Resoconto seduta n. 202 del 22/09/2004
La seduta inizia alle 10,50


Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 201 del 15 settembre 2004.

(E’ approvato)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 256 in data 16 settembre 2004, ad iniziativa dei consiglieri Procaccini e Martoni: «Norme in materia di attività e servizio necroscopici funebri e cimiteriali», assegnata alla V Commissione;
— 257 in data 20 settembre 2004, ad iniziativa del consigliere Ceroni: «Modifica 41a legge regionale 20 giugno 2003, n. 13: "Riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale"», assegnata alla V Commissione;



Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata la mozione n. 379 dei consiglieri Brini, Giannotti, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti e Trenta: «Solidarietà e condoglianze del Consiglio regionale alla famiglia dell'appuntato Alessandro Giorgioni, riconoscenza all'Arma dei Carabinieri e alla Sig.ra Luciana Lena, condanna per quanto apparso sul forum del sito indymedia.org.»;



Deliberazioni inviate dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta ha adottato le seguenti deliberazioni, in data 7 settembre 2004:
— n. 1021: «Art. 28 della l.r. n. 3/2004. - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004 Euro 34.000,00»;
— n. 1022: «Art. 20 comma 3 l.r. n. 31/2001 - prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie per l'integrazione dello stanziamento del capitolo di spesa 20704101 compreso nell'elenco n. 4 "Elenco delle spese dichiarate obbligatorie”» del bilancio 2004- Euro 359.865,34»;
— n. 1023: «Art. 28 della l.r. n. 3/2004 - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004- Euro 63.806,96»;
- n. 1024: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per interventi di edilizia ospedaliera - Euro 4.373.164,32»;
— n. 1025: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per il funzionamento della sezione regionale dell'osservatorio dei lavori pubblici - Euro
79.972,35»;
— n. 1026: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazioni statali per interventi nel settore dell'informatica e in materia di protezione civile - Euro 2.031.591,87»;
— n. 1027: «"Art. 27 comma 2 della l.r. n. 3/2004- iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti da soggetti terzi e delle relative spese - euro
6.881,989,36"»;
— n l028: «Art. 41 della l.r. n. 2/2004 - attivazione del decentramento amministrativo:
variazione agli stanziamenti di UPB di spesa nel bilancio di previsione per l'anno 2004, conseguente al riordino delle funzioni amministrative tra lo Stato, le Regioni e gli Enti locali - Euro 327.471,00»;
— n. 1029: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione statali a favore delle Comunità Montane - Euro 350.127,39;- Modifica codice di assegnazione dei capitoli di bilancio alla struttura competente per la gestione: - Rettifica Dgr. n. 932/2004»;
— n. 1030: «Art. 3 comma 2 della l.r. n. 2/2004- iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di recuperi relativi a stanziamenti aventi specifica destinazione - Euro 2.090,05».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo il consigliere Cesaroni e il Presidente D'Ambrosio.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ricordo che mancano ancora le iscrizioni di diversi consiglieri per programmare lo svolgimento della seduta.
Ricordo anche che l’odierna seduta durerà tre ore e al termine della stessa si terrà la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Ha chiesto di parlare il consigliere Giannotti. Ne ha facoltà.

Roberto GIANNOTTI. Chiedo l’iscrizione all’ordine del giorno di due mozioni che abbiamo preparato. Una chiede la liberazione degli ostaggi in Iraq e crediamo che dopo il pronunciamento di tante istituzioni nel nostro paese e non solo, anche il Consiglio regionale delle Marche possa far sentire la sua voce. Abbiamo predisposto un documento a servizio di tutti, nel senso che siamo disposti a discuterne con tutti. L’altra è una presa di coscienza di quanto avvenuto a Breslan. I fatti della Cecenia sono ancora nella memoria di tutti, crediamo che anche rispetto a questa cosa si possa concordare unitariamente una presa di posizione per richiamare l’esigenza che questo rifiuto della violenza e del terrorismo possa essere anche acquisito dalla cultura marchigiana.

PRESIDENTE. Le mozioni non sono state comunicate, quindi non possiamo trattarle in questa seduta, ma ci impegniamo a discuterle nella prossima seduta.

Roberto GIANNOTTI. Con questo impegno, siamo d’accordo.




Interrogazione (Rinvio): «Parco dei Sibillini. Il Presidente D’Ambrosio chiede la presidenza per un sindaco umbro» Massi (1004)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1004 del consigliere Massi, ma non può essere trattata in quanto il Presidente D'Ambrosio ha chiesto congedo e non è presente neanche il consigliere interrogante.



Interrogazione (Svolgimento): «La Regione può chiedere a rimborso l’IVA per cui non è stata operata la detrazione: ha intenzione di attivare tale rimborso? perché non vincolare la somma ottenibile in politiche a favore della salute mentale e degli anziani?» Cecchini (1025)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 10125 del consigliere Cecchini. Risponde, per la Giunta, l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Il Consigliere Cristina Cecchini, nel premettere che: le ASL, le Aziende Ospedaliere e le ONLUS e più in generale tutti i soggetti che esercitano attività di diagnosi, ricovero, cura e riabilitazione in regime di esenzione da IVA, in forza degli artt. 19, quinto comma e 19 bis, primo comma, del decreto istitutivo dell'IVA (DPR 633/1972) non possono detrarre I'IVA assolta sugli acquisti effettuati per l’esercizio delle loro attività (se non nei limiti del c.d. pro rata in quanto applicabile; le Marche nel IV report hanno indicato la somma di acquisti di beni in 263.279,789 euro; tale normativa, come accertato anche dalla Corte di giustizia delle Comunità Europea, contrasta con gli obblighi assunti dallo Stato italiano in sede comunitaria e ne consegue pertanto la possibilità di richiedere a rimborso l'Iva per la quale non è stata appunto operata la detrazione; che in Italia alcuni soggetti hanno già ottenuto il rimborso dell'IVA non detratta; interroga il Presidente della Giunta per sapere se intenda attivare istanza presso il competente Ufficio dell'agenzia delle Entrate o presso la Commissione Tributaria Provinciale competente (qualora il primo ufficio non riconosca il diritto al rimborso) chiedendo anche gli interessi semplici e anatocistici e, se, una volta ottenuto il rimborso intenda vincolare la somma per rafforzare la politica a favore degli anziani e del progetto salute mentale”.
In ordine a tale richiesta si osserva quanto segue:
il diritto al rimborso si basa sostanzialmente sui seguenti presupposti:
1) mancato recepimento da parte del legislatore italiano di quanto disposto dall’art. 13 parte B lettera c) dalla sesta direttiva del Consiglio 77/388 del 17 maggio 1977, che letteralmente dispone: "Altre esenzioni. Fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sotto elencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: (..) c) le forniture di beni destinati esclusivamente ad una attività esentata a norma del presente articolo(..)" ove questi beni non abbiano formato oggetto di un diritto a deduzione, e le forniture di beni il cui acquisto o la cui destinazione erano stati esclusi dal diritto alla deduzione conformemente alle disposizioni dell’art. 17, paragrafo 6:
2) la condanna dello Stato italiano da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee (sentenza 25 giugno 1997 causa C.45/95) per aver avere istituito e mantenuto in vigore una normativa che non esenta dall imposta sul valore aggiunto le cessioni di beni che erano destinati esclusivamente all 'esercizio di una attività esentata o in altro modo esclusi dal diritto a detrazione" a causa del c.d. pro rata, Finalità della disposizione come si può facilmente comprendere al punto 15 della stessa è infatti quella di "evitare una doppia imposizione contraria al principio della neutralità del tributo, inerente al sistema comune sul valore aggiunto":
3) il fondamentale principio enunciato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 169 del 18 aprile 1991 secondo il quale "i due ordinamenti comunitario e statale, sono distinti ed al tempo stesso coordinati e le norme del primo vengono, in forza dell'art. 11 della Costituzione, a ricevere diretta applicazione in quest'ultimo pur rimanendo estraneo al sistema delle fonti statali". La stessa Corte ha aggiunto che per le direttive, in particolare, occorre far riferimento a quanto viene disposto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia della CEE che elabora principi puntuali che possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato.
Il rimborso può essere ottenuto, sulla base della normativa vigente nel nostro ordinamento attraverso la presentazione di una istanza al competente Ufficio dell'Agenzia delle Entrate. Le varie leggi d'imposta stabiliscono termini diversi per la presentazione delle istanze relative ai procedimenti, nel nostro caso, in mancanza di disposizioni specifiche, l'istanza può essere presentata entro due anni dal pagamento, ovvero, per gli anni precedenti entro i due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
E' quasi certa la risposta negativa dell'Ufficio basata sul fatto che nella normativa tributaria italiana non esiste la possibilità di portare a credito l'imposta pagata sugli acquisti se non nei limiti del "pro rata".
Nella normativa tributaria italiana nel caso in cui un soggetto economico mette in atto operazioni commerciali attive definite esenti dall'art. 10 del D.P.R. 633/72 (senza l'applicazione del tributo) vede ridursi la possibilità di portare a credito l'IVA pagata sugli acquisti inerenti tali operazioni commerciali, perché la riduzione è pari al seguente rapporto; ricavi imponibili, ricavi totali (imponibili + esenti). Applicando questo rapporto al totale dell'IVA sugli acquisti si ottiene la percentuale di detraibilità dell'imposta meglio definita "pro rata".
Si dovrà quindi attendere, in mancanza di risposta, il periodo di 90 giorni, dalla data di presentazione dell’istanza, trascorso il quale, al comportamento omissivo dell’Amministrazione viene attribuito il significato di rigetto della domanda stessa.
Sarà quindi necessario presentare ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale competente, possibile fino a quando il diritto non risulti prescritto (10 anni). La prescrizione decennale ai sensi dell'art. 2946 C.C. inizia a decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione IVA o del versamento dell’imposta (vedi. Circ. Mm. 17 dicembre1987 n.28).
L'esito positivo è probabile in considerazione del fatto che ormai sono numerose (Brindisi, Milano, Salerno, Lecce, Brescia, Roma) le pronunce favorevoli alla fattispecie concreta. Tuttavia per raggiungere il risultato, ossia il pagamento delle somme dovute, è necessario che la sentenza diventi definitiva; è infatti probabile che I'Ufficio si appelli ad un grado superiore. Il tempo ipotizzabile per l'espletamento dell'intero procedimento per il recupero si aggira quindi intorno ai due anni e mezzo dalla presentazione del ricorso.
Va inoltre evidenziata la circostanza che, a fronte delle prime sentenze già definitive, lo Stato risulta ancora inadempiente, per cui concretamente le somme non sono state incassate dagli aventi diritto.
Occorre inoltre considerare la posizione dello Stato che, nel caso di un favorevole evolversi della giurisprudenza tributaria verso le ragioni del contribuente dovrà far fronte ad ingenti somme di denaro per rimborsare l'imposta indebitamente incassata ed è probabile che ponga in essere rimedi quali una normativa tesa a ridurre i termini di decadenza, come, per esempio è accaduto con la tassa di Concessione Governativa sulle società.
Alla luce di quanto sopra esposto sarà cura della Giunta, valutare le varie opportunità in quanto mentre la presentazione dell'istanza non comporta grandi oneri e presenta il vantaggio di "congelare" il termine del diritto al rimborso, l'instaurazione del giudizio comporta oneri immediati a fronte di un recupero che si presenta comunque incerto.
E' quindi opportuno che tutte le ex Aziende Sanitarie presentino l'istanza all'Ufficio delle Entrate non comportando tale incombenza alcun costo, mentre sono da valutare le modalità di instaurazione del giudizio tenendo conto dei costi da affrontare.
Circa l'impiego delle somme eventualmente recuperate la decisione dovrà essere adottata nel momento dell'effettivo incasso, tenuto conto che, come sopra già esemplificato, pur in presenza di sentenze favorevoli i ricorrenti non hanno ancora ottenuto il rimborso; infine per decidere dove convogliare il denaro si dovrà anche considerare la consistenza dell'importo introitato.
Mi rendo conto della complessità della risposta, ma la componente tecnica è fondamentale in questo caso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini per dichiararsi soddisfatta o meno.

Cristina CECCHINI. Questa risposta doveva arrivare con molta più velocità. L’interrogazione è del primo marzo e diceva che c’è una VI direttivo dell’Ue che permette alle Regioni o agli enti, Asl, aziende ospedaliere, cliniche private, case di cura, stabilimenti termali e simili, di recuperare l’IVA pro rata, quella sui beni e servizi. Nell’ultimo report, per i beni ci sono 270 milioni di euro, per beni e servizi 470 milioni di euro. L’IVA al 20% recuperata su questa cifra — e la possibilità che la direttiva dà è di andare indietro per dieci anni — consente alla Regione Marche di instaurare un contenzioso con il Governo e dato che le sentenze sono lunghe nel tempo, ma la Corte di giustizia dell’Ue ha definitivamente accertato che la Repubblica italiana non ha esentato l’IVA da queste forniture e ha condannato il nostro paese, l’adempimento è un fatto immediato e rilevante.
Che cosa aspetta la Regione Marche? C’era bisogno dell’interrogazione di un consigliere dell’opposizione per accorgersi che c’è una sentenza dell’Ue che consente di recuperare l’IVA per dieci anni? C’è bisogno di fare uno studio per questo? Bisogna muoversi.
Preso atto che, dopo avere studiato gli uffici dell’assessore hanno convenuto ciò che era scritto nell’interrogazione, cioè che era possibile recuperare l’IVA, a questo punto conviene muoversi immediatamente, dando incarico a tutte le Asl di muoversi di conseguenza. E’ inutile fare contenziosi con il Governo su non si sa bene che cosa o, se non cominciare a usare una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue che dice che si possono pagare meno del 20% di quello che li si è pagati gli acquisti di apparecchiature materiali e servizi. Quindi l’interrogazione mi pare abbia avuto un esito positivo che non deve valere solo in quest’aula, ma da ora in avanti la Giunta regionale delle marche deve dare mandato immediato a tutte le Asl a procedere, affinché attivino questo contenzioso. Vuol dire che immediatamente si dovrà contestare, in sede provinciale e poi, eventualmente, se rigettata la richiesta, si potrà opporsi a questa istanza per avere un esito certo, perché c’è una sentenza della Corte di giustizia che nel merito già dispone.
Prima che lo facciano tutte le altre Regioni che si stanno muovendo con un po’ di lentezza, è bene che la Regione Marche si muova con decisione, perché può essere un modo per recuperare molti milioni di euro, dopodiché dove metterli si deciderà. La proposta è di metterli nella salute mentale perché, come noto, siamo bene al di sotto del 5% dello stanziamento in questa direzione.



Interrogazione (Svolgimento): «Bilanci Aziende Sanitarie ed Ospedaliere – annualità 2002» Viventi (1102)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1102 del consigliere Viventi.
Per la Giunta risponde l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Con riferimento all’interrogazione in oggetto si chiarisce che la procedura di chiusura dei bilanci d’esercizio avviene nel rispetto delle indicazioni del codice civile, delle direttive comunitarie e del consiglio nazionale dei dottori commercialisti, datate 1998.
Uno dei principi fondamentali di redazione del bilancio di esercizio è il principio della competenza, secondo il quale si deve tenere conto soltanto dei ricavi e dei costi maturati nell’esercizio, indipendentemente dalla data della manifestazione enumeraria.
In fase di chiusura del bilancio si presenta il problema di rilevare analiticamente il reddito di competenza dell’esercizio, definendo quali siano i ricavi da attribuire all’esercizio e quali siano i costi correlabili.
Le rettifiche da apportare al dato contabilizzato in occasione della chiusura sono le seguenti: fatture da ricevere e fatture da emettere, ratei e risconti, variazione delle rimanenza di magazzino, ammortamenti, accantonamenti ai fondi per rischi e oneri. Su questo ho da riferire le procedure per la rettifica dei bilanci, molto velocemente.
1. Fatture da ricevere e fatture da emettere
Rappresentano tutti gli acquisti di beni e/o di servizi, a fronte dei quali non sia ancora pervenuta fattura dal fornitore e tutti gli eventuali servizi prestati per i quali l'azienda non abbia ancora emesso fattura.
Hanno lo scopo di attribuire la giusta competenza: ai costi per beni o servizi già acquistati per i quali si è in attesa di fattura; ai ricavi per servivi già erogati per i quali non sia ancora stata emessa fattura.
2. Ratei e risconti
I ratei e i risconti originano da fatti amministrativi (ricavi o costi) la cui competenza riguarda più esercizi e per i quali il momento della manifestazione numeraria non coincide con quello della competenza economica.
I ratei attivi sono quote di ricavi di competenza dell'esercizio in chiusura la cui manifestazione numeraria avrà luogo negli esercizi successivi.
I ratei passivi sono quote di costi di competenza dell'esercizio in chiusura che si trasformeranno in uscite monetarie negli esercizi successivi.
I risconti attivi sono quote di costi sostenuti entro l'esercizio in chiusura ma la cui competenza economica è da attribuire agli esercizi successivi.
I risconti passivi sono quote di proventi che hanno avuto manifestazione numeraria. entro l'esercizio in chiusura ma di competenza degli esercizi successivi.
3. Variazione delle rimanenze di magazzino
In fase di chiusura occorre valorizzare il consumo dei beni. I beni di consumo effettivamente utilizzati nell'esercizio sono pari a: acquisti. dell'esercizio + rimanenze iniziali - rimanenze finali. La somma algebrica: + rimanenze finali - rimanenze iniziali assume, nel piano dei conti e nello schema di bilancio, la denominazione di: variazione delle rimanenze.
In occasione della chiusura annuale dell'esercizio la variazione delle rimanenze dovrà essere imputata contabilmente a sistema.
4. Ammortamenti
In fase di chiusura annuale si rende necessario imputare, per ciascun cespite, gli ammortamenti di competenza dell'esercizio al fine di ripartire il costo di acquisto dell'immobilizzazione lungo tutti gli esercizi durante i quali il bene è idoneo a svolgere la sua funzione “strumentale".
Le quote di ammortamento dovranno essere calcolate in base ai coefficienti previsti dalia normativa fiscale vigente
5. Accantonamenti ai fondi per rischi e oneri.
Fra le diverse scritture di rettifica necessarie in fase di chiusura dell'esercizio, vi sono gli accantonamenti ai cd. fondi per rischi e per oneri. I fondi per rischi ed oneri sono destinati a coprire perdite o debiti: di natura determinata; di esistenza certa o probabile; dei quali, alla data di chiusura dell'esercizio, siano indeterminati l'importo e/o la data della manifestazione.
Questi sono gli strumenti che concorrono a determinare la struttura della realizzazione del bilancio delle aziende sanitarie e ospedaliere.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. La risposta tecnicistica dell’assessore Melappioni, forse non chiarisce a chi ha ascoltato: sii ascoltava male, quindi ci voleva buona volontà per capire di cosa stavamo parlando. Io ho posto un problema molto serio, che in questi giorni è riemerso nella sua concretezza, cioè se, partendo dall’esame dei bilanci delle aziende sanitarie del 2002, ci sono delle spese di competenza maturate nell’anno, che sono transitate, fatte scivolare nell’anno successivo. Un elemento di discussione che io ho sollevato più volte dal 2002 e ho avuto anche delle conferme. Ricordo che la stessa tesi venne sostenuta dall’allora segretario generale della Cgil Barchiesi, che parlava di 40 milioni di euro non contabilizzati sulla sanità come spese del 2002, fatti scivolare nell’anno successivo. Ora, che ci sia una situazione di questo tipo è dimostrato dall’ultima dichiarazione che voi stessi, come Giunta regionale, avete fatto in relazione al deficit della sanità per il 2004, che era preventivato in 72 milioni di euro e voi stessi avete dichiarato, giorni fa, essere ormai di 140 milioni di euro, esattamente il doppio.
E’ evidente quindi che c’è una veridicità in quanto da me affermato, altrimenti non avremmo potuto oggi constatare questo raddoppio del deficit presunto. Sono convinto che forse saremo a una percentuale anche superiore ai 140 milioni di euro.
Continuerò a essere vigilante su questo argomento.



Interrogazione (Svolgimento): «Licenziamenti nelle strutture sanitarie regionali» Procaccini e Martoni (1137)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1137 dei consiglieri Procaccini e Martoni.
Per la Giunta risponde l’assessore Melappioni.

Augusto MELAPPIONI. Con l'interrogazione in oggetto, i Consiglieri Procaccini e Martoni chiedono di conoscere se esistono iniziative per recuperare gli effetti della legge regionale 24 febbraio 2004, n.4, in merito al recupero di figure professionali collocate in esubero a seguito dei processi di ristrutturazione dei posti letto e delle attività delle strutture private accreditate, come la casa di Cura Villalba di Macerata (oggi Sanatrix Gestioni s.p.a.), considerato che la legge in questione è stata impugnata il 27 aprile scorso dall'Avvocatura generale dello Stato con la decadenza degli effetti e che, nel frattempo, si è appreso dalla stampa che i soggetti interessati dall'esubero, dipendenti della Sanatrix Gestioni s.p.a. sono stati licenziati.
In merito a quanto sopra richiesto dai consiglieri, si rappresenta quanto segue.
La Giunta regionale (DGRM n.452 del 1.04.2003) ha dettato indirizzi per la riorganizzazione della rete dei servizi ospedalieri, residenziali e ambulatoriali delle case di cura Villalba di Macerata e Villa dei Pini di Civitanova Marche ( processi di ristrutturazione che tra l'altro sono stati adottati dalla regione in applicazione di norme statali di indirizzo e programmazione della rete dei servizi ospedalieri, ex Legge 401/2001, art.3, comma 8, che interessano sia le strutture sanitarie pubbliche che private accreditate); con la citata delibera regionale sono stati ratificati gli accordi sottoscritti in data 4.12.2002 e 30.01.2003 con i quali si prevede in particolare il trasferimento delle attività e del budget dalla casa di cura Villalba di Macerata alla casa di cura Villa dei Pini di Civitanova Marche e la cessazione, dal 31.08.03, di qualsiasi autorizzazione ed accreditamento della casa di cura Villalba (ad eccezione dell'attività ambulatoriale); i protocolli in ogni caso prevedevano la salvaguardia dei livelli occupazionali; a seguito dei processi di ristrutturazione, sulla base del citato protocollo d'intesa del 30.01.2003 (sottoscritto dalla ex ASL n.8 di Civitanova Marche e dall'Amministratore delegato delle case di cura Villa Alba, Villa dei Pini e Villa Margherita, in esecuzione dell'accordo del 4.12.2002 raggiunto con la Regione Marche) ed in base alle disposizioni di cui alla L.R. n.4 del 24.02.2004, è stato stipulato un ulteriore protocollo d'intesa, sottoscritto in data 30 marzo 2004, tra i direttori di zona interessati (zona n.8 e n.9), il direttore generale dell'ASUR, il Direttore del Dipartimento Servizi alla Persona e alla Comunità, l'amministratore delegato della Sanatrix gestioni s.p.a. e le 00.55. del comparto CGIL, CISL, UIL. Con il protocollo suddetto, si è proceduto, ai sensi della citata legge regionale, all'accertamento definitivo delle figure professionali in esubero (n.7 unità) tra il personale dipendente delle case di cura Villalba di Macerata e Villa dei Pini di Civitanova, finalizzando l'accordo alla ricollocazione del personale stesso nell'ASUR, Zone territoriali n.8 e n.9; tale procedura, era stata avviata ai sensi della citata legge regionale n.4/2004, successivamente impugnata con ricorso alla Corte Costituzionale presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27.04.04, tramite l’Avvocatura generale dello Stato; di conseguenza, data la sospensione degli effetti di legge, è venuta meno la possibilità di ricollocare il suddetto personale in esubero, negli organici delle zone territoriali dell'ASUR; in tale contesto, le organizzazioni sindacali si sono fermamente opposte alla procedura di licenziamento delle 7 unità in esubero ed hanno chiesto alla Sanatrix Gestioni s.p.a. il mantenimento in servizio del predetto personale e la concessione dell'aspettativa in attesa di una loro collocazione definitiva; la Sanatrix s.p.a. avviava la procedura di mobilità delle 7 unità dichiarate in esubero ai sensi della Legge 223/91, senza addivenire ad un accordo con le 00.SS., procedura che si concludeva in data 5 agosto 2004 con la sottoscrizione di un verbale di mancata conciliazione tra le parti.
Nel frattempo, le unità interessate dall'esubero, sono state collocate temporaneamente in aspettativa dalla Sanatrix ed assunte con contratti a termine presso le Zone n.8 di Civitanova Marche e n.9 di Macerata, per la realizzazione di progetti regionali.
Ciò premesso, alfine di garantire il rispetto dell'originario accordo ratificato con DGRM n.452 del 1.04.2003, che come si è detto, si proponeva la salvaguardia della posizione occupazionale delle unità lavorative dichiarate in esubero, si rende necessario aggiungere che nella seduta della Giunta Regionale del 21.09.2004 è stata adottata una decisione condivisa che autorizza il Direttore del Dipartimento Servizi alla Persona e alla Comunità alla stipula di un accordo con la Sanatrix gestioni s.p.a., volto a garantire la concessione dell'aspettativa senza assegni alle 7 unità in esubero per un periodo massimo di 2 anni, la loro reintegrazione negli organici della Sanatrix, qualora al termine del biennio, le stesse figure non abbiano trovato altra collocazione con assunzioni a tempo indeterminato, previo impegno della Regione a rideterminare un incremento di budget delle prestazioni sanitarie alla Sanatrix gestioni s.p.a., in base al fabbisogno del territorio e della popolazione dell'area vasta del Maceratese.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Siamo soddisfatti di questa risposta, perché nella sostanza, pur essendo stata la legge regionale interloquita ed annullata dal Governo, anche attraverso improprie pressioni politiche — quella legge cercava di stabilizzare lavoratori messi in mobilità e comunque necessari al servizio sanitario regionale — questo accordo di cui parlava l’assessore concretizza, in parte, seppure limitatamente nel tempo, gli effetti della legge e da questo punto di vista crediamo che sia stato fatto un ottimo lavoro.
Oggi occorrerebbe, anche attraverso una soluzione concorsuale, verificare la possibilità di esperire una nuova legge, in modo tale da dare una possibilità in più per aggirare l’ostacolo dell’effetto governativo. Comunque siamo soddisfatti del lavoro che avete fatto.



Interrogazione (Svolgimento): «Riconversione dello stabilimento SGL Carbon di Ascoli Piceno» D'Angelo (1138)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'interrogazione n. 1138 del consigliere D'Angelo.
Per la Giunta risponde l'assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Abbiamo affrontato la questione, come benissimo ricostruisce anche il consigliere D'Angelo, della eventuale riconversione del sito adesso occupato dalla SGL Carbon e abbiamo cercato di mettere a sistema le azioni della Regione, del Comune di Ascoli Piceno e della Provincia di Ascoli Piceno, la fine di avere elementi più certi da offrire a questa scadenza che c'è nel 2007 in cui dovranno essere prese decisioni importanti per la città di Ascoli Piceno.
Il protocollo d'intesa che abbiamo approvato in Giunta il 27 maggio 2003, è stato oggetto di una serie di carteggi e di scambi di informazioni con il Comune di Ascoli Piceno e con la Provincia, i dati sono stati richiamati anche dall'interrogazione; sono stati oggetto di un ricorso da parte della SGL Carbon nel settembre 2003, ma noi siamo andati avanti con le riunioni e nel novembre del 2003 abbiamo raggiunto un accordo con il Comune e con la Provincia, perché la delibera che avevamo fatto nel maggio prevedeva una ripartizione di risorse fra Regione, Provincia e Comune che erano precisate solo in termini percentuali: si diceva 40% la Regione, 30% i Comuni e 30% la Provincia. In data 3 novembre abbiamo svolto una riunione ad Ascoli Piceno ed abbiamo raggiunto l'accordo sulla quantità di risorse da investire in ulteriori rilevazioni e studi ai fini di fornire materiale importante per la riconversione eventuale di quel sito. Le cifre ormai ci sono. Dopodiché, da un lato è accaduto che l'imminente scadenza elettorale, sia del Comune che della Provincia hanno di fatto procrastinato la firma congiunta di questo protocollo, poi c'è stata la vertenza che ci ha impegnato con la SGL Carbon, che è arrivata in Regione perché non c'era accordo fra le parti sociali e questo accordo è stato siglato il 30 marzo 2004 e si è concluso con la messa in cassa integrazione straordinaria di 67 lavoratori, dal maggio 2004 al maggio 2005, con successiva mobilità, ovvero licenziamento, eventualmente con incentivo all'esodo, quindi si è ulteriormente profilato un ridimensionamento occupazionale della SGL Carbon. In quella sede abbiamo affrontato il tema anche con i dirigenti della SGL Carbon e abbiamo prospettato la nostra volontà di proseguire con la firma congiunta del protocollo ed eventualmente anche quello che la SGL Carbon ci rimproverava, di non averla presa in considerazione in un tavolo di confronto con gli enti locali, che non inficiava la legittimità del nostro protocollo d'intesa. Ahimé l'estate è arrivata con le elezioni, adesso stiamo riprendendo i contatti sia con il sindaco che è rimasto lo stesso, sia con la Provincia che ha invece visto cambiare il presidente e io conterei, entro la prima metà del mese di ottobre, di firmare, finalmente, in maniera congiunta questo protocollo. Le cifre le abbiamo precisate, l'Armal è pronta a procedere con affinamenti ulteriori di materiali e di analisi e penso che potremmo avere, entro la fine del 2005, un risultato "definitivo" di conoscenza tale da poter offrire agli attori del territorio le conoscenze giuste per impostare in tempo utile per il 2007 i problemi che potrebbero derivare da una eventuale riconversione totale o parziale di quel sito, per renderlo più compatibile e più sostenibile con lo sviluppo della città, con tutti i problemi che questo comporta in termini di occupazione, di vivibilità della città e in termini di gestione aziendale di quelle risorse. Quindi sicuramente abbiamo perso un po' di tempo per una serie di motivi, senza alcuna volontà politica di disattendere il protocollo, ma siamo ormai finalmente in dirittura d'arrivo.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere D'Angelo.

Pietro D'ANGELO. Caro assessore, lei sa benissimo quante sollecitazioni verbali le ho fatto per arrivare al più presto alla firma di un protocollo d'intesa, tra l'altro un primo protocollo già firmato dalla Provincia e dal Comune di Ascoli Piceno e non firmato, a suo tempo, dalla Regione Marche. Scoperta questa situazione di stallo e politicamente inspiegabile — poi sono state date diverse spiegazioni, ma per quanto mi riguarda non convincenti — dopo diverse sollecitazioni — la prima l'ho fatta in qualità di presidente della IV Commissione "Ambiente e territorio" l'11 novembre 2003 — ci sono state alcune delibere di Giunta, una del 27 maggio 2003, l'altra dell'8 gennaio 2004, che puntualizzavano alcuni aspetti del protocollo d'intesa.
Prendo atto, assessore, che anche lei ammette con sincerità che ci sono stati dei ritardi. Su queste cose non ci possono essere dei ritardi, perché quando scadrà la variante venticinquennale al Prg di Ascoli Piceno, nel 2007, è indispensabile vedere se c'è la possibilità di una riconversione. Non facciamo quello che è stato fatto per l'Api, vediamo di arrivare in tempo a proporre, a vedere se c'è la possibilità di una riconversione, in modo da arrivare al 2007 e decidere con cognizione di causa, altrimenti sono convinto che se le cose resteranno così, alla vigilia del 2007 il rinnovo della concessione della SGL Carbon, sarà incompatibile con il centro urbano di Ascoli Piceno, da un punto di vista ambientale e da un punto di vista di salute. Sapete tutti che nella zona di Ascoli Piceno questo insediamento è a rischio — tra l'altro è scritto nella mozione programmatica di questa maggioranza — insieme all'Api. Erano due i siti che questa maggioranza doveva tenere in considerazione per una riconversione: l'Api di Falconara e la SGL Carbon di Ascoli Piceno, perché l'inquinamento da IPA di questo insediamento è notevole, la pericolosità per la salute altrettanto notevole.
Siccome la stimo, assessore, ritengo che se ha fornito delle date non farà come qualche suo collega il quale dice che le cose si fanno "entro l'autunno", senza stabilire di quale anno, poi passano autunni su autunni senza risolvere la problematica.
Prendo quindi atto del suo impegno, leggerò la trascrizione di questa risposta, anche perché lei già il 6 novembre del 2003, come emerge dalla rassegna stampa, aveva preso questo impegno. Ripeto, prendo atto che entro il mese di ottobre si arriverà alla firma del protocollo d'intesa e che entro la fine del 2005 si potrà fare una proposta o uno studio per vedere se c'è la possibilità di riconvertire questa azienda, perché è chiaro che la riconversione va fatta, ma salvaguardando i posti di lavoro.? Questa non è la situazione dell'Api che ha un indotto di migliaia di posti di lavoro, qui i posti di lavoro sono limitati, ritengo che uno studio di riconversione sia un po' più semplice.



Interrogazione (Rinvio): «Incarichi professionali conferiti dagli enti regionali» Giannotti, Brini, Cesaroni, Ceroni, Grandinetti e Trenta (1152)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1152 dei consiglieri Giannotti, Brini, Cesaroni, Ceroni, Grandinetti e Trenta.
L’assessore comunica che non è riuscito a raccogliere tutti i dati necessari, quindi risponderà alla prossima seduta.



Interrogazione (Svolgimento) «Regolamentazione condono edilizio» Pistarelli (1156)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1156 del consigliere Pistarelli.
Per la Giunta risponde l’assessore Modesti.

Cataldo MODESTI. Il consigliere Pistarelli interroga per conoscere entro quali termini la Giunta regionale proporrà la regolamentazione del condono edilizio nel territorio marchigiano e se siano vere le anticipazioni di stampa relative ad una volontà di indicare limiti di applicazione inferiori a 150 metri cubi di volume condonabile e, se ciò sia vero, se non ritenga che questo limite sia assolutamente inadeguato e impedisca di fatto alcun condono.
Al riguardo si fa presente quanto segue.
I competenti uffici, su precisa indicazione dell’assessore, hanno predisposto uno schema di proposta di legge relativo alla sanatoria degli abusi edilizi che, nel corso del mese di settembre, sarà sottoposta all’esame degli organi rappresentativi degli enti locali. In particolare lo schema sarà discusso dal gruppo di lavoro Regione-enti locali il giorno 23 settembre e dalla conferenza regionale delle autonomie convocata per il 27 settembre.
I primi giorni del mese di ottobre la Giunta regionale sarà in grado di approvare la relativa proposta di legge, in modo da consentire la conclusione dell’iter legislativo, in Commissione e in aula, nel rispetto dei termini previsti dalla normativa statale che, come noto, fissa la scadenza entro il 12 novembre 2004.
Nello schema di proposta di legge in questione è prevista la sanatoria delle opere abusive rientranti tra le tipologie di cui all’allegato 1 della legge statale sul condono qualora abbiano comportato un aumento inferiore a 150 metri cubi della volumetria della costruzione avente destinazione residenziale, ovvero un aumento inferiore a 300 metri cubi se la costruzione ha destinazione diversa da quella residenziale.
Le indicazioni contenute nello schema di proposta di legge rappresentano, come naturale, un primo contributo alla definizione del problema che, in quanto tale, dovrà essere affrontato con il concorso delle amministrazioni locali interessate ma anche delle forze sociali.
Fermo restando, pertanto, che la proposta della Giunta regionale potrà essere definita compiutamente solo dopo le consultazioni di cui sopra e sulla base delle indicazioni che da tali consultazioni scaturiranno, si può comunque affermare che le previsioni contenute nello schema di proposta di legge attuano la normativa statale sul condono, tenendo conto della concreta realtà della nostra regione. Scopo della proposta di legge è, infatti, quello di consentire la sanatoria solo dei piccoli abusi edilizi. Tutto ciò è del tutto coerente con l’indirizzo già assunto a suo tempo dalla Giunta e dal Consiglio regionale al momento dell’approvazione della legge regionale 29/2003 che ha inteso contrastare sin dall’inizio la normativa statale che consentiva la sanatoria di abusi di ben altra portata, di ben altre dimensioni.
Sotto questo aspetto e tenuto conto, pertanto, dell’orientamento già precedentemente assunto sul piano politico, si ritiene che la proposta formulata sia perfettamente coerente con queste valutazioni, con queste impostazioni.
Alla luce degli incontri già convocati per i prossimi giorni con il sistema degli enti locali — ascolteremo le forze sociali — terremo conto di queste valutazioni, ma ad oggi riteniamo che questa proposta sia coerente con gli indirizzi politici del governo regionale ma anche del Consiglio al momento di approvare la legge regionale dell’anno scorso.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Mi dichiaro particolarmente insoddisfatto della risposta, perché nella premessa non c’è stata una riflessione su quello che è accaduto nei mesi scorsi e che è poi sfociato nella nota sentenza 196 della Corte costituzionale. Lo ricordo ai colleghi che seguono questa discussione.
La Regione Marche, insieme ad altre Regioni, ha “solamente” — uso le virgolette anche in senso letterale — impugnato il provvedimento di condono edilizio nazionale, dicendo che erano violate le norme degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, inoltre degli ulteriori articoli 25 “Tassatività e certezze delle norme penali”, 9 “Principio costituzionale di indisponibilità dei valori costituzionalmente tutelati” della Costituzione; ancora violato il principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo, disposizione dell’articolo 32, dell’articolo 25, sempre riguardo una presunta illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge nazionale. Siamo di fronte ad un atto di accusa assolutamente grave della Regione Marche assieme ad altre Regioni, rispetto al provvedimento nazionale.
Di fronte a questo tipo di impostazione, a questo tipo di ricorso, ai motivi che erano posti a fondamento del ricorso e a sostegno delle argomentazioni della Regione Marche c’era solo da impallidire. La Corte costituzionale ha rigettato il ricorso della Regione e degli altri organismi regionali che hanno impugnato il provvedimento nazionale, ha detto che tutte queste cose in realtà non sono vere, demandando alle Regioni il compito di darsi regolamentazioni e termini concreti, attuativi del provvedimento nazionale che è legittimo. Altro che violazione di tutte queste norme! Le ho citate tutte, una dietro l’altra, ma sono nella parte motiva della sentenza della Corte costituzionale.
Signori, la prima riflessione è questa: la Regione Marche non può, per motivi politici, proporre ricorsi poi dichiarati assolutamente e clamorosamente infondati. La Regione Marche deve avere, come tutte le altre Regioni un rapporto certamente diretto e di confronto con gli organismi nazionali, ma deve assolutamente trovare poi sintesi, che non sono quelle a mio avviso giurisdizionali, cioè demandate ai giudici ma sintesi politiche.
La nostra legge regionale 29 del 2003, impugnata dallo Stato, in questo caso in maniera legittima, nel senso che effettivamente si poneva in contrasto, non andava in questa direzione, perché è stato un provvedimento politico nei confronti di altro provvedimento statale che non si condivideva da parte della vostra maggioranza.
Questa discussione che possiamo riaprire, perché ce lo demanda la Corte costituzionale, facciamola nel merito e nel merito ecco il secondo motivo di insoddisfazione, assessore. Lei ci annuncia — l’aveva fatto anche sulla stampa qualche giorno fa — che i limiti che saranno indicati per l’applicazione del condono sono di 150 metri cubi per il residenziale e di 300 per le diverse tipologie. Questi sono limiti assolutamente e sideralmente lontani rispetto alle altre Regioni. Perché? Come mai nella Regione Marche abbiamo metri diversi di valutazione delle questioni che poi anche la stessa legge nazionale racchiude in piccole questioni, piccole sanatorie? Sono tetti comunque nazionali, insuperabili. Gli ecomostri non rientrano in questo condono e non rientreranno mai, per disposizione già nazionale. Perché abbassiamo talmente i limiti di applicazione di questo condono, ritornando ancora una volta nel discorso che facevamo prima, cioè nell’impedimento di fatto, da parte dei cittadini, all’applicazione di questo strumento e di questa misura che, ripeto, riguarda piccole questioni, questioni legate soprattutto al residenziale (finestre, balconi)? Poche questioni che potrebbero risolvere contenziosi in itinere, per i Comuni, con i privati, con le famiglie, con i cittadini marchigiani.
Ritengo che in sede di discussione sostanziale, in Commissione e in aula, queste questioni — questo è l’appello che faccio — debbano essere riviste da parte dell’assessorato. Diamo applicazione ad uno strumento che tutti i cittadini italiani hanno e che i marchigiani pure hanno diritto di avere, come quelli campani, come quelli lombardi, come quelli liguri e come quelli di tutte le altre regioni che vedono questi metri cubi molto più ampi per quanto riguarda la possibilità di accesso a questa sanatoria.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI


Proposta di legge (Discussione e votazione: «Norme relative al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti (D. Las. n. 334/1999 sul rischio industriale: attuazione della Direttiva 96/82/CE» Giunta (231)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 231, ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Martoni.

Gabriele MARTONI. La Pdl n. 231/04 intende disciplinare le competenze amministrative in materia di attività a rischio di incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose, per prevenirne gli incidenti e limitarne le conseguenze per l'uomo e per l'ambiente.
L'entrata in vigore del decreto legislativo n. 334/1999 ("Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose") ha stabilito le specifiche competenze in materia (funzioni statali e della regione), le procedure per attuare le misure di sicurezza (tra cui i piani di emergenza esterni) e gli adempimenti particolari per i gestori degli stabilimenti industriali interessati.
In base all'art. 72 del Decreto Legislativo n. 12/1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli Enti locali, in attuazione del capo I della Legge n. 59/97) il trasferimento alle regioni delle competenze amministrative in materia di incidenti rilevanti è subordinato all'adozione della specifica normativa regionale e a seguito della stipula di un accordo di programma tra Stato e Regione.
L'approvazione della PdL è quindi il passo determinante per realizzare il pieno conferimento delle competenze amministrative alla Regione in materia di incidenti rilevanti.
In seguito al decreto legislativo 334/1999 già nella regione Marche erano stati attivati vari servizi e strutture finalizzati ad occuparsi della materia: il Comitato Tecnico Regionale, presso la direzione Interregionale dei Vigili del fuoco, attualmente competente per le istruttorie e per l'emanazione del procedimento conclusivo, ha svolto l'esame della documentazione relativa alle ditte soggette alla consegna di un rapporto di sicurezza.
E' stato istituito un "gruppo di lavoro" (Protezione Civile, sanità, Arpam, Ispettorato regionale dei Vigili del Fuoco) per coordinare gli adempimenti del decreto legislativo 334/1999 e la loro attuazione ed è nata un'apposita "struttura, Arpam", presso la direzione Generale, per occuparsi delle attività connesse al decreto legislativo 334/99. Dal 2002 è attivo il "programma di controllo" tramite visite ispettive nelle aziende interessate di competenza regionale ed è stata firmata una "convenzione" tra il dirigente dell'ex Servizio Tutela e Risanamento ambientale e l'ex Ispettore regionale dei Vigili del Fuoco per l'attuazione degli adempimenti derivanti dal 334/1999.
Per quanto riguarda l'attivazione dei "piani di emergenza esterni" (art. 20 del decreto legislativo 334/1999: il piano è obbligatorio per le industrie soggette alla presentazione del rapporto di sicurezza, facoltativo per quelle soggette a notifica) da parte dei Prefetti, nella regione Marche l'attivazione è quasi completa.
Ora la PdL in esame accoglie le disposizioni del decreto legislativo 334/99 e regola le competenze amministrative della Regione: individuazione delle autorità competenti e raccordo con il procedimento di valutazione di impatto ambientale; definizione delle modalità per il coordinamento dei soggetti che procedono all'istruttoria tecnica e delle modalità per la vigilanza e i controllo; definizione delle procedure per l'adozione degli interventi di salvaguardia.
La Regione avrà il compito di individuare le aree a elevato rischio di incidente rilevante, di controllare le autorità preposte all'attuazione della legge e di predisporre il programma regionale di controllo, sentite le province.
Alle province competono l'approvazione dei piani di emergenza esterni delle industrie e delle possibili varianti urbanistiche comunali per regolare l'urbanizzazione delle aree interessate.
Ai Comuni spettano l’adozione delle varianti urbanistiche e il compito di informare la popolazione.
In tal senso, come previsto dal decreto legislativo 334/9,9, sono contemplate anche forme di consultazione diretta della popolazione che deve essere messa in grado di esprimersi in merito.
Vengono individuate due procedure per gli stabilimenti industriali, esistenti e nuovi soggetti alla presentazione del rapporto di sicurezza; il Comitato Tecnico Regionale è sostituito dalla Commissione Tecnica regionale, di cui fanno parte sempre rappresentanti dei Vigili del Fuoco, coadiuvati dall'Arpam.
Per quanto riguarda le disposizioni finanziarie, le risorse conseguiranno dall'accordo di programma Stato-Regione previsto dall'art. 72 del decreto legislativo 112/1998, inoltre per il raggiungimento delle finalità della legge la Giunta potrà apportare le necessarie variazioni al bilancio in corso e al programma operativo annuale (POA).

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Oggi in quest’aula affrontiamo una problematica molto importante e delicata, cui in diverse circostanze non solo questo Consiglio regionale ma anche la Regione Marche è stata chiamata a dare delle risposte relativamente ai problemi di rischio industriale.
Come Forza Italia in questa proposta di legge che regola le competenze amministrative della Regione e accoglie le disposizioni del D. Lgs. 334 del 1999 avvertiamo un appesantimento burocratico tra Regione, Province, Comuni e riteniamo che di fronte a un problema così serio e delicato quale quello del controllo dei pericoli e della prevenzione del rischio industriale, riteniamo che sarebbe stato opportuno snellire questa legge, togliendo questo appesantimento burocratico, con una prassi ormai diventata abituale per quanto riguarda Comuni, Province, Regione, Arpam, Asl, cioè la conferenza di servizi quando si devono prendere queste decisioni importantissime per i nuovi insediamenti industriali, fermo restando quelle competenze che rientrano in materia urbanistica, che Comuni e Province, chi per i Ptc, chi per le varianti ai piani regolatori, applicano alle loro procedure, potendolo fare anche all’interno della conferenza di servizi.
Quindi voler prolungare non dà subito quell’immediata risposta che devono avere nel territorio questi insediamenti.
Pertanto è una legge un po’ debole anche se i principi, gli indirizzi sono buoni, sono gli obiettivi che tutti noi vogliamo raggiungere.
Si parla molto della partecipazione, del coinvolgimento dei cittadini sulle scelte che le amministrazioni debbono fare, ma anche in questa circostanza vediamo che si danno degli indirizzi, delle indicazioni generiche. E’ vero che quando si parla di nuovi insediamenti è molto facile accogliere le istanze della popolazione, mentre rimane difficile dover intervenire su insediamenti che già operano e creano anche occupazione e noi vediamo che all’art. 14 di questa legge si parla della consultazione popolare. La domanda è questa: il parere dei cittadini, in che misura conta in questa legge? E’ vincolante, è un parere consultivo? A seconda degli umori dei cittadini ognuno può decidere, anche se una minoranza si esprime favorevolmente mentre la maggioranza ha detto che è contraria a quell’insediamento. Quindi bisogna mettere dei paletti, dare delle regole ben precise, non essere generici su un argomento interessantissimo qual è quello della partecipazione popolare.
Qui vogliamo delle risposte, quindi snellimento della burocrazia, reale partecipazione popolare e non dobbiamo dire “sentita la popolazione interessata”, ma bisogna metterla in grado di esprimersi. Bisogna dire “sentito il parere della cittadinanza”. Non vedo su un problema di così vasta portata il non ricorso alla consultazione, non referendaria perché ci sono leggi apposite a livello comunale, ma bisognerebbe fare una consultazione della cittadinanza, facendola esprimere con un sì o con un no, verificando realmente qual è la partecipazione e qual è la volontà. Secondo me questo articolo 14 della legge deve essere modificato, come deve essere rivisto il discorso delle disposizioni finanziarie. Il collega Martoni diceva che le disposizioni finanziarie saranno viste tra Stato e Regioni, ma visto come è impostata la legge — sarà insediata una Commissione — stabilire se questi dovranno prendere un compenso, se lo faranno a titolo gratuito, con un rimborso spese — bisognerebbe prevedere fin d’ora le modalità di queste Commissioni, perché saranno molte e dovranno fare anche un lavoro molto delicato.
E’ stato inserito un articolo al quale in Commissione il sottoscritto ha dato parere negativo, per sentire anche degli esperti che vanno al di là della nostra nazione, quindi rimaniamo con i piedi per terra, su queste problematiche.
E’ una legge secondo noi debole, che va rafforzata. Pertanto ci asterremo, perché non possiamo votare contro una proposta di legge così importante, però è molto debole perché non ha l’efficacia che dovrebbe avere nei confronti della popolazione e soprattutto nei confronti della tutela del territorio, poiché ancora una volta la risposta rimane nelle mani della Regione e non della popolazione e di chi vive nel territorio. Se guardiamo attentamente le responsabilità a livello amministrativo, ai Comuni spetta l’adozione delle varianti urbanistiche e il compito di informare la popolazione. Dopo che il sindaco ha informato la popolazione e la popolazione è contraria, qual è l’effetto di questa legge? Alle Province compete l’approvazione dei piani di emergenza esterni e delle possibili varianti urbanistiche comunali per regolare l’urbanizzazione delle aree. E’ molto facile quindi fare una conferenza di servizi, eliminando tutta questa burocrazia. La Regione avrà il compito di rilevare le aree ad elevato rischio di incidente rilevante, di controllare le autorità preposte nell’attuazione della legge e predisporre il programma regionale di controllo sentite le Province e non i Comuni che sono i titolari del territorio, forse non l’abbiamo ancora capito. Molto spesso negli anni passati si parlava di decentramento, di coinvolgimento della cittadinanza. Oggi la sinistra ha perso questo modo di ragionare e di fare che oggi, più che mai, è di attualità quando si parla di decentramento, di funzionalità, di ruoli. Il Comune è espropriato del proprio ruolo e della propria funzione.
Per questo motivo, per senso di responsabilità nei confronti di una legge così importante, diamo un voto di astensione che, altrimenti, sarebbe stato molto critico perché si va contro gli indirizzi che gli italiani chiedono, contro gli indirizzi dei sindaci che chiedono autonomia e ancora una volta questa Regione Marche cerca di mettere il cappello dove non deve metterlo, perché la Regione avrà sì il compito di individuare le aree, ma deve scegliere insieme con i Comuni e le Province l’ubicazione. Ricordatevi che la territorialità è dei Comuni. Proprio in quest’aula abbiamo votato in modo no dico unanime, ma a larga maggioranza, compresi alcuni gruppi dell’opposizione — il sottoscritto era relatore — le modifiche per i nuovi piani regolatori, portando la titolarità dalle Province ai Comuni. Adesso la Provincia deve soltanto esprimere il parere sui vincoli e sulle competenze di sua pertinenza, perché le varianti urbanistiche non spettano alle Province ma ai Comuni, perché se Comuni non sono in sintonia con le Province, magari per visioni diverse di sviluppo, di crescita di una città, ci possono essere contraddizioni e problemi tra un sindaco e il presidente della Provincia. Quindi anche in questo caso la Provincia, sentito il Comune deve individuare l’area, bisogna invertire il problema. Se c’è la volontà di accogliere queste osservazioni sulla consultazione popolare, sul ruolo del Comune, sul ruolo della Provincia, snellendo tutto questo con la conferenza di servizi, Forza Italia darà un voto favorevole, ma se la legge rimane così com’è, il voto sarà di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Questa proposta di legge è un adeguamento a disposizioni comunitarie e nazionali che richiedevano uscite negli anni scorsi. Addirittura si tratta del DM del 9.5.2001 del Ministero dell’ambiente, che prescrive che ogni attuazione di atti urbanistici venga sottoposta a procedure di valutazione dei rischi. Questo DM entrava immediatamente in vigore, ne dovevano tener conto tutti i piani emanati dagli enti locali. Nella regione Marche questo non è avvenuto e questa proposta di legge rappresenta un tardivo adempimento a tali disposizioni, indicando a questo punto che coloro che non hanno rispettato il DM e queste norme devono adeguarsi a posteriori, quindi non si può votare contro un provvedimento di questo genere, ma non si può non rilevare che in passato gli enti locali non hanno spontaneamente adempiuto a questi provvedimenti.
Quindi si stabiliscono queste disposizioni. Forse la proposta di legge poteva essere più calzante dal punto di vista del percorso che avviene. Cosa avviene oggi su un piano regolatore, un Ptc che riceve una verifica negativa da parte degli organismi che qui si istituiscono e che erano in parte indicati e previsti anche dai DM e dai provvedimenti comunitari che ne danno origine? Questo è un punto. Non vorrei che finissimo per spingere questi soggetti a fare una sorta di ratifica di decisioni già assunte, mentre se fossero intervenuti prima che i piani fossero entrati in vigore, avrebbero probabilmente potuto dare delle indicazioni che poi avrebbero inciso sui piani stessi. Quindi quale sarà l’atteggiamento di questi organismi? Andremo a rivedere il piano, cancellando quello che non risponde a queste norme di sicurezza? Oppure psicologicamente ci sarà il clima che ormai il piano è fatto ed è difficile tornare indietro? Potremmo avere delle parti di piano regolatore attuate con addirittura il rilascio di concessioni o la realizzazione di opere. In questo senso è un tardivo adempimento, in questo senso la proposta di legge, ovviamente, non può trovare un voto contrario.
Sono comunque individuate funzioni anche maggiori, per quello che riguarda la possibilità di intervento della Regione. Bisogna dare atto all’assessore che questo rafforza alcune funzioni e alcuni poteri. Devo però dire, visto che siamo in tema, che proprio in questi giorni il sottoscritto, in rappresentanza dei verdi si è dovuto recare presso la magistratura, perché proprio quelle attività che qui individuiamo per svolgere alcune funzioni, si sono rese responsabili di un mancato accertamento di quello che avveniva all’interno di una zona ad alto rischio, all’interno di un impianto che sarà sottoposto proprio a questa legge. Quello che avveniva è che una quantità rilevante di bitume fuoriuscita dopo l’incidente e riversatasi a mare attraverso un fossato che percorre tutta la raffineria, dal punto in cui c’è stato l’incendio al mare, è arrivata a mare.
Che cosa succedeva? Che per parecchi giorni sommozzatori di una ditta che opera per conto dell’Api stavano riportando in superficie del materiale nero dal fondale antistante lo sbocco a mare del fosso Rigatta. L’operazione veniva condotta con una nave appoggio della ditta stessa, due sommozzatori si gettavano in acqua e portavano a riva questo materiale bituminoso a blocchi così voluminosi da essere sollevati a fatica sopra il pelo dell’acqua. E chi c’era sopra il pelo dell’acqua? Noi avremmo pensato i soggetti preposti alla bonifica, nell’ambito di un piano di bonifica. Niente di tutto questo: ciò avveniva nella più completa insaputa delle autorità alle quali c’è l’obbligo di comunicare non semplicemente che si fanno queste operazioni, ma di pianificare insieme le operazioni di bonifica.
Anzi, le autorità avevano certificato con tanto di relazioni fatte dall’Arpam il giorno 8, il giorno 9, il giorno 10, il giorno 11, il giorno 13, che non era stato individuato questo sversamento di idrocarburi a mare e nella piena impunità, con la protezione di un’ordinanza della capitaneria che vieta a chiunque sia estraneo di avvicinarsi al pontile del porto-petroli, queste operazioni venivano fatte all’insaputa dell’Arpam. L’Arpam aveva fatto i controlli, aveva constatato il giorno 8 la posa in opera delle panne galleggianti, salvo non dire a che ora venivano messe. Il giorno dopo si dichiara che era stata fatta una verifica ulteriore, particolareggiata della situazione degli scarichi a mare, degli scarichi fognari, addirittura dello scarico fosso Rigatta, con sopralluoghi e rilievi fotografici, sopralluoghi e rilievi che non avevano rilevato un bel niente, perché non si era controllato lo scarico del fosso, come si può dedurre dalle fotografie fatte dall’alto e sulla base delle quali si dice che non sono fuoriusciti idrocarburi.
C’è tutta una gravissima carenza da parte dell’istituzione cui noi oggi affidiamo funzioni importanti, anzi affidiamo altre funzioni importanti. Su questi organismi di controllo c’è un grave dubbio: i rapporti sono ripetuti, ribadiscono, anche dopo la comparsa di quantità rilevanti idrocarburi sulle spiagge a ridosso della raffineria, che — sono lettere addirittura del giorno 13 settembre 2004: gli idrocarburi erano stati segnalati dai cittadini il giorno 9 — non si è accertato da dove questo prodotto veniva. Se un organismo che controlla gli scarichi di tutta la regione non va sott’acqua a controllare cosa è uscito dallo scarico e se è rimasto qualcosa, dico che ci sono gravi dubbi e devono essere chiarite le responsabilità di coloro che hanno effettuato i controlli, di coloro che sovraintendono a questo sistema di controllo e non credo che l’Arpam sia la sola chiamata in causa. Peraltro credo che non è compito degli assessori immergersi sott’acqua e controllare gli scarichi, salvo il fatto che c’è una forte esposizione da parte del governo regionale e dell’assessore Amagliani, conseguente a questi rapporti. Questi sono i rapporti sui quali in prima battuta si pronunciano gli amministratori più a diretto contatto con queste istituzioni, ma in seconda battuta tutte le istituzioni e anche i cittadini. Qui è stato nascosto ai cittadini quello che succedeva, è stato consentito a una raffineria di effettuare non una bonifica in proprio ma una sottrazione di prove rispetto a quello che è avvenuto in quella vicenda. La rilevanza non è soltanto perché il bitume è finito a mare e perché le spiagge vengono sistematicamente contaminate e perché a distanza di 15 giorni ancora non è partito un progetto di bonifica che doveva partire, se mai, il giorno, dopo, ma c’è anche un altro aspetto. Gli idrocarburi, questa volta solidi, questa volta non infiammabili come quelli dello scorso incidente, hanno attraversato la raffineria dal punto dell’incidente fino alla costa, hanno attraversato tutta la raffineria, su un percorso in parte scoperto, in parte coperto, che affianca altri depositi di idrocarburi. Io dico che è importante approvare queste leggi, è però importante che gli organismi di controllo vogliano svolgere il controllo.
Noi auspichiamo che ci sia un’inchiesta amministrativa forte, che si individuino le responsabilità, non ci fermiamo all’indagine della magistratura, perché i soggetti che noi paghiamo con risorse pubbliche, a cui oggi affidiamo altre competenze importanti, come questa legge, facciano poi il loro dovere. Noi siamo certi che in questa vicenda gli organismi non hanno fatto il loro dovere e questa cosa non può “passare in cavalleria”, inosservata, sotto silenzio. Pretendiamo, anche nel momento in cui votiamo questa legge, che ci siano delle conseguenze per coloro che si sono resi responsabili di questo atto che è gravissimo. Non si può non mettere in condizioni l’Amministrazione, in questo caso addirittura la magistratura che aveva aperto un’inchiesta e tutti i cittadini di conoscere tutto quello che è successo e permettere a un’azienda privata, che molti dicono assolutamente inaffidabile, di fare quello che è stato fatto.
Mi auguro che di questo si possa discutere non solo in occasione di questa proposta di legge, ma anche successivamente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Vorrei dire a nome dell’Udc, che noi abbiamo esaminato questa proposta di legge. Vi troviamo una novità interessante. L’unica cosa che va messa in evidenza è che il D. Lgs. nazionale che oggi recepiamo con questa proposta di legge, parla per la prima volta della predisposizione di piani di emergenza esterni e proprio l’attualità del grave incidente accaduto nei giorni scorsi all’Api ci dice quanto necessario sia mettere a punto questo aspetto, non tanto e non solo della sicurezza interna agli opifici, agli stabilimenti, ai luoghi dove si lavora e dove c’è una miriade di leggi e normative che già disciplina il tutto quanto l’importanza di mettere in sicurezza anche zone esterne per aziende che producono beni o che utilizzano materiali di grande pericolosità.
Noi dobbiamo essere attenti a un aspetto: in Italia siamo estremamente bravi a creare una produzione enorme di provvedimenti, di norme e di enti di controllo, poi nella fattispecie, a volte tutta questa sovrapposizione di norme e di enti, anziché favorire un’efficacia nell’intervento, crea degli ostacoli e dei problemi. Quindi siamo sempre dell’avviso che bisognerebbe procedere ad una semplificazione legislativa, a un accorpamento di norme anche sulla materia della sicurezza e individuare enti in numero minore, ma che abbiano la giusta professionalità per svolgere il loro ruolo.
Le aziende debbono essere poste in condizioni di lavorare, senza controlli ossessivi, però ci deve essere la certezza del diritto. E’ chiaro che c’è una grande responsabilità e se uno non rispetta le norme, chi sbaglia deve poi pagare. Quindi su questo dobbiamo essere chiari, on vogliamo fare demagogia, vogliamo essere molto concreti, dare la possibilità alle aziende di lavorare nel rispetto delle norme di sicurezza per il bene dei lavoratori e dei cittadini esterni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Questa proposta di legge completa l’impianto legislativo della nostra Regione in materia di controllo sul rischio industriale. La direttiva Ce 96/82 fa osservare come, rispetto alla prima “direttiva Seveso” del 1982, l’attenzione dei controlli vada estesa anche agli aspetti gestionali, oltre che impiantistici. Ciò sulla base della considerazione che dall’analisi degli incidenti rilevanti dichiarati dalla Ue, risulta che “nella maggioranza dei casi, essi sono dovuti a errori di gestione o di organizzazione”.
Il D. Lgs. 334/99 recepisce la direttiva e afferma che le verifiche ispettive vengono svolte allo scopo di “accertare l’adeguatezza della politica di prevenzione definitiva dal gestore e del relativo sistema di gestione della sicurezza”.
Si tratta di procedure già in atto, alle quali noi oggi diamo una sistematicità legislativa, in modo da offrire a tutti gli addetti ai lavori un quadro di sintesi unitario e completo.
E’ questa l’occasione per sottolineare ancora una volta l’esperienza maturata dai nostri organi tecnici e le proficue collaborazioni e integrazioni tra Arpam, autorità ambientale, vigili del fuoco.
Dietro ad ogni articolo di questa legge vi è un consolidato sistema di valutazione, di istruttoria, di consulenza alle istituzioni pubbliche ed intervento nei casi d’emergenza e verifiche in caso di incidenti, malfunzionamenti e disfunzioni in aziende a rischio di incidente rilevante.
Ci attende ora un lavoro di attuazione piena della legge. Per quanto riguarda l’area di Falconara noi ribadiamo pieno appoggio all’assessorato affinché si possa approvare nei tempi previsti il piano di risanamento. Più in generale la frontiera che ora ci attende ritengo sia quella del monitoraggio e del controllo.
E’ necessaria cioè una verifica puntuale e costante di quanto previsto nelle norme che oggi approviamo e in particolare la coincidenza tra quanto descritto dai rapporti di sicurezza e la effettiva realtà aziendale.
Un approccio moderno ed efficiente vuole che sia lo stesso gestore a fornire informazioni sui sistemi di prevenzione e sicurezza. E’ però altrettanto importante che l’ente pubblico possa adeguatamente verificare il sistema di gestione della sicurezza adottato ed effettuare quindi controlli approfonditi sia sul piano tecnico che in merito all’organizzazione gestionale.
Da ultimo la legge riconferma il ruolo degli enti locali che sono chiamati non solo a dare informazioni alle popolazioni e a gestire alcune fasi di emergenza ma anche ad utilizzare gli strumenti urbanistici per affiancare l’azione di monitoraggio, prefigurando di volta in volta il divenire nella politica di gestione del territorio e quindi cercare, anche con lo strumento urbanistico, di modificare i comportamenti delle aziende stesse.
Credo che anche a partire da questa forma di collaborazione nella gestione della politica urbanistica, si possa incrementare il dialogo fra le istituzioni, per portare ad unità la gestione del territorio, tenendo conto di situazioni che possono anche essere a rischio di incidente ma questo, da un sistema di controlli e di programmazione efficace, possa essere tenuto sotto controllo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Vorrei anzitutto mettere in rilievo l’aspetto dei tempi, perché i tempi hanno un senso nella politica della pubblica amministrazione. La direttiva europea è del 1982, sono passati 22 anni. Viene applicata dallo Stato italiano con un decreto legislativo il 17 agosto 1999. Certamente il trasferimento degli indirizzi europei agli stati nazionali è complesso, però dal 1982 al 1999 sono molti anni. La Regione Marche recepisce il D. Lgs. 17 agosto 1999 solo con una legge presentata dalla Giunta il 3 febbraio 2004, che viene in aula nell’autunno del 2004. Ovviamente in questi anni sono passati diversi governi, diverse maggioranze, diversi assessori, però ci si deve chiedere perché i tempi della pubblica amministrazione, i tempi della politica, i tempi dei provvedimenti dell’autorità pubblica nei confronti del territorio e dei cittadini siano così lunghi. Comunque si dice “meglio tardi che mai”, quindi questa è sicuramente una legge che gode della nostra attenzione e del nostro atteggiamento positivo e propositivo, con alcuni limiti che mi sento qui di dire.
Dobbiamo ricordare che in effetti stabilimenti che maneggiano, producono, trasformano sostanze pericolose sono, nella storia della nostra industria, nella storia dello sviluppo industriale, nel tempo stati non solo numerosi, ma addirittura insediati nel territorio in maniera selvaggia, procurando danni alla salute, incidenti estremamente rilevanti con morte di persone e sofferenze terribili per molte altre. Chi non ricorda l’Icmesa o gli stabilimenti di Porto Marghera o anche l’apparato siderurgico di Taranto o la raffineria di Gela? Tutti luoghi dove sono accadute cose che le normative non prevedevano e quindi ognuno era libero di muoversi come meglio voleva. La cultura complessiva di governo del territorio ha portato prima l’Europa, poi lo Stato italiano e finalmente anche la Regione Marche ad adeguarsi a dei comportamenti virtuosi.
La legge, complessivamente è abbastanza ben fatta. Quando si sbaglia bisogna dirlo, soprattutto chi sta all’opposizione, quando, complessivamente, le cose sono positive, bisogna riconoscerlo.
Quali sono gli aspetti sui quali debbo fare dei rilievi? Innanzitutto il meccanismo delle deleghe che è sempre abbastanza positivo. E’ passata, oggi, molto forte, la politica della sussidiarietà che è diventata, per molti, anche una bandiera virtuosa, però su alcune funzioni di tipo ispettivo, di controllo, a volte la centralizzazione è migliore della delega, perché la delega comporta un rapporto più di vicinanza, molto intenso tra l’attività di controllo e gli attori dei processi industriali e questo comporta dei meccanismi di condizionamento psicologico molto forte. Quindi la delega alla Provincia, che tra le sue funzioni amministrative ha sicuramente quelle in materia ambientale, di verifica, di controllo ed è sicuramente una delega avveduta, da certi punti di vista crea un problema di minore autorevolezza rispetto a quello che potrebbe essere l’organo regionale.
Nella legge vengono previsti tutta una serie di passaggi tra cui, all’art. 17, addirittura la consultazione della popolazione. Anche questa misura è importante, poiché il consenso della gente non può essere l’unico elemento di decisione, ma certamente l’impatto con la popolazione è un aspetto importante. Ma quello che manca nell’articolo 15, quello relativo alle misure di controllo, è la partecipazione delle cosiddette associazioni della società civile ai meccanismi di verifica e controllo. Perché? Perché in un mondo in cui la gestione pubblica è sempre più complessa, complicata e anche costosa, la presenza del volontariato per svolgere alcune funzioni di controllo e di verifica è molto spesso più virtuosa della stessa autorità pubblica. Molto spesso sono i cittadini, o i cittadini organizzati nelle associazioni libere, che hanno più attenzione e comunque più zelo e osservazione rispetto alle stesse strutture pubbliche, che proprio perché hanno una complessità fortissima di interessi, di attenzioni, a volte anche in assoluta buona fede sfuggono situazioni che invece possono diventare molto pericolose.
In questo contesto vedrei veramente in maniera positiva l’inserimento tra coloro che sono abilitati al controllo — ovviamente in atteggiamento comune — non solo l’Arpam, non solo l’ispettorato regionale dei vigili del fuoco, ma anche la presenza attiva delle associazioni di volontariato che si occupano del settore.
Altri aspetti estremamente positivi sono la possibilità di accesso del personale alle informazioni, quindi agli stabilimenti. Anche questa è una cosa positiva, perché in passato, molto spesso, c’era addirittura una sorta di diritto privato che tutelava l’accesso e la verifica, invece questa legge norma in maniera chiara, compreso le sanzioni amministrative che però non sono tantissime, perché da 10 a 61 mila euro per alcune lavorazioni, sono una cifra assolutamente ridicola.
Questa legge andrà in funzione a decorrere dalla stipulazione dell’accordo di programma tra Stato e Regione di cui all’art. 72 del D.L. del 1998. E’ evidente che il perfezionamento dell’efficacia della legge è fondamentale, perché una legge funziona quando ha efficacia sui fatti reali e quindi i tempi tecnici che occorrono per farla entrare in funzione ma anche per individuare la perimetrazione delle aree, quindi tutti i piani a cui questa legge si richiama, sono tempi morti ulteriori. Se uno verifica dalla direttiva europea del 1982 al D. Lgs. del 1999 all’approvazione di questa legge nel settembre 2004, sono tempi infiniti.
Infine il discorso che riguarda l’art. 5, comma 5, relativamente all’area dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale, approvata con deliberazione del Consiglio regionale in data 1 marzo 2000, relativamente alla zona di Ancona, Falconara, bassa valle dell’Esino, in pratica la raffineria di petrolio, di benzine Api di Falconara e alcune aziende limitrofe, sulle parte delle quali si è intervenuto, su altre no.
Il discorso del risanamento dell’area è essenziale. Abbiamo letto sulla stampa che alcuni dati fondamentali sull’inquinamento di quell’area erano stati manipolati. L’azienda addetta alla rilevazione — mi sembra che si chiamasse Remedia — era stata in qualche modo forzata a fornire dati difformi rispetto a quelli reali. Questo significa che c’è urgenza e bisogno di applicazione di questa legge.
L’atteggiamento nei confronti di questa legge è positivo, con qualche limite, però c’è bisogno che questa legge sia efficace sul territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Comi.

Francesco COMI. La drammatica e anche tristemente sequenza di incidenti, anche mortali, sui luoghi di lavoro, ci impone costantemente di interrogarci sul nostro ruolo, sulla sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro, sull’adeguatezza dei mezzi, dei controlli, delle ispezioni, sull’efficacia degli strumenti normativi che abbiamo, con la consapevolezza che dobbiamo costantemente aggiornare categorie di pensiero, superare resistenze, conservatorismi.
E’ difficile gestire questa materia con la consapevolezza di soddisfare tante aspettative e soprattutto con l’angoscia, a volte, di non arrivare in tempo. E’ più semplice invece fare demagogia o cadere nella tentazione di farla.
Credo che con questa proposta noi continuiamo coerentemente un’iniziativa senza tregua della maggioranza, dei vari livelli istituzionali a gestire seriamente e da vicino il problema. Tra l’altro la presenza sul nostro territorio di ben 18 industrie a elevato rischio di incidenti rilevanti, alcune delle quali si trovano anche all’interno dell’area ad elevato rischio di crisi ambientale — Ancona, Falconara e la bassa valle dell’Esino — ci impone un’attenzione specifica, nella nostra regione, per seguire da vicino i tre aspetti che il nuovo impianto normativo ci consente di salvaguardare. E’ stato detto la sicurezza interna nei luoghi di lavoro ma anche la sicurezza esterna che riguarda i cittadini abitanti nelle zone limitrofe e la tutela dell’ambiente.
Questa proposta di legge, bene articolata dalla Giunta e dall’assessorato, assolutamente coerente e con un quadro normativo di ispirazione riformatrice, quindi legata ai principi di sussidiarietà, di decentramento e di corresponsabilità tra territorio ed enti locali, completa il quadro normativo e va nella giusta direzione richiamata dal D. Lgs. Nazionale. E’ vero, sconcertano i tempi lunghi: sono passati più di vent’anni, ci voleva un Governo di centro-sinistra nazionale per adottare questo decreto legislativo.
La presente proposta credo faccia chiarezza innanzitutto sul quadro delle competenze tra gli enti locali. Non è vero che complica e appesantisce la normativa, disciplina con chiarezza il quadro delle competenze, distribuendole organicamente tra la Regione, le Province, i Comuni i quali avranno, in diverso modo e a diverso titolo, la possibilità di interferire direttamente nel giudizio sulla gestione degli impianti industriali pericolosi e svolgendo tutti un ruolo integrato di controllo.
Due sono le procedure: quelle che riguardano gli impianti censiti classificati a rischio e quelle che riguardano i nuovi stabilimenti, quelli di nuova costruzione. Rispetto a questo secondo aspetto c’è l’elemento di maggiore novità, perché la Regione assume un ruolo determinante per la costruzione dei nuovi stabilimenti. Innanzitutto attraverso l’articolata procedura che è stata disciplinata e le forme di controllo che ne sono garantite, ma anche la possibilità, da parte della Regione, di non rilasciare il nulla osta a seguito della relazione della commissione tecnica regionale, quindi, di fatto, impedire agli enti territoriali preposti il rilascio della concessione edilizia e quindi la possibilità concreta di realizzare sul territorio l’impianto.
Mentre per quello che riguarda gli impianti già censiti, classificati dallo stesso Consiglio regionale qualche anno fa, esiste anche qui una forma articolata di controllo che consente alla Regione di intervenire direttamente con un provvedimento a conclusione del procedimento avviato, che permette sia di recepire le prescrizioni segnalate, di farle proprie, qualora siano giudicate insufficienti le misure di sicurezza adottate dagli impianti industriali, e addirittura di limitare e sospendere l’esercizio dell’attività. Non sono elementi di poco conto, non sono novità delle quali non tener conto anche in un’iniziativa coraggiosa del legislatore nazionale e regionale. Sono iniziative sicuramente coerenti con un quadro normativo di divisione delle responsabilità da parte degli enti. Non c’è un appesantimento ma c’è semplicemente una volontà di coinvolgere tutti gli enti locali, costruendo un dialogo tra gli stessi ed evitando scelte che ancora oggi rischiano di compromettere un equilibrio territoriale.
Tener conto della tutela di un ambiente quando si realizza un impianto industriale è importante, basti pensare a quanto sta accadendo nella vallata del Potenza alla centrale turbogas che viene realizzata senza tener conto della vocazione di un territorio, vocazione paesaggistica e turistica, oltre che per tutti i rischi ambientali connessi e per la salute dei cittadini.
La legge è importante perché attribuisce competenze sull’individuazione e la perimetrazione delle aree ad alta concentrazione di industrie pericolose, la predisposizione di appositi piani di intervento nelle aree individuate, la definizione di un piano di controllo degli stabilimenti e tutto ciò in collaborazione con l’Arpam e con l’ispettorato regionale dei vigili del fuoco. Importante è l’impegno costante, perché ogni anno la Regione, contestualmente alla pubblicazione dell’elenco delle industrie a rischio, dovrà definire un programma regionale di controllo, sentite le Province. Di non secondaria importanza è il ruolo delle Province, che serve a raccordare un territorio, approvando e attuando i piani di emergenza esterni. E’ vero, questa è una novità della quale dobbiamo tener conto e sulla quale dobbiamo esprimere il giusto giudizio. Piani di emergenza che vanno fatti in collaborazione con la Regione, con l’Arpam, con l’ufficio territoriale del Governo, con il comando dei vigili del fuoco, il Comune interessato, quindi in perfetta aderenza ai principi di sussidiarietà sempre da noi invocati.
E’ importante anche il ruolo che la Provincia ha nella definizione dello strumento urbanistico, con la possibilità di approvare anche eventuali varianti urbanistiche comunali, tenendo conto di una esigenza di equilibrio di un territorio più ampie della sua vocazione.
Questa legge conferma un’aspirazione da tutti spesso invocata: quella del confronto sistematico con la popolazione, con i cittadini e non è trascurabile il coinvolgimento che viene previsto, delle comunità interessate, ovvero la loro consultazione. Credo che sia un giusto coinvolgimento del territorio. Non è demagogia ma significa avere la possibilità di fare una scelta con la giusta consapevolezza dei ruoli e delle opinioni di una comunità articolata e complessa. Lo strumento del referendum è anch’esso importante, ma credo che possa appesantire ulteriormente un procedimento, comunque strumento non escluso, perché tutti i Comuni, con i loro statuti, sulla base dell’attuale DL 267, possono ben utilizzare lo strumento del referendum per consultare le popolazioni di riferimento.
Credo che questo atto, che è stato licenziato in un contesto positivo e di collaborazione dalla Commissione competente, debba richiamare una partecipazione condivisa di tutte le forze, cercando di emanciparsi dalla tentazione di inutili demagogie e di sterili contrapposizioni politiche e di schieramento. Abbiamo l’occasione di farlo su un tema importante come quello della sicurezza nei luoghi di lavoro, quindi invito Forza Italia ad avvicinare le proprie posizioni, come aveva fatto fino ad oggi nella Commissione e a sostenere con forza e convintamente una proposta alla quale, nei prossimi giorni, saremo impegnati a dare attuazione concretamente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. I giornali di oggi sono pieni delle dichiarazioni che gli amministratori della Regione, della Provincia, del Comune di Falconara fanno relativamente al protocollo dell’Api, tutto da rivedere. Vorrei a questo proposito ricordare alcuni “pezzi” della nostra precedente discussione in Consiglio regionale, in cui tutto abbiamo fatto meno che attivare una procedura di revoca per la raffineria Api relativamente a quell’incidente rilevante che si è determinato l’8 settembre. Cosa voglio dire? Che molto spesso ci sono vari livelli in questa nostra discussione: il livello legislativo, poi una carenza forte nel livello di gestione.
Voglio ricordare le dichiarazioni che ha fatto l’assessore Amagliani su Liberazione al momento della questione del bitume nella spiaggia. “Non ci sono risvolti di carattere ambientale”, ha dichiarato l’assessore Amagliani il 9 settembre 2004. Così pure il comunicato del 9 settembre 2004 diffuso dalla raffineria Api diceva “Sono state adottate già da ieri tutte le misure di messa in sicurezza per il contenimento del modesto quantitativo di bitume fuoriuscito nel corso dell’evento in direzione del fosso Rigatta”. Oppure, ancora: “il bitume contenuto nel serbatoio TK 145 si è sversato in un’area” e l’Api lo definisce “modesto quantitativo di bitume fuoriuscito nel corso dell’evento in direzione del fosso Rigatta, un prodotto semisolido su un’area quasi totalmente impermeabilizzata dalla pavimentazione dunque l’azienda esclude l’immissione nel sottosuolo di sostanze imputabili all’evento”.
Cosa voglio dire? Che hanno purtroppo ragione i comitati dei cittadini. Voglio leggere una loro dichiarazione fatta in questi giorni: “Crolla il tentativo di minimizzare l’impatto sul mare dell’incendio dell’8 settembre. Avevamo ragione, purtroppo: una contaminazione da idrocarburi (bitume) così ingente nel mare che amiamo, in cui siamo cresciuti e che, nonostante tutto, continuiamo a frequentare, non era mai accaduta. Tutti i presidi e i dirigenti di quegli istituti scolastici delle medie superiori che hanno fatto visitare od organizzato stage di formazione con la raffineria Api, dovrebbero coscienziosamente far accompagnare gli studenti lungo la spiaggia che corre da Torrette alla Rocca di Falconara per una sana lezione sul campo delle conseguenze sull’ambiente e la vita di tutti determinate dalla raffineria Api di Falconara. Noi, insieme ai nostri figli, abbiamo monitorato la spiaggia tutti i giorni e con l’ausilio delle numerosissime segnalazioni dei cittadini abbiamo documentato fotograficamente, filmato e pubblicato gli spiaggiamenti di bitume su tutto il litorale falconarese. Alla fine, di fronte all’evidenza delle matasse di bitume rastrellate dai sommozzatori di fronte al fosso Rigatta, è crollato il tentativo di minimizzare l’impatto sul mare del bitume fuoriuscito dall’esplosione del serbatoio TK 145 della raffineria Api. La responsabilità materiale di questo scempio è la raffineria Api e i suoi dirigenti, che da anni stanno dimostrando di essere inaffidabili. Una inaffidabilità che ha determinato il mortale incidente dell’8 settembre e gli incalcolabili costi ambientali che stanno emergendo in queste ore. I responsabili di tutto questo, se per incapacità o per negligenza lo stabilirà la magistratura, non hanno saputo controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzare gli effetti e limitare i danni per l’uomo, per l’ambiente e per i beni e non hanno saputo mettere in atto le misure necessarie per proteggere l’uomo e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, come prescrive il DL 334 del 17.8.1999” e come prescrive la legge che oggi stiamo approvando. “Dopo che in questi giorni i cittadini si sono cercati da soli le informazioni che riguardano l’ambiente in cui vivono e le hanno rese disponibili alle amministrazioni e alle autorità, è ora che le autorità e le amministrazioni pubbliche informino davvero i cittadini e gli operatori turistici non solo di Falconara ma di tutte le città rivierasche, che rischiano di ritrovarsi il bitume sulle spiagge al fine di riconoscere gli eventuali rischi sulla salute, per prevenire il più possibile i danni che potrebbero esserci all’economia ittica e turistica. Per questo chiediamo che i cittadini siano informati...” ecc.
Perché ho letto ciò che dicono i comitati? Perché questa legge, che altro non è che il recepimento della “direttiva Seveso” 334 e che ne segue esattamente i contenuti, perché un combinato disposto della lettura dell’una e dell’altra porta a un inequivocabile testo di questo genere, può essere il pannicello caldo di questa Amministrazione, dopo essere stata profondamente nuda di fronte alle responsabilità di quanto avvenuto l’8 settembre. Speriamo che prima o poi ci sia un sussulto di responsabilità da parte della Giunta regionale e si abbia un atteggiamento più dignitoso nel rispetto della dirigenza della raffineria Api e si possa rivedere quello che non si è avuto il coraggio di fare nel Consiglio precedente relativamente alla concessione Api.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Colleghi consiglieri, vorrei ripartire il mio intervento in due fasi specifiche, una che parla dell’argomento, l’altra che parla alle cose che ho ascoltato, perché credo che necessitino di una risposta puntuale e precisa.
Il decreto legislativo n. 334 del 17 agosto 1999 (cd. Seveso 2) — alla mia nomina quale assessore all’ambiente questa legge giaceva in conferenza delle autonomie da un anno e mezzo circa, senza che nessuno si degnasse di farla andare avanti? Ad ognuno le proprie responsabilità. La mia responsabilità è quella di avere partecipato ad una sola conferenza delle autonomie, avere sbloccato questa legge e averla mandata avanti nei tempi che questo Consiglio regionale si è dato, si dà e che tutti noi conosciamo — prevede all'art. 18 la disciplina dell'esercizio delle competenze amministrative in materia di incidenti rilevanti da parte della Regione: il conferimento delle competenze avverrà subordinatamente all'adozione della specifica normativa regionale, seguita dalla stipula di un accordo di programma tra Stato e Regione Marche, ai sensi dell'articolo 72 del D. Lgs. n. 112/1998. Pertanto, il Dipartimento Territorio e Ambiente ha predisposto questa proposta di legge sul rischio industriale, che vuoi regolamentare un settore strategico per lo sviluppo regionale:
L'elenco delle industrie a rischio presenti sul territorio della regione Marche comprende n. 18 stabilimenti industriali, tra i quali la raffineria API di Falconara M.ma (decreto dirigenziale n. 71 del 10 marzo 2003).
Il dispositivo legislativo si compone di 19 articoli: vengono individuate le specifiche procedure per gli stabilimenti esistenti (art. 9) e per quelli nuovi (art 10) soggetti alla presentazione del rapporto di sicurezza, con l'emanazione del provvedimento conclusivo di competenza della Regione (art 2).
L'attuale Comitato Tecnico Regionale (presso la Direzione Interregionale dei Vigili del Fuoco, di cui al DPR n. 577/1982) verrà sostituito dalla prevista Commissione Tecnica Regionale sui rischi di incidente rilevante" (art. 8), che effettuerà le istruttorie: nella composizione della "Commissione" verrà salvaguardata la preziosa esperienza acquisita dai Vigili del Fuoco, affiancati dall'Arpam e la sua istituzione avverrà con Decreto del Presidente della Giunta Regionale.
Inoltre, la Regione dovrà individuare le aree ad elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi (artt. 2 e 5) e svolgere il controllo e la vigilanza sugli enti preposti all'attuazione della legge.
Le Province approveranno i Piani di emergenza esterna per le industrie interessate (art. 6) finalizzati al controllo degli incidenti e l'eventuale variante urbanistica sul controllo dell'urbanizzazione adiacente le industrie (art. 3).
Ai Comuni spetterà la diffusione delle informazioni sulle attività a rischio di incidente rilevante (art. 13) e l'adozione dell'eventuale variante urbanistica sul controllo dell'urbanizzazione (art. 4).
Infine, nei casi previsti dal decreto 33/199, sono disciplinate forme di consultazione della popolazione (art. 14).
Le attività di vigilanza e controllo, i cui costi sono a carico dei gestori degli stabilimenti come previsto dal decreto, verranno effettuate dal l'Arpam (art. 15) mediante visite ispettive in collaborazione con i Vigili del Fuoco.
Attualmente la Regione ha già il compito di vigilanza, tramite ispezioni e Controlli (art. 25 del decreto 334/99) per le sole industrie soggette agli obblighi dell'art. 6 dello stesso: per quest'ultimo adempimento, stante la carenza di personale adeguatamente formato, l'ex Servizio Tutela e Risanamento Ambientale con l'ex Ispettorato regionale dei Vigili del Fuoco e l'Arpam ha organizzato un primo corso per «verificatori ispettivi sui sistemi di gestione della sicurezza» (novembre/dicembre 2001) che ha coinvolto personale deII'Arpam e dei Vigili del Fuoco (tra i primi corsi realizzati in Italia) ed ha consentito l'avvio nell'anno 2002 del 'programma di controllo" (D.G.R. 437/2002) sulle industrie mediante visite ispettive, con cadenze periodiche (tranne quelle soggette all'art. 8, ancora di competenza ministeriale fino all'emanazione della normativa regionale e successiva stipula dell'accordo di programma).
Da ultimo si sottolinea che, in data 29 luglio 2002, è stata firmata una convenzione tra il dirigente dell'ex Servizio Tutela e Risanamento Ambientale e l'ex Ispettore regionale dei Vigili del Fuoco (con il coinvolgimento dell'Arpam) per l'attuazione degli adempimenti derivanti dal D. Lgs. n. 334/99: questa convenzione è la prima siglata a livello nazionale (con l'assenso formale del Ministero dell'interno), proprio nella prospettiva di un trasferimento concertato delle competenze.
Questo per quanto riguarda l’articolato tecnico di questa legge .Posso soltanto aggiungere che abbiamo, oggi, un ulteriore tassello che ci mette nelle condizioni di controllare ancor più e ancor meglio ciò che prima non era una nostra competenza. Ma ho visto che in quest’aula si è colta anche questa ulteriore occasione per parlare d’altro, ma non d’altro perché non c’entri e perché io voglia sfuggire questa materia. Non solo non la voglio sfuggire ma la voglio affrontare a viso aperto, come l’ho sempre affrontata a viso aperto: lo farò in quest’aula e proprio questa mattina al mio partiti e a tutte le organizzazioni ambientaliste di questa città, di questa provincia e di questa regione chiedo che vengano fatte sul territorio iniziative specifiche in cui siamo invitati io e tutti coloro che hanno avuto, comunque, una parte in questa partita delicatissima che ha riguardato la raffineria Api di Falconara Marittima.
Ma vedo che si arriva qui addirittura a sfruttare una dichiarazione che peraltro non era in questi termini, su Liberazione che è il mio giornale nazionale, quando la giornalista Valeria Rey mi chiede notizie, a poche ore dall’incidente, quando ancora nulla si sapeva del livello di inquinamento, e il sottoscritto — che non è né un falso né un cretino — ”pare a tutt’oggi che non ci siano problemi ambientali e quindi sembra che ad ora l’unica questione riguardi, purtroppo, un operaio deceduto”. Questo è quello che dichiaro — ma la mia dichiarazione era molto più lunga — e poi rifaccio l’excursus di tutti i problemi. Ma questo, ovviamente, si evita di scriverlo, si evita di dirlo qui, evitano di scriverlo i cosiddetti comitati cittadini di Falconara Marittima. Se c’è un meccanismo ambiguo, è quello di estrapolare una riga da un contesto generale. Questo è un meccanismo ambiguo. Ma altre cose ho ascoltato qui, e allora posso soltanto dire che il sottoscritto ha partecipato, due giorni fa, a un incontro specifico, mai fatto fino ad ora da nessun altro, a cui erano presenti la capitaneria di porto, l’Icram, i vari Comuni interessati dell’area ad alto rischio, l’Arpam, per stabilire correttamente quali erano le competenze e di chi. Viene fuori che la competenza primaria relativamente alla questione del bitume sversato in mare attiene al Ministero dell’ambiente, che deve, in quel momento specifico, far partire i mezzi della capitaneria di porto, i quali debbono controllare qual è il livello di inquinamento, poi parte la procedura per il recupero, perché ovviamente quel livello di inquinamento da bitume potrebbe essere pericoloso. Questo è stato fatto, non perché ha agito il Ministero dell’ambiente ma perché ha agito l’assessore all’ambiente di questa Regione e nessun altro. Dopodiché posso soltanto dirvi che oggi l’Arpam, l’agenzia regionale per l’ambiente delle Marche lavora in strettissima collaborazione con i carabinieri del Noe e con la procura della Repubblica di Ancona. Io non ho mai nascosto nessuno e non intendo farlo, siano resi noti tutti i dati. Tra l’altro non c’è alcuna possibilità che le cose siano in modo diverso, nel senso che tutti gli atti, tutte le relazioni sono atti e relazioni pubblici, dei quali qualsiasi cittadino, qualsiasi autorità, qualsiasi istituzione può venire in possesso in qualsiasi momento. Se qualcuno ha omesso qualcosa, questa è ancora una nazione limitatamente libera, e allora credo che ci siano gli organismi preposti. Se una qualche denuncia deve essere fatta, tutti in quest’aula sanno che dal 1990, dalla partenza della famosa legge 142 c’è una ripartizione delle responsabilità, ci sono delle responsabilità tecniche, ci sono delle responsabilità politiche. Dal punto di vista politico io ho sempre evitato il populismo, ho sempre evitato le sceneggiate, ho sempre detto ai miei uffici, da quando sono arrivato qui e da quando ho svolto altri incarichi “andate avanti fino in fondo” su questa questione, sui controlli all’Api, sulle cave, su qualsiasi argomento che abbia un’attinenza legata alla tutela ambientale. Tutti sanno che queste sono state le mie indicazioni politiche. Se qualcuno sa dell’altro, ve lo dico come lo disse l’ex sindaco di Torino Diego Novelli, “andate alla procura della Repubblica”. Se qualcuno sa dell’altro, vada a rivolgere queste accuse alla procura della Repubblica e ognuno pagherà per quelle che sono le proprie responsabilità. Credo che siano affermazioni precise, anche pesanti, me ne assumo tutta la responsabilità, ma non posso che rispondere in questo modo.
Ho apprezzato le parole del consigliere Ciccioli, con il quale ho avuto un diverbio nell’ultimo Consiglio, del tutto politico, il quale riconosce, comunque, la bontà di questa normativa. Come posso non notare — lo facevo ieri mentre incontravo il sindaco Carletti, il presidente della Provincia di Ancona assieme al Presidente Vito D’Ambrosio — alcune cose? Leggerò anche il comunicato, perché qui si dice “oggi i giornali dicono”. E’ bene che si legga ciò che si è scritto, non ciò che si è detto e ciò che si è scritto è esattamente questo: “Dopo un franco e sereno confronto e visto quanto di seguito riportato, visto il protocollo d’intesa 2 novembre 2002...”. Il protocollo d’intesa 2 novembre 2002 prevedeva che Comune, Provincia e Regione collaborassero per la realizzazione di una proposta di legge regionale sulle aree ad elevato rischio: fatto; una proposta di legge regionale sulle industrie a rischio di incidente rilevante: fatto; nodo infrastrutturale di Falconara Marittima, famoso by-pass: oggi, stranamente, nessuno ne parla più, è uno degli elementi strutturali presenti e voluti in modo particolare dal Comune di Falconara Marittima, perché quel piano regolatore ha la necessità assoluta, per essere realizzato, che vi sia una struttura di questo tipo, però oggi, chi fino a ieri faceva della sua battaglia la battaglia contro il by-pass, non ne parla più. Ma è qui e anche questa è una cosa che è arrivata alla fine. Poi, rinnovo concessione raffineria Api, anche in sintonia con le legittime aspirazioni del governo locale del territorio indicate dal Comune di Falconara Marittima; piano integrato di risanamento ambientale: lo si sta facendo, sta andando avanti, seppure nelle difficoltà dovute alla mancanza di personale. Tutti voi sapete che in quest’ultimo periodo moltissimo è stato fatto anche in termini di personale e proprio ieri la Giunta regionale delle Marche ha approvato un affidamento di ulteriori 100.000 euro all’Arpam per personale competente che faccia queste verifiche specifiche e il sottoscritto ha chiesto ulteriori quattro unità destinate alla questione dell’area ad alto rischio, destinate a far vivere questa normativa.
Secondo punto dell’intesa di ieri: “vista la risoluzione adottata dal Consiglio regionale delle Marche”. Ne prendiamo atto tutti: Comune, Provincia, Regione. “Sentita la discussione avvenuta in Consiglio provinciale di Ancona, che ha fatto propria la risoluzione del Consiglio regionale delle Marche; vista la nota del Comune di Falconara Marittima del 13 settembre 2004”, la quale dice “E’ giunto il momento di aprire un altro scenario e di collaborare per confrontarci rispetto a questa problematica”. Poi: “Concordano di verificare la compatibilità dell’impianto di cui trattasi con il territorio circostante e le scelte urbanistiche locali, nell’ottica di uno scenario che preveda un possibile sviluppo strategico alternativo agli attuali assetti economico-territoriali”, la stessa identica frase che è nella risoluzione dell’ultimo Consiglio regionale. “In tale contesto si reputa necessaria la rivisitazione del sistema prescrittivo e del protocollo d’intesa, al fine di gestire al meglio il percorso indicato”. E’ la stessa identica cosa, seppure detta con parole diverse, da me pronunciata in quest’aula quando abbiamo parlato dell’incidente occorso alla raffineria Api: ho detto in maniera molto chiara che questo incidente metteva in evidenza come quel protocollo, quelle prescrizioni, seppure in quel momento ritenute il punto d’arrivo più alto possibile, dimostrano di essere necessarie, quindi l’imprescindibilità di rivederle e di rafforzarle, per mettere sempre più in sicurezza i cittadini, i lavoratori e assicurare la tutela ambientale.
Queste sono le cose che sono state fatte. Ho sentito anche altre cose minimali, come quelle che diceva il consigliere Brini. Mi fa piacere che un consigliere di Forza Italia in qualche modo si incammini sulla strada che da tanto tempo sta percorrendo il partito della Rifondazione comunista, relativamente, per esempi alla questione del bilancio partecipativo, che si pone il problema di sempre più confrontarsi con i cittadini e fare scelte che sempre più siano legate alle loro esigenze. Ora sento che il consigliere Brini chiede una maggiore partecipazione. Sono perfettamente d’accordo. Però all’art. 14 c’è scritto esattamente questo. Oppure si dice “diamo maggiore potere alle autonomie locali”. Questa proposta è stata un anno e mezzo in conferenza delle autonomie e nella conferenza delle autonomie sono presenti l’Anci e l’Upi. L’abbiamo rigirata come un calzino e nell’ultima conferenza abbiamo raggiunto un punto di sintesi, che è quello che è stato proposto. Io dico che dobbiamo licenziarla così com’è, ma se nel prosieguo ci saranno appunti, atteggiamenti, indirizzi migliorativi, ben vengano. Credo che in qualsiasi momento potremo aggiungere o modificare un articolato e renderlo migliore di quello che è.
Tutto ciò non per salvaguardare me stesso o la mia attività. Io ho la coscienza di chi ha affrontato a viso aperto le proprie responsabilità. Non ripeto ciò che ho detto in precedenti occasioni, lo farò non più in quest’aula, intendo farlo in modo pubblico con i cittadini.
Tutti oggi parlano di necessità di verità, tutti parlano di un mare di bitume e di un mare di menzogne. Vorrei capire quanto bitume c’è, chi dice menzogne e qual è la verità.
Per questo invito i miei interlocutori a momenti pubblici di confronto per valutare davvero ciò che è stato fatto e non ciò che è stato solamente detto. Nessuno, ad oggi, ha una proposta alternativa, tutti parlano d’altro ma nessuno l’ha costruita. Io sto tentando di farlo.

PRESIDENTE. Per dichiarazione di voto ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Poche considerazioni, perché la relazione del compagno e collega Martoni è stata molto precisa e puntuale.
Nelle Marche esistono 18 siti a rischio con possibilità di incidente rilevante. I fatti dell’Api ultimi hanno messo in evidenza che anche le Marche non solo non sono indenni da questa possibilità, ma purtroppo hanno un primato di incidenti e di morti sul lavoro. Il trasferimento di competenze alle Regioni quindi, definisce meglio la normativa per quanto riguarda queste possibilità. Tali competenze regionali si dovrebbero e si dovranno caratterizzare, a breve, con un protocollo d’intesa che preveda un accordo di programma tra gli organismi regionali, extraregionali e tutti i soggetti istituzionali.
Secondo noi questa legge è importantissima, perché definisce e ridefinisce la funzione complessiva di tutti i soggetti, assegna compiti più precisi al sistema degli enti locali, sia per le attività esistenti, ma soprattutto per le nuove attività a rischio di incidente rilevante, con una novità: prevede la consultazione dei cittadini interessati.
Tuttavia esiste un limite esterno che non deriva dalle Marche o dalle Regioni. Il limite è caratterizzato dal cosiddetto federalismo, perché si attribuiscono funzioni agli enti locali senza risorse. In questo senso le Regioni non si troveranno più, in questo come in altri settori, sullo stesso piano, ci sarà, anche sul versante della sicurezza, una selezione tra Regioni ricche e Regioni povere, proprio perché la cosiddetta autonomia finanziaria, di fatto, porrà questa selezione. Ecco allora che partendo proprio dal protocollo dell’Api, integrandolo con questa legge si deve fare un passo in avanti: da un lato la critica ad una concezione nazionale di tipo federativo astratto, ma dall’altro una nuova concezione di bilanci regionali che debbono destinare più risorse alla prevenzione e alla sicurezza.
E’ in questo senso che il gruppo dei Comunisti italiani voterà a favore di questa proposta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Nella relazione molto esaustiva che è stata fatta su questa proposta di legge da parte del capogruppo del mio partito Ciccioli, che condivido — tra l’altro anche apprezzata dallo stesso assessore — noi diciamo che questa legge era indispensabile avere, eccetto alcuni particolari. Però è una proposta di legge che andiamo a votare nel 2004, quindi votiamo qualcosa che viene ad essere disciplinato secondo quanto disposto dall’art. 18, comma 1 del D. Lgs. 17 agosto 1999 che a sua volta è un’attuazione della direttiva 96/82 della Comunità europea. E’ qui che mi vengono alcune considerazioni. Se fossimo andati a risalire a queste date e se fossimo stati più coerenti e avessimo fatto prima quello che andiamo a fare oggi, probabilmente alcune cose che sono avvenute non sarebbero successe, in riferimento soprattutto a ciò che è avvenuto nell’area dell’Api. Se andiamo a risalire a quelle date, gli eventi luttuosi sono avvenuti nel 2000 e nel 2004. Se fossimo intervenuti con coerenza e sollecitamente in riferimento a quello che c’era precedentemente, quetse situazioni non si sarebbero verificate.
Abbiamo votato a favore della risoluzione nel precedente Consiglio, siamo d’accordo e riconosciamo le prese di posizione da parte dello stesso assessore e della Giunta, però sempre successivamente ad eventi luttuosi. Si è consentito il prosieguo dell’attività quando è stata data l’autorizzazione per l’impianto IGC, senza il quale, probabilmente, vi sarebbero state situazioni particolari. Rispetto a un impianto come quello, che fa tornare alla stessa azienda capitali enormi, per quale motivo noi, come istituzione — in questo caso lo chiedo a lei, assessore, come rappresentante dell’istituzione — non pretendiamo che questa azienda vada ad investire concretamente per la messa in sicurezza di questi impianti? Non lo vado a chiedere con quelle che potevano essere le entrate del 1985 o del 1990, ma lo pretendo nel momento in cui la Regione Marche ha permesso un investimento di 2.000 miliardi, che ha portato un ritorno economico importantissimo. I ritorni devono essere investiti nella sicurezza di quegli impianti per la produzione di energia.
Nonostante questa proposta di legge sia tardiva negli adempimenti, mi pongo delle domande. E’ vero che oggi in questa proposta di legge facciamo riferimento alle Province e ai Comuni, però qualche volta gli enti locali potevano essere più decisi e più concreti nell’adempiere a certe competenze. Questi controlli attinenti le questioni ambientali è vero che oggi vengono fatti, però noi vogliamo sapere, specialmente nel momento in cui avvengono certi eventi luttuosi, se ci sono delle carenze e delle inefficienze da parte di alcuni tecnici o di alcuni dirigenti della nostra Regione, se le istituzioni che sono preposte ad ottemperare a questi adempimenti, hanno svolto fino in fondo la loro funzione o se, segnalando prima questi errori, avrebbero risolto questi problemi.
Chiudo dicendo che non è il federalismo che ci permette di dire se ci sono o non ci sono i fondi, perché in questa Regione, indipendentemente dal discorso del federalismo, quando si fanno programmazioni si devono dare meno incarichi agli esterni, facendo riforme concrete sulla sanità, non come quella fatta con la Asur. In questo modo, molto probabilmente potremmo avere fondi disponibili per poter adempiere a ciò che viene predisposto, oggi, su questa legge.
Alleanza nazionale dà un segnale concreto, astenendosi dal voto della legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Il gruppo di Rifondazione comunista voterà favorevolmente questa proposta di legge importante. Per la prima volta si disciplina in maniera coerente e sistematica le competenze, le procedure, gli strumenti di pianificazione e di controllo delle attività industriali e ad alto rischio presenti nella nostra regione.
Nelle Marche esistono numerose zone ad alta intensità abitativa, in cui si svolge questo tipo di attività industriali, oggettivamente pericolose per le persone, per l’ambiente e per i luoghi in cui risiedono. Due esempi che sono già stati citati in questo dibattito. Il primo è quello della raffineria Api di Falconara, il secondo quello dell’Elttrocarbonium di Ascoli Piceno. Essi danno l’idea della dimensione del fenomeno nella nostra regione. Queste localizzazioni industriali, che oggi appaiono del tutto inadeguate rispetto allo sviluppo avuto dal nostro territorio, sono l’eredità di un modello di crescita e di sviluppo economico del passato, un modello di sviluppo distorto, fondato sulla crescita quantitativa della produzione e sul disinteresse rispetto alle conseguenze di carattere ambientale e sociale che questo tipo di industrializzazione poteva portare.
Noi riteniamo che in prospettiva bisogna agire per riqualificare l’apparato produttivo della nostra regione, perché accanto a questi grandi impianti esistono problemi di compatibilità e di sostenibilità delle attività produttive, anche di piccoli impianti diffusi sul territorio ma concentrati, come alcuni distretti industriali.
Vi è quindi la necessità di una riconversione non solo degli impianti maggiori a più alto rischio, ma di una riqualificazione complessiva del tessuto produttivo della nostra regione. Questo non vuol dire rinunciare alla possibilità e alla necessità di uno sviluppo industriale delle Marche. Le Marche sono una delle regioni con il più alto tasso di industrializzazione nel nostro paese. Questa caratteristica deve essere salvaguardata. Noi riteniamo che la vocazione industriale delle Marche non vada perduta. Si tratta soltanto di fare un passo in avanti sviluppando la qualità della produzione e intervenendo nelle aree di maggiore congestione ambientale.
Naturalmente per fare tutto questo occorrono non solo buone leggi e buoni strumenti di programmazione e di controllo ma innanzitutto le risorse umane, le risorse finanziarie, le risorse strutturali necessarie per operazioni di questo tipo.
A questo proposito non si può non rilevare come la Regione, gli enti locali — Comuni, Province — da soli non sono assolutamente in grado di far fronte alle necessità derivanti da questo nuovo progetto. Occorre un intervento nazionale e, in alcuni casi, addirittura un intervento europeo. Ad esempio, è tale la situazione per quanto riguarda l’ipotesi che noi sosteniamo, in prospettiva, di una dismissione e riconversione di impianti come quelli dell’Api e dell’Elettrocarbonium.
E allora non si può anche non rilevare, contemporaneamente, che invece la politica economica e finanziaria di questo Governo procede in senso esattamente opposto rispetto alle necessità: i continui tagli finanziari alle Regioni e agli enti locali penalizzano non soltanto il sistema di protezione sociale, quindi limitano i diritti sociali dei cittadini, ma impediscono anche operazioni di riconversione e riqualificazione dell’apparato produttivo territoriale nel nostro paese e l’indirizzo di politica economica che esce confermato dalla legge finanziaria che il Governo si accinge a presentare non consentirà nel prossimo futuro, di rendere questa legge uno strumento adeguato, non soltanto per rafforzare i controlli di tipo amministrativo, tecnico e burocratico, ma anche per lanciare nuovi progetti di sviluppo.
Infine voglio sottolineare l’aspetto forse più importante di questa legge, che è il ruolo riconosciuto e formalmente definito dei meccanismi di partecipazione delle popolazioni, delle comunità locali rispetto all’assetto produttivo dei propri territori. Le lotte che in questi mesi ci sono state, da Scansano ad Acerra, dimostrano che le attività produttive, soprattutto quelle di alto impatto ambientale, possono e debbono essere realizzate soltanto quando le popolazioni che devono convivere con quegli impianti, sono favorevoli.
Da questo punto di vista penso che nel futuro, nella nostra regione, anche attraverso lo strumento di questa legge, bisognerà tenere più conto di quanto non si è fatto finora, dei bisogni e delle opinioni delle popolazioni e delle comunità che vivono fianco a fianco con questi impianti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Colgo con il solito interesse il fatto che Ricci fa rientrare anche su questo argomento una polemica sulla finanziaria nazionale. Ci sta bene, quindi non ci scandalizziamo: ormai su ogni argomento parliamo del Governo...
Invece mi è parso un appunto costruttivo quello che faceva Procaccini, quando paventava il fatto che una eccessiva frammentazione regionalistica o federalista su un certo tipo di regolamentazione, può creare disparità sul territorio nazionale. Tengo a precisare, su questo, che l’Udc ha presentato precisi emendamenti, affinché su alcune cose di cui abbiamo parlato in questi giorni, soprattutto programmazione energetica e sicurezza, ci sia un rafforzamento della legislazione nazionale. Lo ribadisco perché a questo crediamo particolarmente.
Per quanto riguarda invece questo fatto specifico, noi preannunciamo il voto di astensione, sostanzialmente sottolineando quello che diceva il relatore di minoranza Brini, cioè che viene prevista la possibilità di “sentire” popolazioni interessate — non mi pare di avere sentito se il parere è vincolante o no — ma se vengono soltanto “sentite” è come una presa in giro. Inoltre non mi pare che ci sia un coordinamento forte tra i livelli istituzionali Comune, Provincia, Regione. C’è quindi il rischio che le autorità di controllo si controllino tra loro ma non controllino l’oggetto. Però questo è rimesso alle capacità e alle sensibilità anche professionali e tecniche.
Quindi, costruttivamente diamo un voto di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Noi voteremo a favore di questa proposta di legge, perché come già è stato sottolineato, viene ad avere un valore rilevante in attuazione dei decreti nazionali che per la verità ancora devono essere perfezionati e che potrebbero in qualche modo incidere anche sulla regolamentazione regionale. Ma al di là di questo per la prima volta veniamo a regolamentare una questione fondamentale per lo sviluppo industriale della nostra regione e questa regolamentazione dovrebbe metterci al riparo, per il futuro, da quegli errori che in passato più volte sono stati fatti per non avere sufficientemente valutato lo sviluppo di alcuni impianti industriali, in termini di loro potenziamento ed espansione e, ovviamente, pericolosità, in rapporto allo sviluppo urbanistico delle città circostanti. Anche negli ultimi tempi abbiamo avuto a che fare con delle situazioni che i Comuni hanno affrontato in termini abbastanza isolati, realizzando, tra l’altro, delle discussioni piuttosto accese all’interno delle singole comunità, per dire sì o no ad impianti industriali che, pur non avendo un impatto eccessivamente forte con il contesto naturalistico, paesaggistico ed abitativo, comunque ponevano dei problemi seri in termini di sicurezza e di tutela per le emissioni.
Finalmente questa legge ci propone di programmare, di disciplinare, vigilare, controllare tutta questa materia, pertanto credo che sia uno dei passi fondamentali riguardo a questa normativa. Teniamo conto, comunque, che è una normativa che parte da oggi e che sicuramente avrà bisogno nel tempo di essere verificata, di essere implementata rispetto alle molteplici funzioni che la Regione viene ad avere e alle interrelazioni territoriali che questa legge impone tra Regione ed enti locali nell’esame dei nuovi insediamenti produttivi.
E’ chiaro che uno dei problemi fondamentali sarà proprio quello urbanistico, che chiama in causa anche la Provincia, che viene ad avere, attraverso il Ptc, un nuovo strumento urbanistico forte di intervento sul territorio e che non può non avere riscontro anche in una nuova capacità di gestione del territori, così come dovremo definire nella nuova legge urbanistica.
Pongo l’attenzione su alcuni aspetti, due in maniera particolare, di cui dovremmo tener conto perché la legge abbia una efficacia assoluta rispetto agli obiettivi che si pone.
Il primo riguarda sicuramente la capacità di intervento della Regione, che addirittura ha una funzione di assistenza tecnica per le funzioni previste dalla legge. E’ una delle funzioni comprese nell’articolo 2 e da questo punto di vista impone alla Regione un adeguamento strutturale che deve corrispondere a questa nuova dimensione normativa e credo che se il Governo centrale non consentirà un potenziamento, una possibilità di avere a disposizione risorse per una organizzazione adeguata, molta parte della legge potrebbe rimanere inevasa.
Ritengo che sia necessario l’adeguamento, non soltanto strutturale per quanto riguarda i tecnici che dovranno sovraintendere la normativa e i controlli, ma anche tecnologico, perché su queste materie viene ad essere uno degli aspetti rilevanti della organizzazione stessa del controllo e anche della valutazione degli impianti. Ma soprattutto insisto sulla vigilanza, perché dovremmo dotarci di quella strumentazione che fino ad oggi si è riusciti a mettere in piedi grazie agli sforzi della Regione e che in futuro, grazie a questa funzione, dovranno essere moltiplicati, anche perché avremo a disposizione un sistema anche sanzionatorio che ci potrà consentire di intervenire efficacemente sulle questioni rilevanti.
L’altra questione che vorrei sottoporre e che potrebbe consistere in una di quelle che saranno le modificazioni del testo che dovremo fare di qui in futuro, per mettere a punto tutta la normativa, è il rapporto anche con le organizzazioni sociali e del lavoro che nella commissione tecnica regionale non sono ricomprese. Credo che uno degli aspetti fondamentali che abbiamo potuto verificare anche nella circostanza di cui abbiamo discusso nel passato Consiglio circa la questione Api, è proprio quello di coinvolgere le maestranze in questa operazione, perché se non riusciamo a salvare anche in questa funzione di controllo e di nullaosta rispetto ai nuovi impianti, le organizzazioni dei lavoratori, il rischio di realizzare dei dissensi piuttosto forti è elevato. Ecco perché il coinvolgimento preventivo delle forze del lavoro credo sia uno dei dati di cui dobbiamo tener conto. Ce lo dice l’esperienza: è inutile creare lacerazioni che possono poi essere difficilmente sanate nelle comunità, allorché il dato occupazionale viene usato come arma di ricatto per la continuazione di impianti industriali e la sicurezza esterna viene ad essere sacrificata, qualche volta, anche per esigenze di carattere occupazionale. Pertanto questa dialettica dovremmo evitarla, dovremmo tentare di approfondire la nostra capacità di intervento coordinato, che ci possa consentire di non cadere più nelle trappole di questo genere.
Come è stato detto, la legge prevede, evidentemente, un aspetto burocratico non indifferente. Per la verità credo che siano delle garanzie ineludibili dal punto di vista della sicurezza ambientale e della cittadinanza e credo che, tra l’altro, la burocrazia viene ad essere una osa necessaria, allorché funziona, mentre viene ad essere un ostacolo allorché diventa inciampo, ostacolo. Ecco perché da questo punto di vista occorre la necessaria attenzione a che i sistemi amministrativi siano coordinati nel modo più opportuno possibile, in modo tale che on siano coinvolti processi a discapito di una procedura spedita, soprattutto chiara, che consenta di mettere in grado la Regione e gli enti locali di affrontare queste tematiche nella maniera più adeguata.
Avremo degli ulteriori sviluppi, come ho detto all’inizio, l’Arpam sarà chiamata a cimentarsi in maniera nuova su queste questioni e credo che dovremo porre tutta l’attenzione possibile, di qui in avanti, su questioni di questo tipo per evitare che questo primato di incidenti sul lavoro che deteniamo nella nostra regione, sia ovviato.
Questa normativa non incide direttamente in quanto sto dicendo, però è di giusta premessa a una nuova fase nella sicurezza, che comunque proprio l’Arpam dovrà affrontare, dovrà rivedere perché le Marche possano diventare una regione tranquilla anche sotto questo punto di vista.

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Devo solo riprendere e ribadire quello che è stato detto in maniera più che egregia dal collega Brini. Credo che il consigliere Brini abbia ripreso alcuni aspetti del provvedimento, in ordine ai quali avevamo già proposto modifiche, relativi ai meccanismi burocratici previsti, a questo ritorno a cui ormai siamo abituati, di passaggi complicati che possono solo rendere più difficile l’applicazione della legge, ma soprattutto il discorso riferito al ruolo della gente, quelli più propriamente interessati a questo discorso, il cui apporto, anche se da una parte richiamato, viene banalizzato, perché non si riconosce loro una, non dico possibilità di veto che sarebbe troppo, ma di introdurre meccanismi di tutela rispetto alla materia in discussione.
Il discorso complessivo su questa materia è particolare, meriterebbe un approfondimento che credo nella seduta di oggi non siamo in grado di fare, oltre quello che abbiamo fatto.
Per questi motivi credo che non si possa che confermare il voto di astensione che è già stato annunciato dal consigliere Brini nel suo intervento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Già gli interventi dei colleghi Comi, del relatore di maggioranza e dello stesso assessore, hanno esaurientemente motivato la legge.
Il nostro voto è convintamente favorevole all’approvazione di questa legge che noi riteniamo importante, relativa ai controlli sui pericoli da incidenti rilevanti, che segue una normativa comunitaria e un successivo D. Lgs. nazionale.
Salutiamo con soddisfazione l’approvazione di questa legge per il significato che porta con sé, ma soprattutto per la nuova filosofia che sta dietro l’idea di sicurezza che sempre di più, oggi, deve vedere l’attenzione delle amministrazioni pubbliche, perché sempre di più il tema della sicurezza è importante per la vita di ogni cittadino.
Le novità sono tante in questa normativa, ma la principale è una visione a 360 gradi, che riguarda il concetto della sicurezza, sia interna ai luoghi di lavoro, sia all’esterno, inserendo un concetto ancora più importante: l’impatto che attività industriali di certa natura hanno relativamente anche all’ambiente. Quindi una visione a 360 gradi del concetto di sicurezza che è stato già rilevato negli interventi precedenti e che inserisce anche l’elemento dei piani di emergenza esterna alle aziende.
Il concetto di verifica e di controlli viene recepito con questa legge, con un elemento forte di novità basato sulla partecipazione e sulla sussidiarietà, attribuendo ai vari livelli delle amministrazioni locali — Regione, Province e Comuni — competenze differenti, individuando in modo più chiaro e certo — elemento fondamentale per garantire la sicurezza — chi fa che cosa, evitando, come avvenuto molto spesso anche in passato, sovrapposizioni di funzioni e di compiti che molto spesso hanno finito per non far svolgere il compito e la funzione di controllo ad alcuno. Oggi, con questa legge si attribuiscono compiti e funzioni determinati e certi ai vari livelli delle amministrazioni locali.
C’è un altro elemento che viene inserito con forza: il ruolo del controllo che la cittadinanza deve avere relativamente a queste attività. Lo si fa con un criterio importante ma senza cadere nella demagogia di dire ai cittadini che debbono decidere in assoluto. E’ al contrario fondamentale, come prevede la legge, che ci sia un’attenta consultazione dei cittadini, che deve seguire prima un livello di informazione della cittadinanza relativamente ai rischi che determinate attività possono comportare, da cui deve derivare un parere, da raccogliere all’interno della cittadinanza, da cui deve discendere una scelta ponderata, meditata e seria da parte delle amministrazioni locali.
Quando parliamo di queste cose, parliamo di attività che molto spesso hanno un valore strategico per lo sviluppo del territori, se pensiamo alle stesse imprese a rischio della nostra regione che sono 18 e che hanno un’importanza e un rilievo che viene definito strategico per lo sviluppo della nostra regione e dei nostri territori.
Questo non può in nessun modo farci sottacere o sottovalutare i rischi che queste attività, pur essendo strategiche, si portano dietro e, di conseguenza, così come lo spirito della legge propone, debbono essere affrontati non con un’idea di sottovalutazione né, tanto meno, demagogica, ma devono essere costantemente monitorate mettendo al centro il tema del controllo e della sicurezza continua e costante, come elemento di garanzia per i cittadini e per fare in modo che queste attività, che sono strategiche, contemporaneamente siano anche sicure.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 18. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 19. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.
Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Sentita la replica dell’assessore dichiaro intanto il voto favorevole a questa proposta di legge. Il mio intervento non ha contenuto alcun attacco, anche se non ha ricevuto l’apprezzamento dell’assessore, anzi ha preso le distanze dal tentativo di confondere i ruoli amministrativi ed i ruoli politici. Questa legge ha ovviamente il nostro voto favorevole. Non ci si aspettava un’autocritica da parte dell’assessore, ma quanto meno una critica al sistema di controllo. Questa non c’è stata e penso che si debba fare una riflessione su ciò, perché l’ultima vicenda dimostra che il bitume, l’inquinamento è arrivato in mare in barba ai protocolli che devono garantire oltre le norme di legge, è arrivato in mare nonostante gli obblighi di legge e credo che non ce la si possa cavare dicendo che la competenza a mare è della capitaneria, perché l’Arpam è competente per gli scarichi nei corpi idrici superficiali, anche quando questi sono stati ritombati. Quindi, rispetto alla vicenda di cui abbiamo dibattuto nella discussione generale, se l’Arpam non è competente perché nei suoi rapporti ha dichiarato che non ha riscontrato nulla a mare e ha controllato gli scarichi non soltanto mettendolo per iscritto ma riportandolo anche le fotografie? E’ vero, la competenza a mare è della capitaneria, ma per la parte relativa allo scarico in un corpo idrico che attraversa un territorio, privato o pubblico, demaniale o meno, la competenza è dell’Arpam. Quindi l’Arpam è tenuta a fare il controllo fino alla fine. Qui noi abbiamo tanto di carte, sia dell’uno che dell’altro soggetto, che dicono che non c’è niente.
Per questo dico che nel momento in cui facciamo una legge importante che si fonda su strutture tecniche, veniamo da una vicenda in cui le strutture tecniche non hanno fatto il loro dovere. Su questo penso che debba essere fatta una critica da tutti, al di là del confronto politico che è tutto su un altro tema, anche se strettamente collegato, che è quello della concessione, sul quale ci sono peraltro momenti di riflessione anche sulla prospettiva futura, che vedono convergenti anche coloro che in questo momento litigano sulla questione del rilascio della concessione.
Penso che sia importante non eludere la questione e fare un’indagine amministrativa approfondita, non limitandosi a dire che la competenza a mare è della capitaneria, che tra l’altro era stata avvertita anche dal sottoscritto il giorno 9, chiedendo i controlli, i cui responsi vanno nella stessa direzione dell’Arpam, cioè “non c’è nulla”.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva




Proposta di legge (Votazione): «Istituzione dell’Albo regionale delle società di mutuo soccorso ed interventi a tutela del loro patrimonio storico e culturale» Luchetti e Benatti (151)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 151, sulla quale non ci sono relazioni né di maggioranza né di minoranza.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Confermo il voto favorevole. A noi sembra che andare nella direzione del recupero del nostro patrimonio storico, sociale, delle iniziative nate dalla società, che hanno fatto non solo la storia ma anche interventi significativi notevoli — le società di mutuo soccorso non sono le uniche — sia una cosa positiva e propositiva. E’ partita dai consiglieri Luchetti e Benatti, non posso altro che ringraziarli dell’iniziativa. Accanto a questa ci sono altre iniziative che vanno nella stessa direzione. Spero che questo Consiglio regionale, nell’ultimo scorcio di legislatura, possa realizzarle. Alcune sono giacenti da tempo, come quella sugli oratori: credo che quell’iniziativa possa essere portata avanti, approvata e diventare legge operativa.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Votazione): «Modifiche alla l.r. 30 giugno 1997, n. 39: Interventi a favore dei marchigiani all’estero» Giunta (245)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 245, ad iniziativa della Giunta. Non ci sono relazioni, né di maggioranza né di minoranza, quindi passiamo alla votazione degli articoli.

Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 13,45