Resoconto seduta n. 212 del 14/12/2004
La seduta inizia alle 10,50


Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell'art. 29 del Regolamento interno, i processi verbali delle sedute n. 210 e 211 rispettivamente del 4 e 10 dicembre 2004.




Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 7 dicembre 2004, la proposta di legge n. 279, ad iniziativa della Giunta: «Riordino delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) e disciplina delle aziende pubbliche di servizi alla persona», assegnata alla V Commissione.





Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, dal consigliere Massi, la mozione n. 391 «Organizzazione amministrativa Giunta regionale: organizzazione e capitale umano».





Deliberazioni adottate dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta ha adottato le seguenti deliberazioni:
— n. 1429: «Art. 27 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti dall'assegnazione di fondi dallo Stato e delle relative spese - Euro 17.701.292,00»;
— n. 1430: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dalla U.E. per il progetto "LIFE04" - Euro 545.760,00»;
— n. 1431: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato- Euro 72.727,81»;
— n. 1432: «Art. 27, comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 -di entrate derivanti da assegnazioni statali per interventi in materia di lavori pubblici e di protezione civile - Euro 3.657.143,77»;
— n. 1433: «Art. 27 comma 1 della l.r. n. 3/2004 - iscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2004 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato per edilizia sovvenzionata - Euro 11.664,00»;
— n. 1434: «Art. 22 comma 3 della l.r. n. 31/2001 - variazione al bilancio di cassa per l'anno 2004 Euro 9.174,05»;
— n. 1435: «Art. 27 della l.r. n. 3/2004 - variazione agli stati di previsione del bilancio per l'anno 2004 relative alla ripartizione delle risorse per il SSN 2004 di cui alla delibera CIPE 26/2004 - euro 1.758.894,00»;
— n. 1436: «Art. 20 comma 3 della l.r. n. 31/2001 - prelevamento dal fondo di riserva spese obbligatorie, per l'integrazione dello stanziamento di capitoli di spesa compresi nell'elenco 4 "Elenco delle spese dichiarate obbligatorie del bilancio di previsione per l'anno 2004 - Euro 9.000,00"»;
— n. 1437: «Art. 20 comma 3 della l.r. n. 31/2001 - prelevamento dal fondo di riserva spese obbligatorie, per l'integrazione dello stanziamento del capitolo di spesa 20812102 del bilancio di previsione per l'anno 2004 - Euro 600.000,00»;
— n. 1438: «Art. 29 della l.r. 31 dell'11 dicembre 2001 - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004 approvato con DGR n. 175/2004 - Euro 373.209,18»;
— n. 1439: «Art. 29 della l.r. 31 dell'll dicembre 2001 - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004 approvato con DGR n. 175/2004 - Euro 13.350,00»;
— n. 1440: «Art. 29 della l.r. 31 dell'll dicembre 2001 - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004 approvato con DGR n. 175/2004 - Euro 168.905,78»;
— n. 1441: «Art. 29 della l.r. 31 dell'll dicembre 2001 - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004 approvato con DGR n. 175/2004 - Euro 188.254,47;
— n. 1442: «Art. 29 comma 2 della l.r. n. 31/2001 - variazione compensativa al programma operativo annuale 2004 - Euro 14.899,75».

La seduta, sospesa alle 10,55,
riprende alle 11,05



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull’ordine dei lavori, il consigliere Avenali. Ne ha facoltà.

Ferdinando AVENALI. Chiedo di anticipare la trattazione dei punti 6 e 7, prima di discutere la legge elettorale, perché si tratta di due atti approvati all’unanimità dalla Commissione e c’è consenso unanime.
Se è necessario, visto il programma intenso di lavori, se è necessario andare avanti a oltranza credo che si possa anche fare questa scelta, pertanto cerchiamo di approvare gli atti che sono comunque urgenti. Credo che non sia pensabile che riusciamo a fare il PAR, oggi, perché c’è un ordine del giorno nutrito.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. Chiedo l’accorpamento nella discussione dei punti 2 e 4 relativi rispettivamente all’istituzione della riserva della Sentina e al Ptrap.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Credo sia necessario, come corollario a quanto chiesto dai colleghi, chiedere l’anticipazione, dopo questa nuova strutturazione dei lavori, della discussione della legge elettorale senza pausa per il pranzo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Oltre a manifestare l’assenso sull’anticipazione delle due proposte, dato che sono relatore dell’atto amministrativo sulla tutela delle risorse genetiche, ma anche della proposta di legge che prevede una residuale modifica della proposta di legge, credo che per semplificare i lavori potremmo fare un’unica discussione, un’unica relazione. Questo può facilitare il Consiglio nell’affrontare la discussione sull’atto amministrativo e la legge abbinata in tempi molto ridotti, perché ci troviamo di fronte a provvedimenti che sono stati votati all’unanimità in Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Mi rivolgo al Presidente D’Ambrosio. Credo che due vicende che hanno caratterizzato le scelte della Giunta regionale in questo ultimo periodo e che hanno provocato reazioni, conflitti istituzionali anche pesanti — penso all’intervista del sindaco Sturani, penso alla dichiarazione di un parlamentare diessino, che mi sembra si chiami Galeazzi, di Ancona — non possono lasciare estraneo il Consiglio regionale, quindi le chiedo con forza che in occasione della prossima seduta del Consiglio regionale lei faccia due comunicazioni: una sui criteri che hanno ispirato la scelta relativamente al consiglio di amministrazione dell’Aerdorica e l’altra in ordine all’autorità portuale di Ancona. Credo che questo sia un atto doveroso nei confronti dei consiglieri regionali ma anche della popolazione marchigiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Vorrei capire se, dopo questa serie di richieste che sono state avanzate, esistono le condizioni per conservare, nella discussione di questa mattina, l’approvazione del piano della cultura che è il terzo punto all’ordine del giorno e che è necessario fare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D’ANGELO. Non ho problemi ad anticipare punti di qualsivoglia natura, però abbiamo dei punti all’ordine del giorno che devono oggi essere evasi, pena la perdita del finanziamento. Mi riferisco soprattutto al Ptrap e all’istituzione delle riserva della Sentina, quindi nel programma dei lavori deve essere chiaro che questi due punti devono passare, altrimenti si perdono finanziamenti.

PRESIDENTE. Credo di poter concludere la discussione sull’ordine dei lavori facendo la seguente proposta conclusiva. Primo, non interrompiamo e procediamo in seduta continua, in modo da poter concludere tutti i lavori così come auspicato dai consiglieri intervenuti. Secondo, l’ordine del giorno diventa il seguente: proposta di regolamento n. 10, discussione congiunta e voto disgiunto della proposta di atto amministrativo 151 e della proposta di atto amministrativo 148. Poi, discussione congiunta e voto disgiunto della proposta di atto amministrativo n. 50 e proposta di legge regionale 273; discussione delle proposte di legge n. 276 e 274 unificate dalla Commissione Statuto; proposta di atto amministrativo n. 138, piano regionale per i beni e le attività culturali, con l’intenzione di licenziare tutte queste proposte di legge e di atto amministrativo.

Roberto GIANNOTTI. Presidente, io ho posto una questione.

PRESIDENTE. La questione lei l’ha posta al Presidente D’Ambrosio che ha ascoltato, adesso sta al Presidente della Giunta decidere.

Roberto GIANNOTTI. Vorrei che mi rispondesse.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

Vito D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Non ho problemi. La prossima seduta è sul bilancio in cui non è possibile trattare argomenti diversi. Nella prima seduta utile soddisferò la sua richiesta.



Proposta di regolamento (Seguito esame degli articoli e votazione): «Requisiti e modalità per l’autorizzazione e l’accreditamento dei servizi per l’infanzia, per l’adolescenza e per il sostegno alle funzioni genitoriali e alle famiglie di cui alla legge regionale 13 maggio 2003, n. 9» Giunta (10)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 10. Avevamo già votato i primi dieci articoli.
Art. 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Emendamento n. 3 presentato dalla Commissione. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 14 emendato.

Il Consiglio approva

Art. 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 18. Emendamento n. 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 18 come emendato.

Il Consiglio approva

Art. 19. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 20. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 21. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 22. Emendamento n. 7 a firma Mollaroli. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’art. 22 emendato.

Il Consiglio approva

Art. 23. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 24. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di regolamento. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Con l’approvazione del regolamento n. 10 completiamo un lavoro iniziato con la legge 9 che sicuramente aggiorna le politiche dedicate alla prima infanzia in questa nostra regione. Ho ritenuto di prendere la parola brevissimamente, per comunicare al Consiglio un dato che credo valga la pena di conoscere: che questo anno scolastico è iniziato con la nuova legge, con il regolamento in atto ed ha già prodotto degli effetti positivi. In numerosissime città della nostra regione e mi riferisco a dei grossi centri come Macerata, Jesi e Fano, oltre ad Ancona ed altre la nuova legge ha già prodotto più posti di asilo nido per i bambini. Quindi mi pare che possiamo dare un giudizio positivo su questo atto di riforma che la nostra Regione si è data, che sostiene e coadiuva i servizi alla prima infanzia, che sono una grande necessità per le famiglie di questa nostra regione, quindi volevo esprimere questa soddisfazione perché la nuova legge e il regolamento hanno già prodotto questi effetti positivi. Quando un atto ha queste conseguenze, credo che sia da valutare positivamente e quindi, con l’atto di questa mattina concludiamo questo percorso, auspicando che le innovazioni introdotte possano consolidare questi risultati, nell’interesse delle famiglie e dei bambini di questa nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Davo per scontato che il dissenso da noi espresso rispetto ad alcuni articoli e alla legge nel suo complesso era sufficiente, ma quello che ha detto il consigliere Mollaroli merita alcune brevissime considerazioni.
Innanzitutto questo è un atto rispetto al quale la maggioranza ha forzato la volontà del Consiglio regionale. Il nostro atteggiamento in Commissione è stato di disponibilità fin quando c’era una misura per poter concertare alcuni riferimento e c’è stata una estraneità quando si è capito che la maggioranza voleva forzare.
Questo atto recupera la logica imperante nelle scelte di questa Giunta regionale: molta burocrazia, troppa burocrazia, soprattutto burocrazia anche nella gestione di questo passaggio. Questo credo che debba essere detto. Qui abbiamo inventato i burocrati di professione, anzi i professionisti del sociale di professione e in questa legge ricade questa logica. Questa è una legge che sconta comunque un dato oggettivo: questa è una regione orfana di una politica vera nei confronti della famiglia. Voi potete arrampicarvi su tutti gli specchi, ma fin quando non metterete mano ad una revisione seria della politica per la famiglia, che ancora oggi percepisce elemosine sul piano finanziario, e non è una legge seria, perché è una legge puramente assistenziale, avremo questa esondazione di altri provvedimenti che tentano di sostituirsi alla famiglia. Credo fra l’altro che questa legge confligga apertamente anche con quanto prevede la legge dello Stato, per esempio rispetto ai nidi aziendali.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Secchiaroli.

Marcello SECCHIAROLI. Questo regolamento, in base alla sentenza della Corte costituzionale è tornato in Consiglio ma è cosa su cui avevamo già fatto il dibattito.
Penso che il collega Giannotti confonda molto la burocrazia con la scelta che questa Regione ha fatto sulla qualità dei servizi. Questo è un regolamento che fissa anche delle garanzie per la qualità, quindi non è da confondere con la burocrazia che è altra cosa.
Come il consigliere Giannotti confonde la legge 9, che è una legge di partecipazione, di coinvolgimento e di responsabilizzazione delle famiglie rispetto al loro ruolo di genitori, quindi c’è un sostegno alla genitorialità che fa parte integrante delle politiche delle famiglie e non, come si sta verificando a livello nazionale nella finanziaria, che si abbassano le tasse e si chiude poi la rete dei servizi, che sono...

Roberto GIANNOTTI. No, questa è una bugia. Non si chiude la rete dei servizi, si riducono i trasferimenti agli enti locali...

Marcello SECCHIAROLI. Gli enti locali i servizi li tirano avanti...

Roberto GIANNOTTI. Bisogna sprecare di meno... Smettiamola!

Marcello SECCHIAROLI. L’intolleranza e il nervosismo...

Roberto GIANNOTTI. La smetta!...

Marcello SECCHIAROLI. Presidente, posso finire l’intervento?

Roberto GIANNOTTI. No, dovete smetterla di dire bugie, perché siete bugiardi, bugiardi!

Marcello SECCHIAROLI. Lei del bugiardo lo dà a qualcun altro. Questi sono dati oggettivi.

Roberto GIANNOTTI. Quando dice queste cose, sì. Lei non può dire che il Governo ha tagliato i servizi...

Marcello SECCHIAROLI. Non ho detto questo, lei deve lasciar parlare.
Il nervosismo è una dimostrazione ulteriore, perché quando si parla di asili nido aziendali, questa legge non va contro gli asili nido aziendali ma va incontro a una situazione oggettiva della nostra regione, che non ha bisogno di asili nido aziendali ma ha bisogno della partecipazione delle imprese alla rete degli asili nido che già esiste nei territori, per cui non si va contro né si proibisce di aprire asili aziendali, con questa legge. Giannotti, lei le leggi le deve leggere e non si deve innervosire se qualcuno dice cose che derivano da dati oggettivi e verificabili nella finanziaria.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di regolamento.

Il Consiglio approva



Proposte di atto amministrativo (Discussione e votazione):
«Istituzione della riserva naturale della Sentina» Giunta (151)
«Programma triennale regionale aree protette (PTRAP) 2004/2006. L.r. 28 aprile 1994, n. 15» Giunta (148)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le proposte di atto amministrativo n. 151 e n. 148, ad iniziativa della Giunta.
La discussione è unificata. Do la parola secondo il seguente ordine: D’Angelo, Brini, Benatti, Ciccioli, poi si apre la discussione.
Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D’ANGELO. Colleghi, Presidente, questa proposta di atto amministrativo n. 151 istituisce la riserva naturale della Sentina in comune di San Benedetto del Tronto. In considerazione che il Ptrap, il programma triennale regionale delle aree protette 2001-2003 e successivo aggiornamento, prevedono l’istituzione della riserva naturale della Sentina e che la legge finanziaria regionale 2004 ne prevede altresì la copertura finanziaria con 206.582 euro di fondi regionali e 206.582 euro di fondi statali, per un totale di 413.165 euro e che è volontà politica di questa maggioranza arrivare all’istituzione della quinta riserva naturale della nostra regione, attraverso la legge regionale n. 15 del 1994 si è avviato il percorso di istituzione della riserva naturale della Sentina, iniziato il 29 ottobre 2003 con l’indizione di apposita conferenza istitutiva e successivamente con l’approvazione del documento di indirizzo tra Regione ed enti locali quali il Comune di San Benedetto del Tronto e la Provincia di Ascoli Piceno, attraverso una serie di iniziative amministrative previste dalla legge citata, quali la riunione del comitato tecnico scientifico per le aree protette, la conferenza di servizi, la conferenza regionale delle autonomie, la conferenza con le organizzazioni agricole, sociali ed economiche dove l’area insiste, la IV e la II Commissione.
In tutto questo percorso si è avuto un parere pressoché all’unanimità, fatta eccezione del voto contrario del solo collega Brini in IV Commissione.
Per quanto riguarda tutto il resto, questo atto è passato all’unanimità.
La Sentina è un’area di 177,55 ettari, ricade interamente nel territorio del Comune di San Benedetto del Tronto, è compresa tra l’abitato di Porto d’Ascoli a nord e il fiume Tronto a sud. Ad est è delimitata dalla linea di costa, mentre ad ovest dal raccordo provinciale superstrada Ascoli Mare-San Benedetto del Tronto.
L’area, localizzata nell’adiacenza a nord della foce del Tronto, è stata considerata da sempre, visto il livello molto basso del mare, come cassa di espansione naturale del fiume Tronto, che dovrebbe allagarsi in situazione di piena eccezionale e zona umida d rilevante interesse nazionale, unica tra il Gargano e Ravenna degna di salvaguardia. Questa è la dizione di una pubblicazione del 1967 del Cnr.
L’area, di altissimo valore vegetazionale, oggetto di pubblicazione dell’università di Camerino, è stata inserita al n. 86 del volume “Le emergenze botanico-vegetazionali della regione Marche” del 1992 e il Ppar la classifica come area BA, di emergenza botanico-vegetazionale. L’area è altresì classificata dal Ppar, art. 32, terzo comma, come ambito di tutela della costa, cartografato secondo la tavola 18, come area di particolare pregio paesistico-ambientale, ove si applica la tutela integrale di cui agli artt. 26 e 27 delle Nta del Ppar. In tale area il Ppar consente esclusivamente interventi di conservazione, consolidamento, ripristino delle condizioni ambientali protette e ammette quelli di trasformazione volti alla riqualificazione dell’immagine e delle specifiche condizioni d’uso del bene storico-culturale o della risorsa paesistico-ambientale considerata, esaltandone le potenzialità e le peculiarità presenti.
Il Prg di San Benedetto del Tronto approvato in adeguamento al Ppar nel 1990 ribadisce gli stessi contenuti, anzi in più la Regione, all’atto dell’approvazione dello strumento urbanistico ha inserito una ulteriore prescrizione che recita testualmente: “Per quanto concerne la zona della Sentina, tenuto conto delle particolari caratteristiche geomorfologiche, botaniche, paesistico-ambientali si propone di limitare le destinazioni ammesse al solo parco pubblico con esclusione di attrezzature turistico-ricettive. Nell’area in oggetto ricadono diversi vincoli: area floristica protetta, denominata zona 84 e sottoposta a tutela delle specie floristiche rare in via di estinzione; è inserita nell’ambito del progetto Bio Italy e tra gli 80 siti individuati nelle Marche è al n. 62 (si fa riferimento al litorale di Porto d’Ascoli in cui ricadono vincoli come il SIC e la ZPS).
L’area è oasi di protezione della fauna secondo una delibera di Giunta della Provincia di Ascoli Piceno, la zona è oggetto di protocollo d’intesa tra Provincia di Ascoli Piceno e Comuni di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto, inserito come allegato nel Ptc e prevede solo interventi di conservazione e valorizzazione della vocazione naturalistica della zona.
La riserva naturale della Sentina, come si è detto, è di 177,55 ettari, collocata sul litorale immediatamente a nord del fiume Tronto per un tratto di circa 1,7, chilometri, la cui perimetrazione provvisoria è stata definita in base ai criteri di zonizzazione indicati dalle leggi nazionale e regionale di riferimento. E’ suddivisa in tre ambiti: riserva integrale, di 24,50 ettari, ambito litoraneo e fluviale (il più fragile e meritevole di conservazione, rappresentato dagli habitat dunali e retrodunali delle prateria salate, dei laghetti salmastri e della foce, inserito nell’ambito di tutela integrale, dove l’attività antropica è quasi del tutto assente); area di protezione contigua di 67,16 ettari, ambito contiguo di protezione con funzione mitigatoria, volta ad attenuare sino ad annullarli, i possibili impatti dell’habitat; promozione economica e sociale, di 85,69 ettari, tutta la parte ad ovest delle riserva che dovrebbe costituire interventi di promozione economica e sociale tali da non compromettere la vocazione naturalistica dell’intera area. Nei primi due ambiti ricadono la maggioranza dei vincoli, nel terzo ambito il vincolo di oasi di protezione faunistica.
Per quanto riguarda l’analisi del territorio, l’inquadramento territoriale, l’analisi delle caratteristiche ambientali, gli obiettivi da perseguire, i termini di tutela ed effetti della riserva sullo sviluppo dell’area, le norme di salvaguardia, le norme di adeguamento del piano attuativo di riqualificazione e salvaguardia del patrimonio edilizio del Comune di San Benedetto del Tronto, della tutela del territorio, del paesaggio, dei rifiuti, del rispetto della proprietà privata, si rimanda al documento di indirizzo sottoscritto dalla Regione Marche, dalla Provincia di Ascoli Piceno e dal Comune di San Benedetto del Tronto il 15 luglio 2004.
Per quanto concerne l’atto amministrativo n. 151, esso è costituito da 11 articoli come da allegato.
L’articolo 1n stabilisce le finalità della valorizzazione della vocazione dell’area ed interventi di riqualificazione di un’area oggi in stato di totale abbandono e di degrado; l’art. 2 la perimetrazione; il 3 la gestione che è del Comune di San Benedetto del Tronto il quale opera conformandosi agli atti espressi dal comitato di indirizzo costituito da due rappresentanti del Comune di San Benedetto del Tronto, l’assessore regionale o suo delegato, un rappresentante nominato dalla Provincia di Ascoli Piceno, un rappresentante nominato dal Comune di Ascoli Piceno come proprietario di gran parte dell’area, un rappresentante di comprovata esperienza scientifico-naturalistica indicato dal comitato tecnico scientifico regionale per le aree naturali protette. Il comitato delibera su definizione di obiettivi, piani, programmi, interventi, gestione, sullo statuto e sul regolamento della riserva, sulle autorizzazioni e quant’altro. La sede è quella del Comune di San Benedetto del Tronto. L’art. 5 parla dello statuto che dovrà essere approvato entro 90 giorni dall’istituzione della riserva, deliberato dal comitato di gestione. L’art. 6 definisce le attività e le opere sul territorio della riserva, quelle possibili e quelle in contrasto con gli ambiti della riserva stessa, gli interventi di restauro e il risanamento conservativo. L’art. 7 parla del piano e del regolamento. Il piano di gestione della riserva definisce nel dettaglio vincoli e prescrizioni per lo svolgimento delle diverse attività nei tre ambiti delle riserve, individua obiettivi ambientali, turistici e occupazionali, riqualificazione ambientale, monitoraggio, qualità delle acque ecc. L’art. 8 riguarda misure di incentivazione relativamente agli interventi di riqualificazione dell’area. L’art. 9 prevede che il personale non debba essere superiore a tre unità e comunque preso dalla pubblica amministrazione. L’art. 10 riguarda le previsioni di spesa. L’art. 11 concerne le norme finali, dove si dice che la gestione ha carattere sperimentale e sarà verificata dopo il primo triennio di applicazione, sentiti gli altri organi istituzionali coinvolti.
Ritengo che la giornata odierna è una giornata storica, si va verso l’approvazione della quinta riserva naturale della regione Marche. Nella nostra zona, San Benedetto del Tronto e nella provincia di Ascoli Piceno, sono più di vent’anni che si cerca di raggiungere questo obiettivo. Capite bene che dopo tanto tempo raggiungere un obiettivo del genere è comunque un elemento di grande soddisfazione.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Come gruppo Forza Italia avevamo qualche perplessità non solo sull’approvazione di questo atto, come è stato sottoposto, con forti ritardi, con minacce del consigliere D’Angelo che oggi con piacere notiamo è tornato in maggioranza. Bisogna che gli troviate un’altra collocazione, non più nella IV Commissione, perché siamo rimasti soltanto due consiglieri su sette ed è giusto che il consigliere D’Angelo, che è tornato in maggioranza, torni in un’altra Commissione per dare l’opportunità e la possibilità al gruppo di minoranza, rappresentato dal sottoscritto e da Ciccioli, di avere un altro consigliere per poter lavorare un po’ di più e dare un contributo maggiore come opposizione. Avevamo detto che il consigliere D’Angelo era stato folgorato sulla via di Damasco, lui si era arrabbiato, ma la verità era nell’aria, l’avevamo già recepita. Questo contentino gli è stato dato con questa proposta, poi vedremo nel futuro quali saranno gli atti che hanno permesso al consigliere D’Angelo di rientrare in maggioranza. Poniamo un problema politico. Bisogna che le opposizioni vengano a riappropriarsi di un componente in più nella Commissione. Non vedo in aula l’assessore Agostini. Vorrei che mi spiegasse quale trucco contabile ha permesso di finanziare questo atto amministrativo. Io ero presente nella Commissione e in quella sede funzionari e dirigenti avevano detto chiaramente che era impossibile finanziare completamento questo atto per mancanza di tempo, perché c’era solo un giorno, l’assessore aveva dato disposizione che entro il 15 fossero chiusi tutti i conti, c’era una circolare che è arrivata il giorno prima della riunione della Commissione. Questo vale sia per questo che per l’altro atto. Gradirei di vedere con quale documentazione — invito anche il dirigente Marcolini a sottopormi tutta la documentazione — è stato finanziato questo atto. Penso che ci sia solo un trucco contabile e mi limito a questa affermazione per il momento, perché il tempo materiale non c’era.
Noi abbiamo votato contro per due motivi. Primo, per la lentezza, la burocrazia con cui questo documento è venuto in aula, inoltre il documento è venuto in aula con forte ritardo e solo con un trucco contabile — non voglio andare oltre — potrà essere finanziato. Abbiamo dei forti dubbi, perché penso che quella seduta di Commissione, come tutte, sia stata registrata ed eventualmente chiederò la trascrizione della registrazione e verificherò insieme al nostro gruppo come è stato finanziato questo documento.
Per adesso ci limitiamo a queste riflessioni, chiediamo che l’assessore dia una risposta alle osservazioni non poste dal sottoscritto ma poste dai dirigenti e dai funzionari, i quali avevano detto in quella seduta, che era impossibile finanziare questo atto. Chiederemo se c’è un mago Silvan che può trasformare la documentazione dalla sera alla mattina. Sicuramente a D’Angelo hanno fatto il “regalino di Natale”. E’ ben poca cosa, ma lui si accontenta di poco, piccole leggine, ma nello stesso tempo mette dei macigni su altre leggi che avremo modo di affrontare e discutere, perché chiederemo l’inserimento all’ordine del giorno della legge 13, poi si esprimerà il Consiglio regionale sul rinvio di questa legge che molti cittadini maceratesi, anconetani, pesaresi, fermani, ascolani attendono, ma per il consigliere D’Angelo questa legge rimane ferma in un cassetto. Però è entrato in maggioranza, ormai l’illuminazione” di D’Angelo ha permesso questo e altro.
Aspettiamo quindi le risposte dell’assessore Agostini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Prima di illustrare il piano triennale delle aree protette 2004-2006 vorrei sgomberare il campo dalle osservazioni che ha appena fatto il collega Brini e tranquillizzare i colleghi consiglieri regionali. In realtà, in Commissione stata presentata una circolare del dirigente del servizio bilancio che chiede a tutti i servizi di provvedere all’impegno delle spese per l’anno corrente entro la giornata di domani 15 dicembre. E’ una circolare ad uso organizzativo interno, per meglio chiudere il bilancio, per meglio far lavorare la ragioneria. Non ha valore prescrittivo, perché la legge parla del 31 dicembre 2004, quindi non ci troviamo di fronte né a un trucco né a null’altro che una normale amministrazione. Il presidente della IV Commissione ha scritto al dirigente chiedendo che il termine del 15 dicembre possa essere superato di qualche giorno, per permettere di poter adempiere a tutti gli atti collegati all’istituzione della Sentina e alla annualità 2004 del piano triennale delle aree protette.
Detto questo, con un’unica discussione salutiamo positivamente l’avvio e l’istituzione della riserva naturale della Sentina, la quinta riserva della regione, come ricordava il relatore D’Angelo e l’undicesima area naturale protetta istituita nelle Marche. Come i consiglieri sanno, noi abbiamo ben due parchi nazionali e altri nove fra parchi regionali e riserve naturali regionali. E’ motivo di soddisfazione, perché l’istituzione della Sentina, con l’istituzione di Ripabianca, avvenuta nel 2003, confermano l’impegno che la maggioranza che governa questa Regione si era preso all’indomani dell’approvazione dell’ultimo piano triennale che è venuto in Consiglio regionale (questo è il secondo di questa legislatura). Nel precedente piano 2001-2003, avevamo posto all’interno delle priorità di aree di riserva naturale da istituire, quella di Ripabianca e quella della Sentina. Nel corso di questo triennio abbiamo raggiunto entrambi gli obiettivi e questo è motivo di soddisfazione, perché in qualche modo viene a recepire delle istanze che erano state manifestate fortemente dal territorio.
Per quanto riguarda il Ptrap 2004-2006, come i consiglieri sanno ogni piano triennale prende origini dall’art. 7 della legge 15 del 1994, la legge sulle aree protette che a sua volta attua la legge quadro nazionale 394 del 1991. In base alla nostra legge regionale, anche recentemente modificata dal nostro Consiglio regionale, al Consiglio stesso spetta la competenza della formulazione degli obiettivi e degli indirizzi di carattere generale, dei criteri di riparto delle risorse finanziarie, mentre alla Giunta spetta la definizione annuale di ulteriori criteri di dettaglio e soprattutto della modalità di erogazione dei contributi. Sempre la legge 15 all’art. 5 elenca le aree di interesse naturalistico che sono state appunto istituite con la legge stessa e dà facoltà al Ptrap di effettuare i relativi aggiornamenti per individuare nuove aree di reperimento. Così è stato con il Ptrap del 1998 e del 2000 quando sono stati inseriti quelli che oggi vengono definiti SIC (siti di importanza comunitaria), a seguito anche di direttive comunitarie. Successivamente sono state aggiunte anche le zone di protezione speciale, le cosiddette ZPS individuate dalla direttiva Ce 79409.
L’insieme di tutte le aree definite come aree di protezione naturalistica, concorre a definire la rete ecologica europea “Natura 2000” che vede la partecipazione anche della Regione Marche. In questo piano triennale ribadiamo l’individuazione di queste aree di protezione naturalistica e ribadiamo anche la priorità per le aree di nuova istituzione che devono essere scelte tra quelle già inserite, cioè Valleremita, Alpe della Luna, Montecucco, Foce del Metauro, Monte Catria, Acqua dell’Olmo e Canfaito.
Attualmente registriamo una scarsa dotazione di fondi, il che ci fa pensare che sarà difficile nel prossimo triennio istituire nuove risorse, a meno che nel pluriennale 2005-2006 non vengano individuati nuovi canali di finanziamento. Questo è quanto peraltro prevede la legge regionale. Per il coordinamento tecnico segnalo una svista: la corrispondenza tra istituzione di nuove aree protette e corrispettivo di risorse finanziarie adeguate è al comma 9 dell’art. 7 della legge 15 e non al comma 8 così come è stato riportato. La Commissione ha esaminato questo piano triennale e ha anche preso atto delle nuove disponibilità di cui darà poi conto l’assessore regionale, che sono previste già da oggi nel bilancio di previsione 2005 e nel bilancio pluriennale 2005-2007. Queste cifre non potranno essere utilizzate per l’istituzione di nuove aree protette, ma daranno una, anche se non completa, risposta a richieste di finanziamento che venissero dai parchi e dalle aree protette. Questo rilievo è stato portato fortemente in Commissione dagli enti gestori dei parchi che in qualche modo richiamano la necessità di arrivare ad una stabilità nella dotazione finanziaria annuale dei parchi, in modo da poter adempiere a tutti quelli che sono i mandati istituzionali dei parchi stessi.
La gestione dei parchi, ci è stato fatto notare, è assolutamente oculata e sobria, da qualche anno sono state fatte tutte le economie possibili e immaginabili, quindi ci si chiede, per quanto riguarda la spesa corrente, di mantenere un flusso costante di finanziamento. Questa è un’operazione che verrà effettuata, l’assessorato ha individuato la possibilità di intraprendere un percorso di valutazione della spesa storica e a questa ancorare annualmente il flusso dei finanziamenti. Il piano triennale prevede una quota a carico anche del Ptrap relativa a Ripabianca, che per il 2004 usufruirà di finanziamenti specifici nella parte corrente, quindi da questo punto di vista usufruisce soltanto delle quote di investimento per il 2004. A partire dall’anno 2005 saranno anche inseriti i finanziamenti necessari per l’avvio della riserva regionale della Sentina.
Un’ultima considerazione. Credo che il Consiglio regionale debba continuare a tenere sotto osservazione la ripartizione dei fondi. Con la recente deliberazione del novembre dell’anno scorso il Consiglio regionale ha in qualche modo previsto che l’80% dei finanziamenti vengano assegnati agli enti gestori dei parchi e delle riserve e il 20% rimanga a disposizione per interventi ad hoc gestiti dalla Regione. Una gran parte verrà utilizzata per la rete ecologica regionale e su questo i parchi e gli enti locali hanno richiamato l’attenzione affinché la Regione svolga sempre più un ruolo di indirizzo e meno di gestione. Crediamo però che gli interventi di questi anni siano importanti anche per arrivare a un giusto coordinamento delle attività, quindi riteniamo che sono risorse bene utilizzate e continueremo nel prosieguo a seguire l’andamento di questi e di tutti gli altri progetti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. La cosa più evidente è che, come sempre, siamo in ritardo. Ho controllato le date: il Ptrap precedente era scaduto il 31 dicembre del 2003 e noi lo affrontiamo un anno dopo. Andiamo quindi a licenziare un piano che sostanzialmente dura due anni, invece dei tre previsti. E’ anche vero che i fondi dell’anno precedente in realtà vengono spesi nell’anno successivo, quindi c’è una specie di coda che si trascina, così come le assegnazioni hanno una lentezza burocratica. Noi però ci immettiamo in questo meccanismo che porta ritardi su ritardi e dà sempre un cattivo andamento della gestione dei finanziamenti, quindi dell’efficacia delle risorse stesse.
Il problema più grande è la quantità delle risorse e poiché la quantità delle risorse è scarsa, per la stretta economica che c’è e per il numero abbastanza alto delle aree protette rispetto alla quantità di fondi disponibili, mi sento di dire che questi fondi vengono un po’ spalmati per consentire a ciascuno di gestire gli interventi possibili, però sostanzialmente — questo è il limite più grosso che denunciano i gestori — il più delle volte la gran parte dei soldi finiscono solo nella ordinaria amministrazione ed estremamente scarse sono le risorse finanziarie per quanto riguarda un intervento più significativo. L’atto è un atto possibile, per cui non mi sento di andare a intervenire per fare un’opposizione o una critica estremamente dura. Quello che invece mi sento di sottolineare e che più volte mi è stato segnalato riguarda la gestione della riserva naturale di Ripabianca. Secondo alcune persone che seguono il problema e non solo i cacciatori, ci sarebbero una serie di cattive gestioni che si riferiscono in particolare addirittura a fatturazioni doppie, fatte sia alla Provincia che ha dei fondi, che alla Regione che dispone di altri fondi. La stessa fattura compare nella contabilità di entrambe le gestioni. Secondo alcuni sono semplicemente le quote di spesa che vengono scorporate e divise in due tranches, secondo altri è lo stesso tipo di spesa che viene ripetuta due volte, il che ha rilevanza anche di ordine penale. Voglio sperare che così non siano le cose, non sono in grado di documentarlo se non nelle fotocopie che mi sono state date. E’ chiaro che occorre una particolare attenzione che questi soldi siano poi finalizzati effettivamente alle spese reali.
L’altro giorno ho avuto, insieme al collega Castelli, una serie di contatti nella zona di Montegallo ed altri paesi del parco nazionale dei Monti Sibillini e mi sono stati fatti rilievi sull’indirizzo delle spese, sulla effettiva efficacia delle spese che vengono fatte. Uno dei limiti più grossi è che talvolta viene tenuta in piedi una struttura di gestione, punto e basta e questo non può essere, perché se l’intervento è finalizzato a tenere in piedi la gestione, allora stiamo sbagliando. Viceversa, speriamo che in futuro ci sia la possibilità di usufruire di fondi ulteriori e credo che bisogna porsi il problema di arrivare in qualche modo a progetti speciali finanziabili con i fondi europei. Se si arriverà a questo, sarà un salto di qualità rispetto all’ordinaria amministrazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. A me sembra che ci si va a contraddire con il piano faunistico venatorio che abbiamo approvato qui, dove l’equilibrio con l’istituzione della riserva naturale della Sentina va a collidere con la percentuale del 25% che deve essere completamente destinata all’uso e all’attività della caccia, ma soprattutto non si prende in considerazione ciò che è stato stabilito a livello europeo ed esattamente dalla direttiva 79409 della Ce concernente la conservazione degli uccelli selvatici, emanata dalla Commissione Prodi nei giorni antecedenti la Pasqua 2004, a cura della Commissione ambiente presieduta dalla svedese Margot Wallström, dove viene scritto: conservazione degli habitat, cap. 1.5.1: “Gli articoli 3 e 4 concernono la conservazione degli habitat. Essi includono disposizioni relative alla prevenzione di eventi che possano perturbare significativamente le zone di protezione speciale classificate secondo quanto disposto dai paragrafi 1 e 2 dell’art. 4”. La Commissione non è dell’avviso che le attività socio-economiche, di cui la caccia rappresenta un esempio, siano necessariamente una violazione di tali disposizioni. Addirittura, in un’altra parte si dice “La caccia sostenibile può apportare esiti positivi alla conservazione degli habitat all’interno delle vicinanze dei siti”. Questo aspetto viene ripreso successivamente nelle sezioni 2.4,.21 e 2.4.24 della guida. La garanzia che la caccia o altre attività non comportino una turbativa significativa dipenderà da vari fattori, quali la natura, l’estensione del sito e dell’attività, oltre che delle specie presenti.
Alcuni tra i più naturali siti importanti d’Europa sono sopravvissuti alla pressione dello sviluppo e alla distruzione grazie agli interessi connessi alla gestione dell’attività venatoria, così come al paragrafo 2.4.22 si dice “Pertanto la caccia può contribuire alla conservazione delle popolazioni mediante l’uso razionale”. I provvedimenti promossi, al fine di migliorare le condizioni di vita delle specie-bersaglio, possono non solo migliorare il rendimento sostenibile, ma anche portare beneficio ed altre varietà di animali e piante con esigenze simili.
Allora mi chiedo come si possa istituire in continuazione questi siti andando a collidere contestualmente con una guida interpretativa di una direttiva della Ce, guidata da quel rappresentante che avete chiamato a competere per le elezioni politiche del 2006 con l’attuale presidente.
Di fronte a questo testo licenziato dalle Commissioni si riscontra un insanabile contrasto con quanto dice la guida presente a proposito di caccia e zone di protezione speciale e siti di importanza comunitaria. Purtroppo nelle Marche vige l’ostracismo pratico e ideologico nei confronti della caccia intesa come attività solo perturbatrice degli ecosistemi e non viene minimamente considerata l’attività pre e post caccia messa in atto da tanti cacciatori per il mantenimento o miglioramento dell’habitat, attività che dura tutto l’anno, senza stipendi e incentivi di sorta. I cacciatori sono stanchi di questo clima pseudo ambientalista, che colpevolizza la caccia, avendo per fine non il miglioramento reale dell’ambiente ma i soldi. E allora chiedo: quali riscontri positivi si hanno dai parchi e dalle riserve naturali esistenti? Non si può assolutamente pensare di istituire parchi e riserve quando l’ambiente non è stato dimostrato essere degradato ed è in una situazione di criticità nel che ha superato un equilibrio di ecosistema sostenibile.
E allora, cari signori, per quale motivo non ci fate nemmeno sapere quali sono le spese che vengono sostenute per la gestione dei parchi, gli stipendi, e le spese che vanno a finire a beneficio del territorio del parco? Altrettanto dicasi anche per quelle riserve. Non è accettabile che venga votata una legge che va a collidere con un’altra legge votata circa dodici mesi fa, che riguardava il piano faunistico venatorio, nel quale era ed è stabilito, per legge nazionale, che il 25% del territorio deve andare a beneficio dei cacciatori.
Non è accettabile che si continui, come diceva prima anche il collega Ciccioli, a fare degli investimenti senza avere delle programmazioni, anzi addirittura vengono votate delle leggi che danno degli investimenti senza vedere le programmazioni, o addirittura vengono presentate delle programmazioni, come il piano agricolo regionale, in funzione di leggi che sono state emanate esattamente un anno fa. E’ inammissibile che si faccia una programmazione su una legge già emanata, che ci dovrebbe solo indicare se quella programmazione può essere accettabile o non accettabile o quale beneficio, attraverso quelle leggi, è stato apportato al territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non devo ripetere le cose che sono state dette dal vicepresidente della Commissione ambiente, anche se invito a riflettere su alcune valutazioni politiche che sono state espresse dal consigliere Brini, relative all’assetto della Commissione ambiente. Mi sembra che abbia posto un problema in ordine alla serietà della posizione del gruppo verdi. Vorremmo capire all’interno di quell’organismo, se il consigliere D’Angelo rappresenta la maggioranza o la minoranza del Consiglio regionale, perché credo che le condizioni si siano modificate rispetto al momento in cui è avvenuta la ricostituzione della Commissione, se dobbiamo dare per buono l’annuncio ufficiale che i verdi fanno parte nuovamente della maggioranza regionale.
Parto da questa richiesta che ritengo legittima, perché intende fare chiarezza sulla politica — e Dio sa quanto sia importante che i cittadini abbiano un’immagine chiara — per approfondire un aspetto che a me sembra importante, che in qualche modo lega questi due atti che oggi siamo chiamati a discutere e a trattare, cioè la “parcomania”, la scelta dei parchi compiuta dalla vecchia e dalla nuova Giunta regionale. Io ho sempre detto che questa scelta è il prezzo pagato alla fedeltà dei verdi a questa Giunta regionale. Tu hai verdi hai potuto far digerire tutto — l’olio di ricino, la centrale, tutte le cose negative, e sono tante, che questa Giunta ha compiuto in questi anni, ma devi comunque riconoscerle uno spazio di operatività rispetto ad un settore, quello dell’ambiente, sul quale i verdi costruiscono oggettivamente il loro consenso politico. Questa è stata l’arma di scambio. Il baratto che si è realizzato in questi anni è sempre stato questo: io Giunta regionale legata ai grandi interessi economici, legata alle grandi lobbies della nostra regione, do ai verdi la gestione dei parchi, confermando una scelta; tu gruppo dei verdi mi garantisci la copertura politica, mi garantisci la partecipazione a questa maggioranza.
Ne è venuta fuori una scelta politico-programmatica scellerata in questi anni. Ancora oggi ho risentito la mia carissima amica Benatti proporre la difesa di un parco, il parco della Foce del Metauro, un parco che non è mai stato deciso da nessuno...

Stefania BENATTI. Non esiste, non è deciso.

Roberto GIANNOTTI. Ho capito, ma tu hai detto oggi, in quest’aula, che per te rimane una priorità. Questo è il più grande bluff della storia amministrativa della Regione. Voi avete inserito in un programma triennale questa previsione, dicendo che nelle vostre intenzioni c’era quella di fare alcune aree protette, fra le quali quella della Foce del Metauro.

Stefania BENATTI. Non lo fa la Regione, il parco, lo fa l’ente locale.

Roberto GIANNOTTI. L’avete scritto come obiettivo programmatico di questa Giunta. Rispetto a questo vi è stato detto che dovete smetterla con il centralismo e il dirigismo regionale. I parchi possono anche essere una scelta corretta, ma queste scelte vanno costruite con il consenso della gente che ci sta e delle autonomie locali. Quindi non è una pregiudiziale ostativa alla realizzazione di aree o scelte di questo genere ma un problema di metodo che dovete recuperare, se affermate, come affermate di essere, una grande coalizione democratica.
Voi sapete meglio di me che la maggioranza dei cittadini del comune di Fano questa cosa non la vuole e ve l’ha detto alle elezioni, bocciando quella Giunta comunale che aveva sostenuto questa ipotesi. Uno dei punti qualificanti della nuova Giunta Aguzzi era l’acquisizione di questo concetto: il parco si farà nella misura in cui la città di Fano — non la Giunta regionale, non il gruppo dei verdi, non l’assessore all’ambiente — deciderà che è giusto farlo. Questa è una cosa elementare. Dovete smetterla di disegnare sulla cara le riserve indiane. Dopodiché vi siete arrabattati a cancellare, scrivere. Se io dovessi fare la storia di questo atto e dovessi pubblicare quello che è stato detto e scritto, le accuse che vi hanno fatto verdi di Fano, il fatto che sul documento siano stati cancellati riferimenti espliciti a questa previsione che vanno nel senso opposto a quello che lei ha detto... Qui non c’è scritto, non c’è una riga, avete cancellato anche la conferma di quell’indirizzo. Non potete dire queste cose solamente perché mancano tre mesi alle elezioni regionali e avete paura, bisogna essere coerenti, così come lo siamo noi.
Il vicecapogruppo di Forza Italia ha detto come ci muoveremo rispetto a questo provvedimento, io non ho nulla da aggiungere, dico solo, una volta per sempre, che su questo piano noi non arretreremo di un millimetro. Non c’è una pregiudiziale ideologica o programmatica alla istituzione delle aree protette o dei parchi nella nostra regione, a condizione che questo percorso non sia impositivo. Queste cose si fanno nella misura in cui c’è il consenso dei residenti e il consenso del sistema delle autonomie locali coinvolte. Questa è la regola fondamentale. Quindi non scrivete queste cose, acquisite prima la disponibilità, nel caso specifico dell’Amministrazione comunale di Fano, che non avrete mai fin quando rimarremo al governo di quell’Amministrazione, sentiti i cittadini che non vi daranno mai il loro consenso. Quindi prendete atto di questa cosa e il parco della Foce del Metauro non s’ha da fare e non si farà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Credo che l’intervento di Roberto Giannotti abbia dato una lettura politica giusta e corretta a tutta quella che è stata la politica in materia di aree protette di questa Giunta regionale che assume e fa proprio il valore della protezione, tenendo conto soprattutto e anche di quelle che sono le esigenze politiche delle formazioni che ne compongono il quadro e, se mi è consentito, anche tenendo conto della localizzazione delle aree, perché l’interesse ambientale della Giunta D’Ambrosio si modifica spesso e volentieri a seconda di quella che è la latitudine o la longitudine delle aree che meritano protezione. Oggi parliamo in particolare di un’area su cui costituirete questa riserva, che ha una estensione di 180 ettari, sostanzialmente. Pochi ricordano però che l’atto che oggi noi andiamo ad approvare, ha sostanzialmente omesso un diretto, serio, concreto, costruttivo, condizionante coinvolgimento di un soggetto che, con buona pace di Pietro D’Angelo, doveva essere perlomeno interloquito con dovizia di interesse.

Pietro D’ANGELO. Si è tirato fuori da solo.

Guido CASTELLI. Il convitato di pietra di questo provvedimento è il Comune di Ascoli Piceno, che è titolare di un qualche interesse, credo legittimo, visto che — piccolo particolare che sfugge al dirigismo cui faceva riferimento Giannotti — è proprietario di qualcosa come due terzi dell’area su cui questo intervento dirigistico va a calarsi. Il Comune di Ascoli Piceno è proprietario di 120 ettari dei 180 su cui noi oggi andiamo a legiferare, sordi all’esigenza che pure deriva prima dal codice civile che dallo stesso buon senso, di sapere quali dovevano o quali potevano essere i divisamenti di quel Comune, di quel proprietario in ordine a questo provvedimento. La proprietà del Comune di Ascoli, fra l’altro, è frutto di un lascito di un mecenate ascolano, il marchese Sgariglia, che tuttavia non viene mai ricordato, che ha donato alla comunità questa grandissima e vastissima area che è del Comune di Ascoli Piceno, che appartiene, da un punto di vista sociale, funzionale, socio-economico, naturalistico, a tutta la vallata del Tronto. Lo fece con un testamento con cui ricordava anche che i proventi dell’utilizzo di questa area dovevano essere devoluti a beneficio dei poveri di Ascoli. Dei poveri di Ascoli evidentemente pochi consiglieri se ne sono interessati, certo che questo è il dato storico su cui si va a calare la valutazione che faceva Giannotti. Noi abbiamo capito, in pratica, che i mal di pancia verdi, ecologisti, tutto sommato sono soggetti a moderazione nel momento in cui viene dato un osso con più o meno polpa, che fa immediatamente calmare il consigliere D’Angelo nell’ambito di una regione in cui il concetto ambientale ha una valutazione, una percezione diversa a seconda se si sia nella bassa Marca, nella “Marca sporca” oppure sulle sponde di Falconara Marittima, perché non ho nulla in contrario contro i beni ambientali, la protezione, voglio sapere per quale motivo, quando si tratta di proprietà che ricadono nell’agro della provincia anconetana la Giunta D’Ambrosio assume le sembianze di Attila, quando invece si tratta di fare ambientalismo più o meno a buon mercato, ecco che sulla Sentina di proprietà del Comune di Ascoli, si può tranquillamente accontentare quel “Pierino la peste” di Pietro D’Angelo che indubbiamente rinfondera la scimitarra e tutto sommato si accontenta di questo che è un suo grande risultato personale, così lo ha sempre definito.
Andiamo a vedere come si cala questo patto ambientale fra i verdi e la Giunta D’Ambrosio nel concreto: sono 180 ettari, di cui 120 di proprietà del Comune di Ascoli, che riguardano solo per 12 o 18 ettari quella zona, le famose dune che vengono ritenute meritevoli, credo anche correttamente, della tutela integrale. Guarda un po’, però, la smania protezionistica si diffonde anche ben oltre quelle che sono le famose dune — il sito di importanza comunitaria — e va a stabilire sostanzialmente un esproprio delle funzioni proprie degli enti locali, che hanno il diritto e il dovere di conformare, anche sulla base di interessi ambientali, quella zona, in particolare il Comune di San Benedetto e il Comune di Ascoli. Ecco dunque che ancora una volta alligna nella filosofia protezionistica che dà la stura a simili provvedimenti, una concezione che è dirigistica, che assume ancora una volta il principio secondo cui devono essere comitati più o meno pervasi di ambientalismo professionistico a gestire queste aree, noncuranti di quello che diceva Gilberto Gasperi che io voglio ricordare. C’è un piccolo particolare, perché nella provincia di Ascoli Piceno, la superficie di aree soggette a protezione è la più alta di tutta la regione, anche per la presenza, che viene dimenticata spesso e volentieri, di ben due parchi nazionali che insistono proprio nella provincia di Ascoli Piceno, quindi aggiungiamo l’area della Sentina secondo una delimitazione obiettivamente esagerata, superiore e lo facciamo anche attraverso dei meccanismi che dovrebbero consentire nel tempo di irretire gli indirizzi del comitato scientifico, attraverso delle precise scelte. In Commissione, ad esempio, il comitato d’indirizzo, che doveva essere costituito da cinque elementi — perché la disparità è in genere, un principio che dovrebbe presidiare al funzionamento di tutti gli organismi collegiali — e invece i rappresentanti dei Comuni di San Benedetto e di Ascoli, che erano tre su cinque membri del comitato d’indirizzo, vedono enuclearsi un fungo che è il sesto membro, un non ben precisato soggetto, espressione di una comprovata esperienza scientifico-naturalistica, che cosa vuol dire non si sa. Certo è che era tanto il timore del centro-sinistra per questo “gioiellino verde”, nato sulla base di quelli che sono i patti scellerati che indicava Giannotti, potesse in qualche modo essere sottratto alla filosofia ambientalista, che ecco appare un sesto membro. Fra l’altro avete costruito un sistema anche di decadenza dei membri che appare attagliato su esigenze politico-elettorali, se è vero che i componenti del comitato di indirizzo decadono nel momento in cui decadono gli organi che li hanno designati. Quindi è evidente la volontà di attendere anche gli esiti delle proprie consultazioni elettorali comunali di San Benedetto, per sbarazzarsi, in maniera più o meno frettolosa, di quelli che potrebbero essere rappresentanti portatori di interessi difformi o di filosofie ambientali di protezione difformi da quelle ossessionate di D’Angelo e dei suoi accoliti.
Mi pare che questa volontà sia tradita in maniera abbastanza evidente, così come è confermato dal fatto che la direzione debba essere ovviamente accreditata, secondo lo stile di Ripabianca e delle altre realtà, alle famose associazioni ambientaliste che quindi potranno piantare la propria bandierina con il sole che ride, dicendo “qui vogliamo rimanere”, in nome di una filosofia protezionistica che, paradossalmente, tradisce una concessione sicuramente dirigista, sicuramente vincolistica, estremamente superba e presuntuosa, visto che sulla natura prevale Pietro D’Angelo, il quale oggi si pone come fosse il dio Pan, come gran controllore dei flussi naturali, dei flussi biologici e della natura della Sentina, dicendo “questa è cosa mia e qui comando io”.
Credo che rispetto a questa concezione ci sarebbe molto da dire, siamo sicuramente contrari a questo genere di provvedimento, non perché riteniamo immeritevoli di protezione i famosi 18 ettari delle famose dune della Sentina, ma perché siamo convinti che debbano essere gli enti locali, pur nel rispetto delle tematiche ambientali, a poter indirizzare lo sviluppo o comunque quel che merita l’area della Sentina, senza che vi siano dei soloni calati dall’alto ma con la patente ambientalista certificata da Pietro D’Angelo, a dire quello che dovrà essere il destino di appezzamenti che il marchese Sgariglia volle donare, non per far ricche le associazioni ambientaliste, ma per rendere meno poveri i disagiati di Ascoli Piceno.
Per questo, sul punto, Alleanza nazionale manifesta il proprio voto contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Non riprenderò le affermazioni colorite di alcuni colleghi, che peraltro lasciano il tempo che trovano. Credo sia più utile entrare sul provvedimento e fare alcune considerazioni.
A proposito del programma triennale delle aree protette, va detto che dobbiamo evitare di scatenare una guerra tra poveri, intendendo tra poveri i soggetti che gestiscono i parchi. In questi ai è stato fatto un giro di vite a proposito delle risorse destinate a questi soggetti, soprattutto sulle spese di gestione. Se vogliamo avere degli organismi che siano innanzitutto capaci di rispondere alle esigenze del territorio, dobbiamo certamente razionalizzare le spese, le strutture, ma garantire una sopravvivenza anche amministrativa di queste strutture, altrimenti siamo i primi a sabotarne la funzionalità, altrimenti va fatto un ragionamento sulla massa critica che riusciamo a sostenere degli organismi di gestione delle aree protette e questo ragionamento bisogna farlo contemporaneamente anche su tutto il resto della pubblica amministrazione, perché non è possibile che se noi istituiamo delle aree protette dobbiamo tenere aperti degli uffici che svolgono funzioni anche nei rapporti con i cittadini, con le imprese, sono gli uffici che devono pensare, progettare la gestione del territorio in stretta sinergia con gli enti locali. Noi, queste strutture le lasciamo appese ogni anno a un finanziamento per quanto riguarda la spese minimi essenziali. Direi che altrettanta preoccupazione non c’è per gli organismi di gestione, perché al momento delle nomine degli organismi di gestione c’è una grande corsa di tutte le forze politiche alla partecipazione a questi organismi di gestione, di tutte le forze anche sociali per certi aspetti, perché giustamente abbiamo stabilito che di questi organismi non facciano parte soltanto rappresentanti di amministrazioni pubbliche, ma anche rappresentanti di forze sociali, dato che questi organismi, in alcuni casi sono retribuiti anche significativamente, in altri casi non sono assolutamente retribuiti, mancano addirittura i rimborsi spesa, quindi abbiamo all’interno degli squilibri. Su tutto questo non ho sentito dibattito, ho sentito invece una discussione su solite questioni retoriche: caccia, parchi. Penso che sia assodato che all’interno del territorio, per la stessa sopravvivenza dell’attività venatoria di cui alcuni consiglieri qui si preoccupano sempre in maniera molto esplicita ma in modo molto sbagliato, occorrano delle aree libere dal disturbo arrecato dall’attività venatoria ma anche da altro tipo di attività. In assenza di queste aree di riproduzione, di sosta per la migrazione, viene pregiudicata la stessa conservazione delle specie animali e viene pregiudicata la stessa sopravvivenza di un’attività venatoria che non si può basare sul ripopolamento del territorio con animali allevati, perché chi pensa di fare questo tipo di attività venatoria troverà sempre la contrarietà da parte dei verdi. A questo tipo di attività venatoria noi siamo fermamente contrari, perché significa da una parte dare il via libera a una devastazione del territorio in varie forme, con la presenza umana attraverso attività produttive, residenze, devastazione del territorio e dall’altra parte far finta che queste forme di intervento siano compatibili, perché tanto qualche settimana prima dell’apertura della caccia io vado a comperare dall’est europeo animali che poi rilancio per la contentezza di tutti coloro che ogni anno pagano la licenza e trasformano questa che una volta era un’attività di altro genere, in una sorta di tiro al piccione, più simile a un’attività di puro sparo piuttosto che a un’attività venatoria la quale certamente va riconosciuta come una delle attività che l’uomo sempre ha fatto.
Quindi chi spinge a un contrasto tra attività venatoria in tutto il territorio e presenza di aree protette, spinge verso un tipo di attività venatoria che certamente è diversa da quella che veniva fatta nelle scorse generazioni, quando c’era una consapevolezza della necessità della conservazione del territorio. Oggi sappiamo che i parchi sono uno strumento fondamentale, perché la presenza umana oggi non si concentra in pochi spazi ma tende ad essere invasiva su tutto il territorio e le forme di contaminazione del territorio sono diverse da quelle del passato, si pensi al grande impatto della chimica, esercitato attraverso le attività produttive, si pensi al grande impatto della mobilità. E’ chiaro che le aree protette svolgono una funzione centrale e insostituibile di conservazione del patrimonio naturale del nostro territorio, anche se certamente questa politica non può essere circoscritta ai soli parchi ma va estesa a tutto il territorio, con le ovvie graduazioni. I parchi sono certamente l’ambiente che noi vogliamo conservare nel migliore dei modi nei quali vogliamo indirizzare uno sviluppo che sia più che attento alla compatibilità ambientale, e di questo vogliamo trarre i benefici non soltanto di carattere naturalistico-ecologico ma anche per l’uomo, con la fruizione, il tempo libero e anche delle attività economiche: si pensi al turismo, si pensi all’agricoltura compatibile, che è perfettamente in simbiosi con i principi ispiratori delle aree protette. Quindi a queste are protette va certamente dato un mandato preciso di spingere perché la loro fruibilità sia piena, ma se disattiviamo gli organismi di gestione, spariamo ad alzo zero contro queste istituzioni, certamente non favoriamo quella fruibilità delle aree protette che ci è richiesta da tutti i cittadini. I parchi devono svolgere una politica anche per lo studio e per la conoscenza delle risorse naturali, anche per la divulgazione politica di tutela e di sviluppo della presenza animale, ma anche umana al loro interno, secondo criteri che debbono necessariamente essere diversi da quelli che possiamo applicare nel resto del territorio.
Non vedo tutto questo affollamento di ambientalisti all’interno degli organismi di gestione, anzi lancerei proprio un allarme contrario: proprio coloro che nel tempo hanno maturato o per interesse culturale o scientifico o per competenza acquisita con titoli di studio, con esperienze professionali e potrebbero dare ai parchi un forte impulso, questi soggetti spesso si tende a lasciarli fuori, queste figure non vengono valorizzate all’interno degli organismi di gestione. Il motivo è stato che queste figure porterebbero una presunta radicalizzazione nelle politiche gestionali di questi organismi. Niente di più falso, perché credo che quella che Giannotti definiva “parcomania” ormai non esiste più, tutti siamo consapevoli che anche all’interno dell’organismo parco serve una capacità di gestione che è richiesta a tutte le amministrazioni: serve una competenza, serve una moderazione, serve una capacità di saper andare incontro alle esigenze dei cittadini che vivono in quel territorio, non si vogliono fare parchi per fare le barricate contro alcuno, si vuole utilizzare questa opportunità del parco all’interno di un progetto complessivo di sviluppo del territorio della nostra regione, che fortunatamente non è indirizzato a un utilizzo pesante, perché nella nostra regione si è capita l’importanza della componente di conservazione dei beni culturali, dei beni ambientali, della ricaduta che questi hanno on solo sulle attività economiche che direttamente si fondano sulla presenza di queste risorse, ma anche sulle stesse produzioni che vengono esportate all’estero, produzioni di qualità che sono sempre più abbinate all’immagine del nostro territorio e alla sostanza del nostro territorio.
Il nostro territorio non può essere soltanto qualcosa che viene descritto nei bellissimi filmati che possiamo fare, nei bellissimi materiali che possiamo produrre, nel nostro territorio deve rimanere la sostanza e non l’apparenza e la forma. In questo le aree protette della nostra regione devono dare il loro contributo, non solo esistendo, non solo con la formale istituzione, che pure è un fatto importante, ma con un ruolo dinamico, capace di interpretare la funzione che queste aree debbono svolgere.
In questo senso un passo importante è anche l’istituzione di una nuova riserva naturale. Io non ho dubbi che chi ha effettuato il lascito, vedrà gestito questo territorio in buone mani. Sicuramente freneremo l’aggressione a una foce fluviale, un punto di delicato equilibrio idrogeologico rispetto al quale c’erano mire speculative. E’ chiaro che la valorizzazione del territorio attraverso operazioni speculative rende in denaro molto, ma poi abbiamo visto che costa spesso alla pubblica amministrazione, certe volte più di quello che è l’incasso e la monetizzazione che alcuni privati fanno sul momento.
La cementificazione della costa marchigiana avvenuta negli anni passati, lo snaturamento di tutto l’ambiente costiero, determinano dei danni che noi paghiamo e quindi la conservazione di questa zona umida, peraltro individuata anche dalla Convenzione internazionale di Ramsar come area meritevole di protezione. E’ un passo importante, anche se in quella zona gran parte del territorio circostante è stato pesantemente urbanizzato e anche degradato.
Sostanzialmente ci troviamo a difendere l’ultimo lembo rimasto, sul quale bisognerà fare anche qualche opera di recupero e non solo un’azione di conservazione. Preposti alla gestione sono gli enti locali, quindi non mi sembra assolutamente niente di scandaloso, a meno che tutti coloro che si ritrovano a dover gestire delle risorse naturali secondo criteri naturalistici, i colleghi consiglieri li ritengano soggetti a rischio rispetto a quella malattia che alcuni chiamano “parcomania” ma che io difficilmente riesco a vedere né come malattia endemica né come fenomeno episodico nella nostra regione. Mi sembra che, se mai, la quantità di superficie protetta sia all’interno di equilibri e percentuali che ci lasciano la possibilità, nei prossimi anni, di pensare anche all’istituzione di altre aree protette, fermo restando che bisognerà certamente trovare risorse e soprattutto dare indirizzi a questi organismi, affinché nella gestione possano essere soddisfatti tutti coloro che non ce l’hanno pregiudizialmente con la nascita nel territorio delle aree protette.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Noi abbiamo sempre affrontato in quest’aula il problema relativo alle istituzioni di nuovi parchi naturali, senza pregiudizi ideologici, però con una convinzione, che nel mio caso personale si è andata sempre più rafforzando: quanto più mi rendevo conto della reale situazione, tanto più mi si è rafforzata la convinzione che molto spesso l’istituzione di questi parchi serve per creare nuove sovrastrutture vincolanti, per dare allocazione a persone che si muovono nell’ambiente politico e per incrementare il già elevato livello della spesa pubblica. Se in una fase di obiettive ristrettezze economiche o finanziarie come quella che stiamo vivendo noi abbiamo difficoltà per far funzionare i piccoli ospedali nelle periferie ecc., ci possiamo permettere il lusso di istituire questi nuovi parchi e stipendiare altre persone, pagare presidenti, vicepresidenti, segretari, direttori ecc.? A me sembrerebbe una cosa fuori luogo, al di là del fatto che vedo che nella zona che meglio conosco, cioè il parco Gola della Rossa, è prevista l’ipotesi di rendere parco Valleremita, Monte Cucco, tutto un versante che diventerebbe un grande parco. Può darsi, come dicono alcuni, che questo possa rappresentare anche un bene per la comunità, che vengano spesi dei soldi, che vengano fatti degli investimenti in infrastrutture, ma lì sarebbe praticamente tutto un parco. Per sono belle perché ci sono nato, ma non ci sono bellezze naturali, paesaggistiche o specie particolari da proteggere. Quindi, secondo me andrebbe ripensata — ma sono già convinto che parlo a me stesso, quindi lo faccio solo per rispetto del ruolo che svolgo — tutta la politica per quanto riguarda l’istituzione di queste riserve, realizzandoli dove veramente ha un senso e dove si può fare una cosa buona e rendere un miglioramento della situazione paesaggistica, anche dal punto di vista turistico, ambientale ed economico come risvolti, ma non esagerare, tenendo anche fermo il rispetto che si deve per altre attività che poi vengono precluse, per altre situazioni anche a livello legislativo, sulle quali ci siamo già dichiarati e che magari verrebbero non rispettate se si procedesse alla attuazione di nuovi parchi, superando i limiti di legge che forse, peraltro, sono già stati superati.
Per questi motivi e per un richiamo a un’attenzione maggiore nell’utilizzo delle risorse pubbliche, esprimiamo il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Roberto TONTINI. La discussione unificata dei due atti credo che sia opportuna. Questi due atti testimoniano l’evoluzione corretta e concreta di quanto sta avvenendo nella nostra regione ormai da qualche anno in merito all’istituzione delle aree protette e più in generale alla gestione del territorio, che credo sia il vero ,ma di fondo sul quale ogni amministrazione pubblica e ogni governo regionale sempre di più deve incentrare la propria attenzione. Quando parlo di gestione del territorio mi riferisco a più cose: sia l’istituzione di aree protette, sia una corretta gestione e attenzione a tute le altre parti del territorio che meritano comunque una corretta attenzione e una corretta gestione delle attività umane, sia per quanto riguarda le zone nelle quali esercitare lo sviluppo, che deve essere compatibile, sia per quanto riguarda la gestione delle aree protette che deve essere sempre più intelligente e sempre meno ideologica, per mettere una sorta di bandierina sul territorio, attraverso la quale poter dire “abbiamo fatto questo, abbiamo rappresentato questa o quella percentuale”. Nell’ambito della discussione sono state sollevate alcune osservazioni per le quali sono stato chiamato in causa, è stata chiamata in causa la Commissione che su questi due atti ha fatto tre azioni: ha cercato di velocizzare l’istituzione della riserva della Sentina, visto che su quest’area ormai si era realizzato uno degli elementi di fondo, che al di là della previsione della Regione Marche, diventa indispensabile, politicamente, per la maggioranza, cioè il consenso del territorio che, a quanto risulta dagli atti, è presente ed è stato dichiarato da parte delle amministrazioni locali, sia Provincia che Comuni, tanto è vero che addirittura il riferimento della gestione di quest’area viene attributo addirittura al Comune di San Benedetto del Tronto. Insieme a questo, visto il consenso, la necessità di non disperdere i fondi che ci sono e che erano stati stanziati, quindi l’utilizzazione, già dal 2004, delle risorse previste per la gestione di questa area.
A questo proposito, come Commissione abbiamo inviato una lettera che invita la Giunta e i servizi a fare in modo che, visto l’atto che andiamo questa mattina ad approvare, da subito si renda possibile, se serve, fare una eccezione rispetto alla scadenza del 15 dicembre entro la quale impegnare i fondi.
La stessa cosa vale per quanto riguarda il Ptrap, sul quale abbiamo fatto un altro intervento, che apparentemente può sembrare di poco peso, ma viste le motivazioni per le quali è stato fatto, credo che invece rappresenti una evoluzione corretta di quello che significa per questa Regione la gestione del territorio e di quello che significa per questa Regione il consenso del territorio rispetto alla gestione dello stesso.
Infatti nel Ptrap, tenendo conto del principio generale al quale facevo riferimento all’inizio di questo intervento, è stato stralciato, letto il resoconto del dibattito avvenuto nella conferenza delle autonomie e tenuto conto di quanto emerso nell’ambito delle audizioni fatte dalla nostra Commissione, quanto abbiamo ritenuto opportuno stralciare. Mi riferisco in particolare all’area di Fano che va a testimoniare, nella discussione unificata, quanto a questa Regione stia a cuore non tanto una gestione del territorio che viene fatta calare dall’alto, ma che deve vedere il consenso e la partecipazione pieni dei soggetti che poi in quel territorio risiedono, a partire in principal modo dalle Amministrazioni locali. Se è vero che abbiamo accelerato, da un lato, la Sentina, perché lì si era già realizzato, attraverso un lavoro lungo e impegnativo, del quale va dato atto a coloro che in questi anni hanno impegnato tempo e fatica, compreso il relatore di questo provvedimento, parallelamente abbiamo stralciato il riferimento alla realizzazione in questo triennio del parco della Foce del Metauro per due motivi. Primo economico, secondo perché su quel parco attualmente non c’è il consenso del territorio: non solo l’Amministrazione comunale ma anche la Provincia di Pesaro e Urbino ha espresso parere negativo e in queste condizioni abbiamo ritenuto opportuno stralciare il riferimento al finanziamento di quest’area, lasciandola nella previsione generale, e utilizzare questo finanziamento, così come era stato richiesto da parte di tutte le associazioni ambientaliste e degli stessi gestori di parchi, di utilizzare questi finanziamenti che sono relativi alla gestione di quanto già esiste, per fare in modo che ci sia coerenza tra quello che si va a realizzare e, conseguentemente, le varie gestioni.
Abbiamo fatto anche, in questa direzione, alcune modifiche che sappiamo apriranno la strada al fatto che nel triennio le risorse verranno aumentate e l’aumento delle risorse dovrà andare in direzione di garantire la gestione di quanto già esiste, perché nella previsione iniziale, così come riportato nell’atto, questo non è possibile.
Credo che nell’ambito di questa valutazione, di questo ragionamento, nel quale si andranno ad integrare le risorse, va inserito anche un altro elemento, nella fase dell’atto istruttorio che ha predisposto la definizione del Ptrap, cioè anche una verifica sull’efficienza e l’efficacia di quanto, attraverso la politica della salvaguardia del territorio con l’istituzione delle riserve e dei parchi naturali, abbiamo portato avanti in questi anni, perché credo che sia importante andare a verificare, anche sul piano dell’efficacia e dell’efficienza, quanto si sta facendo, nell’idea e nel tentativo di allargare sempre di più la conoscenza di quanto si sta facendo e, intorno alla conoscenza, legare la partecipazione degli attori che nel territorio si muovono e che hanno interessi diretti relativamente a questa partita, cercando di superare quello che storicamente è stata una profonda incomprensione tra mondo ambientalista e mondo della caccia, che fortunatamente nel tempo sta sempre di più diminuendo grazie alla responsabilità che dalle due parti, sia nel mondo venatorio che nel mondo ambientalista sta crescendo e quindi credo che vadano messi il più possibile da parte tutti i tentativi e le possibilità di riattivare strumentalmente dissidi di questa natura, perché le due attività sono regolate da leggi che hanno pari dignità e pari tutela nella nostra legislazione, anzi il tema che abbiamo nell’ambito della gestione del territorio, se mai è quello della integrazione sempre maggiore rispetto agli obiettivi che sono comuni a tutti, sia al mondo venatorio che al mondo ambientalista, di preservare il territorio, perché è condizione essenziale attraverso la quale poter continuare a mantenere la corretta crescita e il corretto sviluppo delle attività umane tutte comprese, a partire dalla salvaguardia della qualità della vita che è fatta anche di sviluppo, di crescita, ma in principal modo di mantenimento delle condizioni dell’ambiente.
E’ per queste ragioni che il nostro gruppo voterà a favore dei due provvedimenti.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Vorrei esprimere la ima soddisfazione personale, come rappresentante di questa Giunta e di questa maggioranza, per il fatto che questi due atti oggi vanno al voto del Consiglio regionale. Non posso non notare, non per amore di polemica, la difficoltà che hanno incontrato alcuni esponenti della minoranza, a dover trovare delle motivazioni per potersi opporre ad atti di questo tipo, di questa natura. Vorrei in qualche modo ripercorrerli.
L’atto che riguarda la Sentina vede la luce definitivamente a un anno dall’inizio del suo percorso. I parchi e le riserve devono essere fatti con il consenso delle autonomie locali, delle popolazioni. Vorrei rimandare chi pone queste problematiche al protocollo d’intesa che è stato firmato tra la Regione Marche, la provincia di Ascoli Piceno, il Comune di San Benedetto, il Comune di Ascoli Piceno, che dà il via all’istituzione di questa riserva. Quindi non capisco dove stia, non dico lo scandalo ma la diversità di vedute. Questo è il primo punto che noi vediamo realizzato e lo vediamo realizzato con la concordia degli enti interessati.
Sento dire dal consigliere Gasperi che non si sarebbero controllate le spese sostenute, che si farebbero investimenti senza programmazione. Ma consigliere Gasperi, la invito ad andare ad informarsi di quanti incontri sono stati fatti, di qual è stata l’attenzione da parte del servizio, in questi mesi, nel verificare i bilanci dei parchi, delle riserve naturali. Mi pare che la stessa attenzione non c’è stata da parte del Governo nazionale nei confronti dei propri parchi, delle proprie riserve naturali, tant’è che il ministro dell’ambiente Altero Matteoli non ha trovato di meglio da fare che tagliare le risorse rispetto a questo settore.
Io non condivido, ma apprezzo molto di più il ragionamento che fa il consigliere Viventi, che dice un no secco senza arrampicarsi sugli specchi. Dice “ma voi pensate davvero che in un momento di difficoltà economica quale quella attuale, noi possiamo permetterci di impiegare risorse per finanziare parchi, riserve naturali e quindi dare stipendi a chi in queste situazioni lavora? O non sarebbe meglio interessarsi dei problemi della sanità? Vorrei dire a Viventi che non accetto assolutamente questo tipo di impostazione, non la condivido, ma perlomeno è franca e sincera e allora gli rispondo anch’io in maniera molto sincera: non pensa il consigliere Viventi che molto probabilmente, tutelando l’ambiente che ci circonda, quindi istituendo riserve naturali, luoghi protetti in cui la qualità della vita è migliore di quanto non sia in altre situazioni della nostra regione, probabilmente risolveremmo anche alcuni problemi della sanità e probabilmente avremmo anche minori spese per la sanità, perché probabilmente, in un circuito complessivo, questa migliore qualità della vita potrebbe far sì che tante e tante patologie possano in qualche modo non dico venir meno ma diminuire? E non pensa che gli stipendi di questi signori che si rimettono nell’economia marchigiana, potrebbero servire essi stesso come minimo di rilancio dell’economia della nostra regione. Non si può dire da una parte che le attività delle imprese vengono meno rispetto alla situazione precedente e dall’altra parte non pensare a quale tipo di sviluppo e di rilanci possibile per l’economia della nostra regione. Se andassimo a verificare la possibilità che alcune azioni nel campo della programmazione turistica, si possano inserire con la creazione di nuove aree, probabilmente daremmo una risposta a quei luoghi e ai livelli occupazionali.
Quando si parla di finanziamenti, capisco che è dura da digerire, però le cose stanno così. Noi abbiamo previsto le stesse risorse, anzi ancora maggiori di quelle dell’anno precedente, nel senso che prevediamo per l’anno 2005, 2.402.000 euro per le spese correnti e 2.200.000 euro per quelle di investimento, perché sappiamo che si istituisce una nuova riserva come quella della Sentina. E fanno 11. Io sono orgoglioso di poter dire che in due anni di attività sono partite due riserve: l’oasi di Ripabianca e la riserva della Sentina. Credo che possiamo vantarci di poter dire che oltre il 10% del nostro territorio è interessato da aree protette, che oltre il 25% del territorio agro-silvo-pastorale della regione Marche è interessato dalla previsione di aree protette e noi non facciamo fughe in avanti o salti nel vuoto, perché abbiamo previsto altre riserve, che nel passato venivano esse stesse classificate come possibili parchi o riserve naturali, e oggi noi non rinunciamo a queste come aree di interesse naturalistico, quindi le proponiamo, le aggiungiamo. E’ del tutto evidente che dovremmo avere la normale, naturale attenzione nei confronti delle autonomie locali, cosa che abbiamo fatto. Quando dite questo vi pregherei di andare a verificare gli atti della conferenza delle autonomie locali. L’istituzione della Sentina è un atto che ha visto un consenso unanime di quel momento fondamentale del confronto con le autonomie locali. Allora mi domando, al di là della necessità di esporre la propria posizione, al di là delle necessità di accattivarsi le simpatie di una parte di questo mondo che nessuno nega, perché nessuno può negare... E’ certo che esistono anche le associazioni venatorie, è certo che esiste anche un piano faunistico, ma noi non siamo in una situazione di incongruità rispetto a quelle previsione del 25% che è una previsione massima e non è certo quello il punto dove dobbiamo arrivare, per cui non c’è alcune incongruità e in ogni caso, se ci fossero delle incongruità — ho sentito il consigliere Ciccioli parlare di diverse fatturazioni, adombrare alcune situazioni — su questo ripeto quanto dico per tutte le questioni che riguardano la sfera della moralità della vita amministrativa: se ci sono situazioni non legittime ci sono le sedi per andare a denunciarle, quindi le si denuncino in quelle sedi. Per quanto mi riguarda non ho assolutamente nulla da temere, quindi se qualcuno non si è comportato amministrativamente in modo corretto, o si è comportato in modo truffaldino, denunciamo queste situazioni. L’assessorato sta facendo il controllo di come vengono spesi i fondi riservati ai parchi. Abbiamo fatto questa ripartizione dopo una concertazione con tutti i parchi, ciò che si è fatto lo si è deciso assieme e continueremo a farlo. Io sono orgoglioso del fatto che le associazioni ambientaliste, che coloro che lavorano all’interno dei parchi, le autonomie interessate, questa volta, forse per la prima volta tutti insieme danno un giudizio positivo e complessivo. Mi pare quindi che si sia fatto un buon lavoro, di cui si può andare orgogliosi.
Ora non faremo passi in avanti, per cui se vi saranno ulteriori risorse potremmo pensare anche alla previsione di ulteriori parchi, se così non sarà, siamo già ad un buon livello e vedremo ciò che sarà possibile fare nel futuro. Questo riferirsi alla Foce del Metauro non c’entra assolutamente nulla. C’è un riferimento voluto oggi, in quest’aula, a questa questione. Chi l’ha chiesta, chi non l’ha chiesta? Vi potrei rispondere così: esattamente un anno fa, mese più, mese meno, il sindaco Carnaroli mi inviò una nota specifica in cui chiedeva l’istituzione di questa riserva e chiedeva di accelerare il processo per l’istituzione della stessa. Io rispetto le istituzioni per quello che sono, per cui un sindaco è tale sia se appartiene al centro-sinistra, sia se appartiene al centro-destra. Con la stessa sensibilità ho udito il sindaco attuale Aguzzi dire in conferenza delle autonomie “questa cosa non s’ha da fare”, quindi verificheremo, nel prosieguo di questo percorso, cosa sarà possibile fare, senza fughe in avanti e senza costrizioni per alcuno.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli atti.
Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Con immenso piacere abbiamo assistito all’intervento dell’assessore, che prima cercava di convincere se stesso, più che chi lo ascoltava. Ha fatto un’autocelebrazione, parlando del 10% di miglioramento sul 100%, parlando di presunte aree che verranno inserite senza soldi, quindi un grosso miglioramento. Questo è difficile da digerire, assessore. Se diciamo che fra vent’anni andremo a trovare l’acqua nel deserto, qui ridono tutti. Questa è la stessa cosa che faceva lei nel suo intervento. Non abbiamo sentito la replica dell’assessore Agostini per dire dove prendere le risorse, se ci sono. Poi abbiamo sentito la contraddizione quando si apprezzava Viventi perché realista, senza contestare a Moruzzi che è un sognatore. Qui c’è una contrapposizione di fondo.

Marco AMAGLIANI. Forse non è stato molto attento.

Ottavio BRINI. Il mio difetto è che sono molto attento quando lei parla, assessore. Molto spesso la sua autocelebrazione la porta a sconfinare e magari se fosse più tranquillo e sereno quando fa le relazioni, sarebbe anche molto più tranquillo.
Ancora una volta abbiamo notato l’arroganza dell’assessore, quando parliamo dell’art. 3, un assessore a fine corsa e a fine mandato che lui stesso ha ammesso che questo provvedimento era fermo in un cassetto e dopo un anno ha avuto l’accortezza e l’intelligenza tecnica di voler imbavagliare un presidente, facendo un emendamento — questo gliel’avrà sicuramente suggerito il consigliere D’Angelo — riferito all’articolo 3. Invito i consiglieri della maggioranza a rivedere questa posizione, perché non è possibile che si cambino in corsa le regole di una Commissione, con un calcolo scientifico per imbavagliare un presidente con i numeri. Spiegherò poi anche perché è stato fatto male questo emendamento...

PRESIDENTE. Non c’è emendamento.

Ottavio BRINI. Parlo di quello approvato in Commissione. E’ una cosa che deve essere rivista e corretta. Non tutte le cose che fa approvare Amagliani sono Vangelo.
L’art. 3 recita: due rappresentanti del Comune di San Benedetto del Tronto, un rappresentante della Regione, uno della Provincia di Ascoli e uno del Comune di Ascoli Piceno. Cos’ha fatto il duo Amagliani-D’Angelo? Visto che il presidente aveva la maggioranza, si sono inventati il “giochetto” di inserire, con un colpo di mano in Commissione, un “rappresentante di comprovata esperienza scientifica e naturalistica indicato dal comitato tecnico scientifico regionale per le aree naturali e protette”, quindi hanno fatto 3-3, pertanto il presidente, indicato dal sindaco di San Benedetto del Tronto, non avrà mai i numeri, con questo golpe fatto in Commissione, per poter deliberare.
Nella fretta di fare questo golpe, mentre gli altri che sono nominati hanno una durata prevista, questo nominato dal comitato scientifico ha durata illimitata nel tempo. Quindi, nella fretta di nominarlo non avete neanche indicato il tempo di durata.
Noi ci asterremo su questo atto, non voteremo contro, però vi preghiamo di rivedere e correggere questa nomina, perché questa persona la poteva nominare lei, assessore, quale suo delegato, o poteva lasciarlo fare al presidente della Provincia di Ascoli Piceno. A fine mandato queste cose stonano e danno un brutto segnale sul senso di democrazia e di libertà. Questa è una netta imposizione del consigliere D’Angelo, che oggi lo vedo più uscire che rimanere in aula, forse perché ha la coscienza poco tranquilla, quindi diamo un voto di astensione e ci auguriamo che rivediate queste posizioni. Penso che non chiediamo la luna nel pozzo, chiediamo semplicemente di lasciare la gestione come prevista nel vecchio comitato. Se poi si vuol nominare un esperto del comitato tecnico scientifico lo faccia l’assessore indicandolo come suo delegato o il Presidente della Provincia di Ascoli Piceno.
Annunciamo quindi un voto di astensione, con la speranza che si venga incontro a una richiesta, che penso sia minimale e anche di correttezza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D'ANGELO. Visto il nutrito ordine del giorno, avrei preferito non fare la dichiarazione di voto su questi due atti, ma alcuni interventi mi costringono, per dovere di obiettività, a fare alcune precisazioni.
In qualità di relatore dico al collega Viventi che ho citato tutti i involi del Ppar, i vincoli dell’area, le pubblicazioni scientifiche sulla validità naturalista di questa area, l’esigenza di preservarla. Ho fatto riferimento al fatto che c’è stato un percorso all’unanimità di tutte le conferenze dei servizi, delle autonomie, delle associazioni che ricadono su questo territorio — agricoltori, ambientalisti, associazioni produttive in genere — e quindi c’è stato un coro di unanimità, perché nel locale si ritiene che questa area debba essere valorizzata per la sua vocazione. C’è il parere favorevole anche del Comune di San Benedetto del Tronto che è amministrato dal centro-destra, c’è il parere favorevole della Provincia di Ascoli Piceno, che hanno sottoscritto un documento di indirizzo comune. Non c’è il parere favorevole del Comune di Ascoli Piceno, è vero, perché il Comune di Ascoli Piceno che in altre Amministrazioni, attraverso l’elaborazione del Ptc aveva dato un segnale di andare verso la protezione di quest’area: questa Amministrazione e la precedente, di centro-destra, si sono ben guardate dal partecipare a qualsiasi coinvolgimento di tutto l’iter amministrativo. L’Amministrazione comunale di Ascoli Piceno è stata più volte chiamata a sedersi attorno a un tavolo e più volte è risultata assente.
Per spirito di coinvolgimento il Comune di Ascoli Piceno doveva partecipare, ma ha solamente la proprietà. E’ risaputo che nell’utilizzo e nella programmazione dell’utilizzo del territorio sono gli enti locali su cui il territorio ricade che decidono in funzione dell’interesse dell’intera collettività e non la proprietà. Sono stati invitati, non sono venuti, ci dispiace, ma la proprietà di un’area non va a decidere come quell’area deve essere utilizzata, altrimenti nel nostro paese non riusciremmo a fare un solo piano regolatore se ogni volta dovessimo chiamare tutti i proprietari. Quindi ci dispiace di questa assenza del Comune di Ascoli Piceno, è stato inserito un rappresentante nel comitato di indirizzo. Voglio anche rassicurare il collega Brini sulla presenza di un rappresentante di comprovata esperienza scientifico-naturalistica designato dal comitato tecnico scientifico per le aree protette regionali. Abbiamo deciso questo perché in tutte le altre riserve, all’interno dei comitati di indirizzo, di gestione c’è sempre una figura che non è amministrativa ma scientifica, che non cambia l’assetto della composizione del comitato, ma può dare quell’apporto importante, quell’aiuto importante agli altri membri che sono espressione amministrativa.
Per quanto riguarda il numero, basta precisare nello statuto che in caso di parità il voto del presidente vale doppio. Non a caso il presidente è espresso dal Comune di San Benedetto, quindi potete stare tranquilli che da un punto di vista di giochi di maggioranze o di minoranze non cambia alcunché.
E’ un fatto storico. Ringrazio Castelli per tutto il merito che mi ha dato, prendo atto. Io mi sono impegnato molto, però l’impegno non è stato solamente mio, devo ringraziare tutti coloro che in questi ultimo periodo mi hanno aiutato ad accelerare l’iter per l’istituzione di questa riserva, per non perdere per l’ennesima volta i fondi già stanziati nel bilancio, vorrei ringraziare tutti quelli che da almeno vent’anni sul territorio si sono battuti perché si arrivasse a questa soluzione, quindi molti amministratori locali, le associazioni ambientaliste, molti semplici cittadini. Ripeto, il voto di questi due atti, per quanto riguarda i verdi, non può che essere favorevole e relativamente all’istituzione della Sentina, la quinta riserva naturale non è uno scempio del territorio ma una sua valorizzazione, al di là di quanto è stato detto sulla “parcomania” e sulle “vendite” politiche a D’Angelo o meno. Ritengo che la Sentina, che è scritta sul Ptrap ormai da molti anni, finalmente è arrivata al capolinea. Per questo ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato.

Gilberto GASPERI. Presidente, colleghi, Alleanza nazionale voterà contro queste proposte di atto amministrativo. Voglio far presente che sulla istituzione della riserva naturale della Sentina c’è una contraddizione con quanto viene riportato nella direttiva 79409 della Ce, direttiva che è stata emanata nei giorni antecedenti la Pasqua 2004 e presidente della Ce era quel tal Romano Prodi che va a candidarsi per la coalizione del centro-sinistra alle elezioni politiche.
Non è importante solo il falso che viene riportato rispetto a questa direttiva comunitaria, ma il falso che continua anche con il disequilibrio che c’è all’interno di questa Commissione, quando avevano già fatto la composizione, inserendo il “verde” come componente della minoranza. Invece ha fatto la relazione di questa legge come fosse un relatore di maggioranza. Non vedo perché non debbano essere prese immediatamente le distanze. Porterò questo argomento al prossimo ufficio di presidenza, proprio perché dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare e alla politica quel che è della politica. E’ inaccettabile che chi fa i salti maggioranza-opposizione, venga preso in considerazione quando passa dalla maggioranza all’opposizione, quando ritorna alla maggioranza, siccome va a scapito dell’opposizione non si capisce perché non debba essere riequilibrata quella posizione all’interno della Commissione.
Il voto contrario non è solamente in funzione di questo, ma anche se la superficie non è così ampia, va a rompere quell’equilibrio sulla istituzione del piano faunistico venatorio, nel quale era già stato fatto un falso, facendo vedere che c’erano degli errori tra le misurazioni fatte con il sistema tradizionale e quelle fatte con l’aerofotogrammetrico, senza prendere in considerazione la superficie totale dell’intera nostra regione. E’ veramente assurdo che non si segua una procedura per vedere che tipo di impatto si è creato nel territorio marchigiano dopo che sono stati istituiti parchi e riserve, perché sappiamo che nel bilancio dei parchi o delle riserve, i soldi stanziati dalla Regione sono sì e o sufficienti per pagare dei dipendenti, delle persone che operano all’interno del parco e il beneficio che dovrebbe derivare dalla filosofia dell’istituzione stessa del parco, non c’è. Ma addirittura, nel momento in cui vengono istituiti questi parchi non capisco perché la Regione non ci porti, come esempio, dei dati concreti dei risultati positivi nella costituzione dei parchi che sono stati fatti già nell’anno 1997, nell’anno 1999 e via di seguito. Nello stesso momento in cui viene istituito un parco, non capisco perché non venga data una relazione significativa e concreta, che descriva lo stato di fatto di quel territorio, perché a me risulta che non c’è assolutamente alcun degrado in questo territorio, come negli altri. Quando non c’è degrado, è indispensabile che si dia un riconoscimento a coloro che risiedono in quel territorio, a differenza di tante altre istituzioni che sono sulla costa — non vado lontano da quel di Falconara — che hanno creato problemi ambientali consistenti, ma che pagano e danno contributi a fondo perduto a coloro che vanno alle elezioni... Siccome siamo in prossimità delle elezioni è probabile che si rinnoveranno queste cose, come successo nel 2000 da parte di quella grande industria che si rispecchia sul mare Adriatico quando non ci sono le pozzanghere di gasolio. E’ allora indispensabile che ci dicano come realmente sono quei territori e le prese di posizione devono essere nette, a difesa del territori, soprattutto quando il territorio è in uno stato di abbandono, creando problematiche nell’immediato e nel futuro. E’ qui che dobbiamo avere una coscienza ambientale e avere coscienza ambientale significa anche, spesso, non dare riconoscimento a coloro che operano e sono dipendenti dei parchi marchigiani, che hanno una colorazione politica identica al parco — cioè colore verde — a difesa del consenso che deve essere dato per sostenere questa Giunta regionale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione del Consiglio.

Il Consiglio approva

Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Nel confermare il nostro voto contrario all’istituzione della riserva naturale della Sentina, come già detto nel mio precedente intervento e come confermato dal consigliere Gasperi, mi corre l’obbligo di precisare alcuni aspetti che sono stati posti prima dal sottoscritto e ripresi successivamente dal consigliere D’Angelo. Io ho contestato il mancato coinvolgimento e soprattutto la mancata percezione, comunque contraria, del Comune di Ascoli Piceno che in realtà non è fuggito e non ha mancato di manifestare la propria opinione. Ciò che il Comune di Ascoli non poteva accettare era l’idea, comunque precostituita e calata dall’alto, che fosse l’istituto della riserva naturale, a dover organizzare, ispirare il futuro della Sentina. Peraltro ha ricordato giustamente il consigliere D’Angelo che il Comune di San Benedetto ha invece dato luogo a un atteggiamento diverso. Lo ha fatto, tuttavia, approvando una delibera con la quale si aderiva all’atto di indirizzo istitutivo della Sentina, che recava indicazioni almeno parzialmente diverse da quelle contenute nell’atto posto nella seduta odierna alla nostra approvazione. Mi riferisco in particolare alla composizione dell’organo di indirizzo, che vede crescere un membro, quel membro cui facevo riferimento prima io, che rende paritetica la rappresentanza, o meglio porta a sei, da cinque che erano, i membri del comitato di indirizzo e in particolare modo fa riferimento ad una designazione che è espressione ritengo della Regione, perché si parla di un “rappresentante di comprovata esperienza scientifico-naturalistica indicato dal comitato tecnico scientifico regionale per le aree naturali protette”. Anche questa è una previsione non contenuta nell’atto di indirizzo approvato dal Comune di San Benedetto, così come non era contenuta un’altra perniciosa previsione, che è quella di cui al comma 2 dell’articolo 3, ovvero i componenti del comitato di indirizzo durano in carica quanto gli organi che li hanno nominati. E’ evidente il rischio, approvando una simile norma, che si menomi il principio della continuità amministrativa e di gestione, in questo caso di indirizzo, in capo al comitato stesso, anche perché, come è noto, sono previste le elezioni del Consiglio comunale di San Benedetto nel 2006 e quindi anche questa norma denota una volontà di occupazione politica di un comitato che già di per sé, oggi è destinato, in qualche modo, a non poter, almeno potenzialmente, operare visto il numero di sei, quindi un numero che anche dal punto di vista della emanazione dei membri, vede tre membri di nomina degli enti locali e tre di nomina della Provincia o della Regione. A ciò si aggiunga questa clausola di decadenza, che sicuramente pregiudica la possibilità di fornire continuità amministrativa, almeno per quanto riguarda i due membri del Comune di San Benedetto, ma più in generale in corso d’opera si è proceduto ad una modifica dell’atto che era stato deliberato dal Consiglio comunale di San Benedetto. Quindi, quando D’Angelo rivendica la collaborazione, che c’è stata, la cooperazione, che c’è stata, da parte del Comune di San Benedetto, non può ignorare che la Regione, o meglio la Commissione, successivamente ha modificato e alterato, almeno in parte, il divisamento del Comune di San Benedetto. Si può essere più o meno contrari, un dato è certo: che anche in questo atteggiamento si manifesta l’intento dirigistico e comunque di ingerenza rispetto ai poteri comunali, o comunque rispetto alla realtà degli enti locali, che rimanda, più in generale, alla concezione che ispira, informa di sé tutta la politica sulle aree protette di questa Giunta regionale che evidentemente utilizza l’area protetta per poter di fatto sottrarre quote di incidenza amministrativa agli enti locali. Io non ho nulla contro il principio della protezione, il gruppo di Alleanza nazionale sarebbe stato favorevole all’istituzione delle riserva naturale, se solo la superficie fosse rimasta contenuta negli ambiti della tutela integrale o poco di più, se solo... (Interruzione). Certo, ma ti ripeto che la delibera del Comune di San Benedetto è difforme, sia pure parzialmente, da quello che noi oggi andiamo ad approvare. Più in generale, a mio modo di vedere, pur riconoscendo i meriti al consigliere Pietro D’Angelo, i cui tradizionali problemi duodenali — politici, ovviamente — si sono sistemati nel breve volgere di un paio di settimane, oggi ci troviamo ad un atto che esprime ancora una volta la volontà di autorizzare nuove aree protette nonostante che in tutte le Marche, in particolar modo nella provincia di Ascoli Piceno la percentuale di aree sottoposte a tutela sia ben superiore a quella prescritta dalle norme nazionali. Questo atto conferma come la sensibilità ambientalista della Giunta D’Ambrosio si esprima al meglio nelle aree diverse da quelle che ricadono nel perimetro anconetano e inoltre un provvedimento che denota la volontà di ergersi a tutori della natura. Prima parlavo di Pietro D’Angelo come un novello dio Pan che vestito di foglie di fico saltabecca in quella che è un’area fortemente degradata, un’area che sicuramente presenta dei problemi anche di convivenza civile, visto il cattivo uso che se ne fa, soprattutto di notte: è diventata una “Sentina” per certi versi anche nel senso più stretto, dal punto di vista etimologico, ma più in generale denota un atteggiamento vincolista, dirigista, che invece deve potersi armonizzare con le prospettive di sviluppo di un territorio che deve autogovernarsi anche sotto questo punto di vista. Quindi non si tratta di fare palazzi o strade sulla Sentina, si tratta però di raccordare le prospettive di sviluppo di un’area che è bene comune di tutta la vallata del Tronto, senza il condizionamento automatico di un comitato di indirizzo e di una direzione ambientalista che probabilmente potranno essere più o meno illuminati, ma una cosa è certa: non sono eletti da nessuno e non sono muniti dal popolo del conforto istituzionale per poter legittimamente sapere o conoscere qual è il destino migliore di quell’area che, ripeto, è un’area di fortissima vocazione ambientale sicuramente, ma che nn può essere utilizzata prescindendo da un’idea di sviluppo sostenibile, ma possibile, di tutta una vallata, una vallata che è afflitta da una crisi occupazionale spaventosa, da una vallata che divide due regioni che hanno problemi spesso complementari, ma sicuramente calare dall’alto questo pachiderma ambientalista, non risponde a nessuna delle esigenze. Oggi la vallata del Tronto deve fornire il proprio tributo agli equilibri di questa maggioranza e siamo virtualmente messi nelle condizioni — parlo degli abitanti del sud delle Marche — da oggi in poi, di poter dire pressoché nulla per quanto riguarda lo sviluppo di quell’area.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Dichiaro il voto a favore del gruppo Verdi su questo provvedimento e la soddisfazione per questo segnale, pur simbolico, che viene dato dalla nostra Regione in un momento in cui tutta la normativa ambientale e quella nazionale vengono pesantemente messe in discussione in Parlamento attraverso una legge che delega al Governo la competenza e la funzione di ridefinire tutto il quadro normativo in materia ambientale. Penso che questa sia una proposta politica che il centro-sinistra dà, una riposta politica alla quale noi crediamo che debbano seguire anche altri iter di istituzione, non escluso la riserva naturale della bassa valle del Metauro, che era una delle zone sulle quali è stata attivata la procedura di consultazione degli enti locali, sulla quale già si urla da parte del centro-destra “non passerà, non passerà”, come se attraverso la costituzione di aree protette venissimo a pregiudicare le prerogative e le attività economiche dei cittadini. In realtà, tutta la politica dei parchi va in direzione dei bisogni dell’intera collettività marchigiana.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.
Pongo anzitutto in votazione il coordinamento tecnico sulla proposta di atto amministrativo n. 151.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo n. 151.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico sulla proposta di atto amministrativo n. 148.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo n. 148.

Il Consiglio approva



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

Ferdinando AVENALI. Avevamo stabilito di anticipare la trattazione dei punti 6) e 8) dell’ordine del giorno e di rinviare il piano agricolo alla prossima seduta, perché è impegnativo e non abbiamo i tempi tecnici necessari.

PRESIDENTE. D’accordo. Passiamo, pertanto, alla trattazione della proposta di atto amministrativo n. 150 e alla proposta di legge n. 273.




Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Piano settoriale di intervento per la tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario — Triennio 2004/2006. L.r. 3 giugno 2003, n. 12» Giunta (150)
Proposta di legge (Discussione e votazione): «Integrazione della l.r. 3 giugno 2003, n. 12: Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano» Avenali, Cesaroni, Viventi, Tontini, Comi, Moruzzi, Gasperi e Donati (273)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 150 ad iniziativa della Giunta e la proposta di legge n. 273 ad iniziativa dei consiglieri Avenali ed altri.
Ha la proposta il relatore, consigliere Moruzzi. Si era concordato di non fare interventi.

Marco MORUZZI. Trattiamo i due provvedimenti: sia la proposta di atto amministrativo 154, piano settoriale degli interventi per la tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario per il triennio 2004-2006, collegato alla legge regionale 3 giugno 2003, n. 12, sia la modifica — si tratta di piccoli aggiustamenti, della l.r. 3 giugno 2003, n. 12.
Sono atti che in Commissione hanno trovato il consenso unanime da parte di tutti i colleghi consiglieri. Il piano triennale è conseguente all’applicazione di questa importante proposta di legge che prevedeva — siamo tra i primi in Italia — la tutela del patrimonio genetico, in particolare a rischio di estinzione, relativo a specie vegetali e animali di interesse agrario, siano esse originarie del territorio marchigiano o introdotte da almeno 50 anni. Questo piano triennale individua le azioni sulle quali si svilupperanno la legge e i finanziamenti previsti, non grandi somme ma certamente una funzione strategica per il futuro, come abbiamo avuto modo di discutere anche in quest’aula le scorse sedute quando la legge è stata approvata.
La prima azione è quella di ricerca sul territorio e selezione delle risorse genetiche. E’ importante fare un’azione scientifica di recupero delle caratteristiche genetiche perché siano idonee alla riproduzione e alla commercializzazione.
La seconda azione è la creazione di una rete di conservazione e sicurezza che è prevista dall’articolo della legge e all’interno di questa rete saranno incentivate le banche del seme, i campi catalogo, mediante collaborazioni anche con soggetti pubblici o privati e l’Assam è stata individuata anche come soggetto che deve svolgere un’importante azione di coordinamento in questa politica di conservazione e valorizzazione delle antiche varietà.
La terza azione è quella relativa alla valorizzazione di prodotti autoctoni. E’ la parte più legata all’uso economico di queste risorse genetiche, perché attraverso questa valorizzazione economica si potrà evitare un abbandono della coltivazione e dell’allevamento di queste antiche specie.
L’approvazione del piano triennale consentirà il passaggio successivo, che è quello del piano annuale e di utilizzare le risorse. Per rendere più funzionale questo percorso è stata predisposta una proposta di legge che modifica soltanto per alcuni punti marginali la legge in vigore, una legge di due articoli. Il primo individua gli “agricoltori custodi”, quindi i soggetti pubblici e privati che a qualunque titolo provvedono alla conservazione delle risorse genetiche e qui ci omogeneizziamo anche con un indirizzo di altre leggi regionali che hanno individuato questa denominazione, l’individuazione di questa che non è una figura professionale ma dà meglio l’immagine del ruolo che in queste aziende agricole vanno a svolgere.
L’articolo 3 rende possibile l’azione di conservazione a tutti coloro che svolgono l’attività agricola nel territorio, indipendentemente dalla questione della residenza. Questo perché vogliamo che tutti coloro che hanno nelle loro proprietà questo patrimonio genetico, possano interagire all’interno di questa rete di conservazione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico relativamente alla proposta di atto amministrativo n. 150.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo n. 150.

Il Consiglio approva

Passiamo alla votazione degli articoli della proposta di legge n. 273.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge n. 273.

Il Consiglio approva

Presidenza del Presidente
LUIGI MINARDI


Proposte di legge (Discussione e votazione):
«Norme per l’elezione del Consiglio regionale e per l’elezione diretta del Presidente della Regione» Cecchini (266)
«Elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale» Franceschetti e Luchetti (274)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge n. 266 ad iniziativa del consigliere Cecchini e n. 274 ad iniziativa dei consiglieri Franceschetti e Luchetti.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, dopo l’approvazione in seconda lettura dello Statuto, avvenuta sabato 4 dicembre, va in discussione oggi l’altra parte fondamentale delle riforme istituzionali per la nostra Regione. Con l’approvazione della legge elettorale si chiude, almeno in questa prima fase, per quello che è di nostra competenza, il lavoro principale sulle regole che abbiamo avviato con la costituzione della Commissione per lo Statuto e per la legge elettorale all’inizio di questa legislatura. Ovviamente rimangono da elaborare ed approvare tutti i provvedimenti conseguenti all’approvazione dello Statuto e che costituiscono un altro aspetto non secondario del processo riformatore a livello istituzionale che abbiamo avviato. Mi riferisco al nuovo regolamento interno, alla legge per la costituzione del Consiglio regionale delle autonomie e al Consiglio regionale dell’economia e del lavoro.
La proposta di legge che discutiamo oggi è il frutto di un lavoro di questi mesi, un lavoro molto intenso da parte della Commissione che prima si è pronunciata e ha lavorato per l’elaborazione di quelli che erano i criteri da porre a base della scrittura della legge stessa e poi nella discussione generale sugli articoli della proposta di legge stessa.
E’ stata anche il frutto di un dibattito politico che è andato al di là e al di fuori della stessa Commissione consiliare preposta, che ha impegnato in un confronto serrato, a volte anche teso, non semplice, i gruppi consiliari e i partiti, sia della maggioranza sia dell’opposizione. E’ quindi andata avanti una discussione sull’articolato delle due proposte di legge, quella presentata dalla collega Cecchini e quella presentata dal collega Luchetti insieme al sottoscritto, che ha poi portato al testo unificato che discutiamo oggi.
La proposta di legge presentata da me e dal collega Luchetti — lo ribadisco per l’ennesima volta — l’abbiamo proposta alla Commissione intanto come testo aperto al contributo di tutte le forze presenti in Consiglio regionale ed è stata presentata principalmente con lo scopo di avviare una discussione su un testo che fosse espressione di forze di maggioranza e quindi, come tale, un testo che raccogliesse anche molte delle indicazioni emerse nel dibattito della maggioranza stessa.
La proposta di legge prevede 25 articoli che definiscono il nuovo sistema elettorale per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale e un articolo sulla norma transitoria, inserito perché l’obiettivo è quello di salvaguardare almeno alcuni punti della nuova legge nel caso in cui si dovesse votare, nella prossima primavera, con la vecchia legge. Sappiamo che questo è uno scenario del tutto possibile, perché la scadenza naturale di questa legislatura e le elezioni prossime cadrebbero proprio nel mese di aprile — in questa eventualità non sarebbe in vigore il nuovo Statuto e di conseguenza non entrerebbe in vigore neanche la nuova legge elettorale — tuttavia la questione della data è ancora non chiusa, non definita, perché intanto non c’è ancora certezza su questo, ma al di là di ciò credo che sia possibile uno slittamento per diverse ragioni. Intanto per il fatto che non è escluso un accorpamento tra le elezioni regionali e le elezioni amministrative parziali che interesseranno diversi Comuni nel nostro paese, nelle 14 Regioni interessate al rinnovo dei Consigli regionali. Quindi è una questione aperta su cui fino ad oggi non ci sono certezze.
I punti da salvare con questa norma transitoria non intaccano il meccanismo della vecchia legge, perché non potremmo farlo con norma transitoria, quindi rimarranno tutti i vecchi meccanismi del “listino” e quant’altro. Possiamo incidere, secondo la proposta che abbiamo avanzato e che è stata approvata dalla Commissione per lo Statuto, alcune questioni come il numero dei consiglieri — 42 più il candidato Presidente eletto — l’abbassamento del numero delle firme, che prevediamo anche nella parte della legge più ordinaria, le cinque circoscrizioni elettorali corrispondenti alle cinque province marchigiane in questo senso tenendo conto anche di un pronunciamento da parte del Ministero degli interni con una circolare nelle settimane passate, che ha detto in maniera esplicita che, anche se si andasse a votare con la vecchia legge, bisognerebbe tenere conto delle nuove circoscrizioni provinciali. Inoltre, cosa importante, introduciamo nella norma transitoria anche il principio della rappresentanza di entrambi i generi, sia nel “listino” che nelle liste provinciali che oggi, con la legge attuale non è previsto.
Sulla norma transitoria la Commissione ha trovato un punto di sintesi largamente condiviso, pur se si partiva da posizioni largamente differenziate, soprattutto per quanto riguarda il numero da inserire nel “listino” tra 9 o il permanere dell’attuale situazione che prevede 8 membri.
Nel merito della proposta di legge possiamo dire a livello generale che il nuovo sistema elettorale che è disegnato da questa proposta non stravolge il sistema oggi in vigore, perché i principi di fondo rimangono inalterati e confermati anche nell’attuale proposta di legge. La nuova legge ha molti punti di continuità con la legge 108 e con tutte le successive modificazioni, prima di arrivare all’ultima legge, la 43/95 riguardo l’elezione diretta del Presidente che è anche componente del Consiglio regionale, la competizione che avviene tra coalizioni e liste circoscrizionali, il mantenimento del premio di maggioranza, la preferenza unica, tanto per citare le questioni principali che segnano una continuità rispetto alla legge attuale. Quindi la nuova legge ripropone all’elettore un meccanismo e una scheda, che vedete nell’allegato A, che sostanzialmente è impostata allo stesso modo anche delle ultime elezioni regionali, quindi un meccanismo conosciuto e che non crea problemi agli stessi elettori.
Ci sono invece alcuni punti sostanziali, importanti che la nuova legge modifica e cancella rispetto a quella precedente, eliminando alcune storture, alcuni aspetti che sono stati giudicati più negativi riguardo alle questioni presenti nella legge precedente. In particolare l’eliminazione del “listino” che è un elemento fortemente condiviso nel dibattito che c’è stato in queste settimane, in questi mesi; l’eliminazione del cosiddetto slittamento dei seggi assegnati alle Province. Sappiamo che la vecchia legge, con l’attribuzione dei resti, penalizzava soprattutto le province più piccole, cosa che sarebbe ulteriormente accentuata oggi con la presenza di una circoscrizione elettorale in più rispetto alle precedenti elezioni e questo, ovviamente, creava un limite serio nella rappresentanza provinciale delle circoscrizioni in seno al Consiglio regionale.
L’altra questione che viene di fatto eliminata è che la precedente legge non prevedeva una garanzia di rappresentanza nelle liste per entrambi i generi, cosa che invece con questa legge opportunamente introduciamo.
Da questo punto di vista vorrei dire soltanto che con questa nuova legge elettorale ci si è scrupolosamente attenuti ai criteri votati dal Consiglio regionale nell’approvazione della prima lettura dello Statuto e all’ordine del giorno che abbiamo approvato a conclusione del dibattito della seduta del 4 dicembre durante la seconda lettura dello Statuto stesso, che definitiva con chiarezza quanto definito nello Statuto sulla composizione numerica del Consiglio regionale. Quindi con la nuova legge, oltre ai punti che ricordavo precedentemente si prevede la conferma del sistema proporzionale, del confronto tra coalizioni con premio di maggioranza, che in questo caso non viene più attribuito con il listino ma con il 60% distribuito in maniera proporzionale alla coalizione vincente e quindi un sistema che continua a garantire una stabilità del governo, ma continua anche a garantire una rappresentanza delle forze politiche più radicate nel territorio regionale, che da una parte cerca di evitare una polverizzazione della rappresentanza, ma allo stesso tempo non penalizza la presenza di forze politiche cosiddette minori.
Gli altri punti sostanziali riguardano il fatto che ogni circoscrizione avrà assegnato i seggi proporzionalmente alla propria popolazione, né più né meno di quelli che le spettano di diritto il mantenimento degli attuali livelli di sbarramento, anche se adattati al nuovo meccanismo e la rappresentanza di genere.
Nel merito dell’articolato vorrei soffermarmi sinteticamente sui punti che sono politicamente più significativi, ovviamente tralasciando le parti più tecniche che una legge elettorale deve per forza di cose prevedere.
All’art. 1 si riconferma che il Presidente della Giunta è eletto contestualmente al Consiglio ed entrambi vengono eletti a suffragio universale diretto. L’art. 4 tiene conto del fatto che i consiglieri assegnati alle circoscrizioni sono 42 più il Presidente eletto, secondo anche quella che è stata l’interpretazione che abbiamo dato con l’approvazione dell’ordine del giorno del 4 dicembre. All’art. 6 prevediamo le cinque circoscrizioni corrispondenti alle cinque province marchigiane, tenendo conto anche della circolare del Ministero degli interni.
All’art. 7 introduciamo un punto importante, cioè che le elezioni vengono indette dal Presidente della Giunta in un arco di tempo compreso tra la seconda domenica precedente e la sesta domenica successiva alla scadenza del Consiglio ed è un punto importante perché è il frutto, sostanzialmente, di un passaggio di competenze e di titolarità anche in materia elettorale per quanto riguarda le elezioni dei Consigli regionali, che sono passate, con la modifica dell’art. 122 della Costituzione, proprio in capo alle Regioni. E’ una novità prevista già da altre leggi elettorali di altre Regioni del nostro paese. Ovviamente nessuno pensa che sia giusto andare, nel nostro paese, a una differenziazione dei giorni in cui si vota per il rinnovo dei Consigli regionali, tuttavia è importante cogliere questo nuovo aspetto, anche perché introduce soprattutto una questione: che in materia di date per il rinnovo dei Consigli regionali ci deve essere un giusto confronto e una giusta concertazione tra il Governo nazionale e i governi regionali.
All’art. 9 abbiamo introdotto, al comma 6, il punto della rappresentanza di genere, che pure richiamavo precedentemente, specificando che nessuno dei due generi può essere rappresentato nelle liste in misura superiore ai due terzi dei seggi assegnati alla circoscrizione.
All’art. 10 abbiamo la novità della riduzione del numero delle firme per la presentazione delle liste, cosa che abbiamo fatto anche nella norma transitoria, dividendo sostanzialmente il territorio regionale in due fasce: la prima riguardante le province che hanno un numero di abitanti entro i 250.000, e qui prevediamo un numero minimo di 350 firme fino a un numero massimo di 700; la seconda, per le province sopra i 250.000 abitanti, ove prevediamo da un minimo di 500 a un massimo di 1.000 firme.
Riconfermiamo, all’art. 16, la preferenza unica e introduciamo il principio del non voto disgiunto, per cui chi vota una lista deve votare necessariamente il Presidente collegato. Questo per alcune ragioni precise: legare maggiormente il Presidente alla propria maggioranza, perché ci sembra che questo sia un elemento di chiarezza politica che va perseguito.
Gli articoli principali di questa legge sono il 18 e il 19, dove si entra nel vivo del meccanismo elettorale e sono i punti su cui si è discusso maggiormente tra le forze politiche, tra i gruppi consiliari, perché su queste due questioni i punti di partenza erano obiettivamente, a volte, molto differenti. C’è stata quindi una discussione molto approfondita e credo che la norma che abbiamo introdotto in questi due articoli sia chiara, tecnicamente ineccepibile e che fa funzionare tutto il meccanismo. Quindi penso che la sintesi che abbiamo trovato sia una buona sintesi.
L’articolo 18 introduce il concetto dello sbarramento. Come già ho ricordato precedentemente, abbiamo fatto in modo di introdurre uno sbarramento che ripercorre il tipo di sbarramento presente nell’attuale legge elettorale. Ovviamente l’abbiamo adattato al nuovo meccanismo che oggi prevede che la prima ripartizione dei seggi venga fatta tra le coalizioni e non più, come avveniva prima, tra le liste concorrenti e poi alla coalizione che era vincente veniva assegnato il cosiddetto “listino” che costituiva allora il premio di maggioranza, quindi prevediamo un meccanismo di sbarramento per le coalizioni collocate al 5%, che però può essere superato qualora dentro la coalizione ci fosse una lista che raggiunge e supera il 3%.
L’articolo 19 riguarda le modalità di assegnazione dei seggi, prima tra le coalizioni regionali e poi tra le liste circoscrizionali. Qui vengono previste tre operazioni, la prima delle quali attribuisce i seggi alle coalizioni e a quella con il candidato Presidente vincente viene assegnato il 60% come premio di maggioranza, ovviamente se quella coalizione non ha già raggiunto o superato questa percentuale. Una seconda operazione assegna i seggi delle coalizioni alle rispettive liste che compongono la coalizione stessa e qui abbiamo trovato un punto di sintesi riguardo alle modalità di calcolo per l’attribuzione di questi seggi sul quoziente naturale più 1. Sapete che abbiamo discusso molto in Consiglio sul metodo D’Hondt e il metodo del quoziente naturale. Tenendo fede all’indicazione contenuta nell’ordine del giorno abbiamo trovato un punto di sintesi che credo sia assolutamente accettabile da tutti: quello del quoziente naturale più 1.
La terza e ultima operazione, che distribuisce i seggi alle liste nelle circoscrizioni con una doppia valenza, quella di assegnare i seggi alle liste nelle circoscrizioni e di assegnare alle circoscrizioni il numero dei seggi spettanti, prevede una doppia operazione: con la prima si assegnato tutti i seggi interi, anche qui con il meccanismo del quoziente naturale più 1, poi i seggi residui con una graduatoria regionale dei resti in percentuale, messa in ordine decrescente.
Infine è stata introdotta, come per la verità già previsto nell’attuale legge, l’elezione a consigliere del candidato Presidente della coalizione arrivata immediatamente dopo quella del Presidente eletto. Qui introduciamo il meccanismo già previsto nell’attuale legge, perché al candidato Presidente sconfitto viene riservato l’ultimo dei seggi spettanti alla coalizione cui appartiene.
Vorrei concludere questo mio intervento dicendo che è importante che questo processo riformatore si concluda in questa legislatura anche con l’approvazione della legge elettorale. Noi ci auguriamo che la stessa possa entrare in vigore sin dalla prossima tornata delle elezioni regionali. Credo che dovremo anche lavorare per ottenere questo risultato. Il percorso non è stato facile, ha richiesto molto lavoro, un impegno continuo e paziente da parte di tutti. Credo che sia politicamente importante che siamo arrivati a conclusione di questa riforma elettorale anche con una larga condivisione nella Commissione per lo Statuto e la legge elettorale, che ha visto un solo voto contrario e una astensione ed è importante questo, perché sulle regole bisogna sempre ricercare le più ampie convergenze, così come mi auguro venga fatto anche a livello nazionale, perché a livello nazionale la Casa delle libertà abbandoni questo tentativo di forzare la mano sulla nuova legge elettorale senza il contributo di tutte le forze politiche presenti, comprese quelle dell’opposizione.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. La relazione che svolgerò si limiterà a segnalare — per comodità di ragionamento non tornerò sulla storia delle leggi elettorali e a un ragionamento che riguardi le modifiche che vanno dal 1995 al 2004 — gli aspetti più significativi che hanno caratterizzato l’iter della formazione di questa legge, proprio perché su di essa, probabilmente, si farà il dibattito in questa campagna elettorale che, nonostante tutto, come sappiamo, è iniziata. Credo che quest’aula deserta non faccia onore alla discussione che invece sottende le attese sulla legge elettorale.
Ci troviamo di fronte a un testo che per comodità tecnica chiamiamo “unificato”, ma che la maggioranza ha proposto, che colpisce gravemente il modo di proporre le forme organizzate della democrazia nella nostra regione. Voglio citare — su questo faremo iniziative ad ogni livello — che il testo che ci è stato presentato è in palese violazione di almeno cinque articoli della Costituzione italiana: 1, 2, 3, 49, 56 e 51. Credo quindi che di fronte a tanta disattenzione valga la pena di segnalare che in quest’aula si manifesta una volontà chiara della maggioranza di cambiare, sovvertire, di fatto, le modalità con le quali i cittadini marchigiani si rappresentano.
L’eccezionalità del contenuto di questa proposta di legge sta nel fatto che questa legge va ben aldilà della “legge Scelba”. Con la “legge Scelba” nel 1952 la maggioranza democristiana di allora impose al nostro paese l’elezione di una forte maggioranza a chi aveva il 51% della rappresentanza popolare assegnata dagli elettori. Quindi si arrivava al 66% dopo avere conquistato il 51%. Per fortuna non scattò e il nostro paese ne ha avuto sicuramente giovamento.
Cosa sta facendo il centro-sinistra aiutato — non si sa, si vedrà — sia da Forza Italia che da An in quest’aula? Dico “si vedrà” perché prudentemente si sono astenuti nella riunione della Commissione per lo Statuto. Sta dando all’eventuale maggioranza un premio del 60% a prescindere dalla percentuale dei voti che questa eventuale maggioranza avrà dagli elettori. Quindi non c’è il 40% dei voti validi da guadagnarsi, come succede nelle elezioni comunali, come succede nelle elezioni provinciali, come succede nelle normative che nel corso di questo decennio il nostro paese ha consolidato. Qui basta un solo voto in più di una coalizione per far scattare il premio di maggioranza del 60% e quindi il riparto di 25 consiglieri su 42. Non è cosa da poco il fatto che si sia parlato di questo molto poco dimostra che c’è una assuefazione e che c’è un accordo politico su altro, altrimenti qualunque forza politica dovrebbe protestare, qualunque partito politico dovrebbe dire “non mi va bene”, qualunque sia la sua forza elettorale in quel momento, perché poi la forza elettorale ai partiti la danno gli elettori di volta in volta e a seconda del lavoro che è stato fatto.
Vi risparmio le citazioni concrete dei costituzionalisti, i quali hanno affermato che fra le questioni costituzionali non ve n’è una tanto vitale per l’ordinamento delle garanzie pubbliche e che tocchi tanto da vicino la vita politica di tutto il popolo quanto la legge elettorale. Hanno ribadito che le elezioni sono il perno di tutto il sistema costituzionale, hanno confermato che nelle elezioni sta il germe di tutto ciò che è veramente costituzionale, quindi che questa legge è la matrice della libertà del popolo e se tutte le leggi fossero buone e la legge elettorale pessima, in quel paese sicuramente vi sarebbero agitazioni, sventure e tirannide.
Non esistono eccezioni nella dottrina ed evidente risulta, per conseguenza, che quando il diritto elettorale venga radicalmente modificato, è la Costituzione che viene posta in discussione e viene toccata. Quindi si parla di vera e propria violazione.
Perché dico questo? Perché è violazione del fatto che il voto deve essere libero, uguale ed espresso da tutti i cittadini. Violazione all’articolo 1, all’articolo 3 che garantisce la natura giuridica e politica del nostro Stato, l’uguaglianza politica dei cittadini, la funzione della Repubblica per attuare l’uguaglianza politica dei cittadini e la funzione dei partiti politici garantita agli articoli 48 e 49. Di questo si sta parlando.
Come si può pensare che nell’ordinamento costituzionale che assegna ai partiti la libera capacità di organizzarsi, poi si pensi in modo incongruo di elevare soglie di sbarramento al di là del quoziente naturale? Significherebbe, questo, una sola cosa: che il voto di alcuni cittadini è meno uguale del voto di altri cittadini, qualunque siano il colore o la posizione politica che essi manifestano. Questa questione viene prima di ogni altra.
Cosa dire di quanto avete scritto relativamente alle pari opportunità nell’accesso alle cariche pubbliche per le donne, art. 51 della Costituzione, novellato in questi anni? L’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine è diventata in questo Consiglio regionale, o perlomeno nella forma che la Commissione per lo Statuto presenta a quest’aula come la possibilità che un sesso sia almeno rappresentato, come se una donna potesse essere essa la parità di accesso nelle cariche elettive.
La Commissione pari opportunità cosa ci dice? “Si propone che nella prossima legge elettorale si inserisca una norma volta al riequilibrio della rappresentanza politica, così come l’art. 51 della Costituzione e il comma 7 dell’articolo 117 prevedono: pari opportunità fra uomini e donne nelle cariche elettive, un principio che ha visto una prima attuazione normativa nelle disposizioni inserite nella legge sull’election day per il rinnovo del Parlamento europeo, dove è prevista almeno la presenza di un terzo di donne. E’ venuto il tempo di dimostrare con i fatti la grande risorsa che le donne rappresentano per la politica e per il paese. Per questo chiediamo che si preveda una presenza paritaria di donne e di uomini nelle candidature, sia nelle liste circoscrizionali dei partiti che nel “listino” e si propone che non siano ricevibili liste in cui non sia rispettata la parità di accesso. Si propone che il Co.Re.Co. favorisca i controlli che i partiti garantiscono nei dibattiti autogestiti e finanziati dal pubblico, la presenza dei propri rappresentanti con almeno il 50% di esponenti femminili. Si propone un sostegno finanziario alle candidate attraverso una campagna pubblicitaria televisiva, radiofonica e sui giornali, sul voto alle donne, capace di far comprendere l’importanza della risorsa donna per la politica in generale e per la crescita del paese”.
Questo è il sentire comune, unanime delle donne di tutti i partiti dentro la Commissione pari opportunità. Bruttissimo segno quello che viene dalla Commissione per lo Statuto che licenzia un testo che, di fatto, segna la negazione della libera espressione delle donne, la negazione della possibilità della parità di accesso alle cariche elettive per le donne della nostra regione.
Ci riserveremo ogni iniziativa, anche costituzionale, di riserva rispetto a questo testo che crediamo sia molto grave così come formulato.
Nella norma transitoria, di fatto viene riservato in modo esclusivo il “listino” che è norma negativa e solo transitoria nell’ottica del legislatore nazionale. Solo la lentezza con cui abbiamo svolto i nostri lavori ci impone di continuare ad averla. Ho già detto della presenza femminile irrisoria, in controtendenza persino rispetto al Governo nazionale. Un sistema bipolare con soglie di sbarramento al 3 e al 5% e soprattutto la questione più importante: non avere la soglia del 40%.
Poi, questo ragionamento di voler costruire un sistema bipolare per forza.
Si vede come è stata costruita questa legge; lo si vede per questa soglia di sbarramento che cresce su richiesta di Forza Italia, si vede per il fatto che il Presidente dell’opposizione perdente che supera la soglia viene garantito soltanto come il miglior perdente. Si vuole impedire la possibilità che un terzo o un quarto polo si possano presentare alle elezioni. E’ frutto di un grande accordo? E’ frutto del fatto che Forza Italia pensa di parlare a un’area laico-socialista soltanto da rapporti di forza? O è frutto del fatto che la sinistra pensa che, in amore delle idee della sinistra stessa un terzo polo non si chiederebbe mai con la Casa delle libertà? Sono ragionamenti non espliciti, se non per la logica dei numeri e la logica dei numeri non è mai una logica politica e non la accettiamo, perché sappiamo che la miglior legge, comunque la si intenda, è sempre quella che garantisce meglio il proprio posizionamento politico, il proprio elettorato, la capacità propria di quel partito di rappresentarsi.
Ebbene non ci sono leggi, neanche da questo punto di vista, che possano fare a meno della politica, dell’interlocuzione politica, dell’interlocuzione programmatica, quindi credo che sia il centro-sinistra che la Casa delle libertà facciano male i conti pensando che con la logica dei numeri possano costringere qualcuno a fare scelte politiche che non potranno essere fatte se non con le logiche programmatiche e quelle della politica.
Noi abbiamo presentato un’altra proposta di legge che aveva una chiarezza nella suddivisione dei seggi fra maggioranza e minoranza già definita nell’articolato, che prendeva atto che la Commissione per lo Statuto il 13 ottobre aveva respinto l’ipotesi di 43 consiglieri, poi invece votata 40 giorni dopo e che quindi dava 25 seggi alla coalizione vincente e 17 a quella perdente, riportando una proporzione fra le parti, a condizione che il 40% dei voti validi fosse andato alla coalizione che vince le elezioni. Un impianto proporzionale, un voto congiunto e non disgiunto, una parità di accesso al 50%, un premio di maggioranza soltanto se c’è la soglia di voto che è una questione politica che viene prima di ogni altra questione. Poi l’attribuzione di seggi sostanzialmente uguale, perché le tecniche si equivalgono, i problemi sono la quantità di voti che le coalizioni prendono, quindi, di fatto sulle questioni dei criteri e metodi per assegnare nelle circoscrizioni o per attribuire su scala regionale non c’è diversità.
Noi confidiamo ancora in questa discussione, vediamo che i termini di manovra non ci sono, però riteniamo che come si è pentito una volta il consigliere Franceschetti, possa di nuovo, sulla base di un ragionamento tutto politico, provare a fare un ragionamento che riguardi un po’ meglio le norme costituzionali, quindi voglio tornare a dirgli che si tratta di questo, si tratta del ragionamento che riguarda direttamente l’equilibrio di rappresentanza fra i sessi, quindi violazione dell’art. 51, violazione dell’art. 49 della Costituzione rispetto alla modalità di organizzazione dei partiti e alla loro rappresentanza, modalità del sistema del voto uguale e libero così come è stato fatto. Su questo ci riserveremo ogni iniziativa successivamente all’approvazione di questa legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Arriviamo a questo atto di lettura della legge per le prossime elezioni regionali, o più verosimilmente per quelle successive ancora, in condizioni di guardia ormai bassa, perché sembra fortemente verosimile il dato che si arriverà allo scioglimento di questo Consiglio tra una sessantina di giorni e alle elezioni subito dopo Pasqua. Dico sembra verosimile, perché anche su questo dato, unico punto quasi fermo in questa telenovela delle lezioni regionali 2005, stiamo cercando di introdurre un elemento di confusione che certamente creerà difficoltà interpretative al prefetto di Ancona, al Ministero degli interni e difficoltà oggettive ai cittadini marchigiani, perché l’errore fondamentale che sottostà a questa iniziativa legislativa, è di ritenere che la politica sia cosa riservata ai 40 colleghi che in questi banchi hanno più o meno bene lavorato in questo quinquennio, quando invece, perlomeno in linea di ipotetica teoria, anche gli altri 1.470.000 marchigiani potrebbero avere interesse a partecipare alla competizione elettorale. Lo sforzo di questa legge è partito da una legge complessa ma funzionante. La 43/95, la modifica alla “Tatarellum” era una legge esteticamente brutta, perché complicata, perché prevedeva una serie di casi limite che hanno portato ad alcune cose mostruose, come l’episodio dell’Umbria del 1995 e della Lombardia del 2000, per cui alcune coalizioni, per avere preso più voti hanno avuto meno seggi, però è una legge che, bene o male, ha funzionato per dieci anni e ha garantito alle Amministrazioni regionali e ai Consigli regionali una stabilità di funzionamento che nei gli anni precedenti era mancata. Ora questo testo — non vorrei mancare di rispetto al lavoro, che è stato quantitativamente enorme, dei colleghi che lo sottoscrivono — mi sembra che non risparmi alcuni sforzo nel non commendevole tentativo di peggiorare la normativa esistente, perché si voterà quasi sicuramente con la legge 108/43, però tutto quello che si può umanamente fare per peggiorare quella norma ci siamo sforzati di mettercelo. In particolare invito alla lettura di quel mostruoso articolo 19. Chi ritiene che per motivi culturali, per motivi di rispondenza matematica il D’Hondt sia migliore del quoziente naturale lo sostiene e lo applica nei vari passaggi; chi sostiene il contrario affermerò tesi diversa; chi preferisse il maggioritario o quello che vuole ugualmente lo sostiene. Ogni tesi ha una sua dignità, però mettere insieme un ircocervo che in tre pagine di testo applica il D’Hondt per le coalizioni perché le coalizioni piccole non ci piacciono, però all’interno delle coalizioni non più il D’Hondt perché i piccoli si imbestialiscono e allora torniamo al divisore naturale, però lo correggiamo 1, lo correggiamo 2 o lo correggiamo 3 per le coalizioni composte da un numero di liste dispari. Anche al di là del dato politicamente perseguito, esteticamente è non bello.
Io so benissimo che ciò nasce da una situazione in cui si è dovuto mediare in una complessa intersecazione di interessi politici, in una situazione in cui i colleghi della maggioranza hanno dovuto soggiacere ad una raffica di diktat da parte della minoranza che ha sistematicamente promesso o prospettato di rovesciare il tavolo. Personalmente penso che nessuna trattativa si conduce efficacemente e proficuamente sotto la minaccia continua del rovesciamento del tavolo, però mi sembra che questa legge sia arrivata con almeno due-tre vizi genetici che quest’aula potrebbe fare uno sforzo in articulo mortis per correggere. Uno è dato dal contrasto fra l’articolo 4 e l’articolo 19, sesto comma, che sono tra loro confliggenti in maniera esplicita. Io ho presentato sol due emendamenti a questa legge, non perché non mi venissero in mente 3 o 300 passaggi che potessero essere migliorati in qualche modo, ma perché sapendo che nasceva da uno sforzo certosino di mediazione e cucitura, andare a riaprire questioni già studiate mi sembrava irrispettoso del lavoro fatto dai colleghi commissari e, in misura minore, da noi che partecipavamo ai lavori della Commissione come auditori.
Alcune cose però sono proprio lacunose. Per esempio la normativa, inesistente, sul rimborso elettorale. Qualcuno dice “cosa ci importa? Qui siamo consiglieri, pensiamo ad arraffare i seggi, il meccanismo di ripartizione dei rimborsi elettorali non ci interessa”. E’ errato. Il Parlamento ha recentemente finanziato con 133 milioni di euro l’onere della erogazione dei contributi elettorali di cui alla vecchia legge 659 del 1981, però la legge 659 del 1981 attribuisce questi rimborsi elettorali alle liste circoscrizionali, in proporzione ai seggi conseguiti, perché il sistema delle leggi 108 e 43 prevedeva che i seggi venissero assegnati ai gruppi di liste circoscrizionali. Facciamo astrazione dal fatto che molto probabilmente la legge nuova entrerà in applicazione nel 2010, se si voterà, come sembra, in aprile, però facciamo una legge, dobbiamo perlomeno ragionare come se funzionasse, altrimenti cosa ci stiamo a fare, qui dentro? Mentre andiamo a votare una norma che attribuisce seggi non più alle liste circoscrizionali ma alle coalizioni, mi sembra naturale che anche i rimborsi debbano andare alle coalizioni, altrimenti si creerebbe l’effetto, perverso a mio giudizio, per cui una coalizione in cui tre liste hanno, una il 2 e l’altra il 2,9, tutto questo 5,9% dei voti partecipa alla assegnazione dei seggi, alla lista che ha l’1,9 non solo fregano il seggio ma anche tutti i soldi. Qualcuno potrebbe dire che è un problema che si verificherà sicuramente nelle liste più deboli delle coalizioni vincenti. Ipotizzo una Lega Nord che si coalizzasse con la coalizione soccombente ma prendesse l’1%: quell’1% consegue a delle spese elettorali e matura un diritto al rimborso. E’ concettualmente errato, nel mentre si fa il passaggio dalla assegnazione dei seggi per liste alla assegnazione di seggi per coalizioni, mantenere il rimborso per liste anziché, esso pure, per coalizioni.
Analogo errore concettuale sembra il fatto di avere pervicacemente voluto mantenere la soglia di sbarramento allorquando, non più alle liste ma alle coalizioni vengano assegnati i seggi.
Do atto al relatore Franceschetti che nella sua originaria formulazione lo sbarramento era di coalizione. Do atto al gruppo dei Comunisti italiani di avere riproposto questa norma di logica conseguenza, che voterò, anche se so benissimo che per equilibri, i ricatti a catena di cui si diceva prima, probabilmente questa cosa non passerà, però affermare che se una norma sceglie una via, se si vuole che siano le coalizioni e non le liste a prendere seggi, siano le coalizioni e non le liste a passare gli sbarramenti e a prendere i rimborsi, altrimenti procediamo in maniera intermittente e schizofrenica e non riesco a capire a vantaggio di chi.
L’articolo vitale a tutto questo sforzo legislativo è il 25, perché sappiamo che a seconda di quella che sarà la data delle prossime elezioni, la maggior parte di questa nuova legge non avrà immediata efficacia. Ma attenzione, noi la votiamo e la consegniamo come una bomba a orologeria alla prossima legislatura, quindi non diciamo “cosa ci importa, noi ci candidiamo fra tre mesi, pensiamo a quello che interessa noi”. Sulla norma transitoria ci sono due-tre cose che mi sento di segnalare.
Una è in senso quasi antitetico rispetto a quello detto prima dalla collega Cecchini sul discorso della rappresentanza di genere. Sembra anche a me che i generi debbano essere rappresentati e che l’affermazione di una rappresentanza purchessia, sia una mancia, un contentino non dignitoso nei confronti di quello che la Commissione pari opportunità aveva espresso. Detto questo mi ero posto un problema in Commissione che riferisco all’aula, perché evidentemente non sono riuscito a farmi capire: una cosa è dire che la rappresentanza per generi è un problema di candidature, altra è dire che è un problema di ammissibilità. Io avevo detto: se il movimento dei genitori separati vuole fare una lista tutta di uomini perché i padri non assegnatari di prole sono tutti padri, quindi non possono avere due generi nel loro seno, si può dire “tu questa lista la fai ma non la puoi fare a 10, 5, 6 candidati, la fai a meno candidati”, ma dire “è inammissibile se non ti rimedi una donna”, oggettivamente è un errore. Noi abbiamo delle circoscrizioni, per esempio quella di Fermo che avrà 4-5 candidati, in cui dire che debbono essere presenti entrambi i generi vuol dire che ci saranno o 2-2 o 3-1.
Segnalo all’attenzione dell’aula, oltre che alla mia, che se per un qualunque motivo l’unico uomo o l’unica donna di quella lista da 4 non è candidabile perché firma per un’altra candidatura, perché si candida in altre regioni, perché scappa fuori che non ha diritti elettorali, oppure, fatti gli scongiuri, perché muore nei giorni di preparazione della lista, questa perdita dell’unico candidato di un genere rende irricevibile l’intera lista circoscrizionale. Questa è una cosa a mio avviso assurda; Dire che mutilo il numero dei candidati se non sei proporzionale, o non ti do i soldi, come si è fatto per le europee, lo capisco; dire “non ti ricevo se per un motivo, che può essere anche imprevedibile e indipendente dalla tua volontà, ti manca l’unico candidato uomo o l’unico candidato donna”, è circostanza oggettivamente vessante, specialmente nelle situazioni piccole in cui, per forza di cose, se devo rappresentare entrambi i generi, uno ne rappresento con una persona sola che può defezionare la candidatura per un motivo o per l’altro.
L’altro aspetto che vi segnalo è quello della composizione numerica del Consiglio e delle firme. La norma che eleva a 43 seggi i consiglieri sappiamo tutti che è suscettibile di impugnazione nei giorni che seguiranno fra la pubblicazione e la notifica del voto odierno e un eventuale atto di contestazione da parte degli altri organi costituzionali. Il che vuol dire che domani i cittadini marchigiani leggeranno sul giornale che i consiglieri sono 43 e non 40, ma non sanno se poi, effettivamente le liste che andremo a presentare saranno composte da 43 o 40 consiglieri. Il dato non è neutro. l’altro elemento di incertezza che diamo — ed è gravissimo — è nella lettera b) del quarto comma dell’art. 25, allorquando diciamo che è il Presidente D'Ambrosio che si prende la responsabilità di indire le elezioni in una data che non solo è ricompresa nell’attuale forbice, ma attenzione, Presidente, noi staremmo per attribuirle al potestà di rinviare le elezioni di quattro settimane. Le chiedo: ma lei, se la sentirà di indire con decreto proprio le elezioni per maggio, in un contesto in cui dal Ministero dell’interno le indicono per aprile? Se le fate entrambe nel lasso temporale della normativa vigente nulla quaestio, ma se lei va oltre capisce che non si sa quando si vota e non si sa con che liste si vota. Il problema che sottoponevo a me stesso e a voi è che in questa situazione di incertezza, chiunque inizi una raccolta di firme, perché non è perento il lasso temporale demandato al Governo nazionale per impugnare la legge, lo fa a suo rischio e pericolo e siccome questo lasso temporale, in ipotesi di pubblicazione della normativa domani viene a perenzione il 14 febbraio, noi stiamo esponendo 1.470.000 marchigiani alla situazione in cui non sanno quando votare, non sanno quanti candidare, lo sapranno a metà febbraio ed entro il 4 marzo, cioè entro 16 giorni, dovranno raccogliere le firme. Questa è oggettivamente un istigazione a delinquere, perché tutti sappiamo che le firme le raccogliamo adesso le raccogliamo con una lista che è da 8, da 10, da 15, da 41 e poi le aggiustiamo quando sappiamo la realtà. Ma se un volesse giocare pulito, lo mettiamo in condizioni di dover fare tutto in 15 giorni. Per questo mi sono permesso di dire che, fermo restando che va bene la riduzione delle firme a 500 a regime, nella norma transitoria, sapendo che per colpa nostra, non altrui, una volta tanto neanche del Governo, non si saprà quanti sono gli elegendi fino al 14 febbraio, per questa prima applicazione in cui lasciamo ai cittadini 15 giorni per raccogliere le firme, queste firme abbiamo il dovere logico, morale, credo anche giuridico di comprimergliele. Questo lo dico ai colleghi di Forza Italia che su questo argomento si mostrano, talvolta, più tardi del solito.
Per questo credo che su questi aspetti sia opportuno un approfondimento. Io non ho neanche deciso se dare voto contrario alla legge, mi riservo di vedere cosa scapperà fuori. Certamente il prodotto di questa gatta non frettolosa è molto male vedente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Prima di entrare in maniera breve nel merito della discussione, voglio rilevare la gravità del contesto istituzionale generale del paese, perché se passa la controriforma della Costituzione proposta dall’attuale Governo, si accentuerà la divisione e si accentueranno i conflitti tra i diversi livelli istituzionali. La schiacciante maggioranza parlamentare del centro-destra da questo punto di vista lascia poche possibilità. Bisogna già da ora mobilitare tutte le migliori energie del paese in difesa della Costituzione, sino all’indizione del referendum abrogativo. Ma già oggi la situazione è critica, con una specie di federalismo in vigore che dà la possibilità negativa, ad ogni Regione, di farsi la propria legge elettorale, ognuna diversa dall’altra. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con quella Repubblica delle autonomie prevista dalla Costituzione.
Un contesto di questo tipo richiederebbe ben altra attenzione, invece anche alcune forze del centro-sinistra hanno perso, con gli statuti regionali presidenzialisti, una grande occasione di respiro generale per una battaglia alternativa al centro-destra.
Il fatto che il Consiglio regionale discuta la proposta di legge regionale elettorale attraverso l’iscrizione d’urgenza come se fosse un atto residuale, dimostra il percorso tortuoso, anomalo seguito fin qui. C’è stata una sottovalutazione generale da parte di quelle forze politiche e gruppi consiliari che volevano a tutti i costi cambiare la legge attuale pensando di fare un testo che semplificasse il più possibile il sistema della rappresentanza politica regionale, con una fretta dagli esiti incerti. Infatti non sappiamo se la legge che oggi approveremo sarà operativa. In realtà questa visione trasversale non aveva alcun principio istituzionale, ma le forze politiche più grandi avevano la preoccupazione di eliminare il più possibile i partiti più piccoli, limitarne la rappresentanza nel Consiglio regionale. Si partiva dal movente che bisognava abolire il famigerato “listino”.
I Comunisti italiani, che non vogliono essere garantite per legge, ma neanche uccisi per legge, hanno svolto una battaglia lineare e a viso aperto, perché con il sistema presidenzialista previsto dallo Statuto occorre garantire non già delle persone o singole forze politiche — sarebbe molto più dignitoso — ma un sistema di rappresentanza, soprattutto sociale, che viva attraverso una diffusa presenza politica e dei partiti, che vada oltre il semplice diritto di tribuna.
Abbiamo svolto questa battaglia con grande chiarezza, senza cambiare mai posizione in base alle ricadute o possibili ricadute elettorali in questa o in quella circoscrizione provinciale, come altri hanno fatto. In primo luogo non c’è tuttora un obbligo a cambiare l’attuale legge, se mai c’era una possibilità di non prevedere l’elezione diretta del Presidente della Regione nello Statuto.
Per quanto ha riguardato le anomalie dell’odiato “listino” esse sono derivate, se ci sono state, nel 2000, da una cattiva gestione della trattativa da parte di qualche partito più grande che aveva altre preoccupazioni. In realtà il “listino” nell’esperienza concreta delle Marche ha garantito un equilibrio tra rappresentanza politica e rappresentanza del territorio e vogliamo ricordare che in passaggi cruciali la politicizzazione, per così dire, del “listino” ha permesso la sopravvivenza della maggioranza e della Giunta regionale.
Ad esempio, sull’azienda unica regionale, alla quale la Giunta aveva dato una drammatizzazione esagerata ed impropria, se vi fosse stata una rappresentanza esclusivamente legata al territorio, forse oggi questa Giunta non sarebbe più in carica, forse ci sarebbe stata una crisi irreversibile. Tuttavia i Comunisti italiani hanno preso atto della volontà della maggioranza del Consiglio regionale e della volontà della maggioranza della maggioranza di centro-sinistra di voler cambiare a tutti i costi la legge elettorale.
Abbiamo contrastato la proposta formalizzata in un ordine del giorno da parte di alcune forze del centro-sinistra e di Forza Italia che prevedeva un sistema elettorale con sbarramento anche dentro le coalizioni, attraverso il metodo D’Hondt, che avrebbe dimezzato molte forze politiche e alcune le avrebbe spazzate via. Il metodo D’Hondt, un metodo proporzionale di grande rilievo, appartiene alla stagione proporzionale in cui esistevano sette partiti. Oggi, purtroppo siamo in un’altra fase in cui la fine — avvenuta per ragioni diverse — dei grandi partiti di massa, ha prodotto una diversificazione e moltiplicazione dei partiti all’interno di un sistema maggioritario bipolare. Occorre con realismo prendere atto di questa situazione ed agire per una vasta rappresentanza, non per il suo contrario. Non può essere la legge a compiere forzose riunificazioni, spetta alla politica compiere un necessario processo e percorso per passaggi unitari, oggi imprevedibili ma necessari. Noi Comunisti ad esempio, abbiamo indicato a tutte le forze di sinistra un percorso confederativo per una sinistra più forte e più unita nel centro-sinistra.
Anche per questa necessità di pluralismo abbiamo proposto, in alternativa al D’Hondt un sistema elettorale a quoziente naturale, cosiddetto proporzionale puro, per rispondere ad una esigenza generale di rappresentanza ed anche per dare un ruolo più rappresentativo al Consiglio regionale.
Il mix presidenzialismo più semplificazione e riduzione della rappresentanza, relega il Consiglio regionale ad una tribuna di ratifica, avvia un percorso all’”americanizzazione” della politica, espelle il conflitto sociale dal Consiglio regionale, allontana le istituzioni dal popolo. La battaglia dei Comunisti italiani, che qualcuno ha definito “di legittima difesa”, in realtà è tutt’oggi una battaglia più generale che va oltre l’attuale fase. La nostra iniziativa per il proporzionale puro ha questo movente democratico ed è perciò che abbiamo cercato le necessarie, opportune alleanze istituzionali.
La nostra battaglia tuttavia è stata indebolita perché alcune forze — e anche qui non lo dico senza polemica — anziché guardare all’obiettivo di una legge proporzionale totale, hanno avuto più la preoccupazione di vedere le singole ricadute dei possibili eletti. Ciò ha creato confusione. Forze politiche che volevano il giorno prima abolire il “listino”, il giorno dopo lo hanno difeso. Se ci fosse stata una maggiore consapevolezza ed una adeguata direzione politica sono convinto che oggi avremmo avuto una legge esclusivamente proporzionale.
Nonostante ciò, l’iniziativa dei Comunisti italiani portata avanti con fermezza ma anche con grande spirito unitario, sul punto essenziale dell’articolo 19, del “più proporzionale possibile”, ha avuto successo. La rappresentanza la può dare solo il voto dei cittadini; non c’è legge che possa sostituire ciò. Ma questa proposta più avanzata dà una maggiore possibilità di rappresentanza. Inoltre si fa un passo avanti sulla presenza delle donne.
Nella proposta certo ci sono cose non condivisibili, e noi proporremo modifiche, come alcune forme di sbarramento che proponiamo di togliere, perché nel sistema maggioritario bipolare, che noi non abbiamo voluto ma che esiste, può essere, al limite, previsto uno sbarramento di coalizioni. Non servono certo altre forme di “selezione-capestro”, perché non bisogna, attraverso norme astratte, cerare alleanze innaturali. Trovo innaturale — questo certo non lo impone la legge — che costole del centro-sinistra si alleino con l’estrema destra. Inibire a forze politiche significative la possibilità di avere una propria rappresentanza se non si coalizzano, è un fatto negativo.
I Comunisti italiani, così come hanno fatto per lo Statuto, anche se non lo hanno condiviso, onoreranno fino in fondo l’impegno per una seria legge elettorale, al di là degli esiti che essa avrà. Anche quando eravamo critici siamo stati nella Commissione a dare il nostro contributo ed anche a garantire il numero legale. Se non ci fossero stati anche i Comunisti italiani l’altro ieri o se i Comunisti italiani avessero abbandonato l’aula, oggi non discuteremmo di questa legge elettorale. Ma oggi siamo in presenza di un testo che, è ovvio, non è perfetto, rappresenta tuttavia un buon compromesso, perché una legge elettorale soprattutto deve guardare alla prospettiva, non deve avere l’angusto percorso del giorno dopo. Seppure è stato fatto questo lavoro, deve avere una larga unità anche in questo percorso frettoloso, fatto alla fine della legislatura.
Questo testo in definitiva, anche grazie alla nostra battaglia, rappresenta oggi, nella fase attuale, con questi rapporti di forza, la proposta più proporzionale possibile.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Questo sulla legge elettorale è stato un dibattito lungo, articolato e complesso, con diversi attori interni, esterni.
Credo che una cosa sia stata affermata e questo, al di là di tutto, è positivo: che l’arroganza, la prepotenza non pagano quando si scrivono le regole che devono leggere la vita di un’Assemblea elettiva come questa. Alla fine il principio che le regole vanno scritte con la partecipazione di tutti è passato.

Marco LUCHETTI. Di chi, arroganza?

Roberto GIANNOTTI. C’è stato qualche tentativo.
Noi siamo contenti, perché siamo riusciti ad affermare la verità, siamo riusciti ad affermare il principio che questa questione delle regole condivise è il risultato finale, la sintesi finale del lavoro cui si è arrivati, sia sulla norma statutaria sia sulla legge elettorale. Questo lo abbiamo fatto anche sacrificando parte delle nostre ragioni. Tutti hanno partecipato al dibattito sulla norma statutaria e sanno quanto stesse a cuore al gruppo di Forza Italia l’affermazione di una regione ancorata alla propria tradizione cristiana, tutti sanno quanto stesse a cuore al gruppo di Forza Italia un riferimento esplicito alla famiglia che evitasse fughe in avanti improponibili al modello marchigiano e tutti sanno che è prevalso in noi il senso di responsabilità per arrivare ad una norma statutaria il più possibile condivisa. Abbiamo fatto un grande sacrificio, abbiamo dato il nostro contributo allo scrivere la norma e di questo siamo soddisfatti. Questo è successo anche per la legge elettorale. Rispetto ad alcuni tentativi di far passare concetti, valutazioni diversi, noi abbiamo difeso con fermezza le nostre ragioni e credo che la legge elettorale che oggi siamo chiamati ad approvare rappresenti in gran parte le ragioni che abbiamo posto sul tavolo.
La legge elettorale elimina un privilegio inaccettabile e questo è il primo dato politico che rileviamo, cioè il “listino”, il fatto che alcuni “baroni della politica” si candidassero alle elezioni e saltassero le verifica popolare, il meccanismo che regola il sistema democratico, cioè che alle elezioni si vince o si perde sulla base del consenso elettorale. Quindi il fatto che si sia affermato il principio che si è eletti sulla base di un consenso del popolo credo che sia un dato positivo per le Marche, rispetto al quale noi abbiamo dato un contributo decisivo, perché la nostra posizione su questo versante è stata sempre chiara e netta.
L’altro risultato che ci sentiamo di ascrivere anche a nostro merito, è che, attraverso l’abolizione del Cur, attraverso l’affermazione della tutela della rappresentanza delle province abbiamo garantito il rispetto dei singoli territori. Senza nulla togliere alle province che in qualche modo in passato hanno usufruito di questo beneficio, il fatto che questa legge affermi che ogni provincia deve prendere non uno di più ma non uno di meno dei consiglieri che è a lei assegnato, è un dato certamente positivo.
La terza questione sulla quale abbiamo insistito e insistiamo — mi è dispiaciuto sentire i toni preoccupati, allarmati di qualche esponente esterno ai poli — è che la scelta dello sbarramento non è punitiva nei confronti di chicchessia, ma la scelta di prevedere che comunque, per partecipare al riparto dei seggi in Consiglio regionale bisogna raggiungere un certo quantitativo di voti, è solamente l’esigenza di evitare la polverizzazione del quadro politico regionale, perché non porre dei vincoli, on porre dei limiti avrebbe favorito il qualunquismo.? Quindi, anche su questo pano portiamo a casa un risultato positivo. La legge, attestandosi su quanto previsto dalla legge elettorale attualmente in vigore, conferma questa scelta di evitare la polverizzazione politica e va nella direzione della governabilità, perché una istituzione come questa deve essere governata.
Altro aspetto importante sul quale avremo modo di discutere, perché ci sono due previsioni non in linea fra loro, è la rappresentanza femminile. Da una parte la nuova legge fissa una quantità precisa di persone appartenenti all’altro sesso che devono in qualche modo essere presenti nelle liste, dall’altra la norma transitoria sfuma su questo piano. C’è una distonia che in qualche modo deve essere recuperata.
Comunque un tentativo che in qualche modo noi abbiamo ritenuto prevaricatore c’è stato e non è passato. Lo dice la storia dei lavori della Commissione per lo Statuto. Per questo abbiamo combattuto su questo versante una battaglia durissima per consentire il cambiamento delle regole elettorali in questa direzione. C’è stato un tentativo di modificare il rapporto maggioranza-minoranza. In tutte le Regioni del nostro paese la stessa legislazione vigente ha affermato il principio che il premio di maggioranza non può consentire di superare alla coalizione che vince il 60% dei consensi, mentre le minoranze si devono dividere il resto della rappresentanza. Questo risultato, in un parte del nostro percorso si è tentato di modificarlo attraverso una proposta di articolazione che non teneva conto di questo rapporto e che introduceva meccanismi pericolosi. Un tentativo che è stato reiterato anche nella discussione in Commissione per lo Statuto sulla norma transitoria per quello che riguarda il “listino” quando si è tentato di accreditare la tesi che il titolo della legge che prevede una composizione del “listino” pari a un quinto della composizione dell’organismo fosse interpretabile usufruendo dei decimali della divisione, quando tutti sanno che la normativa, su questo pano è estremamente rigida.
Quindi c’è stato un tentativo che in qualche modo non è passato. Così come mi sembra di avere assistito in questi mesi ad una forma di isterismo politico, per fortuna esterno al Consiglio regionale che in qualche modo ha tentato di forzare la mano agli attori di questo Consiglio, con un richiamo quotidiano e improprio alla importanza del “listino”. Ci sono state formazioni politiche che non hanno titolo di rappresentanza in questo organismo, che per mesi hanno urlato “al lupo” dicendo che si andava a ledere il diritto di rappresentanza delle singole formazioni, quindi il “listino” doveva mantenersi perché questo avrebbe garantito, probabilmente, una impropria lottizzazione di quei posti che, ho detto, sono non sottoposti alla verifica popolare.
In questo senso credo che debba essere respinta al mittente la polemica che ha fatto in aula il consigliere Cecchini. I dico che noi abbiamo difeso anche il diritto del consigliere Cecchini di essere rappresentata. Certo, abbiamo cercato di mediare il diritto di rappresentanza politica che deve essere riconosciuto a tutti, con il diritto della governabilità, cioè la necessità che comunque la coalizione che vincerà le elezioni abbia i numeri e i seggi per poter governare.
In questo senso credo che al consigliere Cecchini debba essere fatto un appello alla responsabilità. Noi siamo di fronte a una sfida importante, quella delle elezioni regionali, una sfida che, al di là dei sondaggi strumentali che vengono diffusi, dà la grande alleanza democratica di centro-sinistra quasi alla pari con le altre opposizioni, questo è il dato politico. Io credo che sia possibile l’alternativa a questa maggioranza di governo che ha fallito, questo è un dato indiscutibile. Potrà sfruttare, può darsi, le tendenze nazionali, ma io credo che se i cittadini marchigiani fossero chiamati, fuori da ogni riferimento, a dare un giudizio su questi dieci anni di esperienza amministrativa, il giudizio sarebbe netto, e lo hanno dato, perché il calo di credibilità di questa Giunta rilevato da alcune fonti di ricerca sta a dimostrare la fondatezza di questo rilievo. Se i marchigiani fossero chiamati a dare un giudizio, certamente darebbero un giudizio nella direzione del cambiamento. Per questo, consigliere Cecchini, è utopistico pensare che nelle Marche ci sia la possibilità per un terzo polo, non esiste.
Se la nostra intenzione è l’intenzione del cambiamento, il terzo polo è solamente un regalo che noi facciamo alla sinistra, cioè se diamo vita a una aggregazione che non raggiungerà il quoziente previsto, perché non supererà — salvo che si facciano “pastrocchi” impossibili, cioè si unisca la destra con la sinistra, il centro-destra con il centro-sinistra — questo terzo polo rischia di disperdere consenso che invece, messo insieme a quello della Casa delle libertà può consentire di vincere la battaglia. In questo senso credo che non si possa pretendere che la Casa delle libertà, radicata in questo territorio, forte in questo territorio, possa rinunciare alla leadership di questa coalizione. Ci sono altri modi perché tutte le componenti di una eventuale alleanza che si contrapponga alla sinistra, abbiano spazio, rilievo nelle scelte che dovranno essere compiute.
In questo senso mi sento di rivolgere un appello alla responsabilità perché si mettano da parte piccoli calcoli politici e si lavori insieme per costruire una grande proposta di cambiamento, fondata sui contenuti, capace anche di mettere in campo le risorse politiche che dentro questo schieramento della Casa delle libertà e dentro le formazioni politiche che in qualche modo si rifanno al terzo polo, ci sono e possono essere dispiegate.
Io sono sicuro che insieme possiamo vincere la sinistra. Se non andiamo insieme si fa solo il gioco della sinistra.
Noi approviamo al legge elettorale, che è una sintesi complessivamente positiva rispetto alle posizioni espresse in questo Consiglio regionale. Il Consiglio l’approverà consapevole che, probabilmente, questa normativa non potrà essere applicata alle prossime elezioni regionali, quindi servirà a chi verrà dopo di noi. Per questo è stata prevista una norma transitoria che in qualche modo riprende e sviluppa alcune questioni che non confliggono con la normativa nazionale. Rispetto a queste norme credo ci sia poco da dire se non le cose che ho detto prima: eliminare la distonia fra la previsione della legge per quello che riguarda la rappresentanza femminile e quello che prevede la norma: un discorso sulle firme rispetto ad alcune valutazioni (probabilmente non si è considerato in maniera adeguata il limite della popolazione della provincia di Macerata che forse andava considerato in maniera diversa), però c’è una cosa sulla quale noi non possiamo essere assolutamente d’accordo. Non è pensabile che le Marche possano decidere da sole, salvo il suicidio politico — perché si tratterebbe di questo — quando e come fare le elezioni regionali. Questo sarebbe un errore grossolano rispetto alla democrazia di questa regione, perché chi compisse questa scelta e dovesse decidere di programmare la data delle elezioni regionali in un periodo diverso da quello programmato dalla stragrande maggioranza delle Regioni italiane, si assumerebbe la responsabilità di far crollare la partecipazione popolare al voto. Credo che di questo sia consapevole anche lei, Presidente: fare le elezioni a un mese e mezzo di distanza dalle elezioni regionali che si svolgono in tutto il resto del paese, avrebbe come effetto devastante quello di far calare il livello della partecipazione. Questa norma, che tra l’altro mette in discussione il principio della unità del paese rispetto ad una scadenza come quella delle elezioni regionali, che è una scadenza amministrativa con alta valenza politica, evidentemente non può trovarci d’accordo e su questo abbiamo presentato una proposta emendativa e ci batteremo fino in fondo perché venga cancellata dal testo della proposta che è stata consegnata.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. La domanda che aleggia in questo Consiglio è se questo provvedimento di riforma elettorale potrà essere applicato o meno. Nei giorni scorsi, dopo la sentenza della Corte costituzionale che dava ragione alle scelte della Corte costituzionale che dava ragione alle scelte di alcune Regioni di procedere in materia di statuto secondo propria coscienza e secondo un’interpretazione federalista nel determinare i contenuti della legge statutaria, c’è stata una accelerazione nella posizione del Governo e addirittura del presidente del Consiglio nella individuazione della data per le prossime elezioni regionali. L’intento è quello di ostacolare l’emanazione di leggi da parte delle Regioni per determinare non tanto come dice Giannotti, una stagione di consultazioni elettorali in cui una settimana dopo l’altra, una Regione dopo l’altra convocano i cittadini alle urne, ma determinare un sistema elettorale che in qualche modo ponga riparo ad alcune storture di una norma nazionale con la quale fino ad oggi abbiamo rinnovato tutti i Consigli regionali. Quindi la considerazione principale è che le nuove competenze regionali in materia istituzionale danno a noi la possibilità di approvare statuti con contenuti federalisti, con contenuti tali da contrastare questo centralismo che caratterizza l’ultima stagione di governo nel nostro paese e mettere mano ad alcuni punti della legge elettorale — perché le modifiche che facciamo non sono dei veri e propri sconvolgimenti— agli aspetti più deleteri delle vecchie norme elettorali.
La nuova legge tocca il tema del “listino”, una rendita di posizione che sottrae la scelta degli eletti ai cittadini ma lascia nelle mani delle coalizioni o dei partiti la scelta di una parte di coloro che entreranno nei Consigli regionali per rappresentare i cittadini.
Un altro aspetto della legge vigente che viene modificato dalla nuova legge riguarda la questione dell’attribuzione degli eletti tra le province. In questi mesi, prima che le proposte di legge approdassero nella Commissione per lo Statuto, c’era stata una levata di scudi unanime contro un meccanismo che non garantisce ad ogni provincia un numero di eletti proporzionale al numero degli abitanti o meglio la quantità è stabilita in partenza in base al numero degli abitanti, li meccanismo elettorale sposta questi eletti da una provincia all’altra, concentrandoli in particolare su una provincia. Devo dire che su questo il gruppo dei Verdi, il sottoscritto che viene proprio dalla provincia nella quale il vecchio sistema favorisce l’elezione, ha onestamente sostenuto, anche in questo caso, la posizione di garanzia per tutti i cittadini marchigiani, cioè che venisse superato questo meccanismo che spostava gli eletti da una provincia all’altra. Quindi la nuova legge mette mano anche a un tema importante, che è quello di garantire la rappresentanza dei cittadini in maniera equa, senza penalizzare dei territori.
In questo periodo questo aspetto è passato in secondo piano, perché probabilmente si sono fatti altri conti, quindi questo processo di riforma è stato ostacolato anche da coloro che in passato avevano criticato o valutato negativamente questi meccanismi che ormai da più di una legislatura hanno, a detta dei residenti nelle province colpite da questa sottrazione dei consiglieri, saccheggiato la rappresentanza elettorale.
Questa è quindi una riforma che fa propri alcuni elementi importanti delle vecchie norme, come la garanzia per la governabilità, il cosiddetto premio di maggioranza, ma allo stesso tempo cerca di mettere mano a quello che sembrava un prezzo che in passato doveva essere pagato alla riforma elettorale, cioè la migrazione dei consiglieri da una provincia all’altra, lo strapotere delle forze politiche delle coalizioni di determinare chi doveva correre cercando i voti e chi invece doveva andare al traino del candidato Presidente, beneficiando quindi del sistema di elezione diretta. Avevamo quindi una elezione diretta di un Presidente di Giunta regionale che trainava una serie di altri eletti.
Il provvedimento di legge ha avuto un percorso travagliato, questo non va nascosto. Il testo a cui oggi approdiamo è il frutto non soltanto di una lunga discussione ma anche di una modificazione delle posizioni all’interno dei gruppi consiliari presenti nel Consiglio regionale. Eravamo partiti da un’ipotesi in cui l’esigenza della governabilità veniva contrabbandata con la necessità di un sistema elettorale come quello del D’Hondt, un sistema che premia, nell’attribuzione dei seggi, le forze politiche maggiori e penalizza, soprattutto nella utilizzazione dei resti, le forze politiche minori. I resti non sono un aspetto secondario nell’attribuzione dei seggi, perché tante sono le forze politiche che si presentano. Se noi fossimo in un sistema realmente bipolare o tripolare ma fondato non su due o tre coalizioni ma su due o tre forze politiche, i sistemi elettorali di quel genere non avrebbero gli effetti che invece hanno in un sistema elettorale come questo in cui l’aggregazione passa attraverso la formazione di coalizioni, non attraverso la formazione di unici partiti rappresentanti di vaste aree politiche.
Questo metodo elettorale avrebbe significato una semplificazione all’interno delle coalizioni, avrebbe significato la perdita, anche, della rappresentanza di tantissimi voti espressi dai cittadini.
Questa proposta di legge ha quindi trovato come punto di sintesi una soluzione nuova, ci siamo anche avvalsi delle collaborazioni, dei suggerimenti di coloro che a livello nazionale avevano elaborato precedenti provvedimenti di legge, hanno collaborato con la Conferenza Stato- Regioni, ci siamo avvalsi anche della collaborazione di tutta la nostra struttura tecnica, dei nostri uffici legislativi e a tutti coloro che hanno collaborato alla definizione di questo percorso va un ringraziamento particolare anche per la pazienza che hanno prestato nei riguardi di noi consiglieri nel definire una materia particolarmente problematica. Anche perché questa riforma riguarda direttamente la rielezione o meno di molti di coloro che siedono in questo momento nei banchi di questo Consiglio.
Questa legge rappresenta un punto di equilibrio, sia nello scontro che c’è stato tra le forze politiche maggiori che in un primo momento hanno puntato ad avere una legge che consentisse loro di fare il pieno degli eletti a scapito delle forze minori, sia un punto di mediazione tra posizioni espresse dal centro-destra e posizioni espresse dal centro-sinistra.
Durante una fase del dibattito politico che si è svolto in sede di definizione dello Statuto e della legge elettorale il centro-destra aveva addirittura annunciato una posizione aventiniana rispetto allo Statuto e alla legge elettorale perché riteneva che le soluzioni che si andavano definendo in Commissione per lo Statuto meritavano una posizione così forte. In realtà mi sembra che anche il centro-destra abbia capito che all’interno di questa riforma elettorale ci sono degli strumenti di garanzia per tutti, maggioranza e minoranza, e soprattutto che non si debba fare un ragionamento in cui ci si colloca direttamente in maggioranza e direttamente in minoranza, perché uno degli elementi fondanti di questo sistema amministrativo attuale delle Regioni e anche a livello nazionale e negli altri enti locali, è proprio quello del bipolarismo e dell’alternanza. Oggi si è maggioranza, domani si può essere opposizione, è inutile pensare di costruire delle norme ritenendo di cristallizzare la posizione di maggioranza e di minoranza così come oggi le troviamo.
In questo senso, quando c’è stata la possibilità di discutere più liberamente della materia della riforma elettorale, la Commissione ha potuto accelerare la sua discussione, ha potuto trovare le sintesi, ha potuto sostanzialmente anche ribadire il diritto delle Regioni — credo che questo sia l’aspetto fondamentale — di autodeterminare le proprie decisioni in materia anche elettorale, senza subire diktat da Roma, senza subire scelte dall’alto.
Mi auguro che questo atteggiamento porti anche i colleghi del centro-destra a lanciare un messaggio rispetto al Governo che ha manifestato apertamente una netta avversione verso il diritto delle Regioni di praticare le proprie scelte. Se il Governo e il Parlamento non avessero ritenuto di attribuire questa materia alle Regioni, sarebbe stato opportuno che questa competenza si fosse tenuta a livello centrale. Se la competenza e se la materia è attribuita alle Regioni, è giusto e legittimo che venga attribuita e non si cerchi di sabotarla con meccanismi ed éscamotages come quelli di cui abbiamo appreso qualche giorno fa, quando la scelta della data delle elezioni è direttamente in relazione alla negazione del diritto delle Regioni di autodeterminare con statuti e con leggi elettorali la propria sorte e dettare le regole con le quali i cittadini sceglieranno chi li dovrà governare e chi li dovrà rappresentare.
Nel merito dell’articolato va detto anche che alcuni contributi, in particolare uno relativo alla questione dell’ammissibilità delle liste è stato accolto su proposta dei Verdi. Riguarda la questione delle cosiddette “liste civetta”, un meccanismo che è stato mutuato dalle elezioni nazionali nelle quali, nelle ultime due scadenze sono nate delle liste che non rappresentano delle forze politiche esistenti ma si inseriscono all’interno dei meccanismi elettorali per togliere seggi a qualcuno, per portarne ad altri, per spostare gli equilibri da un collegio elettorale ad un altro, per scombinare quel confronto democratico che le elezioni debbono essere e devono garantire. Questo emendamento sostanzialmente impedisce che possano essere presentate delle liste i cui simboli richiamino nella denominazione o negli aspetti grafici o nel loro colore, i simboli già esistenti di altre forze politiche che hanno avuto eletti al Parlamento europeo, al Parlamento nazionale o in Consiglio regionale.
Questa vicenda è salita alla ribalta anche recentemente alle elezioni europee, con la presentazione di una lista che praticamente ha duplicato il nome di una forza politica, nello specifico la nostra forza politica, perché è nato un simbolo del tutto di fantasia e una lista denominata “Verdi Verdi”. Debbo dire che anch’io ho constatato personalmente, da candidato alle elezioni europee, quanto l’elettorato sia stato confuso: su 2.600 preferenze ricevute nella lista dei Verdi, ne ho ricevute 600 nella lista dei “Verdi Verdi” e questa quota di 600 è 12 volte superiore al numero di preferenze che ha avuto il capolista della lista dei “Verdi Verdi”. Questo per dire che con queste norme evitiamo che domani ci possa essere una lista “Forza Forza Italia” o “Comunisti Comunisti italiani”. Credo che a nessuno giovi questo meccanismo, dobbiamo confrontarci lealmente e correttamente, in maniera tale che gli elettori possano scegliere, vinca il centro-destra, vinca il centro-sinistra, vinca un terzo polo, vinca qualsiasi aggregazione. Il gioco deve essere corretto e pulito. Forse per questo abbiamo anche fatto lo sforzo di sciogliere il “listino” elettorale all’interno di liste che andranno a chiedere ai cittadini con i propri candidati e con il proprio simbolo di essere votati, piuttosto che avere dei soggetti garantiti. Forse proprio per questo in “zona Cesarini” ci siamo assunti la responsabilità di approvare, assieme allo Statuto, una legge elettorale anche se oggi non sappiamo se questa legge entrerà in vigore, ma faremo di tutto perché queste norme entrino in vigore, perché questa legge non abbia solo un effetto annunciato, altrimenti sarebbe stato meglio che avessimo sospeso già nella sede della Commissione per lo Statuto questo tipo di riforma. Anche in passato dei processi di riforma sono stati bloccati nelle Commissioni preposte. Quando un processo di riforma arriva nella fase finale dell’aula consiliare è bene che questo entri in vigore.
Credo anche che con le norme transitorie che abbiamo votato, abbiamo dato delle indicazioni anche di tipo politico, perché questa è una Regione che vuole quanto meno intervenire su alcune storture della vecchia legge, quindi se saremo costretti al rinnovo del Consiglio regionale con le vecchie norme, almeno avremo dato un segnale su alcuni punti per richiamare il diritto della Regione Marche di legiferare e modificare alcune norme che non condividiamo.
Dopo la votazione in Commissione per lo Statuto si è sviluppato un dibattito su una spetto che io ritengo marginale, forse per mia non perfetta conoscenza dei termini della questione: il diritto della Regione di convocare i comizi elettorali. Questo sarebbe visto da alcuni colleghi del centro-destra come una usurpazione dei diritti del Governo. A me sembra che questo aspetto, invece, sia naturalmente da inserire all’interno di un processo di riforma elettorale, all’interno di un processo che non è partito da questa legge ma da una riforma costituzionale. Se attribuiamo nel nostro paese alcune funzioni a livello regionale, è chiaro che anche questa materia, come quella della convocazione di comizi, quella della fissazione di alcune scadenze, debba andare in capo alla Regione, senza che per questo si debba dare il via alla fissazione di date elettorali in maniera diversificata da una Regione all’altra.
Il voto in Commissione è stato favorevole, abbiamo partecipato, come Verdi, alla definizione in tutte le sedi, quelle istituzionali e anche quelle politiche delle proposte per arrivare a questo risultato, è una legge che mi auguro non riceva contestazioni da parte del Governo, men che meno ricorsi alla Corte costituzionale, fermo restando che se così dovesse essere, noi rivendicheremo il diritto, comunque, di applicare la legge e comunque ci potremo riservare la possibilità di valutare se e come modificare questa legge affinché possa entrare in vigore ed essere applicata nella piena trasparenza e con la piena assunzione di responsabilità da parte di tutto il Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. La legge elettorale che provoca particolare eccitamento in noi consiglieri regionali, non provoca invece particolare entusiasmo fra la gente. Per la gente la legge elettorale non è grande cosa. Credo che il nostro compito è di scrivere una legge elettorale che sia equa, corretta e possibilmente rappresenti la realtà vera e non quella virtuale. Visto che siamo in epoca di informatizzazione telematica, la realtà spesso non è quella che è ma è quella virtuale. Se questi sono i principi la legge dovrebbe essere buona.
Uno dei principi su cui ci siamo ritrovati, che non trova tutti d’accordo è quello del presidenzialismo. In questo Alleanza nazionale ha combattuto delle battaglie storiche addirittura quando era Movimento sociale: il principio del presidenzialismo è ormai recepito universalmente, è un valore acquisito da tutti, viene riportato nella legge e questo ci sta bene.
L’altro principio era quello di dire no alle riserve indiane, cioè i “listini” che pure hanno avuto una loro fortuna in un’epoca particolare della politica, quella in cui bisognava fare tutto bipartisan. Oggi sono di gran lunga superati, perché nel “listino” ci va chi sta più vicino a chi decide, cioè la scelta del “listino” non è mai quella delle persone migliori, della meritocrazia ma quella di coloro che siedono vicini a coloro che poi fanno le scelte, magari talvolta perché fanno le vacanze insieme, perché talvolta fanno gli affari insieme, perché talvolta ci sono dei doveri di riconoscenza più o meno legittimi.
Io credo che la verifica elettorale sia molto più giusta. Questo non significa che gli elettori abbiano sempre la verità in tasca. Ho visto persone ottime non elette o persone ottime non rielette e persone non di grande qualità elette e qualche volta stra-elette. Quindi non è che gli elettori sono il meglio del giudizio possibile, però la verifica elettorale ha una sua logica e io ci credo, perché verifica il contatto tra l’eletto e le persone e chi non ha contatto può essere straordinario, però non passa.
La preferenza ovviamente deve essere unica, perché le cordate sono un altro strumento di gruppo, di partitocrazia, quindi credo che l’elezione con la preferenza unica sia una cosa buona e questo viene fatto. Verrà fatto transitoriamente per 35 eletti, invece sarà fatto per tutti i 42 eletti nel momento in cui entrerà a norma la legge definitiva.
Credo a questa scelta e sia con il 35 che con il 42 ci permette di mettere in competizione più candidati, quindi con più candidati è più facile la verifica di chi ha più capacità di rappresentanza e di contatto con le persone.
Un altro aspetto importante è quello del voto congiunto, perché il voto disgiunto che veniva presentato come la maggiore libertà per l’elettore, poi è stato il meccanismo attraverso il quale si sono fatti patti inconfessabili tra gruppi di potere e questo non sta bene. Il voto congiunto è un voto trasparente, uno sa quello che prende per intero, nel bene e nel male.
Ritengo invece che sia utile produrre il meccanismo più forte possibile che vincoli alla coalizione, cioè che le forze politiche si associno. Quando in una competizione elettorale ci sono 4-5 coalizioni, per esempio in un Comune, significa che le cose non vanno bene e vincono i particolarismi. Quindi è bene il vincolo di coalizione e in questo senso, a mio parere, la ripartizione dei seggi che privilegia le grandi coalizioni e i grandi partiti è utile alla governabilità, al buon governo, con un limite: che ci sia possibilità di rappresentanza anche per le piccole forze.
In questo senso non sono molto contento della diminuzione del numero delle firme, perché la diminuzione del numero delle firme implica che evidentemente si permetta a più forze di correre. Questo vincolo viene però corretto con lo sbarramento che in qualche modo recupera il principio.
Teniamo presente che qualche volta ci sono competizioni comunali in cui vengono inventate delle liste apposta non per correre ma per fare danno a un’altra coalizione. A volte al maggioritario, alla Camera si presentano candidati apposta per far perdere un altro candidato di coalizione, quindi il meccanismo di abbassare il tetto è un meccanismo perverso, che viene utilizzato come potere ricattatorio e questa è una cosa che non va bene. Le leggi elettorali sono sempre studiate eccezionalmente, poi i risultati sono sempre un po’ diversi da quelli che uno si prefigge. Vorrei qui ricordare le ultime elezioni politiche in cui Forza Italia ha avuto 13 parlamentari in meno e la Camera italiana oggi ha 13 parlamentari in meno, per difetto di calcolo delle proiezioni. Ricordo che era stato verificato tutto si disse ad An di presentare meno candidati nel proporzionale perché i dati erano precisi; An che è “testona” non dette ascolto e presentò tutti i candidati nel “listino” proporzionale ed ebbe i suoi eletti, Forza Italia che aveva fatto una strategia apparentemente diabolica, si prese 13 parlamentari in meno, il che significa che anche pensando in maniera computerizzata, informatizzata, tutti i risultati possibili, c’è sempre qualche risultato imprevedibile. La bontà di questa legge la verificheremo quindi dopo le elezioni. Se i risultati saranno, come dicevo all’inizio, equi, corretti e rappresentanti reali, veri della realtà, sarà stata una buona legge.
Comunque, pur nelle critiche — le firme, i vari meccanismi e via di seguito — credo che sia la norma transitoria dei 35 consiglieri eletti al proporzionale più 8 del “listino” — che quella definitiva — 42 eletti al proporzionale di cui il 60 e 40% — sono tra le soluzioni le meno peggio possibile. A mio parere andiamo verso un meccanismo, forse da correggere ulteriormente ma largamente accettabile. Questo mi sento di dirlo rispetto a critiche più pesanti che ho fatto prima. Oggi stiamo andando verso una direzione non perfetta, sicuramente di gran lunga perfettibile, ma a mio parere abbastanza equa. Do atto che alla fine il buon senso è prevalso su cattivi piani, cattivi progetti.
C’è un aspetto su cui dissento ed è quello del potere di scioglimento del Consiglio regionale che nella definitiva, quando andremo a regime andrà bene al Presidente della Giunta regionale, ma nella norma transitoria, nel voto tra qualche mese io credo sia opportuno che tutte le Regioni italiane votino lo stesso giorno, che ci sia, almeno in questa prima fase, un voto coerente e coordinato. Non è pensabile che le Marche votino un mese dopo le altre Regioni se si vota ad aprile, credo che sia opportuno che vi sia una data unica che serva per tutti, anche per le elezioni amministrative, altrimenti avremmo il paradosso di avere le elezioni regionali nelle Marche, scoordinate da quelle amministrative, quindi con la doppia spesa, in un momento in cui la macchina elettorale regionale non è ancora all’altezza e preparata ad affrontare in prima persona la gestione elettorale. Su questo, ovviamente, voterò per l’emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Dico subito che voterò a favore di questa legge, perché rappresenta la mediazione possibile. Come tutte le mediazioni scontenta tutti o accontenta tutti in parte e quindi può considerarsi tale.
Quello che vorrei dire in partenza è uno stupore che ho per le difficoltà cronologiche, temporali nelle quali ci andiamo a trovare e mi fa un po’ stupore che da una parte il Parlamento vari una riforma costituzionale cosiddetta federalista, o per meglio dire regionalista, che per sua natura dovrebbe dare potere, autonomia, deleghe alle Regioni e dall’altra, improvvisamente, con l’altra mano, sembra — perché nessuna certezza ci dà — voler imporre una data che vanifica questa autonomia delle Regioni, in quanto la data del 3 e 4 aprile che il Governo sembrerebbe voler imporre, mette in gravissima difficoltà tante Regioni che, come noi, hanno chiesto una data diversa, cioè quella dell’8 maggio per poter fare entrare in vigore gli statuti e, conseguentemente, le leggi elettorali.
Faccio questo ragionamento per spronare il Presidente della Giunta e il Presidente del Consiglio regionale a continuare a Roma a far valere le nostre ragioni per ottenere, assieme alle altre Regioni interessate, una data che consenta l’entrata in vigore dello Statuto e quindi, conseguentemente, del corpus vivo della legge elettorale.
Un’altra considerazione che voglio fare a chi era perplesso sull’esigenza che entrasse in vigore una nuova legge elettorale, è la seguente. Nel momento in cui abbiamo deciso, come Consiglio regionale, di intraprendere un percorso riformatore dandoci un nuovo Statuto, credo che una nuova legge elettorale fosse la conseguenza necessaria. Ad una nuova Costituzione, ad un nuovo Statuto regionale federalista è normale che consegua un ulteriore procedimento riformatore, che è la legge elettorale. Certo potevamo impegnarci per fare un po’ prima. Se tutti insieme, responsabilità di tutti, avessimo chiuso questo percorso sei mesi fa, un anno fa, probabilmente oggi non ci troveremmo in questa situazione. Se vogliamo volare alto e considerarci un consesso consiliare, assembleare, riformatore, mi piacerebbe anche che si parlasse di una legge elettorale erga omnes e non una sorta di appello o comizio elettorale.
Voglio anche, come ha fatto l’amico consigliere Massi, sia in quest’aula che in Commissione, fare giustizia di chi ha impedito che un giusto numero di consiglieri potesse portare ad una equilibrata ripartizione di seggi tra maggioranza e opposizione e ad una equilibrata attribuzione di consiglieri per far funzionare questo Consiglio regionale. Abbiamo visto che i consiglieri assessori che non partecipano al lavoro delle Commissioni rendono difficile il lavoro delle Commissioni stesse, quindi questo fatto giustificava ampiamente un aumento dei consiglieri, come minimo a 45 e sento serpeggiare da molte parti il rimorso verso questa mancata conquista che io non esito a definire tale, perché la democrazia ha dei prezzi e l’aumento del numero dei consiglieri è uno di questi prezzi.
Entrando nel merito della legge elettorale ricordo a me stesso e a quest’aula la contrarietà mia e del mio partito all’elezione diretta del Presidente, quindi ci asterremo sull’articolo che la prevede perché è un articolo misto, di cui una parte approvabile e una parte no.
Detto ciò affermo che noi ci siamo battuti contro l’impianto iniziale di questa legge, perché in qualche modo rendeva impossibile lo svolgimento delle attività istituzionali, democratiche, elettorali ai partiti più piccoli, a tanti partiti piccoli. Almeno 4-5 avevano, nella formulazione iniziale, davanti l’impossibilità di veder maturare una rappresentanza in almeno una circoscrizione elettorale.
Alla fine devo dare atto a tutti che si è giunti ad una soluzione equilibrata, che certamente non garantisce la rappresentanza di tutti i partiti piccoli, ma dà ampie speranze di rappresentanza a gran parte dei partiti piccoli. Con ciò voglio dire la mia in contrapposizione a chi ha fatto determinati tipi di discorsi, su quella che secondo me è l’essenza della democrazia. Chi dice che la frantumazione è un problema, chi dice che per accedere ai consessi elettorali bisogna avere almeno un certo numero di voti, una certa percentuale che va ben al di là del quoziente naturale, fa un discorso che io non riesco assolutamente a condividere. L’ho già detto nella discussione sullo Statuto: credo che la frantumazione del quadro politico, nel senso che ha diritto ad entrare nel consesso elettorale chiunque raggiunga quel minimo resto che il sistema del quoziente naturale consente di veder rappresentare poi con un seggio, ha diritto ad entrare in questo consesso, quindi siamo stati e siamo contrari al D’Hondt e do ancora una volta atto alla maggioranza di quest’aula di avere compreso la nostra contrarietà al D’Hondt, di avere accettato il quoziente naturale corretto più uno, com’è nella legge che ci apprestiamo ad approvare e com’è nella vecchia legge odierna.
Ho accolto con favore la finale riduzione delle firme, anche se ho presentato un emendamento, perché credo che su questo abbia ragione la tesi del collega Novelli nel dire che abbiamo davanti la possibilità di dover raccogliere le firme in 16 giorni, quindi non credo che porre ai partiti meno organizzati l’ulteriore ostacolo di dover raggiungere un numero di firme comunque alto — perché questa previsione che c’è oggi, sia nella disciplina transitoria che nella nuova legge è un numero di firme alto che ostacola l’esercizio della democrazia — sia positivo. Credo che anche sbarramenti eccessivi siano da condannare. Credo che la mediazione alla quale siamo arrivati con questa legge sia accettabile, se fosse migliorabile non mi troverebbe affatto contrario.
La nuova legge è una buona legge che garantisce le rappresentanze dei territori, ci sarebbe piaciuto di più che questa garanzia fosse stata data mediante il sistema dei seggi elettorali cosiddetti “ballerini”, come previsto per altra fattispecie dalla legge elettorale. Ci sarebbe piaciuto che fosse rimasto il sistema attuale, che poi fosse stato aumentato in maniera variabile il numero dei seggi regionali per garantire la rappresentanza territoriale, ma tant’è, la mediazione è stata questa ed è comunque una buona mediazione.
Credo che la disciplina transitoria sia stata ben formulata nel caso in cui, come dicevo all’inizio dell’intervento, questa intransigenza del potere centrale ci impedisca di far entrare in vigore lo Statuto e la nuova legge elettorale. Non credo che la previsione della rappresentanza di entrambi i generi come è formulata nella disciplina transitoria, e che mi piacerebbe che fosse analogamente prevista anche nella legge, sia una brutta previsione, in quanto, soprattutto per quanto riguarda la rappresentanza femminile, si rischia con questa rappresentanza obbligata con percentuali alte, di fare un cattivo servizio ai motivi per cui questa rappresentanza è stata pensata, perché ci sono partiti, soprattutto i piccoli come il mio, dove l’obbligatorietà di un numero eccessivo di candidate femminili che sono poco presenti nella vita politica, potrebbe portare ad una bocciatura in termini di preferenze che non fa giustizia della causa per cui questa norma è stata pensata. Penserei più a norme che favoriscano l’accesso delle donne alla vita politica e, conseguentemente, l’ingresso in lista un pochino più irrobustite dal punto di vista elettorale. Comunque ben venga l’accesso quanto più possibile paritetico di entrambi i generi alla vita politica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Per rima cosa vorrei svolgere una considerazione di carattere generale. Io ritengo che sia stato un grave errore quello previsto dalla Costituzione così come modificata recentemente, di assegnare la potestà, sia pur parziale, alle Regioni, di scegliere il sistema di governo e la legge elettorale ad esso collegata.
Questa è una anomalia negli stati democratici, anche in quelli organizzati in termini federalisti, poiché determina, al contrario di quanto si dice, una perdita di autorevolezza da parte delle Regioni. Infatti, nel momento in cui le singole Regioni scelgono autonomamente legge elettorale e forma di governo, l’esperienza di questi mesi ci fa dire che ciascun Consiglio regionale segue non principi astratti e fondamentali attinenti la migliore attuazione dei criteri democratici, quanto interessi particolari, specifici, contingenti, parziali. Basti pensare, ad esempio, che ci accingiamo a fare una legge elettorale contrapposta, nella sua struttura di fondo, a quella che un’altra Regione vicina alla nostra ha già fatto: mi riferisco alla legge regionale elettorale della Toscana, dove l’intero Consiglio regionale, maggioranza e opposizione — e io voglio ricordare che Rifondazione comunista è all’opposizione, in Toscana — ha approvato una legge elettorale dove il principio del “listino” viene moltiplicato, addirittura esteso persino alla minoranza, sulla base di ragionamenti specularmente opposti a quelli che si sono sentiti in quest’aula rispetto alla maggiore o minore rappresentanza democratica del “listino” stesso. Tra parentesi faccio notare che il voto di preferenza tra tutti gli stati democratici esistenti al mondo costituisce anch’esso una assoluta anomalia italiana, quindi presentare il voto di preferenza come l’indice della democraticità di un sistema elettorale, rappresenta un non senso dal punto di vista storico, politico e giuridico, in quanto l’Italia è l’unico paese al mondo che adotta questo sistema, tra l’altro esasperato con il metodo della preferenza unica.
Quando si discute di legge elettorale, più che appellarsi a principi e a valori astratti come ho sentito fare in questa seduta, bisognerebbe essere molto più modesti e realisti e dire che al di là di alcuni criteri generali riguardanti le regole elettorali che in qualche modo non violentino i principi democratici e di libertà fondamentali, ciò che alla fine determina la legge elettorale sono i calcoli concreti e immediati. Da questo punto di vista, il fatto che sia stata data alle Regioni la potestà di farsi la legge elettorale come vogliono, rappresenta un’accentuazione di questo fenomeno. Faccio notare che andremo a votare ad aprile o a maggio del 2005 con sistemi elettorali profondamente diversi non soltanto sul piano territoriale tra Regione e Regione ma anche all’interno di ciascuna Regione. Ci saranno, probabilmente, accoppiate alle elezioni regionali le elezioni amministrative e gli elettori si vedranno consegnare in molte realtà una scheda per le elezioni circoscrizionali che ha un suo metodo di elezione, una scheda per le elezioni comunali che ha un suo metodo, una scheda per le elezioni provinciali che ha un suo metodo, una per le elezioni regionali che non solo ha un suo proprio metodo diverso da tutti gli altri, ma che è diversa anche dal Comune che magari sta a dieci chilometri di distanza ma appartiene a un’altra Regione. Insomma, stiamo facendo una confusione bestiale e io sono preoccupato per le sorti della tenuta del sistema democratico nel nostro paese.
Chiudo le considerazioni di carattere generale ed esprimo le valutazioni che noi diamo rispetto alla legge elettorale che questo Consiglio regionale ha all’ordine del giorno.
Noi abbiamo delle forti perplessità sul testo che è stato presentatole abbiamo espresse sia nella seduta precedente del Consiglio regionale in occasione della votazione sullo Statuto e della collegata mozione sulla legge, sia in Commissione per lo Statuto; perplessità che ci porteranno a dare un voto contrario a questa legge elettorale. Le perplessità derivano dal fatto che la legge elettorale viene varata, naturalmente, dati i tempi, in tutta fretta, a poche settimane dal probabile scioglimento, sicuramente a poche settimane dalla scadenza naturale del Consiglio regionale e viene varata, in termini organici, quando questo Consiglio regionale è praticamente certo che non potrà entrare in vigore, perché sappiamo che per entrare in vigore le elezioni regionali dovrebbero essere indette dopo il 22 maggio, il che appare, alla luce degli orientamenti del Governo e della data di scadenza e delle precedenti elezioni regionali, estremamente improbabile.
Credo che ci voglia molta fantasia per dire, come ho sentito ad esempio da parte del collega Procaccini, che questa legge elettorale guardi alla prospettiva. E’ un’affermazione che contiene in sé molto equilibrismo tattico. Io credo che sia una legge elettorale contingente e probabilmente nella prossima legislatura ci si troverà di fronte al problema di modificare di nuovo la legge elettorale. Mi auguro che non sia così, perché mi auguro che una nuova maggioranza parlamentare nazionale ripristini il criterio che le Regioni abbaino una legge elettorale uniforme, in modo tale che ciascuna Regione abbia lo stesso sistema democratico che garantisce una eguale autorevolezza agli organi elettivi, Presidente della Giunta e Consiglio regionale.
I punti specifici che ci fanno esprimere alla fine, al di là delle perplessità di carattere generale, dubbi molto forti, sono quelli riguardanti il numero dei consiglieri. Noi riteniamo che si è arrivati al numero di 43 con una forzatura di carattere istituzionale che era meglio evitare; era meglio compiere un percorso più trasparente sin dall’inizio e ragionare sul numero dei consiglieri regionali, come noi abbiamo sempre detto, non sulla base di criteri particolari riguardanti le convenienze reciproche ma sulla base di criteri generali all’interno dei quali poteva anche darsi l’ipotesi di un aumento del numero dei consiglieri regionali, stabilito però sulla base di principi relativi all’efficienza, all’efficacia del lavoro del Consiglio, magari prevedendo, ad esempio, il non aumento delle spese attraverso la riduzione delle indennità dei consiglieri regionali, se questo era il problema. Comunque non è stato fatto così, arriviamo a una situazione un po’ forzata.
La seconda perplessità — su questo invito ad una riflessione il Consiglio regionale, perché comunque una bocciatura della legge regionale elettorale non farebbe fare una bella figura a tutti i consiglieri regionali, non soltanto a quelli che approveranno la legge, quindi anche al sottoscritto e al gruppo di Rifondazione comunista che non è d’accordo — riguarda l’indizione delle elezioni da parte del Presidente della Regione, perché è vero che l’art. 122 della Costituzione afferma che il sistema di elezione è disciplinato con legge regionale, però quell’articolo continua dicendo che è disciplinato con legge regionale “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi”, quindi la Costituzione stabilisce che sia una legge dello Stato a definire la durata degli organi elettivi. Se si determina nella legge elettorale che ci accingiamo ad approvare, la possibilità di indire elezioni fino a sei settimane dopo la scadenza del Consiglio regionale, con questa norma automaticamente diamo la possibilità al Presidente della Regione di prolungare di un mese e mezzo la durata in carica del Consiglio regionale rispetto a quanto stabilito dalla legge della Repubblica e a mio avviso questa è una norma di forte discutibilità sul piano costituzionale, tanto più essendo inserita in una norma di carattere transitorio che va ad intervenire sulla legge statale attualmente in vigore. Invito il Consiglio regionale ad una riflessione su questo, perché mi sembra effettivamente una forzatura. Lo faccio perché riterrei veramente una follia se ciascuna Regione decidesse per proprio conto quando andare a votare. Riterrei questa una follia sul piano politico e anche una lacerazione sul piano istituzionale, perché occorrono delle regole superiori che determinino la durata in carica dei Consigli regionali o delle Assemblee elettive in generale, tanto è vero che la durata delle Assemblee elettive viene stabilita sempre in Costituzione, cioè con strumenti giuridici sovraordinati rispetto alle leggi ordinarie, perché se ciascun Consiglio regionale ha la possibilità di prolungare o ridurre, al di là di casi stabiliti a livello costituzionale, la propria durata, ci troveremmo di fronte a un potere di discrezionalità che alla fine andrebbe ad incidere sul potere fondamentale dei cittadini, sulla sovranità popolare che è la fonte di legittimazione di questa Assemblea.
Relativamente alla soglia di sbarramento, noi abbiamo sempre sostenuto che le soglie di sbarramento non vanno bene, tanto più in una elezione dove vengono eletti 43 consiglieri regionali, con premio di maggioranza, il che equivale a dire che già la soglia di sbarramento naturale è significativa. Non siamo di fronte a una elezione come quella del Parlamento nazionale dove vengono eletti centinaia di parlamentari, dove noi intendiamo il principio proporzionale puro con il raggiungimento del quoziente naturale, quindi lì si può prevedere una soglia di sbarramento naturale che è data dall’assegnazione del seggio pieno. A maggior ragione in questo caso ci sembrerebbe che una forza politica che raggiunga la quota necessaria per ottenere il seggio pieno, abbia diritto a essere rappresentata in Consiglio regionale, anche perché non c’è alcun problema di governabilità, dato il premio di maggioranza.
Alla luce di queste considerazioni noi non ci sentiamo di esprimere un giudizio positivo su questa legge, tuttavia non consideriamo la sua approvazione come un atto politico ostile verso Rifondazione comunista e non ne facciamo un problema di carattere politico, tuttavia vogliamo in qualche modo mettere in evidenza maggiormente i limiti e i particolarismi su cui questa legge elettorale nasce.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Anche sulla legge elettorale Forza Italia ha tenuto un atteggiamento serio e responsabile, come quello tenuto in occasione dell’approvazione dello Statuto. Abbiamo reagito violentemente quando la maggioranza ha tentato di cambiare le carte in tavola rinnegando gli impegni assunti alla luce del sole in quest’aula consiliare, attraverso l’approvazione dell’ordine del giorno del 4 ottobre. Abbiamo lavorato con impegno, tenendo un atteggiamento costruttivo, perché siamo convinti che la Regione Marche ha bisogno di una nuova legge elettorale, costruita secondo alcuni principi che abbiamo più volte enunciato.
In primo luogo noi ci siamo sempre pronunciati contro l’aumento del numero dei consiglieri regionali, abbiamo accettato quel modesto aumento proprio per dimostrare tutta la nostra buona volontà.
Altresì noi siamo chiaramente per l’abolizione del “listino”, perché non possiamo vedere nel Consiglio regionale eletti consiglieri senza il necessario consenso elettorale. La legge che noi condividiamo deve prevedere un premio di maggioranza al fine di garantire la governabilità, perché gli attuali rapporti di forza stabiliti dagli elettori non consentirebbero a nessuna coalizione di governare la nostra regione. Bene quindi ad un premio di maggioranza di otto consiglieri, compreso il Presidente che fa parte della coalizione e della maggioranza. Riteniamo poi che il premio di maggioranza debba essere spalmato tra tutti i partiti, proporzionalmente, che fanno parte della coalizione vincente.
Va bene anche la previsione di uno sbarramento per evitare l’eccessiva frammentazione del quadro politico. Abbiamo assistito alle elezioni europee quando erano presenti alla competizione ben 21 partiti nonostante l’aggregazione dell’Ulivo. Per cui, uno sbarramento del 3% per i partiti e del 5% per le coalizioni, per noi diventa un presupposto fondamentale per condividere la legge.
Riteniamo poi necessario prevedere l’assegnazione di seggi ed eletti ad ogni provincia, in proporzione alla popolazione, per evitare lo slittamento di eletti dalle province minori verso quelle con maggiore popolazione.
Bene anche all’assegnazione dei seggi residui attraverso la percentuale calcolata sulla base dei voti non utilizzati rispetto ai voti validi.
Abbiamo anche espresso con chiarezza la nostra contrarietà al voto disgiunto, cioè noi siamo contrari ad esprimere un voto non coerente. L’elettore deve poter scegliere il Presidente tra quelli che concorrono alla competizione, deve votare un partito di cui alla coalizione e deve poter esprimere un preferenza per un consigliere di quel partito. L’espressione del voto deve essere la più chiara e semplice possibile e deve essere coerente. La gente non sopporta tutti questi giochetti che condizionano la politica italiana.
Poi siamo d’accordo ad una adeguata presenza di entrambi i sessi nelle liste, anche se ci appare eccessiva la quota di almeno un terzo, perché le liste devono raccogliere la volontà di candidarsi, non una presenza obbligatoria di entrambi i sessi in una misura stabilita. Ci pare assurdo arrivare, in caso di violazione della norma, ad escludere le liste dalla competizione.
Noi siamo contrari a prevedere in questa legge le norme transitorie di cui all’art. 25. Qualora le elezioni dovessero essere bandite dal Governo prima dell’entrata in vigore dello Statuto, ci pare doveroso lasciare al Governo tutte le incombenze e le formalità relative all’indizione dei comizi elettorali. Non condividiamo affatto la facoltà affidata alle Regioni di fare la propria legge elettorale e tanto meno di stabilire una data... (Interruzione). Io ritengo che le regole del gioco non possano essere stabilite dai giocatori, quindi sarebbe preferibile che il Governo, nell’ambito della devoluzione, tenesse per sé la legge elettorale in modo che sia uguale per tutte le Regioni italiane, possibilmente concordata da tutti i partiti presenti in Parlamento. Arrivare a svolgere le elezioni ogni settimana, sarebbe veramente un danno notevole per l’intero paese e quindi condivido quanto ha detto il collega Ricci su questa questione, che è per noi la più importante.
Sulla norma transitoria, Presidente Minardi, la lettera b) del comma 4 all’art. 25 deve essere assolutamente eliminata, perché questo ci impedisce di esprimere un voto complessivamente favorevole a questa legge.
Siamo naturalmente favorevoli a prevedere l’elezione automatica del candidato Presidente secondo classificato. Accettiamo la previsione della legge che vede far pagare questo eletto ponendolo a carico dell’ultimo resto, ma sarebbe stato più opportuno e intelligente tirare fuori dal numero dei consiglieri regionali entrambi i due candidati Presidente, tant’è che quando siamo venuti in questo Consiglio regionale per l’approvazione dello Statuto, noi prevedevamo 40+1+1. Questo era il senso dei lavori fatti in Commissione. Forse troppo frettolosamente ci siamo piegati a un discorso diverso.
Lasciatemi dire infine, che la maggioranza si è lasciata troppo condizionare da quelle forze che per la verità condizionano sempre l’attività di questa maggioranza, ma che sono state particolarmente forti nella discussione di questa legge. Sono forze che si battono contro l’eliminazione del “listino”, perché il “listino” porta loro degli evidenti vantaggi. Se è vero che le elezioni sono state fissate per il 3-4 aprile, è chiaro che questa legge non potrà essere applicata e quindi saranno vanificate tutte le buone intenzioni che in essa sono contenute.
Penso allora che fra qualche settimana sarà chiarita questa questione della data delle elezioni, quindi stralciamo questa norma transitoria dell’art. 25n, dopodiché, se riteniamo opportuno fare una leggina ad hoc per affrontare in un clima di certezza, le prossime elezioni elettorali — possiamo fare una leggina che abbia valore solo per le elezioni regionali del 2005 — possiamo inserire norme che non contrastino con l’art. 122 della Costituzione e che attengano al numero dei consiglieri regionali, alla presenza garantita di entrambi i sessi nelle liste, alla riduzione delle firme necessarie a presentare le lise, alle cinque circoscrizioni elettorali. Queste cose che noi riteniamo utili per affrontare con maggiore serenità, con maggiori certezze le elezioni regionali del 3-4 aprile, possono essere inserite in una legge ad hoc. Però la legge che stiamo per votare, dobbiamo votarla come se potesse essere applicata il 3-4 aprile prossimo. Se questa nostra proposta sarà accolta, cioè se ci sarà la volontà, almeno, di eliminare questo quarto comma della lettera b), allora potremo rivedere la nostra posizione che, con tutta la benevolenza, con tutta la disponibilità che abbiamo mostrato fino ad ora, non può che essere di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Mi sembra che il dibattito che si è sviluppato fino a questo momento nell’aula consiliare sottenda sostanzialmente un dato di fondo che in qualche modo fa da filo conduttore sotterraneo di tutti gli interventi, cioè che la nostra Regione, così come le altre, si è trovata di fronte all’incombenza della legge elettorale senza una precisa indicazione del livello centrale, in un contesto in cui sia il titolo V messo in discussione, sia l’atteggiamento del Governo rispetto alle leggi regionali, sta realizzando una confusione di carattere istituzionale non indifferente, nel senso che il nostro atteggiamento rispetto a questo dato della legge elettorale risente indubitabilmente di una situazione piuttosto confusa nell’intendimento, anche, di quello che è il nuovo federalismo. Ribadisco questa dizione impropria che si sta determinando non solo con quella già in vigore del titolo V ma anche con la nuova normativa che speriamo non vada in vigore e che è stata approvata da un ramo del Parlamento. Parlo della nuova riforma che non riguarda solo il titolo V ma anche altri aspetti.
La situazione è di confusione e porta ad una posizione estremamente divaricata delle Regioni, che sta determinando, nel male interpretato senso di autonomia, una situazione di notevole frazionamento che determinerà nel nostro paese, qualora andasse avanti questo tipo di impostazione, una situazione di “slabbramento” istituzionale non indifferente.
Siamo in una situazione in cui non si sa neanche quando si vota, per cui la nostra legge risente anche di questo dato: si parla del 3 aprile, dell’8 maggio, sembra quasi una roulette che indubbiamente non facilita il lavoro di chi è alle prese, come la nostra Regione ma come altre, con la predisposizione della propria normativa elettorale. Se da una parte è una questione che la Costituzione demanda alla competenza regionale, io credo che nonostante questa autonomia ci debba essere comunque una programmazione della legge elettorale, in modo che non si voti ogni anno od ogni mese. Ritengo che per la vita politica del nostro paese il fatto che 15 Regioni oltre quelle a statuto speciale, possano votare in modo indistinto credo non sia cosa buona. Questo deriva dalla concezione di quel federalismo di cui parlavo prima, che si sta trasformando in qualche cosa di indeterminato e indeterminabile.
Credo che noi abbiamo bisogno, anche per quanto riguarda la legge elettorale, di una situazione di unitarietà. Non è una rinuncia alle peculiarità di un regionalismo anche forte, dico solo che abbiamo bisogno che le istituzioni abbaino un loro ordine, una loro comprensibilità nei confronti dei cittadini. La confusione non aiuta la chiarezza politica e quello che si sta determinando nel nostro paese è un inceppamento istituzionale che secondo me non ci porterà a nulla di buono.
Torno sul fatto che non si sa quando si vota, per sottolineare che questo è un elemento non indifferente che ha pesato anche sulla stessa stesura della nostra legge elettorale, perché abbiamo dovuto in qualche modo rabberciare il nostro testo per prevedere un éescamotage nel caso in cui non andasse in vigore il nostro Statuto.
Così come non si capisce bene se il numero dei consiglieri rientra nella potestà statutaria o nella stessa legge elettorale, come è stato con il vecchio sistema elettorale, fino alle elezioni del 2000.
Tutto questo sta influenzando anche questo nostro dibattito e io prendo atto anche di quello che ha detto Ricci. Lui dice che la legge elettorale risente anche degli interessi di parte, ma credo che questo sia inevitabile e sarebbe avvenuto lo stesso problema nel momento in cui avessimo discusso la legge elettorale anche prima delle elezioni, in un tempo più lontano. Io non sono un grande esperto di leggi elettorali, però mi pare di avere capito che, al di là dei vari meccanismi — questo lo dico soprattutto a coloro che nella Commissione per lo Statuto si sono accalorati a fare conti e previsioni — quello che conta nel nostro sistema quello che conta è prendere più voti degli altri. Aldilà delle alchimie della ripartizione dei seggi, c’è un problema di fondo che è quello che bisogna anzitutto prendere i voti.
Ecco perché tutte le alchimie che abbiamo messo in piedi anche nella individuazione del quoziente corretto — e l’abbiamo fatto con il correttore più uno — non sono il massimo della oggettività proporzionalista. E’ un metodo che darà un risultato, ma che probabilmente non otterrà l’obiettivo che qualcuno si proponeva, proprio perché il calcolo dei voti è influenzato direttamente non solo da quanti voti si prendono per le rispettive liste ma non è indifferente quello che prendono anche gli altri.
Ceroni rimprovera molto spesso al centro-sinistra di avere un atteggiamento aggressivo nei riguardi della maggioranza a livello nazionale. Io glielo ribalto quando lui aggredisce la maggioranza a livello regionale, perché nonostante le discussioni che abbiamo fatto in Commissione, noi abbiamo ottenuto un grande risultato che è merito di tutti: quello di avere approvato le regole, sia per quanto riguarda lo Statuto che per quanto riguarda la legge elettorale — e mi riferisco al dato della legge elettorale in Commissione, poi speriamo che si appalesi anche in quest’aula lo stesso atteggiamento — abbiamo lavorato con un grande senso di responsabilità e abbiamo trovato una quadratura che va ad onore del lavoro svolto, ma questo senza denunciare aggressioni o quanto meno trabocchetti. Abbiamo discusso liberamente, siamo approdati ad un risultato con la buona volontà di tutti e Ceroni deve ammettere che, proprio grazie a certe rigidità che si sono manifestate tra i vari componenti della Commissione, se siamo arrivati ad una valutazione positiva è stato anche per quel senso di responsabilità che ha contraddistinto la maggioranza, la quale ha rinunciato a quel gap di consiglieri che si sarebbe ottenuto, magari, lasciando le norme inalterate o riproponendo la questione del “listino” che avrebbe sicuramente diviso maggiormente le forze della maggioranza dalla minoranza. E’ stata una delle osservazioni che Rifondazione proponeva alla minoranza, perché la minoranza ha avuto vantaggio rispetto a questo posizionamento, per cui, Ceroni — non a caso le forze di minoranza questo lo hanno conteggiato — quello che abbiamo realizzato con la nuova legge elettorale è un vantaggio vostro che supera addirittura il mero calcolo matematico che voleva l’attribuzione dei seggi anche tenendo conto delle frazioni più vicine all’unità. Pertanto credo che questa disponibilità sia stata massima da parte della maggioranza, che si appresta a varare una legge — fa carico a voi della minoranza difendere a livello centrale questa legge, perché non si può fare il tiro al piccione su cose serie e realizzate con un largo consenso — che favorisce di più, in termini numerici, la minoranza, attribuendo un seggio in più di prima e non è cosa di poco conto, perché da altre parti, probabilmente, non hanno utilizzato lo stesso criterio e questo lo sapete perfettamente.
A me dispiace solamente che questo elemento del conteggio era diventato discriminante in Commissione, pertanto se non si fosse arrivati a questo risultato la minoranza avrebbe abbandonato l’aula, nel senso che è stato minacciato l’abbandono dell’aula. Ecco perché dico che grande senso di responsabilità ha contraddistinto i componenti della maggioranza della Commissione.
Credo pertanto che si debba sottolineare il risultato politico di fondo, cioè una larghissima condivisione. Do atto anche ai Comunisti italiani, che responsabilmente hanno dato dimostrazione di saper stare n maggioranza, nel senso che, pur non condividendo alcuni aspetti della legge si sono rimessi ad una logica di maggioranza e hanno dato la possibilità di approvare, nella stessa Commissione, il testo dando un voto favorevole. Credo che sia un atteggiamento molto saggio e molto responsabile, cosa che non riscontro, per esempio, in Rifondazione che, non condividendo alcuni aspetti, non vota la legge. Pur non rendendo questo strappo lacerante nella maggioranza stessa, è già la seconda volta, prima sullo Statuto, poi sulla legge elettorale. Io dico che l’atteggiamento dei Comunisti italiani può essere giudicato più responsabile, perché almeno, pur non condividendo, pur esponendo le proprie tesi si sta al gioco della maggioranza, altrimenti la governabilità di questo nostro paese “va a pallino”. Bisogna saper stare in maggioranza esponendo le proprie tesi fino in fondo, magari facendole valere in sedi appropriate di dibattito interno, ma poi la maggioranza deve in qualche modo governare. Questa è la seconda volta che torno su questa tematica e deve essere assolutamente evidenziato, perché credo che questo ragionamento debba essere fatto pure ad alti livelli, come a livello nazionale, non che laddove fa comodo ci si sfila, magari ponendo in crisi la stessa rappresentatività maggioritaria.
Parto da queste valutazioni in positivo per dire che siamo riusciti anche a dare un’interpretazione univoca — credo che sia un dato giuridico rilevante — allo Statuto per quanto riguarda la composizione del Consiglio. La legge elettorale è un elemento di chiarezza di una norma che poteva essere considerata equivoca, nel senso che il Presidente fa parte dei 42 consiglieri. Da questo punto di vista voglio sottolineare che il Consiglio è un organo, il Presidente della Giunta è un altro organo: fa parte del Consiglio ma nello stesso tempo rappresenta tutta la Regione. Se si voleva includerlo nel Consiglio la norma doveva essere espressa, cioè “42 consiglieri compreso il Presidente”. Non vedo perché da qualche parte corre una interpretazione diversa per cui, siccome c’è scritto “42 consiglieri” e il Presidente fa parte del Consiglio, la regola deve essere interpretata in senso inverso. E’ una ragionamento logico che si deve comparare con il testo unico della legge sulle autonomie che funziona allo stesso modo.
Le novità sono state sottolineate: eliminazione del “listino” che era una modalità non apprezzata: probabilmente era una modalità comoda per la realizzazione di certe liste, però non è stato mai un elemento apprezzato del nostro modo di essere: il discorso dell’attribuzione alle province dei consiglieri. Io l’ho detto anche in sede di Commissione: se da una parte pare essere una norma garantista di una rappresentatività di collegio circoscrizionale, pertanto di una rappresentanza territoriale, di fatto ritengo che sia un elemento di eccessiva rigidità. Io l’accetto perché sembra che gli anconetani siano sempre quelli che vogliono mangiare gli altri, invece bisogna farsela finita: gli anconetani non vogliono mangiare nessuno, pertanto noi l’abbiamo accettato, non solo come Luchetti della Margherita, ma anche altri di altre forze politiche lo hanno accettato proprio nello spirito di una collaborazione. Però di fatto, quando si parla di elezioni regionali, il sistema elettorale dovrebbe essere il più rappresentativo della popolazione regionale e non ripartita per province, altrimenti facciamo il federalismo anche a livello regionale, facciamo le elezioni direttamente nei collegi provinciali. In effetti la norma che abbiamo realizzato in termini di legge elettorale non rappresenta la vera composizione del corpo elettorale regionale, ma rappresenta il corpo regionale suddiviso per province. L’abbiamo fatto per quieto vivere, ma non crediate, nonostante io senta molti vendere questa norma — lo stesso amico Ceroni nel Fermano — come una grande norma di democrazia, che sia così. Non è una norma democratica, perché non rappresenta la ripartizione provinciale dei collegi. E’ una norma che travalica l’effettiva rappresentanza proporzionale degli elettori regionali.
A parte questo, la considero una norma che regola in un certo modo la rappresentanza e l’accetto. Dico solo che non dobbiamo venderla come norma eccessivamente garantista, perché questo non sussiste.
Sulla norma transitoria già è stato detto molto, quindi dico solo che la Margherita voterà questo testo, anche se riscontriamo dei limiti, ma spero che sia uno strumento che, una volta utilizzato, se non funzionerà si possa migliorare, ma soprattutto speriamo di metterlo in carreggiata rispetto alla data delle elezioni, perché se non si voterà a tempo debito, tutto questo sforzo sarà stato fatto per i posteri e non per il prossimo Consiglio regionale.

PRESIDENTE. La discussione generale è conclusa. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. L’allegato A non l’abbiamo avuto ieri, quindi mi sono accorto solo questa mattina, che la scheda è sbagliata. E’ possibile fare una riunione per valutarlo? Infatti il Presidente per ogni coalizione comunque è uno, mentre qui ne vedo due.

Dott. Paola SANTONCINI, Segretario del Consiglio. Quel fac-simile simula la presenza di più coalizioni.

Cristina CECCHINI. In ogni caso, sia che la coalizione sia formata da otto partiti che da un partito, il Presidente è sempre uno. I numeri 3, 4, 7, 8 e 9 cosa sono? (Interruzione). Se è così va bene, è una soluzione fantasiosa carina.

Dott. Paola SANTONCINI, Segretario del Consiglio. Anche oggi la normativa attuale dice questo.

Remigio CERONI. Di questo nei lavori della Commissione non si è discusso. Vogliamo capire bene.

PRESIDENTE. Tutto quello che abbiamo da votare lo discuteremo bene, è indubbio.
Il consigliere Cecchini ha chiesto un chiarimento che ha ricevuto. Si è poi aperta una discussione sull’allegato e si è constatato che l’allegato è la trascrizione grafica dell’articolo 16. Prima dell’articolo 16 ci fermeremo, verificando con attenzione.

Roberto GIANNOTTI. No, Presidente. Io già sono abbastanza alterato rispetto ai tempi di consegna del testo della legge. Lei sa meglio di me che ieri mattina stavo per farle una lettera contestandole formalmente la convocazione di oggi, perché alle 11,35 io ancora non avevo in mano il testo della legge e i miei colleghi dovevano presentare proposte emendative. Questa cosa non appartiene alla produzione della Commissione, quindi prima di andare avanti le chiedo di definire lo stralcio, quindi questo si mette da parte, non esiste. Poi si vedrà, nel senso che non credo debba essere specificata questa cosa. Non c’era ieri e non c’è oggi.

PRESIDENTE. La stanchezza a volte può farci prendere qualche abbaglio. L’allegato A è la trascrizione grafica dell’articolo 16. E’ stata data questa interpretazione, dopodiché, prima di approvare l’allegato... (Interruzione). Va bene, sospendiamo la seduta dieci minuti per fare questa verifica. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 17,00,
riprende alle 17,25

PRESIDENTE. Bastava sostituire la parola “quale” con la parola “nel” e adeguare l’allegato conseguentemente. E’ stato prodotto l’emendamento in merito, che sta circolando, in modo che possa essere considerato come emendamento della Commissione.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Emendamento n. 1. Ha la parola il consigliere Procaccini per illustrarlo.

Cesare PROCACCINI. La richiesta di modifica ha due aspetti. Il primo è di ordine istituzionale ed anche giuridico, perché secondo noi la legge elettorale non può variare il numero previsto dallo Statuto. A nostro modo di vedere, se verrà bocciata la nostra proposta la legge sarà impugnata, proprio perché lo Statuto non può essere sovrastato da una legge ordinaria. Il secondo motivo è politico, perché noi riteniamo che già oggi il Presidente con l’elezione diretta è quasi estraneo al Consiglio regionale. Questa modalità lo acclamerebbe al di sopra di tutto e di tutti. Mi pare che un’impostazione di questo tipo faccia diventare il Presidente un dominus. Per questo ritengo sarebbe opportuno evitare una previsione di questo tipo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Sono contrario all’emendamento, anche se comprendo la preoccupazione, perché in effetti si sarebbe potuto lavorare meglio in fase di prima lettura dello Statuto su questo aspetto, anziché rincorrere le interpretazioni. A me sembra che l’interpretazione 42 consiglieri non comprendono il Presidente fra i consiglieri, sia una conseguenza della votazione fatta a luglio allorquando il testo originario dello Statuto prevedeva 40+1+1 e l’aula ha eliminato 40+1+1. Siccome, prima ancora di giungere a questo voto sull’art. 9 l’articolo 7 aveva sancito la partecipazione comunque, a prescindere, del Presidente ai lavori consiliari, mi sembra che l’interpretazione infine scelta dalla Commissione, con qualche tentennamento, sia l’interpretazione più coerente con quanto votato a luglio nello Statuto. Forse nello Statuto si poteva essere più chiari quella volta. Qualcuno ha detto “facciamo una interpretazione autentica se il testo così licenziato a 21 voti, anche ermeneuticamente risolve il problema”. Che si potesse fare bene prima è certo, ma facciamo benino adesso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

Fabrizio GRANDINETTI. Io penso che l’emendamento del collega Procaccini sia apprezzabile. mi asterrò semplicemente per un motivo: perché pure se apprezzabile, perché qui si trovano tutti gli artifizi per aumentare i componenti del Consiglio regionale, in una situazione obiettivamente di difficoltà della Regione Marche sotto l’aspetto del bilancio, siccome ho votato contro i 42 consiglieri, approfitto per unificare il mio intervento e fare dichiarazione di voto anche contro l’articolo 4 che comunque prevede 42 consiglieri con l’artifizio di aumentare il seggio del Presidente, quando nello Statuto già è stato formalizzato che dovrebbero essere 42. Penso che la figura migliore che potevamo fare in una situazione di obiettiva difficoltà, con i cittadini delle Marche, era di rimanere a 40 consiglieri regionali. Mi astengo per questo, pur apprezzando che il collega abbia denunciato questo artifizio per far passare da 42 a 43 i consiglieri. Mi astengo quindi sull’emendamento e voto contro l’articolo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Per un certo aspetto capisco anche le ragioni qui introdotte dal collega Procaccini nell’illustrare l’emendamento, però vorrei ricordare che l’individuazione nella legge elettorale di 42 consiglieri da distribuire nelle circoscrizioni provinciali, più il Presidente eletto è una sintesi che abbiamo raggiunto, prima ancora che nella Commissione per lo Statuto, in Consiglio regionale votando un ordine del giorno in occasione della seconda lettura dello Statuto. Riguardo al fatto che questa interpretazione incorrerebbe in una possibile censura da parte del Governo, comunque in un ricorso per incostituzionalità, penso invece che l’interpretazione che noi abbiamo dato è sostenibile e corretta, laddove diciamo che i consiglieri sono 42 e in un altro articolo, il 7 diciamo che il Presidente è eletto a suffragio universale ed è parte del Consiglio regionale.
Credo che la cosa si possa sostenere, come del resto ci hanno assicurato anche alcuni tecnici che hanno dato un’interpretazione positiva di questa questione, quindi secondo noi l’articolo va così lasciato, senza l’emendamento proposto dal collega Procaccini.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Non voterò l’emendamento del collega Procaccini, però vorrei ricordare a quest’aula perché si è giunti a costruire un articolo che riproducesse i 43 consiglieri. Quello che Franceschetti dice essere una sintesi, in verità è stata una difficile soluzione, perché il 13 ottobre quella sintesi venne bocciata dalla Commissione per lo Statuto, quando sia Sinistra democratica che Destra popolare proponevano quella come soluzione a fronte di un problema che si andava via via delineando ma non era ancora chiaro, secondo il quale la maggioranza avrebbe poi preteso il 62% dei consiglieri. Quindi venne prima bocciato, poi la maggioranza ha chiarito le sue carte, ha detto che voleva il 62% e non una percentuale inferiore, di conseguenza Forza Italia ha interrotto le relazioni dentro la Commissione per lo Statuto e poi, in Consiglio regionale si è fatta questa come sintesi.
Colgo l’occasione per dire che se si fosse votato positivamente il 13 ottobre, oggi voteremmo con la nuova legge e non con il “listino”. Lo dico, dato che ognuno qui parla del senso di responsabilità che ha manifestato e quindi vale la pena ricordare gli atti che abbiamo compiuto insieme, rispetto ai quali tutti sanno come hanno votato nelle diverse fasi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 1.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 4. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Vorrei richiamare l’attenzione del Presidente e dei colleghi su un problema che quest’aula, ora che ha respinto l’emendamento Procaccini si troverà ad affrontare fra venti minuti circa. Noi approviamo l’articolo 4 nell’attuale testo. Il secondo comma prevede che i 42 seggi sono attribuiti tutti nelle circoscrizioni provinciali; specifica una eccezione che è quella del Presidente eletto e non fa alcuna eccezione al Presidente non eletto, il quale invece, viene proclamato consigliere nel testo che voi fra venti minuti presenterete, all’articolo 19, comma sesto, lettera c). Ciò che le chiedo, Presidente, è: una volta stabilito che i 42 vanno eletti nelle Province, potrà poi questo Consiglio votare la norma con questa confliggente, per cui uno dei 42, il candidato Presidente che arriva secondo viene eletto, pur non essendo candidato in nessuna circoscrizione territoriale? C’è un contrasto stridente.
Andiamo a presentare un articolo 19, comma 6, che è incompatibile con l’art. 4. Quindi voto l’articolo 4, ma pongo il problema se il 19, comma sesto, così come formulato, è votabile.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Novelli sa perfettamente che è una norma abbastanza sui generis. E’ stata trovata una formulazione per salvaguardare il ruolo del candidato perdente.
Il fatto che si attribuiscano i 42 consiglieri alle Province e che vengano confermati tutti, è il vincolo che la legge ottiene. Dopodiché se dal collegio unico regionale un consigliere viene appioppato in termini del tutto casuali, non inficia il numero che viene attribuito dalla legge stessa, per cui non credo che ci sia una illegittimità da questo punto di vista. Non è molto opportuna questa norma e il prof. Agosta ci ha sottolineato che non è cosa molto “urbana”, però è un éscamotage che non contravviene all’attribuzione dei consiglieri per circoscrizione provinciale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 4.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 1. Emendamento n. 2 del consigliere Favia, che ha la parola per illustrarlo.

David FAVIA. E’ un suggerimento tecnico, che non ha alcuna valenza politica.
Poiché i censimenti vengono effettuati ogni dieci anni e nell’arco dei dieci anni ci sono possibili grosse modifiche rilevate dall’Istat — per esempio in questo momento ci sono 30.000 abitanti in più nelle Marche rispetto al censimento del 2001 — mi sembrerebbe più corretto utilizzare l’ultima rilevazione Istat disponibile che credo sia affidabile come un censimento. Credo che questo sia più corretto nei confronti dei territori in cui ci sono nuovi residenti, perché si rischia di sballare di molto i conteggi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Credo che questo emendamento non sarebbe nemmeno ammissibile. L’unico rilevamento ufficiale della popolazione italiana è quello del censimento, non esistono altre rilevazioni ufficiali e i dati dell’Istat annuali non sono così affidabili, non certificano la popolazione residente.

PRESIDENTE. L’emendamento viene ritirato, quindi pongo in votazione l’articolo 6.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Emendamento n. 3. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Secondo noi questo articolo rappresenta una forzatura. E’ una grande forzatura che ogni Regione possa indire per proprio conto le elezioni a prescindere da una data generale. Questo va contro una visione del centro-sinistra che cerca di ripristinare il più possibile l’unità istituzionale del paese.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Dichiaro di essere favorevole all’emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Emendamento n. 4 del consigliere Favia. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 5 del consigliere Cecchini, che ha la parola.

Cristina CECCHINI. Tutta la legge è carente rispetto al principio costituzionale dell’articolo 51 e rispetto al comma 7 dell’articolo 117, che prevedono pari opportunità fra uomini e donne nelle cariche elettive. Qui si mette ciò che è previsto già nella legge sulla election day: almeno un terzo di rappresentanza per oggi sesso. Credo che non sia adeguata questa norma e che, così come la Commissione pari opportunità ha segnalato a tutti i partiti, si debba fare propria tale posizione, rispetto alla quale si chiede di prevedere “in misura superiore alla metà dei seggi assegnati alle circoscrizioni”.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Avendo collaborato con la Commissione pari opportunità per la stesura di quel documento, ritengo che sarebbe stato molto più coerente se avessimo avuto la forza, nella maggioranza, di sostenere, accanto alla parità di rappresentanza, anche quella che consentisse la possibilità della elezioni, quindi il meccanismo della doppia preferenza. Questo percorso è stato appena accennato in Commissione, non esistevano le condizioni politiche, ne prendiamo atto, però ritengo che, non solo come testimonianza ma come auspicio per chi verrà dopo di noi, finalmente il mondo della politica e della rappresentanza debbano vedere parimenti rappresentati gli uomini e le donne e concorrere non solo ad essere rappresentati e promossi nel percorso elettorale, ma anche garantita la elezione. Le condizioni politiche non l’hanno permesso, comunque personalmente voterò questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Il mio parere è negativo. Comprendo le ragioni di chi ha proposto l’emendamento. Noi abbiamo trovato una sintesi su questo come su altre questioni fondamentali. Avere messo i due terzi nella rappresentanza di genere, nelle liste credo che sia un punto di sintesi avanzato rispetto a quello che c’è oggi, che trae spunto da altre leggi a livello nazionale, per cui riconfermiamo quanto scritto al comma 6 dell’art. 9 e siamo contro questo emendamento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 5.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 9.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Emendamento n. 6. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Questo emendamento è conseguente all’intervento che ho fatto nella parte generale. Credo che prendere come punto di riferimento, per quanto riguarda la provincia più grande, il numero di firme previsto dalla legge elettorale provinciale, sia una cosa seria, cioè da 350 a 700 elettori, parametrando su questo dato tutte le altre province, in quanto non credo che sia corretto chiedere a province piccole, come saranno quelle di Fermo e di Ascoli Piceno, di dover compiere uno sforzo quale quello previsto da questa legge che pure riduce il numero di firme pazzesco previsto dalla legge attuale. Questo emendamento va anche nel senso di aiutare la partecipazione democratica, cioè quei partiti che sono meno strutturati dal punto di vista organizzativo, ma che comunque potrebbero rappresentare qualcosa in termini di voti.
Penso quindi che sia un emendamento corretto che va nel senso della più ampia partecipazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Sono d’accordo sull’impostazione, poi possiamo rivedere la cosa, perché le province hanno popolazione diversa fra loro. Bisogna riequilibrare il territorio, perché Fermo ha 166.000 abitanti rispetto ai 440.000 di Ancona. Però è importante non solo per il fatto dell’organizzazione che è un problema secondario, ma per la partecipazione, cioè dare la possibilità di avere più liste, più pluralità, più partecipazione, più democrazia. Quindi non bisogna fare, come spesso capita, che qualcuno si presta alle firme o compera le firme, bisogna dare la possibilità di partecipare a chiunque, quindi dobbiamo rivedere questa cosa. Penso che 250 firme sia un fatto corretto, perché all’ultimo momento capita che quel partito dica “mi presti le firme?”. Non facciamoci imbrogliare, dobbiamo essere seri, dando la possibilità a tutti di partecipare. E’ una competizione elettorale democratica, però 130 firme nemmeno per un Comune vanno bene. Comunque, a livello personale voto favorevolmente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Mi asterrò sull’emendamento del collega Favia, che pure condivido, non perché non mi sembra giusto contenere il numero delle firme, quanto perché vorrei richiamare l’attenzione del Consiglio su un problema. Tante firme o poche firme, in una legge a regime, se ne può parlare. In questa legge prevediamo al comma 3 di questo stesso articolo 10 che le firme possano essere raccolte in 60 giorni, non più in sei mesi. Richiamo l’attenzione del Consiglio sul fatto che alle elezioni che svolgeremo nel 2005 i giorni utili per la raccolta delle firme non saranno né 180 né 60 ma una quindicina, perché l’elemento di incertezza sul numero dei consiglieri, quindi sulla composizione delle liste che stiamo per introdurre, ovviamente inibisce la raccolta delle firme sino a quando non ci sarà la decorrenza dei termini per l’impugnazione di questa legge.
Per questo motivo credo che sia assolutamente importante ricondurre a ragionevolezza il numero di firme in norma transitoria, tenendo presente che questa volta ai nostri concittadini stiamo dando un terzo del tempo utile, quindi se non si riesce a fare lo sforzo di articolare su tre fasce le firme della norma a regime, ritengo che sia assolutamente doveroso farlo nella norma transitoria.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. C’è un emendamento 21 di Favia che ripropone la stessa questione delle norme transitorie. Quindi io voterò l’emendamento di Favia. Non ho presentato un emendamento sulle firme perché, per il tipo di sintesi che ha fattola Commissione per lo Statuto non mi sembrava opportuno presentare la proposta di riduzione delle firme, perché credo che le questioni le risolve la politica, quindi quando uno si mette in gioco raccoglie anche le firme che servono. Però mi sembra un emendamento di buon senso e come tale lo voto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Anche su questo punto si è discusso in Commissione e alla fine è stata trovata questa sintesi che rispetto alla situazione attuale abbassa di molto il numero delle firme da accogliere e tra l’altro introduce un meccanismo anche più giusto. Rispetto alla situazione attuale c’è stato un forte abbassamento del numero di firme da accogliere. Tra l’altro è stato introdotto anche un elemento di maggiore equità fra le diverse province, perché oggi sono tutte poste sullo stesso piano, quindi tutte le province, siccome sono ricomprese entro i 250.000 abitanti, dovevano raccogliere da 1.000 a 2.000 firme. Oggi è stata fatta una differenziazione tenendo conto del fatto che ci sono due province molto più piccole delle altre dal punto di vista numerico, quindi è stata fatta una prima e una seconda fascia, dopodiché io sono per rimanere a questa sintesi trovata dalla Commissione, se però qui c’è un accordo di tutte le forze — Forza Italia per bocca di Brini dice “noi siamo d’accordo con l’emendamento di Procaccini — sono pronto a rivedere anche la cosa. In Commissione c’era chi voleva innalzare questo numero, in modo particolare le forze del centro-destra e chi voleva ridurlo abbondantemente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Noi voteremo l’emendamento di Favia, perché anche il nostro gruppo ne ha presentati altri analoghi. Vorrei ricordare al presidente del gruppo dei Ds che la sintesi registrata nella Commissione per lo Statuto è un fatto non disprezzabile, perché ha realizzato una unità possibile della maggioranza che lì si è espressa, però il Consiglio regionale dovrebbe essere sovrano rispetto alla Commissione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 6.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 9. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. E’ un modestissimo suggerimento tecnico. Credo che sarebbe opportuno dare la possibilità al cittadino che sottoscrive una lista provinciale, di sapere con quale candidato Presidente è collegata quella lista provinciale. Credo che sia stata una nostra dimenticanza durante i lavori in Commissione, perché così come formulato, l’articolo, il cittadino va a sottoscrivere la lista del partito per il quale simpatizza, affidandogli sostanzialmente una delega in bianco, non c’è scritto, nel modulo, nemmeno per quale Presidente quel partito voterà. Credo quindi che sarebbe opportuna un minimo di trasparenza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 9 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 10. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Avevo chiesto la parola quando si è conclusa la votazione per l’articolo 7, poi in questa ansia di fare in fretta lei non me l’ha data Presidente, e io pazientemente ho aspettato che dopo qualche articolo me la desse.
Al di là delle battute, stiamo votando una legge importante “alla garibaldina”. Io la ritengo un po’ pasticciata, però vedo che siete tutti animati da uno spirito positivo e non vorrei incrinare questa vostra fiducia. Ho grossi dubbi in proposito. Per quanto riguarda la votazione dell’articolo 7 avrei maturato una certezza e non dei dubbi, cioé che erano superiori i contrari rispetto ai favorevoli. Siccome il Consiglio regionale non è ancora un organo monocratico, signor Presidente le chiedo che la votazione sull’articolo 7 sia ripetuta, perché io ero qui e la minoranza era compattamente contraria contro i 6-7 rappresentanti della maggioranza. Se vogliamo votare questa legge in maniera seria bisogna contare.

PRESIDENTE. L’articolo 7 è già stato votato, stiamo votando l’articolo 10. In aula esistono due consiglieri segretari i quali hanno la possibilità di contare ed eccepire qualora avvenga una cosa difforme da quanto accade.
Pongo in votazione l’articolo 10.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 18. Emendamento n. 10. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. La proposta di modifica è chiara. Noi intendiamo una minima possibilità di sbarramento solo all’interno della coalizione, perché già il sistema bipolare implica una selezione, per cui non c’è alcuna ragionevolezza per andare oltre una previsione di sbarramento di coalizione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 10.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 12. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Abbiamo appena respinto la clausola di sbarramento al 3%. La proposta che qui viene fata è quella che era contenuta nella proposta di legge da noi depositata, cioè il 2% dei voti validi per i gruppi di liste provinciali, a meno che non si superi il 4% dei voti validi. Colgo l’occasione per fare un ragionamento un po’ più ampio che non sia il mero dato numerico. Credo che su questa norma, che vede un minimo di disattenzione dell’aula, si giochi molto del destino non solo dei partiti minori ma anche di una concezione della democrazia. Vorrei dire a socialisti, Rifondazione e anche all’Udc, ai Verdi, al Pdci, che una norma di questo genere, che ovviamente servirà per il prossimo futuro, non per adesso, chiama la possibilità per i singoli partiti, di poter essere liberi e non condizionati dalla coalizione. Non riguarda solo chi vorrebbe e potrebbe fare un terzo o quarto polo ma riguarda proprio la possibilità dei singoli partiti di dichiararsi liberi da schieramenti che potrebbero essere troppo ingombranti. La questione non è contingente, quindi.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 12.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo n. 18.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 14. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Mi permetto di far riflettere l’aula. In questa legge non c’è la soglia minima. Abbiamo parlato delle clausole di sbarramento per le coalizioni che devono raggiungere il 3 o il 5% ma non c’è la soglia minima per la coalizione vincente. Non è una dimenticanza da poco. La legge della Toscana non si è dimenticata di questo, dice che il premio di maggioranza scatta se la coalizione che vince consegue più del 45% dei voti. Qui che cosa proponete? Qui la differenza è insanabile, mentre il resto sono tecniche di legge. In questa vostra legge voi andate oltre la “legge Scelba” la quale prevedeva il 51% per avere il 66%? Voi prendete il 62% senza avere la soglia neanche del 40%. Questo è un punto gravissimo dal punto di vista della costituzione materiale di questa legge. Non so se anche qui il “buon” Franceschetti dirà che è la sintesi o se, per orientarsi, andrà dall’amico Ceroni e fare di nuovo una sintesi. Questo è un punto vergognoso della legge. Vi avevo portato — ma non ve lo leggo per non farvi vergognare — ciò che Palmiro Togliatti diceva in Parlamento. Voi state facendo una norma che è ben altro di quello che la “legge Scelba” prevedeva nel 1952. Questo è un punto politico decisivo, rispetto al quale la differenza di una legge che diventa liberticida oppure no, si definisce.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Vorrei dire al consigliere Cecchini, che è rimasta un po’ arretrata nei tempi. La “legge Scelba” oggi sarebbe una legge ultra democratica rispetto alle leggi elettorali in vigore, basti pensare che la legge per le elezioni politiche prevede il 75% di maggioritario a collegio uninominale, quindi la “legge Scelba” verrebbe additata oggi dai rappresentanti di Forza Italia e di parte del centro-sinistra come una legge di frammentazione politica.
Noi siamo d’accordo con questo emendamento perché la legge prevede da un lato, con gli emendamenti respinti e l’articolo approvato precedentemente, una coercizione alla coalizione da parte delle liste minori. Con l’articolo 18 bis invece, dall’altra parte si svincolano le forze e le coalizioni maggiori dalla necessità di fare un’alleanza con i partiti minori, perché è evidente che, non mettendo un limite, la possibilità di ottenere il premio di maggioranza con qualsiasi percentuale rafforza il potere di coalizione pre-elettorale delle forze maggiori, sempre ragionando ipoteticamente, non facendo riferimento alla situazione attuale, oggi, ma ragionando in astratto, quindi in termini di principi generali.
Per questo ritengo che forse sarebbe più corretto mettere anche una percentuale minima per vedersi assegnato il premio di maggioranza nella logica di una maggiore rappresentatività del Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Il mio voto è favorevole, perché se effettivamente la “legge Scelba” venne definita “legge truffa” per far scattare il premio del 60% al 50% più uno, mutatis mutandis questa è una “legge truffona” perché fa scattare il premio sempre al 60% anche con il 34, il 26% dei voti in certe condizioni. Non è speranza di nessuno che ci sia un Presidente eletto senza maggioranza, però andare a un meccanismo per cui, come nel Consiglio comunale di Roccacannuccia, la maggioranza assoluta di un corpo legislativo dipenda da una sola persona, è oggettivamente mortificante per la dignità di quel corpo legislativo. Se poi l’opinione della maggioranza è che questo Consiglio regionale debba essere retrocesso a un grande Consiglio comunale, potrebbe anche avere qualche fondamento questa mortificazione, però mi sembra un po’ irriguardosa, per cui voto favorevolmente l’emendamento e mi sembra che l’art. 19 sia veramente l’articolo chiave di questa “legge truffona” che state confezionando.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Citare Togliatti in una discussione di questo tipo mi sembra un po’ azzardato, tuttavia penso che la discussione sul punto meriti una riflessione, perché in effetti c’è la necessità di limitare il più possibile il fatto che attraverso un voto in più si possa avere una maggioranza esorbitante nelle Assemblee elettive. E’ per questa riflessione che non abbiamo tempo di sviluppare, che noi voteremo a favore.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 14.

Il Consiglio non approva

Articolo 19. Emendamento n. 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 17. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. L’emendamento n. 15 così come il n. 17 intendevano definire meglio i meccanismi elettorali per quanto riguarda il riparto dei seggi. A noi sembrava e sembra che la procedura elettorale indicata, cioè il proporzionale corretto più uno non sia adeguata a leggere in maniera puntuale la consistenza delle singole liste, soprattutto il voto popolare. Per questo insistiamo nel proporre una correzione a due rispetto a uno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 19.

Il Consiglio approva

Articolo 20. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 21. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 22. Emendamento n. 18. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 22 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 23. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 24. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 19. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Vorrei che l’aula valutasse questo emendamento, perché riguarda il contributo alle spese elettorali, quindi il destino di 1.300.000 euro annuali che la Camera dei deputati dà ai partiti. Per come sono scritte le leggi 43 e 108 i finanziamenti vanno ai partiti e non alle coalizioni. Noi stiamo costruendo una legge con la quale va alle coalizioni. Si può decidere che i finanziamenti restino a Roma se non si vogliono gestire ad Ancona, ma si è creato un meccanismo di difficoltà all’applicazione della legge 43 per la parte che riguarda la Regione Marche.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Articolo 25. Subemendamento n. 020. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Siamo assolutamente contrari ad affidare al Presidente la potestà di convocare e fissare la data delle elezioni. Una cosa del genere sarebbe pesantissima anche per gli effetti che avrebbe sul piano della partecipazione elettorale. Pensare di fare elezioni regionali in una data diversa dal resto del paese, fuori dal messaggio mediatico che comunque accompagna le elezioni, vuol dire favorire la diserzione alle urne, oltre che sancire il principio di una “devoluzione su misura” su una materia che non ha bisogno di divisioni.
Il subemendamento è stato presentato da me e Ceroni, perché eravamo incorsi in un errore nella lettura dell’articolo e non ci eravamo accorti che il secondo comma riguarda le cinque circoscrizioni. Siccome siamo favorevoli alle cinque circoscrizioni, l’emendamento deve intendersi nella proposta di depennare la parte relativa alla facoltà del Presidente di fissare la data delle elezioni regionali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Credo che in un’ottica federalista nella quale ci siamo ormai avviati dal 2001, dovremo abituarci a situazioni in cui i presidenti delle Regioni indiranno elezioni in periodi diversi l’uno dall’altro. Non mi scandalizzerei di questo. Nella situazione attuale però, credo che non ci siano le condizioni pratiche, concrete. Come fa il Presidente a organizzare, indire e gestire elezioni senza avere strutture? Non lo può fare e comunque il Presidente non potrà convocare elezioni in un periodo successivo alla scadenza naturale di questo nostro mandato che l’avv. Favia mi dice essere il 16 aprile 2005. Non credo che questa possibilità, oggi abbia un senso. Sicuramente potrà averlo nel futuro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Ribadisco quanto già ampiamente illustrato nell’intervento iniziale. Io ritengo che persino quando vi sarà la legge elettorale a regime non sarà ammissibile una norma che preveda l’indizione autonoma delle elezioni regionali da parte del Presidente della Regione, perché a mio avviso contrasta con l’art. 122 della Costituzione, laddove si dice che è la legge della Repubblica che fissa la scadenza degli organi elettivi e poiché la data di indizione delle elezioni porta con sé la scadenza dei Consigli regionali, ritengo che anche a regime una norma di questo tipo contrasta con l’art. 122. Riconosco che, a regime, è comunque soggetta ad interpretazioni. Sono assolutamente certo che per quanto riguardata la norma transitoria, il punto b) del comma 4 dell’art. 25 è incostituzionale, perché interviene su una legge statale che mantiene la sua vigenza e consente al Presidente della Regione di prorogare la validità del Consiglio regionale di sei settimane, quindi prolunga la scadenza del Consiglio regionale. Non solo contrasta con l’art. 122 della Costituzione, che dice che è la legge della Repubblica che fissa, ma siccome la legge su cui interviene transitoriamente è una legge nazionale, introduce un principio che va in contrasto con la legge stessa che mantiene tutta la sua vigenza. Ritengo quindi che sarebbe di buon senso cancellare questa norma, anche perché ritengo che non serva neanche dal punto di vista politico. Sono fortemente politico che non serva una norma di questo tipo, anzi può provocare un effetto controproducente, perché, come ricordava il consigliere Viventi, accanto agli aspetti di ordine giuridico-costituzionale ci sono anche aspetti amministrativi, pratici riguardanti le competenze, che possono ingenerare forti obiezioni e richieste di impugnativa rispetto alla legge in vigore, perché se è valida questa legge, la Regione si arroga il potere di indire le elezioni quando e come vuole all’interno delle date che essa fissa e si arroga il potere di utilizzare le strutture dello Stato senza un accordo preventivo per far svolgere le elezioni. Dubito che questo sia possibile, anzi credo che questo comporterà dal basso, a livello delle strutture periferiche dello Stato, una reazione contraria ad una imposizione che sembra del tutto illegittima. Spero che prevalga il buon senso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. E’ evidente che questo passaggio serve a mantenere le scadenze cronologiche, non può rappresentare la forzatura per modificare la data delle elezioni. Ho visto l’ordine del giorno che precisa con chiarezza “considerato tuttavia opportuno che le elezioni regionali 2005 debbono svolgersi in una data unica per le Regioni e possibilmente per gli stessi enti locali — legge della vecchia maggioranza di centro-sinistra; che secondo me è giusta e va confermata, perché non ci può essere una votazione ogni mese o addirittura una scacchiera di votazioni — impegna il Presidente della Giunta regionale ad assumere tutte le iniziative necessarie per concordare con i competenti organi dello Stato e delle Regioni un’unica data per le elezioni regionali amministrative 2005, che corrisponda alle esigenze proprie delle riforme istituzionali in corso e in ogni caso non indire le elezioni regionali in una data diversa da quella della generalità delle Regioni”. A me sembra sufficientemente chiaro. Mi sento di dire che è un impegno reciproco, di maggioranza e opposizione. Se il Presidente prende questo impegno e il Consiglio vota l’ordine del giorno, mi sento di lasciare questa norma che apparentemente è una sfasatura e che consentirebbe alla Regione Marche di votare un mese dopo, due mesi dopo, ma di fatto questo è difficilmente possibile, sia per le cose che diceva Ricci... (Interruzione). E’ utile perché ci consente di far entrare in vigore la legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Vorrei fare una considerazione prima di carattere più generale, che ho cercato di fare anche nella relazione di qualche ora fa, nel senso che se è vero come è vero che la competenza in materia elettorale per quanto riguarda le elezioni regionali, attraverso la modifica dell’art. 122 della Costituzione è passata in capo alle Regioni, stento a credere che questa competenza sia passata interamente alle Regioni, però la data delle elezioni la decide qualcun altro. Secondo me questa è una contraddizione. La competenza delle elezioni comunali e provinciali è del Governo, quella per la materia elettorale regionale è passata alla Regioni, tanto è vero che la Regione Abruzzo ha fatto una legge elettorale, pur non avendo fatto ancora il nuovo Statuto, in cui prevede all’art. 3 “Le elezioni sono indette entro tre mesi con decreto emanato dal Presidente della Giunta regionale”. Rispetto a questo, come su altri punti di questa legge, il Governo ha frapposto ricorso alla Corte costituzionale la quale, su questo punto non ha dato ragione al Governo. Però non voglio entrare nel merito tecnico-giuridico, mi pare che politicamente è assurdo che la competenza tutta sia delle Regioni tranne che il potere di indire le elezioni. Di questo noi parliamo nella norma transitoria, cioè il Presidente della Giunta ha la competenza di fare il decreto di indizione, ma per tutto quello che riguarda l’aspetto organizzativo rimane in vigore la 108.
Detto questo vorrei riprendere le cose che diceva Ciccioli. Io non penso assolutamente che sia cosa giusta che ogni Regione vada al voto in domeniche differenti, sarebbe un caos incredibile. Il problema che oggi si pone è quello di fare in modo che il Governo concordi con le Regioni una data per le elezioni regionali, ancora di più se dovranno essere abbinate alle elezioni amministrativa la cui competenza rimane interamente in capo al Governo. Quindi il mantenimento di questo punto nella norma transitoria ha lo scopo di fare in modo che ci sia, tra Governo e Regioni, un colloquio per concordare insieme una data.
La proposta che faceva Ciccioli di ordine del giorno che impegna il Presidente della Giunta a fare tutto quello che è possibile e lavorare per concordare insieme agli altri presidenti delle Giunte e al Governo una data che vada bene a tutti, garantisce dal punto di vista politico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Franceschetti, si vota anche a livello amministrativo, nelle Marche. Quindi concordi anche con il Comune di Macerata? E’ una forzatura che non sta né in cielo né in terra, perché la data delle amministrative viene decisa a livello nazionale. Se le fanno il 30 aprile noi le facciamo a maggio, un mese dopo? Oppure volete far bocciare la legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Mi voglio ricondurre a quanto diceva Ricci. E’ tanto vero quello che diceva Ricci circa il profilo di illegittimità, che mi fa pensare che forzare la mano in questa maniera possa preludere proprio a un’impugnazione tale per cui noi che vorremmo preservare la legge elettorale rischiamo di affossarla. La Corte costituzionale su un principio del genere si è già espressa in riferimento al condono edilizio, quando ebbe a stabilire come principio, che l’utilizzo di una norma sostanziale in aperto contrasto o comunque ispirata dalla volontà di confliggere con quella nazionale, è di per sé motivo di incostituzionalità. Non è un’ipotesi tanto dissimile. La Corte costituzionale ha sancito che il contrasto con la norma nazionale preordinato per conseguire finalità diverse da quelle che sono proprie della norma, è già di per sé motivo di possibile censura costituzionale. Ecco perché credo che chi vuol bene a questo nuovo articolato deve rifletterci bene perché potrebbe aprire la strada proprio alla sua vanificazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Modesti.

Cataldo MODESTI. Vorrei evidenziare che in realtà questo comma non è alternativo o sostitutivo o comunque non impedisce di coordinare, come è doveroso fare, la data delle elezioni con il Governo in modo che vi sia una data unica per tutti i livelli; in ogni caso per le Regioni sarebbe auspicabile persino con le prossime elezioni amministrative. Quindi è una facoltà, non è che qualcuno abbia fatto una scelta preventiva di differenziarsi comunque.
Per quanto riguarda la durata non vedo dubbi di natura costituzionale, perché questa norma non va ad implicare la durata del mandato. La durata del mandato è fissata in cinque anni per tutti gli altri livelli — Parlamento, Consigli comunali e provinciali — e tuttavia per ogni legge di questi livelli le date sono variabili: quelle del Parlamento addirittura con norma costituzionale si tengono dopo la scadenza del mandato entro i 60 giorni, quelle dei Consigli comunali si tengono tra il 15 aprile e il 15 giugno, quelle delle Regioni con la legge statale vigente si tengono addirittura precedentemente alla scadenza, quindi la legislatura, addirittura, si accorcia di qualche giorno di volta in volta. Quindi la flessibilità di cui si sta discutendo, di qualche settimana, entra pienamente anche all’interno del pronunciamento della Corte costituzionale relativamente alle leggi elettorali di altre Regioni, che ha statuito che le Regioni hanno la possibilità di introdurre piccoli correttivi o adeguamenti alla legge dello Stato, in attesa dell’entrata in vigore degli statuti. Io ritengo che una flessibilità di qualche settimana è perfettamente coerente con le altre leggi, sia ordinarie sia costituzionali ed è perfettamente coerente con il pronunciamiento della Corte costituzionale, quindi dal punto di vista della legittimità non ho dubbi. L’opportunità è altra cosa, ma mi pare che qui tutti convengano che dal punto di vista dell’opportunità è auspicabile, anche in coerenza con l’ordine del giorno, che si stabilisca una data unica per tutta l’Italia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Per esprimere in maniera molto più brutale quanto ho cercato di dire implicitamente, che cosa accade se entra in vigore questa norma? Che il Presidente della Regione deve ordinare ai prefetti — non è la Regione a gestire le elezioni — di mettere in piedi tutti i meccanismi per la gestione delle elezioni. Quindi la Regione dà un ordine, di fatto, a strutture non sue, dello Stato di attivarsi. Anche se la data coincide si entra in un conflitto di potere, di competenze. A regime posso capire che ci sia un’interpretazione, ma sulla norma transitoria, quando le elezioni non le gestiamo noi, mi sembra fuori discussione. Se si insiste vuol dire che non si vuol portare a casa nulla di questa legge.

Carlo CICCIOLI. Si può avere una interpretazione da parte del segretario del Consiglio?

PRESIDENTE. Ha la parola la dott.ssa Santoncini.

Dott. Paola SANTONCINI, Segretario del Consiglio. Questa norma in qualche modo ricalca una norma della legge dell’Abruzzo che è vigente, la quale attribuisce al Presidente della Giunta il potere di indire le elezioni. Questa norma è stata sindacata dalla Corte, la quale ha ritenuto che sia legittima, ancor prima dell’entrata in vigore dello statuto. E’ vero che l’Abruzzo aveva disciplinato complessivamente le procedure elettorali. Ma non si può dire che una norma che disciplina completamente il procedimento elettorale sia per questo legittima e una norma che disciplina a stralcio una parte del procedimento elettorale non lo sia, perché anche sul discorso della legittimità delle modifiche a stralcio abbiamo una sentenza della Corte che ha giudicato la deliberazione statutaria a stralcio sui parlamenti e ha detto che era legittimo intervenire a stralcio, cioè che non occorre che l’esercizio della potestà legislativa sia fatto organicamente su tutta la materia.
Quindi la Corte ha distinto tra durata dell’organo dalla data delle elezioni. La data delle elezioni è una norma che attiene al procedimento elettorale e che quindi è pienamente nella competenza delle Regioni, ai sensi dell’art. 122 della Costituzione.
La data delle elezioni — la Corte ha avuto modo di esprimersi sulla legge della Regione Lazio — può essere fissata entro un termine congruo e qui la Corte è entrata nel merito, perché ha giudicato il termine fissato dalla legge dell’Abruzzo. L’Abruzzo ha stabilito che le elezioni potevano essere indette entro sei mesi, senza chiarire il termine a quo, ma il termine a quo era quattro settimane prima o la data della scadenza. Ha ritenuto che il termine di tre mesi fosse congruo, perché tutto sommato simile a quello previsto per la Camera dei deputati, che ai sensi di una norma costituzionale può essere fissato entro 70 giorni dopo la scadenza del mandato e ha chiarito che un conto è fissare la durata dell’organo e un conto dire concretamente quando avvengono le elezioni. Ho però fatto presente da un punto di vista meramente tecnico ai consiglieri che me l’hanno chiesto, che questa norma è utile non solo e non tanto come strumento di pressione nei confronti del Governo per la fissazione di una data utile per le elezioni. Noi avevamo previsto nel testo legislativo due-tre norme che servivano per assicurare l’applicazione del nuovo sistema elettorale in tempo utile per date che si collocassero attorno ai primi di maggio. Presupponendo che la data delle elezioni sia quella dell’8 maggio, questa norma collocata nella transitorietà, quindi applicabile ancor prima dell’entrata in vigore del nuovo Statuto, permette di indire le elezioni con le stesse modalità della normativa a regime, anche nella fase di vacatio legis dello Statuto. Siccome, purtroppo, per un errore tecnico di cui ci assumiamo tutti la responsabilità, non abbiamo messo la clausola d’urgenza per l’entrata in vigore dello Statuto, quindi perdiamo quindici giorni, collocando una normativa come questa nella transitorietà che, per espressa dizione, può essere applicata anche prima dell’entrata in vigore dello Statuto, consentiamo alla Regione di adottare il primo atto del procedimento elettorale nelle medesime forme previste nella normativa a regime e poi proseguire, una volta che entra in vigore lo Statuto, con le altre norme dei titoli I, II e III. Quindi è una norma che consentirebbe di cominciare il procedimento elettorale in una fase nella quale non è ancora entrato in vigore lo Statuto, però magari è stato promulgato e pubblicato, consentendo di sbloccare la situazione per questa evenienza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione, per appello nominale, a nome dei consiglieri Giannotti, Trenta e Brini, il subemendamento 020.
Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. Vorrei capire se c’è bisogno di un minuto di sospensione, perché abbiamo lavorato per “portare a casa” la legge, quindi non ho ben capito qual è l’atteggiamento politico che intende assumere Forza Italia. Non vorrei che, dopo essere stati qui tutto il giorno, per un qualche motivo non si arrivasse a conclusione.

PRESIDENTE. Mi pare che non vi sia questa disponibilità, quindi procediamo con la votazione.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini no
Amagliani sì
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini sì
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli astenuto
Comi no
D’Ambrosio no
D’Angelo astenuto
Donati assente
Favia no
Franceschetti no
Gasperi assente
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni sì
Massi assente
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli assente
Pistarelli assente
Procaccini sì
Ricci sì
Rocchi assente
Romagnoli astenuto
Secchiaroli assente
Spacca assente
Tontini no
Trenta sì
Viventi astenuto

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 20. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 21. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Vale l’intervento che ho fatto prima. Se si applicasse la disciplina transitoria sarebbe ancor di meno il tempo per poter raccogliere le firme.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 21.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 22. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 23. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 24. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 25. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Con questa proposta si voleva richiamare la differenza rispetto alla presenza femminile. Nel nuovo testo della legge c’è una specificazione, viene introdotto il principio di una rappresentanza certa. Nella norma transitoria questa rappresentanza viene molto limitata. L’emendamento intende riportare ad equilibrio questa previsione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Volevo una spiegazione da Giannotti. I due emendamenti non sono sostituibili, perché la previsione che lui fa riguarda solo la lista provinciale, mentre il comma e) che lui vuol sostituire ha una previsione anche per la lista regionale. Eventualmente subemendo, eventualmente, dicendo “in ogni lista provinciale regionale nessuno dei due sessi...”, mentre il resto rimane.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 26. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 27. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 28. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 29. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 25.

Il Consiglio approva

Articolo 26. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico. E’ stato fatto un emendamento che ha modificato l’allegato e la scheda. Diamo quindi mandato al coordinamento di adeguare tutto quello che è da adeguare a quel cambiamento relativo al contrassegno della coalizione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Annuncio il voto di astensione dell’Udc su questa legge che noi riteniamo essere abbastanza confusa in diverse sue parti. Abbiamo visto che è nata, all’inizio, anche con tentativi di accordo tra la maggioranza, con la disponibilità degli amici di Forza Italia che hanno votato lo Statuto mentre noi e An abbiamo votato contro, poi strada facendo abbiamo cercato di recuperare un po’ di raziocinio politico, ma credo che ci siamo riusciti solo in parte. Al di là delle valutazioni che rispettiamo, dei singoli gruppi, noi riteniamo comunque che ci sia un valore preminente anche delle coalizioni, per cui ci dovrebbe essere un minimo di raccordo e di sintesi sulle posizioni. Se così non avverrà, evidentemente significa che gli interessi di parte prendono il sopravvento rispetto alla gestione politica corretta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Una breve dichiarazione di voto per ribadire che, in effetti, la modalità seguita per questa discussione è stata frettolosa, fatta alla fine della legislatura. In tempi non sospetti noi avevamo segnalato questa anomali a ed è per questo che, per coerenza, allora da soli avevamo detto che non era opportuno cambiare la legge. Tuttavia abbiamo dovuto prendere atto della volontà maggioritaria di volerla cambiare ed è per questo che abbiamo agito per una proposta seria, la più seria che potesse uscire da una discussione anomala, sbagliata, quella di una legge che fosse il più possibile proporzionale.
Il testo poteva essere migliorato, rappresenta oggi questa sintesi. Quello che a noi interessa non è la tecnica — penso che ci abbiate messo del proprio per peggiorare la legge anche negli aspetti tecnici — ma il proporzionale, che aveva ed ha una valenza per l’oggi e per il domani.
La posizione dei Comunisti italiani è stata lineare su questa vicenda, una posizione politica lucida sulla necessità di prevedere una legge proporzionale, più diffusa possibile. Una posizione strategica, non tattica, perché per noi l’art. 19, quoziente naturale proporzionale, con un minimo di correttivo rappresenta il cuore della legge ed è un punto sempre valido, al di là degli aspetti tecnici, che guarda alla prospettiva, è lungimirante, perché il proporzionale è sempre valido. E’ per questo che voteremo a favore della legge.
Se mai la posizione tattica è di chi prima ha sottoscritto atti impegnativi in Commissione e in Consiglio insieme a Ds, Margherita e Forza Italia per cambiare a tutti i costi la legge, perché voleva una legge meno proporzionale dell’attuale proposta ed oggi cambia idea perché si accorge che siamo alla fine della legislatura. Ma questo si sapeva da tempo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Cecchini.

Cristina CECCHINI. Questa proposta di legge rappresenta un passo negativo per questo nostro fine legislatura. Ribadisco quanto detto nella relazione di minoranza: sono state violate norme costituzionali — articolo 1, articolo 3, articolo 49, articolo 51, articolo 117 della Costituzione — e su questo credo che la maggioranza di centro-sinistra ha acquisito una buona compagnia, perché da come si vanno delineando le posizioni credo che non mancherà il sostegno di Forza Italia e di Alleanza nazionale, però nonostante tutto questa rimane una cattiva legge.
Vorrei leggere alcune cose dette in Parlamento rispetto alla discussione della “legge Acerbo”: “Se la maggioranza sposta per artificio una norma vi è menzogna; se la minoranza è preliminarmente fuori combattimento vi è oppressione”. Noi siamo di fronte a una legge che tenta di fare questo. Non so in che misura ci potrà riuscire, ma non c’è dubbio che ciò che si è costruito è una norma che tenta di semplificare la vita politica della nostra Regione.
Vorrei da ultimo rispondere al ragionamento che faceva Giannotti relativamente alle questioni del patto democratico. Giannotti diceva che “è utopistico il terzo polo, per vincere le battaglie non ci si può chiedere la presidenza”, appellandosi alla responsabilità.
Vorrei rispondergli dicendo che se questo pretto ha insieme dei contenuti, ci si può anche mettere attorno al tavolo, ma credo che questo tuo modo di proporre alleanze, collega Giannotti, porta a dire “venite assieme alla Casa delle libertà”, come se si potesse cambiare posizione politica di fronte a una storia, o tante storie, perché il Patto è formato da storie politiche molto diverse, quindi fare la sintesi è difficile per me.
Se si fa un ragionamento secondo il quale le forze che si sono opposte al governo D’Ambrosio, rispetto al quale Spacca è la comoda continuità e soluzione, checché ne dicano Galeazzi o Sturani — Spacca rappresenta benissimo la continuità della esperienza di D’Ambrosio — se contro questa esperienza si vuol misurare un ragionamento che però non è politico o politicista ma che parla direttamente ai gruppi economici a cui oggi rispondono i Democratici di sinistra e la Margherita, se si vuol cambiare questo gruppo di potere che ha messo le mani sulla regione nei suoi interessi economici profondi, allora è un ragionamento non di chi arriva alla Casa delle libertà o cambia sesso o storia politica, è un ragionamento che vede insieme forze politiche diverse nessuna delle quali chiede all’altra di cambiare collocazione. Io non mi permetterei mai di chiedere alla Casa delle libertà di sostenere il Patto democratico, come se uno cambiasse connotazione. Se il ragionamento è “il governo D’Ambrosio è negativo per le Marche, gli interessi economici che ha difeso e rappresentato sono interessi economici di un certo tipo”, allora questo è un ragionamento politico. Per il resto non ci sono questioni che riguardano altro e questa legge elettorale è invece un cattivo modo di fare gli accordi. Si tratta di capire di cosa stiamo discutendo. Oggi discutiamo della legge elettorale che vede un cattivo accordo, pensando che il ricatto dei numeri e dei voti sia l’argomento sul quale potersi mettere insieme. Su questo noi non ci metteremo mai insieme, perché non subiamo il ricatto dei numeri. Se lo devo dire in italiano lo posso anche dire: stare dentro una coalizione significa pagare un consigliere regionale da 7.000 a 10.000 voti. Il Patto democratico, per la legge che avete costruito dovrà pagare 27.000 o 45.000 voti per eleggere due consiglieri e superare la soglia. Quindi non è un accordo sul potere, perché a questo rispondiamo compattamente di no. Se l’accordo è sul programma, sugli interessi nuovi che dovrebbero governare le Marche rispetto a quelli che D’Ambrosio garantisce e Spacca garantisce nello stesso, identico modo, allora ci si può sedere attorno a un tavolo e ragionare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Andrea RICCI. Le contrarietà di Rifondazione comunista le avevo già espresse all’inizio nel corso del dibattito. Vorrei invece cogliere l’occasione per esprimere una preoccupazione e rivolgere un appello al Presidente della Regione. Nella interpretazione che ho ascoltato della dott.ssa Santoncini in merito alle motivazioni della necessità della norma relativa alla indizione della elezione, se ho ben compreso si sviluppava un ragionamento di questo tipo: questa norma ci consente di indire le elezioni con la vecchia legge autonomamente, come Regione, nel frattempo entra in vigore lo Statuto e questo consentirà, in corsa, di far votare con la legge nuova. Io giudico questa una manovra estremamente spericolata, che porterà sicuramente, nel caso in cui non vi fosse alcuna impugnativa del Governo e quindi la legge che vi accingete ad approvare entrerà in vigore, inevitabilmente, dopo, a ricorsi sul risultato elettorale. Lo dico con preoccupazione, perché qualora questo avvenisse e venisse messa in discussione da parte dei perdenti, sia individuali che forze politiche, sarebbe un vero e proprio disastro, perché pensare di indire le elezioni sulla base di regole che poi vengano mutate in corsa, non so come definirlo se non spericolato. Comprenderei che chi perde le elezioni possa contestare questo metodo.
Siccome è il Presidente della Regione a dover fare questo, nessun altro, faccio un appello al senso dello Stato prima di tutto, delle istituzioni e della correttezza delle procedure perché questo non possa accadere, perché veramente saremmo al livello della “Repubblica delle banane”.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. E’ una delle poche volte in cui sono d’accordo con Ricci. Secondo me la riflessione che ha fatto la dobbiamo fare tutti. Un conto è votare con la vecchia legge, altro conto fare carte false, trovare éscamotages per votare con la legge nuova. Il tempo è galantuomo, ci ritroveremo tutti, quindi sapremo se sarà stata una farsa, un accordo sottobanco fatto da parte di alcuni, lo verificheremo nel tempo e ognuno dirà la sua.
Noi ci auguravamo di poter votare una buona legge senza pensare alle Province, ai propri interessi personali di collegio, senza ritagliarsi collegi, ognuno con il misurino, facendo i conteggi precisi. L’unica cosa che posso dire a Modesti è che noi siamo sempre la Cenerentola, in assoluta, e come sempre subiremo, in questo Consiglio regionale, come provincia di Macerata, quello che gli altri fanno e stabiliscono per noi. Anche oggi abbiamo registrato questo. Personalmente ero per abbandonare l’aula, però il collega Grandinetti già è uscito, ma siamo in sei e quindi valuteremo il da farsi. Cara collega Cecchini, le rimando tutto quello che lei ha detto su Forza Italia, perché il gruppo di Forza Italia non ha fatto alcun inciucio, non ha partecipato ad alcuna riunione, non ha condiviso alcuna riunione, ha solamente ascoltato e registrato quello che i nostri colleghi hanno fatto in Commissione e oggi prendiamo atto di quanto avvenuto in quest’aula: la maggioranza, dopo il voto sull’articolo 7 che il collega Viventi ha denunciato essere minoritario 17-15 e che il Presidente ad arte non ha fatto ripetere, non si è preoccupata di far ripetere la votazione. Oggi diamo una delega al Presidente con la grossa contraddizione di cui parlava anche Ricci, però staremo a vedere e penso che ci ritroveremo, quindi ognuno si assumerà le proprie responsabilità anche a livello politico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Dichiaro il mio voto contrario alla legge per due ordini di motivi. Il primo è che una volta approvata la legge, esattamente tre secondi dopo che avremo fatto la conta, nessuno di noi saprà come si voterà e questa è una sconfitta della politica. Siamo stati incapaci di esercitare la delega che pure la riforma federalista aveva assegnato a tutte le Regioni comprese le Marche. Nessuno, un minuto dopo la conta, potrà dire “marchigiani, si voterà in questa maniera”, perché abbiamo delegato il meccanismo di assemblaggio della volontà popolare dei marchigiani, a una circostanza diversa, esterna alla nostra volontà, quando vi sarebbero stati possibilità e tempi di poter scegliere con precisione. Rincorriamo i tempi, profiliamo una possibilità che tuttavia è condizionata pesantemente dalle valutazioni di costituzionalità o meno di questa che è una duplice prospettiva che si apre, senza che questo Consiglio regionale sia stato in grado di esercitare quella facoltà e questo è il primo motivo.
Il secondo motivo è che, a mio modo di vedere, si apre la strada ad un voto secondo le vecchie regole che penalizzano fortissimamente le circoscrizioni elettorali più piccole e in particolare Ascoli Piceno e Fermo. Credo che questa sia una prospettiva drammatica, ingiusta, che confermerà lo strapotere della provincia più grande contro la quale non ho nulla, ma che contando su 450.000 residenti esporrà l’elettore ascolano o fermano alla triste condizione di poter esprimere con meno forza la propria opinione sulla composizione del Consiglio regionale. Questo è l’effetto di un voto con la vecchia legge, una legge rispetto alla quale le polemiche del “listino” hanno sicuramente occupato buona parte. Certo è che il pasticcio che si è creato, questo determina o rischia di determinare e a mio modo di vedere vale la pena, per censurare questo comportamento di cui ci dobbiamo fare tutti carico, esprimere un voto contrario. Parlo, ovviamente, per Guido Castelli.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Sono stato distante dal dibattito in aula, distinto e distante. Qui si parla di trasversalità e di inciucio quando si trova comunque un accordo. Come ha detto la collega Cecchini, sembrava quasi che Forza Italia e Ds avessero fatto chissà che cosa. In aula sta emergendo invece un’altra trasversalità, molto più intelligente e puntuale: la questione come posta da Ricci. Io mi rimetto alla disciplina del gruppo e voterò secondo le esigenze politiche del gruppo stesso, però oggi abbiamo non i tre principi che ha detto il consigliere Castelli chiari, lampanti, lapalissiani. Faccio qui emergere un significato preciso sulla definizione di “amministratore”. Amministratore bravo è quello che fa una legge che poi viene condivisa e viene in aula tranquillamente e serenamente condotta in porto, quindi diventa legge della Regione. L’amministratore più o meno bravo, quello che naviga a vista, a volta c’azzecca, a volte non c’azzecca. Oggi mi sembra una rimpatriata di vecchi amici che parlano di tante cose in maniera casuale, superficiale, ma soprattutto mi preoccupa che qualcuno impugni questa legge illegittima. Questo mi darebbe tremendamente fastidio, proprio perché dimostrerebbe il fallimento di 40 consiglieri regionali che non sono riusciti a condurre in porto una legge, cioè diritto alla legalità. Noi, oggi, avremmo commesso, se questo fosse, un grande sopruso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. In politica vige, molto spesso, il diritto all’ipocrisia, cioè uno sostiene a parole una battaglia, poi spera che si verifichino le condizioni per un’altra cosa.
Secondo me c’è necessità di superare la vecchia legge. Se si vota con la vecchia legge, quella in vigore in Parlamento, questa volta con le cinque province Ancona prenderà ancora più seggi e quindi, se facessi un discorso geografico direi “va bene così”. Se rimane in vigore la vecchia legge sono santificati coloro che aspirano a collocarsi nel “listino”, cioè coloro che non si sentono tranquilli dei voti di preferenza, quindi del contatto con la gente. I nostalgici del “listino” sperano quindi che si ingarbuglino le carte. La provincia di Ancona ha 450.000 abitanti, per cui, senza grandi sacrifici i suoi resti per tutti i partiti sono sempre i più alti, perché si calcola il rapporto tra il collegio pieno e i resti che ha ricevuto e quindi, automaticamente, se l’ultima volta ci sono stati 14 consiglieri, questa volta, visto che la provincia di Ascoli Piceno è divisa in due, ce ne saranno 16-17, perché tutti i resti di tutti i partiti, grandi e piccoli, finiranno su Ancona. Se uno invece di essere ipocrita vuol guardare al nuovo, deve cercare di fare una buona legge elettorale. Io ho già detto nel mio intervento in sede di discussione generale, che questa non è il massimo, come legge, personalmente mi asterrò, però ritengo che è un tentativo di spalmare i seggi in tutte le province, perché attraverso un proporzionale di 35 consiglieri invece di 32 c’è un po’ di crescita, qualche candidato in più scatterà nelle province. Se poi si arriverà addirittura a una votazione che permetta di eleggere il Presidente più i 42 seggi spalmati nelle province con una giusta assegnazione territoriale, avremmo fatto una legge, che prima ho chiamato equa, corretta, rappresentativa delle realtà vere, sia territoriali che personali del consenso di ogni singolo consigliere, perché tutti i 42 consiglieri saranno eletti con le preferenze, quindi chi ha la preferenza unica, chi ha consenso, rappresentatività, radicamento è eletto, non ci sono riserve indiane dove uno è eletto in automatico perché amico di qualcuno, perché molto forte negli organi di partito.
La legge è perfetta? No, la legge non è perfetta? Ci sono dei passaggi che non piacciono? Sì, ci sono passaggi che non piacciono. C’è anche quell’aspetto giuridico, quella specie di ingorgo giuridico tra le scadenze, lo Stato che fisserà una data unitaria per tutte le Regioni, la Regione che dovrebbe attivare le procedure un po’ prima. Ci sono dei problemi, e la colpa è nostra. Perché la colpa è nostra? Ne faccio ammenda di fronte a tutto il Consiglio regionale. La colpa è nostra perché c’è stata una strana battaglia tra coloro che sostenevano che una regione dovesse governare con delle Commissioni piene, con organi in cui c’è numero legale, senza che le cose vengano fatte in un corridoio durante una pausa del Consiglio regionale. Magari chi sostiene che i consiglieri sono anche troppi, spesso è assente ai lavori di questo Consiglio regionale. Questo non mi piace molto, perché io avrò delle colpe, spesso sarò insufficiente, ma in genere ai lavori partecipo e seguo le cose. Bisogna allora essere corretti e dire “il numero dei consiglieri forse è insufficiente, perché ci vuole un po’ di flessibilità”.
I continui rinvii sono stati fatti, molto spesso, perché c’è un partito trasversale che sulla separazione dei territori di Fermo e Ascoli Piceno aveva una posizione particolare, cioè aspettava che ci fosse qualcosa di superiore a intervenire, per cui ci sono stati continui rinvii della Commissione per lo Statuto perché si cercava di mantenere la vecchia legge non tanto per il “listino” quanto per la provincia unica di Ascoli Piceno-Fermo. Anche questo ci ha messo per traverso rispetto ai tempi, per cui arriviamo, purtroppo, in “zona Cesarini” con questa legge che doveva venire in aula almeno qualche mese fa. E’ giusto quello che è stato detto da qualche consigliere di Forza Italia, è giusto quello che ha detto Castelli: arriviamo tardi e male e non sappiamo neanche se andrà a finire in un certo modo. Però la colpa risiede all’interno di questo Consiglio regionale e, se vogliamo andare più a fondo, posso fare anche nomi e cognomi.
Mi fermo qui. Dico che questa legge non è il massimo, che ci sono dei dubbi giuridici, speriamo che siano sciolti. Mi riferisco al magistrato D’Ambrosio: a quanto pare l’Italia è il paese delle sanatorie, dei condoni, delle forzature — molto spesso si interpreta in un certo modo, forzando anche quello che è scritto negli articoli delle leggi — quindi anche questa volta... “speriamo che me la cavo”. Però oggettivamente, se non vogliamo rimanere con una legge peggio di questa, quella precedente, bisogna anche ingoiare questa.
Ogni forza politica ha il suo ruolo. Mi sento di dire che, non essendo il protagonista dei lavori non mi posso fare carico di tutto, però non mi sento di votare contro questa legge. Lo dico sul piano personale, sul piano politico. Spero che questa legge sia dipanata dalle circostanze. Molto spesso le circostanze risolvono i problemi, quindi spero che una data di elezione comprensiva di tutte le scadenze cronologiche ordinarie ci possa portare ad applicare nella maniera più corretta possibile la legge e possa far eleggere i consiglieri con i voti dei cittadini e che le province abbiano i seggi giusti che spettano loro e che in qualche modo la realtà regionale sia fotografata in maniera vera e senza ipocrisia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

Ottavio BRINI. Presidente, non dovevamo votare la prosecuzione della seduta, visto che sono le 19,40?

Remigio CERONI. Penso che siamo in un vicolo cieco, nel senso che tutto questo lavoro che abbiamo fatto rischia di essere vanificato. Ripeto la proposta che avevo fatto nel mio intervento precedente, nel senso che noi dovevamo fare due leggi, la prima per disciplinare le elezioni della primavera prossima se entra in vigore lo Statuto, l’altra per apportare modifiche compatibili con l’art. 122 della Costituzione, per dare certezze alle elezioni nel caso che si svolgano nella data fissata del 3-4 aprile. Voi non avete voluto intendere questo. Non è la stessa cosa, perché votare a favore di questa legge che si sta trasformando in un pasticcio, significa essere compici di una legge che potrebbe essere impugnata dal Governo, ma nello steso tempo la legge ha degli aspetti positivi che ho partecipato a costruire e che non rinnego, anzi che voglio ancora decantare: se le elezioni si svolgessero il 10 giugno avremmo una buona legge elettorale, al di fuori del discorso del Presidente della coalizione seconda arrivata, che potrebbe essere eletto automaticamente senza essere sottratto all’ultimo resto della coalizione perdente. Sostanzialmente abbiamo accolto i suggerimenti e il contributo di tutti, perché anche la riduzione delle firme che a me è sembrata eccessiva, l’abbiamo accolta perché si tratta di partecipare in senso costruttivo ai lavori di questa Commissione.
Avanzo un’ultima proposta. Tenuto conto che on cambia nulla se questa legge l’approviamo oggi o fra qualche settimana, propongo di rinviare la legge in Commissione per costruire qualcosa di più serio e poi tornare in Consiglio, tanto non c’è alcuna scadenza, perché la legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul BUR. Un conto era lo Statuto, ma una legge elettorale si può approvare anche il giorno prima della indizione dei comizi elettorali. Se non vogliamo fare una legge pasticciata, il cui esito non sarebbe conosciuto alla data attuale, penso che convenga rinviare questa legge, così come costruita alla Commissione.

PRESIDENTE. Vorrei ricordare ai consiglieri che questa mattina, durante la discussione sull’ordine dei lavori, ho concluso dicendo “rifacciamo l’ordine dei lavori, poi procediamo ad oltranza fino all’approvazione definitiva della legge” e la convocazione prevedeva la seduta notturna.
Ha la parola il consigliere D’Angelo.

Pietro D'ANGELO. Presidente, colleghi, sono convinto che una nuova legge elettorale nella nostra regione doveva essere fatta, perché già con la vecchia e senza la divisione delle circoscrizioni dell’attuale provincia di Ascoli Piceno c’erano delle sperequazioni su tutto il territorio. Quindi, comunque quella legge elettorale regionale andava rivista. A maggior ragione deve essere rivista oggi che si è arrivati alla costituzione, di fatto, di due province.
Ritengo che nella malaugurata ipotesi di un’impugnativa di questa legge elettorale da parte del Governo, il sud delle Marche ancora una volta sarà fortemente penalizzato in termini di rappresentatività politica in questo Consiglio regionale. Ritengo che questo non debba succedere. Per questa ragione annuncio il mio voto a favore di questa legge, però contestualmente le perplessità che sono emerse da alcuni interventi di colleghi sulla possibilità reale che la legge venga impugnata dal Governo, personalmente avrebbero richiesto maggiore attenzione. Personalmente avrei cercato di evitare di inserire norme che potessero dare adito all’impugnativa e quindi all’annullamento, di fatto, di questa legge elettorale, con la problematica che con la permanenza della vecchia legge e con la divisione della provincia di Ascoli Piceno, questo Consiglio regionale non sarebbe più rappresentativo di tutto il territorio regionale.
Detto questo ritengo che introdurre quella norma transitoria sulla possibilità che viene data al Presidente della Giunta di indire elezioni regionali, è pericoloso per i motivi che ho detto. Ci sono altri aspetti pericolosi che rischiano di far impugnare la legge, ma sono convinto che nonostante tutte queste perplessità, questa legge debba essere votata e comunque, se verrà impugnata, chi ha perorato alcune forzature se ne assumerà tutte le responsabilità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Credo che il silenzio che ha accompagnato il tentativo estremo del vicepresidente della Commissione di rinviare la proposta di legge in Commissione sia la risposta della maggioranza. Questo ci autorizza a chiudere questa seduta annunciando che voteremo contro questa legge elettorale, perché con questa legge elettorale si compie un atto di sedizione contro il Governo. Non abbiamo condiviso la scelta di affidare al Presidente il compito di stabilire la data in cui votare, che di fatto è una pistola armata nei confronti dei presidenti delle Giunte di sinistra per costringere il Governo a subire la data delle elezioni regionali. Qualcuno può rendersi conto di questa cosa, ma non si può chiedere al gruppo di Forza Italia di accettare questa espropriazione del ruolo del Governo. Siccome non siete “stupidi” sul piano politico, siete persone intelligenti e non avrete il coraggio di fare le elezioni, nelle Marche, in una data diversa dalle altre Regioni, volete solamente usare questa cosa per costringere il Governo a subire un ricatto politico rispetto al fatto che è stato ufficialmente annunciato che le elezioni si fanno il 3 e 4 aprile. Vi siete “incartati” quando il percorso era estremamente semplice: se le elezioni saranno il 3-4 aprile si poteva votare con la vecchia legge regionale, modificata. Se le elezioni saranno in una data più lontana del tempo, si poteva applicare il regolamento. Avete voluto infarcire questo testo di tutta una serie di oscenità sul piano della legittimità. Ha detto bene il collega Ricci, ha detto bene il collega Brini. Per questo motivo e non per altro, pur condividendo alcuni passaggi, alcune scelte di fondo, voteremo contro questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Presidente, colleghi, non so se dopo i lavoro che abbiamo fatto anche in quest’aula e dopo il lungo dibattito che è stato fatto in Commissione, i colleghi consiglieri che si sono espressi fino a questo momento, da ultimo anche il rappresentante di Forza Italia si dimenticano completamente dei presupposti per cui abbiamo confezionato la legge in questo modo, oppure non so a che cosa si appellano e per cosa dicono queste cose. Credo che uno degli obiettivi che ci eravamo posti era quello di per utilizzare la nuova legge per votare nelle prossime elezioni e qui mi pare che invece tutti quanti si sono rassegnati a votare con il vecchio sistema. Se questo è, penso che segniamo una sconfitta di quelle grosse, non solo dal punto di vista politico all’interno di questo Consiglio che questa mattina si era aperto in tutt’altra prospettiva e con tutt’altre dichiarazioni. Dico ai colleghi di Forza Italia che se dovevamo dimostrare una inaffidabilità rispetto a quanto abbiamo discusso fino ad oggi e se dovevamo avere la prova provata, questo è avvenuto oggi. Non solo siete inaffidabili sul piano politico, ma anche sul piano dei contenuti della legge, perché non vi rendete conto di cosa avete detto. Non possiamo rinunciare, prima di tutto, alla nostra autonomia regionale che dobbiamo esercitare fino in fondo e questo significava lottare, come ha detto Ciccioli, per andare a votare con la nuova legge, perché l’unico sistema che ci consente di votare con la nuova legge è determinare delle condizioni che ci consentano di dire che lo Statuto entra in vigore, perché avete dimenticato che la nuova legge potrà entrare in vigore unicamente se sarà in vigore lo Statuto. Siccome sappiamo che questo Governo ancora deve decidere, e non si sa perché non decide, perché deve fare i suoi calcoli elettorali — cosa legittima — mette in brache di tela tutte le Regioni e tutte le amministrazioni locali ed è una cosa indegna. Non è la pistola puntata, è rivendicare parimenti alle Regioni del Polo, una autonomia regionale che ad ogni pie’ sospinto ci viene legata.
Vi siete anche dimenticati che questa norma transitoria, l’avevamo fatta strumentalmente, dicendo che, nel caso fosse stata impugnata, potevamo fare una correzione della legge. Vi siete dimenticati anche questo, pur cui la strategia che si era impostata in Commissione Statuto... (Interruzione). Castelli, tu non la voti perché devi dire agli ascolani che on hai votato la legge per Fermo e lo sappiamo. Avevamo fatto una norma transitoria ad hoc per votare con la nuova legge e non volete votare, questa è la verità. Vi siete dimenticati quello che ci siamo detti in Commissione.
Se è il caso chiedo una sospensione per rifare il punto della situazione, per vedere come organizzare il voto, perché non è possibile che tutto il lavoro che si è fatto in Commissione venga buttato via in questo modo. E’ indegno dal punto di vista democratico e politico.

Andrea RICCI. Mi associo alla richiesta di Luchetti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Abbiamo aperto questa seduta con una dichiarazione, da parte di tanti consiglieri, che l’obiettivo era la nuova legge e che la permanenza della vecchia legge avrebbe, per motivi diversi, portato a una serie di scompensi e di effetti negativi: chi puntava sulla questione del “listino”, chi puntava sulla questione della distribuzione dei consiglieri, nessuno si assumeva la responsabilità di dire no alla nuova legge. Ma dal dibattito, dalla discussione emerge che questo obiettivo della nuova legge in realtà si rischia di abbandonarlo. C’erano state delle avvisaglie che la data decisa dal nostro Presidente potesse essere un elemento di frizione, ma non fino al punto da giustificare questa presa di distanze dopo che nella Commissione la riforma aveva trovato un sostegno largo. Se mai Forza Italia aveva polemizzato perché voleva condividere maggiormente questo testo e l’elemento di frizione era rappresentato dal numero di firme da raccogliere, ma questa questione che oggi viene sollevata in aula e in maggior modo nella fase finale della discussione, a me sembra veramente pretestuosa, sembra strumentale.
Credo che sia legittimo — l’ho detto questa mattina anche durante l’intervento in sede di discussione generale — che in un quadro generalista le Regioni concorrano a decidere la data per lo svolgimento delle elezioni e credo anche che questo annuncio di effettuare le elezioni il 3-4 aprile, serve soltanto ad ostacolare l’entrata in vigore delle nuove leggi elettorali. Quindi se questo Consiglio condivide la scelta dell’utilizzo di nuove regole elettorali per la rielezione del Consiglio regionale, non capisco e non condivido questa contrapposizione basata sul fatto che si lascia alle Regioni la possibilità di individuare la data per l’effettuazione delle elezioni e ci si scandalizza perché le Regioni vogliano co-determinare con il Governo la scelta della data, piuttosto che subire unilateralmente una scelta indirizzata soltanto ad impedire l’entrata in vigore della nuova legge.
La posta in gioco non è Statuto e legge elettorale. Questa marcia indietro dei consiglieri di Forza Italia mi sorprende, mi sembra un tentativo per ricompattare una posizione interna al gruppo, in cui erano state con evidenza manifestate alcune perplessità già dalla fase di votazione dello Statuto.
Credo che con il voto che si ha su questo atto vengano effettivamente a galla le volontà e registro — ciascuno se ne assume le responsabilità — il fatto che l’obiettivo di utilizzare una nuova legge per il rinnovo di questo Consiglio regionale non era di tutti, vengono a galla, seppure in “zona Cesarini” le vere intenzioni. Mi auguro che possa comunque prevalere il buon senso. Le responsabilità, se andremo ad una nuova legge, non saranno di coloro che avranno cercato di rivendicare alla Regione un diritto di negoziazione sulla scelta della data, saranno di coloro che hanno operato perché Statuto e legge elettorale non potessero entrare in vigore, a partire da una scelta di data che dovremmo tutti, con i modi che riterremo più opportuno, contestare. Non ho sentito alcuna riflessione da parte del centro-destra sulla necessità di uno slittamento delle elezioni: quello è un ordine che viene dall’alto e non si discute. Mi permetto di fare una battuta: c’è forse la preoccupazione che se le elezioni fossero in date unificate la campagna elettorale “a reti unificate” non potrà più essere realizzata? Credo che noi tutti vogliamo un’unica data per le elezioni, ma per fare questo bisogna anche contestare la scelta di chi da Roma ha già annunciato e vuole irrigidirsi su una scelta 3-4 aprile che fa sorgere problemi che alcuni dicono insuperabili, che altri dicono che possono essere superati con i contributi di questa legge, ma certamente questo scaricabarile delle responsabilità il centro-sinistra non può accettarlo, né dai colleghi del centro-destra né da nessun altro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Non entrerò nel merito delle singole questioni che abbiamo già affrontato con la discussione generale e, più in particolare, con gli emendamenti che sono stati presentati. Vorrei intanto sottolineare brevemente alcuni aspetti. Noi abbiamo fatto uno sforzo per completare questo processo riformatore, con l’approvazione dello Statuto prima e con la legge elettorale passata in Commissione per lo Statuto e che oggi è in discussione qui in Consiglio regionale.
Per la verità molto si è discusso in queste ore, in modo particolare sulla questione della norma transitoria, che è un aspetto importante della legge, ma è appunto un aspetto e neanche quello decisivo.
E’ ovvio che su una materia così complessa, anche molto tecnica quale quella del sistema elettorale, vi possono essere opinioni diverse, perplessità, contrarietà. Tuttavia credo che noi non possiamo non sottolineare quello che secondo me è l’aspetto predominante di questa legge, cioè quei 25 articoli che costituiscono la proposta del nuovo sistema elettorale che andrà in vigore quando la legge sarà a regime. Credo che su questo il dibattito di queste settimane e di questi mesi abbia portato a concludere un buon lavoro, perché abbiamo una proposta di legge elettorale che è chiarissima nel meccanismo, corretta sotto tutti i punti di vista, che soprattutto salvaguarda alcuni principi essenziali: quelli del maggioritario, di una ripartizione dei seggi a livello proporzionale, di dare alle province i seggi che spettano loro effettivamente senza lo slittamento come c’è stato fino ad oggi, che penalizza le province minori. Inoltre elimina quelle storture che la stragrande maggioranza delle forze politiche ha detto che andavano eliminate, a cominciare dal “listino” che è diventato un elemento non dico antidemocratico, ma politicamente difficilmente comprensibile per i cittadini i quali non capiscono perché 8 candidati non debbano sottoporsi, come tutti gli altri, al giudizio dei cittadini stessi attraverso l’espressione della preferenza.
Castelli ha detto “non sappiamo oggi come andremo a votare” e questo lo addebitava a una sconfitta della politica. Intanto noi non sappiamo come si andrà a votare perché ancora non è stata decisa la data delle elezioni e non possiamo dare per scontato niente, come ho cercato di dire anche nella mia relazione introduttiva. Ma se noi oggi siamo all’ultimo minuto utile per approvare una legge per votare nelle prossime elezioni con una nuova legge elettorale, ci sono anche delle responsabilità oggettive di chi ha lavorato in tutte queste settimane e in tutti questi mesi per impedire che si arrivasse all’approvazione della legge elettorale e oggi viene a battersi il petto in Consiglio regionale piangendo lacrime di coccodrillo sulla questione della provincia di Fermo e della provincia di Ascoli Piceno.
Noi non sappiamo come si voterà, per una responsabilità che non è nostra, che non dipende da noi, ma su cui cerchiamo di lavorare per fare in modo che ci sia una concertazione tra Regioni e Governo affinché si arrivi a un voto che non procrastini di mesi la data delle elezioni ma di quel tempo necessario perché entri in vigore il nuovo Statuto e possa quindi entrare a pieno regime la stessa nuova legge elettorale che oggi discutiamo.
Credo tra l’altro, contrariamente a quanto diceva Cecchini, che questa legge che proponiamo non viola alcun principio costituzionale, anzi vedo una continuità netta, forte anche con la precedente legge. Rimango dell’avviso che sulle riforme istituzionali è un dovere di tutti ricercare la più ampia convergenza delle forze presenti, sia di maggioranza ma anche di opposizione e su questo abbiamo lavorato alla luce del sole in tutti questi mesi. Trovo veramente sconcertante la posizione della Casa delle libertà, ma soprattutto di Forza Italia, che dopo avere approvato lo Statuto, dopo avere discusso per settimane, per riunioni intere nella Commissione per lo Statuto, si è astenuta nel voto finale, con la motivazione esclusiva di voler vedere meglio, tecnicamente, il funzionamento della legge e dopo avere concordato e votato in sede di Commissione tutti i nodi che erano rimasti da sciogliere, perché tutte le questioni sono state votate pressoché all’unanimità. Oggi Forza Italia viene in Consiglio, alla fine della seduta, non all’inizio, a dire, non si capisce bene per quale motivo, che non vota la legge. E’ veramente sconcertante e, permettetemi di dire, una cosa non seria, perché cercare di buttare a mare un lavoro durato mesi e mesi nel momento in cui si è al traguardo, credo sia un fatto di irresponsabilità assoluta. Questo va detto con estrema chiarezza.
Non voglio convincere nessuno, ognuno si assuma le sue responsabilità, quindi Forza Italia voti pure contro, si assuma le sue responsabilità, poi saranno i cittadini marchigiani e giudicare.
Debbo invece dire che va apprezzato l’atteggiamento di quelle forze politiche — Comunisti italiani, Verdi e Udeur — che pur essendo partiti da posizioni molto distanti, anche nella discussione dentro la maggioranza, hanno trovato poi, con il resto della maggioranza, un punto di sintesi rispetto al quale ognuno di noi ha rinunciato qualcosa, ma è stato un passaggio importante che, soprattutto, queste forze politiche, abbiano dichiarato di votare a favore della legge elettorale.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho ascoltato questo dibattito con molta attenzione, e alla fine devo dire che, proprio le ragioni che spingono il gruppo di Forza Italia a votare contro mi convincono a votare a favore di una legge peraltro ricca di contraddizioni, di rischi, anche di dubbi sulla norma transitoria, sul tempo, su altre cose, ma sono dubbi e problemi che si possono affrontare e risolvere. Il dato di fondo, non è quello del “contro” questo Governo, il discorso è completamente diverso. Se un sistema è federale sul serio, nel sistema federale non può non essere previsto, quanto meno, un potere forte di condizionamento dei governi decentrati rispetto al Governo centrale nello stabilire la data delle elezioni. Ma scherziamo? Questo è un dato fondamentale.
Il discorso è: non siamo ancora in grado di fare questo? Se non si capisce che un sistema davvero federale ha questo a suo cardine, allora vuol dire che si parla di federalismo ma non si sa di che cosa si sta parlando. La verità è che la previsione in capo al presidente della Regione del potere di indire le elezioni, quindi di indicare la data, è una previsione fondamentale e serve soprattutto non tanto e non solo per stabilire la data ad libitum quanto, piuttosto — e serve molto di più — come strumento ed elemento di convincimento e di negoziazione forte nei confronti di un Governo centrale che altrimenti stabilisce la data delle elezioni sulla base dei suoi interessi e, guardate, i suoi interessi possono appiattire e annullare totalmente il valore delle elezioni regionali. Vorrei che su questo mi seguiste, perché è questo il profilo vero.
Quando si tratterà di votare per le Regioni e per le politiche, attenzione, perché annullare tutto in un’unica data significa a priori far sparire tutta la dialettica regionale ed appiattire tutto sullo scontro nazionale. Questo discorso annulla qualunque tipo di federalismo vero, questo è il dato su cui noi dobbiamo riflettere. Su questo dato è chiaro che non ha nessun potere una Regione che non ha da sola la possibilità di stabilire la sua data. Ha tutti i poteri una Regione che ha questa competenza e che ovviamente pensa di esercitarla con saggezza, non in senso eversivo. La leale collaborazione tra le istituzioni vale a tutti i livelli. Ma questo è un discorso fondamentale. Se non c’è questo noi andiamo a fare una legge elettorale che ci appiattisce su un’idea che non è federalista, che non è regionalista, che non riconosce il nostro potere di fissare insieme al Governo, non con una pistola ma a un tavolo di negoziazione serio, una data il più possibile concordata e condivisa, poi se non ci si arriva può diventare un momento diverso, ma se non c’è questo potere non ci si arriva proprio.
Questa legge, sia pure con le sue pecche, con le sue prospettive anche non limpidissime di rispetto della Costituzione, ma su cose che possono comunque essere sostenute e non sostenute, secondo me, da questo punto di vista va approvata, proprio come rafforzamento della Regione, chiunque la governi, a poter discutere con il Governo e a condizionare le scelte governative, almeno sulla data delle elezioni e quindi ad evitare che si schiaccino le elezioni regionali su altre cose.
Questo è il dato politico, istituzionale e giuridico e sulla base di questo dato, una legge, anche così, la voto.

PRESIDENTE. Il Presidente ha dato risposte che erano attese dai consiglieri presenti, quindi tranquillizzano sulla non volontà assoluta di procedere a una fase di scontro con il Governo ma di avere gli strumenti per poter concertare.
Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva

Ho ricevuto ripetute sollecitazioni per portare all’ordine del giorno del prossimo Consiglio la proposta di atto amministrativo n. 138 riguardante il piano regionale per i beni e le attività culturali, perché urgente.
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 20,20