Resoconto seduta n. 218 del 19/01/2005
La seduta inizia alle 11,25



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 217 del 12 gennaio 2005.



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 286, in data 12 gennaio 2005, ad iniziativa dei consiglieri Luchetti e Castelli: «Istituzione del ruolo degli amministratori di condominio e di immobili», assegnata alla IV Commissione;
— n. 287, in data 17 gennaio 2005, ad iniziativa della Giunta: «Norme per lo sviluppo sostenibile e il governo del territorio».



Proposta di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 12 gennaio 2005, la proposta di atto amministrativo n. 158, ad iniziativa della Giunta: «Proroga dei termini al 31.12.2005 dei programmi triennali di cui alle deliberazioni n. 687 dell’8 maggio 2002 – Immigrazione e n. 59 del 12 dicembre 2001 – Giovani», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla I Commissione in sede consultiva.



Deliberazione inviata
dalla Giunta regionale

PRESIDENTE. La Giunta regionale ha trasmesso la deliberazione n. 1564 del 14 dicembre 2004, concernente: «Richiesta di una prima anticipazione ordinaria di cassa al tesoriere della Regione Marche, per l’anno 2005. Articolo 32 l.r. n. 31/2001».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Rocchi, Grandinetti, Viventi e Cecchini.


Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale in ordine alla nomina dell’Autorità portuale del porto di Ancona

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio relativamente alla nomina dell’autorità portuale.

Vito D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. «Allo scadere della Presidenza Pavlidi della Autorità Portuale di Ancona, nel settembre 2003, sulla base di quanto previsto dall'art. 8 della L. 84/94 recante "Riordino della legislazione in materia portuale," il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti doveva procedere alla nomina del Presidente dell'Autorità Portuale di Ancona, previa intesa con la Regione Marche, sulla base di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale, nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, proposta dalla Provincia di Ancona, dai Comuni di Ancona e Falconara M. e dalla C.C.I.A.A. di Ancona.
Tra le proposte effettuate dagli Enti, riguardanti l'ing. Gloria Lucarini (Provincia di Ancona), il dott. Roberto Pesaresi (Comuni di Ancona e Falconara M.ma.) e il rag. Giorgio Cataldi (C.C.I.A.A.) il Ministro Lunardi sceglieva il candidato camerale, chiedendo l'intesa della Regione Marche.
La Giunta regionale, valutando la designazione non soddisfacente poiché ignorava totalmente le proposte emerse dagli enti locali interessati, con deliberazione n. 1282 del 30 settembre 2003, esprimeva parere non favorevole e dava mandato al Presidente della Giunta di proporre al Ministro la ricerca di altre candidature sulle quali fosse possibile l'intesa.
Sulle vicende fin qui intervenute, peraltro, il Consiglio Regionale ha già ascoltato e discusso una mia precedente comunicazione svolta in quest'aula il 15 ottobre 2003.
Successivamente, con decreto del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti del 15 ottobre 2003 veniva nominato il dott. Paolo Annibaldi, quale Commissario dell'Autorità Portuale di Ancona, fino alla nomina del Presidente della medesima Autorità.
Lo stesso Ministro, con nota del 22 ottobre 2003, preso atto della mancata intesa da parte della Regione Marche sul nominativo del rag. Cataldi, riapriva le procedure previste dall'art. 8 della L. 84/94.
Gli Enti interessati individuavano concordemente nell'imprenditore marittimo Giovanni Montanari, il nominativo da designare quale Presidente della A.P.
Sul candidato proposto, il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti richiedeva al Consiglio di Stato di pronunciarsi circa la compatibilità dell'incarico con la contemporanea Presidenza da parte dello stesso Montanari, della Confederazione degli Armatori Italiani (CONFITARMA).
Lo stesso Ministro con nota del 28 aprile 2004 comunicava, preso atto dalla pronuncia del Consiglio di Stato sulla incompatibilità della nomina del Sig. Montanari a Presidente della Autorità PortuaIe di Ancona, la sua volontà di riavviare le procedure previste dalla normativa vigente.
Con lettera del 30 aprile 2004 il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti chiedeva agli
Enti locali ed alla Camera di Commercio di Ancona di formulare nuove designazioni per la predisposizione di una ulteriore terna di nomi. Gli Enti interpellati hanno espresso le seguenti indicazioni: Provincia di Ancona Montanari Giovanni e Mucci Vincenzo; Comuni di Ancona e Falconara M. Pesaresi Roberto; Camera di Commercio di Ancona Annibaldi Paolo.
Il Ministro, soltanto a distanza di oltre cinque mesi, con lettera prot. 17275MM del 6 ottobre 2004, prendendo atto delle candidature indicate dai suddetti enti, proponeva quale proprio candidato il dott. Paolo Annibaldi, richiedendo altresì la valutazione della Regione ai fini dell'espressione dell'intesa.
Pur essendo il dott. Annibaldi persona particolarmente qualificata nella organizzazione e gestione imprenditoriale, anche se con limitata esperienza relativamente alle attività portuali e marittime, la Regione con delibera n. 1213 del 19 ottobre 2004, non ha ritenuto di esprimere parere favorevole su tale proposta, non potendo ignorare le indicazioni espresse dagli enti locali territoriali, pur nel necessario raccordo con le categorie economiche e produttive.
Va a questo punto rilevato che la legge n. 186 del 27 luglio 2004 ha modificato l'art. 8 della legge 84/94 in merito alle procedure per la nomina dei Presidenti delle Autorità Portuali. In particolare la norma prevede che nel caso di mancata intesa con la regione competente, il Ministro deve indicare il prescelto nell'ambito di una terna formulata dal Presidente della Giunta regionale, tenuto anche conto deIle indicazioni degli Enti locali e delle Camere di Commercio interessati; e che ove il Presidente della Regione non provveda alla indicazione entro 30 giorni dalla richiesta del Ministro, quest'ultimo chiede al Presidente del Consiglio di sottoporre la questione al Consiglio dei Ministri, che provvede con deliberazione motivata.
Alla luce della intervenuta modifica normativa, il Ministro, con nota n. 18856MM del 2 novembre 2004, qui pervenuta 1'8 novembre 2004, ha chiesto al Presidente della Giunta regionale di formulare una terna di nominativi.
La Regione ha ascoltato gli Enti interessati nel corso di una apposita riunione convocata con nota del Presidente della Giunta il 10 novembre 2004 alla quale prendevano parte la Provincia di Ancona, il Comune di Ancona e la Camera d Commercio di Ancona. In particolare la Provincia di Ancona ha esplicitamente fatto sapere di voler confermare le designazioni precedentemente avanzate mentre il Comune di Ancona e la Camera di Commercio di Ancona hanno formalizzato la candidatura del Dott. Claudio Bonicciolli, Vice Presidente dell'ASSOPORTI e già Presidente dell'Autorità Portuale di Venezia. Il Comune di Falconara M. non ha fatto pervenire alcuna nuova indicazione rispetto quelle precedenti.
Va inoltre menzionato che, al di fuori delle procedure previste dalla normativa, sono pervenute le seguenti candidature a Presidente dell'Autorità Portuale di Ancona: dott. Massimo Trevisani, ufficiale della Marina Militare (autocandidatura); sig. Giordano Mancinelli, già membro dell'Autorità Portuale di Ancona, proposto d2 alcuni operatori portuali.
Alla luce di quanto sopra la Giunta regionale, con deliberazione n. 1426 del 24 novembre 2004 ha dato mandato al Presidente di indicare al Ministro delle Infrastrutture e Trasporti i nominativi della terna che risultano essere i seguenti: Giovanni Montanari, Gloria Lucarini, Roberto Pesaresi.
Tutti e tre i soggetti sono ampiamente inseriti nella realtà imprenditoriale ed amministrativa marchigiana, vantando competenze riconosciute sia in ambita pubblico che privato e in particolare: Giovanni Montanari, in possesso di indiscusse competenze nelle attività marittime e già componente del Comitato Portuale di Ancona, per il quale non si era potuto procedere per la situazione considerata incompatibile di Presidente degli armatori, incompatibilità ora rimossa per scadenza del mandato; Gloria Lucarini, professionista con vasta esperienza nel settore dei trasporti, che ha svolto l'incarico di Segretario Generale dell'A.P. di Ancona per la durata dei due precedenti mandati; Roberto Pesaresi, professionista esperto in gestione economica di imprese, con vasta esperienza di amministrazione pubblica, in precedenza Assessore alla Provincia di Ancona, attualmente Assessore al Comune di Falconara M., presidente in carica della Società Interporto Marche spa, già componente del Comitato Portuale di Ancona, indicato in precedenza in forma congiunta dai Comuni Ancona e Falconara M..
La Giunta regionale ha ritenuto di scegliere i tre candidati tenendo conto, nella necessaria sintesi conclusiva, di tutte le designazioni degli Enti locali e dell'Ente camerale nel corso delle diverse fasi della consultazione e dell'evoluzione delle posizioni dei soggetti nel corso del tempo.
Quindi, nel pieno rispetto della lettera e dello spirito della normativa in vigore, non si è voluto escludere per questioni di principio il candidato proposto solo nell'ultima fase dal Comune di Ancona e dalla Camera di Commercio di Ancona; ma si è voluta privilegiare una rosa individuata tra i nominativi (sia tecnici, sia imprenditori che amministratori) provenienti dal settore pubblico come da quello privato, che sono stati tutti proposti dagli Enti locali nel corso della lunga e complessa fase istruttoria, positivamente conclusasi, come è noto, lunedì 17 gennaio u.s. con il decreto del ministro Lunardi che indica ai presidenti delle Camere, quale Presidente dell’Autorità Portuale di Ancona, il sig. Giovanni Montanari, sul cui nominativo - giova ricordare - si erano unanimemente espressi nel novembre 2003, tutti gli Enti coinvolti nel procedimento”.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Questo dibattito avviene in un momento del tutto particolare, però ciò non ci esime dal richiamare un giudizio che peraltro è stato espresso in queste settimane. Io ritengo che comunque i fatti segnalino un comportamento che definire inadeguato da parte della Giunta regionale mi sembra un complimento, un comportamento inadeguato che risente di un modo di essere di questo Esecutivo, un modo di essere non rispettoso delle istanze della realtà sociale di questa Regione, di questa città, di questa Provincia, un atteggiamento poco rispettoso del ruolo delle autonomie locali, spesso richiamate ed usate per veicolare proposte, percorsi legislativi e amministrativi, ma in questo caso evidentemente disattesi. Se c’è un dato politico di fondo è che la posizione della Giunta ha creato una lacerazione, una frattura sul piano istituzionale, che non ha esempi nella vita della nostra Regione. Uno strappo istituzionale ancora più grave se si considera che i livelli interessati allo scontro sono tutti livelli istituzionali guidati dalla sinistra. Avrebbe un senso, un significato se si trattasse di livelli istituzionali governati dai diversi schieramenti, ma in questo caso non è così, lo scontro è stato tutto interno. Uno scontro tutto interno che richiama uno scenario politico preciso.
Ho detto l’altra volta che questa alleanza Rifondazione comunista-D’Ambrosio, in qualche modo ha egemonizzato tutte le scelte, o se volete le scelte più importanti di questa Giunta regionale, scelte di contenuto ma anche scelte su questo piano e, guarda caso, l’intreccio strano, per esempio, fra le nomine all’autorità portuale e quelle all’aeroporto di Falconara, con tutto quello che ne consegue, la strana alleanza per la costituzione degli organi direttivi dell’aeroporto, che vede da una parte un “rifondatore” inesperto, non certamente imprenditore, assumere il ruolo di presidente e il manager rappresentante dell’industria anconetana che assume il ruolo di direttore generale, guarda caso un nome, quello dell’attuale direttore generale dell’aeroporto, che era stato richiamato anche per gli incarichi dell’autorità portuale.
Uno scontro fra lobbies economiche tutte anconetane, uno scontro interno al partito di maggioranza relativa che evidentemente ha risentito di questa cosa, con la componente istituzionale, cioè il gruppo consiliare non allineato ma nemmeno in contrasto con D’Ambrosio, ma con i nomi forti dei Ds anconetani che non l’hanno mandata a dire l’hanno detto sui giornali, schiaffeggiando, in termini politici, il Presidente della Giunta regionale. Ho citrato Sturani, ma potrei citare ancora di più Galeazzi, per le cose gravissime che hanno detto rispetto al costume politico di questa Giunta, che ha fatto della lottizzazione il proprio percorso, un percorso che ha toccato livelli altissimi sulla vicenda dell’articolazione delle responsabilità sanitarie, ma che in questa coda di legislatura ha assunto un ruolo abbastanza preciso.
Non ci venga a dare lezioni l’on. Duca, questo ferroviere prestato alla politica... (Interruzione). Puoi fare quello che vuoi, Mollaroli: le affermazioni fatte da quel parlamentare nei confronti del gruppo di Forza Italia meritano questo ed altro. Non l’ho querelato e non lo querelo, perché anche ieri ha usato termini inaccettabili. Io non sono luogotenente di nessuno, Mollaroli. Questo signore si pulisca la bocca prima di parlare di me e dei miei colleghi. Non accetto, rigetto queste cose! Torni a fare il lavoro per il quale è chiamato e non continuare a vantare questo ruolo di primate, di padrone del porto e delle ferrovie, e qui chiudiamo il discorso per dignità. Non accetto le accuse al mio presidente e ai miei colleghi consiglieri, come ha fatto ieri.
Mi sono offeso per questo tentativo, ogni volta, di buttarla in cagnara, e io sono un tipo mansueto.
Noi abbiamo assistito ad un braccio di ferro fra Regione e Governo, un braccio di ferro lunghissimo, che ha creato un disagio gestionale oggettivo all’attività dello scalo portuale di Ancona. Questo è un fatto grave ed è la seconda responsabilità della Giunta. Questa vicenda si è conclusa con una decisione del Governo, si è conclusa bene, nel senso che sono state superate le difficoltà in ordine alla compatibilità del prescelto, al quale abbiamo formulato ieri i nostri auguri di buon lavoro perché siamo persone serie e abituate a riconoscere i meriti. Si tratta peraltro di un imprenditore — e questa scelta non ci dispiace — si tratta di un marchigiano — e questa scelta non ci dispiace — e rispetto a questo, come sempre affermiamo il nostro senso di responsabilità, rivolgendo al dott. Montanari gli auguri di buon lavoro per l’incarico che si appresta a svolgere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

Carlo CICCIOLI. Se dobbiamo dare un titolo a questa telenovela della nomina dell’autorità portuale, darei questo titolo, “Oscar dell’arroganza”, che ha più lati.

Vito D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Pensavo che lei, volando più alto, avesse detto “aspettando Godeau” invece che “aspettando Montanari.

Carlo CICCIOLI. A Montanari dedicherò alcune righe positive alla fine del mio intervento. Si usano molto le espressioni “fair play”, “politicamente corretto”. In questa vicenda di politicamente corretto zero assoluto, l’unico signore è stato il dott. Annibaldi che è arrivato in punta di piedi, ha fatto il massimo che poteva fare ed è andato via in punta di piedi, è riuscito ad avere buoni rapporti quasi con tutti. In una situazione così difficile Annibaldi è l’”eroe gentile”. Per il resto, tutti lupi mannari.
Vorrei ripercorrere le tappe della vicenda. E’ evidente che esiste una dialettica fra un governo centrale di un orientamento e degli enti locali di altro orientamento, nel senso che tra un Governo centrale che ha una linea politica e gli enti locali che hanno una linea politica completamente opposta, è chiaro che non possono esprimere le stesse valutazioni su tutto, però credo che una accettazione di alcune mediazioni sarebbe stata possibile.
All’inizio fu proposto Cataldi, allora segretario regionale, oggi provinciale, della Cgia, espresso dalle categorie. Il nome venne dalle categorie e alcuni del centro-destra non erano d’accordo, dalla camera di commercio proposto agli altri enti. La Giunta lo ritenne non all’altezza. Successivamente ci furono altre nomine. La camera di commercio dapprima e altri enti di comune accordo — Provincia e Comuni di Ancona e Falconara — proposero Montanari. Si era ancora con la vecchia legge. Montanari trovò ostacoli dal punto di vista giuridico nel Governo e anche qualche opposizione nell’area della maggioranza di Governo. Successivamente fu proposto Annibaldi, anche questo fu giudicato dalla Giunta non all’altezza: è stato amministratore delegato della Fiat spagnola, capo delle relazioni sindacali della Fiat, addetto alle relazioni esterne di Confindustria e si disse che non era all’altezza. La valutazione su Annibaldi, come quella precedente su Cataldi, è del tutto politica. Si è tornati alla figura di Montanari.
Se fosse stato per me io avrei nominato Montanari fin dall’inizio, come avevo scritto sulla stampa, perché Montanari non è persona che rappresenta il polo della sinistra, è una persona che rappresenta l’imprenditoria marittima, ha una serie di rapporti forti non solo nell’imprenditoria ma anche nel mondo dei cantieri, della società di navigazione, degli operatori portuali, degli operatori marittimi, cioè va aldilà di una scelta di parte. Non mi è stato difficile, quando il ministro ha chiesto un parere, del tutto consultivo perché non è istituzionale, ai tre segretari dei partiti della Casa delle libertà sulle persone, tornare a indicare Montanari. Oggi ho scritto un articolo su Il Resto del Carlino, un commento in prima pagina all’articolo piuttosto duro di un giornalista di quella testata di ieri, in cui ristabilisco la situazione, ma dico che tutto sommato la conclusione del film è migliore del suo sviluppo, perché tutto sommato, in qualche modo siamo usciti con una nomina decente che può far del bene ad Ancona, ma non posso fare a meno di condannare i comportamenti. E’ vero, ci troviamo in presenza di una Giunta regionale “sovietica”, che è una retrodatazione rispetto a quello che non esiste più in Unione Sovietica. Non l’ho detto io, l’ha detto l’ex sindaco di Ancona e deputato dei Ds Renato Galeazzi, lo affermano parecchi funzionari anche di questa Giunta regionale, che operano nei vari settori. Ci troviamo di fronte a un conformismo plumbeo che copre le scelte delle istituzioni. La vicenda dell’autorità portuale, pur nella sua conclusione, che io giudico positiva, è una vicenda che nel suo iter è grave. Io ho detto che è una vicenda di lupi mannari: attenzione, perché il lupo mannaro qualche volta subisce e qualche volta riesce a fare. Siccome nella statistica la ruota gira, ci sarà la volta che toccherà a qualcun altro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Questa storia ormai biennale, della nomina del presidente dell’autorità portuale credo che, pur tra tutte le sue contraddizioni, è a lieto fine. Non capita spesso che quando le nomine sono politiche si arrivi poi, alla fine, alla nomina di un presidente valido dal punto di vista professionale, quindi dico come persona, come anconetano, come politico, che sono contento che alla fine sia stato nominato un professionista valido come il dott. Montanari.
Credo però che, pur nell’essersi incrociati in questa disfida tutti — e anche questa è una cosa non facile, una cosa rara — abbiamo avuto in questa vicenda tutte designazioni, a mio modestissimo avviso, di persone valide: chiunque fosse poi diventato presidente sarebbe stato molto rappresentativo, un ottimo presidente, da Cataldi a Pesaresi, alla Lucarini, allo stesso Montanari, allo stesso Mucci, probabilmente allo stesso Bonicciolli.
Quello che debbo in qualche modo lamentare, è che questa vicenda abbia comportato un dispendio di tempo, di energie e la privazione del vertice del porto di Ancona per un tempo eccessivamente lungo. Probabilmente — non me ne voglia il presidente D’Ambrosio — questa vicenda si sarebbe potuta chiudere immediatamente con la nomina di Giorgio Cataldi, che era un candidato assolutamente prestigioso, rigorosamente bipartisan, quindi non politicamente targato, indicato dalla camera di commercio, quindi dall’unico ente funzionale la cui rappresentatività e importanza nell’ambito di tre enti, quattro con il Comune di Falconara, deputati a fare la terna con la vecchia legge, quindi avremmo potuto avere un valido presidente già tantissimo tempo fa.
Devo dire poi che nel prosieguo, a parte questa macchia, si sono incrociati veti politici che probabilmente hanno fatto il paio con quelli provenienti dalla maggioranza regionale, cioè non credo che gli attori principali del centro-destra, dal ministro ai suoi consiglieri e confidenti, abbiano aiutato lo sviluppo e la necessità del porto di Ancona di avere un presidente in maniera sostanziale, tirando questo brodo molto lungo.
Penso che, sebbene la procedura di indicazione da parte del sindaco di Ancona e della camera di commercio sia stata un po’ tardiva ed affrettata, un maggiore ascolto dell’ente locale Comune di Ancona e dell’ente funzionale camera di commercio sarebbe stato positivo, una quaterna è andata già a Roma quando furono indicati Montanari, Mucci, Pesaresi ed Annibaldi, però dal punto di vista formale il nodo vero è stata la modifica della legge, perché se il potere di fare la terna, ascoltati gli enti locali, non fosse stato dato al Presidente con vincolo per il ministro di scegliere dentro la terna, probabilmente saremmo andati avanti all’infinito in questa disfida centro destra-centro sinistra, veti e negazioni, pure in presenza di tutti attori estremamente validi. Ebbene, credo che alla fine il Presidente D’Ambrosio abbia scelto personaggi validi e personaggi già in passato indicati dagli enti deputati con la vecchia legge a questa indicazione.
Il mio auspicio, oltre all’augurio di buon lavoro per il presidente Montanari che incontra tutta la mia approvazione, tutta la mia simpatia, è che in futuro, in situazioni analoghe di tale delicatezza, si giunga ad una intesa istituzionale su nominativi seri come è stato in questo caso, ma con tutta quella maggiore rapidità che l’importanza della prima industria della nostra regione richiede.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Finalmente Ancona, che ha una risorsa principale nel suo porto, è riuscita, dopo oltre due anni di tira e molla, con tutti i danni conseguenti che si sono avuti per la città stessa, a far nominare una persona che non ha bisogno di presentazioni, perché è un imprenditore capace, un imprenditore che ha già diretto l’associazione armatoriale a livello nazionale, ma soprattutto è un marchigiano e sono particolarmente fiero di dire che oltre che essere marchigiano è uno che appartiene alla mia provincia, pertanto dico “signori, cerchiamo di seguire con coerenza e con competenza le strade che portano a ricoprire ruoli così importanti come quello dell’autorità portuale, per dare maggior peso e per permettere all’economia del nostro territorio, che non è solo quello del comune di Ancona, ma dell’intera regione, di poter ottenere risultati sempre più alti, perché oggi credo che il primo problema che ha Giovanni Montanari è quello di risistemare ciò che già è andato sotto forma di cancrena per le problematiche che si sono create all’interno del porto. Cerchiamo — questo è un augurio che faccio a questa Giunta — di seguire strade completamente diverse anche per altre nomine, perché non è assolutamente possibile che quando ci sono candidati di alto livello per una carica così importante, le problematiche non siano risolte con la nomina immediata. L’unico rimpianto che ho, è che non è stato già fatto due anni fa, perché avrebbe permesso di poter ottenere dei risultati, sia per la città di Ancona sia, soprattutto, per la nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Un intervento molto breve perché postumo, in quanto ne parliamo a giochi fatti, e molto critico, perché dopo aver sentito colleghi di varie parti — Ciccioli, Favia, Gasperi — tutti entusiasti della nomina di Montanari a presidente dell’autorità portuale di Ancona, verrebbe da dire “cosa parliamo a fare? Le cose dette ci hanno convinto, applaudiamo”. Resta da chiedersi per quale motivo questa nomina che vede tutti unanimemente contenti, non è stata fatta due anni fa. Se tutti erano favorevoli, se tutti oggi ci mettono il cappello, si poteva convenire sul nome di Montanari già molti mesi or sono.
In realtà questa è la riprova che questo è un dibattito più italiano che marchigiano. In Italia, come sempre, chi ha vinto “sono i nostri”: ognuno mette il cappello, la coccarda il fazzolettino. Spezzo una volta di più una lancia contro questo malvezzo.
Personalmente ritengo la scelta di Montanari alla presidenza dell’autorità portuale di Ancona una delle peggiori possibili, e spiego perché.
Quando ci fu da porsi il problema della scelta per l’autorità portuale di Ancona, per l’Inrca e per altre questioni, ci trovavamo ad affrontare un problema abbastanza nuovo, di governance condivisa, di scelte partecipate fra l’autorità statuale e quella regionale, nel momento in cui, per la prima volta, avevamo maggioranze politiche di segno contrapposto ai due livelli, perché nel quinquennio 1995-2000 ci fu sostanzialmente una omogeneità politica fra il governo anconetano di via Gentile da Fabriano e di molti degli enti di democrazia locale della regione, e Palazzo Chigi. In questa concomitanza politica, spesso connivenza politica, le cose scorrevano in un certo modo. Nel 2001 vivemmo l’esperienza — allora ero nella coalizione tuttora al governo del Paese — di avere Governo di un colore politico e Regione di colore contrapposto. Era evidente che una situazione di questo tipo doveva essere governata con un dialogo interistituzionale e non con una sciocca politica del muro contro muro, perché è evidente che non si può fare un braccio di ferro. Allora io ero in Alleanza nazionale, segnalai a un collega che allora era in Forza Italia, che era operazione puerile quella di pretendere che il Governo violentasse le autonomie locali, cioè Provincia di Ancona, Comune di Ancona e Comune di Falconara, perché era ovvio che dovendo fare una serie di nomine in tutta Italia avrebbe scelto candidati di bandiera politica del centro-destra là dove c’era una prevalenza politica locale di centro-destra; laddove la situazione era di segno rovesciato era logico e doveroso che si scegliesse insieme un uomo, probabilmente dello schieramento che localmente è prevalente — quello del centro-sinistra — ma in questo schieramento si poteva scegliere colui con cui era più possibile dialogare.
Non era certamente Montanari, imprenditore eccellente, la persona migliore per due motivi. Il primo, per una evidente situazione di incompatibilità, e non lo dice il “povero avv. Novelli”, l’ha detto il Consiglio di Stato, tanto è vero che si è dovuto rimuovere questa incompatibilità per la nomina. E’ come il conflitto d’interessi berlusconiano: come non è serio dire che il conferimento della quota di partecipazione al figlio risolve il problema — e questo lo dite voi, amici Ds, quando si parla di Berlusconi — fate dire a me che non è serio che persona che ha tuttora un ruolo centrale nell’imprenditoria del settore, non è neutra rispetto alla problematica. Se vogliamo prenderci in giro e nasconderci dietro un dito, possiamo anche battere le mani e dire che è una nomina che ci soddisfa. Io dico che il problema dell’incompatibilità professionale e imprenditoriale c’era ed è appena stato ripittato con una cortina. Aggiungo anche che molti imprenditori del settore armatoriale, non del mio partito — perché purtroppo sono rimasti ancora per qualche tempo, credo, vicini ad Alleanza nazionale — mi hanno espresso fortissime critiche nei confronti del modo con cui viene gestita la presidenza nazionale degli armatori da questo nostro conterraneo e corregionale. Sarà mia cura trasmettere a questi armatori il dibattito odierno, onde possano vedere che il modo in cui è stata governata l’associazione nazionale degli armatori è per i colleghi rimasti in Alleanza nazionale che siedono in questo Consiglio, un cenno di merito: saranno compiaciuti di vedere che anche in questo la rivoluzione continua a essere copernicana
La cosa che mi sento di dire è che la nomina che avrebbe probabilmente soddisfatto tutti, era quella, nell’ambito della terna indicata dalle autonomie locali — perché non si poteva imporre la scelta della camera di commercio (io ho grande rispetto per la democrazia corporativa, però la camera di commercio è associazione di categoria, la Provincia di Ancona rappresenta tutti i cittadini della provincia di Ancona) — della scelta di una persona come l’ing. Lucarini che, essendo certamente riferita a una logica di sinistra, non aveva né problemi di professione confliggente per interessi, né un percorso di gestione fortemente di parte.
Mi ha fatto piacere leggere che il ministro Baldassarri, non certo perché glielo chiesi io due anni fa, quando ero ancora in Alleanza nazionale, ma per un suo percorso istituzionale, è giunto, ahimé troppo tardi, a concludere che l’ing. Lucarini sarebbe stata certamente la persona più equilibrata per questa posizione.
Riconfermo però con soddisfazione la scelta del Presidente D’Ambrosio quando rifiutò l’ukase ministeriale di imporre la scelta del candidato della camera di commercio, perché mi sembrò, e mi sembra, che rispetto al rapporto del decoro interistituzionale in cui coesistono Governo di un colore politico e Regione di un altro, se una parte mette i piedi sul tavolo e dice “si fa come dico io”, senza alcuna concertazione, chi dice “non ci sto e ti blocco”, lo fa non solo a difesa della sua parte politica ma di tutti i marchigiani. Per cui rinnovo il ringraziamento al Presidente D’Ambrosio anche se l’esito della vicenda è negativo e vorrei sottolineare che questa sarà, probabilmente, l’unica esperienza di coabitazione Governo di destra-maggioranza di sinistra, perché entrambi gli enti sono al rinnovo e tutto lascia presumere che con questa logica politica, si ricostituirà — dico ancora ahimé — l’omogeneità politica fra governo di Palazzo Chigi e governo di via Fabriano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Esprimo soddisfazione per la conclusione di questa lunga vicenda, esprimendo anche, con grande orgoglio cittadino, a nome del gruppo Ds e mio personale, la soddisfazione per la scelta che ricade su Giovanni Montanari, un armatore di indiscutibile pregio, che oltre ad essere un marchigiano è un cittadino fanese.
Mi sembra quindi opportuno, in questa sede, riconoscere questa soddisfazione, apprezzamento per questa scelta che mi pare, aldilà di tutto, oggi raccolga la stima di tutti i gruppi consiliari, aldilà delle appartenenze politiche. Credo che Giovanni Montanari meriti questo io sono contenta di questa scelta perché c’è un riconoscimento indiretto ad una città che dell’economia del mare, sia dal punto di vista della pesca che dal punto di vista armatoriale e quindi cantieristico, ha una tradizione storica, che attraverso la figura di Giovanni Montanari oggi trova un riconoscimento anche nazionale.
Mi auguro che Giovanni Montanari possa lavorare bene; non ho dubbi, e che porti prestigio alla nostra regione e anche alla mia città.
Quindi si conclude bene una vicenda che è durata troppo a lungo, ma credo che con la scelta di Giovanni Montanari vi sarà una grande spinta e si riuscirà a dare soluzioni al mondo che si riconosce intorno all’attività portuale di straordinaria qualità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Come Forza Italia abbiamo espresso un giudizio positivo su questa problematica, però quello che preme sottolineare è che il porto non è solo di Ancona, Mollaroli, è delle Marche, quindi non è che una città deve esprimere soddisfazione, la soddisfazione deve essere di tutti. Se è una scelta solo anconitana ci preoccupa un po’. Bisogna che stiamo attenti quando facciamo queste riflessioni: se Ancona ha la pretesa di scegliere e decidere sempre su tutto, anche sulla nostra testa, non ci sta bene. Se invece questa è una persona che va aldilà del capoluogo, allora ci può stare anche bene. Quindi facciamo attenzione, quando si compiono queste riflessioni, perché le Marche non sono solo Ancona.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

Vito D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Faccio delle brevissime considerazioni.
La prima è che questa vicenda lunga conferma che gli italiani sono campi nello sport di andare in soccorso del vincitore e questo va bene. L’altro detto che “la sconfitta è sempre orfana e la vittoria ha una marea di padri”, anche questo è vero, come si è dimostrato qui.
Il punto serio è che noi, con le nostre scelte, non abbiamo delegittimato alcuno, perché abbiamo sempre tenuto molto di vista questo obiettivo. Quando abbiamo detto no alle indicazioni del ministro sapevamo di dire no a persone che avrebbero anche, probabilmente, potuto, in un altro contesto, in altre occasioni, ricoprire quella carica. Non abbiamo delegittimato alcuno, anzi leggendo le delibere della Giunta si vede l’attenzione lessicale, addirittura, a fare questo.
Il secondo punto importante è che abbiamo tenuto, come Regione, la barra ferma sul nome unico su cui c’era stata la convergenza di tutti e a chi dice che, tolto di mezzo l’impedimento per cui, secondo il Consiglio di Stato era incompatibile, si è proceduto alla nomina di Montanari, voglio ricordare che invece noi abbiamo dovuto dire un altro no al dott. Paolo Annibaldi, altrimenti sarebbe stato lui presidente dell’autorità portuale di Ancona e non Giovanni Montanari. Do atto pubblicamente e con piacere al ministro di avere effettuato una scelta giusta, la scelta migliore al termine di una vicenda tormentatissima per Ancona e per Roma anche (sappiamo tutti come e perché).
L’ultimissima considerazione è che non ho mai, nei colloqui avuti con il dott. Montanari, fatto il minimo accenno e non ho mai preso in considerazione le sue eventuali simpatie politiche, perché il posto era troppo importante per nona vere d’occhio le capacità professionali che sono state immediatamente messe alla prova, perché la scelta del porto di Ancona da Costa Crociere non è dovuta al caso né ad un sogno favorevole ma ad un impegno di una serie di soggetti. Adesso il discorso che c’è e che bisogna guardare, è che credo sia interesse di tutti che si recuperi il tempo perduto. La situazione economica non è entusiasmante in ambito nazionale, la situazione dei partiti è difficile, il porto di Ancona indubbiamente ha risentito di questo periodo in cui l’opera del commissario è riuscita a tenerlo in linea di galleggiamento, ma ovviamente non poteva fare scelte al di fuori della ordinaria amministrazione: si tratta tutti insieme, adesso, di lavorare perché il porto di Ancona dimostri sempre più di essere il porto della regione Marche e dimostri sempre più di essere, com’è, l’unico porto di interesse nazionale di questa regione, quindi un porto sul quale dobbiamo poter contare per impostare una strategia complessiva di mobilità e di recupero di competitività di tutto il nostro sistema. Credo che Montanari sarà tranquillamente in grado di farlo, parleremo a lungo nei prossimi giorni, appena ci vedremo, e ci vedremo molto presto e credo che tutti quanti, a prescindere dallo schieramento, visto che va bene a tutti, sembra, daranno il loro convinto contributo a che questo obiettivo, a cui la Regione ha sempre puntato — un recupero e un rilancio del porto di Ancona — si raggiunga nel più breve tempo possibile da una persona che sicuramente è in grado di farlo.

PRESIDENTE. La discussione sulle comunicazioni del Presidente è conclusa.





Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione) «Criteri e modalità per la concessione per l’anno 2004 di incentivi alla gestione associata intercomunale di funzioni e servizi di contributi alle Unioni di comuni. L.r. 4 febbraio 2003, n. 2» Giunta (154)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 154, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. In attesa della formulazione del programma di riordino complessivo, questo atto si rende necessario per non far mancare il flusso di risorse alle Unioni di Comuni già formalizzate in questa fase.
Per la verità, dalla legge ad oggi ci sono diverse Unioni di Comuni in più: 12, di cui 2 costituite alla data del 31.12.2004.
E’ vero che c’è un ritardo nel riordino complessivo previsto dalla legge, tuttavia mi pare che si debba rilevare che la fase di ricognizione è stata molto positiva: hanno risposto tutti i Comuni e da qui alla prospettiva ci saranno elementi più certi per addivenire al piano stesso.
In conclusione, la spesa complessiva che si propone, di 1.250.000 euro per le Unioni di Comuni è così suddivisa: una parte per spesa corrente (500.000), una parte senza vincola ma finalizzata alle Unioni di Comuni stesse, alle ulteriori necessità delle Unioni di Comuni, la seconda parte relativa agli investimenti, in particolare per l’informatizzazione.
Oggi approviamo questo atto e mi pare che si possa addivenire subito, nelle prossime settimane, alla liquidazione delle somme.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Questo è uno dei provvedimenti sui quali in Commissione ci siamo trovati a svolgere un lavoro molto proficuo, direi unitario, quindi credo che faccia onore al Consiglio regionale e alla Commissione in particolare. Ringrazio anche il servizio che credo abbia svolto le ricognizioni, il monitoraggio e anche fornito i dati di analisi giusti. Abbiamo molto apprezzato questa puntualità.
Il ragionamento che faccio non è tanto nel merito preciso dell’atto, che mi trova consenziente su quanto esposto dal relatore di maggioranza collega Procaccini, è più che altro un appello sulle politiche della gestione associata come obiettivo e, nell’ambito della gestione associata, delle politiche per la montagna, perché si deve sottolineare che quando si parla di gestione associata stiamo affrontando un problema volto ad aiutare i micro enti locali ad unirsi ed a fare, più che la somma delle debolezze, la somma di forze, per cui siamo qui ad applicare una legge, la 2 del 2003 che ha segnato una svolta, che ha dato un’impronta nuova nelle strategie della Regione verso gli enti locali, però ci sono dei punti che riguardano il valore che teniamo intimamente in considerazione per affrontare questo tipo di problema.
Occorre dare un segnale più forte per le incentivazioni alle associazioni. Saranno i motivi economici attuali, sarà la situazione economica attuale, ma non diamo un segnale forte. Per le risorse che abbiamo, l’analisi fatta e le soluzioni di finanziamento proposte sono adeguate, quindi voterò questo provvedimento, però sappiamo di essere di fronte a una carenza complessiva nella strategia che deve incentivare le associazioni. Chiedo infatti alla maggioranza con forza — ormai il bilancio è fatto — di avere sempre un’attenzione particolare su come individuare le risorse e riservarle per incentivare le associazioni dei Comuni, perché sappiamo che per come va il sistema, per come tutti l’abbiamo disegnato — federale, autonomistico ecc. — il futuro è solo questo: razionalizzazione della spesa, organizzazione migliore, contenimento della spesa stessa, servizi migliori e mi permetto di dire una cosa che richiamo spesso, sulla quale dovremmo essere tutti un po’ più attenti: la formazione del management che devono portare avanti queste forme di associazione. Lo dico anche provenendo dall’esperienza di lavoro dei segretari comunali: non è più la figura del vecchio segretario comunale che può garantire l’implementazione di questo sistema. Può essere la base culturale, giuridica, la sensibilità dei segretari comunali e dei nostri funzionari dei Comuni e delle Province, ma se non si investe su un management più moderno, che spinge i processi anziché aspettarli, sicuramente perderemo qualche treno. IN fondo le Unioni di Comuni, le associazioni di servizi sono poche — 10-11 — rispetto ai tempi che attraversiamo, in cui, invece, l’unione è proprio urgente e ci fa superare sicuramente quella visione campanilistica che ha prodotto cose positive in passato e non ci fa cogliere le sfide del futuro adesso.
Ho prima detto al congresso dell’Uncem, al quale ho partecipato insieme al collega Modesti, che dobbiamo metterci d’accordo su una cosa in quest’aula: dobbiamo guardare alle politiche dell’entroterra, della montagna, dei piccoli comuni non in una situazione continua di patologia, e mi spiego: quando parliamo di problemi della montagna, lo facciamo per il terremoto, per il dissesto idrogeologico, per l’inquinamento, per la desertificazione, e allora cerchiamo di affrontare le urgenze e le emergenze. Io non sono d’accordo, chiederei a tutti i colleghi una politica forte di sostegno all’entroterra, ai microcomuni, all’organizzazione dei nuovi servizi, alle sfide sui nuovi servizi in maniera ordinaria, cioè bisogna crederci anche quando non succedono cataclismi o problemi gravi. Sapete che qui dentro abbiamo dovuto tribolare per qualche chilometro in più per le autolinee durante la discussione del piano dei trasporti: si è dovuto lottare in tutte le zone dell’entroterra perché i criteri, gli standard economici che chiediamo nei servizi non vengono soddisfatti dalla carenza demografica dell’entroterra, quindi se non si ha lì l’intervento sociale non risolviamo niente.
Quello è un esempio in cui ci siamo mossi in maniera un po’ residuale. Credo che in ogni provvedimento — questa è una legge importante di questa legislatura — dobbiamo muoverci con uno spirito diverso. L’incentivazione, il management, la sensibilità per la drammatica situazione dei piccoli comuni credo debba essere uno dei valori da mettere al primo posto.
Se affrontiamo il problema con questi valori, credo che possiamo cogliere le sfide future. Su questo si gioca veramente la nostra prima credibilità, perché con il cittadino ci sono altri modi con cui mediamo il nostro rapporto, quindi stampa, partiti ecc., ma attenzione, tutta quella fascia di amministratori, sindaci, consiglieri, assessori di piccoli comuni stanno sempre a guardare quello che facciamo noi, la politica della Regione, perché dalla Regione si attendono un messaggio decisivo. Ne va della sopravvivenza degli enti locali e su questo faccio una battuta che riguarda le Province. Qualcuno potrà ironizzare e dire che io ce l’ho con le Province. Non ce l’ho con le Province, magari perché sono gestite da uomini diversi dalla mia coalizione, no c’entra niente. Parliamoci chiaro: la politica del territorio delle nostre Province non è soddisfacente. Parlo del rapporto pacchetto Province-enti locali, perché le Province o hanno la strategia di espropriare gli enti locali dal farsi essi stessi grandi enti di bacino che gestiscono i servizi e questa tendenza c’è, quindi è un eccesso, invece dall’altra parte c’è l’insensibilità della Provincia per l’incentivazione di queste funzioni associate attraverso le Unioni di Comuni. Io non vedo grande sensibilità, assessore Modesti, da parte delle Province, quindi vedo le Province che si dibattono fra due poi che sono l’eccesso, l’uno rispetto all’altro: da una parte l’occupazione e l’espropriazione di tutto, senza spesso averne i mezzi, il personale, le capacità e la sensibilità — quindi inviterei le Province a un esame di coscienza — e dall’altra parte insensibilità per quanto riguarda i piccoli comuni. L’ho constatato dal nord al sud delle Marche, mi dolgo di questo, ma proprio per questo noi abbiamo una funzione essenziale, cioè l’amministratore del Comune e, soprattutto, del piccolo comune, guarda alla Regione e siccome la funzione di programmazione è la nostra, dobbiamo dare, sia a livello finanziario che organizzativo, un segnale importante. Certamente quello finanziario diventa il punto numero uno quando parliamo dei nostri amministratori, perché quello è il pretesto dell’incentivo.
Quindi confermo il voto favorevole su questo provvedimento, raccomandando di pensare a quei valori ai quali crediamo tutti, però quando arrivano certi provvedimenti siamo un po’ più freddi.

PRESIDENTE. E’ aperta la discussione. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Evidentemente non si può essere contrari a un provvedimento che viene incontro e rende agibile un percorso di miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia di alcuni strumenti associativi quali le Unioni di Comuni, quindi da questo punto di vista non saremo noi a tirarci indietro rispetto all’esercizio di una responsabilità dalla quale la Regione non può sottrarsi. Se è vero che è importante per dare sempre maggiori risposte ai cittadini sul piano di alcuni servizi pubblici essenziali, se è bene che i Comuni si associno fra loro, che cresca questo spirito solidaristico fra le Amministrazioni comunali, specialmente se sono contigue o ubicate nello stesso bacino territoriale, è altrettanto vero che è necessario che la legislazione regionale introduca, definisca provvedimenti rivolti a favorire questo stare insieme, una esigenza che è stata recepita dalla legge n. 2 del 2003, una legge che, come ricorderete, è arrivata in ritardo grazie alla lentezza legislativa di questa maggioranza, di questa Giunta regionale... Consigliere Mollaroli, non so perché mi guarda male. Le ricordo che la legge è stata approvata nel febbraio del 2003 e che una proposta di legge d’iniziativa del gruppo di Forza Italia è stata depositata in Consiglio un anno prima, a dimostrazione del ritardo con cui è arrivato il provvedimento regionale.
Il mio intervento che motiva e giustifica l’astensione su questo provvedimento, è legato ad una grave stortura della legge. Questa non è una legge giusta, è una legge fatta su misura della logica delle Comunità montane, o comunque è fatta dentro questa logica e non valorizza, non riconosce la libera iniziativa dei Comuni, proprio rispetto a questo provvedimento. Sulla reazione di alcuni Comuni della nostra regione — penso a un appello fatto in quell’occasione dal sindaco di Montegrimano — il nostro gruppo consiliare ha depositato agli atti una proposta di modifica di questo provvedimento che intende recuperare la possibilità per i piccoli Comuni che si associano fra loro, pur facendo parte di un ambito comunitario, di poter avere gli stessi benefici degli altri, che credo sia una cosa legittima. Voler a tutti i costi determinare il fatto che Comuni che fanno parte della Comunità montana, non possano costituire o usufruire di risorse finanziarie se si associano fra loro per la gestione dei servizi, non mi sembra una cosa giusta.
Una proposta di legge presentata dal nostro gruppo che, come tutto quello che passa per la I Commissione, viene censurata e accantonata. Non so se sono stati nominati i relatori, ma lei, Presidente, faccia uno strappo, metta in discussione la nostra proposta di legge nella prossima seduta, così possiamo parlare. Si tratta di un articolo unico di tre righe.
Comunque noi abbiamo presentato un ordine del giorno che di fatto recepisce lo spirito della nostra richiesta, che impegna la Giunta regionale ad apportare questa modifica, un ordine del giorno che, nel caso venisse accolto, ci porterebbe a votare favorevolmente il provvedimento, altrimenti dovremmo solamente prendere atto che si mantiene questa chiusura ed esprimeremmo un dissenso proprio per lo spirito punitivo nei confronti dei piccoli Comuni delle Marche che questa legge contiene.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Questa proposta deve essere inquadrata nel problema più ampio della razionalizzazione degli interventi nei territori cosiddetti di area vasta, soprattutto insistenti su comuni che hanno piccole dimensioni. E’ una impostazione questa che il Consiglio regionale anche in altri atti importanti ha sempre ribadito essere prioritaria, poi le ricadute, le applicazioni concrete sono state forse inferiori alle attese, perché molto spesso non c’è la capacità di coordina(re una effettiva intesa fra Comuni e raggiungere quegli obiettivi che, soprattutto per determinate materie, debbono essere patrimonio di progettualità in grado di integrare.
Sull’impostazione siamo d’accordo, lo stava dicendo prima il collega Massi, non è possibile pensare soprattutto a territori come quelli montani, senza una unione di forze, di sinergie. Il problema è, come sempre, giungere in aula con anche un’analisi di quella che fino ad oggi è stata la realizzazione concreta nell’attivazione di strumenti che riguardino unioni e intese fra Comuni. Questa è invece una base di riflessione che manca sempre nelle nostre discussioni, cioè rimangono sempre molto generiche, rimangono sempre sui principi generali, quando invece ci sono già delle possibilità di verificare quello che nel concreto è stato realizzato e fatto e di verificare le criticità. Una di queste è l’assenza di un punto di riferimento stabile per coordinare e portare tutte le entità che possono essere omogenee, ad uno stesso sforzo progettuale di concreta realizzazione. Lo stiamo vedendo anche nell’ambito del piano sociale: abbiamo affidato ai coordinatori di ambito il compito di razionalizzare le scelte degli assessori che nei vari Comuni si occupano di attività sociali, di politiche sociali, molto spesso il coordinatore di ambito, essendo estraneo alla vita e alle attività dell’amministrazione locale si rivolge a un assessore per cercare di fare in modo che si chiariscano determinati aspetti o determinate concrete problematiche e quindi ci si affida alla buona volontà di questo assessore affinché contatti gli altri assessori competenti alla materia. C’è questa obiettiva difficoltà e molto spesso questa difficoltà dipende dal fatto che non si è ancora centrata la modalità, soprattutto, di unione, di unire progettazioni e unire gli sforzi. Su questo la proposta cerca di essere ancora di più puntuale per quanto riguarda almeno le dotazioni economiche e le indicazioni dei criteri di calcolo dei contributi e di distribuzione delle risorse.
Siamo però ancora in una fase nella quale c’è una grande difficoltà, l’esigenza la colgono tutti, poi la realtà cammina ancora con fatica.
Faccio un altro esempio: le questioni di polizia locale. I piccoli Comuni molto spesso si trovano nell’impossibilità di affidare all’unico vigile urbano i compiti di base. Anche qui degli esperimenti ci sono, degli sforzi sono stati fatti ma non è stato razionalizzato un percorso, soprattutto non sono stati incentivati quei canali che possano essere di ausilio, di aiuto, d’impulso.
Di fronte alla ulteriore attività che svolgiamo verso questa direzione, in linea di principio assolutamente condivisibile, c’è la perplessità su che cosa sarà realizzato in concreto. Questo interrogativo lo rivolgo all’aula, all’assessore, affinché, effettivamente, l’assessorato possa essere in grado di dare indicazioni procedurali, di attivazione di questi strumenti con maggiore chiarezza e puntualità, per sollecitare gli enti locali, soprattutto quelli minori, a fare in modo di superare chiusure o divisioni di campanile e riuscire a cogliere, invece, la bontà dell’impostazione di Unione tra Comuni.
Direte voi che c’è una sollecitazione implicita quando si mettono a disposizione risorse finanziarie e si premiano i progetti e le progettualità di integrazione. Ma fino ad oggi non è bastato, l’abbiamo visto, abbiamo colto poche occasioni. Gli enti locali hanno colto poche occasioni, forse anche per la penuria delle risorse, perché non mettiamo grandi dotazioni finanziarie a questo tipo di strumenti. Allora, incentivare questo, ma soprattutto cogliere quella necessità che tutti i Comuni sottolineano, di vedere individuato bene un capofila, un coordinatore delle politiche di unione per materia, perché così facendo si ha almeno una titolarità, una responsabilità, un ruolo, una funzione, degli uomini, dei doveri di attivazione, nella chiarezza di certi meccanismi.
Questo sento di dover sottolineare, proprio per fare in modo che questo atto non sia una stanca ripetizione di modulazione di criteri e di finanziamenti, ma sia anche una riflessione su quello che è un principio positivo e quella che però è ancora una ricaduta insufficiente, a mio avviso, delle politiche attive di unione tra enti locali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Dico al consigliere Giannotti che condivido alcune delle sue considerazioni, in particolare riconosco che la legge di fatto determina un compromesso tra Unioni di Comuni e Comunità montane. E’ stata una scelta che all’epoca abbiamo fatto, che potrebbe anche essere rimessa in discussione, ma necessita di una forte concertazione e condivisione con le Comunità montane stesse.
Potevano essere risolte alcune di queste contraddizioni che il compromesso legislativo determina, con la produzione da parte della Giunta, del piano di riordino territoriale che avrebbe dovuto definire con più precisione gli ambiti territoriali, le forme di gestione associata e da riconoscere, perché non esistono soltanto le Unioni di Comuni e le Comunità montane, ma anche tante altre forme che la legge consente ai Comuni di attivare — concorsi, protocolli d’intesa ecc. — che dovevano poi dare vita a più precise forme di sostegno da parte della Regione. Questo non è stato possibile, io mi auguro che sia materia sulla quale il prossimo Consiglio possa tornare per dare risposte a un problema serio nella nostra regione: quello di sostenere con forza, con politiche significative, la gestione associata dei servizi e le Unioni di Comuni, essendo la nostra una regione dove sono presenti moltissimi piccoli comuni.
Questo atto completa alcune azioni significative che sono state portate avanti — quella dell’informatizzazione, quella dell’e-government — quindi completa un processo. Non sono risorse inutilizzate, anzi sono risorse utilizzate bene, che si sceglie di mettere a disposizione per completare questo processo per il quale i piccoli Comuni, se non avessero il sostegno della Regione, probabilmente non sarebbero in grado di fare con risorse proprie.
In questo contesto e con questi limiti ritengo che l’atto sia utile, un atto che mette a disposizione risorse per fare in modo che i piccoli Comuni possano avere strumenti simili agli altri. Un appello va fatto a tutti noi o a chi ci sarà, perché si riprenda in mano questa politica di sostegno alle forme associate dei Comuni in maniera più approfondita e più rispondente ai bisogni che i piccoli Comuni hanno.
Stiamo discutendo in Commissione, a proposito della considerazione finale che faceva Pistarelli, su uno dei possibili servizi associati, quello della polizia locale, stiamo ragionando su una proposta di legge di questa natura e penso che anche quella sarà la sede per trovare perlomeno risposta alla gestione associata di questo servizio.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Modesti.

Cataldo MODESTI. Mi pare che c’è una larghissima condivisione, quindi posso essere molto breve nella mia valutazione conclusiva. Aggiungo che la proposta così come formulata, poi passata al vaglio della Commissione, è stata ampiamente concertata con tutti i soggetti interessati: abbiamo fatto più riunioni, alcune estremamente partecipate, possiamo parlare di vere e proprie assemblee e alla fine si è fatta la sintesi fra queste esigenze che a volte sono anche contrapposte: piccoli Comuni, quelli più grandi, Comunità montane, Unioni di Comuni, altre forme associative che pure esistono. Il lavoro fatto un buon lavoro. Anche rispetto al problema che pone il collega Giannotti, oggetto anche della risoluzione, bisogna precisare che il problema delle Unioni di Comuni, perlomeno per quello che riguarda quest’anno finanziario, è risolto nel senso che a differenza dell’anno precedente ci sono più risorse e una parte di queste, peraltro neanche trascurabile, viene appositamente destinata esclusivamente alle Unioni di Comuni, quindi il problema che è stato posto è un problema generale che sta all’interno della legge, con quella scelta fatta a suo tempo che io ritengo giusta, anche se delicata. Però in questa fase, con la proposta di atto amministrativo veniamo abbondantemente incontro alle esigenze delle Unioni di Comuni.
Altra cosa che va specificata, è che non risponde a dati reali l’affermazione secondo la quale la stragrande maggioranza delle Unioni di Comuni sono concomitanti totalmente o parzialmente con le Comunità montane. E’ l’esatto opposto, cioè che sono la stragrande minoranza, quindi anche questo presunto dualismo fra Comunità montane e Unioni di Comuni che si intrecciano, è problema marginale, perché non riguarda la maggior parte delle Unioni. Ad oggi siamo arrivati a 12 perché ne sono state costituite due di recente e di fatto due soltanto si interfacciano con le stesse Comunità montane, quindi il problema c’è, ma nei minimi termini e non come formulato della proposta di risoluzione.
Nel merito mi pare che lo stesso dibattito della Commissione fa chiarezza sulle procedure e sulla volontà comune del Consiglio di venire incontro alle esigenze dei piccoli Comuni.
Invece il problema di fondo che è stato sottolineato da pi interventi è un problema reale. La stessa legge era nata con l’obiettivo di favorire un riordino complessivo degli ambiti con cui i Comuni gestiscono i servizi. Questo problema non è semplice: l’assessorato, il servizio hanno avviato da tempo una indagine a 360 gradi su tutti i Comuni marchigiani, abbiamo avuto la risposta, anche se con un po’ di ritardo, di tutti gli enti interessati, nessuno escluso e viene fuori che abbiamo alcune centinaia — non decine — di forme di gestione sovracomunale dei servizi: 200 ed oltre consorzi in senso classico, poi altre centinaia di forme associative, nelle varie forme previste dal testo unico sugli enti locali. Mettere in sintonia tutto questo non è facile: da un lato abbiamo difficoltà di ordine normativo: sul piano politico-istituzionale l’autonomia, che nessuno si sogna di mettere in discussione, degli enti locali, rafforzata dalla riforma del titolo V della Costituzione; dall’altro lato c’è ancora un’incertezza, anche se si sta chiarendo favorevolmente alle Regioni su chi ha compito ad intervenire su questo, perché la Costituzione afferma che l’ordinamento degli enti locali è materia esclusiva dello Stato, poi con pronunciamenti successivi si sta delineando il fatto che, nonostante questa affermazione, tuttavia in queste seconde forme si riconosce un ampio margine di manovra di intervento alle stesse Regioni, quindi questo sarà fatto, ma ovviamente nella prossima legislatura. Noi abbiamo davanti, ormai, solo qualche settimana di tempo.
Voglio rassicurare il Consiglio che su questi problemi si sta lavorando, non è che tutto è fermo. E’ un movimento continuo, è un confronto continuo con il sistema degli enti locali, la Regione partecipa attivamente a questo confronto: ha partecipato al congresso dell’Anci per i piccoli Comuni, a più appuntamenti con l’Uncem, questa mattina abbiamo partecipato all’assemblea congressuale dell’Uncem. Di queste problematiche si discute, c’è un confronto aperto fra la Regione e le rappresentanze degli enti locali per concordare un percorso che possa portare a soluzione le varie problematiche. Ripeto, dirlo è facile, realizzarlo è più difficile, perché disegnare ambiti ottimali è un’affermazione giusta, ma l’esperienza concreta ci dice che i livelli di gestione dei servizi, raramente coincidono per la loro complessità, con ambiti che possano essere sempre gli stessi. Quindi occorre flessibilità, duttilità.
L’ultimo problema è quello del rapporto Comunità montane-Unioni di Comuni. La legge regionale 2 del 2003 ha fatto una scelta a mio avviso giusta, che seppure parzialmente rischia di penalizzare in questa fase le Unioni di Comuni, tuttavia aveva un obiettivo giusto, che è quello di evitare il proliferare la nascita artificiosa di enti che si sovrappongono ma che nascono soltanto per poter attingere a qualche risorsa in più. Questo va impedito, per cui, se mai, si pone il problema di ragionare sulla ridefinizione dei confini delle Comunità montane. Voglio ricordare ai colleghi che le Comunità montane sono esse stesse, per definizione legislativa, unioni di Comuni a tutti gli effetti. Se mai bisogna porsi il problema, dopo tanti anni che i confini delle Comunità montane sono rimasti immobili — la classificazione dei toni montani ha ancora come base la “legge Fanfani” del 1952 o 1954 — quindi bisogna andare alla riperimetrazione dei confini delle Comunità montane in modo che siano più funzionali alla gestione dei servizi e alla riclassificazione dei territori montani alla luce dei profondi cambiamenti che ci sono stati nel corso di questi decenni.
Questo lavoro si sta facendo, credo che questo Consiglio e questa Giunta lasceranno ai successori, da qui a poche settimane, un lavoro istruttorio, un approfondimento tale che consentirà di poter davvero, nei prossimi mesi, decidere definitivamente in una materia così complicata.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.
Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Debbo disciplinatamente accodarmi a quanto il gruppo di Forza Italia, nel voto esprimerà, quindi l’astensione, perché c’è un ordine del giorno predisposto da noi, con il quale impegniamo la Giunta regionale a predisporre un progetto di modifica della recente disciplina, al fine di prevedere l’esclusione dall’erogazione di contributi regionali solo delle Unioni di Comuni comprese in una Comunità montana preesistente o con questa coincidenti.
Di fatto debbo esprimere, personalmente, la contrarietà a questo provvedimento di Giunta che forse anticiperà quello che nel 2005 verrà qui a battere cassa: Unione dei Comuni del sud della regione Marche o del nord dell’Abruzzo. Ma lo leggo tra le righe, quindi è una anticipazione solo per malignità politica.
Però signori miei, quando si emanano queste proposte di atto amministrativo direi di fissare delle regole precise, perché così facendo, non avendo stabilito i criteri delle associazioni di Comuni, Comuni che si alleano per qualsiasi motivo — predominante è quello amministrativo, la difficoltà dei piccoli Comuni a reperire risorse — di fatto si dimostra una superficialità amministrativa, perché leggendo bene tra le righe di questa proposta di atto amministrativo, vediamo “funzioni di servizi e di contributi alle Unioni di Comuni”. Perché? Quali Comuni? Chi decide se non l’amministratore quale Unione dei Comuni favorire con questa contribuzione, facendo quindi una scelta a priori? Perché vogliamo escludere forme giuridicamente stabili come le Comunità montane, che di fatto sono Unioni di Comuni? E perché dobbiamo invece sostenere, a mio modesto avviso, Unioni di Comuni per me improprie, se non ben centrate nel contenuto politico e poi amministrativo?
Per questo io mi astengo come il mio gruppo mi impone, ma a titolo personale non vedo chiare le regole che determinano l’esclusione o l’inclusione delle Unioni di Comuni così come presentato da questo atto amministrativo.

PRESIDENTE. C’è un emendamento a firma Modesti, che pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno a firma Giannotti, Brini e altri.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Il significato è chiaro, assessore.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Modesti.

Cataldo MODESTI. E’ chiaro il significato dell’ordine del giorno, ma mi pare che sia stato chiaro anche l’intervento che ho fatto io, nel senso che rispetto alla questione specifica c’è la legge che pure ha rappresentato qualche contraddizione, comunque è stata fatta una scelta precisa e quindi, finché non ci sarà un riordino complessivo non si potrà modificare quella legge un pezzettino per volta. Però ho anche aggiunto che il problema del riordino complessivo è non solo reale ma all’ordine del giorno, su cui si sta lavorando. Ecco allora che il problema della definizione dei rapporti tra le Comunità montane, le Unioni di Comuni e le altre forme associativa va rivisto nel suo insieme nei prossimi mesi, visto che noi siamo alla fine del mandato, quindi il problema che è stato posto qui e che è parziale, verrà risolto all’interno della rivisitazione complessiva. Limitarsi a votare questo vuol dire che noi ci facciamo carico soltanto di togliere mezzo comma da una legge per dare fondi alle Unioni di Comuni che si interfacciano con le Comunità montane. Su questo la scelta che ha fatto il Consiglio con la legge 2 del 2003 mi pare che ad oggi vada riconfermata, fermo restando che riordino complessivo vuol dire rivedere le Comunità montane e quello che dicevo prima.
Per questi motivi mi pare che va colto lo spirito dell’ordine del giorno, ma non è condivisibile il merito, perché il merito va inquadrato nella rivisitazione complessiva.

Roberto GIANNOTTI. Noi abbiamo rilevato l’inadeguatezza della norma rispetto a quanto disposto dalla legge 2 che non mette sullo stesso piano tutti i Comuni, in modo particolare quelli piccoli della zona montana, quindi una anomalia che va sanata. personalmente io sono per lo scioglimento delle Comunità montane, comunque sono perché in qualche modo questo nodo venga affrontato sul piano politico, perché per esempio il fatto che le Comunità montane rimangano cassa di compensazione delle sconfitte elettorali, occasione per valorizzare personaggi politici sconfitti alle elezioni, è un’anomalia sulla quale vale la pena discutere. Quindi una discussione generale sul ruolo, il fatto che per esempio si preveda che le giunte delle Comunità montane sono composte esclusivamente dai sindaci, in modo da garantire tutte le Amministrazioni comunali, il fatto che vada affrontato il problema del risanamento finanziario. Lei lo sa che se andiamo a verificare i bilancio delle Comunità montane il 65% della spesa è destinato alla gestione dello strumento? Possiamo fare finta di niente rispetto a questo dato drammatico? Intanto, se questa è un’anomalia che si riconosce, votateci questo impegno. Almeno rimane nella storia di questo Consiglio regionale che su questo punto, con le sue assicurazioni, si possa andare, domani, ad una discussione e a una riflessione per migliorare la legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Annuncio che il gruppo dei Comunisti italiani voterà contro l’ordine del giorno di Forza Italia per un motivo di praticità, non ideologico. Perché la legge 2 del 2003 è ancora nella fase sperimentale. Ha una dotazione di risorse significativa ma non sufficiente e all’interno di questa fase sperimentale si sta compiendo una ricognizione per una ulteriore sintesi unitaria dei piccoli Comuni che la legge prevedeva all’interno dei 3.000 abitanti, quindi c’era una selezione per non disperdere le risorse.
Perché siamo contrari? Perché in realtà c’è una distinzione, non ci sono doppioni. Da un lato le Unioni di Comuni classiche e quelle nuove, dall’altro la legge sostiene anche interventi aggiuntivi per i Comuni che fanno parte delle Comunità montane ma che non possono fare ulteriori unioni all’interno delle Comunità montane e che però possono presentare risorse della presente legge per servizi aggiuntivi e comunitari che oggi le Comunità montane non svolgono.
Quindi non c’è alcun doppione e non possiamo, in corso d’opera, fare un ordine del giorno per cambiare la legge prima che essa sia attuata.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’ordine del giorno.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva





Proposta di legge (Discussione e votazione): «Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro» Giunta (261)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 261, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Procaccini.

Roberto GIANNOTTI. Manca il relatore di minoranza. Cosa prevede il regolamento, segretario generale?

Dott.ssa Paola SANTONCINI, Segretario generale. Normalmente i rinvii avvengono se manca qualunque relatore, perché non si può introdurre l’argomento, mancando un relatore, sia di maggioranza che di minoranza, ma il fair-play di rinviare si ha quando esistono i tempi, le possibilità e c’è la richiesta di rinvio da parte del relatore stesso, compatibilmente con la programmazione dei lavori dell’aula. Non c’è una prassi univoca.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Noi abbiamo votato contro questo atto, in Commissione, quindi è importante che il relatore di minoranza ci sia, però prima si è detto, da parte della maggioranza e dell’assessore stesso, che si sarebbe cercato di rintracciare Viventi.

Dott.ssa Paola SANTONCINI, Segretario generale. E’ irreperibile.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Svolgere una discussione sulle questioni del lavoro riferite ad una legge non è semplice, perché siamo all’interno di un contesto generale molto grave per le questioni del lavoro: da un lato la competitività totale, la globalizzazione, dall’altro, sullo scenario nazionale, l’ulteriore precarizzazione del mondo del lavoro da parte del Governo con la legge 30 ed in definitiva una previsione tutta tecnocratica, che valorizzi l’impresa anziché il lavoro, viene sancita dal fatto che anche il mondo dei saperi, delle università, in questa logica liberista, dovrebbero essere piegati allo scopo liberista.
In questo contesto il sistema della regione Marche è nel complesso positivo come tenuta sociale, sia dal punto di vista occupazionale — anche se non mancano le situazioni di crisi, di rischio, addirittura di declino di un modello economico — sia dal punto di vista dell’esistenza di un tessuto connettivo sociale-occupazionale del mondo del lavoro e dei diritti di rilievo nel contesto più generale.
Questa legge che modifica la legge 31 del 2001 compie una scelta importante: in primo luogo vedere, sempre dentro la compatibilità della legislazione nazionale, il ruolo pubblico nel settore della intermediazione, tra offerta e richiesta del lavoro.
Le finalità che vengono previste all’art. 1 sono significative: le pari opportunità contro ogni forma di discriminazione di genere, la previsione dell’inserimento dei soggetti svantaggiati e dei disabili, il ruolo pubblico. In un sistema ormai competitivo, purtroppo, che ha abolito il collocamento pubblico, il “sistema regione” inteso come amministrazioni pubbliche, non può deprivarsi degli strumenti per vincere la competizione a favore della socialità e non solo, di una concezione meramente del profitto. La stabilizzazione dell’occupazione, l’innovazione come elemento di sicurezza ed anche la qualità non solo intesa come nicchia, ma qualità per la quantità. Dunque attenzione ai tempi di vita e di cura delle persone.
L’articolo 2 definisce in maniera minuziosa la funzione regionale, ne individua il programma e indirizza le politiche attive per il lavoro in raccordo con le Province e nel rispetto del ruolo delle parti sociali. Il tentativo in atto a livello generale è quello di disarticolare, di spazzare via il contratto nazionale di lavoro.
Questa legge compie una precisazione: difesa del contratto nazionale, individuazione degli strumenti più idonei per realizzare le finalità di cui all’articolo 1, monitoraggio e verifica delle ricadute della legge medesima. Compie un’indagine conoscitiva, insieme agli enti locali, in primo luogo alle Province, per vedere le tendenze economiche e sociali sulla formazione e sull’istruzione. Legare sempre di più, ma in un concetto di socialità, l’istruzione alla formazione al lavoro in un’ottica complessiva e non vedere le esigenze delle imprese e del profitto e a queste piegare le scelte dell’istruzione.
L’articolo 3 definisce il piano regionale per le politiche attive del lavoro. A mio modo di vedere l’atto principale di indirizzo e programmatorio della Regione ha una durata di tre anni, è proposto dalla Giunta regionale, è approvato dal Consiglio regionale entro il 31 ottobre di ogni anno.
L’art. 4 declina il programma annuale per l’occupazione e la qualità del lavoro, qualità intesa non solo come prodotto ma all’interno di una filiera di qualità, in primo luogo della vita, di sicurezza nei luoghi di lavoro. Definisce il ruolo dell’agenzia regionale “Marche lavoro”, individua le categorie a rischio, individua altresì i criteri e gli incentivi per l’inserimento lavorativo. La Giunta approva questi criteri e poi ci sarà la concessione dei contributi attraverso una consultazione con i soggetti interessati.
L’art. 5 individua la conferenza interistituzionale, la consulta di proposta alla Giunta regionale che ha la durata della legislatura.
L’art. 6 prevede la Commissione regionale per il lavoro che è la sede concertativa per la proposta ed anche per la valutazione. In questo senso vediamo che la Commissione regionale per il lavoro deve svolgere in un’ottica innovativa, non la mera concertazione, che in alcuni casi ha assunto anche i connotati della degenerazione della concertazione, ma deve essere il luogo di partecipazione attiva dei soggetti.
L’art. 7 definisce le funzioni delle Province, in particolare quelle dell’art. 2 del D. Lgs. 469 del 1997; definisce anche le branche del collocamento, la formazione professionale, l’apprendistato, la creazione di nuove imprese, programmi provinciali annuali sentite le commissioni provinciali per il lavoro, coordinando l’attività dei soggetti pubblici e privati per l’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro.
L’art. 8 definisce le commissioni provinciali per il lavoro, l’articolo 9 i criteri dei centri per l’impiego e la formazione che sono i bracci operativi delle Province ed hanno un bacino demografico e territoriale, di norma non inferiore ai 100.000 abitanti, anche per intervenire all’interno di una massa critica e sociale entro cui si possa svolgere in maniera significativa una programmazione pubblica. Sono previste le funzioni di informazione sulle possibilità e i servizi per l’accesso al lavoro, sugli incentivi ed organizzano e gestiscono i corsi della formazione professionale.
L’art. 10 prevede l’avviamento a selezione presso amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche debbono effettuare assunzioni e lo fanno attraverso i centri per l’impiego e la formazione con apposita graduatorie provinciali o graduatoria unica se il soggetto richiedente insiste in ambiti sovracomunali.
L’art. 11 organizza ed autorizza lo svolgimento dei servizi di intermediazione e supporto alla ricollocazione. Le Regioni, le Province e le parti sociali, all’interno di queste modalità valutano le possibilità di autorizzazioni a soggetti pubblici e privati per i servizi di intermediazione, con particolare riguardo alla ricollocazione delle persone espulse da precedenti cicli produttivi. Compiti di università ed istituti di scuola secondaria sono previsti in maniera significativa. La Regione comunica al Ministero del lavoro la lista dei soggetti autorizzati.
L’art. 12 è significativo perché prevede l’accreditamento per lo svolgimento dei servizi al lavoro. Il comma 1 di questo articolo definisce che cosa sono i servizi al lavoro, la prevenzione della disoccupazione di lunga durata, l’inserimento degli svantaggiati, il monitoraggi sui flussi economici, che portano sia all’immissione che all’espulsione dal ciclo produttivo. Viene istituito l’albo dei soggetti accreditati. Il comma 3 prevede i requisiti per l’accreditamento e la permanenza, il comma 4 l’obbligo al rispetto dei contratti di lavoro nazionali. Il comma 5 prevede la possibilità di revoca dell’accreditamento se uno dei soggetti non ha più i requisiti.
L’articolo 13 prevede forme di cooperazione e di collaborazione tra i servizi pubblici ed i soggetti accreditati, con il comune obiettivo di giungere ad una migliore finalità della legge. Le Regioni e le Province possono affidare a soggetti accreditati lo svolgimento dei servizi con alcuni criteri di economicità e impossibilità del pubblico a poter fare questa cosa, altrimenti è giusto, anzi secondo me dovrebbe essere obbligatorio che fosse solo l’organismo pubblico a prevedere una cosa di questo tipo. Il comma 3 prevede l’informatizzazione, il comma 4 che i soggetti accreditati non possono certificare in merito allo stato di disoccupazione.
L’art. 14 definisce meglio il criterio di gestione per i servizi all’impiego, indica le modalità, gli standard di servizio.
L’art. 15 riguarda il sistema informativo “Marche lavoro”, la messa in rete complessiva. Regione e Province sono terminali informativi per tutti i luoghi nevralgici dove esiste questa necessità di intermediazione tra offerta e domanda di lavoro.
Il titolo III della legge riguarda le politiche attive per il lavoro. L’art. 16 il raccordo tra politiche per il lavoro e la formazione, il ruolo dell’immissione nel ciclo produttivo generale degli svantaggiati e delle fasce di esplosione sociale, per la sicurezza nei luoghi di lavoro, per favorire l’imprenditorialità giovanile e più in generale l’imprenditorialità per i soggetti disabili e per l’integrazione con l’autonomia scolastica. Questo è un punto molto delicato, perché in assenza di risorse certe per l’autonomia scolastica si avrà, in prospettiva, una scuola che vivrà o morirà in base alle dinamiche economiche e sociali. Se l’autonomia scolastica, l’istituto comprensivo sarà ubicato in un luogo ricco vivrà, avrà risorse o, in alternativa, ristagnerà e in prospettiva sarà spazzato via.
L’art. 17 riguarda i profili formativi dei contratti di apprendistato. La Giunta regionale e le parti sociali definiscono i profili formativi per l’apprendistato attraverso un contratto.
L’art. 18 parla dei tirocini formativi, contributi a soggetti pubblici e privati per la formazione dentro il luogo di lavoro, per integrare ed alternare studio e lavoro.
L’art. 19 prevede borse per soggetti di ricerca. Anche questo è un articolo molto impegnativo, perché vengono previsti contributi a laureati e diplomati disoccupati per progetti di ricerca presso le imprese e senza fini di lucro.
Il capo II parla della promozione dell’occupazione. L’art. 20 sull’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati — che tra l’altro vede anche un ordine del giorno che va nel senso di migliorare la legge stessa — prevede che la Giunta regionale, sentite le organizzazioni sindacali e le associazioni dei disabili individua gli interventi per l’inserimento di queste fasce. La Giunta regionale e le Province annualmente individuano i requisiti dell’attività e i requisiti professionali dei tutori aziendali, a sostegno di questa prerogativa. Individua altresì le categorie da assumere in base alla legge nazionale e regionale.
L’articolo 21 riguarda l’inserimento lavorativo con sostegno al reddito, forme sperimentali per l’inserimento lavorativo a disoccupati privi di ammortizzatori sociali. Non è un sostegno alla classica disoccupazione, ma favorire sostegno alla possibile occupazione: sostegno economico per la durata del progetto promosso dalla Regione. Il comma 4 prevede che la Giunta regionale, sentite le Province e le parti sociali, disciplini quanto previsto da tutto l’articolo.
L’articolo 22 riguarda incentivi per l’occupazione. Regione e Province concedono aiuti alle imprese che assumano soggetti svantaggiati a rischio di esclusione sociale, in primo luogo le donne disoccupate con più di 50 anni.
L’art. 23 concerne il sostegno alla creazione dell’impresa, il 24 la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Il capo III della legge è relativo all’inserimento lavorativo dei disabili.
L’art. 25 riguarda la promozione dell’integrazione lavorativa delle persone disabili. Il comma 1 concerne il sostegno al collocamento mirato, il comma 2 la promozione di attività autonome, il comma 3 iniziative di formazione mirata, il comma 4 la programmazione regionale per favorire l’inserimento, il comma 5 requisiti per i tutori aziendali che aiutano le fasce di disabili, il comma 6 il difensore civico. Questo è un aspetto controverso e contraddittorio. C’è un emendamento in questo senso: sarebbe opportuno abolire questo comma, proprio perché esistono figure di garanzia generale e il rischio è che si possa intravedere in questa previsione la ghettizzazione di alcune fasce che avrebbero bisogno di un tutor a parte anziché delle condizioni più generali. Il comma 7 riguarda criteri del piano regionale, il comma 8 la casistica provinciale.
L’art. 26 concerne il fondo regionale per l’occupazione dei disabili. Il fondo serve per contributi per tutte le azioni preliminari all’assunzione.
L’articolo 27 è relativo alla commissione per il collocamento dei disabili.
L’articolo 28 riguarda criteri per le valutazioni delle convenzioni.
L’articolo 29 è relativo a tutela e stabilità del lavoro, con accordi finalizzati al mantenimento dell’occupazione, difensivi per mantenere l’occupazione che in quel momento si registra, ma anche attivi con processi di innovazione finalizzata alla stabilizzazione e al miglioramento dell’occupazione.
L’art. 30 riguarda misure che anticipino le crisi occupazionali. Questo è un articolo tutto da sperimentare, ma la previsione di questa cosa è importante, perché tutte le iniziative da svolgere dal sistema degli enti locali per prevenire le crisi sono importantissime, anche se il ruolo pubblico da questo punto di vista, è purtroppo effimero, sia per aspetti istituzionali ma soprattutto per le risorse.
L’art. 31 riguarda interventi in materia di previdenza integrativa e complementare, con azioni informative sulla previdenza integrata che purtroppo, oggi, non per colpa della Regione Marche ma per una situazione più generale, sostituirà la previdenza pubblica. In prospettiva anche la cosiddetta “liquidazione”: il Tfr non servirà più fare un risparmio per la vecchiaia, per la propria famiglia, ma servirà per pagarsi la pensione. Se uno sarà fortunato potrà farsi la pensione, oppure utilizzare la previdenza integrativa in caso di malattia, per pagarsi la clinica.
Il capo V prevede la sicurezza e la qualità nei luoghi di lavoro e dell’impresa. Da questo punto di vista esistono anche testi legislativi per una valutazione sociale del bilancio solidale dell’impresa, tuttavia mi pare questo un capo importante. L’articolo 32 riguarda la responsabilità sociale dell’impresa. Ci sono ormai aspetti che richiamano la necessità di una valutazione complessiva del ruolo e della filiera del mondo del lavoro, non più intesa solo come profitto o come prodotto, ma all’interno di una qualità della vita di un comprensorio, di un comune, di una provincia che vivano all’interno di un sistema solidale e non più, mi auguro, all’interno di un sistema egoistico secondo l’attuale tendenza generale. Sostegno a progetti per migliorare le condizioni di sicurezza e di salute, guerra all’inquinamento e allo sfruttamento minorile.
L’articolo 33 in particolare riguarda la sicurezza nei luoghi di lavoro: si deve dare corso alle intese fra la Regione Marche e gli organismi preposti, anzi sarebbe opportuno chiedere che nelle prossime riunioni delle conferenze Stato-Regioni, si chiedessero più ispettori per valutare le condizioni della sicurezza. Ci sono azioni e informazioni su tutte le forme che aiutino la sicurezza.
L’art. 34 prevede l’emersione dal lavoro irregolare: iniziative, benefici ma anche sanzioni.
Il titolo V concerne le disposizioni transitorie e definisce la dotazione per il 2004 di 46.600.000 euro.
Possiamo dire che questa proposta di legge, oltre a compiere una valutazione puntuale, ottiene anche un risultato: quello di recuperare il rapporto con le organizzazioni sindacali che su altri aspetti si era interrotto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Presidente, colleghi consiglieri, la legge che stiamo per approvare è un atto importante, che qualifica l’azione della Giunta e che dà lustro alla nostra Regione, la prima a dotarsi di una legislazione completa e moderna in tema di mercato del lavoro.
Vorrei sottolineare alcuni aspetti a mio parere qualificanti di questa normativa.
Innanzitutto sono continui i richiami alla collaborazione tra i vari livelli istituzionali e ad una politica concertativa con tutte le parti sociali che dovrà caratterizzare i vari passaggi attuativi e che tra l’altro ha caratterizzato dal principio la stesura della legge stessa.
E’ chiaro anche lo sforzo messo in atto per dare risposte concrete a coloro che sono alla ricerca di un lavoro, attraverso la creazione di un moderno sistema di servizi per l’impiego, che sia guidato da una forte regia pubblica ma in collaborazione con soggetti privati accreditati, che diano ampie garanzie in termini di capacità gestionali, di competenza e di esperienza.
La legge mette al centro le persone che fanno più fatica ad entrare nel mercato del lavoro, quelli che l’Ue definisce soggetti svantaggiati, i giovani che ancora non trovano un’occupazione, coloro che hanno superato i 50 anni e sono stati espulsi dai processi produttivi, gli immigrati, le donne.
A questo proposito è apprezzabile che sin dal primo articolo si faccia riferimento al principio delle pari opportunità ed al sostegno ad azioni positive contro la discriminazione in genere.
Mi piace sottolineare poi l’attenzione dedicata all’inserimento lavorativo delle persone disabili, nell’ottica di un rilancio della legge 68 del 1999 che miri ad una loro reale integrazione nel mondo del lavoro.
Da questo punto di vista l’articolato, prevedendo misure specifiche di formazione, l’istituzione di figure quali il tutor e il difensore civico e di un apposito fondo regionale va nella giusta direzione.
Un altro capitolo che la legge affronta con molta efficacia è quello della qualità del lavoro. La promozione della responsabilità sociale d’impresa, la formazione e l’informazione in tema di sicurezza, la lotta al lavoro sommerso sono tutte misure che per la prima volta sono disciplinate nella nostra legislazione regionale e che danno ancora più spessore e rilievo a questa normativa.
Concludo con un’ulteriore considerazione. Ritengo che il capo IV rivesta una rilevanza fondamentale in questo momento. Si parla infatti di contratti di solidarietà, di integrazione al reddito, di formazione e riqualificazione del personale. Credo che in un periodo in cui interi settori e territori della nostra regione stanno incontrando enormi difficoltà e centinaia di lavoratori sono posti in mobilità e in cassa integrazione, interventi di questa natura possono rappresentare delle risposte concrete ed immediate al fine di prevenire e contrastare situazioni di crisi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Occorre riconoscere la qualità di questa normativa che ci pone tra le Regioni più avanzate del nostro paese, riconoscere all’assessore Ascoli e alla Giunta di avere lavorato con molta serietà intorno a questo tema. I contenuti sono stati già indicati nell’intervento della collega Benatti, anch’io evidenzio quelli come dati fondamentali. Mantengo una riserva per quanto riguarda l’istituzione del difensore civico a proposito delle politiche di inserimento lavorativo per i disabili, ritengo che questo chiudere in ambiti troppo definiti possa ghettizzare le politiche di questa natura che dovrebbero invece stare dentro un sistema più complessivo e voglio chiedere all’assessore Ascoli se con questa legge noi riteniamo di poter raggiungere alcuni obiettivi che l’Ue ci chiede per quanto riguarda le politiche a sostegno dell’occupazione femminile, cioè il raggiungimento per il 2010 del 60% di occupazione femminile. Noi siamo non dentro queste cifre, on solo ma tra il 2003 e il 2004 c’è un peggioramento dell’occupazione femminile nella nostra regione e voglio anche fornire all’assessore Ascoli delle informazioni che probabilmente avrà, relative a uno studio preoccupante fatto da parte della Cgil della provincia di Pesaro sul ritorno di forti differenziazioni salariali tra uomini e donne. Stanno tornando pericolose situazioni di differenziazione retributiva, di assolute assenze di politiche di promozione delle donne nei ruoli apicali. Non solo, ma questo studio della Cgil ci dice anche come si sia notevolmente abbassato il numero degli occupati nel settore pubblico. Proprio ieri la magistratura contabile del nostro paese ha messo in evidenza, facendo una valutazione sui conti pubblici, come si stia passando da occupare a tempo indeterminato lavoratori nel settore pubblico ad un aumento notevole del numero di consulenze. Ritengo che anche nel momento in cui approviamo questa legge che ha tutti quei contenuti positivi che abbiamo già citato, dovremmo impegnarci anche come amministrazioni pubbliche a fare una politica più attenta rispetto a ciò che ci riguarda direttamente, anche per quanto riguarda le politiche dell’ente, poiché credo che non siamo fuori da alcuni orientamenti che riguardano l’insieme delle amministrazioni pubbliche della nostra regione.
Con queste preoccupazioni e questi dati che volevo mettere a disposizione della discussione del Consiglio e con quella nota di non condivisione rispetto all’articolo che prevede il difensore dei disabili sul quale le associazioni stesse dei disabili avevano perplessità, ritengo che oggi stiamo facendo un intervento legislativo di straordinario valore, costruito con una forte concertazione, con delle preoccupazioni iniziali da parte anche delle organizzazioni sindacali, che grazie al lavoro di condivisione e di discussione intensa che è stato fatto, sono assolutamente recuperati, anzi oggi arriviamo ad una valutazione altamente positiva.
Le politiche del lavoro sono di straordinaria importanza in un momento in cui c’è una legge nazionale, la legge 30 che stimola la precarizzazione, verso la quale invece, anche recenti indagini dicono che da questa i giovani si vogliono assolutamente differenziare, vogliono invece un lavoro stabile e sicuro, seppure non eterno. Però tra questo e la precarizzazione c’è dell’altro.
Un’ultima considerazione sulle politiche di conciliazione degli orari che qui vengono richiamate. Voglio esprimere soltanto una preoccupazione. Noi siamo stati una delle prime Regioni ad avere recepito i contenuti della legge 53 del 2000 sugli articoli che riguardano proprio la conciliazione dei tempi. Ritengo che dobbiamo concordare questi interventi, quindi una preoccupazione che non andiamo ad una frammentazione di questi interventi. Abbiamo una legge, ormai è un invito a chi verrà dopo di noi a darsi politiche solide da questo punto di vista, perché tra le ragioni per cui l’accesso al lavoro delle donne è discriminato, c’è quello della difficoltà, ancora forte in questo paese, a conciliare tempi di lavoro e tempi di vita, lavoro e cura, oltre ai quali necessitano non solo buone politiche ma anche più servizi e il cambiamento di atteggiamenti culturali che ancora sono presenti nel mondo maschile della società italiana e anche marchigiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non voglio entrare nel merito del provvedimento, perché ci siamo posti il problema se fare la fatica di proporre modifiche, ma avremmo dovuto rimettere in discussione l’impianto della legge. Vorrei solamente riprendere il filo di un discorso che abbiamo cominciato quando fu annunciata la predisposizione, da parte dell’assessorato al lavoro, di questo provvedimento, per richiamare alcuni giudizi che abbiamo espresso, che riteniamo possano leggere questo provvedimento. Un provvedimento che a mio parere risente del clima post-Biagi del nostro paese. Con questo provvedimento, per i toni usati nella sua presentazione, che ha avuto anche dei momenti forti, sui quali torneremo, si è voluto far passare il messaggio che questa legge serve a mitigare i danni prodotti nel nostro paese dalla “legge Biagi”, evidentemente una ricostruzione, un’immagine che noi non ci sentiamo assolutamente di accettare, perché non condividiamo il giudizio implicito che c’è sulla negatività della “legge Biagi”.
Questa filosofia alla base di questo provvedimento non è un caso, appartiene alla cultura di questa Giunta regionale, una cultura che ha puntato a creare continue fatture, continui contenziosi costituzionali con il Governo, nel tentativo di sfruttare questa divaricazione sul piano elettorale. Elementi da capitalizzare per la campagna elettorale.
Ho detto in un’altra occasione che questa legge rientra nella logica della disubbidienza e dello scontro istituzionale rispetto al Governo centrale, rispetto alla maggioranza parlamentare del nostro paese. Una campagna che ci vede oggi impegnati sul mercato del lavoro, ma che ha visto già questa Giunta regionale attaccare la Moratti per quello che riguarda la riforma del sistema scolastico, attaccare il ministro Maroni per quello che riguarda gli interventi finanziari destinati al welfare, tutte questioni che in qualche modo hanno consentito alla Giunta di alimentare questa polemica contro il Governo, contro la maggioranza di Governo, così come è avvenuto in passato, mettendo in piedi prodotti legislativi che hanno rischiato e che rischiano di essere considerati illegittimi, incostituzionali. Cito, uno per tutti, la legge sul condono. Abbiamo voluto strafare, abbiamo voluto applicare nelle Marche un condono di serie B che ha finito per penalizzare le famiglie, per poi renderci conto, come nella mia città, dove le domande sono state tantissime... E’ una città comunista, Agostini, non guardarmi.

Luciano AGOSTINI. E’ un strana concezione, che se il condono è di serie A è meglio.

Roberto GIANNOTTI. Abbiamo sempre detto che quando si fanno leggi per cercare di frenare leggi altrui, è un errore. Le leggi vanno fatte sempre in positivo.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Bisogna dirlo anche a Veneto e Lombardia.

Roberto GIANNOTTI. Presidente, sa che con me sfonda una porta aperta.
Altro aspetto che mi ha colpito negativamente e che si è tentato di far passare, un giudizio che ha accompagnato questo provvedimento, è che la proposta di legge regionale sul lavoro è ispirata, cito testualmente, un modello di mercato del lavoro più regolato e sostenuto da politiche di sviluppo e di welfare che rappresenta un modello alternativo rispetto alle scelte contenute nella “legge Biagi” che, come ricorderete, hanno fatto della flessibilità e della libertà d’iniziativa il loro elemento di forza. Una cosa che evidentemente i legislatori marchigiani non hanno voluto recepire per questa pregiudiziale.
Ho letto la relazione. Se è condivisibile l’analisi dei mutamenti sociali che viene fatta e che è stata ripresa, credo che il giudizio che è contenuto rispetto alle scelte del Governo, che pagano il vizio di una pregiudiziale ideologica, va respinto.
Le avvisaglie di questo taglio, di questa filosofia, erano venute dal convegno dove venne presentato ufficialmente questo provvedimento. Ricorderete che l’anno scorso fu organizzato un convegno dal titolo “Le regioni e il governo del mercato del lavoro: superare i limiti della legislazione nazionale”. Già di per sé il titolo dice tutto rispetto al taglio che si è voluto dare, ma lo scandalo è stato rappresentato soprattutto dalla composizione del cast degli oratori, guarda caso tutte figure istituzionali marcatamente di sinistra, cioè assessori regionali comunque provenienti da esperienze della sinistra o autorevoli esponenti nazionali, guarda caso lo stesso con la tessera di qualche partito della sinistra. Questo non è stato un buon auspicio, un buon punto di partenza, a dimostrazione che si voleva compiere fino in fondo questa operazione.
Altro aspetto che mi sembra possa essere in qualche modo rilevato, è che l’aver vantato, come si è fatto, il risultato della legge come il frutto di un’ampia concertazione con le forze politiche, economiche e sociali, è stato un pochino azzardato, una lettura fantasiosa della realtà.
Non mi sembra che le cose siano state proprio così, non mi sembra che il contributo in termini di proposta sia stato concreto da parte di coloro che sono stati coinvolti.
L’altro aspetto con il quale mi sembra valga la pena chiudere questo giudizio per annunciare la nostra posizione, è che non mi sembra si possa condividere il giudizio positivo sulla gestione pubblica del mercato del lavoro. Tutti sanno che gli uffici decentrati istituiti pochi anni fa rispondono solo in pochissima parte — non so se la percentuale del 3% è un dato reale — alle necessità... Non è reale? Siamo al 7%? Mi dicono comunque che la percentuale è al di sotto dei 10 punti percentuali, a dimostrazione del distacco sempre più forte fra la struttura pubblica e l’utenza.
La “legge Biagi” introduce un meccanismo: l’apertura alla società civile, la possibilità alla società di autoorganizzarsi, di esprimere punti di aggregazione non pubblici. La legge regionale su questo piano è molto ambigua. Vorrei che l’assessore mi dicesse che sbaglio su questo punto, così almeno ci sarebbe uno spiraglio in positivo per pensare a quella riduzione della regia pubblica assoluta. Vede Luchetti, io sono un ex democristiano come lei, sono contrario alle monarchie, sono contrario ai regimi assolutisti. Non credo che specialmente in questo settore... (Interruzione). Il comunismo è fallito per questo nel nostro paese, Agostini. Non userò i termini usati dal presidente del Consiglio, ma non insista.
Non ritengo che sia giusto il monopolio pubblico su questo mercato. Così come è un discorso generale il principio che abbiamo sempre affermato, della concretizzazione della solidarietà orizzontale, cioè che la società sappia riconquistare, sappia riacquistare uno spazio anche di responsabilità di gestione, credo che soprattutto in questo campo è bene che ci sia meno pubblico, pi sinergia tra pubblico e privato, con un ruolo per il privato che deve essere riconosciuto e valorizzato concretamente.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Credo che il Consiglio regionale stia per approvare un atto molto importante, non perché ci abbia lavorato i mio assessorato, ma perché è un momento importante che la Regione Marche segna nel calendario delle Regioni italiane. La Regione Marche è la prima Regione che, dopo la legislazione nazionale che ha innovato profondamente e ha cambiato molte regole del gioco — parlo della legge 30, cosiddetta “legge Biagi” e del decreto attuativo 276 così come altri decreti attuativi — è intervenuta in questo modo. La legislazione nazionale ha istituito regole e ha modificato contratti e tipi di lavoro in una maniera assolutamente importante, ma “importante” non significa importante in senso positivo, ha modificato in senso rilevante. Tutte le Regioni italiane che non condividono fino in fondo o per nulla la filosofia sociale che sta dietro la legge 30, si sono poste il problema, da un lato di intervenire per governare gli spazi che la legislazione nazionale lascia alle Regioni e dall’altra parte per cercare di modificare determinate impostazioni che derivano da quella legge. La legge 30 ha un grande difetto fondamentale, che è quello di pensare solo alla flessibilità, di non pensare alla sicurezza e alla tutela dei lavoratori e di non avere come punto di riferimento una contrattazione regolata e collettiva del lavoro che possa anche essere più varia e più vasta rispetto alla precedente, ma che non doveva assolutamente andare incontro a quella frammentazione di contrattualistica che abbiamo visto. Una legge 30 che ispira la creazione di 44 o 48 — ancora i conti non sono ben precisi — contratti di lavoro, creando una spinta poderosa verso una flessibilità non regolata che alcuni chiamano precarizzazione, e verso una modalità di uso della forza lavoro, non contraddistinta da sufficienti tutele e sufficienti diritti.
Del resto, quel modello che ispiravano certi documenti pre-legge 30 che alcuni sociologi chiamano della flex security, cioè “flessibilità e sicurezza sociale”, non è certo quello che ha ispirato la legge 30. Quindi noi ci siamo trovati di fronte a una legislazione che aumentava molto l’attenzione sugli attori privati nella funzione principale di collocamento e di intermediazione della forza lavoro, che non versava più risorse, fondamentalmente, sul ruolo pubblico e che dall’altra parte apriva uno sventagliamento di contratti e di fatto attaccava il ruolo delle organizzazioni sindacali e modificava in modo profondamente non rispettoso di diritti e di tutele del welfare, l’uso della forza lavoro.
Questa è la motivazione che ha spinto molte Regioni italiane a cimentarsi in una nuova legislazione regionale che, tenendo conto anche delle innovazioni necessarie, riconducesse a unità il governo del mercato del lavoro, stimando una funzione pubblica non cedibile a nessuno e cercasse anche di operare delle scelte di carattere innovativo nella regolazione del mercato del lavoro, per aumentare i diritti, le tutele, la sicurezza sociale e anche la spinta alla stabilizzazione dei posti di lavoro. Flessibilità non va confusa con precarietà: la flessibilità ci può essere, ma deve essere regolata, tutelata e deve garantire comunque le persone nei loro diritti di cittadinanza.
Questa legge vuole rispondere a questo ambizioso progetto di far fare un passo avanti alle Marche, di dotarla di uno strumento legislativo che le consenta di affrontare le sfide dei prossimi 10-15 anni, che aumenti il grado di tutela e il sistema di protezione sociale, pur nella necessaria spinta verso una maggiore flessibilità e che abbia come punto di riferimento sia le esigenze dei lavoratori, sia le esigenze della buona imprenditoria.
Vorrei subito ribadire quanto diceva il consigliere Giannotti in merito alla concertazione sociale. Questa legge nasce da un processo lungo di lavoro e di consultazione minuziosa con le parti sociali: le parti datoriali, quelle che tutelano i lavoratori, gli enti locali, le Province, l’Anci, l’Uncem, le associazioni di categoria degli artigiani, tutti quegli attori importanti, collettivi, nel mercato del lavoro. Il lavoro di concertazione è stato assolutamente intenso, prolungato è durato circa un anno, abbiamo condiviso una serie di momenti di discussione anche vivaci ma fecondi, tali che alla fine hanno consentito l’approvazione alla unanimità in commissione regionale lavoro di questo testo, e quando dico all’unanimità in commissione regionale lavoro, intendo un luogo nel quale stanno le Province, Confindustria, artigianato, agricoltura, datori di lavoro, sindacalisti tutti, quindi un concerto amplissimo, tutti quelli che potevano avere qualche cosa da dire erano rappresentati all’unanimità, hanno approvato questo testo, ovviamente ciascuno rinunciando a qualche proprio obiettivo, ma in nome dell’idea che valesse la pena di mandare avanti questo testo nella versione finale. Quindi la concertazione non è stata assolutamente frutto di una lettura fantasiosa della realtà come diceva il consigliere Giannotti, ma è stata profonda ed assolutamente intensa.
Per quanto riguarda i punti sollevati nella discussione, voglio rassicurare che qui non si vuole ripristinare il monopolio dell’azione pubblica nel mercato del lavoro. Del resto era già successo a metà degli anni ‘90 che questo fosse stato abbandonato come icona e fosse stato già aperto il discorso ad un pluralismo degli attori pubblici e privati nel mercato del lavoro. Questa è anche la filosofia che ispira questa legge. Si ribadisce certamente la centralità del governo pubblico del mercato del lavoro, si vuole ancora investire nei sistemi regionali di servizi per l’impiego e nei centri per l’impiego che sono a gestione delle Province, sui quali dirò qualche cosa, ma non si vuole certamente significare che solo i soggetti pubblici abbiano diritto entrare nel governo del mercato del lavoro, sia nella fase di collocamento che nella fase di intermediazione, di incontro fra domanda e offerta, nelle fasi delicatissime dell’orientamento, del councering e così via.
Tanto è vero questo che abbiamo dedicato molta attenzione ad alcuni articoli in cui si parla di autorizzazione, in cui si parla di accreditamento, in cui si parla di cooperazione tra pubblico e privato, proprio per significare che il modello è un altro. Non è il modello del monopolio, è il modello però di una regolazione pubblica di alto profilo in cui vi sia una responsabilità pubblica di queste politiche ma anche un pluralismo degli attori che debbono sottostare a determinate regole, quindi quando l’autorizzazione viene data, viene data perché si vuole che i soggetti privati abbiano una qualità elevata nel loro lavoro, quando l’accreditamento lo si usa non per penalizzare ma per costringere tutti i soggetti, pubblici e privati, ad alzare al massimo l’asticella della qualità e a competere sempre garantendo servizi che sono gratuiti per gli utenti, di grande qualità. Quindi rispedisco al mittente, o comunque rassicuro il consigliere Giannotti che a nome di Forza Italia o del gruppo intero della Casa delle libertà faceva queste osservazioni. Pertanto regia pubblica, pluralismo di attori, regole precise, tutele per tutti.
Per quanto riguarda i centri per l’impiego sono agenzie gestite dalle Province, uno ogni 100.000 abitanti. Abbiamo fatto grandissimi progressi in questi centri che sono gli eredi dei vecchi e polverosi uffici di collocamento che avevano un atteggiamento puramente passivo e amministrativo, aspettavano l’utente per mettere qualche bollo o qualche attestazione, invece qui abbiamo degli uffici che sono delle agenzie pro-attive, delle agenzie che vogliono e cercano di fare politica attiva del lavoro, in cui c’è una immissione di nuove professionalità e in cui sono molto aumentati i livelli di coinvolgimento della società cosiddetta civile. Vi ricordo che le indagini ultime attestano cifre ben più alte di quelle che il collega Giannotti evidenziava: nella provincia di Macerata si va ad esempio quasi al 17-18% di forze lavoro passate per i centri per l’impiego e del resto in tutto il mondo europeo dove anche le politiche attive del lavoro sono di più lunga tradizione, non si è mai arrivati a collocare più del 22-23%. Il che significa che i centri per l’impiego hanno elevato l’intensità del loro lavoro e mantengono comunque funzioni fondamentali, perché oltre al collocamento servono anche per costruire formazione, costruire orientamento. Nella nostra legge li abbiamo chiamati centri per l’impiego, per la formazione e per l’orientamento, a dimostrare la complessità dei compiti che svolgono, che va al di là anche del numero delle persone realmente collocate.
Vorrei poi dire che questi centri devono svolgere una funzione cruciale anche per il mondo delle imprese. L’utenza non è solamente costituita da singole persone ma anche dalle imprese. Qui si stanno verificando tutti i dati, tutti i master plan e tutte le normative,. Tutti i controlli, i monitoraggi che abbiamo fatto anche tramite l’agenzia regionale “Marche lavoro” ci dimostrano che c’è una crescente utilizzazione di questi centri da parte delle imprese. C’è una informatizzazione che ci pone all’avanguardia in Italia del sistema informativo “Job Agency” che stiamo collegando con la Borsa nazionale lavoro, c’è quindi un crescente investimento in risorse e informazione che pongono i centri per l’impiego delle Marche ai primi posti della graduatoria fatta dall’Isfol che è l’agenzia nazionale del Ministero del lavoro.
Quindi c’è di che essere soddisfatti, non c’è certamente da dormire sugli allori, perché molto resta ancora da fare.
Quello che abbiamo voluto poi svolgere nel campo delle politiche attive del lavoro è stato raccordare il più possibile le politiche della formazione con le politiche del lavoro, costruire strumenti nuovi per avvicinare i giovani, le donne, le persone disabili, le persone a rischio di esclusione sociale all’inserimento pieno nel mercato del lavoro, un’attenzione a tutti questi soggetti ravvisabile nel titolo III della legge. Abbiamo cercato di ridurre una visione e una realtà che non ci piaceva e che emergeva dagli articoli 13 e 14 del decreto 276 relativo al collocamento degli svantaggiati, l’inserimento delle persone disabili, cercando, qui sì, di ridurre quello che noi riteniamo sarebbe stato un danno per queste categoria, con una serie di garanzie di qualità, con una serie di garanzie reciproche di buon inserimento mirato nel mercato del lavoro e di diritti non violati, lasciando la possibilità anche alle persone in queste categorie di rifiutare determinate proposte di lavoro senza perdere le caratteristiche e le tutele della disoccupazione qualora tutto ciò sia congruo e concretamente coerente con un disegno di welfare e di pino sviluppo della persona nel mercato del lavoro.
Abbiamo cercato anche di inserire elementi innovativi come l’idea del sostegno con reddito qualora ci siano persone che altrimenti non sarebbero in grado di fare formazione e quindi di inserirsi meglio nel mercato del lavoro, abbiamo cercato di dare una spinta ai problemi della stabilità, della regolarità, soprattutto della sicurezza del lavoro, ci siamo poi voluti occupare anche di tematiche di grande spessore quali sono quelle della responsabilità sociale dell’impresa che riteniamo uno strumento importante nella modifica, nel miglioramento, nella qualità delle relazioni sindacali e lavorative e, in genere, del rapporto fra mondo economico, mondo sociale. Abbiamo anche cercato di spendere un po’ delle nostre capacità creative sui temi della emersione del lavoro irregolare, della sicurezza e sostanzialmente anche delle crisi occupazionali. Si tratta quindi di un disegno complessivo che non vuole penalizzare nessuno, che riafferma la necessità di una regia pubblica nel pluralismo degli attori, che dà ampie assicurazioni a tutti i soggetti privati che volessero lavorare bene, rispettando criteri rigorosi di qualità nel nostro mercato del lavoro, ma che cerca anche di dare una forte stimolazione alle politiche attive per il lavoro nella nostra regione, tentando di coniugare flessibilità con regolazione, diritti con occupazione, esigenza delle imprese con buona occupazione, insomma quella connessione fra sviluppo economico e welfare che è stata la caratteristica degli ultimi 30-40 anni del secolo precedente.
Per tutti questi motivi ritengo che le Marche si pongano con questa legge all’avanguardia, che abbiano un quadro che consentirà di procedere con molti altri atti alla modernizzazione dell’economia regionale e alla modernizzazione del funzionamento del mercato del lavoro. Nessuno si deve sentire penalizzato da questa legge, tutti potranno giovarsene, imprese e persone, proprio in questa ottica di equilibrio che credo la legge abbia assolutamente come suo baricentro.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Emendamento a firma Moruzzi. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Un organismo di questo tipo già in realtà esiste, perché c’è la Commissione regionale, quindi sarebbe un appesantimento.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 6.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Emendamento a firma Moruzzi, che ha la parola.

Marco MORUZZI. Nella commissione provinciale del lavoro si vuole che i rappresentanti delle associazioni di cui alla legge 24/85 siano nominati dalla consulta regionale delle persone disabili, quindi che si segua una procedura diversa dalle altre per la scelta dei rappresentanti delle associazioni disabili.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. In questo caso ci è sembrato più utile e agile per le commissioni provinciali, visto che le consulte sono già messe in moto, poter unificare questa rappresentanza e non lasciarla una volta alle consulte e una volta alle associazioni, quindi per rendere tutto più trasparente e ordinato.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 8.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Emendamento n. 4 a firma Ascoli.

Ugo ASCOLI. Abbiamo arricchito ulteriormente le competenze dei centri per l’impiego, quindi chiediamo di inserire, dopo la lettera d), una frase in coerenza con quanto dicevo, per cui ai centri per l’impiego va anche la consulenza alle imprese in materia di assunzione, analisi e definizione dei fabbisogni di professionalità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Mi sembra esagerato ipotizzare addirittura uno sconfinamento nel campo della libera professione. Noi diciamo che il centro per l’impiego, che è una struttura pubblica finanziata con i soldi dello Stato e della Regione, si mette a fare consulenza per le aziende. Io ritengo che anche voi uomini di sinistra, di fronte a una proposta del genere, dobbiate quanto meno porre il problema. IO me lo pongo e questo emendamento non lo voto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 5. Ha la parola l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Abbiamo inserito le attività volte alla realizzazione dell’obbligo formativo quali adempimenti di cui all’art. 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144 e di cui al Dpr 12 luglio 2000, n. 257. Non vi sfugga l’importanza di questo, perché la legge attribuisce alle Province i compiti di adempiere all’obbligo formativo, quindi li abbiamo inseriti anche nei compiti dei centri per l’impiego.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 5.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 6. Ha la parola l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. E’ uno scrupolo che abbiamo avuto alla fine. All’articolo 9, comma 2 c’è scritto “I servizi erogati ai sensi del comma 1 sono resi gratuitamente in favore delle persone inoccupate, disoccupate od occupate in cerca di altro lavoro”. Abbiamo deciso che bastava dire “gratuitamente”, per evitare che potesse sembrare che a qualche altra categoria potessero essere resi non gratuitamente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 6.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 9 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 18. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 19. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 20. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 21. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 22. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 23. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 24. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 25. Vi sono emendamenti a firma Moruzzi, che ha la parola per illustrarli.

Marco MORUZZI. L’emendamento n. 7 sostituisce la parola “favorisce” con “promuove e sostiene”, quindi dà maggiore forza. L’emendamento n. 8 aggiunge gli operatori della mediazione, una figura professionale più appropriata. L’emendamento n. 9 che riguarda l’articolo 25, prevede l’abrogazione di una figura che si voleva istituire, della quale la consulta regionale dei disabili ci chiede di soprassedere, in maniera tale che tutti i lavoratori, compresi anche i disabili, facciano riferimento al difensore civico e non a un difensore che si occupi soltanto dei disabili. Quindi un difensore civico che si occupi di tutti i cittadini e non venga a lui sovrapposta una figura specifica per i diritti dei disabili.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. C’è una logica sbrigativa, colleghi consiglieri. Dice spesso il consigliere Novelli che siamo pagati per fare questo mestiere, anche per fare le leggi. Non c’è stato un grande dibattito, non c’è stata una grande presentazione di proposte emendative, è stato un dialogo sostanzialmente fra sordi, perché facciamo sempre finta di intendere ma non intendiamo. Questo fa parte del gioco, un gioco al quale noi non ci stiamo, nel senso che poter dire, come direte domani mattina, che questa è la prima legge... Non è così, perché la legge della Lombardia è avanti dieci anni luce rispetto al nostro cammino. Evidentemente è un’altra filosofia. Poter dire domani che a conclusione della legislatura abbiamo approvato la legge sul lavoro mi sembra un risultato, una “patacca” di poco gusto da poter appendere alla giacca, nel senso che uno vorrebbe che un prodotto legislativo che deve segnare comunque un settore importante della vita regionale andava definitivamente approvato in termini ben diversi. Siamo a gennaio 2005, la gestazione è durata più di quella necessaria per un bambino. Secondo me avete fatto male la legge. Dopo ci sarà da fare un lavoro comparativo, ma lo faremo all’inizio della prossima legislatura: prenderemo i testi delle leggi di Marche, Emilia Romagna, Umbria e Toscana, poi faremo una valutazione complessiva, dicendo nomi, cognomi e il tipo di impostazione culturale e politica.
Ci sono degli emendamenti tecnici che hanno un minimo di ragionevolezza proposti dal consigliere Moruzzi, che hanno una logicità, un senso e se arrivate addirittura a bocciare anche questi vuol dire che non c’è alcuna volontà di migliorare questa cosa.
Io sono favorevole all’emendamento n. 8 del consigliere Moruzzi che mi sembra molto appropriato.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 7

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’emendamento n. 8

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’emendamento n. 9.

Pongo in votazione l’articolo 25 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 26. Emendamenti nn. 10 e 11 a firma Ascoli, che ha la parola.

Ugo ASCOLI. All’emendamento 10, dopo la lettera d) vogliamo ripristinare una cosa di cui ci eravamo dimenticati. C’è una voce importante che può alimentare e alimenta il fondo regionale per l’occupazione dei disabili, quindi abbiamo inserito una lettera d) bis che recita “i contributi esonerativi di cui all’art. 5, comma 3 della legge 68/99”.
Sempre all’articolo 26, comma 2, lettera a) abbiamo deciso, su istanza anche dei Comuni che si sono fatti sentire, dopo le parole “azioni positive di sostegno per il migliore inserimento del disabile”, abbiamo deciso di inserire anche “promosse da enti locali”, perché questo completa il discorso.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 10.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’emendamento n. 11.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 26 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 27. Emendamento n. 12 Ha la parola il consigliere Ascoli.

Ugo ASCOLI. C’è un emendamento per quanto riguarda la composizione della commissione paritetica per il collocamento dei disabili. Dopo la lettera b) si tratta di inserire un b) bis, cioè di comprendere in questa commissione anche il dirigente della struttura competente in materia di sanità pubblica o suo delegato. Poi c’è da aggiungere un ulteriore b) ter: “Il dirigente della struttura regionale competente in materia di pari opportunità o suo delegato”. Infine c’è da aggiungere una lettera f): dopo le parole “cittadini invalidi, mutilati e handicappati” inserire le parole “di cui uno nominato dalla consulta regionale per la salute mentale”.
Nel primo caso si tratta di arricchire la commissione di figure importanti, nel secondo caso di essere sicuri che almeno uno sia nominato dalla consulta regionale per la salute mentale che come sempre è uno degli handicap meno presi in considerazione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 12.

Il Consiglio approva

Decadono gli emendamenti 13 e 14. Emendamento n. 15 a firma Moruzzi. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 27 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 28. Emendamento n. 16 a firma Moruzzi. Ha la parola l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. L’articolo 28 che parla dei criteri per la validazione delle convenzioni, già dà la possibilità, al comma 1, di avere tutti gli attori che devono esserci, quindi le associazioni dei datori di lavoro, dei lavoratori. Aggiungere adesso una ulteriore specifica per i disabili in quanto tale, proprio per la stessa logica con la quale abbiamo abolito il difensore civico dei disabili perché ritenevamo che dovesse occuparsi di tutti, ritengo che per coerenza datori di lavoro e lavoratori interessino tutti e quindi non vada specificata di nuovo la categoria dei disabili, altrimenti saremmo incoerenti con la linea proseguita fino adesso. Vi chiedo quindi di non accettare questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non sono personalmente d’accordo su questa stesura. Se però il consigliere Moruzzi fa un subemendamento e prevede solo l’aggiunta delle associazioni dei disabili, mi trova consenziente. Non sono d’accordo a mettere sullo stesso piano i disabili e le associazioni della cooperazione sociale che sono altra cosa.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 28.

Il Consiglio approva

Articolo 29. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 30. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 31. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 32. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 33. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 34. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 35. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 36. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 37. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 38. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

C’è un ordine del giorno a firma Procaccini e Martoni che pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Nell’annunciare il voto favorevole, credo che debba essere sottolineata l’importanza di questo atto che, pure nella disattenzione dell’aula, dovuta ai fatti politici che incombono sulla legislatura che sta per finire, probabilmente è uno degli atti più importanti di questa legislatura e non la “patacca” che diceva Giannotti, con un commento fuori luogo e assolutamente indegno rispetto non solo all’organizzazione di un atto che presenta delle novità sostanziali. Tengo a sottolineare che questa proposta di legge attua il nuovo titolo V della Costituzione e viene ad attribuire alla Regione Marche, sulla base anche dei “decreti Bassanini”, una normativa organica per quanto riguarda il mercato del lavoro.
E’ un atto dei più importanti, perché attiene ad uno dei capisaldi del nostro welfare e si inserisce in quel filone politico che questa maggioranza ha sempre perseguito nel realizzare una coesione sociale forte nella nostra regione. Questo strumento ci consentirà di rafforzare questa coesione sociale, segnatamente ad una delle questioni fondamentali della nostra comunità. Mi riferisco in odo particolare all’integrazione degli immigrati, che grazie ad un mercato del lavoro vivace, ad un mercato del lavoro che riesce ad assorbire molta manodopera operaia e industriale, riesce a svolgere un ruolo sostanzialmente inalienabile per realizzare quella integrazione necessaria per la nostra regione e per il nostro tessuto produttivo.
Non è una copiatura come dice Giannotti ma una legge originale che è stata discussa per molto tempo, grazie ad una concertazione che corrisponde ad una metodologia che non si è adottata per altri sostanziali sul mercato del lavoro, quali ad esempio la legge 30 che riguarda l’intero mercato del lavoro nazionale. Attuando il nuovo titolo V della Costituzione noi prendiamo in mano una eredità che ha accompagnato lo sviluppo del nostro paese per tanti anni, con la responsabilità di riconiugarla con le novità presenti nel mercato del lavoro, soprattutto in riferimento alla coesione sociale per quanto riguarda gli immigrati, ma anche per dare qualche chances in più ai nostri giovani che fanno fatica, soprattutto laureati e i diplomati, a trovare uno sbocco nel mercato del lavoro marchigiano.
E’ una legge organica come non abbiamo mai avuto in passato per quanto riguarda il lavoro. Sottolineo doveroso dire che alcuni passaggi di questa legge presentano una sostanziale novità anche per quanto riguarda la disciplina della legge 68 riguardante l’inserimento dei disabili. E’ una questione che secondo me va ripresa. Si parlava prima della presenza dei disabili nelle varie commissioni, sia provinciali che regionale, ma credo che, così come impostato il lavoro in questa legge, riusciremo ad avere qualche chances in più per combinare qualcosa di positivo. E’ fondamentale, anche per distinguerci, come Marche, dal contesto nazionale, lavorare sodo in questa direzione e questa legge lo può assolutamente consentire.
Così come credo debba essere sottolineato — e non sono d’accordo assolutamente con quanto dice Giannotti — che c’è la possibilità anche di aprire un nuovo scenario su una collaborazione con i soggetti attivi del mercato del lavoro, siano essi le forze sociali, i sindacati, siano essi gli imprenditori, perché possano essere responsabilizzati in modo nuovo nella gestione di una così importante materia che li riguarda direttamente e che indubbiamente, ancora oggi presenta delle carenze, forse proprio perché non c’è stata una responsabilizzazione più diretta di questi soggetti in alcune parti della gestione del mercato del lavoro che, facendo leva in modo particolare sulla formazione, può dare sicuramente risultati positivi anche per una armonizzazione migliore tra la domanda e l’offerta del mercato stesso.
Credo che debba essere anche sottolineato il modo come siamo giunti a questo testo. Credo di dover dare atto all’assessore Ascoli di aver lavorato molto bene in termini concertativi e credo che vada ringraziato per il grosso lavoro che ha fatto. Gli devono dare atto di questo anche formazioni sociali che hanno collaborato con lui nella stesura del testo. Così come vanno elogiati i collaboratori dell’assessorato che hanno lavorato sodo, sono riusciti ad organizzare una normativa seria che ci darà sicuramente dei risultati positivi.
Credo che sia fondamentale, aldilà dell’impalcatura, rilevare che è un’articolazione complessa sotto certi aspetti, che andrà seguita da un apparato che nella sua snellezza deve essere molto bene attento all’evoluzione organizzativa di tutte le parti della legge. Deve anche essere sottolineato l’aspetto istituzionale, altrimenti rischiamo di fare un mercato del lavoro diviso e questo non è possibile.
Sono stati bene indicati i compiti che spettano alla Regione e alle Province, però dobbiamo convincere gli enti delegati, che oggi vengono ad avere poteri specifici nel mercato del lavoro, a far sì che il mercato del lavoro marchigiano rimanga organico e armonizzato. Alcune cose che stanno avvenendo in questo momento nelle Province non vanno bene. Non è pensabile che si alzino bandierine anche su queste cose. Ecco perché i momenti di indirizzo e di coordinamento dovranno essere, qualche volta, più cogenti in modo tale da non consentire una lacerazione del mercato del lavoro che, sia sul campo della formazione, sia sul campo degli indirizzi, dell’orientamento e del collocamento, non posso che avere criteri uniformi.
Credo tra l’altro che questa sia un’occasione — la legge lo prevede, riprendendo tutte le articolazioni, le normative fino ad oggi usate come la legge 31 — visto che rimangono incentivi soprattutto all’imprenditoria giovanile e per l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani in modo particolare, per tener conto anche delle prospettive di alternativa a delle economie di mercato che fino ad oggi abbiamo sperimentato relativamente ad iniziative di economia civile, che fanno perno, oggi, sulla cooperazione ma che possono avere anche altri sfondi.
Credo, al termine di questa mia dichiarazione, che vada sottolineato da parte dell’aula lo sforzo fatto sino ad oggi su questo versante e credo che possiamo andare oltre in quanto abbiamo tutte le risorse necessarie per fare un buon lavoro, ma sicuramente questa legge sarà di premessa per il programma del prossimo governo regionale che avrà da subito la possibilità di gestire una buona legge e una buona normativa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Sono spiacente di dover non sostenere il clima collaborativo, post-prandiale, pre-elettorale. La legge ha avuto un ampio assenso in Commissione, debbo però esprimere voto contrario, complessivamente, anche se devo dare atto, collegandomi alle parole del consigliere Luchetti, che la legge è meritevole sotto un punto di vista: rivendica a questo ente i poteri di legiferazione concorrente in materia di tutela del lavoro, che il titolo V ci riconosce. Lo dico con una punta di attenzione, perché il mio gruppo, stranamente unito nell’occasione, anche se è un gruppo misto e composto da esponenti con trascorsi dall’estrema destra all’estrema sinistra, ha presentato una proposta di legge per massimizzare, nelle Marche, la tutela del lavoratore dai licenziamenti discriminatori o illegittimi, normativa che era stata rivendicata da molti “governatori” d’Italia quando era alta la discussione sull’articolo 18 e sulla sua abrogazione per le imprese che assumevano superando la soglia, o addirittura estensione a tutti i livelli occupazionali. All’epoca molti “governatori” d’Italia, sia del centro-destra che del centro-sinistra dissero “questo è un potere che le Regioni rivendicano, perché la normativa quadro è quella statale che c’è — la 608 e la 604 — quindi saremo noi Regioni a organizzare la materia del licenziamento”. Proposta di legge firmata da me e dalla collega Cecchini e mai licenziata dalla Commissione perché gli uffici hanno ritenuto che, pur essendo, a Costituzione vigente, materia di legislazione concorrente, non era il caso di metterci bocca, poteva andare fuori dal seminato, “lasciamo fare allo Stato”. Viceversa, in questa normativa viene ribadito che la Regione ha un ruolo di regia sull’accesso al lavoro. Domando a me stesso e ai colleghi come è pensabile che possa avere la regia nell’accesso al lavoro e non sulla questione della espulsione, del provvedimento di recesso del datore di lavoro. Questa è un’impressione che lascio al microfono e alla prossima legislatura.
Il voto è contrario a questa legge, che ha dei punti meritevoli soprattutto dove afferma la necessità di non liberalizzare il mercato del lavoro al di là di quanto imposto dalla legge. Noi viviamo in una fase politico-economica difficile. Io ho fatto studi giuridici in un momento in cui l’intermediazione della manodopera era illecito civile e penale, poi abbiamo visto leggi a tutela del caporalato, approvate tra l’altro da maggioranze parlamentari di sinistra, per cui è una fase dinamica in cui è all’offensiva una forte prevalenza del capitale sul lavoro.
La legge non cade vittima delle sirene del liberismo a tutti i costi, della flessibilità a 360 gradi, per cui, in questo mi sembra che vi siano spunti condivisibili. Cionondimeno il voto contrari dipende proprio da quell’aspetto che il consigliere Luchetti segnalava come meritevole, della mancanza, nel testo normativo, di una norma di chiara preferenza nazionale. Ritiene chi parla — ve lo dico con un richiamo affettuoso — che l’avviamento al lavoro, a condizioni paritetiche, dei non italiani e non comunitari, così come gli italiani e i comunitari sono equiparati per atti internazionali, oggettivamente aggrava la sperequazione sul mercato del lavoro, perché non si può seriamente dire “siamo allarmati dal predominio del capitale nel mercato del lavoro”, quando poi questo Consiglio può approvare e abrogare leggi, ma non è allo stato degli atti abrogabile la legge della domanda e dell’offerta. Tutti comprendiamo che se l’offerta di lavoro viene moltiplicata a dismisura, inevitabilmente le condizioni sono deteriori, per cui avremmo gradito una norma non politically correct, ma una norma anti immigrazione o quanto meno di forte preferenza nazionale, invece è stata fatta la deprecata scelta del buonismo pro immigrazione, il che è un corollario di aggravamento di tensioni lavorative anche nella regione Marche.
E’ vero che ben poco si poteva fare, perché l’obbligo di ricevere lavoratori extracomunitari è imposto in Italia da sciagurate normative nazionali che la norma regionale poteva integrare ma non derogare, però si sia sinceri con noi stessi. Uno dei colleghi ha scritto recentemente un pregevole libro intitolato “Dopo il liberismo”: a mio avviso la volontà forte che impone l’afflusso di manodopera non residente è proprio libero mercato. Lo dice, prima di Sergio Novelli, la legge di due economisti svedesi negli anni 30 che hanno commisurato lo spostamento delle produzioni a intensità di lavoro e a intensità di capitale, a seconda che ci fossero prevalenza di lavoro o prevalenza di capitale nelle aree, indicando nell’emigrazione dei lavoratori l’unico strumento riequilibratore degli squilibri, per cui il capitale decide lui chi si sposta.
E’ ipocrita che queste cose noi ce le leggiamo, ce le studiamo, qualcuno arriva anche a fare lo sforzo di scriverle, ma poi non siamo conseguenti nell’applicarle.
Se la legge avesse avuto il coraggio di affrontare in maniera non demagogica ma scientifica e oggettiva il problema dell’immigrazione, avrebbe meritato un atteggiamento più disponibile da parte mia, piuttosto che il voto contrario che darò.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tontini.

Presidenza del presidente
LUIGI MINARDI

Roberto TONTINI. Dichiaro il voto favorevole del gruppo Ds a questo importante atto che nel far assumere alla Regione tutte le responsabilità che le competono in merito alla materia della promozione, della tutela e della qualità del lavoro, lo fa affrontandola con una legge organica che cerca di tradurre queste parole in politiche attive. Non si limita a fare una ricognizione degli strumenti burocratici per ragionare e per fornire servizi al lavoro, ma ha l’ambizione di promuovere quelle che debbono essere le politiche attive del lavoro, riconoscendo in questo un ruolo importante che in questo settore, in questo campo il lavoro assume e unendosi e sposandosi pienamente sul concetto che caratterizza gran parte delle politiche di questa nostra regione: i ruoli che i territori e le loro amministrazioni hanno nella gestione delle politiche economiche e sociali. Il lavoro è una di quelle fondamentali, che sempre di più, in una società in continua evoluzione, assume caratteri e connotazioni di sempre maggiore rilievo.
Con questo atto si cerca di mettere insieme e di dare ruolo ai vari attori, cercando di fornire politiche comuni e una convergenza di tutto il sistema della nostra Regione legato a queste politiche. Si danno compiti, funzioni, ruoli e si mettono ancora di più le premesse perché tutti gli attori, compresi quelli del mondo del lavoro, quindi i sindacati, i datori di lavoro, facciano della valorizzazione dei giovani, del lavoro, dell’intreccio fra domanda e offerta, delle politiche della promozione e dell’orientamento, le funzioni che di più favoriscano quella dinamica importante che nella collocazione e nel lavoro individuano un punto di rilievo e, attraverso questo, favoriscono le possibilità di ulteriormente qualificare il mondo complessivamente inteso della produzione e del lavoro nella nostra regione.
Con questo si attribuiscono in modo più certo e chiaro le funzioni alle Province, agli uffici territoriali e contemporaneamente anche alle Regioni. Da ultimo si colloca in modo ancora più stringente ed importante la funzione sociale che il lavoro ha per quanto riguarda il mondo dei disabili, dando soprattutto a questo settore la funzione e il tentativo di rispondere in termini positivi ad una domanda così importante e così rilevante.
E’ per questi motivi che il nostro gruppo voterà favorevolmente e con soddisfazione questa legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Questo atto ha comportato dei problemi, perché era già preparato da tantissimo tempo e siamo venuti a votarlo solamente nel gennaio del 2005. Questo atto innanzitutto è stato votato da tutta la maggioranza con voto contrario in Commissione. Oggi avevamo già ribadito che era indispensabile che fosse presente il relatore di minoranza. Tutti parlano di una grande legge, che invece è in contraddizione e in dissidio con la “legge Biagi”, tanto è vero che la legge regionale fa un passo significativo rispetto alla legge 30 e al D. Lgs. 276, ma non risolve assolutamente questo problema.
Secondo noi la Regione Marche rinuncia a intervenire legislativamente e in prima persona sul collocamento degli svantaggiati. Il comma 6 dell’art. 13 del 276 affida alle Regioni una autonomia legislativa su come normare il collocamento degli svantaggiati. La Regione Marche da una parte coglie questa sua specificità, però non la esercita fino in fondo, quindi è qui che sorge, in modo particolare, una grossa perplessità.
La parte per la quale esprimiamo un dissenso forte riguarda proprio il collocamento dei disabili, perché l’articolo 14 di questo 276 fa un’operazione rispetto al collocamento dei disabili, che è un passo indietro rispetto alla filosofia che in questi anni ha guidato questa partita.
La legge 68 del 1999, che non era una cattiva legge — e voi dovreste essere maggiormente a difesa di quella legge — metteva al centro il diritto al lavoro delle persone disabili, non solo come possibilità di integrazione ma come diritto sancito dalla nostra Costituzione, quindi rispetto a quel diritto le imprese e il sistema dei servizi dovevano ottemperare per garantire alle persone disabili il diritto al lavoro. Noi compiamo, con questa legge, un salto indietro rispetto a questo principio e si individua un tipo di collocamento all’interno di cooperative, quindi si aggira il dovere delle imprese di assumere e il diritto dei disabili ad essere assunti. Non capisco perché si debba dare tutto questo grande risalto al fatto che la Regione Marche è la prima Regione ad avere fatto una buona legge in materia, cosa che non è assolutamente vera, perché oggi non abbiamo queste condizioni. Una parte di dissenso nelle audizioni era stata portata anche dalle associazioni e un certo dissenso c’era stato anche dai sindacati. Non vedo perché, a fine legislatura, venga votata una legge di questo genere che non dà assolutamente alcun tipo di garanzia, ma addirittura si mette in dissenso con la “legge Biagi”. Questa non è un’affermazione mia, ma che è stata ribadita nelle audizioni, sia dai rappresentanti sindacali sia da quelli delle associazioni di categoria, industriali e artigiani.
Per questo motivo Alleanza nazionale vota contro questa legge.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva




Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Piano sanitario regionale 2003-2006. Riordino dell’assetto ospedaliero» Giunta (147)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 147 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. L’atto che ci accingiamo ad approvare fa parte di quella serie di azioni che il piano sanitario regionale approvato nel giugno 2003 ha posto in essere. E’ un passo avanti nella costruzione complessiva del sistema sanitario che, sia attraverso lo stesso piano sanitario, sia attraverso la legge 13, stiamo ridefinendo nella nostra realtà regionale. E’ un atto importante perché fa il punto della situazione su un aspetto organizzativo di notevole importanza, che come sappiamo in passato è stato oggetto anche di forti discussioni tra le comunità, che il tempo e la stessa evoluzione della legislazione ma anche delle tecnologie complessivamente intese, della cultura sanitaria che piano piano si evolve rendono meno drammatico. Pertanto l’itinerario che il piano sanitario ha ipotizzato soprattutto in questa direzione, cioè nella ridefinizione della rete ospedaliera, si sta ridefinendo pano piano e si sta arrivando ad un nuovo assetto. Credo che siamo sulla buona strada, anche se in questo settore sarebbe, da un punto di vista non solo sociale, assistenziale, ma anche economico, necessaria una tempistica accelerata, ma ormai l’esperienza politica attorno a questi argomenti ci ha insegnato che dobbiamo accontentarci di passi, anche lenti, che però vanno verso una strada ben definita.
Pertanto siamo a ridefinire un piano di assegnazione dei posti letto che trae origine dalla normativa della legge che ha portato il limite dei posti letto per acuzie al 4 per mille, la famosa legge 405 che ha sostanzialmente sancito l’accordo Stato-Regioni nel 2001 e che si innesta su quel riassetto complessivo che prevede l’Asur come strumentazione principale della nostra sanità regionale e siamo già a un anno dalla costituzione della stessa Asur, stiamo varando gli atti aziendali conseguenti alla ridefinizione delle aziende ospedaliere e dell’Asur stessa. E’ cominciato quel rodaggio tra centro e periferia che farà un altro passo avanti con gli atti aziendali, un rodaggio su cui dovremo ulteriormente lavorare, perché anche la ridefinizione organizzativa della nostra sanità deve armonizzare in maniera adeguata le responsabilità del centro e quelle della periferia.
Fino ad oggi siamo stati, rispetto a questo rapporto, abbastanza titubanti e ogni tanto si risente di una difficoltà che va superata anche gradualmente, ma credo che le incertezze stiano finendo, per cui anche la diffidenza fra centro e periferia spero si possa in qualche modo allentare verso una organizzazione sanitaria più efficiente, che fa della rete la sua nuova realtà e più riusciremo a definire una sanità collegata, organizzata al meglio, più riusciremo ad are una risposta adeguata ai nostri cittadini e potremo così fare in modo che la risposta delle nostre strutture sia esaustiva anche rispetto a quel fenomeno di mobilità passiva di cui purtroppo, ancora stiamo pagando gli effetti.
La filosofia con cui questo atto è stato realizzato, è quella di paragonare i posti letto ai livelli di garanzia delle varie comunità, anche se la filosofia del posto letto credo sia un concetto vecchio, nel senso che l’enorme sviluppo delle tecnologie — pensate per esempio agli interventi chirurgici che oggi si fanno in maniera molto diversa rispetto al passato — ha fatto superare quel concetto che era il posto letto che difendeva la salute. Non è facile uscire da questa condizione che in effetti, per altri versi qualche valore ha ancora in sé, ma oggi più che di posto letto dobbiamo parlare di nuova organizzazione che il piano sanitario in qualche modo vuole raffigurare come una ruota, cioè una nuova organizzazione fatta con “mozzo e raggi”, in modo tale che, stabiliti i centri che devono svolgere determinate azioni, quelle strutture che stanno loro intorno siano collegate direttamente ad essi.
Credo che sia quindi una carta vincente che riuscirà a dare la risposta giusta alle esigenze della nostra sanità regionale. Così come, oltre ai posti letto, dovremmo fare un grande sforzo per ricalibrare il rapporto tra territorio e ospedale. Anche qui, una nuova frontiera su cui si sofferma pi volte in maniera precisa il piano sanitario che in qualche modo vuol vedere, attraverso percorsi clinici specifici, che partano dal territorio che vedano tutta l’organizzazione collegata, una sanità collegata e meglio organizzata.
La filosofia di questo atto poggiava, in termini temporali e organizzativi, sul fatto che si doveva ragionare, rispetto alla rete ospedaliera, non più sulle vecchie logiche territoriali, ma con il piano abbiamo introdotto un concetto di area vasta che consente una razionalizzazione delle specializzazioni e consente anche una razionalizzazione degli ospedali di rete che vengono ad essere il tessuto principale, la rete principale del nostro sistema ospedaliero, con gli ospedali di polo collegati, unificati in una sola realtà, in modo tale che con questo tipo di organizzazione si pano ridefinire meglio le competenze e le missioni a cui sono chiamate le singole strutture.
Una volta assegnati i posti letto non abbiamo esaurito tutto il nostro compito, perché a questi posti che sono finalizzati alle acuzie, dovremo collegare tutto il piano della riabilitazione e della residenzialità. E’ un ragionamento che dovremo fare in maniera molto appropriata, perché la risposta della residenzialità e della riabilitazione dovrebbe dare una implementazione al rapporto ospedali di polo-ospedali di rete, in modo tale da realizzare sul territorio un’offerta appropriata.
Questo atto cosa intende fare? Individuare le funzioni degli ospedali, organizzare la degenza e indicare i posti letto. Sono i tre obiettivi che si pone questo atto. E’ chiaro che la proposta va considerata nella sua globalità. Ai numeri si aggiungono delle annotazioni che sono i criteri di gestione dei posti letto e sono criteri abbastanza precisi: i numeri corrispondenti ai posti letto sono massimi e devono essere collegati a un budget annuale. L’altro criterio che dobbiamo tener presente è l’appropriatezza, che è il criterio che dobbiamo tener presente proprio per l’utilizzo al meglio dei posti letto. Sapete che da questo punto di vista c’era la vecchia impostazione che faceva riferimento addirittura all’utilizzo dell’ospedale sì-ospedale no rispetto all’utilizzo dei vari posti letto, ma l’appropriatezza va anche aldilà, cioè noi dobbiamo fare in modo che questi posti letto corrispondano al criterio dell’appropriatezza.
Altro criterio è l’aggregazione secondo modelli organizzativi innovativi, a partire da quello dipartimentale ma non solo: dovremmo fare in modo che proprio l’area vasta possa essere quell’ambito dove si possano fare le scelte migliori e più appropriate per definire modelli organizzativi più efficaci. Così come la verifica delle specialità che si aggiungono alla distribuzione dei posti letto: si fa riferimento soprattutto a quello che il piano prevede sulla verifica della neuropsichiatria, sia a Pesaro che ad Ascoli Piceno, all’oncologia di eccellenza a Macerata. Si parla anche di nuovi ospedali. Il piano fa riferimento anche alla costruzione di nuovi ospedali che indubbiamente riporranno in discussione l’attuale distribuzione, o possono mettere in discussione il regime delle chirurgie. Da questo punto di vista abbiamo già fatto tanti ragionamenti all’epoca del piano: ci sono precisi criteri che vanno rispettati, pertanto ai numeri delle postazioni chirurgiche dovranno corrispondere i criteri che il piano stesso contiene, soprattutto in riferimento ad alcune salvaguardie che abbiamo posto per le zone montane.
Mi soffermo su due questioni importanti. Non abbiamo messo i posti letto in maniera specifica per l’azienda di Torrette, riferendoci all’atto aziendale come momento specifico di soluzione di tale problema, sia per la complessità ma soprattutto per il riferimento che i posti letto vengono ad avere in rapporto anche all’integrazione con l’università.
Ci sono anche altri criteri su cui non mi soffermo, di notevole importanza anch’essi, comunque gli atti aziendali saranno momenti essenziali anche per ridefinire organizzativamente i rapporti di queste quantificazioni con l’organizzazione dell’offerta sanitaria in ambito ospedaliero.
A questo si aggiunge un impegno di monitoraggio attraverso indicatori di sistema e indicatori specifici, in modo tale che la Regione possa in qualsiasi momento avere chiaro lo sviluppo di questa organizzazione, tenendo conto dei giorni di degenza, dei tassi di utilizzo. Un monitoraggio che ci serve per verificare se questa nostra ipotesi è giusta o meno.
La Commissione ha posto un termine abbastanza ravvicinato. Si dice che entro 6 mesi il Consiglio regionale farà una verifica di questa distribuzione, con la speranza che nel frattempo siano già entrati in essere gli atti aziendali che incideranno non indifferentemente anche sulla nuova organizzazione dei reparti delle unità operative e dei posti letto.
Credo che si debba aggiungere che questo atto invoca due concetti secondo me fondamentali su cui dovremmo soffermarci e che dovremmo sempre tener presente. Uno è quello dell’appropriatezza che ho già citato, il secondo è quello del rigore economico, che devono orientarci a tener ferme alcune scelte, in modo tale che questo nostro sistema sanitario che è sulla buona strada in termini di contenimento della spesa sulla base di una rete organizzatoria piuttosto complessa, segua il criterio della rigorosa amministrazione.
Sapete che per alcuni aspetti questo atto è stato preso a riferimento da alcune comunità per tornare sopra scelte che il piano sanitario aveva fatto. Abbiamo tentato di dare risposte esaustive a queste richieste che spero non siano oggetto di strumentalizzazione, perché le risposte date sono esaustive rispetto a delle giuste esigenze di salvaguardia della protezione sanitaria e credo che comunque non dobbiamo assolutamente dare spazio a chi vuol rimettere in discussione criteri che abbiamo giudicato congrui in sede di piano sanitario.
Uno degli aspetti che sono stati evidenziati nel dibattito in Commissione riguarda il ragionamento introno a Fermo, a questi posti letto che non sono stati distribuiti o attribuiti direttamente a specialità: sono comunque di competenza di quel territorio, di quell’ospedale. Si farà unicamente riferimento all’attribuzione alle singole specialità quando questo ospedale sarà completato nella sua interezza.
Credo che sia un atto positivo quello che abbiamo davanti, come Commissione abbiamo fatto alcune modificazioni di scarsa entità, leggeri ritocchi fatti anche questa mattina in Commissione, non rilevanti. Credo che l’atto posa costituire un buon riferimento, soprattutto dopo che gli atti aziendali saranno varati, per la messa a regime di un’offerta adeguata che faccia riferimento a una rete ospedaliera all’altezza di quanto il piano sanitario prevede.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Ceroni.

Remigio CERONI. Signor Presidente, signori consiglieri, la proposta di atto amministrativo n. 147 giunge all’approvazione di questo Consiglio regionale con grande ritardo, visto che il riordino dell’assetto ospedaliero doveva essere contenuto nel nuovo piano sanitario regionale approvato un anno e mezzo fa. Ciononostante ringraziamo Dio per questa gentile concessione che ci è stata fatta di poterlo discutere almeno entro la fine di questa legislatura, perché questa occasione ci dà la possibilità di parlare di sanità, della sgangherata conduzione della sanità marchigiana. Sono quasi cinque anni in questo Consiglio regionale ed è la terza volta che si parla di sanità. L’abbiamo fatto in occasione della riforma della legge 13 del 2003 e l’altra occasione è stata quella del piano sanitario regionale 2003-2006.
Lei assessore, è un caso unico al mondo. Penso che in nessuna Regione italiana, in nessuna parte del mondo sia accaduto che una persona che ha gestito 20.000 miliardi di vecchie lire, che ha prodotto 3.000 miliardi di debiti, che non è riuscita a impegnare i finanziamenti dell’art. 20, per decine e decine di miliardi, per l’ammodernamento delle strutture e delle attrezzature sanitarie, sia riuscita a non far parlare mai di sanità questo Consiglio regionale. Penso che in nessun’altra parte del mondo nessuno possa spendere una cifra così imponente senza dover dire niente a nessuno di quello che ha fatto.
La Regione Marche, caro assessore Melappioni, non è una cosa sua, lei non è il proprietario di quella montagna di trasferimenti statali e di tasse regionali che i cittadini, in entrambi i casi... (Interruzione dell’assessore Agostini). Personalizzo perché è un fatto di correttezza politica. Voi non spendete i soldi vostri, spendete i soldi dei cittadini marchigiani, quindi dovete rendere conto, non è cosa vostra. Avete un’interpretazione sbagliata, fuorviata, deviata della cosa pubblica. I 20.000 miliardi di vecchie lire non sono soldi dell’assessore o tuoi. Che senso ha tenere in piedi un Consiglio regionale che costa 30 miliardi di vecchie lire, se poi non si parla neanche della sanità che impegna l’87% del bilancio?
Mi domando come è possibile che non abbia provato l’esigenza di spiegare a questo Consiglio regionale come mai nel 1999 la parte di bilancio impegnata per la sanità e i servizi sociali era il 57% e oggi siamo all’85%. Cosa fa un amministratore serio e corretto? Viene qui e dice “questo è successo in questi anni. Come è possibile che il personale impiegato nel servizio sanitario regionale, pari a 16.500 unità nel 1999, oggi raggiunga la cifra di 18.000 dipendenti, oltre i 500 dipendenti che ogni anno sono andati in pensione? Non deve creare meraviglia quello che dico io, lo dicono anche i vostri alleati di governo: “Dimezzati i posti letto e i personale cresce”. E lei, assessore, continua ad assumere personale amministrativo nella zona dove riceverà i voti: 5 amministrativi, e non risponde alle interrogazioni.

Augusto MELAPPIONI. Sia onesto, non dica che ho tradito la legge.

Remigio CERONI. Ma si tradisce in tanti modi la legge, anche moralmente, aldilà della violazione specifica dell’articolato. Come è possibile che non senta il bisogno di venire a spiegare come la spesa sanitaria viene impiegata? Per quale motivo l’assistenza distrettuale è abbondantemente sotto il 50%, che viene considerato un livello necessario per garantire un servizio sanitario efficiente? Come è possibile che non senta il bisogno di venirci a spiegare per quale maniera la spesa per l’assistenza farmaceutica potrà essere riportata nei limiti giudicati ragionevoli del 13%? Come è possibile che non senta il bisogno di venirci a spiegare il motivo dell’insufficienza dell’impiego della spesa nella prevenzione, che risulta assolutamente carente e che genera ulteriori, pesanti costi in termini economici e di vite umane, come testimoniato dal triste primato degli infortuni sul lavoro? Come è possibile che non trovi il bisogno di spiegare, nonostante da anni la spesa per l’assistenza ospedaliera impieghi più del 50% delle risorse, oltre il 5% in più rispetto alla media di altre regioni, come lei porti il piano di riordino ospedaliero, che peraltro non riordina nulla, solo alla fine di questa legislatura? Lo sapeva all’inizio del suo mandato.

Augusto MELAPPIONI. Il sistema sanitario non è quello della nostra regione, i suoi numeri non sono reali, consigliere. Ha sbagliato regione.

Remigio CERONI. I risultati della gestione del servizio sanitario sono la certificazione vera, inoppugnabile del fallimento di governo di questa maggioranza. E’ opinione diffusa nei cittadini della nostra regione, che il servizio sanitario regionale non funziona, è testimoniato dai sondaggi che voi stessi avete commissionato, prova ne è la forte mobilità verso altre regioni, in aumento — siamo a oltre 200 miliardi di vecchie lire ogni anno — le lunghe code di attesa per accedere alle prestazioni diagnostiche, i costi che sono in aumento incontrollato. Altro che contenimento della spesa e riduzione dei deficit! L’assenza pressoché generalizzata in tutte le specialità dell’alta specializzazione, la mancata piena attuazione del sistema di emergenza.

Augusto MELAPPIONI. Non si è capita questa frase.

Remigio CERONI. Quante alte specialità ci sono nelle Marche?

Augusto MELAPPIONI. Mi dica lei quelle che mancano.

Remigio CERONI. Mi dica quali ci sono, perché è più facile.

Augusto MELAPPIONI. Faccia l’elenco, se lo sa. Purtroppo lei non lo sa.

Remigio CERONI. I problemi degli anziani e della non autosufficienza. Non si risolvono i problemi della sanità marchigiana con i convegni inutili, le consulenze agli amici, gli incarichi professionali, le campagne pubblicitarie per convincere i cittadini che stanno bene, che tutto funziona a meraviglia, perché quelli che stanno male non è facile convincerli, toccano con mano, personalmente le cose, quando ad esempio devono attendere al pronto soccorso ore e ore per accedere a una prestazione.
Serve una diversa riforma del servizio sanitario, serve una nuova riforma e lei assessore lo sapeva. La proposta di riforma che aveva presentato era un’altra cosa, la sua maggioranza gliel’ha disintegrata, ma lei è rimasto lì imperterrito nella sua poltrona, perché allora doveva fare un atto di coraggio.
Per salvarvi non bastano più le bugie che avete raccontato, che continuate a raccontare comperando spazio sulle radio private a spese dei cittadini marchigiani, addebitando allo Stato tagli di risorse che non ci sono stati mai. Tutti sanno che lo Stato ha aumentato il fondo sanitario nazionale, ormai arrivato dal 5,1 al 5,9 del pil, pari a oltre 87 milioni di euro. Lo sapete bene, è inutile che tu ridi, Agostini, chi ti crede più nelle Marche? Tutti sanno che lo Stato, come si desume dalle delibere Cipe, ha trasferito maggiori risorse in questi anni, si è passati dai 1.682 milioni di euro del 2000 ai 1.809 del 2001, ai 1.932 del 2002, ai 2.008 del 2003, ai 2.089 del 2004 e ai 2.180 del 2005. Circa 1.600 milioni di euro in più in cinque anni. Questa somma hai avuto a disposizione, altro che tagli.
Avete anche sottoposto i marchigiani a una tassazione aggiuntiva, illegittima, che dal 2002 ad oggi ha tolto dalle tasche dei cittadini marchigiani 650 milioni di euro. I disservizi, le carenze, i disagi non dipendono dalla mancanza di risorse ma solo dalla vostra totale incapacità.
Come tutti sanno la mancata approvazione finale dei bilanci sanità 2002, 2003, 2004 nasconde il superamento dei limiti di deficit previsti nei rispettivi bilanci annuali, lo vedremo quando li pubblicherete. Siamo sempre stati accusati qui di dire falsità, poi alla prova dei fatti le cose che diciamo noi vengono ampiamente certificate.
Non siete stati capaci di affrontare una situazione complessa e difficile per la quale era necessaria una forte assunzione di responsabilità: un confronto aperto con l’opposizione. Avete preferito scaricare le vostre chiare e assolute colpe sui direttori generali, da voi scelti, nominati, cambiati, spostati dopo feroci lottizzazioni, scelti in barba ai requisiti e scaricati successivamente perché imputati dei disastri conseguiti.
Tornando all’atto in discussione, esso è tardivo, immotivato nella sua articolazione, illogico, alcune realtà sono state penalizzate mentre altre sono palesemente favorite.
E’ per questa ragione che il nostro giudizio è negativo, come negativo e catastrofico, a conclusione di questo mandato, è il giudizio che diamo sull’operato di questo assessorato che ha portato le Marche alla bancarotta e ha peggiorato la qualità del servizio sanitario regionale, no nonostante l’impegno, la professionalità e la competenza degli operatori sanitari di questa regione, che con l’occasione saluto e ringrazio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Siamo di fronte ad un atto che ho avuto modo di dichiarare in Commissione essere un atto che sotto il profilo dell’impostazione e del metodo riteniamo sbagliato. Questo atto non è un riordino, è solo una esplicitazione delle tabelle che abbiamo già nel piano sanitario con qualche modificazione percepita molto fortemente soprattutto per quanto riguarda il Fermano, modificazione in peggio, in decremento, ma assente di quelle linee di programmazione proprie di un atto che si chiami riordino.
L’elemento che ci fa dare questo giudizio è soprattutto il fatto che non si affronta il nodo dell’alta specialità che è il nodo più delicato e la criticità più forte del sistema anche per quanto concerne gli equilibri finanziari, gli equilibri di risorse.
L’impostazione pertanto è sbagliata, il merito è, di conseguenza, assolutamente insoddisfacente. Nel merito infatti, basta che si soffermi l’attenzione sulla prima parte dell’allegato ad un testo molto ridotto, molto sintetico. La prima parte, introducendo il discorso sulle tabelle relative alla specifica dei posti letto, afferma che il piano sanitario regionale 2003-2006 è stato il punto di riferimento per quanto riguarda la definizione dei posti letto, pi afferma altrettanto chiaramente che l’interpretazione da dare a questo atto è legata a criteri dalla lettera a) alla lettera o). I posti letto rappresentano il numero massimo. Se rappresentano il numero massimo, perché si Fermo è stata fatta quella riduzione? Se sono posti letto massimi significa che ci si può attestare anche a quantità di attribuzione inferiori, in attesa che il Murri di Fermo possa essere completato. C’è una evidente contraddizione.
Per quanto riguarda la lettera b) il testo ci dice che se i posti letto risulteranno sovradimensionati in base ai dati di appropriatezza del loro utilizzo e ai tassi di ospedalizzazione della popolazione servita andranno ridotti, in modo da mantenere i volumi di attività, il loro numero lineare alle effettive esigenze della struttura. Andranno ridotti, quindi questo atto non prende in considerazione dati che già sono stati acquisiti, ma sulla base di quei dati che abbiamo già oggi e che potranno venire domani, si potranno fare delle modificazioni. E’ una delega, una cambiale in bianco? E’ questo Consiglio che deve discutere di questo tipo di modifiche, sulla base di dati che vengono dal territorio, vengono dalla funzionalità, dal funzionamento delle strutture.
Sulla lettera c) da tempo era stato indicato alle ex aziende sanitarie locali, oggi zone, lo sforzo di fare aggregazione di posti letto nelle diverse discipline, le cosiddette aree vaste, invece qui si ribadisce che vi è l’impegno affinché le zone creino posti. Anche questa scelta manca.
Il rinvio più critico è sulle alte specialità, che rendono questo atto assolutamente intempestivo, perché oggi, se vi è una necessità è quella di fare una seria riflessione sui posti letto relativi alle alte specialità. Questo atto anche qui rinvia, anche se fa un pleonastico richiamo alle esperienze di neochirurgia a Pesaro, nella provincia di Ascoli e al polo oncologico, senza aggiungere nulla rispetto al testo del piano sanitario, perché così dice lo stesso piano sanitario.
Viene accennata la questione dei nuovi ospedali. Quali scelte vogliono essere fatte? Nel riordino della rete ospedaliera una corposa parte poteva essere dedicata a questo se vi è attualità nel discorso su Fano piuttosto che su Ascoli-San Benedetto, o sull’ospedale che già precedenti legislature avevano individuato essere di coagulo delle aree Recanati-Osimo-Loreto. Ma se ne parla da 15 anni. Anche qui una scelta che non c’è.
La differenziazione delle funzioni chirurgiche tra diversi poli che insistono sullo stesso livello provinciale. Come indicazione di principio è assolutamente condivisibile, ma cosa si è fatto? Quali scelte porta avanti questo piano di riordino? Nessuna. Anche qui “i regimi assistenziali dovranno essere differenziati”, quindi siamo a linee che chiamare prospettiche è dare un contenuto di valore ad una assunzione che è solo teorica e generalissima.
Le case di cura private, lettera g). Ho visto trattamenti diversi da zona a zona. Ci sono stati dei casi nei quali si è fatta una scelta di diminuzione di un carico che si riteneva eccessivo. In altri casi c’è stato un riconoscimento anche in incremento di funzioni che neppure vi erano o non erano mai state riconosciute fino ad oggi. Abbiamo fatto l’esempio, in Commissione, della ortopedia per quanto riguarda Civitanova Marche e la medicina privata che insiste in quella città. Si è detto che era una compensazione su quello che era stato tolto per quanto concerne la struttura di Macerata, ma la compensazione si fa su posti letto omogenei, non su altra materia, su altra specialità come quella dell’ortopedia che non era presente nel centro di Macerata, Villalba. Quindi ci sono stati dei trattamenti diversi in condizioni che dovevano essere affrontate in maniera omogenea, con criteri identici: medicina privata è in provincia di Ancona e medicina privata è in provincia di Macerata o di Fermo.
L’accodo sovrazonale viene richiamato ancora una volta, ma solo auspicato per quanto riguarda otorinolaringoiatria, oculistica e gastroenterologia. Anche qui ricordo che queste indicazioni furono fatte dall’assessorato, dall’agenzia, dal dipartimento almeno due anni e mezzo or sono. Ricordo carteggi che addirittura costrinsero gli allora direttori generali delle Asl a fare accordi interaziendali anche su questo tipo di specialistiche.
Se andiamo ancora avanti vi sono anche qui, sulle altre questioni, soprattutto quella di Ancona, solo rinvii o citazioni: si cita il piano, oppure si rinvia comunque a scelte successive.
Impostazione e metodo. Nell’impostazione mancano le riflessioni e le scelte sulle criticità che dovevano essere fatte. L’alta specialità doveva essere patrimonio di discussione e di decisione qui, in questa sede, altrimenti il piano stesso può essere elemento dal quale trarre questo tipo di numeri. Vediamo che il merito è assolutamente una sequela di rinvii o di ripetizioni di passaggi di piano sanitario.
Ecco la nostra contrarietà a questo atto espressa in Commissione, una contrarietà che riguarda questi due elementi di merito e di metodo e un discorso che poi, nell’ambito del merito ha esplicitazioni in emendamenti che abbiamo proposto e che andremo ad illustrare, che riguardano i massimali di Fermo, che non ha senso se sono posti letto massimi, non ha senso ridurre a meno che non si voglia limitare la programmazione futura a questo livello diverso di posti letto massimi. Questa è una questione che nel fermano sta assumendo una valenza e delle preoccupazioni molto alte, perché la programmazione sarà limitata a questi livelli massimi, perciò diversi dal piano sanitario, c’è una preoccupazione specifica sull’area medica di Montegiorgio. Nel merito abbiamo voluto aggiungere almeno un passo avanti rispetto al piano sanitario per quanto riguarda le alte specialità di neurochirurgia di Pesaro ed Ascoli e di polo oncologico di Macerata, dicendo “impegniamoci almeno alle apposite dotazioni finanziarie”, che è un’indicazione sempre di carattere programmatorio generale ma almeno dice qualche cosa di più rispetto al piano, cioè dice che c’è impegno, nel riordino, di dare apposite dotazioni finanziarie, di garantire quello che nel passato è stato, pur con degli sforzi che riconosco essere stati in quella direzione, garantito, cioè non solo il fatto di far andare avanti un certo tipo di esperienza che si ritiene positiva ma potenziare e completare quell’esperienza. Può non bastare, ma in una proposta di riordino così povera di scelte e di indicazioni, tutto questo ci deve non far restare indifferenti.
Ancona. Si dice: “Per l’assegnazione dei posti letto e le singole assegnazioni si rimanda a una proposta della stessa azienda”. Ne ridiscuteremo quando? In che ambito? Ritornerà in Consiglio regionale un apposito atto, o se rimane nell’ambito dei posti letto massimi distribuiti sarà l’atto aziendale discusso tra l’azienda e il dipartimento o l’assessorato? E’ una domanda. Io penso che non ritornerà in quest’aula quel tipo di definizione e non mi sembra che sia una cosa che questo Consiglio regionale possa affrontare in maniera leggera, perché proprio le scelte su Ancona, che pesano moltissimo per quanto riguarda il complessivo bilancio del sistema sanitario — in termini percentuali siamo vicini alla metà delle risorse complessive — ci fanno attestare a un carico notevole, e le scelte su Ancona pesano in tutto il sistema.
Queste preoccupazioni sono assolutamente forti. Non ritorno sulle questioni di carattere generale che riguardano il deficit, il sistema, lo stato di salute della sanità regionale, perché scivoleremmo in altri ambiti di discussione. Rimango al testo e dico che questo testo è un ulteriore passaggio negativo per quanto concerne la capacità riformatrice di questa maggioranza che assolutamente ha mancato questi obiettivi.
Guardiamo quello che sta succedendo con la Asl unica regionale: non mi pare che gli indicatori, i segnali che vengono dalle ex Asl, oggi zone, siano positivi, anzi c’è sconcerto, c’è difficoltà di gestione del quotidiano e di razionalizzazione delle scelte. Questo peserà anche sui risultati. Non si sta aumentando il livello di efficienza del sistema, si sta a fatica mettendo in atto un sistema teorico individuato dalla legge di riordino del sistema, la 13, dal piano sanitario, a fatica implementando un sistema che molto lentamente, con molti ostacoli sul suo cammino e con ricadute fino ad oggi assolutamente solo di segno negativo e non positivo, sta sviluppandosi nel nostro territorio regionale.
Mi fermo qui nelle considerazioni di linee generali, sperando di avere portato un contributo di riflessione che è di preoccupazione, che è di contestazione, ma un contributo sostanziale. Se oggi vogliamo parlare di qualcosa che possa avvicinarsi ad una esplicitazione delle linee guida del piano sanitario 2003-2006, questo atto in realtà non coglie questo tipo di elementi, ma riporta o rimanda o richiama. Direte voi che può essere condiviso perché è neutro. A mio avviso no, perché era importante, essenziale affrontare i nodi di una programmazione, soprattutto nella rete ospedaliera, che ha già visto tagli, penalizzazioni nel passato, che non hanno prodotto effetti. Quanti nosocomi piccoli e medi sono stati già tagliati, convertiti, chiusi? Non ha prodotto risultati in termini di economie.
Se andiamo a non fare scelte mirate e soprattutto ispirate da criteri di equilibrio e scelte che affrontano direttamente i nodi veri, le questioni più spinose, per esempio l’alta specialità e il “nodo Ancona”, è chiaro che non diamo al piano sanitario regionale, a quelle indicazioni riformistiche del sistema che avete dato con le leggi 13 e il piano sanitario, il seguito politico-amministrativo che sarebbe invece necessario.
Pertanto, se si può fare una prognosi, questo atto continuerà a far sì che la sanità seguiti a scendere su quella china di difficoltà sempre crescenti di natura economico-finanziaria e su quella china di penalizzazione dei territori che abbiamo fino ad oggi vissuto obiettivamente. Conversioni, riconversioni, tagli che non sono stati sostituiti da efficace alternativa e conversioni, riconversioni e tagli che non hanno visto una omogeneità di scelte ma una penalizzazione di territori, soprattutto quelli periferici di questa regione che sembra ruotare attorno ad un sistema centralistico che ingessa e che blocca.
Questi i motivi della nostra grave insoddisfazione nei confronti dell’atto amministrativo.

Presidenza del Vicepresidente
SANDRO DONATI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. Vorrei fare alcune considerazioni, perché con il piano di riordino dell’assetto ospedaliero che discutiamo oggi, il Consiglio va a definire un aspetto del piano sanitario regionale sicuramente importante, attraverso il quale non solo noi riordiniamo i posti letto nella nostra regione, adeguandoli a una normativa nazionale che prevede il contenimento dei posti letto per acuti entro il 4 per mille, ma con questo atto definiamo realtà per realtà, quindi zona territoriale per zona territoriale e aziende ospedaliere, i posti letto nelle varie specializzazioni, sia quella chirurgica che quella di medicina, dell’emergenza e così via dicendo, e definiamo dentro questo anche le unità operative complesse, sia quelle che hanno posti letto autonomi, sia quelle che sono state definite unità complesse senza posti letto autonomi. E’ quindi un passo importante.
Ho sentito qui richiamare, ad esempio dal collega Pistarelli, che nulla si prevede in questo atto riguardo ad alcune scelte che dovrebbero essere fatte sulla cosiddetta area vasta. Nel piano si parla di “accordi sovrazonali” che ritengo sia la dicitura più corretta. Penso che su questo un dibattito già c’è stato, già ci siamo espressi. Personalmente ritengo che questi accordi su area sovrazonale o area vasta, sulla base degli indirizzi, dei principi che noi abbiamo stabilito nel piano sanitario regionale e in questo atto di riordino dei posti letto ospedalieri, debbano essere definiti dai territori, dalle zone territoriali, dalle conferenze dei sindaci, tenendo conto delle caratteristiche e delle esigenze dei territori stessi.
Insieme a questo atto, che oggi discutiamo, dovranno poi essere prodotti un’altra serie di atti e piani settoriali che già in parte abbiamo discusso in questo Consiglio regionale. Ci saranno poi gli atti aziendali, sia quelli delle aziende ospedaliere che dell’Asur, che andranno sostanzialmente a definire tutto il percorso di riforma della sanità che abbiamo avviato con l’approvazione del piano sanitario regionale, con la legge 13 ormai un anno e mezzo fa.
Vorrei dire al collega Ceroni, che non vedo adesso presente in aula, che quando lui dice che questo Consiglio ha discusso solo tre volte di sanità, o era disattento o non era presente, perché come sappiamo questo Consiglio ha più volte discusso atti anche di notevole importanza riguardo la sanità, compresi alcuni piani settoriali. Vorrei ricordare proprio uno degli ultimi che abbiamo discusso non molto tempo fa, per esempio il piano sulla salute mentale che è un piano fondamentale nell’applicazione del piano sanitario regionale. Vorrei anche ricordare che questa legislatura ha segnato una riforma della sanità molto importante e vorrei ancora ricordare che questa Amministrazione di centro-sinistra in dieci anni ha approvato due piani sanitari, quando altre Amministrazioni precedente a questa approvavano il piano sanitario una volta ogni 15 anni. Mi riferisco al fatto che il piano sanitario di questa nostra Regione prima dell’avvento del centro-sinistra era stato approvato addirittura nel 1982, quindi, se mai, questi dieci anni di governo di centro-sinistra hanno segnato un’attenzione particolare ai problemi della sanità come ho appena ricordato.
Vorrei anche mettere in evidenza un altro aspetto che finora non mi pare sia stato sottolineato a sufficienza: che questo piano di riordino tiene fedelmente conto di quelli che sono stati gli atti aziendali approvati nelle singole zone territoriali dalle conferenze dei sindaci. Quindi è stato un atto che viene con un certo ritardo, ma che è stato il frutto di una forte concertazione territoriale, tanto è vero che esso traduce in pratica quanto gli atti nelle singole zone avevano previsto e approvato con le conferenze dei sindaci.
Non entro nel merito, perché l’ha già fatto il relatore di maggioranza Luchetti, ma credo che questo atto sia importante per un altro motivo: perché con esso non definiamo solo i posti letto, le unità operative complesse in applicazione del piano sanitario regionale, ma secondo me questo costituisce un passaggio fondamentale, propedeutico all’attivazione della restante parte della programmazione sanitaria, soprattutto quella che dovrà avvenire attraverso un progetto complessivo di posti letto che riguarderà la residenzialità, la lungodegenza, la riabilitazione, la residenzialità per le persone non autosufficienti o per le persone anziane e così via dicendo. Quindi per attivare tutti quei servizi nel territorio che vanno oltre la post-acuzie di cui la nostra regione è oggi sicuramente carente.
Ho sentito parlare i colleghi dell’opposizione di penalizzazione dei territori. Credo che con quest’atto non vi è alcuna penalizzazione, ma intanto prevediamo un utilizzo diverso e più razionale, più appropriato dei posti letto per acuti nei vari territori. Credo che oggi dobbiamo ripensare anche il concetto stesso di posto letto ospedaliero, così come ricordava prima il collega Luchetti. Noi avviamo una riorganizzazione complessiva, che da una parte ridimensiona quella che è oggi un’eccedenza nella nostra regione, l’eccedenza di posti letto per acuti, per trasformarli in grossa parte in posti letto per la post-acuzie di cui questa nostra regione è particolarmente carente. Quindi con questo atto diamo vitalità a un piano sanitario che abbiamo approvato un anno fa ed è questo un atto che va in direzione non solo di quanto previsto da quel piano sanitario e che io credo porterà una sanità più moderna, più efficiente, che darà nuove risposte anche a bisogni nuovi della popolazione marchigiana. Quindi non c’è alcuna penalizzazione dei territori, tanto meno del territorio fermano che, come è stato abbondantemente detto, dimostrato, discusso in Commissione i posti letto per quel territorio sono quelli previsti dal piano sanitario regionale, cioè 521 e verranno assegnati mano a mano che l’ospedale di rete sarà in grado di sopportare tutti questi posti letto in più che oggi non è in grado strutturalmente di sopportare perché dovrà essere completata la ristrutturazione di una parte di quell’ospedale per la quale ci sono già i finanziamenti ed è già stata avviata tutta la procedura per l’assegnazione dei lavori. Quindi non c’è alcuna penalizzazione di sorta.
Per concludere vorrei anche tranquillizzare da questo punto di vista il collega Ceroni, perché a fronte di una sanità che in questi anni ha fatto dei passi avanti da un punto di vista anche della risposta qualitativa — penso ad esempio ai passi avanti da gigante che il sistema sanitario regionale ha fatto riguardo alla risposta all’emergenza sanitaria, oggi assolutamente imparagonabile rispetto a quella che c’era non 30 anni fa, ma 5 anni fa, dopo l’approvazione della riforma dell’emergenza sanitaria che abbiamo fatto, con il Governo di centro-sinistra nel 1997 — c’è stata una trasformazione radicale e una risposta sicuramente ad altissimi livelli, ancora non completa, ancora non definita in tutti i suoi aspetti, ma che ha fatto fare un salto di qualità notevole.
Vorrei anche dire che in questi anni c’è stata una risposta anche dal punto di vista finanziario. Non so dove Ceroni abbia preso quelle cifre, però un fatto è certo: in questi ultimi tre anni è stato dimezzato il deficit della sanità. In questi ultimi tre anni sono stati pienamente rispettati gli obiettivi che ci eravamo dati con i bilanci preventivi, sia del 2002 che del 2003 che del 2004. Abbiamo centrato pienamente gli obiettivi finanziari che ci eravamo dati, nonostante i tagli che sono venuti dal Governo nazionale, perché è vero che ogni anno c’è stato un incremento dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni per quanto riguarda la sanità, ma ogni anno c’è stato un incremento in percentuale sempre più basso e che non è minimamente paragonabile con le percentuali di aumento che aveva garantito il Governo di centro-sinistra a livello nazionale negli anni antecedenti il 2001 e nonostante non solo i tagli che sono stati di fatto operati dal Governo, ma anche i trasferimenti di quanto dovuto alle Regioni, che hanno causato alla Regione Marche, come a tute le altre Regioni del nostro paese problemi finanziari non indifferenti, perché tutte le Regioni sono state costrette a scoperti bancari e a tutte le cose che conosciamo benissimo. Nonostante questi elementi negativi, la risposta che c’è stata in termini qualitativi dei servizi e in termini anche finanziari in questi anni, è stata sicuramente di alto profilo a livello della nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Come avvocato d’ufficio il presidente del gruppo Ds non ha volato tanto alto, a differenza delle accuse che faceva al nostro coordinatore regionale nonché consigliere regionale Remigio Ceroni che ha fatto una relazione puntuale, attenta, a cui non è stata data una risposta, se non molto vaga, evasiva, cercando di far passare una riforma sanitaria che secondo Franceschetti nelle Marche c’è stata ma di cui noi non ci siamo accorti.
Prendiamo atto dei continui richiami fatti anche dalla Corte dei conti sugli sprechi, sulle consulenze d’oro, forti richiami, tanto è vero che molte pratiche sono tuttora aperte alla Corte dei conti e noi ci auguriamo che chi ha sbagliato paghi e non debba essere sempre il cittadino a pagare, vedi alcuni casi sulle “polizze d’oro” che si stanno discutendo in questi giorni. Guarda caso la Regione è sempre assente su queste problematiche e a forza di essere incisivi e puntuali come Forza Italia, qualche cosa — ne dobbiamo dare atto anche all’assessore — è stato recepito. Come per quanto riguarda le rivalse ospedaliere. Poche aziende nelle Marche recuperavano. Oggi ‘è voluta una circolare del dott. Aprile che invita tutti a mettersi in riga, per il bene anche delle casse regionali. Per le cose andate in prescrizione, chi paga? Chi fa questo controllo, Franceschetti? Le opposizioni? Sono somme non entrate nelle casse della Regione Marche. Si può quindi definire danno erariale e di fronte a un danno erariale qualcuno deve pagare. Ecco la funzione di controllo che è mancata in alcune circostanze.
Bene si è fatto, in alcune occasioni — e lì doveva esserci un controllo ancora più accurato — a centralizzare alcuni acquisti. E’ stata una delle prime interrogazioni che Forza Italia ha fatto e l’assessore ne ha preso atto. Diamo atto che se c’è stato qualche risparmio, è perché l’assessore ha seguito anche la posizione di Forza Italia. Così come, se ci sono stati una migliore organizzazione e un maggiore controllo, è sempre a seguito di una interrogazione di Forza Italia sulle gare d’appalto. Oggi gli acquisti devono essere fatti tutti a livello regionale, oltre una certa soglia. Questa è stata un’iniziativa sempre di Forza Italia che ha dato dei risultati. Però bisogna stare sempre attenti, vigili e controllare. Peccato che abbiate tolto i revisori dei conti, quindi on c’è più quella funzione di controllo che mi auguro non sia fatta a campione, anche se controllare tutte le aziende è una cosa un po’ difficile. Non si è capito perché avete voluto togliere i revisori dei conti che erano importanti e svolgevano funzioni di controllo.
Bisogna che stiate molto attenti, perché noi abbiamo la preoccupazione che si possano fare gare spezzettate e magari, anziché fare un intervento da un miliardo se ne fanno cinque da 190 milioni e le aziende possono andare avanti tranquillamente.
Tutta questa euforia non la comprendiamo, Franceschetti. C’è ancora una forte preoccupazione, perché le liste di attesa sono ancora molto lunghe, i cittadini marchigiani hanno dei grossi problemi per fare una visita in un breve lasso di tempo, se non tirando fuori somme consistenti. Bisogna lavorare molto anche sotto questo aspetto, per dare un migliore servizio ai cittadini. Purtroppo queste liste di attesa ancora si allungano.
Mi auguro che l’assessore abbia il polso della situazione e si attivi affinché le varie aziende si adoperino perché le liste di attesa vengano ridotte.
Non ho capito qual è il grosso risultato che ha portato il dott. Zuccatelli alla sanità marchigiana. Sappiamo però qual è la sua retribuzione annua, quindi vogliamo vedere dei risultati sotto questo aspetto, perché l’Asur ancora non ha dato tutti quei frutti che Franceschetti diceva nel suo intervento.
Entrando nel merito di alcune problematiche, credo che sia stato ingiusto l’attacco che Fanceschetti ha fatto agli allora Dc, Psi e Pri che governavano la Regione Marche, perché anche se all’epoca non erano suoi colleghi o non collaboravano con lui nelle varie amministrazioni, non è giusto fare questi attacchi. Chi verrà dopo di lei lo potrebbe dire nei confronti suoi e della sua Giunta, con discorsi generici, non basati sui fatti e sugli atti.
C’è stato un passaggio molto difficile, quello della sanità. Ricordo i tempi di Gino Vallesi assessore alla sanità, immerso nei problemi, girava tutti i comuni. Ci sono stati problemi molto difficili e ne ho detto uno a caso. Lei Franceschetti, prima di citare qualche alleanza, vada a vedere le difficoltà che avevano. Oggi basta fare un mutuo e si ripiana un debito, poi, fortunatamente il Governo ha messo uno stop e adesso è diventato più difficile, tanto che l’assessore Agostini deve fare i salti mortali per tamponare. Gli riesce perché è molto bravo con i numeri, però non siamo riusciti ancora a capire qual è il debito preciso, perché Ceroni fa una propria battaglia sui numeri, in quanto la matematica non la può mettere in discussione nessuno, ma in questa problematica i numeri non portano, quindi da una parte o dall’altra il problema esiste. Noi ci vogliamo capire, Franceschetti. Tu hai detto che tutto è a posto, però noi qualche dubbio l’abbiamo. Noi diciamo che è bravo Agostini a tamponare, mascherare, portare avanti questa problematica, a spostare le somme da una parte all’altra, però qualche problema effettivamente c’è e ci farebbe piacere che ogni tanto dicessi, quando ti specchi la mattina, “oggi ho detto la verità, c’è un buco”. Non ci dire la cifra, però dicci che qualche problema c’è.
Una cosa chiedo entrando nel merito della proposta. Non vedo ancora l’Utic a Civitanova Marche. E’ una cosa molto importante. E’ stata aperta rianimazione, c’era stato un impegno il giorno dell’inaugurazione, durante la campagna elettorale del “for president” Giulio Silenzi, sono venuti tutti da Ancona, dal Presidente D'Ambrosio a Melappioni, c’era tutto il parterre della Giunta regionale e quel giorno è stato preso un impegno solenne. Si disse “tra qualche mese avrete l’Utic”. Il tempo è passatoio mi auguro, assessore, che prima della fine della legislatura lei dia una risposta anche a questo problema che è molto importante, perché parliamo della salute dei cittadini.
Non vedo l’inserimento di nuove specializzazioni nell’ospedale di Civitanova, quando in passato erano già stati presi impegni per l’apertura di oculistica ecc. Occorre quindi dare un segnale in alcune zone dove certe problematiche sono sentite, perché non vorremmo che solo il privato — anche se noi non siamo contro il privato — avesse il monopolio riguardo a certe specialistiche, perché è importante che ci sia il privato come è importante che ci sia il pubblico. Guardiamo quindi con un occhio anche verso il pubblico e non solo verso il privato.
Questo è un piano di qualche mese fa, perché alcuni sindaci tempo fa avevano fatto una conferenza e non sono potuto entrare nel merito perché — l’errore è anche mio — non ho preso tutta la documentazione. Mi auguravo che ci fosse la possibilità di fare un riscontro con i dati precedenti, ma non ho avuto tempo di verificarli. Penso però che l’assessore si sia attenuto alle disposizioni della conferenza dei sindaci e del nuovo direttore che, a dire il vero, a Civitanova sta lavorando bene e sta anche dando dei risultati.

Roberto GIANNOTTI. E’ una nuova alleanza, questa?

Ottavio BRINI. I meriti bisogna darli a chi li ha, Giannotti. Bisogna dare atto che sta lavorando bene.
Concludo sperando che l’assessore su queste due problematiche ci dia una risposta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Celebriamo questo dibattito... (Interruzione). Brini ha parlato bene della Materazzi: dentro un discorso critico ha rilevato il fatto positivo che il nuovo direttore di zona sta operando bene. Uno fra 17...

Ottavio BRINI. No, c’è Ascoli, c’è Macerata...

Roberto GIANNOTTI. Comunque è il quadro generale che non funziona.
Credo che questa debba essere un’occasione per esprimere un giudizio sulla riforma del servizio sanitario che abbiamo consumato qualche mese fa e il giudizio non può che essere negativo, sostanzialmente. Credo che i risultati siano sotto gli occhi di tutti. I fallimenti di questa Giunta regionale sono ormai un dato acquisito. Mi dispiace deludere il consigliere Luchetti, ma il primo fallimento è sul risanamento, sul rientro finanziario. Debbo ricordare al consigliere Luchetti che non meno di un mese fa abbiamo approvato un atto, la legge finanziaria, con il quale abbiamo introdotto un meccanismo di monitoraggio dell’opera dei direttori di zona, prevedendo addirittura la giubilazione nel caso in cui non venissero rispettati i limiti di budget. Il fatto che una Giunta regionale sia costretta a ricorrere ad un atto di indirizzo improprio — perché si può dire tutto ma non certamente che la legge finanziaria è un atto di indirizzo nel campo delle politiche sanitarie — la dice lunga sul fallimento del principale obiettivo, quello del rientro finanziario, quello del risanamento economico.
Eppure ci troviamo di fronte ad una realtà gestionale della sanità lottizzata come non mai, dove con il bilancino del farmacista abbiamo assegnato il direttore generale dell’Asur alla Margherita, due direttori a Rifondazione comunista, il resto ai Ds, con qualche tecnico di area messo lì solamente come paravento. Quindi una lottizzazione che ha omogeneizzato i livelli di gestione della sanità al potere politico, quindi dovevano in qualche modo avere una maggiore corrispondenza.
Credo che il fallimento dell’Asur sia sotto gli occhi di tutti. Avere immaginato uno strumento di direzione del sistema sanitario quale quello che abbiamo costruito è stato un gravissimo errore, perché non ha consentito di affrontare e risolvere i nodi veri della sanità marchigiana, anzi li ha aggravati, li ha resi più difficili da affrontare e da risolvere, ha creato solamente un mostro in competizione con altri livelli di responsabilità. Continuo a dire che fin quando non si risolve la questione della triplice responsabilità, della triplice area di intervento su questo piano — l’agenzia, il dipartimento e l’azienda unica — non riusciremo mai a rafforzare una capacità di decisione che manca nell’Esecutivo regionale. Credo che anche questo sia un dato oggettivo, poi proveremo a dire perché riteniamo di esprimere questo giudizio di sintesi.
Un discorso che, per quello che riguarda i trasferimenti, riesce sempre ad animare il confronto politico in quest’aula fra consigliere Ceroni e l’assessore. Io sono abituato a fidarmi degli amici, quando mi dimostrano con carte alla mano che hanno ragione e in questo caso credo che sia stato maldestro il tentativo di ostruzionismo verbale dell’assessore Agostini: i conti sono quelli che sono e sono la dimostrazione che tutto quello che è stato detto rispetto ai trasferimenti statali nel campo della sanità sia una grossolana strumentalizzazione. Abbiamo già pubblicizzato i dati che avevamo a disposizione.
Perché è fallita la riforma sanitaria? Perché non c’è stato il recupero di efficienza e di efficacia del sistema e il segnalatore di questa situazione è il fatto che non è stato risolto il problema principale, quello delle liste d’attesa. Oggi, ancora per ricorrere a visite specialistiche di alto livello, un marchigiano deve aspettare 30, 60, 90 giorni. Questi non sono tempi buoni per la salute dei cittadini, perché obbligano il cittadino a fare ricorso alla prestazione del privato che riesce ad avere a costi maggiori, ma in tempi estremamente ridotti.
Non c’è stato riequilibrio delle alte specialità, siamo in ritardo rispetto a questa emergenza. Sulle dorsali periferiche di Ascoli, di Macerata, di Fermo e di Pesaro siamo in ritardo con il riequilibrio. Le alte specialità sono pericolosamente concentrate in Ancona, non sono in grado di soddisfare il bisogno dell’utenza, costano tantissimo, sono un doppione e rispetto a questo non vedo una inversione di marcia, non vedo una volontà politica di affrontare il “problema Ancona”. E’ ormai un dato acquisito che le alte specialità allocate nella città di Ancona rispondono al bisogno dei maceratesi, degli ascolani, dei pesaresi solo per l’11%, che è una percentuale bassa, bassissima, contro il 60% dei residenti in Ancona. E’ un sistema che non va assolutamente bene, è un modello che produce mobilità passiva, quindi maggiori costi per la Regione e non consente di eliminare uno dei motivi della crisi finanziaria del sistema sanitario.
Quindi è una questione che va affrontata. Così come non è stata affrontata in maniera adeguata la riduzione della spesa farmaceutica, che continua ad essere elevatissima, che continua ad avere un livello alto.
Rimane, rispetto a questo, una situazione ospedaliera che ci interessa oggi da vicino, che ha elementi di pesantezza estrema. Mi riferisco agli ospedali di rete, rispetto ai quali ci tocca registrare un degrado tecnologico e professionale strisciante. Certo non sono stati assunti provvedimenti punitivi nei confronti degli ospedali di rete, ma il fatto che non si mettano in essere iniziative per consentire il turn-over delle professionalità mediche e per non arrestare il degrado tecnologico e strutturale, fa sì che in pratica noi destiniamo gli ospedali di rete ad un decadimento pericolosissimo. Così come le scelte che abbiamo fatto oggi, che volete fare oggi e che noi non voteremo, rispetto al riequilibrio dei posti letto, rappresentano il certificato di morte per gli ospedali di polo, e tanto per non essere vago, per quello che riguarda la mia provincia, questo provvedimento — mi sono permesso di approfondire — è penalizzante al 100%. Come si fa a trasformare i 20 posti di riabilitazione dell’ospedale di Pergola in 20 posti di lungodegenza? E’ chiaro il significato di riduzione della capacità di assistenza di quell’ospedale. E’ chiaro che togliamo a Pergola uno dei punti di riferimento principali della propria offerta. Come si fa determinare la chiusura del punto nascita di Novafeltria, costringendo i cittadini della vallata del Marecchia a fare ricorso alla sanità di uno stato estero qual è quello di San Marino, o di un’altra regione andando nella città di Rimini? Come si fa a ridurre i posti letto dell’ospedale di Fossombrone? E soprattutto, assessore Melappioni, come si fa a non essere coerenti con le promesse che avete assunto? Avevate promesso ai cittadini pesaresi, in cambio del silenzio rispetto alla giubilazione di Gardi, rispetto alla proposta negativa sull’Irccs, di realizzare la neurochirurgia e la cardiochirurgia. Non c’è un posto letto per questi due servizi di alta specialità, soprattutto non c’è una disponibilità a realizzare questo riequilibrio.
Lei, assessore, mi deve spiegare che senso ha questa campagna autoreferenziale che state facendo sui giornali da qualche settimana, se non costare ai cittadini. Se invece di fare pubblicità deste un servizio migliore, credo che i cittadini sarebbero più contenti. Il fatto che io debba leggere sul giornale che la sanità marchigiana, attraverso il medico di famiglia è vicina al cittadino, mi pare una cosa assurda. Credo che se lei riducesse le liste di attesa di tre giorni, i cittadini sarebbero più contenti. Se avete bisogno di autopromuovervi, vuol dire che non siete nemmeno voi convinti di essere stati promossi nei fatti.
La terza questione è legata all’incidenza del rapporto fra spesa della sanità e bilancio. Il fatto di non riuscire a ridurre in maniera consistente le spese della sanità vuol dire continuare a ingabbiare il bilancio regionale, vuol dire costringervi a mantenere una manovra fiscale iniqua, ingiusta, inopportuna, rispetto alla quale avete ridato ai marchigiani solamente le briciole. E’ un gioco perverso ma è così. Se non risanate la sanità, non risanate il bilancio e siete costretti a far pagare più tasse.
Oggi sono particolarmente soddisfatto, e mi riferisco alla denuncia della Corte dei conti rispetto al fenomeno delle consulenze. Un problema rispetto al quale abbiamo segnato questa legislatura. La nostra denuncia sull’abuso delle consulenze da parte del servizio sanitario e della Giunta regionale è stata una costante. Siamo contenti che oggi qualcuno, finalmente, riconosca che oggi questo problema esiste, quindi non era un grido d’allarme. Presidente D'Ambrosio, le ho fatto ieri un’interrogazione che riguarda un altro particolare della cattiva gestione, quello delle assunzioni a tempo indeterminato fatte in quest’ultimo periodo, ma la piaga delle consulenze è uno degli elementi di maggior rilievo sulle difficoltà del bilancio regionale e soprattutto l’elemento che ha di più, nella visione collettiva, offuscato l’immagine di questo Esecutivo.
Assessore, non ritengo che sia corretto il riferimento che lei fa continuamente all’applicazione di un parametro nazionale, che è quello del 4 per mille. Certo, c’è un parametro di riferimento nazionale rispetto al quale anche le Marche debbono stare dentro. Io sono in grado di dimostrarle che questo parametro non è stato utilizzato in maniera corretta nelle quattro province. Per esempio la provincia pesarese è penalizzata nei confronti di altre situazioni, guarda caso Ancona, ma soprattutto è un calcolo che affonda le sue ragioni su una valutazione anomala, perché se lei estrapola dal “discorso Ancona” le alte specialità e le conteggia a parte, fa un’operazione non giusta. Se invece considera l’incidenza rispetto alle singole province, probabilmente il quadro di riferimento die posti letto per ogni singola realtà dovrebbe venire diversamente.
Per questi motivi, salvo che non accettiate di votare favorevolmente tutti gli emendamenti che abbiamo presentato, confermeremo un giudizio negativo su questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Quando si è parlato di sanità abbiamo fatto sempre delle sedute segrete, perché c’erano problemi a livello sanitario, ma finalmente oggi possiamo parlare pubblicamente, così quanto detto verrà registrato.
Questo atto da tanto tempo doveva uscire, è stato un parto veramente molto difficile, uno di quegli equilibri strani che purtroppo ormai siamo abituati a vedere, perché nella sanità quasi tutto era in disequilibrio o in un equilibrio che è stato portato avanti inchiodando le situazioni, proprio per cercare di non far franare una situazione non dico fallimentare, ma ancora di più. Addirittura ho sentito prima dire che, volere o volare, l’Amministrazione di centro-sinistra della precedente legislatura e quella attuale hanno fatto due piani sanitari. Vediamo allora che cosa hanno portato questi piani sanitari.
Nella precedente legislatura il piano sanitario ha portato un vantaggio solo ed esclusivamente all’ex assessore Mascioni, perché è diventato senatore proprio grazie a un “piano sanitario-non piano sanitario”, che non ha risolto niente ed ha creato solo ed esclusivamente disequilibrio e problemi alla sanità marchigiana. Ha messo solamente in pace alcune situazioni, creando nuovi equilibri.
Vediamo quest’altro piano che è stato fatto. Ha portato una situazione veramente allarmante, basti vedere i titoli dei giornali quando è iniziato il discorso di questo riordino. Riordino o disordine? Posti letto-taglio salvabilancio? “Posti letto: il taglio dei 1.000”.
L’unico vantaggio che ha portato l’ultimo piano sanitario è stato il “Premio Città di Cesena” che è stato dato al dott. Zuccatelli, perché all’ospedale di Cesena sono arrivati dei premi mandati direttamente alla Giunta regionale delle Marche la quale ha portato via una persona che aveva creato disavanzi e problemi alla sanità dell’Emilia Romagna. Gli emiliano-romagnoli si sono dimostrati molto più assennati, ma soprattutto rigidi, nel far allontanare un personaggio che era sotto inchiesta e che è stato non assolto, ma sono decaduti i termini. (Interruzione). Per Berlusconi non sono decaduti. Forse tu collega hai cambiato partito perché non ti hanno chiamato come avvocato difensore di Berlusconi, quindi capisco la situazione. Però noi abbiamo qui chiamato a mettere mano sulla sanità, uno che era stato allontanato dalla sanità dell’Emilia Romagna.
Hanno fatto l’Asur. Ha comportato un aggravio di spesa alla sanità, non solamente per il discorso sanitario riguardante il personale medico e paramedico, ma addirittura nel settore del personale amministrativo.. E’ cambiato tutto per non cambiare niente, hanno lasciato le cose tal quali e hanno solo ed esclusivamente reimpostato dei programmi nuovi per mantenere tutto come era stato portato prima. Un’altra cosa grave era stata qui denunciata e riguarda un fatto accaduto nell’ospedale di Fano, per la quale ci sono stati dei ricorsi. Adesso sta avvenendo in tutta la regione Marche. Per quale motivo nel settore assicurativo viene tutto fatto da un broker il quale, a sua volta, ha provocato problematiche a tutte le strutture? Si dice che sono diminuite le spese. Adesso riporteremo i conti veri e avremo modo di dimostrare chi sono questi broker.
Addirittura, dopo i gravi problemi che erano stati creati, ad esempio nell’ospedale di Fano, sono stati tagliati dei posti letto alla terza città delle Marche, Fano.
Nel testo addirittura vengono riportate delle affermazioni che dicono: “Mantenimento per l’intera settimana della funzione chirurgica negli ospedali di Amandola e Novafeltria”. Gli altri ospedali non hanno più la garanzia dell’intera settimana? Sono contento che l’ospedale di Novafeltria, proprio per la sua dislocazione ed ubicazione abbia risolto questi problemi, ma ce ne sono tante di queste realtà.
Addirittura vorrei stringere la mano a chi ha redatto questo documento. Nei poli di Amandola e Novafeltria, dove è stata sospesa l’attività di ostetricia, con il punto nascita verrà attivata la funzione di “Casa del parto”. Dalle altra parti come si chiama? “Casa dell’arrivo”?
Sono degli imbellettamenti, ma nella sostanza si modificato solo ed esclusivamente rispetto al numero, in senso negativo, proprio perché non si vuol minimamente mettere mano in modo serio a questo riordino.
Sulla mobilità che abbiamo nel nostro territorio, conosco bene la provincia di Pesaro, da cui è facile andare a Bologna, sia perché è vicina, sia perché ha un’offerta ad altissimo livello. Non perché Ancona è da meno, ma perché l’ospedale regionale di Ancona, nonostante gli si diano i posti letto, non può permettersi di dare risposta alle esigenze dell’intera regione. E allora i casi sono due: o non siete capaci voi di metterla in queste condizioni, oppure c’è una volontà da parte dell’ospedale di Ancona di non dare questa risposta. Siccome la seconda ipotesi mi sembra alquanto assurda, dal momento che Ancona è sede di una facoltà di medicina di altissimo livello, risulta assurdo e impossibile che gli stessi professori e le stesse strutture non siano disponibili a dare questa risposta. Significa che non è messo nelle condizioni, da parte di questa Amministrazione regionale, di dare delle risposte.
Si verifica quindi che noi abbiamo una mobilità in senso negativo e non facciamo altro che far togliere delle risorse e aumentare il disavanzo nel settore sanitario per le strutture della nostra regione.
Io ho presentato un emendamento concreto per quanto riguarda l’ospedale di Fano che ha subito tanti danni. Da ultimo sono stati fatti degli ascensori nella nuova struttura, che non sono mai stati utilizzati e che hanno dovuto cambiare perché in quegli ascensori entravano le barelle ma non entravano i letti. Hanno i reparti di chirurgia, cioè le sale operatorie, al piano interrato, così come la sala rianimazione. Non mi risulta che gli ammalati che escono dopo un intervento o quelli che vengono portati in sala di rianimazione siano trasportati in braccio, ma sono nei letti.
Il problema non è solo quello che è avvenuto, ma è che nessuno, nonostante le denunce fatte in questo Consiglio, ha cercato i responsabili — non i colpevoli — di queste assurdità.
Non si può continuare ad andare avanti in questa maniera, vediamo di riportare ciò che non è mai stato fatto. Vorrò sentire, durante la campagna elettorale, cosa ci dirà della sanità il candidato Presidente, se difenderà la sanità del quinquennio 1990-95 e precedenti, oppure la sanità del 1995 e seguenti. In questo caso, dovrà per forza asserire che la sanità delle annate precedenti, quando al governo di questa Regione c’erano i partiti del vecchio centro-sinistra di cui lui era esponente, era fatta male.
Oggi vedremo se ci sarà buona volontà da parte della maggioranza a recepire qualche emendamento, non dico tutti. In caso contrario significherebbe che il piano è perfetto, che le cose vanno tutte bene e continueremo ad andare avanti in questi termini, trovandoci così a cena tutti insieme con “madama la marchesa”.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Passiamo all’esame degli emendamenti/
Emendamento n. 1 a firma Pistarelli, che ha la parola.

Fabio PISTARELLI. Mi sembra che su questa questione dell’alta specialità, delle eccellenze della Regione, avere cassato l’argomento della proposta di riordino della rete ospedaliera sia stato un errore evidente, sottolineato anche in sede di audizione da più di un soggetto autorevole del nostro sistema sanitario.
Questa questione, con una specifica relativa alle dotazioni finanziarie apposite, che devono essere appositamente dedicate per il potenziamento e il completamento delle esperienze della neurochirurgia su province di Ascoli e Pesaro e sul polo oncologico di Macerata, a mio avviso è un passo avanti piccolo, comunque ulteriore rispetto a quello che già piano sanitario dice su questo tipo di questioni, perché è la stessa identica frase che nel piano sanitario. Se vogliamo fare qualche cosa in più, diamo almeno questa indicazione relativa all’autonomia di finanziamento che deve continuare ad essere quello che tra l’altro è stato nella annualità che si è chiusa. Siccome questa partita è ancora aperta, diamo una ulteriore spinta in positivo a questo tipo di scelta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 2 a firma Ciccioli, Pistarelli e altri. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Ripeto la piena condivisione su tutte le valutazioni fatte sul piano politico dai colleghi, sia di Alleanza nazionale sia di Forza Italia. Un piano ospedaliero che disapproviamo in pieno e che in particolare va a penalizzare determinate zone, perché è inutile nasconderci che certe zone sono più massacrate, letteralmente, dalla scure, peraltro incondizionata, di questo piano ed altre ricevono perlomeno un trattamento non dico di favore, ma quanto meno mantengono quello che hanno allo stato attuale o quello che il piano sanitario prevede.
Quello che chiediamo con questo emendamento, che poi ripeteremo specificando i numeri quando chiederemo la riattribuzione per la zona del fermano di un numero esagerato di posti letto che sono stati tagliati — con certezza posso dire che non c’è stata una penalizzazione maggiore o lontanamente simile a questa in tutte le altre province, in tutte le altre entità ospedaliere — mette il dito nella piaga del discorso, perché si sta procedendo a tagliare, quindi a razionalizzare, senza che gli ospedali, siano di polo, siano di supporto, siano di rete, siano stati adeguati a rispondere alla domanda del territorio, sia in termini di ricoveri, sia in termini di domanda di acuzie, di post-acuzie, di riconversione. Non abbiamo iniziato minimamente un discorso, tanto meno nel Fermano, però procediamo a quella che dovrebbe essere la conclusione di questo discorso, cioè la razionalizzazione ed i tagli.
A fronte di una situazione catastrofica dell’ospedale di rete, di non completamento, di non ultimazione dei lavori, di non messa a regime, di non attivazione di tutti i posti letto che sono stati precedentemente assegnati, con una carenza di primariati, di unità operative che addirittura lo status di provincia avrebbe imposto di adeguare in questa situazione in cui, invece, è stata completamente disattesa ogni indicazione, ogni obbligo in tal senso — addirittura nella tabella del piano sanitario alcune specialità venivano previste, una per provincia — ci aspettavamo davvero un adeguamento indolore, automatico della situazione, non bisognava neanche ricorrere a stravolgimenti o emendamento. Tam quam non esset, non è avvenuto nulla, al contrario invece si è addirittura proceduto con dei tagli che rischiano davvero di collassare la sanità del fermano, per primo quello dei venti posti letto, quindi Montegiorgio. Nessuno di noi esclude che nel lungo, lunghissimo termine poteva anche questa essere una delle soluzioni proponibili in sede di riconversione, ma di sicuro non andava proposta in questo momento e con questo primo piano di riassetto ospedaliero, perché la zona, ripeto, e l’accoglienza sanitaria della zona realizzata dal Murri e dal supporto di Sant’Elpidio a Mare, non è sicuramente adeguata alla domanda di ricoveri, domanda ospedaliera, domanda di servizi della zona territoriale 11.
A mio avviso è davvero vergognoso, peraltro in presenza di un comitato che si è organizzato, che si è fatto audire, sentire nella Commissione, che ha proposto emendamenti, noncuranza assoluta anche da parte della Commissione, perlomeno con un provvedimento di medio termine, di breve termine, perché provvedere oggi a chiudere quell’ospedale senza avere adeguato le strutture più grandi o comunque avere creato le condizioni per un’accoglienza, è inaudito, significa davvero creare le condizioni di un disagio, aumentare le condizioni di un disagio, di un disservizio, di una disfunzione di cui qualcuno dovrà rispondere, sia in termini elettorali, ma soprattutto — mi auguro che ciò non avvenga — in termini di responsabilità giuridica, perché significa eliminare in tutto l’entroterra un supporto, una base, un appoggio per, in questo caso, la medicina. Per la chirurgia è già avvenuto, il pronto soccorso è già stato smantellato, quindi non è un discorso di bieco campanile ma è davvero la presa d’atto di una inadeguatezza del sistema della zona 11 che doveva quanto meno aspettare dei tempi più lunghi e migliori per poter fare questa razionalizzazione che oggi diventa pura e semplice penalizzazione. Chiediamo quindi che almeno questi 20 posti vengano restituiti, sono 20 su 100 che vengono tagliati nel fermano dal vostro piano sanitario, non dalle previsioni del comitato. Un fabbisogno di 520 posti, in realtà attribuiti 430: quanto meno mettere la pezza di questi 20 con Montegiorgio. Quindi chiediamo che venga accolto questo emendamento, diversamente sapremo di sicuro additare i colpevoli di questa situazione, in maniera da grancassa nella zona.

Fabio PISTARELLI. Chiediamo la votazione per appello nominale, a nome mio e dei consiglieri Romagnoli e Castelli.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini assente
Amagliani no
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini assente
Ceroni sì
Cesaroni sì
Ciccioli sì
Comi no
D’Ambrosio no
D’Angelo no
Donati sì
Favia no
Franceschetti astenuto
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi sì
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi assente
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Spacca assente
Tontini no
Trenta assente
Viventi assente

Il Consiglio non approva

PRESIDENTE. Decade anche l’emendamento n. 11.
Subemendamento 02 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2 bis come subemendato. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 3. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Questa è una delle questioni delle quali ho parlato nell’intervento. Riguarda la previsione per l’ospedale di Novafeltria, un ospedale molto distante dall’azienda di Pesaro, per il quale è stata decisa la chiusura del reparto di ginecologia. C’è stata una protesta popolare, il rischio è di costringere le popolazioni di quella vallata del Marecchia isolata, marginalizzata a fare ricorso alla sanità della Repubblica di San Marino o della regione Emilia Romagna. Evidentemente è una scelta che non può piacerci, quindi per questo chiediamo questa modifica al piano.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 4 a firma Giannotti, che ha la parola.

Roberto GIANNOTTI. Il “caso Sassocorvaro” è diverso. L’assessore ha avuto, in questo caso, una grande idea sul piano politico, perché ha prodotto un risultato, una pessima idea sul piano della gestione del servizio sanitario. Cosa è successo? Sarebbe da chiedersi dentro quale logica se non quella della copertura politico-elettorale cada questa scelta, perché non mi risulta che la Giunta regionale abbia fatto altre scelte di questa natura sul territorio regionale. A Sassocorvaro l’ha fatto, probabilmente perché serviva offuscare la mente e gli occhi ai cittadini, anche se poi questo offuscamento è stato parziale, perché su questo avete perso le elezioni amministrative, a dimostrazione che i cittadini di Sassocorvaro non vi hanno capito, anzi hanno capito chi come noi della Casa delle libertà sosteneva il contrario. Credo che la vicenda della semiprivatizzazione dell’ospedale sia stata la dimostrazione del fallimento di questa scelta che noi abbiamo contestato, ma non solamente noi perché anche qualche partito della maggioranza mi risulta abbia idea diverse.
Cosa ne è derivato? Intanto il degrado inarrestabile dell’ospedale di Sassocorvaro, non certamente appagato da questi nuovi servizi tutti da verificare sul piano della resa economica. Un degrado inarrestabile, l’interruzione di alcuni lavori fondamentali come il raddoppio della camera operatoria ma soprattutto la dequalificazione sul piano della professionalità medica: il primario di chirurgia se ne è andato, la chirurgia non funziona più, funziona pochissimo, solamente per le situazioni di base, con una difficoltà oggettiva per una intera vallata, la vallata del Montefeltro. Quando si discute della sanità delle zone interne, assessore, la risonanza magnetica a Urbino quando la dà? Lei ha una mia lettera e un’interrogazione del consigliere Tontini con cui le chiediamo di autorizzare l’istituzione della risonanza magnetica a Urbino. Sarei contento se lei oggi, in funzione di questo dibattito, desse a me e a Tontini questa buona notizia.
Rimane il fatto che la situazione di Sassocorvaro è gravissima. Le preannunci oche presenteremo una proposta di legge per re-istituire il reparto di chirurgia. La proposta formulata è quella di portare i posti letto da 10 che non consentono questa opportunità, a 15. Chiediamo di votare a favore.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 5. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Lo stesso discorso vale per Fossombrone, altro ospedale di polo rispetto al quale c’è stata una scelta di disattivazione della chirurgia. Anche questa scelta è estremamente penalizzante e anche sulla base di una specifica richiesta di cittadini, chiediamo questa modifica.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 5.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 6. Ha la parola il consigliere Gasperi.

Gilberto GASPERI. Ho presentato questo emendamento per cercare di togliere il degrado che sta avvenendo all’interno dell’ospedale di Fano, cercando di aumentare i posti letto, sia dell’emergenza sia della chirurgia dell’ospedale di Pergola che fa sempre parte della Asl di Fano, per la medicina d’urgenza, la terapia intensiva e l’unità coronarica, in modo tale che si dia risposta concreta alle richieste per i fabbisogni della città di Fano che è la terza città delle Marche per il numero di popolazione. Per questo chiedo la votazione per appello nominale a nome anche dei colleghi Pistarelli e Castelli.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale a partire dal n. 1.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini assente
Amagliani no
Amati no
Ascoli assente
Svenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini assente
Ceroni sì
Cesaroni assente
Ciccioli sì
Comi no
D’Ambrosio assente
D’Angelo assente
Donati no
Favia no
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente
Luchetti no
Martoni no
Massi assente
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Mollaroli astenuto
Moruzzi assente
Novelli assente
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi assente
Romagnoli sì
Secchiaroli no
Spacca assente
Tontini no
Trenta assente
Viventi assente

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 8. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Avere tolto all’ospedale di Pergola i 20 posti di riabilitazione è un ulteriore elemento di dequalificazione di quella struttura ospedaliera. Vi diamo la possibilità di salvarvi l’anima e il consenso politico, altrimenti assumetevene la responsabilità nei confronti dei vostri elettori.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 8.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 9 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 10. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Quello che scriviamo qui è ciò che il piano sanitario 2003-2006 dice. Siccome sono posti letto massimi, non si capisce perché nella programmazione relativa a questo atto, non si rispetti quel limite che era stato stabilito nel piano sanitario, cosa che tra l’altro era ed è la premessa dell’atto di oggi. L’unico decremento è su Fermo. Le prossime programmazioni dovranno tener conto di questo nuovo limite massimo e non di quello del piano sanitario. Ecco la gravità per il territorio, segnalata da più parti, non solo nei lavori dai nostri banchi, ma anche dalla conferenza dei sindaci e altri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

Fausto FRANCESCHETTI. La conferenza dei sindaci di Fermo ha fatto una proposta identica a quella scritta nel piano. Ha rilevato infatti l’impossibilità dell’ospedale di Fermo a poter mettere dentro tutti i 521 posti letto. Se prendete la proposta della conferenza dei sindaci, vedrete che non parla di 521 posti letto ma di oltre 400 posti letto, quindi meno di quelli che sono previsti in questo piano, che sono stati aggiunti successivamente. Fra l’altro non dite tutto, perché se prendete la pagina relativa alla zona 11 di Fermo leggerete quello che più volte sulla stampa e in Commissione io ho rilevato, cioè che il numero dei posti letto sarà rideterminato così come previsto dal piano sanitario regionale. Oggi c’è un’impossibilità strutturale di quell’ospedale di rete a poter sopportare tutti i posti letto previsti nel piano. Qui è detto chiaramente che non appena verrà ristrutturata la parte che manca alla ristrutturazione dell’ospedale di Fermo i posti saranno portati a 521, quindi non serve assolutamente la demagogia che fate, che è talmente scoperta che vi contraddicete rispetto a quello che la stessa conferenza dei sindaci ha approvato a Fermo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.
Remigio CERONI. Se a Fermo vogliamo dare 521 posti bisogna metterli anche nella tabella di riordino, dopodiché, se al momento non è possibile collocarli né a Montegiorgio, né a Sant’Elpidio a Mare, né a Fermo, aspettiamo, perché il piano non è la fotografia della situazione attuale, è qualcosa che si realizza nel tempo, con gradualità. Non possiamo prendere in giro i cittadini fermani, perché la penalizzazione del fermano serve per tenere in piedi altri posti letto in altre realtà. Allora approviamo l’emendamento, ne diamo 521, li apriremo quando sarà il momento. Dobbiamo dire che il piano, a regime deve dare al fermano i 521 posti letto necessari per dare le risposte che servono alle esigenze di ricovero dei fermani.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 12. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Tutti abbiamo assistito al dibattito Irccs-non Irccs; Gardi-non Gardi, con tutto quello che ne è seguito. In tantissime occasioni era stato garantito ai cittadini di Pesaro il recepimento di un’esigenza di fondo posta in questi giorni, quella del riequilibrio delle alte specialità sul versante della cardiochirurgia e della neurochirurgia. Questa è una promessa non mantenuta. C’è un tentativo di far passare per unità complessa di neurochirurgia una cosa che non è neurochirurgia perché mancano i posti letto. La dimostrazione evidente di una disponibilità reale a mettere in piedi questo servizio sta in questa modifica, perché i 6 posti letto previsti nel piano di riordino non determinano un assetto di questo genere. Solo attraverso questa scelta che noi indichiamo, cioè i 12 posti letto, si garantisce questa possibilità. Così come è ora che si faccia chiarezza anche sulla seconda promessa, quella dell’unità complessa di cardiochirurgia che può eliminare questa difficoltà e il disagio rappresentato non tanto dalle trasferte anconetane ma dalle trasferte in altre regioni, perché ormai è un dato acquisito che il 90% dei pesaresi che hanno bisogno di interventi al cuore non vengono in Ancona ma vanno in Emilia Romagna, questo è il dato drammatico di cui dovete farvi carico. Anch’io su questo emendamento chiedo il voto per appello nominale, unitamente ai colleghi Gasperi e Brini.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale.

Gabriele MARTONI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama:
Agostini assente
Amagliani assente
Amati no
Ascoli no
Avenali no
Benatti no
Brini sì
Castelli sì
Cecchini assente
Ceroni sì
Cesaroni assente
Ciccioli sì
Comi no
D’Ambrosio assente
D’Angelo no
Donati no
Favia no
Franceschetti no
Gasperi sì
Giannotti sì
Grandinetti assente Luchetti no
Martoni no
Massi assente
Melappioni no
Minardi no
Modesti no
Mollaroli no
Moruzzi no
Novelli assente
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi assente
Romagnoli sì
Secchiaroli assente
Spacca assente
Tontini no
Trenta sì
Viventi assente

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 13. Ha la parola il consigliere Amati.

Silvana AMATI. La proposta di emendamento modifica un punto relativamente alla questione che attiene all’Inrca di Ancona. Nelle considerazioni da fare rispetto all’emendamento proposto, occorre rendere noto un riferimento che secondo me è abbastanza interessante relativamente alla modifica della tabella, fatto dal prof. Marco Trabucchi, consulente della Regione Marche all’interno della Commissione Regione Marche-Inrca. In questi appunti del prof. Trabucchi del 27 marzo 2004 si legge, tra l’altro: “Inoltre sarà necessario prevedere nell’ospedale la filiera dell’emergenza, sia come supporto della medicina di urgenza sia come risposta adeguata alle esigenze climatiche dei pazienti ricoverati. E’ ipotizzabile che venga gestita in maniera centralizzata un’area in vari gradi di intensità e sub-intensità dedicata al trattamento delle persone anziane in regime di ricovero per sindromi acute e croniche, immediato periodo di post-intervento chirurgico, ictus, insufficienze respiratorie acute. A tale scopo potrebbero essere dedicati 12-14 letti affidati a équipes specialistiche di riferimento, quindi senza incremento degli organici, mentre il personale infermieristico sarebbe unico e coordinato da dirigente infermieristico”.
Da queste considerazioni che hanno tutta la valenza della competenza che è stata messa in campo per parlare del futuro dell’Inrca, discende la trasformazione dei posti letto interni all’Inrca, non 14-12 ma 6 posti letto che verrebbero sottratti in parte alla chirurgia, in parte al compartimento della medicina in modo abbastanza irrilevante, perché le modifiche sono veramente minimali, in modo da poter garantire l’introduzione nel punto emergenza di una nuova funzione, quella della terapia intensiva, così come indicato dai vostri consulenti e nello stesso tempo aumentando le unità a 6, per cui avremmo per l’emergenza non più 6 posti ma 12.
Credo che questo strumento potrebbe servire all’Inrca e, complessivamente, anche alla realtà della città di Ancona, senza modificare il numero totale dei posti letto. Si tratta quindi di esprimere un’adesione a quanto i vostri consulenti hanno indicato e a quanto il personale medico e ospedaliero complessivo dell’Inrca, sollecita.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento

Il Consiglio approva

Emendamento n. 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

E’ stato presentato un ordine del giorno a firma dell’assessore Melappioni, di cui do lettura: “Il Consiglio regionale impegna la Giunta affinché le modifiche derivanti dal piano sanitario aziendale n. 147/2004 relative all’attività aggiuntiva prevista all’Inrca, rientrino comunque entro il budget di spesa già assegnato”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva all’unanimità

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 17,50