Resoconto seduta n. 22 del 29/11/2000
RESOCONTO INTEGRALE
SEDUTA DI MERCOLEDI' 29 NOVEMBRE 2000
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI
INDI DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPE RICCI
La seduta riprende alle 16,40
Comunicazione dell’assessore all’agricoltura in ordine alle misure regionali per far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno “mucca pazza” (Discussione)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la comunicazione dell’assessore all’agricoltura in merito alle misure per far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno “mucca pazza”.
Le comunicazioni ci sono già state, quindi apriamo il dibattito.
Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Nella seduta della scorsa settimana ho ascoltato l’intervento dell’assessore Agostini rispetto al quale, se mi è consentito, volevo esprimere una diversa valutazione in ordine alla situazione che si è determinata sul territorio regionale in conseguenza di questo evento.
Dire come ha fatto l’assessore che l’allarme “mucca pazza” non ha intaccato i consumi da parte dei marchigiani di carne certificata mi sembra una fuga in avanti, una volontà di non affrontare il problema. Il calo superiore al 50% nella vendita di carne di bassa macelleria e il calo fra il 30 e il 50% per quanto riguarda le carni pregiate è un fatto indiscutibile, quindi c’è più che essere preoccupati di quello che sta succedendo nel territorio marchigiano per gli effetti rispetto al disagio e alle preoccupazioni delle popolazioni ma soprattutto rispetto alla situazione di oggettiva difficoltà in cui versano gli allevatori, i dettaglianti di carni. Credo che da questa rilevazione si debba partire per compiere una valutazione e definire le posizioni da assumere. L’opinione pubblica non distingue. Credo che il dato più evidente è che la gente non compera più carne. Non c’è tanto una differenziazione fra carni che fanno riferimento alla produzione nazionale e carni che provengono da altri Paesi, il dato di fatto è che la gente non consuma più questo prodotto o comunque lo consuma in maniera estremamente ridotta. Questo è il dato di fondo legato agli avvenimenti che sono accaduti e da cui occorre partire. Se non è chiaro questo, se ci attardiamo rispetto alla rivendicazione di meriti che abbiamo acquisito nel cammino della certificazione non andiamo lontano, facciamo solo finta che il problema non esista o comunque corriamo il rischio di banalizzare una questione che invece è importante soprattutto per i riflessi che ha nel campo del settore della zootecnia e anche nel campo del dettaglio di questo prodotto. Nessuno disconosce il ruolo, le iniziative e gli atti che sono stati adottati rispetto al sistema della certificazione. E’ un cammino che è stato intrapreso rispetto al quale alcuni traguardi sono stati raggiunti, certamente non è tutto ma rappresenta un punto di partenza.
Rispetto a questa situazione, secondo noi era ed è doveroso che ci sia un pronunciamento, una presa di coscienza da parte del Consiglio regionale della situazione nella regione e ci sia soprattutto una assunzione di responsabilità rispetto ai problemi che ne derivano. Il nostro gruppo consiliare si è fatto carico, in tempi non sospetti, di predisporre tutta una serie di atti relativi ad un aspetto di questo problema sul quale interveniamo. A me sembra però che la prima risposta che deve trovarci impegnati è quella di potenziare una grande campagna di informazione sulla qualità della produzione marchigiana. Credo che questa sia la risposta contingente che deve essere data per comunicare all’opinione pubblica i pochi rischi connessi al consumo di carne, così come rispetto a questo credo che gli interventi che normalmente sono attivati per sostenere la produzione delle razze marchigiane debbano essere più sostenuti. Anche qui occorre una iniziativa precisa da parte della Regione che vada in questa direzione.
La terza questione sulla quale ci siamo soffermati in maniera particolare è quella legata allo smaltimento di carcasse, altra vicenda di non poco conto che ha messo in ginocchio gli allevatori della nostra regione e rispetto alla quale ci corre l’obbligo di rilevare che al di là di pochissime parole non abbiamo registrato fino ad oggi una posizione chiara della Giunta regionale, dell’assessorato.
Mi si può dire che è una questione nazionale. Certo, nessuno toglie il fatto che di fronte a questa questione il Governo centrale debba comunque intervenire, ma noi crediamo che sia necessario, importante che da parte del Consiglio regionale ci sia una risposta tradotta in atti precisi da parte dell’Esecutivo.
Questa situazione è riassumibile nell’incombenza di tantissimi allevatori di dover smaltire direttamente le carcasse degli animali uccisi, procedendo al loro incenerimento, soprattutto tenendo conto che nel territorio regionale non esistono strutture abilitate a questo fine, quindi questa incombenza va realizzata in impianti di termodistruzione che insistono nel territorio dell’Emilia, del Veneto e della Lombardia. Quindi l’allevatore, oltre ad avere un danno nella perdita dell’animale deve anche farsi carico in maniera diretta dei problemi connessi all’uccisione, allo smaltimento e alla termodistruzione. Evidentemente, come è facile capire, un impegno anche finanziario estremamente gravoso che può essere disatteso. A nessuno può sfuggire il rischio connesso a questa procedura che può portare qualche allevatore non oculato a non distruggere la carcassa dell’animale ma ad usare procedure più sollecite e meno costose come il sotterramento, con tutti i rischi connessi.
Di qui la nostra richiesta di un intervento preciso da parte della Regione, che non può ritenersi soddisfatta delle dichiarazioni d’intenti del ministro dell’agricoltura, come non può ritenersi soddisfatta del fatto che alcuni enti locali hanno proceduto autonomamente a questa incombenza. L’Amministrazione provinciale di Pesaro, tanto per citare un ente locale non guidato dalle forze del Polo, ha approvato l’altro giorno un atto deliberativo con il quale viene stanziato un contributo di 30 milioni per alleviare i costi di smaltimento degli allevatori, un provvedimento-tampone per sei mesi. Leggo nella risposta dell’assessore Rondina al presidente del gruppo di Forza Italia che ha posto questa questione, “questo in attesa che la Regione assuma provvedimenti adeguati”. Da qui il cammino e le iniziative che noi abbiamo assunto, prima con una richiesta di informazioni, poi con una proposta di atto amministrativo che per alcune complicazioni è stata dichiarata irricevibile dalla segreteria del Consiglio ma che sostanzialmente chiedeva uno stanziamento di oltre mezzo miliardo per far fronte alle spese degli allevatori per i primi sei mesi, in attesa sempre dell’intervento statale, che infine è stata declinata in un ordine del giorno che noi abbiamo presentato al voto del Consiglio e che sostanzialmente chiede uno stanziamento di 600 milioni con fondi del bilancio regionale per contribuire alle spese che gli allevatori sostengono per lo smaltimento delle carcasse.
Mi auguro che sia possibile acquisire, a conclusione di questo dibattito, prima del voto del Consiglio regionale un preciso impegno da parte della Giunta in questa direzione, peraltro richiamato anche dall’ordine del giorno votato da tutti i gruppi rispetto al quale presenteremo due proposte emendative, una relativa alla definizione di un impegno chiaro, l’altra relativa a un altro aspetto che è emerso in questa vicenda e che riguarda la situazione di gravissima crisi in cui versano le macellerie della nostra regione. Rispetto a queste due questioni che noi abbiamo sollevato, che si accompagnano a tutte le altre che sono oggetto della discussione, non per ultimo il fatto che qualcuno dovrà porsi il problema, se continua questa procedura, della costruzione nelle Marche di un impianto di termodistruzione — che non ci sia una struttura abilitata a questo adempimento nella regione credo che sia un altro limite — se da parte dell’assessore o del Presidente ci sarà un impegno preciso in questo senso il nostro gruppo voterà l’ordine del giorno unitario che per iniziativa del consigliere Moruzzi è stato presentato e che contiene questa indicazioni, come altre rispetto alla grave situazione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI
MARCO MORUZZI. Credo che in apertura di questo intervento si debba dare atto che la minoranza ha sollecitato la Giunta a partire dallo smaltimento delle carcasse, ad affrontare un dibattito sulla “mucca pazza” e prontamente c’è stata una comunicazione da parte dell’assessore, anche se questo Consiglio non altrettanto prontamente ha affrontato l’argomento, perché ci troviamo a discuterlo dopo un po’ di tempo. Credo comunque che questo dibattito sia importante e lo testimonia la grande attenzione che su questo argomento c’è da parte di tutti gli organi di informazione europei, un’attenzione che non è durata l’arco di alcuni giorni come normalmente avviene nelle notizie di attualità ma un’attenzione costante, perché il problema della mucca pazza affronta e tocca una questione più generale, quella dell’alimentazione sana, quella dell’agricoltura, quella del rapporto tra uomo e territorio e della tutela della salute attraverso la prevenzione.
Ritengo che sia positivo che su questa materia tutti i gruppi siano confluii su un’ipotesi che io ho avuto il piacere di abbozzare e di sottoporre all’attenzione di tutti i capigruppo per giungere a un documento conclusivo che inquadra la problematica della zootecnia bovina anche al di là dello specifico problema manifestatosi con la “mucca pazza”. Certo la nostra è una Regione che a livello nazionale ed europeo in tempi non sospetti ha dato il segno di che tipo di politica doveva essere attuata in questo settore per conciliare le esigenze dei consumatori e dei produttori. Spesso assistiamo a provvedimenti che apparentemente vanno in direzione della tutela dei consumatori e in realtà talvolta li penalizzano e penalizzano anche i produttori. Faccio riferimento a provvedimenti delle stesse Amministrazioni comunali che hanno interrotto la somministrazione di carne bovina in alcune mense pubbliche quando magari di questa carne bovina era nota la provenienza e quindi, essendo carne marchigiana, carne controllata poteva essere tranquillamente consumata. Noi non dobbiamo quindi seguire l’allarmismo, ma non dobbiamo neanche tranquillizzare con troppa semplicità, perché abbiamo sotto gli occhi in questi giorni quello che è stato scoperto dalla magistratura in Piemonte: l’utilizzo di farine animali in allevamenti che poi portavano alla produzione di carni che non venivano macellate nel normale circuito ma venivano macellate in luoghi clandestini. Questo meccanismo serviva per evadere l’Iva, per evadere il fisco, e sappiamo che il sistema di controllo che fino a qualche tempo fa è stato passivo, cioè aspettava i campioni dai luoghi in cui si macella non clandestinamente ma regolarmente, nel momento in cui ci garantisce tutto non ci garantisce lo screening completo di tutte le carni che vengono consumate nel nostro Paese, perché in presenza di allevamenti in cui si macella poi abusivamente, il sistema di controllo passivo non funziona, si è passati a un sistema di controllo attivo che prevede la ricerca di luoghi in cui ci sono animali, il controllo di questi animali e ovviamente ci possono essere delle sorprese. In questa zona d’ombra esiste un rischio anche nel nostro Paese e questo va detto con chiarezza. Questa zona d’ombra può essere superata soltanto con una grande informazione dei cittadini, un intervento forte della pubblica amministrazione, una collaborazione con le imprese della filiera della carne. Credo che su questa strada in qualche modo la nostra Regione può dare qualche esempio, perché gli allevatori della nostra regione hanno scelto una certificazione completa che va oltre quella che oggi è stata resa obbligatoria dal regolamento comunitario. In una conferenza stampa in cui gli allevatori si sono riuniti assieme alle centrali cooperative, alle organizzazioni professionali agricole hanno definito che l’etichettatura della carne decisa dalla Ue è una presa in giro dei consumatori poiché non dà garanzia dove il capo è allevato. Questa è una realtà. L’obbligatorietà, attualmente, per la carne bovina si ferma alla certificazione del luogo, del Paese in cui l’animale viene macellato e non risale al luogo in cui l’animale è nato, all’azienda in cui l’animale viene allevato. Questa obbligatorietà scatterà soltanto dal 2002. Oggi i consumatori, i commercianti e anche gli agricoltori chiedono invece che questa obbligatorietà scatti immediatamente. Nella nostra regione questa certificazione avviene già da diversi anni per una scelta volontaria da parte del sistema produttivo delle Marche, sistema produttivo che avendo una qualità che non è soltanto d’immagine ma di sostanza, può permettere di documentare vita, morte e miracoli dell’animale, di certificare ogni singolo pezzo che viene venduto al dettaglio.
Questa carne che fino a poco tempo fa era un prodotto completamente anomalo e dietro questo anonimato si è nascosto un utilizzo nei mangimi di prodotti che sono scarti, residui delle produzioni industriali o nel caso specifico delle farine di carni, prodotti non idonei all’alimentazione, oggi non è più un prodotto anonimo e assieme al prodotto va offerta l’informazione completa sul luogo di nascita dell’animale, di allevamento, di macellazione, tutti i dati anagrafici e modalità di allevamento animale che noi per tutti gli animali iscritti al libro genealogico oggi conosciamo perfettamente, per tutti gli animali che dovrebbero essere iscritti all’anagrafe bovina conosciamo perfettamente. Si tratta quindi di trasferire al dettaglio quell’informazione che si ferma nel luogo di macellazione. A questo tipo di trasferimento c’è stata una resistenza, perché la proposta iniziale del regolamento dell’Ue prevedeva già dal 2000 la certificazione completa della carne. Attraverso la cosiddetta “clausola compromissoria”, la proposta originale del regolamento è stata modificata e questo lo posso dire con certezza di informazione perché la nostra Regione ha partecipato alla trattativa per la definizione di quel regolamento sull’etichettatura delle carni, anzi ne abbiamo parlato perché quel regolamento originariamente non permetteva di certificare prodotti spezzati in macelleria ma avrebbe atto chiudere tutte le macellerie d’Europa e permesso la macellazione della carne etichettata soltanto nella grande distribuzione dei supermercati.
Noi facemmo allora quella battaglia e dimostrammo che il nostro sistema di certificazione era così sicuro come quello che può essere realizzato impacchettando direttamente nel macello il prodotto che poi viene venduto al consumatore, quindi in quel senso difendendo tante imprese del nostro Paese. Questo è avvenuto, peraltro, nella grande disattenzione da parte anche di tanti soggetti che oggi reclamano interventi a difesa del settore del dettaglio della carne bovina, ma certamente di questi dettaglianti noi abbiamo bisogno e la nostra proposta politica penso non possa che essere quella di lavorare in sinergia con il mondo agricolo per incrementare la produzione, fornire sul mercato quantità sempre maggiori di carne certificata, fare in modo che negli allevamenti si seguano disciplinari di produzione e regole rispettose della natura e rispettose delle aspettative, dei desideri dei consumatori, in modo che questo sistema permetta alla filiera dell’agroalimentare di trarre un’opportunità da questa vicenda.
Il settore del vino ci ha dato un esempio molto chiaro: il grande salto di qualità che c’è stato nel vino nel nostro Paese, l’allargamento della politica di qualità nel settore del vino che non ha pari in altri prodotti agroalimentari nel nostro Paese...
GILBERTO GASPERI. Eccetto il Chianti: hanno sequestrato centinaia di bottiglie...
MARCO MORUZZI. Ci sono certamente delle eccezioni, non riusciamo a convincere tutti; ci piacerebbe convincere tutti.
Il grande salto di qualità che è stato fatto è stato successivo alla vicenda del vino al metanolo. Quindi credo che commetteremo un grave errore se di fronte a una situazione di questo genere ci limitassimo a dare delle compensazioni, delle perdite di reddito per chi ha avuto danni. Noi dobbiamo pensare a una ristrutturazione del sistema produttivo, degli allevamenti del nostro Paese, della nostra regione nello specifico e peraltro non dobbiamo fermarci all’allevamento bovino ma dobbiamo estendere questo ragionamento a tutti gli altri allevamenti: quello suino, quello dei polli. Peraltro in questi settori oggi sono ammessi consumi di farine di carne, quindi quegli amministratori che oggi vietano magari il consumo il consumo di carne bovina e mettono nei menù delle mense scolastiche, delle refezioni maggiori dosi di carne bianca oppure di carne di maiale non sanno che in quel momento si spostano da un prodotto che, se opportunamente certificato dà sicuramente maggiori garanzie di un pollo che non è sulle prime pagine dei giornali, di una carne di maiale che non è sulle prime pagine dei giornali, ma in quell’allevamento sono presenti nei mangimi farine di carne. Quindi è importante l’informazione del consumatore, è importante la certificazione e nella ristrutturazione direi anche che è necessario e certamente utile giungere anche per altri prodotti di carne alla stessa certificazione che oggi abbiamo nella carne bovina, perché questo può permettere di distinguere il prodotto di qualità dal prodotto completamente anonimo. Questa qualità, se non è riconoscibile anche attraverso una certificazione oltre che attraverso la degustazione, oltre che attraverso il contatto diretto, oltre che attraverso la conoscenza del produttore, rischia di essere messa sugli altari nei momenti in cui ci sono i grandi scandali e poi dimenticata a distanza di poco tempo.
Per questo motivo credo che dobbiamo avere ben chiare le responsabilità dell’Unione europea, sia riguardo a questo regolamento sia riguardo alla difesa di modalità di allevamento degli animali che non sono oggi più sostenibili e dobbiamo ovviamente spingere affinché sistemi di certificazione come quelli che noi abbiamo messo in atto — perché sono di basso costo: quando lo scegliemmo facemmo il confronto fra quanto costava la bollatura a fuoco di tutti i tagli di carne e questo sistema e riscontrammo che quel sistema era addirittura più economico e di maggior sicurezza — vengono perseguiti. Oggi questo sistema ha avuto una fortissima evoluzione, il consumatore una volta ricevuto lo scontrino può effettuare un controllo se è vero che la carne che lui ha acquistato viene da quell’azienda agricola, se l’animale è stato macellato in quella data, se è nato in quel Paese, se è stato allevato in questa realtà. Controllo che può fare tecnicamente via Internet o con le tecnologie Wap. Questi scontrini e questi certificati dovranno diventare, in futuro, una regola comune in tutto il Paese, in tutta l’Unione europea e su questa strada credo che la nostra Regione debba anche evidenziare che già dal 1997 in sede di Conferenza Stato-Regioni le Marche proposero — e fu accolta la proposta marchigiana — di trasferire il sistema di certificazione all’interno delle iniziative di tutte le Regioni. Poi, passato l’allarme “mucca pazza” dell’Inghilterra il processo si è rallentato e oggi abbiamo 150 punti vendita nelle Marche, 5 in Lombardia che è la regione più avanzata dopo la regione Marche e praticamente, nel resto, il sistema di certificazione è ancora cartaceo, con la possibilità da parte di chi esercita la vendita al dettaglio di fare anche delle frodi, di sottrarsi a un sistema che permetta al consumatore stesso di verificare tutti questi aspetti che gli vengono documentati.
Questa emergenza ci dà anche l’occasione per rilanciare all’interno del discorso della zootecnia una produzione tradizionale nella nostra regione, quella della razza marchigiana. Oggi ci sono 40.000 capi allevati nella nostra regione, 8.000 nutrici iscritte al libro genealogico marchigiano. Questi capi negli ultimi anni sono leggermente cresciuti ma sono poca cosa rispetto alle 560.000 unità che avevamo nel 1962. Attorno a questa razza, che ovviamente non è l’unica razza certificata — con il sistema di certificazione noi certifichiamo animali nati nella nostra regione indipendentemente dalla razza, anche se la “marchigiana” è una delle razze principali — c’è un’ulteriore valorizzazione legata al progetto dell’Igp, del vitellone bianco dell’Appennino che ha visto unite le razze bianche appenniniche. Anche questo è un terreno d’iniziativa comune con altre Regioni, che testimonia come su interventi di questo genere le Regioni debbano e possano essere più protagoniste.
Su questo terreno vorrei sollecitare l’assessore all’agricoltura, il Presidente della Giunta regionale a un maggior protagonismo su questo terreno, perché lasciare la palma di questa che è farina del nostro sacco ad altri che l’hanno cavalcata anche successivamente, non è opportuno. A me fa piacere vedere il ministro, che peraltro è del mio stesso partito, in televisione, ma vedrei meglio rappresentata quella battaglia da amministratori della nostra regione, perché ricordo che quando fu portato il disciplinare della Bovinmarche al Ministero dell’agricoltura noi volevamo certificare anche che cosa mangiavano gli animali e la struttura burocratica del Ministero disse “noi non possiamo certificare anche l’alimentazione, quella è una questione che riguarda soltanto voi”. Questo perché in quella sede furono abilitati alla certificazione anche allevamenti e industrie come quelle dei Cremonini, che certamente non offrono nessuna delle garanzie che i nostri 4.000 allevamenti della regione, con una media di 14 capi a stalla possono fornire, perché quelli sono comunque allevamenti senza terra, in cui la mangimistica viene fatta a partire da complessi industriali. Poi, magari, saranno i migliori mangimi ma sicuramente sono condizioni di allevamento che non hanno niente a che fare con la qualità degli allevamenti della nostra regione. E allora, dentro il sistema di certificazione è giusto che ci stia tutto, ma noi che vogliamo certificazione ancora più rigorosa, noi che abbiamo difeso questo in tutte le sedi — a Bruxelles, a Roma, attraverso i funzionari, con i nostri rappresentanti politici — credo che meritiamo il palcoscenico almeno alla pari di altri che oggi questo palcoscenico lo calcano.
Quindi non ci dobbiamo vergognare di questa cosa. Quando è stata proposta molti l’hanno vista come qualcosa di strano, qualcosa di cervellotico. In realtà ci si è resi conto che non è nient’altro che quello che si faceva nel settore del vino con le denominazioni d’origine, con l’etichetta sulle bottiglie, con il legame tra il prodotto e il territorio. Noi dobbiamo trasferire questa politica a tutti i prodotti: la certificazione dell’origine, il legame tra prodotto e territorio rischiano di rimanere soltanto uno slogan se non troviamo gli strumenti per fornire al consumatore l’informazione e far capire al produttore l’importanza di investire in tutto questo. Noi abbiamo soltanto riproposto, in un settore difficile come quello delle carni, qualcosa che già si faceva in un settore più facile che aveva già aperto la strada, quindi nessuna invenzione, solo un po’ di creatività che ci ha permesso di valorizzare meglio una realtà che già era nelle nostre Marche.
Dobbiamo essere consapevoli — e la mozione lo evidenzia — che nella nostra regione non siamo in grado di produrre i vitelli che il nostro sistema agricolo porta da vitelli a vitelloni. E’ questo il motivo per il quale la nostra regione dipende per il 50% da importazioni provenienti da fuori regione ma per la gran parte dall’estero. Quindi la mozione richiama la Giunta regionale a un impegno perché sia incrementata la produzione, perché siano permessi investimenti e siano addirittura inseriti all’interno di un piano zootecnico regionale interventi per avere una quantità maggiore di quel prodotto che oggi è richiesto. Nelle macellerie in cui si effettua la certificazione oggi non esiste il problema presente nelle altre macellerie, cioè il calo dei costi, esiste un altro problema: l’esaurimento del prodotto, la mancanza del prodotto. Quindi, nell’orientare le nostre scelte credo che dobbiamo spingere sulla strada dei vincenti piuttosto che compensare i perdenti: trasformare tutti gli allevatori che oggi non stanno dentro il sistema di certificazione, potenziare la produzione di chi già produce in quel modo, incrementare il numero dei punti vendita che vendono quella carne certificata, quindi aiutare aziende e imprese di commercializzazione a trasferirsi dal settore della carne che oggi il consumatore a torto o a ragione non acquista, all’interno di quella filiera che oggi questa carne bovina riesce invece a vendere, anzi non riesce a seguire tutte le richieste.
Le zone montane della nostra regione sono vocate alla zootecnia di qualità, all’autosufficienza alimentare degli allevamenti, alla produzione di vitelli, all’allevamento di razze autoctone. In queste zone serve un progetto speciale per la zootecnia, servono risorse straordinarie. In passato siamo intervenuti in questo settore con risorse ordinarie. Oggi ci sono tutte le condizioni di mercato e di emergenza perché ci siano interventi straordinari. Certo, aiutiamo gli allevatori a smaltire l’incenerimento delle carcasse, ma occorrono interventi straordinari che abbiano una prospettiva in futuro, che non si esauriscano nel momento in cui l’intervento viene erogato, anzi a proposito dell’incenerimento chiedo al Consiglio di riflettere se sia opportuno che nel nostro ordine del giorno sia inserita anche una richiesta al Governo di chiedere la sospensione dell’incenerimento delle carcasse, perché incenerire delle carcasse di animali che sono morti di parto o di polmonite accollando al sistema produttivo un costo di £. 1.400.000 per ogni animale di incenerire non sia opportuno quando questo animale può essere perfettamente smaltito come è smaltito fino ad oggi. Noi, per fare un provvedimento che va incontro alla preoccupazione generale inceneriremmo nel nostro Paese 170 miliardi. Se ci fermassimo all’incenerimento potremmo anche essere soddisfatti, ma creeremo anche inquinamento, ovviamente, perché questi prodotti inceneriti negli impianti di smaltimento provocano anche un impatto ambientale non indifferente: incenerimento di risorse, incenerimento di aria pulita.
Credo quindi che si debba discutere. Che motivo c’è perché un animale che assolutamente non è infetto — Gasperi che è un esperto del settore ce lo potrà testimoniare da competente in materia — sia incenerito? Proporrei quindi di integrare la mozione con questo riferimento: incenerire le parti a rischio è un conto, incenerire tutti gli animali che muoiono di morte naturale, in particolare nella nostra regione mi pare veramente uno spostare risorse su interventi inutili.
Non ho illustrato nella sua completezza la mozione ma ho toccato soltanto alcuni spunti che ci hanno spinto a questa convergenza su un ordine del giorno che chiede alla Giunta degli interventi ben precisi, che chiede degli interventi anche da parte del Governo e che ci sembra raccogliere le pressanti richieste che ci vengono dal mondo degli agricoltori, dal mondo del commercio e dai consumatori della nostra regione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.
FERDINANDO AVENALI. Signor Presidente, colleghi, consiglieri, credo che sia assolutamente giusto che il Consiglio regionale si occupi di questa questione della “mucca pazza”. Non riprenderò parecchie delle questioni che ha adesso trattato il collega Moruzzi che condivido, anche per non ripetermi. Credo che, come dicevamo nella seduta del 9 novembre scorso quando abbiamo parlato del piano di sviluppo rurale, anche in questa questione della “mucca pazza” si riproponga la questione agricola in senso generale. Per troppi anni l’agricoltura è stata abbandonata a se stessa. A mio avviso le tecniche produttive che si sono attivate nei settori industriali sono state inserite anche in questo campo, poi abbiamo visto che in natura questo non sempre ha degli effetti positivi, anzi in questo caso abbiamo visto che ha degli effetti estremamente negativi. Pertanto credo che dobbiamo quanto prima convocare, come avevamo deciso precedentemente una seduta del Consiglio regionale sui problemi dell’agricoltura, poiché si ripropongono sempre con maggiore forza i problemi di agricoltura e ambiente, di agricoltura e alimentazione, quindi agricoltura e salute. Altrimenti rischiamo di discutere di volta in volta: una volta il pollo, una volta il vino, una volta la carne. Qui c’è il problema di questo grande rapporto tra la produzione agricola e l’agroalimentare in senso generale.
E’ una questione che non riguarda soltanto la nostra regione, il nostro Paese e l’Europa ma è sempre più all’ordine del giorno, quindi ritengo che dobbiamo rifare un quadro complessivo della situazione dell’agricoltura nella nostra regione.
Relativamente al problema Bse, alla grande crisi credo che questa ha provocato non solo un calo della domanda di consumi a livello nazionale, ma questi fattori così dirompenti provocano proprio de mutamenti culturali. Credo che il calo di consumo di carne bovina di questi giorni, non avrà un recupero pari alla situazione pregressa, nel senso che vi sono dei momenti di rottura culturale, c’è una psicosi che si è creata fra consumatori che difficilmente verrà superata se non riusciamo a fare veramente una campagna di sensibilizzazione, di garanzia di qualità delle varie produzioni. E’ quindi ovvio che si ripropongono dei grandi temi sui quali dobbiamo riflettere e intervenire.
Detto questo credo che dobbiamo distinguere anche tra la situazione europea e quella italiana, perché da questo punto di vista, specialmente sull’argomento specifico delle carni bovine l’Italia ha una situazione migliore di altri Paesi e questo è un dato importante che dobbiamo sottolineare. Ancora di più la differenza la troviamo tra la situazione nazionale e quella delle Marche.
Proprio per l’impegno che c’è stato sul discorso della certificazione della qualità e quindi anche sul controllo dell’alimentazione bovina nella nostra regione, è ovvio che noi abbiamo una situazione estremamente migliore di altri, quindi dal punto di vista del danno credo che per quanto riguarda gli agricoltori il problema vero che abbiamo è la questione dello smaltimento delle carcasse che ovviamene va affrontato. Dobbiamo verificare se è il caso di incenerire tutto o meno e comunque come intervenire a favore dei produttori. Peraltro, nell’ultima seduta in cui abbiamo discusso dell’Obiettivo 2 abbiamo anche inserito un emendamento che riguarda proprio contributi a favore degli allevatori su questa questione. Non c’è dubbio che abbiamo comunque bisogno di dare una risposta.
Relativamente alla produzione qui non c’è una difficoltà degli agricoltori a collocare il prodotto, anche se c’è stato un forte calo della produzione della domanda da parte del consumatore finale, nel senso che i nostri agricoltori oggi hanno difficoltà. In particolare Bovinmarche, che ha fatto un processo di certificazione dall’alimentazione fino alla macellazione, ha la difficoltà a soddisfare la domanda, pertanto da questo punto di vista non credo che possiamo parlare di un danno agli agricoltori che fanno produzione zootecnica da carne. Invece per quanto riguarda i macellai e il settore della distribuzione il problema è diverso, anche se sarei perché non si colga soltanto una parte del ragionamento, perché seppure è vero che c’è un calo del consumo della carne bovina è altrettanto vero che c’è un aumento di consumo di carne avicunicola, perciò anche da questo punto di vista dobbiamo fare un ragionamento oggettivo, perché c’è chi subisce veramente dei danni e chi pensa invece di guadagnare dalle disgrazie altrui. Penso che questa cosa la dobbiamo valutare con molta attenzione, perché, ripeto, per quanto riguarda anche il consumo c’è un forte calo della carne bovina ma c’è un aumento di altre tipologie. E’ comunque un argomento che possiamo affrontare, su cui ragioneremo, anche qui senza allarmismi.
Ritengo invece estremamente importante che noi valorizziamo quello che abbiamo fatto in questi anni. Va sicuramente dato atto dell’impegno che Moruzzi ha profuso in questa direzione e credo che oggi ne abbiamo dei benefici, anzi concordo con lui quando dice che qualche Regione cerca di dire che anche loro facevano un processo che invece è stato copiato da noi. Dobbiamo quindi valorizzare un processo che abbiamo avviato nel corso di questi anni e questo processo deve dare dei risultati positivi.
A mio avviso, se dobbiamo parlare di investimenti, ritengo che sono necessari per aumentare la produzione zootecnica da carne, perché per quanto riguarda il discorso del latte è più complesso, ci sono le quote, diventa difficile questo ragionamento. Credo che da questa situazione complessa e difficile per i consumatori ma anche per i produttori, noi come Marche, poiché abbiamo lavorato bene potremo trarre dei vantaggi. E’ quindi giusto quanto scritto nella risoluzione, che l’obiettivo che ci dobbiamo porre immediatamente è quello di elaborare un piano di sviluppo della produzione zootecnica per tante ragioni, una delle quali è un aumento possibile della domanda. Oggi siamo attorno a 80-90 mila capi di produzione di bovini da carne, una produzione che direi quasi ridotta al lumicino. Questa situazione potrebbe essere l’occasione per rilanciare con forza questo tipo di produzione zootecnica e darci un obiettivo affinché nel giro di 4-5 anni vi sia un aumento sostanziale della produzione zootecnica della nostra regione, in particolare nelle zone interne, nelle zone montane, nei parchi. Credo che questo possa essere l’obiettivo fondamentale sul quale la Regione, la Giunta e il Consiglio regionale devono lavorare. Da questo punto di vista ritengo che possiamo e dobbiamo prevedere risorse che vadano a incentivare fortemente la produzione stessa.
Mi fermo qui. Condivido questa risoluzione, però credo che l’impegno che dobbiamo assumerci, oltre a fare una battaglia a livello nazionale e comunitario perché determinate procedure le rispettino tutti e perciò l’etichettatura sia un discorso serio e verificabile, contestualmente credo che dobbiamo impegnarci a elaborare questo piano di sviluppo della produzione zootecnica della nostra regione, perché oggi abbiamo le condizioni per riuscire a ricavare una equa remunerazione perché la sensibilità maggiore che c’è da parte dei consumatori di prodotti sani può aiutare anche la parte produttiva ad avere una remunerazione adeguata. Questo è l’impegno fondamentale che ci dobbiamo assumere, per dare in tempi brevi risposte concrete.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Questo problema viene molto sentito perché tutti siamo consumatori, però bisogna che nel Consiglio regionale, in questo in modo particolare, ci sia una regola che ognuno di noi dovrebbe seguire: dare meno allarme possibile in modo particolare quando non c’è. Siccome tutti vogliamo parlare, spesso diciamo delle inesattezze che vengono travisate con estrema facilità dalla stampa, provocando dei danni consistenti prima a coloro che producono e secondariamente a coloro che consumano. Innanzitutto bisogna che teniamo presente che la macellazione clandestina è un reato come la vendita della droga, come la prostituzione, come il furto nell’ambito dell’amministrazione. Sono cose che vanno completamente al di fuori di una normale procedura che si deve seguire per la fornitura di carne nei macelli.
Noi non abbiamo di queste problematiche. Se ci sono è indispensabile che queste cose vengano denunciate o vengano scoperte, altrimenti il normale consumatore può pensare “ci arriva della carne macellata clandestinamente”. Invece no. In Italia abbiamo una sicurezza nel settore della carne per un motivo: il corpo veterinario non dipende dal Ministero dell’agricoltura dove la corruzione ha imperato: dalla Federconsorzi fino all’ultimo allevatore hanno tenuto insieme le varie associazioni solo ed esclusivamente per portare vantaggio a livello politico e non dei produttori. Il nostro corpo veterinario dipende dal Ministero della sanità ed è l’unico in Europa a differenza della Francia, dell’Inghilterra, del Belgio e di altri Paesi, quindi certe situazioni non si sono venute a creare, proprio perché c’è un controllo all’interno della produzione stessa in quanto non c’è interesse tra produzione e il rispetto sanitario. Infatti, credo che a Santo Domingo ci siano stati anche due funzionari della Regione Marche che dovevano vedere la correlazione per la piantumazione delle talee nel settore del vino, però questo lo diremo in una prossima interrogazione.
Sono d’accordo quando si dice che si deve lavorare in sinergia per aumentare la produzione. Però non può essere che questa richiesta venga fatta nel momento in cui siamo all’interno della Ue dove abbiamo delle quote. Tra l’altro un conto sono i punti vendita della carne e un conto sono i punti vendita della grande distribuzione, perché i punti vendita della grande distribuzione usano prodotti macellati esclusivamente all’estero, dei quali non conosciamo fino in fondo la provenienza e tutto ciò che è avvenuto. Invece nei punti vendita in modo particolare della Bovinmarche — che non è la totalità di quello che avviene nell’ambito della regione Marche — c’è sicurezza.
Quello che è avvenuto nell’ambito della Bovinmarche ce l’ha copiato la Regione Umbria. Noi delle Marche sembriamo sempre gli ultimi, invece spesso siamo i primi. Dobbiamo però dire una cosa: nel Consiglio precedente ho tante volte denunciato una problematica relativa ai finanziamenti che vanno alle associazioni allevatori. Ho detto “stabiliamo prima, non dopo che sono arrivati i finanziamenti a livello statale”, perché le associazioni degli allevatori devono anticipare i soldi che ci arrivano chiedendoli alle banche, in modo tale che alla fine hanno anche dei costi per il prelevamento del denaro dalle banche, che sono superiori ai costi che potrebbe avere qualsiasi imprenditore e ci accorgiamo che noi andiamo poi a ridare soldi notevolmente superiori rispetto alle loro necessità, perché indirettamente paghiamo gli interessi bancari.
Cerchiamo di avere questo tipo di garanzia. Le carcasse non devono essere distrutte. Nell’attuale situazione di emergenza si dice che anche le carcasse devono essere distrutte, ma quando muoiono di malattia abbiamo certezza, altrimenti non possono essere messe in commercio dallo stesso allevamento le altre vacche o gli altri vitelli che sono sani. Perché anche le cervella e le interiora degli altri animali devono essere distrutti? Perché si dice che ci sono maggiori possibilità di espansione di questo morbo attraverso tali parti, è implicito che in caso di emergenza dobbiamo distruggere. Ma la carne è buona, perché se c’è il dubbio, il sigillo avviene in tutto l’allevamento? Non c’entra assolutamente con la cosiddetta “mucca pazza”, sono situazioni che devono essere rispettate nell’ambito della macellazione. In questo caso sono ben d’accordo e condivido quando si dice che occorre creare un fondo a livello regionale per intervenire e dare un contributo a quegli allevatori che sono costretti a fare questo tipo di distruzione che rappresenta un costo.
Addirittura c’è una dichiarazione del responsabile della Bovinmarche il quale dice che non si tratta di queste problematiche, perché le richieste sono talmente tante che occorre mettersi in fila per poter avere il prodotto. E allora dobbiamo dare delle priorità: vogliamo far portare il prodotto tutto al mercato o vogliamo prima dare garanzie agli asili, alle scuole ecc.? Il prodotto ha ovviamente un aumento di prezzo, proprio perché la domanda è notevolmente superiore rispetto all’offerta.
Dovremmo eventualmente prendere questa situazione in senso positivo e dire che è un’occasione per la zootecnica marchigiana e italiana di implementare le bovine di riproduzione e, di conseguenza, aumentare i premi Pac, cosa che non abbiamo, altrimenti non siamo assolutamente concorrenziali rispetto a quanto sta avvenendo nelle altre regioni. La nostra agricoltura, in modo particolare quella montana avrà una nicchia. Oggi come oggi c’è grandissima richiesta, ma rimarrà una nicchia di prestigio per la qualità della carne e per tante altre garanzie, ma tra sei mesi, due anni o tre anni, quando non ci sarà più il pericolo di questo morbo è normale che sul mercato arriverà un prodotto leggermente inferiore. Invece noi dovremmo dire che occorre mantenere questa nicchia, quindi dobbiamo implementare le bovine per la produzione dei vitelli, cercando in tutti i modi di salvaguardare la produzione collinare e dei nostri allevamenti proprio per cercare di dare sempre maggiori garanzie. Il problema è infatti quello di educare in misura consona il consumatore, dicendo “io ti do un prodotto di qualità superiore con tutte le garanzie, successivamente ti chiedo la stessa realtà anche per i prodotti a livello di produzione biologica.”.
Le carni marchigiane garantite dalla Bovinmarche, offrono sicurezza di completa rintracciabilità. Infatti, già esiste uno scontrino rilasciato dalla bilancia elettronica, siamo gli unici ad averlo e ci hanno copiato nella regione Umbria. Nello scontrino si trova dov’è nato l’animale che è stato macellato, il nome dell’allevatore e la zona, il giorno della macellazione e la quantità acquistata dal macellaio. La quantità viene a essere scaricata man mano che viene venduta, così si può fare un riscontro esatto, altrimenti verrebbero fuori le cose che vi dicevo prima, cioè funzionari che vanno a Santo Domingo e altri che vanno alle Bahamas, com’è successo a livello di Federconsorzi. Per avere la garanzia devo sapere quanta carne il macellaio ha comperato e quanta gliene è rimasta.
In questa maniera abbiamo un’assoluta garanzia, grazie penso anche all’ex assessore all’agricoltura e a quello attuale. E’ però fuori discussione che se la Bovinmarche è arrivata a queste realtà dobbiamo dire grazie al nostro assessorato. E allora, assessore, mi auguro che lei in questa legislatura metta i fondi che vengono dati alle associazioni allevatori direttamente a bilancio.
Chiedo di rivedere la risoluzione per mettere a punto queste cose. Addirittura ho visto una risoluzione dove la Cee viene chiamata Ue: è una cosa completamente diversa, non c’entra assolutamente niente. Un conto è la Comunità economica europea che fa parte dell’Unione europea, ma non si può dire “Ue” quando deve essere chiamata Cee.
Il 90% delle carni hanno il loro bollo. La differenza è che ci possono essere dei bolli falsi, ma in questo caso la responsabilità non è di chi vende né si può attribuire ad alcuna appartenenza politica, perché sono cose completamente al di fuori di queste realtà. E allora chiedo che con la stessa serietà con la quale stanno operando i servizi veterinari in Italia e soprattutto i servizi veterinari nelle Marche, operiamo anche noi che siamo responsabili politici e siamo all’interno del Consiglio regionale, per cercare di mandare un messaggio non allarmante ma concreto e definitivo affinché la popolazione non abbia timore o terrore. Anche perché vi dico subito che la produzione che abbiamo qui nelle Marche non è assolutamente soddisfacente rispetto alla richiesta, quindi c’è un incremento del consumo avicolo, ovicolo, suinicolo, cunicolo. Però non confonderei questa realtà con la situazione del settore enologico, perché sono due cose completamente diverse. Nelle Marche, purtroppo, non siamo stati degli ottimi ambasciatori nel settore del vino, anche se attualmente il livello si è alzato, perché il vino di più alta qualità, il Rosso Conero, era il vitigno più abbattuto rispetto a quelli presenti
Sono disponibile a rivedere alcuni punti di questa risoluzione, perché se non c’è chiarezza vi dico subito che come gruppo ci asteniamo. Non è una sorta di ricatto ma un ragionamento logico per rispettare ciò che sta avvenendo nelle Marche e per rispettare le associazioni veterinarie o degli allevatori, perché sono d’accordo a dare un contributo di sostegno agli allevatori, ma non andiamo a prendere anche i macellai, perché i macellai non hanno certi danni, poiché non fanno altro che comperare di meno. Invece il problema grosso è che all’animale maturo bisogna continuare a dar da mangiare e bisogna accudirlo, con costi sempre più alti, quindi nonostante ci sia un aumento del valore della carne in realtà, alla fine il produttore ha delle perdite.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. A questo punto del dibattito, più che entrare nel merito della questione, che ha visto anche il gruppo I Democratici prendere delle iniziative nel passato ed avanzare delle proposte, dobbiamo essere capaci di tirare delle sintesi e trovare soprattutto la morale a questa vicenda, una morale che riguarda sia la situazione attuale che il futuro.
A me sembra che questa sera un primo indirizzo che potremmo dare sia quello di chiedere le dimissioni dell’assessore all’agricoltura, non perché lo meriti ma perché vedo che anche chiedendo le dimissioni dell’assessore all’agricoltura, la Giunta non presta alcuna attenzione. Credo che questo sia un dato da stigmatizzare. L’assessore non ha ascoltato alcun tipo di intervento. Credo che da questo punto di vista dobbiamo cominciare anche a darci delle regole...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. L’assessore ha seguito con attenzione tutto. Adesso si è allontanato un momento, ma è qui, quindi la prego di interrompere un momento il suo intervento se ritiene: chiederò all’assessore di...
STEFANIA BENATTI. Non lo ritengo, perché non voglio essere privilegiata rispetto ad altri colleghi che hanno parlato prima di me. Comunque non ne volevo fare una polemica, volevo fare soltanto una battuta.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Consigliere Benatti, lei ha avuto un’attenzione strepitosa.
STEFANIA BENATTI. Presidente, posso fare una battuta? Ne ho sentite anche di scurrili in passato. Ho sentito dire anche cosa poco dignitose per il Consiglio regionale.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Non da questa parte.
STEFANIA BENATTI. Non da quella parte, ma in quest’aula l’ho sentito. Quindi, ho fatto una battuta e lo ribadisco.
Al di là di questa che non voleva essere una polemica ma soltanto un simpatico modo per richiamare l’attenzione, ritengo che quando si fanno dibattiti di questo genere è inutile prendere posizione sui giornali o in altre sedi e poi non corrispondere a quelli che sono i nostri doveri di svolgere una discussione seria che dia il senso del lavoro che ognuno di noi è chiamato a svolgere, in modo che il Consiglio possa da una parte esprimere la propria posizione e dare degli indirizzi alla Giunta e dall’altra parte la Giunta mostrare, con la collegialità, il suo intendimento e come si vuol porre nei confronti anche del Consiglio.
Entrando nel merito credo che una morale dobbiamo trarre: che su questi argomenti stiamo discutendo a più riprese. Nel giro di quindici giorni il Consiglio regionale è stato chiamato per ben due volte a trattare di questi argomenti: sulla sicurezza nei confronti degli organismi geneticamente modificati e oggi sui problemi della “mucca pazza”. Sono questioni che rivelano come sui problemi della salute e della sanità oggi la guardia deve essere tenuta ben alta e chiedono un approccio da parte delle istituzioni ben diverso da quello che anche pochi anni fa veniva portato avanti. Per questo quando richiamavamo l’attenzione della Giunta volevamo intendere anche questa necessità, così come avviene in sede nazionale e così come avviene in sede europea, di una maggiore collegialità ed unità d’intenti. Questo è un problema che per quanto riguarda anche la Regione interessa non soltanto il settore agricolo, non è una questione tematica, ma interessa il settore dell’agricoltura, il settore dell’ambiente, il settore della sanità. E dobbiamo dare delle risposte proprio in ordine a questa finalità, cioè la necessità di dare garanzia alla salute e alla sicurezza alimentare. Se la strada della qualità cinque anni fa o dieci anni fa era in campo di produzione alimentare un obiettivo a cui tendere perché si andava, con quella impostazione, a cogliere una fascia di mercato che chiedeva un alto standard di prodotti — quindi la qualità era vista come un optional — oggi dobbiamo porci, anche nel momento in cui programmiamo la produzione del nostro Paese, in un’ottica di qualità rivolta a tutti, perché tutti hanno diritto alla salute e diritto a sapere cosa mangiano. Del resto è questo il primo obiettivo che anche la Commissione europea presieduta da Prodi si è posta nel momento in cui ha messo come primo punto dell’agenda dei lavori la costituzione di una agenzia per la sicurezza alimentare e quindi credo che anche sul fronte europeo il nostro impegno sia quello di lavorare per una omogeneità di comportamenti in sede di Unione europea, perché a questo punto l’intera produzione europea possa rispondere a degli elevati standard di qualità e possa essa stessa confrontarsi con il resto della produzione mondiale. La validità dell’impostazione italiana e questa esigenza di uniformità in tutto il territorio europeo è cronaca di queste ore. In queste ore il commissario per la sanità dell’Unione europea ha proposto di sospendere la somministrazione di mangimi animali a partire dal primo gennaio fino al primo giugno e dello stesso commissario è la proposta di queste ore di sottoporre a test tutti i bovini sopra i 30 mesi e di togliere dal mercato quelli che non fossero ritenuti negativi al test stesso.
A questo punto il ruolo della Regione, anche dando seguito alla risoluzione che il Consiglio si appresta a votare, è quello di agire su più fronti, anche qui con un’impostazione diversa che guarda all’evoluzione sia del mercato che della nostra società. Occorre offrire la leva dei contributi al mondo agricolo per valorizzare e incentivare chi si mette nell’ordine di idee di favorire una produzione di qualità, a garanzia della sanità. Il mondo della produzione del resto si è dimostrato all’altezza di questa sfida e in qualche modo è in sintonia con la richiesta di porre la produzione in un ordine di elevata qualità.
Il ruolo del pubblico è quello di incentivare i controlli dalla produzione al momento in cui la carne arriva sul tavolo del consumatore e in questo senso credo che la Regione debba prendere ulteriori iniziative. Dobbiamo ormai affermare con chiarezza che la produzione alimentare va garantita tutta e dobbiamo lavorare affinché tutta la produzione venga certificata. Questo è il futuro dell’agricoltura italiana e questo è il futuro anche dell’agricoltura europea.
Un altro ruolo che il pubblico è chiamato oggi a svolgere, è da una parte di intensificare i controlli, ma dall’altra di abbattere la burocrazia inutile che è l’altra parte della medaglia; una burocrazia che non può appesantire il mondo della produzione e di questo l’ente pubblico deve farsi carico. Non può essere il mondo della produzione a pagare per il raggiungimento della qualità. Lavorare per la qualità deve essere un impegno, ma non può diventare un handicap per cui, nel momento in cui i costi aumentano per garantire la sicurezza, questo mondo della produzione viene posto fuori dal mercato europeo e dal mercato globale.
L’ultima questione è come emerge ancora una volta che la politica del territorio è la politica della qualità. Da questo dobbiamo trarre spunto ancora una volta per rilanciare la nostra potenzialità come Regione. Anche qui è necessaria una grande campagna di educazione alimentare, ma noi crediamo che possa partire anche da questa nuova sensibilità e dall’attenzione a questi temi da parte dell’opinione pubblica anche una nuova immagine delle Marche. Le Marche come l’eccezionale normalità. Abbiamo tutti rilevato come grande sia stato il valore del patrimonio bovino e della qualità della nostra carne: questo deve essere uno spunto per presentarlo anche all’esterno come una delle questioni che caratterizzano le Marche nel panorama nazionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.
UGO ASCOLI. Credo che le questioni che stiamo discutendo siano di grandissima importanza e credo che sarebbe opportuno che alcuni assessori usassero strumenti di comunicazione particolarmente efficaci dopo questa seduta di Consiglio regionale: penso a una conferenza stampa indetta congiuntamente dagli assessori all’ambiente, all’agricoltura e alla sanità, penso a una comunicazione al Tg3 perché c’è bisogno di comunicare come stanno veramente le cose, c’è bisogno che on si crei un allarme che porta anche a indirizzi sbagliati, perché quello che leggiamo sui giornali di sostituire carne rossa con carne bianca nelle mense scolastiche è una sciocchezza, può portare addirittura a effetti peggiori della soluzione che si va cercando. In conseguenza del dibattito che si sta svolgendo, in conseguenza della mozione che si va ad approvare spero all’unanimità, chiederei agli assessori interessati direttamente, che sono almeno tre — ambiente, agricoltura e sanità — di utilizzare una volta tanto uno strumento di comunicazione straordinario, perché straordinaria è la circostanza nella quale ci troviamo, utilizzando la televisione, la conferenza stampa e quanto di meglio ci sia per comunicare ai cittadini marchigiani che la Giunta e il Consiglio regionale sono vigili su questo tema e per dare alcune indicazioni precise. Se non interveniamo su questo tema che rischia di mettere a repentaglio la salute e l’incolumità dei cittadini tutti, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri, non vedo quale altro tema oggi ci dovrebbe impegnare con uno sforzo straordinario.
Mi auguro quindi che questo invito sia accolto.
GILBERTO GASPERI. Presidente, vorrei dare una notizia molto importante. Domani mattina saranno presenti alla trasmissione “Uno mattina” dei rappresentanti della Bovinmarche proprio per trattare questo problema e a Pesaro sarà tenuto un incontro a Palazzo Montani Antaldi per dare delle indicazioni in merito da parte delle Asl e sarà votato un ordine del giorno specifico e dettagliato per salvaguardare le bovine marchigiane.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.
LUCIANO AGOSTINI. Delle brevissime considerazioni finali relativamente alla soddisfazione sia sul piano politico per le numerose firme, di maggioranza e minoranza, che suggellano un’idea comune relativamente al documento che è stato presentato, e relativamente ad alcune considerazioni che mi pare di aver fatto nella mia comunicazione e che voglio ribadire caso mai non fossero state sufficientemente forti. Battuta per battuta: se le dimissioni dell’assessore riuscissero a eliminare “mucca pazza” sarebbe un grande risultato e lo farei subito.
Il fenomeno è determinato da una situazione contingente. Questa preoccupazione però è alleviata e rende la nostra prospettiva di produzione nelle Marche soddisfacente proprio per il percorso da cui veniamo. Il precedente governo delle Marche ha iniziato un percorso da questo punto di vista, per cui la certificazione della qualità, che di per sé non è esaustiva del problema, ha introdotto un elemento importante, di garanzia per il consumatore della carne nelle Marche. Questo è un elemento importante, anche perché, come diceva il consigliere Gasperi, i marchigiani che spesso si credono ultimi, in questo caso sono stati primi non solo in Italia ma in Europa a determinare la certificazione di qualità nella carne. Certo dobbiamo comunicare di più, anche se una immediata, tempestiva dichiarazione del sottoscritto ai giornali, allo stesso Tg3 è stata fatta. Ma io vorrei che questo tipo di comunicazione fosse frutto di uno spirito collettivo del Governo della Regione Marche, così come apprendo con soddisfazione che domani mattina la Bovinmarche sarà a “Uno mattina” a dire che cosa abbiamo fatto nelle Marche negli anni addietro, per dare oggi sufficiente garanzia ai consumatori. Così come l’altro giorno una parte importante delle istituzioni — Comune di Ancona, Provincia e Regione — era a una conferenza stampa con la Confesercenti, tra l’altro gradita, perché le bistecche erano molto grandi e molto buone. Questo per dire che nelle Marche abbiamo una situazione che, pur nell’ambito generale non ci deve far abbassare la guardia e ha introdotto negli anni addietro elementi che possono portare a una prospettiva, quindi condivido il ragionamento che faceva il consigliere Benatti circa la qualità, la sburocratizzazione. Sono elementi che facciamo propri come Governo regionale per andare avanti verso una prospettiva e dobbiamo non fermarci, proprio perché attraverso la certificazione aumenta la domanda, quindi dobbiamo far fronte con una maggiore produzione e dobbiamo richiedere, a fronte di un atteggiamento della Comunità europea che tende a bloccare tutto ciò che aumenta la produzione, che si aumenti la produzione certificata e di qualità. Questo è un passaggio, Giannotti, che non può sfuggire, perché se non cogliamo questi aspetti positivi della situazione relativamente alle Marche creiamo un allarmismo generico che fa del male agli operatori sia commerciali che allevatori delle Marche. Quindi, pur senza abbassare la guardia dobbiamo evidenziare quelli che sono stati passaggi positivi e quelli che ci porteranno verso una prospettiva più proficua da questo punto di vista. Accetto con molta soddisfazione la stessa sollecitazione che ci viene fatta dal Consiglio con questa risoluzione per fare un piano zootecnico. Dentro il piano zootecnico cercheremo di anticipare alcune scelte. Questa mattina eravamo riuniti con i dirigenti proprio per dare alcuni indirizzi, per iniziare rapidamente a ragionare su un dispositivo amministrativo o di legge che allevi il disagio circa lo smaltimento delle carcasse, affinché si arrivi a creare un punto di servizi per gli allevatori di cui si ha necessariamente bisogno. Quando parlo di servizi non mi riferisco soltanto all’impresa, perché aiutare economicamente a smaltire le carcasse può essere una situazione di emergenza, ma poi dobbiamo garantire un servizio migliore, quindi creare non solo nelle Marche, ma tra più Regioni una sinergia per creare un centro di servizi in questa direzione. Nel frattempo siamo riusciti in un’impresa ciclopica: far parlare gli assessorati tra di loro che dovrebbe essere cosa normale e scontata, ma invece non lo è. Siamo quindi riusciti a mettere insieme un gruppo di lavoro per ragionare su queste cose. Credo che possiamo in qualche modo, anche attraverso questa risoluzione, avere la soddisfazione di guardare alla prospettiva in maniera più positiva. Raccolgo la sollecitazione che ci faceva il consigliere Ascoli di una maggiore informazione rispetto a questo problema. Ci coordineremo immediatamente con gli assessori, ma anche con alcuni consiglieri che sono impegnati su questo fronte, per cercare di fare una conferenza stampa, utilizzando anche alcuni strumenti come il giornale Agricoltura che a mio giudizio è fatto molto bene, per cercare di dare una maggiore informazione da questo punto di vista.
PRESIDENTE. Concluso il dibattito, vi sono dei documenti. Credo che si sia giunti comunque a una sintesi positiva.
Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Siccome ci sono dei suggerimenti emersi durante la discussione, formalizzati dai gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale, per gestire in modo corretto questa risoluzione che è stata già sottoscritta dai due gruppi che formulano ulteriori inserimenti, o sospendiamo la seduta, oppure si procedere con altri argomenti per poterci riunire e definire insieme le integrazioni.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, andiamo avanti con l’ordine del giorno mentre voi lavorate per una proposta unitaria.
Interrogazione (Svolgimento): «Gestione impianti selezione e compostaggio rifiuti di Fermo loc. San Biagio e di Ascoli piceno loc. Relluce» Romagnoli (112)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 112 del consigliere Romagnoli.
Per la Giunta risponde l’assessore Ottaviani.
ROBERTO OTTAVIANI. In risposta alla interrogazione in oggetto si riferisce quanto segue.
In data 6.11.2000 è stato firmato il certificato di collaudo degli impianti in oggetto.
Il giorno 22.11.2000 è stato siglato tra la Regione Marche, la Provincia di Ascoli Piceno ed i Comuni di Fermo ed Ascoli Piceno l'accordo di programma per la gestione dei due impianti di selezione e stabilizzazione rifiuti nella fase post-collaudo.
Ai sensi dell'accordo firmato, già approvato con DGR 2213 del 24.10.2000, la Regione mantiene la proprietà degli impianti e ne concede l'uso ai Comuni di Ascoli e Fermo fino alla costituzione dei consorzi obbligatori tra i Comuni dei rispettivi bacini di recupero e smaltimento, ai quali gli impianti stessi saranno ceduti con apposito atto.
In data 22.11.2000, contestualmente alla assunzione in carico al patrimonio regionale, gli impianti sono stati consegnati in gestione ai citati Comuni con la stipula di apposite distinte convenzioni già approvate con DGR 2348 del 7.11.2000.
Gli impianti, previsti nel piano regionale per la gestione dei rifiuti, approvato con DGR n 284 del 15.12.1999, costituiscono gli elementi essenziali per la corretta gestione dei rifiuti urbani nell'ambito della provincia di Ascoli Piceno che, tramite gli stessi, potrà garantire il rispetto delle disposizioni previste dall'art. 5 del D. Lgs. 22/97 circa l'obbligo di conferire in discarica esclusivamente rifiuti trattati.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli per dichiararsi soddisfatta o meno.
FRANCA ROMAGNOLI. Queste soluzioni sono intervenute successivamente all’interrogazione e ne ero a conoscenza. D’altronde hanno scelto i Comuni di convenzionarsi in questa maniera.
Nell’interrogazione facevo una censura larvata, oltre che per le lungaggini, anche per la proroga della gestione in favore di una ditta e per le modalità concordate di questa gestione il cui pagamento è stato concordato forfettariamente e non sulla percentuale di quantitativi effettivamente trattati, cosa che in un impianto che non era a regime come quello di Fermo, che non era stato collaudato e che funziona a tre cilindri da tempo, non è una soluzione economica conveniente per la Regione, soprattutto dal punto di vista di stimolo a che questo impianto abbia lavorato il più possibile a regime.
Non so se riguardo la gestione è contenuto qualcosa nella convenzione o se questa è invece libera da parte dei Comuni che provvederanno con appositi bandi e gare di appalto successivi o se invece c’è una sorta di accordo riguardo la continuazione, come d’altronde era avvenuto per il mese di ottobre, ma lì poteva essere giustificato dal regime transitorio per arrivare al collaudo. Credo comunque che ora non sia così nella conferma della Secit.
Interrogazione (Svolgimento): «Missione economica in Cina» Giannotti, Brini, Ceroni, Favia e Grandinetti (119)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 119 dei consiglieri Giannotti, Ceroni, Favia e Grandinetti.
Per la Giunta risponde il Vicepresidente Spacca.
GIAN MARIO SPACCA. Questa interrogazione ha per oggetto la missione economica in Cina. Credo che si faccia riferimento a notizie riportate dalla stampa in ordine a insufficienza sulle modalità organizzative della rassegna espositiva denominata “Città italiana a Shangai”.
Presumibilmente gli interroganti fanno riferimento a un articolo pubblicato da Il Resto del Carlino il 12 ottobre a firma Maurizio Gennari dal titolo “Fallito lo sbarco in Cina” in cui si fa riferimento ad alcune considerazioni fatte dal direttore del Centro studi economia e territorio di Ravenna relativamente all’iniziativa “Città italiana” che è stata realizzata dal sistema camerale marchigiano con la nostra Regione. In questo articolo si riconosceva la validità dell’idea ma anche che il rapporto costi-benefici della stessa iniziativa non era positivo in quanto la stessa era sottodimensionata per le caratteristiche del mercato cinese.
Vorrei ripercorrere, a beneficio degli interroganti, come questo progetto è stato costruito, come è nato, non senza aver ricordato che noi ricordiamo il mercato cinese strategico per l’economia regionale. Lo stesso Ministero del commercio con l’estero lo valuta il mercato su cui concentrare maggiormente l’attenzione del sistema produttivo nazionale, in quanto è sicuramente il mercato più interessante dell’economia globale. Vi sono stati anche recenti articoli di manager, imprenditori di primo livello come l’ex amministratore delegato della Fiat che riconosce il ruolo che la Cina ha nel sistema dell’economia mondiale, nel sistema del commercio mondiale del quale è entrata a far parte recentemente.
La stessa costituzione di un desk della Regione Marche a Shangai con un ufficio della stessa Regione Marche presso l’ufficio Ice di Shangai ci dice quanto importante sia nella nostra comunità regionale l’approccio al mercato cinese, quindi in considerazione di queste indicazioni da parte della nostra Regione è stato valutato positivamente il progetto lanciato da Aspem 2000 che prevedeva la realizzazione di “Città italiana a Shangai” su un’area espositiva di 20.000 metri quadrati su cinque piani, di cui 1.500 venivano messi a disposizione della nostra regione.
A questo progetto dovevano inizialmente prendere parte il Comune di Shangai, lo stesso Ministero del commercio con l’estero, il Ministero degli affari esteri, il consolato di Shangai, l’Ice, la Regione Marche e il sistema camerale marchigiano. Questo progetto complessivamente, pur di consistente investimento era senz’altro ben dimensionato e compatibile con gli obiettivi prefissati, quindi rispondeva perfettamente all’obiezione che è stata fatta dal dott. Conti rispetto alla relazione tra massa critica che il progetto presentava e l’investimento reso necessario.
Strada facendo sono sorti vari problemi di carattere internazionale, di relazione tra i vari soggetti che dovevano partecipare a questa iniziativa che nel corso del tempo hanno cambiato opinione, per cui il progetto è stato ridimensionato e dai 20.000 metri quadrati iniziali siamo scesi a un numero decisamente inferiore. Come Regione abbiamo comunque confermato la nostra presenza, abbiamo onorato l’impegno che avevamo assunto con la Municipalità di Shangai e con le autorità cinesi, abbiamo realizzato presso un centro commerciale la nostra presenza nei 1.500 metri quadrati che avevamo concordato sulla base del progetto. Questa cosa è stata particolarmente apprezzata dalle autorità cinesi in quanto, da parte del “sistema Marche” questo impegno, a differenza di altri è stato rispettato.
Il 28 novembre dello scorso anno è quindi stata inaugurata a Shangai la “Città italiana” dove circa 50 imprese espongono i loro prodotti. In gran parte sono prodotti di calzatura ma ci sono anche prodotti del sistema mobiliero e prodotti dei vari poli industriali della nostra regione.
L’investimento complessivo per la nostra Regione è stato di 345 milioni. Ad un anno dalla realizzazione di questa iniziativa — si stanno offrendo servizi secondo le finalità per cui l’iniziativa era stata pensata — non è ancora possibile quantificare con precisione l’effetto di ritorno in termini economici di questa stessa iniziativa, però possiamo affermare che è stata molto interessante e assai positiva, per lo meno nella valutazione degli imprenditori, soprattutto calzaturieri, che vi hanno partecipato, perché questa postazione stabile su un mercato così importante, su un crocevia così strategico come Shangai, al di là del giro di affari che è stato creato attraverso la vendita dei prodotti che loro esponevano in questo centro commerciale, ha consentito agli imprenditori di realizzare contatti con i loro colleghi di Shangai, con gli importatori della rete distributiva cinese, per cui da parte loro e privatamente sono state attivate delle forme di collaborazione che consentiranno di penetrare su un mercato così importante
Questa era per noi un’iniziativa di carattere sperimentale. Da parte nostra come Regione Marche è stato coperto, in accordo con la municipalità di Shangai il periodo che va dal 28 novembre al mese di maggio 2000: praticamente la Regione marche ha garantito la copertura, in termini di impegno sostanziale, di questa iniziativa anche sostenendola con iniziative di carattere promozionale. A partire dal maggio l’iniziativa è rimasta a carico dell’Unione regionale delle Camere di commercio che continua a sovrintenderla, in collaborazione con lo Scam.
Complessivamente si può valutare un’iniziativa positiva, soprattutto sotto il profilo delle relazioni che sono state realizzate dagli imprenditori che vi hanno partecipato e che ora le stanno sviluppando privatamente. Del resto questa era la principale finalità che l’iniziativa si proponeva.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti per dichiararsi soddisfatto o meno.
ROBERTO GIANNOTTI. Credo che le considerazioni che ha fatto il Vicepresidente Spacca da un certo punto di vista recuperano un maggiore livello di informazione sulla questione, anche se l’assessore si è dilungato sul complesso delle iniziative messe in atto dalla regione rispetto alla penetrazione sul mercato cinese che lui stesso ha definito strategico, al punto da portare alla installazione di una “antenna”, una delle scelte che la Giunta regionale ha fatto rispetto alle quali, peraltro, occorre un ripensamento complessivo. A me sembra che le scelte compiute fino ad oggi non tengano conto della esigenza complessiva del tessuto produttivo della regione, se mai tengono conto dell’esigenza di alcuni settori, pure importanti ma che non sono tutto. Quindi credo che su questa materia si debba avviare una riflessione che in qualche modo coinvolga il Consiglio regionale, sia rispetto alla localizzazione delle “antenne”, quindi alla scelta dei Paesi che sono stati interessati da questa iniziativa della Giunta regionale sia per compiere una verifica sul livello di operatività che queste hanno realizzato. Credo sia giusto che il Consiglio sia messo in condizione di giudicare il lavoro che il “braccio armato” della Regione in questi quattro Paesi — Cina, Russia, Santo Domingo e Argentina — sta compiendo. Bisognerebbe capire se gli oneri che noi sosteniamo sono ben spesi e se è giusto continuare sul versante, così come ritengo sia giusto una lettura più complessiva delle necessità del tessuto produttivo per verificare, per esempio, se è giusto porsi il problema di una penetrazione negli Stati Uniti che è un altro dei Paesi a grande interesse al sistema produttivo delle Marche, rispetto al quale registro un certo ritardo, una certa mancanza di coraggio.
Mi sembrava che il giudizio espresso non da qualche rappresentante delle istituzioni ma da un operatore del settore potesse far dire qualcosa in più. Mi auguro che comunque questo lavoro di approfondimento consenta di operare in maniera più trasparente, realizzando un risparmio maggiore in futuro.
Interrogazione (Trasformazione in risposta scritta): «Nomina del direttore generale dell’Armal» Moruzzi (64)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 64 del consigliere Moruzzi, che ha la parola.
MARCO MORUZZI. Essendo passato parecchio tempo dall’interrogazione credo che possa anche andar bene consegnarmi la risposta scritta e far guadagnare tempo al Consiglio. Peraltro la nomina è andata in altra direzione rispetto a quella che veniva ipotizzata al momento dell’interrogazione.
Interpellanza (Svolgimento): «Problemi connessi alla richiesta delle associazioni della pesca di installare un impianto di carburante nel porto di Fano» Giannotti e Gasperi (6)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interpellanza n. 6 dei consiglieri Giannotti e Gasperi.
Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Credo che i consiglieri abbiano potuto acquisire un livello adeguato di informazione rispetto a questo problema che sta coinvolgendo non solo emotivamente, la marineria fanese.
Fano esiste una condizione di monopolio per quanto concerne il rifornimento di carburanti alle imprese della pesca, cioè esiste una sola struttura con una sola proprietà, quindi tutte le attività portuali della città di Fano sono costrette a fare riferimento a questo punto, con i problemi che ne possono conseguire.
L’amico Procaccini che ha fatto della battaglia contro i monopoli punto di riferimento può capire meglio di me quanto sia forte il disagio degli operatori portuali nel dover fare riferimento esclusivo a un unico titolare della distribuzione del carburante.
Rispetto a questo esiste una richiesta da parte di un’altra associazione che rappresenta una buona fetta della marineria fanese che ha avanzato la richiesta, secondo le procedure di legge, per essere autorizzata ad installare un altro distributore, quindi per normalizzare questa situazione e per fare in modo di produrre, attraverso questo intervento, una riduzione dei costi di acquisto del carburante.
Inspiegabilmente questa richiesta di autorizzazione è stata bloccata dal sindaco di Fano che al di là e al di sopra delle autorizzazioni concesse dalla Commissione edilizia, dagli altri organismi tecnici abilitati a questo fine ha omesso di dare corso alla richiesta, adducendo a pretesto l’approvazione del piano regolatore del porto di Fano. Questo vuol dire una perdita di tempo, vuol dire mantenere questa situazione di disagio.
Il senso della nostra richiesta è quello di fari scarico di questa situazione che è stata segnalata in maniera anche abbastanza ferma dalla marineria fanese, e fare in modo che l’intervento autorevole della Giunta regionale possa recuperare un quadro di normalità e di trasparenza nelle procedure e garantire che si esca quanto prima da questa condizione che noi riteniamo inaccettabile.
PRESIDENTE. Ha la parola, per la risposta, l’assessore Agostini.
LUCIANO AGOSTINI. Il consigliere Giannotti nel porsi la domanda si è dato anche la risposta, nel senso che le competenze di tutta la questione che lui evidenziava sono del Comune di Fano e non della Regione. Nonostante questo noi abbiamo cercato di assumere informazioni presso il Comune e presso le associazioni di categoria, alcune delle quali ci hanno evidenziato il problema. E’ vero che esiste un solo rifornimento per tutta la marineria di Fano, però il problema va risolto o comunque affrontato — così dice il Comune di Fano — contestualmente alla completa redazione del piano regolatore e del piano del porto che sono strumenti di programmazione indispensabili e che in qualche modo consentono di pianificare tutte le scelte che dovranno essere fatte, anche in relazione ai consumi di carburante per la marineria. Mi pare anche che i tempi non siano eccessivamente lunghi per l’approvazione di questi strumenti di programmazione — si parla di pochi mesi — quindi credo che se tutto il problema viene affrontato dentro un contesto generale di programmazione, aspettare alcuni mesi può significare affrontare in maniera più coordinata, più programmata tutto il problema non solo per la città di Fano nel suo complesso ma anche per le marinerie.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Sono parzialmente d’accordo con quello che ci ha detto l’assessore, perché in questi casi ritengo che ci siano gli estremi per una forma di aggiotaggio, di interesse privato in atto pubblico. E’ impensabile che un amministratore locale mentre dà concessioni ad altri per interventi nell’ambito del porto, non conceda a questa cooperativa che non fa capo a posizioni politiche che sostengono la sua Giunta, una autorizzazione e non accetta che vi sia una concorrenza sul mercato per un prodotto che in questo caso viene ad essere monopolio di una struttura.
Pertanto ritengo che è compito specifico della Regione intervenire in merito, anche perché la Regione ha delegato alle Province la gestione dei piani regolatori e un sindaco non può dire che non è contemplato nell’ambito del piano regolatore quanto a sua volta, indirettamente, è di competenza della stessa Regione. Ritengo che ci debba essere un intervento rapido e definitivo da parte dell’assessorato — e gli interventi si possono fare in tanti modi — altrimenti saremo costretti ad adire le vie legali proprio perché ci sono degli estremi di aggiotaggio e in questo caso si presume che tutto venga fatto con degli scopi. Non voglio star qui a dare delle indicazioni che non spettano a me ma spettano eventualmente alle autorità competenti. Ritengo che un intervento debba essere fatto per non dare chiarezza e soprattutto per non far diventare un sindaco podestà.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti per dichiararsi soddisfatto o meno.
ROBERTO GIANNOTTI. Intanto chiedo che il Presidente acquisita agli atti il verbale della seduta del Consiglio comunale di Fano della settimana scorsa per esercitare il proprio dovere di tutela dei diritti dei consiglieri regionali, nel senso che né io né il consigliere Gasperi abbiamo come missione quella di fare i guerrafondai o i mestatori ma esercitare un diritto di rappresentanza che ci è stato dato dal popolo e non certamente dal sindaco di Fano, quindi le battute che il sindaco di Fano ha fatto in apertura della seduta del Consiglio rivolte a due rappresentanti del Consiglio regionale quanto meno dovrebbero essere censurate da questa presidenza.
Sono insoddisfatto della risposta dell’assessore Agostini, nel senso che capisco la difficoltà, capisco che parliamo di una questione che non rientra nelle competenze dirette della Giunta regionale, però credo che la Giunta regionale, proprio per la responsabilità di governo complessivo sul territorio non possa nascondersi dietro un dito e non farsi carico di una situazione di disagio, di protesta anche civile che sta crescendo nella città di Fano, nell’ambito portuale di quella città e che sta determinando una situazione difficile da gestire anche sul piano dell’ordine pubblico.
Ho assistito a diversi incontri, ho assistito all’ultima manifestazione, mi è stato riferito l’andamento delle due sedute del Consiglio comunale nelle quali si è discusso di questa questione, credo che comunque questa situazione ci debba in qualche modo preoccupare, così come ci deve preoccupare l’operatività del comparto pesca di Fano che comunque rappresenta insieme ad Ancona e San Benedetto una delle tre eccellenze in questo settore. Il fatto che si sia recuperata comunque una condizione di normalità credo sia un fatto importante.
Qui ci sono responsabilità politiche gravissime, non è problema di interpretazione della legge ma una volontà politica del Comune di Fano di continuare a mantenere questa condizione di monopolio per contiguità politica, perché l’organizzazione proprietaria di questa struttura non nasconde il suo sostegno a quell’Esecutivo comunale, a quel sindaco e credo che questo sia inaccettabile.
Hanno fatto bene i consiglieri popolari a dissociarsi da questa posizione della maggioranza a Fano ed è giusto che questa sia una posizione che in qualche modo, autorevolmente, la Giunta regionale fa presente agli amministratori di Fano rispetto ad una situazione che va affrontata. Credo che siano risibili le informazioni che le hanno dato rispetto ai tempi, perché tutti sanno che i tempi non sono due mesi, ma se non c’è questa pressione dell’opinione pubblica e delle forze politiche saranno un anno e mezzo i tempi di realizzazione di questo intervento. Noi riteniamo invece che questa situazione di disagio vada risolta quanto prima in maniera che la situazione torni alla normalità.
Comunicazione dell’assessore all’agricoltura in ordine alle misure regionali per far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno “mucca pazza” (Votazione proposta di risoluzione)
PRESIDENTE. E’ stata presentata una proposta di risoluzione unitaria che assorbe le mozioni precedenti, compresa l’interrogazione n. 91 del consigliere Viventi.
Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Do lettura della proposta di risoluzione: “Considerato l’allarme sorto in Europa per il diffondersi della BSE negli allevamenti bovini francesi; considerato che la Francia è il principale fornitore di bovini vivi e carne bovina macellata sul mercato nazionale; considerato che la ricomparsa della BSE evidenzia che le misure assunte dall’Unione europea e dagli Stati membri, dopo la comparsa della encefalopatia spongiforme bovina in Gran Bretagna, non sono stati sufficienti a debellare il fenomeno che trae origine dallo stravolgimento delle condizioni di vita degli animali negli allevamenti; considerati i gravi rischi per la salute dei cittadini che derivano dalla diffusione della mutazione del morbo di Creutzfeld Jacob; visto che gli unici efficaci strumenti a disposizione per combattere la proliferazione delle epidemie negli allevamenti e l’insorgenza della malattia fra le persone richiede impegnative e rapide misure di prevenzione a vari livelli della filiera; visto che le Marche già da prima della comparsa del fenomeno della “mucca pazza” avevano avviato un sistema di certificazione delle carni bovine in grado di trasferire al consumatore tutte le notizie necessarie per evitare ogni pericolo e che contemporaneamente valorizza le produzioni regionali, consentendo di distinguerle dal resto delle produzioni che giungono sul mercato; visto che tale sistema di certificazione viene utilizzato in oltre 150 punti vendita di carni bovine nelle Marche e che si è dimostrato anche in questa fase un efficace strumento per difendere gli interessi dei consumatori e degli allevatori, il Consiglio regionale delle Marche chiede al Governo di rendere immediatamente obbligatoria anche la certificazione del luogo di nascita degli animali e l’eventuale data di introduzione sul territorio nazionale, anticipando un obbligo che il regolamento comunitario 820/97 ha fissato per il 2002; di sostenere i costi per il controllo di tutti i bovini presenti negli allevamenti e di concorrere alla copertura dei maggiori costi derivanti dell’ordinanza del Ministero della sanità 13.11.2000; di sostenere la conversione degli allevamenti esistenti in direzione di forme non intensive e più naturali (ivi compresi gli allevamenti condotti secondo il regolamento comunitario sulla zootecnia biologica) e di sostenere nelle sedi comunitarie il divieto d’uso di farine di carne negli allevamenti uniformando le disposizioni europee a quelle italiane. Chiede ala Giunta regionale di intervenire con un contributo che si aggiunga a quello preannunciato dallo Stato sui maggiori costi a carico degli allevatori derivanti dall’ordinanza del 13.11.2000; di rifinanziare i bandi con i quali sono stati concessi contributi in conto capitale ai dettaglianti che introducono il sistema di certificazione delle carni; di programmare interventi finanziari urgenti per incrementare la produzione di carni certificate provenienti da animali nati ed allevati sul territorio regionale, per ridurre la dipendenza degli allevamenti marchigiani dall’importazione; di presentare entro quattro mesi un piano di settore per la zootecnia con lo scopo di potenziare la produzione aziendale delle carni ottenute da linee vacca-vitello regionali e con mangimi ottenuti da prodotti locali e comunque non addizionati con “additivi di sintesi chimica”; di intervenire sui gestori delle mense pubbliche per introdurre nelle forme opportune e nel rispetto delle singole competenze l’obbligo del consumo di carni regionali di qualità secondo lo spirito della legge regionale 16/2000”.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Annuncio il ritiro della proposta da noi formulata, perché il documento unitario riprende il punto fondamentale che avevamo richiamato, cioè l’esigenza che la Regione programmi interventi a sostegno degli allevatori costretti a realizzare questo adempimento.
Ci auguriamo che da questo impegno formale che il Consiglio regionale assume questa sera derivi una iniziativa concreta da parte dell’assessore già dai prossimi giorni. Credo che questo sia positivo e sia una grande aspettativa da parte degli allevatori marchigiani.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. A nome del gruppo di Alleanza nazionali dichiaro che voteremo la proposta di risoluzione perché riteniamo che faccia piena chiarezza senza allarmare i cittadini, poiché nella nostra regione in modo particolare siamo stati i primi, attraverso l’associazione Bovinmarche a dare ampia garanzia per quello che stanno vendendo e per quello che è rimasto loro da vendere in funzione di ciò che hanno acquistato e soprattutto per dare sempre più risalto all’importanza della zootecnia marchigiana e una garanzia agli allevatori che tanti sacrifici, in modo particolare quelli delle zone montane e pedemontane, fanno per poter portare sul mercato un prodotto ampiamente garantito, ma che soprattutto va a soddisfare pienamente i fabbisogni della popolazione.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione.
(Il Consiglio approva)
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 18,55
SEDUTA DI MERCOLEDI' 29 NOVEMBRE 2000
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI
INDI DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPE RICCI
La seduta riprende alle 16,40
Comunicazione dell’assessore all’agricoltura in ordine alle misure regionali per far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno “mucca pazza” (Discussione)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la comunicazione dell’assessore all’agricoltura in merito alle misure per far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno “mucca pazza”.
Le comunicazioni ci sono già state, quindi apriamo il dibattito.
Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Nella seduta della scorsa settimana ho ascoltato l’intervento dell’assessore Agostini rispetto al quale, se mi è consentito, volevo esprimere una diversa valutazione in ordine alla situazione che si è determinata sul territorio regionale in conseguenza di questo evento.
Dire come ha fatto l’assessore che l’allarme “mucca pazza” non ha intaccato i consumi da parte dei marchigiani di carne certificata mi sembra una fuga in avanti, una volontà di non affrontare il problema. Il calo superiore al 50% nella vendita di carne di bassa macelleria e il calo fra il 30 e il 50% per quanto riguarda le carni pregiate è un fatto indiscutibile, quindi c’è più che essere preoccupati di quello che sta succedendo nel territorio marchigiano per gli effetti rispetto al disagio e alle preoccupazioni delle popolazioni ma soprattutto rispetto alla situazione di oggettiva difficoltà in cui versano gli allevatori, i dettaglianti di carni. Credo che da questa rilevazione si debba partire per compiere una valutazione e definire le posizioni da assumere. L’opinione pubblica non distingue. Credo che il dato più evidente è che la gente non compera più carne. Non c’è tanto una differenziazione fra carni che fanno riferimento alla produzione nazionale e carni che provengono da altri Paesi, il dato di fatto è che la gente non consuma più questo prodotto o comunque lo consuma in maniera estremamente ridotta. Questo è il dato di fondo legato agli avvenimenti che sono accaduti e da cui occorre partire. Se non è chiaro questo, se ci attardiamo rispetto alla rivendicazione di meriti che abbiamo acquisito nel cammino della certificazione non andiamo lontano, facciamo solo finta che il problema non esista o comunque corriamo il rischio di banalizzare una questione che invece è importante soprattutto per i riflessi che ha nel campo del settore della zootecnia e anche nel campo del dettaglio di questo prodotto. Nessuno disconosce il ruolo, le iniziative e gli atti che sono stati adottati rispetto al sistema della certificazione. E’ un cammino che è stato intrapreso rispetto al quale alcuni traguardi sono stati raggiunti, certamente non è tutto ma rappresenta un punto di partenza.
Rispetto a questa situazione, secondo noi era ed è doveroso che ci sia un pronunciamento, una presa di coscienza da parte del Consiglio regionale della situazione nella regione e ci sia soprattutto una assunzione di responsabilità rispetto ai problemi che ne derivano. Il nostro gruppo consiliare si è fatto carico, in tempi non sospetti, di predisporre tutta una serie di atti relativi ad un aspetto di questo problema sul quale interveniamo. A me sembra però che la prima risposta che deve trovarci impegnati è quella di potenziare una grande campagna di informazione sulla qualità della produzione marchigiana. Credo che questa sia la risposta contingente che deve essere data per comunicare all’opinione pubblica i pochi rischi connessi al consumo di carne, così come rispetto a questo credo che gli interventi che normalmente sono attivati per sostenere la produzione delle razze marchigiane debbano essere più sostenuti. Anche qui occorre una iniziativa precisa da parte della Regione che vada in questa direzione.
La terza questione sulla quale ci siamo soffermati in maniera particolare è quella legata allo smaltimento di carcasse, altra vicenda di non poco conto che ha messo in ginocchio gli allevatori della nostra regione e rispetto alla quale ci corre l’obbligo di rilevare che al di là di pochissime parole non abbiamo registrato fino ad oggi una posizione chiara della Giunta regionale, dell’assessorato.
Mi si può dire che è una questione nazionale. Certo, nessuno toglie il fatto che di fronte a questa questione il Governo centrale debba comunque intervenire, ma noi crediamo che sia necessario, importante che da parte del Consiglio regionale ci sia una risposta tradotta in atti precisi da parte dell’Esecutivo.
Questa situazione è riassumibile nell’incombenza di tantissimi allevatori di dover smaltire direttamente le carcasse degli animali uccisi, procedendo al loro incenerimento, soprattutto tenendo conto che nel territorio regionale non esistono strutture abilitate a questo fine, quindi questa incombenza va realizzata in impianti di termodistruzione che insistono nel territorio dell’Emilia, del Veneto e della Lombardia. Quindi l’allevatore, oltre ad avere un danno nella perdita dell’animale deve anche farsi carico in maniera diretta dei problemi connessi all’uccisione, allo smaltimento e alla termodistruzione. Evidentemente, come è facile capire, un impegno anche finanziario estremamente gravoso che può essere disatteso. A nessuno può sfuggire il rischio connesso a questa procedura che può portare qualche allevatore non oculato a non distruggere la carcassa dell’animale ma ad usare procedure più sollecite e meno costose come il sotterramento, con tutti i rischi connessi.
Di qui la nostra richiesta di un intervento preciso da parte della Regione, che non può ritenersi soddisfatta delle dichiarazioni d’intenti del ministro dell’agricoltura, come non può ritenersi soddisfatta del fatto che alcuni enti locali hanno proceduto autonomamente a questa incombenza. L’Amministrazione provinciale di Pesaro, tanto per citare un ente locale non guidato dalle forze del Polo, ha approvato l’altro giorno un atto deliberativo con il quale viene stanziato un contributo di 30 milioni per alleviare i costi di smaltimento degli allevatori, un provvedimento-tampone per sei mesi. Leggo nella risposta dell’assessore Rondina al presidente del gruppo di Forza Italia che ha posto questa questione, “questo in attesa che la Regione assuma provvedimenti adeguati”. Da qui il cammino e le iniziative che noi abbiamo assunto, prima con una richiesta di informazioni, poi con una proposta di atto amministrativo che per alcune complicazioni è stata dichiarata irricevibile dalla segreteria del Consiglio ma che sostanzialmente chiedeva uno stanziamento di oltre mezzo miliardo per far fronte alle spese degli allevatori per i primi sei mesi, in attesa sempre dell’intervento statale, che infine è stata declinata in un ordine del giorno che noi abbiamo presentato al voto del Consiglio e che sostanzialmente chiede uno stanziamento di 600 milioni con fondi del bilancio regionale per contribuire alle spese che gli allevatori sostengono per lo smaltimento delle carcasse.
Mi auguro che sia possibile acquisire, a conclusione di questo dibattito, prima del voto del Consiglio regionale un preciso impegno da parte della Giunta in questa direzione, peraltro richiamato anche dall’ordine del giorno votato da tutti i gruppi rispetto al quale presenteremo due proposte emendative, una relativa alla definizione di un impegno chiaro, l’altra relativa a un altro aspetto che è emerso in questa vicenda e che riguarda la situazione di gravissima crisi in cui versano le macellerie della nostra regione. Rispetto a queste due questioni che noi abbiamo sollevato, che si accompagnano a tutte le altre che sono oggetto della discussione, non per ultimo il fatto che qualcuno dovrà porsi il problema, se continua questa procedura, della costruzione nelle Marche di un impianto di termodistruzione — che non ci sia una struttura abilitata a questo adempimento nella regione credo che sia un altro limite — se da parte dell’assessore o del Presidente ci sarà un impegno preciso in questo senso il nostro gruppo voterà l’ordine del giorno unitario che per iniziativa del consigliere Moruzzi è stato presentato e che contiene questa indicazioni, come altre rispetto alla grave situazione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI
MARCO MORUZZI. Credo che in apertura di questo intervento si debba dare atto che la minoranza ha sollecitato la Giunta a partire dallo smaltimento delle carcasse, ad affrontare un dibattito sulla “mucca pazza” e prontamente c’è stata una comunicazione da parte dell’assessore, anche se questo Consiglio non altrettanto prontamente ha affrontato l’argomento, perché ci troviamo a discuterlo dopo un po’ di tempo. Credo comunque che questo dibattito sia importante e lo testimonia la grande attenzione che su questo argomento c’è da parte di tutti gli organi di informazione europei, un’attenzione che non è durata l’arco di alcuni giorni come normalmente avviene nelle notizie di attualità ma un’attenzione costante, perché il problema della mucca pazza affronta e tocca una questione più generale, quella dell’alimentazione sana, quella dell’agricoltura, quella del rapporto tra uomo e territorio e della tutela della salute attraverso la prevenzione.
Ritengo che sia positivo che su questa materia tutti i gruppi siano confluii su un’ipotesi che io ho avuto il piacere di abbozzare e di sottoporre all’attenzione di tutti i capigruppo per giungere a un documento conclusivo che inquadra la problematica della zootecnia bovina anche al di là dello specifico problema manifestatosi con la “mucca pazza”. Certo la nostra è una Regione che a livello nazionale ed europeo in tempi non sospetti ha dato il segno di che tipo di politica doveva essere attuata in questo settore per conciliare le esigenze dei consumatori e dei produttori. Spesso assistiamo a provvedimenti che apparentemente vanno in direzione della tutela dei consumatori e in realtà talvolta li penalizzano e penalizzano anche i produttori. Faccio riferimento a provvedimenti delle stesse Amministrazioni comunali che hanno interrotto la somministrazione di carne bovina in alcune mense pubbliche quando magari di questa carne bovina era nota la provenienza e quindi, essendo carne marchigiana, carne controllata poteva essere tranquillamente consumata. Noi non dobbiamo quindi seguire l’allarmismo, ma non dobbiamo neanche tranquillizzare con troppa semplicità, perché abbiamo sotto gli occhi in questi giorni quello che è stato scoperto dalla magistratura in Piemonte: l’utilizzo di farine animali in allevamenti che poi portavano alla produzione di carni che non venivano macellate nel normale circuito ma venivano macellate in luoghi clandestini. Questo meccanismo serviva per evadere l’Iva, per evadere il fisco, e sappiamo che il sistema di controllo che fino a qualche tempo fa è stato passivo, cioè aspettava i campioni dai luoghi in cui si macella non clandestinamente ma regolarmente, nel momento in cui ci garantisce tutto non ci garantisce lo screening completo di tutte le carni che vengono consumate nel nostro Paese, perché in presenza di allevamenti in cui si macella poi abusivamente, il sistema di controllo passivo non funziona, si è passati a un sistema di controllo attivo che prevede la ricerca di luoghi in cui ci sono animali, il controllo di questi animali e ovviamente ci possono essere delle sorprese. In questa zona d’ombra esiste un rischio anche nel nostro Paese e questo va detto con chiarezza. Questa zona d’ombra può essere superata soltanto con una grande informazione dei cittadini, un intervento forte della pubblica amministrazione, una collaborazione con le imprese della filiera della carne. Credo che su questa strada in qualche modo la nostra Regione può dare qualche esempio, perché gli allevatori della nostra regione hanno scelto una certificazione completa che va oltre quella che oggi è stata resa obbligatoria dal regolamento comunitario. In una conferenza stampa in cui gli allevatori si sono riuniti assieme alle centrali cooperative, alle organizzazioni professionali agricole hanno definito che l’etichettatura della carne decisa dalla Ue è una presa in giro dei consumatori poiché non dà garanzia dove il capo è allevato. Questa è una realtà. L’obbligatorietà, attualmente, per la carne bovina si ferma alla certificazione del luogo, del Paese in cui l’animale viene macellato e non risale al luogo in cui l’animale è nato, all’azienda in cui l’animale viene allevato. Questa obbligatorietà scatterà soltanto dal 2002. Oggi i consumatori, i commercianti e anche gli agricoltori chiedono invece che questa obbligatorietà scatti immediatamente. Nella nostra regione questa certificazione avviene già da diversi anni per una scelta volontaria da parte del sistema produttivo delle Marche, sistema produttivo che avendo una qualità che non è soltanto d’immagine ma di sostanza, può permettere di documentare vita, morte e miracoli dell’animale, di certificare ogni singolo pezzo che viene venduto al dettaglio.
Questa carne che fino a poco tempo fa era un prodotto completamente anomalo e dietro questo anonimato si è nascosto un utilizzo nei mangimi di prodotti che sono scarti, residui delle produzioni industriali o nel caso specifico delle farine di carni, prodotti non idonei all’alimentazione, oggi non è più un prodotto anonimo e assieme al prodotto va offerta l’informazione completa sul luogo di nascita dell’animale, di allevamento, di macellazione, tutti i dati anagrafici e modalità di allevamento animale che noi per tutti gli animali iscritti al libro genealogico oggi conosciamo perfettamente, per tutti gli animali che dovrebbero essere iscritti all’anagrafe bovina conosciamo perfettamente. Si tratta quindi di trasferire al dettaglio quell’informazione che si ferma nel luogo di macellazione. A questo tipo di trasferimento c’è stata una resistenza, perché la proposta iniziale del regolamento dell’Ue prevedeva già dal 2000 la certificazione completa della carne. Attraverso la cosiddetta “clausola compromissoria”, la proposta originale del regolamento è stata modificata e questo lo posso dire con certezza di informazione perché la nostra Regione ha partecipato alla trattativa per la definizione di quel regolamento sull’etichettatura delle carni, anzi ne abbiamo parlato perché quel regolamento originariamente non permetteva di certificare prodotti spezzati in macelleria ma avrebbe atto chiudere tutte le macellerie d’Europa e permesso la macellazione della carne etichettata soltanto nella grande distribuzione dei supermercati.
Noi facemmo allora quella battaglia e dimostrammo che il nostro sistema di certificazione era così sicuro come quello che può essere realizzato impacchettando direttamente nel macello il prodotto che poi viene venduto al consumatore, quindi in quel senso difendendo tante imprese del nostro Paese. Questo è avvenuto, peraltro, nella grande disattenzione da parte anche di tanti soggetti che oggi reclamano interventi a difesa del settore del dettaglio della carne bovina, ma certamente di questi dettaglianti noi abbiamo bisogno e la nostra proposta politica penso non possa che essere quella di lavorare in sinergia con il mondo agricolo per incrementare la produzione, fornire sul mercato quantità sempre maggiori di carne certificata, fare in modo che negli allevamenti si seguano disciplinari di produzione e regole rispettose della natura e rispettose delle aspettative, dei desideri dei consumatori, in modo che questo sistema permetta alla filiera dell’agroalimentare di trarre un’opportunità da questa vicenda.
Il settore del vino ci ha dato un esempio molto chiaro: il grande salto di qualità che c’è stato nel vino nel nostro Paese, l’allargamento della politica di qualità nel settore del vino che non ha pari in altri prodotti agroalimentari nel nostro Paese...
GILBERTO GASPERI. Eccetto il Chianti: hanno sequestrato centinaia di bottiglie...
MARCO MORUZZI. Ci sono certamente delle eccezioni, non riusciamo a convincere tutti; ci piacerebbe convincere tutti.
Il grande salto di qualità che è stato fatto è stato successivo alla vicenda del vino al metanolo. Quindi credo che commetteremo un grave errore se di fronte a una situazione di questo genere ci limitassimo a dare delle compensazioni, delle perdite di reddito per chi ha avuto danni. Noi dobbiamo pensare a una ristrutturazione del sistema produttivo, degli allevamenti del nostro Paese, della nostra regione nello specifico e peraltro non dobbiamo fermarci all’allevamento bovino ma dobbiamo estendere questo ragionamento a tutti gli altri allevamenti: quello suino, quello dei polli. Peraltro in questi settori oggi sono ammessi consumi di farine di carne, quindi quegli amministratori che oggi vietano magari il consumo il consumo di carne bovina e mettono nei menù delle mense scolastiche, delle refezioni maggiori dosi di carne bianca oppure di carne di maiale non sanno che in quel momento si spostano da un prodotto che, se opportunamente certificato dà sicuramente maggiori garanzie di un pollo che non è sulle prime pagine dei giornali, di una carne di maiale che non è sulle prime pagine dei giornali, ma in quell’allevamento sono presenti nei mangimi farine di carne. Quindi è importante l’informazione del consumatore, è importante la certificazione e nella ristrutturazione direi anche che è necessario e certamente utile giungere anche per altri prodotti di carne alla stessa certificazione che oggi abbiamo nella carne bovina, perché questo può permettere di distinguere il prodotto di qualità dal prodotto completamente anonimo. Questa qualità, se non è riconoscibile anche attraverso una certificazione oltre che attraverso la degustazione, oltre che attraverso il contatto diretto, oltre che attraverso la conoscenza del produttore, rischia di essere messa sugli altari nei momenti in cui ci sono i grandi scandali e poi dimenticata a distanza di poco tempo.
Per questo motivo credo che dobbiamo avere ben chiare le responsabilità dell’Unione europea, sia riguardo a questo regolamento sia riguardo alla difesa di modalità di allevamento degli animali che non sono oggi più sostenibili e dobbiamo ovviamente spingere affinché sistemi di certificazione come quelli che noi abbiamo messo in atto — perché sono di basso costo: quando lo scegliemmo facemmo il confronto fra quanto costava la bollatura a fuoco di tutti i tagli di carne e questo sistema e riscontrammo che quel sistema era addirittura più economico e di maggior sicurezza — vengono perseguiti. Oggi questo sistema ha avuto una fortissima evoluzione, il consumatore una volta ricevuto lo scontrino può effettuare un controllo se è vero che la carne che lui ha acquistato viene da quell’azienda agricola, se l’animale è stato macellato in quella data, se è nato in quel Paese, se è stato allevato in questa realtà. Controllo che può fare tecnicamente via Internet o con le tecnologie Wap. Questi scontrini e questi certificati dovranno diventare, in futuro, una regola comune in tutto il Paese, in tutta l’Unione europea e su questa strada credo che la nostra Regione debba anche evidenziare che già dal 1997 in sede di Conferenza Stato-Regioni le Marche proposero — e fu accolta la proposta marchigiana — di trasferire il sistema di certificazione all’interno delle iniziative di tutte le Regioni. Poi, passato l’allarme “mucca pazza” dell’Inghilterra il processo si è rallentato e oggi abbiamo 150 punti vendita nelle Marche, 5 in Lombardia che è la regione più avanzata dopo la regione Marche e praticamente, nel resto, il sistema di certificazione è ancora cartaceo, con la possibilità da parte di chi esercita la vendita al dettaglio di fare anche delle frodi, di sottrarsi a un sistema che permetta al consumatore stesso di verificare tutti questi aspetti che gli vengono documentati.
Questa emergenza ci dà anche l’occasione per rilanciare all’interno del discorso della zootecnia una produzione tradizionale nella nostra regione, quella della razza marchigiana. Oggi ci sono 40.000 capi allevati nella nostra regione, 8.000 nutrici iscritte al libro genealogico marchigiano. Questi capi negli ultimi anni sono leggermente cresciuti ma sono poca cosa rispetto alle 560.000 unità che avevamo nel 1962. Attorno a questa razza, che ovviamente non è l’unica razza certificata — con il sistema di certificazione noi certifichiamo animali nati nella nostra regione indipendentemente dalla razza, anche se la “marchigiana” è una delle razze principali — c’è un’ulteriore valorizzazione legata al progetto dell’Igp, del vitellone bianco dell’Appennino che ha visto unite le razze bianche appenniniche. Anche questo è un terreno d’iniziativa comune con altre Regioni, che testimonia come su interventi di questo genere le Regioni debbano e possano essere più protagoniste.
Su questo terreno vorrei sollecitare l’assessore all’agricoltura, il Presidente della Giunta regionale a un maggior protagonismo su questo terreno, perché lasciare la palma di questa che è farina del nostro sacco ad altri che l’hanno cavalcata anche successivamente, non è opportuno. A me fa piacere vedere il ministro, che peraltro è del mio stesso partito, in televisione, ma vedrei meglio rappresentata quella battaglia da amministratori della nostra regione, perché ricordo che quando fu portato il disciplinare della Bovinmarche al Ministero dell’agricoltura noi volevamo certificare anche che cosa mangiavano gli animali e la struttura burocratica del Ministero disse “noi non possiamo certificare anche l’alimentazione, quella è una questione che riguarda soltanto voi”. Questo perché in quella sede furono abilitati alla certificazione anche allevamenti e industrie come quelle dei Cremonini, che certamente non offrono nessuna delle garanzie che i nostri 4.000 allevamenti della regione, con una media di 14 capi a stalla possono fornire, perché quelli sono comunque allevamenti senza terra, in cui la mangimistica viene fatta a partire da complessi industriali. Poi, magari, saranno i migliori mangimi ma sicuramente sono condizioni di allevamento che non hanno niente a che fare con la qualità degli allevamenti della nostra regione. E allora, dentro il sistema di certificazione è giusto che ci stia tutto, ma noi che vogliamo certificazione ancora più rigorosa, noi che abbiamo difeso questo in tutte le sedi — a Bruxelles, a Roma, attraverso i funzionari, con i nostri rappresentanti politici — credo che meritiamo il palcoscenico almeno alla pari di altri che oggi questo palcoscenico lo calcano.
Quindi non ci dobbiamo vergognare di questa cosa. Quando è stata proposta molti l’hanno vista come qualcosa di strano, qualcosa di cervellotico. In realtà ci si è resi conto che non è nient’altro che quello che si faceva nel settore del vino con le denominazioni d’origine, con l’etichetta sulle bottiglie, con il legame tra il prodotto e il territorio. Noi dobbiamo trasferire questa politica a tutti i prodotti: la certificazione dell’origine, il legame tra prodotto e territorio rischiano di rimanere soltanto uno slogan se non troviamo gli strumenti per fornire al consumatore l’informazione e far capire al produttore l’importanza di investire in tutto questo. Noi abbiamo soltanto riproposto, in un settore difficile come quello delle carni, qualcosa che già si faceva in un settore più facile che aveva già aperto la strada, quindi nessuna invenzione, solo un po’ di creatività che ci ha permesso di valorizzare meglio una realtà che già era nelle nostre Marche.
Dobbiamo essere consapevoli — e la mozione lo evidenzia — che nella nostra regione non siamo in grado di produrre i vitelli che il nostro sistema agricolo porta da vitelli a vitelloni. E’ questo il motivo per il quale la nostra regione dipende per il 50% da importazioni provenienti da fuori regione ma per la gran parte dall’estero. Quindi la mozione richiama la Giunta regionale a un impegno perché sia incrementata la produzione, perché siano permessi investimenti e siano addirittura inseriti all’interno di un piano zootecnico regionale interventi per avere una quantità maggiore di quel prodotto che oggi è richiesto. Nelle macellerie in cui si effettua la certificazione oggi non esiste il problema presente nelle altre macellerie, cioè il calo dei costi, esiste un altro problema: l’esaurimento del prodotto, la mancanza del prodotto. Quindi, nell’orientare le nostre scelte credo che dobbiamo spingere sulla strada dei vincenti piuttosto che compensare i perdenti: trasformare tutti gli allevatori che oggi non stanno dentro il sistema di certificazione, potenziare la produzione di chi già produce in quel modo, incrementare il numero dei punti vendita che vendono quella carne certificata, quindi aiutare aziende e imprese di commercializzazione a trasferirsi dal settore della carne che oggi il consumatore a torto o a ragione non acquista, all’interno di quella filiera che oggi questa carne bovina riesce invece a vendere, anzi non riesce a seguire tutte le richieste.
Le zone montane della nostra regione sono vocate alla zootecnia di qualità, all’autosufficienza alimentare degli allevamenti, alla produzione di vitelli, all’allevamento di razze autoctone. In queste zone serve un progetto speciale per la zootecnia, servono risorse straordinarie. In passato siamo intervenuti in questo settore con risorse ordinarie. Oggi ci sono tutte le condizioni di mercato e di emergenza perché ci siano interventi straordinari. Certo, aiutiamo gli allevatori a smaltire l’incenerimento delle carcasse, ma occorrono interventi straordinari che abbiano una prospettiva in futuro, che non si esauriscano nel momento in cui l’intervento viene erogato, anzi a proposito dell’incenerimento chiedo al Consiglio di riflettere se sia opportuno che nel nostro ordine del giorno sia inserita anche una richiesta al Governo di chiedere la sospensione dell’incenerimento delle carcasse, perché incenerire delle carcasse di animali che sono morti di parto o di polmonite accollando al sistema produttivo un costo di £. 1.400.000 per ogni animale di incenerire non sia opportuno quando questo animale può essere perfettamente smaltito come è smaltito fino ad oggi. Noi, per fare un provvedimento che va incontro alla preoccupazione generale inceneriremmo nel nostro Paese 170 miliardi. Se ci fermassimo all’incenerimento potremmo anche essere soddisfatti, ma creeremo anche inquinamento, ovviamente, perché questi prodotti inceneriti negli impianti di smaltimento provocano anche un impatto ambientale non indifferente: incenerimento di risorse, incenerimento di aria pulita.
Credo quindi che si debba discutere. Che motivo c’è perché un animale che assolutamente non è infetto — Gasperi che è un esperto del settore ce lo potrà testimoniare da competente in materia — sia incenerito? Proporrei quindi di integrare la mozione con questo riferimento: incenerire le parti a rischio è un conto, incenerire tutti gli animali che muoiono di morte naturale, in particolare nella nostra regione mi pare veramente uno spostare risorse su interventi inutili.
Non ho illustrato nella sua completezza la mozione ma ho toccato soltanto alcuni spunti che ci hanno spinto a questa convergenza su un ordine del giorno che chiede alla Giunta degli interventi ben precisi, che chiede degli interventi anche da parte del Governo e che ci sembra raccogliere le pressanti richieste che ci vengono dal mondo degli agricoltori, dal mondo del commercio e dai consumatori della nostra regione.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.
FERDINANDO AVENALI. Signor Presidente, colleghi, consiglieri, credo che sia assolutamente giusto che il Consiglio regionale si occupi di questa questione della “mucca pazza”. Non riprenderò parecchie delle questioni che ha adesso trattato il collega Moruzzi che condivido, anche per non ripetermi. Credo che, come dicevamo nella seduta del 9 novembre scorso quando abbiamo parlato del piano di sviluppo rurale, anche in questa questione della “mucca pazza” si riproponga la questione agricola in senso generale. Per troppi anni l’agricoltura è stata abbandonata a se stessa. A mio avviso le tecniche produttive che si sono attivate nei settori industriali sono state inserite anche in questo campo, poi abbiamo visto che in natura questo non sempre ha degli effetti positivi, anzi in questo caso abbiamo visto che ha degli effetti estremamente negativi. Pertanto credo che dobbiamo quanto prima convocare, come avevamo deciso precedentemente una seduta del Consiglio regionale sui problemi dell’agricoltura, poiché si ripropongono sempre con maggiore forza i problemi di agricoltura e ambiente, di agricoltura e alimentazione, quindi agricoltura e salute. Altrimenti rischiamo di discutere di volta in volta: una volta il pollo, una volta il vino, una volta la carne. Qui c’è il problema di questo grande rapporto tra la produzione agricola e l’agroalimentare in senso generale.
E’ una questione che non riguarda soltanto la nostra regione, il nostro Paese e l’Europa ma è sempre più all’ordine del giorno, quindi ritengo che dobbiamo rifare un quadro complessivo della situazione dell’agricoltura nella nostra regione.
Relativamente al problema Bse, alla grande crisi credo che questa ha provocato non solo un calo della domanda di consumi a livello nazionale, ma questi fattori così dirompenti provocano proprio de mutamenti culturali. Credo che il calo di consumo di carne bovina di questi giorni, non avrà un recupero pari alla situazione pregressa, nel senso che vi sono dei momenti di rottura culturale, c’è una psicosi che si è creata fra consumatori che difficilmente verrà superata se non riusciamo a fare veramente una campagna di sensibilizzazione, di garanzia di qualità delle varie produzioni. E’ quindi ovvio che si ripropongono dei grandi temi sui quali dobbiamo riflettere e intervenire.
Detto questo credo che dobbiamo distinguere anche tra la situazione europea e quella italiana, perché da questo punto di vista, specialmente sull’argomento specifico delle carni bovine l’Italia ha una situazione migliore di altri Paesi e questo è un dato importante che dobbiamo sottolineare. Ancora di più la differenza la troviamo tra la situazione nazionale e quella delle Marche.
Proprio per l’impegno che c’è stato sul discorso della certificazione della qualità e quindi anche sul controllo dell’alimentazione bovina nella nostra regione, è ovvio che noi abbiamo una situazione estremamente migliore di altri, quindi dal punto di vista del danno credo che per quanto riguarda gli agricoltori il problema vero che abbiamo è la questione dello smaltimento delle carcasse che ovviamene va affrontato. Dobbiamo verificare se è il caso di incenerire tutto o meno e comunque come intervenire a favore dei produttori. Peraltro, nell’ultima seduta in cui abbiamo discusso dell’Obiettivo 2 abbiamo anche inserito un emendamento che riguarda proprio contributi a favore degli allevatori su questa questione. Non c’è dubbio che abbiamo comunque bisogno di dare una risposta.
Relativamente alla produzione qui non c’è una difficoltà degli agricoltori a collocare il prodotto, anche se c’è stato un forte calo della produzione della domanda da parte del consumatore finale, nel senso che i nostri agricoltori oggi hanno difficoltà. In particolare Bovinmarche, che ha fatto un processo di certificazione dall’alimentazione fino alla macellazione, ha la difficoltà a soddisfare la domanda, pertanto da questo punto di vista non credo che possiamo parlare di un danno agli agricoltori che fanno produzione zootecnica da carne. Invece per quanto riguarda i macellai e il settore della distribuzione il problema è diverso, anche se sarei perché non si colga soltanto una parte del ragionamento, perché seppure è vero che c’è un calo del consumo della carne bovina è altrettanto vero che c’è un aumento di consumo di carne avicunicola, perciò anche da questo punto di vista dobbiamo fare un ragionamento oggettivo, perché c’è chi subisce veramente dei danni e chi pensa invece di guadagnare dalle disgrazie altrui. Penso che questa cosa la dobbiamo valutare con molta attenzione, perché, ripeto, per quanto riguarda anche il consumo c’è un forte calo della carne bovina ma c’è un aumento di altre tipologie. E’ comunque un argomento che possiamo affrontare, su cui ragioneremo, anche qui senza allarmismi.
Ritengo invece estremamente importante che noi valorizziamo quello che abbiamo fatto in questi anni. Va sicuramente dato atto dell’impegno che Moruzzi ha profuso in questa direzione e credo che oggi ne abbiamo dei benefici, anzi concordo con lui quando dice che qualche Regione cerca di dire che anche loro facevano un processo che invece è stato copiato da noi. Dobbiamo quindi valorizzare un processo che abbiamo avviato nel corso di questi anni e questo processo deve dare dei risultati positivi.
A mio avviso, se dobbiamo parlare di investimenti, ritengo che sono necessari per aumentare la produzione zootecnica da carne, perché per quanto riguarda il discorso del latte è più complesso, ci sono le quote, diventa difficile questo ragionamento. Credo che da questa situazione complessa e difficile per i consumatori ma anche per i produttori, noi come Marche, poiché abbiamo lavorato bene potremo trarre dei vantaggi. E’ quindi giusto quanto scritto nella risoluzione, che l’obiettivo che ci dobbiamo porre immediatamente è quello di elaborare un piano di sviluppo della produzione zootecnica per tante ragioni, una delle quali è un aumento possibile della domanda. Oggi siamo attorno a 80-90 mila capi di produzione di bovini da carne, una produzione che direi quasi ridotta al lumicino. Questa situazione potrebbe essere l’occasione per rilanciare con forza questo tipo di produzione zootecnica e darci un obiettivo affinché nel giro di 4-5 anni vi sia un aumento sostanziale della produzione zootecnica della nostra regione, in particolare nelle zone interne, nelle zone montane, nei parchi. Credo che questo possa essere l’obiettivo fondamentale sul quale la Regione, la Giunta e il Consiglio regionale devono lavorare. Da questo punto di vista ritengo che possiamo e dobbiamo prevedere risorse che vadano a incentivare fortemente la produzione stessa.
Mi fermo qui. Condivido questa risoluzione, però credo che l’impegno che dobbiamo assumerci, oltre a fare una battaglia a livello nazionale e comunitario perché determinate procedure le rispettino tutti e perciò l’etichettatura sia un discorso serio e verificabile, contestualmente credo che dobbiamo impegnarci a elaborare questo piano di sviluppo della produzione zootecnica della nostra regione, perché oggi abbiamo le condizioni per riuscire a ricavare una equa remunerazione perché la sensibilità maggiore che c’è da parte dei consumatori di prodotti sani può aiutare anche la parte produttiva ad avere una remunerazione adeguata. Questo è l’impegno fondamentale che ci dobbiamo assumere, per dare in tempi brevi risposte concrete.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Questo problema viene molto sentito perché tutti siamo consumatori, però bisogna che nel Consiglio regionale, in questo in modo particolare, ci sia una regola che ognuno di noi dovrebbe seguire: dare meno allarme possibile in modo particolare quando non c’è. Siccome tutti vogliamo parlare, spesso diciamo delle inesattezze che vengono travisate con estrema facilità dalla stampa, provocando dei danni consistenti prima a coloro che producono e secondariamente a coloro che consumano. Innanzitutto bisogna che teniamo presente che la macellazione clandestina è un reato come la vendita della droga, come la prostituzione, come il furto nell’ambito dell’amministrazione. Sono cose che vanno completamente al di fuori di una normale procedura che si deve seguire per la fornitura di carne nei macelli.
Noi non abbiamo di queste problematiche. Se ci sono è indispensabile che queste cose vengano denunciate o vengano scoperte, altrimenti il normale consumatore può pensare “ci arriva della carne macellata clandestinamente”. Invece no. In Italia abbiamo una sicurezza nel settore della carne per un motivo: il corpo veterinario non dipende dal Ministero dell’agricoltura dove la corruzione ha imperato: dalla Federconsorzi fino all’ultimo allevatore hanno tenuto insieme le varie associazioni solo ed esclusivamente per portare vantaggio a livello politico e non dei produttori. Il nostro corpo veterinario dipende dal Ministero della sanità ed è l’unico in Europa a differenza della Francia, dell’Inghilterra, del Belgio e di altri Paesi, quindi certe situazioni non si sono venute a creare, proprio perché c’è un controllo all’interno della produzione stessa in quanto non c’è interesse tra produzione e il rispetto sanitario. Infatti, credo che a Santo Domingo ci siano stati anche due funzionari della Regione Marche che dovevano vedere la correlazione per la piantumazione delle talee nel settore del vino, però questo lo diremo in una prossima interrogazione.
Sono d’accordo quando si dice che si deve lavorare in sinergia per aumentare la produzione. Però non può essere che questa richiesta venga fatta nel momento in cui siamo all’interno della Ue dove abbiamo delle quote. Tra l’altro un conto sono i punti vendita della carne e un conto sono i punti vendita della grande distribuzione, perché i punti vendita della grande distribuzione usano prodotti macellati esclusivamente all’estero, dei quali non conosciamo fino in fondo la provenienza e tutto ciò che è avvenuto. Invece nei punti vendita in modo particolare della Bovinmarche — che non è la totalità di quello che avviene nell’ambito della regione Marche — c’è sicurezza.
Quello che è avvenuto nell’ambito della Bovinmarche ce l’ha copiato la Regione Umbria. Noi delle Marche sembriamo sempre gli ultimi, invece spesso siamo i primi. Dobbiamo però dire una cosa: nel Consiglio precedente ho tante volte denunciato una problematica relativa ai finanziamenti che vanno alle associazioni allevatori. Ho detto “stabiliamo prima, non dopo che sono arrivati i finanziamenti a livello statale”, perché le associazioni degli allevatori devono anticipare i soldi che ci arrivano chiedendoli alle banche, in modo tale che alla fine hanno anche dei costi per il prelevamento del denaro dalle banche, che sono superiori ai costi che potrebbe avere qualsiasi imprenditore e ci accorgiamo che noi andiamo poi a ridare soldi notevolmente superiori rispetto alle loro necessità, perché indirettamente paghiamo gli interessi bancari.
Cerchiamo di avere questo tipo di garanzia. Le carcasse non devono essere distrutte. Nell’attuale situazione di emergenza si dice che anche le carcasse devono essere distrutte, ma quando muoiono di malattia abbiamo certezza, altrimenti non possono essere messe in commercio dallo stesso allevamento le altre vacche o gli altri vitelli che sono sani. Perché anche le cervella e le interiora degli altri animali devono essere distrutti? Perché si dice che ci sono maggiori possibilità di espansione di questo morbo attraverso tali parti, è implicito che in caso di emergenza dobbiamo distruggere. Ma la carne è buona, perché se c’è il dubbio, il sigillo avviene in tutto l’allevamento? Non c’entra assolutamente con la cosiddetta “mucca pazza”, sono situazioni che devono essere rispettate nell’ambito della macellazione. In questo caso sono ben d’accordo e condivido quando si dice che occorre creare un fondo a livello regionale per intervenire e dare un contributo a quegli allevatori che sono costretti a fare questo tipo di distruzione che rappresenta un costo.
Addirittura c’è una dichiarazione del responsabile della Bovinmarche il quale dice che non si tratta di queste problematiche, perché le richieste sono talmente tante che occorre mettersi in fila per poter avere il prodotto. E allora dobbiamo dare delle priorità: vogliamo far portare il prodotto tutto al mercato o vogliamo prima dare garanzie agli asili, alle scuole ecc.? Il prodotto ha ovviamente un aumento di prezzo, proprio perché la domanda è notevolmente superiore rispetto all’offerta.
Dovremmo eventualmente prendere questa situazione in senso positivo e dire che è un’occasione per la zootecnica marchigiana e italiana di implementare le bovine di riproduzione e, di conseguenza, aumentare i premi Pac, cosa che non abbiamo, altrimenti non siamo assolutamente concorrenziali rispetto a quanto sta avvenendo nelle altre regioni. La nostra agricoltura, in modo particolare quella montana avrà una nicchia. Oggi come oggi c’è grandissima richiesta, ma rimarrà una nicchia di prestigio per la qualità della carne e per tante altre garanzie, ma tra sei mesi, due anni o tre anni, quando non ci sarà più il pericolo di questo morbo è normale che sul mercato arriverà un prodotto leggermente inferiore. Invece noi dovremmo dire che occorre mantenere questa nicchia, quindi dobbiamo implementare le bovine per la produzione dei vitelli, cercando in tutti i modi di salvaguardare la produzione collinare e dei nostri allevamenti proprio per cercare di dare sempre maggiori garanzie. Il problema è infatti quello di educare in misura consona il consumatore, dicendo “io ti do un prodotto di qualità superiore con tutte le garanzie, successivamente ti chiedo la stessa realtà anche per i prodotti a livello di produzione biologica.”.
Le carni marchigiane garantite dalla Bovinmarche, offrono sicurezza di completa rintracciabilità. Infatti, già esiste uno scontrino rilasciato dalla bilancia elettronica, siamo gli unici ad averlo e ci hanno copiato nella regione Umbria. Nello scontrino si trova dov’è nato l’animale che è stato macellato, il nome dell’allevatore e la zona, il giorno della macellazione e la quantità acquistata dal macellaio. La quantità viene a essere scaricata man mano che viene venduta, così si può fare un riscontro esatto, altrimenti verrebbero fuori le cose che vi dicevo prima, cioè funzionari che vanno a Santo Domingo e altri che vanno alle Bahamas, com’è successo a livello di Federconsorzi. Per avere la garanzia devo sapere quanta carne il macellaio ha comperato e quanta gliene è rimasta.
In questa maniera abbiamo un’assoluta garanzia, grazie penso anche all’ex assessore all’agricoltura e a quello attuale. E’ però fuori discussione che se la Bovinmarche è arrivata a queste realtà dobbiamo dire grazie al nostro assessorato. E allora, assessore, mi auguro che lei in questa legislatura metta i fondi che vengono dati alle associazioni allevatori direttamente a bilancio.
Chiedo di rivedere la risoluzione per mettere a punto queste cose. Addirittura ho visto una risoluzione dove la Cee viene chiamata Ue: è una cosa completamente diversa, non c’entra assolutamente niente. Un conto è la Comunità economica europea che fa parte dell’Unione europea, ma non si può dire “Ue” quando deve essere chiamata Cee.
Il 90% delle carni hanno il loro bollo. La differenza è che ci possono essere dei bolli falsi, ma in questo caso la responsabilità non è di chi vende né si può attribuire ad alcuna appartenenza politica, perché sono cose completamente al di fuori di queste realtà. E allora chiedo che con la stessa serietà con la quale stanno operando i servizi veterinari in Italia e soprattutto i servizi veterinari nelle Marche, operiamo anche noi che siamo responsabili politici e siamo all’interno del Consiglio regionale, per cercare di mandare un messaggio non allarmante ma concreto e definitivo affinché la popolazione non abbia timore o terrore. Anche perché vi dico subito che la produzione che abbiamo qui nelle Marche non è assolutamente soddisfacente rispetto alla richiesta, quindi c’è un incremento del consumo avicolo, ovicolo, suinicolo, cunicolo. Però non confonderei questa realtà con la situazione del settore enologico, perché sono due cose completamente diverse. Nelle Marche, purtroppo, non siamo stati degli ottimi ambasciatori nel settore del vino, anche se attualmente il livello si è alzato, perché il vino di più alta qualità, il Rosso Conero, era il vitigno più abbattuto rispetto a quelli presenti
Sono disponibile a rivedere alcuni punti di questa risoluzione, perché se non c’è chiarezza vi dico subito che come gruppo ci asteniamo. Non è una sorta di ricatto ma un ragionamento logico per rispettare ciò che sta avvenendo nelle Marche e per rispettare le associazioni veterinarie o degli allevatori, perché sono d’accordo a dare un contributo di sostegno agli allevatori, ma non andiamo a prendere anche i macellai, perché i macellai non hanno certi danni, poiché non fanno altro che comperare di meno. Invece il problema grosso è che all’animale maturo bisogna continuare a dar da mangiare e bisogna accudirlo, con costi sempre più alti, quindi nonostante ci sia un aumento del valore della carne in realtà, alla fine il produttore ha delle perdite.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUIGI MINARDI
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.
STEFANIA BENATTI. A questo punto del dibattito, più che entrare nel merito della questione, che ha visto anche il gruppo I Democratici prendere delle iniziative nel passato ed avanzare delle proposte, dobbiamo essere capaci di tirare delle sintesi e trovare soprattutto la morale a questa vicenda, una morale che riguarda sia la situazione attuale che il futuro.
A me sembra che questa sera un primo indirizzo che potremmo dare sia quello di chiedere le dimissioni dell’assessore all’agricoltura, non perché lo meriti ma perché vedo che anche chiedendo le dimissioni dell’assessore all’agricoltura, la Giunta non presta alcuna attenzione. Credo che questo sia un dato da stigmatizzare. L’assessore non ha ascoltato alcun tipo di intervento. Credo che da questo punto di vista dobbiamo cominciare anche a darci delle regole...
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. L’assessore ha seguito con attenzione tutto. Adesso si è allontanato un momento, ma è qui, quindi la prego di interrompere un momento il suo intervento se ritiene: chiederò all’assessore di...
STEFANIA BENATTI. Non lo ritengo, perché non voglio essere privilegiata rispetto ad altri colleghi che hanno parlato prima di me. Comunque non ne volevo fare una polemica, volevo fare soltanto una battuta.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Consigliere Benatti, lei ha avuto un’attenzione strepitosa.
STEFANIA BENATTI. Presidente, posso fare una battuta? Ne ho sentite anche di scurrili in passato. Ho sentito dire anche cosa poco dignitose per il Consiglio regionale.
VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Non da questa parte.
STEFANIA BENATTI. Non da quella parte, ma in quest’aula l’ho sentito. Quindi, ho fatto una battuta e lo ribadisco.
Al di là di questa che non voleva essere una polemica ma soltanto un simpatico modo per richiamare l’attenzione, ritengo che quando si fanno dibattiti di questo genere è inutile prendere posizione sui giornali o in altre sedi e poi non corrispondere a quelli che sono i nostri doveri di svolgere una discussione seria che dia il senso del lavoro che ognuno di noi è chiamato a svolgere, in modo che il Consiglio possa da una parte esprimere la propria posizione e dare degli indirizzi alla Giunta e dall’altra parte la Giunta mostrare, con la collegialità, il suo intendimento e come si vuol porre nei confronti anche del Consiglio.
Entrando nel merito credo che una morale dobbiamo trarre: che su questi argomenti stiamo discutendo a più riprese. Nel giro di quindici giorni il Consiglio regionale è stato chiamato per ben due volte a trattare di questi argomenti: sulla sicurezza nei confronti degli organismi geneticamente modificati e oggi sui problemi della “mucca pazza”. Sono questioni che rivelano come sui problemi della salute e della sanità oggi la guardia deve essere tenuta ben alta e chiedono un approccio da parte delle istituzioni ben diverso da quello che anche pochi anni fa veniva portato avanti. Per questo quando richiamavamo l’attenzione della Giunta volevamo intendere anche questa necessità, così come avviene in sede nazionale e così come avviene in sede europea, di una maggiore collegialità ed unità d’intenti. Questo è un problema che per quanto riguarda anche la Regione interessa non soltanto il settore agricolo, non è una questione tematica, ma interessa il settore dell’agricoltura, il settore dell’ambiente, il settore della sanità. E dobbiamo dare delle risposte proprio in ordine a questa finalità, cioè la necessità di dare garanzia alla salute e alla sicurezza alimentare. Se la strada della qualità cinque anni fa o dieci anni fa era in campo di produzione alimentare un obiettivo a cui tendere perché si andava, con quella impostazione, a cogliere una fascia di mercato che chiedeva un alto standard di prodotti — quindi la qualità era vista come un optional — oggi dobbiamo porci, anche nel momento in cui programmiamo la produzione del nostro Paese, in un’ottica di qualità rivolta a tutti, perché tutti hanno diritto alla salute e diritto a sapere cosa mangiano. Del resto è questo il primo obiettivo che anche la Commissione europea presieduta da Prodi si è posta nel momento in cui ha messo come primo punto dell’agenda dei lavori la costituzione di una agenzia per la sicurezza alimentare e quindi credo che anche sul fronte europeo il nostro impegno sia quello di lavorare per una omogeneità di comportamenti in sede di Unione europea, perché a questo punto l’intera produzione europea possa rispondere a degli elevati standard di qualità e possa essa stessa confrontarsi con il resto della produzione mondiale. La validità dell’impostazione italiana e questa esigenza di uniformità in tutto il territorio europeo è cronaca di queste ore. In queste ore il commissario per la sanità dell’Unione europea ha proposto di sospendere la somministrazione di mangimi animali a partire dal primo gennaio fino al primo giugno e dello stesso commissario è la proposta di queste ore di sottoporre a test tutti i bovini sopra i 30 mesi e di togliere dal mercato quelli che non fossero ritenuti negativi al test stesso.
A questo punto il ruolo della Regione, anche dando seguito alla risoluzione che il Consiglio si appresta a votare, è quello di agire su più fronti, anche qui con un’impostazione diversa che guarda all’evoluzione sia del mercato che della nostra società. Occorre offrire la leva dei contributi al mondo agricolo per valorizzare e incentivare chi si mette nell’ordine di idee di favorire una produzione di qualità, a garanzia della sanità. Il mondo della produzione del resto si è dimostrato all’altezza di questa sfida e in qualche modo è in sintonia con la richiesta di porre la produzione in un ordine di elevata qualità.
Il ruolo del pubblico è quello di incentivare i controlli dalla produzione al momento in cui la carne arriva sul tavolo del consumatore e in questo senso credo che la Regione debba prendere ulteriori iniziative. Dobbiamo ormai affermare con chiarezza che la produzione alimentare va garantita tutta e dobbiamo lavorare affinché tutta la produzione venga certificata. Questo è il futuro dell’agricoltura italiana e questo è il futuro anche dell’agricoltura europea.
Un altro ruolo che il pubblico è chiamato oggi a svolgere, è da una parte di intensificare i controlli, ma dall’altra di abbattere la burocrazia inutile che è l’altra parte della medaglia; una burocrazia che non può appesantire il mondo della produzione e di questo l’ente pubblico deve farsi carico. Non può essere il mondo della produzione a pagare per il raggiungimento della qualità. Lavorare per la qualità deve essere un impegno, ma non può diventare un handicap per cui, nel momento in cui i costi aumentano per garantire la sicurezza, questo mondo della produzione viene posto fuori dal mercato europeo e dal mercato globale.
L’ultima questione è come emerge ancora una volta che la politica del territorio è la politica della qualità. Da questo dobbiamo trarre spunto ancora una volta per rilanciare la nostra potenzialità come Regione. Anche qui è necessaria una grande campagna di educazione alimentare, ma noi crediamo che possa partire anche da questa nuova sensibilità e dall’attenzione a questi temi da parte dell’opinione pubblica anche una nuova immagine delle Marche. Le Marche come l’eccezionale normalità. Abbiamo tutti rilevato come grande sia stato il valore del patrimonio bovino e della qualità della nostra carne: questo deve essere uno spunto per presentarlo anche all’esterno come una delle questioni che caratterizzano le Marche nel panorama nazionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.
UGO ASCOLI. Credo che le questioni che stiamo discutendo siano di grandissima importanza e credo che sarebbe opportuno che alcuni assessori usassero strumenti di comunicazione particolarmente efficaci dopo questa seduta di Consiglio regionale: penso a una conferenza stampa indetta congiuntamente dagli assessori all’ambiente, all’agricoltura e alla sanità, penso a una comunicazione al Tg3 perché c’è bisogno di comunicare come stanno veramente le cose, c’è bisogno che on si crei un allarme che porta anche a indirizzi sbagliati, perché quello che leggiamo sui giornali di sostituire carne rossa con carne bianca nelle mense scolastiche è una sciocchezza, può portare addirittura a effetti peggiori della soluzione che si va cercando. In conseguenza del dibattito che si sta svolgendo, in conseguenza della mozione che si va ad approvare spero all’unanimità, chiederei agli assessori interessati direttamente, che sono almeno tre — ambiente, agricoltura e sanità — di utilizzare una volta tanto uno strumento di comunicazione straordinario, perché straordinaria è la circostanza nella quale ci troviamo, utilizzando la televisione, la conferenza stampa e quanto di meglio ci sia per comunicare ai cittadini marchigiani che la Giunta e il Consiglio regionale sono vigili su questo tema e per dare alcune indicazioni precise. Se non interveniamo su questo tema che rischia di mettere a repentaglio la salute e l’incolumità dei cittadini tutti, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri, non vedo quale altro tema oggi ci dovrebbe impegnare con uno sforzo straordinario.
Mi auguro quindi che questo invito sia accolto.
GILBERTO GASPERI. Presidente, vorrei dare una notizia molto importante. Domani mattina saranno presenti alla trasmissione “Uno mattina” dei rappresentanti della Bovinmarche proprio per trattare questo problema e a Pesaro sarà tenuto un incontro a Palazzo Montani Antaldi per dare delle indicazioni in merito da parte delle Asl e sarà votato un ordine del giorno specifico e dettagliato per salvaguardare le bovine marchigiane.
PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.
LUCIANO AGOSTINI. Delle brevissime considerazioni finali relativamente alla soddisfazione sia sul piano politico per le numerose firme, di maggioranza e minoranza, che suggellano un’idea comune relativamente al documento che è stato presentato, e relativamente ad alcune considerazioni che mi pare di aver fatto nella mia comunicazione e che voglio ribadire caso mai non fossero state sufficientemente forti. Battuta per battuta: se le dimissioni dell’assessore riuscissero a eliminare “mucca pazza” sarebbe un grande risultato e lo farei subito.
Il fenomeno è determinato da una situazione contingente. Questa preoccupazione però è alleviata e rende la nostra prospettiva di produzione nelle Marche soddisfacente proprio per il percorso da cui veniamo. Il precedente governo delle Marche ha iniziato un percorso da questo punto di vista, per cui la certificazione della qualità, che di per sé non è esaustiva del problema, ha introdotto un elemento importante, di garanzia per il consumatore della carne nelle Marche. Questo è un elemento importante, anche perché, come diceva il consigliere Gasperi, i marchigiani che spesso si credono ultimi, in questo caso sono stati primi non solo in Italia ma in Europa a determinare la certificazione di qualità nella carne. Certo dobbiamo comunicare di più, anche se una immediata, tempestiva dichiarazione del sottoscritto ai giornali, allo stesso Tg3 è stata fatta. Ma io vorrei che questo tipo di comunicazione fosse frutto di uno spirito collettivo del Governo della Regione Marche, così come apprendo con soddisfazione che domani mattina la Bovinmarche sarà a “Uno mattina” a dire che cosa abbiamo fatto nelle Marche negli anni addietro, per dare oggi sufficiente garanzia ai consumatori. Così come l’altro giorno una parte importante delle istituzioni — Comune di Ancona, Provincia e Regione — era a una conferenza stampa con la Confesercenti, tra l’altro gradita, perché le bistecche erano molto grandi e molto buone. Questo per dire che nelle Marche abbiamo una situazione che, pur nell’ambito generale non ci deve far abbassare la guardia e ha introdotto negli anni addietro elementi che possono portare a una prospettiva, quindi condivido il ragionamento che faceva il consigliere Benatti circa la qualità, la sburocratizzazione. Sono elementi che facciamo propri come Governo regionale per andare avanti verso una prospettiva e dobbiamo non fermarci, proprio perché attraverso la certificazione aumenta la domanda, quindi dobbiamo far fronte con una maggiore produzione e dobbiamo richiedere, a fronte di un atteggiamento della Comunità europea che tende a bloccare tutto ciò che aumenta la produzione, che si aumenti la produzione certificata e di qualità. Questo è un passaggio, Giannotti, che non può sfuggire, perché se non cogliamo questi aspetti positivi della situazione relativamente alle Marche creiamo un allarmismo generico che fa del male agli operatori sia commerciali che allevatori delle Marche. Quindi, pur senza abbassare la guardia dobbiamo evidenziare quelli che sono stati passaggi positivi e quelli che ci porteranno verso una prospettiva più proficua da questo punto di vista. Accetto con molta soddisfazione la stessa sollecitazione che ci viene fatta dal Consiglio con questa risoluzione per fare un piano zootecnico. Dentro il piano zootecnico cercheremo di anticipare alcune scelte. Questa mattina eravamo riuniti con i dirigenti proprio per dare alcuni indirizzi, per iniziare rapidamente a ragionare su un dispositivo amministrativo o di legge che allevi il disagio circa lo smaltimento delle carcasse, affinché si arrivi a creare un punto di servizi per gli allevatori di cui si ha necessariamente bisogno. Quando parlo di servizi non mi riferisco soltanto all’impresa, perché aiutare economicamente a smaltire le carcasse può essere una situazione di emergenza, ma poi dobbiamo garantire un servizio migliore, quindi creare non solo nelle Marche, ma tra più Regioni una sinergia per creare un centro di servizi in questa direzione. Nel frattempo siamo riusciti in un’impresa ciclopica: far parlare gli assessorati tra di loro che dovrebbe essere cosa normale e scontata, ma invece non lo è. Siamo quindi riusciti a mettere insieme un gruppo di lavoro per ragionare su queste cose. Credo che possiamo in qualche modo, anche attraverso questa risoluzione, avere la soddisfazione di guardare alla prospettiva in maniera più positiva. Raccolgo la sollecitazione che ci faceva il consigliere Ascoli di una maggiore informazione rispetto a questo problema. Ci coordineremo immediatamente con gli assessori, ma anche con alcuni consiglieri che sono impegnati su questo fronte, per cercare di fare una conferenza stampa, utilizzando anche alcuni strumenti come il giornale Agricoltura che a mio giudizio è fatto molto bene, per cercare di dare una maggiore informazione da questo punto di vista.
PRESIDENTE. Concluso il dibattito, vi sono dei documenti. Credo che si sia giunti comunque a una sintesi positiva.
Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Siccome ci sono dei suggerimenti emersi durante la discussione, formalizzati dai gruppi di Forza Italia e Alleanza nazionale, per gestire in modo corretto questa risoluzione che è stata già sottoscritta dai due gruppi che formulano ulteriori inserimenti, o sospendiamo la seduta, oppure si procedere con altri argomenti per poterci riunire e definire insieme le integrazioni.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, andiamo avanti con l’ordine del giorno mentre voi lavorate per una proposta unitaria.
Interrogazione (Svolgimento): «Gestione impianti selezione e compostaggio rifiuti di Fermo loc. San Biagio e di Ascoli piceno loc. Relluce» Romagnoli (112)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 112 del consigliere Romagnoli.
Per la Giunta risponde l’assessore Ottaviani.
ROBERTO OTTAVIANI. In risposta alla interrogazione in oggetto si riferisce quanto segue.
In data 6.11.2000 è stato firmato il certificato di collaudo degli impianti in oggetto.
Il giorno 22.11.2000 è stato siglato tra la Regione Marche, la Provincia di Ascoli Piceno ed i Comuni di Fermo ed Ascoli Piceno l'accordo di programma per la gestione dei due impianti di selezione e stabilizzazione rifiuti nella fase post-collaudo.
Ai sensi dell'accordo firmato, già approvato con DGR 2213 del 24.10.2000, la Regione mantiene la proprietà degli impianti e ne concede l'uso ai Comuni di Ascoli e Fermo fino alla costituzione dei consorzi obbligatori tra i Comuni dei rispettivi bacini di recupero e smaltimento, ai quali gli impianti stessi saranno ceduti con apposito atto.
In data 22.11.2000, contestualmente alla assunzione in carico al patrimonio regionale, gli impianti sono stati consegnati in gestione ai citati Comuni con la stipula di apposite distinte convenzioni già approvate con DGR 2348 del 7.11.2000.
Gli impianti, previsti nel piano regionale per la gestione dei rifiuti, approvato con DGR n 284 del 15.12.1999, costituiscono gli elementi essenziali per la corretta gestione dei rifiuti urbani nell'ambito della provincia di Ascoli Piceno che, tramite gli stessi, potrà garantire il rispetto delle disposizioni previste dall'art. 5 del D. Lgs. 22/97 circa l'obbligo di conferire in discarica esclusivamente rifiuti trattati.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli per dichiararsi soddisfatta o meno.
FRANCA ROMAGNOLI. Queste soluzioni sono intervenute successivamente all’interrogazione e ne ero a conoscenza. D’altronde hanno scelto i Comuni di convenzionarsi in questa maniera.
Nell’interrogazione facevo una censura larvata, oltre che per le lungaggini, anche per la proroga della gestione in favore di una ditta e per le modalità concordate di questa gestione il cui pagamento è stato concordato forfettariamente e non sulla percentuale di quantitativi effettivamente trattati, cosa che in un impianto che non era a regime come quello di Fermo, che non era stato collaudato e che funziona a tre cilindri da tempo, non è una soluzione economica conveniente per la Regione, soprattutto dal punto di vista di stimolo a che questo impianto abbia lavorato il più possibile a regime.
Non so se riguardo la gestione è contenuto qualcosa nella convenzione o se questa è invece libera da parte dei Comuni che provvederanno con appositi bandi e gare di appalto successivi o se invece c’è una sorta di accordo riguardo la continuazione, come d’altronde era avvenuto per il mese di ottobre, ma lì poteva essere giustificato dal regime transitorio per arrivare al collaudo. Credo comunque che ora non sia così nella conferma della Secit.
Interrogazione (Svolgimento): «Missione economica in Cina» Giannotti, Brini, Ceroni, Favia e Grandinetti (119)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 119 dei consiglieri Giannotti, Ceroni, Favia e Grandinetti.
Per la Giunta risponde il Vicepresidente Spacca.
GIAN MARIO SPACCA. Questa interrogazione ha per oggetto la missione economica in Cina. Credo che si faccia riferimento a notizie riportate dalla stampa in ordine a insufficienza sulle modalità organizzative della rassegna espositiva denominata “Città italiana a Shangai”.
Presumibilmente gli interroganti fanno riferimento a un articolo pubblicato da Il Resto del Carlino il 12 ottobre a firma Maurizio Gennari dal titolo “Fallito lo sbarco in Cina” in cui si fa riferimento ad alcune considerazioni fatte dal direttore del Centro studi economia e territorio di Ravenna relativamente all’iniziativa “Città italiana” che è stata realizzata dal sistema camerale marchigiano con la nostra Regione. In questo articolo si riconosceva la validità dell’idea ma anche che il rapporto costi-benefici della stessa iniziativa non era positivo in quanto la stessa era sottodimensionata per le caratteristiche del mercato cinese.
Vorrei ripercorrere, a beneficio degli interroganti, come questo progetto è stato costruito, come è nato, non senza aver ricordato che noi ricordiamo il mercato cinese strategico per l’economia regionale. Lo stesso Ministero del commercio con l’estero lo valuta il mercato su cui concentrare maggiormente l’attenzione del sistema produttivo nazionale, in quanto è sicuramente il mercato più interessante dell’economia globale. Vi sono stati anche recenti articoli di manager, imprenditori di primo livello come l’ex amministratore delegato della Fiat che riconosce il ruolo che la Cina ha nel sistema dell’economia mondiale, nel sistema del commercio mondiale del quale è entrata a far parte recentemente.
La stessa costituzione di un desk della Regione Marche a Shangai con un ufficio della stessa Regione Marche presso l’ufficio Ice di Shangai ci dice quanto importante sia nella nostra comunità regionale l’approccio al mercato cinese, quindi in considerazione di queste indicazioni da parte della nostra Regione è stato valutato positivamente il progetto lanciato da Aspem 2000 che prevedeva la realizzazione di “Città italiana a Shangai” su un’area espositiva di 20.000 metri quadrati su cinque piani, di cui 1.500 venivano messi a disposizione della nostra regione.
A questo progetto dovevano inizialmente prendere parte il Comune di Shangai, lo stesso Ministero del commercio con l’estero, il Ministero degli affari esteri, il consolato di Shangai, l’Ice, la Regione Marche e il sistema camerale marchigiano. Questo progetto complessivamente, pur di consistente investimento era senz’altro ben dimensionato e compatibile con gli obiettivi prefissati, quindi rispondeva perfettamente all’obiezione che è stata fatta dal dott. Conti rispetto alla relazione tra massa critica che il progetto presentava e l’investimento reso necessario.
Strada facendo sono sorti vari problemi di carattere internazionale, di relazione tra i vari soggetti che dovevano partecipare a questa iniziativa che nel corso del tempo hanno cambiato opinione, per cui il progetto è stato ridimensionato e dai 20.000 metri quadrati iniziali siamo scesi a un numero decisamente inferiore. Come Regione abbiamo comunque confermato la nostra presenza, abbiamo onorato l’impegno che avevamo assunto con la Municipalità di Shangai e con le autorità cinesi, abbiamo realizzato presso un centro commerciale la nostra presenza nei 1.500 metri quadrati che avevamo concordato sulla base del progetto. Questa cosa è stata particolarmente apprezzata dalle autorità cinesi in quanto, da parte del “sistema Marche” questo impegno, a differenza di altri è stato rispettato.
Il 28 novembre dello scorso anno è quindi stata inaugurata a Shangai la “Città italiana” dove circa 50 imprese espongono i loro prodotti. In gran parte sono prodotti di calzatura ma ci sono anche prodotti del sistema mobiliero e prodotti dei vari poli industriali della nostra regione.
L’investimento complessivo per la nostra Regione è stato di 345 milioni. Ad un anno dalla realizzazione di questa iniziativa — si stanno offrendo servizi secondo le finalità per cui l’iniziativa era stata pensata — non è ancora possibile quantificare con precisione l’effetto di ritorno in termini economici di questa stessa iniziativa, però possiamo affermare che è stata molto interessante e assai positiva, per lo meno nella valutazione degli imprenditori, soprattutto calzaturieri, che vi hanno partecipato, perché questa postazione stabile su un mercato così importante, su un crocevia così strategico come Shangai, al di là del giro di affari che è stato creato attraverso la vendita dei prodotti che loro esponevano in questo centro commerciale, ha consentito agli imprenditori di realizzare contatti con i loro colleghi di Shangai, con gli importatori della rete distributiva cinese, per cui da parte loro e privatamente sono state attivate delle forme di collaborazione che consentiranno di penetrare su un mercato così importante
Questa era per noi un’iniziativa di carattere sperimentale. Da parte nostra come Regione Marche è stato coperto, in accordo con la municipalità di Shangai il periodo che va dal 28 novembre al mese di maggio 2000: praticamente la Regione marche ha garantito la copertura, in termini di impegno sostanziale, di questa iniziativa anche sostenendola con iniziative di carattere promozionale. A partire dal maggio l’iniziativa è rimasta a carico dell’Unione regionale delle Camere di commercio che continua a sovrintenderla, in collaborazione con lo Scam.
Complessivamente si può valutare un’iniziativa positiva, soprattutto sotto il profilo delle relazioni che sono state realizzate dagli imprenditori che vi hanno partecipato e che ora le stanno sviluppando privatamente. Del resto questa era la principale finalità che l’iniziativa si proponeva.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti per dichiararsi soddisfatto o meno.
ROBERTO GIANNOTTI. Credo che le considerazioni che ha fatto il Vicepresidente Spacca da un certo punto di vista recuperano un maggiore livello di informazione sulla questione, anche se l’assessore si è dilungato sul complesso delle iniziative messe in atto dalla regione rispetto alla penetrazione sul mercato cinese che lui stesso ha definito strategico, al punto da portare alla installazione di una “antenna”, una delle scelte che la Giunta regionale ha fatto rispetto alle quali, peraltro, occorre un ripensamento complessivo. A me sembra che le scelte compiute fino ad oggi non tengano conto della esigenza complessiva del tessuto produttivo della regione, se mai tengono conto dell’esigenza di alcuni settori, pure importanti ma che non sono tutto. Quindi credo che su questa materia si debba avviare una riflessione che in qualche modo coinvolga il Consiglio regionale, sia rispetto alla localizzazione delle “antenne”, quindi alla scelta dei Paesi che sono stati interessati da questa iniziativa della Giunta regionale sia per compiere una verifica sul livello di operatività che queste hanno realizzato. Credo sia giusto che il Consiglio sia messo in condizione di giudicare il lavoro che il “braccio armato” della Regione in questi quattro Paesi — Cina, Russia, Santo Domingo e Argentina — sta compiendo. Bisognerebbe capire se gli oneri che noi sosteniamo sono ben spesi e se è giusto continuare sul versante, così come ritengo sia giusto una lettura più complessiva delle necessità del tessuto produttivo per verificare, per esempio, se è giusto porsi il problema di una penetrazione negli Stati Uniti che è un altro dei Paesi a grande interesse al sistema produttivo delle Marche, rispetto al quale registro un certo ritardo, una certa mancanza di coraggio.
Mi sembrava che il giudizio espresso non da qualche rappresentante delle istituzioni ma da un operatore del settore potesse far dire qualcosa in più. Mi auguro che comunque questo lavoro di approfondimento consenta di operare in maniera più trasparente, realizzando un risparmio maggiore in futuro.
Interrogazione (Trasformazione in risposta scritta): «Nomina del direttore generale dell’Armal» Moruzzi (64)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 64 del consigliere Moruzzi, che ha la parola.
MARCO MORUZZI. Essendo passato parecchio tempo dall’interrogazione credo che possa anche andar bene consegnarmi la risposta scritta e far guadagnare tempo al Consiglio. Peraltro la nomina è andata in altra direzione rispetto a quella che veniva ipotizzata al momento dell’interrogazione.
Interpellanza (Svolgimento): «Problemi connessi alla richiesta delle associazioni della pesca di installare un impianto di carburante nel porto di Fano» Giannotti e Gasperi (6)
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interpellanza n. 6 dei consiglieri Giannotti e Gasperi.
Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Credo che i consiglieri abbiano potuto acquisire un livello adeguato di informazione rispetto a questo problema che sta coinvolgendo non solo emotivamente, la marineria fanese.
Fano esiste una condizione di monopolio per quanto concerne il rifornimento di carburanti alle imprese della pesca, cioè esiste una sola struttura con una sola proprietà, quindi tutte le attività portuali della città di Fano sono costrette a fare riferimento a questo punto, con i problemi che ne possono conseguire.
L’amico Procaccini che ha fatto della battaglia contro i monopoli punto di riferimento può capire meglio di me quanto sia forte il disagio degli operatori portuali nel dover fare riferimento esclusivo a un unico titolare della distribuzione del carburante.
Rispetto a questo esiste una richiesta da parte di un’altra associazione che rappresenta una buona fetta della marineria fanese che ha avanzato la richiesta, secondo le procedure di legge, per essere autorizzata ad installare un altro distributore, quindi per normalizzare questa situazione e per fare in modo di produrre, attraverso questo intervento, una riduzione dei costi di acquisto del carburante.
Inspiegabilmente questa richiesta di autorizzazione è stata bloccata dal sindaco di Fano che al di là e al di sopra delle autorizzazioni concesse dalla Commissione edilizia, dagli altri organismi tecnici abilitati a questo fine ha omesso di dare corso alla richiesta, adducendo a pretesto l’approvazione del piano regolatore del porto di Fano. Questo vuol dire una perdita di tempo, vuol dire mantenere questa situazione di disagio.
Il senso della nostra richiesta è quello di fari scarico di questa situazione che è stata segnalata in maniera anche abbastanza ferma dalla marineria fanese, e fare in modo che l’intervento autorevole della Giunta regionale possa recuperare un quadro di normalità e di trasparenza nelle procedure e garantire che si esca quanto prima da questa condizione che noi riteniamo inaccettabile.
PRESIDENTE. Ha la parola, per la risposta, l’assessore Agostini.
LUCIANO AGOSTINI. Il consigliere Giannotti nel porsi la domanda si è dato anche la risposta, nel senso che le competenze di tutta la questione che lui evidenziava sono del Comune di Fano e non della Regione. Nonostante questo noi abbiamo cercato di assumere informazioni presso il Comune e presso le associazioni di categoria, alcune delle quali ci hanno evidenziato il problema. E’ vero che esiste un solo rifornimento per tutta la marineria di Fano, però il problema va risolto o comunque affrontato — così dice il Comune di Fano — contestualmente alla completa redazione del piano regolatore e del piano del porto che sono strumenti di programmazione indispensabili e che in qualche modo consentono di pianificare tutte le scelte che dovranno essere fatte, anche in relazione ai consumi di carburante per la marineria. Mi pare anche che i tempi non siano eccessivamente lunghi per l’approvazione di questi strumenti di programmazione — si parla di pochi mesi — quindi credo che se tutto il problema viene affrontato dentro un contesto generale di programmazione, aspettare alcuni mesi può significare affrontare in maniera più coordinata, più programmata tutto il problema non solo per la città di Fano nel suo complesso ma anche per le marinerie.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. Sono parzialmente d’accordo con quello che ci ha detto l’assessore, perché in questi casi ritengo che ci siano gli estremi per una forma di aggiotaggio, di interesse privato in atto pubblico. E’ impensabile che un amministratore locale mentre dà concessioni ad altri per interventi nell’ambito del porto, non conceda a questa cooperativa che non fa capo a posizioni politiche che sostengono la sua Giunta, una autorizzazione e non accetta che vi sia una concorrenza sul mercato per un prodotto che in questo caso viene ad essere monopolio di una struttura.
Pertanto ritengo che è compito specifico della Regione intervenire in merito, anche perché la Regione ha delegato alle Province la gestione dei piani regolatori e un sindaco non può dire che non è contemplato nell’ambito del piano regolatore quanto a sua volta, indirettamente, è di competenza della stessa Regione. Ritengo che ci debba essere un intervento rapido e definitivo da parte dell’assessorato — e gli interventi si possono fare in tanti modi — altrimenti saremo costretti ad adire le vie legali proprio perché ci sono degli estremi di aggiotaggio e in questo caso si presume che tutto venga fatto con degli scopi. Non voglio star qui a dare delle indicazioni che non spettano a me ma spettano eventualmente alle autorità competenti. Ritengo che un intervento debba essere fatto per non dare chiarezza e soprattutto per non far diventare un sindaco podestà.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti per dichiararsi soddisfatto o meno.
ROBERTO GIANNOTTI. Intanto chiedo che il Presidente acquisita agli atti il verbale della seduta del Consiglio comunale di Fano della settimana scorsa per esercitare il proprio dovere di tutela dei diritti dei consiglieri regionali, nel senso che né io né il consigliere Gasperi abbiamo come missione quella di fare i guerrafondai o i mestatori ma esercitare un diritto di rappresentanza che ci è stato dato dal popolo e non certamente dal sindaco di Fano, quindi le battute che il sindaco di Fano ha fatto in apertura della seduta del Consiglio rivolte a due rappresentanti del Consiglio regionale quanto meno dovrebbero essere censurate da questa presidenza.
Sono insoddisfatto della risposta dell’assessore Agostini, nel senso che capisco la difficoltà, capisco che parliamo di una questione che non rientra nelle competenze dirette della Giunta regionale, però credo che la Giunta regionale, proprio per la responsabilità di governo complessivo sul territorio non possa nascondersi dietro un dito e non farsi carico di una situazione di disagio, di protesta anche civile che sta crescendo nella città di Fano, nell’ambito portuale di quella città e che sta determinando una situazione difficile da gestire anche sul piano dell’ordine pubblico.
Ho assistito a diversi incontri, ho assistito all’ultima manifestazione, mi è stato riferito l’andamento delle due sedute del Consiglio comunale nelle quali si è discusso di questa questione, credo che comunque questa situazione ci debba in qualche modo preoccupare, così come ci deve preoccupare l’operatività del comparto pesca di Fano che comunque rappresenta insieme ad Ancona e San Benedetto una delle tre eccellenze in questo settore. Il fatto che si sia recuperata comunque una condizione di normalità credo sia un fatto importante.
Qui ci sono responsabilità politiche gravissime, non è problema di interpretazione della legge ma una volontà politica del Comune di Fano di continuare a mantenere questa condizione di monopolio per contiguità politica, perché l’organizzazione proprietaria di questa struttura non nasconde il suo sostegno a quell’Esecutivo comunale, a quel sindaco e credo che questo sia inaccettabile.
Hanno fatto bene i consiglieri popolari a dissociarsi da questa posizione della maggioranza a Fano ed è giusto che questa sia una posizione che in qualche modo, autorevolmente, la Giunta regionale fa presente agli amministratori di Fano rispetto ad una situazione che va affrontata. Credo che siano risibili le informazioni che le hanno dato rispetto ai tempi, perché tutti sanno che i tempi non sono due mesi, ma se non c’è questa pressione dell’opinione pubblica e delle forze politiche saranno un anno e mezzo i tempi di realizzazione di questo intervento. Noi riteniamo invece che questa situazione di disagio vada risolta quanto prima in maniera che la situazione torni alla normalità.
Comunicazione dell’assessore all’agricoltura in ordine alle misure regionali per far fronte alle problematiche derivanti dal fenomeno “mucca pazza” (Votazione proposta di risoluzione)
PRESIDENTE. E’ stata presentata una proposta di risoluzione unitaria che assorbe le mozioni precedenti, compresa l’interrogazione n. 91 del consigliere Viventi.
Ha la parola il consigliere Moruzzi.
MARCO MORUZZI. Do lettura della proposta di risoluzione: “Considerato l’allarme sorto in Europa per il diffondersi della BSE negli allevamenti bovini francesi; considerato che la Francia è il principale fornitore di bovini vivi e carne bovina macellata sul mercato nazionale; considerato che la ricomparsa della BSE evidenzia che le misure assunte dall’Unione europea e dagli Stati membri, dopo la comparsa della encefalopatia spongiforme bovina in Gran Bretagna, non sono stati sufficienti a debellare il fenomeno che trae origine dallo stravolgimento delle condizioni di vita degli animali negli allevamenti; considerati i gravi rischi per la salute dei cittadini che derivano dalla diffusione della mutazione del morbo di Creutzfeld Jacob; visto che gli unici efficaci strumenti a disposizione per combattere la proliferazione delle epidemie negli allevamenti e l’insorgenza della malattia fra le persone richiede impegnative e rapide misure di prevenzione a vari livelli della filiera; visto che le Marche già da prima della comparsa del fenomeno della “mucca pazza” avevano avviato un sistema di certificazione delle carni bovine in grado di trasferire al consumatore tutte le notizie necessarie per evitare ogni pericolo e che contemporaneamente valorizza le produzioni regionali, consentendo di distinguerle dal resto delle produzioni che giungono sul mercato; visto che tale sistema di certificazione viene utilizzato in oltre 150 punti vendita di carni bovine nelle Marche e che si è dimostrato anche in questa fase un efficace strumento per difendere gli interessi dei consumatori e degli allevatori, il Consiglio regionale delle Marche chiede al Governo di rendere immediatamente obbligatoria anche la certificazione del luogo di nascita degli animali e l’eventuale data di introduzione sul territorio nazionale, anticipando un obbligo che il regolamento comunitario 820/97 ha fissato per il 2002; di sostenere i costi per il controllo di tutti i bovini presenti negli allevamenti e di concorrere alla copertura dei maggiori costi derivanti dell’ordinanza del Ministero della sanità 13.11.2000; di sostenere la conversione degli allevamenti esistenti in direzione di forme non intensive e più naturali (ivi compresi gli allevamenti condotti secondo il regolamento comunitario sulla zootecnia biologica) e di sostenere nelle sedi comunitarie il divieto d’uso di farine di carne negli allevamenti uniformando le disposizioni europee a quelle italiane. Chiede ala Giunta regionale di intervenire con un contributo che si aggiunga a quello preannunciato dallo Stato sui maggiori costi a carico degli allevatori derivanti dall’ordinanza del 13.11.2000; di rifinanziare i bandi con i quali sono stati concessi contributi in conto capitale ai dettaglianti che introducono il sistema di certificazione delle carni; di programmare interventi finanziari urgenti per incrementare la produzione di carni certificate provenienti da animali nati ed allevati sul territorio regionale, per ridurre la dipendenza degli allevamenti marchigiani dall’importazione; di presentare entro quattro mesi un piano di settore per la zootecnia con lo scopo di potenziare la produzione aziendale delle carni ottenute da linee vacca-vitello regionali e con mangimi ottenuti da prodotti locali e comunque non addizionati con “additivi di sintesi chimica”; di intervenire sui gestori delle mense pubbliche per introdurre nelle forme opportune e nel rispetto delle singole competenze l’obbligo del consumo di carni regionali di qualità secondo lo spirito della legge regionale 16/2000”.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.
ROBERTO GIANNOTTI. Annuncio il ritiro della proposta da noi formulata, perché il documento unitario riprende il punto fondamentale che avevamo richiamato, cioè l’esigenza che la Regione programmi interventi a sostegno degli allevatori costretti a realizzare questo adempimento.
Ci auguriamo che da questo impegno formale che il Consiglio regionale assume questa sera derivi una iniziativa concreta da parte dell’assessore già dai prossimi giorni. Credo che questo sia positivo e sia una grande aspettativa da parte degli allevatori marchigiani.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.
GILBERTO GASPERI. A nome del gruppo di Alleanza nazionali dichiaro che voteremo la proposta di risoluzione perché riteniamo che faccia piena chiarezza senza allarmare i cittadini, poiché nella nostra regione in modo particolare siamo stati i primi, attraverso l’associazione Bovinmarche a dare ampia garanzia per quello che stanno vendendo e per quello che è rimasto loro da vendere in funzione di ciò che hanno acquistato e soprattutto per dare sempre più risalto all’importanza della zootecnia marchigiana e una garanzia agli allevatori che tanti sacrifici, in modo particolare quelli delle zone montane e pedemontane, fanno per poter portare sul mercato un prodotto ampiamente garantito, ma che soprattutto va a soddisfare pienamente i fabbisogni della popolazione.
PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione.
(Il Consiglio approva)
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 18,55