Resoconto seduta n. 33 del 28/02/2001
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI MERCOLEDI' 28 FEBBRAIO 2001
PRESIDENZA DELPRESIDENTE LUIGI MINARDI

La seduta inizia alle 16,40

Mozioni (Discussione e votazione):
«Utilizzo in Bosnia da parte della Nato di proiettili ad uranio impoverito» Amati, Silenzi e Mollaroli (74)
«Uso armi all'uranio impoverito nella guerra del Kosovo» Amagliani e Andrea Ricci (76)
«Inquinamento ambientale nei teatri operativi dei Balcani» Ceroni, Giannotti, Brini e Favia (85)
«Conseguenze derivanti dall'uso di uranio impoverito da parte dei contingenti americani in Bosnia» Procaccini e Martoni (88)
Interrogazione (Svolgimento): «Rischi derivanti dalla contaminazione radioattiva in Bosnia e Kosovo» Moruzzi e Ascoli (163)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le mozioni n. 74 dei consiglieri Amati, Silenzi e Mollaroli, n. 76 dei consiglieri Amagliani e Andrea Ricci, n. 85 dei consiglieri Ceroni, Giannotti, Brini e Favia, n. 88 dei consiglieri Procaccini e Martoni e l'interrogazione n. 163 dei consiglieri Moruzzi e Ascoli.
Ha la parola il consigliere Amati per l’illustrazione della mozione n. 74.

SILVANA AMATI. Come certo i colleghi sanno sono ormai passati quasi due anni da quando c’è stata la cosiddetta “ingerenza umanitaria”, la guerra in Kosovo. Non so se il termine risulti ancora improprio, certamente oggi risulta più improprio di allora, perché i risultati di quell’impegno, oggi più di allora rivelano grosse perplessità, almeno per alcuni di noi e per vasta parte della società civile.
Venendo alla questione diretta dell’uranio impoverito sappiamo che nell’ultimo periodo la questione dell’utilizzo di proiettili ad uranio impoverito è salita all’attenzione della cronaca per l’evidenziarsi di alcuni casi di leucemia tra i militari che hanno partecipato a quell’impegno. Ricordiamo di che cosa si tratta. Sostanzialmente l’uranio impoverito è un sottoprodotto del processo di arricchimento dell’uranio naturale, è un processo necessario da compiere per l’impiego nei reattori nucleari, è un sottoprodotto di cui non si sa cosa fare. La sua bassa radioattività non vuol dire non pericolosità e purtroppo questo materiale che è residuo del trattamento dell’uranio deve essere in qualche modo smaltito. Da questo punto di vista è emerso negli anni che un modo per poterlo smaltire è quello di attrezzarne armi per garantire una maggiore precisione di penetrazione, ma certo per non... Presidente, gradirei un po’ di silenzio. Capisco che l’argomento è apparentemente lontano da noi, ma nella sostanza non credo lo sia tanto.
Dicevo che il fatto che la radioattività sia bassa non deve trarre in inganno, perché se la sostanza riesce a penetrare in un organismo vivente — e lo può fare per contaminazione, per respirazione e anche attraverso alimenti — riesce poi a rimanervi per tutta la durata della vita dell’essere e dobbiamo ricordare che la vita media dell’uranio è dell’ordine di migliaia di anni. Inoltre si è avuta notizia che molti dei militari che hanno operato nella guerra del Golfo — americani, nel caso specifico — hanno poi sofferto di gravi patologie non solo relativamente alla loro diretta salute — tumori e malattie di altro ordine — ma anche relativamente a questioni genetiche, quindi alla salute, alla malformazione dei loro figli.
Possiamo ricordare che sono ormai decine di migliaia le tonnellate di materiale radioattivo sparse da anni nella superficie del pianeta e che questo, obiettivamente, non può non essere considerato un crimine contro l’umanità. Il fatto che le scorie nucleari vengano smaltite nelle armi è un elemento che credo debba far riflettere.
Un’altra questione che dovremmo valutare è quella della terra che noi abbiamo lasciato, perché una cosa che ha colpito i colleghi e sicuramente molta parte della società civile è legata al fatto che le questioni collegate al problema dell’uranio impoverito sono venute alla cronaca per la malattia e la morte di un gruppo di militari che avevano partecipato direttamente alle missioni di guerra. Ci ha colpito molto il fatto che per una lunga serie di giorni si parlasse solo di questo problema, cioè del problema che comunque colpiva una parte del mondo, quella che era intervenuta e non ci fosse affatto dell’altro dato, cioè di quella parte del mondo che aveva subito il nostro “intervento umanitario”: quello lontano, dei tempi della guerra del Golfo, che era stato molto evidente, ma anche quello vicino, prima della Bosnia e poi del Kosovo.
Si è letto che la terra che noi abbiamo promesso di restituire agli albanesi del Kosovo, avrà probabilmente, ora, odori e colori diversi, irriconoscibili. In fondo, accanto all’orrore di tanti morti e di tante vittime civili ci sarà un problema più subdolo, ci saranno paure diverse da quella di essere stuprati, mutilati, cacciati dalle proprie case ma non per questo meno inquietanti. Nessuna pace potrà salvaguardare quelle popolazioni dal rischio di respirare e ingerire particelle radioattive, la cui possibilità di intervenire in modo pesante sulla loro salute dovrà essere ancora determinata. Sarà difficile che quel terreno, così contaminato, non porti condizionamenti pesanti per la salute di quelle persone che per tanti anni dovranno vivere quella terra.
In realtà, nella guerra che si è compiuta il problema dell’inquinamento non riguarda solo la questione dell’uranio. Quando si sono bombardate le raffinerie si è aperto un percorso difficile. In fondo, in quelle zone si è contaminata la terra e l'acqua con diossina, con cloruro di vinile, con solventi clorurati. Sostanzialmente, quando si sono bombardati i serbatoi con sostanze nocive di impianti chimici si è avuta una fuoriuscita di materiali che per molti anni penalizzeranno quel territorio. Sarebbe bene che noi, società cosiddetta civile, ricordassimo quello che la convenzione di Ginevra proibisce, ossia l’attacco contro qualunque obiettivo pericoloso, contro qualunque obiettivo che possa diffondere sostanze pericolose mettendo a rischio quella vita della popolazione civile che, proprio quando si interviene con l’ottica dell’ingerenza umanitaria, dovrebbe essere al centro dell’attenzione di tutti.
La discussione sulle questioni che riguardano questo delicato argomento potrebbe essere molto lunga e dettagliata. Credo che molti colleghi potranno arricchire questa breve introduzione al discorso che ho inteso fare. Non credo che ci debba essere una lunga discussione e che ciascuno debba raccontare il suo punto di vista, ma credo che tutti noi dobbiamo assumere con maggiore impegno la volontà di capire fino in fondo cosa vuol dire quando si interviene in un conflitto armato perché quello che è successo possa essere valutato con più attenzione nel caso dovesse ripetersi.
In questo momento parliamo di un evento specifico, parliamo dell’utilizzo di quelle armi che alcuni dicono ancora non del tutto pericolose, di quelle armi in quella parte così vicina a noi, armi che hanno procurato già degli incidenti gravi, armi che in vasta parte potrebbero trovarsi nel nostro Adriatico. Rispetto all’inquinamento dell’Adriatico vorrei aggiungere qualche piccola, ulteriore considerazione. In fondo, nella nostra mozione chiedevamo che nelle sedi internazionali si potessero mettere al bando questi armamenti ma che poi si potesse compiere fino in fondo questa cosa, perché abbiamo visto che, per esempio, le dichiarazioni sulle mine spesso restano, al di là dei Premi Nobel, cosa morta nella pratica quotidiana. Ricordiamo che le “bombe a grappolo” che pure sono state usate nella ex Jugoslavia errano già considerate armi bandite, eppure sono state usate e non sono state contestate; che comunque anche rispetto ai proiettili con l’uranio impoverito si possa percorrere lo stesso percorso, ci siano i chiarimenti necessari e ci sia la messa al bando. Poi noi chiediamo un’attenzione profonda alla bonifica del nostro mare oltre che di quelle parti di terra che volevamo salvare con la nostra “ingerenza umanitaria”, perché si possa ragionare con serenità sui prodotti e sulla salute del nostro mare.
Questa mattina parlavamo delle carni che dobbiamo mangiare: pensiamo alla situazione dell’Adriatico con un’ottica serena. Tra l’altro, pensando al nostro specifico di consiglieri regionali e alle problematiche che spesso ci riguardano, ricordo la grande difficoltà dei nostri porti a smaltire i loro fondali. Sappiamo, tutti noi che viviamo nelle città di mare, come il nostro Governo, giustamente, tuteli fino in fondo la salute del nostro mare non consentendoci di scaricare in acqua quanto viene ad aggravare i fondali dei nostri porti e quanto queste operazioni siano poi costose e spesso talmente esose da non poter essere portare fino in fondo. Per esempio, nella mia città sono anni che non si riesce a scavare il porto-canale perché il costo, che diventerebbe di 7 miliardi ogni due anni, non è poi prevedibile, così come non ci sono spazi in discarica sufficienti a mettere questi materiali. Io non contesto questa linea di indirizzo, anzi ritengo che la salvaguardia venga al primo posto; contesto però che ci sia una così grande attenzione a queste tematiche fino al nostro confine e tutto quello che va al di là o viene introdotto nel mare perché ci deve essere una “guerra umanitaria” che molti di noi hanno sostenuto, diventa un problema che possiamo dimenticare. Quindi, un’attenzione più puntuale, una maggiore serietà e la possibilità di dare un segnale di dignità e di ripresa della legalità, soprattutto applicando quella Convenzione di Ginevra che dopo la seconda guerra mondiale è alla base della società civile che noi vorremmo rappresentare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani per illustrare la mozione n. 76.

MARCO AMAGLIANI. Il gruppo di Rifondazione comunista ha presentato una sua autonoma mozione, perché siamo convinti che se vogliamo fare un servizio alla verità, la verità dobbiamo dircela fino in fondo. E allora non possiamo scrivere mozioni dalle quali non si deduce quali siano le responsabilità effettive e chi sapeva. Sembra quasi che, ascoltando alcune posizioni, ma leggendo anche le mozioni presentate, il Governo italiano, i nostri vertici militari non sapessero assolutamente nulla di quello che si stava scaricando in Bosnia o nella ex Jugoslavia in generale. Noi diciamo che tutti i vertici militari italiani sapevano, conoscevano fino in fondo che la pericolosità dell’utilizzo di certe armi era chiara sino alla guerra del Golfo. Ora i dati sono altrettanto chiari perché studiosi sono intervenuti nel merito, sappiamo tutti, o meglio dovremmo sapere tutti — e secondo noi era a perfetta conoscenza, perché l’Italia è rappresentata nell’Alleanza Atlantica con un ambasciatore a Bruxelles, l'ammiraglio Guido Venturoni è il massimo rappresentante militare della Nato, il vice comandante del braccio sud della Nato a Napoli è italiano, è italiano il generale della V Ataf di Vicenza che ha coordinato tutte le operazioni in Bosnia, è italiano il comandante della base di Aviano che conosce tutti i raid effettuati dagli aerei A10 degli Stati Uniti d’America — queste cose. Ora crediamo che in una mozione presentata in un Consiglio regionale, per fare onore alla verità tutte queste cose ci debbano stare, perché sappiamo che l’utilizzo dell’uranio impoverito significa l’utilizzo di una sostanza che conserva il 60% della propria radioattività e ha un tempo di dimezzamento dei suoi effetti negativi di 4,5 miliardi di anni. Questo è quello che abbiamo scaricato sulla testa, sul corpo di intere popolazioni. Lo sapevamo già perfettamente fin dal tempo della guerra in Iraq dove sono state sganciate oltre 300 tonnellate di proiettili con uranio impoverito; 100.000 soldati americani sono stati intaccati nel loro sistema immunitario dalla tristemente famosa “sindrome del Golfo”; 4.500 ne sono già morti. I loro stessi familiari sono stati intaccati da questa malattia. In Iraq sono decine di migliaia di bambini che per effetto dell’uranio impoverito sganciato su quella terra oggi nascono deformati, alle volte senza arti e con malformazioni ancora peggiori.
Nonostante che si fosse perfettamente a conoscenza di tutto questo, si è aperta un’altra guerra contro un popolo inerme, in cui si sono utilizzate le stesse sostanze. Noto con favore la grande attenzione dell’aula rispetto a un problema su cui ci siamo tutti affrettati, probabilmente per il pubblico e per la gente che sta fuori da quest’aula, a presentare altrettante mozioni. Noto che c’è veramente una grande attenzione e vi ringrazio di questo. La faccio allora veramente breve, perché capisco quando le cose che dico non interessano alcuno o interessano pochissimi, ne prendo atto e vado esclusivamente alla nostra risoluzione che ovviamente noi voteremo e invitiamo a votare, ma per piena onestà nei nostri confronti e nei confronti dell’aula. Noi crediamo che i responsabili dell’uso di tali armi debbano essere giudicati da un tribunale speciale che è il tribunale de L’Aja, nel senso che si è intervenuti su una popolazione utilizzando armi che non erano necessarie. Sono armi che hanno provocato morte, distruzione e dolore ulteriore a quello che, se mai fosse stato necessario — io che sono contro tutte le guerre dico che non era necessario — tutti gli altri hanno giudicato necessario.
Noi chiediamo espressamente — ma su questo sono intervenuti anche autorevoli esponenti della nostra Regione — un monitoraggio sulla ricaduta sui militari e sulle popolazioni serbe e kosovare, chiediamo una bonifica del mare Adriatico. Il sottosegretario all’ambiente, che è di questa nostra regione, Valerio Calzolaio, ha asserito che dai primi controlli fatti alcuni siti dell’Adriatico sono già interessati da questo tipo di inquinamento marino. Noi chiediamo un risarcimento a favore delle vere vittime di questa situazione che sono le popolazioni dei Balcani. Noi chiediamo, infine, che vengano predisposti interventi sanitari ad hoc, perché se vogliamo dare una risposta davvero a chi ha subito questa guerra, a chi ha pagato il male e si è visto sganciare sulla propria testa bombe micidiali quali quelle di cui parlavo, mettiamoci in prima linea, facciamo sì che si apra un ponte che serva per lo meno come primo intervento per portare un aiuto alle popolazioni interessate.
Abbiamo presentato una mozione che ci sembra risponda davvero a ristabilire la verità. Mi augurerei che in quest’aula ci fosse qualcuno che rispetto ai dati che ho fornito, alle cose che ho detto fosse in grado di dire il contrario: se è in grado di dire il contrario accetto anche un voto contrario ma se questo non c’è mi auguro che la nostra mozione ottenga un voto favorevole, perché credo di avere scritto e detto solo ed esclusivamente la verità rispetto a quello che abbiamo visto accadere sotto i nostri occhi, al disastro che abbiamo provocato su intere popolazioni, non soltanto nella ex Jugoslavia ma a partire dalla guerra in Somalia, in Iraq e definitivamente in Jugoslavia. Grazie.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni per illustrare la mozione n. 85.

REMIGIO CERONI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, per utilizzare al meglio il tempo a disposizione do per letta la mozione e mi limiterò a porre all’attenzione alcune considerazioni.
Giustamente il presidente del gruppo Ds questa mattina poneva in rilievo come il gruppo di Forza Italia aveva votato in tre modi diversi circa la richiesta d’urgenza per la mozione sulla Provincia di Fermo. Sono cose che capitano anche nelle migliori famiglie, però capita di peggio al Governo italiano in questa vicenda dell'uso di proiettili all’uranio impoverito che potrebbe avere causato casi di leucemia fra i soldati italiani e non civili e militari impegnati nella ex Jugoslavia. Quello che è stato espresso su questa vicenda dalla coalizione di Governo è a dir poco sconcertante. Il presidente del Consiglio ha detto di voler chiedere conto alla Nato dei militari morti. Ciò è paradossale dal omento che la Nato è un’alleanza di cui l’Italia è membro a pieno diritto con alte responsabilità nei vertici civili e militari. Il capogruppo de I Democratici alla Camera ha chiesto la messa al bando dei proiettili incriminati. Il capogruppo d Rifondazione comunista ha proposto l’immediato ritiro dei soldati italiani dai Balcani e le dimissioni di Solana, segretario generale della Nato all’epoca della guerra. Esponenti dei verdi hanno chiesto l’abolizione del segreto militare Nato sull’uso dell’uranio impoverito, mentre il ministro Mattioli ha ventilato l’ipotesi di uscita dell’Italia dalla Nato nel caso di rifiuto della moratoria relativa ai proiettili all'uranio impoverito. Il presidente dei Comunisti italiani ha accusato pesantemente la Nato di essere inattuale e inaffidabile e chiesto che l'Italia e l’Europa rompano la storica alleanza politico-militare con gli Usa e si facciano promotrici di un autonomo sistema di difesa europea. Il Governo italiano ha proposto al Consiglio della nato una moratoria circa i proiettili all’uranio impoverito, benché il ministro della difesa Mattarella abbia più volte dichiarato che non risultano evidenze scientifiche circa il nesso di causalità fra l’uso di proiettili all’uranio impoverito e i casi di leucemia tra i soldati italiani.
Tali dichiarazioni mettono in discussione la scelta italiana di politica estera, specialmente l’appartenenza all’Alleanza Atlantica, la presenza della forza italiana di pace nei Balcani e gli impegni liberamente assunti dall’Italia in sede internazionale. La richiesta italiana di moratoria dei proiettili all’uranio impoverito respinta in seno al Consiglio Atlantico ha creato una certa contrapposizione, di fatto, tra l’Italia e gli altri Paesi Nato come gli Stati Uniti, l’inghilterra e la Francia. La condotta del Governo italiano ha rinverdito la triste memoria storica di un’Italia pronta a sganciarsi quando le alleanze diventano difficili e presentano dei rischi.
Insomma, mi pare che questo atteggiamento che ha sconcertato Paesi e ambienti vicini all’Italia, ancora ha volta ha gettato discredito nella nostra politica estera militare e questi sono rischi gravi per la credibilità internazionale del nostro Paese.
Questi, Silenzi, sono fatti importanti, ben più gravi di una posizione diversa su una mozione come avvenuto questa mattina.
Ho voluto riportare alcune posizioni, perché su questa vicenda sono capitate cose incredibili. Il sottosegretario Guerrini nel dicembre 1999 diceva che mai e poi mai in Bosnia erano piovuti proiettili tossici e che comunque la tossicità delle radiazioni era pari a quella della pila di un orologio da polso. In un’altra occasione, nel marzo 2000 diceva che è vero, c’era stato un po’ d’uranio impoverito, ma che faceva male meno di un pacchetto di sigarette al giorno (dichiarazioni fatte al Parlamento.
Insomma, con queste mozioni cerchiamo di svicolare rispetto alle responsabilità che sono tutte del Governo nazionale, almeno quelle di non avere avvertito le persone che erano in missione di prestare attenzione e di prendere le dovute precauzioni rispetto a questa problematica.
Tornando alla mozione voglio sottolineare quattro cose che la Regione dovrebbe fare: individuare eventuali casi marchigiani relativi a militari in servizio o in congedo, civili e militari in servizio o già impegnati nei Balcani, colpiti da malattie o deceduti a causa di contaminazione o inquinamento, perché noi non sappiamo quante persone marchigiane sono interessate a questa problematica; disporre, in collaborazione con le autorità competenti, il controllo del personale militare e civile proveniente dai Balcani. Tali accertamenti devono essere gratuiti in base all’accordo stipulato nella Conferenza Stato-Regioni; esprimere eventuale sostegno morale e materiale, prevedendo forme di indennizzo alle famiglie dei militari, civili e volontari marchigiani che risultano, malati per cause di servizio nei Balcani e per coloro che intendono adire a vie legali a tutela dei propri diritti; accertare infine l’esistenza di eventuali esplosivi o di munizionamento scaricato a mare, in merito al quale esiste un allarme generalizzato per le sorti della fauna ittica e dell’ambiente marino, perché questo può avere incidenza sul turismo marchigiano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini per illustrare la mozione n. 88.

CESARE PROCACCINI. Il tema in discussione è probabilmente datato rispetto alla sua prima emergenza, tuttavia vorrei ricordare a quest’aula che qualche giorno fa il nostro gruppo tra l’indifferenza generale ha presentato una mozione contro i bombardamenti di Inghilterra e Stati Uniti d’America su Baghdad. Ne mentre noi parliamo dell’”emergenza-uranio” in termini tecnici, proprio in queste ore queste armi micidiali continuano ad essere usate non già su obiettivi militari bensì sull’intera popolazione. Per dire che le parole del presidente del nostro partito Armando Cossutta sono più che mai attuali: la ridefinizione delle alleanze e di un ruolo incisivo e maggiore dell’Europa anche come continente di pace, ma se necessario come forza di interposizione armata, con aspetti difensivi.
Per la verità il nostro Paese anche durante il periodo drammatico della guerra avvenuta dopo mezzo secolo nel cuore dell’Europa è stato il primo Paese al mondo a rendere pubbliche le informazioni circa il numero di proiettili all’uranio impoverito utilizzati dalla Nato durante la guerra ed i luoghi interessati da questa deplorevole forma di inquinamento bellico.
Del resto, il nostro Paese è stato un passo avanti a tutti gli altri Paesi della Nato durante la guerra stessa, tant’è che l’ambasciata italiana della Repubblica italiana rimase aperta — l’unica dei Paesi europei ed extraeuropei — proprio perché quel governo riteneva l’Italia un punto avanzato in favore di una risoluzione pacifica del conflitto. Certo, sarebbe stato più facile definire in termini astratti la possibilità di pace, ma sappiamo bene — oggi lo possiamo dire con cognizione di causa — che la fine di quell’esperienza avanzata, pure all’interno di una contraddittoria e anacronistica alleanza come quella della Nato... (Interruzione). Se quella forma avanzata di governo dove i comunisti italiani hanno potuto dire una parola in più in favore della pace fosse terminata, un altro governo di cosiddetta “unità nazionale” non solo non avrebbe fermato la guerra ma avrebbe intrapreso quello che la Nato voleva, vale a dire la fase ultimativa e la cosiddetta fase dell’avanzata terrestre.
Ma così non è stato, proprio perché il nostro Paese, pure all’interno di rapporti di forza contraddittori, dove le forze pacifiste e di sinistra erano e sono tuttora divise, ha reso possibile limitare i danni — se di danni si può parlare in una guerra — ed estendere quella fiammella di pace che oggi è diventata realtà ma che è ancora flebile.
In altri paesi dell’Alleanza Atlantica non è stato così, proprio perché hanno prevalso altri concetti, hanno prevalso altre indicazioni di tipo unilaterale ed internazionale, proprio perché le forze che governano quei Paesi non hanno visto nella necessità di pace anche un’occasione di autonomia dell’Europa.
Non hanno fatto un largo utilizzo di uranio impoverito gli Stati Uniti d’America e la Nato solo in questa cosiddetta “operazione umanitaria”, ma anche in queste ore si stanno usando gli stessi proiettili micidiali, e vorremmo che anche per quelle popolazioni così lontane da noi si potesse elevare un’altrettanta protesta e un’altrettanta indignazione. E’ stato direttamente il segretario generale delle Nazioni Unite Annan, a chiedere al segretario generale della Nato, dopo che il governo italiano aveva reso noto, anche attraverso l’allora sottosegretario alla difesa on. Paolo Guerrini queste indicazioni, di trasmettere tutte le indicazioni sull’uso dell’uranio impoverito, le date ed anche i luoghi militari e civili dove queste venivano indicate.
Per circa un mese nessuno ne diede notizia. Fu lo stesso Guerrini, l’8 marzo di quest’anno, a dare tutte le notizie al nostro Parlamento. Lo fece all’interno di una interrogazione su tutt’altra questione. L’Italia è stata il primo Paese a fare un passo ufficiale nella direzione della conoscenza della verità, sia per quanto riguarda i danni ambientali provocati dalla guerra, sia per quanto riguarda i rischi per la salute. Del resto, durante i giorni terribili dei bombardamenti il nostro Paese è stato — e lo dobbiamo ricordare — un passo avanti a tutti gli altri, perché se allora il governo legittimo — seppur non condiviso — della Jugoslavia... (Interruzione). Milosevic che oggi viene indicato come il carnefice, nel 1992 era osannato dalle stesse forze che oggi lo definiscono tale, come il “campione della libertà”, perché egli allora fu il fautore della disgregazione della Jugoslavia e della Lega dei comunisti della Jugoslavia. Ma se quel governo legittimo, che può piacere o non piacere, non rinunciò nel pieno della guerra a fare politica, credo che lo stesso hanno fatto le forze di sinistra e di centro-sinistra dentro il governo, a chiedere, pur in quell’alleanza ormai anacronistica, una parola di pace e ad impegnarsi per la pace con risoluzioni conseguenti, con risoluzioni impegnative che hanno fatto fare all’Italia quel passo in avanti che altri non hanno potuto, non hanno voluto fare.
La trasparenza è in questo caso importante, perché il motivo per cui questi proiettili sono stati usati è un motivo gravissimo: nel mentre si parlava di operazione di pace, in realtà si compiva una guerra devastante nel cuore dell’Europa, quindi è questo il dato da cui partire, non un aspetto di tipo tecnico ma una risoluzione pienamente politica, dove il consesso principale della Regione Marche, il Consiglio regionale, deve impegnare la Giunta, il Presidente, le forze politiche, le forze sociali amanti della pace e tutti i cittadini a dare una parola impegnativa e significativa, in primo luogo affinché si giunga alla moratoria e alla messa al bando delle armi, sia quelle in possesso della Nato, ma di tutti gli altri eserciti che oggi non fanno parte della Nato. Si garantisca a tutto il personale italiano, militare e civile, che ha operato in quei territori, adeguata protezione sanitaria e sociale, fin da questo momento e anche al di là della acquisibile certezza sul nesso di casualità tra patologie insorte, le conseguenze sociali ed economiche e derivanti da eventuali contaminazioni da uranio.
Si proponga — e noi siamo qui a proporre — che attraverso questa moratoria si predisponga un grande piano di attuazione sanitaria verso quelle popolazioni colpite. Ciò non può essere solo demandato alla pur nobile azione delle associazioni pacifiste ma deve essere un impegno istituzionale, politico della Regione Marche, del Governo nazionale, del Parlamento e della Comunità europea, integrandole con un adeguato sostegno economico e di cooperazione. Si giunga a conclusioni collegialmente condivise circa i risultati delle operazioni di bonifica del mare Adriatico, attraverso una tempestiva valutazione da condurre con una partecipazione attiva di una qualificata rappresentanza regionale. Siamo a chiedere che nel mentre si discute su questo federalismo talvolta fasullo — e noi non siamo certamente i fautori di un federalismo che divide — la Regione Marche, attraverso i suoi organismi politici e tecnici possa partecipare in prima persona e a pieno titolo a una verifica e, se necessario, ad una bonifica del mare Adriatico, che deve essere sempre di più un mare di pace, attraverso un tempestiva valutazione da condurre nell'ambito della speciale unità di crisi costituita presso il Ministero delle risorse agricole e forestali, sulla base dei dati raccolti, dalle competenti autorità militari.
Quindi, colleghi consiglieri, mi auguro che da questa risoluzione che è parziale — lo chiedo al pari degli altri colleghi degli altri gruppi, che prima di noi hanno posto questa necessità di discutere — si possa addivenire ad una sintesi unitaria, affinché il Consiglio regionale delle Marche dia ancora una volta una parola di pace, non di guerra.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

UMBERTO TRENTA. Signori Presidenti, illustri colleghi, io dico che l'uranio sarà sicuramente impoverito, ma alcune persone di questo Consiglio regionale quando parla di questi problemi dicono una cosa, ne pensano un'altra e ne fanno un'altra ancora.
Quando si parla di "mare di pace", viene presentata una proposta di legge che per essere espletata ha bisogno di un testo unico — io ho chiesto a tutti i presidenti di gruppo la firma di quella proposta di legge — e i "venditori di pace" che acquistano libertà generalmente non danno mai risposte se non quelle dei plutocrati. Questo fu un passo di qualche precedente intervento che feci.
Noi non possiamo, caro Amagliani e caro Procaccini, pensare che le azioni di pace e di guerra che ci investono hanno un senso se vengono da un Governo di sinistra, che poi ci dovrà anche giustificare i 1.500 miliardi di Milosevic, e parlo della Telecom. Al Governo non c'era certamente il Polo delle libertà ma c'era e ci sarà fino alla scadenza elettorale democratica, di una democrazia aperta, il centro-sinistra che deve dare risposte non sui fatti che sono avvenuti ma con il potere decisionale e con la libertà di giudizio che nel merito significa sapere prima che tipo di guerra si combatte. Non venitemi a dire che qui ci sono mozioni filo-americane o contro-americane: noi siamo uomini liberi e a questa libertà non rinunceremo mai. Le azioni di guerra non possono essere condivise e poi deprecate nell'utilizzo di armi. Non si potevano dare le bamboline per quello che stava succedendo grazie a Milosevic, prima osannato, poi dileggiato e oggi criminalizzato. Signori miei, la guerra è un fatto che nasce nel momento in cui l'uomo non comprende.
Faccio un'altra osservazione agli amici verdi. Nel nostro mare qualcuno ha depositato uranio impoverito. Oggi abbiamo parlato di BSE, quindi la gente non compera più carne, tutti allarmisti. Quando mangeremo quel pesce e lo daremo ai nostri figli, alle nostre famiglie, parleremo anche di questo.
E allora, concludo parlando di Namer Hammad, che quando l'ho incontrato mi ha detto "mi porti i saluti a Giulio Silenzi". (Interruzione del consigliere Silenzi). Mi auguro che tu debba aspirare alla libertà di giudizio di questo Consiglio... (Interruzione del consigliere Mollaroli). Grazie Adriana, chiedo sostegno a te su quella proposta di legge: è lì che ci misureremo. Ha avuto l'onore della firma di Gorbaciov e io vi aspetto, su questo.

GIULIO SILENZI. Gorbaciov non sapeva che volevi fare l'università in Ascoli: gliel'hai detto?

UMBERTO TRENTA. Mi fa piacere questo, Giulio Silenzi... Questo significa Consiglio impoverito, quando si ride su queste cose... Continua a sorridere, continua... Questo mi mette in difficoltà, ed è la vostra difficoltà. Oggi siete chiamati a dare una risposta, il Presidente D'Ambrosio deve dare una risposta a questa regione di pace che ha subito, volente o nolente, azioni di ritorsione internazionale sul problema dell'uranio impoverito.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. E' certo che alcune affermazioni ascoltate in questo primo squarcio di dibattito dovrebbero far riflettere. Riteniamo che non possa essere giustificata da nessuna componente in qualsiasi collocazione politica si possa trovare, l'utilizzazione di strumenti bellici che mettono a serio repentaglio la salute dei cittadini non contestualmente all'intervento bellico ma per decenni e anche per secoli.
Non capisco come si possa giustificare l'utilizzo di bombe all'uranio impoverito, collega Trenta, che hanno dimostrato in Iraq e in Somalia, oltre che in Bosnia, il loro effetto devastante sui cittadini, non sui militari. Esiste una ricerca di un missionario italiano in Iraq fatta nella zona ai confini con il Kuwait dove ci fu la guerra del Golfo e dove interi villaggi risultano colpiti da numerose forme di tumore, tra le quali la più eclatante è quella da leucemie. Ebbene, l'utilizzo di queste bombe ha non indebolito militarmente una forza, ma è andato ad agire sulla parte più debole dei cittadini. Allora non è possibile in nessun caso poter giustificare questi strumenti di guerra. Negli stessi Stati Uniti d'America, alcune commissioni hanno rilevato che l'utilizzo di queste bombe è pericoloso e non a caso il tribunale de L'Aja sta indagando per crimini di guerra sull'utilizzo di questi strumenti.
Dobbiamo allora riflettere su quanto accaduto e io ritengo che al di là dell'appartenenza politica, tutte le persone che utilizzano la ragione debbano condannare questi strumenti. Ma voglio riportare il discorso al coinvolgimento diretto dei cittadini italiani.
Al di là di una valutazione politica generale su quanto avvenuto dobbiamo anche verificare una situazione direttamente italiana, al di là dei risultati che si sono avuti sull'incidenza dell'uso di queste bombe su militari italiani. Ci troviamo di fronte a un'altra grande emergenza, cioè la "pattumiera bellica" del mare Adriatico. Di fronte alle coste marchigiane abbiamo due siti dove sono state scaricate valanghe di bombe all'uranio impoverito e non. Faccio riferimento in particolare anche alle famosissime "bombe a grappolo". Ogni bomba a grappolo contiene 220 minibombe da 30-40 centimetri. E' risultato da un'indagine relativamente al recupero parziale avvenuto in questo periodo, che queste bombe a grappolo sono tute aperte, per cui in questo momento ci troviamo con un fondale cosparso di minibombe trasportate dalle correnti e anche insabbiate. Si dice che la marina militare ha cercato di recuperare parte di questo materiale bellico nell'Adriatico, ma sappiamo che le strutture della marina militare, da documenti che purtroppo non ho qui, possono sì recuperare ordigni esplosivi sul fondo dell'Adriatico ma non possono recuperare ordigni che hanno una dimensione inferiore ai due metri di lunghezza, quindi è chiaro che le bombe a grappolo recuperate sono state quelle non aperte, le altre restano tutte in fondo all'Adriatico, con tutta la pericolosità del caso. Da un lato abbiamo questo aspetto, dall'altro lato l'aspetto di alcuni ordigni chimici, sempre nell'Adriatico, senza considerare i residui della seconda guerra mondiale che facciamo finta che non esistano, ma è chiaro che con la guerra in Bosnia il problema della sicurezza del mare Adriatico e della sua salute già messa a dura prova dall'inquinamento che provoca normalmente l'attività dell'uomo, è veramente grave. Non vorremmo che dopo il problema della "mucca pazza" ci ritrovassimo di fronte al problema del pescato radioattivo. Non a caso, vista questa situazione, la Asl di Ancona si è preoccupata di prelevare campioni di pescato su tutto il mercato marchigiano per vedere se questo pericolo si può concretizzare, e allora la situazione diventerebbe veramente drammatica, o se invece è un pericolo che resta latente, ma che dovrà essere affrontato.
Mi auguro che si arrivi ad una mozione unitaria. Non ridurrei il discorso ad una collocazione politica di parte. Qui non si fanno processi agli Stati Uniti — e ne meriterebbero tanti, per la verità — come non si fanno processi agli altri, ma è chiaro che questo Consiglio regionale deve dire a chiare lettere che è contro l'utilizzo di questo tipo di armamenti e deve comunque invitare le autorità italiane e la stessa Nato a fare il possibile per ripulire questa pattumiera che si chiama oggi "mare Adriatico".
I verdi da tempo dicevano che si forzava la natura. Non si possono ridurre gli erbivori a carnivori senza pagarne un costo in termini ambientali e di salute. Da tempo lo dicevamo inascoltati. Si è voluto privilegiare il profitto, la produzione a scapito della qualità dei cibi e a scapito della stessa natura degli organismi viventi. E' inconcepibile che si possano tollerare forzature alla natura come quella di ridurre erbivori a carnivori e che si possa giustificare l'utilizzo di armi che lasciano il segno per decenni, per secoli non sui militari ma su tutti i cittadini. E allora, a conclusione di questo intervento chiederò che si faccia una sospensione del Consiglio per trovare una mozione unitaria che vada alla condanna dell'utilizzo di questi strumenti di guerra e che richiami la Nato, il Governo italiano a che sia garantita la massima sicurezza nel mare Adriatico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Concordo con l'intento del consigliere D'Angelo e mi auguro che si possa addivenire a una risoluzione unitaria che condanni esclusivamente l'uso di questi proiettili, di queste armi all'uranio impoverito in qualunque occasione e situazione. Sta di fatto che rimanendo così le mozioni sono non condivisibili da parte di Alleanza nazionale. Non voteremo sicuramente una mozione che chiede — è incredibile — il deferimento a tribunali speciali, al tribunale de L'Aja dei comandi militari Nato e comunque di coloro che avessero ordinato questo utilizzo. Tanto più nella considerazione della parte politica che ne fa richiesta. Non voteremo neanche mozioni che tendano a giustificare in alcuna misura il comportamento del Governo italiano, perché non esiste una partecipazione limitata o con riserva ad una guerra, esiste una partecipazione dignitosa, se c'è paritetica, una partecipazione voluta, cosciente, o esiste un'astensione dalla guerra. Quella dell'Italia è stata una partecipazione a pieno titolo, dalla quale l'Italia a posteriori si è tirata indietro nella condivisione di determinate conseguenze che invece non le dovevano sfuggire, non le potevano sfuggire se fosse stata attenta ed avesse impostato ad una più credibile, più seria politica estera internazionale la sua attività, non subalterna, come spesso capita nell'ambito della Nato, alle posizioni statunitensi, non distratta, soprattutto non titubante nel voler salvare, come sempre, ogni tipo di situazione, quindi titubante nell'intervenire, titubante nel gestire gli interventi di guerra, titubante e vigliacca nel prendere le distanze da quello che da questi interventi dovessero scaturire, come poi è scaturito nel caso eclatante dell'utilizzo di queste armi non consentite.
Un'Italia quindi più decisionista, che rivendichi un ruolo paritetico anche nell'alleanza Nato e una programmazione di politica estera più consapevole, più specifica e soprattutto che non si abbandoni alle contingenze del momento.
Dicevo non credibile la richiesta di deferire la Nato a tribunali speciali, tanto più perché proveniente da una parte politica — non posso su questo non fare polemica — come Rifondazione che ritengo non abbia ancora fatto i conti col proprio passato, che non ha ritenuto di deferire crimini ben più importanti ascrivibili alla propria storia, alla storia del suo imperialismo comunista a tribunali particolari; una parte politica che ancora venti giorni fa — leggevo su Il Manifesto ad opera del giornalista Porto — tendeva a discettare in termini epistemologici, sulle distinzioni che ancora soltanto i comunisti fanno tra eccidio, olocausto, per distinguere quella che è stata una situazione esecrabile da tutti, dall'altra esecrabile storicamente — parlo degli eccidi addebitabili al comunismo, giustificati sotto la matrice della causa sociale, della ricerca del legalitarismo, di tutto quello che sappiamo — che viene posta ancora oggi a giustificazione di certi massacri. Tanto giustificazionismo, tanta indulgenza verso se stessi stride con tanta severità, oggi, addirittura nei confronti di una Nato che si trova in missione di pace, per conservare comunque la pace e che si trova ad essere addirittura, secondo le intenzioni di questa mozione, deferita a tribunali speciali per l'utilizzo di armi e, peraltro, tengo a precisare, si fa riferimento a convenzioni internazionali dove si parla di armi chimiche che mi risulta non siano armi chimiche. Quindi, anche quel riferimento alle convenzioni internazionali è sicuramente fuori luogo, è strumentale e, ripeto, si commenta da solo se riflettiamo come ho cercato di fare a voce alta, sulla provenienza di chi lancia queste accuse.
Ritengo che una seria ricognizione, così come auspicato da tutti — dai Verdi, da I Democratici, da Forza Italia — sullo stato dei siti, sullo stato dei luoghi, del mare, un'opera di bonifica vada sicuramente fatta. Ritengo in ogni caso che questo possa sicuramente, in una mozione unitaria, essere aggiunto a quella che è una condanna incondizionata dell'utilizzo di queste armi, ma se la parte narrativa di questa mozione dovesse contenere ancora queste affermazioni e soprattutto tendesse a giustificare questo atteggiamento indifendibile e indefinibile tenuto dal Governo italiano, non potremmo sicuramente votare alcuna di queste mozioni così come congegnate, ad eccezione della mozione di Forza Italia e delle mozioni de I Democratici e dei Verdi che sono, almeno su questo, più condivisibili, se non altro per la parte narrativa che non contiene affermazioni che stridono con le nostre idee.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Prendo la parola per un intervento molto breve che non avrei voluto fare, per una puntualizzazione a carattere personale.
E' imbarazzante parlare di uranio impoverito in Consiglio regionale, in una situazione di poca informazione su quello che effettivamente è successo a breve distanza dalle nostre coste e in occasione di iniziative militari cui hanno partecipato anche le nostre forze armate. Questo è l'aspetto allarmante, l'aspetto politico. Non entrerò né nell'aspetto medico né nell'aspetto tecnico, nei cui confronti non sono assolutamente qualificato, anche se una riflessione ampia sul fatto che questa è stata un'iniziativa gabellata per iniziativa militare a carattere umanitario, per un intervento chirurgicamente circoscritto addirittura a interagire agli equilibri politici di una nazione, e poi questo intervento temporalmente limitato e circoscritto negli obiettivi si scopre che è compiuto con armi idonee a lasciare conseguenze destinate a durare per anni e decenni e addirittura mosso dalla preoccupazione di vittime per violazioni di vario tipo nei confronti di popolazioni minoritarie — anche se maggioritarie in quella provincia — che hanno causato centinaia di morti.
Ora sembra che le conseguenze su quelle stesse popolazioni, per effetto di quelle armi "umanitariamente" impiegate siano di centinaia o migliaia di morti all'anno chissà per quanti anni a venire, con chissà quali conseguenze sul patrimonio genetico, quindi di malattie e sofferenze destinate a protrarsi ben oltre ogni tipo di scontro etnico. Evidentemente, qualcosina si è perso nel senso delle proporzioni. Però non credo che in questa sede possiamo stare a fare il processo a quell'iniziativa. Certamente però, di questa vicenda non si può dare una lettura assolutoria o di difesa d'ufficio politica come da qualche parte si è cercato di fare. Dico questo perché, differenziandomi un poco dal mio gruppo, devo precisare innanzitutto perché non voterò la mozione di Rifondazione comunista, molto malvolentieri, perché dico francamene che l'avrei votata con assoluta soddisfazione, laddove si rilevano, con una certa precisione, incongruenze tra un ruolo anche apicale della forza militare italiana in una missione e al tempo stesso la constatazione che questo ruolo apicale era meramente formale e non ha consentito non di impedire ma neanche di sapere nel dettaglio quali strumenti venivano impiegati dalle forze nostre alleate e teoricamente anche sottoposte al comando italiano.
Il problema per cui non mi sento di votare la mozione di Rifondazione comunista è tecnico. Non mi sembra che sia da un lato condivisibile chiedere la sottoposizione alla giurisdizione di un tribunale internazionale di questa vicenda. Io non condivido l'idea di un tribunale internazionale perché 25 secoli fa qui vicino fu inventato il principio della certezza del principio scritto e quindi qualunque forma di processo basato su un principio giusnaturalistico non mi vede favorevole. Credo che la risposta non possa essere giudiziaria "ti porto a L'Aja — chissà perché a L'Aja, un tribunale fatto da chissà chi — e ti processo lì", ma debba essere politica. Se un'alleanza viola in questa maniera marcata le ragioni dell'alleanza, non dobbiamo processare questo o quello ma chiederci se si mantengono le ragioni di questa alleanza.
Il problema non è processare a L'Aja questo o quell'esponente della Nato, ma chiederci, se mai, se ha ancora senso che l'Italia rimanga alla Nato. Forse sarà il caso di parlarne tra qualche giorno quando esamineremo la questione del recente bombardamento su Baghdad in cui non ci saranno neanche questioni di mandato Onu come qualcuno cerca di fare.
Non voterò quindi per questo specifico motivo di riferimento al tribunale internazionale la mozione di Rifondazione comunista. Voterò invece, oltre a quella del gruppo Verdi e I Democratici, anche quella dei Comunisti italiani che mi sembra non contenga niente di incompatibile con le riflessioni fatte anche da questo Consiglio in occasione della vicenda. Non posso ovviamente esprimere voto favorevole alla mozione di Forza Italia che mi pare preoccupata marginalmente della "vicenda uranio impoverito", molto di informarci sui crimini, peraltro noti, del comunismo negli ultimi decenni, nel fare tutta una riflessione su 250.000 morti per la "pulizia etnica", fatto gravissimo ma limitatamente riferibile alla vicenda del Kosovo. Circa la giustificazione dell'operazione non aggressiva della Nato ci sarebbero da scrivere libri e libri, ma soprattutto si dà una lettura della vicenda balcanica oggettivamente contrastante alla verità. Io non credo che succeda niente se noi diciamo in questa sede più o meno la verità, però mi sembra davvero che sia un'impostazione preoccupata pochissimo dell'argomento che, va detto, sfugge alle nostre competenze, e molto a fare un revival del clima della guerra fredda: siccome non c'è più, non l'andiamo a rianimare neanche in questo strano inverno del 2001. Per cui, non mi sento di poter condividere questa impostazione in questa vicenda laddove viene fatta una riflessione di questo tipo su eventi che a noi riguardano per dinamiche interne, equilibri politici, rapporti ecc., ma per centinaia di migliaia di abitanti della vicina Jugoslavia e per migliaia di nostri connazionali mandati lì a fare la guerra... Leggo sulla mozione di Forza Italia che non era una guerra, ma una joint individual che tuttavia è stata combattuta con bombardamenti, mitragliamenti e decine di morti ed è talmente simile alla guerra dal dissuadermi dal sostenere un'impostazione che mi sembra avvocatesca.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Signor Presidente, avrei parecchio materiale che cercherò di riassumere. Come avevo detto la scorsa seduta del 16 gennaio, in data 11 avevo scritto al presidente del Consiglio dei ministri per avere notizie, il presidente era in Cina, poi c'è stato un disguido, ho incontrato il ministro della difesa Mattarella e ho rinnovato a lui la richiesta, in data 29 gennaio 2001, dicendo che prevedevo di dover rispondere in Consiglio regionale l'8 febbraio, quindi gli chiedevo notizie. In data 5 febbraio il gabinetto del ministro della difesa mi inviava, in allegatogli elementi per poter rispondere, consistenti nell'audizione del ministro della difesa tenuta presso la Camera dei deputati il 18 gennaio in risposta a numerose interpellanze e interrogazioni. L'audizione fornisce elementi di risposta anche sugli ordigni in Adriatico. Poi, l'emendamento che il Governo aveva presentato al provvedimento di proroga del finanziamento delle missioni internazionali relative al monitoraggio delle commissioni sanitarie dei cittadini italiani che hanno operato e operano in Bosnia e in Kosovo e la risposta fornita dal sottosegretario alla difesa dott. Minniti in Parlamento sulla problematica della bonifica in Adriatico.
Ho qui tutti e tre i documenti che non sono brevissimi, quindi chiedo al Consiglio come intende procedere. Posso leggerli tutti, posso leggere le parti che ho già provveduto a far evidenziare che sono le più attinenti al tema, ovviamente fornendo poi il testo completo. Chiedo a lei Presidente, e al Consiglio, come si intende proseguire. Io posso leggere tutto e posso far avere il tutto indicando soltanto i punti fondamentali.
Il ministro della difesa ha risposto sostanzialmente: "Desidero riaffermare che obiettivo centrale è per il Governo, e certamente per il Parlamento, accertare le cause delle patologie emerse tra i militari che hanno prestato servizio in Bosnia e in Kosovo. Per questo occorre evitare che si moltiplichino notizie o ipotesi prive di seri riscontri. L'esame della situazione, quindi, non può che partire dai fatti di cui siamo a conoscenza e questi sono innanzitutto i casi di malattia accertati. Ad oggi, tra i nostri militari che hanno prestato effettivo servizio in Bosnia e in Kosovo sono stati segnalati 23 casi, tra cui 8 morti. Tra questi 23 casi, si registra una netta prevalenza numerica di personale che ha operato in Bosnia. Quanto alle malattie, siamo di fronte ad oltre dieci diversi tipi di patologie: la casistica appare, quindi, molto complessa e diversificata.
Non si è ancora in grado, per contro, di avere un quadro chiaro dell'incidenza del fenomeno sui contingenti degli altri paesi, pur se il comitato medico della NATO sta lavorando per definire statistiche comparabili.
L'accertamento della situazione sanitaria nei suoi molteplici aspetti presenta l'esigenza di far presto, e a questo fine, il 22 dicembre scorso ho istituito una commissione d'indagine medico-scientifica per accertare tutti gli aspetti della questione. La commissione, che, come è noto, è presieduta dal professor Franco Mandelli, ha un mandato aperto. Al riguardo, desidero ripetere anche qui alla Camera, come ho fatto al Senato, quanto ho detto ai militari che ho incontrato qualche giorno fa in Bosnia: in questo momento sono fuor di luogo tesi precostituite o conclusioni aprioristiche; l'unico obiettivo è la verità, e non esiste, ripeto, una verità politica o una verità dei militari, esiste soltanto, in questo caso, la verità scientifica. Questo è il compito della commissione Mandelli.
E' stato costituito, presso la direzione di sanità militare, un gruppo operativo per l'assistenza sanitaria del personale. Il gruppo si avvale di un numero verde collegato con la cattedra di ematologia dell'università di Roma. Inoltre, la sanità militare ha predisposto e messo a punto un protocollo, concordato con la commissione Mandelli, che definisce in modo uniforme l'insieme dei controlli medici da effettuare prima della partenza per le missioni all'estero, durante le missioni stesse e dopo il rientro in patria.
E' stato deciso, inoltre, che tali accertamenti siano estesi a tutti i militari che hanno operato ed operano nei Balcani, ivi compresi quelli che hanno lasciato il servizio.
Il Governo è consapevole che l'attenzione non deve essere rivolta solo ai militari che sono stati in missione in Bosnia o in Kosovo, ma va rivolta anche al personale civile impiegato, a vario titolo, in quella regione.
Allo scopo di avviare questa campagna di accertamenti si sta procedendo alla definizione delle procedure attuative, di concerto con il Ministero della sanità e con la previsione del parere della Conferenza Stato-Regioni". Poi, sul punto c'è l'emendamento che il Governo ha presentato al disegno di legge per il finanziamento delle missioni all'estero.
Naturalmente, si prevede che gli accertamenti abbiano luogo a titolo gratuito e possano essere effettuati presso qualsiasi struttura sanitaria, militare o civile.
Non entro nel dettaglio degli accertamenti previsti; osservo soltanto che si tratta di un intervento assai ampio e forse unico in questa dimensione anche tra i nostri alleati. Siamo pronti, inoltre, a dare il nostro contributo alle strutture sanitarie internazionali e a quelle dei paesi balcanici per la salvaguardia e la protezione delle popolazioni locali, nonché per misure appropriate di informazione. Ho manifestato questa disponibilità del Governo italiano al primo ministro della Bosnia Erzegovina lo scorso 4 gennaio a Sarajevo.
Credo sia opportuno affrontare separatamente la questione dell'uranio impoverito che è oggetto di un dibattito profondo che registra diverse opinioni, spesso contrastanti, in particolare sul collegamento con le patologie di cui parliamo, collegamento che - va detto - non è dimostrato e su cui dovrà esprimersi la commissione scientifica in piena libertà.
A proposito di uranio impoverito, dal dibattito di queste settimane emerge che è bene distinguere tre elementi: la conoscenza della sua potenziale pericolosità, quella della sua utilizzazione in Bosnia e quella del suo uso in Kosovo.
La questione dei rischi connessi all'uso di proiettili all'uranio impoverito è oggetto di un dibattito avviato qualche anno dopo la guerra del Golfo e divenuto nel tempo sempre più serrato. Queste munizioni contribuiscono ad accrescere la potenzialità bellica sul campo, ma come tanti altri ritrovati bellici sollevano interrogativi circa le conseguenze del loro utilizzo. Interrogativi che in questo caso sono più rilevanti ancora in quanto connessi con un fenomeno, la radioattività, in grado di manifestare i suoi effetti anche a distanza di tempo. In particolare appare di pericolosità sicura l'inalazione delle polveri prodotte dalle esplosioni, a maggior ragione se fosse confermata l'ipotesi di tracce di plutonio in quantità pericolosa.
Tuttavia è doveroso, per stare sempre ai fatti, ricordare che sulla base del diritto internazionale vigente l'uso di quelle munizioni è considerato legittimo anche perché non vi sono convenzioni internazionali che lo proibiscano.
Comunque, la questione della pericolosità potenziale dell'uranio impoverito, quando è emersa, non è stata né ignorata, né taciuta, né sottovalutata". E ricorda quanto aveva ricordato il 26 gennaio 2000: "le Forze armate italiane non impiegano munizioni ad uranio impoverito e confermo l'impegno ad operare, come stiamo facendo, affinché nel contesto internazionale cresca la consapevolezza dei potenziali rischi connessi all'uso di questo tipo di munizioni".
Poi: "Per quanto riguarda il diverso aspetto dell'uso dell'uranio impoverito in Kosovo e in Bosnia, le due situazioni presentano sostanziali differenze. Per quanto riguarda il Kosovo, gli Stati Uniti, il 3 maggio 1999, hanno fatto sapere di avervi utilizzato munizioni ad uranio impoverito. Notizia poi confermata con un messaggio del 30 giugno 1999 inviato dal Pentagono al comando NATO e da questo inviato, l'indomani, ai paesi dell'Alleanza.
L'ingresso delle nostre truppe in Kosovo è avvenuto successivamente alla prima notizia, nel giugno del 1999. Di conseguenza essendo informati fin dall'ingresso dei nostri militari in Kosovo, si sono potute adottare adeguate misure di protezione". E qui viene indicato che è stato compilato un vero e proprio testo di lingua inglese per il personale dei vari contingenti della brigata multinazionale e non soltanto per i soldati italiani.
"Quindi questa direttiva, la prima istruzione al contingente non era la prima ma era la prima in forma scritta, indirizzata peraltro non soltanto agli italiani ma anche ai contingenti degli altri paesi che componevano la brigata e quindi scritta in lingua inglese.
Si è svolta inoltre in Kosovo un'intensa attività di monitoraggio ambientale ed un'attività di bonifica del territorio con reparti NBC, specializzati nella protezione e decontaminazione dell'ambiente, di persone e materiali; tali reparti NBC erano presenti in ogni unità schierata.
Sono stati anche inviati in Kosovo fisici del CISAM, che non hanno registrato livelli di radiazione pericolosi.
A questa iniziativa intrapresa dall'UNEP partecipa, che ha elaborato un primo rapporto reso pubblico il 5 gennaio scorso e che aveva effettuato altri accertamenti per mezzo di un gruppo di esperti, partecipa anche il nostro Ministero dell'ambiente tramite l'ANPA, al quale la nostra Difesa ha assicurato pieno supporto e collaborazione come ha più volte sottolineato l'onorevole Calzolaio. In particolare dal 19 ottobre 2000 sono state fornite in pochi giorni al Ministero dell'ambiente le coordinate dei siti in Kosovo colpiti con quei proiettili e le mappe relative con riferimento all'area affidata al nostro contingente.
Queste sono indicazioni di collaborazione di personale e strutture del nostro contingente di attività di rilevamento ambientale e quindi nulla viene dato per scontato o per definitivamente acquisito. Il monitoraggio in Kosovo continua e la tensione del nostro paese, così come della comunità internazionale, è al massimo.
Per quanto riguarda la Bosnia, il problema dell'uso di munizioni ad uranio impoverito nelle missioni del 1994 e del 1995 è stato posto di recente per iniziativa italiana. La notizia ufficiale dell'utilizzo di munizioni ad uranio impoverito in quelle operazioni in Bosnia è contenuta nella risposta della NATO pervenuta il 21 dicembre scorso, in risposta ad una mia specifica richiesta del 27 novembre precedente. In Bosnia sono stati utilizzati circa 10.800 proiettili di quel genere; fino al dicembre scorso non era stata fornita alcuna comunicazione di questo impiego, come è stato ufficialmente dichiarato dallo stesso portavoce della NATO. Si è detto che era noto l'impiego dei velivoli A10 nelle operazioni in Bosnia e che per questo se ne dovesse trarre necessariamente, come logica conseguenza, l'uso di quelle munizioni". Il ministro contesta questo, ricordando che ogni Paese è autonomo nell'impiego delle armi di cui dispone.
"Sono stati, infatti, gli Stati Uniti a fornire nei giorni scorsi alla NATO i dati relativi ai siti colpiti in Bosnia perché nella catena di comando NATO non vi era alcuna informazione disponibile al riguardo.
E' utile rammentare, inoltre, che le operazioni aeree del 1994 e 1995 in Bosnia furono condotte sotto l'egida e con l'autorizzazione dell'ONU tanto che si parlò di doppia chiave ONU-NATO. Eppure, in questi anni, a differenza di quanto è avvenuto per il Kosovo, neppure nell'ambito dell'ONU si è posto questo problema per la Bosnia, come dimostra anche il fatto che l'UNEP non è mai stata inviata in Bosnia". L'UNEP è un'agenzia delle Nazioni Unite specializzata per i rilevamenti ambientali.
"Da tutto ciò emerge che questo problema per la Bosnia non è stato sollevato nella comunità internazionale in questi anni e che non era all'attenzione di alcun organismo fintanto che non è stato sollevato dall'Italia.
Va ricordato che a Sarajevo risiede il comando USA dello Sfor ed un ampio contingente negli Stati Uniti che hanno fatto impiego di munizioni ad uranio impoverito".
Questi sono i dati fondamentali dell'audizione del ministro Mattarella sul problema dell'impiego in Kosovo e in Bosnia di queste munizioni.
Passo all'altro elemento relativo alla possibilità che aerei abbiano sganciato in Adriatico queste cose.
"In ordine alla possibilità che durante le operazioni in Bosnia o in Kosovo gli aerei alleati abbiano sganciato munizioni ad uranio impoverito in Adriatico, è stato chiarito in quella sede che i proiettili in questione non sono bombe ma munizioni per cannoncini e che, pertanto, non dispongono di meccanismi di sganciamento, che quindi non può essere avvenuto".
Iniziative ulteriori, assunte in questi giorni nell'ambito dell'Alleanza atlantica, vedono la disponibilità della stessa a cooperare con l'UNEP, nell'ipotesi auspicata che quest'agenzia dell'ONU decida di avviare per la Bosnia un'indagine, così come ha fatto per il Kosovo.
Nella riunione del 10 gennaio scorso, il Consiglio atlantico ha visto l'Italia avanzare la proposta di una sospensione, la cosiddetta moratoria dell'impiego di munizioni ad uranio impoverito; richiesta avanzata sulla base del principio di precauzione; sospensione che, peraltro, è nelle cose, non essendo in corso né previste operazioni militari dell'Alleanza che possano farne ipotizzare l'impiego.
La richiesta non ha ottenuto, com'è noto, il consenso unanime che è necessario per adottare provvedimenti nell'Alleanza. Secondo alcuni paesi membri, occorre attendere l'esito delle verifiche in corso prima di assumere una decisione sospensiva.
Il Consiglio atlantico ha comunque considerato la questione con grande attenzione, ponendola all'ordine del giorno per possibili future discussioni. Il segretario della NATO, nel dichiarare che le preoccupazioni italiane sono state pienamente comprese, ha inoltre affermato che, laddove emergesse un collegamento tra quei proiettili e rischi per la salute, la NATO non li utilizzerebbe".
Questi sono gli elementi fondamentali dell'audizione del ministro della difesa Mattarella.
L'emendamento presentato dal Governo alla conversione del decreto legge 29 dicembre 2000, n. 393, recante "Proroga alla partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace nonché dei programmi delle forze di polizie italiane in Albania", propone di inserire due articoli con tre commi il primo e quattro commi il secondo, dove sostanzialmente si dice:
"Art. 4 bis. E' disposta la realizzazione di una campagna di monitoraggio sulle condizioni sanitarie dei cittadini italiani che a qualunque titolo hanno operato od operano nei territori della Bosnia-Herzegovina e del Kosovo, in relazione a missioni internazionali di pace e di assistenza umanitaria, nonché a tutto il personale della pubblica amministrazione, incluso quello a contratto, che ha prestato o presti servizio, nei predetti territori e ai familiari che con loro convivono o abbiano convissuto. I relativi accertamenti sanitari sono svolti a titolo gratuito presso qualsiasi struttura sanitaria militare o civile. Con decreto del ministro della sanità, di concerto con il ministro della difesa e dell'interno, sentita la Conferenza Stato-Regioni, sono stabiliti le modalità, le condizioni e i criteri per l'attuazione del presente articolo.
Art. 4 ter. Il personale militare in ferma volontaria che abbia prestato servizio in missioni internazionali di pace e contragga infermità idonee a divenire, anche in un momento successivo, causa di inabilità può, a domanda, essere trattenuto alle armi con ulteriori rafferme annuali, da trascorrere interamente in licenza straordinaria di convalescenza o in ricovero in luogo di cura, anche per periodi superiori a quelli previsti dal decreto legislativo del 30 dicembre 1997, n. 505, fino alla definizione della pratica medico-legale riguardante il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Il personale trattenuto alle armi, di cui al comma 1, è computato nei contingenti di personale in servizio volontario stabiliti dalle leggi sostanziali e di bilancio. Al personale militare e della polizia di Stato in servizio permanente, che presti o abbia prestato servizio in missioni internazionali di pace e che abbia contratto le infermità nei termini e nei modi di cui al comma 1, non è computato nel periodo massimo di aspettativa il periodo di ricovero in luogo di cura o di assenza dal servizio fino a completa guarigione delle stesse infermità, a meno che queste non comportino inidoneità permanente al servizio. Nei confronti del personale di cui ai commi 1 e 3, deceduto o divenuto permanentemente inabile al servizio militare incondizionato per lesioni traumatiche o per le infermità di cui al comma 1, riconosciute dipendenti da causa di servizio, sono estesi al coniuge e ai figli superstiti, ovvero ai germani convinventi ed a carico, qualora unici superstiti, i benefici di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 24 novembre 1987, n. 407, come modificato dall'articolo 2 della legge 17 agosto 1999, n. 288". Sono trattamenti specifici per cessazione dal servizio o per cause attinenti al servizio stesso.
In merito all'interrogazione n. 3-03643 il sottosegretario Minniti conferma che il Governo italiano ha ricevuto dalle autorità NATO, specifiche e dettagliate informazioni sulle aree di rilascio (jettison areas), sulla loro fluttuazione nel tempo e sulla entità e natura degli ordigni rilasciati.
Gli ordigni segnalati sono complessivamente 235. Peraltro, per quanto attiene l'utilizzo di ordigni a caricamento speciale, pur risultandone l'impiego nel corso delle operazioni in Kosovo, fra gli ordigni recuperati nel mare Adriatico non sono stati rinvenuti proiettili all'uranio impoverito.
Sulla base delle predette informative il Governo ha inviato a tutti gli enti competenti interessati, e in particolare ai comandi militari marittimi ed alle capitanerie di porto dell'Adriatico, tutte le informazioni di interesse, consentendo la diffusione dei necessari avvisi ai naviganti per le zone di potenziale pericolosità.
Sul piano operativo fin dal maggio 1999 è stata avviata l'attività di ricerca e bonifica in Adriatico con unità miste della marina militare italiana e della NATO. Complessivamente in Adriatico hanno operato, per oltre tre mesi, almeno 15 unità cacciamine. Ciò ha consentito di raggiungere nelle aree di rilascio un grado di sicurezza che ragionevolmente può giudicarsi elevato, pur nella consapevolezza che in questo tipo di attività non potrà mai esistere la garanzia assoluta, come dimostrano i ritrovamenti che ancora oggi di frequente avvengono, sia in mare che sul territorio nazionale, di ordigni risalenti alla seconda guerra mondiale.
Siccome non è possibile escludere l'eventualità del ritrovamento di altri ordigni, finiti fuori dalle aree segnalate a causa delle dinamiche di caduta degli ordigni stessi, la Difesa ha ritenuto opportuno mantenere in Adriatico alcuni cacciamine per i necessari interventi. Dall'ottobre del 1999, infatti, è stata disposta un'ulteriore campagna di bonifica con 5 cacciamine della marina militare.
Questa ulteriore fase di bonifica, conclusasi il 20 maggio scorso, ha ricondotto a significativi margini di sicurezza l'esercizio delle attività di pesca nell'area, pur non potendosi escludere con certezza possibili futuri rinvenimenti per i quali uno o due cacciamine sono mantenuti nel bacino dell'Adriatico.
Per quanto concerne, infine, il codice di comportamento invocato dall'interrogante, il sottosegretario evidenzia che la Marina militare ha organizzato incontri tra le locali associazioni di pesca e specialisti subacquei per fornire agli operatori del settore ogni utile indicazione e chiarimento.
Alla luce di quanto sopra, sembra che lo stato di emergenza che aveva consigliato l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, dell'unità di crisi richiamata dall'interrogante possa considerarsi superato. L'ultima riunione dell'organismo citato risale allo scorso marzo.
Questi sono gli elementi inviati il 5 febbraio 2001.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Presidente, abbiamo predisposto una risoluzione, alla quale mancano soltanto le firme.

PRESIDENTE. La prego di darne lettura.

SILVANA AMATI. Abbiamo trovato una sintesi che vede l'adesione di tutti i gruppi. Occorrerà una qualche correzione tecnica perché le parti assemblate potrebbero non andar bene in italiano. Ne do lettura: "Il Consiglio regionale, preso atto di quanto recentemente portato a conoscenza dell'opinione pubblica in merito all'utilizzo, da parte delle forze Nato che hanno operato negli anni '94/'95 in Bosnia, di proiettili che utilizzano uranio impoverito, ottenuto come residuo a bassissimo costo dell'utilizzo del plutonio in usi nucleari; che secondo le notizie più recenti, tra militari che hanno operato in quella zona si sono manifestate patologie (in particolare forme di leucemia) che potrebbero essere ricollegabili al contatto con sostanze radioattive, con effetti devastanti per le persone e per l'ecosistema circostante; che, alla luce del forte sospetto che tale nesso di causalità possa concretamente sussistere, lo stesso Ministero della difesa ha deciso di istituire una commissione di esperti per "accertare tutti gli aspetti medici e scientifici della materia". Considerato: che da notizie comunicate dal ministro della difesa Mattarella, risulta che nel corso della campagna di Bosnia sono stati sparati decine di migliaia di proiettili del tipo in questione; che l'uranio impoverito è una sostanza altamente inquinante, che in fase di scoppio degli ordigni viene ridotto in polveri sottili e leggerissime, le quali per questa loro caratteristica vengono facilmente inalate da chi si trova nelle vicinanze; che tale materiale ha tempi di decadimento della radioattività di migliaia d'anni e che pertanto è causa di gravissime forme di inquinamento di tutte le componenti ambientali ed è fortemente sospettato di essere causa di gravi danni all'organismo; che, come il sottosegretario Massimo Brutti ha chiarito nel corso di un dibattito al Senato "...né i carri né i proiettili per i quali si utilizza uranio impoverito risultano previsti o segnalati da alcuna delle convenzioni internazionali esistenti in materia di limitazione degli armamenti o che prevedono l'esclusione di determinate tipologie di armi, ma che esiste, tuttavia, una discussione seria di portata internazionale circa i rischi derivanti dall'uso dell'uranio impoverito in campo militare". Nel rilevare la necessità di respingere politicamente l'uso di armamenti che producono un danno indiscriminato e duraturo nel tempo, impedendo il loro uso con gli strumenti del diritto internazionale, esprime condanna per l'utilizzo di queste armi e sostegno morale e materiale, prevedendo forme di indennizzo alle famiglie dei militari e civili volontari marchigiani che risultino malati per cause di servizio nei Balcani e per coloro che intendono adire le vie legali a tutela dei propri diritti; impegna la Giunta regionale ad attivarsi presso il Governo affinché: venga resa nota l'esatta composizione di tutti gli armamenti contenenti il cosiddetto uranio impoverito di cui è stato fatto uso nell'area balcanica; si giunga alla moratoria e alla messa al bandi di tali armi; si garantisca a tutto il personale italiano militare e civile che ha operato in quei territori adeguata protezione, sanitaria e sociale, fin da questo momento e anche a di là della acquisibile certezza sul nesso di causalità tra le patologie insorte, le conseguenze sociali ed economiche da esse derivate e la eventuale contaminazione da uranio; si predisponga un grande piano di attenzione sanitaria verso le popolazioni colpite e di recupero ambientale di quei territori potenziando le capacità di intervento delle strutture locali integrandole con adeguato sostegno economico e di cooperazione; si giunga a conclusioni collegialmente condivise circa i risultati delle operazioni di bonifica del mare Adriatico attraverso una tempestiva valutazione da condurre — con la partecipazione attiva di una qualificata rappresentanza regionale — nell'ambito della speciale unità di crisi costituita presso il Ministero delle risorse agricole e forestali sulla base dei dati raccolti dalle competenti autorità militari".
Questo è il testo che abbiamo concordato e che tutti i colleghi hanno sottoscritto.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Il lavoro del Consiglio regionale è stato più proficuo dell'intervento del Presidente della Giunta, dal quale mi sarei aspettato una posizione più attiva rispetto a questo problema, ma a questo punto non mi meraviglia più nulla. Il fatto che lei sia venuto qui oggi, a darci notizia delle rassicurazioni di Mattarella non ci rassicura affatto. Io mi sarei aspettato che su questo piano la Giunta regionale avesse assunto una iniziativa autorevole, considerando che siamo, per la nostra contiguità a quei Paesi, per i problemi legati all'utilizzo del mare Adriatico, particolarmente coinvolti.
Intanto va rilevato che su questa vicenda il Governo ha dimostrato la sua insufficienza, la sua inadeguatezza, urlando troppo tardi e richiamando troppo tardi i rischi legati a queste distorsioni dell'intervento militare che noi non abbiamo messo in discussione anche per la conferma della nostra fedeltà agli impegni che abbiamo nei confronti della Nato, però non ci sembra che il Governo abbia dato una dimostrazione di tempestività nel rendere edotti gli italiani dei rischi connessi a queste procedure militari. Questo va riconosciuto: una intempestività e un'ambiguità che tutti abbiamo dovuto constatare. Rispetto a ciò c'è stata una omissione d'iniziativa da parte del Governo regionale a cui va pure addebitata la responsabilità di non avere reso un servizio alla comunità marchigiana: quello di dare una corretta informazione rispetto al "rischio Adriatico" che ci coinvolge in maniera diretta.
Circa le questioni poste credo che la correlazione fra contenuto delle munizioni e malattie denunciate sia non dico ovvia ma abbastanza evidente.
Il Presidente ci ha detto questa sera che per quello che lui ha potuto acquisire rischi non ci sono per quanto riguarda l'Adriatico. Ha detto che un meccanismo particolare non consentiva lo sganciamento di questi proiettili di cannoncino nel mare Adriatico, quindi secondo queste notizie del Governo italiano i marchigiani possono stare sicuri. Noi abbiamo qualche dubbio. Speriamo di essere dei cattivi profeti e che invece abbia ragione il Ministero della difesa. Noi continuiamo ad avere qualche dubbio rispetto ai rischi connessi ad una pratica economica molto in uso in questa regione, che è la pesca nel mare Adriatico.
L'iniziativa rispetto a militari e personale civile marchigiano impegnato sul versante dei Balcani deve essere forte e ha fatto bene la risoluzione a riprendere questa esigenza. Questo lo dobbiamo ai nostri ragazzi, ai militari che sono impegnati per finalità peraltro molto umanitarie e poco belligeranti, quindi credo che sia un dovere da parte della Giunta regionale fare in modo che questo monitoraggio delle condizioni di salute dei nostri militari sia realizzato in termini brevi. Così come fa bene la risoluzione — per questo annuncio il nostro voto favorevole — a prevedere aiuti anche di carattere materiale alle famiglie colpite dai lutti derivanti dall'uso improprio di questi proiettili. Questo è un gesto di grande civiltà di cui il Governo regionale deve farsi carico.
Per questi motivi voteremo a favore della risoluzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Vorrei ricordare sommessamente al consigliere Romagnoli che per la verità la storia dei Comunisti italiani, a differenza di altre, è una storia di lotte per la libertà e la pace, a cominciare dal contributo che il Pci ha dato alla liberazione del nostro Paese contro il fascismo e contro il nazismo.
Per quanto riguarda la risoluzione che andiamo ad approvare, credo che possa essere ascritta come uno degli impegni più alti che in questo Consiglio regionale si siano concretizzati in questa legislatura, proprio perché essa interviene rispetto ad un dispositivo concreto: quello di chiedere, attraverso l'impegno del Consiglio e della Giunta, la messa al bando, la moratoria di queste armi. E' questo che ci interessa e credo che questo fatto che è stato assunto ormai da tutti i gruppi all'unanimità, testimoni che le Marche sono una regione che guarda all'Adriatico come un mare di pace.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. La mozione unitaria non ripercorre esattamente quella che io avevo proposto a questo Consiglio regionale, in modo particolare nella parte narrativa. Debbo dire però che sono addivenuto alla firma perché mi convince in modo particolare la stessa parte a cui adesso si riferiva il consigliere Procaccini. Credo che arrivare al punto in cui un Consiglio regionale — la più alta assise della Regione Marche — dica che si deve giungere alla moratoria e alla messa al bando delle armi all'uranio impoverito credo che sia un risultato esaltante per questo Consiglio regionale, pertanto dichiaro il mio voto favorevole, perché il dispositivo di questa risoluzione mi convince appieno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Presidente, colleghi, il gruppo Verdi esprime soddisfazione per il risultato a cui si è giunti e per aver visto accogliere l'appello affinché si giungesse, al di là delle formazioni politiche presenti in questo Consiglio, ad una risoluzione unitaria di chiara condanna all'utilizzo di questi armamenti. Riteniamo che sia un aspetto questo importantissimo; riteniamo che il riferimento fatto all'utilizzo di queste armi che possono provocare danni, oltre che ai militari, alle persone e all'intero ecosistema per migliaia di anni sia un fatto importantissimo e riteniamo che essere arrivati, in una mozione unitaria, a chiedere una serie di punti che vanno dalla messa al bando di queste armi alla predisposizione di piani per un risanamento e per una messa in sicurezza dei cittadini nelle zone dove è stato usato questo tipo di armamenti sia una cosa apprezzabile. Voglio ricordare che questo tipo di armamenti non è stato usato solamente nei Balcani e non ci deve vedere coinvolti come Consiglio regionale perché qualche militare marchigiano possa avere avuto delle conseguenze dall'utilizzo di queste armi. Questo sì è giusto, ma ritengo che un Consiglio regionale debba anche partire dal presupposto che l'utilizzo di queste armi nuove agli organismi viventi, quindi alla popolazione civile. Riteniamo che il riferimento al risanamento di zone come quelle che sono state investite da questo tipo di armi — mi riferisco alla Somalia, all'Iraq e alla Bosnia — e il riferimento a fare chiarezza sul materiale bellico presente nell'Adriatico sia un fatto importante.
Per fare riferimento a quanto affermato dal collega Giannotti voglio affermare che relativamente alla presenza di materiale bellico nell'Adriatico, purtroppo questo Governo ha dovuto più volte smentirsi. Mi auguro che quanto da lei affermato, Presidente, risulti definitivo e non vorrei che da qui a un po' di tempo ci fosse un'ulteriore smentita del Governo stesso, che dica che nel mare Adriatico la situazione è a rischio, perché veramente sarebbe un colpo molto duro, oltre che per la credibilità del Governo, per i cittadini, soprattutto per il riconoscimento alle istituzioni di garanzie sulla salute.
Il gruppo Verdi vota a favore di questa risoluzione e auspica che al di là delle raccomandazioni si possa passare anche ai fatti, soprattutto nella messa a bando di queste armi e nel risanamento dell'Adriatico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Sostengo con convinzione la proposta di risoluzione unitaria che abbiamo prodotto. L'argomento trattato è grave e delicato. Abbiamo la perfetta consapevolezza che purtroppo i tempi della discussione odierna sono un po' lontani dalla discussione nazionale che si è svolta, quindi c'è forse stato un calo di attenzione rispetto alle questioni che abbiamo trattato, così come c'è sempre un calo di attenzione quando un Consiglio regionale discute di questioni che riguardano il nostro Paese e che hanno anche una visione più ampia rispetto alla politica internazionale. Credo che invece sia importante valorizzare il risultato acquisito, perché le nuove Regioni che il nostro Paese dovrebbe vedere più forti, dovranno e potranno avere una voce in capitolo maggiore e le diverse forze politiche che noi rappresentiamo dovranno prendere atto anche di quanto noi oggi qui produciamo, soprattutto per quanto riguarda la questione della moratoria che è stata da più colleghi sottolineata, così come la necessità di un'attenzione rispetto alla ricostruzione del substrato fisico della bonifica che si dovrà compiere anche relativamente all'altra sponda, una bonifica che non riguarda solo gli abitanti dell'altra sponda ma che riguarda anche noi, perché dobbiamo sempre più avere la consapevolezza che forse nel nostro futuro non ci saranno, ci auguriamo, nubi radioattive a raggiungere i cortili di casa nostra ma gli effetti locali di un inquinamento profondo potranno essere già sufficientemente preoccupanti, anche perché così striscianti.
Un'ultima sottolineatura è legata al fatto che io credo sia significativo e non riduttivo che tutte le forze politiche presenti in questo Consiglio hanno ritenuto di votare, su un argomento così delicato, una mozione unitaria. credo che anche questo sia un valore grande ed essere riusciti a mettere ciascuno di noi da un lato una parte di noi stessi per trovare una sintesi deve essere un elemento di valutazione da sottolineare con forza.
Dichiaro il voto a favore del mio gruppo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)



Mozioni (Discussione):
«Misure per far fronte all'emergenza nel settore del commercio causata dall'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) popolarmente chiamata "mucca pazza"» Favia, Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti e Trenta (69)
«Misure urgenti a favore degli allevatori e dei commercianti di carne bovina» Viventi (62)
Interrogazione: (Svolgimento): «Emergenza BSE nelle Marche» Moruzzi (183)
Interrogazione (Trasformazione a risposta orale): «Epidemiologia BSE cosiddetta “mucca pazza”: controlli Ministero della sanità» Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta (134)

PRESIDENTE. Torniamo alle mozioni n. 69 e n. 62, abbinate alle interrogazioni n. 183 e n. 134.
E' stata presentata una proposta di risoluzione alle mozioni n. 62 e n. 69. Questa proposta è stata sottoscritta sia dal consigliere Avenali che dal consigliere Viventi, quindi il consigliere Viventi intende ritirata la sua mozione?

LUIGI VIVENTI. Sì, Presidente. Abbiamo discusso a lungo nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Questo è un argomento di difficile soluzione in un documento. Ho ritenuto che, obiettivamente, essendo un problema aperto, bisogna che anche noi che siamo opposizione ci rendiamo conto con una certa serietà delle difficoltà di chi oggi amministra, di fronte a un problema che è tuttora aperto, diverso da quello che era il fermo pesca per cause belliche che si conosceva da 2-3 mesi. Avevo presentato una mozione — ma ormai parliamo di tre mesi fa — per venire incontro alle esigenze degli allevatori in primis e dei commercianti; nel frattempo ci sono stati due decreti legge governativi che hanno accolto in parte le mie richieste, c'è stato un documento votato a dicembre da questo Consiglio regionale in cui si recepivano alcune cose, quindi, pur nella difficoltà e pur non essendo state accolte tutte le cose che pensavo avrebbero dovuto essere accolte, ritengo doveroso che si esca da questo Consiglio regionale su un problema così serio con una posizione il più possibile unitaria e che ci consenta di prendere dei provvedimenti seri e non demagogici a favore di quelle realtà produttive, di quelle categorie produttive che hanno subito i danni maggiori.
Con questo scopo e con queste intenzioni ritiro la mia mozione.

PRESIDENTE. Occorre chiarire se la mozione 69, alla quale è stato anche presentato un emendamento, resta oppure viene ritirata.

DAVID FAVIA. Rimane, Presidente.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento alla mozione n. 69 presentato dal consigliere Favia, che ha la parola.

DAVID FAVIA. Al contrario dell'assessore Agostini che si è distinto per un brillante attacco nei confronti del nostro presidente di gruppo — il solito stile di demonizzare l'avversario invece di parlare di cose concrete — riconosco che alcune argomentazioni nell'intervento dello stesso assessore sono condivisibili. Riconosco, per esempio, che la lamentazione rispetto al problema di comunicazione è giusta, cioè non va alimentata la psicosi, però va preso atto che il problema esiste.
Detto questo, va bene tutto ciò che l'assessore Agostini ci dice — "bisogna fare degli interventi strutturali, bisogna abbassare l'attenzione sulla psicosi" — però ho sentito soltanto parole vuote. Noi non abbiamo sottoscritto la proposta di risoluzione unitaria perché non contiene interventi concreti. Abbiamo tentato di trovare un accordo unitario solo che fosse stato concesso qualcosa di concreto di ciò che noi chiedevamo. Nel suo intervento, assessore, ho sentito frasi tipo "stiamo cercando di attrezzarci", "ci vuole un approccio di filiera che tenga conto delle attività commerciali", ma sono parole vuote. Questa problematica della BSE, di questa malattia andava affrontata con più tempestività e con più attenzione. Soprattutto noi lamentiamo che le finalità di cui alla nostra mozione non sono state recepite assolutamente nella proposta di risoluzione. Né vale sostenere, come ho sentito dire, che c'è un intervento del Governo che non è risolutore ma è del tutto parziale, perché la ricaduta sulle filiere marchigiane sarà una ricaduta di pochi miliardi. Il posticipo dei pagamenti degli oneri previdenziali è un palliativo, in quanto è solo uno spostamento nel tempo. Il risanamento dei debiti o l'ipotetica ristrutturazione degli esercizi con un mutuo all'1% è comunque una assunzione di debito.
Noi abbiamo fatto anche una proposta, in "sala chiusa": di intervenire con un gesto di buona volontà, con una riduzione dell'Irap che rientra nelle competenze fiscali del Governo regionale e ci è stato rifiutato anche questo. Questa mattina ho sentito la collega Benatti dire "bisogna fare degli interventi strutturali", e intanto che facciamo gli interventi strutturali cosa ne sarà degli operatori economici, degli allevatori, dei commercianti? Abbiamo bisogno di sopravvivere oggi, non di sopravvivere tra tre anni, quando saranno completati, se mai lo saranno, gli interventi strutturali.
Ho sentito parlare contro i contributi a pioggia. Io credo che il problema degli allevatori e il problema soprattutto dei commercianti e dei macellai vada interpretato come un problema di tutti, come un problema sociale, quindi non è un contributo a pioggia, è un provvedimento che mira a far superare ad una categoria economica importante, centrale nella nostra economia, come quella dei commercianti, un problema di crisi.
Vi ricordo che poco tempo fa c'è stato un problema analogo, quello dei pescatori e dei venditori di pesce. Per questi signori noi abbiamo fatto una battaglia comune che si è conclusa positivamente e il Governo ha concesso un contributo di 200 mila lire al giorno anche per i commercianti di pesce. Non vorrei che il tiraggio dovuto ai pescatori, che è un tiraggio politico che ai venditori di carne manca, abbia fatto aggio quella volta ed ora il problema non si senta.
Ripeto, noi insisteremo nella nostra mozione perché nel tentativo, nelle discussioni che ci sono state per trovare un accordo comune non è stata fatta la benché minima apertura concreta, perché noi siamo portatori di messaggi concreti e le parole non ci bastano. Ci sono state offerte soltanto parole vuote, ma dalla sinistra non ci aspettavamo altro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Credo che vada data una risposta alle cose che diceva adesso Favia, perché noi abbiamo fatto un lavoro con l'intento, credo riuscito, di trovare il massimo di unità su una questione estremamente delicata, che interessa tutti i cittadini come consumatori e che interessa tante aziende sia del settore zootecnico che della trasformazione e commercializzazione. Un tentativo riuscito, basta vedere le firme che ci sono in questo documento. Pertanto sono convinto che verrà approvato a larghissima maggioranza.
Noi vogliamo dare una risposta di merito, concreta, guardando al futuro, alla prospettiva, ai problemi reali, perché abbiamo richiamato decreti, atti che abbiamo compiuto all'interno di questo Consiglio regionale, che la Giunta è impegnata ad attivare concretamente. Favia fa propaganda elettorale, volendo fare delle promesse che lui stesso sa che non saranno mantenute. Credo che la proposta di risoluzione che abbiamo presentato dia una risposta di merito sia al problema dei macellai, quindi della parte commerciale, che agli allevatori e nel tempo saremo in grado anche di rendicontare quello che diciamo con atti concreti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. La firma che è stata posta in questa proposta di risoluzione, ritengo che derivi soprattutto da una presa di coscienza concreta per dare una risposta giusta e obiettiva alle esigenze e alle richieste che vengono fatte da coloro che in concreto hanno dei danni. Che poi la cosa sia distribuita anche ad altre categorie è implicito, perché è un'operazione economica ed è normale che ci sia una certa ricaduta a pioggia più o meno consistente anche su tutte le altre categorie, però ci sono dei fattori essenziali e preminenti. Primo, noi votammo all'unanimità una risoluzione che richiamiamo, perché non possiamo dare più garanzie di quelle che possiamo dare in concreto. Secondo, c'è un'altra questione importante: dobbiamo favorire coloro che hanno subito concretamente il danno e il danno non è subito solo per la presenza di questa forma di malattia ma anche da cattive notizie date da persone senza scrupoli che prima di tutto non conoscevano sul piano scientifico la cosa — anche perché sul piano scientifico risposte concrete ancora non ci sono date — ma che hanno provocato danni — e mi riferisco soprattutto alla televisione — creando allarmismi ancora maggiori rispetto a quelle che sono, in concreto, le problematiche che provoca questa encefalopatia spongiforme bovina.
Mi sembra logico che in ognuno di noi ci sia prima un fatto di coscienza: cerchiamo di dare risposte che siano il più possibile attendibili e non allarmistiche. Se andiamo a dire che alla distribuzione deve essere dato un contributo, nella realtà per il 90% va alla grande distribuzione, non alla piccola. Quindi, concretamente vengono portate delle entità minimali.
Noi abbiamo richiesto — i due rappresentanti della terza Commissione, Cesaroni e io — che fosse messa una parte che riteniamo importante: quella che dice "intervenire nella cabina di regia istituita presso il commissario BSE affinché ci sia una estensione del contributo per il riconoscimento agli allevatori del valore delle parti animali che vengono portate all'incenerimento". Questi sono dei messaggi concreti e risolutivi. Occorre sicuramente fare una battaglia politica, però prima ci dobbiamo assumere delle responsabilità per dare delle risposte.
Riteniamo che questo sia fattibile, ma soprattutto se si riesce a portare avanti questo discorso riteniamo che la stessa Regione potrà dare un contributo fattivo solo ed esclusivamente se c'è questa volontà, altrimenti il resto sarà un'apertura di campagna elettorale in cui verrà fuori un dibattito ma in concreto dobbiamo intervenire su coloro che hanno l'immediata problematica derivante da una perdita di profitto che è quasi totale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento alla mozione n. 69.

(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la mozione n. 69.

(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la proposta di risoluzione. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Vorrei riprendere garbatamente, ma con molta fermezza la polemica dell'assessore Agostini. Io non sono abituato a dire che qualcuno travisa la verità. Credo che nessun gruppo politico, al di là dell'accentuazione legata anche al ruolo che svolge, abbia travisato la verità rispetto al dibattito che abbiamo fatto oggi e che è stato anche abbastanza ricco per la sua evoluzione. Se mai mi corre l'obbligo di dire che questa verità può essere affermata in diversi modi. Lei, per esempio, ieri mattina sulla stampa regionale ha affermato una cosa che è una mezza verità, perché quando dice che nel piano triennale dell'Anas ci sono nuovi 53 miliardi per la Fano-Grosseto dice una cosa che corrisponde ad una mezza verità, nel senso che sono soldi già previsti che dovrebbero finanziare il terzo lotto, primo e secondo stralcio, nel tratto che va dalla galleria della Guinza fino all'inizio del centro abitato di Mercatello, che erano già stati finanziati, che sono stati revocati al momento di "Tangentopoli", che sono stati riassegnati... (Interruzione dell'assessore Agostini). Ma non sono finanziamenti nuovi, non riguardano un nuovo intervento rispetto alla Fano-Grosseto. Sarebbe bene che lei e l'on. Gasperoni vi informaste adeguatamente prima di intervenire. Non si tratta di lavori nuovi: si metta d'accordo con il suo collega Palmiro Ucchielli che la pensa come me, anzi è molto più duro di me nei giudizi di queste parole al vento che vengono dette.
Sul documento in discussione debbo solamente dire che è un documento appiattito sulle posizioni del Governo regionale. Questo è un fatto indiscutibile. Ognuno di noi è libero di fare quello che vuole, noi questo documento non possiamo più accettarlo, perché contrasta con la posizione emersa in questo Consiglio, espressa non solamente da noi ma anche da altri gruppi, contrasta con le esigenze poste dai produttori agricoli, dagli allevatori e dagli operatori della rete commerciale di questa regione, perché è di fatto un richiamo generico a risultati mai conseguiti dal Governo regionale rispetto a questo settore. Si possono fare operazioni di trasformismo politico, ma poi le cose sono sotto gli occhi di tutti, quindi il giudizio tutti lo possono dare.
Il Governo regionale è stato ed è inadempiente rispetto a questa problematica, il documento è aria fritta, perché se ve lo leggete vi accorgete che è solamente una riaffermazione di luoghi comuni, non contiene nessuna novità ed è un documento, come la risoluzione approvata tempo fa, che è una presa in giro degli imprenditori agricoli delle Marche, questa è la verità. Se avete il coraggio di dire che non vi interessa recepire due esigenze fondamentali, che erano le condizioni attraverso le quali potevamo votare questo documento... (Interruzione del consigliere Avenali). Era una politica vera rispetto al problema dello smaltimento, nei confronti del quale prendiamo atto che la Regione viene abilitata a non spendere una lira di suo ma a spendere solamente le risorse della Cee e del Governo italiano. Così come avete disatteso un'altra esigenza forte che era stata posta: quella di aiutare in maniera chiara la rete commerciale. Quanto meno i macellai delle Marche sapranno che sono cittadini di serie B, che devono pagare le tasse ma non possono avere la considerazione della maggioranza di questo Consiglio regionale.
Per questo il gruppo di Forza Italia vota contro la risoluzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Anch'io acquisto la carne dai macellai Giannotti, e non dagli allevatori come fai tu. Il messaggio che noi diamo ai marchigiani è che oggi possiamo stare tranquilli nella nostra regione e comperare la carne dai macellai, non abbiamo bisogno di comperarla dagli allevatori, perché la rete di controlli è tale che ci permette questa tranquillità. (Interruzione del consigliere Favia). Lei non c'era questa mattina: capisco che questa può essere una sorta di autogol. Sulla scia di quello che diceva questa mattina l'assessore, il quale dava un messaggio in positivo, confermo che anch'io ho questo rapporto di fiducia e il messaggio che diamo è quello di avere questo rapporto di fiducia, perché la rete di controlli nella nostra regione è tale che può dare una certezza. Il decreto legge governativo già prevede agevolazioni nella direzione dei macellai che sono pertanto cittadini di serie A al pari delle altre categorie, per cui su queste problematiche delicate è difficile una strumentalizzazione.
La mozione che andiamo ad approvare e che è frutto di punti precisi e di impegni che vengono indicati al Governo regionale, è una mozione che vede le firme della maggioranza, ma debbo dire che anche i consiglieri di altri gruppi — Viventi, Massi — hanno firmato. Devo anche dare atto al consigliere Cesaroni — sono sempre critico rispetto alle sue assenze pomeridiane — che questa sera, vista l'importanza dell'argomento non solo è stato presente ma ha dato un contributo firmando la mozione che impegna la Giunta su alcuni punti. Siccome io sono censore del "Cesaroni assente nel pomeriggio", gli do atto di questa presenza e do anche atto di una sensibilità ai consiglieri che su questo argomento hanno superato il confine maggioranza-minoranza e hanno inteso sottoscrivere questa mozione che evidentemente non è aria fritta, Giannotti. Lo sforzo che abbiamo fatto è stato positivo e ha colto anche la sensibilità di altri consiglieri, per cui abbiamo superato il recinto minoranza-maggioranza su problemi importanti. Una risoluzione seria, pertanto, che dà risposte serie rispetto alle problematiche che già abbiamo affrontato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Una cosa subito da chiarire, altrimenti diventa un messaggio in positivo, è che nelle Marche, ma anche in tutta Italia il prodotto che viene venduto negli esercizi commerciali, non è pericoloso o scadente, è un prodotto che è stato controllato minuziosamente e dal quale è completamente escluso qualsiasi tipo di pericolo. Se passasse questo messaggio, il quantitativo prodotto nelle Marche e venduto negli esercizi commerciali non darebbe assolutamente una risposta concreta ai fabbisogni, nonostante le vendite siano calate del 40-50%, perciò nelle Marche noi vendiamo carne marchigiana e carne che viene prodotta nelle altre regioni.
La cosa fondamentale da chiarire, è che questa mozione non fa altro che richiamare, per circa il 70%, una risoluzione che avevamo votato all'unanimità. Non c'è niente in più, ci sono solamente dei chiarimenti che abbiamo preteso di riportare per dare una certezza e una risposta alle esigenze concrete di quelle categorie che ci stanno rimettendo realmente i loro investimenti. Questo non significa che la risposta non debba essere data anche ai commercianti, però ci sono delle incompatibilità anche a livello di aiuti, che molte volte in alcuni settori non possono essere dati perché poi andiamo incontro alle normative della Comunità europea, ma soprattutto oggi si è chiarito che si vuol portare in positivo un contributo non così come indicato a livello nazionale ma anche per quella parte di perdita che hanno gli agricoltori nel momento in cui il 10-15% del peso totale dell'animale deve andare all'incenerimento. Quei 50-60 chili di prodotto non vengono infatti pagati. Da questo dramma chi ci va a guadagnare non devono essere gli inceneritori, perché purtroppo sta succedendo questo: i prezzi a chilo delle sostanze che vengono portate agli inceneritori sono raddoppiati, con tutte le problematiche che derivano dagli agricoltori stessi, perché quando il prodotto viene portato all'inceneritore, immediatamente l'agricoltore deve anticipare i costi, che sono notevolmente superiori a quel contributo che è già stato riconosciuto con i famosi 300 miliardi che vengono dati direttamente dallo Stato.
Siamo consapevoli che si deve fare di più, ma con una mano sulla coscienza ci sentiamo anche sereni nel portare un contributo fattivo alla risoluzione di questo dramma nazionale.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)



Mozione (Discussione e votazione): «Cartiere Miliani di Fabriano» Luchetti, Avenali, Procaccini, Tontini, D'Angelo, Ascoli e Benatti (92)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 92 dei consiglieri Luchetti, Avenali, Procaccini, Tontini, D'Angelo, Ascoli e Benatti.
Ha la parola, per illustrare la mozione, il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. La mozione è stata ricondotta ad una volontà comune di tutti i gruppi consiliari presenti in aula eccetto il gruppo di Rifondazione che ha mantenuto la sua mozione originaria.
La mozione, che, come ho già detto, è stata trasformata in proposta di risoluzione, torna di nuovo sulla questione Cartiere Miliani perché ci si trova di fronte ad una situazione del tutto particolare. Siamo arrivati, cioè, ad una situazione molto delicata dell'intera vicenda cominciata due anni e mezzo fa circa con il nuovo piano industriale, con il risanamento della situazione che presentava questo gruppo industriale. Due anni fa si è cominciata una strada del tutto nuova rispetto ad una privatizzazione annunciata ma che corrisponde ai termini che l'Europa ci impone e a cui dovevamo far fronte nel modo migliore possibile garantendo sia l'occupazione in prima istanza sia una tradizione industriale e produttiva che fa delle Cartiere Miliani uno dei gruppi più conosciuti nel mondo. Tra l'altro, questa procedura che è iniziata due anni e mezzo fa, è stata contrassegnata da una serie di appuntamenti importanti, sia con gli accordi sindacali sia con altri momenti in cui sono intervenute — ad esempio con il terremoto — altre situazioni che hanno determinato un serie di provvedimenti che si mettono insieme per determinare una condizione che sarà poi definita con l'apertura del bando di gara e con le offerte che saranno fatte dalle aziende cartarie che vorranno cimentarsi in questa asta.
Sono state presentate varie domande e in questo momento il Ministero del tesoro sta valutando quelle che corrispondono ai criteri definiti per concorrere a questa asta.
La risoluzione rifà il percorso di questa situazione e ribadisce i cardini che vogliamo mantenere fermi, partendo dalla presa d'atto della scadenza dei termini previsti e ribadendo la volontà di questo Consiglio di considerare la rilevanza delle CMF non solo per la loro tradizione ma perché questo polo ha rilevanza in una zona, quella del terremoto, che la dice lunga su quanto risulti ancora più importante oggi il mantenimento degli stabilimenti. Parlo soprattutto della parte maceratese delle Cartiere, cioè Castelraimondo e Pioraco in modo particolare, che è importante per il destino e la sopravvivenza di alcuni paesi. Pertanto, nel ribadire questa centralità si ribadiscono anche le garanzie che sono state date con gli accordi sindacali del luglio 1999 e agosto 2000 che pongono in essere tutte quelle sicurezze necessarie alla conservazione del polo produttivo. Anzitutto salvaguardia del discorso occupazionale che diventa uno dei principali obiettivi a cui ci si vuole richiamare con questa risoluzione.
Tra l'altro abbiamo accolto una preoccupazione di parte del Consiglio nel senso che deve essere valutato integralmente il patrimonio delle Cartiere nelle proposte che le aziende faranno partecipando all'asta, perché non vorremmo che un patrimonio venisse sottovalutato a favore di chi vorrebbe speculare in questo acquisto.
Tra l'altro c'è un problema: questo potrà essere evitato se saranno assolutamente rispettati i criteri che sono stati posti alla base dell'asta.
Si ribadisce un impegno che riguarda la Giunta nel seguire tutti i passaggi di questa vicenda e a questo proposito i presidenti di gruppo questa mattina si sono messi d'accordo per far sì che la Giunta abbia il conforto anche di tutta la terza Commissione, in modo tale che alle trattative ci sia anche la presenza di rappresentanti del Consiglio regionale, così come ci siamo messi d'accordo come presidenti di gruppo.
Questa risoluzione ribadisce in tutte le sue parti una volontà precisa del Consiglio regionale che, tra l'altro, dovrà anche verificare tutti gli aiuti che a questo gruppo dovranno essere dati a seguito anche dei finanziamenti della legge 61 sul terremoto, che rafforzano l'attuale piano industriale.
Questi ulteriori finanziamenti che riguardano soprattutto lo stabilimento di Pioraco sono indispensabili affinché tutto il gruppo divenga massimamente produttivo, ma è importante fare in modo che la logistica, per esempio, sia una delle questioni che siano prese in considerazione negli interventi che si faranno all'esterno dell'azienda, per mettere tutti gli stabilimenti in condizioni di essere raggiunti adeguatamente attraverso una rete viaria necessariamente riadattata.
Avremmo voluto che anche Rifondazione confluisse; mi sembra che il taglio che anche Rifondazione dava alla sua risoluzione potesse essere contenuto in questo documento, anche perché mi pare che Rifondazione esterna sì qualche preoccupazione in più sulla privatizzazione eccessivamente affrettata, ma riconoscendo gli accordi sindacali che sono stati alla base della riorganizzazione mi sembrava fosse opportuno che anche Rifondazione potesse aderire. Questo non è avvenuto, ma riteniamo che, nonostante le due risoluzioni presentate questo Consiglio deve assolutamente ribadire in questa fase del tutto particolare il suo impegno, in modo tale da assicurare sia al sindacato che a tutte le maestranze la massima vicinanza e vigilanza su quanto si dovrà fare per ciò che riguarda le Cartiere.
Dal punto di vista occupazionale le cose stanno andando secondo gli accordi stipulati. Non è vero quello che sostiene Rifondazione sulla cassa integrazione: i dati sono molto più leggeri di quelli che vengono rappresentati e le prospettive che sono state date dal piano industriale consentiranno nel giro di breve tempo di assorbire quasi tutte le maestranze all'interno del ciclo produttivo.
Mi sono soffermato sull'aspetto dell'occupazione perché lo riteniamo essenziale come Consiglio, pertanto penso che sia un'ulteriore dimostrazione, questa, da parte del Consiglio regionale di una attenzione verso questo centro produttivo che dovrà continuare fino a che non sarà terminato tutto il processo messo in atto dal Poligrafico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Non voglio ripercorrere l'intervento appena fatto dal collega Luchetti, dico soltanto che Rifondazione comunista mantiene la propria risoluzione non per pignoleria o per puntiglio. Tra le due risoluzioni c'è una diversità di fondo: sta nel fatto che voi la privatizzazione delle Cartiere Miliani la giustificate, mentre Rifondazione comunista la subisce. Posso anche riconoscermi in alcune delle cose testé asserite dal consigliere Luchetti, ma in questa mozione non si ripercorre affatto la storia delle Cartiere Miliani e di come si è giunti alla fase di privatizzazione. Si fa riferimento agli accordi sindacali del luglio 1999 e dell'agosto 2000. Vorrei ricordare a quest'aula che nell'accordo del luglio 1999 la finalizzazione era quella di una ristrutturazione dell'azienda, investendo direttamente sulla stessa per renderla competitiva, tant'è che questa cosa veniva ripresa nella legge 144 del maggio 1999, specificatamente all'articolo 22. Nell'accordo stipulato nell'agosto del 2000 si è prevaricato questo spirito — ristrutturazione dell'azienda e competitività sul mercato — e si è proceduto frettolosamente alla privatizzazione della stessa.
Peraltro vorrei far notare che la legge 144, in modo particolare all'articolo 22, viene ripresa addirittura dall'art. 154 della finanziaria, quindi si rinnova quel contributo ventennale di 80 miliardi all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, dopodiché nello stesso momento questa azienda viene venduta e non svenduta, ma in altre situazioni come quella della FAD continuo a dire che c'è stata una svendita e non una vendita.
Addirittura un parlamentare di questa regione, l'on. Galdelli nel caso specifico, ha dichiarato che ancora non si conoscerebbe l'esatto valore patrimoniale dell'azienda stessa. Allora, delle due l'una: se dobbiamo arrivare a una vendita io credo che sia corretta quanto meno nel riconoscere il valore reale di mercato di questa azienda. Noi comunque rimaniamo contrari alla privatizzazione perché non crediamo nelle virtù di questo nuovo acquirente, chiunque esso sia, che potrà trasformare un'azienda improduttiva in produttiva senza sapere quale sarà la ristrutturazione, come si agirà, qual è il piano industriale. Ma quello che più ci preoccupa è il futuro dei lavoratori di quell'azienda.
Ho sentito parlare poco fa che 100 persone in cassa integrazione sarebbe un numero troppo elevato. Io non so se sono 180, 170, comunque verifichiamo quanti sono. La cosa che so con certezza è che a fronte della cassa integrazione che comunque esiste, continua a coesistere un abuso del lavoro straordinario. E' vero o non è vero? Allora, delle due l'una: o c'è necessità di lavoro e reintegriamo chi non sta lavorando, o non c'è questa necessità e allora si dica come stanno esattamente le cose. Ma il punto fondamentale, per quello che ci riguarda è la difesa totale dei posti di lavoro all'interno delle Cartiere Miliani. In questa cosa le due risoluzioni si assomigliano. Posso riconoscere che c'è questo atteggiamento di grande attenzione nei confronti della tutela del posto di lavoro di tutte le maestranze interessate.
Rifondazione comunista non ci sta. Noi, l'8 marzo saremo a Roma ad una manifestazione a cui interverrà anche il segretario nazionale del nostro partito on. Fausto Bertinotti, nella quale continueremo a difendere le nostre posizioni e la nostra impostazione complessiva che dal primo momento fino ad oggi non si è mai deformata di una sola virgola. Noi siamo e restiamo contro tutte le privatizzazioni, ma in modo particolare contro una privatizzazione come questa di cui non riusciamo ancora a definire esattamente i contorni. Ma, quel che più ci interessa, è che quanto meno questa nostra iniziativa di carattere nazionale, a cui mi auguro che intervengano moltissimi lavoratori e lavoratrici delle Cartiere Miliani di Fabriano, faccia sì che si arrivi a una difesa veramente seria del posto di lavoro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Quando in passato parlavamo di difesa di posti di lavoro eravamo stati un po' criticati per avere assunto posizioni ferme e determinate, forse per qualcuno anche inaspettate. Anche in questa circostanza ribadiamo tutto il nostro appoggio, la solidarietà e la necessaria tempestività affinché il problema venga rapidamente risolto. In passato l'abbiamo fatto con la Telecom, con i precari, con i lavoratori dell'Enel e, grazie al nostro buon senso e alla nostra disponibilità, si è potuta votare la mozione, perché in aula non c'erano i numeri necessari.
Un paio di considerazioni ritengo opportuno farle, una per quanto riguarda l'amico Cesaroni. Gli appelli di Silenzi sono stati recepiti e accolti e c'è qualche dubbio e qualche sospetto perché vota insieme lui, ma nello stesso tempo ha ribadito la propria autonomia di componente l'Ufficio di presidenza, svincolato e sganciato dal gruppo. Come già in passato, per nomine e altri tipi di iniziative, il gruppo di Forza Italia aveva non preso le distanze da Cesaroni, ma gli aveva lasciato al propria autonomia nelle scelte, nelle indicazioni, così come fa oggi.
Una rassicurazione all'amico Francesco Massi, che quando andava in giro diceva sempre che votavamo con i Ds: oggi hai verificato, Francesco, che vi siete allargati, quindi non siamo solo noi ma cominciamo ad essere in tanti, eventualmente. Quindi, quando si va in giro si può veramente dire che la Casa si è allargata.
Per quanto riguarda le Cartiere abbiamo già detto che siamo favorevoli. Un appunto al sindacalista Marco Luchetti che è molto sensibile a livello di sindacato ma poco attento alla stampa locale, come sindacalista e non come consigliere regionale. Leggendo la rassegna stampa che ci viene messa a disposizione, vediamo che "I dipendenti regionali sono in rivolta. Interrotte le relazioni sindacali. Amministrazione insensibile. Nessuna risposta alle richieste d'incontro". Tu puoi dire che non c'entra niente, ma anche qui si tratta del mondo del lavoro e mi fa specie che con tanto entusiasmo parlate della concertazione, del rapporto di lavoro, ma proprio dentro casa vostra non siete capaci di mantenere un corretto rapporto di lavoro.
Qui c'è una situazione preoccupante, da quello che si legge sulla stampa. Invitiamo anche il consigliere Silenzi a prendere un'iniziativa in questo Consiglio regionale, nel nostro Consiglio regionale per conoscere quali sono le reali situazioni, quali sono le circostanze che creano questo malessere nei lavoratori. Vogliamo conoscere questa situazione.
Presidente, mi permetta di dirlo per l'ennesima volta: molto spesso questi assessori non li troviamo molto presenti in aula. Non so se hanno impegni, giustificati o ingiustificati...

UGO ASCOLI. Sì, ma le Miliani?

OTTAVIO BRINI. Noi siamo favorevoli, però preoccupati anche dei dipendenti della Regione, Ascoli.

UGO ASCOLI. Non c'è dubbio.

OTTAVIO BRINI. Non mi devo preoccupare io, amministri tu. Sei tu il governo della Regione, tu devi dare le risposte.

UGO ASCOLI. Stai tranquillo...

OTTAVIO BRINI. Io non sto tranquillo... Devi tranquillizzare i lavoratori che vi contestano, i vostri lavoratori.
Di fronte a queste denunce chiare, precise penso che un minimo di responsabilità e di sensibilità su questo problema, di coscienza dovreste averle. Luchetti è a posto, lui ha parlato di risoluzione, ci sono i dipendenti sopra, lui è tranquillo, ha incassato e via. Ma per questi altri dipendenti che contestano vorrò vedere quale sarà la tua prossima iniziativa...

MARCO LUCHETTI. Ma li vuoi privatizzare?

OTTAVIO BRINI. Noi non ci scorderemo di questo e ti talloneremo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Nella premessa di questa risoluzione unitaria non sono entrato, a nome dei Cattolici democratici, nel merito, non conosco tutti gli antefatti, credo però che sia necessario, se vogliamo essere seri e responsabili, che di fronte a un atto di privatizzazione di un'importante azienda statale ci debba essere da parte del Governo regionale la dovuta attenzione perché, una volta decisa la privatizzazione e le relative procedure, le stesse vengano rispettate con serietà, con ordine ecc.
Ho ritenuto di dover apporre la mia firma a questo documento dal momento che non l'istituzione di un nuovo organismo — sarebbe stato un doppione — ma l'individuazione nella terza Commissione consiliare, che è competente per gli affari produttivi a seguire l'iter di questa procedura di vendita sia sicuramente un fatto positivo. Noi non modificheremo alcunché rispetto a quelle che potranno essere le decisioni, però un'attenzione affinché tutto segua un iter regolare potremo assicurarla. Ritengo che un'azione di vigilanza da parte delle forze politiche anche su un atto di privatizzazione sia necessaria, anche se si potrebbe dire "se privatizzate non dovete andare a interferire con colui che acquista". Essendo questo un bene pubblico, un bene statale mi sembra doveroso che ci sia una certa attenzione. Anche perché nel recente passato ci sono state delle decisioni che, secondo una logica di politica industriale non le ho comprese e a maggior ragione ritengo che un'azione di vigilanza sia necessaria. Mi riferisco in particolare ad alcune questioni che possono riguardare, per esempio, lo smembramento delle Cartiere Miliani. In una logica produttiva non so se questo significa aumentare o diminuire il valore dell'azienda. Per esempio, la cessione della FAD di Sassoferrato, un opificio industriale che si garantiva in quanto risulta essere uno di quelli che produceva un reddito, era in positivo come bilancio, non credo sia stata una cosa opportuna. Fra l'altro è stata definita non "vendita" ma "svendita", perché dopo 15 giorni è stata rivenduta con un ricavo quasi doppio rispetto al prezzo originario — l'avv. Novelli mi dice da 24 a 40 miliardi — quindi chi ha effettuato questa operazione ha lucrato bene.
A me risulta poco comprensibile lo smantellamento del servizio commerciale: un'azienda senza portafoglio è un'azienda che vale poco, e questo è un altro dato che desta preoccupazione, così come ho capito poco perché il Ministero del tesoro sia intervenuto ad aiutare questa azienda che in due anni aveva perso circa 370 miliardi, più 60 miliardi per la sua capitalizzazione scesa a 1,5 miliardi e perché non sia intervenuto prima evitando così che le Cartiere Miliani si indebitassero per pagare interessi passivi su debiti contratti per acquisizioni di aziende decotte, con decisioni a livello politico e non manageriale, tipo la Cellulosa Calabra che non aveva proprio alcun senso andare ad acquisirla.
Ci sono degli aspetti che lasciano un po' perplessi, quindi ritengo che un'attenzione particolare da parte di tutte le forze politiche sia doverosa e necessaria e l'avere individuato nella terza Commissione quella deputata a ciò credo che sia un fatto da cogliere positivamente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Intervengo principalmente per spiegare perché il gruppo di An ritirerà la proposta di risoluzione a firma mia e di Pistarelli sulla questione della vendita delle Cartiere Miliani e delle vicende che hanno portato a una vendita in condizioni patrimoniali molto difficili.
E' una denuncia che faccio un po' a malincuore, perché la nostra risoluzione chiedeva al Consiglio di puntare i riflettori su vicende gravi, che pesano. Il consigliere Viventi ha parlato di cifre grosse sperperate in questi ultimi anni, in una vicenda che resterà come una pagina nera nella storia delle partecipazioni statali, della gestione del pubblico denaro, tra l'altro in anni in cui i Ministeri del tesoro sono stati occupati da ministri importanti nella storia d'Italia e nella coalizione che ha governato e tuttora governa questo Paese.
In queste condizioni noi ritiriamo il nostro documento e sosteniamo in primis quello a firma di tutti i presidenti di gruppo, tranne Amagliani, perché riteniamo che alle maestranze vada data una risposta forte, unitaria, ancorché un po' minimale, ma comunque unitaria per presentarci con la massima forza rivendicativa al tavolo delle trattative.
Non insistiamo nella nostra richiesta di fare chiarezza e giustizia, ma a latere della mozione che votiamo e del ritiro dell'altra, chiediamo di dedicare un minuto a vedere se è vero o non è vero che su questa vicenda occorre fare un po' di chiarezza, perché le Cartiere Miliani non sono un'azienda tecnicamente decotta. Sono un patrimonio di storia, erano un patrimonio anche imprenditoriale ed economico non obsoleto ma saccheggiato da una gestione che si presenta macroscopicamente insostenibile.
Ho fatto già una segnalazione alcune settimane fa sulla stampa circa la pendenza di procedimenti penali, anche in Ancona, su questa vicenda. Alcune cose le ho qui e le ho richiamate con numero di ruolo, con magistrati istruttori, con nomi di CTU che hanno fatto relazioni affermando la sussistenza del reato del 2721, cioè falso in bilancio. Mi è arrivato un esposto di un ex consigliere di amministrazione del Poligrafico, quindi persona che ritengo informata — poi, se è un folle dovrà essere messo a non nuocere — che mi segnala alcune vicende ulteriori spaventose. Le Cartiere Miliani nel 1992 avrebbero redatto due diversi bilanci, uno in pareggio e uno in perdita di 18 miliardi. Nel 1994 avrebbero redatto un bilancio con un piccolissimo utile, ma in quel bilancio c'è una vendita di una società controllata a un'altra società controllata, realizzando una plusvalenza di 22 miliardi: come togliersi i soldi da una tasca, metterli nell'altra e guadagnare dall'operazione 22 miliardi da portare a bilancio. Un'altra controllata, la Iniziative Fabriano in due anni, con un solo dipendente ha avuto una perdita di oltre 10 miliardi, poi viene messo a bilancio della controllante Miliani come se fosse un cespite di 27 miliardi di patrimonializzazione. Siamo di fronte a situazioni macroscopiche che hanno portato la procura di Roma ad aprire un fascicolo, il gip a disporre una perizia — è stata una perizia affidata ai proff. D'Alessandro e Franzoni — che ha riscontrato l'esistenza di gravi falsi in bilancio. Il gip ha trasmesso il fascicolo nell'ottobre 1997 alla procura di Ancona e io ignoro se sia ancora pendente questo fascicolo — riterrei di sì — ma chiedevo nella risoluzione, e ancora chiedo, che questo Consiglio regionale, il Presidente della Giunta, che tra l'altro è competentissimo in materia e chi di dovere si attivino presso il Ministero del tesoro, presso il Poligrafico che è azionista, quindi persona offesa in questo procedimento e ha titolo per avere almeno la comunicazione del 335, per vedere se il fascicolo pende o no, verificando se c'è la richiesta di parte civile, oppure prendere la copia della perizia per fare le azioni necessarie. Se veramente qualcuno ha sperperato 300-400 miliardi in pochi anni, si può non perseguirlo? Può la sinistra che ha retto il Governo e il Ministero del tesoro in questi anni non sentirsi obbligata lei a fare chiarezza su queste circostanze? Con la FAD c'è stata una evidente combine. La FAD che era in attivo, è stata offerta a vari soggetti fra cui l'a Ritrama Spa di Monza che ha offerto 10 miliardi. L'offerta è stata ritenuta insufficiente e fu assegnata agli Investitori Associati per 25 miliardi. Dopo quattro mesi la Investitori Associati rivende proprio alla Ritrama, quella che offriva 10 miliardi, per 40. E' non c'è qui l'accordo? Tra l'altro è una vicenda che fa pensare anche a commistioni politiche, perché la Investitori Associati è abile in quanto guadagna 15 miliardi in quattro mesi ed è anche bene appoggiata, perché tra l'altro partecipa alla cordata l'istituto finanziario in cui ha una posizione apicale il figlio dell'on. Cossutta. Prima il consigliere Procaccini ha detto che hanno liberato l'Italia dal fascismo e dal nazismo; da questo vezzo non l'hanno liberata, tanto che nella famiglia c'era anche Vittorio Merloni.
Concludendo, credo che chiarezza debba essere fatta. Personalmente voterò la risoluzione di Amagliani, perché il richiamo alla inopportunità della vendita e alla questione della FAD merita di essere segnalato in questa sede.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Una interpretazione ideologica delle direttive comunitarie ha portato nel nostro Paese alla dismissione di comparti importanti e strategici che hanno visto via via, nel corso di un breve volgere di tempo, uno smembramento senza produrre né dinamismo economico né aumento di occupazione. Viceversa, come il caso di cui discutiamo questa sera, c'è stato l'esatto contrario proprio per una impostazione di tipo ideologico che non ha guardato al concreto, anzi possiamo dire — e anche qui condivido alcuni aspetti e considerazione che esponenti della minoranza hanno fatto — che la privatizzazione in realtà è come la disgrazia: finché capita ad altri viene compatita, quando tocca a se stessi procura danni, crea disoccupazioni, porta delle difficoltà.
Noi stiamo discutendo di questo: di una sconfitta ideologica delle forze che hanno visto in questa possibilità privatizzatrice quel toccasana e abbiamo visto anche una sconfitta di quelle forze che come noi hanno cerato di far mantenere un ruolo pubblico nell'economia che in alcuni settori potesse dare anche quella visione globale che il privato non può dare. Certo, se nel Governo, nel Parlamento, nelle Commissioni ove i Comunisti italiani si sono battuti, talvolta da soli, contro questa impostazione, non fossimo stati soli ma avessimo avuto più forza di altre formazioni politiche sia nella maggioranza che nel Governo, forse oggi potremmo parlare in termini di prospettiva in maniera molto diversa. Tuttavia credo che la politica debba avere il ruolo di guardare al futuro e al presente con una propria storia, soprattutto al presente per modificare un'impostazione, per modificare rapporti di forza in favore della necessità di mantenere, in primo luogo, posti di lavoro e, successivamente, uno sviluppo.
I Comunisti italiani sono chiamati a questo, non a fermarsi ad una analisi retrospettiva di una lotta che noi abbiamo fatto talvolta in sordina, come è nostro costume, da ultimo un convegno a Fabriano con il ministro Nesi, oppure qualche giorno fa una interrogazione significativa del compagno Galdelli al ministro dell'industria. Tuttavia, oggi siamo nella necessità e nella condizione di intervenire nel presente proprio per recuperare, per salvaguardare, se necessario anche per limitare i danni, perché siamo in una situazione di difesa, non siamo in una situazione di attacco e di riscossa. E' dentro questo quadro che abbiamo voluto formare quella mozione e sostenerla fino in fondo, perché essa interviene in quattro punti. In primo luogo, all'interno di questo processo essa cerca di salvaguardare l'occupazione e sostiene con forza, senza nessuna invasione di campo, l'azione delle organizzazioni sindacali che stanno compiendo un lavoro molto delicato e difficile, proprio perché le Cartiere Miliani Fabriano prima erano private e lo Stato le salvò anche con modalità anomale, perché insieme alle Cartiere Miliani furono accorpati anche altri — quelli sì — pesi morti. In secondo luogo si interviene sulla necessità di mantenere unitario il gruppo che è rimasto. E' vero, ci sono state anche delle svendite, tuttavia noi dobbiamo guardare al presente e mantenere, salvaguardare l'unità del gruppo. In terzo luogo, il mantenimento del marchio, che non è solo fine a se stesso ma può essere foriero di commesse economiche. In quarto luogo, un nuovo e vero piano finanziario, perché se possiamo fare un'aggiunta a questo dibattito, è che in tre anni questi cosiddetti manager, pubblici e privati, non sono stati in grado di fornire né un piano industriale credibile né, tanto meno, un piano di risanamento finanziario. E' chiaro che all'interno di questo contesto bisogna subito intervenire sulla stima reale, esatta di quello che si deve mettere in vendita e soprattutto conoscere, come abbiamo fatto con quelle interrogazioni, chi sarà l'acquirente e quale sarà il ruolo che dovrà ancora avere l'Istituto Poligrafico dello Stato. Questa risoluzione avrebbe avuto più forza, in primo luogo verso i lavoratori e verso il sindacato che sta lottando in quelle situazione difficile, se tutto il Consiglio avesse fatto uno sforzo, avesse dimostrato un ulteriore senso di responsabilità come abbiamo fatto prima per la mozione sull'uranio impoverito, dove sono state limate alcune comprensioni giungendo a un voto unitario, proprio perché la politica deve fare questo: sostenere, rinunciando talvolta a qualche cosa, una lotta più complessiva, più generale. E questo farà il gruppo dei Comunisti italiani con il proprio voto a favore.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Devo purtroppo ribadire alcune cose che in diverse occasioni ho sostenuto, cioè che la vicenda delle cartiere Miliani, ma più in generale la gestione di questo settore da parte dello Stato attraverso un meccanismo di scatole finanziarie, è stata una gestione scellerata durata molti anni, con passaggi di mano anche da maggioranze politiche molto diverse una dall’altra e con una caratteristica: che i gestori di queste operazioni economiche rimanevano permanentemente a galla, con il passaggio di Governi diversi, dalla fase degli anni ‘80 in cui c’erano dei cosiddetti manager che in realtà erano personaggi estremamente spregiudicati dello Stato, poi chiamati successivamente “boiardi” che tagliavano, comperavano, vendevano sempre con i soldi di tutti noi, che perdevano e che poi facevano ancor più perdere altri soldi, con successivi finanziamenti e ricapitalizzazioni. Però questi personaggi spesso sono rimasti gli stessi, prima con le maggioranze di centro-sinistra, poi intoccati con la maggioranza di centro-destra nella parentesi del Governo Berlusconi e poi ancora loro con i Governi successivi Dini, Prodi, D’Alema, e hanno divorato miliardi e miliardi dello Stato. Diceva prima Procaccini “noi dobbiamo guardare avanti”. Dobbiamo guardare avanti, ma le procedure sono sempre le stesse. Giustamente il mio collega di partito Novelli, intervenendo si lamentava del caso FAD di Sassoferrato, azienda leader nel settore degli adesivi, azienda sana economicamente, una di quelle che produceva a portava soldi che è stata svenduta dicendo “l’azienda non sta in piedi, ci sono licenziamenti” e gli operai, nella prospettiva di perdere il posto di lavoro hanno accettato tutto. Poi, alcuni operatori che erano all’interno e all’esterno dell’azienda ci hanno guadagnato un sacco di soldi, fino a privatizzarla avvero e, dopo averci ricaricato tantissimo — si dice addirittura il 400% — l’hanno venduta a un’operatrice vera, questa famosa Ritrama di Monza che ha acquistato un’azienda sana e quindi ci guadagnerà, aumenterà l’occupazione dopo che i vecchi dirigenti hanno detto “non ci sono ordini, non c’è mercato”, hanno smantellato l’area delle vendite. E adesso tutto va bene.
La stessa operazione è in corso in queste ore con un’altra azienda del gruppo sempre appartenente alla Cargest che è la finanziaria dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, con la Fabriano Filter Media, con gli stessi personaggi. Quello che è grave è che chi ha colpito una volta sta per colpire ancora, perché la Fabriano Filter Media è una delle tre al mondo che produce filtri per materiale sanitario, mascherine ed altro, quindi è un’azienda che agisce quasi in regime di monopolio, è produttiva e attiva. Adesso è stata messa in situazione di difficoltà di bilancio perché addirittura sono stati allungati i pagamenti che dovevano essere fatti entro l’anno 2000 per presentare un bilancio che non fosse produttivo ed efficace. Quindi, con queste operazioni le aziende valgono poco, dei 35 dipendenti 12 sono stati messi in cassa integrazione, a rotazione, ci sono ordini potenziali e gli ordini vengono respinti. Questa azienda sta andando a valere poco, sarà comperata, sembra da una società di comodo, poi sarà rivenduta sul mercato a prezzi veri di mercato e questa operazione è gestita dallo stesso amministratore delegato — in questo caso è amministratore unico, perché l’azienda ha un’altra natura — che ha gestito l’operazione FAD.
Questa mattina abbiamo riunito i presidenti di gruppo e l’Ufficio di presidenza per proporre di mettere a fianco dell’assessore un comitato che segua queste cose, perché le vicende devono essere talmente pubblicizzate e trasparenti che non è più possibile operare nell’ombra, perché queste operazioni economiche vengono fatte nell’ombra e funzionano solo quando nessuno se ne accorge. Noi non possiamo permetterlo, così come non possiamo permettere che l’operazione di immissione sul mercato del 99,9% del capitale azionario delle Cartiere Miliani Fabriano avvenga sulla valutazione discrezionale di alcuni operatori che sicuramente saranno di grandissimo livello, che però non rispondono alle nostre direttive. Poiché si tratta di un’azienda a capitale pubblico che viene venduta si deve sapere tutto, su questa cosa non ci può essere quel meccanismo che ha portato all’immissione sul mercato di società ricchissime al punto di vista ella potenzialità per quattro lire, come è successo per i migliori gioielli dell’industria italiana.
Su questo mi ritrovo più a sinistra della sinistra, perché è veramente inaccettabile che vi siano queste operazioni gestite da pochissimi, che però hanno un collegamento fortissimo con la politica. Se non c’è il collegamento con chi detiene il potere dei pacchetti azionari non si può fare niente. Quindi ribadisco la solidarietà del gruppo di Alleanza nazionale ai lavoratori, chiedo che i sindacati non si pongano in un atteggiamento di mediazione in queste operazioni. Io credo che le rappresentanze sindacali aziendali siano assolutamente in buona fede, non posso pensare che gli stessi lavoratori ingannino i lavoratori, ma a livello più alto c’è una copertura inestricabile tra i vertici della politica, del sindacato, dei dirigenti, di quei dirigenti che hanno massacrato queste aziende e adesso guadagnano addirittura sulla svendita, che non possiamo accettare.
E’ stato deciso questa mattina che sarà la stessa Commissione terza, integrata con i rappresentanti di tutti i gruppi politici che vorranno partecipare, a seguire il problema. Questo Consiglio regionale avrà delle responsabilità, non dirette, ma forti responsabilità se lascerà che le cose accadano, con i licenziamenti, la cassa integrazione, tutti quei passaggi di crisi che servono ad arricchire alcuni. Su questo, per quanto posso — non stando nella cosiddetta “cabina di regia” vedo soltanto alcune cose — sarò inflessibile, così come il mio gruppo. Personalmente ho presentato un’interpellanza non in questo contesto, perché è vero quello che hanno chiesto i lavoratori: oggi deve uscire da questo Consiglio regionale un documento unitario, non possiamo spaccarci e fare i primi della classe per cui Alleanza nazionale chiede più di Rifondazione, Rifondazione chiede di più dei Comunisti italiani e così via. Io ho firmato convintamente una risoluzione unitaria perché dobbiamo dare delle indicazioni forti allo Stato con il quale le rappresentanze locali si incontreranno il giorno 7 del prossimo mese. Però a latere, salvo conferma, salvo aggiornamenti, ho presentato un’interpellanza questa sera sulla vicenda della Fabriano Filter Media, perché non finisca nello stesso modo della FAD. E’ un’interpellanza articolata, con nomi e cognomi, che indica la situazione in corso.
Concludo, dicendo convintamente che questo Consiglio regionale si comporterà bene se sosterrà con tutti gli atti che può questa situazione, facendo contemporaneamente luce, individuando le responsabilità, i passaggi e tutte le zone d’ombra e giudiziarie di questa vicenda.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione della seduta.

(Il Consiglio approva)

Ha la parola il consigliere Cesaroni.

ENRICO CESARONI. In riferimento alle Cartiere Miliani, non è uno scandalo privatizzare, ma come viene fatta la privatizzazione. Negli interventi che avete fatto voi del centro-sinistra, soprattutto Comunisti italiani e Rifondazione comunista, si grida allo scandalo, ma negli ultimi cinque anni avete gestito direttamente, con il Vicepresidente della Giunta regionale le Cartiere, avete partecipato a tutti gli incontri e questa situazione l’avete creata voi. Oggi non potete piangere o dare responsabilità agli altri, la responsabilità è vostra, perché una situazione del genere non è possibile accettarla, anche perché quando sono stati fatti tutti i giochi, quando è stato regalato tutto a favore di qualcuno e a svantaggio dei lavoratori, non ci si può accorgere che bisogna seguire le cose attraverso la terza Commissione, quando già le Cartiere sono state svendute e i giochi sono stati fatti, con la collaborazione di chi ha seguito l’operazione fino ad oggi, perché c’è stata una responsabilità e una collaborazione. Sono tre anni che sulla stampa c’è il discorso delle Cartiere, sono tre anni che ne parlano sia i sindacati confederali che quelli autonomi e nessuno è intervenuto. Oggi non risolviamo i problemi con questa mozione. Diamo impegno a una Commissione di seguire i lavori. Qual è la responsabilità che oggi questo Consiglio prende? Nessuna. Bisogna seguire se vengono rispettati i punti dell’accordo fatto un anno fa. Io sono componente della terza Commissione: se sono chiamato a controllare la vendita non so quanta responsabilità mi posso prendere perché già le cose sono arrivate al quinto punto ed è stato fatto tutto. Non so se rispetto alla vendita è compreso il punto relativo alla salvaguardia totale dei posti di lavoro. Chi ha venduto l’ha fatto chiedendo la salvaguardia dei posti di lavoro? Oggi ci sono 200 dipendenti fuori, che non lavorano. I sindacati sono fuori, non so che fine faranno i 200 lavoratori di oggi che saranno i 300 di domani e i 400 di dopodomani, perché questa è la fine dei lavoratori, se si continua di questo passo. Quindi anche il discorso di Rifondazione che oggi fa una mozione solo a difesa dei lavoratori va contestato. Noi dobbiamo cercare di difendere oggi il difendibile, perché è tardi, si poteva difendere molto meglio la situazione in precedenza, anche perché c’è stata una gestione fallimentare e nessuno ha detto niente, ci sono state svendite, giochi di 10, 20 miliardi in dieci giorni. I sindacati non sapevano questo? Come noi l’abbiamo saputo dalla stampa e dai documenti, anche i sindacati dovevano sapere certe cose, non dovevano permettere certe operazioni. Non è possibile, questo.
E allora mi auguro che con la mozione che si approva vi sia un intervento reale della terza Commissione, affinché si faccia chiarezza sulla vendita delle Cartiere, sulla salvaguardia del marchio. Che cosa salvaguardiamo fra un po’? Sì e no le mura.
Prima, Spacca ha fatto un elenco di finanziamenti, ma bisogna avere il coraggio di dire qual è la realtà, perché la responsabilità è di tutti, anche la mia. Bisogna dire la realtà, non nascondere tutto, perché si continua ancora a nascondere tutto e la verità che passa sotto gli occhi non si vede perché fa male. Bisogna avere il coraggio di affermare certe cose. Se abbiamo sbagliato dobbiamo riparare e seguire veramente questa situazione, perché è un’azienda dello Stato che è stata regalata, con responsabilità politiche grossissime e alla fine si sono persi anche posti di lavoro. Qualcuno ha fatto miliardi con questi giochi.
Il gruppo di Forza Italia vota favorevolmente, a una sola condizione: che la terza Commissione da domani sia operativa e prenda conoscenza di tutta la documentazione relativa alla vendita delle Cartiere, perché oggi nessuno sa niente, come sempre. Dobbiamo quindi fare chiarezza una volta per tutte, dire come stanno le cose e cercare di frenare qualsiasi speculazione. Con questi principi votiamo il documento, perché vogliamo controllare fino alla fine che non succedano altri danni e si possano garantire almeno i posti di lavoro che ci sono oggi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Ritengo sia importante che si giunga ad un voto su un documento che con soddisfazione abbiamo stilato unitariamente, un documento però — me lo permetta l’aula e soprattutto chi in quest’aula ha memoria storica perché proviene anche dall’esperienza precedente del Consiglio regionale scorso — che è l’ennesimo documento che il Consiglio regionale vota, approva, e lo fa ancora una volta in maniera unitaria. Sono anni che seguiamo con grande attenzione questo problema e oggi, venire in quest’aula a dire che è il fallimento di una ideologia non è il caso. Voliamo un po’ più bassi e siamo concreti: è il fallimento di un Governo inesistente. Quanti sottosegretari abbiamo visto sfilare dalle parti di Fabriano, di Castelraimondo di Pioraco a dire “andremo, adesso il management dell’Istituto poligrafico ci dovrà far vedere le carte, la ristrutturazione, il programma di rilancio economico finanziario”. Quante volte abbiamo visto questa storia? Troppe volte. Quante volte ci siamo riuniti in unità di crisi mista, fatta di amministratori locali, regionali, di Rsu, rappresentanze sindacali delle aziende di Castelraimondo, di Pioraco, di Fabriano? Quali risposte ci sono state? Queste che vediamo sotto i nostri occhi ancora oggi? Non vogliamo guardare la realtà, non vogliamo parlare della verità. La verità è il fallimento di una politica che doveva vedere l’azione di governo quale principale azionista, prendere una posizione decisa e portarla fino in fondo. Nemmeno questa parte della privatizzazione — una parte del gruppo Poligrafico dello Stato — ha avuto esito positivo. Almeno avremmo dovuto vedere la trasparenza degli atti e delle attività, come ha bene illustrato il collega Novelli con il quale avevo sottoscritto una proposta di risoluzione che sommessamente ma in maniera molto decisa richiamava anche a doveri di trasparenza, di notizia, conoscenza di atti, di passaggi che addirittura pare abbiano coinvolto la magistratura, perché assolutamente non trasparenti e chiari. Non possiamo non ricordare questi fatti con tristezza, perché non è una questione di parte politica contro altra parte politica, è l’assunzione, da parte di chi aveva responsabilità, delle stesse responsabilità di determinati fatti e atti che si sono succeduti fino ad oggi e che hanno provocato la situazione che è sotto gli occhi di tutti: ancora allarme ai massimi livelli, allarme da parte dei lavoratori, allarme per quanto riguarda il futuro dell’impresa, dell’azienda Cartiere Miliani, allarme per il destino di Castelraimondo, Pioraco, Fabriano. Questa è una constatazione che dobbiamo fare anche se con grande senso del dovere e della presenza. Siamo qui anche a quest’ora, a fine Consiglio, garantendo il numero legale, garantendo l’adesione non solo formale ma sostanziale su quello che è ancora una volta l’invito forte di questo Consiglio regionale a chiarire, ad essere trasparenti, ad essere veramente in linea con quanto molto, troppo spesso detto, annunciato ma mai sottoscritto, realizzato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Data l’ora e date le presenze in aula sarò veramente breve, anche perché in questa lunga vicenda delle cartiere Miliani abbiamo più volte discusso. Certo, se vogliamo partire dalle responsabilità dovremmo partire da molto lontano, ci impiegheremmo parecchio e credo che di responsabilità ce ne sono di governi precedenti a quelli delle sinistre, ma la storia è veramente tropo lunga e complessa. Credo che sia importante, adesso, gestire bene questa fase così importante e delicata, la fase di passaggio strategica, fondamentale per questo gruppo. Non vorrei che in questa fase delicata, importante si facessero prevalere le strumentalizzazioni elettorali, perché se vogliamo fare l’elenco delle responsabilità dei Governi democristiani posso durare qualche ora, ma siccome non abbiamo il tempo da questo punto di vista e non abbiamo l’interesse, come marchigiani, se vogliamo salvare quello che di positivo è rimasto, credo che sia bene che ci impegniamo molto insieme guardando al futuro.
Sicuramente ci sono stati gravi errori. Si diceva che l’azienda è improduttiva, ma se non riusciamo a farla diventare produttiva è ovvio che non ci sarà nessuna garanzia per il futuro, quindi credo che da questo punto di vista lo sforzo che bisogna fare è che contestualmente alla privatizzazione come rivendicano le organizzazioni sindacali confederali, come è stato scritto in diversi impegni e documenti, ci sia anche quel piano industriale che dia delle risposte dal punto di vista degli investimenti, della direzione manageriale più adeguata e rimanga l’unitarietà dell’azienda. Certo, lo smembramento è negativo, personalmente ho avuto modo di dire anche in altre occasioni che è stata sbagliata l’operazione della FAD così come altre, però dobbiamo evitare che il processo continui in questa maniera.
Alcune questioni dell’intervento che faceva Amagliani non le condivido, perché spesso si dice che vogliamo stare in Europa: l’Europa ci impone delle regole e sappiamo benissimo che una delle ragioni per cui si è avviato questo processo è perché dobbiamo stare dentro a dei processi comunitari. L’aspetto positivo che colgo anche nell’intervento del compagno Amagliani è l’unitarietà del Consiglio regionale, spero reale, a difesa dei livelli occupazionali. Questa è la questione essenziale e questo può avvenire a una condizione: che le organizzazioni sindacali unitariamente e insieme a loro le istituzioni e i lavoratori, si muovano in termini sinergici perché questo processo sia accompagnato dagli impegni che insieme abbiamo detto di voler assumere, perciò il rispetto dei livelli occupazionali, il discorso dei siti produttivi, gli investimenti necessari perché questa azienda diventi da improduttiva a produttiva, il ricambio manageriale laddove questo è necessario, perché abbiamo visto che i risultati raggiunti non sono stati tali da rendere competitiva questa azienda, quindi questo è lo sforzo che dobbiamo compiere. Io sono presidente della terza Commissione, non vorrei che le venisse attribuito chissà quale peso. Da parte nostra daremo il massimo contributo affinché gli impegni che qui assumiamo siano perseguiti fino in fondo, analogamente all’impegno della Giunta. Non vedo differenza fra l’impegno della Giunta e quello del Consiglio, anzi se qui c’è una risoluzione unitaria — e ritengo essere l’aspetto positivo — credo che l’impegno sia del Consiglio che della Giunta debba essere quello di perseguire con determinazione gli obiettivi di questa risoluzione. Se ci sono degli illeciti come diceva il collega Novelli, chi sa parli, dica. La magistratura faccia il suo dovere. Se ci sono illeciti vanno perseguiti e sicuramente da parte della sinistra — non solo da parte del mio gruppo — non ci saranno coperture. Quindi, se ci sono illeciti vengano fuori e la magistratura faccia il proprio corso. Invece, per quanto riguarda il futuro su cui stiamo discutendo noi dobbiamo impegnarci a salvaguardare il valore complessivo di questa azienda e il valore dell’occupazione nella nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la Giunta, l’assessore Spacca.

GIAN MARIO SPACCA. Questa mattina, abbiamo aperto la Conferenza dei presidenti di gruppo parlando del problema delle Cartiere Miliani e concludiamo questa giornata in Consiglio regionale parlando ancora di questo tema. Questo per testimoniare ancora una volta quanto grande sia l’attenzione del Consiglio regionale su questo argomento, una attenzione che questa sera si esprime in termini di grande unità d’intenti. Questa unità d’intenti è stata chiamata, dal momento in cui questa vicenda è entrata nella centralità dell’attenzione della Regione Marche, dal Governo regionale che ha richiesto l’unità di tutto il territorio, di tutta la regione affinché questa partita della privatizzazione delle Cartiere Miliani si concludesse nella maniera soddisfacente per la comunità regionale. E’ stata chiesta unità alle forze sociali, a tutte le istituzioni, è stata chiesta l’unità di tutte le componenti, anche quelle più laterali della comunità regionale affinché ci fosse una mobilitazione verso il Tesoro, perché a sua volta intervenisse presso il Poligrafico affinché certi presupposti venissero rispettati.
Vorrei tornare brevissimamente su alcune considerazioni, proprio perché di questa vicenda abbiamo parlato tante volte in quest’aula, affinché non dimentichiamo che questa esigenza di privatizzazione delle Cartiere, quindi di riportare a contatto con il mercato questa azienda, è nata per il grande sfascio che è stato creato da una gestione manageriale pubblica che ha prodotto quegli episodi che sono stati citati questa sera dai consiglieri di Alleanza nazionale. In quel momento da parte delle istituzioni avrebbe dovuto esserci un maggior controllo, anche da parte delle istituzioni territoriali, perché l’appesantimento dei bilanci del gruppo Cartiere Miliani, attraverso l’acquisizione di consociate che hanno vanificato i risultati industriali ottenuti dagli insediamenti di questo territorio, ha prodotto la situazione che oggi noi dobbiamo affrontare.
Non si può dire che da parte del Governo regionale in quest’ultimo periodo non sia stata fatta un’azione costante di monitoraggio di tutto il percorso che oggi necessariamente si deve are per rilanciare sul piano industriale questa azienda. Il Presidente D’Ambrosio nella precedente legislatura e anche in questa, costantemente con il sottosegretario Solaroli si è confrontato nei modi e nelle forme che la legge consente, perché c’è anche una procedura internazionale che è sovraintesa proprio da normative di carattere internazionali, quindi non si può derogare da questa normativa e c’è anche una esigenza di riservatezza rispetto alla procedura in corso, ma questa attenzione costante da parte del Governo regionale c’è stata e continuerà ad esserci.
I punti che sono stati definiti fin dall’inizio dal Governo regionale in pieno accordo con le organizzazioni sindacali, con tutte le altre istituzioni del nostro territorio, forza di maggioranza e di opposizione, corrispondono esattamente al dibattito che questa sera il Consiglio regionale ha fatto riemergere, sono la trasparenza, lo sviluppo strategico del gruppo industriale, la rapidità di questo procedimento, l’unitarietà che deve portare alla cessione dell’azienda, la necessità di un progetto industriale coerente, la salvaguardia dei livelli occupazionali — e li cito a memoria perché li abbiamo ripetuti tante di quelle volte in quest’aula che ormai tutti conosciamo — l’unitarietà dei tre presidi che sono nel territorio della regione Marche, il mantenimento della “testa pensante” nella nostra regione e così via. Tutti questi punti sono sempre stati richiamati dal Presidente D’Ambrosio negli incontri con Solaroli, dalle delegazioni che hanno istituzionalmente accompagnato il Presidente D’Ambrosio in queste occasioni, e da parte del Governo nazionale è stato sempre assunto, riconfermato in verbali, in documenti ufficiali che questi presupposti continueranno ad essere alla base del processo di privatizzazione, che non è un processo concluso ma un processo che ancora deve essere effettuato, perché fino adesso sono state dichiarate delle intenzioni. Come ho avuto modo di dire due Consigli regionali fa, ci sarà tutto un iter molto complicato che ci consentirà di verificare come Governo regionale, ma a questo punto come Regione Marche, come stanno andando le cose. Sono felice che da parte del Consiglio ci sia stata questa assunzione di responsabilità perché oltre al dibattito ci sia una presenza attiva, anche in forma di delegazione, agli incontri che ci accingiamo a fare, attraverso la presenza della terza Commissione consiliare insieme ai sindaci dei Comuni interessati, insieme alle Province che sempre hanno accompagnato, fino ad oggi, la delegazione che si incontrava ufficialmente con il Ministero del tesoro attraverso il suo sottosegretario. Quindi ci saranno le occasioni per verificare che questi punti che prima citavo e che costituiscono la bussola, l’orientamento e che hanno costituito e continuano a costituire la bussola e l’orientamento del Governo regionale siano salvaguardati, perché ancora non siamo entrati neppure nella predisposizione del memorandum informativo alle parti interessate che dovranno costruire i progetti industriali sulla base di quelle indicazioni che fanno parte del bando che orienta la costruzione del progetto industriale che noi abbiamo, insieme al Ministero del tesoro fatto passare al Poligrafico dello Stato affinché facesse la sua parte presso l’advisor e in qualche modo costituisse, nella valutazione complessa su cui ci siamo soffermati nel penultimo Consiglio regionale, che porterà poi alla definizione del partner. Allora, benissimo questa discussione, perché il Consiglio regionale, la Regione Marche nella sua unitarietà di governo e di Assemblea legislativa rappresenterà al sottosegretario, quindi al Ministero del tesoro, quegli indirizzi che non vengono mutati dal dibattito che si è svolto questa sera ma che vengono riconfermati tutti in pienezza e che avranno non soltanto il conforto della presenza dell’Esecutivo regionale a essere rappresentati, ma anche il confronto della terza Commissione, del suo presidente e degli altri membri che vorranno partecipare. Certi episodi che qui sono stati ricordati sono stati esemplificativamente enunciati al sottosegretario in diverse occasioni affinché non debbano ripetersi, sono stati denunciati in Parlamento da interventi di parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione, su questo il Ministero del tesoro ha dato delle risposte interlocutorie che presuppongono ulteriore verifica. Se questo, come è stato richiesto al consigliere Ciccioli deve essere fatto anche dal governo regionale va fatto nelle forme che ci saranno consentite dalle attuali normative, comunque nessuno qui vuol nascondere niente, tutto deve essere messo alla luce de sole, tutto è stato messo alla luce del sole e quegli episodi che qui sono stati ricordati — FAD soprattutto — sono stati citati al Governo proprio come esemplificazione della necessità che ci sia un’attenzione forte da parte del Ministero del tesoro su questa vicenda, che noi ribadiremo in ogni occasione che ci sarà offerta, a partire dal prossimo 7 marzo quando il Presidente D’Ambrosio rappresenterà le posizioni della Regione Marche, che saranno, ancora una volta, quelle che tante volte sono state ribadite.

PRESIDENTE. La mozione n. 92 si intende assorbita dalla risoluzione.
Pongo in votazione la proposta di risoluzione presentata dal consigliere Amagliani.

(Il Consiglio approva)

Anche la proposta di risoluzione del consigliere Favia si intende assorbita, come quella presentata dai consiglieri Novelli e Pistarelli.
Pongo in votazione la proposta di risoluzione a firma di diversi consiglieri.
Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Come Rifondazione comunista abbiamo voluto diversificarci fino in fondo, presentando una nostra mozione, perché siamo stati e rimaniamo contrari a processi di privatizzazione in senso complessivo, in modo particolare in questo caso. Questo non può non farci notare come all’interno della risoluzione di maggioranza vengano espressi concetti di solidarietà e come si chiedano garanzie e certezze per il futuro dei lavoratori. Questa è una cosa che noi apprezziamo, ma il nostro non è un atteggiamento ideologico. Nel momento in cui riproponiamo le nostre posizioni non c’è nulla di ideologico. La cosa che invece vorrei puntualizzare è che proprio da quest’aula in diversi interventi ho sentito dire “sì, votiamo, però sarebbe stato bene rimarcare la questione della FAD di Sassoferrato, una privatizzazione troppo veloce, non troppo controllata”. In diversi interventi ho sentito puntualizzare qua e là cose che sarebbe stato opportuno ritrovare all’interno della risoluzione. Queste cose io le avevo scritte nella nostra mozione: una critica al processo di privatizzazione, una preoccupazione rispetto alle scelte operate. Quindi cosa c’era di tanto strano? Le si rimarca in aula e non le si vota là dove un documento propone le stesse cose che un attimo prima i consiglieri hanno prodotto con i loro interventi. Questa mi sembra una situazione kafkiana, nel senso che alla fine si arriva allo stesso assunto dell’espressione di solidarietà e garanzia per il futuro dei lavoratori. Rimarcando queste questioni che mi sembrava doveroso rimarcare io ho fatto fino in fondo il mio dovere di consigliere, di comunista, ho chiesto fino in fondo una garanzia, una critica forte al processo di privatizzazione, perché so bene come il privato in situazioni di crisi risolve le questioni. L’abbiamo potuto notare in tantissime occasioni: le ultime crisi aziendali si sono risolte solo in un unico modo. Non voglio essere foriero di sventure nei confronti dei lavoratori, purtroppo debbo rimarcare in modo forte come le crisi aziendali si sono risolte solo a sfavore dei lavoratori, con licenziamenti e quant’altro. Mi auguro che ciò non accada, perché sono fortemente interessato e amo le sorti dei lavoratori, perché per questo ho speso tutta la mia militanza politica, quindi mi astengo su questo documento che ripropone un concetto di solidarietà e di garanzia e non capisco l’atteggiamento quanto meno di alcuni consiglieri che sono intervenuti e hanno rimarcato la loro diversità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Mi sembra serio da parte mia che ho votato una mozione unitaria, esprimermi in maniera favorevole sulla mozione unitaria. Mi sono astenuto su quella di Rifondazione perché c’era qualche spunto che condivido ma altri che non condivido. Per esempio, il gruppo di Alleanza nazionale non è assolutamente contrario alla privatizzazione, è contrario alle svendite, alle privatizzazioni che hanno un passaggio che prevede un aumento addirittura illegittimo di ricchezza attraverso passaggi di mano di società che invece sono sane e che potrebbero produrre. La dichiarazione forte è che l’intero Consiglio regionale sostiene questa battaglia. Su questo noi siamo forza di opposizione e in tante occasioni siamo stati anche duri, vivaci ma in questi passaggio non possiamo dividerci. A latere, attraverso documenti diversi, uno dei quali presentato da me, prima da Novelli e Pistarelli su un altro aspetto, va fatta chiarezza, ma questo non è nella vertenza, fa parte complessiva dei contenuti della vertenza. Per questo voteremo a favore della risoluzione. Oggi le rappresentanze sindacali, quelle confederali delle cartiere Miliani hanno presentato un pro-memoria ai presidenti di gruppo, in cui è previsto che l’iter procedurale occuperà addirittura 25 settimane, più di sei mesi, il che significa che su questo argomento saremo chiamati, in altri passaggi, quelli più importanti, a controllare, a verificare. Noi non saremo gli attori ma dobbiamo essere gli spettatori protagonisti. Questo è l’impegno del Governo ma anche delle forze politiche e sicuramente il nostro dovere lo faremo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

UGO ASCOLI. ...non ce l’ha nessuno in questo Consiglio regionale. E’ una palestra di demagogia di destra e di sinistra. E’ intollerabile! Si ripetono continuamente le stesse cose...

CESARE PROCACCINI. Non capisco l’insofferenza di alcuni consiglieri regionali che non vedono l’ora di andarsene, quando si dovrebbe sapere che la convocazione del Consiglio regionale comporta un impegno a prescindere dall’orario in cui esso finisce.

UGO ASCOLI. Ma l’impegno deve essere produttivo.

CESARE PROCACCINI. A parte questa considerazione di ordine tecnico vorrei fare una telegrafica considerazione nel merito, perché non capisco la necessità di una differenziazione da parte del Consiglio regionale su un aspetto significativo per le sorti dell’occupazione. Oggi siamo, purtroppo, nella fase successiva all’ipotesi di privatizzazione in atto e le forze che non la volevano, noi tra queste, sono state sconfitte. Oggi dobbiamo governare questo processo e mi pare che le dichiarazioni dell’assessore Spacca, la concretizzazione delle indicazioni della risoluzione vanno nel senso che tutti hanno detto: che dentro questo progetto, dentro questo atto di privatizzazione che esiste, dobbiamo vedere come salvaguardare l’occupazione. E’ questo che noi vogliamo fare con la mozione, e vorrei dire al collega Cesaroni che in realtà, a differenza di quello che accade in qualche passaggio istituzionale odierno, il vicepresidente ed assessore al lavoro Berionni, dei Comunisti italiani, non solo è stato sempre presente al dibattito interno ed esterno in quest’aula, in un raffronto di equilibrio serio tra il sindacato dei lavoratori e la proprietà, quindi l’Istituto poligrafico dello Stato, ma è stato un grande elemento di equilibrio che ha dato forza ala battaglia istituzionale di questa Regione, forse un elemento di equilibrio di questo tipo oggi manca. Ma tornando al merito, credo che questa risoluzione, seppure con quasi l’unanimità — prendo atto dell’astensione del consigliere Amagliani che è certamente positiva — darà maggiore forza a una battaglia che non è conclusa ma che inizia adesso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

UMBERTO TRENTA. Ribadisco il fatto che è gravissimo che il presidente del gruppo Ds non sia presente. Qui è stato fatto un richiamo ideologico chiaro: “purché la terza Commissione abbia il controllo su tutta l’operazione e ci sia la tutela di quei lavoratori che voi volete far passare come nostra demagogia”, e Silenzi non è in aula, sta arrivando adesso. (Interruzione). La dichiarazione è seria perché si tratta di lavoro, e come sempre è lunga la questione del bagno, è come la coda, Silenzi. Stiamo parlando di una cosa molto seria, che potrebbe innescare problemi ancora più seri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Siamo favorevoli al documento che si è preoccupato che il programma industriale per questa importante azienda sia garante dell’occupazione, dello sviluppo, in particolare, di una zona che nel 1997 è stata colpita dal terremoto. Questo elemento credo debba essere un ulteriore motivo che ci deve spingere a un costante sostegno alla difficile azione dei lavoratori.
Anche la soluzione attraverso la quale il Consiglio manifesta e segna una maggiore presenza ci trova consenzienti, quindi responsabilizzando e coinvolgendo la terza Commissione in tutte le sue documenti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 20,30