Resoconto seduta n. 209 del 24/11/2004
La seduta inizia alle 11,15



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 208 del 18 novembre 2004.

(E’ approvato)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 270 in data 16 novembre 2004, ad iniziativa della Giunta: «Promozione della cooperazione per lo sviluppo rurale:», assegnata alla III Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 271 in data 19 novembre 2004, ad iniziativa della Giunta: «Provvedimento generale di rifinanziamento e modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2005):», assegnata alla II Commissione in sede referente e alle Commissioni I, III, IV, V, VI per il parere obbligatorio;
— n. 272 in data 19 novembre 2004, ad iniziativa della Giunta: «Approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2005 ed adozione del bilancio pluriennale per il triennio 2005/2007:», assegnata alla II Commissione in sede referente e alle Commissioni I, III, IV, V, VI per il parere obbligatorio;
— n. 273 in data 23 novembre 2004, ad iniziativa dei consiglieri Avenali, Cesaroni, Viventi, Tontini, Comi, Moruzzi, Gasperi e Donati: «Integrazione della l.r. 3 giugno 2003, n. 12 – tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano:», assegnata alla III Commissione.



Proposta di atto amministrativo

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 16 novembre 2004, la proposta di atto amministrativo n. 152, ad iniziativa della Giunta: «Piano regionale di edilizia residenziale (biennio 2004/2005)», assegnata alla IV Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata la mozione n. 389 dei consiglieri Giannotti, Brini, Trenta, Grandinetti, Viventi e Gasperi: « Guerra etnica nella regione del Sudan denominata Darfur»



Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale

PRESIDENTE. La Giunta ha adottato le seguenti deliberazioni:
— n. 1268 in data 3 novembre 2004: «Art. 3 comma 2 della l.r. n. 2/2004 – Reiscrizione nel bilancio di previsione dell’anno 2004 di recuperi relativi a stanziamenti aventi specifica destinazione – Euro 29.933,84»;
— n. 1269 in data 3 novembre 2004: «Art. 20 l.r. n. 31/2001 – prelevamento dal fondo di riserva per le spese obbligatorie per l’integrazione dello stanziamento di un capitolo di spesa compreso nell’elenco n. 4 “Elenco delle spese dichiarate obbligatorie” del bilancio 2004 – Euro 60,000,00»;
— n. 1270 in data 3 novembre 2004: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per il programma per il sostegno dell’agricoltura biologica – Euro 301.490,98».



Ordine dei lavori

PRESIDENTE. Qualora i lavori del Consiglio odierno completino lo svolgimento dell’ordine del giorno, il Consiglio dell’1 dicembre sarà rinviato. Questa decisione è stata presa nella Conferenza dei presidenti.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Presidente, credo che anche lei sia a conoscenza della gravissima situazione che si sta verificando in Sudan in questi giorni e dell’appello del Santo Padre, il quale ha chiesto la mobilitazione delle coscienze del mondo rispetto al genocidio di cristiani che sta avvenendo in quel paese.
Noi abbiamo presentato una mozione che credo possa essere sottoscritta da tutti: chiederemmo che questa mozione potesse essere discussa nella seduta di oggi, anche perché richiede un impegno del Presidente, affinché si faccia carico di rappresentare al capo del nostro Governo l’esigenza di un impegno per la difesa di quei diritti immediatamente, non aspettando non so quanto tempo.

PRESIDENTE. La mozione cui fa riferimento lei è stata comunicata oggi, può essere iscritta d’urgenza, però farei una proposta di lavoro di questo tipo: siccome esistono già cinque mozioni che sono state dichiarate urgenti, se lei, nell’opera che può svolgere in giornata, riesce a trasformarla in una risoluzione condivisa senza discussione, è garantito che noi la trattiamo.
Ha la parola il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Trovo ulteriormente sprofondata nell’ordine del giorno la mozione che riguarda le Comunità montane. Siccome nel nostro territorio si stanno verificano episodi veramente da libro umoristico, per i risvolti e i ritardi penosi che riguardano i rapporti politici, sarebbe da preoccuparsi. Quindi chiedo ancora una volta che questo argomento si possa affrontare. Mi pare che anche l’assessore Modesti fosse d’accordo ad affrontarlo tempestivamente. Quindi chiedo di anticipare questo punto.

PRESIDENTE. Anche in questo caso abbiamo seguito l’ordine del giorno che è stato deciso nella Conferenza dei presidenti, nella quale sono state richieste queste priorità. Anche in questo caso le chiedo se è possibile ricavarne una risoluzione, in modo che si possa votare. Vale quindi lo stesso ragionamento fatto per il consigliere Giannotti.




Relazione della Commissione di inchiesta sui corsi formativi per l’imprenditoria femminile, di cui alla deliberazione consiliare n. 71 del 17 luglio 2002

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la relazione della Commissione di inchiesta sui corsi formativi per l’imprenditoria femminile, di cui alla deliberazione consiliare n. 71 del 17 luglio 2002.
Ha la parola la presidente della Commissione, consigliere Romagnoli.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Franca ROMAGNOLI. Siamo arrivati a riferire dei lavori della Commissione d’inchiesta sulle giornate seminariali relative all’imprenditoria femminile, a un anno dalla conclusione dei lavori e a due anni e mezzo dall’insediamento della stessa Commissione. Gradirei un po’ di attenzione, perché credo che sia l’unica Commissione d’inchiesta che in questa legislatura è arrivata a termine, che ha prodotto un lavoro peraltro unitario e votato all’unanimità dalla Commissione. Proprio per questo provvederò a b questa relazione per far sì che sia fedele il racconto e sia davvero scientifico l’uso delle parole, sia quello che la Commissione ha votato all’unanimità. Mi piacerebbe che il Presidente D’Ambrosio stesse in aula, dato che abbiamo rinviato questa relazione più volte, proprio per aspettare che il Presidente potesse ascoltare, quindi potesse partecipare anche al dibattito.
Il lavoro di questa Commissione è stato davvero sereno. Sono subentrata, come presidente di Commissione alla precedente presidenza venuta meno per motivi di rimpasto e siamo riusciti a svolgere un’istruttoria sicuramente seria, sicuramente capillare e a concludere con l’unanimità dei voti dei commissari su questa relazione che, come poi vedremo dalle conclusioni, è comunque arrivata a porgere una sorta di richiamo ai funzionari, quindi alla macchina amministrativa di questa Regione per come le cose erano state, in relazione a questo oggetto, condotte.
Ripeto, leggerò più o meno pedissequamente la relazione, proprio, nonostante non sia un metodo di lavoro che mi piaccia, per essere rispettosa al massimo del lavoro e delle conclusioni che tutti insieme abbiamo raggiunto.
Per quanto attiene alla metodologia dei lavori condotti, abbiamo svolto uno studio nelle parole scelte e soprattutto nei termini giuridici, perché è stato comunque anche uno sforzo giuridico quello di portare a termine i lavori, quindi mi piacerebbe che non ci fossero travisamenti e che ci fosse la stessa attenzione anche nel recepire e nell’ascoltare.
Per quanto attiene alla metodologia dei lavori condotti la Commissione si è attenuta strettamente all’oggetto dell’inchiesta riguardante due specifici punti: l’accertamento “degli atti e delle procedure seguite nell’affidamento del servizio di predisposizione di quaranta giornate di corsi seminariali per donne imprenditrici”; la verifica delle aziende, dei docenti e di quanti altri abbiano tratto beneficio dai finanziamenti regionali.
Pertanto sin dalle prime battute la Commissione ha individuato il proprio percorso esaminando tutta la documentazione prodotta dal servizio formazione professionale concernente, oltre agli atti relativi alla procedura di affidamento del servizio alla ditta aggiudicataria, anche quelli intercorrenti tra organi politici e vertici dirigenziali delle strutture regionali diretti ad accertare presunte irregolarità intercorse nei vari passaggi della procedura.
Abbiamo avuto subito l’invio, da parte dell’assessorato formazione professionale, di tutti gli atti richiesti, ad eccezione della busta e del verbale di apertura della busta. E’ un particolare rilevante, perché è una di quelle irregolarità che sono rimaste tali anche dopo numerose richieste, da parte nostra, all’ufficio per poter avere visione della busta arrivata dopo molto e che, come penso abbiate letto e tutti sanno, conteneva una data diversa da quella trascritta nel protocollo. Il verbale di apertura di questa busta, come doveroso doveva essere per una gara d’appalto, non è mai stato consegnato, abbiamo concluso che così non siano avvenute le formalità di apertura della busta e che quindi questo non ci sia.
Sulla base di tale documentazione la Commissione si è fatta sin da subito l’idea che ci si trovasse di fronte a vari comportamenti amministrativi improntati ad una certa leggerezza, carenza di rigore, imprecisione o approssimazione nella redazione degli atti, ad indeterminatezza o eccessiva genericità nella fissazione dei criteri per l’aggiudicazione dell’offerta ed infine a scarsa trasparenza nella procedura di selezione del soggetto incaricato del servizio.
Peraltro, essendo emerse dalle audizioni svolte — abbiamo chiamato più funzionari e più dipendenti, anche per mettere in correlazione le modalità di apertura di queste buste e anche di allegazione o meno del capitolato d’oneri tra assessorati e uffici diversi — difformità di prassi comportamentali circa l’espletamento delle procedure di affidamento di pubblici servizi tra settori diversi dell’Amministrazione regionale, la Commissione ha ritenuto opportuno rendersi meglio edotta in ordine alla correttezza dell’iter procedurale della delibera di incarico accertando, mediante riscontro diretto con i responsabili dei procedimenti — li abbiamo sentiti tutti — la sussistenza o meno di uniformità tra i vari servizi dell’Amministrazione. Ciò in particolare per quanto si riferisce all’obbligo o meno di allegare il capitolato di oneri — alcuni settori dell’Amministrazione lo allegano, per esempio l’agricoltura e altri, qui pare che sistematicamente, soprattutto da parte di questo servizio della formazione professionale e di questo dirigente ciò non sia avvenuto, quindi il capitolato d’oneri era una sorta di sorpresa che avveniva ad aggiudicazione svolta — all’invito alla gara, alla concordanza tra la data di ricezione dell’offerta e quella certificata dal protocollo dell’ufficio — discordanza apparsa solo quando siamo riusciti ad avere la fotocopia della busta contenente una data diversa. Particolare non secondario, il protocollo porta una data successiva rispetto a quanto previsto e richiesto dalla lettera di offerta, la busta invece porta una data precedente, quindi nei termini dell’accettazione e quindi della tempestività dell’offerta: discordanza di un giorno, ma di un giorno determinante, perché era l’ultimo giorno utile per far sì che pervenissero le offerte — alla normativa applicabile alla fattispecie in esame in rapporto all’ammontare dei costi del servizio, al finanziamento delle spese necessarie all’attuazione della delibera.
A seguito dei suddetti approfondimenti emergeva a chiare note come il punto di snodo di tutte le questioni da mettere in luce fosse costituito dall’accertamento del rispetto delle procedure di evidenza pubblica — è qui che si snoda giuridicamente tutta la vicenda: se l’evidenza pubblica realizzata attraverso la scelta del cottimo fiduciario, nel caso di specie, sia stata o meno rispettata e realizzata, perché è questa la regola che l’Amministrazione, nella delibera 1952 si era auto imposta. Quindi c’è giurisprudenza costante che essendosi l’Amministrazione autoimposta la procedura di evidenza pubblica, questa evidenza pubblica dovesse essere rispettata e realizzata — nella trattativa privata instaurata dal servizio regionale, in applicazione del regolamento regionale n.44/96, disciplinante i servizi da eseguirsi in economia da parte della Regione.
Il piano, inoltre, disponeva che la Regione fosse “titolare” del programma, lo coordinasse e, per la gestione dello stesso, si avvalesse “di un organismo privato individuato attraverso procedure ad evidenza pubblica e con caratteristiche di consolidata esperienza e con presenza a livello regionale”. Questo è il sunto della delibera 1952 del 31.7.2001, atto di indirizzo della Giunta in relazione a questa predisposizione delle giornate seminariali.
Infine, nel paragrafo relativo agli aspetti finanziari si disponeva che:
a all’ente privato esecutore pratico-gestionale del programma fosse corrisposto un compenso di £. 75.000.000+IVA 15.000.000;
b per il materiale informativo e per la tipografia fosse corrisposta la somma di £. 50.000.000+IVA 10.000.000;
c per le attività seminariali fosse corrisposta la somma di £. 140.000.000+IVA 28.000.000;
d per l’affitto del camper fosse corrisposta la somma di £. 78.000.000+IVA 15.600.000.
Una sorta di blocco unico di spese che è sembrato a questa Commissione essere tutto il budget a disposizione del soggetto privato. Quindi non solo i 75 milioni ma andiamo sui 400 milioni. Tanto è sembrato questo alla Giunta e all’Amministrazione regionale, che si è poi provveduto, successivamente, con un parere dell’ufficio legale, a chiarire che la seconda parte, quindi non la lettera a) ma le lettere b), c) e d), dovessero non essere rendicontate alla fine, ma essere sottoposte a preventiva approvazione da parte dell’ufficio competente, per togliere quell’autonomia che anche all’ufficio legale era sembrato fosse stata data al soggetto in un primo momento.
Il Dirigente del servizio competente aveva infatti proceduto, ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 44/1996, ad inviare in data 22/03/2002 apposite richieste di preventivo di spesa a cinque Ditte iscritte nell’elenco istituito ai sensi dell’articolo 11 del regolamento medesimo, precisando che le offerte dovevano pervenire entro il 10/04/2002 e che il servizio sarebbe stato aggiudicato sulla base del sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In detta richiesta non erano individuati, se non a titolo esemplificativo, i parametri per l’aggiudicazione dell’offerta ed era indicato l’oggetto del servizio da espletare in maniera molto generica, sostanzialmente attraverso il rinvio alla delibera di Giunta regionale 1952/2001.
Sulla base degli inviti inviati, ritenuti comunque evasivi e senza l’allegazione del capitolato d’oneri, quindi le ditte invitate potevano non conoscere cosa erano tenute nel dettaglio a fare, veniva formulata una unica offerta dalla cooperativa aggiudicataria, la CTA la lettera perveniva all’Amministrazione in data 10/04/2003 e veniva protocollata in data 11/04/2003.
Sulla base di altri dubbi interpretativi — se questa CTA andava a gestire 75 o 400 milioni, cosa che avrebbe dato origine a tutt’altro tipo di affidamento e non si poteva ricorrere a quanto è stato fatto, sorti circa la portata di quest’ultima previsione e accogliendo i suggerimenti contenuti in appositi pareri espressi dalle competenti strutture della Giunta regionale — l’ufficio legale ha suggerito in corso d’opera questa modifica che poi dirò — veniva modificato il contratto stipulato tra la cooperativa CTA e l’Amministrazione pattuendo che i preventivi per le spese e le altre attività avrebbero dovuto essere sottoposti “in via preventiva” al servizio il quale avrebbe individuato i soggetti a cui affidare i relativi incarichi, erogando agli stessi, all’esito della prestazione, il compenso.
L’Amministrazione, infine, pur rilevando alcune irregolarità — sono state evidenziate, dal momento che si è provveduto a rettificare e a cambiare questo aspetto sostanziale, perché significa gestire tutto l’intero budget o invece non gestirlo e sottoporre di volta in volta i preventivi all’Amministrazione. Ciò nonostante l’ufficio legale dice “non ci sono le condizioni per procedere ad un annullamento di questo atto, andiamo avanti perché oltre al semplice ripristino della legalità non si ravvisano altri interessi per poter procedere a un atto di autotutela e di annullamento — nella procedura seguita per l’affidamento del servizio de quo (vedi pareri del Dipartimento Affari Generali ed Istituzionali in data 14.06.2002 e in data 31.07.2002) non provvedeva ad annullare l’atto di aggiudicazione, quanto meno per la mancanza di un interesse ulteriore oltre il semplice ripristino della legalità. Resta il fatto che questa modifica del percorso in corso d’opera la Commissione l’ha ritenuta rilevante, ponendosi ex-ante, cioè il soggetto che ha risposto aveva, ovviamente, una iniziale percezione di poter gestire un budget di gran lunga superiore.
Il diritto. Dovere di seguire le regole dell’evidenza pubblica sulla base di autolimitazioni della P.A. Questo è un passaggio prettamente giuridico, in cui si snoda tutto il nostro lavoro, se l’evidenza pubblica era richiesta e se, soprattutto, l’evidenza pubblica è stata poi realizzata.
La normativa statale di riferimento non prevede l’adozione delle procedure relative alla cosiddetta evidenza pubblica per la scelta del soggetto di cui l’ente può avvalersi nell’attuare il programma. La procedimentalizzazione della scelta del contraente è stata, nel caso di specie, prevista nel piano per la formazione imprenditoriale approvato dall’Amministrazione con la citata delibera 1952/2001. Sui poteva non chiedere l’evidenza pubblica, la normativa statale non l’avrebbe richiesta per il caso di specie; la delibera 1952, quindi l’Amministrazione regionale si è autoimposta questo limite. Da questo momento è chiaro che aveva l’obbligo di realizzarla attraverso quella serie di atti che andava a compiere.
E’ noto, tuttavia, che il suddetto orientamento è stato superato dalla più recente giurisprudenza sia civile che amministrativa, la quale ha affermato che le regole procedimentali, anche quando siano il frutto del vincolo che l’Amministrazione si è autoimposta, condizionano il potere di scelta e fanno emergere correlative posizioni di interesse legittimo in capo a coloro che partecipano alla procedura (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. V, 18.08.1998 n. 1269; Cons. Stato, Sez. V, 3.02.1999, n. 112; Cons. Stato, n. 2079/2000). Quindi i partecipanti avevano interesse legittimo a che l’evidenza pubblica venisse rispettata.
Sulla base di quest’ultimo orientamento giurisprudenziale la Regione ha, quindi, il dovere di seguire le regole che si è imposta con la delibera n 1952/01.
Nel caso di specie, il semplice rinvio all’evidenza pubblica, non permette una chiara individuazione delle regole che l’amministrazione intendeva seguire.
Più precisamente il concetto di evidenza pubblica è stato estrapolato dalla dottrina per indicare, in maniera sintetica, quell’insieme di norme giuridiche che si preoccupano di regolamentare, sotto il profilo procedimentale, l’esercizio della potestà contrattuale dell’Ente pubblico con la finalità di:
a garantire alla PA le condizioni contrattuali più vantaggiose mediante lo stimolo della concorrenza tra i privati;
b garantire, all’interno del procedimento concorsuale, la par condicio dei concorrenti e cioè pari opportunità imprenditoriali ai soggetti privati interessati (qui ne erano stati chiamati cinque, ha risposto uno);
c garantire la massima trasparenza dell’azione amministrativa.
Mentre i sistemi della scelta del contraente tramite l’asta pubblica, la licitazione privata e l’appalto-concorso sono stati tradizionalmente regolamentati con specifiche disposizioni procedurali dalla normativa sulla contabilità dello Stato (r.d. 18.11.1923, n. 2440; r.d. 23.5.1924, n. 827), e prima ancora dalla normativa statale sui lavori pubblici (L. 20.3.1865, n. 2248, All. F), il sistema della trattativa privata non è stato, in origine, vincolato da puntuali norme di azione (art. 6 RD 2440/1923). Quindi non è tout-court che la trattativa privata e il cottimo fiduciario realizzino quella evidenza pubblica che invece è stata, dalla Amministrazione regionale, richiesta. Abbiamo allora dovuto vedere se gli atti compiuti siano stati o meno di evidenza pubblica. La mia è una sorta di insistenza e di ripetizione, ma è lo snodo di tutto il lavoro.
Proprio in relazione alla mancanza di dette norme di azione sulla trattativa privata, si è sviluppato un notevole dibattito giurisprudenziale che ha impegnato, su fronti diversi, la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa in vista, come prima accennato, della dichiarazione della giurisdizione dell’una o dell’altra.
La giurisprudenza civilistica meno recente riteneva che la trattativa privata non procedimentalizzata per atto normativo rientrasse nella sua giurisdizione e quindi non fosse compresa nella categoria dell’evidenza pubblica.( Cass. civ. 4.9.1995 n. 8451; Cass. civ. 5.12.1995 n. 12523; Cass. civ. 28.9.1955 n. 2658; Cass. civ. 21.9.1970 n. 1645; Cass. civ., S.U., 28.101974 n. 3207; Cass. civ., S.U., 15.4.1978 n. 1777; Cass civ., S.U., 23.9.1994, n. 7842; Cass. civ., S.U., 18.11.1998 n. 11619).
La giurisprudenza amministrativa ha, invece, inserito l’istituto in questione all’interno della categoria dell’evidenza pubblica affermando la propria giurisdizione e riconoscendo tutela giuridica agli invitati ad una gara informale (cosiddetta tutela ab interno) e successivamente anche a soggetti esclusi dalla trattativa privata(tutela ab externo).
Occorre ora chiarire se l’affidamento del servizio in economia attraverso il cottimo fiduciario possa essere compreso tra le procedure ad evidenza pubblica. La correlazione è questa: la trattativa privata può essere di evidenza pubblica, il cottimo fiduciario è una forma di trattativa privata, ergo il cottimo fiduciario è astrattamente di evidenza pubblica. Può esserlo. I nostri dubbi si sono poi invece incentrati sul fatto che sia stata nei fatti e in concreto realizzata o meno questa evidenza.
L’istituto del cottimo fiduciario è stato tradizionalmente inquadrato da autorevole dottrina nella piccola evidenza pubblica mentre la recente giurisprudenza ha chiarito che lo stesso deve essere qualificato come una particolare forma di trattativa privata, seppure semplificata (cfr., tra le altre, Tar Sicilia, Sez. I, 06.03.1989 n. 184; Tar Sicilia, Sez. II, 03.10.1997 n. 1956; Corte Conti, Sez. Controllo, 10.06.1992 n.39; Corte Conti, Sez. Controllo, 21.12.1993 n. 163).
In linea astratta la procedura seguita dall’amministrazione rientra, quindi, tra quelle che possono definirsi ad evidenza pubblica. Quindi il cottimo fiduciario lo può essere, seppure restava da accertare se nel caso concreto, con il procedimento che ci occupa, siano state effettivamente realizzate le finalità di cui ai punti a), b) e c) della pagina precedente che ho letto, cioè della trasparenza, della concorsualità, della par condicio ecc.
Normativa applicabile. Per quanto concerne l’individuazione delle disposizioni normative che l’Amministrazione doveva applicare nel caso di specie, si fa presente quanto segue.
Come è noto, nel nostro ordinamento la materia degli appalti per fornitura di servizi risulta disciplinata da fonte legislativa statale (decreto legislativo 157/1995) per gli appalti di importo superiore alla soglia comunitaria (200.000 DPS equivalenti nel 2002 a 245.000 euro). Per quanto riguarda i servizi sottosoglia, invece, non vi è una disciplina legislativa statale di riferimento, per cui alle Regioni è applicabile quella contenuta in leggi e regolamenti regionali. Ecco quindi l’applicabilità o meno del nostro regolamento, il 44/96, superato poi dal regolamento fatto da questa Regione nel 2002.
Cio’ premesso, occorre rilevare che la nostra Regione ha disciplinato la materia dei contratti con l.r. n. 49/92, che tra l’altro espressamente prevede l’approvazione di uno specifico regolamento volto a disciplinare l’attuazione dei lavori, dei servizi e delle provviste da eseguirsi in economia da parte della Giunta. In particolare l’articolo 31 della citata l.r. n. 49/92 dispone che le spese in economia sono ammesse per importi inferiori a 50.000 Ecu (pari a circa 50.000 euro) e per i casi disciplinati dal suddetto regolamento che, alla data dell’approvazione del decreto dirigenziale n. 224/2002, era il regolamento n. 44/96.
La Commissione ha condotto un attento esame di tale normativa essendo sorti al riguardo taluni dubbi interpretativi, in particolare circa la legittimità della configurazione del servizio di organizzazione dei corsi in questione tra i casi individuati dal citato regolamento per l’esecuzione dei lavori in economia, con conseguente applicazione della procedura in esso stabilita.
Su tale questione la Commissione ritiene non del tutto condivisibile la soluzione adottata dalla Giunta regionale sulla scorta del parere reso dai competenti servizi, interpellati al riguardo, i quali partendo dal presupposto, tutt’altro che scontato, che si potesse individuare il soggetto cui affidare il servizio in base alle procedure stabilite dal regolamento 44/96 (sol perché trattavasi di fattispecie contrattuale di importo inferiore alla soglia comunitaria) concludevano apoditticamente per la giustificazione del ricorso alla trattativa privata secondo la procedura stabilita dall’art.11 del regolamento 44/96.
Invece la Commissione ritiene incerto — una parola che abbiamo usato come sintesi. Con questa incertezza siamo rimasti, in ogni caso — poter ricondurre la “predisposizione di quaranta giornate di corsi seminariali per donne imprenditrici ai sensi della legge 215/92” nelle fattispecie elencate all’art. 2 del regolamento 44/96, in particolare in quelle di cui alla lett.b) relative ad “…attività ricreative, scientifiche e culturali”, trattandosi di attività formativa. E ciò tanto più se si tiene conto del fatto che il nuovo regolamento regionale per l’esecuzione delle procedure in economia ha inteso successivamente indicare espressamente “l’organizzazione di attività formative” (art. 2, lett. v del testo vigente), non rientrante nell’elenco del previgente testo normativo.
Cosa è avvenuto? Che il 44/96 non è più in vigore, c’è un nuovo regolamento che la Regione Marche, nelle more si è dato. Nel nuovo regolamento è stata inserita la lettera v dell’art. 2 che prima non c’era e che prevede, ad hoc, la voce — questo è molto importante — “attività di formazione”. Se questo è stato inserito successivamente, vuol dire che prima, nell’elenco tassativo che il 44 del 1996 faceva, non c’era una fattispecie che lo ricomprendeva, come invece si è lasciato credere quando si è applicato il 44 per attività ricreative, scientifiche e d’altro tipo. Paradossalmente, se la Regione non ci metteva proprio in quel momento le mani, sarebbe stato più difficile ricostruire l’applicabilità o meno. Però se ci metti le mani e costruisci una categoria apposita che si chiama “formazione professionale”, viene consequenziale pensare che prima non ci fosse la fattispecie tassativamente indicata
Occorre altresì ricordare che nel caso specifico l’articolo 3, ultimo capoverso, del capitolato d’oneri annesso al decreto dirigenziale n. 224/02, stabiliva “la presentazione al termine di ogni mese della rendicontazione delle spese sostenute relativamente alla tipografia, affissione, predisposizione materiale informativo, emolumenti relatori e tutte le ulteriori spese che dovessero necessitare per l’espletamento dei seminari”.
Anche questa clausola contrattuale ha dato adito a dubbi circa la sua corretta applicazione. Sembrava infatti che le ulteriori spese rispetto ai 75.000.000+IVA potessero essere intese in duplice senso: o come rientranti nel compenso complessivo spettante alla ditta aggiudicataria, la quale avrebbe poi provveduto autonomamente alla loro liquidazione previa verifica della rendicontazione da parte della Regione al termine di ogni mese, oppure nel senso che la ditta fungesse da semplice intermediario per l’acquisizione del materiale e delle altre attività, intermediazione remunerata dal compenso preventivato.
In verità quest’ultima appariva la lettura giuridicamente più corretta, o meglio in tal senso veniva ipotizzata dai competenti Servizi della giunta, i quali pertanto soltanto sulla base di tale presupposto hanno potuto esprimersi per la legittimità del ricorso alla procedura stabilita dall’art. del Regolamento n.44/96.
Non va tuttavia dimenticato che il parere reso al riguardo, prospettando la necessità di “emendare il suddetto art.3 del capitolato stabilendo che i preventivi per le spese e le altre attività dovranno essere sottoposti in via preventiva al servizio il quale individuerà i soggetti a cui affidare i relativi incarichi erogando agli stessi all’esito della prestazione il compenso pattuito” riconosceva un vizio d’origine del decreto che, seppure non sufficiente per dichiararne l’annullamento in sede di autotutela, era certamente rivelatore di dubbia chiarezza in ordine al contenuto dispositivo dell’atto.
Da quanto premesso possono trarsi alcune conclusioni.
Sebbene la procedura seguita appare rientrare nella categoria dell’evidenza pubblica, non sembrano integralmente applicati, nel caso in esame, i principi di buon andamento di cui all’art. 97 della Cost. che sono alla base di qualsiasi attività amministrativa.
Più elementi concorrono a far ritenere a questa Commissione una non corretta applicazione della suddetta norma costituzionale.
Innanzitutto non si ritengono rispettati i criteri di chiarezza e univocità del testo che dovrebbero presiedere alla stesura degli atti, anche amministrativi. Il richiamo all’evidenza pubblica contenuto nella delibera della giunta regionale di approvazione del piano di formazione, impone all’interprete un faticoso lavoro di ricostruzione della volontà della Giunta che avrebbe potuto essere evitato con formulazioni più chiare ed univoche (ad es. rinvio alla normativa che si intende applicare) da parte dei funzionari responsabili degli atti adottati.
In secondo luogo non appaiono pienamente rispettati i criteri di buona amministrazione consistenti nel garantire alle imprese partecipanti di concorrere in condizioni di parità e alla Regione di scegliere l’offerta migliore attraverso una procedura di valutazione oggettivamente verificabile. “Verificabile” significa che i soggetti partecipanti dovevano essere posti in condizioni di valutare quello che andavano a scegliere prima e quello che era successo dopo, anche per gli esclusi o per coloro che invece avevano risposto. Ciò sia per l’estrema genericità della lettera di invito — conteneva una proposta a titolo esemplificativo, come ha detto lo stesso ufficio legale, e soprattutto senza il capitolato d’oneri allegato all’inizio, non dopo, in corso di procedura — (che peraltro non sembra rispettare i requisiti previsti dal Reg. 44/96), sia per i termini assai ristretti e non uguali per tutti i concorrenti entro cui presentare le offerte (le lettere di invito sono infatti pervenute alle ditte in giorni diversi, mentre le offerte dovevano essere inviate all’Amministrazione entro il medesimo termine), sia per la mancanza di individuazione di tutti i parametri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (i parametri sono stati individuati nella lettera di invito solo in via esemplificativa).
Inoltre la mancata allegazione del capitolato d’oneri alla lettera di invito, l’individuazione solo in via esemplificativa dei parametri per l’aggiudicazione dell’offerta e la generica individuazione del servizio da espletare, depongono a sfavore di un’equa e corretta situazione concorsuale dei partecipanti, oltre che della valutazione obbiettiva da parte dell’Amministrazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Anche il frazionamento della prestazione richiesta, inizialmente unitaria, a seguito degli emendamenti apportati all’art. 3 del capitolato d’oneri su proposta dei competenti servizi, se da un lato ha consentito la regolarizzazione degli atti della procedura mantenendoli in vita in ossequio al principio della loro conservazione giuridica, dall’altro si è tradotto in ulteriore elemento di incertezza al momento dell’instaurarsi del rapporto tra Amministrazione e concorrenti alla gara. Se mi cambi qualcosa dopo, vuol dire che prima non era chiaro.
Va infine sottolineata l’incerta ricostruzione delle modalità di ricezione dell’unica offerta pervenuta. Qui abbiamo due dati contrastanti, una riportata nel protocollo e una riportata a penna, nella busta; la busta non l’abbiamo, abbiamo una fotocopia; il verbale di apertura di questa lettera consegnata in busta chiusa, non ci è mai stato consegnato. Probabilmente non è mai esistito, perché dopo dieci volte che scrivo, l’assessorato quanto meno mi avrebbe detto “è in procura”, come in altri casi mi ha risposto.
Alla luce delle suddette considerazioni la Commissione conclude con un richiamo — questo abbiamo ritenuto oggetto di sintesi tra chi voleva qualcosa di più e chi voleva qualcosa di meno — all’Amministrazione regionale, quindi agli uffici, perché si attenga, per il futuro, ad un più rigoroso rispetto delle regole di buona amministrazione, nonché ad una più scrupolosa attuazione di tutta la normativa di riferimento, tenuto anche conto dei distinti ruoli e responsabilità: 1) di indirizzo politico e programmatico spettante all’organo politico; 2) di gestione dell’attività amministrativa spettante invece ai dirigenti.
Questa discrasia è stata quindi percepita, tanto da concludere con un richiamo agli uffici che hanno agito in questo procedimento de quo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Giunge all’attenzione dell’aula l’atto conclusivo, per quanto concerne il Consiglio, di una vicenda che pure non dovrebbe essere marginale rispetto alla vita di questa legislatura, posto che ha portato a una delle rettifiche della composizione della Giunta originariamente insediatasi. Non è ovviamente questa la sede per parlare né delle scelte assessorili, né della vicenda personale dell’allora assessore Cecchini, che si è autosospesa nel momento in cui si pose il problema circa la regolarità o non regolarità dell’affidamento, che ora abbiamo verificato essere stato truffaldino, dei corsi di formazione per l’imprenditoria femminile a coloro che effettivamente li svolsero.
Nella discussione allora fatta, l’opposizione consiliare sollevò il problema all’attenzione della Giunta, se non fosse, in considerazione del fatto che l’atto truffaldino che era stato perpetrato per l’affidamento di quei corsi, era stato compiuto da un dirigente esterno a contratto fiduciario, compreso in automatismo di autotutela cautelativa, procedere alla sospensione anche del dott. Sunzini, funzionario verosimilmente responsabile delle falsificazioni che il lavoro della Commissione sembra avere accertato.
Non siamo stati attenti in quell’occasione e — rimprovero me stesso, oltre che i colleghi — non siamo stati attenti neanche pochi mesi dopo, allorquando, in sede di revisione del regolamento dei contratti, abbiamo consentito, inframmezzato a 21 ipotesi preesistenti di affidamento di servizi al di fuori delle procedure di pubblica evidenza per la scelta dei contraente privato, che gli uffici callidamente inserissero due sole nuove ipotesi di esenzione dalla procedura di evidenza pubblica e una, in particolare, era quella dei corsi di formazione professionale. Questa è stata una interpretazione autentica da parte di questo Consiglio, del fatto che la procedure preesistente era non comprensiva. Mi insegna il Presidente il vecchio brocardo ubi lex voluit dixit. A questo punto, se non diceva “tanto è vero che si attrezza per dire poi nel 2002”, evidentemente prima non voleva e, se non voleva, non poteva sostituirsi alla volontà normativa del regolamento dei contratti, la volontà coercitiva del funzionario che aveva seguito quel tipo particolare di procedura, ma — emendo me stesso — non l’aveva seguita, l’aveva scelta, salvo poi ulteriormente forzarla nel momento in cui le offerte non arrivavano in tempo, “del protocollo non ce ne frega, arriva oggi, domani, cos’è un giorno di fronte all’eternità dell’anima?”, salvo ognuno trovarsi oggettivamente di fronte a una situazione in cui, a prescindere dal fatto che fosse giusta o non giusta la scelta dell’assessore Cecchini di dimettersi o la scelta del Presidente D’Ambrosio di revocarla, cosa su cui il mio gruppo... (Interruzione). Ho detto che si era autosospesa e poi dimessa, ma se anche avesse detto “per motivi miei ne faccio a meno”, sono scelte autonome del Presidente, mentre invece credo che il Presidente dovrebbe giustificare il motivo per cui, avendo gestito nel modo in cui è emerso quella trattativa privata con apparenza licitativa che è stata condotta, si è ritenuto di mantenere nell’incarico il funzionario responsabile. Ciò a prescindere dal fatto che poi il funzionario responsabile sembra che sia anche un teste calunnioso negli sviluppi procedimentale, però rammento che proprio allorquando si parlò in questo Consiglio della vicenda della frizione che aveva portato alla autosospensione, al cambio di assessorato e successivamente all’iter penale di cui leggiamo sui giornali, ci venne fornita una relazione che venne predisposta frettolosamente in pochi giorni dal capo del dipartimento dott. Costa, con cui lo stesso dott. Costa rassicurava il Consiglio raccontandoci fischi per fiaschi, cioè raccontandoci esattamente il contrario di quello che il lavoro della Commissione ha ricostruito in questo laborioso anno.
Ciò che ulteriormente credo che quest’aula dovrebbe fotografare, sia con la sua attenzione, sia con la presa d’atto degli esiti dell’allora Commissione, è che questa è una Commissione che una volta tanto non è pervenuta a una conclusione di maggioranza o di minoranza, ma che ha fotografato una situazione oggettiva, avverso la quale credo che il dott. Costa abbia avuto ampiamente tempo di confrontarsi con i dati che emergevano, con il rifiuto sintomatico, chiaramente sintomatico di trasmettere il verbale di apertura del plico dell’offerta — per così dire — partecipativa alla — ancora per così dire — licitazione che supportava la trattativa privata.
La conclusione che posso trarre io e che credo debba trarre la Giunta, è che voi, non tanto in questa legislatura, ma in quella precedente del 1995 in cui furono eletti il medesimo Presidente della Giunta, la medesima maggioranza organica, poi rafforzata dall’arrivo dei Popolari in corso d’opera, avete affermato la volontà di una forte innovazione, di una forte cesura rispetto alla prassi non legalitaria che aveva in qualche misura marcato alcuni passaggi della precedente vita regionale. Vi siete anche imposti dei limiti ancora più cogenti di quelli che la legge vi imponeva, per fare sfoggio di zelo legalitario e grande attenzione a perseguire e rispettare le procedure. Benché la saggezza popolare insegni a diffidare dei troppo zelanti, che molto spesso sono quelli più villosi “sottopanni”, non possiamo non rilevare in questa situazione che, salvo ognuno, dopo averci per dieci anni intontito la testa in campagna elettorale, che voi eravate non solo rispettosi della legge, ma ancor più della legge vi imponevate dei vincoli di procedura e comportamento perfino più restrittivi della legge, scopriamo poi che non rispettate i vostri limiti, non rispettate nemmeno al legge, i funzionari che questo fanno non vengono neanche redarguiti e a questo punto io non posso che concludere — la Commissione non l’ha fatto perché aveva dei problemi istituzionali, io non li ho — che i funzionari che hanno seguito queste procedure lo hanno fatto su vostro mandato e con il vostro avallo. Su questo vorrei che i colleghi, quelli specialmente che sono particolarmente zelanti nel fustigare le forzature procedurali quando le commette il Governo Berlusconi, di cui sono altrettanto avversario... Non è che uno possa necessariamente sforzarsi di cercare sempre e soltanto la pagliuzza o la trave nell’occhio altrui, senza vedere quello che capita dietro i propri occhiali.
Su questo credo che una risposta il Presidente della Giunta una risposta ce la debba. Forse dovrebbe darcela anche il dott. Costa, che potrà forse dirci “mi hanno detto di fare un parere raffazzonato in poche ore, nel descriverci comunque le cose che ho scritto anche se non erano vere”. Vorrei che fosse fatto un approfondimento sul documento istruttorio che ha portato alla modifica del regolamento dei contratti pochi mesi dopo questa vicenda, perché è evidente che qualcuno che sapeva già che era stata commessa una evidente forzatura, ha ritenuto prudente coprirsi le spalle con l’inserimento di quell’astuto caso ipotetico della lettera v) dell’articolo 2. Su questo una risposta è dovuta.
So che ormai è ridicolo. Il dott. Sunzini ormai opera a danno di questa Regione da 56 mesi, il suo contratto comunque non può essere protratto oltre l’attuale legislatura, quindi sono rimasti solo pochi mesi. La responsabilità del fatto che il dott. Sunzini operi a nostre spese e a nostro danno è comunque della stessa collega Cecchini ex assessore, che fu lei che ci fece in aula, in seduta segreta, una relazione che era una persona qualificata a farlo. Però lo si mandi via, oppure si dica “non lo mandiamo via perché ormai è Natale, non si fanno queste cose, manca poco alle elezioni”, oppure che cosa mai giustifica il mantenimento in posizione apicale di una struttura regionale, di una situazione che ha consentito queste macroscopiche disfunzioni.
Mi scuso se sono stato un po’ polemico, però, oggettivamente, non c’era modo di dire le cose che abbiamo sentito e letto se non in questi termini. Attendo fiducioso che una qualche risposta ci possa essere data dalla Giunta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. E’ inutile richiamare il fatto che questa vicenda ha segnato in qualche modo la vita politica di questa legislatura. Lo ha segnato perché ha rappresentato un cambiamento degli equilibri di forza all’interno dell’Esecutivo. Mi sia consentito fare questa breve digressione, ma credo che sia giusto e logico cogliere l’occasione per farlo. Un Esecutivo che fondava la sua forza sul rapporto storico tradizionale D’Ambrosio-Ds-Margherita, che invece si è spostato in ragione dei fatti accaduti in questo frangente, che hanno visto coinvolto il consigliere Cecchini. Non voglio accettare per buono l’assunto che richiama il consigliere Cecchini, che tutta questa cosa sia stata una manovra politica per “farla fuori”, come lei ha sostenuto. Dice anche perché: “c’è stato un disegno per farmi fuori, perché io ero contraria al rinnovo della concessione all’Api, ero contraria alla costituzione dell’Asur”. Queste sono affermazioni testuali del consigliere Cecchini, che D’Ambrosio e compagni non hanno mai smentito. Le riporto per quello che valgono.
E’ indubbio però che, al di là di questa analisi che è rimessa alla valutazione comune, mi interessa leggere quello che è successo dentro questo Consiglio. E’ chiaro che questo fatto ha rappresentato l’occasione, per il gruppo dirigente di Rifondazione comunista, di cambiare gli attori in campo, di definire meglio la propria rappresentanza, cioè la possibilità di inserire il consigliere Amagliani nell’incarico all’interno dell’Esecutivo rispetto ad un consigliere come Cecchini che probabilmente non rispondeva più a certi canoni, a certe logiche interne di quel partito.
Mi interessa questo aspetto della lettura politica, perché questo fatto ha portato a nuovi equilibri all’interno dell’Esecutivo: il ruolo di Rifondazione comunista, fino a quel momento poco servile, è diventato invece il ruolo di gendarme dell’Esecutivo, cioè, probabilmente per ringraziare D’Ambrosio di questa grande concessione, Rifondazione comunista ha accettato di svolgere un ruolo subalterno rispetto a tutta questa seconda parte, creando un asse nuovo che, oggettivamente, può avere messo in difficoltà anche il partner principale della maggioranza, cioè il partito della Margherita.
Questa può essere una chiave di lettura che in qualche modo deriva da questi fatti, rispetto alla quale credo che ormai ogni giudizio sia superfluo: il giudizio lo danno gli elettori sulla base anche delle cose fatte, delle cose non fatte, degli atteggiamenti, delle posizioni assunte.
Mi interessa però tornare al merito della questione. Io credo che le cose scritte in questa relazione siano gravissime. Non è possibile parlare di comportamenti amministrativi improntati ad una certa leggerezza, carenza di rigore, imprecisione o approssimazione nella redazione degli atti, indeterminatezza ed eccessiva genericità nella fissazione dei criteri per l’aggiudicazione dell’offerta, scarsa trasparenza nella procedura di selezione del soggetto incaricato al servizio.
Lei, Presidente, ha trasmesso questa cosa alla magistratura? Spero di sì. La pregherei di trasmettere l’esito di questa Commissione alla magistratura civile e ordinaria, perché credo che alla fine, se c’è qualcosa da verificare... E mi sembra che ci sia scritto, perché queste cose non possono rimanere senza una risposta! Se non si può dire che probabilmente tutta la partita è stata manipolata dal punto di vista tecnico e qualcuno non debba trarne le conseguenze, allora... Formalmente ve lo chiederemo, perché vi anticipo che chiederemo la destituzione di chi è responsabile di questi fatti. Non crediate che la seduta del Consiglio di oggi si possa concludere con una passeggiata o con un “vogliamoci bene”. Ci sono responsabilità politiche che sono rimesse al dibattito e al confronto, ma ci sono responsabilità tecniche che vanno sanzionate con un atto preciso, che è quello che potete immaginare.
Vi evito tutta la lettura delle premesse, ma andiamo a leggere insieme le conclusioni della Commissione consiliare: “Sebbene la procedura seguita appare rientrare nella categoria dell’evidenza pubblica, non sembrano integralmente applicati, nel caso in esame, i principi di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione che sono alla base di qualsiasi attività amministrativa”. Vorrei chiedere a qualunque consigliere che ha avuto responsabilità: se questo fosse un giudizio su un suo dipendente, cosa ne deriverebbe?
Ma vado avanti: “Gli elementi concorrono a far ritenere a questa Commissione una non corretta applicazione della suddetta norma”. Terzo elemento: “Innanzitutto non si ritengono rispettati i criteri di chiarezza del testo che debbono presiedere alla stesura degli atti, anche amministrativi”, terzo appunto pesante della Commissione consiliare. Non solo, ma “Non appaiono pienamente rispettati i criteri di buona amministrazione consistenti nel garantire alle imprese partecipanti di concorrere in condizioni di parità e alla Regione di scegliere l’offerta migliore attraverso una procedura di valutazione oggettivamente verificabile”. Questo è un ulteriore macigno, sia per l’estrema genericità della lettera di invito, che peraltro, viene detto, “non sembra rispettare i requisiti previsti dal regolamento 44/96, sia per i termini assai ristretti, sia per la mancanza ed individuazione di tutti i parametri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa”. Altro masso. Mi sembra di assistere al posizionamento dei massi davanti alla scogliera di Civitanova.
Inoltre, la mancata allegazione del capitolato d’oneri alla lettera d’invito.
Ci sono tutta una serie di elementi che danno l’immagine di quello che è successo.
Vorrei concludere citando gli ultimi due passaggi dell’esito della Commissione consiliare: “Va infine sottolineata l’incerta ricostruzione delle modalità di ricezione dell’unica offerta ricevuta”. Anche questo è un fatto di una gravità inaudita. Non ci sono le prove documentate di come sia stata incassata dalla Regione l’offerta. Questo vuol dire il timbro, l’uso del protocollo, affermazioni pesantissime.
Ma la relazione va ancora avanti, perché cita addirittura la mancanza del verbale dell’operazione di apertura della busta contenente l’offerta. Non c’è nemmeno il riscontro tecnico, formale che qualsiasi amministrazione pubblica deve fare, rispetto al contenuto, cioè domani, paradossalmente, quell’offerta poteva essere messa in un cassetto e poteva essere tirata fuori un’altra offerta di altri valori e messa al posto di questa, non essendoci un verbale che in qualche modo verificasse il passaggio.
La Commissione conclude il proprio lavoro con un buffetto a D’Ambrosio e con un invito al “volemose bene”. Capisco la Commissione, ma il Consiglio regionale non può limitarsi al buffetto il Consiglio regionale deve esprimere valutazioni politiche che sono un fatto rimesso alla sensibilità di ciascuno, ma trarre delle conclusioni. E le conclusioni che noi traiamo dal lavoro della Commissione, sono che c’è stato qualcosa di poco chiaro in tutta la gestione di questo prodotto che è riconducibile alla responsabilità del dirigente in primis, quindi credo che la conclusione ovvia sia che il Consiglio si pronunci con l’invito alla Giunta a rimuovere dalla propria responsabilità quel dirigente, al di là della casacca politica che vanta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Marco LUCHETTI. Chiedo di parlare sull’ordine dei lavori, Presidente.

Marco LUCHETTI. A nome anche dei consiglieri Benatti e Moruzzi, visto e considerato che sono state tirate in ballo persone direttamente coinvolte in questa vicenda, chiedo la seduta segreta del Consiglio.

Gilberto GASPERI. Chiedo la parola, Presidente.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Gilberto GASPERI. Presidente, in questo caso esigo chiarezza. Non capisco perché il consigliere capogruppo della Margherita Luchetti chieda una seduta segreta quando fino adesso...

Marco LUCHETTI. Giannotti ha tirato i nomi in ballo...

Gilberto GASPERI. E’ responsabile di quello che dice. Qui siamo in un Parlamento e non vedo perché debba essere chiesta la seduta segreta su una relazione della Commissione d’inchiesta. Sono già state fatte sedute segrete su interrogazioni in merito a queste argomentazioni. Non solo mi rifiuto, ma per la dignità che ognuno di noi ha e per la dignità che deve avere il Consiglio regionale, chiedo direttamente al consigliere di ritirare questa proposta.

PRESIDENTE. In applicazione dell’art. 33, secondo comma, pongo la proposta in votazione.

Gilberto GASPERI. No, siamo in fase di discussione, non si possono cambiare le regole mentre il treno è in corsa. Non vedo perché si debba fare un cambiamento e rendere la seduta segreta. E’ assurdo.

PRESIDENTE. C’è un articolo del regolamento, che non posso non tenere in considerazione.

Gilberto GASPERI. Non si può non applicare nel momento in cui stiamo dando una risposta e prendiamo la parola in merito alla relazione della Commissione d’inchiesta. E’ immorale. Non si può fare una cosa di questo genere, qui ci sono delle coperture. Tra l’altro c’è già una causa in corso, a Roma, i documenti sono arrivati ad Ancona e chiediamo che ci diano una risposta.

Marco LUCHETTI. Presidente, perché Gasperi parla?

Gilberto GASPERI. Perché non si può cambiare la regola mentre il treno è in corsa. Non si può mettere in votazione la proposta. Io avevo la parola. Lui non può chiedere l’applicazione di una procedura mentre io chiedo la parola. Me l’aveva già data, il Presidente, quindi parlo prima io, poi si chiede, non prima. Qui siamo in Consiglio regionale, non è giusto difendere queste cose in una maniera veramente immorale. La difesa è identica a quella fatta quando discutevamo dell’Assam ed è lo stesso consigliere che l’ha posta in quei termini. Io ho avuto la possibilità di parlare e adesso devo parlare. Dopo poniamo in discussione la richiesta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Su un argomento così importante e delicato non riesco a capire, Luchetti, come ogni volta cerchiate di nascondere, di non far sapere ai cittadini quello che stiamo discutendo, quello che stiamo facendo. Domani ti comperi una pagina sui giornali, come sempre fai, nella quale metterai le tue cose, tanto ormai siamo abituati ad assistere a questa vergogna. Se avevi queste preoccupazioni, te le dovevi porre prima del Consiglio.

Marco LUCHETTI. Un capogruppo...

Ottavio BRINI. Lascia perdere... E’ un problema del mio capogruppo, non un tuo problema. Il problema è che qui c’è un’indagine della magistratura, la gente vuol sapere la verità.
Noi abbiamo assistito al “lodo Luchetti”, adesso assistiamo anche all’”insabbiamento Luchetti”. E’ ora che se la smetta, questo consigliere. In questa legislatura si è distinto per il odo e per l’insabbiamento. Penso che non è costume in un Consiglio regionale, noi siamo decisamente contrari e ci vergogniamo di questa proposta, respingendola con forza. Vi dovete vergognare anche voi, perché non volete far sapere ai marchigiani la verità. Devono allora sapere tutti quello che si dice.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Voglio chiarire una cosa.

Andrea RICCI. Presidente, se esiste un regolamento che disciplina i lavori di questo Consiglio lo dobbiamo applicare.

Gilberto GASPERI. Scusi, mi è stata data la parola, non ho capito perché non devo parlare.
Andrea RICCI. Chiedo l’applicazione del regolamento.

Gilberto GASPERI. La parola io l’avevo avuta prima. Se il consigliere Giannotti ha fatto dei nomi, deve essere censurato Giannotti, ma quando prendo la parola io me la volete togliere prima che parli? Non si può rendere segreta la seduta prima che parli, perché io non li ho fatti, i nomi.

Andrea RICCI. Non è possibile condurre i lavori in questo modo. C’è un regolamento che dice...

Gilberto GASPERI. Il regolamento non dice di porre una penale al consigliere che deve parlare.

Andrea RICCI. Non prevede neanche che ti alzi e parli a tuo piacimento. Questo intervento che fai, non è possibile.

Gilberto GASPERI. Avevo avuto la parola.

Andrea RICCI. Non è possibile che parli in continuazione: non sei a piazza Venezia.

Gilberto GASPERI. Io a piazza Venezia ci sono andato in vacanza, invece tu nella piazza Rossa sei andato a fare le “spiate”.

PRESIDENTE. Si vota...

Gilberto GASPERI. No, io ho avuto la parola, non è giusto che si voti! Chiedo la registrazione della seduta.

Roberto GIANNOTTI. Non c’è scritto niente sul regolamento, quindi possono parlare tutti.

Gilberto GASPERI. Io avevo avuto la parola, consigliere Ricci. Chiedo la registrazione. Non si può chiedere la seduta segreta prima ancora che io parli. Mi volete mettere il bavaglio prima ancora che parli? Questo è immorale! Se voi avete commesso dei reati, è problema vostro, non mio. Io non faccio i nomi di persone.
PRESIDENTE. E’ stata chiesta una sospensione di dieci minuti, quindi la seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 12,25,
riprende alle 12,35

Presidenza del presidente
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Luchetti. Ne ha facoltà.

Marco LUCHETTI. Presidente, sottolineo le motivazioni della richiesta, insieme ai colleghi Benatti e Moruzzi, della seduta segreta. In quest’aula sono stati fatti nomi e cognomi di persone che non dovevano essere fatti, sostanzialmente, anche perché non hanno la possibilità di difendersi né hanno la possibilità di difendere la propria onorabilità. Questo come problema generale e credo che i consiglieri debbano essere tutti responsabili di fronte a questo dato.
Ho chiesto questo perché per due volte è uscito fuori un nome. Se il Presidente riesce a garantire che in questa seduta non si proceda ulteriormente a fare nomi e cognomi di persone interessate alla vicenda della Commissione d’inchiesta ritiro la mia proposta, però affido al Presidente questa condizione: che qualora venisse riproposto un nome sulla vicenda, scatti la richiesta di seduta segreta. Il Presidente valuterà l’opportunità di prendere provvedimenti nei confronti di coloro che hanno trasgredito la norma che è in essere, di trattenersi dal fare nomi e cognomi in aula.

PRESIDENTE. Ho apprezzato le parole del consigliere Luchetti, perché credo che tutti i consiglieri presenti in aula abbiano un unico interesse che prevale su tutti gli altri: quello di mostrare ai marchigiani delle istituzioni trasparenti e non opache, che non hanno alcunché da nascondere. Credo che questo sia l’interesse di tutti. Traduco le parole del consigliere Luchetti nell’invito al Presidente, ma è ovvio che è un invito a tutti i consiglieri, ad esercitare una forte autodisciplina, perché è chiaro che rispetto al consigliere che poi non rispetta l’autodisciplina, il che significa che vengono fatti nomi, è mio dovere tutelare gli interessi di coloro che non possono in quest’aula difendersi. Questa non è l’aula nella quale noi dobbiamo esercitare improprie funzioni. Quindi direi di riprendere la discussione accogliendo la richiesta del consigliere Luchetti, che ritira la proposta di procedere in seduta segreta, ma è evidente che il primo nome che uscirà farà scattare immediatamente la votazione sulla seduta segreta. Non ho alternative.
Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Non voglio entrare nelle polemiche perché non è nel mio costume, anzi citerò i dati e i fatti. Io a piazza Venezia non ci sono mai stato, ma qualcun altro nella piazza Rossa c’è stato ad inneggiare Lenin e Stalin.
Noi abbiamo parlato diverse volte di questo argomento e vedo adesso che la proposta che prima aveva fatto il consigliere Luchetti da solo, è stata suffragata da altri due consiglieri, un verde e la segretaria regionale della Margherita.
Voglio fare subito il nome del Presidente D’Ambrosio, quello lo posso fare. Quindi, caro Luchetti, quando citerai i nomi dei rappresentanti della Casa delle libertà al Governo, non dovrai più farli perché loro non sono qui dentro a difendersi. Tu puoi toccare la “passionaria” del tuo partito, l’ex ministro alla sanità, puoi toccare qualche altro del tuo partito, ma non puoi più toccare i rappresentanti della Casa delle Libertà, perché non sono qui dentro, quindi non ne possiamo parlare.
Quando si è parlato di questo argomento ed è stata istituita la Commissione d’inchiesta, il Presidente D’Ambrosio disse “Se uscisse qualcosa dei miei funzionari, prenderò decisioni in merito”, facendo capire che avrebbe praticato l’allontanamento.
Sapete tutti quanto è stato difficile fare la relazione della Commissione d’inchiesta, perché è stata piena di rimandi, di pressioni, tanto è vero che sono poi seguite dimissioni e alla fine la Commissione d’inchiesta sorta con la presidenza data sempre alla maggioranza, si è chiusa proprio perché nessuno voleva sapere più niente con la presidenza data alla minoranza. La relazione è piena di particolari che sarebbero infamanti se non ci fosse niente di concreto, ma molto gravi nel caso in cui ci fosse qualcosa di concreto. Visto che è stata suffragata da documenti, queste non sono insinuazioni ma diventano certezze nella relazione fatta e votata all’unanimità.
C’è una procedura presso il tribunale di Roma e pochi giorni fa è stata fatta una riunione. E’ stata presa una decisione: la parte dei documenti discussi in questo Consiglio dietro mie interrogazioni, è stata mandata al tribunale di Ancona, perché il tribunale di Roma ha già iniziato una procedura, ha commissariato l’ordine dei dottori agronomi di cui mi onoro di far parte e ha proceduto con una perizia calligrafica. Il perito calligrafo ha già detto che sono state aggiunte, con scritture diverse, parole tali da modificare il senso della relazione stessa.
Nel lontano 11 dicembre 2001, la Regione Marche, con delibera 2986 ha conferito al Comune di Serravalle l’incarico di redazione di uno studio per un importo di 70 milioni di lire. Si diceva in quella delibera: “Per la redazione dello studio il Comune si avvarrà del supporto di un apposito gruppo di lavoro nominato dal Comune e composto da tre esperti e da n. 3 rappresentanti del Comune medesimo”. Se vado a prendere la delibera del Comune di Serravalle del Chienti, del 3.4.2002 — guarda caso già sapevano a chi veniva dato l’incarico — noto che è stata firmata dal responsabile del procedimento, dalla responsabile della PO e dal dirigente del servizio. Non posso fare i nomi, ma se prendete la delibera i nomi li vedete.
Andiamo a vedere la delibera del Comune di Serravalle del Chienti. Recita: “considerato che la Giunta municipale ha espresso più volte la necessità di procedere ad azioni che sostengano l’occupazione nelle aree più degradate, in particolare in quelle terremotate, ha visto con favore la proposta della società ATM Consulting di Perugia, di studio preliminare per la definizione del piano di sviluppo socio-economico del Comune di Serravalle di Chienti. La proposta suddetta è stata inviata alla Regione Marche con la richiesta di apposito finanziamento. La società ATM Consulting con sede in Perugia ha specifiche competenze nel campo maturate attraverso collaborazioni”. La società stessa ha individuato tre esperti, e qui ci sono i nomi. Siccome avete detto che non li posso dire, non lo faccio. Ho fatto una ricerca e noto che nel Comune di Perugia, servizi demografici, certificati stato di famiglia, si vede che una di queste tre persone citate è moglie di uno che faceva parte della società Pamat che, guarda caso... (Interruzione). Non sto facendo niente, sto facendo una descrizione, non sto dicendo nomi. In questa società ci sono degli interessi da parte di alcune persone che hanno firmato questa delibera. Posso dirlo, questo? Non ho fatto i nomi, che potrei pure citare.
In questo caso non riesco a capire perché non si debbano prendere in considerazione come oro colato le affermazioni che il nostro Presidente dott. D’Ambrosio aveva fatto espressamente — c’è il resoconto della seduta — quando si discusse per la costituzione della Commissione d’inchiesta, che oggi ha portato, dopo tanto tempo, a una conclusione.
Vi dico subito che trasmetterò tutta questa documentazione direttamente alla procura di Roma, considerato che l’avevo già fatto anche l’altra volta. Vi sono dati concreti: raccomandata con ricevuta di ritorno indirizzata alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Roma, sezione di polizia giudiziaria, Carabinieri, viale delle Olimpiadi 60. La lettera è indirizzata alla cortese attenzione del luogotenente Amedeo Campanella, ad oggetto “Note e documenti”. Questo plico è stato inviato da tre firmatari — non posso fare i nomi e non li faccio — e recita: “Alcuni consiglieri regionali delle Marche, in particolare... — fa il nome del sottoscritto — ha segnalato, manifestandolo con interrogazione alla Giunta regionale ed altri atti di ispezione e controllo, un conflitto di interessi e di una situazione di incompatibilità...”. Poi si dice “...in quanto al contempo era anche socio di una società”. Questa incompatibilità sarebbe di ordine generale perché aveva una partecipazione maggioritaria in una società.
Chiedo al Presidente D’Ambrosio, che è il Presidente della Giunta ma anche il Presidente di tutti quanti noi — c’è un solo Presidente della Giunta che è Presidente sia dei consiglieri di maggioranza che di minoranza — ma soprattutto è un ex giudice — praticamente i giudici sono come i carabinieri, non vanno mai in pensione —... (Interruzione). Presidente, chiedo a lei, come magistrato, di intervenire per vedere se questa documentazione, da Roma è arrivata ad Ancona e a che punto è la procedura e se lei non ritenga giusto e corretto trasmettere direttamente questa relazione della Commissione d’inchiesta a corredo delle indagini, che giustamente devono essere spostate, perché noi non siamo tenuti a fare indagini di tipo penale, e date in mano alle autorità competenti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. La richiesta del consigliere Luchetti, poi ritirata, manifesta più che un imbarazzo della maggioranza a parlare di questa questione, non perché non si sia ben colto quello che è accaduto, ma perché c’è un atteggiamento che vorrebbe far passare come acqua fresca sotto i ponti una questione che invece, caro Presidente D’Ambrosio, tale non è. Non perché sia stato coinvolto il livello più alto della politica regionale, cioè la Giunta, e già questo, da solo, potrebbe anche giustificare l’attenzione che questa opposizione sta ponendo sul problema, da sempre, in sede di Commissione e oggi in aula, in senso molto responsabile, come sempre — e questo già giustificherebbe — ma per il livello altrettanto delicato e importante, che è quello delle collaborazioni fiduciarie. Quel livello apicale di dirigenti o di responsabili di settore o di servizio che non sono dell’apparato regionale ordinario, ma sono quei livelli scelti fiduciariamente da questo Esecutivo in carica e da quelli che verranno, perché lo dice la legge.
Se uno di questi è appieno coinvolto nelle vicende che poi sono sfociate nelle dimissioni dell’assessore Cecchini, nella sostituzione, nelle polemiche che si sono succedute, se questo dirigente, cioè una persona che fiduciariamente ricopre un certo incarico, viene coinvolto e la Commissione ha all’unanimità ha concluso che effettivamente ci sono state gravi irregolarità — saranno le altre sedi, quelle giudiziarie a dire se ci sono illegalità — anomalie, allora è giusto trarre delle conclusioni, colleghi, perché è un elemento fiduciario che ha perlomeno tradito il mandato. Ci deve essere una differenziazione, una presa di distanza e di posizione, altrimenti bisogna concludere che quel mandato è ancora pieno, quella fiducia è ancora piena, che non è accaduto nulla, anzi che quello che è accaduto lo si condivide, colleghi. O c’è una cesura, una soluzione di continuità, oppure si dice che si condivide appieno tutto quello che è avvenuto, perché quel mandato è fiduciario. E’ questo il punto, che magari i colleghi che mi hanno preceduto hanno esplicitato in maniera forte, polemica, ma questo è il punto del ragionamento che io voglio fare in maniera attenta, composta ma severa. Non a caso abbiamo parlato di questione morale, perché è questione morale. Se c’è un rapporto fiduciario, non solo politico in senso lato. E’ questa una questione che riguarda valori e principi, non solo appartenenze politiche. La politica è prima di tutto valori e principi, poi, magari, il contingente, quindi si va al nucleo, al nocciolo, alla ragione dello stare assieme. Questo è ciò che quest’aula oggi deve pronunciare, forte e chiaro, altrimenti non si capisce nulla, non si capisce più niente, anzi si deve concludere che si condividono tutti i passaggi e gli aspetti della vicenda legati al comportamento di un funzionario dirigente fiduciariamente indicato, non uno che può essere appartenente ad una pianta organica che veniva o viene dal passato, da un bando, da dei concorsi, dall’inserimento nella vita amministrativa, da una serie di procedure e di fasi, per addirittura arrivare alla rimozione, al licenziamento. In questo caso c’è un rapporto fiduciario che è sicuramente rapporto contrattuale, ma nato perché si è chiesto una collaborazione e la si è fatta cadere su un soggetto preciso.
Ecco quello che chiediamo oggi, un atto di chiarezza, una soluzione di continuità, una presa forte di posizione di tutti — noi l’abbiamo fatto lo chiediamo anche ai banchi della maggioranza — rispetto a un comportamento preciso che è stato giudicato dalla Commissione, nelle sue conclusioni, quanto meno irregolare.
Questa è la posizione di An, la posizione, penso, dell’intera Casa delle libertà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.
Cristina CECCHINI. Non entrerò molto nel merito della relazione puntuale che ha fatto la Commissione d’inchiesta, colgo però l’occasione per ringraziare il lavoro dei consiglieri che ha portato a dei risultati inequivocabili: l’irregolarità della gara c’è stata e apparteneva a dirigenti, esattamente quello che io ho detto al Presidente D’Ambrosio il 3 giugno, al segretario del Prc sempre il 3 giugno 2002, quindi nulla aggiungo, perché la Commissione lo dice con più dovizia di particolari di me, aggiungendo una questione: il mancato protocollo della gara, per cui la data, alla scadenza, è andata deserta, documento che io non potevo avere perché mi era stato sottratto.
Voglio fare solo alcune considerazioni politiche, perché penso che quest’aula debba fare dei ragionamenti politici, in quanto dal punto di vista amministrativo le questioni ormai sono chiarite. Si tratta di vedere o meno se questa Giunta avrà la forza morale di censurare il dirigente, ma questo è un altro discorso sul quale verrò poi. Essendo questa una vicenda tutta politica, so già che questa Giunta regionale non avrà la coerenza politica di censurare il dirigente.
Più volte si è detto che questa era una vicenda politica — l’ho detto io a chiare lettere — e più volte mi si è risposto da parte dell’allora segretario di Rifondazione comunista, “fantapolitica”. Così pure anche il Presidente D’Ambrosio ha detto “no, no c’entra niente con la politica”. Io però vorrei riportarla qui sulla politica, perché questo è interesse di quest’aula. C’è una questione molto chiara, che mi ha fatto spalancare le orecchie quando l’ho sentita: Ricci ha detto qualche giorno fa, quando deponeva nell’aula del tribunale, che prima di andare in procura il Presidente D’Ambrosio gli aveva garantito la regolarità della gara. Questa questione mi ha spalancato uno squarcio, perché in questi due anni mi sono chiesta come mai una serie di dirigenti che non solo paghiamo bene ma che ci rappresentano come Regione — senza fare nomi posso dire il direttore del dipartimento Costa — chi ci rappresenta in giudizio — l’avvocato Costanzi — o il capo dell’ufficio legislativo da anni, da quando ero bambina — Mario Conti ha sempre rappresentato la parte giuridica della Regione — hanno scritto dei pareri di quel tipo? Ho pensato “ma questi non capiscono? Abbiamo loro dato la rappresentanza legale, giuridica, istituzionale della Regione e questi, di fronte a gare di un certo tipo non si accorgono che non c’è il capitolato d’oneri, che l’offerta economicamente più vantaggiosa bisogna valutarla con dei parametri come dice la legge ecc.,”. O peggio, le gare in Regione si fanno tutte così? A sentire Andrea Mancini, sì. Lui ha lavorato con undici servizi — ho tutto l’elenco — e le gare dice che le ha fatte sempre in questo modo: l’offerta di gara non la protocolla mai, la dà sempre nelle mani del funzionario di turno. Le gare si fanno così? Non credo che nella Regione Marche, in un ente pubblico che fa gli appalti dalla mattina alla sera, le gare si facciano senza criterio. In questi due anni io mi sono detta “come può essere che questi si sono comportati in questo modo?” O sono stati aiutati a pensare di scrivere in quel modo? Infatti cosa dice Costa nel primo parere? Il parere di Costa è del 14, successivo al suo andare in procura. E’ precedente il suo colloquio con il Presidente D’Ambrosio.
Cosa dice Costa? Risponde alla mia lettera e la mia lettera non aveva la cosa fondamentale. Quando chiedo i documenti non mi danno il protocollo, quindi Costa... (Interruzione). Non si potrà nominare solo la Cecchini su questa vicenda...

Marco LUCHETTI. Infatti hai ragione: allora ci chiudiamo dentro e facciamo la seduta segreta.

Cristina CECCHINI. Non c’è problema a censurarmi. Citerò solo il nome di Vito D’Ambrosio, di Andrea Ricci e di Cristina Cecchini, se il Presidente me lo consente.
Cosa voglio dire? Voglio dire che siamo arrivati a questo punto: che Costanzi dà il primo parere — e cita le cose che io gli mando, non cita l’elenco delle sue cose perché lui ha il protocollo sbagliato, perché il direttore di dipartimento a lui lo dà ma non a me — e successivamente Conti dice “rettifichiamo la gara”, poi dopo due mesi dice “avendo rettificato la gara...
PRESIDENTE. Consigliere Cecchini, non può sempre stare al limite. Sa qual è il patto.

Cristina CECCHINI. Non cito più nessuno, tranne D’Ambrosio, Ricci e Cecchini, mi si consenta. Voglio fare il nome dei politici, dato che c’è il via libera sui politici.
Questi benedetti dirigenti che paghiamo per garantire l’immagine giuridica di questa Regione, di fatto danno pareri suggeriti, perché dopo quello che dice Ricci finalmente si è scoperto l’arcano. La questione mi interessa particolarmente, perché in questa vicenda, nello stralcio penale di questa vicenda la Regione non è terza come doveva essere. La Regione dichiara e attesta la regolarità della gara, altre volte si è dimenticata di costituirsi per altri assessori — e non faccio i nomi — altre volte ha sostenuto l’innocenza, in questo Consiglio regionale per altri assessori — e non faccio i nomi — ma questa volta si è invece costituita.
Perché dico che questa vicenda è tutta politica? Perché se non lo fosse, se come dice D’Ambrosio in chiusura del dibattito per l’istituzione della Commissione d’inchiesta, “prenderemo provvedimenti se la Commissione d’inchiesta dovesse scoprire qualcosa che non abbiamo scoperto noi” — vorrei tanto essere smentita — cosa succede adesso? Qualche provvedimento viene preso? Io credo che nessun provvedimento verrà preso e che i dirigenti resteranno al loro posto, come dice Pistarelli.
La questione è allora chiara: se quelli restano al loro posto, hanno fatto bene quello che hanno fatto. Gliel’hanno fatto fare? Non lo so, comunque hanno fatto bene quello che hanno fatto. Non si può dire che gliel’hanno fatto fare, ma sicuramente hanno fatto bene quello che hanno fatto.
Cosa dire di questo? Niente. Quali considerazioni politiche fare? Che questa vicenda è andata così perché così doveva andare, che finalmente la Commissione d’inchiesta ha messo in fila un ragionamento giuridico che questa Regione, nonostante tutti i consulenti e dirigenti non è stata mai capace di fare. Per il resto, ognuno si prenda le sue conseguenze.
Cosa dire al Partito della rifondazione comunista? Io ero abituata a pensare a un partito che stava nel centro-sinistra per un accordo politico e con decisioni politiche prese su alcune questioni rilevanti, perché Rifondazione comunista votò, in comitato regionale, l’uscita dalla maggioranza nel caso avessimo rinnovato la concessione dell’Api.
Rispetto a quello che dice Carlo Marx, che il comunismo, per noi, non è uno stato di cose che deve essere instaurato, un ideale con il quale la realtà dovrà confrontarsi, chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti? Vedo che Rifondazione comunista difende il “listino” nella legge elettorale... Che più che dismettere l’Api dismette il suo profilo culturale... Non ho niente da dire.
Cosa dire al Presidente D’Ambrosio che conosco da più tempo di tutti, da prima che entrasse in politica, perché venne da me segretario del Pci a dire che voleva entrare in politica? Cosa dire, che avevamo scommesso su di lui per una discontinuità con il potere democristiano? Avevamo scommesso su di lui per costruire un’alternativa alla classe politica di allora. Oggi, dopo dieci anni di suo mandato, il potere trasversale che comandava quando c’era Giampaoli comanda ancora, perché dire Pieralisi, Merloni, Brachetti Peretti: potenti allora e potenti ancora. Qual è l’unica differenza? Che adesso ci può essere un Andrea Mancini che, nonostante quello che combina, continua a prendere appalti senza gara, perché questo ha fatto Andrea Mancini, successivamente a questa vicenda, che quindi è in grado. Quindi il Presidente D’Ambrosio, oltre a non essere quello che avevamo pensato fosse, la discontinuità con il potere, è in grado anche di avere un imprenditore... (Interruzione)

Marco LUCHETTI. Non è serio...

Cristina CECCHINI. Non è serio quello che è stato fatto, caro Luchetti.

Marco LUCHETTI. Lascia perdere. Tu, in quest’aula non devi fare nomi e cognomi come ti pare!

Cristina CECCHINI. Ma chi te l’ha detto? Ma chi te l’ha detto?! (Interruzioni e discussioni accese fra consiglieri)
Concludo dicendo che, oltre Merloni, Brachetti Peretti, Baldassarri, Pieralisi, abbiamo anche Andrea Mancini che nella...

Ugo ASCOLI. Ho sentito Baldassarri? Mario?...

Cristina CECCHINI. Sì. Lo conosce? Lo conosce.

Gilberto GASPERI. Lo conosce, lo conosce...

Cristina CECCHINI. Fanno il contorno politico e il profilo culturale di questa legislatura.
Dopodiché, come mio dovere continuerò questa battaglia, perché fra le altre cose riguarda la mia onestà, quindi la farò fino a un minuto dopo avere dimostrato la mia totale estraneità ai fatti. E siccome i reati penali non si inventano, saranno chiamati a pagare tutti quelli che hanno orchestrato la cosa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Farò un breve intervento per dire che in quest’aula c’è stata polemica, c’è polemica, in realtà in Commissione la polemica è stata minore, tanto è vero che la Commissione ha concluso all’unanimità i suoi lavori con la relazione che la presidente Franca Romagnoli, con elementi precisi, ma anche con molta correttezza, ha svolto in aula.
Mi sento di dire che questo Consiglio regionale deve essere conseguente. Leggo quanto disse nella seduta consiliare del 17 luglio 2002 il Presidente D’Ambrosio a conclusione dei lavori. Chiese la parola per ultimo, come suo diritto di Presidente e disse poche parole: “Se la Commissione d’inchiesta dovesse accertare qualche irregolarità sfuggita la ringrazierò quando me lo segnalerà, perché significherà che abbiamo lavorato insieme per lo stesso scopo. Credo che lo scopo, a questo punto, non per utilizzare la vecchia parola bipartisan, sia quello del rispetto delle istituzioni e il rispetto delle istituzioni si ottiene impegnandosi perché le istituzioni funzionino al meglio. Questo è il punto che spero questa sera ci unisca tutti”.
Non è sera ma è mattina, chiedo al Presidente D’Ambrosio di mettere in pratica quello che è stato detto il 17 luglio 2002, da lui, a nome di tutta la Giunta e di tutto il Consiglio, perché le conclusioni, all’unanimità, di tutti i componenti della Commissione d’inchiesta, hanno fatto dei rilievi su una serie di situazioni in cui un atto, anzi una serie di atti sono stati più volte corretti per renderli minimamente legali, con fasi di assoluta illegittimità. Questi sono rilievi scritti della Commissione, quindi chiedo al Presidente D’Ambrosio di arrivare alla certezza dei provvedimenti. E qual è la certezza dei provvedimenti? Applicare quanto da lui stesso sostenuto.
Ci sono stati dei fatti rilevati da tutti, gravi, c’è stata una Commissione d’inchiesta che si è prolungata quasi due anni, ci sono state delle conclusioni, chiedo che le conclusioni abbiano delle conseguenze, quindi chiedo che ci siano delle conseguenze nei confronti dei dipendenti della Regione Marche che, ovviamente, hanno agito nell’illegittimità, così come rilevato.
Concludo dicendo che tra gli atti gravi c’è stato quello di mettere in condizioni diverse rispetto alle leggi e alle procedure, persone che dal punto di vista legale e societario avevano gli stessi diritti e questo è un grave rilievo.
Ho chiesto a un esperto di campagne elettorali a livello nazionale, che non opera nelle Marche ma che opera a Roma, quale fosse, nell’ambito del progetto del centro-sinistra la debolezza rispetto alla candidatura, rispetto al quadro politico, alla maggioranza. Dopo avere esaminato una serie di rassegne stampa, una serie di documenti ecc., mi ha risposto: “vincerete se riuscirete a far capire che nella Regione Marche c’è una cricca”. Se farete capire alla gente che c’è un meccanismo di potere, questo è per la gente un elemento di differenziazione.
Chiedo allora a D’Ambrosio, che credo voglia sostenere la sua maggioranza, di rompere questo elemento di idea di un gruppo di persone che comunque danno le carte come vogliono. Il mancato provvedimento su questa vicenda sarebbe l’idea che non esiste la certezza delle cose identiche per tutti, ma ci sono doppi valori, doppi giudizi, doppie verità. Quindi, il mio è un appello finale: dalle conclusioni della Commissione d’inchiesta ai fatti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. A me corre l’obbligo di intervenire perché sono stato direttamente chiamato in causa rispetto a specifiche circostanze, altrimenti Rifondazione comunista avrebbe rispettato l’impegno assunto assieme a tutte le altre forze di maggioranza, che su questa vicenda avrebbe parlato, a nome dell’intera coalizione che governa questa Regione, il Presidente D’Ambrosio.
Anzitutto voglio far rilevare una cosa spiacevole che si sta verificando e si è verificata in quest’aula: noi ci troviamo di fronte ad una relazione della Commissione d’inchiesta che riguarda la regolarità amministrativa di determinati atti della Regione Marche. Questa vicenda comprende anche un altro aspetto di origine penale, che vede un consigliere regionale, Cristina Cecchini, nella parte di imputata, con un rinvio a giudizio e con una decisione da parte del gip di proseguire l’iter processuale e ha visto già l’avvio di un processo penale contro il consigliere Cristina Cecchini.
Queste due vicende non dovrebbero essere mischiate in quest’aula, le sedi sono e debbono rimanere diverse, altrimenti credo che compiamo un atto distorsivo della divisione dei poteri che è sancita nel nostro ordinamento giuridico. Il consigliere Cristina Cecchini ha utilizzato, nel suo intervento, il suo ruolo di consigliere regionale, quindi la sua possibilità di parlare liberamente in quest’aula, per impostare una linea di difesa processuale nel processo che la vede imputata, ed è l’unica imputata dal punto di vista penale, di questa vicenda. Mi sembra un comportamento non corretto e che comunque lascia intravedere delle smagliature sul modo in cui il sistema istituzionale funziona.
Detto questo, vorrei, rispetto alle questioni che il consigliere Cecchini ha sollevato nei miei confronti, ponendomi domande, dire innanzitutto: come mai queste domande che lei pone impropriamente in quest’aula non sono state poste nell’aula appropriata dal suo avvocato? Avrei potuto rispondere là dove era opportuno rispondere. In questo senso vedo un utilizzo strumentale di questa sede a fini personali, cosa che non dovrebbe accadere, tuttavia è accaduta. E allora vorrei rinviare il consigliere Cecchini, alla risposta che il Presidente della Regione D’Ambrosio diede a suo tempo in quest’aula, attraverso una relazione scritta, dove si ricostruivano i tempi e le modalità dei controlli amministrativi effettuati sull’atto di cui in oggetto e se facesse questo il consigliere Cecchini si accorgerebbe che il 14 giugno 2002, già da diversi giorni erano stati espressi i primi pareri concernenti la regolarità degli atti in oggetto.
Quindi rinvio il consigliere Cecchini a queste relazioni ufficiali che sono in quest’aula state pronunciate.
Dal punto di vista politico che cosa dire? La tesi che vede in questa vicenda un complotto universale contro un assessore regionale, un complotto che collegherebbe forze politiche, esponenti istituzionali di governo, imprenditori, dirigenti regionali e poi non so chi altro — forse anche magistrati? — mi sembra effettivamente che non possa che essere definita come una tesi fantasiosa dal punto di vista politico. Dal punto di vista penale sono altre le sedi in cui si dovrà dare conto di tutto ciò.
Mi sembra di per sé un elemento di tale ovvietà, che basterebbe questa semplice riflessione di buon senso per far crollare come un castello di carte la tesi che il consigliere Cecchini, per difendersi rispetto ad un procedimento in corso contro di lei, ha messo in campo.
Se poi ci aggiungiamo il fatto che sulle questioni che il consigliere Cecchini e anche i consiglieri del centro-destra hanno portato in quest’aula, cioè un presunto conflitto interno alla maggioranza, interno ai vari partiti della maggioranza, dentro Rifondazione comunista, sulle questioni politiche riguardanti le scelte in merito all’Api o in merito all’azienda sanitaria, vorrei far rilevare che di questi temi, quando l’assessore Cecchini sedeva, in nome e per conto di Rifondazione comunista nella Giunta regionale, mai ebbe occasione, in seno all’organismo in cui sedeva, di far rilevare il suo dissenso con la posizione della maggioranza, con la posizione della Giunta regionale, con la posizione del gruppo consiliare a cui lei, allora, apparteneva. Sfido a dimostrare che questo dissenso così forte sia stato mai espresso in una qualunque sede, sulla base del ruolo istituzionale che allora, per conto di Rifondazione comunista, il consigliere Cecchini aveva. Questa è un’ulteriore dimostrazione che il castello di carte è destinato inevitabilmente a crollare al primo piccolo soffio di vento.
Chiudo qui questo mio intervento, perché tengo da un lato ad essere rispettoso delle diverse competenze e delle diverse sedi in cui è opportuno riferire ciò che si sa. Per quanto mi riguarda io l’ho fatto in ogni sede a cui sono stato chiamato. Dal punto di vista politico voglio però concludere rilevando come sia altrettanto ignobile, sul piano politico, della correttezza che deve contraddistinguere il rapporto tra forze politiche, pur di diversa collocazione, l’avere utilizzato, da parte di alcuni consiglieri del centro-destra questa questione come un attacco politico e addirittura morale nei confronti di forze politiche e di rappresentanti di queste forze che siedono in questo Consiglio regionale, tentando di ribaltare completamente ciò che sono i fatti, e i fatti sono che noi abbiamo in questo momento un consigliere regionale che è imputato in un processo per reati relativi al ruolo istituzionale che svolgeva da un lato, e dall’altro abbiamo una situazione — per venire al merito specifico di questa discussione — in cui la regolarità degli atti amministrativi oggetto della Commissione d’inchiesta, è stata acclarata da numerose sedi, compresa la relazione della Commissione d’inchiesta che — l’ho letta bene — non conclude affatto, affermando la nullità, l’illegittimità degli atti di cui in oggetto. Il resto è dibattito e schermaglia politica, non è altro che questo e quindi ciò che in questa sede è stato rappresentato, ripeto, costituisce una scorrettezza profonda nel rapporto che deve esservi tra forze politiche, anche di collocazione diversa.

PRESIDENTE. Ci sono ancora due interventi, quindi è assolutamente prevedibile che superiamo l’orario delle 13,30, quindi pongo in votazione la prosecuzione della seduta fino alla conclusione del primo punto dell’ordine del giorno.

Il Consiglio approva
Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Il primo rilievo che pongo ai lavori di questa Commissione d’inchiesta, è che la relazione della Commissione giunge a noi per il dibattito conclusivo, con un grande ritardo rispetto ai tempi stabiliti. Io ritengo che in futuro sarà indispensabile procedere con maggiore celerità, per dare più concretezza e forza ai lavori di una Commissione d’inchiesta, che devono giungere celermente a conclusione, per far capire che cosa veramente, su una determinata questione, è accaduto.
Mi preme sottolineare tre questioni. La prima è che i corsi di formazione professionale della Regione Marche sono sempre stati oggetto di critiche e sono spesso andati incontro a spiacevoli questioni giudiziarie.
Va detto che questa Giunta regionale non ama molto rispettare la legge, i regolamenti e gli atti amministrativi, perché ritengo che in questa vicenda la massima responsabilità sia da addebitare alla Giunta regionale per due ordini di motivi. Il primo riguarda il rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli atti amministrativi, l’altro perché questi corsi non si svolgono per le finalità per le quali sono istituiti, ma sono corsi che vengono utilizzati per la propaganda elettorale, altrimenti un corso che aveva dato questi risultati sarebbe stato bloccato prima. Una volta visto che 500 milioni determinano la partecipazione di dieci imprenditori, è segno che è un corso che non serve a nulla e uno lo interrompe con grande onestà, chiude la vicenda e dice “questa cosa non serviva, non raccoglie la partecipazione di imprenditori, quindi facciamo punto e a capo”.
La seconda questione che intendo sottolineare riguarda la scelta di un dirigente esterno per curare il progetto per conto della Regione, nei confronti della ditta vincitrice. Ancora una volta questa Giunta regionale ricorre a contributi esterni quando, nella fattispecie, non vi è dubbio che la figura professionale poteva essere trovata, ancora una volta, all’interno dell’Amministrazione. Troppe volte in questa legislatura il personale interno, anche a livelli dirigenziali, è stato messo da parte e quindi umiliato, togliendo ad esso compiti e responsabilità che gli competevano.
Dal punto di vista amministrativo sono evidenti le violazioni di legge per una corretta applicazione del regolamento regionale n. 44 del 1996.
Le conclusioni della Commissione sono troppo blande, cioè non basta richiamare l’Amministrazione regionale perché si attenga, per il futuro, a un più rigoroso rispetto della regola di buona amministrazione nonché ad una più scrupolosa attenzione a tutta la normativa di riferimento, tenuto conto anche che sono distinti i ruoli di responsabilità tra chi deve fare indirizzo politico-amministrativo, che è appunto l’organo politico, chi deve fare l’attività di gestione amministrativa, che spetta ai dirigenti.
A tale conclusione la Commissione giunge, rilevando la mancata chiarezza dei criteri nella stesura degli atti amministrativi per l’attuazione della trattativa, la genericità dei parametri sui quali è stata indetta la trattativa privata: come si fa a fare una trattativa privata senza un capitolato? Su che cosa la ditta fa la propria offerta? Sono cose che ho visto raramente, anche nei peggiori Comuni marchigiani.
Ritengo che la Giunta regionale dovrebbe fare un’ammissione di colpa e di responsabilità e proprio per quanto riguarda la materia dei corsi professionali dovrebbe, in futuro, procedere nella massima scrupolosità e chiarezza nell’applicazione della legge, dei regolamenti, tenuto conto che la scelta degli operatori che svolgono questi corsi deve essere fatta più seriamente e che i costi debbono essere valutati con attenzione e quando il costo diventa superiore ai risultati che vogliamo raggiungere, questi costi debbono essere eliminati.
Concludo rilevando che, al di là della relazione finale della Commissione, la stessa non è riuscita a eliminare i dubbi che questa vicenda sia stata generata da un regolamento di conti all’interno di Rifondazione comunista, che aveva in animo l’intenzione di sostituire l’assessore Cecchini, la quale non aveva alcuna intenzione di farsi da parte volontariamente, e allora all’assessore scomodo che non vuole tirarsi indietro, dobbiamo creare i problemi che sono stati creati. Questa è una supposizione non suffragata da documenti probatori, però resta nell’aria, aleggia. Quindi, al di là della conclusione formale alla quale arriva la Commissione d’inchiesta, questo dubbio che più volte è stato rappresentato sui giornali, non è stato dissolto e me ne dispiace, perché non si può menare il can per l’aia ma è preferibile ogni volta fare chiarezza. La Commissione doveva servire a questo.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

Vito D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei fare una riflessione abbastanza breve, perché mi pare che questo sia più che sufficiente per non seguire i meandri di un dibattito che francamente non mi appartengono e non mi hanno appassionato e su cui, comunque, qualcosa dirò.
Il punto che viene fuori in maniera chiara dalla relazione della Commissione, è che si fa una lunghissima disquisizione giuridica — io sono andato a vedere perfino i vecchi testi di diritto — sull’evidenza pubblica, dicendo che forse sì, forse no. Potrebbe essere lo svolgimento di un bel tema, in qualunque dei concorsi in cui si richiede la conoscenza del diritto, dall’abilitazione all’esercizio della professione legale, al concorso in magistratura. In sostanza che cosa si dice? “La giurisprudenza della Corte di cassazione ha per lungo tempo sostenuto che la violazione delle regole procedimentali non facesse sorgere in capo al contraente alcun interesse legittimo. All’assenza di norme procedurali derivava, come ulteriore corollario, l’ammissibilità dell’impugnazione davanti al giudice amministrativo per denunciare eventuali comportamenti illeciti della pubblica amministrazione. E’ noto tuttavia che il suddetto orientamento è stato superato dalla più recente giurisprudenza, sia civile che amministrativa...”. E si va avanti così.
Noi possiamo tranquillamente seguire linee interpretative, possiamo vedere se ci sono state ulteriori pronunce, tanto le pronunce della Corte di cassazione e del Consiglio di Stato, si susseguono a distanza di tempo e dopo un po’ di tempo se ne trova sempre un’altra che dice un’altra cosa. Questo lo sappiamo benissimo.
A me sembra che questo sia un dato che rimette su giusti piedi questa vicenda, al di là di altre valutazioni sulle quali, poi, mi fermerò un momentino.
Quando si dice, nelle conclusioni della Commissione, “Sebbene la procedura seguita appare rientrare nella categoria dell’evidenza pubblica non sembrano integralmente applicati i principi di buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione che sono alla base di qualsiasi attività amministrativa”, si dice una banalità, una ovvietà: ogni volta che c’è qualche sospetto, anche di opportunità, è chiaro che l’art. 97 della Costituzione viene ad essere, in un certo senso, applicato male, disapplicato, non applicato. Ma vogliamo dire che ogni volta che c’è un vizio dell’atto amministrativo c’è una violazione dell’art. 97 della Costituzione? E’ banale, è ovvio, ma qui non ci sono indicate cose del genere. “Una non corretta applicazione della suddetta norma costituzionale...”: potrei leggere tutte le conclusioni per dire quello che ho detto adesso.
In sostanza si dice che, sulla base di un certo tipi linea interpretativa, le cose potevano essere ammissibili, sulla base di un’altra linea interpretativa, le cose invece non erano ammissibili. Ma si conclude, alla fine, con un “richiamo all’Amministrazione regionale perché si attenga, per il futuro, a un più rigoroso rispetto delle regole di buona amministrazione, nonché ad una più scrupolosa attuazione di tutta la normativa, tenuto anche conto dei distinti ruoli e responsabilità di indirizzo politico e programmatico spettanti all’organo politico e di gestione dell’attività amministrativa spettante ai dirigenti”.
Se ci si mette “più rigoroso rispetto”, “più scrupolosa attuazione”, vuol dire che rispetto ed attuazione ci sono stati. Questa è la conclusione della Commissione. Che poi ci siano elementi di inopportunità, su questo non ci sono distanze abissali fra il comportamento concreto della pubblica amministrazione e quello che ha detto la Commissione, perché in effetti, appena segnalato il caso si è proceduto immediatamente alla devoluzione del caso agli organi interni competenti e sulla base delle loro indicazioni la Giunta si è mossa seguendo pedissequamente quelle che erano le indicazioni, i pareri, le valutazioni, secondo il principio altro, che c’è e che i miei colleghi che hanno studi di diritto freschi dei miei ricordano senz’altro. Uno dei principi del diritto amministrativo è che utile per inutile non vitiatur, cioè la parte che è utile e che è valida di un documento non può essere cancellata da quella che non è valida, a meno che non ci sia una utilità anche della parte non valida. E noi questo abbiamo fatto. Abbiamo, non dal punto di vista di una valutazione nostra, autonoma — io mi guardo bene dall’esercitare nelle mie conoscenze giuridiche, quando si tratta di percorrere queste strade — ma sulla base di valutazioni e indicazioni che ci erano state date dagli organismi tecnici che assistono la Giunta, sostanzialmente ribadito che non c’erano gli estremi per l’annullamento d’ufficio dell’atto, sono stati fatti interventi per tempestivamente emendare i provvedimenti in essere, perché erano emendabili e non erano annullabili, quindi non si trattava di violazioni di legge ma livelli di inopportunità, come si ricava anche dalla relazione. Abbiamo successivamente messo a punto specifiche, ulteriori precisazioni sui procedimenti, proprio per evitare che ci potessero essere equivoci del genere anche per il futuro e per il resto abbiamo atteso che qualcuno, se veramente c’era stata violazione di principi, di norme ecc., li facesse valere.
Non c’è stato nessun ricorso. A volte non ci sono i ricorsi ma ci sono le indicazioni, ci sono le lamentele, le cose ecc. Non ci sono state e non ci sono state richieste di riesame, quindi sostanzialmente la Regione non ha ricevuto danno e nemmeno i privati, che avrebbero avuto tutto il diritto di impugnare l’atto, l’hanno fatto. Quindi, da questo punto di vista nemmeno i privati hanno ritenuto di essere stati danneggiati. Mi pare che questi siano due parametri innegabili e sulla base di questi parametri innegabili vanno valutati, innanzitutto, gli atti amministrativi e i procedimenti amministrativi, perché tutto o molto è posto a tutela degli interessi dei controinteressati e degli interlocutori della pubblica amministrazione, di cui è correlato anche l’obbligo della pubblica amministrazione di seguire un certo tipo di procedere, un certo tipo di atteggiamento indicato dall’art. 97 della Costituzione.
Questi sono gli elementi, questi sono i dati, questi sono i fatti. Vogliamo dire che ci sono stati profili di inopportunità? Se siamo intervenuti sì. Vogliamo dire che ci sono stati profili di illiceità? Sicuramente no. Vogliamo dire che ci sono stati profili di illegittimità? Sicuramente no. Non ce ne sono perché anche la relazione, che arriva a conclusioni diverse, ci arriva attraverso una citazione di giurisprudenza contrastante, ed è chiaro che è un’interpretazione giuridica sulla quale si può essere d’accordo o meno, ma sulla quale noi abbiamo seguito pedissequamente, data la delicatezza del caso, quello che i nostri organi tecnici ci hanno indicato fin da subito.
Per il resto, per quello che riguarda la ricostruzione dei fatti, non spendo un minuto in più, richiamo la mia relazione all’epoca, perché questo mi pare che sia più che sufficiente.
Per quanto riguarda qualche altra valutazione, noi siamo qui tutti quanti avvezzi a confrontarci politicamente, sappiamo anche come sono cambiate le norme, sappiamo anche la normativa, il costume che regola, da questo punto di vista, l’andamento politico. Pensare che per cambiare un assessore ci volessero motivazioni particolari, significa non ricordare quello che dice la legge: non prevede alcun tipo di valutazioni di questo genere. Si può cambiare un assessore per le più varie motivazioni — è successo — ma essendo un dato politico non c’è bisogno di avere alcun tipo di alibi o di pretesto. Quindi non c’era bisogno di alcun tipo di alibi o di pretesto, se per caso avessi deciso di cambiare un assessore.
Per il resto mi rifaccio alle valutazioni indicate nella relazione scritta che ho fatto poco tempo fa, che confermo integralmente. Aggiungo che riguarderemo tutti gli atti con maggiore attenzione. Se poi il consigliere Gasperi ha altri atti da aggiungere me li faccia avere, non c’è alcun problema, riprenderemo in esame la posizione di tutti. Non c’è nessuno che è garantito da un approfondimento su tutto quello che la sua attività comporta nel momento in cui la sua attività è attività della pubblica amministrazione. Quindi da questo punto di vista non c’è alcun tipo di problema a questo impegno che c’era, che c’è e che ci sarà.
Per il resto, le valutazioni politiche sulla mia persona le lascio, ovviamente, ai consiglieri, le lascio ai cittadini marchigiani, le lascio soprattutto accludendo ad esse, con un documento, la storia dei miei 28 anni di magistratura e 9 anni di “esercizio di attività politiche”. Sono assolutamente tranquillo sull’esito di questo, quindi ritengo inutile rispondere.

PRESIDENTE. E’ concluso il dibattito. Ci sono due risoluzioni, una delle quali si sta fotocopiando.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non sono abituato a mettere in discussione gli atteggiamenti personali. Si tratta di capire, Presidente, se certe scelte vengono fatte per motivi di ordine politico o per altro. Non ho capito il senso della scelta della destituzione del consigliere Cecchini. E’ stata una richiesta di dimissioni forzata. Le accuse rivolte in quest’aula, che io non riprendo, dal consigliere Cecchini,, credo abbiano anche dato il senso di quello che è avvenuto dal suo punto di vista.
Lei si è limitato a richiamare la sua onorabilità che io non ho messo in discussione, il suo mestiere, la sua storia, la sua limpidezza. Rimane il fatto che, probabilmente, c’è stata una valutazione politica, a monte, di questa questione, che noi fra l’altro non abbiamo condiviso e abbiamo criticato già a suo tempo, anche perché c’è stato, di fatto, uno spostamento dell’asse della Giunta regionale da quello tradizionale D’Ambrosio-Ds-Margherita, a quello D’Ambrosio-Ds-Rifondazione. Questo è il dato politico, dopodiché potete dire quello che volete, con le coperture politiche che Rifondazione ha dato a questa Giunta su tutto. Questa non è aria fritta, assessore Ascoli. Mi sono ripromesso di non parlare più, perché rischio di essere male interpretato, però non ho gradito molto le sue reazioni di prima. (Interruzioni)
Ho già detto all’assessore Agostini che siamo pronti a fare un libro bianco bis, per parlare delle bugie che dice sulle bugie. L’unica verità è che noi dobbiamo farcelo da soli, lei, assessore, può avvalersi di un grande patrimonio professionale. (Interruzione). Lei può dire quello che le pare, può dire la bugia che il 69% dei marchigiani non è toccato dalle tasse, e siamo in grado di dimostrare il contrario; lei può dire che la Regione Marche è una Regione virtuosa... (Interruzione).

PRESIDENTE. Per cortesia... Non cambiamo argomento.

Roberto GIANNOTTI. Solamente due questioni. Una di carattere procedurale.
Io non sono assolutamente d’accordo con l’interpretazione data questa mattina in apertura dal Vicepresidente Donati — posso capire: per inesperienza e per essersi trovato di fronte a una situazione abbastanza accesa — perché il richiamo alla segretezza degli atti non può essere esercitato come ha fatto strumentalmente il consigliere Luchetti, su una vicenda di questo tipo.
Consigliere Luchetti, qui c’è una serie di atti che sono stati oggetto di una valutazione di una Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale; sono stati verificati alcuni comportamenti non del tutto “convenienti”: lei non può impedire a un amministratore regionale, che deve dare un giudizio su quell’atto, di non esprimere il giudizio sul funzionario regionale che è corresponsabile dei fatti. E’ una posizione ridicola. E’ ridicola la richiesta di Luchetti ed è ridicola l’interpretazione della direzione del Consiglio e della presidenza. Comunque, questa è una delle cose rispetto alle quali dovrà essere messo mano nel regolamento, anche perché qualunque norma si prenda, si presta ad una doppia interpretazione.
Per pace del consigliere Donati, se è vero che l’articolo 33 del regolamento prevede che il Consiglio regionale può deliberare la messa in seduta segreta, è anche vero che il Consiglio regionale non dice niente, così come cita in altri casi, sugli interventi, quindi è altrettanto vero che su questa proposta della presidenza si apre una discussione e tutti i consiglieri possono parlare.
A me sembra che le difese d’ufficio, politiche e non politiche, sentite in quest’aula, siano solo difese d’ufficio. Da parte di qualcuno si è voluto difendere una professionalità conosciuta, da parte di altri si è voluto difendere un pezzo del mosaico organizzativo di questa struttura che è un pezzo fondamentale per il mantenimento di certi equilibri. La realtà dei fatti è però quella descritta, che conoscevamo: sono state commesse una serie di cose che richiedono una sanzionatura. Questa vicenda non può chiudersi con un pronunciamento su un documento fatto bene, di cui diamo atto alla presidente Romagnoli e ai consiglieri, ma deve avere una sua declinazione e la declinazione più giusta e più logica è quella che chi si è reso responsabile di questi fatti, chi non ha adempiuto in maniera adeguata alle proprie funzioni, chi ha esorbitato dalle proprie funzioni... Non mi interessa fare dietrologie, dico solo che rispetto ad un modello di comportamento amministrativo c’è stato qualcuno che lo ha travalicato. Rispetto a questo credo che la cosa più ovvia sia che il Presidente D’Ambrosio faccia, domani, quello che non ha voluto fare sei mesi fa: prenda questo dirigente, gli tolga questa responsabilità, rimuova questa figura come diciamo nell’atto che abbiamo presentato, esercitando un diritto che gli è riconosciuto. Se lei va a leggere il contratto che questo signore ha firmato con la Giunta regionale, Presidente, questo è uno dei casi per i quali è prevista la risoluzione anticipata. Quindi lei non ha che da prendere il contratto e rimuovere questo dirigente dal suo incarico. Credo che questo sarebbe l’atto di trasparenza che consentirebbe di affrontare in maniera intelligente questa situazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli. Prego i consiglieri di contenersi e non essere ripetitivi rispetto al dibattito appena concluso.

Sergio NOVELLI. Il mio voto sarà ovviamente favorevole alla proposta di risoluzione che invita la Giunta a risolvere il rapporto di consulenza — non di lavoro dipendente — con il dott. Sunzini. Presumibilmente esprimerò voto contrario nei confronti della mozione di maggioranza. Confesso l’imbarazzo nell’esprimere voto contrario a una risoluzione che non ho letto, ma intuisco che la risoluzione sarà in qualche misura conforme a quanto affermato dal Presidente D’Ambrosio nella sua conclusione del dibattito. Il Presidente D’Ambrosio è persona troppo intelligente per non avere avuto consapevolezza che mentiva a se stesso e a noi quando ha detto che dalla relazione della Commissione d’inchiesta era evincibile la nullità dell’atto di aggiudicazione del corso professionale. Mentiva a se stesso e a noi perché egli sa benissimo in un sillogismo vengono poste le due premesse e le due premesse sono leggibili testualmente nell’azione commissariale unanime, ove si afferma: è mancata la evidenza pubblica rivendicata dalla potestà amministrativa, con il supporto della giurisprudenza che richiamava la presidente Romagnoli; la mancanza della evidenza pubblica comporta la nullità dell’affidamento. Il Presidente D’Ambrosio è persona troppo competente per non capire che quando io affermo la premessa e la seconda premessa che è il sillogismo, il corollario è conseguente, non occorre esplicitarlo, ognuno, da sé, se lo può ricavare. Potrebbe rispondermi il dott. D’Ambrosio: “se io non avessi sviluppato una grande capacità a chiudere gli occhi di fronte all’evidenza e alle prove schiaccianti ma sgradite, non avrei potuto fare come ho fatto, per decenni, il magistrato in maniera encomiabile”. Vero che è in qualche misura dote professionale del giudice saper valutare selettivamente le evidenze che gli vengono sottoposte, però è doveroso da parte nostra dire che quello che è evidente è evidente, quello che è scritto è scritto, quello che c’è da leggere lo possiamo leggere insieme, tanto è vero che, quando il Presidente ha detto “faccio rinvio a quel che io ho affermato due anni fa in occasione delle dimissioni — più o meno spontanee — dell’assessore Cecchini”, avevo la forte tentazione di dire richiamiamo il dott. Costa”, che allora ci disse: “Io, allo stato degli atti ritengo di non poter affermare che vi fossero illegittimità nella procedura di aggiudicazione della gara”. Risentiamo il dott. Costa se, alla luce di questi atti che ci sono oggi, si sente ancora di affermare questa cosa sicuramente non vera.
Mi spiace che il presidente Ricci non sia in aula. Nella penultima seduta di Consiglio in cui mancò il numero legale perché eravamo tutti in tribunale, chi per lavoro, chi come testimone, passando in aula ho avuto occasione di sentire la deposizione del presidente Ricci come testimone e ho avuto un moto di invidia perché è un testimone bravo, che si ricordava le cose, che si riusciva a capire. L’ho sentito oggi e, onestamente poteva fare molto bene anche l’avvocato, il consigliere Ricci, perché ha dimostrato la capacità di cogliere, in ogni costruzione, quello che... Mi sembra però che la sua difesa d’ufficio dell’operato del suo partito, della Giunta più o meno sua, mostri un limite... (Interruzione). Mentre ho sentito quelli che dicevano che non erano presenti quando invece erano presenti ecc., ho notato una ricostruzione molto conseguente. Ma oggi, qui non ci si può dire che il problema non sia stato posto in termini di mera opportunità, perché dire che in questo quadro è una scelta di opportunità, cioè di ius poenitendi, cioè di autotutela che legittima il risarcimento del revocato nei confronti dell’aggiudicazione, è una sciocchezza esiziale, perché se dite “abbiamo fatto bene ad affidare a Mancini il corso” o “il corso faceva schifo per cui abbiamo cambiato idea”, arriveremmo all’assurdo antigiuridico che a questa persona pure i danni di mancato guadagno dovremmo rimborsare, mentre invece, quando si può dire — in questo caso si può dire, grazie al lavoro della Commissione — anche lungi dal cambiare idea noi cambiamo soggetto, emendando... Credo sia in corso un “simpatico” regolamento dei conti, non voglio turbarli, quindi concludo ribadendo il voto favorevole alla proposta di risoluzione anticipata del rapporto con il reo — anche se questa parola spiace a Luchetti che adesso è assente — e voto contrario alla proposta di risoluzione omertosa che prevedo ci verrà presto consegnata da parte della maggioranza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Prima di intervenire, chiedo di leggere anche la risoluzione che presenta la maggioranza, perché non ho niente di precostituito, preconcetto. Chiedo di sospendere la seduta cinque minuti, perché potrei anche allinearmi con la risoluzione della maggioranza.

(La seduta viene sospesa per cinque minuti
per consentire la distribuzione del documento)

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori, dando la parola al consigliere Gasperi.
Gilberto GASPERI. Premetto che su questa risoluzione sono perfettamente d’accordo, anche perché l’altra non viene presentata, quindi c’è solamente questa. Non solo sono d’accordo con quello che viene qui scritto ma perché questo non è altro che lo sbocco naturale di tutto quello che è avvenuto, di tutto quello che è successo nel Consiglio regionale.
Le chiedo ufficialmente, Presidente D’Ambrosio, di interessarsi presso la procura della Repubblica di Ancona, per conoscere anzitutto se è arrivata la documentazione dalla procura della Repubblica di Roma e, se arrivata, in che posizione l’hanno messa o se hanno dato giudizi su quel materiale che è arrivato tramite la procura della Repubblica di Roma. Più di così, non ho la chiave per poter andare a vedere nei cassetti cosa c’è.
Perché chiedo questo? Perché è una cosa veramente assurda, quasi immorale, sotto l’aspetto politico — a me il resto non interessa — quando si riesce a dimostrare, con documenti alla mano, che il funzionario che ha operato in quel settore e che ha provocato tutto quello che è avvenuto, è lo stesso funzionario che ha operato nel dare gli incarichi a un gruppo di tecnici che, guarda caso, già sapeva che erano tre prima ancora che lo deliberasse la Giunta del Comune del maceratese. Dopo un anno e due mesi è avvenuta questa delibera.
A me sembra quanto meno, che se non si vuol dare una risoluzione anticipata all’incarico, continuo a chiedere almeno una sospensione dell’incarico stesso. Già doveva avvenire nel momento in cui avevo portato la documentazione che tutti i consiglieri avete avuto quando avete dato le risposte alle mie interrogazioni in seduta segreta, quindi non potete dire che le cose io non le ho dette. Ma poi, ho trasmesso le documentazioni ai vari capigruppo proprio per avere certezza di quello che dicevo. Addirittura sono riuscito a presentare anche le documentazioni del Comune di Perugia per far vedere qual era lo stato di famiglia delle persone che venivano coinvolte con gli incarichi e con altre realtà. Non riesco a capire per quale motivo ci sia una “difesa sul Piave” di una persona che doveva operare, lavorare con la fiducia degli assessori e della maggioranza e che, quando ha presentato la documentazione richiesta, non ha assolutamente fatto presente che aveva delle società le quali avevano degli interessi nel settore.
Per questo motivo voto a favore, ma se doveste dire che non viene almeno sospeso in attesa di maggiori chiarimenti, almeno gli si dia quella sanzione, perché è immorale che non si prenda alcun provvedimento.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Avrei voluto evitare questo intervento, nel senso che ritenevo chiusa la vicenda dopo l’ultima mia chiamata al tribunale di Ancona dove ho ripetuto le cose che sapevo e risposto alle cose che mi sono state chieste. Però ci sono delle questioni che attengono alla dignità personale e oserei dire alla verità, oltre che alla dignità personale. Siccome è stata in qualche modo offesa la dignità personale con alcune dichiarazioni e sono state pronunciate parole non vere, assolutamente non vere, fatti assolutamente non veri, mi pare opportuno dire qualcosa. Basterebbe ripercorrere gli atti e i verbali della Giunta regionale per capire quanto le cose dette in questi mesi non rispondano assolutamente al vero.
Il consigliere Cecchini si è anche cimentata in un esercizio quasi intellettuale per dirci cosa intendeva Carlo Marx per comunismo. Ha fatto bene. Nel momento in cui lei stessa era segretario regionale del più grande partito comunista d’occidente, il Pci, a riflettere su quella questione, dato che è stata tra le prime a saltare sul carro di Achille Occhetto nel 1991.

Luciano AGOSTINI. Lì sono saltati in tanti...

Marco AMAGLIANI. Certo, lei tra le prime: primo segretario regionale a saltare su quel carro. L’avrei invitata allora, salvo poi ricordarsi che occorreva rifondare il comunismo, in questo paese, salvo poi tornare ad aderire ad un partito che in qualche modo puntava a rifondare ciò che lei stessa aveva...

Roberto GIANNOTTI. Cosa c’entra con la Commissione d’inchiesta?
Marco AMAGLIANI. Per favore, vorrei parlare. Io non interrompo mai nessuno, vi chiedo lo stesso rispetto.
Dicevo, salvo poi ricordarsi che tornava ad essere opportuno rifondare, in questo paese, un partito cosiddetto comunista. Buon per lei.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Detto questo, invito quest’aula a smetterla con la teoria del complotto. Non c’è stato — prima fra tutti a saperlo è la stessa consigliere Cecchini — alcun complotto, c’è stato un comportamento del partito della rifondazione comunista che è tipico dei comunisti, che è stato tipico del compagno Di Giulio, allora capogruppo al Senato della Repubblica, che disse: quando vi accorgete di qualcosa che può avere in sé un minimo di immoralità andatelo a denunciare ove deve essere denunciato. Lo stesso compagno Berlinguer faceva della questione morale, questione di fondo del Pci. Lo stesso compagno Novelli, a Torino, a fronte di alcune informazioni disse: “io non vado né da una parte né dall’altra, vado alla procura della Repubblica”. Così hanno fatto i comunisti della regione Marche.
Nei banchi dell’opposizione, e in modo particolare nei banchi di Alleanza nazionale, ci sono professionalità specifiche, giuridiche che non possono non comprendere. Anche lei, consigliere Romagnoli, ha capacità piene e specifiche per capire che in quella relazione non si dice null’altro di quanto non abbia detto qui il Presidente D’Ambrosio.
Ho voluto prendere la parola perché ormai sono stanco di due questioni in modo particolare. Il consigliere Cecchini dice che il complotto è stato ordito nei suoi confronti perché lei sarebbe stata contro il rinnovo della concessione alla raffineria Api e contro la costituenda Asur. Quanto di più falso: questo è un falso che lei stessa non potrà mai dimostrare. Sulla questione Api non ha mai pronunciato verbo in Giunta regionale, i verbali lo dicono chiaro, anzi debbo anche dire che non è assolutamente vero che un comitato regionale del nostro partito si sia mai espresso su questa questione. Ciò su cui ci siamo espressi è quanto scritto nel programma di Marche Democratiche: che avremmo prodotto uno studio che tendesse a dimostrare la riconversione dell’impianto, salvaguardando i livelli occupazionali. Lo studio è partito ieri. Stessa questione per l’Asur: abbiamo votato un documento nel nostro comitato politico regionale — lo dico perché sono stanco di sentire bugie — in cui Rifondazione comunista — non lo ha mai nascosto — consigliava la costituzione di quattro Asl nella nostra regione. Ma di questo non faceva la sua questione di fondo, nel senso che su questo andava a trattare con il resto della maggioranza. La sintesi è quella che tutti noi conosciamo. Questa è la verità e null’altro, quindi non c’è assolutamente alcun complotto: lo sa il consigliere Cecchini, lo sapete tutti voi, credo che sia giusto che questa questione venga ribadita in quest’aula, per far sì che almeno, definitivamente, si faccia chiarezza su questa questione e se non è così, qualcuno lo dimostri, ma lo dimostri con gli atti e non con le chiacchiere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Vorrei intervenire in relazione alla risoluzione che qui è stata presentata dalle forze dell’opposizione. Debbo premettere che noi, come maggioranza, su questo punto all’ordine del giorno abbiamo fatto la scelta di affidare la posizione della maggioranza all’intervento del Presidente D’Ambrosio, ad eccezione dell’intervento del capogruppo Ricci che è intervenuto anche perché direttamente chiamato in causa. Quindi la maggioranza si riconosce nell’intervento che ha qui svolto il Presidente D’Ambrosio, quindi lo approva pienamente. Per questi motivi non intendiamo proporre alcuna risoluzione.
Avremmo preferito che lo stesso comportamento fosse stato tenuto anche dagli altri gruppi, quindi che nessuna risoluzione fosse stata presentata a questo Consiglio dopo la relazione svolta dal presidente della Commissione e dopo il dibattito che c’è stato. Così non è avvenuto, per cui noi non riconoscendoci nell’intervento del Presidente D’Ambrosio, respingiamo, quindi voteremo contro la risoluzione presentata dalle forze di minoranza, perché oltretutto non la condividiamo proprio nel merito, in quanto le conclusioni a cui la Commissione d’inchiesta è giunta, non portano sicuramente a richiedere una risoluzione anticipata dell’incarico nei confronti del dirigente del servizio formazione.
Le interpretazioni da dare al lavoro fatto dalla Commissione e alle conclusioni possono essere diverse, sicuramente va riconosciuto che quelle conclusioni non portano alla richiesta di una dismissione dall’incarico nei confronti del dirigente che è stato anche responsabile del procedimento.

Cristina CECCHINI. Chiedo di intervenire per fatto personale.

PRESIDENTE. Esponga in cosa consiste il fatto personale.

Cristina CECCHINI. Vorrei regalare ad Amagliani la relazione fatta al comitato regionale del Partito della rifondazione comunista da Andrea Ricci il 24.10.1999, “Documento programmatico per le elezioni regionali del 2000”, dove si spiega la posizione dell’allora Rifondazione comunista e vorrei dire ad Andrea Ricci che giustamente lui dice al magistrato “nessuna posizione difforme di Cristina Cecchini con il Partito della rifondazione comunista”. Era vero, nessuna posizione difforme. Però Rifondazione comunista cambia totalmente la sua linea politica successivamente ai fatti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Giustamente il consigliere Cecchini cita la mia relazione alla conferenza programmatica regionale del 1999. Con quella impostazione il nostro partito è andato al confronto con le altre forze di maggioranza, da cui è scaturito il programma di Marche Democratiche depositato presso la corte d’appello nel momento della presentazione delle liste e illustrato dal Presidente D’Ambrosio in quest’aula. Noi, su quella posizione che rappresentava ovviamente, come avviene in politica, un compromesso tra diverse ipotesi, abbiamo formato la coalizione elettorale, vinto le elezioni e governato la Regione. Quindi è veramente ridicola questa affermazione del consigliere Cecchini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Il gruppo dell’Udc vota a favore della risoluzione presentata dalla minoranza, come vota a favore delle conclusioni della Commissione. Qui ci sono politici di lungo corso, quindi ricorderanno come, nei tempi, si sono verificati episodi, situazioni, opinioni che, nonostante i pareri contrari, sono passati nell’opinione pubblica. Purtroppo, loro malgrado su questa vicenda è passata l’idea, con l’opinione pubblica, di una azione politica. Questa idea c’è, basta che lo chiediate al bar più vicino a casa. E’ quindi un’ombra su questa maggioranza che sarà difficile togliere.

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI

Sergio NOVELLI. Chiedo la votazione per appello nominale anche a nome dei consiglieri Romagnoli e Cecchini.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, iniziando dal n. 1.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini no
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini assente
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
Comi no
D’Ambrosio no
D’Angelo assente
Donati no
Favia no
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi Gentiloni Silveri sì
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi assente
Novelli sì
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Spacca no
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente

Il Consiglio non approva



Ordine dei lavori

PRESIDENTE. Abbiamo concluso il primo punto, così come avevamo votato.
Ha la parola, sull’ordine dei lavori, il consigliere Giannotti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Dato che il prossimo punto è un atto impegnativo, occorre annullare la convocazione della Commissione d’inchiesta sui concorsi, della quale anche noi facciamo parte, perché vogliamo seguire il dibattito.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
Gilberto GASPERI. Questa Commissione d’inchiesta oggi è riunita per un’audizione che ho chiesto personalmente, perché ci sono delle cose di una gravità immensa. Possiamo quindi sospendere i lavori assembleari alle 15 e riprenderli alle 16. Non prendiamo però pretesto per sospendere l’audizione programmata dalla Commissione d’inchiesta, perché oggi è fondamentale ascoltare la persona che è stata individuata, altrimenti la Commissione presieduta da Tontini va a decadere. In questo caso possiamo sospendere la seduta per un’ora e nel frattempo fare i lavori di Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Per quanto mi riguarda, come presidente della Commissione mi rimetto a quanto deciderà il Consiglio. Quello che a noi interessa è poter fare l’audizione alle 15,30. Diversamente, se i consiglieri mi chiedono di soprassedere e di non riunire la Commissione si può anche fare. Volendo, però, si possono fare ambedue le cose.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Nessuno vuol sottrarsi alle responsabilità. Visto che ci siamo organizzati in un certo modo ed è particolarmente disagevole trasferirsi da qui alla sede del Consiglio regionale, vi sono mille motivi che richiamano l’opportunità di continuare la seduta. Ci sono due relazioni, quella di maggioranza e quella di minoranza, che comportano un impiego di tempo di un’ora, sostanzialmente. In quest’ora può essere fatto tutto, secondo me. Quindi la proposta che formalizzo è di proseguire con i lavori del Consiglio, concludendoli in un’ora legittima in maniera da evitare la notturna. Chiedo che questa proposta venga posta ai voti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di continuare ad oltranza, anche perché questo permette di far svolgere sia i lavori del Consiglio che della Commissione. Dopodiché invito i presidenti di Commissione a non impegnare più il giorno del Consiglio per riunirle, né straordinarie, né speciali, né ordinarie, perché toglie flessibilità ai lavori dell’aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Non voglio interferire con i lavori dell’aula, perché gli atti sono tutti impegnativi, però torno a chiedere che non si faccia la Commissione d’inchiesta oggi, se si continua con la trattazione del punto relativo al Dpefr, perché io vorrei partecipare a tutt’e due le cose.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di continuare la seduta.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Documento di programmazione economica e finanziaria regionale (DPEFR) 2005-2007» Giunta (149)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 149, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Anche quest’anno ci accingiamo a varare il Dpefr, che è il documento di premessa al bilancio preventivo. Questo documento assume un’importanza relativa quest’anno, rispetto ai tempi con cui lo veniamo ad approvare, che indubbiamente hanno risentito dei tempi che il Dpefr nazionale e la finanziaria nazionale hanno avuto: le difficoltà di carattere finanziario che attengono sia al sistema nazionale che a quello periferico, stanno determinando una impasse notevole per quanto riguarda la programmazione finanziaria ai vari livelli istituzionali, pertanto quest’anno approviamo il Dpefr nel mese di novembre, quando sappiamo che è già aperta la sessione di bilancio che vedrà questo Consiglio impegnato dal 20 dicembre nella discussione del bilancio preventivo 2005.
E’ da sottolineare il rispetto dei tempi che il governo regionale vuole mantenere rispetto all’approvazione del bilancio: da due anni riusciamo nell’intento di varare il documento finanziario del bilancio preventivo in tempo utile, secondo quanto prescrive la legge. Non ci sono termini perentori, però credo che un buon governo debba contraddistinguersi anche nel rispetto di questi tempi, ben sapendo che il bilancio preventivo, essendo di finanza derivata, risentirà comunque della indeterminatezza che i trasferimenti nazionali vengono a subire, rispetto sia all’approvazione della finanziaria, sia alla contrattazione che in sede di confronto Governo-Regioni ogni anno riesce a definire le quote di trasferimento in epoca successiva all’approvazione del bilancio preventivo.
Questo dato mi sollecita a sottolineare come ancora una volta siamo in ritardo complessivamente, in questo paese, nella definizione dell’art. 119 della Costituzione, del nuovo titolo V, cardine fondamentale del decentramento di potere. Fino a che questa norma non verrà attuata, non verrà chiarita, la finanza pubblica locale si verrà a trovare in condizioni non adeguate per le proprie scelte, soprattutto nel rispetto delle loro scadenze.
Quest’anno il Dpefr è stato snellito in qualche sua parte e secondo me questo è un fatto positivo, nel senso di leggere nel Dpefr effettivamente quello che questo documento significa, perché oltre quello che prevede la legge 31 il Dpefr è un documento di indirizzo, di previsione, di scenario, non è un documento che sostituisce lo stesso bilancio preventivo. Ecco perché prima di entrare nelle strategie finanziarie, l’unico aspetto degno di nota è proprio lo scenario macroeconomico che nella regione si viene a definire per l’anno 2005, sulla base di dati che difficilmente possono essere reperiti in termini di congruità: si deve fare riferimento a dati certi che i centri di statistica tentano di fornire.
Lo scenario macroeconomico che ci si prospetta nella realtà 2005 permane assolutamente critico in termini di futuro. Le stesse previsioni del pil parlano chiaro: addirittura le previsioni che nella stessa finanziaria nazionale vengono fatte, qualcuno tenta di abbassarle rispetto ad un ottimismo che si vorrebbe introdurre nei confronti della stagnazione della situazione economica nazionale.
La nostra regione attraversa, per certe realtà, momenti di difficoltà, pur dovendo sottolineare che i dati occupazionali da un lato, quelli dell’esportazione dall’altro, segnano una situazione interessante per quanto riguarda la regione Marche che si segnala fra le prime in Italia a far fronte con assoluta fermezza alla crisi economica.
Dopo lo scenario macroeconomico il Dpefr inquadra le politiche di bilancio con gli altri strumenti della programmazione. In sostanza mette in rapporto le politiche di bilancio con gli atti di programmazione che esistono nella nostra regione, anche se, ovviamente, questi si riferiscono specificatamente, segnatamente, a ciò che più ha a che fare direttamente con la politica finanziaria di bilancio. Mi riferisco, in particolare, agli strumenti di programmazione della sanità, che hanno il massimo rilievo sotto l’aspetto finanziario, per gli obiettivi che il bilancio della sanità pone a carico del bilancio della Regione. Il Dpefr parte dal presupposto che nel 2004 gli obiettivi di contenimento del deficit rientrino nella programmazione già definita, tant’è che nei trend dei budget che sono stati verificati in queste ultime settimane, il deficit della sanità regionale si attesterà sui 72-73 milioni di euro, così come era stato previsto. Questo è un risultato molto interessante e importante, da non sottovalutare, perché stiamo registrando un dato di equilibrio che fa riferimento comunque ad un deficit e pertanto dobbiamo tener conto che questo dato impegnerà la finanza regionale nel ripiano, tant’è che non riusciamo ancora ad azzerare fino in fondo la tassazione aggiuntiva che abbiamo posto sulle spalle dei marchigiani.
Il problema dei vincoli degli strumenti di programmazione che fanno riferimento al bilancio, riguardano la sanità. Qualcuno già, nel Ces sollevava lo scarso collegamento tra le politiche di bilancio e gli atti programmatori. Di fatto, nel bilancio il vero vincolo rimane comunque in capo alla sanità.
Il discorso che dobbiamo tener presente è questa dicotomia che purtroppo dobbiamo registrare: se da un lato la pressione della spesa per lo sviluppo, il mantenimento dei livelli di vita, viene comunque sollevata per mille motivi che attengono sia al mantenimento dei livelli di vita che dei servizi sociali e della sanità, dall’altro c’è il problema dell’esigenza di riequilibrio finanziario che fino ad oggi abbiamo ottenuto facendo riferimento essenzialmente all’innalzamento del debito e ai provvedimenti di carattere fiscale.
Con il Dpefr comunque, si imposta la politica finanziaria in termini di continuità con le passate decisioni e si mantengono sostanzialmente invariati anche gli obiettivi, che vengono perseguiti ancora dalla politica regionale e che si distinguono attraverso il sostegno alla politica della casa. Sapete che da questo punto di vista da tempo la Gescal ha terminato i suoi effetti. Oggi possiamo fare riferimento agli avanzi della gestione Gescal e dobbiamo assolutamente intervenire su un versante che, dato la possibilità di questi fondi ancora a disposizione, ci può venire bene a favore la decisione di intervenire in un settore che sembrerebbe definito, stante il rapporto della proprietà degli edifici da parte dei singoli proprietari, ma di fatto, con gli effetti dell’immigrazione e anche con effetti endemici alla stessa strutturazione comunitaria della nostra comunità marchigiana — gli effetti che comportano la presenza di quattro realtà universitarie — la politica della casa ha bisogno comunque di una strategia per far fronte ai problemi che in questo settore emergono.
La seconda questione riguarda la modernizzazione del sistema delle piccole imprese. Se noi possiamo vantare risultati positivi nella nostra regione in termini di esportazione e di occupazione, lo si deve proprio a questa rete di piccole imprese che ancora sussiste, ma abbiamo bisogno che queste imprese si modernizzino soprattutto in termini di valorizzazione della ricerca e dell’innovazione. Sotto questo aspetto l’informazione e diffusione dei dati è uno degli elementi fondamentali perché questa rete di piccole imprese possa in qualche modo crescere, sia in termini strutturali, sia in termini di capacità produttiva delle singole unità.
L’altro aspetto connesso con la crescita di questa nostra realtà produttiva è l’internazionalizzazione, che consiste nella strategia di trovare nuovi mercati per prodotti che fino ad oggi hanno avuto allocazione nella maggior parte dei paesi europei, ma che, con la concorrenza dei paesi del sud-est asiatico hanno bisogno di nuovi sbocchi. Da questo punto di vista, sia la Russia che altri paesi oltre oceano, possono assorbire le produzioni tipiche delle nostre aziende, che devono puntare soprattutto sulla qualità. Lo sbocco dei nuovi mercati è una strategia che il nostro tessuto produttivo, caratterizzato da una produzione che secondo le teorie economiche fa riferimento ad un settore maturo del ciclo del prodotto, deve vedere in una elevazione della qualità.
Altro settore che il Dpefr indica come settore di impegno è quello della formazione professionale per i giovani, soprattutto post-diploma e post-laurea e per i gruppi dirigenti. La questione a cui dobbiamo porre attenzione, da tempo, è quella del ricambio generazionale, ma soprattutto la possibilità di fare riferimento ad una elevazione complessiva di cultura delle maestranze, da quelle di più basso livello a quelle più elevate, proprio per riuscire a corrispondere a quelle esigenze di cui parlavo prima di modernizzazione, di incremento di produttività e di modernizzazione complessivamente intesa.
Gli altri due settori che il Dpefr indica come di primario impegno sono la cultura e il turismo. Da questo punto di vista aggiungerei anche che a questi due settori va aggiunto anche quello che strategicamente sta avvenendo nel settore primario, cioè la trasformazione profonda della nostra agricoltura che, da estensiva, nonostante la tradizione, grazie alla trasformazione, all’abitabilità del nostro territorio, sta avendo una conversione che va verso i prodotti di qualità e si indirizza verso una compenetrazione della produzione in sinergia con altri settori, come quello del turismo in prima istanza.
L’altra questione fondamentale che per quanto ci riguarda è uno dei fattori, per il futuro, di più profondo impegno, riguarda le infrastrutture. Da questo punto di vista siamo ancora alle prese con delle indeterminatezze per quanto riguarda gli investimenti che potranno essere messi a disposizione della nostra regione per terminare le questioni più rilevanti da questo punto di vista. Gli ultimi dati registrati in termini di incidenti sottolineano l’urgenza che c’è di definire, di realizzare la terza corsia lungo la A14, così come i collegamenti intervallivi, segnatamente la 76, la 77 e la Fano-Grosseto.
Per quanto riguarda queste infrastrutture credo che la Regione con molto coraggio abbia dimostrato, rispetto a queste ultime questioni che riguardano la nuova realtà della “Quadrilatero spa” con l’accordo realizzato per la Pedemontana, quella volontà necessaria per verificare fino in fondo l’agibilità di questo strumento, cioè cantierare immediatamente lavori che riguardano queste infrastrutture.
Fatta questa analisi dei settori d’impegno principali, il Dpefr passa poi ad un’analisi più strettamente finanziaria. Da questo punto di vista siamo alle prese con le norme intervenute nel 2004, segnatamente il decreto 168 e la finanziaria in corso di approvazione in Parlamento. Il 168, da un punto di vista diretto assume due vincoli piuttosto rilevanti: un vincolo che è già stato posto nel 2004 con la riduzione del 15% della spesa corrente e lo spostamento del vincolo dell’art. 3 della finanziaria al 2005.
Questi due vincoli hanno condizionato e condizioneranno fortemente la gestione del bilancio, in quanto attraverso questi due vincoli, se da una parte si comprime la spesa corrente, d’altra parte si espone la nostra capacità di investimento ad un serio pericolo: il fatto che non si potrà più fare riferimento ad investimenti per quanto riguarda il sostegno delle piccole imprese, cioè dei settori produttivi in particolare e questo comporterà il fatto che questi impegni siano affrontati direttamente con le risorse regionali.
Il vincolo finanziario che deriva da queste scelte, va ad aggravare la situazione già abbastanza complicata che abbiamo rispetto alla gestione di un debito piuttosto pesante con cui abbiamo dovuto far fronte, fino ad oggi, alle incombenze di gestione, ma che indubbiamente avrà dei riflessi su quella che sarà la strategia del bilancio preventivo riguardo ai settori produttivi.
Il Dpefr parla poi di programmazione integrata ed è uno dei problemi che dovranno essere affrontati nell’immediato futuro, ma anche nel medio e lungo termine, soprattutto quando si riuscirà in qualche modo ad ottenere una finanza locale più coordinata, soprattutto tra la legislazione regionale e la finanza degli enti locali. Una programmazione integrata che dovrà avere riferimento anche ai rapporti che la finanza regionale avrà con la finanza centrale, sempre se l’alta Commissione istituita riuscirà a delineare qualche soluzione.
Per quanto riguarda la programmazione integrata, fino ad oggi abbiamo utilizzato gli accordi quadro con il Governo e abbiamo utilizzato altri strumenti, che on sono strutturali, degli accordi con gli enti locali, solamente su alcuni aspetti di programmazione territoriale. Probabilmente questa soluzione della programmazione degli accordi dovrà progressivamente estendersi a tutti gli altri settori amministrativi. Ritengo che la finanza regionale non possa non essere collegata con la finanza locale a tutti i livelli, per le materie di gestione della Regione e degli enti locali. Da questo punto di vista ci dovrà essere un collegamento forte, in modo tale che le risorse siano gestite efficacemente.
Il Dpefr insiste con molta nettezza anche sulla necessità che si continui la politica di programmazione con il pieno coinvolgimento di tutte le energie del territorio, se è vero che oggi il territorio viene ad essere uno strumento fondamentale per il nuovo sviluppo. E’ quindi chiaro che le energie presenti sul territorio dovranno essere messe efficacemente in sintonia, per raggiungere gli obiettivi dati.
Il contesto di riferimento con cui poniamo questi strumenti finanziario è quello di cui prima parlavo: ho accennato ad uno sviluppo frenato, ad una situazione economica stagnante, ma nonostante questa situazione il Dpefr indica alcune questioni come dirimenti le difficoltà che abbiamo davanti e indica anche delle priorità. Dopo avere fatto queste analisi, entra negli obiettivi prioritari, fra i quali vengono indicati quelli che possono essere in qualche modo raggiunti, stante la situazione data. Parlo della politica della casa, delle infrastrutture e della continuazione della legge sul terremoto.
Il documento, secondo me ha il pregio di fare il quadro dell’attuale realtà della finanza pubblica, in riferimento al rapporto ,a finanza centrale e regionale. Indubbiamente, quello che dobbiamo tener conto è che tutto questo quadro non fa che sottolineare la difficoltà della nostra realtà regionale. Le uniche due leve che si sono potete utilizzare in questi ultimi anni, sono quelle della gestione del debito delle tasse. La Corte dei conti ha già messo in evidenza che negli ultimi quattro anni la Regioni, complessivamente, hanno raddoppiato il debito. E’ ovvio che nel momento in cui non arrivano risorse fresche per far fronte alla gestione, il ricorso al debito è stato l’unica strada possibile da percorrere.
L’obiettivo che il Dpefr pone al bilancio preventivo è di abbassare quanto possibile la pressione fiscale, nel senso che nel 2001, quando abbiamo fatto ricorso alla leva fiscale, abbiamo detto ai cittadini marchigiani che gradualmente, compatibilmente con l’equilibrio del debito in ambito sanitario, avremmo fatto il possibile per abbassare quella parte aggiuntiva della pressione fiscale che abbiamo dovuto per forza di cose attuare e con questo bilancio del 2005 si continua per quella strada. Si tratta poi, nel bilancio preventivo di stabilire quale sarà l’entità, ma di fatto la strada su cui ci siamo incamminati la vogliamo percorrere fino in fondo, cercando di mantenere comunque equilibrio tra spesa e risorse date, perché sarebbe un guaio se abbassassimo la nostra attenzione sui momenti più importanti della gestione della spesa pubblica, in riferimento, in primis, alla spesa sociale.
Come faremo a gestire il bilancio 2005? Il Dpefr indica l’utilizzo di...(Interruzione). Caro Ceroni, la strada è obbligata, perché avendo fatto un certo tipo di politica con l’assestamento, cioè dopo aver frenato la spesa con il bilancio di assestamento, avremo a disposizione un congruo avanzo di amministrazione che ci consentirà di riequilibrare la spesa in modo tale da renderla...

Remigio CERONI. Fate miracoli...

Marco LUCHETTI. Ceroni, tu devi sapere, poiché il tuo consigliere è un mago della finanza, che tutti gli anni il bilancio chiude con l’avanzo di amministrazione, c’è sempre l’avanzo di amministrazione. Si tratta solamente di valutare poi se gli impegni che non si sono tramutati in residui passivi, cioè non si sono confermati con impegni specifici, possono essere ridefiniti. Questo aspetto presenta una difficoltà, perché quando fai il bilancio preventivo fai delle promesse. Qui occorre il coraggio di gestire delle risorse che non si sono utilizzate, nella maniera più adeguata e pertanto...

Guido CASTELLI. Vi sono impegni formali di legge...

Marco LUCHETTI. Ricordo al collega Castelli, che gli stanziamenti di bilancio sono previsionali, sulla base di inferenze di proiezione futura, pertanto gli impegni non conclusi per mille motivi, vanno ad avanzo di amministrazione. Su questa questione della gestione del bilancio credo che bisognerà avere un po’ più dimestichezza un po’ tutti, ma l’assestamento che abbiamo fatto ha indubbiamente frenato la spesa regionale a metà anno e quindi consentirà un adeguato utilizzo dell’avanzo di amministrazione. Quello che purtroppo non riusciremo a fare è l’azzeramento dell’imposizione fiscale, però la situazione di una stretta finanziaria di rilevanza eccezionale per quanto riguarda la finanza derivata che attiene alle Regioni, non ci consente di fare di meglio.
Pertanto il Dpefr è un documento che delinea già quello che sarà il bilancio preventivo che ovviamente sarà condizionato e dovrà essere condizionato anche dal patto di stabilità, un patto di stabilità che, così come per il Governo centrale, anche per il governo regionale impone un tetto insuperabile. La cosa che purtroppo dobbiamo rilevare e che costituisce comunque una palla piuttosto pesante in quella che potrà essere la ridefinizione del documento finanziario 2005, è una finanza derivata che in ritardo fa fronte alle previsioni di bilancio, tanto è vero che purtroppo il bilancio preventivo è sempre piuttosto evanescente riguardo alcune partite che potranno essere definite unicamente quando lo Stato centrale si deciderà a fare i trasferimenti relativi. L’esperienza di questi anni ha sempre più visto decurtare gli stanziamenti originari previsti dai “decreti Bassanini”. Questo determina una difficoltà non indifferente.
Credo che i tempi con cui abbiamo discusso questo Dpefr sono molto stretti. Siamo condizionati da questo impegno di approvare il bilancio entro il 2005. Nonostante questo io credo che sia un documento di programmazione finanziaria coerente, un documento di continuità di gestione. Credo di dover dare atto che il Dpefr conferma la piena chiarezza dei conti nella nostra realtà regionale.
Ho appreso con sorpresa l’atteggiamento della minoranza rispetto alla gestione del bilancio finanziario. Ho saputo del “libro bianco” e ho visto che lì sono contenute molte cose a cui si può are tranquillamente risposta ed è molto strano che chi le ha formulate non se ne sia reso conto. Abbiamo una tradizione in questa Regione, finalmente modificata: fino a qualche tempo fa i bilanci erano difficilmente leggibili, oggi li possiamo leggere con molta chiarezza e possiamo dire che le scelte ivi contenute sono chiare, mentre una volta erano meno chiare, soprattutto per una gestione che secondo me non andava bene proprio per la mancanza di chiarezza. Oggi il Dpefr è presupposto di un bilancio alla luce del sole, dove le difficoltà sono note a tutti e dove gli strumenti per far fronte alle difficoltà sono altrettanto noti.
Credo che tutte le argomentazioni che si sono portate a discredito della finanza regionale sono questioni assolutamente strumentali, non ci sono questioni di scarsa chiarezza, ma soprattutto quello che abbiamo davanti è un quadro che impegnerà moltissimo l’organizzazione della regione a fare in modo che le disponibilità che abbiamo siano utilizzate al meglio e nel più breve tempo possibile.
Abbiamo verificato che proprio la vischiosità del sistema organizzatorio, sia regionale che degli enti locali, molte volte ci porta ad avere residui ed avanzi di amministrazione. La macchina organizzativa è una cosa molto importante, che dobbiamo mettere a punto per raggiungere risultati ancora più lusinghieri. Credo che però, fino a questo punto si sono fatti passi avanti molto significativi e con il prossimo bilancio si dimostrerà che la finanza regionale è una finanza pulita.

Presidenza del Vicepresidente
GILBERTO GASPERI

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Trenta.
Umberto TRENTA. Signor Presidente, signori consiglieri, mi vedo costretto ad iniziare il imo intervento con una notazione di carattere comportamentale. Notoriamente parlo a braccio, nel senso che ritengo che la capacità di conoscere i problemi ci dia questa forza e questa autorevolezza. Vengo quindi al termine autorevolezza e al termine autorità. L’autorevolezza si riconosce a chi ha capacità e ruolo proprio della persona e in questo senso non avrei difficoltà a riconoscerla al mio presidente di Commissione, relatore di maggioranza Luchetti. Purtroppo, guardando il documento capisco che si debba ricorrere al termine autorità, perché questa è una vera imposizione.
Questo governo e questa maggioranza di centrosinistra che va piano su tutto anzi avanza come un gambero, in questa circostanza ha messo il turbo. Paragono questa Giunta ad un gambero perché perfino la Corte dei conti, nella relazione di verifica del rendiconto 2003 di questa Regione certifica come, nel 2003 rispetto al 2000, la gestione del duo D’Ambrosio-Spacca arretra del 17,2% negli impegni di spesa e del 13,5% nei pagamenti, connotandosi come una Regione che non gestisce e non paga. Ebbene, dicevo, in questa circostanza la maggioranza vuole correre!
Il consigliere Luchetti diceva che siamo stati capaci di modificare la tradizione. Sulla tradizione, caro consigliere Spacca, sei un candidato giusto — lo dico con affetto e simpatia — perché conosce tutti i “magheggi” di questo bilancio. Tra l’altro sei da sempre co-partecipante ai conti di questo bilancio, quindi sono certo, per questo, di una grossa vittoria della Casa delle libertà, perché i conti noi li sappiamo fare. I nostri bilanci sono nell’indice della chiarezza e certi, perché di bilancio noi sappiamo parlare.
La Giunta ha presentato questo documento, dal titolo importante, in ossequio ad una norma (art. 3 della legge regionale 31/2001, legge di contabilità) che prefigura contenuti puntuali, con vistose carenze.
Mancano infatti gli impieghi, i criteri e gli indirizzi per la formazione del bilancio, manca il raccordo con gli altri strumenti della programmazione regionale. Manca, soprattutto, il tempo che non è stato concesso per approfondire; manca così, di conseguenza, il rispetto delle garanzie istituzionali per l’esercizio della democrazia e per le prerogative delle minoranze. C’è fretta, solo fretta. Tutto deve essere preso a scatola chiusa! A discapito della nostra popolazione regionale, i marchigiani, non tassati ma tartassati. Presidente Luchetti, quando torniamo a casa facciamo quadrare il bilancio della nostra famiglia, e lo dice un padre di famiglia. Lei, presidente Luchetti, avallerebbe un’amministrazione familiare che avesse riferimenti e paragoni con questo bilancio? I nostri figli non avrebbero stima di noi, così come, ritengo, i cittadini marchigiani.
Una maggioranza che rimastica, per mesi, nelle Commissioni, proposte di legge importanti, che boicotta qualsiasi iniziativa delle opposizioni, che si attarda su tutto, vuole approvare lo strumento fondamentale (a tutto campo nel panorama della gestione dell’ente) e liquidarlo in tutta fretta.
Con i tempi contingentati e, in pratica, senza confronto, dove sono i pareri degli organismi che dovevano essere coinvolti nel processo di formazione, quelli del Ces e della Conferenza delle autonomie? Si possono conoscere? O è solo — perché così è — un passaggio formale e quindi un passaggio inutile come quello nella Commissione consiliare di merito? Le altre Commissioni consiliari cosa hanno detto? L’emendamento promesso dalla Giunta che doveva recepire le osservazioni della Conferenza regionale delle autonomie (così come si dice nella delibera 1285 della Giunta con cui è stato approvato il Dpefr) dov’è?
La Giunta e la maggioranza ogni volta evocano il “metodo della concertazione” quale percorso di condivisione delle scelte strategiche e fondanti per lo sviluppo della nostra regione. Ma questo metodo, quando effettivamente è stato applicato? E’ restato una mera enunciazione di principio!
La fretta ogni volta è preordinata a vanificare, di fattola reale possibilità di un adeguato approfondimento rispetto all’importanza del documento e, quindi, rendendo impossibile l’attiva partecipazione alle politiche regionali.
Se, poi, volessimo entrare nel merito, oltre le carenze denunciate, possiamo sottolineare che per tracciare il quadro macroeconomico attuale nel Dpefr si usano spesso indicatori obsoleti, non adeguati alla descrizione e rappresentazione dell’assetto economico-produttivo-sociale. Ci sono dati, qualche volta, addirittura del 1999!
Abbiamo la sensazione che la Regione, quando vuole attribuirsi meriti che on ha, usa un certo tipo di riferimenti; quando cerca di addossare colpe al Governo attuale usa altro tipo di indicatori.
L’unica cosa che non fa, è una analisi sulle eredità, sui guasti, sulle inadempienze dei Governi passati (perché sono Governi amici) e non parla dei guasti, sprechi, inadempienze e ipoteche per il futuro, frutto di dieci anni di gestione fallimentare di questa maggioranza.
Sulle infrastrutture si rema contro; sulla sottodotazione energetica si glissa; sui maggiori costi che riducono la competitività del mondo produttivo, a causa di aliquote Irap più alte d’Italia, si tace; sul patto di stabilità la Regione non ha capito che costituiva limite, ama anche obiettivo.
Se negli anni decorsi non si è raggiunto l’obiettivo (che avrebbe costituito nuova base di calcolo per gli incrementi successivi), occorre recitare un mea culpa per il grado di inefficienza e, quindi, di inefficacia raggiunto.
In questo modo si sono pregiudicate anche le possibili acquisizioni di efficienza future (anche se, per questa maggioranza, non sembrano prefigurabili).
Le aspettative di riduzione consistente del carico fiscale — anzi l’azzeramento come era stato promesso — vanno deluse per le risibili proposte fatte conoscere, che si sommano alle inezie di alleggerimento dell’anno decorso.
Il peso della spesa sanitaria, malgrado gli impegni assunti per una sua incisiva riduzione, permane su livelli molto alti, pur tra inefficienze (liste di attesa, mobilità negativa, risposte di prestazioni non adeguate) e sprechi.
Ringrazio per la sua presenza, per la sua attenzione, l’assessore Melappioni, perché capisco che sulle spalle ha un assessorato veramente difficile. A nessun amico direi di fare carriera come assessore alla sanità, perché si scontenta tutti: dai pazienti alla classe medica eccellente di questa regione, agli ospedali. I professionisti sono sempre da gratificare, meno quelli con targa politica. Ed ecco uno dei mali di questa sanità.
Dove si parla di sanità nel Dpefr? Come se l’argomento (che assorbe intorno l’80% delle risorse) fosse un argomento da nulla! All’assessore chiedo ragione di questa assenza di sanità nel documento, o meglio, di una presenza vera, radicata, profonda, di uno strumento di programmazione economica.
Signor Presidente, signori colleghi, cosa altro aggiungere? mi pare di avere, seppure in modo sintetico, messo in luce: un metodo deplorevole, un contenuto insufficiente, una elencazione di lacune, un mancato confronto, una concertazione fantasma.
Mi pare che possa bastare!
Chiedo scusa, perché forse, come consigliere di opposizione non sono riuscito a tradurre la mia azione politica in una proposta che contribuisse alla concertazione di un progetto intelligente di programmazione economica, a raggiungere quel risultato politico che avrei voluto, ma non mi è stato sinceramente possibile.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Prendo atto che i kamikaze e gli stakanovisti del Consiglio si sono tutti dileguati, compreso l’assessore al bilancio. Tuttavia questa discussione la dobbiamo onorare al meglio...

Remigio CERONI. E’ vergognoso! Si parla del bilancio, l’atto più importante della Regione e non c’è nessuno. E’ la considerazione che questa Giunta ha del Consiglio regionale. (Interruzioni)

Cesare PROCACCINI. La discussione di questo atto dovrebbe essere onorata al massimo, soprattutto anche dal punto di vista del merito, perché secondo noi la programmazione indotta dal Dpefr che prelude al bilancio regionale, avviene in un contesto di crisi istituzionale, causata in primo luogo dai minori trasferimenti del Governo agli enti locali e alle Regioni: minori risorse e con più ritardo rispetto ai tempi e alle scadenze prefissati.
E’ in atto una vera e propria vertenza continua tra lo Stato centrale ed il sistema delle autonomie. Le Regioni, anzi, diventano in questo contesto la controparte dello Stato centrale, la cosiddetta “autonomia impositiva” diventa un vero e proprio ricatto, perché non esistono più risorse certe e disponibilità aggiuntive.
La spesa corrente degli enti locali assorbe la quasi totalità dei bilanci comunali. La spesa per la sanità assorbe il 90% delle risorse regionali. Da un lato la devoluzione e dall’altro l’attacco centralistico del Governo. Questa è la prova generale di qualcosa di più grande che vuole cambiare nel profondo la Repubblica.
La modifica della Costituzione approvata dalla Camera dei deputati qualche giorno fa, va nella direzione di separare il paese tra le Regioni ricche che possono essere autonome e le altre che non riusciranno a garantire i servizi essenziali.
Già oggi non esistono risorse per i principali investimenti, dalle infrastrutture al sociale. Anzi, in questa concezione lo Stato sociale non deve essere più tale, non deve pesare sullo Stato e sulle sue articolazioni.
La cosiddetta riduzione delle tasse che Berlusconi vuole in modo ossessivo, se non fosse ideologica non sarebbe sostenibile neanche dal punto di vista dei canoni ideologici del capitalismo.
Qualche giorno fa infatti, i dati forniti dal Fondo monetario internazionale, che ha inviato un rapporto al Governo italiano, hanno dimostrato che il tasso di crescita del nostro paese al termine del 2004 sarà dell’1,7% e non del previsto 2,1%. Questo significa che il Governo italiano, per restare dentro il parametro del 3% nel rapporto tra pil e debito pubblico, previsto dagli accordi di Maastricht, dovrà effettuare una manovra di oltre 6 miliardi di euro che vanno sommati ai 24 miliardi di euro previsti dalla legge finanziaria in discussione al Parlamento.
In questa situazione il Fondo monetario internazionale ha chiesto al Governo di rinunciare alla “riforma” delle aliquote Irpef. L’Ue ha fatto altrettanto. Non solo, ma sono stati soprattutto proprio i mercati, i decantati mercati a lanciare un duro monito: niente tagli delle tasse senza il riordino dei conti pubblici, pena il declassamento dell’economia italiana, con conseguente rialzo dei tassi di interesse per l’accesso al credito, con ulteriore calo dei consumi.
Non saranno certamente gli sbandierati ed introvabili 50 miliardi di euro di riduzione di tasse, saranno cifre certamente molto più modeste, tuttavia il segno è proprio di tipo ideologico, di sperimentare sul serio una seconda Repubblica con una fiscalità generale discrezionale e con uno Stato sociale residuale, volontaristico, magari privato. Sanità, scuola lavoro non devono pesare sullo Stato, devono essere a totale carico delle Regioni che si dovranno arrangiare.
Così come rischia di scomparire il contratto nazionale di lavoro. Da questo punto di vista i Comunisti italiani salutano e sostengono i lavoratori e i sindacati impegnati nello sciopero generale del 30.
Apprezzabili, ma del tutto velleitarie ed insignificanti sono le posizioni di quei partiti che in seno al Governo cercano di limitare questo massacro sociale. In questo contesto, colleghi della Giunta presenti a questa discussione — pochi, in verità — la programmazione regionale è quasi vanificata, perché i margini di manovra sono molto pochi, tuttavia bisognerebbe agire in maniera diversa, alternativa rispetto al Governo, predisponendo, se possibile — ed è possibile — un bilancio più sociale.
La Regione, è ovvio, non può sostituirsi allo Stato, non può dare quello che il Governo nn dà, ma può caratterizzarsi, se vuole, con una migliore selezione delle risorse.
In effetti le Marche, come altre Regioni, sono state costrette a sostituirsi in parte allo Stato con la legge 35 del 2001: mentre il Governo tagliava le risorse e non partecipava quasi più alla spesa sanitaria, questa maggioranza di centro-sinistra aumentava in modo serio, equilibrato e progressivo la tassazione di spettanza regionale. Successivamente questi aumenti sono stati ridotti o diminuiti.
Il Dpefr, e comunque il bilancio, compiono scelte impegnative: la ricostruzione post-terremoto, il programma dell’edilizia pubblica, le infrastrutture. Ma sul punto essenziale politico e di sostanza, la riduzione fiscale, la proposta non è, per noi Comunisti italiani, condivisibile. E’ per questo che proponiamo modifiche.
Nel 2001, come dicevo, la Regione fu costretta ad aumentare Irpef, Irap e bollo auto, salvaguardando i redditi più bassi, per far fronte al deficit della sanità. Quella manovra prevedeva un maggiore importo di 166,16 milioni di euro. Nel 2003, a valere sul 2004, la manovra fu alleggerita, relativamente ad alcuni scaglioni, per quanto riguarda l’Irpef e, rispetto ai settori in crisi, per quanto riguarda l’Irap.
Oggi si propone, a valere per il 2005 e successivi, l’ulteriore diminuzione di Irpef e di Irap, passando da un introito complessivo Irap-Irpef, di 145 milioni di euro del 2004, a 115.187.000 euro del 2005, con una minore entrata di 35 milioni di euro.
Noi invitiamo la maggioranza, la Giunta, il Consiglio regionale a riflettere se esista una reale possibilità per privarsi, come ente locale principale, di queste risorse e se esista una copertura sociale e non solo meramente formale, a questa operazione.
Si dice che le condizioni che portarono all’aumento del 2001 non ci sono più perché nel frattempo la sanità ha risparmiato e tutto sarebbe tornato alla normalità. Noi contestiamo una lettura di questo tipo, perché in realtà le condizioni economiche e sociali generali ed anche delle Marche, si sono aggravate, non per colpa della Regione. La legge finanziaria del 2003 del Governo Berlusconi ha tagliato ai Comuni delle Marche risorse che vanno dall’8 al 29,6%. Le condizioni che portarono all’aumento del 2001 non solo non sono migliorate, ma sono peggiorate. Il cosiddetto risparmio della sanità non è stato un risparmio virtuoso, cioè positivo, esso è dovuto in larghissima parte al taglio di 1.200 posti letto negli ospedali di polo, voluto dal Governo Berlusconi e dal ministro Sirchia. per essere onesti, la riconversione degli ospedali di polo non ha portato a più servizi ma a minori servizi. Potete anche ridere, colleghi della maggioranza, ma siete dentro una forte contraddizione, perché a livello nazionale, con atti formali volete chiudere tutti gli ospedali e qui, in maniera goffa, li difendete. Non solo la Regione non li ha chiusi, ma dentro questa strettoia ha compiuto una scelta significativa alla quale anche i Comunisti italiani hanno dato il loro contributo: quella di una riconversione e non di una chiusura. Ciò è stato positivo, ma i servizi non sono più gli stessi, quindi il risparmio della sanità non deriva né dall’Asur né da altri fattori dell’ultima ora ma dai tagli forzati al servizio sanitario nazionale che il Governo ha fatto e sta facendo. In larga parte è derivato dalla chiusura dei posti letto del servizio pubblico. Se mai, il risparmio che potrebbe emergere, se emerge, andrebbe reinvestito nella sanità per adeguare le strutture, per assumere infermieri e più personale, per ridurre i tempi delle liste di attesa e comunque per reinvestire nel sociale.
Non c’è un contratto con i marchigiani “alla Berlusconi”, che impone la riduzione delle tasse. La Giunta regionale non ha bisogno di queste operazioni spettacolari, perché essa in larga parte ha onorato gli impegni: ha ridotto per il 2003-2004 le imposte. Se non si modifica questa parte del Dpefr e, domani del bilancio, questo atto di programmazione rischia di diventare elettoralistico e contraddittorio: si diminuiscono Irap e Irpef e si aumentano le tasse universitarie.
Bisogna seguire una logica diversa, tanto più in una situazione dove il pareggio di bilancio deve essere effettivo, deve essere reale, perché siamo alla fine della legislatura.
Visto che non c’è stato — forse — il tempo per discutere con il gruppo Comunisti italiani, abbiamo annunciato, per estrema correttezza, al Presidente della Giunta, ai gruppi e ai partiti della maggioranza, che i Comunisti italiani avrebbero presentato modifiche al testo della Giunta e al testo uscito dalla Commissione del Dpefr.
Quali sono queste proposte? Sono proposte molto semplici, ma che possono essere decisive nel futuro del bilancio regionale, perché riaprono un’interlocuzione positiva, se accolte, con il sistema degli enti locali, con le fasce popolari della nostra regione. Quindi sono proposte semplici, ma al tempo stesso serie, non elettoralistiche, non di parte, non velleitarie. Sono serie perché non stravolgono l’impostazione complessiva del Dpefr ma secondo noi la migliorano, tenendo conto soprattutto del contesto generale di attacco ad uno Stato sociale, portato avanti da molti anni a questa parte.
In primo luogo proponiamo di aggiungere la lettera d), dal titolo “Potenziamento dei servizi agli anziani e all’infanzia” a pag. 16 del testo approvato dalla Commissione inerente il capitolo dal titolo “Alcune priorità di intervento”.
Proponiamo di assegnare maggiori risorse ai Comuni con il vincolo di destinazione all’assistenza domiciliare agli anziani e per la gestione e il miglioramento degli asili comunali e alla parte comunale delle scuole materne statali, soprattutto per le infrastrutture, la messa a norma e quant’altro.
Per questo proponiamo che l’addizionale Irpef rimanga invariata per i redditi superiori a 30.987 euro.
In coerenza con ciò ed a conclusione di queste brevi e sommarie considerazioni, proponiamo di variare l’intervento previsto per il 2005 da 35 milioni ad una cifra diversa, a seguito di una minore riduzione per i redditi alti.
Ci si dice che in realtà questi 35 milioni di sgravi fiscali, nella declinazione tecnico-formale del bilancio sarebbero di meno. Noi non conosciamo il testo provvisorio del bilancio, tuttavia non è questo un problema: se così è, agiamo dentro le cifre.
Come si vede, sono proposte migliorative che possono dare una caratteristica più sociale al bilancio della Regione.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Dopo avere esaminato il Dpefr, dopo averlo studiato per quel che è stato possibile in questo breve lasso di tempo, avevo deciso di fare un unico emendamento. Mi ha detto però la dott.ssa Santoncini, che probabilmente non è ammissibile, anche se non mi è stata certificata questa sanzione di inammissibilità, perché io avevo semplicemente voluto emendare una frase a pag. 48 del nostro Dpefr in cui la Giunta fa riferimento alla stella polare che ha guidato le politiche finanziarie della Regione. La mia proposta era quella di trasformare la stella polare in stella cometa, che secondo la geografia economica è pur sempre un astro, ma caratterizzato da una traiettoria precipitevole e comunque mobile.
Perché dico stella cometa? Perché il carattere precipitevole e mobile di questo Dpefr è proprio contraddistinto dalla vorticosa opera di modifica in corso d’opera cui un po’ tutti — categorie e associazioni — sono stati osservatori nel momento in cui, pensate un po’, nel breve volgere di 40 giorni le tabelle allegate a questo Dpefr sono cambiate tre volte. Una quarta modifica è quella sopraggiunta il giorno antecedente l’approvazione del Dpefr in Commissione con l’approvazione del bilancio, che ha quindi completato questa strategia del numero mobile. Per il momento siamo a quattro modifiche in 40 giorni quindi ci attestiamo su buone performances di atletismo finanziario.
Ecco perché questo dato, a mio modo di vedere, la dice lunga sul disinteresse, sul carattere non strategico che evidentemente questa Giunta e questa maggioranza riannettono al Dpefr, perché al di là delle battute e delle valutazioni umoristiche, il dato che emerge è questo: che uno strumento di questo genere, evidentemente un po’ per suoi limiti, un po’ per la congerie di avvenimenti istituzionali che sopraggiunge su di noi e ci prevarica in qualche misura, ormai rappresenta una stanca e spesso tardiva volontà di obbligatorietà di rispondere certo a un progetto di legge, ma al di là di questo e nonostante la difficile congiuntura economica e istituzionale — perché esiste, non sono così cieco da poter dire che non esiste un problema di attivazione dei meccanismi federalistici — anche per quel tanto o per quel poco che compete alla Giunta regionale questo Dpefr non è all’altezza di dare una risposta utile e concreta a dare prospettiva a quello che comunque c’è da fare, preso atto di quel quadro.
Un emendamento sembra inammissibile, un altro, fortunatamente — debbo pubblicamente dare atto di questo a Marco Luchetti — è stato invece accolto in Commissione, poiché in questo documento che dovrebbe tracciare grandi prospettive, scenari macroeconomici, faceva capolino, come al solito, il ministro Baldassarri, che in materia di politica delle infrastrutture veniva considerato esso stesso, lui che è abituato a studiare i fenomeni economici, dato economico, in quanto si leggeva, nella versione antecedente all’approvazione in Commissione, che al ministro Baldassarri dovevano essere imputati ritardi per quanto riguarda la realizzazione di alcune infrastrutture. In una resipiscenza, probabilmente dovuta anche alle volontà espresse sui giornali in quel periodo da Baldassarri di non candidarsi più — se così è — forse Luchetti ha detto “togliamo Baldassarri”. Probabilmente ci si è resi conto che il carattere elettoralistico di questo documento sarebbe stato tradito in maniera forse anche un po’ pedestre da questo riferimento che onestamente poco o punto c’entra, con una strategia di carattere finanziario.
Ma qual è il problema reale di questo documento? Posto che esistono delle difficoltà che nessuno nega, questo documento però non esprime scelte, non esprime indicazioni, non formula una manifestazione di volontà purchessia, rispetto ai nodi che, lasciando per un attimo da parte il quadro finanziario pubblico così compromesso, in ogni caso spetta a una Regione dover esprimere. Dove sono le scelte? E’ andato via, purtroppo, l’assessore Melappioni.
Sulla sanità dove sono le scelte? Dove sono le indicazioni? Esiste o meno la necessità di correggere, modificare, strutturare diversamente quello che abbiamo fatto nel 2003? Nulla: semplicemente delle tautologie, delle espressioni che fanno il paio con gli inserti pubblicitari che proprio in questi giorni stanno pullulando nelle testate locali, a dimostrazione di come la politica non la si fa tanto nei documenti programmatici quanto attraverso le inserzioni a pagamento che sappiamo essere messe in relazione con quell’aumento vertiginoso delle spese per la comunicazione istituzionale, che con l’ultimo assestamento aumentammo del 154%. Vediamo dove sono andati questi soldi.
Sulla sanità si parla ancora di deficit programmato e quei 72 milioni di euro sono oggetto di una sorta di manifestazione fideistica. Questo è quello che si indica. Dove siano le pezze di appoggio, gli elementi di supporto nessuno lo sa, forse qualche privilegiato. “Gli uffici dicono”, gli stessi uffici che, non più tardi di una settimana fa hanno visto il responsabile della zona 13 di Ascoli convocare tutti i primari, lanciare il grido di allarme “siamo fuori di 8 miliardi di lire, cosa dobbiamo fare, visto che arrivano le direttive della Regione di stringere la cinghia? Altrimenti allunghiamo le liste di attesa, non facciamo le prove da sforzo negli elettrocardiogrammi, le cataratte le opereremo non prima di marzo”. Questa è un scelta che, se confermata — ho fatto un’interrogazione sul punto — sarebbe gravissima e davvero farebbe il paio con quello che diceva, sia pure per altre ragioni e partendo da direzioni diametralmente opposte, Procaccini, perché anche questa è “macelleria sociale”, il tentativo di far cassa sulla pelle delle persone che vengono in qualche modo indotte, coartate a visite a pagamento in regime intramurario, per poter consentire alla Asl di fare cassa prelevando la percentuale che per legge deriva al servizio sanitario regionale, dalle prestazioni diagnostiche e specialistiche rese in regime intramurario. E’ un fatto gravissimo, sul quale la sinistra non può tacere, se confermato, ma che certo dà un segnale estremamente negativo di quella che è una situazione di cui il Dpefr non dice nulla, niente.
Così come, in materia di sanità una cosa bisogna pur dirla, Procaccini, perché io capisco che ognuno deve portare acqua al proprio mulino, ma è un dato sul quale nessuno può avanzare dubbi plausibili e concreti quello che ci dice che per effetto dell’accordo dell’8 agosto 2001 i trasferimenti dallo Stato alla sanità sono aumentati dal 5,1 — periodo ulivista — al 5,8 nel rapporto con il pil. Questo è un dato scolpito nella matematica e non nella divulgazione politica, che parla di 12.000 miliardi in più, pochi, probabilmente, perché c’è il problema dell’inflazione, verissimo, ma è necessario avere un approccio serio e non propagandistico rispetto a problematiche che non possono essere affrontate e risolte attraverso questa continua ossessione antigovernativa, che cerca di coprire, con la classica foglia di fico, la nudità di una situazione che ha diverse concause, ma non è serio poter affrontare questa congerie di problemi attraverso delle soluzioni che possono essere date in pasto nelle conferenze stampa ma che non corrispondono ad una serietà di approccio verso questo drammatico problema.
Nulla su quello che pure compete alla Regione fare. Io vi sfido su questo, sono con voi nel definire drammatico il quadro di finanza pubblica, ma detto questo vogliamo o no pensare a ciò che invece è diretta responsabilità della Regione? Una Regione che in termini di efficienza tradisce una serie di performances amministrative assolutamente insufficienti.
Vi voglio ricordare che dal rapporto di gestione del 2003, in materia di investimenti il grado di impegni rispetto agli stanziamenti effettuati nel bilancio di previsione di riferimento è del 26% e i pagamenti sono pari al 9%. Tutto ciò nonostante una riforma della pubblica amministrazione che doveva declinare principi privatistici di efficienza, di capacità e di redditività del personale umano, che sono assolutamente traditi dai fatti. Gli impegni nel 2003 sono stati inferiori del 17,2% rispetto al 2000. I pagamenti del 2003 sono inferiori del 13,5, una caduta verticale di capacità, di efficienza, di burocrazia. Qui non c’entra il federalismo fiscale, qui non c’entrano Berlusconi o Baldassarri! C’entra il sostanziale fallimento di una riforma del personale e dei rapporti dirigenziali che non ha saputo produrre risultato alcuni, ma che addirittura aggrava, con un fattore negativo, il già difficile quadro.
Se questo è vero, c’è da dire innanzitutto che se il problema è il federalismo fiscale, il federalismo dovrebbe nuocere in pari grado per tutti. Allora, parlando di tasse, non capisco per quale motivo la Puglia porta allo 0,9% l’addizionale regionale Irpef mentre noi ancora siamo sui livelli illegali predisposti e deliberati dalla legge regionale 35 del 2001. Io ho fatto un ordine del giorno per dire finalmente basta a questo teatrino che viene messo in scena da parte di chi dice che non siamo la regione più tassata d’Italia. Ci sono i documenti. Al mio ordine del giorno ho allegato la fotocopia delle istruzioni ministeriali per la compilazione del modello unico 2004 e del 730 del 2004. Ognuno di voi potrà scorrere questa giaculatoria matematica che porta la Regione Marche ad essere l’unica Regione d’Italia ad avere istituito un’addizionale Irpef superiore all’1,40% nel 2003. Questi sono fatti. Ogni altra definizione in “salsa trilussiana” di aspetti contabili e statistici che dovrebbero in qualche modo farci pensare o farci ritenere che in realtà solo i ricchi sono colpiti e che invece i poveri sono tutti contenti, sono apprezzabili esercizi di retorica statistica, che non possono confutare il dato che ciascuno di voi ha sotto gli occhi. E’ un dato che ciascun commercialista, ciascun Caf ha avuto a disposizione quest’anno per poter fare le famose dichiarazioni dei redditi rispetto alle quali continuo a raccogliere istanze di rimborso, richieste di pagamento che presto o tardi vi sommergeranno. Probabilmente farò la Cassandra, ma questo è. Nel mio ordine del giorno chiedo una volta per tutte che sia riallineata la misura dell’addizionale regionale Irpef a quella che è normativamente consentita, che è al massimo dell’1,40%. Altro che riduzioni quando viene lasciata invariata una pre-fissazione che doveva e poteva valere solo per il 2002. Questo recita la legge, voi fate finta di niente, nessuno di voi ha mai avuto i coraggio di replicare, ma sapete benissimo che questa è la situazione.
Io sono disponibile a fare ragionamenti che non scivolino necessariamente nella retorica propagandistica, nel gioco delle parti, ma alcuni elementi dovrebbero essere condivisi e formare patrimonio comune per una discussione — oggi che iniziamo la sessione di bilancio — che riguardi, innanzitutto, la concertazione. Ne parlate, ve ne riempite la bocca, ma non vi è un rappresentante delle categorie e delle associazioni che abbia fatto la propria comparsa nel corso delle audizioni, che non abbia lamentato l’assenza delle tempistiche necessarie ad avere la possibilità di formarsi un giudizio sul Dpefr. Capisco che non può essere presentato troppo tempestivamente, ma non si può chiedere nel volgere di tre giorni alla Confartigianato piuttosto che alla Uil, alla Cgil piuttosto che alla Coldiretti, di dare un utile, credibile, serio giudizio su un documento che è stato propinato come fossero, i rappresentanti del Ces, tanti piccoli Speedy Gonzales, tanti piccoli geni che in 48 ore dovevano dire la propria, e non l’hanno detta.
Manca un vero parere, altro che, manca! E’ vero quello che dice Trenta: la rapidità con la quale questa Giunta tratta e gestisce i provvedimenti in materia economica è degna di miglior causa. Allora perché quella stessa rapidità non la applichiamo all’approvazione del piano energetico, alla riforma della legge urbanistica, alla riforma della legge 13? Mi chiedo, mi domando e dico per quale motivo questa incredibile, incessante, “newyorchese”, incessante rapidità di approvazione dei provvedimenti fa la propria comparsa solo quando ormai il tempo delle castagne è avanzato e dobbiamo stancamente esaurire le tappe di una sessione di bilancio che poi lascia i dati che lascia.
Mi dispiace che non ci sia il candidato in pectore Spacca, perché qui arrivo al vero problema e vorrei sapere anche la sua opinione rispetto a degli elementi che, questi sì, sono patrimonio di tutti e che non possono farci dormire sonni tranquilli. I dati Istat nella nostra regione parlano, per quanto riguarda il 2002, di un pil regionale negativo. La crescita ha segnato, nel 2002, nelle Marche, una percentuale negativa del -0,3, a fronte di un +0,4 in tutta Italia. Le stime più attendibili, nel 2003 parlano di crescita zero. Questi sono dati che non possono essere gestiti e amministrati con un atteggiamento di natura propagandistica e strumentale, invocando solo l’ossessione antigovernativa. Allora, caro Marco Luchetti, renditi garante, ora che stiamo avvicinandoci al bilancio, che la sessione di bilancio sia una cosa seria, che i documenti che la legge prevede vengano allegati al bilancio, ci vengano forniti. Noi vogliamo un bilancio completo e con tutti gli allegati, noi vogliamo una legge finanziaria che risponda ai requisiti e alle caratteristiche che la legge di bilancio prevede, senza che sia rifugio peccatorum per qualsiasi stupidata fatta in corso d’anno. Noi chiediamo che non ci siano tempi contingentati, noi chiediamo che la proposta di bilancio venga munita, contestualmente, del piano operativo di gestione, il POA di cui abbiamo bisogno e che li più volte si è impegnato solennemente a munire copia in favore dei commissari.
Queste sono le regole minimali per essere rispettati come consiglieri regionali, per essere ritenuti credibili dal nostro elettorato e da tutti i cittadini. Diversamente proporrò alla Casa delle libertà di disertare la sessione di bilancio; diversamente chiederò a questa minoranza di esprimere pubblicamente, ma non in quest’aula che sarebbe vilipesa e mortificata per l’ennesima volta, una protesta che è la protesta di chi vuole avere, almeno, i documenti per decidere, vuole conoscere almeno i dati per scegliere. Questa è una tua responsabilità, te la consegno, caro Luchetti, convinto che la tua serietà non tradisca le nostre aspettative.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Colleghi consiglieri, sono sinceramente piuttosto preoccupato per la situazione economica generale del nostro paese, per la situazione economica rispetto alla quale non sfugge nemmeno la nostra regione. Ho la sensazione che in questo caso la classe politica commetta un grande errore — l’ho detto anche all’interno del mio partito, nel consiglio nazionale — nel non spiegare con chiarezza ai nostri cittadini qual è la situazione reale. Questo ci porta poi a presentare dei documenti di programmazione finanziaria come questo, che sono virtuali, non si basano su dati di fatto concreti, i numeri non sono reali e ci portano ad assumere delle decisioni che poi non sono in linea con le risultanze contabili.
Non possiamo negare la situazione di una certa confusione a livello nazionale, perché rispetto a un obiettivo pienamente condivisibile del Governo, del premier di portare avanti un preciso programma di governo, ci sono delle situazioni, esiste una situazione economico-finanziaria di grande difficoltà, che crea problemi all’assunzione di determinate scelte. Certo non si può ridurre la pressione fiscale in un paese, se al tempo stesso non si ha il coraggio, prima, di ridurre la spese pubblica che è il ventre molle dove bisognerebbe mettere le mani, però quando qualche coraggioso ci prova, trova un milione di ostacoli da tutte le parti, quindi si vanifica poi la bontà di un’azione reale in questa direzione.
Colleghi, voi dite che la situazione sta migliorando, per cui, pur non rispettando quanto detto nel dicembre 2001, possiamo ridurre qualcosina come pressione fiscale, roba di poco, sull’Irap direi quasi una cosa ridicola, ma possiamo ridurre qualcosa perché comunque ci sono le elezioni il prossimo anno, quindi non ci possiamo presentare con le mani completamente vuote.
I presupposti su cui si basano queste decisioni, purtroppo sono errati, perché la situazione, rispetto al 2001, obiettivamente è peggiorata nel paese, è peggiorata nella nostra regione. Allora c’era una crescita del pil di quasi 2 punti e oggi siamo sotto zero. Questa è una verità, ha ragione il collega Procaccini, l’intervento del quale ho ascoltato con attenzione. Non possiamo negare queste evidenze, altrimenti diciamo delle cose non vere. Sappiamo benissimo che quando si dice che siamo rientrati dal deficit della sanità non è vero. Io lo sostengo ormai da due-tre anni, ma voi sapete meglio di me che questa tecnica dello scivolamento di anno in anno della contabilizzazione di alcune spese, alla fine dovrà terminare. Oggi si prende, come spunto, il discorso della spesa di cassa, ma questo significa non prendere in considerazione gli impegni di spesa. Quindi voi sapete meglio di me che il deficit reale della sanità non è quello dichiarato, quindi non riesco a capire come si possa impostare un documento di programmazione economica partendo da dati che non sono quelli reali.
Io dico che avendo due dati, la produzione di ricchezza interna in diminuzione e la spesa pubblica che rimane quanto meno inalterata — perché voi stessi dichiarate che la spesa per tutti i servizi comunque non verrà ridotta — ciò non è compatibile con la pur minima riduzione delle imposte. Se non c’è il coraggio, qui come altrove, di dare un taglio alla spesa pubblica come si dovrebbe, non potremo restituire niente. Voi ricordate benissimo — questa è la seconda parte del mio intervento. Ho presentato anche un ordine del giorno su questo, insieme ai colleghi di Forza Italia — che io presentai anche un ricorso alla Corte costituzionale, all’epoca. Colpevolmente il Governo nazionale non lo prese in considerazione entro i 60 giorni, anche se i funzionari mi avevano risposto che secondo loro avevo ragione, cioè che la manovra approvata in quest’aula era illegittima, perché la legge diceva chiaramente “è consentito per il 2002 alle Regioni di eccedere l’1,4%” e noi abbiamo approvato una legge dicendo “a partire dal 2002 si aumenterà la pressione fiscale”. Era una posizione illegittima, così come illegittimo era il fatto che si è messo mano con una legge regionale alla modifica degli scaglioni di reddito dell’Irpef approvati con legge nazionale. Credo che nemmeno questo secondo aspetto possa essere considerato una manovra legittima.
Ma al di là di questo, voi dichiaraste in quest’aula — lo avete scritto nei documenti — che la manovra aveva una durata triennale, 2002-2004. Ciò significa, se l’italiano ha un senso, se gli impegni che si prendono qui hanno un senso, che a partire dall’1.1.2005 la tassazione eccezionale oltre quei limiti, su Irap e Irpef, doveva cessare, quindi oggi non c’era bisogno di alcuna “elemosina elettorale”, doveva cessare a partire dal prossimo anno. Però voi questo non lo fate e non lo potete fare, perché purtroppo i dati di bilancio sono dati negativi che voi conoscete sicuramente molto meglio di me.
Non voglio qui fare demagogia, perché ho la sensazione che in tutto il paese ci si stia muovendo con bilanci virtuali e la mia preoccupazione è generalizzata, per cui non voglio fare nemmeno una facile demagogia, che mi sarebbe facilissima, anche troppo. Però io opero qui, adesso non posso mettermi a parlare di quello che succede nel Lazio, nella Campania, in Calabria o a livello nazionale, quindi mi fermo a parlare delle Marche.
Vogliamo veramente affrontare una discussione seria sul bilancio, di cui questo è l’inizio? Oppure diciamo che questo è un bilancio che ci porta alle elezioni, per cui mettiamo dei numeri, delle previsioni che sappiamo già non essere veri e poi dopo, chi verrà ad amministrare, dovrà rimetterci le mani?
Dico all’amico Gian Mario Spacca che avete candidato alla presidenza — al nostro gli auguri non li posso fare, perché ancora non l’abbiamo — che chi verrà ad amministrare dopo di voi, si troverà — sono certo e ne lascio testimonianza politica — a dover rimettere le mani, subito, nel mese di luglio, al bilancio — questa è una previsione che mi sento di fare, sicurissimo di non sbagliare — perché dovrà affrontare un deficit reale di gran lunga superiore a quello preventivato e dichiarato.
Con questo termino il mio intervento. E’ una profezia negativa, ma fin troppo facile da fare e questo sottintende una grande preoccupazione per chi ha a cuore le sorti di noi cittadini marchigiani, delle nostre imprese, dei nostri lavoratori. I momenti che affrontiamo sono difficili. Sono convinto che quelli che dovremo affrontare nei prossimi mesi e nei prossimi anni saranno ancora più difficili di quelli attuali.

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Un ringraziamento ai colleghi consiglieri che hanno la pazienza di stare seduti al loro posto, anche se non tutti ascoltano. Per la verità mi sarei aspettato la presenza dell’assessore, che questa mattina sul giornale dice “Ceroni, ti sfido in pubblico”. Non è un caso che manchi l’assessore Agostini, perché questo ci dimostra la sua concezione di “pubblico”. Questo non è un luogo pubblico dove si può fare un confronto politico, ma la sua proprietà. Lui gestisce l’assessorato come se fosse una cosa sua, senza dover rispondere ad alcun cittadino né al Consiglio regionale di quello che fa. Forse la presenza dell’assessore Melappioni sta a significare “vacci tu, perché quelli tirano i mattoni e i mattoni sono in conseguenza dei deficit, dei guasti che produce la sanità al bilancio”. Comunque apprezziamo la tua presenza.
La prima cosa da fare è regalare all’assessore Agostini una copia della legge regionale 31 che è stata approvata in questa legislatura, stupenda legge violata, calpestata fin dalla sua approvazione, che è costata ai cittadini marchigiani una consulenza dell’ordine di 200 milioni di vecchie lire. E viene completamente ignorato.
Questo avrebbe anche un suo significato, cioè: prima di procedere all’approvazione del bilancio il Consiglio regionale, in base all’articolo 3 discute il Dpefr. L’articolo 3 dice tutto quello che è competenza del Consiglio regionale stabilire per predisporre il bilancio. Tutto questo per Agostini è carta straccia, perché la discussione di questo documento avviene dopo che già il bilancio è stato presentato, come se non dovessimo avere voce in capitolo sul bilancio che lui ha proposto.
Voglio guadagnare tempo, rinunciando all’intervento che avevo programmato, per andare a braccio.
L’unico che dà i numeri, qui è l’assessore Agostini, perché il Dpefr è stato cambiato, in questo periodo, decine di volte. Io ho fatto le fotocopie delle versioni che sono andate in giro ed è veramente una cosa indecente.
Voglio spiegare all’assessore Agostini che non c’è, che non faccio confusione fra competenza e cassa; se mai, assessore Melappioni, la confusione l’ha creata lei, perché a un certo punto su Il Messaggero ha scritto “Lo Stato dà 250 miliardi in più alla Regione Marche”.

Augusto MELAPPIONI. E’ la copertura di un disavanzo pregresso.

Remigio CERONI. Però l’equivoco l’ha creato Il Messaggero. Io sapevo perfettamente che quello era un trasferimento per la copertura dei disavanzi degli anni, però lei diceva che era stato così bravo da avere questo contributo in più, noi abbiamo detto “viva il Governo che ha trasferito alla Regione Marche queste risorse”. (Interruzione). So bene quali sono i trasferimenti dello Stato nel settore della sanità, assessore. Glieli renderò poi noti affinché lei se li possa ripassare, perché li ignora completamente.
Ma veniamo alle questioni che Agostini dice io non conosco.
Mi pare chiaro, almeno dai documenti che avete presentato, che il debito, ad oggi, è 1.447,2 milioni di euro. Agostini dice che è sbagliato, ma per un solo motivo: che non è solo questo. Il debito in bilancio è ancora di più, perché ad oggi non sappiamo qual è il risultato di gestione della sanità dell’anno 202. E’ possibile che nel 2004 non si debba sapere che cosa è successo nel 2002?
Non basta dire “secondo quello che dicono gli uffici saremo al disavanzo programmato”. Ma siamo nel 2004, fateci sapere come si sono chiusi i conti della sanità dell’anno 2002. Idem su quelli 2003.
Poi c’è il discorso dei residui perenti. Se tutte le partite in entrata e tutte le partite in uscita non fossero dovute, ci troveremmo sicuramente con un altro buco di bilancio per centinaia di miliardi. Poi abbiamo il contenzioso: quante cause abbiamo, aperte, contro la Regione Marche, presso i tribunali delle Marche? Anche questa è una cosa che sarebbe bene chiarire, per vedere che cosa succederà se dovessimo perderle tutte.
Qui non c’è una sola lira per il costo del debito. Se dovessero aumentare i tassi d’interesse, quale sarebbe la portata anche di solo qualche decimo? Quale sarebbe la portata della maggiore spesa nel bilancio regionale? Quindi il debito è ancora più di quello che viene attestato.
Poi c’è il discorso delle tasse. Noi non abbiamo fatto altro che guardare il rapporto di gestione che voi avete predisposto, pubblicato sul Bur del 3 agosto 2004, dove si evidenzia chiaramente che nel 2001 avevamo una tassazione di 292 milioni di euro, nell’anno 2003 siamo arrivati a 470 milioni di euro, 178 milioni di euro in più, +61% rispetto al 2001. Sono dati inconfutabili, conta poco la media del pollo di Trilussa in questa questione, qui c’è un dato di fatto: i marchigiani, tra il 2001 e il 2003 hanno pagato, ogni anno, 178 milioni di euro in più e la tassazione, rapportata anche per abitante, è passata da 723 euro del 2001 a 911 euro del 2003. Sono dati incontestabili, non è facile poterli smentire, perché sono nei vostri documenti di bilancio.
Naturalmente il debito che avete prodotto nonostante le tasse, non è in alcun modo imputabile al Governo Berlusconi, perché mi sono fatto mandare i dati, visto che l’assessore non ha il coraggio di presentarli. Nel 2000 i trasferimenti dello Stato per la sanità sono stati pari a 1.682 milioni di euro, sono aumentati nel 2001 a 1.809 milioni di euro, nel 2002 a 1.932, nel 2003 a 2.008 milioni, nel 2004 sono arrivati a 2.089 milioni. Andando a fare il confronto con quanto riceveva la Regione Marche nel 2000, abbiamo 800 miliardi in più di trasferimenti nel settore della sanità. Altro che contenimento della spesa! Per questa ragione è diminuito il deficit, non perché siamo riusciti a fare delle azioni di contenimento della spesa, ma solo perché il Governo si è svenato: 24,16% in più, questa è la verità, abbiate il coraggio di dirlo ai cittadini marchigiani.
E’ vero, non ho difficoltà ad ammettere che c’è un ritardo nel trasferire queste somme alla Regione Marche, ma dobbiamo dire con altrettanta franchezza, che il Governo ha pagato alla Regione Marche mille miliardi per i deficit pregressi e li ha trasferiti tutti fino all’ultima lira. E’ chiaro che invece non riesce a trasferire tutto quello dell’anno 2004, perché avendo trovato dei buchi enormi, ha delle difficoltà di cassa, ma sono soldi nel bilancio della Regione Marche. D’altra parte, a voi questo non crea alcuna preoccupazione, perché pagate la sanità 24 mesi: lo sanno i fornitori delle Asl che ricevono i pagamenti dopo 24 mesi.
C’è anche dell’altro su questo: nonostante facciate i bilanci e manteniate le stesse somme degli anni precedenti, quando andiamo a vedere nel rapporto di gestione l’efficienza, ormai siete arrivati nei trasferimenti in conto corrente ad impegnare il 38% e a pagare il 16, cioè non impegnate e non pagate più. Non lo dice Ceroni, lo dite voi nel rapporto di gestione che avete approvato. Così nelle spese correnti per acquisto di beni e servizi. Nel 1999 impegnavate il 91% e adesso il 77%, ma non lo pagate, cioè impegnate di meno e pagate ancora di meno. Nelle spese in conto capitale, nel 1999 avevamo impegni del 39%, oggi siamo arrivati al 26, addirittura paghiamo il 9%. Sono dati che fanno veramente paura e che dimostrano la totale inefficienza di questa Giunta regionale.
Leggevo proprio sul Dpefr che il Governo ha messo in ginocchio la Regione. Siete stati voi quelli che hanno messo in ginocchio le famiglie, le imprese marchigiane. Io invece debbo dire che il Governo ha operato con grande serietà. Per esempio il ripiano del deficit della sanità fino al 2000 è stato un impegno forte, consistente del Governo. Questo voi non lo dite mai, invece è stato così, perché il Governo Amato aveva promesso il ripiano sulla carta, ma non aveva trasferito una sola lira. Queste sono le cose vere che dovete scrivere nel bilancio.
Vado all’indebitamento, che è riportato nel nostro “libro bianco”. Avete esaurito la capacità di indebitamento. L’ho detto nella fase di approvazione del bilancio 2004, lo ripeto oggi. Sono andato a fare le fotocopie delle varie edizioni. Nell’edizione del 5 ottobre le entrate libere erano 420 milioni di euro, mentre l’ammontare massimo degli interessi era di 105 milioni di euro, gli oneri già maturati 96, il residuo della capacità di indebitamento, 9 milioni. L’ammontare del debito ancora contraibile era di 138 milioni di euro.
Nell’edizione del 18 ottobre 2004 avete cambiato tutto, per cui gli oneri già maturati erano scesi a 77 milioni, mentre l’ammontare del debito ancora contraibile era aumentato a 400 milioni.
Poi avete cambiato ancora una volta nell’edizione del 3 novembre 2004.
Ma chi fa questa roba, si è ubriacato il mattino, prima di produrre queste cose o non capisce il suo mestiere? Faceva un altro mestiere e l’avete utilizzato per fare questo, per fare le coperture alle vostre stupidaggini? Resto sconcertato, perché ho fatto il sindaco di un Comune e il bilancio era una cosa seria. Mai si poteva fare una variazione di questo tipo, veniva studiato, preparato, predisposto, verificato e poi portato all’approvazione del Consiglio comunale.
Chiudo tornando ancora su una questione, perché non posso non riconoscere l’onestà intellettuale e la coerenza del consigliere Procaccini, però qui il Governo non ha tagliato né nella sanità né in altri settori, perché se vai a prendere il rapporto di gestione, predisposto sempre dalla Giunta, non fatto dal consigliere economico-finanziario del gruppo di Forza Italia, si può che nel settore dei trasporti le risorse sono aumentate del 51%, nel settore dell’ambiente sono aumentate del 28%, nei servizi sociali sono aumentate del 10% nel solo anno 2003. Addirittura, nella formazione professionale le risorse sono aumentate del 188% per i trasferimenti dello Stato. Non mi guardare con la faccia stralunata, Agostini, è scritto nei documenti che avete approvato in Giunta.

Luciano AGOSTINI. ...come fai a sapere quello che penso io?
Remigio CERONI. Agostini quello che pensi tu lo pensi male, perché questa mattina hai addebitato questa situazione a chi stava lì prima di te, che ha procurato non pochi guasti, ma dimentichi che questa Giunta regionale è maggioranza da dieci anni, quindi se tu hai trovato delle questioni da sistemare, non puoi che prendertela con la Giunta D’Ambrosio-Berionni. Tu non hai scusanti, perché siete al governo della Regione da dieci anni, i guasti che avete procurato sono solo vostri. All’inizio del 1995 questa Regione non aveva neppure una lira di debito e i costi sul debito erano zero. Quindi on raccontare bugie.
Chiudo facendo una proposta ragionevole, nel senso che forse è il caso che riportiamo questo documento in Commissione, chiariamo i termini delle questioni, vediamo quali sono le cifre esatte che dobbiamo approvare, dopodiché torniamo qui a discutere. Non è possibile approvare un documento che contiene tabelle diverse da quelle del bilancio presentato. Tu Luchetti lo sai bene questo, e mi meraviglio che una persona come te si presti a fare queste cose. Se sbagliare è umano, tutti possono sbagliare. Rinviamo questo documento alla Commissione, rettifichiamo le cifre, rendiamole coerenti con quelle contenute nel bilancio, dopodiché possiamo approvare il documento.
Naturalmente non possiamo che votare contro questo documento, ma siamo disponibili a parlare, a discutere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Non credo che c’entri Luchetti nel cambio delle tabelle, quindi se c’è una persona da assolvere penso che sia il presidente della Commissione bilancio, perché lavora sulla base dei documenti che gli danno e di volta in volta questi documenti il governo li cambia.
E’ stata già annunciata da altri l’estrema debolezza politica di questo documento
Se non pensassimo di essere ad uno scorcio finale della legislatura, questo documento potrebbe essere stato il documento di programmazione economica di una qualsiasi Regione italiana, con un grande ragionamento generale nel rapporto conflittuale con il Governo: basta seguire il dibattito che c’è nella Conferenza Stato-Regioni per vedere che non ci sono grandi differenze politiche, perché sul punto del federalismo e del trasferimento delle risorse, anche le Regioni di centro-destra danno al Governo nazionale al stessa capacità di presentare un rapporto istituzionalmente corretto fra le autonomie locali.
Rispetto a tutto il ragionamento fatto sul Governo nazionale non trovo problemi. Rispetto al “libro bianco” presentato da Forza Italia, che ho cercato di studiare in queste ore in cui l’ho avuto fra le mani, vorrei che l’assessore Agostini entrasse nel merito di una serie di questioni che la dicono lunga sulla qualità dell’efficienza amministrativa.
Cosa voglio dire? Che pur nel ragionamento sulle risorse, che non sono in grado di fare come Ceroni, che ha presentato i conti e le risorse che il Governo trasferisce, quindi difformi da quelle che questo Dpefr dice, qual è la politica che si fa?
Ci sono circa 504 milioni di euro di disponibilità solo per le risorse comunitarie: 120 milioni sul Por, 250 sul Psr, 9 sul Leader, 5 sullo Spot e 120 sul Docup. Dal punto di vista della dotazione finanziaria, per fare una politica di un certo tipo le risorse ci sono. Se solo volessi ragionare di queste risorse e non parlare del bilancio complessivamente inteso, da questo Dpefr non trovo una indicazione politica. Senza voler citare il documento sul rilancio del processo riformatore nelle Marche di cui parlavamo questa mattina, accontentandosi di voler parlare delle cose che interessano i cittadini marchigiani, non si capisce quali sono le indicazioni che si vogliono dare, né qual è la politica che volete fare sulle questioni più importanti.
Su lavoro e sviluppo non c’è stato, a tutt’oggi, un documento della formazione professionale, dello stato di avanzamento sul Por, nel quale dite quanti sono gli occupati che, con il monitoraggio sui dati Fse sono stati realizzati con i fondi comunitari. Né si sa se la politica fatta sino adesso è stata fatta sufficientemente bene. Ma posto che sia fatta sufficientemente bene, voi pensate che con questi 120 milioni di euro che avete a disposizione... A un certo punto c’è su questo Dpefr una pagina su Ascoli Piceno. Condivido. Infatti, se si guardano le statistiche, da qualche ano le difficoltà di questa regione dal punto di vista occupazionale sono concentrate nell’alto Camerinese e nell’Ascolano. Dopodiché una benedetta linea politica in cui si dica “ci mettiamo queste risorse”, non si evince in tutto il documento. Né nelle politiche settoriali né penso che ve la potete spicciare con le Arstel, perché si fanno alcune politiche per 6 milioni di euro quando ne avete a disposizione 500.000. Dico allora che questo documento non dice nulla.
Dal punto di vista dei settori produttivi, qui stiamo discutendo su meno Irap, qualcosa di più, qualcosa di meno e si sta facendo, grosso modo, quello che Berlusconi sta facendo a Roma: toglie le tasse, le mette, il ragionamento mi pare identico, come se la sinistra non fosse nata per la lotta contro le tasse. In Italia si sta facendo a gara per togliere le tasse ed è tutto da ridere, se non ci fosse da piangere rispetto alle famiglie marchigiane e alle difficoltà. Avrete visto che i giudici di pace sono soffocati da istanze di pignoramento perché le famiglie marchigiane non ce la fanno più a rispondere alle esigenze quotidiane. Se parlate con qualche direttore di banca, vi diranno che vanno a chiedere prestiti per fare la spesa e per arrivare a fine mese.
Rispetto a questo problema, c’è un ragionamento, nel Dpefr, che dice che sulle famiglie si vuole investire? Bisognerebbe fare le proteste di piazza ogni giorno: dal governo nazionale, i soldi per il fondo unico per il sociale, ci sono? Il 15 novembre sono arrivati 21 milioni finalmente la Corte dei conti li ha accreditati, c’è qualcosa che si può dire alle famiglie marchigiane? Da questo documento non si evince assolutamente niente.
Che cosa si dice sulle privatizzazioni che state facendo senza dirlo, come per gli Ersu? Non si dice assolutamente niente.
Cosa si dice sulla sanità?
Si vuol dire “abbiamo fatto l’Asur, non ci si capisce niente, facciamo uno stop”? Anche quello sarebbe un atto di coraggio, perché si potrebbe dire “ci abbiamo creduto, abbiamo fatto l’Asur, pensavamo di far bene, non è venuto fuori bene, ci blocchiamo”. Non si dice niente. Cosa si dice sull’atto aziendale di Torrette? Si sa che non si fa, e nessuno ne parla. Questo vuol dire che per un anno si aspetterà. Cosa si dice dell’atto aziendale dell’Asur? Non si sa. Cosa si dice del piano materno-infantile che doveva essere fatto dopo il piano sanitario? Niente? Del piano di salute e sicurezza sul lavoro, considerato che nelle Marche i morti aumentano, invece che diminuire? Doveva essere fatto sei mesi dopo il piano sanitario. Non si dice niente.
E’ allora complicato dare un giudizio che non sia profondamente negativo, anche perché la questione degli impegni e dei pagamenti la dice lunga su qual è la strategia. La strategia è: non impegno, non pago. E’ come una macchina amministrativa che serve solo a riprodursi, ma rispetto all’efficienza dei marchigiani, quando hanno impegni al 38% delle risorse e pagamenti al 16%, vuol dire che la Regione è sciolta. Sembra che qui ci sia una Giunta regionale, ma la Giunta regionale è sciolta, perché è in grado di pagare il 16% del 38% degli impegni che prende.
Rispetto a questo non c’è proprio da dire niente. Altro che rilancio del processo riformatore, qui siamo nella più completa debolezza di una capacità politica di fare alcunché per le Marche e rispetto a questo non solo non si asseconda lo sviluppo, al di là del pensare che si potesse guidare, come diceva una certa sinistra in una fase politica, ma da qui ad essere un ente che non riesce a fare alcuna politica non passa molto e cominciamo ad essere davvero pericolosi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Intanto mi sembra che sia doveroso riconoscere lo sforzo che è stato compiuto dagli estensori di questo documento. A differenza dell’altra volta, questa volta c’è stata una riduzione delle pagine e la numerazione delle stesse, che l’altra volta non c’era, quindi un elemento di leggibilità migliore.
Il secondo rilievo che mi sento di fare, è che è evidente un vincolo che grava su questo documento, il vincolo di scaricare tutta la gravissima situazione che vive la Regione sull’azione del Governo, che mi sembra un fatto pretestuoso per le motivazioni che sono state addotte in quest’aula dal consigliere Ceroni e che fanno piazza pulita della campagna sloganistica di ieri dell’assessore Agostini, perché dimostrano l’opposto di quello che Agostini ha detto. Se l’assessore Agostini ha questa preoccupazione, ci impegneremo a fare un secondo “libro bianco” sulle bugie dette da Agostini in relazione al convegno di Forza Italia sui conti. Se siete costretti a spendere e spandere tantissimi soldi per promuovere il servizio sanitario, per dire che le tasse che pagano i marchigiani sono poca cosa, vuol dire che siete quanto meno preoccupati dell’azione dirompente che sta sviluppando l’opposizione, in modo particolare Forza Italia su questi temi, che sono i temi che toccano la sensibilità dei marchigiani.
Questo rilanciare, rimandare alla responsabilità di altri, rappresenta, di fatto l’abdicazione a governare della Giunta D’Ambrosio, l’abdicazione a governare una Regione, peraltro mal governata. Credo che il dato di fondo debba essere questo.
Se da un lato in questo documento c’è questa lodevole intenzione di rendere comprensibile lo stato di difficoltà della finanza regionale, non c’è un atto di coraggio, che sarebbe stato doveroso, cioè l’assunzione di un livello di responsabilità che comunque c’è. Dopo si può discutere sui numeri, sulle cifre, ma non riconoscete che siete responsabili della situazione di sfascio finanziario in cui vi trovate, della crisi inarrestabile del sistema sanitario regionale, dell’avere realizzato la più alta politica fiscale del nostro paese, soprattutto di non essere capaci di avviare un processo riformatore. Vi siete di nuovo riaccostati a quella cultura programmatoria che è ormai sconfessata dai tempi.
Questo documento è la rivisitazione di questa logica che ha ispirato in passato l’azione della Giunta regionale e che a me sembra si voglia riproporre oggi. Il documento che ci avete consegnato è un documento che sostanzialmente compie una lettura della situazione regionale, è indubbio. Vi devo dare merito di avere avuto la capacità di fotografare la situazione delle Marche per quella che è, con dati esatti sulla crisi del sistema regionale. Siete stati capaci di evidenziarne le carenze, ma non siete riusciti a fare un passo in avanti, non avete avuto il coraggio e la forza di fare una proposta, di rilanciare un modello, di annunciare e cominciare a costruire la possibilità di un cambiamento.
Mi pare si possa leggere nel documento in discussione il vecchio sogno di tanti burocrati della sinistra, anzi burocrati e politici della sinistra, cioè la pretesa di poter programmare il futuro dei cittadini marchigiani continuando a promettere quello che siete ormai certi non essere in grado di mantenere. Mi riferisco al livello dei servizi, quelli sanitari in modo particolare, perché questo vi dà la possibilità di usare lo slogan tradizionale al quale ormai siamo abituati, cioè “piove, Governo ladro”, come dire: se c’è questa riduzione della nostra capacità di offrire servizi ai cittadini la colpa è del Governo che taglia i trasferimenti.
In concreto questo documento è un aquilone appeso in aria, che non riesce a calarsi nel concreto della situazione marchigiana.
C’è un riferimento nel documento, che in qualche modo viene richiamato, una specie di stella polare che pare abbia guidato le politiche finanziarie della Regione, che però mi sembra sia condizionato da due contrapposte esigenze: quella di difendere con forza il modello marchigiano e non scoprirsi sul piano dell’indebitamento.
A me sembra che questi due obiettivi che in qualche modo sono richiamati, sono obiettivi falliti, non raggiunti. Non siete riusciti a difendere, rilanciare il modello marchigiano dello sviluppo, non siete riusciti ad avviare un processo di risanamento della situazione di indebitamento. Questo vi ha portato a compiere nuovamente errori cui siamo abituati, cioè non c’è nella proposta un progetto strategico innovativo, non c’è un scelta in favore del rigore che aveva la conseguenza dei tagli, non c’è una proposta di rilancio, perché potrebbe essere comprensibile, da una parte, l’impegno della spesa finalizzata agli investimenti, cosa che evidentemente non viene ripresa e sviluppata, una scelta che avrebbe potuto avere nel tempo effetti virtuosi.
Questi due condizionamenti e il difficile equilibrio che hanno determinato, rappresentano la vera sconfitta della Giunta D’Ambrosio. Da dieci anni i cittadini marchigiani assistono impotenti a questo percorso e sono costretti a subire questa politica attendista che questa scelta ha determinato.
Non c’è una politica per il rilancio della regione, questo è il dato di fondo che ci sembra di poter richiamare. Questo è il vuoto che denunciamo con forza ai cittadini marchigiani. Ripeto, questo è un documento che fotografa la situazione ma che non comporta una contemporanea assunzione di responsabilità.
Manca soprattutto l’elencazione delle priorità per il rilancio, un rilancio della Regione che passa in primis sul versante del rilancio dello sviluppo, sulla ripresa dell’azione dell’imprenditoria, che ha ancora voglia di crescere, che deve essere assecondata in questa volontà e in questa capacità. Passa attraverso la salvaguardia dei valori delle nostre comunità, passa per il successo economico della nostra regione coniugato con un elevato livello di civiltà, di solidarietà dei marchigiani che sono convinto sono stanchi di sopportare il peso di una classe governativa che drena risorse per mediare solo interessi di parte, che è solo capace di produrre deficit, che è solo capace di produrre disservizi, specialmente nel campo sanitario, che è solo capace di portare la Regione verso una prospettiva oscura.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Il documento contiene due aspetti contraddittori: da una parte alcune affermazioni che sono assolutamente scontate: sono considerazioni sull’economia marchigiana e sull’andamento marchigiano che, qualunque fosse il governo a reggere le sorti di questo ente, fotograferebbe, perché nei momenti in cui si fanno dei rilievi di tipo statistico sull’andamento dell’economia, sulle linee di tendenza o su aspetti di più ampio respiro civile come la tendenza all’invecchiamento della società marchigiana o la tendenza di alcune aree al degrado economico e all’impoverimento, è un dato che è nei fatti. Quindi di queste considerazioni non c’è altro che da prendere atto e sono parte di un documento oggettivamente da considerare.
L’altra parte contiene delle forzature. Qui emerge forte il solito ritornello che dice che le difficoltà strutturali dell’ente sono da ascriversi ai mancati trasferimenti da parte dello Stato, quindi alla difficoltà a far fronte con le risorse tradizionali, con i trasferimenti tradizionali, agli orientamenti di spesa.
Il consigliere Ceroni nel suo intervento ha affermato delle cose che non mi sento di condividere totalmente, anche se ormai prendo atto che la comunicazione è più importante della verità delle cose. Direbbe la sinistra “ce l’ha insegnato Berlusconi”, dico oggi io “ce lo sta insegnando la sinistra. Cioè, i fatti contano fino a zero, quello che si riesce a far percepire è quello che conta.
Prima Ceroni parlava di cose a livello locale, io parlo a livello nazionale. In materia di sanità, tra il 2001 e il 2003 c’è stato un aumento fortissimo di trasferimenti, da 67 a 82 miliardi di euro, dal 5,1 al 5,9%, frutto dell’accordo firmato l’8 agosto 2001, appena Berlusconi era stato eletto da pochi giorni, ma frutto della mediazione nella Conferenza Stato-Regioni, di oltre un anno di trattative. Nel 2001 si firma un accordo alla Conferenza Stato-Regioni, sul quale si era in trattativa dall’anno 2000, per elevare la spesa del pil sulla sanità dal 5,1 al 5,9, quindi da 67 miliardi di euro si passa a 82 miliardi di euro a tutte le Regioni. Nell’anno 2004 i trasferimenti passano da 82 miliardi di euro a 88 miliardi di euro, con un aumento ulteriore. Non siamo più al 5,9 ma abbiamo sfondato il 6% del pil nazionale. In cinque anni, per le Marche oltre mille miliardi in più di euro sulla sanità. Questi sono i dati.
Poi ci si dice che sono insufficienti rispetto alla spesa, e qui devo dire, con molta onestà intellettuale, che è assolutamente vero. Ma perché? Perché in tutti i settori della medicina la ricerca e l’approfondimento scientifico e le nuove risorse in termini farmacologici sono così avanzati che i costi si dilatano in maniera impressionante. Mentre la tendenza all’aumento della spesa in altri settori, ad esempio nel campo dei lavori pubblici, è ferma su una soglia che ha un periodo di tempo piuttosto lungo, nel versante medico-sanitario ormai l’accelerazione della ricerca in fatto di nuovi farmaci, in fatto di strumentistica radiologica estremamente sofisticata, in fase di tecnologie che usano isotopi nucleari, è talmente forte che è incontenibile. Teoricamente, se volessimo curare tutti al massimo, la spesa non avrebbe confini, quindi anche se è un discorso difficile dal punto di vista etico e morale, bisogna capire fino a che punto possiamo alzare la soglia. Sono stati trasferiti molti più soldi dal bieco Governo di centro-destra che dall’aperto e progressista Governo di centro-sinistra della precedente legislatura. Questo è il dato dei numeri.
Cito pag. 7: “E’ doveroso valutare la forte riduzione dei trasferimenti statali”. Ma vi sono altre pagine che parlano in questo senso, quindi non posso altro che sottolineare che si tratta di far percepire cose che non sono rispetto alle cose che sono. Tra le perplessità ce n’è una. Molto spesso i sociologi riescono a mascherare dietro delle parole una specie di vuoto complessivo. La parola magica degli anni precedenti era “concertazione”. Qui si fa una disquisizione tra concertazione difensiva e concertazione generativa. La concertazione difensiva dovrebbe essere, secondo me — cerco di recepire, dal punto di vista semantico — quella passiva; la concertazione generativa dovrebbe essere quella attiva. Ma di fatto siamo su disquisizioni non dico filosofiche, ma da un punto di vista dell’interpretazione della parola piuttosto che nei fatti. Viceversa, quando andiamo alle cose da concertare, che l’innovazione tecnologica, l’incentivazione dei processi di relazione e le infrastrutture leggere, la logistica, siano fattori oggettivamente centrali in questa vicenda credo che non è altro che da condividere, ma un dato mi piace dire: nel momento in cui l’intervento pubblico per il “quadrilatero” finanziato, in termini di infrastrutture e logistica, è 1.066 milioni di euro, hanno ragione i giornalisti quando hanno scritto, qualche mese fa, che è il più grosso finanziamento dall’impero romano. L’impero romano stanziò molti soldi per realizzare le strade nelle Marche — la Salaria, la Flaminia — e da allora a oggi il concentramento, in pochi anni di 1.066 milioni di euro è una cosa incredibile. In tutti gli anni della “prima Repubblica” non si è stati in grado di mettere insieme per le strade, per la grande viabilità, una cifra del genere. Che poi non ci siano ancora i soldi previsti per la pedemontana per colpa dei ritardi della Giunta regionale che non mandava i progetti e ha fatto perdere sei mesi alla società “Quadrilatero” e quant’altro è un dato, ma credo che sia accessorio rispetto al grande sforzo che si fa e che si è fatto. I lavori sono andati avanti. Qualche giorno fa Duca diceva “i soldi per completare la realizzazione dell’aeroporto e altre cose erano stati già previsti nell’accordo di programma della precedente legislatura”. E’ vero, però poi i soldi sono arrivati, mentre su altre opere pubbliche i soldi non sono arrivati per niente, quindi, evidentemente, è stata fatta una scelta.
Non è assolutamente vero che c’è una crisi profonda nella relazioni. C’è una guerra profonda nelle relazioni, tra enti che si sono schierati ideologicamente, a priori e a prescindere, contro altri enti. Non voglio qui ricordare i casi incredibili, come quello della nomina dell’autorità portuale, all’attenzione in questi giorni. Credo che non sia un caso legato a valutazioni differenziate ma soprattutto e solamente a valutazioni politiche.
Aggiungo che molto spesso i documenti servono a giustificare alcune politiche, ma spesso i documenti scritti senza numeri, sono documenti di indirizzo che poi non hanno ricadute vere.
Vengo invece al caso vero che mi sento di denunciare questa sera, che è il bilancio. Tutti sanno che questo Consiglio regionale ha approvato il bilancio di previsione della spesa addirittura a marzo-aprile dell’anno in corso. Possiamo qui ricordare che abbiamo approvato un bilancio nei primi di aprile e ci sono stati anni in cui la regola dell’approvazione del bilancio era nel mese di marzo.
Quest’anno, stranamente la Giunta regionale si predispone a bruciare tutti i tempi del bilancio. Perché? Perché vuole spendere i soldi dell’annualità 2005 all’inizio della legislatura, in previsione delle elezioni regionali. Un comportamento virtuoso diventa, di fatto, un provvedimento indecente, perché invece di essere un provvedimento che rispetta tutti i termini e anticipa le situazioni, diventa il provvedimento attraverso il quale si possa fare clientela nei primi mesi di campagna elettorale. Questo era l’anno in cui bisognava far spostare il bilancio di previsione ad aprile. Invece no, quest’anno, in maniera bizzarra e imprevedibile succede tutto l’inverso.
Mi sento di dire che poi succedono cose incredibili, perché lo Stato, per via delle note vicende politiche, ancora non ha determinato la sua finanziaria. Tutti sanno che la finanziaria dalla Camera si è spostata al Senato e la maggioranza, che i suoi problemi ce l’ha a livello nazionale, sta modificando tutte le cifre alla Camera, tanto è vero che il presidente della Camera Casini ha detto “la ridiscuteremo tutta”. Quindi noi, solo tra qualche giorno avremo la finanziaria vera, quella definita, che è in corso di trattative.
La Regione Marche, senza conoscere i dati reali della finanziaria dello Stato si anticipa il suo bilancio di previsione su cifre che non ci sono. Questo significa che da un punto di vista contabile è un problema grave e che di problema grave si tratta lo dimostra l’”incidente” di questa mattina alla Conferenza dei presidenti di gruppo, dove il bilancio del Consiglio regionale che verrà approvato in quest’aula è di circa 2 miliardi — sono cifre incomprimibili, detto dai tecnici, perché è la spesa ordinaria — superiore alle cifre che sono state scritte in quel bilancio di previsione che non è assolutamente attendibile. Il rischio è che andiamo ad approvare un bilancio di previsione assolutamente inattendibile.

Vito D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Mica siamo il Governo, Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Questo è incredibile. Adesso vedremo cosa succederà in Commissione.
Concludo il mio intervento dicendo che ho grandi perplessità su tale modo di procedere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Il Dpefr regionale è l’occasione per una discussione ampia sulla politica regionale e sul contesto all’interno del quale tale politica si inserisce. Devo dire che ascoltando i ripetuti interventi dei consiglieri di opposizione, avverto una sensazione che potrei definire comica se non vi fosse la drammaticità del fatto che si svolge in una sede così importante come quella del Consiglio regionale. Perché gli interventi dei consiglieri di opposizione sono stati identici a quelli degli anni precedenti, identici a quelli che ho ascoltato ormai per nove anni, identici in modo particolare, a quelli che ho ascoltato dal 2001 a questa parte.
La tesi generale che viene sostenuta è la seguente. Il Governo nazionale è il migliore dei governi possibili, ha riempito di soldi, di flussi finanziari le Regioni e le autonomie locali, la Giunta regionale di questa Regione è la Giunta peggiore possibile, che ha dilapidato questa montagna di denaro con la quale il bravissimo Governo nazionale ci ha inondato. La sensazione è comica, perché se usciamo da questa aula e andiamo al bar, andiamo a fare una passeggiata e parliamo con la gente, la gente parla di altro in questi giorni: parla di un Governo nazionale che è allo sbando proprio sulle questioni del bilancio pubblico, parla di una maggioranza nazionale litigiosa, incapace di affrontare una situazione di crisi e declino economico che negli ultimi mesi si è avviata su se stessa e rischia di portare il nostro paese verso un declino inarrestabile.
Se usciamo da qui, la gente parla di questo, quindi “quello che viene detto in quest’aula suscita ilarità quando uno non pensa che viene detto in un’aula così importante e autorevole come quella del Consiglio regionale.
Se vogliamo impostare una discussione sana e corretta, dobbiamo rilevare, primo, come faceva da ultimo il consigliere Ciccioli, che il Dpefr viene stilato in assenza di un quadro certo della legge finanziaria nazionale. Non è un dato da poco o indifferente, ma è un dato fondamentale, perché a tutt’oggi la gran parte delle risorse disponibili per le Regioni e gli enti locali, deriva ancora dai trasferimenti nazionali, in modo particolare per quanto riguarda la sanità. In secondo luogo, l’impatto della legge finanziaria sull’andamento generale dell’economia e sulle condizioni sociali delle Marche e dei marchigiani è molto forte. In assenza di un quadro certo è difficile, da parte della regione, riuscire a definire pienamente gli indirizzi di fondo della politica di bilancio del prossimo anno, tuttavia quel poco che si sa della legge finanziaria nazionale ci dice che la manovra finanziaria sarà pesante, di tagli alla spesa pubblica e di riduzione complessiva del bilancio dello Stato. Saranno 24 miliardi di euro, più quelli necessari per ridurre le tasse ai ricchi.
Questo grande ammontare di risorse che verranno tagliate o ridotte, si scaricherà per buona parte sul sistema delle Regioni e delle autonomie locali. E’ un dato questo indiscutibile, tanto è vero che tutte le Regioni e tutte le associazioni delle Province e dei Comuni italiani, hanno protestato contro questa legge finanziaria e contro l’impostazione che c’è dietro. Il timore è quello che la riduzione delle tasse per i più ricchi comporterà conseguenze ancora più pesanti per i servizi erogati dalle Regioni e dalle autonomie locali. Si parla, ad esempio, dell’introduzione di nuovi tickets sanitari che dovrebbero essere messi persino sui ricoveri ospedalieri. Vedremo, quando il Governo avrà finito di litigare al proprio interno, quale sarà il contenuto concreto della manovra finanziaria. Tuttavia questo quadro è indubbio.
In questa situazione di difficoltà oggettiva nel formulare i bilanci della Regione, io penso che il Dpefr definisca alcune priorità di intervento importanti, anche se limitate e parziali, dato il contesto.
Le due priorità di intervento che vengono definite, quelle relative alla casa, cioè a un nuovo programma di edilizia residenziale pubblica in grado di fornire una risposta ai problemi sempre più crescenti delle famiglie che sono costrette a vivere in affitto e a pagare esosi canoni a causa della scarsità del mercato pubblico della casa, vanno in netta controtendenza con quanto il Governo nazionale sta facendo, cioè con la privatizzazione dell’intero patrimonio immobiliare pubblico che porterà a esasperare un problema che non è soltanto causa di sofferenza sociale per una parte rilevante delle famiglie italiane, in modo particolare di quelle a basso reddito, ma rappresenta anche una forte rigidità economica, perché impedisce la mobilità del lavoro.
La seconda priorità d’intervento, quella relativa ai trasporti, in un’ottica di rafforzamento infrastrutturale che sia pensato e realizzato in modo compatibile con le esigenze di tutela e di valorizzazione dell’ambiente e del territorio marchigiano, affronta un’altra delle questioni fondamentali per garantire un progresso ed una fuoriuscita dalla situazione di difficoltà in cui il sistema economico regionale, come quello nazionale, si trova. Queste due priorità d’intervento sono declinate con il rispetto, come si è fatto in tutti questi anni, relativo al mantenimento di un livello di spesa per i servizi sociali, in grado di garantire quanto meno ciò che ad oggi esiste.
Rispetto a queste priorità d’intervento sul piano politico, Rifondazione ritiene che da qui alla fine della legislatura occorra raggiungere alcuni obiettivi programmatici che già hanno trovato la strada dell’iter consiliare, oltre che quello di Giunta e che rappresentano il coronamento su alcuni aspetti, delle politiche e degli indirizzi che questa maggioranza sin dall’inizio si è voluta dare. Il primo riguarda la rapida approvazione della legge sui rifiuti che è in Commissione e che rappresenta necessariamente un tassello importante per affrontare in modo nuovo, seppure in continuità con le scelte che nel passato abbiamo compiuto rispetto a questa materia, un problema che anche nella nostra regione, altrimenti, diventerebbe scottante. La seconda questione programmatica che pensiamo debba essere conseguita in questi ultimi mesi di legislatura riguarda la legge sulle risorse idriche: la garanzia di una gestione pubblica del patrimonio idrico nella nostra regione deve essere una fondamentale acquisizione programmatica che questa maggioranza deve portare a compimento entro la fine della legislatura. La terza questione sulla quale intendiamo mettere l’accento come impegni programmatici, oltre alle priorità di intervento definito nel Dpefr riguarda il piano energetico regionale, che da molti anni è oggetto di discussione nella nostra regione e che negli ultimi mesi ha trovato un suo sbocco, a nostro avviso positivo, che deve trovare conclusione attraverso una sua rapida approvazione in questo Consiglio regionale.
Noi riteniamo quindi che anche l’impostazione del bilancio, così come la definizione delle linee di fondo sulle quali muoversi negli ultimi mesi della legislatura, debbano prevedere necessariamente queste questioni programmatiche fondamentali. In questo modo riusciremo a presentarci agli elettori marchigiani avendo pressoché completato il programma che all’inizio avevamo concordato insieme, sul quale abbiamo ottenuto il consenso dei cittadini marchigiani.
Un ultimo punto che necessariamente deve essere affrontato riguarda la questione della restituzione fiscale che questo Dpefr prevede. I consiglieri della minoranza, dal 2001 a questa parte parlano in continuazione di illegittimità di quanto si è fatto. Io voglio ricordare che l’illegittimità di una legge la può stabilire solo la Corte costituzionale. Il Governo per ben due volte ha deciso di non fare ricorso alla Corte costituzionale contro la manovra fiscale del 2001 della nostra Regione, perché evidentemente non c’è alcun fondamento di illegittimità, tanto è vero che il principio costituzionale che regola il nostro sistema fiscale è quello della progressività.
E’ vero che il Governo Berlusconi, quindi i suoi sostenitori in sede locale vogliono abrogare questo principi in modo tale da evitare che il sistema fiscale agisca in senso redistributivo, da chi ha di più verso chi ha di meno, perché vogliono fare una riforma fiscale a vantaggio esclusivo delle classi possidenti e benestanti di questo paese, tuttavia la Costituzione è ancora quella. E allora la Regione Marche, facendo quella manovra, ha applicato in maniera integrale il principio costituzionale della progressività, avendone la facoltà, aumentando le imposte su base progressiva al crescere del reddito. In questo modo siamo riusciti a salvaguardare interamente le classi medie e medio-basse della nostra regione, tanto è vero che quasi il 70% dei cittadini marchigiani non risulta gravato dall’addizionale ulteriore messa nel novembre del 2001. L’equità della manovra è quindi chiara e lampante. In secondo luogo, in questi anni siamo riusciti, con mille difficoltà e in parte anche al prezzo di una erosione parziale di alcuni servizi, a controllare il deficit sanitario. In sostanza, gli obiettivi di fondo di quella manovra sono stati raggiunti, oggi si parla di arrivare ad una restituzione fiscale. Noi abbiamo espresso una posizione di perplessità rispetto a questa manovra, perché riteniamo che, dato il contesto che prima descrivevo, imposto dal governo regionale, di taglio continuo delle risorse a disposizione, molti bisogni sociali risultano ancora insoddisfatti e non trovano risposta. In una situazione di questo tipo la riduzione fiscale non può essere una priorità, né dello Stato né del sistema delle Regioni e delle autonomie locali. Tanto più in una situazione in cui i livelli di evasione sono spaventosamente alti. Se mai si potrà parlare di riduzione del carico fiscale se riusciremo ad allargare la base imponibile, cioè a far pagare a tutti le tasse che oggi molti non pagano. Naturalmente questo esula dagli obiettivi di questo Governo, che ha fatto della illegalità e della pratica dei condoni la sua filosofia di fondo, ma questo non vale per la Regione Marche.
Se è vero che la priorità è oggi quella di dare risposte ai bisogni sociali insoddisfatti, in una situazione di impoverimento di massa che deriva dalla caduta del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, allora noi riteniamo che quelle risorse più proficuamente potrebbero essere indirizzate a rafforzare i servizi pubblici che la Regione, i Comuni e le Province delle Marche erogano ai propri cittadini.
Per questo noi, rispetto alle prime proposte che sono state poste in discussione, abbiamo premuto per ridurre e limitare al massimo l’entità della restituzione fiscale e per investire, invece, quelle risorse verso iniziative di carattere sociale e abbiamo anche tentato — e ci siamo riusciti, con l’ultima proposta, con un accordo pieno tra le forze della maggioranza — di calibrare la parziale riduzione fiscale verso le necessità dei redditi più bassi, dei redditi medi in questo caso, essendo quelli più bassi già completamente esentati. Tuttavia noi manteniamo questa perplessità e di fronte a proposte che vanno nella direzione di rafforzare i servizi pubblici, in modo particolare quelli di carattere sociale invece di restituzione fiscale alla fascia Irpef più alta, siamo favorevoli a questo tipo di proposte e anche in questa occasione, in sede di emendamenti al Dpefr le sosterremo.
Naturalmente pensiamo che la legge finanziaria e il bilancio regionale dovranno tener conto e di questo Dpefr e del quadro che uscirà definitivo dalla legge finanziaria nazionale. Vedremo allora, tra qualche settimana, quali saranno effettivamente le risorse a disposizione della Regione e forse potremo decidere con maggiore lucidità rispetto anche alla limitata restituzione fiscale che viene sancita con questo documento.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.

Luciano AGOSTINI. Farò alcune rapidissime considerazioni, soprattutto di carattere formale per chiarire alcuni aspetti, riservandomi di entrare nel merito della discussione quando discuteremo il bilancio di previsione, perché ritengo che molte delle cose che qui sono state dette verranno riproposte, anche con maggiori argomentazioni di merito. Vorrei quindi rispondere ad alcune che a me sono sembrate incongruenze madornali da parte dell’opposizione.
Nel momento in cui noi abbiamo approvato il Dpefr abbiamo detto “aspettiamo che il Governo tiri fuori il Dpef”, poi abbiamo scoperto che non si capiva qual era la linea di condotta del Governo nazionale, ma in qualche modo era ovvio, era giusto che la Giunta regionale tenesse in considerazione gli orientamenti di programmazione del Dpef. Quindi abbiamo fatto scivolare il termine dell’approvazione, proprio perché il Governo da giugno ha approvato a fine luglio il suo documento e noi l’abbiamo approvato a settembre, sapendo che il mese di agosto è un mese in cui c’è un periodo di transizione. Quindi siamo stati coerenti con i tempi: approvato il Dpef da parte del Governo noi abbiamo approvato il Dpefr. Ceroni ci dice: come mai avete approvato in ritardo il Dpefr? L’abbiamo approvato in ritardo per questo. Dopodiché facciamo uno sforzo di carattere formale, che poi fa anche sostanza, come i consiglieri sanno bene, perché si riesca, le poche volte che è capitato a questo Consiglio regionale, ad approvare il bilancio di previsione entro il 2004, quindi stando dentro i termini previsti dallo Statuto. Voglio dire che questi tempi hanno avuto, anche nel corso di questi anni, un marcia di avvicinamento al rispetto dei tempi e Ciccioli ci dice: perché avete rispettato i tempi? Quest’anno, proprio perché ci sono le elezioni dovevate approvare il bilancio di previsione a marzo. Vorrei cercare di dire che anche sulle cose più banali, quelle del rispetto dei tempi, da parte dell’opposizione ci deve essere un minimo di coerenza di linea di azione, non è possibile che uno ci dica “perché l’avete approvato in ritardo?” e subito dopo l’altro ci dica “perché avete rispettato i tempi?”. Mi rendo conto, Ceroni, che detto da uno che ha la “delega al vino”, far emergere queste contraddizioni ti infastidisca un po’, però sopportami come hai dovuto sopportare altre volte chi ha la “delega al vino”.
Detto questo, c’è una consapevolezza diffusa nell’opinione pubblica italiana, quindi anche marchigiana, che è più di una consapevolezza, è un radicamento, ormai concettuale, che questo Governo, come in effetti è, al di là delle azioni mediatiche mastodontiche che le televisioni e i giornali fanno tutti i giorni, proprio perché le massaie, come diceva il consigliere Ricci, vanno a fare spesa ogni giorno, ha potuto constatare che c’è un taglio grossissimo negli ultimi anni, al sistema delle autonomie locali, alle Regioni e un restringimento, proprio perché nulla si è fatto in politica economica, si è badato piuttosto a fare le leggi ad personam, tale da rendere una situazione ciclica difficile in senso regionale, ancora peggiore.
Il taglio del trasferimento, la strangolatura del sistema delle autonomie locali e delle Regioni è opinione diffusa. C’è una forte consapevolezza, checché ne dica l’azione mediatica posta in atto dal Governo, che è notoriamente di proporzioni notevolissime, di questo.
Voler dimostrare che il Governo in questi anni ha trasferito più risorse alla Regione Marche è una cosa improba, anche perché, consigliere Ceroni, ti ricordo solo una cosa. Ieri ti ho richiamato sulla differenza tra competenza e cassa, oggi ti dico “vai a vedere il significato di fabbisogno, che è un altro termine che dobbiamo tenere in considerazione quando organizziamo uno strumento di programmazione, circa i trasferimenti. Se continui ad insistere sul fatto che nel 2004 abbiamo ricevuto 250 milioni in più di competenze del 2003, io continuo a dire che è un errore marchiano quello che state commettendo. Siccome i numeri non sono opinabili, si tratta di 950 milioni di euro per quanto riguarda i ritardi nei trasferimenti, che costano alla Regione Marche tra i 40 e i 60 milioni di euro. Io continuo a sostenere che probabilmente saremmo in grado di annullare, se il Governo rispettasse gli impegni nei trasferimenti, anche il deficit della sanità. Ripeto e rammento, che da questo punto di vista abbiamo impostato una programmazione e anche qui c’è una differenza di cultura politica: il presidente del Consiglio ogni anno dice “ridurremo le tasse”, poi la scorsa settimana ha detto “ovviamente, anche quest’anno non siamo in grado di ridurre le tasse, lo faremo nel 2006”. Poi, la settimana dopo dice “siccome ho visto i sondaggi, bisogna ridurle nel 2005”. C’è un diverso modo di cultura politica.
Noi abbiamo fatto, invece, la programmazione, che è un altro termine molto distante dalla vostra cultura politica. Di questo non ne facciamo clamore, né facciamo i manifesti per dire che abbiamo rispettato le promesse, perché il rispetto degli impegni è una prassi di etica normale nel buon funzionamento del Governo. Noi abbiamo rispettato la programmazione e abbiamo mantenuto gli impegni, quindi nulla c’entra con l’abbassamento delle tasse, l’enfatizzazione che voi fate, delle tasse. Abbiamo solo rispettato gli impegni che per colpa del Governo, alla fine del 2001 dovemmo prendere, applicando ai marchigiani l’addizionale sull’Irap e sull’Irpef. Stiamo rispettando quegli impegni, non stiamo facendo nulla di eccezionale. Stiamo rispettando quell’impegno, che è prassi normale di buoni amministratori e di buon governo, così come avevamo programmato.
Sulle tasse, la dovete finire di dire che questa è la regione più tartassata d’Italia, perché non è vero. Non lo dice un manipolo di bolscevichi che stanno dentro l’assessorato al bilancio, lo dice un’appendice dello Stato, cioè l’ufficio delle entrate, un’appendice dello Stato che voi purtroppo governate, ancora per poco. Dice: il 67% della platea dei contribuenti non è toccato dall’addizionale Irpef. Cosa che non può dire, ad esempio, Formigoni, che non può dire Galan, perché hanno scelto non la progressività, che noi continuiamo a difendere, come dice Ricci, per scelta politica, perché la stessa Costituzione parla di progressività. Questi hanno messo lo 0,5 in più — queste due Regioni di cui spesso vi fate vanto — anche sui redditi più bassi, quelli fino a 15.000 euro.
Cerchiamo allora di abbandonare questa favoletta polemica, stiamo alle cose serie, discutiamo, confrontiamoci sulle questioni vere.
Siccome io sono abituato a misurare le parole, assumendomi anche le responsabilità quando debordo, consigliere Ceroni — quindi non mi offendo quando dici che io ho la “delega al vino”, dandomi dell’ubriaco e non credo che tu ti possa offendere quando io dico che “dai i numeri” — quando parlo di consulenti ricordo che il vanto delle consulenze l’avete fatto voi sulla stampa, per primi. Quindi io ho parlato di consulenti e ho parlato di devianze, che siamo in grado anche di dimostrare, senza per questo voler offendere alcuno sul piano personale.

Remigio CERONI. Con chi te la prendi?

Luciano AGOSTINI. Siccome l’hai innescata tu questa polemica, io la voglio chiarire. Io ho parlato di consulenti. Voi avete detto che noi abbiamo messo lì una bella squadra di consulenti. L’avete detto voi nella presentazione del vostro “libro bianco”, che è bianco perché non parla di nulla, tranne qualche impropero qua e là. Ci avete scritto quattro insulti privi di significato e basta. L’avete detto voi. Io ho parlato solo di devianze relativamente ai consulenti. Quindi nessun tipo di offesa di carattere personale, quelle ce le facciamo tra di noi, caro Ceroni.
Da ultimo vorrei rispondere a un’analisi che del tutto legittimamente ha fatto il consigliere Cecchini, dicendo che questo è un Dpefr che poteva essere approvato da tutte le Regioni, cercando di sminuire la portata della nostra programmazione.
Voglio solo ricordare lo stato e il contesto generale. Mantenere la stessa capacità di spesa facendosi carico del fabbisogno maggiore, non è, in questo contesto, cosa da poco conto, facendoci anche carico dell’art. 3 della legge finanziaria, che magari Ceroni e Giannotti possono spiegare meglio alla collega Cecchini, da questo punto di vista. Quindi non è cosa di poco conto mantenere stabile un’azione in un contesto generale abbastanza difficile, per non usare altri aggettivi. Inoltre abbiamo cercato di fare alcuni sforzi. Ne rammento solo alcuni. Il piano casa, che è economia ed è sociale. Noi abbiamo investito qualcosa come 97 milioni di euro su un piano casa, rispondendo a un bisogno sociale, ma nel frattempo dando anche qualche indirizzo di carattere economico. Manteniamo l’azione sulle Agende di sviluppo locale, che è un ulteriore impulso all’attività e al fermento che gli enti locali e il territorio in questi anni hanno messo in campo. Abbiamo fatto partire la prima tranche del progetto di non autosufficienza degli anziani, che è una ulteriore risposta alle questioni di carattere sociale.
Cito questi tre elementi, ma altre cose di minore portata ci sono, perché secondo me c’è anche una caratterizzazione di sviluppo, non solo di contenimento, dato il contesto generale, anche se, da osservatrice attenta quale tu sei, non ti può sfuggire il contesto di carattere generale assolutamente difficile.
Da ultimo ho visto l’emendamento del consigliere Procaccini. Nella prima parte può essere condivisibile. La parte che parla della modifica delle aliquote Irpef, chiedo al consigliere Procaccini di stralciarla, discutendone nella discussione del bilancio di previsione.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli emendamenti. Il primo è presentato da Procaccini e Martoni. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Per la verità il nostro gruppo è abbastanza deluso da questa riposta di sfuggita dell’assessore rispetto alle nostre proposte, anche perché, purtroppo, non è vero che si è compiuto, come sarebbe stato doveroso fare, un accordo della maggioranza prima di proporre alla Commissione il Dpefr. In realtà c’è stata una sintesi, legittima, giusta dal punto di vista della loro ottica, degli assessori e dei partiti della Giunta. Non mi pare, assessore, Presidente, colleghi e compagni, che questo sia un buon metodo, anche perché realizzare una sintesi ferrea, inamovibile su una questione così impegnativa, rischia di compromettere la concretizzazione di un serio bilancio rischia di far compiere a voi stessi e a tutta la maggioranza, come è successo in altre occasioni che noi avevamo per tempo detto e analizzato, sottovalutazioni e sbagli.
C’è anche in questa occasione una sottovalutazione di direzione politica. Si compie o si rischia di compiere, ancora una volta, un errore gravissimo: quello di anteporre la tattica alla strategia.
Anche nelle Marche mi pare esserci, da parte di settori della maggioranza, l’ossessione di ridurre le cosiddette tasse, anzi si obietta “noi l’avevamo detto prima di Berlusconi”. Secondo noi, le condizioni che nel 2001 portarono alla manovra fiscale, non solo non sono cambiate in meglio ma sono peggiorate. Il bilancio regionale non può guardare a se stesso e dentro se stesso, con l’interesse verso la propria compatibilità tecnocratica. Non si può disinteressare di un contesto esterno.
Qual è questo contesto esterno? La crisi occupazionale investe anche le Marche, non certo per colpa della Regione, anzi le politiche di questa Regione, da dieci anni a questa parte hanno ottenuto un tessuto connettivo e di servizi di buon livello. Sono state fatte scelte significative in materia di sanità pubblica, in materia di servizi sociali. Dobbiamo continuare su quella strada. La crisi della calzatura ha portato, in un solo anno, a meno di 4.000 addetti. Sono stati fatti 43 milioni di paia di scarpe in meno. La crisi nel tessile, la crisi nel mobile, la crisi dell’elettrodomestico rischiano di espellere dai settori e dai distretti industriali più di mille lavoratori.
La delocalizzazione diventa, per alcune grandi imprese — perché le piccole non hanno l’opportunità di questa opzione — di diventare l’ultima spiaggia nella ricerca di profitti maggiori con meno diritti.
La situazione economica generale è disastrosa, non per colpa della Regione, perché il caro vita attacca il salario e le pensioni e non è certo il feticcio della riduzione delle tasse a rilanciare l’economia e i consumi. Ormai questa prerogativa non è più neanche nei canoni classici del capitalismo così come l’abbiamo conosciuto. I consumi si rilanciano con poderosi investimenti pubblici per sostenere i servizi sociali collettivi, quelli a domanda individuale e quelli a domanda collettiva. Gran parte di questi servizi, a cominciare dal gas, dall’energia elettrica, dai trasporti, sono stati privatizzati. I costi sono aumentati, il salario e la pensione non bastano più. Non esistono più nel nostro paese tariffe amministrate, non esiste più un calmiere pubblico che tuteli i salari e le pensioni.
In questo contesto, che ancora una volta in maniera molto sommaria descrivo, la Regione deve diventare un soggetto attivo e non passivo, di mera restituzione delle cosiddette addizionali. In questo contesto non ci si può deprivare, a cuor leggero, di risorse derivanti dalla fiscalità generale. Vorrei dire — molti di noi hanno fatto gli amministratori pubblici nei Comuni e nelle Province — che neanche in una situazione di avanzo di amministrazione, quindi di normalità contabile, sarebbe giusta una manovra fiscale all’inverso, perché una impostazione di questo tipo ha in sé anche i connotati di iniquità, in quanto toccherebbe i redditi alti perché gli scaglioni di reddito più bassi sono stati giustamente lasciati invariati.
Come voteranno i Comunisti italiani? Io credo che i nostri emendamenti possano essere modificati, perché se la parte in cui proponiamo di introdurre un nuovo titolo non è sostanziata da una risorsa, sarebbe poca cosa, sarebbe meglio ritirarla. Allora, per venire incontro a una esigenza complessiva di tenuta della vostra impostazione iniziale, che noi critichiamo nella parte della riduzione fiscale, ma che non vogliamo stravolgere, possiamo dire in maniera seria che, anziché, come diciamo nel nostro emendamento, non toccare i redditi oltre quella cifra, visto che gli scaglioni sono tre, lasciamone almeno uno, quello più alto, invariato, in modo tale che si possa mettere in circolo un percorso virtuoso.
In realtà la sanità non ha risparmiato solo in termini di eliminazione di sprechi, di razionalizzazione — tutto questo è positivo e noi lo abbiamo sostenuto e lo sosteniamo in pieno — ma anche perché ci sono stati fattori esterni devastanti che hanno fatto risparmiare la sanità. Se volessimo fare una cosa seria, potremmo vedere di utilizzare meglio, da qui al bilancio, assessore, queste disponibilità reali o presunte in favore del sociale, in favore degli anziani e in favore del socio-sanitario per la riduzione delle liste di attesa. Questo si attendono i marchigiani e non la riduzione di qualche punto che diverrebbe effimero nella sostanza generale delle aliquote Irpef.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.

Luciano AGOSTINI. Ovviamente non mi sottraggo mai dalle discussioni e dal confronto, come il consigliere Procaccini sa, quindi accolgo l’invito a confrontarci e discutere su come organizzare meglio, tenendo conto di più punti di vista, il bilancio, che noi tra l’altro abbiamo già approvato in Giunta e che risponde ad alcuni criteri politici precisi. Quindi non mi sottraggo a questo confronto. Non per sminuire la portata del contributo dato dal consigliere Procaccini con l’emendamento, ma accettare per intero tutto l’emendamento, anche nella parte in cui si parla della modifica delle aliquote, significa avere già deciso quali sono le aliquote, quando la Giunta ha non dico fatto altre scelte, ma una scelta che tiene conto di quello che dice il consigliere Procaccini, in maniera anche un po’ più complessa. Quindi ribadisco la mia piena disponibilità al confronto e a trovare gli equilibri giusti, tenendo conto di tutti i punti di vista. Dal mio punto di vista, che tiene conto anche di quello che nell’emendamento si esprime, penso che metterlo in quel modo significa preordinare, ingabbiare una scelta che invece può avere anche una visione un po’ più completa e complessa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Noi riteniamo che rispetto a proposte di modifica, in assenza di una condivisione preliminare, che tra l’altro come gruppo abbiamo chiesto anche formalmente — correttezza avrebbe voluto anche una risposta, una telefonata — rispetto a queste questioni di sostanza nell’architettura complessiva del Dpefr valuteremo come votare, alla fine.
La proposta che faccio, assessore, una ulteriore necessità che sento dal punto di vista unitario, complessivo, che non è solo programmatico, è la seguente. Se diciamo che si debba lasciare invariata l’aliquota superiore ai 30.987 euro, troviamo la necessità di sostanziare il nuovo punto d) che anche voi avete accolto, con una riduzione che non riguarda più le tre fasce ma che ne riguarda due, in modo da liberare risorse per i servizi sociali.

Luciano AGOSTINI. Noi abbiamo approvato il bilancio. In quella sede possiamo discutere — e, ripeto, non mi sottraggo al confronto, a 360 gradi — tenendo conto dei vari punti di vista. Ma mettere la definizione delle aliquote nel Dpefr a mio giudizio è anche dal punto di vista formale improprio, tenendo conto, anche dal punto di vista sostanziale, che la Giunta ha già approvato. Di fatto è evidente che questo entra in contraddizione palese.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento dei consiglieri Procaccini e Martoni.

Il Consiglio non approva

Viene chiesta la verifica del voto, quindi pongo nuovamente in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 2 del consigliere Procaccini. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

L’emendamento n. 1 bis del consigliere Castelli, che propone di sostituire la parola “polare” con la parola “cometa” è inammissibile. Il consigliere Castelli sa che nelle circostanze più tese deve stemperare la tensione, però non possiamo giocare, quindi non lo discutiamo neanche.

Guido CASTELLI. Presidente, era un emendamento di carattere provocatorio, però aveva un senso politico. Volevo semplicemente dire che il tipo di astro che ha orientato l’azione della Giunta regionale, più che la stella polare sembrava la stella cometa che notoriamente è un astro che descrive una traiettoria luminescente, ma mobile e precipitevole.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno presentato dai consiglieri Castelli ed altri.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Ho presentato questo ordine del giorno insieme ai colleghi di Alleanza nazionale, perché proprio in questi ultimi giorni si sono susseguiti voci, giudizi e commenti per quanto riguarda il famoso quesito che incombe su di noi: quelle imposte dalla Regione Marche, sono o non sono le tasse più alte d’Italia? Senza ricorrere particolarmente a valutazioni statistiche ed econometriche, mi sono limitato ad allegare all’ordine del giorno la tabella che il Ministero dell’economia ha allegato alle istruzioni per la compilazione del modello unico e del 730 per il 2004.
Come è facile evincere dalla percezione visiva di questo quadro, nella regione Marche si ha un record che è difficilmente confutabile, in quanto l’addizionale Irpef regionale è superiore a tutte le altre addizionali Irpef presenti nel territorio nazionale. Nessuna Regione, in particolare per il 2003, ha previsto addizionali regionali all’Irpef superiori all’1,40, mentre invece sappiamo qual è il livello di tassazione vigente, almeno secondo le indicazioni che la Regione ha dato al Ministero dell’economia, nella nostra regione. E’ evidente che questo record non è solo utile a dirimere quel quesito, ovvero se siano davvero le più alte della nazione le aliquote Irpef delle Marche, ma è utile anche a tornare, anche se solo per un attimo, sul problema della legalità e della legittimità dell’imposizione fiscale Irpef.
In realtà la Giunta regionale ha inteso arbitrariamente estendere all’anno 2003 cioè che in realtà la legge nazionale autorizzava per il solo 2002. Noi siamo come contribuenti — ma lo sono tutti i cittadini marchigiani — posti nella condizione di dover subire indebitamente un livello di addizionale Irpef che non è giustificato dalla legge.
Quindi il senso di questo ordine del giorno è di impegnare la Giunta regionale a porre in essere gli atti necessari a garantire il rimborso ai contribuenti marchigiani di quanto versato in eccesso, perché dati alla mano, leggi alla mano, ciò che nelle Marche per il 2003 è concretamente applicabile come addizionale Irpef, è pari alla misura base dello 0,9. Perché questo? Perché la Regione Marche non ha, nel corso del 2002, provveduto ad avvalersi della facoltà che è accordata in via ordinaria alle Regioni, di elevare fino all’1,4 l’addizionale. Probabilmente per godere dell’effetto surrettizio per il 2003, di quanto ha autorizzato solo per il 2002, la Regione Marche non ha fatto nulla di tutto ciò. Voi sapete che stanno piovendo sulla Regione migliaia di ricorsi, è prossima anche una pronuncia della commissione tributaria, ma ritengo che sia cosa utile e doverosa, visto che si tratta di tasse, impegnare la Giunta ed evitare una Caporetto giurisdizionale, per poter invece fare un passo concerto nella direzione della legalità.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno.

Il Consiglio non approva

Roberto GIANNOTTI. Presidente, c’è anche un nostro ordine del giorno, presentato dal consigliere Viventi, che è anche stato distribuito.

PRESIDENTE. In realtà è stato presentato un documento, chiamato impropriamente “mozione”. Lo consideriamo comunque “ordine del giorno” e lo poniamo in votazione.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Riprende i motivi che sono stati ampiamente citati adesso dal consigliere Castelli. E’ un ordine del giorno sottoscritto dai consiglieri dell’Udc e di Forza Italia e chiede, di fatto, l’azzeramento delle addizionali regionali.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno.

Il Consiglio non approva

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.
Sergio NOVELLI. Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Consigliere Novelli, prima di procedere alla votazione sulla proposta di atto amministrativo, pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Prima di porre in votazione la proposta di atto amministrativo, prego di procedere alla verifica del numero legale.

Adriana MOLLAROLI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini presente
Amagliani presente
Amati presente
Ascoli presente
Avenali presente
Benatti presente
Brini assente
Castelli assente
Cecchini assente
Ceroni assente
Cesaroni assente
Ciccioli assente
Comi presente
D’Ambrosio presente
D’Angelo presente
Donati presente
Favia presente
Franceschetti presente
Gasperi presente
Giannotti assente
Grandinetti assente
Luchetti presente
Martoni assente
Massi Gentiloni Silveri assente
Melappioni presente
Minardi presente
Modesti presente
Mollaroli presente
Moruzzi presente
novelli presente
Pistarelli assente
Procaccini assente
Ricci assente
Rocchi presente
Romagnoli assente
Secchiaroli presente
Spacca presente
Tontini presente
Trenta assente
Viventi assente

PRESIDENTE. Dato che sussiste il numero legale, pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Modifiche alla legge regionale 27 luglio 1998, n. 24: Disciplina organica dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia agroalimentare, forestale, di caccia e di pesca nel territorio regionale» Giunta (238)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 238, ad iniziativa della Giunta.
Il relatore rinuncia alla relazione, quindi passiamo alla votazione.

Guido CASTELLI. Presidente, vorrei intervenire in merito a un emendamento presentato dalla Commissione al testo licenziato dalla Giunta. In particolare, provvidenzialmente la Commissione, all’art. 4 — faccio riferimento alle funzioni che vengono delegate alle Province — alla lettera h) ha ricondotto la competenza della Provincia anche agli interventi e agli indennizzi per i danni arrecati da animali selvatici non solo al patrimonio zootecnico ma anche alle colture. E’ una cosa giusta, quindi giusta e doverosa correzione che esonera gli Atc da una condizione miserrima, quella di non avere risorse per poter risarcire i danni nelle zone non protette. Meno ovvia è l’individuazione delle risorse, perché il presidente Avenali mi insegna che se a questa previsione non ricolleghiamo anche una modifica della legge 7, anche le Province si troveranno nella stessa condizione degli Atc.
Qual è il problema che scontiamo nella nostra regione? Che la 152 stabilisce che i proventi delle tasse regionali vadano a costituire un fondo per gli indennizzi, tuttavia questo fondo, secondo quanto disposto dalla legge 7, non va poi, però, finalizzato agli Atc che sono competenti in materia. Quindi è assolutamente necessario — vorrei raccogliere una assicurazione in questo senso da parte della Giunta regionale e dell’assessore competente — che anche nella stessa finanziaria si preveda una volta per tutte, che il fondo regionale costituito con i proventi della tassa regionale, venga finalizzato per sostanziare questa nuova competenza delle Province.
Vorrei quindi che il presidente assumesse questa raccomandazione e la facesse propria, perché è un problema sentito da tutti, altrimenti le Province non avranno i soldi per risarcire i danni.

PRESIDENTE. Se siamo d’accordo ad approvare le proposte di legge senza discussione, noi non possiamo capovolgere addirittura l’ordine dei lavori.
Ha la parola il consigliere Avenali.

Ferdinando AVENALI. Devo dare una risposta al collega Castelli. Il suo quesito in parte trova risposta all’art. 8, dove si parla di trasferimento di risorse e di patrimonio in funzione del trasferimento di competenze. Abbiamo anche cambiato, come Commissione, la scadenza, portandola dal 2004 al 2005, perché un trasferimento di competenze così importante ha bisogno di una forte organizzazione e non è opportuno farlo a cavallo di una legislatura. Quindi, in funzione dei trasferimenti dovremmo trasferire le risorse.
Per quanto riguarda il bilancio, il quesito che lei pone, che gli introiti dalle licenze dei cacciatori debbano andare investiti nel settore, è altro tipo di discorso. Lo possiamo fare, però la risposta al fatto che noi trasferiamo a un ente determinate competenze, la trova nel fatto che con il trasferimento delle competenze devono anche arrivare risorse. Quindi o sono provenienti dall’attività venatoria o da altri capitoli di bilancio, sicuramente la risposta ci sarà. La legge comprende la risposta. Poi, in sede di bilancio discuteremo se già fin da quest’anno vogliamo fare un’operazione maggiore rispetto a quella fatta l’anno scorso. Però dal punto di vista tecnico la risposta la diamo con l’articolo 8.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Emendamento n. 1 a firma Avenali e Cesaroni. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 2 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Subemendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 4 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva
Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva




Proposta di legge (Votazione): «Modifiche alla l.r. 22 ottobre 2002, n. 22. Disciplina degli impianti di trasporto a fune in servizio pubblico, delle piste da sci e dei sistemi di innevamento programmato» Giunta (250)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 250, ad iniziativa della Giunta.
Non c’è relazione.
Articolo unico. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva
Proposta di regolamento (Votazione): «Individuazione degli organismi collegiali oggetto di riordino o soppressione in attuazione dell’articolo 3, della l.r. 12 maggio 2003, n. 7» Giunta (5)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 5, ad iniziativa della Giunta.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Emendamento n. 1 dell’assessore Melappioni. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 2 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Emendamento n. 3 a firma Modesti. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 3 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5 Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva
Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di regolamento.

Il Consiglio approva




Proposta di regolamento (Discussione e votazione): «Affidamento e gestioni delle sponsorizzazioni» Giunta (6)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 6 ad iniziativa della Giunta.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6 Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva
Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di regolamento. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Pistarelli.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Fabio PISTARELLI. Ritengo che questi regolamenti possano e debbano avere un minimo di discussione. I regolamenti sono ancora più delicati delle proposte di legge, perché concernono la concreta attuazione di linee di indirizzo che noi diamo con le proposte di legge o di atto amministrativo.
In questo caso, sulla questione delle sponsorizzazioni anche affidate a terzi, cioè affidare incarichi di sponsorizzazione ad esterni — agenzie specializzate in campo pubblicitario — stiamo assistendo a tutta una serie di iniziative, anche importanti sotto un profilo di rilievo economico, che non hanno assolutamente visto una verifica dei criteri e delle modalità di scelta di soggetti terzi.
Questa, a mio avviso, è una cosa che deve essere vagliata e valutata proprio su quegli aspetti che avevamo detto essere indispensabili, di controllo della spesa, di controllo e trasparenza delle scelte. Questo è un regolamento che dà la possibilità di scegliere in maniera assolutamente libera, spazi, determinazioni di sviluppi comunicativi, flussi di informazioni che molto spesso abbiamo visto essere a senso unico. Faccio riferimento, ad esempio, alle ultime campagne pubblicitarie o di promozione: non c’è uno spazio minimo per un dibattito, anche se si utilizzano pagine e pagine di inserti pubblicitari nei quotidiani o nelle riviste, anche molto lette.
Molto spesso, anzi, vi è un’autoreferenzialità che spaventa. Ecco l’attenzione che ci deve essere su queste questioni.
Il regolamento è passato in II Commissione, non so come si è espressa la Commissione stessa, ma non si sono trovati l’equilibrio e l’unanimità su certe scelte. Su questo l’attenzione ci deve essere, non possiamo fare in due minuti d’orologio cose che riguardano anche impegni importanti, grossi, cioè importi anche molto di rilievo. La gestione fino ad oggi, di questi aspetti, non è stata a nostro avviso positiva, la regolamentazione che andiamo ad approvare non ci soddisfa su questo piano, non dà la possibilità di controllare le scelte che vengono effettuate, le scelte dei soggetti che sono stati e saranno individuati.
Per questi motivi noi non esprimiamo il nostro voto favorevole, anzi chiediamo che una verifica puntuale di quello che è stato fino ad oggi l’impegno di spesa complessivo e anche il criterio delle scelte di natura comunicativa, venga fatta con cifre, dati, soggetti, indicazioni precise, perché dai bilanci dei vari uffici può essere fatto questo quadro complessivo. Non abbiamo ancora la possibilità di ragionare sopra questi dati, perché molto spesso si individua il capitolo, poi si dà la libertà più assoluta e completa di scelte di soggetti, di scelte di linee di comunicazione che nella maggior parte dei casi non vedono una parità di condizioni tra l’indicazione che viene fuori dall’Esecutivo rispetto al dibattito delle forze presenti in Consiglio regionale. Per questi motivi non voteremo questo regolamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non solo non voto, ma chiedo il rinvio in Commissione, perché una lettura più attenta fatta nella giornata di oggi ci ha messo nella condizione di esprimere una valutazione preoccupata di alcuni passaggi.

PRESIDENTE. Abbiamo già votato gli articoli, quindi non può essere accolta la sua richiesta.

Roberto GIANNOTTI. Cito uno per tutti il fatto che addirittura si decida di affidare a terzi, ad una società esterna la ricerca degli sponsor. Mi sembra una cosa quantomeno inopportuna, quindi siamo contrari a questo atto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Secondo me il regolamento va approvato. Ci abbiamo lavorato in Commissione, abbiamo portato avanti una discussione che ha coinvolto tutta la Commissione al di là della rappresentanza della maggioranza o dell’opposizione, abbiamo introdotto due modifiche alla proposta che era venuta dalla Giunta, una delle quali riguarda proprio la questione che adesso citava il collega Giannotti, laddove si prevede anche il ricorso ad agenzie esterne per l’individuazione di queste sponsorizzazioni. In Commissione abbiamo limitato questa possibilità solo a quando ci sono interventi complessi, che quindi richiedono anche la partecipazione di organismi e di agenzie specializzate per grossi interventi.
Credo quindi che è stato fatto un buon lavoro con il coinvolgimento di tutta la Commissione. Va dato atto, tra l’altro, alla Giunta di avere presentato un regolamento che definisce i criteri entro i quali gli uffici, i servizi e la Giunta stessa si possono muovere, cosa che non era obbligatoria, quindi va dato giusto merito alla Giunta per avere previsto questi criteri.
Credo che oggi, al di là della posizione delle opposizioni, il regolamento vada approvato.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di regolamento.

Il Consiglio approva




Proposta di regolamento (Discussione esame degli articoli e rinvio): «Requisiti e modalità per l’autorizzazione e l’accreditamento dei servizi per l’infanzia, per l’adolescenza e per il sostegno alle funzioni genitoriali e alle famiglie di cui alla legge regionale 13 maggio 2003, n. 9» Giunta (10)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 10.
Ha la parola il relatore, consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Si tratta di un regolamento riguardante i requisiti organizzativi e strutturali per i servizi all’infanzia. E’ già stato elaborato con dovizia dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. In Commissione, pur avendo lavorato e limato determinati aspetti delicati, ho ribadito una posizione che ormai è affermata in più di un passaggio dell’attività istituzionale consiliare da parte nostra, cioè il fatto che regolamentare in maniera eccessiva — questo è il problema — aspetti che poi vedono sicuramente sfuggire, comunque, tutte le tipologie o tutti i casi, le casistiche che si possono trovare nella realtà concreta, significa andare a mettere in difficoltà il settore dei servizi sociali, il settore dei servizi all’infanzia e all’adolescenza in questo caso, ma anche quelli delle case protette, degli anziani ecc. Significa mettere in difficoltà situazioni che vedono una realtà diversa rispetto a quella che può essere il contenitore teorico che possiamo produrre in sede legislativa, regoalmentare e quant’altro.
Questa è stata la preoccupazione, perché fare anche mille casi significa comunque trascurarne altri, lasciarne fuori altri. Quelli devono andare in deroga per forza, perché non sono stati contemplati. La regola della regola della regola significa molto spesso essere costretti a mettere deroghe, perché su un dettaglio eccessivo si esce fuori dalla lettura di una realtà corretta.
Questo significa il nostro voto contrario in Commissione, non nel senso di non dare attenzione a certe strutture che devono avere degli standard minimi, però un conto è ragionare su standard minimi e poi lasciare ad una elasticità di concreta attuazione e attivazione di determinate procedure, siano esse di controllo che di implementazione di certe attività, altro conto è essere eccessivamente prolifici nei dettagli regolamentari.
In questo caso siamo andati troppo oltre una lettura concreta, legata alla realtà attuale dei servizi per l’infanzia e l’adolescenza. Ci sono infatti degli aspetti che hanno visto tante cooperative, tante strutture pubbliche e private che hanno manifestato delle perplessità. Abbiamo fatto un lavoro, seppur parziale, comunque di correzione e a nostro avviso questo lavoro è giunto al risultato finale in maniera ancora insoddisfacente per quello che riguarda la nostra posizione, che è quella di una visione più elastica e vicina alla realtà che deve sicuramente migliorare, maturare, far crescere i suoi livelli qualitativi di servizio proposto, ma che non deve essere soffocata da quelle che possono diventare non regolamentazioni ma limitazioni, impedimenti ad un prosieguo e ad un potenziamento delle attività di un settore così delicato come quello dei servizi sociali.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva
Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Emendamento a firma Mollaroli. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 6 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva
Fabio PISTARELLI. Presidente, non ci sono le condizioni per continuare la votazione. O facciamo una presenza attenta a queste questioni, o rinviamo l’atto a quando ci sarà una condizione giusta. Non è assolutamente dignitoso per l’aula fare una cosa del genere.

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Fabio PISTARELLI. Presidente, rinviamo il punto: quando ci sarà il numero sufficiente di consiglieri si farà. Altrimenti dovrò chiedere la verifica del numero legale.

Silvana AMATI. Presidente, chiedo il rinvio di questo punto dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di rinvio.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 18,40