoltre, la differenza di servizi e personale tra le zone territoriali. Quindi ci si consegna una mappa di interventi significativi, dove permangono delle differenze, all'interno del nostro sistema, su cui noi chiediamo anche all'assessore, che spero nella replica li voglia affrontare, un impegno serio per rimuovere questa differenza. L'obiettivo è — anche per questo abbiamo sostenuto la nascita dell'Asur regionale — di consegnare un sistema sanitario e interventi e servizi sanitari che rimuovano le differenze all'interno della nostra regione e che abbiano come finalità l'omogeneità degli interventi. Anche nel settore della salute mentale si rilevano alcune differenze: a pag 13 dell'atto sono indicate con precisione e io credo che con gli strumenti e gli interventi che la Regione vorrà fare, saranno rimossi. Ritengo che la Giunta regionale debba impegnarsi, nel triennio di durata del piano, a rivedere questi aspetti, rimuovere le differenze e consegnare alla regione Marche servizi adeguati ed omogenei.
Nell'atto ci sono alcuni aspetti positivi che voglio ricordare, che affrontano il problema della salute mentale in alcune fasce di popolazione, dove fino ad ora non erano stati previsti interventi né misure di prevenzione, in particolare per quanto riguarda l'età evolutiva, l'età giovanile, l'età infantile. Vengono presi in considerazione e diventano servizi permanenti quei servizi di sollievo che erano partiti come progetto sperimentale e pilota, servizi di sollievo alle famiglie, che oltre al malato credo debbano essere tenute in seria considerazione, perché poi la ricaduta che c'è sul versante familiare rispetto a questo tipo di patologia e la delicatezza della stessa credo debbano essere valutate. L'atto, oltre a dare continuità al progetto di sollievo considera le famiglie come un soggetto da consultare e da tenere presente nella costruzione dei percorsi e nel monitoraggio degli interventi, quindi credo che anche questo aspetto sia di particolare interesse.
Viene reso non più sperimentale ma a carattere continuativo il "Progetto autismo" delle Marche.
Con queste considerazioni positive, con questo impegno a far sì che il progetto davvero serva ad aggiornare i nostri progetti, soprattutto a rendere più omogeneo il servizio su tutto il territorio regionale, voteremo positivamente questo progetto stesso e incalzeremo la Giunta perché nel triennio affronti questi problemi, destini più risorse a questi interventi, perché anche da questo punto di vista la nostra media regionale è più bassa rispetto ad altre d'Italia, quindi il nostro giudizio è positivo, ma con queste valutazioni critiche che mi auguro la Giunta tenga in considerazione e si impegni ad affrontare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Non voterò positivamente, nonostante riconosca che sia la Giunta e i funzionari dell'assessorato, sia la Commissione hanno svolto un buon lavoro nella costruzione di questo atto. Voglio segnalare due questioni. Primo, il ritardo con il quale la Giunta si appresta a realizzare i progetti obiettivo come nel piano sanitario si era impegnata a fare. Penso soprattutto a quello che riguarda il progetto materno-infantile, penso al progetto sulla salute nei luoghi di lavoro che sono emergenze, penso agli incidenti che accadono tutti i giorni, l'ultimo drammatico alle Cartiere Miliani che ha coinvolto un ragazzo di 21 anni. Abbiamo ancora i servizi sanitari preposti non in grado di soddisfare le richieste che ci sono.
A me pare che la debolezza di questo progetto non sia tanto nelle cose che vi sono scritte, perché l'analisi che viene fatta e soprattutto la casistica dimostrano una presa in carico di 30.000 malati da parte dei nostri servizi e l'indagine che viene fatta dimostra anche la fragilità sulla quale bisogna intervenire: soggetti in condizioni non professionali, pensionati, bassa scolarità sono quelli maggiormente colpiti. Non si dettagliano le questioni relative alla bulimia e all'anoressia, che probabilmente porterebbero ad uno spaccato del mondo giovanile particolarmente grave.
Comunque su tutta la parte che riguarda i dati, la rete di servizi o le azioni significative svolte, questo progetto articola bene la qualità delle iniziative.
Qual è, allora, la difficoltà a votare a favore? Nasce dal fatto che nelle correzioni che pure si è voluto fare, si rimanda a un generico stanziamento di finanziamenti da parte della Giunta regionale, finanziamenti che non è dato capire quanto e se ci saranno. La cosa chiara da capire è che c'è una sottostima della spesa complessiva che facciamo come Regione Marche sull'intervento in questa direzione. Ricordo per tutte la discussione che abbiamo svolto in sede di piano sanitario sulle emergenze e sulle questioni che riguardavano la prevenzione e i nuovi settori di cura non ospedalizzati, ma anche la difficoltà a coniugare le linee guida, così come le abbiamo costruite. Per cui gli emendamenti pur validi che sono stati inseriti. Ne cito uno per tutti: la questione della pagina 45, dove si cerca di definire lo standard nazionale delle 8-10 ore settimanali per i punti ambulatoriali, si cerca di definire i servizi di sollievo; si cerca di assicurare in ogni zona territoriale dell'Asur, secondo le direttive regionali, almeno le seguenti tipologie dei progetti triennali: residenzialità breve, servizi di tempo pieno, punti di aggregazione e risocializzazione, orari non coincidenti con le strutture sanitarie, quindi di servizi di promozione dell'automuto aiuto. Di conseguenza, la necessità di avere una unità per ogni 1.500 abitanti serviti, con correttivi a favore delle zone montane e soprattutto si parla, nel momento in cui si articolano le strutture operative, del personale in base agli standard di apertura, al dimensionamento del bacino di utenza, garantendo almeno la presenza di uno psichiatra, di uno psicologo o di un assistente sociale e di un infermiere. Oppure, sul day-hospital di nuovo si parla di posti letto del servizio psichiatrico, di diagnosi e cura, oppure si arriva ancora di più ai 300 minuti, con la co-presenza di tre figure professionali (infermieri, operatori socio-sanitari) nelle strutture di ricovero.
Cosa voglio dire? Che la Commissione ha positivamente costruito, sulla base della consultazione, la qualità delle necessità, quindi ha ridefinito negli standard dei diversi servizi la necessità di molto più personale, anzi a un certo punto dell'atto si dice anche che questo personale non può essere per sempre convenzionato ma bisognerebbe farlo diventare personale strutturato. Quindi si costruiscono delle basi serie per definire in modo articolato quei parametri che tra l'altro sono parametri che il Comitato nazionale per la bioetica aveva dato alle Regioni italiane, che però fa una domanda, che è l'unica domanda che voglio fare all'assessore, il quale in sede di replica potrà rispondere: come destiniamo e utilizziamo, anche sulla base dell'importanza che l'Oms dà, tutti quei servizi che l'atto ha deciso di potenziare? La percentuale che noi abbiamo è del tutto sottostimata, del tutto lontana da quel 5%, quindi come possiamo articolare quelle iniziative che sono invece fondamentali? Le riepilogo per comodità: sostegno alle famiglie, campagna nazionale di lotta contro il pregiudizio nei confronti di queste persone, riesaminare il concetto dell'incapacità, cercando di lavorare perché la perdita dell'abilità cognitiva non sia totale, lavorare per assistere le famiglie con un supporto sufficiente, lavorare per la prevenzione primaria, garantire la presa in carico dei casi più gravi e difficili, mantenere questa presa in carico, avere l'accreditamento delle strutture per la salute mentale, in modo da avere un trattamento equo e con giusta allocazione di risorse, sostenere e imparare a fare in modo che i medici di famiglia sostengano le famiglie, anche perché il vero anello, come sempre, sono i medici di famiglia, assicurare la formazione dei medici, dei pediatri di base, degli operatori psico-sociali, degli infermieri professionali, degli assistenti sociali, degli educatori professionali volontari in modo che questo bisogno di salute degli utenti abbia le migliori attenzioni, riconoscere il diritto alla sessualità dei pazienti psichiatrici, rivedere il sistema dei farmaci, costruire i dipartimenti di salute mentale anche per le carceri.
Le questioni che ho richiamato sono presenti nell'atto, non sono quindi nuove. L'atto comprende interamente la piattaforma che l'Oms e il Comitato nazionale per la bioetica hanno riportato. Il punto è esclusivamente finanziario. Non è possibile che continuiamo a liquidare atti che non hanno impegni finanziari cogenti. Vorrei ricordare all'assessore Melappioni, che ho depositato alcuni mesi fa — e ne ho chiesto l'iscrizione in aula — una interrogazione che chiede come mai la Regione Marche non partecipa alla richiesta di rimborso dell'Iva. L'Iva è stata considerata come costo, dai centri di costo della Regione, la Corte di giustizia europea ha detto che è rimborsabile, basta chiederla (ovviamente si tratta di far partire il meccanismo presso la commissione tributaria provinciale per le singole Asl), sono diverse centinaia di milioni di euro. Nell'interrogazione mi sono permessa di dire che lì si potrebbero prendere i soldi per la salute mentale, ma per l'assistenza agli anziani complessivamente. Si tratta di milioni di euro e non si capisce per quale ragione la Regione Marche non li chieda indietro. Vorrei una risposta su questo, non necessariamente oggi, ma vorrei capire per quale ragione continuiamo a fare degli atti in cui si declinano grandi questioni, i soldi restano sempre gli stessi, le priorità restano sempre le stesse, poi, fatto il progetto obiettivo, le questioni restano tal quali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Il problema che stiamo affrontando è molto delicato e deve essere valutato attentamente, perché anche in passato c'è stata una polemica su questa problematica, sulla chiusura, sull'opportunità o meno dei manicomi, su come sono stati poi riconvertiti gli stabili. Il problema più importante è quello dell'inserimento, nel contesto sociale, dei malati di mente.
E' una problematica diversificata, anche se l'obiettivo principale è unico, cioè far stare nel migliore dei modi il soggetto interessato. Ognuno ha una propria terapia, ha un proprio modo di curare il paziente. Risultati sono stati raggiunti? C'è chi dice che questi soggetti devono stare a contatto con i cittadini, vivere nei centri storici, nei centri abitati, avere un contatto, un confronto, mentre c'è chi dice che debbono stare nei posti più tranquilli. Quindi è un grosso problema quello di cui stiamo discutendo e secondo il nostro parere nessuno di noi, in questa fase, è portatore di verità, perché ognuno ha la propria teoria, il proprio progetto. Purtroppo c'è chi vive quotidianamente questo dramma, sia come familiare che come soggetto.
Ci aspettavamo da questa legge una maggiore sensibilità. Siamo convinti che sul problema ce l'avete, ma bisogna fare un investimento rispetto a questa problematica.
Ci dovete consentire di dire queste cose che possono sembrare polemiche, perché non siamo più in clima elettorale, anche se questa problematica non meriterebbe ciò. Ma vogliamo far capire la drammaticità della scarsità di investimenti.
A suo tempo a Civitanova era stata fatta una pubblicità con la Cantina Tollo, una squadra di biciclette. L'ex assessore Silenzi parlava di sperpero di denaro pubblico, diceva che il Comune di Civitanova non doveva investire 220 milioni per promozione turistica con una squadra di biciclette. Oggi vediamo stranamente che la Regione Marche a distanza di anni, dopo polemiche e denunce alla Corte dei conti, non solo sponsorizza una kermesse con Cipollini, ma addirittura sponsorizza l'ex Cantina Tollo, oggi Domina Vacanze, per andare al Tour con la scritta "Regione Marche" sui fianchi, che ben pochi vedono, poi ci troviamo ad affrontare queste leggi senza risorse. Questa legge è solo una dichiarazione. Mentre l'assessore Rocchi sperpera denaro per la Cantina Domina Vacanze — e può anche verificare come allora i suoi compagni di Civitanova hanno fatto una denuncia anche alla Corte dei conti — sposando un progetto ormai vecchio per Civitanova che si occupa di altre cose, su leggi così importanti c'è carenza di fondi.
La riflessione che facciamo è questa: è giusto che si faccia una promozione turistica mirata, ma quella promozione che l'assessore Silenzi, oggi presidente della Provincia di Macerata, contestava, è stata fatta propria dalla Regione Marche e nessuno dice una parola, come se nulla fosse successo, come se nessuno fosse andato alla Corte dei conti a denunciare il sindaco di Civitanova Marinelli, poi ci troviamo ad affrontare queste leggi per le quali c'è carenza di fondi.
Noi vogliamo fare questa "denuncia bonaria", perché non siamo abituati a rivolgerci alla Corte dei conti per queste sponsorizzazioni — a Civitanova le fanno per il catamarano — perché questo è uno stile vostro. Oggi, purtroppo, i ragli degli asini non vanno in paradiso ma rimangono sulla terra. (Interruzione dell'assessore Rocchi). Se ti fai un esame di coscienza e vai a leggere tutta la pratica prima della Cantina Tollo e oggi della tua sponsorizzazione per la corsa di biciclette, qualcuno dovrebbe fare mea culpa: o hanno sbagliato quelli che hanno denunciato alla Corte dei conti il Comune di Civitanova o sta sbagliando la Giunta regionale.
Chiedo scusa di questa parentesi, ma serve a dimostrare lo scollamento che c'è sulle varie iniziative, a livello politico e partitico. L'invito che facciamo al presidente della Giunta e all'assessore competente, è che si creda in questi progetti e in queste problematiche, investendoci veramente con risorse, non lasciare questa legge solo sulla carta, senza investimenti, mentre per altre cose si trova denaro fresco che potrebbe essere utilizzato meglio e dove serve veramente per gli utenti e per i propri familiari.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo che questa discussione rivesta particolare importanza, perché l'atto assume una valenza sociale oltre che politica, di notevole spessore. Innanzitutto si dà corso ad un impegno che era già contenuto nel piano sanitario e ci si occupa di una particolare materia che per la verità nello stesso piano era stata indicata come una priorità. Non a caso per la materia della salute mentale è previsto uno spostamento di risorse, nell'ambito del triennio, per far fronte a quelle esigenze che nella vecchia legge e nei piani precedenti di salute mentale non sono state definitivamente soddisfatte. Credo quindi che sia un discorso di civiltà, l'atto che discutiamo questa mattina, che si rivolge ad una particolare malattia che negli ultimi tempi sembra essere stata accantonata nella coscienza della popolazione e che sotto certi aspetti viene vissuta in qualche modo come un accidente della comunità che, più che essere oggetto di valutazione e di concreta soluzione dei problemi, viene ad assumere una posizione di emarginazione che non è giustificabile.
Dico questo perché, i tentativi che si stanno facendo a livello nazionale, che portano il segno di una restaurazione in termini di principio rispetto ad un'azione iniziata con la legge 180, di revisione complessiva di atteggiamento rispetto ad una situazione che nel tempo era stata di ghettizzazione, di emarginazione, portano il segno di quello che poco fa spiegavo, cioè una rimozione o un accantonamento del problema, in quanto è molto più semplice risolvere i problemi della tutela della salute mentale ghettizzando e mettendo la testa sotto la sabbia, piuttosto che affrontare il problema in termini civili e di supporto reale alle persone affette da malattia mentale.
Dico questo in un momento in cui si sta allargando il pericolo che la salute mentale venga ad essere una tematica esplosiva nella nostra realtà comunitaria, perché le condizioni di vita a cui una frenetica attività interrelazionale ci sottopone, comportano inevitabilmente un disequilibrio da parte di molti rispetto ad una tempistica di vita che probabilmente avrebbe bisogno di altri ritmi.
Non a caso il dato che salta agli occhi, contenuto nell'introduzione, è che nelle Marche, una popolazione di 1.466.000 abitanti, ben 30.000 persone sono considerate malate e utilizzano le strutture dei dipartimenti di salute mentale. Questo la dice lunga sul pericolo che abbiamo di fronte di approfondimento di una malattia devastante, che mette a repentaglio non solamente la vita personale di chi è affetto da disturbi e che merita attenzione e tutela, ma soprattutto si mettono a repentaglio gli equilibri comunitari, a partire dalla famiglia.
Da questo punto di vista una delle questioni su cui dobbiamo soffermarci, è quella contenuta nel capitolo XVI del progetto sul ruolo degli enti locali, che insieme alla Regione devono assolutamente intervenire con servizi di sollievo, a tutela della integrità familiare, che in questi ultimi tempi sta soffrendo, paradossalmente, proprio quella emarginazione cui prima facevo menzione. In altri termini, sempre di più in una vita in cui le soddisfazioni personali prevalgono rispetto agli interessi comunitari, vi sono famiglie che hanno a che fare con questa grave malattia, nella solitudine più completa.
Ecco perché dobbiamo fare uno sforzo binario: da una parte intervenire sulla persona con tutte quelle strutture che nel progetto obiettivo sono identificate, dall'altra intervenire a sostegno delle famiglie, per fare in modo che queste problematiche non diventino ancora più devastanti. E' un impegno che deve camminare parallelamente, altrimenti tutti i servizi che possiamo mettere in piedi non avranno efficacia, né saranno in grado di poter recuperare — la fase di recupero è fondamentale in questa progettualità — non riuscendo così ad ottenere i risultati dovuti.
Il progetto propone non sconvolgimenti rispetto a quanto fino ad oggi in questa nostra regione si è fatto, lavorando abbastanza bene, ma si puntualizzano i parametri e gli standards del servizio, che vanno ottimizzati rispetto ai bisogni e va fatto uno sforzo affinché tutte le parti dei dipartimenti di salute mentale possano utilizzare appieno le strutture che nel progetto obiettivo sono indicate. Purtroppo in passato ci siamo resi conto che parte di queste strutture non hanno funzionato o non hanno svolto fino in fondo la funzione cui erano destinate nei progetti. Ecco perché è necessario fare uno sforzo — la dislocazione delle risorse aggiuntive qui si impone — per fare in modo che tutta la strutturazione dipartimentale riesca ad esprimere la piena potenzialità.
Un aspetto che secondo me va evidenziato, è che questo progetto impone uno sforzo di integrazione socio-sanitaria che non è di secondaria importanza. In passato abbiamo già realizzato un buon lavoro sotto certi aspetti, non su tutto il territorio e qui una omogeneità si impone su tutto il territorio regionale. Questa integrazione non si è avuta da tutte le parti ma credo che sia un elemento qualificante del progetto: mettere insieme il sociale e il sanitario in maniera adeguata e finalizzata. Soprattutto dal punto di vista della residenzialità c'è da lavorare molto, in modo tale che tutte le potenzialità possano essere utilizzate. E' chiaro che ogni territorio ha la sua peculiarità, ogni territorio potrà svolgere la sua attività sulla base delle proprie esigenze e sulla base delle potenzialità che possono essere messe in campo, però se non riusciremo a trovare una omogeneità seria, evidentemente non avremo fatto fino in fondo il nostro mestiere.
Il problema che si pone all'indomani dell'approvazione di questo atto è sì quello di trovare risorse aggiuntive, ma anche trovare quella omogeneità, quella forza comune per fare in modo che tutto l'armamentario messo in essere sui dipartimenti di salute mentale, trovi assolutamente realizzazione.
Questa materia probabilmente non è statica: i nuovi bisogni e le nuove insorgenze pongono continuamente problematiche, che derivano anche dalla complessità di una malattia che trova riferimento nelle novità che comportano inevitabilmente le nuove relazioni sociali che si stanno determinando nella nostra comunità in completa trasformazione. Ovviamente il sussidio familiare che potevamo valutare vent'anni fa non è la stessa cosa oggi. E' inevitabile che una famiglia più debole, meno strutturata, non può svolgere più quelle funzioni che poteva svolgere e che svolgeva negli anni scorsi. Ecco perché l'intervento sul territorio a supporto anzitutto delle famiglie che hanno il problema e che rimangono uno dei primari soggetti, dovrà dare una risposta più forte, se non vogliamo lasciare in mezzo alla strada i malati.
Sotto questo aspetto dovremmo anche tentare sperimentazioni e soluzioni che possano andare oltre quanto prevede il progetto obiettivo e devono assolutamente prendere in considerazione casi limite che si pongono sempre più in maniera frequente nella nostra comunità, di soggetti che non riescono a trovare, anche nella strutturazione così come è stata delineata in questo atto, rispondenza ai propri bisogni, soprattutto per la difficoltà che sia ha ad affrontare casi limite che in questo settore stanno aumentando. Certo, la strutturazione che si è data ai dipartimenti di salute mentale è più che adeguata, fa i conti con una oggettiva realtà, che è quella di una sanità che fa fatica ad assolvere a tutte le incombenze a cui è giornalmente chiamata, però non possiamo non tenere conto che, laddove ci fosse la necessità di intervenire in termini originali rispetto anche a delle situazioni limite, dobbiamo assolutamente farlo.
Ecco perché grande responsabilità, da questo punto di vista, è in capo anche agli operatori, che in questo settore diventano essi stessi esposti ad una realtà assolutamente complicata. Ecco perché una maggiore attenzione a questi operatori va dedicata, siano essi medici o paramedici. Qui si parla di personale strutturato ed è una cosa giusta, perché occorre una particolare competenza e una particolare professionalità per affrontare le tematiche della salute mentale, ma dobbiamo pensare di supportare questo personale nel modo adeguato, perché il rapporto con questa malattia è tale da mettere a repentaglio anche l'integrità dei soggetti che operano a favore dell'utenza.
E' uno degli aspetti su cui, forse, dovremo ritornare, non solamente in termini di formazione, che indubbiamente è necessaria per l'aggiornamento costante e per l'attuazione delle metodologie innovative, ma è importante venire incontro agli operatori di questo settore anche in termini normativi, per tutelarli da training particolari che si possono realizzare in un settore, che potrebbero in qualche modo inficiare lo stesso loro equilibrio. Credo quindi che su questo dovremmo tornare in maniera adeguata, per fare in modo che gli operatori siano costantemente in grado di dare una risposta piena rispetto ad una situazione che molte volte diventa a rischio.
Credo che il lavoro fatto con questo progetto sia positivo e che ci sia uno sforzo di aggiornamento notevole della organizzazione, che non deve essere più a macchia di leopardo, ma questo fa i conti con la realtà della limitatezza delle risorse. Sostanzialmente credo che sia un atto di buon governo della salute, un atto di civiltà che va ad onore della nostra civiltà regionale e di una attenzione alla emarginazione che è sempre stato uno dei punti di riferimento della nostra azione di governo e soprattutto dell'azione di governo del welfare.

PRESIDENTE. Ci sono degli emendamenti. Il primo è a firma Pistarelli, Ciccioli e Castelli. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Il primo emendamento si riferisce a un gruppo tecnico ristretto, costituito da tecnici sanitari. Chiediamo che ci sia il collegio dei direttori di dipartimento, perché sono coloro che sul territorio sono più direttamente a contatto con i problemi e sono tutte persone di comprovata esperienza tecnica, tra l'altro nominati dai direttori generali e dai direttori di zona, che sono di fiducia dell'assessore, quindi c'è anche l'aspetto della fiduciarietà. Crediamo che questo sia importante affinché non ci sia un comitato tecnico completamente scisso dalla realtà del territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Chiedo di respingere questo emendamento. In occasione dei lavori di Commissione abbiamo affrontato questo tema, poiché ci era stato posto in sede di consultazione da parte di varie componenti, sia di operatori sia di associazioni dei familiari dei malati. In particolare era stato posato il problema del rapporto tra la consulta e questo gruppo tecnico, affermando, da parte di molti, la preoccupazione che la costituzione di un gruppo tecnico regionale troppo vasto e implicante un numero notevole di membri della consulta regionale facenti parte del gruppo tecnico regionale avrebbe potuto, di fatto, annullare le funzioni della consulta, quindi c'era una preoccupazione da parte delle componenti che esprimeranno la futura consulta, di una espropriazione del loro ruolo da parte del gruppo tecnico regionale avrebbe potuto, di fatto, annullare le funzioni della consulta. Quindi c’era una preoccupazione da parte delle componenti che faranno parte o esprimeranno la futura consulta, di una espropriazione del loro ruolo da parte del gruppo tecnico. Credo che se noi costituiamo il gruppo tecnico con tutti i direttori di dipartimento più altre figure, nei fatti vanifichiamo la consulta, che invece necessita di essere potenziata perché riguarda una partecipazione più ampia di altri soggetti. Quindi sono per lasciare il testo così com’è.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva)

Emendamento n. 2 a firma Pistarelli e Ciccioli. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questo emendamento riguarda il tema che ho trattato nel corso del mio intervento, cioè il centro di salute mentale vive se ci sono le persone che lo fanno funzionare, con le professionalità adeguate, altrimenti ci troviamo di fronte a strutture che ci sono, che però sono attive pochissime ore al giorno. Se proviamo in questi giorni, di pomeriggio a chiamare queste strutture sono quasi tutte chiuse. Faccio l’esempio di Fano che mi viene in mente perché ho là seguito una situazione: telefono il pomeriggio, non c’è nessuno perché è estate, ci sono le ferie, hanno cominciato a smobilitare. Ci vuole l’indicazione del personale, non è che noi qui espropriamo, chiediamo che la Giunta regionale individui con apposito atto numero, qualifiche e funzioni del personale minimo, poi a seconda delle necessità ognuno si organizza. Questo è un buon servizio fatto al progetto.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. A mio parere si può anche approvare un emendamento di questo genere, ma mi sembra limitativo, nel senso che poi il personale minimo necessario diventa il personale ottimale e oggi noi, rispetto ai servizi che riguardano la salute mentale, dobbiamo fare un passo più in là. Avendo questo livello minimo garantito, con questa modalità rifacciamo un percorso che ormai la sanità ha superato: quello di individuare il personale con un criterio rispetto all’organico, al numero degli addetti. Credo quindi che un emendamento così posto rischi di essere soltanto una limitazione ad una qualità ottimale del servizio. Comunque, se il Consiglio lo sente come una necessità di garantire un livello minimo del personale il sottoscritto non ha niente in contrario, ma vorrei sentire il relatore, perché a mio parere questo non ci aiuta sul percorso di qualificazione del sistema. Se c’è però la sensazione che senza questo livello minimo la qualità del servizio scada rispetto allo stato attuale, l’emendamento può essere approvato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Comprendo perfettamente le osservazioni che l’assessore ha avanzato, penso tuttavia che un emendamento di questo tipo possa essere accolto, perché, così come si fa per tutte le altre strutture sanitarie che sono soggette ai procedimenti di autorizzazione e accreditamento, laddove vengono fissati requisiti minimi anche di tipo organizzativo, penso che la stessa cosa possa essere fatta anche per strutture interne al dipartimento di salute mentale, fermo restando che la definizione di questo personale minimo necessario che la Giunta dovrà fare, dovrà tenere conto della situazione complessiva del personale esistente all’interno del dipartimento della salute mentale, anche per il corretto svolgimento delle altre funzioni.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 3. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Si tratta del personale minimo per qualifiche e funzioni per l’attivazione della struttura. Ci si riferisce, in questo caso, al centro diurno. Se il centro diurno è aperto soltanto cinque ore la mattina, mezz’ora dopo l’ingresso del personale e chiude alle 13,30 è un centro diurno molto modesto. Il centro diurno deve essere aperto almeno 7-8 ore al giorno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno a firma Mollaroli, Ricci e altri.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo. Ha la parola l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Questa proposta di atto amministrativo è uno dei più importanti momenti di applicazione del piano sanitario ed uno degli aspetti che avevamo preferito stralciare rispetto alla programmazione del piano sanitario, proprio per un approfondimento e un’analisi più precisa, perché il tema, indubbiamente, ha una priorità che sta in linea con la storia della sanità marchigiana, molto attenta a queste problematiche, molto attenta ad un percorso di applicazione della legge 180, per cui ormai, nella nostra regione il percorso di attuazione di liberazione dalla residenzialità manicomiale fa parte da diverso tempo della storia. In linea con questo c’è stata un’evoluzione quantitativa di tutto il servizio alla salute mentale, che indubbiamente non è esaustivo rispetto alle problematiche che ogni giorno la sanità deve affrontare in questo settore, proprio per un crescente disagio individuale che, in linea con il mondo occidentale, si sta iscrivendo in una spirale di costante progresso della domanda.
In quest’ottica nel piano sanitario abbiamo fatto una scelta molto importante che mi sembra qualche collega non abbia ben percepito rispetto ad una scelta che, dentro un contesto economico estremamente difficile... Non torno sopra la questione, ma chiedo ancora una volta ai colleghi un contributo costruttivo rispetto al governo della sanità marchigiana, per capire qual è la scala delle priorità. Credo che sia fin troppo comodo dire ogni volta che in uno specifico ambito ci debbano essere tutte le risorse a disposizione, poi ci troviamo davanti a una situazione nazionale in cui tutte le Regioni, di centro-destra e di centro-sinistra, ormai individuano solo per il 2004 in 2.500 miliardi la carenza di risorse a disposizione e su questo si inserisce la scelta del Consiglio regionale che nell’atto di programmazione sanitario ha individuato risorse aggiuntive specifiche, finalizzate alla salute mentale, per 3,3 milioni di euro per il 2003, 6,6 milioni di euro per il 2004 e 9,9 milioni di euro per il 2005, con una scelta a mio parere forte, che nasceva da una percentuale comunque bassa, anche se superiore alla media nazionale di risorse a disposizione della salute mentale, proprio per far fare un passo avanti, per dare un contributo a quello che prima il collega Ciccioli criticava, non leggendo in questa proposta il nuovo.
Io credo che ci siano invece dei percorsi che individuano chiaramente il passo avanti che vogliamo fare con questo atto amministrativo rispetto a una base solida ed efficace del sistema di protezione della salute mentale. Non per niente nella nostra programmazione noi usiamo tre parole chiave che individuano una modalità più consona a un sistema che si vuol leggere a rete, che è quello di parlare di percorsi, di profili e di linee guida su tutte le azioni della cura e della prevenzione della salute mentale, non dimenticando che parliamo anche di moduli sperimentali per quello che riguarda le patologie degli adolescenti.
Credo quindi che il governo regionale, proprio con le risorse e con la declinazione delle priorità e degli obiettivi nell’atto amministrativo, completi un percorso e aiuti ad uscire da quel livello di emergenza su una serie di problematiche della sanità marchigiana, per dare stabilità a un percorso in cui le novità sono rappresentate anche dai servizi di sollievo, dal completamento della rete e dalla possibilità di avere a disposizione risorse aggiuntive che oggi ci fanno sentire molto meno le lamentele rispetto ad un territorio che in alcuni momenti si era trovato in difficoltà negli anni precedenti. Questo credo vada anche a merito del lavoro complesso, non facile, lungo e impegnativo fatto dalla nostra Commissione, a cui va dato atto di un lavoro di rifinitura rispetto alla nostra proposta di completamento, per cui credo che oggi, con questo voto mettiamo a disposizione della sanità marchigiana una nuova organizzazione di tutto il percorso della salute mentale, bene attento al territorio, bene attento a non limitarci soltanto all’acuzie, quindi a rispondere in immediato a una serie di problematiche, ma attento a cercare di prevenire tutta una serie di problematiche che una società moderna pensa di risolvere con la clinica, mentre ha invece necessità di una rete di servizi di protezione che non stanno soltanto dentro il sistema sanitario, ma anche in una rete che si coniuga bene in una integrazione socio-sanitaria e che quindi vede un lavoro in sintonia con il territorio, con gli enti locali, con i Comuni.
Sotto questo punto di vista credo che anche l’ordine del giorno presentato dalla collega Mollaroli richiami l’attenzione del rischio che si perdano gli elementi positivi, di grande civiltà, di grande progresso che sono stati ottenuti in questi anni di applicazione della 180, indubbiamente con necessità di alcuni aggiustamenti, ma per come sta andando a livello nazionale il riordino della legge 180, mi preoccupo che, invece di avere alcuni aggiustamenti, torniamo ad alcune logiche che fanno parte del passato e che di sicuro non aiutano la qualità dei cittadini, soprattutto quelli più fragili, quali sono quelli affetti da patologie della salute mentale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Sento di fare una dichiarazione di voto, perché l’assessore ha precisato delle cose, tra l’altro largamente condivisibili, come quella dell’integrazione tra le discipline nell’ambito della gestione complessiva della salute e del benessere alla persona. Però c’è un dato che io credo fondamentale, che ci orienta sulla votazione finale. Apprezzo lo sforzo della maggioranza di tener conto degli emendamenti tecnici, quindi lo sforzo anche di aprirsi a contributi dell’opposizione, però l’insufficienza dell’atto è relativa alla gestione non dinamica ma statica del disturbo psichico. Il disturbo psichico non è come un disturbo di tipo cardiologico in cui la stabilizzazione, di fatto, rappresenta un grande evento (quando tu hai stabilizzato una patologia, sei riuscito a dare una risposta importante). Qui la stabilizzazione significa cronicizzazione e non è prevista alcuna struttura che dalla stabilizzazione, che è un dato che il progetto cerca di raggiungere, vada nella dimensione di un certo tipo di riabilitazione dinamica, perché le strutture protette qui previste sono tutte nell’ambito del contenimento, mentre l’altro aspetto importante che noi pensiamo è quello della fuoriuscita dal percorso, la cosiddetta “carriera psichiatrica” di basagliana memoria.
Per questo motivo confermo i dubbi che avevo nel mio intervento generale e dichiaro di votare contro il provvedimento, a nome del gruppo di An ma credo anche a nome degli altri gruppi di opposizione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva






Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): “Piano triennale per gli interventi delle politiche attive del lavoro 2004-2006. Art. 3 della l.r. 9 novembre 1998, n. 38” Giunta (136)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 136, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Questo atto deriva dal D. Lgs. n. 469 del 1997 che conferisce alle Regioni e agli enti locali funzioni e compiti in materia di mercato per le politiche attive del lavoro.
A seguito di ciò la legge regionale n. 38/98 prevedeva anche un nuovo collocamento e una nuova organizzazione dell’incrocio tra domanda e offerta per il lavoro e l’istituzione dei centri per l’impiego.
L’art. 3 della legge 38/98 prevede la redazione del piano triennale degli interventi che saranno specificati in maniera più congrua nei piani annuali.
Questo piano triennale, ma anche quello precedente 2000-2002, è stato differito al 31.12.2003, in quanto le nuove disposizioni dell’Ue hanno integrato dentro le politiche attive per il lavoro tutto il sistema della formazione professionale. Il piano annuale in questo senso assume le caratteristiche di un atto di programmazione di medio periodo. I piani annuali definiranno le risorse co-finanziate provenienti dall’Obiettivo 3 del Fse 2004-2006, che prevede un fondo complessivo di 120 milioni di euro, di cui il 45% di risorse comunitarie, il 44% di risorse nazionali e l’11% di risorse regionali. Per il resto il piano triennale prevede le linee guida per il nuovo piano annuale, derivante in primo luogo da una lettura del contesto e della dinamica economica nazionale ed europea, ma anche di quella regionale, perché proietta la programmazione 2004-2006. Leggere il contesto a mio modo di vedere è decisivo per orientare le scelte e correggere il modello di sviluppo, in primo luogo verso la sicurezza nei luoghi di lavoro, in secondo luogo incentivando i settori come l’agricoltura, in terzo luogo qualificando la formazione.
I fondi debbono andare alla formazione e non solo ai formatori, ma i soldi per la formazione saranno soldi buttati via se non si cancella la legge 30 del Governo che precarizza, flessibilizza e destruttura il mercato di lavoro, distrugge l’unitarietà del lavoro, attacca il contratto nazionale di lavoro. Il lavoratore viene equiparato a somministrazione di manodopera, come se fosse uno scatolone da spostare a seconda delle esigenze del profitto.
In questo contesto va letto anche il quadro economico in cui agiscono le Marche e le dinamiche decennali che si sono avviate in questi settori così diversificati.
Ad esempio le Marche dal 1993 al 2003 passa, come sviluppo, dall’8,5% al 4,1% nel settore dell’agricoltura; nello stesso settore, nel 1993 in Italia c’era uno sviluppo del 7,3% e oggi abbiamo il 5%.
Quindi viene attaccato anche il posto fisso, che non è un obiettivo, un miraggio, ma deve servire anche a garantire la persona e a farla proiettare nel futuro, come programmazione. Infatti un giorno si è muratore, un altro fornaio, un altro ancora bagnino o cameriere. In queste condizioni la formazione seria non si può fare. Una destrutturazione che oltre a danneggiare la classe operaia, danneggia anche il sistema delle imprese, che con il miraggio degli sgravi fiscali attraverso le assunzioni interinali non avrà più quadri, operai e tecnici, o con sempre minore qualità.
Nel decennio 1993-2003 a livello nazionale l’industria è passata dal 34,2% al 31,8%. Nelle Marche lo stesso settore, dal 38,4 è passato al 40,7.
I servizi in Italia sono passati, dal 1993 al 2003, dal 58,6% al 63,2%. Nelle Marche lo stesso settore passa dal 53,1 al 63,2.
In definitiva il piano annuale ed i piani annuali dovranno intervenire con un’ottica più sociale, in primo luogo sull’occupazione giovanile, con un a popolazione altamente scolarizzata. In secondo luogo sull’occcupazione femminile che rappresenta la maggioranza di utenza, ma anche in termini di disoccupazione. In terzo luogo l’inserimento delle persone svantaggiate e, se necessario va ampliata la definizione che dà di questa categoria il regolamento CE del dicembre 2002, che definisce le caratteristiche dei soggetti svantaggiati, ma bisogna ampliare queste previsioni perché ormai sono molteplici, diversificate le condizioni di disagio sociale e di emarginazione.
Poi c’è l’inserimento lavorativo dei disabili, un problema che va affrontato con molta oculatezza in termini sociali, non paternalistici o di carità, ma con politiche serie, attive e con dotazione di risorse. Poi viene l’inserimento degli immigrati, che in certe condizioni passano da lavoratori precari nei lavori più umili, ad imprenditori. Poi c’è il problema della crisi occupazionale.
A mio modo di vedere questo rappresenta il cuore della lettura di tutto il contesto, perché i settori trainanti dell’economia delle Marche — calzatura, elettrodomestico e mobile — oggi sono esposti a crisi, ad una crisi vasta. L’artigianato infatti si è trasformato in indotto di queste case madri, ma dinanzi alla crisi imposta dalla globalizzazione, a differenza della grande impresa capitalistica che può delocalizzare alla ricerca dei costi più bassi del lavoro con meno diritti, la piccola impresa, diventata indotto, non può delocalizzare, non ha la forza di passare il proprio prodotto ad altre parti del mondo o dell’Europa ma è costretta a chiudere e in ciò sta la crisi occupazionale anche delle Marche ed il numero di iscritti alle liste di mobilità dal 2002 al 2003 nella nostra regione è aumentato del 70%.
E’ in questo quadro che bisogna operare, con una selezione innovativa delle risorse, affinché ci sia, soprattutto, la tenuta dell’occupazione, la risoluzione del problema della sicurezza nei luoghi di lavoro e, in definitiva, una buona politica per il lavoro, d’intesa con il sistema degli enti locali.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Approfitto — prima non sono potuto intervenire sulle comunicazioni del Presidente — per fare gli auguri di b uno lavoro al neo assessore Modesti, che ho conosciuto in Commissione, ne ho apprezzato la serietà e l’impegno. Al di là delle differenze delle nostre posizioni politiche, faccio a lui gli auguri di buon lavoro.
Entrando nello specifico di questo argomento, dicevo in Commissione anche ai colleghi della Casa delle libertà che mi chiedevano come ci dovessimo noi comportare di fronte a questo atto, essendo questo il piano triennale, quindi un insieme di indicazioni e di principi generali sui quali intende muoversi l’Amministrazione regionale, è difficile dire che siamo contrari, perché c’è una condivisione di fondo, quando si dice che la bozza definisce i principi, che sono quelli di “promuovere politiche attive del lavoro per consentire a tutti l’accesso al mercato del lavoro in condizioni di piena regolarità, garantendo l’attuazione del principio di pari opportunità uomini e donne...” ecc. Su questi principi non possiamo essere contrari. Sull’applicazione vedremo nel piano annuale: quando l’assessore presenterà il piano annuale saremo più precisi nella valutazione.
Mi sono permesso, nel frattempo, di offrire alcuni elementi di riflessione all’Amministrazione regionale stessa e al Consiglio oggi, molto pragmatici anche per la mia esperienza lavorativa.
Intanto in Italia è stata approvata la “legge Biagi”, quindi la riforma del collocamento, la riforma del servizio attraverso il quale c’è l’incontro fra la domanda e l’offerta del lavoro. Credo che l’ente pubblico in generale si stia muovendo con una certa lentezza per adeguarsi a questa normativa e quanto affermo è confermato anche dall’analisi che è stata pubblicata in questi giorni da Il Sole 24 Ore nella quale si evince che i 13 centri per l’impiego delle Marche riescono a collocare solo l’8% del totale delle assunzioni. Questo è un monitoraggio fatto dall’Armal nel 2003, quindi significa che sotto questo profilo la struttura pubblica rappresenta un elefantino burocratico che costa molto e rende poco. Questo è un problema che vediamo in generale anche su altre questioni. Solo l’8% della richiesta di lavoro trova questo incontro attraverso la “mediazione” della struttura pubblica, quindi questo ci fa comprendere quanto, in effetti, rispetto a quanto si spende, a quanto costano questi servizi in genere, essi poi rendano.
Mi sono permesso e mi permetto anche in quest’aula di sollecitare l’assessore al lavoro a verificare l’opportunità a mantenere l’agenzia Armal stessa a svolgere la funzione che svolge, quando penso che, onestamente, il servizio potrebbe realizzarlo e svolgerlo direttamente. Non sono amministratore e quindi potrei anche commettere degli errori nel fare questa valutazione, ma visto le ristrettezze economico-finanziarie nelle quali ci troviamo, credo che quanto più si riesce a snellire la struttura burocratica che serve per accelerare certi processi, tanto più si liberano risorse che vanno direttamente a incidere sul mercato del lavoro.
La sensazione che ho — e per serietà professionale bisogna dire che questo succede ancora di più nel Lazio, amministrato dal centro-destra, non credo che ci siano grosse differenze — è che molte delle risorse vengano riassorbite da strutture cariche di personale che costano e non rendono molto.
Un’altra valutazione è quella sulla verifica, anche se non è argomento di questa mattina — ma si collega perfettamente all’atto che stiamo per approvare — e sulla certificazione, sempre più corretta e completa dei formatori, di coloro che fanno la formazione professionale, perché in questo capitolo si spendono dei soldi, giustamente si investono delle risorse, poiché è un aspetto importante quello della formazione, soprattutto per i lavoratori che escono da un’azienda, devono ricollocarsi ecc. E’ quindi un aspetto sicuramente positivo. Dobbiamo però anche dire che molto spesso si incontrano società di formazione che poi non sono perfettamente all’altezza del compito. Credo allora che una certificazione seria e uno snellimento di questi elenchi sarebbe opportuno, così le risorse utilizzate possono avere una possibilità di impiego migliore.
Questi alcuni suggerimenti generali. Quando l’assessore presenterà il piano annuale si potrà essere, sia in Commissione che in aula, più precisi, però per quanto riguarda il piano triennale, come relatore di minoranza io sono per un’astensione, perché non penso che si possa votare contro questo piano triennale che recepisce risorse dalla comunità e le destina in settori — formazione, aggiornamento — dove tutto sommato si devono destinare. Mi preme però consigliare all’Amministrazione: siccome le risorse ci sono, se potessimo snellire la burocrazia, rivedere alcuni processi attraverso i quali queste risorse arrivano all’utente, sicuramente daremmo un servizio migliore alla comunità marchigiana, altrimenti c’è il rischio che gran parte di questi soldi buoni si perdano nel rivolo delle organizzazioni, della struttura e non arrivino a chi ne ha direttamente bisogno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Ho letto velocemente il piano triennale degli interventi per le politiche attive del lavoro e ho ascoltato Procaccini e Viventi. Sostanzialmente condivido il ragionamento che viene fatto mi rivolgo all’assessore, per andare alla sintesi.
Questo piano triennale contiene una serie di analisi del contesto regionale, una serie di questioni che rimandano alle conferenze europee sulla programmazione del 2004-2006. Sostanzialmente, sia l’analisi che il ragionamento sull’Europa sono condivisibili. Non si parla della riprogrammazione dei fondi strutturali che, come noto, qualche problema a regioni come la nostra lo possono provocare. Qui dobbiamo programmare l’ultimo triennio 2004-2006 del Fse. Non è poca cosa, perché se in sei anni sono 284 milioni di euro, grosso modo la metà è una cifra enorme. La cosa che non si condivide nonostante una serie di analisi condivisibili, ragionamenti che riguardano le debolezze della struttura economica che conosciamo — sia alcuni settori produttivi, sia alcune questioni che riguardano la specificità femminile, sia le questioni della salute dei lavoratori dentro le aziende — riguarda l’allegato 2 relativo alle risorse. Infatti per quanto riguarda gli esiti si comincia a vedere che ci sono stati 2.283 progetti, 10.000 destinatari, 1.800 assunzioni. Si comincia a leggere una serie di ragionamenti importanti su quella che deve essere la funzione del Fse e l’Ue ci dirà se abbiamo fatto bene o non abbiamo fatto bene. La cosa che non capisco, perché non l’avete scritta, è come intendete cambiare, perché la riprogrammazione del Fse è una cosa che avete cominciato a fare: so che ci sono state riunioni anche con il Comitato di sorveglianza, non so se avete concluso il ragionamento e qui l’avete volutamente omesso (e sarebbe grave sul piano politico) o se invece questo ragionamento è ancora in itinere, per cui non l’avete messo. Ma allora perché presentare il piano?
Il ragionamento su quello che volete fare di cambiamento rispetto alla programmazione attuale non si evince. La riprogrammazione del Fse non c’è? Quella che è stata fatta sei anni fa. Il documento che l’allora Giunta mandò a Bruxelles fu un documento sul quale io, allora assessore, mi ritrovai e rispetto al quale tentai di fare alcune modifiche, ma minimali. In questi tre anni sono cambiate moltissime cose: è saltata la previsione dei servizi per l’impiego, tutto il ragionamento fatto da noi, su cui ottenemmo la deroga, è saltato, nel senso che, purtroppo, il Governo nazionale ha fatto la legge 30 e ha parificato le agenzie interinali ai servizi per l’impiego. Questo qualcosa vuol dire, ma vuol dire qualcosa nel senso che vale la pena di continuare a destinare quella cifra — erano 87, ne avete impegnati circa 28 — all’asse A? Perché vale la pena?
Se guardiamo l’elenco dei corsi, sono certa sul dato delle province di Ascoli e Pesaro, facciamo finta che sia un dato regionale: troppi corsi di formazione professionale sono gestiti dalle ex scuole, oggi centri per la formazione e l’impiego. Niente o quasi niente va alle imprese. Non va bene. Per i ragionamenti che facciamo sulle imprese, relativamente alla necessità di presa in carico dei laureati da parte delle stesse, relativamente alla necessità che ci sia occupazione stabile, non possiamo fare corsi finalizzati a mantenere in piedi la struttura dei servizi per l’impiego. Rispetto a tutta l’operazione di decentramento che facemmo, con la “legge Biagi” funzionante non possiamo pensare di “reggere la botta” della precarizzazione costruendo un apparato pubblico di quel tipo. La precarizzazione del mercato del lavoro, che è passata a grandi mani, nelle Marche ce la giochiamo nella capacità di controllo sulle condizioni di lavoro dentro le aziende, non più pensando di selezionare sul fronte dei servizi per l’impiego. Il fatto che l’avete scritto è da intendere nel migliore dei modi, non che l’avete voluto scrivere e l’avete pensato da un’altra parte, non lo dite al Consiglio, ma non l’avete scritto perché non l’avete pensato? O se non l’avete pensato o avete confermato la distribuzione per assi uguale a quella che si fece allora, siccome avete il potere, usatelo. Inoltre, togliete soldi dall’asse A, perché se dobbiamo finanziare le agenzie interinali e tenere in piedi carrozzoni pubblici che non servo no perché fanno prendere posti di lavoro soltanto all’8%, mettete questi soldi negli assi C e soprattutto D e fate in modo che sia attuato quel patto che facemmo con le imprese: “prendete i laureati, ve li paghiamo noi un milione il primo anno”, o inventatevi altre cose, che però: “tengano botta” sul punto dei laureati. Voglio ricordare a quest’aula che siamo d’accordo sul fatto che l’analisi ci unisce, ma l’analisi sul punto dei laureati nelle Marche è tremenda, dice che i laureati vanno tutti a lavorare fuori regione. Quando ci inventammo il meccanismo dei laureati dentro le imprese, ce lo inventammo perché era necessario convincere le imprese che per fare innovazione tecnologica era necessario prendere laureati, per capire i processi di innovazione di prodotto.
Troppi soldi all’asse A. Suggerisco di toglierli e di metterli per quanto riguarda le imprese.
La questione che veniva fuori con evidenza assoluta nei primi anni di programmazione, è che l’asse B era troppo poco e abbiamo fatto l’atto sulla salute mentale, prima: 30.000 persone coinvolte. Il problema del lavoro di queste persone è importante. Nell’asse B c’è tutto il disagio in senso lato e c’è anche l’immigrazione. Il 3% dell’asse B è assolutamente assurdo. Era assurdo, ma ce lo trovammo già fatto. Cambiate questa percentuale, non tenetela così, perché altrimenti il meccanismo non funziona.
La stessa questione sull’asse C. Cosa volete fare dell’università, dei Mas, degli Fts? Vogliamo puntare su quelli? I soldi per l’accreditamento delle strutture: ormai chi si è accreditato si è accreditato. Nelle Marche ci sono 350-400 enti accreditati, non so se è il caso di fare un bando, ma una volta fatto un bando è inutile fare bandi per tre anni sui finanziamenti a queste strutture, è il caso di metterli sulle università, sempre per il solito discorso di prima che i laureati non vengono a lavorare nelle Marche.
L’asse E è quello per le pari opportunità. Anche qui il 10% era poco. Volete rimodularlo? Dove riprendere i soldi? Io li toglierei dall’asse A e dall’asse F, perché di fondi per l’assistenza tecnica e per i consulenti ne avete usati fin troppi e probabilmente siete in grado di reggere fino alla fine senza dover ulteriormente implementare. Mentre sugli altri assi, farei una scelta sul C3 per l’università o per i master, il C4 per l’educazione agli adulti, per stare dietro all’indicazione europea, mettendo un po’ più sul D3.
Non ho presentato emendamenti perché non ho trovato la tabella. Non presento niente, neanche un ordine del giorno, perché vorrei che fosse il governo della Regione a fare questo, perché è una cosa prettamente sua, però non c’è dubbio che, così, questo atto “non parla”, nel senso che non possiamo fare i ragionamenti solo sulle Marche, su come sono belle, su quali sono i problemi se non ci mettiamo i soldi per farle diventare più belle e per eliminare i problemi. Sono 140 milioni di euro per i prossimi tre ani, compreso il 2004 che se ne è già andato per metà.
Per votare a favore mi aspetto un ragionamento di condivisione dell’assessore o di ascoltare un altro ragionamento sui finanziamenti che io possa in qualche modo condividere, altrimenti mi adeguerò all’astensione che Viventi proponeva, avendo fiducia che l’assessore declini, magari nel piano annuale, queste cose. Ma sarebbe stato questo l’atto nel quale la Giunta avrebbe dovuto dire, nei prossimi tre anni, che cosa aveva intenzione di fare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Vorrei cominciare con una nota di costume politico. Lei, assessore, ha presentato alla stampa, qualche settimana fa, una proposta di legge relativa a questa materia. Ho sbagliato a leggere?

Marco LUCHETTI. Eri preso dalla campagna elettorale...

Roberto GIANNOTTI. No, ho letto questa cosa, ho chiesto all’assessorato di avere il testo della proposta che è stata presentata e mi è stato detto che non c’è, che ancora è in costruzione. Mi sono permesso di dire — e sono disposto a fare marcia indietro — che se fosse vera la notizia che l’assessore ha presentato una proposta di legge che non c’è, sarebbe un fatto disdicevole sul piano del costume politico.
Questo documento è stato approfondito in Commissione, credo che sia stato discusso con il consenso, in termini critici, da parte di tutti i gruppi che hanno avuto la possibilità di esprimere il loro punto di vista. Noi non lo voteremo, perché anche se è uno strumento di programmazione triennale — non è il piano annuale — ci sono tantissimi punti di critica rispetto ai quali vogliamo dire la nostra.
Il piano è scritto anche bene, nulla da eccepire sul piano della scrittura, del corredo, ma manca la sostanza, manca il cuore. Provo a dire alcune cose che ho visto e che sono state espresse dai nostri consiglieri in Commissione.
Intanto, quale esito ha avuto l’integrazione formazione-lavoro, che è uno dei riferimenti più importanti dell’azione svolta in questo campo? Manca un giudizio sull’impatto del piano triennale precedente. Dov’è? Come è stato pesato il risultato del lavoro realizzato in passato, nei tre anni precedenti? Qui ci sarebbe da fare una lunga, approfondita elencazione dei limiti, legati soprattutto all’introduzione del principio del rapporto di integrazione fra formazione e lavoro, cioè di un piano del lavoro che integra quello della formazione.
La seconda grave lacuna del documento è quella relativa agli esiti occupazionali. Noi facciamo la formazione tanto per diletto, tanto per divertirci? Che cosa ha prodotto questo grande sforzo economico, questo grande sforzo della Regione in termini di occupazione, quando tutti sappiamo che la ragion d’essere dell’attività formativa è quella degli sbocchi occupazionali? Dove sono i risultati? Quali risultati vanta la Giunta regionale in questo campo? Siete talmente vuoti sul piano dell’esito, che non avete nemmeno il coraggio di scrivere “abbiamo fallito, comunque abbiamo fatto una piccola parte”. Manca qualsiasi riferimento e tutti sanno che questo processo è legato agli sbocchi occupazionali. Se non c’è questo non c’è la possibilità di dare risultati concreti, che in qualche modo giustifichino la spesa e gli oneri finanziari che si sostengono.
Poi mi sembra che il piano sia completamente scollegato. Mi sembra un bel compitino completamente fuori da ogni contesto. Quale collegamento c’è con i documenti della programmazione regionale? Pensateci. Dov’è il rapporto con gli strumenti di programmazione che la Giunta regionale nel suo complesso si è data? Penso ai piani ma penso anche agli strumenti legislativi nazionali che sembrano non appartenere a questa potestà legislativa regionale. Mi sembra veramente che le Marche siano una provincia del Togo, di uno stato africano, non italiano. Questo è un atto, secondo me, grave, perché anche se non si condividono le scelte nazionali bisogna avere il coraggio di scrivere “noi consideriamo la legge Biagi una cavolata, comunque una cosa improduttiva per le Marche”.
E’ saltato completamente, nel piano, il rapporto con le forze sociali, con le forze produttive. Dov’è l’analisi dei fabbisogni reali? Chi vi dice qual è il fabbisogno reale in campo formativo? Dove è scritto? Come si costruiscono le scelte se non si parte da una individuazione del fabbisogno di manodopera?

Ferdinando AVENALI. Leggitelo, prima di parlare.

Roberto GIANNOTTI. Non c’è scritto, Avenali. Non c’è l’indicazione dei fabbisogni delle aziende, non c’è un’indicazione dei fabbisogni formativi e professionali su base territoriale, che tenga conto della realtà diversa delle Marche, che non sono una regione unitaria in fatto di esigenze territoriali, sono tante realtà.
L’ultima considerazione riguarda l’utilizzo dei centri per l’impiego, tutta la partita che riguarda l’incontro fra domanda e offerta del lavoro.
C’è una analisi oggettiva, si dice che abbiamo rilevato che solamente l’8% dei cittadini si serve dei centri per l’impiego, della struttura pubblica per questa operazione di avvicinamento fra l’offerta e la domanda di lavoro. Nello stesso tempo abbiamo la “legge Biagi” che fa una scelta dirompente, discutibile, che noi della Casa delle libertà condividiamo: quella dell’apertura, della liberalizzazione, della possibilità a tante energie, che qui vengono citate, peraltro positivamente, tutte le strutture del privato che operano in questo campo. Nel piano regionale, però, non c’è l’aggancio. C’è la constatazione della povertà del pubblico nel rispondere alla domanda dei marchigiani, ma non c’è, contestualmente, un’apertura a questa nuova realtà che, in qualche modo, svolge un ruolo fondamentale.
E’ il solito “piano di mezzo” che non compie il salto finale, che non si proietta e non scende nel concreto delle opzioni programmatiche in questo settore. Mi auguro che sia solamente il punto di partenza di un discorso che poi dovrà essere declinato nel piano annuale e nella proposta di legge che dovrà scardinare e ricardinare il discorso degli interventi in questo settore.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Nella discussione fatta in Commissione mi ero astenuto. Prima ho sentito dire che c’è una condivisione sui principi. Io non posso andare a vedere i principi, perché è normale che sui principi ci possano essere condivisioni. Ma un piano triennale mi avrebbe dovuto dare un’analisi completa e concreta di ciò che era stato ottenuto in precedenza, mi dovrebbe dire quali sono state le carenze e come si sarebbe dovuto intervenire, per poi poter fare i piani annuali. La mia astensione era derivata proprio da questo fatto, perché nel complesso ci possono essere alcune questioni sulle quali non si è d’accordo, ma come principio diventa alquanto difficile poterlo contraddire, fino a quando non c’è una analisi vera e dettagliata dei piani annuali. Però la cosa che non può essere assolutamente condivisibile è la carenza totale di verifica di ciò che è stato positivo, negativo o che non è rimasto entro le aspettative che ci si era prefissi con il precedente piano triennale.
Per questa ragione ritengo che sia corretto astenersi, perché rispetto ai piani annuali verificheremo le azioni da seguire o da intraprendere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Non so cosa Giannotti abbia letto di questo atto amministrativo. Intanto sono stati fatti dei rilievi assurdi. Capisco la posizione del consigliere Gasperi, però è già nella stesura del piano precedente quello che si cerca di valutare. Mi sembra che questo atto amministrativo possa essere definito completo, nel senso che tocca tutti gli aspetti importanti nel mercato del lavoro, parla della programmazione e di come poter affrontare i nodi della nostra realtà regionale. Credo che i contenuti siano assolutamente apprezzabili e credo quindi che si debba partire dalla solita questione, delle condizioni in cui siamo. Nella nostra regione, fortunatamente abbiamo la piena occupazione e l’unico problema è quello dell’impiego dei laureati e dei diplomati che on trovano immediatamente occupazione. Le statistiche di alcuni studi dicono che c’è un tempo medio di due-tre anni necessari al giovane laureato e al giovane diplomato per trovare occupazione. Pertanto credo che i nodi siano soprattutto questi, che vengono ampiamente evidenziati e supportati con una programmazione della formazione che in qualche modo possa supportare questo aspetto. Ma credo che questo piano, più che altro, debba essere messo in sintonia con le attività produttive della nostra regione che, fin quando non avranno una qualificazione diversa dal punto di vista produttivo, è chiaro che saranno in difficoltà nel recepire le offerte di un certo livello di preparazione.
Credo quindi che sia un’analisi molto completa della realtà e le proposte fatte sono in sintonia con queste esigenze. Credo anche che sia una buona premessa per le implementazioni del piano annuale.
Mi pare che su questo piano anche le organizzazioni sindacali e imprenditoriali abbiano espresso un parere positivo, proprio perché sono stati affrontati in maniera molto precisa aspetti che per la prima volta, sotto una veste scientifica, vengono aggrediti. Pertanto ritengo che siamo di fronte a un atto molto importante, che finalmente si può fare riferimento ad un’analisi completa del mercato del lavoro, il quale sarà implementato dalla nuova legge sul mercato del lavoro che l’assessorato è in procinto di presentare e che terrà sicuramente conto di tutta una nuova realtà di gestione dello stesso mercato del lavoro che vede la Regione in prima linea nel ruolo fondamentale, anche perché è importante che si colleghi sempre di più la guida del mercato del lavoro con l’evoluzione del tessuto produttivo della nostra regione.
Questa è la sfida che ci si presenta oggi: sintonizzare al meglio le energie che sono presenti nel nostro mercato del lavoro, con l’evoluzione del tessuto produttivo e dei servizi.
Da ultimo credo che sia importante — nella nuova legge sul mercato del lavoro che andremo a discutere dovremo tenerlo presente — rendere più efficace la strumentazione territoriale, cioè il ruolo dei centri per l’impiego sarà strategico e dovremo lavorare molto, da questo punto di vista, perché si pongano a disposizione del territorio energie capaci, professionalmente pronte, sia alla lettura del territorio, sia alla comprensione di quelle che possono essere le esigenze del territorio stesso.
Questo problema è fondamentale, anche se abbiamo una situazione, soprattutto nelle basse qualifiche, abbastanza tranquilla sul piano dell’occupazione. Non a caso siamo riusciti ad includere nel nostro mercato del lavoro molti immigrati senza eccessivi problemi. Però è importante che le imprese possano utilizzare maestranze adeguate che debbono utilizzare lo strumento della formazione proprio per entrare a pieno regime in quelle che sono le esigenze del tessuto produttivo.
Sotto questo punto di vista faccio appello all’assessore, perché qui occorre responsabilizzare maggiormente le formazioni sociali, sia imprenditoriali che sindacali, perché questo ruolo lo possono giocare soprattutto loro, perché sono loro che hanno in mano una conoscenza adeguata della situazione territoriale e che debbono massimamente utilizzare gli strumenti territoriali per raggiungere un incontro domanda-offerta che on sia solo nominalistico ma sia finalizzato proprio al miglior utilizzo degli strumenti che abbiamo in campo.
Ricordo che fino a qualche anno fa avevamo delle strozzature nel mercato del lavoro, non in termini quantitativi ma in termini qualitativi, tant’è che le aziende chiedevano saldatori ma i saldatori non c’erano. Se riuscissimo, attraverso un monitoraggio costante, a capire quali sono i bisogni di una domanda che può anche essere in evoluzione, soprattutto rispetto alle nuove tecnologie, grazie a un monitoraggio sul territorio e grazie anche alle sollecitazioni che devono essere sviluppate, a carico anche delle aziende, che devono mettere a disposizione determinati dati per consentire un utilizzo corretto dell’orientamento e della formazione, avremo svolto un compito specifico, da questo punto di vista. Credo anche che se riuscissimo a valorizzare questa strumentazione, ne otterremmo beneficio.
Altra questione fondamentale è il ruolo importante che può essere giocato dall’università e dall’Istao, che dovranno preparare i nostri quadri, ma che soprattutto dovranno interessarsi ai passaggi generazionali dei nostri imprenditori, perché solo attraverso un passaggio in cui la formazione, la professionalità, la professionalizzazione degli imprenditori sarà in grado di rispondere alle nuove sfide, noi riusciremo a mantenere i livelli che fino ad oggi abbiamo acquisito in termini occupazionali e di sviluppo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

Ferdinando AVENALI. Ognuno può dire la sua, la democrazia è bella perché ognuno può dire anche l’opposto della realtà, Giannotti. Si dice “dove sta l’analisi?”. Credo che questo piano triennale sia ricchissimo di dati, di analisi della situazione socio-economica della nostra regione, della situazione occupazionale, del fabbisogno di questi ani, dell’evoluzione, dei punti di debolezza, dei punti di forza. Questi sono indispensabili per orientare gli investimenti del prossimo triennio e mi sembra che questo sia un dato estremamente chiaro, anzi credo che noi facciamo una serie di affermazioni di carattere generico e poco ci soffermiamo a riflettere sui dati contenuti in questo piano triennale che ci pone elementi di riflessione e i punti di debolezza. Questo è un piano triennale, quindi di indirizzo, poi saranno i piani annuali ad entrare nel merito. Qui sono indicate anche delle priorità per il 2004, tenendo conto dell’evoluzione della nostra economia, della domanda e della situazione occupazionale; Altri colleghi dicevano che noi abbiamo una disoccupazione quasi fisiologica. Questo non significa che non ci sono dei punti di debolezza, e mi riferisco in primo luogo al discorso della disoccupazione intellettuale, che è fondamentale anche per dare all’impresa quella vitalità necessaria anche dal punto di vista della gestione dell’impresa stessa. Così come il discorso della disoccupazione femminile, che pure in questi anni è molto diminuita e questo è un fatto molto positivo, comunque rimane uno dei punti di debolezza, così come la disoccupazione presente anche nella nostra regione a causa di crisi aziendali.
Non intendo entrare nel merito, lo farà l’assessore, se lo ritiene. In Commissione abbiamo fatto una discussione approfondita, comunque mi sono letto con attenzione il piano e credo che ci sono spunti, indirizzi e quindi si colgono in positivo le esigenze per il proprio triennio. Ili piano annuale serve anche per correggere il tiro laddove lo si ritenga opportuno. Il più grande problema che abbiamo è quello della occupazione degli immigrati: abbiamo una domanda di lavoro da parte delle aziende che, se non coperta con lavoratori immigrati, vedrà il nostro mercato del lavoro in condizioni di non poter rispondere in termini quantitativi, più che qualitativi.
Siccome sono indirizzi generali, credo che, oggettivamente, gli indirizzi ci siano, l’analisi c’è, è attenta.
Per queste ragioni non mi dilungo, data l’ora e annuncio che il gruppo Ds esprime parere positivo e giudica positivamente il lavoro fatto, ritenendo che in questo piano ci sono le risposte e gli indirizzi necessari al mercato del lavoro e alle imprese nei prossimi anni.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Vorrei dare alcune risposte ai colleghi che hanno parlato. Comincerò col prestare attenzione all’incipit del consigliere Giannotti per quanto riguarda la proposta di legge sul mercato del lavoro. Quello che è stato riportato dalla stampa è vero e non è vero. Dico semplicemente le cose come stanno: abbiamo lavorato in Commissione regionale lavoro per una proposta di legge sul mercato del lavoro delle Marche, questa bozza è stata approvata dalla Commissione regionale lavoro alla unanimità, con tutte le parti sociali che hanno partecipato a un lungo dibattito (organizzazioni sindacali, organizzazioni datoriali, Province, tutte le organizzazioni che fanno parte della Commissione regionale lavoro, adesso questa bozza la si sta ragionando per metterla a punto sul piano dell’editing tecnico-giuridico, dopodiché sta entrando nella discussione della maggioranza e dovrà diventare una delibera di Giunta. Se il consigliere Giannotti vuole avere la bozza in discussione non ho nessuna difficoltà a fornirgliela, però non è ancora una proposta di legge. Se lei ritiene, oggi stesso gliela faccio pervenire, non c’è alcun problema.
Per quanto riguarda invece il piano, credo che siano state dette alcune cose sensate ed altre meno sensate da chi ha parlato in quest’aula e mi dispiace che il consigliere Cecchini se ne sia dovuta andare, immagino per impegni assai incipienti e improrogabili, ma tutta la sua analisi sulla riprogrammazione del Fse poggia su una non lettura del piano: forse ha letto troppo in fretta e ha saltato le pagg. 66, 67, 68, 69 in cui si parla proprio della riprogrammazione finanziaria del Fse e si mostrano quali sono state le scelte della Regione sui vari assi. Ci sono due tabelle a pag. 69, le tabelle 29-30 in cui si dimostra qual è stata l’entità della programmazione misura per misura, asse per asse, con un’analisi dettagliata nelle pagine precedenti, che spiega per quale motivo non solo il servizio ha pensato a questa riprogrammazione, ma questa riprogrammazione è stata votata all’unanimità dal comitato di sorveglianza a dicembre a Civitanova Marche, dove erano rappresentate, di nuovo, tutte le parti sociali, le Province, con il beneplacito della Commissione europea che l’ha poi ufficialmente approvata a Bruxelles nel maggio scorso. Quindi siamo in un iter assolutamente condiviso, concertato e approvato all’unanimità, pertanto la riprogrammazione c’è, bastava leggere alcune pagine che evidentemente il nostro consigliere Cecchini non è riuscita a trovare. Detto ciò lei ha formulato alcune ipotesi su come a lei sarebbe piaciuto fare la riprogrammazione, ma visto che l’abbiamo già fatta noi, se le sue considerazioni sono coincidenti con le nostre bene, altrimenti me ne dispiace, ma noi ci abbiamo ragionato a lungo e il ragionamento che abbiamo fatto è stato proprio quello di non abbandonare la via dei servizi per l’impiego che qui sono stati criticati, quasi sbeffeggiati dal consigliere Viventi, sia pure con maggior garbo, come gli appartiene, ma anche dal consigliere Giannotti e da altri.
Noi non potremmo, come Regione, non tenere in conto la legislazione nazionale, salvo che noi, come noto, insieme ad altre Regioni, abbiamo pendente un ricorso alla Corte costituzionale, perché riteniamo che la legge 30 abbia invaso compiti e prerogative delle Regioni. Così come abbiamo sollevato un ricorso alla Corte costituzionale per il decreto 276 che è conseguente alla legge 30. Quindi non siamo degli entusiasti sostenitori di questa legge, ma questo ha poca importanza, perché se le leggi si debbono rispettare si rispettano, ma abbiamo contestato, invece, la validità di alcune impostazioni di questa legge. Non ho adesso il tempo per entrare nel dettaglio, se lo ritiene possono far avere, di nuovo, al consigliere Giannotti, i testi dei ricorsi alla Corte costituzionale... Li ha? Bene, quindi siamo nella perfetta conoscenza degli atti ufficiali. Su questo abbiamo delle posizioni che vedremo che sorte avranno.

Roberto GIANNOTTI. Per fare la fine che ha fatto sul condono edilizio...

Ugo ASCOLI. Noi non faremo nessuna fine: lei che è bene informato sa che la nostra posizione di opposizione alla legge nazionale sul condono edilizio è stata rinviata alle potestà regionali la determinazione delle misure e, come lei sa, noi abbiamo molte possibilità di regolarci secondo i nostri criteri su questo tema. Ma preferirei restare sul discorso del piano.
La legge 30, il decreto 276 e seguenti sono materia de iure condendo, con la quale noi stiamo lavorando, la bozza della proposta di legge che le farò avere entra nel merito delle questioni che noi riteniamo opportuno normare e la nostra idea è che i servizi per l’impiego rappresentino un volano importante per una regia pubblica del collocamento, del mercato del lavoro, pur nel pluralismo degli attori che la legge 30 introduce e che sono ormai parte della nuova “fauna” italiana. Però non c’è dubbio che noi siamo intenzionati a potenziare i servizi per l’impiego e quel dato (8%) che veniva considerato, deve essere visto rispetto al passato e rispetto al futuro: i vecchi polverosi uffici di collocamento del Ministero del lavoro pare che non collocassero più del 4% a livello nazionale ed essendo riusciti, in poco più di un anno, a raddoppiare la quota e sapendo che in tutte le ricerche fatte in Europa i servizi per l’impiego, pubblici e privati, non arrivano a collocare più del 20-22%, sapendo altresì che in alcune province, dove si sta lavorando bene, le ultime ricerche ci parlano già del 17% di collocati — parlo dell’indagine Doxa fatta svolgere dalla Provincia di Macerata — dico che noi stiamo progredendo bene sull’efficacia dei servizi per l’impiego e vorremmo proprio porci sulle frontiere d’avanguardia, cioè vorremo riuscire a collocare e a orientare, formare almeno un quinto della forza lavoro regionale che, guarda caso, è proprio quel quinto più debole, più svantaggiato, che più necessita di una regia pubblica. Quindi sui servizi per l’impiego sono in disaccordo, anche qui, con il consigliere Cecchini: noi vogliamo investire più risorse. Per quanto riguarda l’Armal, l’agenzia regionale “Marche Lavoro” sta facendo un egregio lavoro con noi: se poi in futuro, come diceva il consigliere Viventi, la si vorrà riorganizzare, reinventare, questo è tutto un tema di discussione, così come su tutte le altre agenzie. Quindi non parlerei di un “elefantino burocratico” che costa molto e rende poco, come diceva il consigliere Viventi, che non vedo, ahimé, di fronte — ma potrà leggere il resoconto — parlo invece di una struttura pubblica in grande crescita, su cui stiamo investendo formazione e risorse e che sta dando e darà ottimi risultati.
Per quanto riguarda la precarizzazione, noi stiamo cercando di ridurre l’equazione flessibilità uguale precarietà che invece è la regina delle linee strategiche della legge 30. Su questo stiamo facendo molto, sia con il piano triennale, ma soprattutto con il piano annuale che arriverà in aula presto e con la nuova legge.
Per quanto riguarda il fatto — lo diceva il consigliere Giannotti — che mancherebbero gli esiti occupazionali, lo invito a leggere l’appendice n. 2 di questo piano dove sono scritti una serie di dati importanti che riguardano gli esiti di alcune misure. Naturalmente non è facile avere, oggi, 2004, l’esito delle misure del 2002 e 2003, perché, come lei saprà, i tre quarti del Fse vengono decentrati presso le quattro Province delle Marche, ogni Provincia fa il suo piano provinciale, quindi stiamo già attivando un monitoraggio degli esiti occupazionali, ma non è semplice averli a questa data. Le assicuro che presto li avremo e presto li diffonderemo. Comunque le prime misure che conosciamo ci danno esiti assolutamente confortanti di queste misure occupazionali, anche nei progetti nuovi quali le borse-lavoro dei laureati presso le imprese che evocava il consigliere Cecchini, rispetto alle quali i dati ci dicono che circa un terzo dei nostri corsisti diplomati, ma soprattutto laureati, verrebbero assunti dalle imprese.
Per quanto riguarda il discorso del collegamento mancante con gli strumenti della programmazione, la invito a pensare che non esiste certo il paragrafo formalmente spiegato e declinato, ma le assicuro che tutte queste misure sono assolutamente inserite nella programmazione della Regione e negli strumenti della programmazione.
Per quanto riguarda il fabbisogno la posso confortare sul fatto che questo piano è stato concertato al 100% proprio con il sistema produttivo della Regione, con tutte le forze sociali, categoriali rilevanti, quindi c’è stata una piena condivisione di queste analisi e di questi fabbisogni, peraltro tutti frutto di ricerche, di seminari, di paper scritti e anticipati prima e di dibattito. Quindi c’è stata, come non mai, una partecipazione piena, istruita, con rigore scientifico su tutti questi aspetti.
Ho l’impressione che ci si trovi di fronte a un piano molto ricco e molto pieno di analisi e di contenuti, da cui occorrerebbe trarre un grande ammaestramento per le scelte di politica pubblica della Regione.
Per quanto riguarda infine il discorso della certificazione dei formatori che faceva il consigliere Viventi, sono d’accordo con lui: la Regione Marche è una delle prime Regioni in Italia ad avere valutato e approvato un vademecum dell’accreditamento, abbiamo già ridotto di circa tre quarti il numero delle società che fanno formazione accreditata in questa regione, abbiamo anche tolto l’accreditamento a 22 società che non ottemperavano più agli standard di qualità, stiamo ulteriormente aggiustando e aggiornando il vademecum, proprio per sanzionare ancor di più chi meglio non fa.
Per quanto riguarda i formatori è ovvio che cerchiamo di avere la qualità in tutti, ci potranno anche essere dei casi di formatori che non abbiano i requisiti, ma questo fa parte proprio di quel lavoro di affinamento degli strumenti che stiamo facendo con le società private e pubbliche che fanno formazione e contiamo di raggiungere risultati assolutamente eccellenti, che già pongono la Regione Marche in prima fila in Italia e non in Africa.

PRESIDENTE. Ci sono due emendamenti. Il primo è a firma di Avenali. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Il secondo emendamento è sempre a firma di Avenali. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Per dichiarazione di voto ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Faccio difficoltà a capire i consiglieri Avenali e Luchetti. Forse Avenali, abituato a lavori in Commissione, dove riesce a far passare tutto e il contrario di tutto, si può dispiacere quando su atti importanti si sviluppa un minimo di confronto. Consigliere Avenali, questo vale per lei e vale per Luchetti: io capisco tutto e il contrario di tutto, però la prego veramente di tener presente che se non recuperiamo questa capacità di rispettarci non andiamo lontano. Non capisco perché quando uno non condivide quello che dice l’altro, debba affermare che non ha studiato, che non ha letto. Se c’è una persona rispetto alla quale non si può dire questa cosa è il sottoscritto, perché in termini di presenza, di intervento sugli atti credo non vi possano essere dubbi. Questo discorso fatelo per chi, impropriamente, percepisce l’indennità di consigliere regionale, e forse qualcuno c’è, in quest’aula e non per chi, comunque, esercita il proprio compito in maniera dignitosa, perché poi nessuno di noi è un genio. Rispettiamo le diversità che sono affermate. Io ho avuto la capacità di leggere questo atto in maniera diversa dalla sua e provo a dire anche perché. Il fatto che torno a dire nuovamente certe cose, vuol dire che sono convinto di ciò che dico.
Assessore, io non ho parlato di un contrasto con la legislazione nazionale, dico che a me sembra che questo piano non tenga conto che c’è una legge dello Stato, non tiene conto di quanto è stato innovato dalla legislazione nazionale. Mi sembra un piano avulso da questo contesto. Lei ha anche detto che c’è una posizione della Regione che ha contestato la potestà esercitata dal Parlamento nazionale e io mi sono permesso di riprenderla dicendo “per fare la figura che ha fatto sul condono edilizio”. Sul condono edilizio la Regione Marche ha deciso la non applicazione del condono per i marchigiani, dicendo che questa era materia regionale. La Corte ha detto una cosa precisa: che la potestà regionale non può impedire la potestà del Parlamento su questa materia. Afferma quindi il diritto dello Stato di legiferare e dice che le Regioni devono essere partecipi del provvedimento nel suo insieme, al punto che tutti aspettiamo la legge quadro nazionale, rispetto alla quale le Regioni devono adeguare la loro legislazione. Anche qui è cosa diversa dal dire “la competenza è nostra, facciamo noi”. Non prendiamoci in giro. Non vorrei che anche qui avvenisse la stessa cosa.
Io ritengo sbagliato il ricorso presentato dalla Regione, però è una valutazione mia. Ma il giudizio che ho espresso è che l’atto regionale non si inserisce in questo flusso della legislazione nazionale. Questa pregiudiziale ideologica che segna tutta l’attività regionale, su tutto, dai trasferimenti alla raccolta del pesce in scatola, è qui ripresa e sviluppata, secondo il mio modesto punto di vista, poi può darsi che sbagli, ma a me sembra così.
La seconda considerazione. Mi sono riletto l’allegato 2 ma non dice le cose che dice lei, assessore. L’allegato 2 fa una rassegna dei destinatari delle misure. Io voglio invece sapere quanta occupazione ha prodotto la formazione regionale. Non c’è questo dato, secondo me. Lei è stato onesto, adesso, dicendo “come facciamo a fare riferimento ai dati del 2002?”. Io posso però rovesciarle la frittata: come facciamo a fare un piano triennale che sostituisce quello precedente se non sappiamo cosa ha prodotto l’intervento che abbiamo realizzato? Diventa un piano che non legge il passato e quindi difficilmente applicabile.
Così come ho detto che non mi sembra ci sia una capacità di leggere i bisogni dell’impresa marchigiana, cioè quelle che devono essere le specializzazioni, le professionalità che devono essere oggetto dell’attività formativa regionale, se deve essere questo un investimento per produrre occupazione.
La terza questione è quella sui centri per l’impiego. Se andiamo a rileggere il piano a pag. 78, il giudizio regionale è speso tutto nel migliorare l’offerta del servizio pubblico, che è una scelta politica che capisco, ma che non legge la situazione in questo settore, della domanda-offerta di lavoro, perché è dimostrato che il 92% dei marchigiani fa riferimento ad altre strutture. Correttezza vuole che ci sia un salto di qualità e ci sia il coraggio di dire “come riorganizziamo questo servizio? Come la Regione si rapporta con il privato che esiste fuori da queste mura?”. Altrimenti rischiamo di difendere la casamatta fino alla fine, senza renderci conto che i buoi sono fuggiti.
Queste erano le preoccupazioni che volevo esprimere, mi dispiace che ci sia questa scarsa capacità di accoglienza del diverso da parte del consigliere Luchetti e del consigliere Avenali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Questo è un atto complesso di programmazione e da questo punto di vista credo che tutti dovrebbero avere una mente aperta per assumere sollecitazioni e critiche, quelle positive che vanno nel senso di migliorare l’atto e, successivamente, il piano annuale.
Tuttavia mi pare che l’analisi svolta dal capogruppo di Forza Italia dimostra una grande difficoltà: quella di prospettare, rispetto ad una critica, sempre legittima, una visione alternativa sulle politiche attive per il lavoro. Anche perché la difficoltà vostra deriva dal fallimento della politica economica e sociale del Governo, tant’è che proprio in queste ore c’è di fatto una crisi su queste politiche, perché la condizione che le strutture europee pongono al Governo italiano sulle questioni del superamento delle difficoltà, comporterà ulteriori tagli alle politiche attive per il lavoro, al sostegno al lavoro, al sostegno alle imprese. E’ questa la vecchia e nuova ricetta liberista ed ultraliberista.
Ma io mi sento di assumere alcuni rilievi venuti dal dibattito sulla necessità di una verifica in quanto relatore ed anche come parte di questo Consiglio regionale, poi l’assessore, la Giunta nella sua soggettività e collegialità, dovranno trarre anche le conseguenze rispetto alla prospettazione del piano annuale. Tuttavia una verifica, a mio modo di vedere, va fatta sulle strutture, sulla struttura che talvolta può essere troppo grande, che organizza, che gestisce la politica attiva per il lavoro.
Le agenzie sono dei doppioni? Credo che da questo punto di vista una verifica vada fatta, anche per quanto riguarda l’agenzia Marche Lavoro, ma anche qui dobbiamo essere seri, perché in realtà tutte le agenzie, ma in particolare l’agenzia Marche Lavoro non ha personale aggiuntivo, pagato con fondi aggiuntivi della Regione Marche, poiché gran parte del personale di quella agenzia è di derivazione ministeriale, dal 1997 in poi. Quindi le agenzie e gli enti vanno verificati, anche se dobbiamo dire che con una legge regionale recentissima, le agenzie e gli enti strumentali della Regione sono stati oggetto di un’apposita legislazione che li rende più trasparenti in termini di bilanci e di assunzioni. Tuttavia la verifica va fatta. Ma attenti, perché non dobbiamo essere degli ipocriti consapevoli, come in alcuni passaggi organizzativi e legislativi in realtà si è stati, in maniera trasversale. Non dobbiamo essere ipocriti, perché se si passasse in maniera asettica tutto agli assessorati, poi, per ovviare alle esigenze della gestione e dell’attivazione organizzativa, come fatto sulla riorganizzazione del personale, attivare consulenze esterne, non certo più qualificate delle agenzie e non certo più economiche, anzi operazioni più costose delle agenzie e molto meno controllabili, molto meno trasparenti.
A nostro modo di vedere il problema non è allora lo strumento in sé, che va verificato, ma il problema vero è individuare l’obiettivo politico, cioè trovare fondi necessari, attraverso un meccanismo di co-finanziamento serio. Occorre che lo Stato nazionale in primo luogo, metta dei soldi certi, per una nuova e più efficace politica verso il lavoro e verso i lavoratori, che in primo luogo tuteli i diritti e l’occupazione. Dobbiamo avere questo obiettivo.
Noi abbiamo già detto che occorrerebbe un osservatorio istituzionale, che non solo verificasse le crisi — per la verità osservatori tecnici esistono — ma che verificasse le politiche dello sviluppo e le politiche di crisi, che non sono a se stanti, non camminano su due binari e questo lo vediamo nel settore privato. Sarebbe opportuno approvare in tempi rapidi la legge presentata dal gruppo dei Comunisti italiani sul bilancio etico, ma anche per gli enti pubblici, perché abbiamo visto che proprio nelle Marche sono state pesantissime la destrutturazione, la riorganizzazione di comparti tradizionali che hanno espulso centinaia e centinaia di lavoratori e lavoratrici: l’Enel, le Ferrovie dello Stato, la Telecom e le poste. Ecco allora che, attraverso questo obiettivo e questa visione, gli strumenti debbono essere i più flessibili e i più funzionali.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva




Proposta di legge regionale (Discussione generale ed esame degli articoli): «Modifica della legge regionale 28 aprile 1994, n. 15: Norme per l’istituzione e gestione delle aree protette naturali» Giunta (233)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 233, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Benatti.

Presidenza del Vicepresidente
GILBERTO GASPERI

Stefania BENATTI. Questa proposta di legge nasce per modificare la legge 15/1994, “Norme per l’istituzione e gestione delle aree protette naturali” e nasce dall’esigenza di ottimizzare le modalità di applicazione della legge stessa dopo dieci anni di vigenza, salvaguardandone i principi informatori e le finalità di conservazione e riqualificazione dei valori ambientali identificati nel territorio regionale.
Si tratta sostanzialmente di due interventi di modifica. Il primo riguarda la sostituzione dell’art. 7 della legge regionale ed è finalizzato a rendere più rapidi i tempi di assegnazione dei contributi destinati alle singole aree protette, evitando il passaggio in Consiglio regionale ogni volta che nella programmazione del Ptrap intervenga qualche piccolo aggiustamento.
Secondo le previsioni dell’attuale legge 15 il piano triennale regionale per le aree protette è approvato dal Consiglio regionale ma ogni questione amministrativa o contabile che comporti la revisione della ripartizione dei fondi o una modifica delle modalità di erogazione — questioni che di fatto non influiscono sui contenuti né sugli indirizzi programmatori indicati nel piano — deve seguire le stesse fasi di approvazione del Ptrap ed essere riportata all’esame e all’approvazione del Consiglio, con la conseguenza che i tempi di erogazione dei contributi ai gestori delle aree protette si allungano e i contributi non vengono trasferiti in tempi certi e con le dovute urgenze.
La legge regionale 44 del 1994 che, come sappiamo, ha abrogato in via generale le norme regionali che prevedono l’approvazione, da parte del Consiglio regionale, di atti relativi all’individuazione puntuale di soggetti beneficiari pubblici o privati di sovvenzioni, contributi o aiuti finanziari di qualunque genere, contiene il principio secondo cui sono attribuite al Consiglio regionale le competenze di definizione degli indirizzi di pianificazione e programmazione, mentre sono demandati ai competenti servizi della Giunta i singoli provvedimenti attuativi e i criteri di dettaglio.
La IV Commissione, rispetto alla proposta della Giunta regionale, nel condividere tale impostazione ha ritenuto tuttavia di mantenere la possibilità di esprimere un proprio parere sui criteri di dettaglio e sulle modalità di erogazione dei contributi definiti annualmente dalla Giunta regionale nell’ambito delle più generali previsioni del Ptrap.
Il secondo punto oggetto di modifica riguarda l’art. 8 della legge regionale e consiste nel fatto di rendere operativi i vincoli e le norme di salvaguardia previste dal piano del parco o della riserva naturale fin dal momento dell’adozione del piano stesso. Tale modifica è mirata ad evitare che nel lungo periodo che intercorre tra l’adozione e l’approvazione del piano del parco o della riserva naturale o delle loro varianti, questo possa essere, di fatto, in parte vanificato, in quanto nel frattempo possono essere attuate modificazioni del territorio che, sia pure nel rispetto degli strumenti di pianificazione previgenti, n on tengono di fatto conto dell’area protetta in fase di istituzione o delle varianti in fase di approvazione. Infatti la semplice conformità dei piani regolatori comunali al Ppar, da sola non garantisce alcuna tutela per le emergenze naturalistiche, in quanto ciò non fa parte della finalità dei piani regolatori, né del Ppar che indica semplicemente le aree di reperimento, mentre l’istituzione dell’area protetta e il relativo piano del parco ne prevede specificamente la salvaguardia e la valorizzazione.
Le osservazioni avanzate da alcune parti sociali in opposizione a tale modifica, erano soprattutto motivate dalla mancanza di scadenze temporali certe e dal fatto che la semplice adozione da parte dell’ente gestore non avrebbe percorso le tappe di concertazione e di trasparenza con cui si giunge infine all’approvazione definitiva.
Per questo nella stesura finale della proposta di legge e anche dopo il lavoro della Commissione, anche a seguito delle audizioni, sono state fissate tutte le fasi, a partire dall’adozione, compresa la più ampia pubblicità, la possibilità di presentare osservazioni da parte di chiunque, di fare le controdeduzioni da parte dell’ente gestore del parco, l’acquisizione del parere del comitato tecnico scientifico per le aree protette, le ultime verifiche di conformità da parte della Regione e l’approvazione o meno del Consiglio regionale, che può essere tal quale oppure con prescrizioni.
Per ogni fase sono fissati tempi abbastanza verosimili, in modo da garantire che il passaggio dall’adozione all’approvazione possa concludersi entro 180 giorni. In ogni caso, decorso tale termine di 180 giorni decadono le norme di salvaguardia introdotte dall’adozione del piano. Questo risponde all’esigenza di non porre vincoli che interdicano indefinitamente l’attuazione delle opere previste dagli strumenti urbanistici e le legittime aspettative di fruizione dei beni da parte dei proprietari.
Lo scopo fondamentale di queste modifiche conferma, sostanzialmente, lo scopo della stessa legge 15 del 1994, cioè coniugare ed integrare gli interessi legati all’antropizzazione, come quelli economici e produttivi, con quelli di tutela, di conservazione e di valorizzazione delle emergenze naturali, degli ecosistemi, dei valori paesaggistici, degli equilibri geologici ed idrogeologici, coniugazione ed integrazione che dovrebbero costituire le basi per la promozione e la qualificazione delle condizioni di vita e di lavoro delle popolazioni locali.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questa proposta di legge è stata presentata, all’inizio, come necessaria per armonizzare le varie leggi regionali, i vari strumenti che agiscono in questo settore, quindi come una legge anonima, non di grande rilievo ma che era obbligatoria per cercare di dare un ordine alla legislazione che spesso presenta fasi di confusione. Per altri è stata sentita come un’ulteriore legge negativa e vincolistica, quindi impositiva, che ulteriormente aggravava il sistema vincolistico nelle aree del parco.
In realtà il problema di fondo è qual è la reale armonia tra necessità di salvaguardia, quindi tutela dell’ambiente, tutela della natura e sviluppo del territorio, possibilità di coesistenza dell’uomo con l’ecosistema che vogliamo tutelare.
Ci sono due punti fondamentali che sono stati oggetto di critiche e che in Commissione sono stati ampiamente discussi, ma che a nostro parere rimangono i due cambiamenti forti. Uno è quello della paralisi dell’attività di sviluppo per un periodo abbastanza lungo, addirittura, all’inizio, indefinitamente lungo. Devo dire, per onestà intellettuale, che poi sono stati dati dei termini, proprio su sollecitazione delle amministrazioni comunali residenti nell’area del parco, delle associazioni di categoria di varie tendenze che operano nel settore, in particolare che operano nel settore delle manutenzioni e delle costruzioni, ma non solo quelle e sono state date delle norme diverse da quelle che erano state presentate nel testo di legge originario licenziato dalla Giunta regionale nel febbraio di quest’anno. Se ricordate il momento in cui questa legge è caduta, dobbiamo subito dire che questa legge è stata presentata in correlazione alla famosa polemica del super vincolo. Qual era la polemica del super vincolo? A un certo momento la soprintendenza regionale e la soprintendenza ai beni paesaggistici e ambientali hanno posto un vincolo indiscriminato in particolare su tutta l’area del Conero. Un vincolo non specifico legato a un’area, a degli edifici, a dei beni che si volevano tutelare e conservare, ma a tutto ciò che era previsto al di là della linea ferroviaria che taglia il territorio nella zona del parco del Conero. Da questa polemica del super vincolo la Giunta regionale nelle settimane successive ha presentato questa proposta di legge che sostanzialmente va a interferire con il sistema vincolistico.
Due erano i punti importanti. Uno, che l’approvazione di questi piani non avesse tempi indefiniti e indeterminati. Qui dobbiamo dire che in parte si è corretto questo limite, perché ci siamo dati delle scadenze che sono state normate, quindi per lo meno sono stati stabiliti dei termini. L’altro aspetto sul quale non si è voluto intervenire è quello di cercare di giungere alla guida urbanistica, alla guida della tutela del territorio.
Cosa era stato chiesto, soprattutto dalle amministrazioni comunali, nelle aree comprese nel parco, ma anche dagli attori delle vicende dello sviluppo? Che ci fosse uno sviluppo guidato, per esempio la permuta tra le aree che vogliamo tutelare e quelle che invece possono essere in qualche modo utilizzate, fruibili. In particolare che ci sia una specie di scambio tra coloro a cui viene tolto un bene di cui sono legittimi proprietari, dando la possibilità altrove, dove invece non ci sono esigenze forti, necessità di tutela, di poter intervenire attraverso costruzioni, attraverso manufatti o attraverso attività le più diverse. Questo secondo aspetto non è stato introdotto. In particolare i tecnici hanno detto “non è questa legge lo strumento adatto, perché questa è una legge che si occupa dell’istituzione e gestione delle aree protette naturali, mentre l’altra appartiene più alla sfera della disciplina urbanistica”, cioè lo scambio compensativo è di fatto una transazione, una cosa che prima avveniva in maniera non ufficiale ma nei fatti, invece è diventato uno strumento di guida e di gestione del territorio, cioè il territorio che presenta possibilità di utilizzazione corretta va utilizzato, quindi va incentivata la sua utilizzazione, quello che si vuol salvaguardare, senza penalizzare gli interessi dei legittimi proprietari e di coloro che hanno dei diritti, viene comunque tutelato attraverso questo discorso transattivo.
Però, secondo noi questa occasione capita proprio nelle aree protette, proprio nelle zone delle aree protette naturali ci troviamo di fronte a queste esigenze di come compensare quelli che espropriamo di un diritto. Diciamo: c’è un bene comune da salvaguardare, il paesaggio, quindi non ti espropriamo della tua potestà di operare e ti diamo qualcosa in permuta. E’ proprio qui che questa esigenza è più sentita, perché là dove l’esigenza di salvaguardia è meno sentita, attraverso gli strumenti urbanistici ordinari si può comunque ottenere lo scopo e tra l’altro proprio nelle zone non protette c’è un ampio margine di discrezionalità.
Quindi questa legge non ci convince, pur essendo un miglioramento della normativa, perché è un appesantimento ulteriore della normativa stessa, perché inizia ad esserci un principio gerarchico forte, in cui, di fatto, i Comuni perdono fortissimo il loro ruolo, perché poi sopravalgono altri strumenti quali gli atti che vengono riferiti ai parchi e alle aree protette naturali.
In generale non siamo soddisfatti di questa legge, non crediamo che ulteriori strumenti di questo tipo migliorino il rapporto tra le istituzioni. Sono note le polemiche tra i Comuni e la Regione, addirittura talvolta gli enti sovracomunali diventano ancora più violenti nelle loro imposizioni rispetto agli stessi enti parco. Nel caso del parco del Conero al vicenda è nota: l’ente che custodisce la protezione del parco aveva un atteggiamento più aperto, dal punto di vista del dialogo, rispetto a enti che sono molto distanti dai territori amministrati.
Il mio giudizio su questa legge non è quindi buono. Abbiamo cercato di apportare degli emendamenti che sono stati discussi sia con i Comuni che con le associazioni di categoria, ci aspettiamo un’apertura per modificare quelli che riteniamo gli errori più evidenti di questa normativa.

PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi, passiamo alla votazione della proposta di legge.
Art. 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 2. Ci sono due emendamenti. Il primo è a firma Ciccioli ed altri. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questa è una modifica tecnica che viene da noi ritenuta molto importante. L’emendamento recita: “L’adozione definitiva del piano del parco determina l’applicazione delle misure di salvaguardia connesse alle disposizioni con riferimento alle opere che non siano conformi agli strumenti urbanistici adeguati al Ppar”. Cosa significa? Che tutte le opere che sono adeguate agli strumenti urbanistici vigenti non sono oggetto di salvaguardia. E’ un passaggio fondamentale, altrimenti rimettiamo ancora una volta tutto in discussione. Ci sono tutta una serie di cose che stanno andando avanti con un ritardo spaventoso, perché hanno già subito decine di passaggi e a questo punto rimettere in discussione significa bloccare lo sviluppo. Ripeto, proprio a maggiore tutela di coloro che si accingono a votare, recita: “L’applicazione delle misure di salvaguardia connesse alle disposizioni con riferimento alle opere che non siano conformi agli strumenti urbanistici adeguati al Ppar”. Quindi quando un’opera è conforme agli strumenti urbanistici del Ppar, non è oggetto di salvaguardia. Abbiamo pertanto la massima garanzia, nel senso che sono conformi agli strumenti urbanistici, non a quelli in una situazione ambigua ma che si sono adeguati al Ppar. Queste due condizioni salvaguardano la situazione. Chiedo alla maggioranza di accettare questo emendamento che, per noi, è fondamentale ed è la valutazione sull’insieme della legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Intervengo perché il consigliere Ciccioli e l’aula non intendano il diniego a votare favorevolmente questo emendamento come una scortesia, una scarsa attenzione alle questioni poste dal consigliere Ciccioli. Ribadisco che la questione che il consigliere pone è stata lungamente oggetto di una discussione in Commissione e ribadisco quello che ho già detto nella relazione, cioè la conformità agli strumenti urbanistici non determina alcuna riflessione relativa alla tutela naturalistica. Qui si dice che la tutela naturalistica va salvaguardata, quindi non c’è correlazione, sono questioni diverse, pertanto non possiamo accettare questo emendamento. Oltre al fatto che l’emendamento intende anche l’adozione definitiva ed è evidente che l’adozione definitiva annullerebbe completamente il senso di questa legge. Noi andiamo a mettere in salvaguardia i territori al momento della prima adozione. Serve proprio la salvaguardia per evitare che dalla prima adozione a quella definitiva ci siano comportamenti non conformi alla intenzione di chi vuole sottoporre il territorio a salvaguardia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Il discorso vale per tutti gli emendamenti presentati dal consigliere Ciccioli e dal consigliere Brini, che hanno seguito questo lavoro in Commissione. Credo che non possiamo accettare un provvedimento come questo, che è illegittimo, perché con questo pezzo di carta voi, oggi espropriate di nuovo il Consiglio regionale della propria potestà, in quanto fate la scelta di trasferire una competenza specifica alla Giunta regionale, quella di definire le modalità e i criteri per quello che riguarda la contribuzione del Ptrap. E’ una scelta in negativo, rispetto ad un provvedimento che riportava questo in testa al Consiglio regionale, voi oggi togliete al Consiglio regionale questa possibilità, riconoscendo alla Giunta questa facoltà. Tanto per essere chiari e per non finire come prima, con qualcuno che poi si arrampica sugli specchi per dimostrare il contrario, basta leggere il testo dell’art. 1 approvato dalla Commissione, dove specificatamente si assegna alla Giunta regionale la competenza a definire annualmente gli “eventuali, ulteriori criteri”, che sostanzialmente vuol dire tutti i criteri.
Inoltre si appesantisce il sistema vincolistico. Questa Giunta regionale non si distinguerà mai nel non tenere conto della realtà di questo territorio, di riconoscere il diritto, certo della tutela, ma anche di fare le cose per bene. Anche in questa cosa, su un terreno minato qual è quello delle aree protette, che intervengono sul complesso del territorio, si vuole ancora di più appesantire, sfruttando i tempi di approvazione dei diversi regimi, con questioni sulle quali noi non siamo d’accordo assolutamente. Quindi preannuncio il voto contrario ma anche la possibilità di un’iniziativa ancora più forte da parte del nostro gruppo come da parte della Casa delle libertà.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Carlo CICCIOLI. Chiediamo la verifica del numero legale, perché non vogliamo prenderci la responsabilità di far votare noi questa legge, con la nostra presenza.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale, a partire dal n. 8.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Castelli assente
Cecchini assente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli presente
D’Ambrosio presente
D’Angelo presente
Donati presente
Favia assente
Franceschetti presente
Gasperi presente
Giannotti assente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni presente
Massi assente
Melappioni presente
Minardi presente
Modesti presente
Mollaroli presente
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli assente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi presente
Romagnoli assente
Secchiaroli presente
Spacca assente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi assente
Agostini presente
Amagliani presente
Amati presente
Ascoli presente
Avenali presente
Benatti presente
Brini assente

Presidenza del Vicepresidente
GILBERTO GASPERI

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 2 a firma Ciccioli ed altri. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questo emendamento recita: “L’applicazione delle misure di salvaguardia cessa alla data di entrata in vigore del piano del parco o delle sue varianti e comunque trascorsi 12 mesi dalla data di adozione”.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Questo emendamento mi dà modo di rettificare una inesattezza detta durante la relazione. Io ho parlato di 180 giorni, in realtà sono 18 mesi il termine decorso il quale cessano le norme di salvaguardia. Questo termine non è individuato solo all’art. 2, non è un numero a caso, è la somma di tutti i passaggi che sono previsti dalla prima adozione delle norme di salvaguardia che sono contenute nell’art. 2 bis. Se i colleghi fanno il conto, vedranno che all’art; 2 bis parliamo di una serie di scadenza, per esempio “a 60 giorni dal deposito chiunque può prenderne visione”, “nei successivi 30 giorni verranno trasmessi alla Giunta regionale”. Se facciamo il conto si arriva a 17 mesi. Non sono pregiudizialmente contro ad accorciare, però vorrebbe dire ricalcolare tutti i tempi dell’art. 2, senza avere una esatta cognizione di causa, perché questi tempi sono stati definiti dagli uffici. Visto che alla fine sono tempi abbastanza congrui, non vogliamo rigettare l’emendamento in via pregiudiziale, però i tempi sono collegati a una verifica che in questo momento, a mio giudizio, non siamo in grado di fare.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’art. 2.

Il Consiglio approva

Articolo 2 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 3. Con questo emendamento si introduce l’urgenza. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questa proposta giace da febbraio in Commissione e siamo a luglio. La dichiarazione d’urgenza si chiede quando effettivamente esiste una situazione di emergenza, ma qui non c’è alcuna emergenza, anzi potevamo votare l’atto la scorsa settimana ma non l’abbiamo fatto perché abbiamo dato la precedenza ad altre leggi o addirittura nel periodo pre-elettorale questa proposta di legge fu fatta saltare ad epoca successiva. La dichiarazione d’urgenza mi sembra veramente una forzatura. Quindi sarà una legge ordinaria che entra in applicazione nei tempi ordinari.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. A differenza di quello che pensa il consigliere Ciccioli, credo che come poche altre volte serva questa dichiarazione d’urgenza, nel senso che questa norma, alla quale faccio un plauso — e colgo l’occasione per fare un plauso a quest’aula che la sta approvando ma a quello che abbiamo fatto — serve a far sì che l’ambiente, in modo particolare le aree protette, vengano tutelati in modo profondo. Questa legge regge da dieci anni e per dieci anni non avevamo avuto la possibilità di avere delle norme di salvaguardia fin dal momento dell’adozione dei piani dei vari parchi, oggi abbiamo questa possibilità, proprio perché vogliamo tutelare l’ambiente fino in fondo e fin da subito, a fronte anche di inesattezze che ho sentito, perché parlare di paralisi delle attività di sviluppo relativamente a questa norma fa un po’ sorridere, nel senso che non c’è piano regolatore che non abbia delle norme di salvaguardia fin dal momento della sua adozione. Quindi non facciamo altro che fare ciò che non era stato fatto dieci anni fa e credo che noi dobbiamo farlo nel più breve tempo possibile. Mi sembra che tutti gli emendamenti e le dichiarazioni del consigliere Ciccioli siano in linea con un atteggiamento che non vuole assolutamente questa norma, che non vuol fare in modo che la tutela dell’ambiente sia vera, reale e sin da subito. Mi sia consentito dire, consigliere Ciccioli, che è perfettamente in linea con ciò che il ministro dell’ambiente di questa nazione, che appartiene al suo stesso partito, sta facendo in termini di tutela, quindi lo scempio in termini di tutela ambientale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge.
Ha la parola il consigliere Ciccioli, per dichiarazione di voto. Prima, però, vorrei dire al collega Brini che se aveva contato i consiglieri, poteva dirmelo.

Ottavio BRINI. Li ho contati, sono ancora 18 e lei continua a dire che sono 21. A meno che anche lei faccia parte della maggioranza...

PRESIDENTE. Io non ho mai fatto parte della maggioranza, sono solo conoscente del consigliere Silenzi...

Ottavio BRINI. Ne conosci tanti, tu... Voti sempre con la maggioranza, in Commissione...

PRESIDENTE. L’unico che vota con la maggioranza è il tuo consigliere, che non c’è mai in Commissione.

Carlo CICCIOLI. Le affermazioni dell’assessore Amagliani sono sopra le righe, perché addirittura la Commissione europea, in uno degli ultimi atti ha lodato il ministro dell’ambiente Matteoli perché ha applicato misure europee che erano state da anni dimenticate dal Governi italiano. Quindi non mi sembra che ci sia questo atteggiamento. Comunque ognuno vede l’ambiente in un certo modo. C’è chi vede che l’ambiente deve essere tutelato salvaguardando la tutela dei beni naturali e lo sviluppo e la presenza dell’uomo e chi ritiene che l’ambiente ha un valore di per se stesso al di là dell’uomo, quindi l’uomo può anche non starci, possiamo fare anche i musei naturali e via di seguito. Secondo me è molto importane come è stato gestito l’ambiente. Vorrei ricordare che due leggi importanti, la realizzazione del parco del Gran Sasso e la tutela sul Conero non appartengono a questa Repubblica ma sono precedenti, come leggi in materia di forestazione, di Corpo forestale dello Stato e tante altre cose.
Vorrei però dire che questa legge, come al solito è fatta con un atteggiamento molto prepotente nei confronti degli enti locali, gestiti anche dal centro-sinistra. Numana e Sirolo sono di colore politico diverso da questa Giunta, ma anche Camerano ha trovato da eccepire su alcune misure che sono state prese e Camerano è Comune nell’area del centro-sinistra. Quindi a nostro parere, fatte salve alcune regole fondamentali, la gestione va data al territorio, che è sottoposto anche a pressioni locali, però i Comuni sono il punto di sintesi delle diverse esigenze. Quindi regole generali d’accordo, ma poi che i Comuni e i residenti vengano espropriati totalmente di ogni possibilità e autonomia è un errore grandissimo.
Nel corso delle ultime elezioni sono stato nei comuni dell’area del parco dei Sibillini (Visso, Ussita, la zona dell’ascolano) e c’è un fortissimo risentimento da parte di popolazioni che molto spesso hanno loro stesse conservato la natura, anzi la natura è di questo valore proprio perché le popolazioni agricole locali, i pastori locali, gli allevatori l’hanno mantenuta così. Ma sono sottoposti a una serie di penalizzazioni e di norme burocratiche veramente eccessiva.
Faccio l’esempio di un investitore nella zona del parco del Conero che ha messo a dimore gli oliveti. Gli ulivi sono sempre stati rari nella zona del parco del Conero, questo ha investito sul territorio in una grande presenza di alberi di olivo. Adesso non riesce a mettere in piedi la struttura minima per la lavorazione. E’ assurdo: dovrebbe impiantare una piccola attività per la spremitura delle olive fuori del parco del Conero, a parecchi chilometri di distanza e tutti sanno che la spremitura dell’olivo ha dei tempi, delle modalità che non sono ovviabili. Questo non è possibile perché gli attuali strumenti di protezione non permettono di fare un impianto di questo tipo, che andrà concordato per quanto riguarda le modalità, ma non può essere forzatamente eluso.
Quindi queste norme non migliorano ma creano più antagonismo tra le popolazioni residenti e non ci può essere un ambientalismo di tipo burocratico, quindi il nostro voto è decisamente contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore.

Marco AMAGLIANI. Consigliere Ciccioli, lei fa finta o non sa a cosa mi riferisco. Le dico chiaramente a cosa mi riferisco relativamente alle cose che il ministro Matteoli, appartenente al suo stesso partito, ha fatto in questo brevissimo lasso di tempo. Mi riferisco in modo particolare alle dichiarazioni sul protocollo di Kyoto, quindi alla volontà di fuoriuscita da quel tipo di protocollo, in linea con il presidente degli Stati Uniti d’America; mi riferisco all’atteggiamento sulla carbon-tax; mi riferisco alla normativa sulla gestione dei rifiuti; mi riferisco alle politiche sulle aree protette; mi riferisco al problema del dissesto idrogeologico, al problema dei controlli ambientali, al problema delle politiche energetiche e al problema della mobilità sostenibile. Su tutte queste politiche c’è sicuramente stato, in questo paese, un ritorno indietro da quando ministro dell’ambiente di questo paese è divenuto Altero Matteoli.
Lei si stupisce del fatto che con questa legge noi esproprieremmo della loro potestà gli enti locali, non si stupisce del fatto che tutta una serie di competenze che erano riservate alle Regioni, il ministro Matteoli se le è riportate a sé, vedi la tematica dell’IPPC, l’autorizzazione integrale ambientale che è stata tolta, con la precedente legge finanziaria, dalle mani delle Regioni a quelle dello Stato. Lei si stupisce in un caso e non nell’altro. Ma relativamente a questa legge davvero non capisco cosa c’entrino le cose che lei ha detto, nel senso che noi qui diciamo che il Ptrap lo approva l’aula e poi la gestione effettiva, dal punto di vista finanziario, viene data alla Giunta, quindi a ognuno il proprio ruolo, perché è giusto che sia così. Noi poniamo le norme di salvaguardia, come in tutti i piani regolatori, fin dal momento dell’adozione, quindi a tutela, e non al momento dell’approvazione, così come sistemiamo una serie di norme dentro l’articolato, che evitano l’appesantimento delle norme stesse. Quindi non capisco dove voi possiate leggere le cose che avete letto, credo che probabilmente vi dia molto fastidio che da questa parte c’è qualcuno che vuol tutelare davvero l’ambiente, le aree protette per quelle che sono.
Rivolgo ancora una volta un plauso a quest’aula che si dota finalmente di una norma che tutela tutto ciò.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge.

Carlo CICCIOLI. Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale, a partire dal n. 2.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Amagliani presente
Amati assente
Ascoli presente
Avenali presente
Benatti presente
Brini assente
Castelli assente
Cecchini assente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli presente
D’Ambrosio presente
D’Angelo assente
Donati presente
Favia assente
Franceschetti presente
Gasperi assente
Giannotti assente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni presente
Massi assente
Melappioni presente
Minardi assente
Modesti presente
Mollaroli presente
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli assente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi presente
Romagnoli assente
Secchiaroli presente
Spacca assente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi assente
Agostini presente

PRESIDENTE. Non c’è numero legale, quindi la seduta è sciolta.


La seduta termina alle 15,00