Resoconto seduta n. 4 del 16/06/2000
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI VENERDI' 16 GIUGNO 2000
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI

La seduta inizia alle 10,40

Comunicazione del Presidente della Giunta regionale in ordine a: "Indirizzi programmatici della Giunta regionale" (Discussione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Comunicazione del Presidente della Giunta regionale in ordine a: "Indirizzi programmatici della Giunta regionale".
Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Signor Presidente, signori consiglieri, credo che ci avviamo con una certa cautela e perplessità da parte di tutti su un cammino nuovo, una prassi totalmente innovativa rispetto alle previsioni precedenti, perché in effetti la precedente legislazione prevedeva un meccanismo per cui c'era una mozione programmatica che veniva approvata dal Consiglio a cui era collegata la proposta di una Giunta, invece qui il discorso è completamente diverso: non si tratta di una mozione programmatica, ma semplicemente l'indicazione di linee che possono essere indicate come quelle che generalmente il governo della Regione pensa di seguire e che comportano due conseguenze.
La prima è una non obbligatorietà del discorso, ma il fatto che venga compiuto in tutta Italia significa che da tutti si è ritenuto non solo che fosse un segno di cortesia istituzionale, ma dell'impostazione di un rapporto fra l'Esecutivo e il Legislativo. L'altro elemento è che nel momento in cui il Consiglio ascolta delle comunicazioni, può poi assumere delle proprie posizioni, che però non possono essere quelle di una votazione formale del documento, altrimenti si entrerebbe nell'altra ipotesi, che è quella della possibilità di proporre e di impostare una mozione di fiducia.
Nell'ambito di queste novità, sulle quali tutti stiamo riflettendo per cercare di capire come si arriva ad una fase del nuovo tipo di rapporto fra l'Esecutivo e il Consiglio regionali, nella quale siamo ancora senza una riforma dello Statuto che recepisca le linee, o comunque tenga conto della legge istituzionale 1/99 per poi adeguarsi, abbiamo la possibilità di impostare prassi che rispondano ad esigenze e che quindi non siano prassi normate. Stiamo agendo in un passaggio nel quale non ci sono previsioni normative. La cosa è significativa, è una tra le ipotesi in cui, in Italia, ci troviamo in una situazione in cui non c'è assolutamente normativa e si tratta di trovare dei precedenti.
Questo tipo di situazione ha portato anche all'impostazione di una comunicazione del Presidente che avesse due caratteristiche. La prima, di essere collegato al momento programmatico, che è stata la fase iniziale che poi ha dominato tutta la campagna elettorale, quindi il momento programmatico della coalizione, sottoposto all'attenzione e alla scelta dei cittadini marchigiani e che il 16 aprile ha portato a un certo tipo di votazione per cui la coalizione "Marche democratica" ha vinto le elezioni.
Questo elemento, che è ancora nell'eco e nelle orecchie degli elettori marchigiani, perché non sono passati nemmeno due mesi dalla data delle elezioni, è l'elemento fondamentale, in cui tutta la coalizione si è ritrovata, tutta la coalizione si è presentata e tutta la coalizione, nel presentarsi programmaticamente, ha scelto anche di indicare un nome di Presidente, un nome che è poi stato eletto democraticamente dai cittadini. Quindi la maggioranza si è caratterizzata su questo, il Presidente della Giunta regionale è stato eletto sulla base di questo programma e questo è il programma al quale il governo regionale non può che fare stretto riferimento, perché è chiaro che questo è il patto che abbiamo stretto con gli elettori marchigiani ed è il patto che dobbiamo rispettare.
Il programma elettorale quindi lo assumiamo con serietà e rigore, come la misura di giudizio sui nostri atti di governo e sui nostri atti di legislazione. Questa maggioranza verrà giudicata dalla sua capacità di tener fede al programma. Ovviamente il programma elettorale ha una sua caratteristica, poi deve essere concretizzato e deve avere anche una sua articolazione di tempi, di modi, di priorità. Quindi "patto stretto con gli elettori" per noi non sarà un vuoto riferimento, ma ci fornirà le coordinate per il lavoro del Governo e anche per il lavoro della maggioranza della legislatura, e ci dà le dimensioni del modello di regione che vogliamo costruire.
Per queste ragioni, per le ragioni di coerenza, per la possibilità di dare l'immediata misura della nostra fedeltà a quel programma, ho ritenuto opportuno e necessario allegare il programma elettorale a queste mie dichiarazioni. Anche questa è una prassi innovativa, ma in questo senso credo che sia più facile e più immediatamente controllabile la coerenza tra programma, azione di governo ed azione di maggioranza.
Il patto è fondato su alcune linee fondamentali, che sono le linee attorno alle quali si aggregherà e si imposterà l'azione del governo e l'azione della maggioranza. Quindi a me riesce difficile parlare soltanto dell'azione di governo se non in questi limiti, nel senso che la responsabilità maggiore operativa del governo è mia, ma non si può pensare ad un'azione di governo che sia svincolata da un'azione politica della maggioranza che questo governo ha espresso.
I punti, le linee, le coordinate sulle quali noi ci muoveremo saranno quelli indicati nel patto, in particolare la strategia di uno sviluppo ordinato che rispetti l'ambiente, che valorizzi il patrimonio storico-culturale, che abbia la capacità di proiettarsi verso il futuro e di sviluppare una società dell'informazione e della conoscenza. E tutto ciò con una forte determinazione e convinzione a rafforzare e a modernizzare l'identità regionale.
Il nostro ambiente e territorio hanno vissuto e vivono momenti di degrado e sfruttamento non compatibili con una visione di sviluppo sostenibile, ma possiamo affermare di non trovarci di fronte a situazioni degradate o drammatiche. Anzi, molte parti del nostro territorio, rappresentano momenti che possiamo definire di eccellenza, frutto del nostro sistema insediativo diffuso, frutto anche di alcune scelte che sono state fatte nelle passate legislature, nella passata legislatura anche per il recupero e per la tutela degli ambienti, dei biotipi ambientali, delle caratteristiche del paesaggio di questo nostro territorio (aree marine, parchi, sistemi sociali, tessuto cittadino periferico).
Per questo, partendo dalla volontà di stabilizzare quantomeno lo sviluppo che ci siamo garantiti, è possibile prefiggerci obiettivi di importante miglioramento e valorizzazione del nostro contesto ambientale. La politica ambientale non va più concepita come un intervento di tipo settoriale.
L'ambiente deve essere un elemento decisivo per la qualità dello sviluppo che utilizzi le risorse tipiche e positive di questa regione (i beni ambientali, culturali, produzioni locali di qualità) come opportunità di nuovo lavoro, sviluppo della creatività e tutela del patrimonio culturale ed ambientale, per aumentare le nostre capacità di essere presenti nella competizione globale. Ormai la competizione è fra i territori, non soltanto fra i sistemi produttivi.
Qualità dell'ambiente e sostenibilità dello sviluppo diventano un peculiare elemento di competitività del nostro sistema. In questa politica sta l'obiettivo della risoluzione del problema delle aree ad elevato rischio ambientale, che quindi sono dei punti forti dell'azione del Governo e della maggioranza regionale.
Il secondo obiettivo è la promozione della cittadinanza regionale, che è un obiettivo fondamentale se vogliamo consolidare la democrazia e la coesione politica attraverso la partecipazione e l'autogoverno e se vogliamo ottenere un forte consenso per le innovazioni istituzionali. Le innovazioni istituzionali non hanno senso se rimangono chiuse nell'ambito degli addetti ai lavori, sia pure animati dalle migliori intenzioni, non hanno senso se non riescono a coinvolgere i cittadini e ad ottenere il loro consenso.
Non possiamo rimanere passivi di fronte al problema della crisi del consenso democratico e dei tradizionali canali della comunicazione politica. E' un problema generale, nazionale, mondiale, ma per quello che riguarda il contesto della società marchigiana dobbiamo imporci di trovare tutti gli elementi per superare questa situazione.
La partecipazione politica è un diritto fondamentale della libertà ed è la resistenza più efficace al deterioramento del costume politico: attraverso di essa si esercita il controllo sociale, linfa vitale per il corretto svolgimento delle attività istituzionali. L'informazione corretta e la trasparenza costituiscono capisaldi dell'attività di governo.
Nell'ambito dell'obiettivo della tutela dei diritti di cittadinanza, deve inquadrarsi la costruzione di un'Amministrazione regionale agile, competente e motivata, capace di assumere con rigore il metodo della programmazione, di farsi carico delle esigenze delle programmazioni del sistema delle autonomie locali e di realizzazione di un'efficace rete istituzionale, esercitando la funzione di coordinamento, di programmazione e di legislazione. Attraverso questi strumenti, la capacità di tutto il "sistema Regione" di intercettare le esigenze della società civile e dell'economia.
Lo scenario di sfondo dell'azione del nuovo governo regionale sarà la completa realizzazione di una "Regione d'Europa" e la preparazione dell'amministrazione pubblica, regionale e locale, per affrontare l'impatto delle riforme istituzionali e delle politiche territoriali intraprese dall'Unione europea.
Il completamento di un'amministrazione regionale europea, in termini di modello organizzativo, di procedure e d'apertura verso il cittadino e le organizzazioni di rappresentanza d'interessi, rappresenta uno degli obiettivi fondamentale della VII legislatura.
Tocca alla Regione definire un sistema di regole che pongano i cittadini al centro dell’azione amministrativa, fornendo risposte tempestive, chiare ed efficaci alle loro esigenze, anche con l'utilizzo sempre più diffuso dell'informazione digitale.
L'obiettivo finale è quello di costruire un'Amministrazione "amica", ma si può anche passare attraverso, almeno, la pretesa di costruire un'Amministrazione non "nemica", non complicata. Questo è l'obiettivo fondamentale di questo passaggio di secolo in tutte le strutture del nostro Paese, quindi, ovviamente, anche nelle strutture della Regione Marche che fa parte del "sistema Italia".
Il terzo elemento è l'innovazione del modello marchigiano per fronteggiare le sfide economiche e culturali poste dalla competizione internazionale tra sistemi regionali e dalla globalizzazione cogliendo tutte le opportunità di crescita e soprattutto promuovendo una politica del lavoro che faccia leva, da un lato sulle espansioni delle attività produttive e dal pieno utilizzo delle risorse umane presenti in tutte le nostre realtà e dall'altro su nuove attività che possono scaturire dalle nuove tecnologie e dallo sviluppo sostenibile.
Si tratta di capire che l’evoluzione culturale e tecnologica che stiamo vivendo e che investe con la stessa intensità sia il mondo produttivo sia la società civile, che le organizzazioni istituzionali, necessita di un nuovo processo educativo: tale strategia deve coinvolgere i massimi livelli dell’istruzione (e in questo senso dobbiamo assolvere appieno le funzioni che la Regione ha in materia di istruzione universitaria) così come tutte le risposte sul piano della formazione professionale che sono in atto (con piena attuazione degli strumenti che investono il governo del mercato del lavoro) e la valorizzazione culturale rivolta alle “fasce deboli” della popolazione (giovani, stranieri, anziani).
Dobbiamo cercare di superare il gap tra modelli tradizionali di formazione ed istruzione e richieste nuove, di figure nuove, di nuovi saperi. Questo è il punto cardine su cui si giocherà la sfida degli anni che ci aspettano. Dobbiamo soprattutto ricordare che ci sono fasce deboli tradizionali di popolazione — i giovani, le donne, gli stranieri, gli anziani — ma anche le nuove fasce deboli, quelle di chi non è in grado di orientarsi e di utilizzare le nuove tecnologie, chi è analfabeta informatico. Dobbiamo capire che se non ci facciamo carico di questo problema arriveremo a una società nella quale, accanto alle tradizionali debolezze e marginalità ci saranno anche quelle di chi non sarà capace di usare il computer.
Quindi, una migliore utilizzazione dell'elevata specializzazione produttiva e della capacità di accumulazione del sistema regionale deve puntare ad ottenere questo tipo di risultato. Per far fronte alle nuove dimensioni della competitività e all'integrazione sempre più spinta dei mercati (internazionalizzazione), continuerà l'impegno della Regione a sostenere gli investimenti per la diffusione dell'innovazione della diffusione tecnologica, poiché ci sono nicchie di altissima innovazione tecnologica ma non c'è un'omogenea distribuzione sul territorio e nel sistema, e per sollecitare processi aggregativi e cooperativi delle imprese. La Regione intende essere, con gli strumenti già collaudati e con nuove iniziative, un interlocutore attento e un partner efficace, modulando le sue politiche in relazione ai percorsi di crescita del sistema e delle sue articolazioni settoriali e territoriali, il che significa farsi carico fino in fondo di uno sviluppo forte del modello distrettuale, anche a livello di rapporti diversi con il mondo del credito che è uno dei punti delicati e deboli del modello marchigiano.
Come sosteniamo nel documento programmatico, vogliamo perseguire uno sviluppo economico e sociale capace di consolidare le nostre economie distrettuali, di adeguare e innovare i percorsi formativi alle esigenze dei profondi e rapidi processi di trasformazione socio-economico e culturali, di sostenere la diversificazione e la specializzazione presenti nell'economia marchigiana e fattore peculiare del nostro modello.
Contemporaneamente vogliamo costruire un welfare regionale di alto profilo, capace anch'esso di suscitare nuova occupazione;
L'altro obiettivo è il lavoro. Il lavoro come misura per il giudizio sulla nostra azione di governo, che ovviamente tiene conto di un dato: che il processo di formazione delle risorse umane non si esaurisce nella sola formazione finalizzata al miglioramento del processo produttivo ma investe l'adattamento di tutta la società alle innovazioni. Noi non pensiamo a formazioni dedicate soltanto a un migliore impiego in ambito lavorativo ma pensiamo a formazione che sia capace di guidare l'adattamento complessivo della popolazione alle trasformazioni velocissime di questa società.
La società dell'informazione può enormemente favorire la crescita, l'occupazione, ma può anche servire, e deve servire a far nascere un consapevole coinvolgimento democratico dei cittadini. E quando avremo la possibilità di consultare in Internet tutto quello che interessa per l'esercizio dei diritti di cittadinanza, dovremo avere due cose. Primo, una possibilità e una capacità di orientamento e quindi una costruzione di un sistema di trasformazione e di impostazione che non confonda ma orienti, e la possibilità massima dei cittadini di utilizzare questo strumento.
Le basi ci sono: la Regione Marche in questi anni ha dato vita ad una vasto progetto di sistema di servizi telematici per l’ammodernamento della Pubblica Amministrazione, attraverso la realizzazione della Rete telematica regionale della pubblica amministrazione delle Marche, la cui costruzione è praticamente terminata. Adesso ci troviamo nella situazione di avere alle viste, a brevissimo, il completamento della grande "autostrada informatica" nella nostra regione, collegata con le strutture informatiche della pubblica amministrazione generale in Italia. Dobbiamo decidere tutti insieme, non soltanto noi, che cosa far correre sull'autostrada, quali sono i caselli che costruiremo su questa autostrada, quali sono, soprattutto le altre autostrade con le quali vorremmo essere collegati in maniera prioritaria.
L'ultimo punto è la promozione di un sistema regionale in grado di superare le tradizionali strozzature allo sviluppo regionale: standards ancora insufficienti, relativamente al sistema dei servizi alla persona e alle imprese e carenze infrastrutturali, che sono carenze secolari per la regione Marche.
La debolezza derivante da una scarsa integrazione funzionale di attività terziarie per il sistema della produzione, e soprattutto la carenza di settori a forte contenuto scientifico, ci impone di ripensare in modo più significativo una politica per la diffusione dell'informazione e della conoscenza di base e ciò dovrà avvenire attraverso un coinvolgimento efficace delle nostre università.
Per quanto riguarda il tema delle infrastrutture, materiali ed immateriali, la nostra proposta è realizzare un sistema competitivo (le grandi direttrici nord-sud est-ovest ferroviarie e viarie, con un impegno a dare sostanza al progetto del Corridoio Adriatico) ed integrato, a livello di mobilità, perché non si parli più di infrastrutture ma di "sistema di mobilità" delle persone, delle cose, delle informazioni, quindi è necessaria la costruzione di una intermodalità per un riequilibrio a favore del trasporto collettivo, del trasporto su rotaia, della utilizzazione di quella grande "autostrada" che abbiamo davanti a noi che è il mare, che viene utilizzato pochissimo a livello di cabotaggio. Questo, ovviamente, ci consentirà anche di riqualificare l'ambiente urbano, perché risolveremmo in un certo modo l'esigenza necessaria di mobilità, che non sia però un'esigenza di mobilità basata soltanto sul mezzo singolo.
Se queste sono le linee della continuità, dell'attenzione alle innovazioni e alle enunciazioni del programma, abbiamo anche da tener conto di quello che è già stato fatto. Non partiamo da zero, abbiamo una legislatura intera alle spalle, una legislatura nella quale abbiamo costruito le premesse necessarie per una applicazione concreta del cosiddetto "pacchetto Bassanini". Abbiamo completato, fra le prime Regioni in Italia, tutto il panorama legislativo necessario, abbiamo tradotto in leggi regionali sia il decreto legislativo 112 sia quelli che riguardano l'agricoltura, i servizi all'impiego e il trasporto pubblico locale. Abbiamo inoltre adottato l'intero pacchetto degli strumenti della programmazione regionale previsti dalla leggi 46 e 35 del 1992, anche nell'ambito delle prospettive dello Statuto ancora vigente. Abbiamo approvato per la prima volta, da quando c'è la Regione, il programma regionale di sviluppo, abbiamo approvato il primo piano di inquadramento territoriale, elementi generali e complessivi di programmazione. Abbiamo approvato piani settoriali fondamentali (piano per la sanità, per il trasporto pubblico, per l'artigianato, per la gestione dei rifiuti, per i beni e le attività culturali, per il turismo, per il settore socio assistenziale. Questi strumenti vanno verificati ed aggiornati, come già si prevede negli atti di programmazione ma certamente non bisogna ricominciare da capo. Abbiamo tracciato le strade.
Abbiamo, inoltre, anche adottato una metodologia che ha segnato tutta la legislatura, la metodologia della concertazione, non soltanto nel senso tradizionale di concertazione per risolvere conflitti o divergenze d'interessi in ambito produttivo, ma concertazione con le autonomie, con l'università, con le organizzazioni delle imprese, con i sindacati dei lavoratori, con le istituzioni finanziarie. Con tutti questi soggetti noi abbiamo definito il patto programmatico per lo sviluppo che abbiamo firmato a settembre dello scorso anno e che a sua volta ci dà indicazioni, linee, priorità, indica anche, per una parte del bilancio dell'anno scorso, le risorse destinate ad alcuni progetti obiettivo di eccellenza.
Abbiamo firmato, a maggio dell'anno scorso l'intesa istituzionale di programma tra Governo e Regione per affrontare i problemi della ricostruzione delle aree terremotate e dell'infrastrutturazione regionale.
Abbiamo dalle Intese di cooperazione interregionale con l'Umbria, l'Abruzzo, con le cinque Regioni dell'Italia Centrale, con le Regioni Adriatiche per il Corridoio.
Questi sono elementi che abbiamo alle nostre spalle, che hanno segnato una legislatura, nel segno della continuità.
Nel segno di quello che abbiamo già fatto c'è l'impegno per la ricostruzione delle aree terremotate. Non solo il Governo regionale deve sentirsi obbligato a mantenere gli impegni presi nel completamento del processo di ricostruzione post-terremoto ma è necessario spingere al massimo attraverso quest'obiettivo, anche il rilancio dello sviluppo dell’economia e della società in questi territori. Ciò fa parte sia del più ampio obiettivo del riequilibrio territoriale nel quadro dello sviluppo economico regionale, sia della strategia già intrapresa di collaborazione interregionale tra i Governi regionali. Infatti, in questo ambito c'è una strettissima collaborazione con il Governo e con l'azione della Regione Umbria, per evitare che ci siano trattamenti diversi alle stesse esigenze soltanto perché si è nati 100 metri al di là o al di qua di un tratto di terreno che soltanto tradizionalmente segna il confine fra due regioni in zone che invece sono da sempre unitarie.
Sempre nel segno della continuità, l'attuazione del piano socio-assistenziale, approvato al termine della scorsa legislatura, e delle azioni avviate per la realizzazione del piano sanitario regionale che è ormai in fase di concretizzazione e si sta avviando ad essere a regime, mentre il piano socio-assistenziale parte adesso. In particolare l'impegno sarà rivolto: al potenziamento delle attività territoriali per garantire la fruibilità delle funzioni uniformemente diffuse a livello locale; al completamento della rete dell'emergenza; alla razionalizzazione dell'offerta ospedaliera in termini di qualificazione verso l'eccellenza e di appropriatezza d'uso delle risorse; al potenziamento delle attività di prevenzione in particolare nel settore del mondo del lavoro; al restringimento della forbice delle disuguaglianze (nell'accesso delle prestazioni delle fasce deboli della società). Le Marche hanno un triste primato che dobbiamo assolutamente abbattere: quello della percentuale di infortuni sul lavoro. Triste primato nazionale che ci assegna una maglia nera che dobbiamo assolutamente abbandonare in tempi rapidi, impostando, anche qui, un lavoro coordinato e collegato ad interventi di prevenzione e di controllo come quello che abbiamo impostato, attraverso due o tre passaggi successivi, per la ricostruzione nelle zone colpite dal terremoto, dove ci sono migliaia di cantieri aperti e dove questi problemi sono di estrema emergenza e urgenza.
Dobbiamo continuare l'azione per una nostra efficace ed efficiente partecipazione alle strategie dell’Unione europea ottimizzando la capacità progettuale del sistema regionale e soprattutto la capacità di utilizzare il massimo delle risorse disponibili. Da questo punto di vista credo che anche la tormentata e difficile istituzione di un'altra Commissione consiliare, se verrà colta nello spirito con cui è stata proposta e concretizzata, potrà diventare un elemento che ci potrà aiutare a diffondere la cultura dell'Europa in un ambiente che ancora non ha compreso che il 75-80% della legislazione nazionale si imposta, è indicata o è condizionata fortemente da decisioni che vengono prese a Bruxelles e a Strasburgo, né ad Ancona né a Roma. Le Marche, dopo la Conferenza di Ancona sullo sviluppo e la sicurezza nell’Adriatico, hanno la possibilità di svolgere un ruolo attivo di cerniera tra l’Europa e le due sponde dell’Adriatico. Le politiche regionali dell'Europa e le stesse intese interregionali assumeranno una geometria variabile, dove, a margine delle politiche di convergenza e di riequilibrio tra Regioni a diverso livello di sviluppo, saranno attivate strategie di gestione dei territori più fragili (solidarismo territoriale) e politiche competitive che esaltino le potenzialità e le eccellenze dei territori e dei loro sistemi (qualità dei servizi, esternalità ambientali positive, specializzazione produttiva).
Dopo aver approvato tutte le leggi necessarie per trasferire funzioni e responsabilità agli altri governo sul territorio e alle altre autonomie locali dovremo attuare queste leggi, seguendo una doppia strada: primo, non trasferire poteri e responsabilità senza trasferire le risorse per far fronte alle esigenze, quindi per esercitare queste responsabilità; secondo, dovremo evitare che nel processo che sta andando avanti e che dovrebbe completarsi entro l'1.1.20001, come ieri abbiamo concordato formalmente con il Governo nella sede dell'incontro fra Regioni e Governo stesso, il trasferimento di risorse dal Governo centrale ai governi sul territorio, in applicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che sono stati ormai tutti completati e che prevedono un trasferimento complessivo pari a 22.000 miliardi e dalle 7 alle 10 mila unità di personale — o di personale equivalente, perché l'impegno è di rendere possibile l'utilizzo di risorse per l'assunzione di personale — che questo passaggio dia segni di neo-centralismo o rallentamento, ma invece segni di massima collaborazione. Dovremo evitare che questi imponenti flussi facciano delle soste non strettamente necessarie nel nostro bilancio o altrove. La scelta sarà quella di costruire insieme alle strutture di rappresentanza delle altre autonomie locali, come abbiamo fatto per le "leggi regionali Bassanini", delle procedure che possano automaticamente allocare, nel tempo più rapido possibile, la quota di risorse che spetterà a queste autonomie per esercitare le nuove funzioni e le nuove responsabilità che noi daremo.
Dovremo procedere alla riorganizzazione della struttura amministrativa regionale tenendo conto del decentramento e dell'assolutamente nuovo modo di funzionare e di essere della Regione, che non può essere soltanto, come si dice pigramente, programmazione e legislazione, ma sarà programmazione, legislazione, coordinamento, ma anche momento di controllo per vedere come la programmazione sul territorio funziona effettivamente. Per evitare che il trasferimento o il decentramento di poteri e di responsabilità possa portare a situazioni di stallo decisionale dovremo prevedere la possibilità di impedire momenti di paralisi, dovremo soprattutto prevedere la possibilità di controllare che la programmazione, che sarà tanto più condivisa quanto più partirà dal basso e quindi non sarà calata dall'alto soltanto dall'ente Regione ma verrà costruita e coordinata dall'ente Regione, si concretizzi sul territorio tenendo conto di un principio fondamentale. Noi non possiamo parlare né di federalismo né di decentramento amministrativo né di regionalismo a Costituzione invariata se non teniamo conto di due elementi fondamentali. Il primo è che l'interesse principale è quello del cittadino e dei cittadini, non quello delle istituzioni; il secondo è quello di farci carico fino in fondo di evitare che i cittadini, a seconda del luogo in cui richiedono il servizio, ricevano un livello di servizio diverso. Entro certi limiti, che però debbono essere elevati, è necessario che il cittadino che chiede servizi ad Ascoli, nella provincia di Macerata, nella provincia di Pesaro o nella provincia di Ancona, abbia una risposta il più possibile analoga — non identica — a quella che il cittadino che chiede lo stesso servizio riceve negli altri territori regionali. Non possiamo costruire quattro repubbliche, ma dobbiamo costruire quattro strumenti ed elementi di maggiore accessibilità e facilità di rendimento dei servizi e di risposta alle esigenze della società e dei cittadini.
In questo ambito dovremo ripensare e impostare la nostra posizione nell'ambito delle novità istituzionali che ci sono.
Quali sono le novità istituzionali?
Primo riuscire a inserirci nel processo decisionale a livello nazionale che inizierà la prima settimana di luglio attraverso la discussione nell'aula della Camera, degli articoli della proposta di modifica della seconda parte della Costituzione, che era stata trasferita dalla Bicamerale al Parlamento, poi era stata esaminata e trasferita alla Commissione della Camera e che inizia ora l'ultima parte del suo percorso parlamentare. Questo significa avere presente tutta la problematica e quindi impostare in tempo una posizione nostra, che io ritengo non possa non essere una posizione che, nella modifica della seconda parte della Costituzione, si ricordi che c'è una prima parte e che ci sono addirittura i principi fondamentali, tra i quali l'art. 5 che prevede la Repubblica una e indivisibile, che favorisce e promuove il decentramento e le autonomie locali, nell'ambito del principio non scritto nell'art. 5 della Costituzione ma letto dalla Corte Costituzionale, di una leale collaborazione tra le istituzioni. Non abbiamo bisogno di conflitti interistituzionali.
Abbiamo poi davanti a noi il tema, nostro in grandissima parte, del rinnovamento e della modernizzazione dell’assetto fondamentale della Regione in funzione delle possibilità offerte dalla legge costituzionale 1/1999 all’autonomia statutaria regionale. Dobbiamo riscrivere la nostra Costituzione, lo Statuto regionale, il patto fondamentale di cittadinanza della regione Marche.
Dovremo poi non dimenticare quello che è un connotato e una conseguenza che appare ovvia, che appare necessaria ma di difficilissima costruzione, cioè il federalismo fiscale. Non esiste, non può esistere un esercizio concreto e autonomo di potestà e di responsabilità se non è collegato alla possibilità di interventi decisi e di manovre decise sulla leva fiscale. Questo significa che dobbiamo decidere se costruire un nostro sistema fiscale o se, invece, seguire i modello tedesco, dove l'amministrazione fiscale è una sola, che volta a volta rende servizi ai laender oppure alla Repubblica centrale. Dobbiamo capire come caratterizziamo l'imposta regionale sulle attività produttive (Irap), tenendo conto che, utilizzata in un certo modo, può diventare uno strumento pesante, negativo per la nostra economia se non si modificano quelle caratteristiche che la portano ad essere regressiva verso grandi imprese ed eccessivamente progressiva verso le piccole imprese o le imprese artigianali.
L'ultimo elemento che dobbiamo tener presente è che l'o strumento in generale, ma l'Irap che ci verrà data entro quest'anno, può diventare un fortissimo strumento di semplificazione delle procedure di contribuzione e di sostegno alle attività produttive. E' molto più facile prevedere ipotesi di defiscalizzazione totale o parziale di abbattimento di aliquota, anziché prevedere un meccanismo di contribuzione, quindi di versamento di contributi sulla base di una serie di accertamenti o comunque di complicati procedimenti amministrativi e fiscali.
E' chiaro che il federalismo fiscale non può non comportare un nuovo bilancio: il bilancio della Regione Marche, come i modelli di bilancio di tutte le Regioni d'Italia risalgono alla legislazione del 1980 che all'epoca andava bene ma che adesso non va più bene, non consente di leggere facilmente le allocazioni, non consente di seguire facilmente i percorsi sostanziali ed effettivi di utilizzo delle risorse. C'è stato l'anno scorso un decreto legislativo del Governo che ha modificato l'impostazione del bilancio statale e che ha dettato linee abbastanza significative per la riforma dei bilanci e dei modelli di bilancio regionale. Su questo punto credo che dovremo muoverci velocemente, per avere uno strumento che sia leggibile, non dico, come diceva Lenin, dalle cuoche di Lenin stesso, ma che sia leggibile tranquillamente a livello di cittadini di comune cultura e di comune conoscenza.
Tutto questo dovrà ovviamente trovare un momento forte nel nuovo Statuto, che, secondo me, dovremo scegliere se farlo diventare momento di conflittualità e di prolungamento delle conflittualità tradizionale tra Giunta regionale e Consiglio regionale che connota tutte le Regioni d'Italia a Statuto ordinario, o se invece sarà finalmente l'occasione per ripensare fino in fondo quale deve essere il ruolo effettivo di un Esecutivo che ha la responsabilità di funzionare, di un'azione efficace, efficiente e rapida e di un Legislativo che deve fino in fondo utilizzare tutti i suoi strumenti di controllo, di indirizzo e — suo strumento fondamentale — di una nuova legislazione, una legislazione per il cui riordino stiamo già lavorando. Abbiamo già inviato al Consiglio, nella precedente legislatura, un primo testo unico al quale seguirà rapidamente un altro, che farà diminuire alla metà il numero delle leggi regionali vigenti, dalle 800 attuali a 400. Su questo, credo che l'attesa dei cittadini marchigiani è notevole.
Dovremo, ovviamente, farci carico di un ampio coinvolgimento, in questi processi, delle autonomie locali e delle forze organizzate della società. Non possiamo pensare ad una fase di burocratiche audizioni, dobbiamo trovare il metodo e il modo per coinvolgere nella riscrittura delle regole fondamentali della convivenza del patto civile chi abita in questa regione. Dovremo assicurare, ovviamente, la massima partecipazione dei cittadini e delle diverse espressioni della comunità regionale, ripensando, strutturando e progettando un utilizzo in questo senso, in questa chiave degli strumenti di democrazia diretta che invece, a volte, sono stati usati in maniera distorta. Parlo dei referendum.
Signor Presidente, signori Consiglieri, queste, colleghi del Consiglio e della Giunta, sono le linee lungo le quali si muoverà l'azione del Governo e della maggioranza in questa nuova legislatura.
A tutti noi, nel rispetto rigoroso dei ruoli e delle competenze, la responsabilità di ricercare comunque le soluzioni più adatte a soddisfare le esigenze della società marchigiana e di tutti i cittadini della nostra regione.
Per questo tipo di finalità, esercitando i poteri che la legge Costituzionale n. 1 del 1999 mi ha attribuito, ho nominato la Giunta che finalmente presento ufficialmente al Consiglio regionale e che è formata da Carmen Mattei, Lidio Rocchi che in questo momento sta premiando l'Ancona Calcio e che chiede scusa per questo tipo di felice ragione della sua assenza, Maria-Cristina Cecchini, Roberto Ottaviani, il Vicepresidente Gian Mario Spacca, Marcello Secchiaroli, Augusto Melappioni che è impegnato in qualche "problemino" della sanità, Luciano Agostini.

PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente per la comunicazione. Apro la discussione. Se i consiglieri sono d'accordo, proporrei di firmare il termine massimo degli interventi, in considerazione della rilevanza degli argomenti, a venti minuti e non ai dieci classici permessi nella discussione sulle comunicazioni del Presidente. Quindi, prego i consiglieri che intendono intervenire di iscriversi rapidamente, perché dopo i primi trenta minuti chiudiamo le iscrizioni e oltre tale termine non saranno più accettate iscrizioni a parlare.
Ha chiesto di parlare il consigliere Giannotti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che sia giusto, così come peraltro ha fatto il Presidente della Giunta, partire da una prima riflessione che riguarda il risultato delle elezioni regionali. Sarebbe omissivo non avviare la discussione di questa prima legislatura senza considerare il dato delle elezioni e il dato delle elezioni lo si considera con un confronto oggettivo fra i risultati del 2000 e quelli del 1995, un dato che consente di acquisire alcuni elementi precisi. Innanzitutto che lo schieramento di centro-sinistra in questa regione ha ottenuto in queste elezioni il 49,9% contro il 57,60% delle elezioni del 1995, se consideriamo il dato relativo alla vecchia alleanza di sinistra e il risultato conseguito dall'allora candidato della terza lista, cioè dal candidato dei popolari che in quell'occasione registrò un 6,1% rispetto al 51,5 dello schieramento di sinistra.
L'altro dato che balza agli occhi è l'avanzata della "Casa delle libertà", che passa dal 38,9 al 44%.
D'altro canto non si discosta il dato dei partiti: i Democratici di sinistra scendono dal 33,7 al 26,7; Rifondazione comunista e Comunisti italiani dal 10,2 all'8,8, considerando che, divisi, registrano rispettivamente il 6,4 e il 2,4; i popolari e l'Udeur dal 6,1 al 5,27. Se consideriamo che 5,27% era il dato riferito al risultato della lista dei popolari e se consideriamo che un consenso, seppure non illimitato, proviene anche da questa esperienza, il calo complessivo dei partiti dello schieramento di centro-sinistra è più che evidente. Il dato di fondo è che il centro-sinistra in questo Consiglio scende dai 28 consiglieri della precedente legislatura ai 25 consiglieri di oggi, "Casa delle libertà" sale da 12 a 15.
A me sembra che da questa lettura dei dati elettorali derivino alcune conclusioni incontestabili. Innanzitutto la sconfitta dello schieramento di centro-sinistra, che peraltro lo stesso D'Ambrosio con molta coerenza ha riconosciuto. Certo, D'Ambrosio dice "non si tratta di una sconfitta pari alla misura nazionale e soprattutto è addebitabile ai flussi nazionali", però di sconfitta si tratta (intervista a Corriere Adriatico di qualche giorno fa). L'altra considerazione riguarda la chiara bocciatura, da parte degli elettori, dell'esperienza di governo della passata legislatura.
Il secondo motivo di riflessione rispetto al dato elettorale è che questa maggioranza non governa le Marche senza il consenso della maggioranza dei marchigiani. Questo è un dato che deve essere tenuto presente nel lavoro di questi cinque anni, perché da questo dato discende anche il rapporto che va instaurato fra maggioranza e opposizione, in modo particolare sul versante della riforma, sul versante dei passaggi istituzionali che ci aspettano.
Una ulteriore considerazione è quella relativa alla condizione di salute di questa maggioranza. A me sembra che il percorso che ha definito l'assetto della nuova Giunta segnali nuovi equilibri politici che superano la maggioranza elettorale. Questo è un dato evidente. Oggi siamo di fronte ad una maggioranza politica incardinata sul consenso del Partito democratico della sinistra, del Partito popolare, dell'Udeur, dello Sdi, di Rifondazione comunista. Un cammino e un percorso che segnala due aspetti di fondo — non sono d'accordo con la comunicazione del Presidente — cioè una scelta di netta discontinuità rispetto al passato, quindi una ammissione del fallimento della esperienza di governo del passato. Basterebbe, a questo proposito, segnalare solo la composizione dell'Esecutivo e il fatto che assessori forti, assessori che hanno avuto un grande rilievo nella vicenda amministrativa del passato, nella vicenda istituzionale del passato, oggi, per scelta di questo Presidente, siedono sui banchi del Consiglio regionale a svolgere un ruolo — con tutto il rispetto per queste persone, fra l'altro simpaticissimi amici — di comparsa rispetto agli equilibri politici. Si nota il prevalere di tratti personalistici nella scelta dell'Esecutivo. Questa è una Giunta a misura del Presidente D'Ambrosio e il Presidente D'Ambrosio ha fatto fatica ad ammettere questa scelta: "Io sono un Presidente di passaggio, questa è la seconda legislatura, dopodiché la mia esperienza nelle Marche finisce". Non dice "la mia esperienza politica finisce", e la conclusione è: "rispetto alle convulsioni del passato preferisco una stagione di tranquillità, quindi la scelta me la faccio a mia misura".

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Si invecchia, Giannotti...

ROBERTO GIANNOTTI. Sto solo registrando un dato, dopodiché, dal suo punto di vista, posso anche essere d'accordo con lei, però registro un dato: questa è una Giunta che ha questi caratteri. E che il malessere di questa maggioranza sia un dato evidente e incontestabile lo dimostrano i giudizi espressi e le palesi dissociazioni che si sono registrate in queste ultime settimane: Ufficio di presidenza, Commissioni... La conferma di questa situazione è risaltata dalla scelta dell'Aventino compiuta dai verdi: "ci asteniamo dal dare un giudizio, lo daremo più avanti". C'è una condanna pervicace del metodo data dal gruppo dei democratici dall'inizio della legislatura, che ha ispirato le scelte, un distinguo netto sul piano del costume, di cui va dato atto a questo raggruppamento politico. Inoltre, le ripetute critiche, al di là dei voli pindarici, dei Comunisti italiani, che hanno detto tanto in negativo rispetto a questa Giunta. Credo che ai comunisti fa sempre difficoltà litigare con i comunisti anche quando si è maltrattati, ma, Procaccini, se questi tirano i pesci in faccia credo sia difficile rilanciare addirittura l'alleanza dell'ultrasinistra. Questi hanno già fatto una scelta nella quale non è previsto l'apporto decisivo dei Comunisti italiani: prendine atto con coerenza e comportati di conseguenza.
Il risultato è una Giunta debole sul piano dei numeri e del consenso politico e la seduta precedente lo ha dimostrato: siamo di fronte ad una prova di forza fra il gruppo consiliare dei Ds e l'Esecutivo. E' un Esecutivo debole perché manca la consapevole e piena adesione del maggiore azionista della maggioranza. Lo stesso Pacetti nella sua ultima intervista lo dice: "quel che è stato è stato", ma quel che è stato ha un significato preciso.
A proposito di Pacetti, mi fa tenerezza l'ex collega che cita impropriamente fatti mai avvenuti. Sono costretto a ripeterli, ma quando si scrivono queste cose sui giornali bisogna assumersene anche le responsabilità. Soprattutto dimostra di avere poca memoria, Pacetti, al punto da dimenticare stroncature personali che hanno fatto naufragare nel nulla ambizioni presidenziali.
Ma l'Esecutivo è debole soprattutto sul piano culturale, Presidente. Qui si ripropone in tutta la sua dimensione l'equivoco elettorale sulla coesione delle forze di maggioranza, sul piano dei valori di riferimento. E proprio le scelte sul piano dei valori saranno la cartina di tornasole della tenuta della maggioranza, perché, caro Spacca, salvo che la scelta del nulla, che può evitare contrasti e divaricazioni, voglio vedere cosa lega lei a Rifondazione comunista, a Comunisti italiani, a qualcun altro rispetto a posizioni di fondo, rispetto al portato della nostra cultura politica, e voglio verificare le scelte che compirà il Partito popolare rispetto alla politica per la famiglia, per la parità scolastica e per il pluralismo, tanto per citare alcuni passaggi importanti.
Mi sia consentita una brevissima riflessione sulle questioni del federalismo. Io credo che la riforma attuata dalla legge costituzionale 1/99 va letta nell'ambito di un processo finalizzato alla trasformazione dell'ordinamento statale in senso federalista. L'elezione diretta del Presidente ed il riconoscimento di un atto grado di autonomia statutaria costituiscono le basi per l'affermazione di un diverso rapporto tra gli organi della Regione per una ridefinizione delle loro competenze nonché del ruolo della Regione stessa. Lei ha giustamente detto: "Lo strumento che costituirà la manifestazione dell'autonomia che ci è stata riconosciuta sarà il nuovo Statuto", che deve essere riscritto, a nostro giudizio, in senso federalista e coerente con i principi della sussidiarietà, della trasparenza e della libertà.
Nella decorsa legislatura si è data attuazione alle disposizioni legislative in tema di decentramento amministrativo. E' stato previsto il conferimento delle funzioni agli enti locali, ma non si è voluto dare piena applicazione al principio della sussidiarietà orizzontale, cioè non si è voluto riconoscere il contributo positivo che può essere offerto dai corpi intermedi, dalle associazioni allo sviluppo della nostra democrazia. Una omissione grave, rispetto alla quale è più che auspicabile un ripensamento da parte di questo Esecutivo. Ma, cari colleghi, l'attuazione del federalismo deve essere improntata anche al miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza degli enti locali. Per questo, Presidente, non è più possibile continuare a disattendere lo spirito della legge così come state facendo, come sta facendo la Regione Marche ed occorre ridisegnare gli aspetti istituzionali attraverso la definizione degli ambiti ottimali per la gestione associata dei servizi e le connesse politiche di incentivazione. Non è stato fatto. Abbiamo fatto la legge applicativa della 112 che ci dava un tempo di sei mesi per individuare i bacini ottimali e la scelta, elettorale, è stata di non agire in quel modo perché, evidentemente, avreste potuto scontentare. Ma è una scelta non più rinviabile.
Così come occorre sfruttare fino in fondo l'opportunità rappresentata da questa fase costituente per l'affermazione di una più forte autonomia e una più consapevole partecipazione della comunità regionale alle scelte che riguardano il proprio futuro. Il tema della partecipazione è un ma di fondo, sul quale fino ad oggi noi abbiamo sentito solo parole. Vorremmo che alle parole seguissero fatti più chiari, più concreti.
In questa legislatura devono cambiare i riferimenti. Questo è il periodo del federalismo, dell'affermazione piena dell'autonomia regionale sul piano politico, amministrativo e fiscale. Certo, rimane il limite del testo costituzionale. Solo la riforma della Costituzione permetterà di realizzare pienamente tale processo, ma questo non può sottrarci dalla responsabilità di sollecitare il Parlamento alla devoluzione delle competenze e delle risorse in materia di sanità e istruzione, nonché all'introduzione di un reale federalismo fiscale.
Il federalismo, infatti, o è autentico, quindi politico, amministrativo ed economico, oppure è un'altra cosa, cioè solo un semplice trasferimento di poteri che si confonde con il decentramento amministrativo. Non ci sembra che la Giunta regionale abbia maturato fino in fondo la consapevolezza dell'importante ruolo che può esercitare il federalismo nei processi di cambiamento e modernizzazione dello Stato e della Regione. Così come non sembra abbia percepito che questo processo di riforma deve essere accompagnato sul piano amministrativo dalla semplificazione e dalla sburocratizzazione, attraverso un complessivo ammodernamento della macchina regionale.
Il Presidente ha posto come obiettivi di fondo, per quanto concerne la sanità, quello del controllo della spesa e dell'aumento della qualità dei servizi. Affermazioni retoriche Presidente, che non tengono conto dei guasti prodotti nella scorsa legislatura in conseguenza di una gestione asservita ad una logica partitocratica, centralistica e personalistica incarnata dall'assessore Mascioni, effettivo titolare dell'esercizio del potere, in presenza di una Giunta assenteista, accomodante e sostanzialmente rinunciataria.
L'occupazione totale dell'assessorato e la conduzione personale dei direttori generali delle Asl, rinominati e scelti in base a criteri fiduciari approfittando della famosa sentenza del Tar, ha di fatto bloccato tutte le spinte all'innovazione non riconducibili ad interessi di parrocchia politica od elettorale e selezionato, a fine di parte, tutti gli interventi previsti, a partire dall'attuazione dell'articolo 20. Tali scelte hanno di fatto ingessato il sistema e causato disavanzi che la Giunta affannosamente ha cercato di ricoprire ricorrendo ai soldi dei marchigiani i quali, in forza delle scelte sbagliate realizzate anche per quest'anno, dovranno mettere mano, direttamente o indirettamente, al portafoglio per far fronte al deficit 1999 che voci bene informate assicurano essere ben superiore ai 400 miliardi.
Il tanto decantato piano sanitario regionale, gradevole sotto l'aspetto della teoria, si è rivelato, in sostanza, un contenitore vuoto che il potere organizzato ha poi riempito come meglio riteneva e gli interessava, lasciando irrisolti i veri problemi strutturali della realtà sanitaria marchigiana. I vizi del passato possono sostanzialmente riassumersi: nella conservazione e nella tutela indiscriminata dei particolarismi territoriali e delle zone d'influenza delle lobbies sanitarie; nella conferma di una struttura regionale falsamente aziendale, pachidermica e sovradimensionata rispetto agli standard nazionali, e infatti 17 aziende si sono rivelate 17 centri di potere, al servizio degli interessi di parte; nel decisionismo unidirezionale, centralizzato e falsamente democratico, utilizzato come strumento di conservazione, conferma e aggregazione di potere e di fortune politiche.
I danni derivanti da tale gestione sono un fatto oggettivo. Per questo occorre cambiare rotta al più presto.
Per quello che riguarda le infrastrutture, finalmente è stata posta l'importanza di assecondare l'esigenza di adeguamento del porto e della stazione marittima, un'esigenza posta con forza dagli scenari e dalle opportunità legate alla riapertura dell'area dei Balcani. Su questo versante occorre più coraggio, occorre andare ancora più avanti.
La stessa cosa non si può dire per l'adeguamento del sistema ferroviario. Infatti, a riconoscimento dell'effettiva importanza rappresentata dal potenziamento del trasporto su rotaia, non hanno fatto seguito, fino ad oggi, iniziative adeguate per sollecitare il raddoppio della Falconara-Orte e per impedire lo smantellamento delle ferrovie interne. Così come sul piano della grande viabilità continuiamo a registrare ritardi e sottovalutazioni inaccettabili. L'ipotesi del Corridoio Adriatico è ancora a livello dello studio di pre-fattibilità, mentre i risultati conseguiti sono esclusivamente la conseguenza di eventi eccezionali come il terremoto — vedi la 76 — o di scelte compiute da altri come la Fano-Grosseto, in ordine alla quale la Giunta, in passato, non ha certamente brillato per impegno.
Il terremoto. Al di là dei gravi ritardi del completamento dell'opera di ricostruzione che tanti disagi sta determinando, occorre sottolineare che si è persa una grande occasione per trasformare una sventura in una opportunità. Ci riferiamo al contenuto della legge sul terremoto, una legge per la ricostruzione e non per il rilancio, a differenza di quanto è accaduto, invece, in Friuli e in Irpinia. La 61 ha avuto un ruolo esclusivo per quanto concerne le toppe da mettere ma non per creare le condizioni per una ripresa dell'attività economica.
E allora, su questo è inutile scomodare l'intesa istituzionale che secondo noi rappresenta solo un inutile pezzo di carta. Il rischio, caro Presidente, è che i ritardi, la lentezza dell'opera di ricostruzione si trasformino in un fatto ridicolo, cioè che noi concluderemo gli interventi nelle zone terremotate quando in quelle zone non ci sarà rimasto nessun cittadino.
Non ci pare che le proposte avanzate, rispetto al sistema produttivo, corrispondano all'esigenza largamente diffusa di far compiere alla Regione un salto di qualità sul piano delle politiche a sostegno delle attività produttive. Manca ancora una scelta netta a favore della piccola e media impresa e del ruolo che essa può svolgere per garantire una nuova fase dello sviluppo. Permane il dubbio forte, espresso peraltro autonomamente anche da fonti non sospette, della volontà della Giunta di continuare a programmare, dirigere, pianificare più che sancire spazi di vera libertà per l'iniziativa imprenditoriale, senza capire che le imprese non vanno imbrigliate e vessate ma vanno lasciate libere di crescere perché sono in grado di farlo.
D'altronde, gli stessi dati sulla produzione regionale del 1999 non inducono a particolari ottimismi e segnalano la contraddittorietà e la inadeguatezza delle politiche per il settore.
La stessa valutazione può essere espressa sul versante delle politiche per il lavoro, dove tanto si è speso e poco si è prodotto, soprattutto se si considera che l'esiguo incremento dell'occupazione deriva sostanzialmente dall'utilizzo di forme di impiego a tempo parziale e determinato.
Vorrei soffermarmi sulla questione degli interventi turistici, limitandomi a dire che il giudizio che diamo sulla 53 è chiaramente negativo. La legge non ha minimamente assolto ai compiti di razionalizzazione della spesa e della programmazione turistica per cui era stata ideata e approvata in questo Consiglio regionale con la nostra opposizione. In realtà abbiamo assistito a uno sperpero di risorse pubbliche inimmaginabile, ad una discrezionalità e ad un particolarismo nelle scelte di altri tempi. Rispetto a questo chiediamo una revisione della 53 che porti sostanzialmente alla costituzione di strutture di coordinamento territoriale, che mettano in rapporto sinergico gli operatori turistici e le istituzioni. Solo attraverso questo coinvolgimento reale può essere avviata una politica vera a sostegno del turismo.
Il nostro ruolo sarà rispettoso della volontà degli elettori. Gli elettori ce lo hanno assegnato e noi lo onoreremo fino in fondo senza "inciuci", cioè senza entrare nelle logiche della maggioranza che non ci appartengono, se non come giudizio. La nostra sarà un'opposizione dura ma leale, senza infingimenti e senza compromessi. La stessa lealtà la pretendiamo dalla Giunta e dalla maggioranza, innanzitutto attraverso il rispetto delle prerogative che lo Statuto e il regolamento ci assegnano sul piano dell'informazione e dell'attività ispettiva. In secondo luogo garantendo la piena agibilità delle Commissioni e del Consiglio sul piano dell'attività legislativa.
La nostra sarà una posizione coerente con gli impegni assunti in campagna elettorale, senza ideologismi ma con la consapevolezza di dover affrontare nel quotidiano dell'azione politico-amministrativa, i valori in cui crediamo ed il modello di Regione che intendiamo costruire. Giudicheremo i programmi e l'iniziativa legislativa per quello che esprimeranno sul piano dei contenuti e opereremo affinché questi contenuti corrispondano alle esigenze effettive della comunità marchigiana.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Ciccioli. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Palerò un po’ meno dei tempi previsti, perché credo che si possono dire cose anche feroci in pochi minuti, anzi sono sempre più efficaci delle cose lunghissime. Devo anche dire che i toni del mio intervento non dico saranno misurati, ma saranno di riflessione.
La politica è estremamente veloce. Noi abbiamo votato due mesi fa e i risultati delle elezioni appaiono ormai lontanissimi, quasi non me li ricordavo più. Le votazioni del 16 aprile sono ormai consegnate alla storia. Certo, il dato politico è stato il margine molto risicato con cui la maggioranza che si richiama a D’Ambrosio è prevalsa sul Polo. Margine modesto del quale resta un interrogativo: l’assembramento sfidante ha fatto il massimo e quindi ha ottenuto un risultato brillantissimo rispetto ai dati iniziali, oppure era possibile licenziare la maggioranza uscente? Qui ci sono interpretazioni diverse. Certamente la maggioranza uscente è stata notevolmente ridimensionata. A questo punto il problema è del dopo.
Questa sarebbe dovuta essere una seduta solenne. Se ci pensiamo bene, questa è la prima seduta in cui abbiamo un Presidente regionale eletto direttamente dai cittadini, quindi un Presidente con poteri ampi. In questi giorni si è usata addirittura la parola “governatori”, come a dire che esiste un ruolo diverso in questo Consiglio, esiste molto più dirigismo, esiste la possibilità che il Presidente incida direttamente sulle scelte, ben al di là di quello che era fino alla scorsa legislatura. Invece — io colgo questo aspetto — questa seduta mi sembra che sia di profilo non voglio dire basso, ma dimesso, questo sì. Lo stesso Presidente D’Ambrosio ha parlato in toni sommessi, non voglio dire da assemblea ecumenica ma sicuramente parlando di massimi sistemi. Se devo dire cosa è successo in questi giorni, ricordo che una parte della minoranza spingeva fortemente per rinviare questa seduta, nel senso che, poiché l’acquisizione del testo del Presidente D’Ambrosio e del documento era di qualche ora precedente la seduta, si voleva ulteriore tempo per rifletterci sopra. Io ero tra quelli perplessi, perché avendo scorso il testo dell’intervento del Presidente nonché il documento, non mi sembrava — la mia impressione era questa — che fosse motivo di grande approfondimento.
Quali sono le due cose che emergono? La prima cosa è, a mio parere, una fortissima genericità: la maggior parte delle cose contenute nella relazione e nello stesso documento del programma elettorale dell’Ulivo sono ampiamente condivisibili: quale forza politica può negare o non essere d’accordo sulla necessità di velocità per il recupero delle zone terremotate, sulla citazione quasi analitica dei problemi?
Leggo qualche cosa: “La società dell’informazione può enormemente favorire la crescita dell’occupazione”. E chi non è d’accordo?
L’altro aspetto è che torna il politichese, fortemente torna il politichese, cioè frasi che dicono tutto e non dicono niente. Ad esempio: “L’innovazione del modello marchigiano per fronteggiare le sfide economiche e culturali poste dalla competizione internazionale tra sistemi regionali e dalla globalizzazione, cogliendo tutte le opportunità di crescita e promuovendo la politica del lavoro”. Cosa c’è dietro questa frase che, da destra a sinistra, non si può che condividere? Oppure, rispetto alla sanità: “L’impegno sarà rivolto al potenziamento delle attività territoriali per garantire la fruibilità delle funzioni ulteriormente diffuse a livello locale”. Boh...!
Secondo me c’è un po’ tutto. Cosa manca invece, di fondamentale? Cosa fare e quando, quali priorità, quali investimenti, con che risorse e quali tempi. Io mi sarei aspettato qui, invece di un grande intervento, una tabellina con scritto: “questi soldi allocati in questo modo, per fare queste cose, in questi tempi”. Questo era il vero programma, non la genericità, non il politichese: risorse contro progetti. Io mi aspettavo questo.
Qual era la controprova dell’opposizione? Le realizzazioni. Contro questa tabella, nei tempi, l’opposizione doveva incalzare su altri progetti o dire “i tempi ci sono stati, le realizzazioni non sono state fatte”. Credo che questa sia la nuova politica.
Quando si parla di cittadini che si disinteressano e non vanno a votare in maniera così massiccia com’è successo anche in queste elezioni, è perché si è generici, si parla politichese, non c’è chiarezza su quello che si vuol fare e su quello che si è fatto. Certo, c’è anche qualche lato debole. Io mi sono letto, più che l’intervento di D’Ambrosio, che è una sorta di cappello, il programma. Mancano alcune cose che nei prossimi mesi ci sentiremo di proporre. Per esempio cito un argomento che nel tempo io avevo molto approfondito: la pesca. Con le nuove deleghe il problema della maricoltura, in presenza di sparizione delle risorse ittiche — tanto è vero che si devono fare i fermi pesca, tanto è vero che spesso ci sono proteste dei pescatori perché ormai c’è poco da prendere o si prende sotto taglia, perché c’è un esaurimento del prodotto rispetto allo sforzo — nel programma qualcosa bisognava mettere, come intervento. Oppure, il terremoto. Qualche settimana fa ho interpellato il sen. Collino del mio partito, eletto in Friuli, che è stato molti anni consigliere comunale a Gemona ed è stato uno dei protagonisti della ricostruzione, allora consigliere comunale missino, molto giovane, con l’intervento dell’allora commissario Zamberletti. Mi ha detto: rispetto all’”operazione Friuli” voi siete indietro. Le “procedure Friuli” erano più veloci. A Gemona avevamo procedure che realizzavano le cose più in fretta. Anche qui, forse, se la ricostruzione non procede sì, la colpa sarà anche della Giunta, sicuramente è della Giunta, ma forse c’è qualcosa nei meccanismi, nelle procedure che non va. Quindi capiamo perché in Friuli erano più veloci che nelle Marche. Un problema da porsi.
Tante altre cose sono ampiamente condivisibili. Io ho l’impressione che si torni indietro, a una situazione confusa in cui non c’è politica chiara e quindi i cittadini si allontanano.
Gli assessori. Su questo mi soffermo. La scelta degli assessori, che in questa fase sarebbe dovuta essere profondamente presidenzialista, a mio parere così non è stata, perché alcuni degli assessori — senza assolutamente valutazioni personali che mi sembrano assolutamente fuori luogo — vengono più da scelte di equilibri politici dei partiti interni, rispetto alle competenze. Agostini ad esempio, è neo-eletto, sicuramente competentissimo, ma una persona che entra per la prima volta in quest’aula ed entra da assessore, senza nessuna storia di Commissioni, di almeno mezza legislatura. Un novizio. Queste cose nel mondo della Chiesa, nel mondo monacale non sarebbero mai state fatte, non sarebbe mai accaduta una cosa del genere. E’ difficile che si cominci, non voglio dire da papa, ma da cardinale. Sono state fatte due scelte che sanno tantissimo di burocrazia, e lo dico con il massimo rispetto delle persone. Primo, la scelta del Presidente di questo Consiglio regionale Minardi, non eletto dagli elettori ma in un “listino” come premio di maggioranza e quindi, come premio di maggioranza, almeno doveva avere un ruolo di maggioranza, non un ruolo istituzionale. E Agostini che, neo-eletto, arriva là. Così come altre scelte. E anche qui lo dico non per spirito di polemica, ma sono riflessioni, osservazioni. Un Presidente eletto direttamente non mette in Giunta i verdi, che nella storia della precedente legislatura un ruolo l’hanno avuto? Mi sembra che sia stato un errore. Forse è stato molto saggio dal punto di vista degli equilibri, del bilancino, del farmacista, anche se so che D’Ambrosio ha la laurea in giurisprudenza e non in farmacia. Così come credo che l’inserimento del prof. Ascoli nel “listino” di maggioranza era l’indicazione di un professore universitario che doveva avere un ruolo. Questo avrebbe sì avuto una giustificazione. Mentre Agostini ha assai più scarse giustificazioni, invece la scelta di una competenza universitaria... E’ stata invece fatta una scelta completamente difforme, anche qui opera dello Spirito Santo di un assessore in rappresentanza dei Democratici che ha avuto la storia di sindaco, ma anche lui non ha avuto nessuna esperienza in Regione. Anzi — lo dico gradevolmente — la prima cosa che mi è arrivata appena entrato in Regione, è stata una busta di un cittadino di Recanati che mi scriveva: “ma come, assessore all’ambiente Ottaviani che ha avuto una condanna con sentenza per problemi d’ambiente?”. E dentro la busta la fotocopia della sentenza di condanna. Caspita, mica sono scelte da poco!

PIETRO D’ANGELO. I “governatori” li avete voluti voi...

CARLO CICCIOLI. Noi li abbiamo voluti e ci crediamo, nei governatori.
Per esempio, visto che era stata fatta la scelta dell’ex consigliere regionale Mattei nella Giunta, immediatamente mi veniva in mente la nomina dell’ex consigliere Mattei alle politiche sociali, perché chi più di una che sta all’interno del settore del volontariato e che aveva esperienza di Consiglio regionale era competente per le politiche sociali, senza nulla togliere a Secchiaroli che per tanto tempo ha seguito le politiche sociali? Al posto delle politiche comunitarie, che invece presuppongono tutt’altro tipo di competenza oggettiva, legata alla distribuzione delle risorse e soprattutto alla verifica della distribuzione delle risorse negli altri Paesi europei. Siccome l’Italia è un po’ fanalino di coda e la Spagna, l’Irlanda sono quelle che hanno “macinato” di più, lì occorre fare un grande lavoro per verificare come l’Irlanda e la Spagna, che sono Paesi per un certo verso omogenei con l’Italia... Credo che l’abbinamento non sia stato tra i più azzeccati.
Ma non vorrei incidere ancora su questa cosa, dico che sicuramente questa maggioranza uscente riconfermata è stata riconfermata in maniera molto ridotta e rispetto al precedente assetto, questo è un assetto molto più debole. Quante volte abbiamo fatto, anche noi, polemica? Però nella scelta degli equilibri non avere utilizzato l’ex assessore Silenzi e l’ex Presidente del Consiglio Amati in questa Giunta è stata una scelta politica di equilibri, ma sicuramente, rispetto all’esperienza e alla competenza si è ritenuto di scegliere formazione più debole rispetto a formazione più forte. Questo avrà delle complicanze, tutte le cose, in politica, hanno delle complicanze. Come medico dico che ogni atto sanitario comporta delle conseguenze, e anche qui qualche conseguenza ci sarà: di maggioranza, d’opposizione, ci sono sempre le conseguenze.
Non ho il vaticinio di poter dire quello che potrà accadere, ma a occhio penso che qualche problema e qualche difficoltà questa Giunta l’avrà. Giannotti diceva giustamente che il Polo prima aveva 12 consiglieri regionali. Il Presidente D’Ambrosio ha avuto, nella precedente legislatura, una grande risorsa: la debolezza dell’opposizione. Ricordo che rimanevamo in aula in 3-4 a fine seduta, tutta l’opposizione era ridotta a 3-4 persone. Adesso ce ne sono 15 che nella quasi totalità — potrei anche dire totalità — sono attrezzate per fare opposizione abbastanza dura, con una maggioranza di 25 fortemente divaricata, con forze politiche sicuramente leali nella maggioranza ma non presenti in Giunta. Quando queste diversificazioni ci saranno, penso che, così come avranno la lealtà di appoggiare la maggioranza, sosterranno però le tesi per le quali hanno chiesto i voti per le loro liste e quindi questa maggioranza si riduce, si riduce fino a 19 come è successo per l’elezione del Presidente del Consiglio e per qualche altra elezione.
Ovviamente nessuno è profeta, però la previsione possibile, potrei dire anche probabile, è che questa maggioranza dovrà faticare molto per trovare i numeri in determinati passaggi, in determinate leggi, in determinate scelte e via di seguito.
Concludo, affermando quanto detto nella prima seduta: a me pare che come inizio ci troviamo di fronte — paradossalmente, la legislatura forte è stata la precedente — ad una legislatura molto debole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per fatto personale, l’assessore Ottaviani. Ne ha facoltà.

ROBERTO OTTAVIANI. Mi è stato comunicato che questo argomento verrà approfondito a fine dibattito.
Avrei preferito intervenire in maniera completamente diversa in questo Consiglio, parlando di argomenti, programmi e contenuti. Invece sono costretto a intervenire, perché credo che il livello del confronto, per certi aspetti, per certi passaggi sia fortemente scaduto, e questo mi rammarica fortemente.
Chiedo di intervenire a fine seduta per questo preciso motivo: sono state fatte delle affermazioni gravi a mio avviso, gravissime, che ledono la mia dignità, che ledono la mia onorabilità e la mia esperienza di amministratore. Affermare che il sottoscritto ha denunce per fatti ambientali è completamente falso e infondato. Chiedo formalmente di sapere la fonte di queste informazioni, altrimenti mi tutelerò per vie legali. Poi spiegherò nei dettagli.

PRESIDENTE. L'assessore Ottaviani ha esposto il motivo per il quale chiede di intervenire su fatto personale. La discussione sul fatto personale si aprirà alla fine della seduta.
Ha chiesto di parlare il consigliere Grandinetti. Ne ha facoltà.

FABRIZIO GRANDINETTI. Presidente, della Giunta, colleghi, ho cercato di fare del tutto per essere presente all'ultima seduta del precedente Consiglio ma non è stato possibile. Oggi prendo la parola in un'aula che pensavo non avrei mai visto, per lo meno come protagonista, cioè all'interno del Consiglio regionale. Mi perdonerete qualche ferita che traspare ancora dalla mia voce e non solo, per una situazione che c'è stata e che è in grande ripresa ma che ancora esiste. Questo non mi può esimere dal partecipare brevemente a questa discussione, perché ho sentito cose da parte del Presidente D'Ambrosio su cui ho riflettuto. Io ho ascoltato, senza leggerla, la relazione, ma ritengo che basti per fare delle riflessioni brevi ma importanti, che vogliono ricalcare la profonda diversità di queste due aggregazioni nei loro intendimenti, nella loro cultura, nel loro DNA.
Chi è stato presente nella precedente legislatura sa che l'opposizione può essere un fatto forte, può essere un fatto deciso, può calcare diversità fortissime, ma deve essere sempre improntata a grande stile, a grande educazione anche nella forza delle parole misurate che non devono toccare mai la trivialità e l'insulto, dunque non per difendere il collega Ciccioli che lo sa fare da solo, però volevo l'attenzione dell'assessore Ottaviani, prima di iniziare queste riflessioni.

PRESIDENTE. Consigliere mi scusi, ma la questione del suo intervento deve riguardare esclusivamente...

FABRIZIO GRANDINETTI. Mi pare che il nostro rapporto stia iniziando molto male. Quello che dico io lei non lo sa, per cui mi posso rivolgere a qualsiasi persona senza che lei sappia quello che sto per dire. Se lei ci vuole privare della parola con un'irruenza che già sta dimostrando anche in Ufficio di presidenza se lo tolga dalla testa, perché c'è gente che ha carattere e non ha bisogno di manifestarlo con protervia ed irruenza. Io sono uno di quelli: ferito, rimango dello stesso carattere e della stessa determinazione. Se ne accorgerà nel bene e, se lo ritiene, se ne accorgerà anche nelle contestazioni. Tutti conoscono che io sono una persona corretta e così tratto l'avversario, con la massima correttezza, quindi lei non mi può precedere non sapendo quello che sto per dire. Sto riflettendo e non possiamo essere penalizzati da lei che capisce già quello che stiamo per dire. Come fa a saperlo? Se io faccio un inciso di cinque secondi prima di fare delle riflessioni... C'è stata sempre sensibilità e libertà in quest'aula e questa libertà deve rimanere.
Come vede, io non dico mai parole grosse, però voglio che sia rispettata la libertà di tutti, questo è un mio diritto.

PRESIDENTE. Consigliere, mi permetta. Lei è libero di svolgere il suo compito nel modo migliore, anzi l'aiuterò a svolgerlo nel modo migliore. E' mio diritto richiamarla all'argomento della discussione...

FABRIZIO GRANDINETTI. Guardi, lei non sa che cosa...

PRESIDENTE. Consigliere, mi faccia parlare, tocca a me parlare.

FABRIZIO GRANDINETTI. Perché tocca a lei? Mi ha dato lei la parola.

PRESIDENTE. Perché il dibattito in aula l'organizzo io.

FABRIZIO GRANDINETTI. Lei sta iniziando il suo lavoro nel peggiore dei modi, mi creda Presidente. Anche perché le cose dette in quest'aula devono essere dette con correttezza ma le possiamo dire. Lei mi sta togliendo la parola e non sa quello che sto per dire. Ma si rende conto della gravità?

PRESIDENTE. Io la parola gliela do, non ho nessun problema a darle...

FABRIZIO GRANDINETTI. Sta iniziando con una cultura da segretario provinciale di partito. Lei è il Presidente del Consiglio regionale delle Marche, se ne renda conto.

PRESIDENTE. Ma questo lo dice lei, consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Lo dico io infatti, non mi interrompa.

PRESIDENTE. Non esiste il fatto che un consigliere impedisca al Presidente dell'Assemblea di richiamare l'attenzione...

FABRIZIO GRANDINETTI. Lei non mi deve interrompere, non sa nemmeno quello che sto per dire.

FABIO PISTARELLI (al Presidente del Consiglio).. Lei non può fare il processo alle intenzioni.

PRESIDENTE. Ma la possiamo finire? Ho semplicemente...

FABRIZIO GRANDINETTI. Lei non è in grado culturalmente, dialetticamente, a fermare Grandinetti, seppure con mille ferite. Si convinca che non è in grado di fermarlo. Non sa quello che sto dicendo. Pensa che parli di un fatto tra due persone?

PRESIDENTE. Le sto dando la parola. Le stavo semplicemente dicendo, prima di darle la parola, che era mia semplice intenzione richiamarla all'argomento della discussione. Poi lei ha fatto una serie di considerazioni che ognuno valuta per quello che ha ascoltato.
Ha la parola il consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Grazie, finalmente.
Io dicevo soltanto all'assessore Ottaviani che non deve affermare che il livello del confronto è scaduto, perché questa è una cosa che coinvolge tutta un'Assemblea ed è il modo peggiore di entrare in un consesso, alzarsi e presentarsi. Quindi cerchiamo di essere meno polemici e più di sostanza nelle nostre dichiarazioni. Io non entro nella vostra questione, ognuno si prende la responsabilità delle cose che afferma, però non si entra in un'Assemblea dicendo che è scaduto il livello. Perché è scaduto? Non ritengo che sia stato un livello di bassa lega. Altrimenti bisogna avere il coraggio di fare nome e cognome, se lei ritiene che qualcuno sia stato di basso livello, però non deve coinvolgere tutti. La difesa della democrazia, dall'estrema sinistra all'estrema destra, alla destra, al centro la dobbiamo fare tutti, quindi non dobbiamo permettere che queste parole entrino. Glielo dico con correttezza e con simpatia, senza nessuna enfasi. Lei, con quell'affermazione coinvolge tutti i consiglieri.
Detto questo, volevo fare qualche riflessione sulla relazione che il Presidente D'Ambrosio ha fatto.
Nella precedente legislatura si è iniziato ad operare molto tardi, con un piano di programmazione che è venuto molto tardi, c'è stato un inizio molto lento e alla fine si è cominciato ad approvare qualche piano settoriale che si può condividere in parte, non condividere in grossa parte, e comunque si può contestare, specialmente nel settore dell'ambiente.
L'ambiente è da salvaguardare, e penso che tutti siamo d'accordo, ma è da salvaguardare tenendo conto che esistono anche delle persone che non possono essere espropriate delle loro ricchezze, della loro terra, delle loro aziende. Parlo della questione dei parchi che va rivista con una certa intelligenza. Io una volta chiamai, nella discussione del bilancio, la Giunta "Giunta-Robin Hood" che vorrebbe togliere ai ricchi per dare ai poveri, quando in Italia non si sa chi sono i ricchi e chi sono i poveri, perché vi sono grandi evasori e chi paga le tasse e dunque è difficile dire chi sono i veri ricchi, specialmente per un ex direttore di banca che le cose le conosce nell'intimità, nella segretezza.
Dissento appena con il collega Giannotti o con chi ha detto che la Giunta è stata fatta a immagine e somiglianza del Presidente. E' stata fatta a sua immagine e somiglianza una parte, gli è stata imposta politicamente un'altra parte, poi un'altra parte l'ha subita, perché stando là dietro nel corso di una legislatura le simpatie, le stime ecc. si percepiscono da 50 centimetri. Dunque è un accordo eterogeneo, ma non è certamente una Giunta scelta direttamente. Delle persone di caratura e di peso sono state escluse e con diverse di esse abbiamo anche rapporti di stima, perché sono persone che hanno un loro peso. Vorrei fare il nome del Vicepresidente Berionni che oggi non è qui, ma secondo me era un uomo di peso. Al di là del fatto che è un comunista, non si può non stimare una persona che aveva imparato un mestiere difficile, quello del bilancio, con una filosofia completamente diversa dalla nostra, ma aveva cominciato a ricoprire l'assessorato con una certa dignità.
Lo scenario che si crea dopo un'elezione recente, è quello di un centro-sinistra indebolito nei numeri, quindi qualche cosa di sbagliato nell'operare della Giunta che ha terminato il suo lavoro qualche mese fa c'è stato.
Secondo il mio taglio concreto io vorrei andare a parlare non tanto dei verdi, perché sono questioni loro. Non metto il dito sulla piaga, perché preferisco parlare di argomenti che attengono più a un taglio di concretezza. E allora dico che la Commissione Statuto non ha finito i suoi lavori per ragioni plausibili, cioè la Bicamerale aveva fallito, senza una legge dello Stato era difficile concludere il lavoro dello Statuto e comunque, secondo me, sarà utile alla nuova Commissione sicuramente.
Dico però che non sono d'accordo quando vengono accusati questi "governatori" — più correttamente Presidenti — di fare provocazioni. Molti Presidenti fanno provocazioni, e le fa anche il Presidente della Regione Toscana che secondo me ha preso una via intelligente, se giuridicamente riuscirà a trovare il cavillo per concretizzarla. Dice: "dobbiamo sforzarci di fare il Parlamento prima della legge". Io ho telefonato ai dirigenti: non so se riusciranno a farlo prima. Sono tutte persone che premono perché siano concretizzate verso il federalismo, verso l'innovazione delle questioni. Quindi non sono persone che vanno contro l'unità d'Italia che è stata sottolineata dal Presidente della Giunta. L'unità d'Italia è indivisibile, e noi abbiamo una tradizione sotto l'aspetto della storia, dei riferimenti — i liberali, Alleanza nazionale, il centro rappresentato da due partiti importanti che sono retaggio di un partito che ha avuto una funzione importante nel passato — che non può certamente far dire che vogliamo creare una divisione dell'Italia. Però il federalismo come inteso nella storia, quello americano, è stato un accentramento di Stati, mentre oggi deve essere un decentramento di uno Stato unitario.
Secondo me, Carlo Ciccioli ha ragione: la relazione del Presidente è stata un'enunciazione un po' sibillina, che vuol essere una sintesi del programma. Se un cittadino dovesse leggere quella relazione, cosa ne verrebbe fuori? Noi dobbiamo cominciare a parlare una lingua chiara, ed è sempre più difficile parlare chiaro che forbito, astruso. Dobbiamo invece essere chiari con tutti i cittadini.
Sottolineo anche la questione dell'innovazione del "modello Marche". Il "modello Marche" è stato costruito non dai politici, ma da certi imprenditori medi e piccoli, quelli che dobbiamo veramente aiutare, mentre secondo me esiste un problema da affrontare con molta determinazione: non esistono solo le associazioni e le forze che sono importanti, perché sono importanti tutti, e io non sono per l'aziendalismo che mette da una parte il sindacato, poiché sono anche iscritto al sindacato. Ma dobbiamo pensare anche al cittadino, a dialogare con esso: non tutti sono rappresentati nel sindacato e nelle associazioni di categoria. Che cos'è questa divisione di banche, di enti, di Mediocredito, di Banca delle Marche, di banche ex pubbliche tra associazioni? Il cittadino non ha più la possibilità di essere rappresentato, di contare e di andare con le sue competenze a governare — non per nulla mi chiamano l"anima popolare" di Forza Italia — mentre invece deve avere questa possibilità. Ho visto invece, che c'è una divisione, ormai, nei grandi enti e nei piccoli enti: vi sono personaggi che si dividono per ogni provincia cose importanti, famiglie che per dinastia si dividono delle cose importanti. Chi è eletto dalla gente, chi non appartiene alle dinastie deve poter contare come gli altri. Dobbiamo arrivare a cercare di governare con leggi o con la forza che ci deriva dall'essere eletti dal popolo marchigiano.? Non sono più sostenibili queste questioni elitarie nel 2000; deve essere rappresentato anche l'azionariato popolare.
La questione delle fasce deboli viene senz'altro risolta in un modo inverso rispetto alla filosofia dei diversi documenti di bilancio. La fascia debole, per la solidarietà, è fatto importante, specialmente per uno che può ringraziare Dio per essere ancora tra di voi. La solidarietà è un fatto importante, ma la solidarietà sotto l'aspetto della concretezza viene attuata solamente se abbiamo le risorse per attuarla. E allora, ecco la visione diversa da voi riguardo all'economia, all'aiuto. Noi non dobbiamo essere dirigisti. Vorrei sapere dal Vicepresidente cosa stanno facendo la Svim, la Società di garanzia, l'ufficio in Europa. Io non conosco i risultati. Sono stato relatore di minoranza per quanto riguarda la Svim e vorrei sapere cosa stanno facendo Svim, Società di garanzia e ufficio in Europa: quali sono i primi risultati?
Quindi, fascia debole tutelata se diamo le infrastrutture. La nostra regione è isolata per quanto riguarda la viabilità, non tanto per responsabilità della Giunta precedente, ma anche delle Giunte che si sono susseguite nel tempo. Non solo, ma abbiamo paesi isolati perché mancano le "bretelle", figuriamoci i problemi dei paesi dell'entroterra per arrivare a Roma. E' diventato più comodo andare a Milano che a Roma.
Molta imprenditoria vuole essere protetta dalla Giunta regionale, dal Governo nazionale. Quella non è vera imprenditoria, perché non vuole accettare la sfida del mercato. Chi accetta la sfida del mercato — in genere il piccolo, il medio e il medio-grande — vuole infrastrutture, non vuole leggi di 50.000 lire ma vuole le strade per poter operare, vuole quelle società di cui hai parlato, caro Vicepresidente Spacca, quando abbiamo discusso della Svim. Sarei contento che un giorno cominciassi a dirci cosa sta facendo. Non lo dico in tono polemico, ma proprio perché non lo so ed è giusto che tu riferisca al Consiglio. Il compito della Svim dovrebbe essere di promozione, di aiuto, ma non di invadenza. E' molto importante la solidarietà, senza invadere quello che gli altri riescono a fare — associazioni di categoria ecc. — da soli, ma dobbiamo aiutarli senza invadenza. Cominciamo ad applicare queste innovazioni, che sono molto importanti.
Cerchiamo di tutelare le zone dell'entroterra che sono completamente isolate. La prima mozione del precedente Consiglio ha riguardato l'entroterra e fu presentata dal nostro gruppo. Benché approvata, non sono state portate avanti questioni alle quali si richiamava. Per esempio, c'è molto da rivedere sulla sanità. All'inizio di una legislatura si può avere il coraggio di operare con efficienza, secondo il proprio credo. L'amico Mascioni è finito in Senato perché aveva promesso una cosa e poi non è riuscito ad attuarne un'altra. Ieri abbiamo partecipato, con Francesco Massi, a un dibattito in cui si sono accapigliati direttori generali e medici su questo argomento.
Però tutela dei piccoli ospedali significa efficienza, quindi non accettare populismo senza significato, ma occorre efficientismo anche lì. Se avete delle teorie, ditecele. l'altra volta ci avete parlato di Asl provinciali, poi non le avete applicate su pressione popolare. Cosa volete fare? Qual è il vostro programma sul settore che ci interessa? Quello che ci interessa di meno è il risparmio in questo settore, perché non si risparmia sulla sanità. Si creano risorse in economia per destinarle alla salute della gente, e siamo in situazione di grande pericolo, come ho sperimentato personalmente: se ti trovi da una parte e non dall'altra muori o ti salvi in pochi minuti.
Mi pare di aver capito che il tempo è scaduto, quindi termino. Ribadisco che la nostra opposizione sarà determinata secondo filosofie che sono completamente contrapposte alle vostre, ma anche un'opposizione molto attenta a questa versatilità che qualcuno può avere anche dall'altra parte, tra gli assessori, tra i consiglieri, andando avanti verso il futuro non solo dell'Italia e delle Marche, ma anche del mondo, perché chi ha viaggiato molto come l'assessore Spacca o ha esperienze in economia sa che la versatilità appartiene a un mondo globalizzato, liberale di popolo, non liberale elitario. Io ho invece paura che l'élite sia dall'altra parte e appartenga ad apparati e blindature che io condivido a famiglia. Ma come al solito, per concretezza, giudicherò dai fatti, tra 100 giorni, cercando di fare anche una cortesia — non so quanto la gradisca — al Presidente D'Ambrosio, quindi mettendolo nella posizione clintoniana: fra 100 giorni giudicheremo. Siamo uomini del concreto, non del fumo come i politici che parlavano un "politichese" spento. Veniamo dalle professioni, non dalla politica del funzionariato, dunque ci misureremo con i fatti e se c'è da emendare, lavorare su leggi che portano avanti cose concrete e importanti, noi collaboreremo con i nostri emendamenti. Questo è il DNA di questa opposizione, non abbiamo pregiudizi. Certo, la profonda diversità la rimarchiamo, poi se voi venite verso il nostro mondo liberale di popolo siamo felici, ma il mondo va verso di noi, anche se voi avete vinto. Io vi do due anni e mezzo, perché penso che anche qua dentro possa cambiare qualcosa: non finire o finire in modo diverso, perché sento che certe forze ormai sono spente e se ne vanno nei ricordi della nostra gioventù. I partiti sono sorpassati e gli uomini che verranno fuori da queste logiche saranno ancora protagonisti.
Scusate l'infermità, ma ho fatto il possibile. Vedrete che migliorerà con il tempo, facendo esercizio nell'aula più che al Santo Stefano. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Silenzi. Ne ha facoltà.

GIULIO SILENZI. Signor Presidente, colleghi, si apre una legislatura di carattere straordinario. Si è avviata una nuova fase costituente con nuovi poteri costituenti. Viene avanti nel Paese un progetto di riforma federalista dello Stato, un federalismo che deve unire il Paese e non dividerlo. Una nuova idea di Stato, che presuppone un nuovo rapporto tra cittadini e Stato stesso. Il decentramento dei poteri e la riorganizzazione della macchina amministrativa rappresentano gli elementi sostanziali per snellire l'organizzazione regionale, renderla più efficiente e rispondente alle pressanti esigenze locali. Pertanto una Regione "leggera", non in contrapposizione con i poteri locali, con le autonomie locali.
Per poter percorrere la strada del riformismo e del federalismo noi pensiamo che occorra rapidamente affrontare la riforma della struttura regionale, superando resistenze che abbiamo sperimentato e mettendola al primo posto nell'agenda dei lavori. Questo è ciò che il gruppo Ds chiede, all'interno di un programma definito che abbiamo sottoscritto e che gli elettori hanno condiviso.
Riteniamo che la prima questione che va affrontata — tutto il resto è condizionato — è mettere mano alla legge di riforma della macchina amministrativa regionale, per avviare la discussione fin dal mese di luglio. Questa è la prima problematica da mettere nell'agenda dei lavori di questa maggioranza consiliare.
Abbiamo sottoscritto con gli elettori marchigiani un patto di cittadinanza che porti ad innovare il "modello marchigiano", che abbiamo chiamato "un nuovo patto di cittadinanza per la seconda modernizzazione delle Marche". Una crescita del senso di cittadinanza regionale dei marchigiani: far sentire tutti i marchigiani abitanti di questa regione, con diritti e doveri uguali. Un progetto forte per il governo e la trasformazione della regione. Una sfida culturale anche per il centro-sinistra. Un progetto riformista capace di raccogliere il lavoro della precedente legislatura, che ha creato una forte discontinuità. La precedente legislatura ha segnato una fortissima discontinuità con anni difficili per la regione Marche ed oggi siamo in condizioni di guardare al futuro, con un impegno convinto ad accelerare le innovazioni più coraggiose, per dare forza alle cinque questioni tematiche che abbiamo individuato nel programma di coalizione che è preciso, puntuale sui singoli aspetti, pertanto è chiaro che nei nostri interventi non possiamo che richiamare alcune linee di fondo, ancorarle ad alcuni valori, dando per scontato che quel programma sottoscritto dalla coalizione, sul quale c'è un impegno con il popolo marchigiano è preciso nei vari aspetti e nelle varie questioni che riguardano il governo della Regione, dal lavoro alla formazione, allo sviluppo, all'istituzione, ai cittadini, al welfare di qualità per un sistema regionale a rete, al governo dell'ambiente e del territorio, alla mobilità e ai trasporti. Sono le cinque idee-forza per lo sviluppo regionale che abbiamo sottoscritto e sulle quali ci confronteremo da subito, perché rappresentano l'asse portante, la direttrice dell'impegno quotidiano del Governo.
Abbiamo individuato un programma preciso per misurarci con la nuova competitività, creando al tempo stesso una rete di sicurezza e protezione sociale. I prossimi anni dovranno vedere l'attuazione completa. Dovremo riempire di contenuto concreto le scelte che abbiamo fatto con gli strumenti della programmazione, dal piano regionale di sviluppo al piano di inquadramento territoriale, dal piano sanitario al piano socio-assistenziale, agli altri piani che il Presidente richiamava nel suo intervento introduttivo, consapevoli che la programmazione è il modo nuovo di intendere la pratica politico-amministrativa, la competenza, l'organizzazione, la coerenza e la capacità di un riferimento generale sulle problematiche.
Abbiamo sperimentato che nella pubblica amministrazione occorrono profondi cambiamenti. Sono stati messi i presupposti ed oggi si tratta di andare avanti coerentemente e con coraggio, anche qui riprendendo il lavoro fatto e portando avanti, nella continuità, una forte innovazione.
Sono indispensabili, in una regione come la nostra frammentata in localismi, l'organizzazione di sistema e la diffusione di una mentalità più attenta ai temi organizzativi. Come il programma regionale di sviluppo a più riprese sottolinea, governo del territorio significa anche limitare i rischi di frammentazione localistica che possono condurre a una sovraesposizione dei nostri territori sul piano economico e culturale, ai mercati e alle culture globali. I sistemi locali marchigiani, per quanto vitali sono stati e appaiono tuttora, possono incorrere in pesanti difficoltà se non si interviene a livello non solo della capacità di innovazione, di internazionalizzazione e di tenuta competitiva delle imprese locali ma anche a livello della valorizzazione delle radici locali e del consolidamento del tessuto sociale.
Questo è il problema più grande che una regione al plurale ha di fronte, se vuol governare questa trasformazione.
L'organizzazione delle forze economiche, civili e culturali endogene, costituisce il vantaggio competitivo che le Marche devono ancora pienamente acquisire e che risulta tanto più indispensabile in una fase caratterizzata da una profonda incertezza delle aspettative produttive e sociali. Un'intelaiatura organizzativa ben tessuta e programmata a livello regionale, contribuisce non solo ad elevare l'efficacia degli interventi programmati, ma anche ad un maggior coinvolgimento e ad un miglioramento delle reti sociali e produttive sul territorio.
L'idea dominante deve essere il futuro, ma il futuro prossimo, quello dei prossimi cinque anni, perciò il punto di partenza è quello tradizionale dell'industria e dell'artigianato, ma soprattutto come possibili fonti generatrici di ciò che verrà di diverso dall'industrialismo.
Potenziamento dei servizi alle imprese e all'artigianato sulla qualità e sull'innovazione. Oggi noi conosciamo dove è arrivata l'agroindustria, cosa impensabile 30-40 anni fa, prima dell'industrializzazione diffusa della nostra regione. Penso che accadrà qualcosa di simile al nostro apparato produttivo a contatto con il nuovo business della comunicazione, nei prossimi decenni.
Quindi valorizzare commercio e interscambio ma anche finanza e turismo; valorizzare la produzione ma anche i circuiti di circolazione d'informazioni, mezzi finanziari, merci e uomini; difendere e consolidare le proprie risorse produttive, capendo la necessità, le esigenze di trasformazione della nostra economia industriale, di una sua modernizzazione strutturale fondata più su aspetti circolari che produttivi.
Le Marche in questi ultimi due anni hanno vissuto una ferita che ha colpito una vasta area del territorio. La ricostruzione si è avviata in tempi tecnici celeri, in tempi definiti che non hanno riscontro nella storia dell'Italia. Un territorio vasto, con interventi brevi. Oggi dobbiamo mantenere gli impegni assunti nella ricostruzione, primo fra tutti quello di togliere tutte le famiglie dai containers entro la fine dell'anno, come più volte il Presidente e noi ci siamo impegnati.
Signor Presidente, egregi colleghi, il gruppo Democratici di sinistra esprime un sostegno forte per la realizzazione di tutti gli obiettivi indicati nel programma. Esprime un sostegno forte al Presidente e alla Giunta regionale impegnati alla loro attuazione. Avrà un ruolo di sostegno, di promozione e di controllo.
L'elezione diretta del Presidente della Regione rende prioritaria la definizione di un nuovo ruolo del Consiglio regionale, che salvaguardi i compiti di programmazione, di legislazione d'ispezione e di controllo e che nel contempo garantisca l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa e dell'azione di governo, non intesa come una contrapposizione, ma tese, ognuna per la propria funzione e il proprio ruolo, a raggiungere quegli obiettivi programmatici che ci siamo dati. Ci sono letture vecchie rispetto ad una concorrenza e a una contrapposizione. Noi intendiamo svolgere, ognuno geloso del proprio ruolo, una funzione che porti poi all'efficacia e all'efficienza dell'azione di governo in questa regione.
Sappiamo anche che le persone si giudicano per le scelte che fanno, per le responsabilità che si assumono, anteponendo sempre l'interesse generale. E noi qui abbiamo l'interesse, come eletti del centro-sinistra, in un progetto di centro-sinistra, riformista, di portare avanti queste scelte, al di là delle questioni soggettive che passano sempre in secondo piano rispetto all'interesse generale.
Rispetto a questo ognuno di noi deve essere e vuol essere valutato.
Il gruppo regionale dei Democratici di sinistra chiede anche alle forze di maggioranza di vivere appieno il senso profondo dello stare insieme per la realizzazione di quell'ambizioso progetto politico, visibile e condiviso, che ci permetterà di accrescere la nostra forza e di non deludere la fiducia che i marchigiani, con il voto del 16 aprile ci hanno riposto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Riprendendo le ultime parole del presidente del gruppo Ds, dico che la delusione da parte dei cittadini marchigiani inizia oggi, perché quello che vuol essere definito, da parte del Presidente D'Ambrosio, un patto sottoscritto con gli elettori, è una sovrapposizione di ciò che abbiamo ascoltato cinque anni fa, una ripetizione di cose che sono state sì enunciate, ma mai realizzate. Tutta la prima parte della relazione del Presidente D'Ambrosio è stata dedicata a slogan: qualità dell'ambiente e dello sviluppo, partecipazione dei cittadini alla vita istituzionale, innovazione del modello marchigiano, lavoro e occupazione, sostegno alla realizzazione di un sistema regionale. Queste sono intenzioni: sono state intenzioni cinque anni fa e continuano ad esserlo perché sono state lasciate prive di concrete conseguenze, valga per tutti l'esempio del Corridoio Adriatico, promessa mai realizzata neppure nella sua fase progettuale; valga l'ulteriore esempio complessivo sulle infrastrutture marchigiane, rimaste arretrate ai primi del '900.
Non insisto sul fatto che queste sono ripetizioni di cose già ascoltate cinque anni fa e rimaste lettera morta. Lo fa con forza il Presidente, parlando nella parte centrale della sua relazione, di piani fatti — il piano di sviluppo, il piano sanitario, il piano sulle attività estrattive — parlando di continuità. Senza entrare nel merito delle questioni, la pianificazione non è un fine, è un mezzo, è uno strumento di governo per risolvere i problemi. Sono stati sì fatti tanti piani, ma quanti hanno portato a realizzazioni concrete, a soluzione dei problemi? La sanità? Abbiamo un sistema sanitario moderni ed efficiente, equilibrato nel territorio? Le attività estrattive? E' fallito il piano appena... (Interruzione del Presidente D'Ambrosio). Spero che si rilegga il resoconto dei lavori del Consiglio, perché vorrò e spererò in una sua risposta, in sede di replica.
Piano delle attività estrattive fallito poco dopo essere stato approvato, c'è stato bisogno di una legge di modifica, perché si era bloccata la fase transitoria e non vi era quella definitiva. Abbiamo dovuto, in quest'aula, tornare a modificare una legge, una pianificazione che non aveva avuto conseguenze positive, ma addirittura aveva realizzato un blocco, di fatto. Dobbiamo ancora discutere del piano stesso, nella sua esecuzione, perché è stato sì enunciato nella legge quadro, ma un piano ancora non c'è: è stato steso dagli uffici della Giunta, deve ancora essere oggetto di lavori di Commissione e di quest'aula.
Parliamo di altro? Parliamo del piano di sviluppo, del sostegno all'impresa, al "sistema Marche", alle piccole e medie aziende. Enunciazioni di principio, pianificazione fine a se stessa e non strumento, non mezzo per la soluzione dei problemi. Parlare di continuità, Presidente e Vicepresidente, è una cosa che lascia sbigottiti. Non solo non ci sono state realizzazioni, ma se ne sono accorti i cittadini, perché questa sinistra è stata fortemente penalizzata dal voto popolare, è arretrata rispetto a cinque anni fa. Un dato su tutti: le province di Macerata e di Ascoli hanno visto la prevalenza delle forze del Polo di centro-destra. Il Polo ha vinto a Macerata e ad Ascoli. Se ne è accorto lo stesso Presidente D'Ambrosio che qualcosa non è andato, ha cambiato tutta la Giunta, è rimasto solo l'assessore Gian Mario Spacca. Se le cose fossero state gestite e realizzate in maniera positiva non ci sarebbe stato motivo di modificare tutto l'assetto del Governo regionale marchigiano. E' cambiata tutta la Giunta, e questo è un giudizio.
La nuova Giunta si presenta oggi ai marchigiani con una certa indifferenza generale: vedo pochi media attenti al dibattito di oggi, e oggi si parla di mozione politico-programmatica, si parla di linee di governo, si parla di indirizzi, dell'atto fondante di questa nuova legislatura. Vedo invece poca partecipazione, poco coinvolgimento, altro segnale negativo verso questo Governo regionale, verso la sua presunta ma indimostrata popolarità o efficacia.
Diamo comunque un giudizio su questa nuova Giunta. "Si è preferito premiare partiti che hanno avuto meno voti o che, come I Democratici, sono in via di dissolvimento. La ferita non è rimarginabile. E' venuto meno il rapporto di fiducia". Queste non sono mie parole, ma del senatore dei Verdi Pieroni. "E' l'unica Giunta d'Italia ad avere inglobato la delega dell'ambiente nei lavori pubblici. Siamo preoccupati. La parola ambiente, del resto, non compariva nel programma: ce lo dovevamo aspettare". Non sono mie parole, ma parole del presidente di Legambiente delle Marche. "Giudizio non soddisfacente sulla formazione della nuova Giunta regionale. La distribuzione delle deleghe e degli incarichi non tiene conto del ruolo politico ed elettorale svolto da alcune forze come il partito della Rifondazione comunista, seconda forza di maggioranza, per il successo della coalizione. Attendiamo ora dal Presidente e dalle altre forze che nella definizione degli incarichi non trovi conferma la nostra preoccupazione della una volontà di una parte della maggioranza di limitare e circoscrivere il ruolo politico di altre forze". Questo dice Rifondazione comunista. Tutte dichiarazioni rese non appena conosciuto l'assetto di Giunta.
"Mentre prima si è proposto agli elettori un preciso modello di coalizione con una chiara visibilità sia del centro che della sinistra, il Presidente D'Ambrosio smentisce la premessa e compone un quadro politico esclusivamente caratterizzato a sinistra, con la presenza solitaria di un esponente del centro". Non sono mie parole, è l'Udeur, 18 maggio 2000.
"Netta contrarietà alla composizione della Giunta. L'Esecutivo è una sorpresa negativa. Il Presidente ha riservato innanzitutto agli elettori, con spiegazioni insoddisfacenti e non argomentate, questa amara sorpresa negativa. L'esclusione della esponente ambientalista a dispetto del sostegno degli ecologisti e di gran parte del mondo agricolo è avvenuta squilibrando l'Esecutivo a favore dei Ds, benché in forte perdita di consensi. Una scelta che allontana ulteriormente gli elettori dal voto e dal centro-sinistra". Lo dicono i Verdi, il 18 maggio 2000.
"D'intesa con lo stesso Presidente D'Ambrosio erano tre i criteri da seguire nella formazione del Governo regionale. Sono stati tutti disattesi. Si doveva tener conto della realtà territoriale e delle competenze e si era anche convenuto di non inserire nelle rose dei nomi candidati non eletti alle elezioni. E' stato invece inserito Ottaviani, candidato alle elezioni ma non eletto. Il nostro disappunto è forte". Questo dice il segretario dei Ds Secchiari della provincia di Macerata il 19 maggio 2000.
Se le parole hanno un senso, se le dichiarazioni pensate, scritte e mandate ai giornali hanno un senso, ritengo che questi siano giudizi politici pesanti come macigni, una sottolineatura fortissima che viene dai vostri banchi, non dai nostri. Ho scelto di parlare con il vostro linguaggio, i vostri ragionamenti, per far vedere che non è uno spirito di polemica ma un'analisi che avete fatto voi e che noi condividiamo appieno.
Questo è il quadro sul nuovo, un quadro preoccupante e descritto in maniera specifica, forte dalle vostre componenti, da tutte le componenti all'interno della maggioranza, non ne ho saltata neppure una, e comunque potremmo ampliare e integrare questa rassegna stampa a beneficio di tutti i colleghi e della discussione di oggi.
Mi voglio però soffermare su un punto che è già stato oggetto di una riflessione, seppure en passant di un gruppo di maggioranza e soprattutto della componente ambientalista vicina alle sinistre, cioè Legambiente. Il fatto di aver visto accorpato l'assessorato lavori pubblici con quello dell'ambiente, cosa che invece, sotto un profilo politico-programmatico era stata detta da più settori della maggioranza di centro-sinistra, cosa da correggersi, in apertura della nuova legislatura regionale. La delega è stata affidata all'assessore Ottaviani. A me dispiace tornare a parlare ancora dell'assessore, ma questa delega viene in un momento particolare, quello che vede l'assessore stesso — ricordo una nota stampa — coinvolto in una questione di natura locale sulla quale presenterò una precisa interrogazione, perché sempre dalla stampa leggo: "Restauri sotto inchiesta. E' finita in procura la polemica che si trascina da tempo sui restauri avviati dall'ex amministratore Ottaviani attraverso un accordo di programma con la sovrintendenza che consentì al Comune di aggirare i vincoli della «legge Merloni»". Leggo che "Vi è una bocciatura da parte dell'ufficio legale della Regione delle procedure seguite dal neo assessore Ottaviani in tema di lavori pubblici".
Allora, non solo non si è fatta l'operazione politica di scorporare i lavori pubblici dall'ambiente, ma si è anche affidato l'incarico dei lavori pubblici al neo assessore Ottaviani, che da parte degli uffici della Regione viene ad essere oggetto di una verifica sull'applicazione delle procedure in tema di lavori pubblici. Su questo presenterò un'interrogazione mirata per sapere quali pareri la Regione ha espresso in merito e se questa considerazione di stampa risponda a verità, perché partire, da parte di un assessore ai lavori pubblici, con la procedura di verifica del rispetto delle normative sui lavori pubblici stessi, quando era sindaco di Recanati, non è un buon inizio. Lo stesso assessore dovrebbe essere di garanzia per quanto riguarda il rispetto di queste regole, una garanzia che sembra non sia stata invece prestata. Così dice l'ufficio legale della Regione Marche. Chiederemo allora di conoscere questi documenti, di conoscere il caso in sé. Si parla di opere che riguardano i lavori per il Bicentenario: piazza Leopardi, via 1 Luglio, restauro del teatro Persiani e delle mura di via Gioco del Pallone.
E' un quadro molto negativo. Di fronte allo stesso ci sarà da parte nostra una grande, forte presenza e una grande e forte voce di opposizione affinché il Governo della Regione Marche rispecchi quella volontà di cambiamento dei cittadini marchigiani che è stata tradita in passato continua ad esserlo nelle stanche enunciazioni di principio non seguite dai fatti e continua ad esserlo perché il nuovo Governo regionale è connotato con tratti che neppure le stesse forze di maggioranza, gli stessi elettori del centro-sinistra hanno dichiarato di apprezzare. Siamo preoccupati, lavoreremo sodo per controllare, contrastare, contestare le scelte sbagliate che si annunciano essere patrimonio di questo nuovo Governo regionale che nuovo non è nei contenuti, è forse nuovo in qualche esponente di Giunta, ma riproporrà scenari che abbiamo già conosciuto nel passato e che non sono stati assolutamente in grado di dare una risposta ai problemi delle Marche, al loro sviluppo, al loro futuro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.

UGO ASCOLI. La relazione illustrata dal Presidente, pur nella sua essenzialità ha il merito di evidenziare alcune grandi linee di cambiamento da sostenere per la nostra regione. Credo che su tutte valga la pena di evidenziare la nuova centralità dei valori ambientali e dei processi formativi come fattore di sviluppo economico, sociale e civile. Come pure la nuova centralità delle nuove attività di informazione e delle nuove tecnologie comunicative. Questo è sicuramente un punto che va evidenziato. Per il resto la relazione si è richiamata alle assai ricche linee programmatiche della coalizione "Marche democratiche", condivise dalle forze della maggioranza, si è richiamata al lavoro svolto nella passata legislatura nonché alle novità istituzionali che caratterizzeranno la presenza legislatura.
Nell'esprimere un giudizio largamente positivo sulla filosofia e sui principi ispiratori della relazione, vorrei svolgere in breve tempo un ragionamento che può fornire, forse, un modesto contributo al Governo presente e futuro di questa Regione. E' con questo spirito che mi accingo a svolgere alcune riflessioni.
Innanzitutto avremmo preferito una identificazione di alcune priorità di governo e di azione politica, così come avremmo preferito una tempistica nella individuazione degli obiettivi di Governo: che cosa si può fare entro il 2000, entro il 2001, da non confondere, evidentemente, con gli impegni in calendario che vanno comunque portati avanti. Credo poi che si sarebbe dovuto e potuto anche dire di più su questioni che sono emerse durante la campagna elettorale. Ne cito una fra tutte che mi ha colpito: la non conoscenza di quanto la Regione fa. Qui occorre pensare a nuovi strumenti di comunicazione che non si debbono confondere con gli strumenti tecnici. Occorrerebbe pensare, per esempio, a una relazione semestrale svolta alla collettività regionale da parte del Presidente su ciò che è stato fatto; occorrerebbe pensare a una accensione di siti web per tutti gli assessorati e le Commissioni, in modo tale da dialogare in tempi reali, tutti i giorni con i cittadini; occorrerebbe pensare a nuovi rapporti con i media, che consentano una corretta politica dell'informazione sulla vita amministrativa di questa regione e non una politica del pettegolezzo che invece li contraddistingue; occorrerebbe poi pensare a strumenti per la trasparenza nelle nomine di consulenti e di dirigenti, che sono un'esigenza fortemente sentita da tutta la comunità regionale.
Inoltre, credo che in vari ambiti di intervento che giustamente il Presidente ha enunciato e che sono stati richiamati, occorrerebbe anche sottolineare alcune priorità strategiche. E' giusto dire che si vuol passare da 800 a 400 leggi, è giusto dire — lo condivido in pieno — che si deve delegificare, si deve arrivare a testi unici, a leggi organiche, ma anche qui, da dove partire? Con quali priorità? Non ci viene detto.
Ci è stato richiamato il discorso dei piani sanitari, sociali, ed è vero che ci sono molte cose da fare subito, però nel documento si citano solo alcune questioni relative alla sanità e soprattutto non si parte da un punto strategico, che è decisivo per i piani sanitari, dei servizi sociali, per l'assetto dell'istruzione e per le politiche dei centri locali per l'impiego: la mappatura territoriale della regione. Se la Regione non riesce a ottenere da una collaborazione con gli enti locali il superamento dei municipalismi e la creazione di un assetto di mappature territoriali che tendenzialmente facciano coincidere i distretti con gli ambiti territoriali, con gli ambiti per l'istruzione o con i bacini dei centri locali per l'impiego, sarà aria fritta quanto è scritto in molti piani. Questo è un punto strategico cruciale.
Su altre questioni non si delinea una strategia chiara. A me fa molto piacere che Giulio Silenzi abbia detto che il primo nodo di questa legislatura sarà la riforma della macchina organizzativa regionale, lo condivido in pieno. Anche qui occorrerà cominciare a dire in quale direzione si vuole riformare questa macchina organizzativa. Nella relazione del Presidente non si parla di un'ottica dipartimentale che è l'unica strada per riorganizzare la macchina regionale, di fronte alla carente e assolutamente insoddisfacente organizzazione di aree e di servizi così come oggi sono strutturati. E magari questo potrebbe consentire, domani, un riordino delle deleghe assessorili attuali.
C'è inoltre una profonda inquietudine che si sente presso la comunità regionale per una sorta di "assalto alla diligenza" regionale di dirigenti che vengono dal privato, dalle associazioni, da tutte le organizzazioni degli interessi che stanno entrando a pieno titolo, sembra, nella macchina regionale, di fronte a oltre 100 dirigenti già interni della Regione. Su questo bisogna fare un po' di chiarezza, bisogna discutere un po' più a fondo che non sulle singole nomine. E' un discorso fondamentale per il funzionamento della macchina regionale.
Infine, occorre dare anche qualche indicazione strategica sulle politiche. Non basta dire che rafforziamo le economie distrettuali e vogliamo sostenere le piccole imprese. Non ci sono indicazioni, occorre indicare degli obiettivi strategici prioritari.
E' vero anche che non ci troviamo di fronte a situazioni degradate sul piano ambientale? Ho dei dubbi se penso ai fiumi delle Marche. Ci sono situazioni molto degradate sul piano ambientale. E' vero che non siamo di fronte alla Bormida o ad altre situazioni di questo genere, ma sicuramente c'è molto da fare, e purtroppo siamo di fronte a degradi.
Poi c'è anche un problema di buchi, di carenze, di non volute sottolineature o di sottolineature non fatte per fretta. Non si parla di un discorso importante qual è quello della politica di integrazione degli immigrati che questa regione ormai conosce come esigenza fondamentale. Non si può pensare, cari colleghi, allo sviluppo economico delle Marche se non con immigrati. Questi immigrati sono un problema di lavoro, di formazione, ma possono diventare solo un problema sociale se non lo si affronta da questo punto di vista. E qui c'è da sviluppare tantissimo perché c'è un problema di stereotipi culturali, c'è un problema di razzismi possibili in questa regione, c'è già stato un processo di rifiuto di insediamenti di immigrati anche nelle zone più moderne, più ricche e più sviluppate — se così possiamo dire — di questa regione, anche con culture prevalenti avanzate.
C'è poi il discorso sulle organizzazioni culturali, sulla cultura e sui beni culturali di cui nulla si dice in questa relazione. C'è un discorso di ripresentazione della problematica del turismo a tutto campo. Sappiamo che ci sono assessori che la pensano diversamente da come prima si era proceduto, sappiamo che c'è tutto un nodo di fondo di come turismo, cultura, ambiente e sviluppo si possano legare. Su questo debbo dire che non c'è nulla nella relazione.
Concludendo, ritengo che ci sia molto da lavorare, però ritengo che ci sia da individuare subito che cosa fare in modo prioritario, ci sia da comunicare alla collettività regionale quello che si sta facendo e ci sia da legare molto bene gli atti dell'ambito della programmazione, altrimenti si naviga a vista, e quando si naviga a vista si possono incontrare degli iceberg, anche nell'Adriatico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Signor Presidente, signori consiglieri, sarò veramente molto concreto e molto rapido come mia consuetudine e mio carattere. Non sono in grado di dare giudizi sulla Giunta come altri hanno fatto e cercato di fare, perché a parte Gian Mario Spacca non conosco nessuno degli altri, quindi per me siete tutte persone per bene: valuteremo dai fatti, dai vostri comportamenti, come gruppo, e daremo poi un giudizio.
Ho letto attentamente la relazione che il Presidente ci ha consegnato, e lo ringrazio anche perché ci ha spiegato che una norma poteva anche consentirgli di non farlo. Ho trovato una serie di indicazioni, di problemi che vengono evidenziati, sui quali potremmo anche essere d'accordo. Però non ho visto, a fianco, gli strumenti e i metodi per risolvere questi stessi problemi. Evidentemente faranno parte della vostra azione amministrativa e, come dicevo poc'anzi, su ogni singola questione, pur svolgendo correttamente il nostro ruolo di opposizione, saremo attenti e in grado di esprimere un giudizio e di votare a seconda della bontà dei provvedimenti che ci vengono proposti.
Una considerazione mi si consenta di fare. Ritengo che nell'era della telematica e dell'informatica la Regione Marche debba svolgere un ruolo fondamentale, soprattutto cercando di fare due-tre cose, molto semplici. Io sono abituato a semplificare sempre tutto: se fosse possibile, vorrei collaborare per questo.
Credo che la Regione debba recuperare appieno il ruolo che la Carta costituzionale le assegna, cioè quello di programmare e legiferare e ritirarsi il più possibile da gestione diretta e amministrazione diretta. Veramente, così, renderemmo un servizio.
Io lavoro in una impresa e vi dico con molta semplicità che le imprese e i cittadini tutti hanno bisogno, sostanzialmente, di due cose: poche leggi e chiare, poche indicazioni e chiare, informazioni e decisioni rapide. Quando un'azienda deve vedersi approvare una variante per fare degli investimenti produttivi non può aspettare, come ci è successo, un anno e mezzo, perché quel progetto, quei soldi in un anno e mezzo non sono più produttivi, i progetti diventano obsoleti ecc. Quindi, in un mese bisogna avere gli atti. Si fanno transazioni internazionali con la Russia, con l'Argentina in 24 ore, non è possibile che ci si impieghi sei mesi per un mandato di pagamento in Regione. Questo se vogliamo essere coerenti con i discorsi che facciamo sulla telematica, sull'informatizzazione sull'innovazione tecnologica.
Un accenno lo vorrei fare per quanto riguarda le problematiche della ricostruzione post-terremoto, perché io vengo da Fabriano, quindi mi interesserò anche di questi problemi. Anticipo che nei prossimi giorni fornirò al Presidente e al Vicepresidente Spacca alcune note per cercare di snellire e semplificare l'iter delle pratiche, quindi cercherò di collaborare in questo senso. Dopo tre anni, nella nostra zona la ricostruzione pesante deve ancora iniziare. Ho sentito l'ex assessore Silenzi dire che in altre zone si è avanti, che sono stati raggiunti risultati nettamente migliori: forse sarà colpa dell'Amministrazione comunale di Fabriano, ma a Fabriano e nelle zone limitrofe così non è. Purtroppo, la 61 deve ancora attuarsi, siamo molto indietro.
Sicuramente la inviterò e la spingerò, Presidente, perché, per quanto possibile, si possano snellire e velocizzare le varie procedure.
Una considerazione ulteriore che faccio è la seguente. Se vogliamo dar seguito e consentire che le infrastrutture di cui la nostra regione ha assoluto bisogno si possano realizzare concretamente, ritengo che bisognerà riguardare la struttura del bilancio regionale, rivedendone l'impostazione di fondo. Perdonatemi se dico una cosa non corretta, ma parlando con alcune persone più esperte di me, ho sentito dire che negli ultimi cinque anni la spesa corrente nella regione Marche è passata da 200 a 400 miliardi. Credo che questo non sia il modo giusto per affrontare il problema. Noi dovremmo, per far funzionare bene questa azienda, far sì che la spesa corrente diminuisca e si diano più spazi alla spesa per gli investimenti. Allora quei programmi, quelle impostazioni, quei progetti che lei ha messo in evidenza nel suo programma, Presidente, potranno realizzarsi, altrimenti sarà difficile, perché tutte le risorse finanziarie saranno assorbite da una spesa corrente effettivamente elefantiaca.
Non voglio dilungarmi oltre, anche se ci sarebbero tanti altri aspetti da considerare, sui quali entrare nel merito, ad esempio per quanto riguarda la riforma sanitaria e altre questioni. Credo che dovremmo fare un lavoro serio e concreto, per il bene dei cittadini marchigiani.
Ripeto, pur facendo parte dell'opposizione, garantisco a lei Presidente, e ai colleghi della maggioranza, che quando proporrete un atto giusto e serio, da parte mia ci sarà il voto favorevole. Se ci saranno atti che andranno in contrasto con ciò, ovviamente ci sarà il voto contrario, ma sempre con la massima lealtà e la massima correttezza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, è sotto gli occhi di tutti il ruolo sempre più importante delle autonomie locali in questo Paese e la ricaduta della qualità delle politiche di governo di questa Regione supera sicuramente l'ambito regionale, anzi io sono convinto che le Regioni governate dal centro-sinistra nell'Italia centrale sono sotto gli occhi di tutti, in una fase in cui è possibile una forte alternanza che certamente il centro-sinistra non auspica.
La divisione del Paese ricercata dalla Lega e rivisitata e corretta con l'entrata della Lega nell'alleanza di centro-destra, testimoniata anche dagli ultimi atti delle Regioni del centro-nord con gli accordi di Genova sulla zonizzazione Obiettivo 2, evidenziano politiche di separazione che dal punto di vista comunicativo potranno essere sicuramente efficaci per chi le ha proposte e propugnate, ma dal punto di vista politico-istituzionale ritengo che queste siano operazioni devastanti, e mi auguro che questo tipo di ragionamento trovi la condivisione all'interno di questo Consiglio. Ma vengo agli aspetti più strettamente legati alle nostre vicende regionali.
I verdi hanno lealmente concorso al successo della coalizione elettorale di centro-sinistra, consapevoli dell'importanza di partecipare al governo del territorio su cui spesso si scaricano contraddizioni di un sistema economico e politico che fa prevalere l'avere sull'essere. Questa prevalenza c'è all'interno dei Paesi più ricchi ma anche nel rapporto tra il nord e il sud del mondo.
La tutela della salute pubblica e la tutela dell'ecosistema non bloccano rigidamente i processi di sviluppo economico, e noi siamo convinti che è possibile indirizzare scelte di sviluppo economico legate a una forte compatibilità ambientale, e a questa forte compatibilità vanno uniformate tutte le scelte.
Questa è l'unica condizione che ci permette di pensare a un futuro migliore per le generazioni che verranno, e non significa tarpare le ali allo sviluppo della nostra regione, un territorio ben conservato, che ha grandi potenzialità e che può fornire un valore aggiunto a tutti i prodotti provenienti dal nostro territorio, siano essi prodotti materiali o immateriali.
Sicuramente le produzioni di qualità che meglio di altre si sposano con questa filosofia sono quelle che rispondono ad un modello di sviluppo ecologicamente sostenibile. Questa è la ragione della nostra partecipazione all'alleanza.
Che cosa vogliamo cogliere delle grandi novità che ci arrivano con la globalizzazione? Vogliamo cogliere il peggio, quello che viene contestato a Seattle dai consumatori, dai lavoratori, dai contadini, dalle associazioni dai giovani; vogliamo cogliere lo sfruttamento dei lavoratori e delle risorse dei Paesi in via di sviluppo attraverso nuove forme di colonialismo e di schiavismo. Quando penso al lavoro minorile, a cui anche tante aziende del nostro Paese ricorrono all'estero, quando pochi decidono per tanti nell'interesse di pochi gruppi monopolistici, senza che ci sia una forte azione politica da parte di Governi come il nostro, queste sono sicuramente le parti peggiori della globalizzazione.
O vogliamo cogliere della globalizzazione, attraverso una rete che rivoluzionerà e sta rivoluzionando il sistema di vita di tutti noi opportunità positive, che ci permettono anche di aumentare il peso dell'economia, delle produzioni immateriali? Si pensi al vertiginoso aumento del valore economico dell'informazione e del trasferimento dell'informazione. La nostra economia è sempre meno pesante e sempre più immateriale, sempre più orientata alla qualità, sempre meno orientata alla quantità, sempre più attenta a un'equa redistribuzione, in maniera che non si allarghi la forbice tra chi ha di più e chi ha meno.
Jeremy Rifkin, nel suo recentissimo libro parla dell'era dell'eccesso e sviluppa molto di questi temi. Non c'è tempo, qui, per accennarne, ma sicuramente ci sono molti spunti dai quali trarre momenti di riflessione.
Per noi verdi le Marche possono e devono essere un modello e un esempio di sviluppo sostenibile per la loro particolarità. Nel programma ci sono le premesse per questo. Negli atti del Governo e del Consiglio regionale ce l'aspettiamo, ci aspettiamo che queste premesse diventino atti concreti, che ai documenti non seguano soltanto le dichiarazioni di sensibilità ma progetti ed azioni che certe volte devono essere anche pilota, innovative, rivoluzionarie, azioni sulle quali certe volte c'è anche la necessità di convincere i nostri interlocutori ad intraprendere una strada diversa rispetto a quella che si è seguita in passato e che si pensa sia la più facile. C'è spazio per uno sviluppo economico e per una libertà di iniziativa imprenditoriale rispettosa delle priorità ambientali, di un'equità sociale che va oltre l'equità sociale all'interno del nostro Paese, ma che sia globale. Le priorità ambientali, per questi motivi non possono essere dispiegate con la sola azione dell'assessorato all'ambiente, e questo lo diciamo con grande forza. Abbiamo però rilevato alcune contraddizioni in un centro-sinistra che emargina la componente ambientalista e a nostro avviso non sa interpretare la volontà dei cittadini che purtroppo, in questa regione, finisce per alimentare diffidenze da parte dell'opinione pubblica, creando le premesse per l'avanzata del centro-destra e di politiche che certamente non possiamo condividere.
E' sotto gli occhi di tutti che l'alleanza, oltre che sull'accordo politico e programmatico vive sul rapporto forte tra tre forze politiche maggiori del centro-sinistra: Ds, Partito popolare, Rifondazione comunista. Questo avviene oltre ogni ragionevole motivo che può derivare dalla loro consistenza elettorale.
Il presidente D'Ambrosio dice di avere operato le sue scelte nella solitudine e nell'autonomia che gli consentono le nuove disposizioni, ma credo che ha ben rappresentato questo quadro egemonico non solo con gli equilibri relativi alle appartenenze degli uomini e delle donne che compongono il Governo, ma anche con la ripartizione delle deleghe, dove noi assistiamo a super concentrazioni che fanno presagire anche delle difficoltà di gestione degli indirizzi politico-amministrativi.
Noi non condividiamo questo scenario e continuiamo a non condividerlo anche oggi, anche perché questo ha trovato successivamente conferma nelle scelte operate dai partiti nel quadro istituzionale.
Le prime scelte, le prime opportunità vanno alle tre forze maggiori; agli alleati viene offerto quello che resta. Questa è una sintesi preoccupante di quello che avviene. E' così anche per quanto riguarda le presidenze delle stesse Commissioni. Senza disprezzare le offerte che vengono fatte ai verdi ma che noi abbiamo declinato, in attesa di verificare sul programma il comportamento della coalizione, ci sentiamo comunque, in questa fase, parte attiva e critica di questa maggioranza di centro-sinistra e siamo critici nel senso costruttivo di questo termine.
Nella coalizione siamo convinti che non ci può essere egemonia di nessuna forza politica, né alleanze precostituite che condizionino i rapporti con tutti gli altri. Queste logiche danno vita a contraddizioni che poi si riflettono all'interno del Consiglio e negli stessi rapporti tra le forze politiche, e temo che si rifletteranno anche sull'operato del Governo negli atti che giorno per giorno assumerà.
Non servono dei toni forti o la voce alta per dire che è questo che mira la coesione all'interno della coalizione di centro-sinistra. Non la voglia di strappo o la scarsa responsabilità da parte di una forza politica — la nostra — ma un'analisi su quello che è avvenuto in questi mesi. Noi ci sentiamo però garanti del programma elettorale e il nostro apporto sarà costruttivo. Abbiamo sottoscritto questo programma che è diventato la base della relazione con cui il Presidente D'Ambrosio ha illustrato i diritti programmatici della Giunta regionale e rileviamo che questo documento parte con la dichiarazione di fedeltà al patto sottoscritto con gli elettori. Certo, di questo dobbiamo tener conto: non è tanto un patto con le forze politiche, tra i segretari di partito, ma è un patto con gli elettori, un patto con la pubblica opinione, di cui dobbiamo essere capaci di cogliere tutte le necessità ma anche tutte le impressioni, anche nei momenti di disagio.
E' sotto gli occhi di tutti noi la difficoltà dell'opinione pubblica, ma anche del nostro elettorato di centro-sinistra di comprendere alcune scelte che sono state fatte.
Si dice giustamente che questo è un "D'Ambrosio/2" che segue quello della precedente legislatura, si parla molto di continuità sulle politiche. Su questo noi saremo molto attenti e vigilanti. Non vogliamo dare dei giudizi precostituiti. Il collega Viventi, nel suo intervento, diceva "vedremo gli atti e daremo sugli atti il giudizio", giustamente, ma io ho qualche difficoltà a vedere ancora le gambe su cui la continuità cammina, in particolare nei settori che meglio conosco. Anzi, vedo segnali di altro genere. Sembra un ridimensionamento delle professionalità e delle strutture piuttosto che creare le premesse per affrontare una fase che sarà sicuramente più difficile di quella precedente.
Ci sono impegni e scadenze molto rilevanti, ai quali non può essere dato seguito se non con una forte capacità di continuità rispetto al passato, una continuità operativa e amministrativa pur nella discontinuità delle figure che guidano la Giunta, dove questa discontinuità c'è.
Credo che forse non c'è ancora la consapevolezza piena delle emergenze di questa fase politica, di questa stagione, di questi mesi in cui si giocano dei passaggi importanti per l'attuazione di strumenti di programmazione importanti che sono appena partiti.
Nella scorsa legislatura la programmazione è stata ampiamente realizzata. Nell'attuale legislatura occorre completarla con l'attuazione del decentramento, ma soprattutto attuando quanto è stato previsto dai tanti piani che sono stati approvati nella scorsa legislatura, rifuggendo da un'idea di deregulation, cioè facendo i piani e non tenendone conto, procedendo. Così non teniamo conto del Pit, non teniamo conto degli altri strumenti. Questa sarà la tentazione nel momento in cui ci si troverà in difficoltà e in ritardo sui tempi.
I verdi vogliono essere parte di questo progetto politico, e forniremo lealmente il sostegno su ciò che condividiamo e ciò che fa parte del programma.
Posso dire che l'attenzione sarà particolare in questi mesi, fino alla fine dell'anno, perché sulle prime scelte operate ci siamo trovati in forte dissenso. Questa ricucitura di cui certamente sentiamo tutti la necessità — speriamo di non sentirne la necessità solo noi, perché avremmo sbagliato atteggiamento, ma abbiamo firmato un accordo, ci siamo presentati agli elettori, abbiamo condiviso candidature e figure di persone, abbiamo condiviso un programma politico, abbiamo condiviso un accordo politico — va fatta soprattutto con gli atti di questi mesi, rispetto ai quali avremo un'attenzione particolare fino alla fine dell'anno, con le azioni e con le scelte concrete.
Le priorità vanno evidenziate e seguite da atti concreti. Il dibattito di oggi e le premesse politiche hanno probabilmente ingabbiato la relazione di questa mattina, ne siamo consapevoli, però abbiamo grandi aspettative da quello che il Governo farà, nei prossimi mesi, nell'attuazione del programma. Siamo preoccupati dal continuo richiamo che separatamente alcuni rappresentanti della Giunta fanno in altre sedi alla necessità della realizzazione delle infrastrutture, come se questo debba essere un Governo che procede eminentemente alla realizzazione delle infrastrutture, come se la nostra fosse una regione completamente carente di infrastrutture. Già nel dibattito abbiamo sentito ribaltare il concetto di infrastrutture, quando si parla di telematica, di reti, di informazione. Questo salto di qualità noi lo chiediamo, e chiediamo una forte attenzione a tutta quella parte di economia immateriale che sempre più prevarrà nei Paesi più avanzati. Vogliamo che la Regione Marche sia parte dei Paesi avanzati, ma sia anche parte delle politiche avanzate che in alcuni Paesi avanzati si fanno.
Quindi, riteniamo anche che debbano essere rimosse alcune forti contraddizioni in questa politica di sviluppo. La nostra mozione programmatica approvata nell'assemblea dei verdi di Chiaravalle, dice di rimanere all'interno di questa maggioranza, di chiedere a questa maggioranza il raggiungimento di alcuni obiettivi, ma di questo parlerà il collega D'Angelo nel suo intervento. L'eliminazione di alcune contraddizioni è un segnale importante che noi richiediamo. Quindi non rimangiamo un giudizio fortemente critico, per certi aspetti anche pesante, ma vogliamo che sia chiaro che il nostro rapporto con il Governo, il nostro lavoro all'interno di questo Consiglio sarà ispirato ad un'azione costruttiva concreta, non circoscritta sui temi ambientali ma legata al grande progetto di sviluppo che in questa regione può essere portato, continuando una politica avviata nella scorsa legislatura, che non può essere interrotta in questa fase.

PRESIDENTE. Vista la quantità di interventi ancora da fare, propongo di procedere con altri due interventi, di sospendere la seduta e di riprenderla non alle 15 ma alle 15, per cercare di fare, nel pomeriggio, tutto il dibattito che, prevedibilmente, può essere contenuto in tre ore e mezza.
Pongo in votazione la proposta di continuare la seduta.

(Il Consiglio approva)

Ha chiesto di parlare il consigliere Gasperi. Ne ha facoltà.

GILBERTO GASPERI. La mia assenza di prima è dovuta a un fatto prettamente tecnico: infatti, avevo scritto qualcosa, ma ho poi buttato via tutto. Io ho qualcosa in comune, con voi della maggioranza: una “trombatura”. Sono stato “trombato” anch’io nella elezione, quindi capisco molto bene, da vicino, ciò che si può provare di insoddisfazione a causa di determinate situazioni. Ho però anche una soddisfazione: un periodico repubblicano di Ancona, Il Lucifero mi dà la soddisfazione di essere citato entrando nelle situazioni e nelle chiarezze di certe “trombature”.
Fatta questa battuta, vorrei fare alcune chiarezze. Non credo che ci sia stato, Presidente, un patto con gli elettori, perché fare un patto con gli elettori significa sottoscriverlo e qualcuno lo firma. I patti, in una democrazia si fanno con i partiti, perché i partiti, in una democrazia rispettano o per lo meno rappresentano gli elettori. Eventualmente, con gli elettori lei ha preso un impegno attraverso il patto con i partiti. E allora mi sembra una cosa normale che in questi impegni o in questi patti ci siano delle situazioni o delle realtà che riguardano in modo particolare dei punti fermi. E i punti fermi sono i seguenti.
Se io, in un partito, vado a riportare una deroga al modo di fare delle candidature perché dopo due candidature si è proposti per la terza, significa che quel partito che a sua volta rappresenta gli elettori e a sua volta rispecchia gli impegni presi nei confronti degli elettori, dovrà avere, red rationem, una conseguenza in senso positivo. Questa cosa non c’è stata, quindi significa che, così come possono essere date delle indicazioni in senso positivo a certe scelte, è normale che una posizione come la nostra — e noi siamo stati sempre ligi al rispetto delle istituzioni ma chiari nelle prese di posizione nel protestare o contestare determinate procedure — deve essere tenuta presente. In questo caso dobbiamo mettere in chiaro che il partito che rappresenta la maggioranza relativa ha avuto nella sue espressioni una situazione di poca chiarezza, perché non ha ottenuto il rispetto dei patti fatti a livello politico, tenendo conto degli impegni presi con gli elettori. Altrettanto rispetto a coloro che rappresentavano il “listino” non a titolo personale ma perché rappresentavano i partiti o i movimenti che erano rientrati nel patto.
Non posso assolutamente passare sopra delle situazioni che sono realmente poco chiare nella formazione di questa Giunta.
Premetto che non mi è piaciuto assolutamente l’intervento che ha fatto l’assessore Ottaviani, non il consigliere, perché consigliere è colui che è stato nominato e si è presentato a una consultazione elettorale. Chi viene nominato direttamente è assessore e non consigliere, e la cosa è completamente diversa.
Condivido, anzi mi assumo le responsabilità di ciò che ha detto il mio presidente di gruppo per un motivo molto semplice: qui dovremmo essere nel tempio della democrazia, nel Parlamento della Regione Marche. Ebbene, mi indigno quando sento un assessore che interviene prendendo una posizione, addirittura minacciando che procederà ad azioni giudiziarie nei confronti di ciò che ha detto un consigliere. Mi indigno, sia come uomo sia come rappresentante di un partito.
Come uomo dico che le cose si fanno e non si annunciano, perché di solito è la mafia che annuncia e manda dei messaggi. Ma qualsiasi argomento, qualsiasi cosa venga trattata è normale che la si tratta non tanto sulla persona ma politicamente, sia sulla persona sia sulle cose che le appartengono. Anche se a volte ci può essere veemenza, non c’è assolutamente qualcosa per andare a toccare la persona singolarmente. Pertanto, è stata veramente una cosa completamente fuori di ogni norma e di ogni regola.
Io ci tengo alle istituzioni e credo che lei lo sappia, Presidente, ma addirittura credo che lo sappia chi è stato con me in Commissione e chi ha fatto parte, con me, della precedente legislatura: quando è stato ora di difendere le rappresentanze delle istituzioni — in questo caso l’Ufficio di presidenza — da parte nostra c’è sempre stata grande critica, protesta, contestazione, ma sempre rispetto, perché rappresentano le istituzioni. E io vorrei che al posto dell’attuale Presidente ce ne fosse un altro — si poteva chiamare Ciccioli, si poteva chiamare Pistarelli — ma la persona che rappresenta questa istituzione rappresenta la democrazia della stessa, pertanto posso criticarla, ma debbo rispettare ciò che rappresenta.
E allora non accetto le minacce o le intimidazioni. Pertanto, visto che ha dichiarato di fare una denuncia, me ne assumo la responsabilità e faccia la denuncia anche a me.
Premesso questo, quando ho sentito dire che questa Giunta ha posto il cittadino al centro delle istituzioni, ritengo che siano parole che si dicono sempre, soprattutto per un fatto: ricade sulla mia persona. Infatti, nella telefonata che ho prima ricevuto, mi si è detto: “c’è stato un errore”. Lei sa, Presidente, che facemmo una battaglia anche in Consiglio — e poi ho avuto, logicamente il materiale — perché ritengo che per i consiglieri non ci debba essere assolutamente niente di segreto. Un funzionario ha continuato a rispondermi che ciò che chiedevo era un segreto e le richieste che vengono fatte da un consigliere... Innanzitutto, prima il funzionario deve rispondere alle istituzioni, al Presidente del Consiglio e al Presidente della Giunta, non deve rispondermi dicendo che chiederà all’ufficio competente. Inoltre, quando durante il Consiglio io dissi che un assessore — era l’assessore Moruzzi — aveva mandato una lettera a spese del Consiglio e non era riservata o privata e doveva essere resa pubblica, le istituzioni mi hanno dato ragione, la lettera è stata resa pubblica e mi è stata consegnata.
Non a caso è la stessa persona che, volere o volare, è rientrata in una illogica conseguenza di ciò che si sta portando avanti. Lei sa che ho avuto un incidente, sono scivolato nei gradini degli uffici, dopo un anno hanno addirittura messo delle strisce antisdrucciolo, addirittura mi hanno mandato una lettera scaricando all’assicurazione qualcosa di diverso rispetto a quello che c’era stato nella denuncia. E allora, il cittadino non è al centro delle istituzioni, perché io so a priori — e lo sappiamo tutti, egregi colleghi — che un consigliere regionale ha dei vantaggi che gli derivano dalla posizione che occupa nella Regione, e spesso anche agli accessi delle istituzioni periferiche. Non mi prolungo su questo, addentrandomi in un problema che ritengo fondamentale.
Ho richiesto i documenti che riguardavano una condizione specifica: era una relazione medica su un qualcosa che già avevo dalla precedente legislatura e che riguarda — mi dispiace che sia uscita — la signorina Mattei che è stata nominata assessore in questa legislatura.
L’Ufficio di presidenza è entrato nel merito di questo fatto. A me dispiace, ma è implicito che salvaguardi due posizioni: anzitutto se il lavoro che viene fatto dagli assessori e dai consiglieri deve essere considerato tale o no. Per questo motivo ha un riflesso sulle condizioni e sui patti che vengono presi con le persone e con i partiti che rappresentano il popolo, gli elettori.
In un documento istruttorio del 1995, quindi della precedente legislatura, c’è stata una richiesta e si dice che la sig.na Mattei è stata dichiarata inabile permanente, totale al lavoro.

GIULIO SILENZI. Che c’entra, questo?

FAUSTO FRANCESCHETTI. E’ un fatto puramente personale...

GILBERTO GASPERI. No, è politico. Vorrei sapere se una persona che ha usufruito di un fondo pensioni da parte di un ente, debba poi vedere sospesa questa cosa perché viene chiamata dallo stesso ente a lavorare.

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ma non viene chiamata a lavorare, Gasperi...

GILBERTO GASPERI. Come no? Se fa l’assessore, non lavora?

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. L’assessore non fa un lavoro subordinato.

GILBERTO GASPERI. Che tipo di lavoro è?

FAUSTO FRANCESCHETTI. Non è possibile parlare di una situazione personale...

GILBERTO GASPERI. Non lo pongo ad personam, ma come una posizione che riguarda solo ed esclusivamente un modo di operare. Non è basato...

MARCO LUCHETTI. Ma lascia perdere...

GILBERTO GASPERI. Non è che debba lasciar perdere, perché devo continuare a parlare, consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Ti qualifichi da solo.

GILBERTO GASPERI. Mi sono qualificato, non aver paura, non ho mai cambiato niente, sono sempre stato lì, ho mangiato a casa mia, non sono mai andato a chiedere niente a nessuno. Ho appartenuto a un partito e non ho mai fatto cambiamenti per avere dei vantaggi, sia ben chiaro. Io mi qualifico perché lavoro, ho sempre operato con la mia attività e questo intervento non è favore o contro, perché capisco che è una cosa delicata, ci vuole del coraggio a intervenire. Non è uno sciacallaggio politico. Nel momento in cui è stata fatta una dichiarazione su un certo tipo di lavoro o di intervento, vorrei sapere qual è la procedura conseguente.
E allora, ritengo che in ogni attività e in ogni modo di operare esistano delle conseguenze. Prima ho sentito dire che il “modello marchigiano” che viene esportato, viene ad essere interessato in modo particolare grazie alla presenza di un certo tipo di attività artigianale. Basta andare a vedere le indicazioni che davano il Di Cocco e il Medici, eminenti economisti. Il modello marchigiano esportabile, è la stessa indicazione che viene data al modello toscano, al modello emiliano o al modello veneto e proviene da una realtà che era precedente, cioè dalla famosa mezzadria. Non è avvenuto attraverso una programmazione economica, ma è stato uno sviluppo imprenditoriale avvenuto successivamente a una presa di coscienza attraverso la mezzadria, nella formazione di imprenditori.
Non solo saremo attenti a tutte le operazioni che verranno fatte, e in modo particolare sono intervenuto personalmente su dei modi di fare o delle attività di alcuni assessori, interessando direttamente le istituzioni che sono al di sopra di noi, a livello di magistratura.
Pertanto, l’attenzione viene data in senso sia positivo sia negativo. Positivo, votando a favore di ciò che va a toccare in concreto le attività che interessano le categorie, con una ricaduta che noi riteniamo positiva. Altrimenti, saremo vigili votando contro e criticando quando questi tipi di operazioni o di attività o di legislazioni saranno completamente contrarie agli interessi della gente. Difatti, non a caso prima, quando sentivo la relazione del presidente del gruppo Ds che diceva “a fine anno speriamo che i terremotati siano sistemati”, ho nuovamente pensato una cosa che è ora di dire. Noi siamo qui presenti da quando si è verificato l’evento del terremoto e ogni volta si diceva “a fine anno” senza mai specificare quale. Io ho fatto allora una battuta: “speriamo che sia l’anno 2000”. Se andiamo avanti in queste condizioni, abbiamo davanti altri cinque anni e non vorrei che a fine legislatura si continuasse di nuovo a dire “a fine anno”. Coloro che hanno subito questi eventi non saranno sicuramente contenti di subire ulteriori angherie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. L’intervento del consigliere Gasperi contiene due tipi di affermazioni: una è personale e un’altra è politica. L’affermazione politica troverà risposta dal Presidente in sede di replica finale. Le affermazioni personali nei riguardi degli assessori Ottaviani e Mattei vedono i due assessori assenti in questo momento, quindi chiedo, Presidente, che da questo punto di vista si dia la possibilità agli stessi assessori, dopo aver valutato quello che è stato detto da Gasperi, di poter chiedere di intervenire per fatto personale. Tra l’altro l’assessore Ottaviani sta esplicando in questo momento il suo compito assessorile, presiedendo il comitato istituzionale per l’area ad alto rischio ambientale, mentre l’assessore Mattei si è allontanata perché non può svolgere lavoro dipendente ma può fare l’assessore. Chiedo soltanto che a loro due sia data la possibilità, se lo ritengono, dopo aver letto quanto è stato detto, di intervenire per fatto personale. Politicamente risponderò io.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Luchetti. Ne ha facoltà.

MARCO LUCHETTI. Esprimo apprezzamento per la relazione che ha fatto il Presidente della Giunta, per la sinteticità con la quale ha colto gli elementi essenziali del patto elettorale del centro-sinistra che formano un programma articolato che ha affrontato i principali nodi dello sviluppo delle Marche e della realtà che, attraverso questo sviluppo, ci consentirà di individuare un nuovo modello di sviluppo in una regione a cui sicuramente deve essere attribuito il merito di avere assicurato alla propria comunità un benessere di notevole spessore.
Qualcuno ha sollevato il problema della complessità delle argomentazioni, però credo che bisogna anche affrontare i problemi per quelli che sono, visto e considerato che la complessità della nostra società non ammette scorciatoie, e bisogna anche censurare, secondo me, coloro che semplificano troppo i ragionamenti della politica e che vorrebbero rendere tutto alla portata dei cittadini, quando le cose complesse non possono essere sempre spiegate con strumenti elementari.
Da questo punto di vista va censurato anche quell'elemento di populismo che da un po' di tempo a questa parte si cerca di portare avanti, che nasconde dietro la semplificazione una presa in giro. Voglio dire che troppo sovente si fa riferimento a questo collegamento con il cittadino, cercando di semplificare le questioni e non cogliendo quelli che sono i veri problemi della nostra società, quelli che sono i veri problemi della gente, soprattutto della gente che ancora non ha cittadinanza nella nostra realtà, anche nella nostra realtà regionale.
Questo programma si cala in un momento in cui la transizione continua, i cambiamenti sono molto veloci, in cui la transizione non si è esaurita nel piano politico. Questo vale per tutte le formazioni politiche, nonostante qualcuno si voglia chiamare fuori. Credo che oggettivamente possiamo dire che tutti hanno i loro problemi di equilibrio, i loro problemi di alleanza, e credo che sarebbe opportuno che tutti quanti facessero uno sforzo perché sull'altare dell'interesse generale si trovi la composizione migliore. Anche noi, come popolari, abbiamo provato in questa tornata elettorale una nuova strada, quella di un'alleanza che ci ha portato oggi a raggrupparci con l'Udeur, ma speriamo che il centro del centro-sinistra, proprio per rendere più coesa la politica del centro-sinistra stesso, allarghi questa sua possibilità di coagulo a I Democratici in primis a cui facciamo appello per entrare in una dimensione politica diversa, per contribuire ad una semplificazione necessaria, perché una coalizione numerosa indubbiamente presenta delle difficoltà e pertanto l'esigenza dell'identità qualche volta rischia di portarci fuori strada.
Credo che bisogna fare uno sforzo in questo senso da parte di tutti, perché se vogliamo dare elementi di governabilità al centro-sinistra, dobbiamo percorrere questa strada che vale la pena percorrere, perché gli elementi di coesione del centro-sinistra sono tutti lì, sono a rappresentare l'esigenza che questa politica vada avanti contro i pericoli di una destra sempre più confusa che, grazie alla semplificazione che in questo momento paga, avanza dei consensi anche nella nostra regione, ma sicuramente senza meriti, senza avere una visione della politica in termini evolutivi. Lo dimostra anche il dibattito in questa sede in cui si fa riferimento a tatticismi politici, a schematismi politici ma non si entra dentro le proposte e dentro i problemi, non si fa riferimento ai contenuti della relazione ma si fa soprattutto riferimento agli schemi della politica. Molto semplice, quando invece la nostra comunità invoca molta più attenzione e molta più coerenza, soprattutto nelle proposte da fare per risolvere quelli che sono i grandi problemi, anche gravi sotto certi aspetti, della società complessa.
Pongo in rilievo alcuni aspetti che secondo me debbono essere sottolineati nella relazione del Presidente e della Giunta. Penso che sia sostanzialmente sottolineabile un elemento di fondo: questa relazione invoca, secondo me, l'obiettivo di rendere più identitaria la regione Marche. In buona sostanza, proprio in un momento in cui parliamo di federalismo, in questa nostra comunità c'è bisogno di più coesione anche politica se volete, ma soprattutto più coesione di intendimenti delle varie comunità. I vari campanilismi abbiamo sempre detto che sono una ricchezza, lo sono stati e lo saranno perché è una nostra cultura. Questo non significa che per poter difendere uno sviluppo non sia indispensabile rendere più coeso questo nostro territorio, a cominciare dalle infrastrutture ma anche da una programmazione che dia lo spazio a questa identità.
Ciò è necessario se vogliamo confrontarci non solo con le altre Regioni ma anche con i confini più alti a cui i nostri imprenditori sono abituati, perché si sono sempre misurati con l'internazionalismo. Ma oggi la sfida è diventata più alta, è diventata più complicata, pertanto dobbiamo sentirci più uniti.
Mi voglio soffermare su alcuni aspetti che ci possono consentire di raggiungere questo obiettivo. Credo che un primo aspetto vada riferito soprattutto alle modalità politiche di gestione di questa nostra comunità. Una società complessa non può affidarsi unicamente alle istituzioni per essere governata, ma ha bisogno della concorrenza di tutta la società civile. Ecco perché la politica della concertazione che è stata ribadita va portata avanti, per fare in modo che tutti diano il loro contributo nel governo delle cose di questa società complessa.
Ecco perché colgo un aspetto della relazione molto importante, che forse è stato sottovalutato: quando si dice che la partecipazione significa libertà. Probabilmente questi aspetti, che noi diamo per scontati in un momento in cui ci accingiamo addirittura a mettere mano alle istituzioni della nostra comunità, allo Statuto regionale, devono essere tenuti in considerazione, perché dobbiamo rivisitare anche i significati di queste parole, poiché oggi, proprio grazie alla complessità e a quello che ci sta accadendo intorno è necessario riscoprire profondamente il senso di queste cose, perché ci troviamo di fronte a un capovolgimento anche dello stesso significato della democrazia, allorché la democrazia non promette più cittadinanza a chi ha più bisogno, perché la logica delle maggioranza che stanno bene non può prevaricare, non deve prevaricare, se vogliamo sostanziale la nostra democrazia, le esigenze di chi è rimasto fuori dalla città.
Ecco perché la partecipazione di tutti deve tendere a richiamare la responsabilità di ciascuno verso questo obiettivo.
Così come è importante riformulare il nostro modello di programmazione. Fa parte del programma che si è definito a livello elettorale: credo che si debba fare in modo che questa programmazione sia sostanza e determini anche un nuovo modello di governo della Giunta regionale, che attraverso la programmazione ha dei binari da percorrere in maniera precisa e non in maniera episodica. Credo che le dichiarazioni fatte dal Presidente vadano in questa direzione, pertanto dovremo rivedere la legge della programmazione proprio per raggiungere questo obiettivo.
Così come dobbiamo affrontare responsabilmente alcuni nodi che sono sotto gli occhi di tutti, a cominciare dalla sanità. Sono questioni importanti, che appartengono anche alle scelte del passato, ma sono nodi che derivano da sottovalutazioni di carattere centralistico dei modelli di sanità che si stanno attuando, pertanto dovremo affrontarli. Sappiamo che abbiamo una grossa responsabilità da questo punto di vista, ma credo che, soprattutto cercando di coinvolgere le comunità locali che oggi, ogni volta che si parla di ristrutturazione dei modelli sanitari si chiudono a riccio per paura di perdere qualche cosa, dovremo imboccare le strade migliori per dare una migliore qualità dell'intervento sanitario.
Così come è importante valutare l'opportunità di ridisegnare la rete interistituzionale. Fa parte anche questo delle proposte che il Presidente ci ha fatto, e credo che sia molto importante per capire bene, a seguito della 142, che tipo di modello in questa comunità vogliamo darci dal punto di vista istituzionale. Occorre saper definire il ruolo della Provincia. Anche pochi giorni fa, nell'Assemblea dell'Upi si è rivendicato un ruolo importante, così come attribuito dalla 142 all'ente intermedio. Credo che una volta per tutte dobbiamo metterci d'accordo su come modulare questo ruolo, soprattutto in riferimento alla "Bassanini" che vede una definizione di ambiti ottimali dei servizi, cosa che non può diventare il quarto livello delle autonomie locali, ma un ambito di strumentalità ai servizi.
Da ultimo, credo che in questa legislatura si debba mettere mano definitivamente alla riorganizzazione dei servizi, per rendere aderente alla programmazione l'efficacia della struttura organizzativa, a cominciare dalla stessa dirigenza, perché oggi la legge nazionale e la contrattazione stessa del pubblico impiego, che affida alla dirigenza un ruolo del tutto particolare, non può non avere tutta l'attenzione del Governo regionale, in virtù del fatto che proprio la dirigenza viene ad avere una responsabilità di gestione di notevole portata. Credo che il superamento delle vecchie logiche della dirigenza che ci era pervenuta dallo Stato, con i pensionamenti e con lo stesso superamento di coloro che non ci sono più, debba spingerci a trovare quegli strumenti che ci consentano di rideterminare una nuova generazione di dirigenti che siano all'altezza dei ruoli che la nuova pubblica amministrazione ci impone.
Infine, un richiamo ai problemi del terremoto. Strumentalmente qualcuno ha evocato il terremoto in termini negativi. Credo che dal punto di vista dell'intervento fatto dalla Regione non ci sia proprio nulla da dire, anzi credo che sia un modello da seguire anche in altre circostanze, pur se speriamo che non ce ne sia bisogno, in quanto l'intervento di prima emergenza e l'intervento di rapporto con gli enti locali è un fatto essenzialmente positivo. Le cose devono andare avanti in termini altrettanto positivi. Sottolineo solamente un fatto: che da questo punto di vista le risorse che ci sono state messe a disposizione devono consentirci non solamente di ridefinire le abitazioni, le attività produttive che hanno avuto dei danni, ma soprattutto dobbiamo fare in modo che quelle località possano avere uno sviluppo che fino ad oggi non hanno avuto, non solamente da un punto di vista infrastrutturale — l'intesa interistituzionale prevede per quelle aree dei precisi interventi, pertanto dobbiamo assolutamente dare seguito agli impegni sottoscritti con il governo — ma occorre senz'altro fare in modo che tutti gli altri strumenti, vedi il patto territoriale di Macerata, siano finanziati per raggiungere questo scopo.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa. Riprenderà alle ore 15.

La seduta è sospesa alle 14,20