Resoconto seduta n. 205 del 27/10/2004
La seduta inizia alle 10,55



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 204 del 18 ottobre 2004.

(E’ approvato)



Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. In data 21 ottobre 20I04 è stata presentata, ad iniziativa del consigliere Castelli, la proposta di legge n. 264, concernente: «Norme per la realizzazione di strutture da destinare a “Casa del volontariato», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Il consigliere Castelli ha presentato la mozione n. 385: «Invitare il Consiglio regionale a ricordare ed a partecipare con il proprio gonfalone ai festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario di Trieste italiana».



Nomine

PRESIDENTE. Ho provveduto, con i sottoelencati decreti, alle seguenti nomine:
— n. 102 in data 28 settembre 2004: “Collegio dei revisori dei conti del Consorzio di Bonifica dei Bassi Bacini del Musone, Potenza e Chienti – nomina del Presidente”;
— n. 120 in data 18 ottobre 2004: “Collegio dei revisori dei conti dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPAM) – nomina del Presidente e di due componenti”.



Promulgazione leggi regionali

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha promulgato le seguenti leggi:
— n. 21 in data 12 ottobre 2004, concernente: «Modifica alla legge regionale 6 aprile 2004, n. 6: “Disciplina delle aree ad elevato rischio ambientale»;
— n. 22 in data 21 ottobre 2004, concernente: «Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 24 dicembre 1998, n. 45 “Norme per il riordino del trasporto pubblico regionale e locale delle Marche” e successive modificazioni».



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere Spacca.














Proposte di legge (Discussione generale)
«Norme sulla sanatoria degli abusi edilizi» Giunta (259)
«Condono edilizio e fondo per le emergenze ambientali» Cecchini (255).
«Norme sul condono edilizio» Castelli, Ciccioli, Gasperi, Romagnoli e Pistarelli (258)


PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le proposte di legge n. 259 ad iniziativa della Giunta, n. 255 ad iniziativa del consigliere Cecchini e n. 258 ad iniziativa dei consiglieri Castelli, Ciccioli, Gasperi, Romagnoli e Pistarelli, unificate ai sensi dell’art. 66 del regolamento interno.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Ci apprestiamo a discutere una legge regionale importante, che ha avuto un iter lungo, che nasce a partire dal D. Lgs. del settembre 2003, n. 269. In tale decreto legislativo, che porta il titolo “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e correzione dell’andamento dei conti pubblici”, composto di due sezioni, alla seconda parte, quella relativa alla correzione dell’andamento dei conti pubblici viene normato il cosiddetto condono edilizio nazionale, cioè le norme di sanatoria per gli abusi edilizi. Rispetto a quel D. Lgs., la parte politica alla quale appartengo, il centro-sinistra e una parte consistente delle Regioni sollevarono subito eccezioni, sia di merito che di metodo.
E’ importante sottolineare come non sia corretto, politicamente, parlare di condoni nel nostro paese e come questa politica viene continuamente perpetuata dal Governo nazionale.
E’ ancora più tragica, per certi versi, al motivazione che porta con grande facilità alla politica dei condoni, che è quella che si enuncia nel titolo della legge, cioè che lo si fa per correggere l’andamento dei conti pubblici. Quindi, per poter “fare cassa” in una situazione di bilancio nazionale di grande difficoltà, di un bilancio della cosiddetta finanza creativa che on riesce a far quadrare i conti, si ricorre ai condoni edilizi, ai condoni fiscali, ai condoni previdenziali e via dicendo — ma oggi parliamo del condono edilizio — in barba a qualsiasi principio etico di rapporto corretto tra i cittadini e le istituzioni.
Parte delle Regioni, compresa la Regione Marche, si opposero sin da subito, sia nel merito ma anche nel metodo, perché in questa proposta di legge nazionale si andava a normare, da parte del Governo, una materia che il titolo V della Costituzione definisce come materia concorrente, ma si andava in via definitiva e ultimativa, in tutti i particolari, ponendo le Regioni di fronte a una scelta obbligata: dire sì o no a quel tipo di legge.
La Regione Marche, insieme ad altre Regioni del nostro paese scelsero la strada di dire no e insieme ad una legge che venne approvata da questo Consiglio regionale, che tendeva ad impedire di dare esecuzione al condono nazionale nella nostra regione, fummo tra le Regioni che eccepirono la legge di fronte alla Corte costituzionale, con la motivazione che si andava ad invadere parte delle competenze che il titolo V della Costituzione attribuiva su questa materia alle Regioni.
Successivamente alla entrata in vigore della legge regionale ci fu la sentenza della Corte costituzionale, una sentenza importante che va interpretata nel modo corretto, nel modo giusto, una sentenza che annulla le leggi regionali, compresa la legge della Regione Marche sulla base dell’affermazione che, essendo questa materia concorrente, al Governo nazionale spetta il compito di definire la materia penale che è esclusiva — ma su questo non c’erano dubbi da parte del Governo nazionale — ma spetta di definire le norme generali di un eventuale condono e spetta alle Regioni definire le modalità, i termini e le quantità delle cose da condonare. Non è possibile, dice la Corte costituzionale — e questo vale per tutti, sia per il Governo nazionale che per le Regioni — attuare attraverso una legislazione modalità che impediscano di dare esecuzione alle rispettive leggi. Questo vale per la Regione con la legge che aveva fatto tendente a dare la non eseguibilità alla legge nazionale, ma vale allo stesso modo nella legislazione nazionale, qualora questa diventi una legislazione di dettaglio, quindi invadendo il compito della Regione e impedendo alla Regione di legiferare su una sua materia.
E’ quindi una sentenza, quella della Corte costituzionale, a mio avviso molto corretta, che fa giustizia rispetto anche ad una serie di discussioni che erano avvenute in quella fase. Quella sentenza dice che al Governo spetta di fare norme quadro, quindi cassa parte della legge originaria sul condono che il Governo aveva fatto e afferma che le Regioni debbono, entro una certa data, quella fissata successivamente dal Governo al 10 dicembre, legiferare per normare termini, quantità e modi attraverso i quali rendere operativo il condono edilizio.
In questa situazione ci troviamo e in questa situazione, molto correttamente la Regione Marche, la Giunta regionale ha, in modo molto realistico e rispettoso delle norme, delle sentenze della Corte costituzionale, dato esecuzione all’applicazione di quella norma, riformulando la proposta di condono edilizio che segue la scelta nazionale che farà il condono, ma la norma secondo le caratteristiche e le modalità previste dalla Regione Marche.
Il principio di fondo che muove questa legge regionale parte dal presupposto che fortunatamente la nostra Regione ha una cultura che non è quella degli abusi edilizi, già dimostrato con il precedente condono edilizio: nella nostra regione infatti non siamo stati in presenza di grandi abusi edilizi. La stessa cosa vale per la ricognizione fatta in questi anni nelle casistiche che ancora, in parte, sono sospese rispetto al vecchio condono, dalle quali esce con una certa precisione, che nella nostra regione possiamo parlare, in generale di piccoli abusi, in qualche caso quelli che sono stati definiti i cosiddetti abusi “di necessità”, se di necessità si può parlare di fronte ad un abuso che comunque rimane un illecito.
A partire da questa considerazione la Regione Marche, molto realisticamente dice “dobbiamo fare un condono scelto dal Governo nazionale, cerchiamo di risolvere le problematiche che derivano dagli abusi di necessità di fronte ai quali ci troviamo nella nostra regione, e facciamolo tenendo conto della grande quantità di piccoli laboratori artigianali, agricoli commerciali, che caratterizzano, insieme all’abitativo, la nostra regione”, cercando di fare norme che siano semplici da un lato, ma rispettose della possibilità di mettere tutti i cittadini nelle stesse condizioni nei confronti del condono, senza distinguere, da questo punto di vista, tra abitativo e non abitativo, cercando di rispondere a quelle che sono le caratteristiche della nostra regione. Quindi parte da questo principio, la legge regionale.
I tempi della discussione di questa legge sono stati abbastanza stretti, imposti dalla stessa normativa nazionale, che ci obbliga a fare la legge entro il 12 novembre, quindi sono stati tempi in parte stretti per quanto riguarda la possibilità, per la stessa Commissione da me presieduta, di dare corso all’approfondimento su questa materia, ma nonostante i tempi stretti credo che le audizioni siano state importanti e abbiano fornito una conoscenza proficua. Mi riferisco ai soggetti istituzionali, quindi Anci, Upi, Uncem, ai sindacati, alle associazioni di categoria, alle associazioni ambientaliste, agli ordini professionali che sono stati tutti ascoltati — quelli che sono intervenuti in Commissione — e posso dire che hanno affrontato questo tema anche loro con grande contributo per arrivare alla soluzione positiva di una legge che risolve i problemi, senza affrontare la questione in termini di puro principio.
Da queste audizioni è emerso un atteggiamento da parte della Commissione, che è andato nella direzione di tenere conto di gran parte delle osservazioni che intendevano rafforzare lo spirito che ha mosso la Giunta nel definire la proposta che oggi noi discutiamo. Dopo un lungo approfondimento in Commissione, siamo intervenuti su quelle parti che ci sembrava rispondessero alle domande che correttamente nelle audizioni venivano poste, in gran parte da Anci e Upi, dagli ordini professionali e dalle rappresentanze di categoria. Si è andati a modificare alcune parti: quella relativa ai limiti volumetrici che sono stati leggermente allargati, su richieste sia degli ordini che dei rappresentanti professionali, portando per l’abitativo da 150 a 250 metri cubi, e affrontando il tema del non abitativo non più in metri cubi ma in metri quadrati, trasformando i 300 metri cubi della prima stesura in 150 metri quadrati. Infatti, ci è stato giustamente fatto osservare che è difficile, nel non abitativo, parlare di metri cubi, quando siamo in presenza di altezze di gran lunga superiori a quelle dell’abitativo e, a seconda delle caratteristiche dell’attività svolta, con diversità di altezze. Avremmo quindi creato delle diversità non corrette, in quella direzione.
Abbiamo modificato, anche su richiesta dell’Anci e dell’Upi, la famosa lettera g) che impediva la possibilità di condonare, per gli edifici rispetto ai quali erano già stati fatti condoni precedenti. Questo perché c’è una motivazione di carattere giuridico, che non permette di far reggere questo tipo di soluzione che, sul piano teorico, di principio astratto potrebbe essere corretta, ma in realtà rischia di creare una discriminazione politica che non può poi essere sostenibile, perché l’edificio condonato, una volta avuto il condono, diventa un edificio al pari di tutti gli altri.
Sono state inoltre modificate e rese più facili le modalità di realizzazione di presentazione della domanda, dando maggior tempo, da un lato, ai cittadini, i quali potranno presentare la domanda a partire dall’entrata in vigore di questa legge, quindi allargando i tempi, cercando di omogeneizzare le interpretazioni che i Comuni dovranno dare al calcolo delle volumetrie, dando come riferimento il regolamento tipo regionale sul calcolo delle volumetrie e abbiamo anche inserito una modifica, con una sorta di “rateizzazione” che va incontro a esigenze poste soprattutto dai Comuni, per poter effettuare in modo corretto i calcoli rispetto al conto sui costi di costruzione nei confronti delle opere di urbanizzazione che debbono essere pagate.
Abbiamo quindi definito nella legge che all’atto della domanda viene pagato solo il costo di costruzione, mentre entro il 30 giugno 2005 deve essere pagato quanto dovuto in base al calcolo degli oneri di urbanizzazione. Questo facilita il pagamento per i cittadini, ma rende soprattutto più agevole, meno difficoltoso ed evita il rischio di compiere errori, soprattutto da parte delle Amministrazioni comunali per quanto riguarda il calcolo e il pagamento, poi, di quanto deve essere pagato per poter condonare.
Da ultimo, in Commissione dopo un dibattito intenso e con l’accordo generale, sono stati soppressi gli articoli 8 e 9 che riguardavano le case prefabbricate, fatte dopo il terremoto, in quanto si è ravvisato che parte di queste non era corretto farle rientrare nella norma sul condono edilizio. Se mai sarà materia che dovrà essere normata, come in parte è già stato fatto, con legge apposita.
Nell’articolo 8 si erano ravvisati rischi che potessero poi essere condonate cose in più che non era corretto condonare, creando una discriminazione tra quanto scritto prima e quanto scritto dopo, affermando il principio che eventualmente questa materia potrà essere normata, al di là del condono, successivamente, qualora questo lo si voglia determinare.
Credo che su questa materia si è misurato un approccio realistico e corretto, rispettoso dell’applicazione delle sentenze della Corte costituzionale e con l’obiettivo di risolvere le problematiche che questa materia offre e presenta nella nostra regione.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Dico in maniera molto tranquilla che la Commissione ha fatto grandi passi in avanti rispetto al testo proposto dalla Giunta, mi permetterei di dire, addirittura, il testo “minacciato” dalla Giunta, perché a me è sembrato che tutta l’attività della Giunta regionale, nella prima fase fosse rivolta a contrastare la legge nazionale. Questo era l’obiettivo politico.
A mio parere, questo obiettivo politico è tutto sommato scadente, perché è rivolto soprattutto contro i cittadini. Mi si dice “questioni di principio”. Io sono d’accordo su alcuni principi forti: ci sono situazioni e regioni dove effettivamente l’abuso ha riguardato ferite forti e laceranti sul territorio. Non mi sembra che le Marche rientrino in questa tipologia. Credo quindi che la legge dello Stato si sarebbe dovuta interpretare con equilibrio, trovando norme che potessero in qualche modo sanare tutte le situazioni minori che riguardavano piccole forzature, per rendere migliore la vita del cittadino, quindi persone che in abitazioni rurali hanno utilizzato superfici e cubature che non erano consentite, ma senza creare alcuna alterazione ambientale, miglioramenti di vecchie tipologie edilizie di centri storici, utilizzazione di parti di aree di proprietà in cui, attraverso superfettazioni utilizzo di sottotetti e quant’altro, si migliorassero le condizioni di vita delle famiglie, gli spazi, le superfici.
Viceversa, il testo precedente approvato in questo Consiglio regionale andava a contrastare la legge nazionale, tanto è vero che è stato riformato dalla Corte costituzionale. Tra la legge quadro nazionale e la normativa che abbiamo poi licenziato in Commissione, a mio parere c’è una continuità, almeno parzialmente positiva, mentre il testo elaborato dalla Giunta era fortemente penalizzante, userei quasi il termine persecutorio, come se ci fosse la volontà di perseguire coloro che possono usufruire di una possibilità data dallo Stato, di mettersi in regola secondo le norme che riguardano la convivenza civile.
Si dice che bisogna mettere dei limiti al condono e quindi dei limiti anche in materia di possibilità di introiti delle risorse finanziarie, però dall’altra parte non ci sono limiti all’Irap, all’Irpef, all’Ici. Qual è la risposta? Siccome non ci sono i soldi, tartassiamo i cittadini mettendo il massimo delle aliquote Irap, Irpef e Ici. Delle due l’una: si dice “su questo siamo rigidissimi”, poi i cittadini vengono colpiti sotto altro aspetti. Mi sembra che sia un grave errore politico, perché indubbiamente condoni e sanatorie debbono essere vicende eccezionali, anche se purtroppo ricorrenti in regimi diversi, perché siamo alla terza occasione di condono e di sanatoria nelle leggi dello Stato, in presenza di maggioranze politiche completamente diverse.
Le categorie economiche, sia l’associazione costruttori, che quella dei geometri, che la Confindustria, che la Confartigianato, tutte si sono dette indirizzate a non concedere grandi condoni, ma hanno giudicato la legge proposta dalla Giunta regionale insufficiente e, con un po’ di lungimiranza, anche componenti di maggioranza in Commissione hanno cercato di integrare la legge fatta male da parte della Giunta.
Quali sono le acquisizioni e quali sono le cose su cui non ci ritroviamo?
I cambiamenti in meglio riguardano la soppressione della parte del testo che impediva di sanare da parte di chi aveva utilizzato le due precedenti leggi di sanatoria. E’ iniquo, perché nel momento in cui uno è in regola non si può dire “siccome precedentemente avevi utilizzato delle garanzie, non puoi utilizzare la legge”. Inoltre, l’aumento delle cubature. Per quanto riguarda nuove costruzioni la volumetria è passata da 150 a 200 metri cubi per edilizia residenziale. Con 150 metri cubi si parla di circa 50 metri quadri di superficie, un paio di stanze ad andar bene, con 200 metri cubi iniziamo ad arrivare a 70 metri quadri di superficie, quindi la situazione è già più accettabile.
Per quanto riguarda invece la non residenziale, da 300 metri cubi si passa a 150 metri quadri, il che significa, grosso modo, 500 metri cubi. Iniziamo ad andare verso una situazione accettabile per quanto riguarda attività di tipo artigianale, industriale e quant’altro, perché vengono messe in regola alcune cose.
Si passa da due a tre anni per quanto riguarda i tempi del provvedimento da notificare agli interessati. Anche questo consente un miglior lavoro dal punto di vista dell’istruttoria, dell’attività dei Comuni. Sono stati soppressi gli articoli che riguardano la cosiddetta sanatoria relativa agli edifici prefabbricati temporanei in legno, installati in seguito al terremoto. Pensate che ci sono persone che sono state anni e anni, dal terremoto del 1997 in queste case, che spesso hanno adattato a condizioni di vita decenti queste abitazioni che possono costituire nuovo insediamento di cittadini in aree fortemente rarefatte per quanto riguarda la popolazione. Uno dei problemi dell’entroterra, della montagna è proprio quello relativo alla scarsa popolazione e alle scarse possibilità abitative, perché gli alloggi molto spesso sono fatiscenti e il loro recupero è costosissimo. Anche se si tratta di una casistica minore dal punto di vista del numero delle persone, c’erano gli articoli 8 e 9 che si “prendevano cura” proprio di queste situazioni che sono al limite.
Noi diciamo che la legge è ancora insufficiente, però dal testo della Giunta a quello che approda all’aula sono stati fatti numerosi passi in avanti, insufficienti. Io non uso le parole mie, uso dei documenti ufficiali di associazioni di categorie, cominciando da quello degli artigiani. Gli artigiani dicono, sulla volumetria condonabile — documento della Confartigianato, del 19 ottobre — “Il nostro parere è che si debba procedere a una logica razionale: da 150 metri cubi bisognerebbe arrivare almeno a 250-300 metri cubi”. Noi avevamo proposto 400 metri cubi e questo poteva essere una cosa positiva.
Lo stesso per quanto riguarda le volumetrie non residenziali. Portavano l’esempio che 300 metri cubi erano una misura di 15x7x2,70 di altezza. Tutti si rendono conto che in un capannone è una cosetta, un piccolo spazio, magari un porticato che è stato chiuso o una tettoia che è stata chiusa. Quindi, anche qui, secondo noi era opportuno, nei limiti delle cose corrette, utilizzare maggiore spazio in questa legge: da una parte venire incontro ad alcune esigenze, fatto salvo che l’articolo 2 indicava chiaramente le opere non suscettibili di sanatoria, cioè tutte le opere che recando sfregio o in difformità delle varie leggi paesistiche, di protezione ambientale ecc., non erano assolutamente condonabili. Quindi, una volta stabiliti i criteri di fondo di ciò che non poteva essere condonato, era opportuno invece, con equilibrio, cercare di andare nella direzione giusta, sottolineando anche un’altra cosa. Ci si scandalizza del condono, delle sanatorie, ma dov’erano gli organi di vigilanza che hanno tollerato e a tutt’oggi, molto spesso, non si sono accorti degli abusi? Questo è l’altro aspetto. I Comuni, le Province, le Regioni che gridano allo scandalo per questo condono, di tutto questo non si sono accorti di niente e il 90% degli abusi emerge per autodenuncia di coloro che li hanno compiuti, quindi se stanno zitti non succede niente. Coloro che si renderanno conto che questa legge è insufficiente continueranno a stare zitti e gli enti pubblici non prenderanno i soldi. Nel frattempo però saranno aumentati l’Irap, l’Irpef, l’Ici.
Credo che questa sia cattiva gestione e su questo noi continuiamo a dire che la legge è insufficiente, non ci riconosciamo in essa, continuiamo a contrastarla.

PRESIDENTE. E’ aperta la discussione. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. In Commissione, come gruppo di Forza Italia noi abbiamo dato il nostro apporto non solo con la presenza, ma anche con gli emendamenti che abbiamo predisposto, il 50% dei quali circa è stato accolto, cambiando così, in parte, la proposta di legge presentata dalla Giunta.
Siamo stati contrari nel voto finale per i motivi opposti a quelli del consigliere D’Angelo. Quindi abbiamo votato rispettivamente contro per due motivi diversi, questo deve essere chiaro. Il consigliere D’Angelo guarda troppo all’Umbria, ad altre Regioni come fossero dei modelli o chissà che cosa mentre nelle Marche ci sono gli Attila e i devastatori.
Noi siamo soddisfatti, in parte, per come è stata accolta la legge e poi lo vedremo nella discussione dei vari articoli. Abbiamo chiesto la soppressione di diversi articoli e la nostra proposta è stata accolta.
Si parla di condono. A nostro avviso è errato parlare di “sanatoria”. Non credo che nelle Marche sia stato devastato l’ambiente, ci siano grossi speculatori. Non riesco a capire come mai tanta ipocrisia regni nelle persone. Abbiamo assistito, in Commissione, a chi diceva “noi siamo contro il condono”, pronti, immediatamente, ad aumentare le percentuali da sanare. Questa è un’incongruenza che dobbiamo denunciare. Noi ci sentiamo di dare atto all’assessore e al presidente, di avere in parte recepito e accolto — secondo noi in maniera non ancora sufficiente — una misura equa e giusta, che abbiamo ripresentato con l’emendamento all’art. 3, per mettere i piccoli abusivi nelle condizioni di poter condonare. Non stiamo parlando di palazzi, ma di 70 metri quadrati.

Pietro D'ANGELO. Un mini appartamento: non tanto “mini”...

Ottavio BRINI. Penso che tu vai in dispregio della proprietà, di chi...

Pietro D'ANGELO. Io sono per le regole. Voi non siete per il rispetto delle regole.

Ottavio BRINI. Quel giorno, in Commissione, mi hai detto “tra poco arriveranno due punti per i quali puoi andare a fare una passeggiata, perché qui rimarrai da solo”. Guarda caso sei rimasto sempre da solo tu. Chiediti perché. Se fossi andato tu a fare una passeggiata, forse sarebbe stato meglio per te: ti saresti arrabbiato meno e non avresti cercato di mettere i commissari della maggioranza nelle condizioni di non accogliere quei giusti e dovuti emendamenti presentati da Forza Italia. Anche questa mattina, se vai a fare una passeggiata, forse ti arrabbi di meno e stai più tranquillo.

Pietro D'ANGELO. Voi siete i nuovi barbari: dove passate voi non cresce più l’erba!

Ottavio BRINI. C’era anche la canzone di Celentano: “I ragazzi della via Gluck”. Se vuoi, la facciamo trasmettere. Non pensare che se mi interrompi perdo il filo del discorso.

Gilberto GASPERI. (al consigliere D’Angelo): Oggi è entrato in maggioranza...

Ottavio BRINI. Oggi sei diventato il nuovo presidente. Dopo le botte che ha preso sul condono, questa mattina gli hanno dato lo zuccherino, per dirgli “stai buono, tranquillo, sei il presidente della nuova Commissione di indagine”.
Noi abbiamo ascoltato le associazioni, le categorie e mi dispiace che alcune associazioni ambientaliste che stanno tanto a cuore a D’Angelo, non si siano presente alle audizioni. Poi leggiamo però comunicati dell’Ansa...

Roberto TONTINI. Forse andavano loro bene le proposte.

Ottavio BRINI. Forse, però se leggi il comunicato Ansa, si dice tutt’altra cosa. Penso che sarebbe stato più opportuno e rispettoso, da parte di chi non condivideva le proposte della Giunta o le osservazioni fatte dai consiglieri, presentarsi. Una cosa civile, normale, in un confronto, in una dialettica anche in contrapposizione.
Quindi va dato atto all’assessore, al presidente, ai commissari di maggioranza di avere cercato di migliorare la proposta iniziale della Giunta e noi di questo siamo contenti. Quello che volevamo evidenziare è che nelle audizioni, tutti dicevano, anzitutto “siamo contrari al condono”, però la cubatura presentata non era sufficienti e tutti proponevano di aumentarla. Ecco allora, a nostro avviso, che c’è una necessità reale, sentita, non sulla grossa speculazione, perché non sono stati devastati il Conero o le aree protette, anzi sono state saldamente, da tutti — non da D’Angelo — salvaguardate e rispettate.

Pietro D'ANGELO. Come fai a parlare così, se fai dei condono sulle aree protette a livello nazionale? Tu ti contraddici, Brini. Non potete fare i condoni sulle aree protette a livello nazionale e venire qui a fare i difensori dell’ambiente.

Ottavio BRINI. Io sto difendendo i piccoli abusi. La tua è demagogia: tu hai assessori all’ambiente, che non curano l’ambiente, sono i peggiori che esistano, in alcune Province. Preoccupati di questi, richiamali invece di fare la morale a noi che nulla abbiamo a spartire con te, né politicamente, né in materia di natura ambientale. Preoccupati dei tuoi ambientalisti, che veramente non hanno cura del territorio, anche se hanno preso una poltrona.

Pietro D'ANGELO. Fai nome e cognome, Brini.

Ottavio BRINI. Tu guarda dentro casa tua: girati, poi ti rendi conto di chi sono. Tu sei consigliere regionale, devi girare per il territorio. Presidente, il consigliere D’Angelo non mi fa parlare del condono, mi fa spaziare su alter cose, ma io gli devo rispondere. Mi auguro che quello che dice D’Angelo valga come intervento, se chiederà la parola, perché ha parlato sempre lui...
Questa proposta di legge della Giunta, grazie al nostro intervento in Commissione è stata migliorata, anche su segnalazione delle categorie dei geometri, degli architetti, degli ingegneri, da parte della Confartigianato, della Cna, di chi ha partecipato e ha dato il proprio contributo. Si poteva fare meglio? Si poteva fare peggio? Ognuno la vede a modo suo, ognuno ha la propria idea, la propria cognizione. Noi non stiamo qui a difendere la legge nazionale, abbiamo cercato di dare un contributo sulla proposta di legge che ha presentato la Giunta regionale.
Avremo poi modo di vedere le contraddizioni. Una cosa abbiamo detto e ripetiamo: secondo noi, bene hanno fatto la Commissione e la Giunta a rivedere un discorso che non aveva senso per come era stato impostato, sulla singola unità immobiliare. Il condono era previsto per 800 metri cubi e lì è stata fatta giustizia, perché viene tutelata anche la piccola proprietà. A volte capita che uno ha un terrazzo e lo chiude per mille motivi e questo fa cubatura: non si tratta di un Attila, di un dissennato o di uno che vuol devastare l’ambiente, ma magari l’attuale legge non consente determinate cose, però questo condono permette di sistemare un terrazzo, una veranda e così via. Questo era uno degli argomenti che abbiamo sollecitato.
Siamo stati soddisfatti che sia stato accolto l’emendamento riguardante l’aumento a 150 metri quadri per quanto riguarda la destinazione non residenziale, ma non siamo ancora soddisfatti, nonostante lo sforzo fatto dall’assessore e dai commissari, dei 200 metri cubi, perché secondo noi 350 metri cubi dovrebbe essere la misura più giusta e più equa.
Questa legge nel suo complesso, se verranno accolti alcuni emendamenti che abbiamo ripresentato, potrà vedere il voto favorevole di Forza Italia. Però, se si ribadirà il discorso fatto in Commissione noi, pur condividendo l’impostazione generale positiva del lavoro dell’assessore fatto con noi in Commissione — perché per la prima volta si è tenuto conto delle osservazioni e delle indicazioni della minoranza, soprattutto degli emendamenti presentati da Forza Italia — non potremo essere d’accordo, mentre se verranno accolti alcuni altri nostri emendamenti, potremo valutare attentamente e dare un giudizio positivo complessivo a questa proposta di legge.
Non desti meraviglia se voteremo a favore di molti articoli. L’unico nodo rimasto da sciogliere è quello dell’art. 3 che non può farci dare un voto positivo su questa proposta. Quindi non condivido quanto diceva Ciccioli, cioè che i sindaci non sono attenti. Il sindaco fa il suo dovere, ma molto spesso è il vicino che denuncia un abuso per invidie, per gelosie, per cattiverie tra vicinati. Se uno è costretto a fare un piccolo ripostiglio per metterci gli arnesi, sono proprio i vicini a dire “ha fatto un’abitazione”, invece è una capannetta. Su queste cose dobbiamo essere tolleranti e dare la possibilità alle persone di fare quelle piccole cose, perché non si parla di capitalisti, di industriali, di chi ha fatto catene di abitazioni abusive. Ci può essere chi a suo tempo è andato ad abitare in una casa popolare e per una circostanza ha dovuto chiudere una terrazza o fare un piccolo ripostiglio dove ha un piccolo pezzetto di terra. E’ colpa di un sindaco se ha fatto un piccolo abuso? Oggi la situazione non è più quella del 1930-1940, sono cambiate le esigenze delle famiglie, sono cambiate le condizioni familiari. Come nelle scuole, anche a casa oggi c’è il figlio che ha il computer, che vuole la sua stanza. Le necessità sono diverse, come sono diverse le situazioni agricole. Speriamo che questa proposta di legge venga messa all’ordine del giorno, per sapere chi è favorevole o contrario alla famosa legge 13. Noi parliamo di ammodernare, di rendere efficienti le aziende dei coltivatori diretti, diciamo che dobbiamo far sì che il figlio sia erede del lavoro del padre, però voi state bloccando anche questa legge, con stalle che sono del 1930, mentre se giri il mondo, D’Angelo, vedi stalle moderne, con situazioni moderne? I nostri coloni devono ancora fare degli abusi per aggiornarsi, grazie a te. L’hai capito o no, che non vuoi il progresso, non vuoi portare la civiltà, non vuoi far lavorare la gente in modo decente?

Pietro D'ANGELO. Ma hai voglia di dire le barzellette?

Ottavio BRINI. Tu trasformi tutto in speculazioni...

Roberto GIANNOTTI. D’Angelo, sia rispettoso dei colleghi. Non sei in piazza.

Ottavio BRINI. Stai tranquillo, la medaglia non te la dà nessuno. Ti hanno dato lo zuccherino questa mattina... Nella Commissione d’inchiesta forse potrai fare un buon lavoro, nella nostra non l’hai fatto, perché non sei stato né incisivo, né determinante e non ti è stata colta nessuna cosa.

Pietro D'ANGELO. Ho fatto togliere due articoli, caro Brini.

Ottavio BRINI. Gli emendamenti li abbiamo presentati noi, caro D’Angelo, non tu. Ringraziamo Modesti, che ha accettato di toglierli, perché tu ti eri “incartato” anche in quegli articoli.

Pietro D'ANGELO. ma che dici?

Ottavio BRINI. E’ agli atti.

Pietro D'ANGELO. Continua a dire le barzellette...

Ottavio BRINI. Tu fai riferimento agli articoli 8 e 9. Non condividevi che dovessero essere soppressi, avevi presentato un altro emendamento, che ti abbiamo bocciato, all’unanimità. Tutti i tuoi emendamenti sono stati bocciati all’unanimità. Un motivo ci sarà, caro D’Angelo. Quando entreremo nei vari articoli punto per punto, io rileggerò i nostri emendamenti, così ti rinfrescherò la memoria.
Comunque ringrazio nuovamente l’assessore e la Commissione per il lavoro e la collaborazione. Per adesso la nostra è una posizione di attesa: se verrà accolto anche l’altro emendamento, sicuramente il nostro voto sarà favorevole.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D'ANGELO. Dopo le barzellette che ho sentito mi sono un po’ disteso.
Il mio intervento è di parte? Cosa significa? Significa che tutto quanto dirò e tutta l’azione che svolgerò relativamente a questa legge, è riferito a quei cittadini che rispettano le regole, le leggi. Quindi presto la mia voce a quei milioni di cittadini che rispettano le leggi. Come erano di parte gli interventi fatti da Ciccioli e da Brini: dalla parte di quei cittadini che non rispettano le leggi. Dobbiamo essere chiari, senza ipocrisie, perché uno si prende le proprie responsabilità politiche e deve dire “voglio stare dalla parte di coloro che non hanno rispettato la legge, quindi condoniamo tutto”. E’ la stessa filosofia del Governo.
Io non sono per la filosofia dei condoni, non sono a favore dei condoni fiscali, non sono a favore dei condoni urbanistici, non sono a favore dei condoni nelle zone delle aree protette, perché, carissimo Castelli...

Guido CASTELLI. Su Sofri come la pensi? Dicci come la pensi su Sofri.

Pietro D'ANGELO. Non andare fuori strada, lascia perdere Sofri, perché io non ho detto mai nulla. (Interruzioni).
Presidente, io ho interrotto ogni tanto, ma vorrei parlare. Qualche interruzione, ogni tanto, è concessa.
Sono contro la filosofia del condono generalizzato, perché è la negazione della certezza del diritto. Significa che non ci sono più leggi da rispettare, è un incentivo all’illegalità, perché periodicamente arrivano i condoni e questo condono aprirà le porte ad altri abusi, perché ormai certa gente, non i cittadini onesti, sanno che prima o poi si condonerà ancora. Non sono per questa filosofia. Di tutto ciò che ha detto Brini condivido una sola cosa: la molta ipocrisia che si sta facendo su questo atto. Tutti dicono che sono contro il condono e tutti chiedono l’aumento delle volumetrie. Questa è ipocrisia. Vi ribadisco quindi che questa mia voce è la voce, in quest’aula, di tutti quei cittadini che hanno rispettato le leggi e siccome sono la maggioranza in questa nazione, è giusto che abbiano la loro voce anche in questo Consiglio.
Mi si viene a dire da parte del ministro dell’economia Siniscalco “questa è l’ultima stagione dei condoni, delle sanatorie”. Ma è tutto un condono, è tutta una sanatoria, quindi ribadisco i concetto che, relativamente all’ambiente, voi siete da considerare i nuovi barbari: dove passaste voi non cresce più l’erba.

Roberto GIANNOTTI. Ma che dici?

Pietro D'ANGELO. Mi riferisco al Governo. Dove passaste voi non cresce più l’erba.

Roberto GIANNOTTI. Forse perché era già sparita prima che arrivassimo...

Pietro D'ANGELO. Non ritengo, quindi, che questa filosofia dei condoni sia condivisibile e per questo mi sono battuto affinché in questa regione i condoni fossero limitati solamente ai piccoli abusi. Ho presentato emendamenti che poi discuteremo, come quelli relativi alla non concessione di sanatoria a tutti quei soggetti che hanno ricevuto finanziamenti pubblici. E’ una cosa scandalosa chiedere che non siano ammessi a sanatoria coloro che hanno usufruito dei finanziamenti pubblici? Hanno non solo incassato, ma hanno anche fatto l’abuso contro legge. Questo è scandalo? Non penso.
Ho detto che la legge della Regione Marche doveva almeno attenersi a quei disastrosi contenuti del decreto legislativo del Governo, invece mentre questo parla di non possibilità di condonare i nuovi edifici non residenziali, questa Regione addirittura, mentre da un lato abbassa giustamente i volumi condonabili, dall’altro — l’assessore ha dato la sua spiegazione, che si può condividere e si può non condividere — estende il condono anche a coloro che non sono compresi nel decreto governativo, cioè alle nuove costruzioni non residenziali.
Vi leggo il passo dell’art. 32, punto 25, del DL 269, famosissimo per la sua dirompenza e per la sua azione devastante sull’ambiente, del 30.9.2003. A un certo punto si dice “Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra, relative a nuove costruzioni residenziali”. Il DL limita l’applicazione del condono alle nuove costruzioni residenziali. Questa Regione, che aveva fatto una legge contro il condono edilizio per le ragioni che ci dirà l’assessore e che in parte ci ha già detto in Commissione, ha deciso di estendere il condono anche alle nuove costruzioni non residenziali. A tal proposito leggo il passo di una circolare del Ministero delle infrastrutture, che recita: “Un intervento dell’ufficio legislativo ha chiarito, infatti, che l’ammissione al condono del nuovo non residenziale, non rispetta il dettato delle disposizioni statali”. Quindi, se si vuole andare in questa direzione, si vada in questa direzione. Non è questa una polemica che voglio fare nei confronti di questo o di quello, però ho già detto nella premessa che voglio dare voce a quella parte dei cittadini italiani — che è la maggioranza — che rispettano le leggi.
Ritenevo non giusto sanare cambiamenti di destinazioni d’uso diversi dagli annessi agricoli. In zona agricola si possono sanare gli abusi legati agli annessi agricoli, non altri cambi di destinazione. Io faccio riferimento ad altre Regioni, perché altrimenti qualcuno potrebbe pensare che io vengono da un altro pianeta, sono un pazzo e quindi i pazzi li si fa parlare e non li si ascolta. Invece io porto i riferimenti. Questo emendamento che dice che non sono sanabili i cambi di destinazione d’uso in zona agricola non relativi agli annessi agricoli, fa parte della proposta di legge della Regione Umbria, quindi non sono io il marziano. Come nella proposta di legge dell’Emilia Romagna non vengono ammessi a sanatoria gli abusi legati a chi ha avuto finanziamenti pubblici. Non è D’Angelo impazzito, lo dice l’Emilia Romagna. Come non estendere il condono a nuove costruzioni non residenziali, non è quel pazzo di D’Angelo a dirlo, ma addirittura lo dicono le Regioni Toscana, Umbria e Lombardia. Non hanno ammesso a sanatoria le nuove costruzioni, neanche quelle residenziali. Le Regioni governate dalla Casa delle libertà — che eufemismo! —

Roberto GIANNOTTI. Tu pensa al GAD...

Pietro D'ANGELO. Comunque, Giannotti, i cittadini si stanno risvegliando, già vi hanno dato un piccolo segnale nei giorni precedenti. Per fortuna qualcuno si sta svegliando dal torpore.

Ottavio BRINI. Tu ti meravigli che succeda questo, però non hai detto una parola contro la Giunta regionale.

Pietro D'ANGELO. Sto criticando i contenuti della legge... Più critico di così si muore.
Addirittura, le Regioni governate dal centro-destra — Lazio, Basilicata, Sicilia, Veneto, Puglia — si rifanno al decreto legge, cioè limitano la possibilità di condono solamente alle nuove costruzioni ad uso residenziale, non la estendono agli altri. Ognuno avrà le proprie motivazioni, ma per quanto mi riguarda questo non è il modo di contenere gli abusi.
Senza parlare delle volumetrie. I miei colleghi Brini e Ciccioli, hanno fatto, anche loro un intervento di parte — cioè da parte di chi ha commesso gli abusi — ma la legge non è stata migliorata in Commissione, è stata peggiorata, perché è stata data la possibilità di un aumento delle volumetrie sanabili, da 50 mq. circa delle costruzioni residenziali si è passati a circa 70 mq. Non è un mini appartamento, perché io abito, ad esempio in un appartamento che non è neanche di 70 metri quadri. Quindi si è data la possibilità di sanare anche appartamenti. Diciamolo. E’ una scelta politica, ognuno si prende le sue responsabilità: che problema c’è? Si fanno parlare i pazzi, i non pazzi, quelli illuminati, quelli più attenti al consenso elettorale... Perché una cosa va detta con chiarezza, in quest’aula, anche se sono pochi ad ascoltarmi, ma quanto dico resta agli atti: troppi colleghi, troppe forze politiche sono più attenti al consenso elettorale che all’interesse della collettività. Questa è la verità. L’intervento di Ciccioli e l’intervento di Brini questo dimostrano. Non dite di no , perché mi avete detto in Commissione “D’Angelo, quelli che fanno gli abusi, quando vanno a votare sono molto più attenti di quelli che non li fanno”.

Ottavio BRINI. No, no, questo lo hai detto tu.

Pietro D'ANGELO. Vuoi che vi dica chi me l’ha detto? Lasciamo perdere...

Ottavio BRINI. Ma come ci pensi... L’hai detto tu, con la tua fantasia politica.

Pietro D'ANGELO. Brini, fra me e te, se permetti, chi ha più credibilità politica forse sono io.
Quindi vi dico che qui dentro si deve essere più attenti agli interessi della collettività che al consenso elettorale di quella parte attenta dei cittadini che, dite voi, sono quelli che hanno commesso gli abusi. Fate... Io non ci sto da quella parte, non è un problema.

Ottavio BRINI. Ma chi rappresenti tu, oggi? Mica l’abbiamo capito.

Pietro D'ANGELO. Io rappresento i verdi, Brini. Non l’hai capito? Ho sempre rappresentato i verdi...

Ottavio BRINI. Quelli di San Benedetto, però.

Pietro D'ANGELO. No, quasi tutti. Sono convinto che su questi argomenti rappresento tutti.
Concludo dicendo che ho presentato 7 emendamenti che vanno nella direzione non di atti persecutori, come è stato detto da Ciccioli. Io non voglio infierire contro alcuno, ritengo che è giusto equilibrare una legge che ci viene imposta dal Governo, una legge equilibrata che possa sanare solamente gli abusi di necessità. Ma quando si arriva a poter far sanare gli appartamenti, se permettete non è più il balcone, non è più la finestra, non è più la veranda, è abusivismo, è speculazione e se permettete io non sto a fare gli interessi di chi specula. Deve essere chiaro a Ciccioli, quando critica la soppressione degli articoli 8 e 9 sulla possibilità di condonare i prefabbricati temporanei messi lì al di là di ogni vincolo — perché giustamente c’era un’emergenza il terremoto, non si poteva dire “costruisci la baracca dove non c’è il vincolo paesaggistico”, quindi queste baracche che dovevano essere smontate sono state messe dappertutto, anche dove non si poteva neanche piantare una siepe — già con la legge 21 del 2003 avevamo reso definitive tutte quelle baracche fatte dagli enti pubblici. Adesso si voleva dare la possibilità a quelli che avevano fatto un’abitazione in deroga a tutti i vinti, oggi diventata seconda o terza casa, di condonare. Io ritengo che bisogna fare ogni sforzo — questo l’ha detto pure la destra, spesso, ma a parole — affinché dalle tragedie non esca sempre qualche “furbo” che si arricchisce. Ad ogni terremoto in Italia, c’è sempre qualcuno che diventa ricco. Questa filosofia non è condivisibile, tenetevela.
Quindi riproporrò gli emendamenti tutti, con la speranza che almeno, in qualche modo, riesca a migliorare la legge, secondo la mia parte. Per qualcuno, se passeranno i miei emendamenti, potrà essere un peggioramento, ma mi auguro che quello che è passato in altre Regioni governate dal centro-sinistra possa essere accolto anche in questa Regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Ho sentito degli interventi che in parte condivido ma che sono solo ed esclusivamente demagogici, perché non vanno a toccare da vicino il significato di questa legge.
La Regione Marche ha fatto una legge e i motivi sono due: o l’ha fatta per andare in contraddizione alla legge nazionale o per cercare di prendere una posizione sugli abusi fatti nell’ambito della nostra regione.
Per quale motivo non è stato fatto alcun tipo di indagine sulla sanatoria degli abusi edilizi? Per quale motivo non si è andati a vedere gli abusi — visto che sono già state concesse due sanatorie — condonati nella regione Marche? E’ inutile fare una sanatoria se gli abusi non ci sono stati. Che tipo di abusi ci sono stati? Allora bisogna chiedere alle amministrazioni locali, in modo particolare ai Comuni, oltre che alle Province, per quale motivo hanno ammesso che fossero fatti certi tipi di abusi edilizi. Un conto è l’abuso edilizio di piccola entità, come spesso avvenuto nella nostra regione, che ha riguardato il miglior godimento dell’unità immobiliare, o l’abuso edilizio per il cambio di destinazione di un garage portato a cucina o camera da letto, o l’abuso edilizio fatto nella zona di campagna o ve si è modificata la struttura di una capanna ad utilizzo di abitazione. Sono esigenze che i cittadini avevano e se hanno commesso questi piccoli abusi, non vanno a toccare il patrimonio né i giochi economici che voi, nelle amministrazioni comunali, fate con i costruttori senza tanti scrupoli.
Andiamo allora a vedere quali condoni edilizi sono stati fatti dai singoli e quali condoni edilizi precedenti sono stati fatti con quei costruttori che erano in combutta con i dipendenti delle amministrazioni comunali.
Noi, quando parliamo di sanatoria dovremmo stabilire che nei territori e nelle zone che sono a vincolo, questo tipo di abuso no dovrebbe essere fatto. Sono perfettamente d’accordo. Ma allora, per quale motivo, spesso, sono state le stesse amministrazioni comunali e provinciali a richiedere i condoni sulle loro proprietà? Questo ci dobbiamo chiedere. Significa che c’è inefficienza nella macchina burocratica. Se la gente chiede questo tipo di condono di piccola entità, significa che non vengono date risposte concrete, o viceversa, vengono trattati come cittadini di serie A o di serie B a seconda se hanno il tutore o il padrino, oppure no. Queste sono le situazioni di grave imbarazzo.
Noi, qui non possiamo pensare di fare riferimento né allo Stato né alle altre Regioni, proprio perché, se non si voleva fare riferimento allo Stato, come credo che sia giusto, perché abbiamo la nostra autonomia, non capisco per quale motivo non si va a parlare in concreto di quelle regioni dove ci sono stati abusi totali. Basta andare a Cattolica, nella vicina Emilia Romagna: la maggior parte degli alberghi della zona mare ha fatto condoni per 5-6 piani. Cosa significa? Significa che c’era un comparaggio, il do ut des tra una categoria di cittadini o tra alcuni cittadini e le amministrazioni comunali. Se gli abusi vengono, non ci troviamo in città come Roma, Milano, Napoli dove diventa difficile un controllo del territorio, ci troviamo in comuni il più grande dei quali è quello di Ancona che ha 100.000 abitanti. Gli abusi avvengono in piccoli comuni. Significa che non solo non vengono date risposte ai cittadini che li commettono, ma la stessa amministrazione non entra nel merito per sanare u piano regolatore o per modificarlo. Leggiamo oggi sul giornale che il Comune di Pesaro, dopo che ha fatto un piano regolatore, trasforma un terreno agricolo ai fini costruttivi per le esigenze di un imprenditore. Ben venga che un imprenditore faccia questo tipo di investimento, e lo dobbiamo salvaguardare, ma le scelte devono essere fatte dalla collettività. Non si possono cambiare le regole con il treno in corsa: o si cambiano prima che parte o dopo che è arrivato.
Cari signori, mi dovete dire e vi dovete chiedere per quale motivo a fine di ogni legislatura i Comuni vanno ad approvare nuovi piani regolatori. Ci sarà un nesso tra la disonestà e la politica. O no? Questo mi chiedo. Perché il piano regolatore non viene preparato all’inizio della legislatura e votato a metà legislatura ma viene fatto sempre alla fine? Ci sarà un nesso, ci sarà una ragione. Se questa è la politica, chiedo ai verdi, in questo caso, per quale motivo non si comportano nello stesso modo anche nelle altre Regioni, come nella vicina Emilia Romagna.
Noi siamo qui in una struttura privata e data in affitto alla regione, dove i bagni non sono regolari. La superficie, la cubatura dei bagni non è a norma, perché non vi sono spazi e non vi è sufficiente aerazione. E allora cosa fate, fate il condono? Per quale motivo si continua ad andare avanti in questo modo?
Cerchiamo di andare incontro alle esigenze dei cittadini. non voglio entrare nel merito del condono, dire se sia giusto o meno giusto, ma nel momento in cui un politico trova una situazione di grave difficoltà come quella che hanno la maggior parte dei cittadini per piccole modifiche alle loro proprietà... Non le hanno fatte secondo gli indirizzi che dava il vecchio Lenin, il quale diceva che la proprietà era fondata sul furto. L’80% dei cittadini in Italia è proprietario dell’immobile in cui abita, quindi non credo che in Italia vi sia l’80% di ladri, altrimenti dovremmo andare tutti a casa.
Considerando l’80%, su 40 consiglieri ben 32 sono proprietari di immobile. C’è stato nessuno che ha fatto un condono per il suo immobile? Me lo chiedo. Se vado a vedere la statistica dei condoni fatti nella regione Marche, probabilmente, c’è qualche consigliere che ha fatto, precedentemente, dei condoni edilizi. Perché ne aveva esigenza. Non credo che alcuno di noi abbia fatto abusi perché ha fatto investimenti di qualche miliardo.
Nel momento in cui passeremo a votare questa proposta di legge, cerchiamo di metterci una mano sulla coscienza, non per trovare consenso, perché è immorale, il consenso non lo si trova con i giochi, con i trucchi o con gli inganni, il consenso si trova attraverso la serietà, attraverso l’impegno e attraverso una linea di coerenza che ognuno di noi deve avere per quanto riguarda le problematiche e le esigenze della gente.
Nel momento in cui passeremo a votare questa legge, mettiamoci questa mano sulla coscienza, cerchiamo di modificarla non nella sostanza ma nei piccoli contenuti, per fare sì che si ottengano dei risultati in funzione delle esigenze di questi cittadini. Non possiamo accettare che nei centri storici siano state fatte modifiche per cambiare la destinazione da garage o da negozio per far diventare l’immobile civile abitazione, quando sappiamo che sotto il profilo prettamente sanitario non sono locali abitabili perché vi sono delle umidità spaventose. Però abbiamo permesso che si facesse questo tipo di trasformazione, perché se il Comune ha dato la concessione per fare il cambio di destinazione, il Comune doveva andare a garantire che l’ambiente sia sano. Con il grado di umidità che hanno queste zone nei centri storici delle nostre città, specialmente sulla costa — il riferimento è alla città di Pesaro dove io vivo — la concessione data ha consentito di fare una speculazione. E’ lì l’immoralità, quella è immoralità, quello è gioco per poter avere il consenso e per avere i finanziamenti in preparazione della campagna elettorale.
Cerchiamo di essere coerenti, non andiamo a toccare i grandi temi che abbiamo a livello nazionale, ma siccome siamo un Parlamento di questa Regione, cerchiamo di fare una legge più vicina possibile ai cittadini, per risolvere le loro esigenze e sanare qualche piccolo abuso. Non è difendere gli abusi, perché se dovessimo difendere gli abusi, dovremmo vedere le proprietà delle cooperative, che hanno fatto cambi di destinazione e devono andare a fare i condoni, perché erano aree che venivano utilizzate a fini industriali e sono state trasformate a fini commerciali prima ancora di avere le concessioni.
Andiamo a vedere queste cose. Mi sembra giusto che si diano delle riposte positive, non si può indicare “là ci sono gli onesti, qua ci sono i disonesti”. Queste cose vengono fatte solo per nascondere la disonestà di molti individui, che spesso sono conniventi con il potere politico delle nostre amministrazioni locali.
Nell’ambito dell’agricoltura abbiamo necessità di recuperare parecchi immobili che sono semiabbandonati o che hanno subito una trasformazione e piccole modifiche già avvenute, consentono di poter meglio usufruire e godere la proprietà dei beni stessi. Cerchiamo di andare incontro a queste esigenze. Non dobbiamo assolutamente permettere che avvengano quei condoni avvenuti nelle zone del sud Italia o nelle grandi città o come sono avvenuti nella vicina Emilia Romagna, in modo particolare a confine, nell’attuale provincia di Rimini, prima provincia di Forlì. Chiediamoci perché sono avvenuti, poi andiamo a vedere perché hanno ottenuto certi risultati.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. La proposta che viene oggi in aula rappresenta un passo in avanti rispetto a quella che la Giunta aveva presentato al Consiglio regionale. Una proposta ancora però insoddisfacente e segnalerò le tre questioni che a mio avviso possono essere significative. Parto da qui facendo un ragionamento molto concreto, nel senso che da parte dei consiglieri che sono intervenuti prima di me ho sentito un grande disquisire su cos’è la legalità, su qual è il rispetto delle leggi, su chi rappresenta in modo adeguato l’etica e chi non lo rappresenta.
Noi abbiamo avuto un’esperienza, con questa legge, quella di un difficile rapporto Stato-Regioni, rapporto che dovrà essere regolamentato proprio a fronte della modifica della riforma Costituzionale, così come era stata fatta con il titolo V e così come si sta facendo in questo momento in Parlamento. La sentenza 198 della Corte costituzionale infatti, nel dichiarare l’illegittimità delle leggi delle varie Regioni — Toscana, Marche, Friuli ed Emilia Romagna — di fatto dice una cosa molto significativa, che ad una prima lettura mi ha fatto sobbalzare, però dice anche una cosa importante: che è escluso dal sistema costituzionale che il legislatore regionale utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga sbagliata. E’ il ragionamento che avevamo fatto un po’ tutti, me compresa, nel dibattito in quest’aula.
Quindi, a fronte di una legge che si considera inopportuna, illegittima o comunque dannosa, non si può pensare di utilizzare la legislazione per impedire che nel proprio territorio questa non abbia vigenza. Andare in conflitto avanti la Corte costituzionale è quindi la strada che deve essere perseguita, quindi non si può pensare di risolvere in via diretta gli eventuali conflitti con gli atti legislativi nazionali, con disposizioni di legge regionale.
Questo è un passo significativo, perché la dice lunga su come dovranno essere impostati i rapporti Stato-Regioni e su come, nella materia concorrente, ci si deve comportare.
Di fatto, gli effetti concreti di questa sentenza sono molteplici e rilevanti rispetto a una serie di questioni. Io ne pongo alcune.
Anzitutto, le domande già depositate, fatte in affidamento a una legge nazionale dalle persone che hanno ritenuto buono il loro diritto in forza di una legge nazionale. Qui la soluzione che stiamo definendo non mi convince e a mio parere ci pone di fronte a un ulteriore conflitto costituzionale, cioè: ci sono dei termini per cui il cittadino, avendo la Corte costituzionale disapplicato per intero le leggi delle Regioni, ha un diritto pieno a salvaguardare la sua domanda di condono nel momento in cui questa è vigente. Fino a quando è stata vigente? E’ stata vigente dal momento in cui è uscita la legge nazionale, fino al momento in cui è uscita la sentenza della Corte costituzionale. Quella vigenza è piena.
Chiedo alla Giunta e all’assessore se si vuole ulteriormente perseguire quello che in Commissione si è definito, proprio in forza di un ragionamento che l’affidamento a una legge nazionale è un superiore interesse che la Corte costituzionale mette al primo punto, nello spirito della riforma, di fatto, della legge nazionale.
L’altro punto riguarda il commissario ad acta a fronte dei tre anni in cui la domanda non riesce ad avere una risposta. Credo che sia meglio, invece che mettersi a peregrinare alla ricerca di un commissario ad acta o un ente locale altro, cioè la Provincia, fare un silenzio-rifiuto, cioè il percorso amministrativo finisce dopo un periodo molto congruo, indicato nei tre anni e il silenzio è un silenzio-rifiuto. Anche questo credo che sia un punto non solo di chiarezza della norma ma anche di migliore tutela per il cittadino che a quel punto va al Tar e impugna, eventualmente, in quella sede, la sua pratica, non rimandandola ulteriormente rispetto alle questioni. Anche perché credo che quando una domanda di sanatoria non viene accolta, i soldi vengono restituiti — mi pare che questo preveda la nostra legge — mentre in altre Regioni la soluzione è diversa e leggendo anche un po’ di dottrina, sia sul primo punto che sul secondo, in caso di domanda non accolta i soldi non vengono restituiti, perché uno si è autodenunciato, ha salvaguardato gli effetti penali, che restano comunque, ha pagato l’oblazione per gli effetti penali ma non dovrebbe essere restituita la somma in caso di diniego. Anche su questo vorrei che l’assessore rispondesse, perché è un punto di chiarezza. Mi rendo conto che rispetto alle altre leggi si è trovata una soluzione diversa.
E’ positivo il fatto che si sia tolta la firma del professionista a garanzia del progetto. Ormai è chiaro, come ha detto chiaramente la dottrina, che si intende, ai sensi della legge 47 del 1985, che la corresponsione per intero dell’oblazione compiuta da uno dei soggetti legittimati, di fatto estingue nei confronti di tutti i soggetti, compreso l’eventuale professionista che non ha bisogno di asseverare la firma del progetto. Quindi penso che la correzione fatta dalla Commissione sia positiva.
Il margine discrezionale che la Regione aveva è stato quindi esercitato, mi s(sembra che sia stato esercitato con parametri anche diversi da altre Regioni dello stesso centro-sinistra. La Toscana per i centri storici prevede 100 metri cubi, la nostra Regione 75. Non so se avete ragionato per intero con gli ordini degli architetti, dei geometri e degli ingegneri, ma dalle notizie che io ho o che mi hanno voluto dare, alla mia domanda se i 150 metri cubi fossero sufficienti, mi hanno detto tutti no, meno un solo rappresentante dell’ordine dei geometri di Pesaro. Siccome facciamo una legge che tende a dare un principio alla nostra legislazione, quello di sanare gli abusi di necessità, gli abusi di necessità sono abusi o per modifica di destinazione d’uso o sono domande che non potevano essere rappresentate ai sensi dei piani regolatori. Credo che la soluzione trovata sia una soluzione ancora un po’ troppo restrittiva e comunque credo che nel corso del dibattito sarà la Giunta a definire meglio le questioni.
Per gli oneri che si devono pagare — il 100% degli oneri di costruzione è tanto — e per il tipo di soluzione che vedo unanime nelle Regioni, credo vi sarà una selezione di fatto delle domande. Credo che da questo punto di vista si possa migliorare il lavoro fatto, verificando questi punti un po’ critici della norma stessa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Come Udc noi non siamo degli appassionati al condono, però una considerazione di fondo credo vada fatta e non l’ho ascoltata in quest’aula. E’ la seguente. Se avessimo la possibilità i demolire tutti gli abusivismi realizzati, sarebbe un discorso. Io sono uno abituato a pagare le tasse dalla prima all’ultima lira, come mi ha insegnato la famiglia, quindi non debbo condonare niente e la mentalità è quella del cittadino medio. Siamo noi nelle condizioni di cancellare tutti gli abusivismi con un intervento dei Comuni, della regione? No. Se questo non è, il condono serve a questo punto, per fare che cosa? Per rimettere in una condizione di parità i cittadini che hanno regolarmente pagato gli oneri di costruzione, pagano l’Ici, pagano la tassa rifiuti solidi e urbani, pagano tutte le tasse sulla casa, rispetto ad altri che, se invece non ci fosse il condono, continuerebbero a godere del proprio bene in aggiunta rispetto all’altro, senza pagare una lira di soprattassa. Ecco la motivazione vera. Questa è l’unica motivazione vera, profonda per cui può essere accettato un condono entro certi limiti, escludendo ciò che è speculazione edilizia selvaggia.
Tenevo a dire questo, perché è una posizione di chiarezza.
Quando, all’inizio, il Governo ha presentato questa legge, la Regione Marche, insieme ad altre Regioni italiane hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale avversando questa materia. La Corte costituzionale ha rigettato questo ricorso delle Regioni, quindi siamo qui, oggi, costretti ad approvare questa legge regionale.
La Commissione ha lavorato, io ho presentato degli emendamenti a nome del gruppo, debbo dire onestamente che tre emendamenti da me presentati sulla cubatura, sulla responsabilità personale di chi ha commesso l’abuso anziché del tecnico, su altre questioni, sono stati accolti, quindi ritengo che una legge così fatta si trovi in una condizione migliore rispetto a come era iniziata.
Ho ripresentato un emendamento, soprattutto, che riguarda il fatto che chi ha commesso un piccolo abuso nell’unica abitazione di proprietà, il pagamento di oneri per quanto dovuto, per ritardi ecc. è giusto, ma non ritengo che sia giusta la maggiorazione del 100% o del 50% a seconda dei casi. Gli emendamenti sostanzialmente si riferiscono a questo, perché ritengo che qui possiamo veramente fare la distinzione tra l’abusivismo edilizio “specializzato” e il cittadino che, proprietario di un’unica casa, ha magari sistemato una mansarda, un piano in più.
Vorrei tra l’altro cogliere l’occasione per dire che tre anni e mezzo fa ho presentato una proposta di legge per rendere abitativi i sottotetti. Perché non la portate avanti? Incasseremmo dei soldi, saneremmo un mare di situazioni che comunque ci sono, perché chi ha alzato la mansarda di mezzo metro continua ad averla e continua a godersela senza pagare una lira. Perché non vogliamo sanare questa situazione? Solo perché viene da un partito dell’opposizione? Noi non abbiamo mai avuto questo pregiudizio: se ci accogliete anche l’emendamento sulla prima abitazione, una qualche crisi di coscienza sul voto ce lo ponete. Noi siamo orientati a un’astensione, ma se ci accogliete anche questo, vedremo. Vorrei una risposta dall’assessore su questa legge presentata tre anni e mezzo fa sui sottotetti: perché non la portate in discussione? Non è una legge di centro-destra o di centro-sinistra. Valutiamo gli atti amministrativi per quello che sono, liberandoci ogni tanto da questo assillo di essere di destra o di sinistra? Questa proposta che abbiamo fatto ha una sola caratteristica: quella di regolarizzare situazioni dove non vi sono abusi particolari di grande rilevanza, che peraltro continuano a sussistere, per cui quelli continuano a sussistere, l’ente pubblico non incassa i denari relativi, vale lo stesso discorso per il condono. Se abbiamo la forza per demolire questo vano, lo demoliamo, altrimenti facciamo un doppio favore, perché quello non ha pagato gli oneri, non paga l’Ici, non paga niente, se lo tiene e arrivederci.
Quindi noi dobbiamo, in questi casi, essere amministratori al di là del colore politico, perché questo ci consentirebbe, probabilmente, di assumere decisioni migliori che vanno in tutte le direzioni.? Poi sappiamo che ci sono elettori di centro-destra e di centro-sinistra che debbono sanare situazioni, non credo che si possano fare distinzioni su questo, perlomeno io non sono all’altezza di farle. Penso che potremmo uscire con una legge accettabile. Non sarà la migliore del mondo, ma credo che alla fine potremmo uscire con una legge accettabile anche da parte dell’opposizione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Noi verdi non siamo soddisfatti di questa proposta di legge, fermo restando che siamo perfettamente consapevoli che la Regione Marche ha coerentemente difeso, con altre Regioni, una linea di rigore, quella di contestare la decisione del Governo di aprire, ancora una volta, la strada alla sanatoria degli abusi edilizi, perché questo è il problema di fondo: la spirale degli abusi edilizi nel nostro paese non si esaurirà mai se sempre nuove leggi continueranno a premiare coloro che le leggi non hanno rispettato in precedenza. Questa è la grande contraddizione di fondo, la questione su cui il centro-destra elude, anche oggi, l’argomento. Ricordo le interruzioni all’intervento del collega D’Angelo.
Noi diciamo che si sta saccheggiando il territorio, che il Governo sta alimentando una spirale in cui la cementificazione del territorio italiano avviene non soltanto attraverso piani regolatori sregolati che noi non condividiamo, ma anche andando oltre questi piani regolatori. Abbiamo già in questa regione denunciato come il nostro sistema delle normative urbanistiche sia tutt’altro che vincolistico, o meglio sia certe volte vincolistico per i deboli, ma sia assolutamente lasco, incapace di difendere gli interessi collettivi rispetto ai poteri forti. Ecco quindi che anche attraverso meccanismi previsti dalle leggi passano interventi sul territorio che mai dovremmo consentire, se vogliamo che questo territorio sia conservato nel tempo, dia anche un contributo allo sviluppo economico della nostra regione, se vogliamo che nel nostro territorio possano convivere tutte le attività economiche, da quelle a maggiore impatto ambientale a quelle che hanno bisogno di una integrità ambientale molto forte. Stiamo andando verso una deregulation che noi non accettiamo, che noi contestiamo. La deregulation dà la possibilità a tutti di costruire in qualsiasi luogo, al di fuori di una strategia generale, considerando gli interventi in relazione a chi è proprietario dell’area e non a un progetto generale. Ecco quindi che vediamo sempre più piani regolatori e interventi di vario genere che soddisfano le esigenze particolari del momento, di quel luogo, ma che si collocano al di fuori di ogni programmazione. Penso al meccanismo del “quadrilatero”, che vuol finanziare la costruzione delle grandi infrastrutture, cementificando lunghi percorsi di queste strade in regola ai piani regolatori. Anche queste sono forme di distruzione del territorio che passano attraverso regole scellerate, così come scellerate sono le norme sulla sanatoria edilizia prevista dal Governo e così come anche questa legge regionale, che noi non condividiamo, perché, pur limitando gli interventi di sanatoria a quelli che vengono chiamati “abusi minori”, certamente nella legge vengono premiati alcuni abusivismi speculativi, sulla scorta anche della spinta di questo centro-destra che sta tirando le maglie nel tentativo di allargarle, dicendo “perché 150 e non 300? Perché invece di 300 non 450?”, individuando una fascia sempre più larga di furbi che vengono premiati.
Quando si parla di abusi di necessità rimango sconcertato: la necessità deve essere soddisfatta attraverso le norme, attraverso una snellezza, una capacità delle pubbliche amministrazioni di rispondere alle esigenze dei cittadini, questo è il percorso principale, non favorire i cittadini che, aggirando le leggi, o addirittura violandole apertamente, trovano poi il modo di condonare questi interventi. Poco importa che poi, su questi interventi, si debbano pagare gli oneri di urbanizzazione interamente, mi sembra normale. Sarebbe quanto meno sconcertante che addirittura premiassimo coloro che non rispettano le leggi, non solo sanando l’intervento ma anche, addirittura, facendogli pagare degli oneri di urbanizzazione più bassi. Questi non sono certamente degli elementi a difesa di questa normativa.
Noi eravamo per un provvedimento che stringesse le maglie molto più di quanto le stringa questa proposta di legge, perché questa è la posizione più coerente con quanto in passato aveva sostenuto la Regione Marche, unendosi alle alte Regioni che avevano impugnato il provvedimento dello Stato. Oggi sappiamo che le Regioni sono obbligate a fare questa legge, altrimenti rimarrebbe in vigore soltanto la normativa nazionale che certamente è peggiore, ma questa logica del male minore nella nostra regione non passa attraverso una legge che effettivamente consente la sanatoria soltanto nei casi più circoscritti e più limitati possibile. Da questa enunciazione iniziale si è passati alla predisposizione di una proposta di legge che invece, a maglie troppo larghe, elude tanti elementi, e vogliamo vedere cosa succederà in aula rispetto a una quantità di emendamenti presentati prevalentemente dal centro-destra, che tendono ad avvicinare sempre più la proposta di legge della Regione Marche al provvedimento scellerato e di saccheggio del territorio che il Parlamento ha varato con i voti del centro-destra.
Quindi noi faremo grande attenzione. Sono stati presentati alcuni emendamenti in Commissione, riproposti qui in aula. Sono emendamenti che riguardano alcuni aspetti importanti di questa proposta di legge, emendamenti che soprattutto tendono a riportare giustizia nelle norme regionali sulla sanatoria degli abusi edilizi, evitando che attraverso questa legge passino degli interventi speculativi o si premino comunque coloro che beneficeranno di questo condono, ma che da questo condono troveranno motivo per commettere, in futuro, altri e nuovi abusi edilizi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI

Guido CASTELLI. Eviterò di rientrare nelle tematiche generali che sono già state oggetto dell’intervento dei colleghi Ciccioli e Gasperi, ai quali faccio integralmente riferimento. Volevo però evidenziare un paio di cose che riguardano la cornice normativa, il contesto in cui si cala il provvedimento che dobbiamo approvare oggi.
Siamo di fronte a prove di federalismo avanzato, con tutto il bagaglio di complessità, antinomie e contraddizioni che in qualche modo descriveva il dott. Londrillo quando, a Fiastra, ci riepilogava questa vicenda infinita, rispetto alla quale, tuttavia, sono stati posti, per effetto soprattutto dell’intervento della Corte costituzionale alcuni paletti, alcuni principi che sono più generali e che probabilmente ci consentono di fare riflessioni che trascendono il condono e riguardano invece il più generale quadro confuso del federalismo avanzato che ha sovrainteso anche alla legge sul condono.
Pochi, in particolare, hanno ricordato che la Corte costituzionale innanzitutto ha stabilito un principio che pesa fortemente sulle Regioni — tra queste, in primis, la Regione Marche — che hanno cercato di impregnare di contenuti, per così dire ideologici e antigovernativi, la propria condotta normativa, utilizzando la legge regionale — quella della volta scorsa — al fine dichiarato di bloccare una legge nazionale.
Da questo punto di vista pesa come un macigno la pronuncia della Corte costituzionale che testualmente recita: “Non è ammissibile la condotta del legislatore regionale che utilizzi la potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima”, se non addirittura dannosa o inopportuna, anziché agire in giudizio di fronte alla Corte costituzionale. Quindi primo principio da cui è necessario trarre insegnamento, è quello secondo cui non è ammissibile che l’ostilità antigovernativa — e per un momento prescindiamo dal tema di questa mattinata — possa prendere le forme, le caratteristiche di una vera pirateria normativa che, mirando al cuore di provvedimenti non condivisi, cerchi in qualche modo e surrettiziamente, di annullare il pronunciamento di una legge dello Stato.
Detto questo, che assume un significato importante anche per tante cose che ancora dovremo fare relativamente alla disciplina delle cosiddette materie concorrenti, si impone una valutazione che a mio modo di vedere riguarda soprattutto la stesura di questa legge proposta dalla Giunta regionale, che è stata convenientemente rimodulata, cambiata, diversificata dall’intervento della Commissione, che ha lavorato con alacrità, che ha lavorato correggendo alcune delle distorsioni più evidenti che affliggevano il testo, ma che ancora, probabilmente, non esaurisce, non esclude alcune importanti contraddizioni, o scelte politiche — parlo da un lato di contraddizioni normative, dall’altro di scelte politiche — che ancora, a mio modo di vedere, non rendono condivisibile questo testo.
Sul metodo, tutte le categorie professionali hanno lamentato la mancata concertazione con gli ordini professionali, rispettivamente ad una legge che comunque doveva avere, come premessa, la valutazione e la lettura del territorio fatta in sintonia con coloro i quali sul territorio operano. E allora si ha un bel dire quando la Regione Marche, la maggioranza di centro-sinistra a ogni pie’ sospinto fa riferimento alla necessità di riconoscere il carattere diffuso di questa nostra regione che è poliarchica, policentrica e quant’altro “deriteggiando”, andando. Poi però, quando siamo chiamati ad una scelta, si presume che invece il legislatore regionale possa prescindere da un’indicazione che è stata fortemente contrastante con l’impostazione della Giunta e che ha prodotto anche buona parte degli emendamenti raccolti dalla Commissione stessa, anche perché, come si può evitare che la querelle sulle volumetrie non assomigli a una sorta di Superenalotto in cui tutti cercano di dire la propria aumentando e diminuendo le volumetrie condonabili, se non si parte da una lettura precisa di quello che storicamente è stato il fenomeno dell’abusivismo nella regione Marche? E allora, quando il nostro Presidente D'Ambrosio, eccitato dalla prospettiva di lanciare un ulteriore strale nei confronti dell’odiato Governo Berlusconi, prende armi e bagagli e va formulando, sviluppando critiche totali, totalizzanti verso il provvedimento del condono — critiche che poi riecheggiano nella dichiarazione di D’Angelo — come può non riconoscere che un conto è l’abuso che si consuma nella nostra regione, un conto sono gli ecomostri che, magari, affollano e deturpano le coste calabresi, siciliane o quant’altro? Si è posto qualcuno la domanda del perché e del come si realizzano abusi nella nostra regione? Ha ragione il consigliere Viventi, che giustamente sottolinea la grande ipocrisia che è dietro il ragionamento di D’Angelo, perché o D’Angelo ci dice che l’abusivismo non c’è, o D’Angelo ci dice, in alternativa, quali sono i programmi per stroncarlo a posteriori una volta che abbiamo impedito il condono, oppure il suo intervento è, come quello iniziale del Presidente D'Ambrosio, intriso di una ideologia che fra le alter cose non va a favore delle brave persone di cui si fa oggi paladino D’Angelo, ma al contrario va a ratificare sostanzialmente e nei fatti, una situazione che purtroppo esiste ma che deve essere più convenientemente riportata al quadro storico e territoriale della nostra regione, perché io non ritengo e non penso che ci siano fenomeni di abusivismo che possano in qualche modo provocare un dissesto, un’alterazione permanente o uno stravolgimento del nostro assetto urbanistico, edilizio e territoriale, tranne qualche caso che comunque con questa legge, e con quella stessa nazionale, non avrebbero possibilità di essere sanati.
Allora il ragionamento di D’Angelo, se si dirige nei confronti del padre di famiglia che deve allargare la famosa stanza perché la figlia si deve sposare, oppure perché c’è la rimessa agricola che il pastore, piuttosto che il coltivatore di barbabietole della Valle del Tronto deve realizzare, mi chiedo se non sia profondamente ingiusto, sbagliato e anche, per certi versi, fuorviante.
Per chi dice con quella forza no al condono, lanciamo la sfida di dire “ci stiamo, se tu ci provi che il condono non serve in quanto non esistono abusivismi, oppure se, una volta accertati gli abusivismi e le illiceità edilizie, mi dici come intendi intervenire per stroncarli e procedere alla demolizione”.
Mi diceva su questo argomento l’assessore Modesti, proprio a Fiastra, che “sappiamo come va, poi non puoi far nulla...”. Allora a maggior ragione vogliamo perseverare, riconoscere, ratificare una situazione di discriminazione fra coloro i quali hanno dovuto pagare per costruire correttamente e coloro i quali — i cosiddetti furbi — che devono giustamente pagare oboli salati, che vanno altrettanto a strutturare le capacità di spesa proprio delle amministrazioni locali? Lo sappiamo, i condoni in quanto tali non piacciono mai.
Prima, riferendomi a D’Angelo, parlavo del fatto che anche i condoni per Sofri devono essere inseriti nella sua filosofia così giacobina, integralista, contro ogni forma di clemenza e parlavo di una situazione emergenziale che non fa piacere a nessuno. Non siamo certamente fieri della necessità di procedere al condono, sia perché ci sono emergenze finanziarie, sia perché purtroppo esistono i condoni, ma una prudente, corretta, saggia applicazione di una legge che c’è e che è stata per buona parte confermata dalla Corte costituzionale, deve far improntare il nostro atteggiamento, oggi, a quel sano realismo che è la prima qualità di un buon legislatore.
Ecco perché abbiamo ritenuto di non approvare in Commissione questa legge, ecco perché abbiamo inteso proporre degli emendamenti a nostro avviso migliorativi, perché fanno tesoro dell’esperienza dei due precedenti condoni: quello del 1985 e quello del 1994. Allora chiedo a D’Angelo, chiedo anche ai colleghi della sinistra estrema non è forse giusto introdurre nell’articolato normativo, sia per quanto riguarda il pagamento degli oneri di costruzione, sia per quanto riguarda, complessivamente, la spesa per la sanatoria, i casi di abusivismo, di necessità che sono stati normati, codificati, disciplinati dalla giurisprudenza successiva dal 1985 al 1994? E’ un reato? E’ di sinistra o di destra dire che c’è condono e condono? (Interruzione). I condoni si fanno tradizionalmente ogni nove anni: 1985, 1994, 2003. C’è una “maledizione cronologica”. (Interruzione). Il tuo Governo faceva altro, metteva le tasse sull’Europa, quindi faceva cassa attraverso forme che lo facevano assomigliare allo sceriffo di Nottingham, piuttosto che a Berlusconi.
Quello che voglio dire è che proprio facendo tesoro di alcune esperienze dei due precedenti condoni — da questo punto di vista non posso disconoscere che il condono non fa piacere a nessuno, come tutte le toppe non fanno piacere a nessuno — sarebbe bello che un domani nella nostra regione, nella nostra nazione, il condono non fosse più un utile mezzo di approvvigionamento finanziario, per il semplice motivo che nessuno fa più abusi. Allora, quando questa prospettiva arcadica, utopica, tanto cara alla sinistra sarà realtà, sicuramente nessuno farà condoni.
Certo è che alcune zone d’ombra, al di là della valutazione politica, rimangono nell’ambito di questo testo e se l’assessore Modesti mi dedica tre secondi della sua attenzione, faccio due esempi concreti. Il problema delle leggi applicative del condono, ma, più in generale, che entrano nello specifico e nel dettaglio di attività che poi dovranno essere realizzate dai Comuni e dai cittadini è proprio la praticità delle soluzioni.
Il primo. Alla famosa lettera f) che parla delle opere che devono essere ultimate prima del 31 marzo si fa riferimento proprio al concetto di ultimazione. Ebbene, il concetto di ultimazione non è univoco. Quindi invoco un chiarimento da questo punto di vita, perché vi offro l’esperienza dei precedenti condoni. Secondo la legge 47/85, per opera ultimata si intendeva un’opra completata nelle sue parti strutturali, munita di tamponatura. Secondo la legge 724, per poter parlare di ultimazione è sufficiente addirittura che siano realizzate le sole colonne. Quindi, prima di fare qualche disastro applicativo, chiariamoci sulla nozione di “ultimazione”, perché la nozione di “ultimazione” che ci offre la giurisprudenza può essere anche diametralmente opposta a quello che poi le singole amministrazioni applicano.
Un secondo argomento — mi riferisco a elementi che potrebbero anche essere utili per una valutazione condivisa di tutti — riguarda il fatto che non è prevista nella nostra legge, alcuna prospettiva di disciplina dell’eventualità in cui il richiedente ometta di pagare, dopo avere versato il primo obolo, le successive obbligazioni pecuniarie. Cosa succede? Si caricano di interessi le obbligazioni pecuniarie? Si annulla e si eliminata tout-court la pratica? Misuriamoci, abbandonando gli ideologismi, anche su questi aspetti pratici, che però hanno già reso di difficile applicazione i vecchi condoni. Traiamo dall’esperienza qualche utile applicazione e, se possibile, miglioriamo un testo che può essere indubbiamente reso più aderente alle esigenze del nostro territorio e dei nostri cittadini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Poche considerazioni di tipo generale, perché nel pomeriggio avremo modo di discutere nel merito dell’articolato della legge.
Le Regioni sono costrette, oggi, ad agire nella logica governativa dei condoni, non solo quello edilizio. Sono obbligate a fare leggi a sanatoria di abusi. In questo caso parliamo di quello edilizio.
Dal punto di vista politico il condono rappresenta il fallimento della conduzione economica del Governo. Del resto è un fallimento palese, visto che il ministro Tremonti, che doveva essere il nuovo scienziato dell’economia dell’Italia, è stato dimissionato dal suo stesso Governo. Quindi, anziché agire sul versante delle entrate certe con una seria politica fiscale che faccia pagare le tasse in base ai redditi, si è cercato di fare l’inverso, di “fare cassa” attraverso i condoni: fiscali, edilizi e quant’altro.
Siamo in una fase di finanza fuori controllo, se non proprio alla bancarotta. E’ stato detto in questo dibattito “siete stati rigorosi”, rivolti alla proposta di legge della Giunta regionale, “e poi, in realtà, voi del centro-sinistra avete aumentato le tasse, l’Irap in particolare”. Ma sapete bene, anche se adesso siete distratti da una giusta analisi che dovete fare della sconfitta dell’altro ieri, che è una ipocrisia, una palese ipocrisia, perché in realtà non siamo in regime di autonomia finanziaria, delle Regioni e degli enti locali, ma siamo di fronte ad un ricatto di fronte al taglio ai finanziamenti degli enti locali da parte del Governo. Essi sono costretti ad aumentare le tasse o a ridimensionare i servizi.
Le Marche, pur tra difficoltà, ha fatto una cosa più seria: ha cercato di razionalizzare i servizi ma non di chiuderli, di avere un’oculata politica di bilancio.
Insieme ai condoni edilizi e fiscali, il taglio è stato imponente: ai Comuni delle Marche, per i propri bilanci i tagli hanno inciso da un minimo dell’8% ad un massimo del 34%. Insieme ai condoni edilizi e fiscali si sta vendendo il patrimonio pubblico, nell’indifferenza quasi generale, patrimonio pubblico dello Stato ed anche pezzi di territorio. Addirittura si stanno vendendo delle isole.
Insieme al “fare cassa” si dà un messaggio devastante, ma molto chiaro, a settori precisi, economici e finanziari del paese. In generale si dà un segnale inequivocabile: si premia chi non rispetta le leggi e si penalizza chi è onesto.
In questo contesto che, è ovvio, è molto più grave di questa sommaria illustrazione, le Regioni, con un’ottica neocentralistica vengono piegate alla logica del condono, così come prevede il decreto legislativo 269 dell’anno scorso. In questa logica perversa il condono diventa come il rifiuto, vale a dire diventa una “risorsa”, perché fa entrare soldi ai Comuni ed allo Stato. La Regione Marche è stata contraria sin dall’inizio a questa logica. Difatti la Regione Marche impugnò il decreto legge 269 del 2003, politicamente, con una legge che rifiutava di applicare il decreto 269 medesimo.
Oggi siamo in presenza di una proposta uscita dalla Commissione meno rigorosa di quella che vi è entrata, ma che tuttavia, se non peggiorata ulteriormente con grandi spinte e piccole spinte, tutte localistiche ed elettoralistiche, può costituire ancora un’alternativa seria rispetto ai dettami del Governo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

David FAVIA. Colleghi consiglieri, credo che questa legge, così come emendata con la collaborazione dell’assessore Modesti in rappresentanza della Giunta, sia un buon testo, scaturito all’esito di una sentenza della Corte costituzionale voluta dalla Regione Marche e da altre Regioni, che ha fatto giustizia di una legge nazionale che sottraeva competenze alle Regioni e che in realtà era troppo larga nei confronti di abusi anche eccessivi. Voglio ricordare che è di questi giorni un “errore?” del Consiglio regionale della Sicilia, che consente una cementificazione delle isole Eolie che grida veramente vendetta.
Credo però che debbano essere tenute presenti nell’approvazione, nella discussione degli emendamenti, una serie di necessità e di esigenze che non possono essere sottaciute. Soprattutto tengo a che siano tutelati quelli che possono essere considerati piccoli abusi per necessità. Parlo soprattutto degli abusi effettuati nelle campagne che, per quanto riguarda la città di Ancona, concernono soprattutto le frazioni — trasformazioni di piccoli annessi per motivi residenziali delle famiglie — e per quanto riguarda piccole imprese, soprattutto quelle artigiane.
Credo quindi che ancora alcune modificazioni per migliorare questa legge possano essere fatte e io ho presentato degli emendamenti che vanno nell’interesse di questi concetti di cui stavo parlando. Per esempio i 200 metri cubi per le abitazioni, a mio giudizio andrebbero elevati. Io ho presentato un emendamento per elevarli fino a 210 metri cubi, che è più che altro un emendamento tecnico in quanto, come tutti sanno, per trasformare i metri cubi in metri quadrati si divide per tre e 200 metri cubi non rappresentano un numero divisibile per tre, quindi credo che la trasformazione in 70 metri quadrati rappresenti un buon punto di caduta, oltre che comprensibile.
Ho anche presentato un emendamento per introdurre il concetto del silenzio-assenso che mi sembra estremamente favorevole al cittadino che deve avere delle certezze nel silenzio della pubblica amministrazione e trasformare l’inefficienza della pubblica amministrazione in silenzio-rifiuto mi sembra estremamente penalizzante per il cittadino stesso. Per questo motivo ho chiesto una drastica riduzione dei tempi di istruttoria che addirittura — di questo mi dolgo — la Commissione ha elevato da due a tre anni. Mi sembra che lasciare in questa assoluta incertezza chi ha fattola domanda di condono, non sia corretto da parte del legislatore.
Così come credo che sia opportuno salvare assolutamente le domande già fatte — e ho presentato una proposta di procedura per salvare le domande già depositate nei Comuni — così come rimetterei ai Comuni la decisione della misura, indicando soltanto il massimo nella legge, della sanzione contributiva per ottenere il condono.
Infine mi sembra che vi sia stata una dimenticanza — non so se voluta — al comma 2 dell’art. 3, nei limiti volumetrici, per quanto riguarda le zone omogenee A di cui al decreto 1444 del 1968, in cui, a differenza — questa mi sembra una disparità di trattamento — delle previsioni del comma 1, non si distingue tra destinazione abitativa e destinazione diversa da abitazione. Mentre nel comma 1 si consentono 200 metri cubi per le residenze e 150 metri quadrati per le destinazioni non residenziali, all’interno dei centri storici si limita il tutto a 75 metri cubi, cioè 25 metri quadrati che, se può essere concepibile per un abuso residenziale, credo che non lo possa essere per un abuso non residenziale e penso soprattutto agli artigiani che lavorano nei centri storici — il calzolaio, il falegname — che abbiano effettuato un abuso superiore ai 25 metri quadrati. Ho presentato un emendamento per portare l’abuso non residenziale almeno — credo sia già insufficiente — a 50 metri quadrati.
Credo quindi che questa sia una buona legge, già modificata venendo incontro agli emendamenti dell’opposizione e della maggioranza e anche — ringrazio di questo Tontini e Modesti — a miei emendamenti, pure se non ero presente, però credo che di ancora qualche piccolo emendamento per rendere la vita più facile ai cittadini residenti e ai piccoli imprenditori soprattutto, debba essere fatto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Onorevoli colleghi, presidenti, oggi, come sempre, in aula viene una legge che ha messo in imbarazzo tanti comparti di questa società marchigiana. Parlo non da consigliere regionale — mi sarebbe facile trovare la condivisione di tutta l’opposizione — e dico che, come in precedenza facemmo con la legge regionale 9 del 2002, ci sarebbe stato bisogno di una approvazione all’unanimità. Cosa significa questo? Che doveva esserci, trattando di una legge che ha grosse ripercussioni sull’intera società regionale, una condivisione, non dico totale, ma perlomeno sui principi tecnici di fondo. Quindi la mia osservazione va, come tecnico, ai principi di tassatività della legge, una legge che serve per coprire degli abusi, cioè una legge a servizio di chi, comunque, ha commesso un reato. Allora sarebbe facile trovare la posizione individuale e la filosofia di una legge urbanistica, che di fatto una legge sul condono edilizio. Significa sanare dove il superamento della tassatività della legge urbanistica è stato carente.
In questa contestazione che faccio, in questo appunto, in questa osservazione vado a mirare ad un contenuto di fondo, filosofico della legge, cioè la prevenzione attraverso la scolarizzazione per educare alla legalità urbanistica.
Noi mascheriamo l’abuso edilizio, quando è minimo: la stanza, il metro quadro, 50, 20, 30. Non sono questi gli abusi, non è abuso quello della categoria, dell’artigiano, dell’esercente, di quelle micro attività produttive, di piccole e medie imprese. Io parlo degli abusi veri, dove l’ineducazione al rispetto ambientale ha causato dissesti irreversibili.
Al verde D’Angelo vorrei ricordare che le scorciatoie, quando si deve superare la legge si trovano. Ma qui parliamo di inquinamento ambientale, che dovrebbe essere il contenuto principe dell’urbanizzazione, quindi della diversa zonizzazione dei piani regolatori generali, con la supervisione di una Regione attenta. Qui parlo alle istituzioni, ai corpi speciali deputati ai controlli. Ci si accorge che esiste la necessità di condonare, perché di fatto una legge sul condono edilizio è una legge dove c’è l’autodenuncia. Altro è il procedimento in corso o fatto. Poi c’è un accavallamento di questa legge regionale in contrapposizione a quella nazionale, quando ancora non sono stati chiusi i condoni precedenti e anche in questo si creerà, con la normativa, una difficoltà oggettiva a chi dovrebbe poi beneficiare del condono.
Dobbiamo essere attenti. Una istituzione importante, un ente locale come la Regione, che è il cardine, lo snodo vitale dello sviluppo futuro in tutti i settori — quindi una legge interdisciplinare — non può essere trattata come una mera contrapposizione ideologica e uno scontro partitico o di schieramento. Una legge sul condono edilizio va a violare il principio della tassatività della legge, quindi è un principio morale assoluto e non relativo per comparti o per richiedenti.
E’ in questo che ho difficoltà, oggi, in aula, a dover, nella disciplina del gruppo, essere favorevole o contrario. Non faccio una discussione sugli articoli o sui metri quadrati. Le nostre leggi dovrebbero tendere all’educazione della nostra società attraverso la scolarizzazione, cioè principi chiari, assoluti, di poche parole, no contorti, che non vadano all’interpretazione dello specialista, del tecnico. Vediamo i tribunali d’Italia sommersi da cause dove la figura del Ctu, nominato dal magistrato, che non può avere una preparazione tecnica, se non su garanzia di qualcuno che ha interpretato per lui, è prevalente.
Quindi siamo coinvolti nel sistema e come sistema dovremmo dare una risposta più chiara e più puntuale, per non creare difficoltà successive.

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Propongo di dare la parola al consigliere Benatti per l’ultimo intervento e quindi all’assessore Modesti per la conclusione del dibattito, prolungando in tal modo il termine della seduta, per riprendere alle ore 16 con la discussione e la votazione degli emendamenti e degli articoli.

(Così rimane stabilito)

Stefania BENATTI. Molto brevemente per confermare quello che bene hanno detto i colleghi della maggioranza, quindi il giudizio positivo su questa proposta di legge che in qualche modo costituisce un atto amministrativo saggio, rispetto a una normativa nazionale che noi assolutamente non condividiamo. Credo che anche i numeri che si stanno profilando rispetto al dato nazionale, dimostrino il giudizio negativo che noi diamo e i numeri sono che tra l 2001 e il 2003 abbiamo avuto il 41% di aumento delle edificazioni abusive, quindi c’è un “effetto sanatoria” che accompagna anche il solo parlare di condoni e questo ha portato a 40.000 costruzioni abusive in più rispetto al trend con un magro bottino. Sappiamo infatti che al 31 agosto del 2004 nelle casse dello Stato sono entrati solo 54 milioni di euro rispetto ai 3,1 miliardi di euro preventivati, quindi solo l’1,7% dell’introito previsto, quindi non vi sarà neanche un corrispettivo economico, se era importante un atto che rappresenta comunque una lesione del principio di legalità. Quindi non ha prodotto neanche una parte delle finalità per cui era nato. Sappiamo che questi erano i motivi per cui le Regioni si sono opposte, ma è evidente che nel momento in cui il Governo fa una legge queste cose le deve mettere in conto, altrimenti, quanto meno, è un Governo ingenuo. Però mi sembra che tutti gli appellativi si possano dare al Governo Berlusconi meno quello dell’ingenuità, perché non ha sicuramente queste pecca.
Ma voglio utilizzare questi minuti per dire che noi parliamo di tutto questo nel momento in cui la storia è andata avanti e questa discussione di oggi non ha più l’attualità che poteva avere fino a qualche settimana fa, perché noi siamo all’approvazione davanti al Senato del decreto legislativo approvato il 14 ottobre, che lancia la prospettiva molto in là. Il decreto che si è già guadagnato l’appellativo di “legge Cirami per l’ambiente” e che di fatto riafferma alcune questioni di alto profilo di principio, ma di fatto introduce un nuovo, più pesante, devastante e forse letale attacco al nostro ambiente, al paesaggio e alla cultura della legalità. Mi riferisco al comma che prevede la possibilità di condono nelle aree protette. Su questo c’è un grande dibattito anche all’interno della maggioranza, il ministro Matteoli che, addirittura, dice “non saranno oggetto di condono le aree all’interno del parco”, c’è una disquisizione fra il concetto di area protetta e di area parco. Sappiamo, comunque, che il ministro Matteoli ha espresso un parere negativo. Ma continua quest’onda che ha guidato tanti altri provvedimenti. Non dobbiamo scomodare solo il caso eclatante della sanatoria del bunker travestito da anfiteatro di Villa Certosa, ma se leggiamo bene questo decreto legislativo, al di là e anche oltre questo elemento, cioè l’introduzione del condono nelle aree a parco, c’è ben altro. Con questo decreto legislativo, purtroppo, anche come Regioni, dovremo fare i conti nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Va nel solco della cultura della illegalità, altro che scolarizzazione! Stiamo veramente assistendo a una strisciante ed evidente introduzione della cultura della illegalità, perché con questo condono delle aree protette il 48% del territorio nazionale sarà interessato da questo maxi-condono, tutte le coste fino a 300 metri dalla battigia sono interessate, saranno interessate le aree montane sopra i 1.600 metri per le Alpi e 1.200 per gli Appennini, tutte le rive dei fiumi e dei laghi, le foreste, 22 parchi nazionali e centinaia di parchi regionali. Quindi la risorsa principale dell’Italia, che è l’ambiente, verrà devastata da questo provvedimento. Questo nel momento in cui la delega all’ambiente dice l’esatto contrario, che è anche in contraddizione con la tesi che viene portata avanti dalla Casa delle libertà in materia di aree protette e di parchi, perché chiedo al collega Brini che fa parte della Commissione, con cui spesso discutiamo quando introduciamo nuovi territori protetti, cosa ne pensa, ad esempio, della finalità di questo decreto di delega a rivedere tutta la legislazione in materia ambientale quando, in teoria, il Governo dice che vuole la delega per rivedere la normativa dei parchi, per confermare le finalità della legge 394 che è proprio la legge sui parchi, per estendere, nel rispetto dell’autonomia degli enti locali e delle volontà delle popolazioni residenti, la percentuale di territorio sottoposto a salvaguardia. Qualcuno della Casa delle libertà lo dovrà andare a dire ai cacciatori che vogliono estendere il territorio delle aree protette, mediante l’inserimento di ulteriori aree terrestri, marine, di particolare pregio. Poi, prevedere nei territori compresi nei parchi nazionali i vincoli disposti dalla pianificazione paesistica; aumentare le misure di salvaguardia. Sembra veramente un atto e un paragrafo che poteva essere scritto dai più convinti ambientalisti. Poteva averlo fatto D’Angelo.
Quindi il Governo chiede la delega per rivedere la materia dei parchi con queste finalità e poi, dopo solo una quindicina di commi arriva la mannaia che dice “c’è la sanatoria da tutte le parti”. E allora Berlusconi può trasformare l’anfiteatro, può far sanare il bunker camuffato da anfiteatro e arriviamo così alla più completa deregulation.
Su questa cosa credo che alta dovrà essere l’attenzione non soltanto delle forze politiche ma delle istituzioni, quindi accolgo con favore la dichiarazione del collega Brini che ha detto “non è in discussione il condono delle aree protette”. Credo che tutta la Regione Marche sarà compatta, perché la Casa delle libertà sarà sfidata, su questo argomento, nella difesa... (Interruzione). Bisogna che vai a leggere gli atti, Giannotti, perché sono cose interessanti. Spero che li leggerai.
Dicevo che tutta la Casa delle libertà sarà sfidata sulla fedeltà alle dichiarazioni fatte, di voler salvaguardare il patrimonio che anche nella nostra regione è un patrimonio che dobbiamo tener caro, perché anche da un punto di vista economico sappiamo quanto la gestione del territorio, lo sviluppo del turismo, le attività connesse all’ambiente sono importanti.
Quindi chiarezza su quello di cui stiamo parlando. Qui stiamo parlando di una cultura strisciante dell’illegalità che si sviluppa con diversi provvedimenti che vengono da più parti, quindi anche con una semplice delega ambientale che afferma, bontà sua, delle cose sacrosante, perché dice che la revisione della normativa verrà fatta in conformità con le norme comunitarie. Loro fanno delle leggi che, dichiarano, saranno conformi alle norme comunitarie; Immaginate quanto sono bravi. Di fatto si introduce, anche qui, una spoliazione da parte del Parlamento, perché la delega verrà affidata a 24 “saggi” esperti in materia, e soprattutto si introduce una infinita incertezza legislativa, perché il decreto prevede che entro 18 mesi il Governo dovrà presentare al Parlamento le proposte di decreti legislativi, dopodiché si aprirà la discussione nel merito, quindi il Governo si riserva l’opportunità di presentare dei correttivi, addirittura, a questi decreti legislativi, per correggere, entro due anni. Quindi cominciamo una storia che non sappiamo quando finirà, che porterà grande incertezza, perché questo vale per il territorio, ma vale per i rifiuti, vale per l’inquinamento delle acque, vale per la difesa del suolo, per l’impatto ambientale, per la tutela dell’aria, quindi vedremo cambiare indici per decreto. Una grande incertezza che metterà gli addetti in grave difficoltà, un’incertezza che non sappiamo quando finirà, anzi credo che finirà nell’estate del 2006 quando, finalmente, l’Italia si libererà da questo Governo.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Modesti, per le conclusioni.

Cataldo MODESTI. Cercherò di essere breve, partendo da una premessa. Deve essere chiaro a tutti che non c’è la volontà né della Giunta regionale né della maggioranza di favorire chissà quali disegni o allargare chissà di quanto le maglie della sanatoria edilizia. Anzi, è noto che è vero il contrario: la Regione Marche insieme ad altre, a suo tempo varò una legge che si prefiggeva l’obiettivo di annullare gli effetti della legge nazionale sul proprio territorio, quindi da un punto di vista della volontà politica, dell’etica non c’è alcun dubbio, non ci sono divisioni dentro la maggioranza, non c’è chi è più rigoroso rispetto ad altri. Quella battaglia l’abbiamo condotta, è stata una battaglia utile, perché anche qui c’è qualche equivoco: si tende ad accreditare la tesi che la Corte costituzionale, avendo annullato le leggi regionali, compresa la nostra, abbia dato torto alle Regioni. E’ una verità parziale. E’ avvenuto anche questo, ma la sostanza è che la Corte costituzionale ha mutilato drasticamente la legge statale. Questo è il dato che conta. La controprova sta nel fatto che se le Regioni non avessero adottato quelle iniziative, oggi saremmo qui a discutere di altre cose, perché per quello che riguarda il condono si applicherebbe al 100% la legge statale. Quindi la battaglia fatta dalle Regioni, compresa la nostra, è stata utilissima nel merito, ché consente di sanare abusi di minori dimensioni, ma è stata anche molto utile dal punto di vista dei rapporti istituzionali, perché la Corte ha sancito, spero definitivamente, che in queste materie lo Stato deve limitarsi a enunciazioni di principio e non invadere campi che sono quelli delle Regioni nel decidere le quantità, in questo caso, dei metri cubi o quadri sanabili, l’entità delle sanzioni e quant’altro.
E’ quindi stata una battaglia, dal nostro punto di vista positiva e vincente, perché la controprova è che, in mancanza di quella iniziativa legislativa, oggi noi staremmo qui a discutere di altro e nelle Marche si applicherebbe la legge statale a tutti gli effetti. Sono quindi soddisfatto di quello che abbiamo fatto circa un anno fa varando la legge, con tutto quello che c’è stato, come le impugnative reciproche di fronte alla Corte costituzionale e il giudizio finale della Corte che ha messo un po’ di ordine. Questo è un aspetto positivo e dobbiamo partire da lì, non fare soltanto questioni di principio che ormai sono superate, sono alle nostre spalle. Oggi abbiamo la sentenza della Corte che ci obbliga a intervenire per disciplinare, anche perché se non lo facessimo, va da sé che, nonostante la sentenza della Corte, scatterebbero le norme della legge statale.
Quindi noi siamo qui a fare il nostro dovere in virtù della sentenza della Corte costituzionale che sancisce che le modalità applicative del condono debbono essere stabilite dalle Regioni. Questo noi abbiamo fatto.
A questo punto, qual era l’alternativa? Quella di non fare niente, ma così avremmo applicato la legge statale al 100%. Poteva essere quella di arrampicarci sugli specchi introducendo quantitativi finti, per dire “sì, accettiamo la legge, però introduciamo delle provocazioni nei confronti dei cittadini”. Non abbiamo fatto alcunché di tutto questo, tutte e due cose sbagliate, ci siamo comportati ragionevolmente, tenendo conto, in particolare della realtà marchigiana, cioè la non presenza di grandi fenomeni di abusivismo di grandi dimensioni. Questo non c’è, la nostra regione è caratterizzata dalla presenza di un abusivismo piccolo e medio. Noi abbiamo fatto la scelta, come Giunta regionale, di attenerci ad una impostazione piuttosto riduttiva, che viene incontro alle esigenze tipiche marchigiane quindi il piccolo abusivismo cosiddetto di necessità, abitativo o idem per quanto riguarda i settori produttivi. Della Commissione consiliare, del suo atteggiamento positivo si è discusso, si è detto che vi è stato un comportamento costruttivo da parte della maggioranza e della minoranza, sono state apportate delle modifiche, aggiungo migliorative — condivido la relazione del presidente Tontini — ed è stato fatto questo non contro la Giunta, perché la Giunta ha partecipato ai lavori della Commissione e ha concorso, insieme alla Commissione stessa, ad introdurre dei miglioramenti che nel frattempo, da quando la Giunta aveva varato la proposta, prima dei lavori della Commissione, aveva già pensato perché avevamo ricevuto sollecitazioni, segnalazioni da parte dei Comuni, degli ordini professionali, delle associazioni di categoria, della società marchigiana. Quindi quello che andava accolto per migliorare la legge, renderla più semplice, togliere qualche passaggio che poteva rendere più complicato l’iter attuativo, è stato accolto, compreso un leggero aumento delle volumetrie condonabili, perché rientra in tutto quel discorso che facevo prima.
Il lavoro fatto dalla Commissione è quindi un lavoro positivo, non alternativo o distruttivo della proposta della Giunta, è un arricchimento e un miglioramento delle cose che prima ho sottolineato.
Per quello che riguarda il merito, avremo modo nel pomeriggio, rispetto ai diversi emendamenti, di approfondire, però su tre questioni fin da adesso occorre dire qualche cosa.
Il nuovo, le obiezioni del collega D’Angelo. Non dico che siano del tutto infondate dal punto di vista normativo, c’è un’incertezza. Non a caso il Governo ha dovuto fare delle circolari. Però, al di là di questo, che pure è un problema, quello che deve prevalere nell’incertezza è la volontà politica, oltre alla chiarezza delle norme. Noi abbiamo ritenuto che la parte nuova non debba essere trattata in maniera diversa dagli ampliamenti degli edifici esistenti. Questo non riguarda le abitazioni, ma le attività che non hanno a che fare con le residenze. Riteniamo che, una volta stabiliti i parametri quantitativi, questo debba valere per tutti. Sarebbe una ulteriore ingiustizia introdurre una diversità di trattamento tra chi ha abusato dal punto di vista edilizio ampliando l’esistente e chi ha fatto l’abuso facendo una nuova costruzione. Il discrimine riguarda le quantità e le qualità rispetto all’edilizia abitativa o meno, ma introdurre differenziazioni sarebbe discutibile sul piano normativo, ma soprattutto sbagliato sul piano pratico, ma anche sul piano etico, perché noi dobbiamo trattare i cittadini allo stesso modo. Sul piano pratico, la stessa gestione sarebbe ancora più complicata da parte dei Comuni che debbono applicare la normativa.
Quindi è stata fatta una scelta per avere una equità di trattamento tra cittadini, senza introdurre ulteriori diversificazioni che si giustificherebbero male agli occhi dell’opinione pubblica, in particolare dei cittadini interessati.
L’altro aspetto è quello del silenzio-assenso, silenzio-rifiuto, tempi per definire le pratiche. E’ una materia complessa. C’è chi sostiene il silenzio-assenso, chi sostiene il silenzio-rifiuto, con motivazioni convincenti. Però ognuna di queste cose ha delle controindicazioni. Il silenzio-assenso favorisce la sanatoria anche di ciò che non è sanabile, soltanto perché c’è la negligenza degli uffici comunali che non fanno in tempo o a volte fanno anche finta di non esaminare per tempo le pratiche, per cui a quel punto c’è l’assenso e si sana anche ciò che non è sanabile. Viceversa il silenzio-rifiuto è estremamente penalizzante per i cittadini, perché se io faccio la domanda, sto all’interno dei requisiti della legge e gli uffici comunali non mi danno la risposta, perché debbo essere penalizzato?
Abbiamo allora introdotto una via mediana, che è quella dia vere allungato un po’ i tempi per consentire agli uffici comunali di guardare bene le pratiche, portando il tempo da due a tre anni e, qualora queste pratiche non vengano evase nei termini, potersi rivolgere alla Provincia per la nomina del commissario ad acta che esaminerà, con oneri a carico del Comune, le pratiche che nel frattempo non sono state evase. Quindi diamo la certezza del diritto, i cittadini sono tutti uguali e diamo soprattutto la possibilità che la norma venga applicata in base alla legge e non bypassata con sotterfugi, o atteggiamenti tattici o strumentali che possano essere gestiti con discrezionalità da parte degli uffici, a seconda che la pensino in un modo o nell’altro. Questa è la soluzione che noi riteniamo soddisfi ambedue le esigenze.
Per quello che riguarda le domande pendenti c’è l’art. 7 che a nostro avviso è chiaro. Sorgeranno dubbi interpretativi, non è escluso che ci dovrà tornare sopra l’autorità giudiziaria per pronunciarsi su possibili ricorsi, perché è questa una materia complessa e delicata, però l’art. 7 che noi abbiamo formulato dà risposte soddisfacenti, va nella linea della chiarezza. Noi diciamo che le domande che sono state presentate da quando fu varato il decreto legge del Governo sono valide, i cittadini interessati hanno una doppia possibilità: o riconfermano la domanda integrando di documenti che mancano, integrando i versamenti — per cui noi abbiamo previsto degli aumenti, per cui dovranno necessariamente integrare i versamenti — oppure, qualora ritengano che con la legge regionale non rientrino nei parametri, quindi possano trovarsi in difficoltà perché una parte dell’edificio ci può rientrare ma un’altra parte no, a quel punto abbiamo dato la possibilità del ritiro delle pratiche, il che automaticamente fa venir meno il timore diffuso fra i cittadini, per cui alla fine io non posso sanare e al tempo stesso avrò a che fare non sul piano penale, ma sul piano della sanzioni amministrative, con il Comune che mi perseguirà d’ufficio, facendomi demolire ecc., come una sorta di autodenuncia, dando la possibilità di ritirare le pratiche. Se la pratica è ritirata non rimane traccia, quindi risolviamo il problema che ci è stato posto e che è reale. Poi c’è l’ipocrisia di cui molti hanno parlato, ma questo un dato nei confronti del quale non possiamo fare niente: se c’è un abusivismo più o meno diffuso, che tutti conoscono — gli amministratori comunali, gli uffici preposti, tutti quelli che sono tenuti alla vigilanza — l’esperienza ci dice che difficilmente si interviene, se non in casi eccezionali quando scoppiano problemi per cose del tutto fortuite.
Non è che noi possiamo intervenire su questo. La legge da questo punto di vista è molto chiara: le leggi precedenti e il testo unico sull’edilizia sono chiarissimi per quanto riguarda la lotta all’abusivismo. Se c’è la volontà da parte di chi vuole intervenire ci sono tutti gli strumenti per chi vuole intervenire, da questo punto di vista noi non abbiamo strumenti e non vogliamo neanche averli, perché non vogliamo creare strumenti alternativi o doppioni di quelli dei Comuni, per cui ognuno le sue competenze, ognuno i suoi compiti: i Comuni facciano quello che ritengono di dover fare, in questa circostanza noi vogliamo venire incontro a quei cittadini che in virtù di una legge dello Stato hanno fatto una domanda di condono, in qualche modo una forma di autodenuncia e se la Regione interviene con una forma più restrittiva rispetto a quella dello Stato non possiamo mettere in ulteriori difficoltà quei cittadini, quindi l’art. 7, così come formulato viene incontro a questa esigenza.
Rispetto alla legge che stiamo per votare, al di là degli esiti del voto, favorevole o contrario, anche da parte delle minoranze sono stati apprezzati il metodo, la volontà, la disponibilità a modificare la stessa legge, che è la sintesi migliore che si poteva fare rispetto alla necessità di tenere insieme questioni che difficilmente stanno insieme: salvaguardare problemi di principio, problemi etici, tenere insieme un obbligo costituzionale che ci viene dalla sentenza, tenere insieme anche una realtà concreta come quella della società marchigiana che è particolare rispetto ad altre Regioni, caratterizzata da fenomeni di abusivismo di non grandi dimensioni. Questa legge fa uno sforzo per tenere insieme questi tre aspetti, credo che la proposta della Giunta e i miglioramenti della Commissione vadano in questa direzione.

PRESIDENTE. E’ conclusa la seduta antimeridiana. I lavori riprenderanno alle ore 16.


La seduta è sospesa alle 13,55