Resoconto seduta n. 45 del 13/06/2001
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI MERCOLEDI' 13 GIUGNO 2001
PRESIDENZA DELPRESIDENTE LUIGI MINARDI

La seduta riprende alle 16,30

Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «L.R. 45/98. Modifica dello schema tipo del contratto di servizio — Programma triennale dei servizi di TPL, di cui alla deliberazione del 29 febbraio 2000, n. 301 e successive modificazioni» Giunta (44)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 44 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. L'atto amministrativo che siamo chiamati a votare prende le mosse dalla legge regionale 45 del 24 dicembre 1998, "Norme per il riordino del trasporto pubblico locale" che stabilisce competenze regionali per la definizione del programma triennale dei servizi di trasporto pubblico.
In applicazione di questa legge il Consiglio regionale ha assunto lo scorso anno, il 29 febbraio a deliberazione n. 301 con la quale ha approvato lo schema tipo del contratto di servizio.
L'atto amministrativo all'attenzione del Consiglio odierno modifica in alcune parti detto schema tipo. Le variazioni attengono a due ordini di esigenze. La prima è prettamente amministrativa e corrisponde alla necessità di adeguare una serie di termini di scadenza alla funzionalità e alla prassi del lavoro e dei rapporti tra enti. La seconda riguarda invece l'esclusione dalla corresponsione dei contributi, delle percorrenze non effettuate nel bacino in caso di sciopero del personale degli enti. A questo riguardo è pervenuto questa mattina un emendamento da parte della Giunta, che chiede che vengano aggiunte le parole "che non superino lo 0,3% del totale". Con questo emendamento si riconosce che per quanto riguarda lo sciopero, fino allo 0,3% del monte ore esso possa essere calcolato ai fini della corresponsione del contributo. E' una sorta di franchigia e l'assessore ci ha comunicato che questo emendamento dovrebbe essere la risultanza di una concertazione che sta per essere conclusa fra le Ferrovie dello Stato, gli enti di trasporto pubblico locale su gomma e la Regione Marche, quindi potrebbe essere un emendamento che corrisponde alle esigenze di tutte le parti interessate.
Lo schema di contratto tipo riguarda il trasporto su gomma e il trasporto per le ferrovie dello Stato, quindi in qualche modo viene a dare una nuova regolamentazione ai rapporti. La parte più corposa degli emendamenti riguarda soprattutto aggiustamenti, dando termini più congrui agli adempimenti previsti entro alcune scadenze: in alcuni casi si passa da 3 a 6 mesi o da 6 mesi a un anno per l'adempimento di alcune incombenze.

PRESIDENTE. Se non vi sono richieste di parola, pongo in votazione l'emendamento.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo così come emendata.

(Il Consiglio approva)



Mozioni (Discussione e votazione):
«Politica infermieristica regionale» Procaccini (47)
«Grave carenza del personale infermieristico nella regione Marche» Mollaroli e Silenzi (67)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le mozioni nn. 47 del consigliere Procaccini e n. 67 dei consiglieri Mollaroli e Silenzi.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Una brevissima illustrazione, perché il testo della mozione è circolato per molto tempo. Infatti la nostra mozione risale ormai all'ottobre dell'anno scorso e credo che da questa discussione si possa giungere anche a una sintesi unitaria su un problema che riguarda tutte le Marche.
Il Consiglio regionale ha discusso più volte aspetti della politica infermieristica, però con un angolo di visione particolare, che riguardava questo o quel caso. Noi vogliamo sottoporre al Consiglio una valutazione più generale, in primo luogo sulla modificazione intervenuta, sia normativa che giuridica, della figura degli infermieri, che sono più specializzati, più professionalizzati, una figura non più ausiliaria della filiera dell'assistenza sanitaria bensì una figura autonoma che ha anche responsabilità di tipo giuridico molto impegnative.
A queste nuove funzioni non sempre sono corrisposti anche elementi di adeguamento dello stipendio, che tra le altre è una delle cause della carenza infermieristica, anzi possiamo dire che il contratto nazionale, che pure è stato sottoscritto un mese fa, non sappiamo se abbia avuto una concretizzazione nelle buste paga, tuttavia riteniamo che questo di per sé sia già un passo in avanti.
Esiste quindi una carenza cronica anche nelle Marche per diversi motivi: vuoi per il numero chiuso delle diverse scuole e anche per la riforma che la figura infermieristica ha visto su di sé. Infatti la laurea e il numero chiuso rappresentano un limite. Nel nostro Paese vengono formati circa 13.000 infermieri all'anno che vengono immessi nel mercato del lavoro. Mi auguro, assessore, che queste cifre siano in difetto, tuttavia per diversi motivi — vuoi per pensionamento, vuoi per altre cause — ne escono circa 90.000, creando una carenza annua di circa 77.000 unità.
Questa situazione si è ripercossa e si sta ripercuotendo in maniera negativa anche nella nostra regione. In molte aziende sanitarie locali, interi reparti vengono chiusi per motivi di carenza infermieristica, si accorpano i reparti stessi, si effettuano chiusure non programmate per carenza di infermieri, abbiamo visto addirittura, nei giorni scorsi, che alcuni sindaci hanno denunciato i direttori generali per questa carenza di figure infermieristiche, per non parlare poi delle specialistiche, come il servizio di dialisi e altri ancora.
Si abbassano gli standard. Per venire incontro a questa carenza, paradossalmente, anziché intervenire a livello più complessivo per una maggiore incentivazione della figura infermieristica per maggiori dotazioni, si fa quello che si fece un tempo per l'atrazina, cioè si alzano i parametri, e alzare i parametri significa, in definitiva, abbassare gli standard nei reparti. Infatti, a differenza di quello che succede in altre nazioni d'Europa, in Italia nei reparti — non parlo, in generale, della medicina diffusa sul territorio che sarebbe un fatto molto positivo — ci sono medici non necessari rispetto agli infermieri che sono sempre più necessari. Ma al tempo stesso si continua ad affrontare questo problema senza uscire dall'emergenza. Non dico che sia facile, tuttavia da questa situazione bisognerebbe trarre un insegnamento più incisivo nella politica sanitaria più complessiva.
C'è un ricorso eccessivo alle assunzioni a tempo determinato. Sappiamo che oggi ci sono richieste proprio per la disponibilità alla flessibilità da parte di lavoratori e lavoratrici da altre parti del nostro Paese, addirittura dall'estero. La graduatoria interaziendale, in definitiva la graduatoria regionale, alla data entro cui il nostro gruppo ha fatto una verifica, aveva 2.921 unità a disposizione e di questi pochissimi vengono assunti a tempo determinato, vuoi perché c'è una gestione troppo centralizzata di questa graduatoria, che non permette in tempi effettivi e rapidi di dislocare nel bisogno gli infermieri a tempo pieno, vuoi perché c'è forse qualche scelta politica da parte di qualche azienda ospedaliera o sanitaria, a drenare queste risorse infermieristiche e non immetterle in maniera rapida sul mercato.
Che cosa si può fare, in conclusione? Sappiamo bene che una mozione, seppure un atto significativo — e mi auguro che il Consiglio intero voti questo atto modificato in maniera unitaria — non è mai un dispositivo di legge impegnativo, esecutivo; lo può essere se c'è la volontà da parte della Giunta, in primo luogo del Presidente e dell'assessore, ad essere un atto impegnativo per la prospettiva, per la nuova programmazione. Sappiamo che tra qualche giorno ci sarà una riflessione anche pubblica sulla sanità delle Marche, sappiamo che dal punto di vista temporale il piano sanitario è in scadenza. Al tempo stesso occorrerebbe fare altrettanta verifica rispetto alla dotazione infermieristica. Bisogna verificare, ad esempio, le esperienze che hanno portato a centralizzare tutto, sia la formazione degli infermieri sia gli esami. Occorrerebbe riportare la formazione nei territori, nelle scuole infermieristiche, nelle aziende sanitarie locali, sia per incentivare la partecipazione dei giovani sia per elevare la qualità e la quantità, soprattutto rivedendo quei meccanismi che azzerarono gli incentivi con l'aggiunta delle tasse universitarie, dei costi per i trasporti che hanno anche essi causato la diminuzione del flusso riferito alla necessità di infermieri.
Occorrerebbe recuperare i sussidi e le borse di studio legate al reddito in primo luogo, ma anche alla frequenza, evitare al massimo da parte dei direttori generali, in virtù di una male interpretata esigenza di risparmio, l'utilizzo ad assunzioni temporanee che molto spesso nei presidi dell'entroterra sono foriere di forti diminuzioni di servizi sanitari. Occorrerebbe, in definitiva, compiere le assunzioni in maniera tempestiva, utilizzare tutte le graduatorie, onde favorire soprattutto gli studenti per immettere nuovi infermieri dentro la filiera della sanità, gli studenti che in qualche modo devono vedere questa professione non come residuale ma come una delle più importanti, proprio perché essa è ormai riferita al diploma universitario.
Ci auguriamo che da questa mozione possano scaturire anche atti più significativi rispetto alla risoluzione di questo problema, soprattutto in vista delle ferie estive.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Queste mozioni ci consentono di affrontare in Consiglio regionale un argomento realmente esistente, addirittura una vera e propria emergenza nella nostra regione. In questi anni la professione infermieristica ha subito grandi trasformazioni, ha acquisito una dimensione, dal punto di vista qualitativo e del contenuto professionale, nettamente più elevata di quella che aveva negli anni passati. Finalmente anche dal punto di vista formativo è stata riconosciuta la professione infermieristica, è stato riconosciuto quel livello di competenza, di professionalità tecnica ed assistenziale che in precedenza le era negato.
Paradossalmente, a fronte di questo aumento della qualità e della considerazione della professione infermieristica, abbiamo assistito, in questi anni, ad una carenza sempre più drammatica di infermieri nel comparto della sanità, sia pubblica che privata, ma in modo particolare in quelle pubblica.
Apparentemente è una contraddizione, perché la spinta ad una maggiore qualificazione professionale dovrebbe comportare anche un maggior numero di persone che si rivolgono a questa professione per trovare uno sbocco lavorativo. Così non è stato. Ci sono cause di tipo strutturale e cause che riguardano il modello di gestione della sanità, dell'assistenza e della cura che si vuole implementare anche nel nostro Paese.
Le questioni di carattere strutturale le ricordava già il collega Procaccini. Indubbiamente due pesano in modo drammatico: la prima è il basso livello salariale che i lavoratori che esercitano questa professione hanno, perché un infermiere professionale, oggi, mediamente prende due milioni al mese, anzi 1.900.000 lire al mese, poi, se ha qualche particolare indennità derivante dalla funzione o dalla turnazione può arrivare a superare i due milioni al mese, che è una cifra, oggi, per il contenuto tecnico-professionale, ma anche per il disagio che questa professione arreca al lavoratore, sia in termini di gestione del proprio tempo di vita ma anche in termini di carico di lavoro, soprattutto sul lato psicologico-relazionale, che rappresenta un salario non adeguato che certamente non spinge i giovani a intraprendere questa professione.
Questo problema è ulteriormente aggravato dal fatto che per accedere alla professione infermieristica, oggi, occorre intraprendere un percorso di studi abbastanza impegnativo. Oggi è laurea vera e propria, laurea triennale, nemmeno più diploma di laurea la professione infermieristica.
Naturalmente lo sbocco in termini di status e in termini di carico di lavoro, per un giovane che intraprendere un percorso di studi così impegnativo non è competitivo sul mercato delle professioni rispetto ad altri lavori.
Nella nostra regione ha sicuramente influito anche la centralizzazione nell'università di Ancona dello svolgimento di questi corsi di laurea, perché non c'è dubbio che la frequenza obbligatoria dei corsi di laurea per la professione infermieristica nel capoluogo regionale comporta un'ulteriore difficoltà per chi, non abitando ad Ancona o nelle zone limitrofe, comunque è intenzionato a svolgere questa professione. Ulteriori difficoltà derivanti da difficoltà logistiche ma anche da difficoltà economiche.
Nella nostra regione la carenza di infermieri è una carenza drammatica. Noi, come quinta Commissione ce ne siamo resi conto più volte nel corso di questo anno di lavoro, poiché questo tema viene ripetutamente, sistematicamente posto ogni qualvolta si ha l'occasione di discutere con operatori del settore sanitario pubblico della nostra regione.
Questa carenza, però, deriva non soltanto dai fattori strutturali che prima elencavo, cioè il basso salario e l'impegno del percorso formativo; deriva anche da precise scelte che sono state compiute nella gestione della sanità, scelte di carattere particolare da parte dei direttori generali, perché nella logica del risparmio forzoso e della necessità di tagli, il settore che prevalentemente è stato colpito è stato il settore del personale infermieristico. Nella rotazione derivante dal pensionamento degli infermieri e anche dalle nuove esigenze che emergono nell'utilizzo di questa figura professionale si è fatto un uso indiscriminato nella nostra regione, da parte dei direttori generali, dei contratti a tempo determinato, nonostante vi sia una graduatoria derivante dal concorso svoltosi due anni fa ancora ampia a cui attingere.
Penso che questa sia la sede perché l'assessore possa chiarire cosa si sta facendo per evitare queste disfunzioni, perché se da un lato l'utilizzo indiscriminato del lavoro a tempo determinato per gli infermieri comporta sicuramente un risparmio, seppur lieve, nei costi, dall'altro lato produce delle carenze e delle difficoltà nell'organizzazione dei servizi, nella continuità dell'organizzazione delle prestazioni enormi nelle nostre strutture, oltre a non dare certezze e garanzie alle strutture, in modo particolare alle strutture periferiche di arrivare ad avere anche infermieri a tempo determinato, perché è del tutto evidente che per contratti di lavoro trimestrali o semestrali difficilmente si riesce a trovare infermieri disponibili a trasferirsi in realtà periferiche di tipo ospedaliero, di tipo assistenziale della nostra regione. Infatti questo problema di carenza infermieristica è molto più accentuato negli ospedali minori e nella rete assistenziale residenziale delle aree interne della nostra regione.
Ma oltre a questo aspetto di carattere particolare c'è anche un discorso più generale sul quale sarebbe opportuno avviare una discussione. Io temo che nel nostro Paese, anche a seguito delle ristrettezze di carattere finanziario in cui il settore della sanità opera, si intenda arrivare ad un modello relativo alla organizzazione e alla gestione della funzione assistenziale nella sanità, di tipo americano, dove esiste una fascia ristretta di personale infermieristico che sostanzialmente svolge funzioni organizzativo-manageriali, che è ben remunerato, fortemente qualificato dal lato aziendalistico, ma che ormai ha perso, nei fatti, il contatto con il paziente, con il malato. La professione infermieristica ha quindi subito una profonda modificazione, perché il rapporto diretto con il paziente e con il malato è svolto da figure professionali meno qualificate, con un percorso formativo molto ridotto, che svolgono sostanzialmente un lavoro di tipo assistenziale privo di quei caratteri di relazionalità che la professione infermieristica invece richiede.
Questo comporta un modello fortemente gerarchizzato che produce sicuramente un risparmio di costi da un lato e dall'altro una qualificazione di tipo organizzativo-manageriale delle strutture maggiori, ma che fa perdere anche gran parte di quei contenuti di relazioni psicologiche, umane che sono uno dei fondamenti principali nel rapporto tra la struttura sanitaria e il paziente. Penso che questo modello non va bene, perché produce una dequalificazione complessiva dal punto di vista del cittadino, del sistema sanitario e che andrebbe intrapresa una strada diversa.
In ogni caso, in conclusione, credo che queste mozioni debbano trovare una loro sintesi, perché il problema merita di essere affrontato urgentemente da parte della Giunta regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Preliminarmente devo dire che questo dibattito cade in un momento e in una forma secondo me troppo limitativa per quanto è grande e importante l'oggetto. Non so se fare già da ora in quest'aula, alla presidenza, al presidente della mia Commissione un invito, quello di chiamare il Consiglio regionale ad esprimersi monotematicamente sulla "questione sanità" della regione Marche in una seduta apposita, per affrontare 4-5 nodi, le questioni più importanti a tutto tondo. Sarebbe anche, sotto questo profilo, di aiuto, di ausilio non solo alla attività istituzionale regionale, ma anche alla comprensione di tanti cittadini marchigiani che ogni tanto leggono un po' qua e un po' là notizie sullo stato della sanità, tra l'altro contraddittorie in se stesse, e che ancora non riescono a capire quale sia l'intendimento del Governo regionale sui temi di fondo, quali siano le posizioni-chiave di tutti i gruppi, non ultimo anche quella dell'organizzazione del servizio, perché abbiamo parlato qualche settimana fa della questione del numero delle Asl, oggi parliamo della questione degli infermieri e della grave carenza di organico del personale infermieristico nelle varie strutture sanitarie della regione, domani parleremo, magari, dei criteri di riparto della spesa sanitaria, ma sempre in maniera assolutamente frammentaria e priva di una visione d'insieme. Siamo invece nelle condizioni, ad un anno dall'inizio della nuova legislatura regionale, di sapere bene quello che vorrà fare l'assessore per il futuro, quali sono i contributi dei vari gruppi politici di maggioranza e di opposizione, quali sono le linee e gli intendimenti, sotto un profilo di politica sanitaria, da parte della Regione marche.
Fin da ora ritengo che ci debba essere una sensibilità in tal senso. Magari le sedi le valuteremo, le forme le verificheremo, vedremo se concludere il giro che anche la Commissione sta facendo in queste settimane, in questi mesi delle varie Asl, soprattutto per quanto riguarda la parte ospedaliera dell'assistenza sanitaria, sapere se è il caso di attendere la conclusione di questo giro, oppure se nel frattempo l'assessore è in grado di darci delle linee come ha fatto per l'agricoltura l'assessore Agostini, delle linee di indirizzo, delle linee forti, delle linee guida.
Noi, come gruppo consiliare di Alleanza nazionale faremo i nostri passi anche sotto un profilo di richieste in questo senso. Oggi le anticipo perché mi sembra che introdurre all'ultimo momento, con una richiesta di modificazione dell'ordine del giorno, un argomento così importante e affrontarlo senza aver dato la possibilità a tutti i gruppi anche di verificare certe cifre o certe realtà che magari coloro che si occupano direttamente di queste cose per motivi professionali o perché fanno parte della Commissione conoscono bene, non consenta di essere forniti del materiale di riscontro. Arrivare in queste condizioni significa strozzare, limitare un dibattito che invece deve essere profondo, serio, marcato, incisivo per dare soluzioni, non per girare intorno al problema o per accontentarci di una "mozione degli affetti" che non cambia assolutamente nulla: né il rapporto Regione-strutture né il rapporto strutture-cittadino, perché sono quelle relazioni che ci interessano. La risposta al paziente, al malato, a colui che è in una condizione di grave disagio e che riguarda tante fasce — anziani, giovani — di nostri concittadini marchigiani.
Non voglio sottrarmi per questi motivi al dibattito di oggi: l'abbiamo aperto, lo affrontiamo e l'affronteremo. Spero però che questo dibattito possa consentire una indicazione forte di questo Consiglio regionale, perché la situazione è di grave emergenza. Noi abbiamo votato l'iscrizione urgente di questo punto all'ordine del giorno, anche se veniva dai banchi del gruppo rappresentato dal collega consigliere Procaccini, perché effettivamente questa è una segnalazione che continuamente viene fatta dalle strutture sanitarie.
I motivi, le cause. Qualcosa è stato già detto nella relazione introduttiva, qualcosa ha aggiunto il presidente Ricci. Sono argomentazioni che mi trovano in generale d'accordo, soprattutto sull'analisi di quella che è stata, da ultimo, la modificazione del processo dell'iter formativo del personale infermieristico prima della sua immissione in ruolo. Si è voluta una scuola unica regionale a differenza del passato in cui vi era un contatto diretto con il territorio, con tutti i territori della regione Marche. Questa cosa ha provocato senz'altro l'innalzamento del livello e della qualità della preparazione, perché i tre anni di studio e di contatto con addirittura l'ambiente universitario hanno elevato la preparazione, ma questa cosa ha prodotto due conseguenze: primo, la rarefazione del momento di ingresso, delle iscrizioni, per motivi territoriali, perché molti da Ascoli o da Pesaro tutti i giorni o tutte le settimane trovano delle oggettive difficoltà a seguire i corsi ad Ancona e rinunciano a questo percorso formativo, magari andando in altri ambiti del lavoro, proponendo domande in altri settori; secondo, ha innalzato le aspettative di coloro che, facendo un corso di valenza o comunque di contatto addirittura universitario — perché vi sono degli approfondimento sotto il profilo dello studio della scienza medica ecc. — si aspettano di più sotto un profilo di remunerazione e di compiti. Sappiamo invece che il personale infermieristico è chiamato a svolgere compiti in qualche caso molto semplici, molto diretti, immediati, non dico umili ma così è la situazione. Di fronte a un malato che non ha possibilità di gestirsi in autonomia, è il personale infermieristico che dovrebbe supportare questa sua difficoltà: pensiamo al momento post-operatorio, pensiamo alle tante patologie che provocano una completa perdita di autosufficienza da parte del malato. Gli infermieri molto spesso dicono "questi non dovrebbero essere compiti che rientrano nella nostra attività, perché noi siamo stati preparati, formati per altro, per fare gli ausiliari del medico, perciò a contatto o a disposizione più delle indicazioni del personale medico invece delle esigenze, anche pratiche, di intervento di reparto, ospedaliero stretto, comunque di struttura sanitaria nel paziente".
Questa è la realtà, l'analisi della situazione a grandi linee e senza avere la presunzione di aver detto tutto e di aver comunque focalizzato quelli che sono in maniera esclusiva i fattori che hanno provocato questa situazione che abbiamo oggi. E' un abbozzo di analisi che vuole almeno focalizzare le realtà, almeno quelle che si sono più evidentemente appalesate.
Di fronte a questo c'è una proposta da parte del gruppo Comunisti italiani, dove si dice "ampliamo l'offerta di formazione allargando le sedi di tirocinio", cioè riportiamo la scuola infermieristica alle realtà provinciali. Questa è una proposta che mi trova favorevole, consenziente, potrebbe essere una strada. Dall'altra parte mi è stato però già risposto che questo farebbe perdere quella organicità, unità di formazione, di processo formativo, quella omogeneità, perciò rassicurazione sotto un profilo di qualità, della formazione del personale infermieristico. Questi sono dubbi che mi sono stati esposti. In linea di massima sarei d'accordo nel trovare una via che possa comunque garantire la permanenza della qualità e della preparazione approfondita, ma possa anche risolvere questa esigenza che sentiamo nei territori. Gli ospedali vogliono che ci siano scuole o personale che si formi lì; almeno io sono d'accordo a questa impostazione. Sono d'accordo anche a valutare la situazione della pianta organica, farne un'analisi stringente, vedere il perché vi sono stati dei meccanismi che si sono bloccati. Si parla, per esempio, di graduatorie molto ampie e assunzioni che vanno molto a rilento. Ma questo è il secondo aspetto. Il primo dovrebbe essere un percorso che dia senz'altro certezze di qualità ma che dia anche certezze di ruolo, di effettiva capacità del personale infermieristico ad affrontare tutte le situazioni che si trovano di fronte. Oggi, i famosi OTA sono un espediente tirato fuori dal cilindro per cercare di tappare i buchi che non potevano essere tappati in altra maniera, allora ci si è inventati questa figura che in realtà è quello che era l'infermiere prima di questo percorso nuovo, ma quella che dovrebbe comunque essere una figura presente anche nella preparazione del personale in genere, di ausilio al medico e di assistenza al malato.
Tutte queste cose danno il quadro di una complessità, di una delicatezza della situazione, anche di una difficile individuazione degli interventi che immediatamente si possono mettere in campo. Non so se oggi riusciremo a predisporre una linea comune di indirizzo. Sarebbe opportuno non disperdere le energie, non gettare a mare l'occasione di oggi e quindi, a conclusione del dibattito e prima delle risoluzioni finali sarebbe saggio, utile, possibile aspettare la seduta successiva per dare la possibilità ai gruppi di risentirsi e di passare alla votazione di un documento predisposto non all'ultimo momento, ma un documento pensato e soppesato.
Noi vorremmo portare questo contributo; se non sarà possibile faremo la nostra parte con emendamenti alla mozione, non ci sottraiamo al dibattito di oggi, ma vorremo che dal dibattito di oggi uscisse fuori qualcosa di forte indirizzo, di indicazione verso la Giunta, verso l'Esecutivo, avendo anche sentito dall'Esecutivo il suo chiaro pensiero sulla problematica.
Noi siamo dell'idea che debba essere modificato il quadro, perché è un quadro allarmante per quanto riguarda l'offerta di prestazioni infermieristiche o comunque paramediche, ma anche e soprattutto risposta verso il paziente, verso il malato. Quella è la realtà che noi dobbiamo tenere sempre presente: la situazione di grande disagio di coloro che devono organizzare il servizio, ma anche e soprattutto di coloro che del servizio debbono essere i principali beneficiari, un servizio efficiente, efficace, in grado di dare risposte puntuali in tema di presenze, di qualità, di umanità, cosa che molto spesso, magari, si dice a parole e poi nei fatti manca.
Questi sono gli intendimenti miei personali ma anche, immagino, del gruppo, della nostra rappresentanza politica, intendimenti costruttivi ma attenti a far sì che vi sia anche concretezza nelle nostre discussioni e nelle nostre attività.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Questa risoluzione che ho letto con attenzione, dimostra il distacco che c'è tra la politica e le cose concrete. Le considerazioni sono assolutamente condivisibili, non c'è niente fuori posto. Quando andiamo alle indicazioni, queste sono le indicazioni teoriche di quelli che non stanno dentro le strutture. In questo caso, trovandomi ad avere contatti quasi quotidiani con coloro che sono nelle strutture, giudico la situazione più complessa, nel senso che quella che può sembrare semplicisticamente la via d'uscita in realtà non lo è.
Il problema del diploma infermieristico è segnato da indicazioni europee, cioè oggi le norme europee ci impongono di avere un diploma infermieristico di scienze universitarie, il che significa che la sede deve necessariamente essere la sede dell'università. Qui ci potrebbe essere la sottosoluzione di vedere come è possibile articolare la sede universitaria nei luoghi distaccati, però poiché il controllo deve rimanere alle strutture universitarie, le sedi distaccate perdono quello che è un requisito europeo: la formazione universitaria. Cioè, non è consentita la delega alle strutture ospedaliere alla supervisione che deve rimanere universitaria. Questo è limitativo, però di fatto è un problema.
Secondo punto. I concorsi, non si sa per quale ragione vengono generalmente espletati dalle aziende sanitarie del nord e non espletati dalle aziende sanitarie del sud, il che implica che molte persone residenti in altre aree geografiche del Paese vengono a esercitare il loro diritto di partecipare a un concorso nelle nostre zone e poi, appena diventano di ruolo, cercano, come è giusto e legittimo, di tornare ai territori d'origine, per cui di fatto le aziende più organizzate svolgono concorsi per conto delle aziende di altre aree geografiche che non svolgono i concorsi, però recepiscono i trasferimenti. Paradossalmente succede che le persone residenti altrove partecipano ai concorsi nelle nostre aree, non appena diventano di ruolo fanno domanda di trasferimento per tornare ai luoghi d'origine dove non si sono svolti i concorsi e noi diventiamo una specie di "partita di giro", assumendo le persone che poi se ne vanno altrove, con un ritmo terribile. Mi diceva un direttore generale di un'azienda marchigiana che si arriva a questo paradosso: quando hanno gli infermieri a tempo determinato, questi scongiurano di rinnovare il contratto e, pur essendo di fuori cercano di rimanere in servizio per avere il posto di lavoro; non appena gli stessi infermieri, dal contratto a tempo determinato passano in ruolo, fanno il percorso esattamente inverso, cercano di andarsene. Quindi, paradossalmente, molte volte è più stabile l'infermiere a tempo determinato che l'infermiere in ruolo. La situazione è paradossale, ma è questa.
Occorre quindi una strategia, ma la strategia urta con i limiti di spesa, perché gli infermieri a tempo determinato costano un po' meno degli infermieri che hanno continuità, anche se quelli a tempo determinato a volte, avendo una discontinuità, nel momento in cui sono maturi in una struttura, svolgono bene il loro lavoro perché hanno imparato... (interruzione). Se uno fa il rapporto costi-benefici ha perfettamente ragione che la continuità è migliore; se invece uno guarda i costi finanziari, in sé sono minori.
Conclusione. A mio parere occorre esercitare da parte della Regione innanzitutto una politica finanziaria; occorrono delle scelte di politica finanziaria precise, con indicazioni precise ai direttori generali. Se per esempio, come viene scritto in questa risoluzione, che in buona parte condivido, il servizio infermieristico valido è fondamentale, bisogna dare indicazione che su questo capitolo di spesa — i servizi infermieristici — non ci sono tagli, cioè le Asl hanno un sostegno totale nella loro spesa. Se invece il budget è complessivamente sulla politica del personale, allora molto spesso il taglio è sui servizi infermieristici. Accade spesso che lì si taglia un po' perché altre figure professionali non sono interscambiabili.
In questo è molto importante una politica sindacale globale. Occorre una politica sindacale globale, comune a tutte le aziende, su indicazione della Regione. Occorre anche una politica interaziendale. Se la Regione vuole attivare il meccanismo delle sinergie occorre anche una politica interaziendale di aziende sanitarie provinciali o comprensoriali che sia comune. Quindi, stabilito che una risoluzione generale sul problema degli infermieri che possa sottolineare alcuni aspetti è sempre utile — quasi tutto quello che si fa è sempre utile — in realtà andiamo a ricadere in un discorso molto più ampio, che bene ha fatto Pistarelli, sulle strategie politiche e sanitarie della nostra regione. Attendo non solo con una certa attenzione, ma con vero interesse, questo convegno, questo forum, questa conferenza sanitaria del 21-22 giugno per fare il punto, perché mi attendo delle indicazioni. Qui ci sono dei nodi da sciogliere.
Quando, alla vigilia delle elezioni politiche, circa due mesi fa, in una certa circostanza ci trovammo qui come gruppo consiliare di An incontrammo il prof. Mario Baldassarri che ieri ha prestato giuramento come "ministro junior" e responsabile della politica del tesoro e di bilancio dello Stato. Lui sottolineò, proprio in una dichiarazione che fece da questa sede della Regione all'Ansa, il problema dell'implosione dei bilanci regionali in materia di spesa sanitaria. Il prossimo bilancio di spesa della Regione Marche sarà fortemente intaccato dalla spesa sanitaria che sta diventando incontenibile e sulla quale bisognerà intervenire in maniera sociale, cioè non con una politica di tagli ma con una politica di strategie. Credo che sia fondamentale. Se non faremo questo il problema sarà soprattutto del Governo della Regione che si troverà il prossimo bilancio completamente ingessato e ci troveremo nella necessità di non fare dei servizi, il che è una cosa grave. Tra i servizi che potrebbero essere in qualche modo compressi e compromessi c'è quello delle prestazioni infermieristiche.
Qui mi fermo, perché credo che questa risoluzione, che in larga massima è condivisibile, pur chiamandosi "risoluzione" non è risolutiva del problema.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Ringrazio di questa opportunità, perché abbiamo già parlato di questo problema dell'emergenza infermieristica, ma probabilmente il tema non è stato mai sviluppato e credo che questa sia un'opportunità.
Fra le poche cose di cui sono orgoglioso in questi mesi di assessore alla sanità, c'è quella di aver seguito con particolare attenzione il problema dell'emergenza-infermieri. Credo che abbiamo almeno tentato di lavorare per ottenere il massimo con le condizioni attuali. Ricordava al collega Ciccioli questo grande tema della formazione delegata all'università, questo percorso di professionalità a cui giustamente sono andati incontro gli infermieri. Vorrei ricordare che la Regione Marche è stata una delle prime che nella legge di riordino ha previsto il servizio infermieristico e che questa attività sta crescendo con forte dignità e autonomia in tutta la regione, ma è indubbio che il problema della carenza infermieristica riveste in questo momento le caratteristiche, più che di una emergenza di un grande tema, un grande problema.
Intanto vorrei fornire alcuni dati che sono riuscito a ricostruire molto velocemente, ma che credo siano abbastanza vicini alla realtà. Vorrei ricordare che per quello che riguarda la formazione a livello nazionale, nel 1995 furono formati 28.000 infermieri, nel 1998, nuovo modello di formazione universitaria ne sono stati formati 3.500, per quest'anno se ne prevedono 10.000, quindi c'è un'operazione di recupero. Voi capite che passare da uno zoccolo di 25.000-28.000 a 3.500 ha comportato grosse difficoltà. Ma non solo: questo si è inserito in un contesto più generale che è stato quello del pensionamento precoce, con tutte le caratteristiche che voi conoscete. Evidentemente, lì c'è stata un'emergenza.
Noi presumiamo a tutt'oggi, di essere vicini a un rapporto 1-1, quindi penso che il dato del collega Procaccini fosse stimato in alto — quello dei 90.000 pensionamenti — poiché siamo vicini al fatto che uno entra e uno esce dal sistema. Parlo ovviamente di dimensione nazionale, tanto per farvi capire quale può essere il trend. Poi ci sono tutti gli squilibri collegati a una formazione forte al sud e a un bisogno forte al nord e noi, stando al centro, abbiamo tutti quei problemi di transito della figura professionale infermieristica nella nostra regione.
Che cosa si è fatto? In particolare quest'anno noi abbiamo fatto un grande lavoro di coinvolgimento delle scuole per portare a un maggior numero di persone che entrassero nel sistema formativo. Siamo stati l'unica Regione che, a fronte di un'assegnazione nazionale ha chiesto un aumento: ne avevamo programmati 150, alla fine quelli che hanno presentato domanda sono stati 258. Ora c'è un calo fisiologico, ma se pensate che il primo anno eravamo a una formazione con 100 candidati, è ovvio che passare a 258 ha rappresentato comunque un successo, un cambiamento di trend.
E' ovvio che alla base c'è un grosso problema. Centralizzare la formazione a livello regionale e darle un ruolo di laurea breve significa che un infermiere che ha fatto le scuole superiori va poi a fare i tre anni, sostanzialmente acquisendo una formazione di tipo laurea universitaria. Questo, ovviamente, significa partire dal proprio luogo di residenza in qualsiasi punto della regione e comunque venire a fare formazione nella sede unica della facoltà di medicina.
Abbiamo fatto uno sforzo, stiamo delocalizzando la formazione. Ovviamente questo deve stare dentro un percorso di sintonia con la piena autonomia dell'università. A tutt'oggi l'unica sede di formazione è quella di Torrette. Stiamo lavorando da diversi mesi per delocalizzare, ma questo è estremamente problematico, perché significa portare i docenti che sono, almeno nella parte teorica, collocati soltanto a Torrette, fuori del proprio ambito universitario, quindi significa spostare gli insegnanti sul territorio e significa averne in numero sufficiente. Comunque, la parte di tirocinio pratico attualmente viene svolta, oltre che in Ancona, a Pesaro, a Macerata, ad Ascoli Piceno, a Fermo e a Jesi. Queste sono le realtà in cui il tirocinio è già decentrato. Quindi, metà del tempo gli allievi possono frequentare strutture di formazione pratica in sedi più vicine alla propria residenza. Questo risolve solo parzialmente il problema, perché quando lo studente universitario cerca una casa vicino all'università, ovviamente paga per tutto l'anno, quindi ha meno disponibilità a ritornare nella sede di formazione e ad oggi ciò rappresenta un problema ma credo che sarà un problema forte soprattutto per la periferia della regione, perché significa che è più facile accedere all'università da Ancona che dalle altre province.
Sotto questo punto di vista ci siamo mossi, tenendo presente che non è facile decentrare, perché mentre prima le scuole per infermieri pretendevano alcune caratteristiche per la docenza, adesso le caratteristiche per la docenza sono ben altre e non sempre si trovano professionalità che consentano di fare questo percorso. Non solo, ma nella sede di Fermo, per esempio, all'inizio gli allievi non erano disponibili ad andare, perché preferivano fare la formazione a livello regionale.
Credo comunque che attualmente, più che parlare di un'emergenza limitata soltanto al numero delle persone, ci sia da affrontare il grande tema di qual è il nuovo ruolo dell'infermiere professionale nel nostro sistema sanitario. Sotto questo punto di vista, da un po' di tempo abbiamo costituito un gruppo di lavoro che ha l'obiettivo di capire quale sia veramente il ruolo dell'infermiere professionale per toglierlo da quelle che sono funzioni di tipo amministrativo per concentrarle sulla persona e utilizzare altre figure professionali che svolgono un ruolo di supporto, quando è di tipo amministrativo e quando è di tipo strettamente e fortemente manuale. E' un lavoro in atto, non abbiamo purtroppo esperienze dalle altre Regioni, quindi il lavoro che è stato fatto in un certo senso ha delle caratteristiche di sperimentazione, quindi estremamente più complesso. Non c'è stato fino ad oggi nessun ostacolo da parte del sottoscritto , quindi della Giunta regionale, nell'assunzione di personale infermieristico. Probabilmente, in passato c'è stato un percorso di questo tipa parte di qualche azienda, ma queste sono notizie che non sono in grado di confermare, anche se da qualche parte mi è arrivata una sensibilizzazione in questo senso.
Per quello che riguarda il problema dell'assunzione, il collega Ciccioli parlava di un'evoluzione di tutta la situazione; io aggiungerei che la situazione è anche più avanti: ormai per il tempo determinato non si assume più, proprio perché non ci sono gli infermieri che accettano questo percorso. Accettano il percorso a tempo indeterminato ma non si muovono più per il tempo determinato. Quindi è più facile per le aziende assumere a tempo indeterminato.
Dove stanno le difficoltà? Nel fatto che dieci infermieri sono iscritti a dieci graduatorie, quindi a noi dà la sensazione di avere dieci infermieri, ma in effetti ne abbiamo uno. Non solo, ma il meccanismo di assunzione è un meccanismo complesso che prevede una chiamata per fasi successive, e molto spesso su 100 infermieri che vengono chiamati ce ne sono soltanto alcuni che accettano.
Il fatto che ci sia una graduatoria aperta, come giustamente ricordava qualche collega, è fortemente condizionato dal fatto che chi è dentro quella graduatoria non si è tolto per una serie di motivi e, d'altra parte, non accetta di muoversi, perché la collocazione che gli viene offerta non è quella ottimale, quindi c'è questo concorso che non è regionale ma interaziendale su quattro aziende, che ha creato degli aspetti positivi nella dinamica dello svolgimento del concorso, ma sta creando grosse difficoltà di tipo amministrativo per quello che riguarda il reale inserimento dei dipendenti all'interno del sistema sanitario.
Tornando alla questione della formazione, vorrei ricordare che dentro il manuale di accreditamento sul quale stiamo discutendo adesso ci sono alcuni strumenti che individuano bene il ruolo dell'infermiere, quindi anche questa sarà una possibilità, per il Consiglio, di affrontare il tema.
Ultima questione. La figura professionale dell'operatore tecnico dell'assistenza (OTA) è stata superata da pochi giorni dalla figura dell'operatore socio-sanitario, che invece di fare 600 ore ne fa 1.000 e noi abbiamo ieri costituito in Giunta il gruppo di lavoro perché si vada velocemente a questa formazione, perché una formazione più qualificata, come diceva ieri il collega Andrea Ricci, ci rende possibile utilizzare figure professionali diverse, più competenti. Non per niente la formazione, invece di essere di 600 ore sarà di 1.000 ore, quindi nella mozione riterrei opportuno richiamare questa figura invece di quella che veniva ricordata.
Per quanto riguarda il contratto vorrei ricordare che è stato firmato solo tre giorni fa, perché in effetti c'erano problemi a livello di Corte dei conti che non autorizzava, quindi non abbiamo potuto applicarlo. Siamo nella piena disponibilità, siamo stati quelli che nella Conferenza Stato-Regioni hanno spinto verso questa direzione, quindi siamo perfettamente d'accordo che ci troviamo davanti a una figura professionale strategica, fondamentale nel sistema sanitario, non ben compensata dal punto di vista economico, sottoposta a una serie di sacrifici anche personali e familiari non indifferenti, perché chi ha lavorato vent'anni in ospedale facendo turni sa cosa significa lavorare 24 ore per 365 giorni all'anno. E da questo punto di vista è indubbio che un sistema in sofferenza, come veniva ricordato, rischia di penalizzare questa figura professionale, quindi è ovvio che ci deve essere un'attenzione particolare. Non per niente la Giunta regionale ha riconosciuto, recentemente, la quota integrativa prevista dal contratto per gli anni 2001-2002.
Sono quindi sostanzialmente d'accordo su questa mozione. Avrei necessità di chiarire un paio di punti. Al punto 2) si parla infatti di "risorse destinate alla formazione per incentivare gli studenti". Vorrei capire se ciò significa spostare le risorse, perché noi siamo arrivati, come ricordavo questa mattina, al livello massimo di spesa sulla formazione dentro il sistema sanitario. Abbiamo qualche difficoltà a vincolare risorse specifiche a questo obiettivo, dal momento che negli atti di riparto di questi anni abbiamo abbandonato questa politica delle risorse destinate, quindi recuperare una modalità di risorse destinate che avevamo perso da qualche anno credo che avremo qualche difficoltà a riproporlo nell'atto di riparto, ma dal momento che l'atto di riparto è pressoché concluso e presto sarà all'attenzione del Consiglio regionale, credo che su questo tema a breve avremo possibilità di ritornare.
Ovviamente colgo pienamente la necessità di valutare l'operato dei direttori generali sulla qualità dell'assistenza infermieristica, sulla quale ormai c'è un percorso non solo formativo autonomo, ma anche organizzativo autonomo. E' ovvio che un sistema che cresce, nuovo, ha anche difficoltà di tipo culturale. Sappiamo benissimo qual è stato il ruolo di sudditanza psicologica degli infermieri fino a non molti anni fa nei confronti della figura del medico, oggi gli abbiamo dato formale dignità autonoma, ma prima che si acquisisca una reale dignità professionale autonoma, quindi una cultura nuova occorre tener presente del fatto che stiamo inserendo le figure dei laureati, come tutti ormai abbiamo sentito quest'oggi, e credo che dentro questa logica ci sia una cultura nuova e diversa della figura infermieristica. Credo che questo sia stato un cambiamento forte, in questi anni e non per niente il percorso di forte pensionamento che avevamo qualche anno fa è finito, quindi non abbiamo più quelle carenze collegate a un'accelerazione di pensionamento e mi auguro che la nuova figura professionale possa dare, soprattutto dal punto di vista umano, una risposta sempre più dignitosa, sempre più vicina a quella che per noi è la centralità del cittadino, del paziente o del cliente come lo vogliamo chiamare.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Per la verità non replico, utilizzo questi brevissimi minuti per dire che ho apprezzato l'intervento dell’assessore, perché mi pare che già oggi siano in atto delle modificazioni rispetto a un'impostazione che si è dimostrata in qualche modo foriera anche di difficoltà non solo organizzative, per cui non è vero che è impossibile decentrare la formazione, collega Ciccioli, anzi oggi è più auspicabile che mai, perché da un lato dobbiamo salvaguardare gli standard della formazione e non certo decentrare nei luoghi, nelle aziende, nei territori la formazione stessa. Per motivi organizzativi ed economici potremmo anche lasciare la centralizzazione della tesi di laurea, dell'esame conclusivo, ma la formazione va fatta sul territorio, superando un'impostazione che è stata una delle cause delle difficoltà del basso numero di operatori. Questa, del resto, non è una mozione dell'ultimo momento, perché già sono dieci mesi che è stata presentata, quindi per dare un segnale operativo rispetto ad una difficoltà, se non emergenza in alcuni casi, è opportuno che il Consiglio regionale la approvi, la discuta oggi.
Credo che anche gli spunti critici presenti in questa mozione siano spunti di tipo costruttivo: non hanno e non volevano avere lo spirito di demolire un impegno, anzi credo che dobbiamo valorizzare, proprio qui nelle Marche, la qualità e anche l'efficienza del servizio sanitario nel suo complesso. Anche lo sforzo che è stato fatto di razionalizzare, senza tagliare i servizi, pure all'interno di una normativa che impone la ristrutturazione, per certi versi anche l'innalzamento della privatizzazione della sanità, sia apprezzabile. Non lo so se sarà possibile, con il nuovo Governo di destra continuare ad avere questo tipo di impostazione. Noi ci batteremo per questo tipo di concezione della sanità.
Per il resto credo che le precisazioni fatte vanno in alcuni casi verificate, perché ci risulta da studi nazionali — lo riportava un giornale non certo secondario, come Il Corriere della Sera — che è quella la forbice a livello nazionale: c'è un deficit annuo di circa 70.000 unità rispetto alla necessità. Se il rapporto fosse 1-1 saremmo a livelli stazionari, quindi non ci sarebbe la continua emergenza e non si dovrebbero chiudere i reparti.

AUGUSTO MELAPPIONI. La formazione...

CESARE PROCACCINI. Un conto è la formazione e un conto il livello operativo rispetto a chi entra, chi va in pensione.
Il contratto nazionale costituisce un passo avanti, quindi lo ascrivo come positivo.
Per il resto mi pare che le precisazioni e l'emendamento del collega Ricci siano accoglibili, perché se mai l'utilizzo degli operatori tecnici andrebbe inserito nel dibattito e in una valorizzazione che riguarda il piano socio-assistenziale, proprio per non sminuire da un lato la figura degli OTA e dall'altro per non dare la sensazione di utilizzare gli OTA stessi per la carenza infermieristica, perché sarebbe un danno a tutt'e due le figure e, in definitiva, un danno per il malato, per il cittadino.

PRESIDENTE. Sono stati presentati tre emendamenti. Il primo è al punto 2) della proposta di risoluzione. LO illustra l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Ne ho presentati due: uno al punto 2) e uno al punto 1). Al punto 2), dal momento che sulla formazione, rispetto a quello che dice il piano sanitario regionale noi siamo arrivati all'1% previsto del monte spese per il personale, chiedo di sostituire le risorse che la Regione destina a ciò con le risorse comunitarie, utilizzando le opportunità che ci consente l'ambito comunitario per sostenere questo percorso e quindi per dare un sostegno per quanto riguarda l'iscrizione e il materiale, anche qualcosa dal punto di vista del riconoscimento di questa attività. Altrimenti dovrei spostare da un tipo di formazione all'altra le risorse che attualmente ho a disposizione.
Al punto 1) chiedo di aggiungere "entro le previsioni delle piante organiche", perché siamo in fase di revisione delle piante organiche e andiamo al completamento totale delle piante organiche, quindi dove non è stato completato lo completiamo, ma dal momento che siamo in una fase di rivisitazione e addirittura pensiamo, entro 20-30 giorni di dare nuove indicazioni per le piante organiche alle aziende, non mi trovo nelle condizioni di poter dire che rispetto a tutti i servizi che ci sono le piante organiche vengano sconvolte con questa indicazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Non ho ben capito il contenuto dell’emendamento, nel senso che il punto 1) si limita a dire che i direttori generali devono assumere tutto il personale infermieristico necessario per l'ottimale funzionamento dei servizi e dei reparti. Presumo che le piante organiche, vecchie e nuove, siano finalizzate all'ottimale funzionamento dei servizi e dei reparti. Quindi non vedo una specificazione dall'aggiunta "entro le piante organiche", altrimenti sarebbe come distinguere l'ottimale funzionamento dei servizi e dei reparti dalla realtà concreta delle piante organiche, cosa che auspico non sia. Quindi non ho ben capito il contenuto dell'emendamento.

AUGUSTO MELAPPIONI. Due sono gli elementi. Da una parte è ovvio che rispetto alle 600 unità operative non so qual è il quadro della situazione, se è ottimale o meno in questo momento, quindi mi debbo appoggiare su un punto. L'altro elemento è che, essendo proprio in fase di rivisitazione delle piante organiche, noi possiamo dare un indirizzo sulle piante organiche nuove, ma andare a incidere in questo momento in cui c'è una grossa revisione complessiva delle piante organiche, delle varie figure professionali con una contrattazione tutta aperta, dire che comunque questa è una priorità mi trova d'accordo ma non la posso determinare in maniera concreta. Sono d'accordo che deve essere ottimale, però rispetto alla pianta organica attuale, che non sarà la stessa fra tre mesi.

ANDREA RICCI. Noi siamo qui in una sede politica. Il Consiglio regionale deve dare un'indicazione precisa, cioè bisogna completare il personale infermieristico procedendo alle assunzioni per garantire un ottimale servizio, dopodiché non è compito di questo Consiglio regionale determinare le modalità operative attraverso le quali si dà un servizio ottimale. Noi, come Consiglio regionale diciamo alla Giunta e ai direttori generali che bisogna assumere il personale infermieristico per garantire un ottimale servizio. Non ritengo opportuno l'emendamento dell'assessore, non lo ritengo un supporto ad un chiarimento della questione.

AUGUSTO MELAPPIONI. Se il giudizio di "ottimale" lo lasciamo ai direttori generali, significa che gli operatori, i sindacati, nessuno più interviene per dire che cosa significa ottimale. Ottimale diventa un criterio soggettivo del direttore completamente libero. Stare dentro le piante organiche che è un percorso concordato e verificato è un modo più oggettivo per riconoscere quello che è l'ottimale; lasciarlo libero è più condizionante e limitativo rispetto alla mia proposta.

FABIO PISTARELLI. Presidente, vorrei intervenire, anche perché non so se mi sfugge qualcosa, ma se qui vi è un'indicazione di impegno del Consiglio regionale verso la Giunta affinché dia precise indicazioni di indirizzo alle direzioni generali, sarà la Giunta, nelle indicazioni di indirizzo a specificare "all'interno e nell'ambito della pianta organica attualmente esistente" o attendendo il numero di correzione che verrà fatto dopo la revisione delle piante. Non mi sembra un grave problema quello che è stato posto in maniera un po' allarmistica dall'assessore. Nel momento in cui dovrà dare indicazioni ai direttori generali, sarà lui a dire "cari direttori, ho qui l'impegno del Consiglio regionale. In attuazione di questo impegno vi dico che dovete massimizzare la possibilità di inserimento all'interno...". Ma lo specificherà la Giunta, non lo dobbiamo specificare nel documento. La precisazione è non un gravissimo problema se posta o non posta; secondo me, anche senza quella precisazione l'importante è che la Giunta rispetti questa richiesta da parte del Consiglio. Quindi siamo a favore del testo così com'è, senza l’emendamento dell'assessore.

PRESIDENTE. Il punto 1) emendato reciterebbe: "a dare precise indicazioni ai direttori generali affinché operino tutte le assunzioni di personale infermieristico necessarie per l'ottimale funzionamento dei servizi e dei reparti, evitando al massimo l'utilizzo di personale assunto a tempo determinato e attuando pienamente le previsioni delle piante organiche". Pongo in votazione l'emendamento.

(Il Consiglio approva)

Leggo l'emendamento al punto 2): "ad utilizzare le risorse comunitarie destinate alla formazione, anche per incentivare gli studenti che decidono di intraprendere il diploma universitario per infermiere universitario".
Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Al punto 3) si propone di eliminare la parola "eventuale" e di aggiungere, al termine del paragrafo, le parole "assumendo il contributo finanziario all'università da parte della Regione". L'emendamento è a firma Ciccioli e Pistarelli. Il punto 3) diventerebbe: "ad ampliare l'offerta di formazione infermieristica attualmente prevista prevedendo l'allargamento delle sedi di tirocinio e la distribuzione sul territorio dei corsi di laurea, aumentando il contributo finanziario alle università da parte della Regione".
Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Vogliamo che sulla indicazione che il Consiglio regionale dà non vi sia la parola "eventuale": o diamo un indirizzo o non ne parliamo. L'indirizzo è quello dell'allargamento delle sedi di tirocinio, anche se già sono abbastanza, a mio avviso. Il problema vero riguarda la distribuzione sul territorio dei corsi formativi, non delle sedi di tirocinio. Già le sedi di tirocinio riguardano Macerata, Fermo, Ascoli, Pesaro ecc. Il problema è il corso formativo. Se ci scriviamo "eventuale" non diamo nessun indirizzo come Consiglio regionale. Dobbiamo dire "prevedendo l'allargamento delle sedi di tirocinio e la distribuzione sul territorio dei corsi di laurea", cioè dove si fa già tirocinio decentrato diamo la possibilità di fare il corso vero e proprio. Con che cosa? Attraverso la maggiorazione del fondo di compartecipazione che la Regione riconosce all'università, che attualmente è di 600 milioni. Se ci sono dei costi, come ci sono, aggiuntivi per il personale docente che deve essere reperito nelle sedi periferiche — se è personale universitario, avente qualificazione per tenere il corso di diploma universitario — vi sono sicuramente dei costi maggiori, mettiamo 400 milioni in più per fare formazione sul territorio. Non mi pare una esagerazione in un bilancio di 3.500 miliardi. Ecco la precisazione che vorremmo fosse ricompresa nel documento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. Sono d'accordo nel togliere la parola "eventuale" prevedendo la distribuzione sul territorio. Lascerei poi alla definizione tra Regione e università, eventualmente, la specificazione dei costi complessivi. Non mi sembra opportuno che il Consiglio regionale già si sbilanci dicendo che occorre un incremento del finanziamento all'università. Quindi toglierei "eventuale", perché il concetto che volevamo esprimere con la mozione è che vi sia una distribuzione che poi può essere articolata in vari modi. E qui sarà anche l'università a poter proporre un determinato modello di svolgimento del corso di laurea che può restare unificato anche se con un'attività svolta a livello territoriale. Sui costi lasciamo a livello di stipula della convenzione l'eventuale incremento, anche se noi ci auguriamo di no.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Non penso che 400 milioni abbiano una significatività, ma credo che 3.600 miliardi siano fatti di tanti 400 milioni e che attenga all'assessore una particolare attenzione su tutte le spese, che di sicuro non possono essere, però, quelle sulla formazione. Quindi sono d'accordo, come principio, che la nostra Regione debba spendere, però sono d'accordo con Andrea Ricci, anche di lasciare alla Giunta questo compito, perché temo che potrebbe essere strumentalizzata un'affermazione di questo genere. Del resto siamo passati da 400 a 600 milioni di spesa, perché aumentando il numero degli allievi abbiamo aumentato la quota a disposizione ed è ovvio che se riusciremo, con la contrattazione in corso che c'è con l'università, a collocare la formazione teorica, che come potete capire non può rimanere in sedi non idonee, altrimenti non è formazione universitaria... Vi chiedo, insomma, di lasciare alla Giunta regionale questa eventuale maggiorazione di spesa sulla quale siamo comunque disponibili, e quindi fin da quest'ora dichiaro la piena attenzione come è stato fatto fino ad oggi, ma non vorrei una coercizione di questo genere, che rischierebbe di far saltare il mercato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Propongo un subemendamento, per eliminare la parola "eventuale".

PRESIDENTE. Quindi, l'emendamento viene ritirato e viene presentato un subemendamento con il quale si propone di togliere la parola "eventuale".
Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento a firma Andrea Ricci: "eliminare il punto 7)".
Ha la parola il consigliere Ricci.

ANDREA RICCI. Mi sembra riduttivo prevedere la funzione degli OTA o dei nuovi operatori socio-sanitari soltanto come una funzione di sostegno degli infermieri, perché comunque anche questa figura ha una propria responsabilità professionale, delle mansioni ben stabilite, quindi mi sembra non corretto, nei confronti di questa figura professionale, metterla in questi termini. Inoltre vedo il rischio che qualcuno possa intendere che mansioni prettamente infermieristiche possano essere svolte dagli OTA o dagli operatori socio-sanitari ed è proprio il contrario di ciò che l'intera mozione vuole intendere. Quindi direi che è meglio togliere completamente il punto 7).

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Non vorrei che ci fosse un passaggio terribile: quello di avere elevato il livello dell'infermiere e reperito un suo succedaneo che è l'OTA o l'operatore socio-sanitario. Siamo all'ipocrisia, diciamo la verità. Addirittura l'infermiere veniva descritto, dall'assessore, come succube del medico nel passato. Adesso, se uno svolge quelle mansioni che nel passato svolgevano gli infermieri e che oggi non svolgono più per l'elevazione del livello di preparazione continua ad essere succube? No, è questione di cultura, di impostazione. Pertanto non è problema di figura o di mansione. Usciamo dall'ipocrisia: c'è bisogno anche di quelle mansioni che non sono succubi di nessuno, che non sono comunque soggette ad essere strumento di compulsazione di un certo tipo di attività o di espressione del lavoro. C'è bisogno di quelle mansioni, quindi non debbono essere a sostegno degli infermieri, giustamente. Ecco perché sotto un profilo generale sono d'accordo con l'emendamento-Ricci. Non è a sostegno degli infermieri, è a sostegno di tutto il sistema. C'è bisogno di colui che opera anche in maniera materiale, concreta nella struttura, ospedaliera soprattutto, con funzioni che siano di livello leggermente differente per quanto riguarda certe attribuzioni, rispetto all'infermiere, ma che comunque sono parte dell'assistenza sanitaria e ospedaliera. L'infermiere non è un medico, altrimenti facciamo il medico di serie B, introducendo surrettiziamente delle figure che sono fuorvianti per una impostazione complessiva e generale della struttura sanitaria e ospedaliera in particolare.
C'è comunque bisogno di questa figura, è stata introdotta nell'emergenza, diamole una sistemazione, però non la sistemiamo così, a casaccio, dicendo "deve essere a sostegno dell'infermiere", per cui l’infermiere ha il suo assistente, il dirigente medico di secondo livello ha quello di primo e così via. Non è possibile. Siamo in una situazione nella quale bisogna ritrovare organicità di funzione, amalgama, soprattutto impostazione corretta e chiara. Sono d'accordo a sopprimere il punto 7).

PRESIDENTE. Pongo in votazione l'emendamento a firma Andrea Ricci.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la proposta di risoluzione come emendata.
Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Non ci sembrava che i lavori del Consiglio andassero... (Interruzione del consigliere Luchetti). Non fare il "birbo" Luchetti, da vecchio democristiano. Siccome un pochino di esperienza nella Dc ce l'ho anche io, il "birbo" non lo fare. Dico solo che noi voteremo questo documento nello spirito proposto da Rifondazione e da Comunisti italiani, che è altra cosa rispetto al documento scaturito, perché l'emendamento Melappioni sul paletto degli organici vuol dire rendere inutile, superflua questa richiesta, vuol dire prendere per il sedere centinaia di giovani che sono nelle graduatorie, perché mai sarà approvato. Questo indirizzo, con quell'emendamento diventa ininfluente rispetto alle politiche regionali. Per questo diciamo che lo voteremo, ma nello spirito originario della richiesta, cioè nella richiesta di Ricci e di Procaccini che aveva un altro senso e un altro spirito. Così è invece ricondotto dentro questa logica che governa la sanità della Regione, che è la principale responsabile di tutte le cose che qui sono richiamate, per cui questo Consiglio si attorciglia ed esprime un giudizio di fatto negativo sulla politica regionale. Per questo lo votiamo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Le parole di Giannotti devono trovare una risposta, perché non può essere questa l'interpetazione che si dà all'approvazione della mozione. Io sono contento che il gruppo di Forza Italia la voti, però per una corretta interpretazione dico che in quel primo punto ci sono due concetti. Primo, l'ottimale funzionamento dei servizi rimane; secondo, "entro le previsioni della pianta organica". Quindi si presume che le nuove piante organiche comunque debbano essere finalizzate all'ottimale funzionamento dei servizi. Inoltre, comunque esistono situazioni oggi diffuse in cui la carenza infermieristica deriva anche dal fatto che le piante organiche non sono ancora coperte, quelle esistenti. Ci sono situazioni di questo tipo, non è soltanto il fatto che hanno ridimensionato o ridimensioneranno le piante organiche, così, comunque, fanno rientrare nella normalità la carenza degli infermieri. Esistono situazioni in cui, nonostante le piante organiche non ci sono gli infermieri. Quindi, questa mozione dovrebbe servire a rendere maggiore la presenza di infermieri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Noi abbiamo visto accolto il suggerimento sul punto 3) di maggiore chiarezza e determinazione di indirizzo da parte del Consiglio, votiamo la proposta di risoluzione convintamente e nella sua globalità perché tocca un aspetto tra i più allarmanti della carenza di offerta di prestazioni sanitarie in genere, quella dell'assistenza infermieristica, tocca il problema della condizione nella quale operano gli infermieri, che sotto un profilo economico non è sicuramente ottimale rispetto alla preparazione, tocca anche l'aspetto culturale che ricordavo poc’anzi: non dobbiamo essere ipocriti, cioè non dobbiamo sostituire una figura che in concreto ha fatto e continua a fare grossa opera all’interno delle strutture sanitarie, con un'altra figura che è un'astrazione ideologica, quella del personale di ausilio del medico, cioè personale infermieristico, però è quasi alla stessa stregua per richiesta di formazione ecc. Questi sono artifici che ci portano lontani dalla realtà. La realtà vede una collaborazione con un livello di qualità e di preparazione adeguato alle nuove esigenze, una figura di collaborazione con il personale medico da parte del personale infermieristico, tant'è che oggi siamo in tali condizioni di emergenza, da dover ricorrere ad una figura, quella degli operatori socio-sanitari, una figura comunque indispensabile nel lavoro e nel funzionamento di un ospedale soprattutto.
Al di là delle ipocrisie dobbiamo fare in modo che gli infermieri professionalmente preparati e qualitativamente elevati nei loro processi formativi, siano riconosciuti tali anche a livello di mansionario, di stipendi, perché poi bisogna anche adeguare questa parte del discorso. Siamo però altrettanto convintamente determinati nell'affermare che specifiche funzioni non possono essere soppresse, anzi devono essere presenti con figure altrettanto preparate e formate, perché nessuna funzione dentro la struttura sanitaria è penalizzante, mortificante ecc., ogni funzione è indispensabile dall'addetto alle mansioni più di base al grande professionista medico che assolve alle funzioni di indirizzo e di intervento diretto nel malato. Questa visione della sanità ci piace ricordare e chiediamo che questi impegni possano essere verificati attraverso un dibattito ampio in quest'aula, non solo sotto questi profili — cioè l'infermieristica o il funzionamento della struttura sanitaria in genere — ma anche sotto il profilo degli indirizzi che questa Giunta, questo Governo regionale, di cui noi contestiamo tanto tipi impostazione, intendono dare, in modo che possano essere dibattuti, confrontati in quest'aula a tutto tondo. Il problema della sanità è problema serio, di conti ma anche di risposte dell'offerta e delle strutture verso i pazienti.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Melappioni.

AUGUSTO MELAPPIONI. Vorrei ricordare che tutta la risoluzione verte sul fatto che c'è una carenza infermieristica, quindi arrivare a completare le piante organiche sarebbe già un bell'obiettivo, perché se dobbiamo discutere se le piante organiche non bastano e dall'altra parte c'è il discorso dell'emergenza, probabilmente c'è una contraddizione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione come emendata.

(Il Consiglio approva)


Proposte di legge (Discussione generale):
«Norme per la raccolta e commercializzazione dei funghi epigei spontanei, freschi e conservati» Giunta (35)
«Raccolta e commercializzazione dei funghi epigei spontanei, freschi e conservati» Giuseppe Ricci (3)
«Norme sulla raccolta e commercializzazione dei funghi epigei spontanei, freschi e conservati» Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta (7)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge n. 35 ad iniziativa della Giunta, n. 3 ad iniziativa del consigliere Giuseppe Ricci e n. 7 ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta.
Ha la parola il relatore, consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Per recuperare tempo, sarò breve.
Vorrei soltanto riprendere alcune questioni di carattere specifico e generale della proposta di legge in termini molto sintetici, ma credo che sia opportuno sottolineare che intanto parliamo di una proposta di legge importante per il fatto che andiamo ad adeguare le norme per la raccolta e la commercializzazione dei funghi, che oltre ad essere un problema di carattere anche ambientale, di valorizzazione della montagna, dei territori delle zone interne ecc., deve farci anche tener conto che si stima che circa 50-60.000 cittadini marchigiani sono interessati a questa attività che, seppure non professionale, è spesso di carattere culturale, turistico ecc., estremamente importante. Peraltro questa proposta di legge è stata parecchio tempo in Consiglio regionale per il fatto che abbiamo lavorato, in Commissione, per fare una sintesi positiva di tre proposte di legge: una a firma del collega Giuseppe Ricci, una di cui primo firmatario è il collega Giannotti, l'altra a iniziativa della Giunta regionale. Abbiamo lavorato affinché si possa arrivare a una sintesi unitaria di queste tre proposte di legge, prendendo a base il testo della Giunta regionale a cui abbiamo apportato parecchie modifiche.
Peraltro abbiamo effettuato audizioni e incontri con tutte le associazioni interessate, sia degli agricoltori, che micologiche, dei consumatori. Quindi, le varie associazioni oltre agli enti interessati, in questo caso gli enti locali, l'Anci, l'Upi, l'Uncem ecc. C'è quindi stato un grosso lavoro di sintesi, anche per fugare delle preoccupazioni che venivano sia dalle associazioni che dai cittadini, in primo luogo il discorso dell'abilitazione che deve valere per tutto il territorio regionale. L'altra cosa estremamente importante riguardava il permesso sulla raccolta, quindi il costo del contributo che noi abbiamo inserito, ma la preoccupazione dei cittadini era che non fosse esoso e quindi pesante per cittadini con pensioni minime. Abbiamo quindi fatto un lavoro di sintesi, che cerca di tener conto delle esigenze complessive dei cittadini e del comparto.
Il testo uscito dalla Commissione è estremamente equilibrato e pertanto capace di cogliere gli obiettivi essenziali di carattere ambientale, organizzativo, regolamentare e pertanto di cogliere anche le peculiarità che i cittadini interessati ci avevano rappresentato direttamente o tramite le organizzazioni a cui si rivolgono. Pertanto è stato fatto un lavoro di sintesi.
Dato il tempo che abbiamo a disposizione mi limito ad alcune brevi considerazioni per quanto riguarda il testo che sottoponiamo all’approvazione del Consiglio.
All’articolo 1 attribuiamo le funzioni alle Comunità montane e alle Province. Per quanto riguarda l’articolo 2, ambiti di raccolta, non mi ci soffermo. Sono invece estremamente interessanti le modifiche che abbiamo apportato all’articolo 3 che regolamenta l’esercizio della raccolta. Intanto abbiamo stabilito l’orario giornaliero entro il quale si può fare la raccolta, dal tramonto all’alba, anche perché qualcuno ci segnalava che la raccolta avveniva anche di notte e questo non va bene. Pertanto abbiamo regolamentato anche questa parte. Abbiamo anche messo a punto la possibilità che i minori, insieme alle persone abilitate possano partecipare alla raccolta dei funghi.
Sull’articolo 4, relativo all’abilitazione, c’è stato un lungo dibattito. Prevediamo nell’articolato la possibilità di dare l’abilitazione a tutti coloro che hanno attualmente un’abilitazione prevista dalla legge precedente, ma nel contempo abbiamo anche deciso che contestualmente al rilascio del tesserino sia consegnato un manuale esplicativo delle norme vigenti e delle specie di funghi edito dalla Regione Marche, perché la preoccupazione era quella delle intossicazioni. Quindi c’è anche questo aspetto di carattere sanitario, molto delicato. Noi cerchiamo di informare i cittadini, senza che siano oberati da esami: dobbiamo aiutarli a conoscere bene le varie specie di funghi oltre che le norme che regolamentano la raccolta.
L’articolo 5 prevede il permesso di raccolta. Qui c’è stato dibattito circa il contributo da pagare. Abbiamo regolamentato dal punto di vista dell’entità dei costi del permesso e dal punto di vista burocratico, perché come vedrete da un mio emendamento, frutto della discussione in Commissione, mentre la proposta di legge prevedeva che per l’esercizio della raccolta era necessario essere in possesso di un apposito permesso temporaneo valido per tutto il territorio regionale rilasciato dall’ente competente, noi abbiamo stabilito che la ricevuta di versamento a favore della Regione Marche costituisce titolo di permesso valido su tutto il territorio regionale, quindi da questo punto di vista una semplificazione. Anche l’entità degli importi è estremamente modesta, perché abbiamo previsto che si possa avere un permesso per due anni al costo di 60.000 lire, per un ano al costo di 30.000 lire, per 6 mesi al costo di 20.000 lire e così via. Quindi importi estremamente modesti, alla portata di tutte le categorie, anche le meno agiate. Anche perché il discorso che il versamento vale come permesso, consente a un cittadino di dire “quest’anno non vado a fare la raccolta, pertanto non pago la quota”. Penso che da questo punto di vista abbiamo fatto un buon lavoro.
Prevediamo un contributo di 100.000 lire annue per i non residenti nelle Marche, come prevedono altre Regioni. Quindi riteniamo che per venire a raccogliere i funghi nelle Marche si debba, anche per una questione di equità di rapporti con le Regioni nostre limitrofe che vi sia lo stesso criterio di trattamento.
Per quanto riguarda autorizzazioni speciali previste per scopi scientifici viene autorizzata la raccolta in termini gratuiti.
Tutti coloro che non avranno l’abilitazione dall’entrata in vigore della legge, riteniamo che minimo debbano partecipare a dei corsi di formazione di 18 ore. Quindi, per avere l’abilitazione alla raccolta si deve partecipare a questi corsi di formazione della durata di 18 ore.
L’altra cosa importante riguarda l’utilizzo delle risorse. Abbiamo intanto previsto che queste risorse vadano versate su un fondo unico della Regione Marche. La legge prevede la ripartizione di queste risorse per il 70% alle Comunità montane, per il 20% alle Province per quanto riguarda i territori che non rientrano nelle zone delle Comunità montane e per il 10% alla Regione, proprio per stampare questi opuscoli che devono essere consegnati ad ogni cittadino che chieda l’abilitazione alla raccolta dei funghi. Vengono poi dati indirizzi precisi rispetto all’utilizzo di queste risorse che devono essere investite nel comparto, sia dal punto di vista ambientale che di valorizzazione dei territori montani e delle zone interne.
Sono previste poi altre cose di carattere specifico, disposizioni particolari su cui non mi soffermo per brevità.
L’altra cosa che abbiamo modificato rapportandoci alla legge nazionale, riguarda i limiti quantitativi. Noi abbiamo fissato in tre chilogrammi giornalieri, come la legge nazionale, la raccolta possibile ad ogni soggetto.
C’è poi tutta la parte che riguarda i soggetti che intendono commercializzare questi prodotti. E’ ovvio che debbono non solo partecipare a corsi, ma debbono essere abilitati da una specifica commissione d’esame, perché dobbiamo garantire i cittadini.
Per quanto riguarda il controllo sanitario abbiamo previsto che in ogni Asl sia istituito l’ispettorato micologico con funzioni di informazione ai cittadini, ma nel contempo abbiamo anche previsto che questo servizio debba essere pagato da chi fa la commercializzazione, secondo l’ammontare che stabilirà la Giunta regionale, mentre invece per quanto riguarda i cittadini che fanno la raccolta per consumo proprio, questo servizio debba essere gratuito.
C’è poi la vigilanza, quindi le sanzioni amministrative che abbiamo previsto in termini abbastanza consistenti. La Giunta regionale dovrà stabilire una casistica entro la quale prevedere queste fasce di sanzioni amministrative.
C’è poi la norma transitoria.
Sono 17 articoli che credo possano rispondere alle esigenze complessive che ponevano i diversi testi di legge presentati. Per quanto riguarda gli emendamenti, ne discuteremo dopo il dibattito.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Dire che siamo soddisfatti è poco per questa iniziativa legislativa, che è una delle poche assunte in questo primo scorcio di legislatura. Non so se questa è la prima legge regionale approvata, comunque il numero di leggi approvate in questa legislatura è abbastanza basso, a dimostrazione del basso tasso di fecondità di questa maggioranza di governo. Sono soddisfatto, perché non a caso sono stato il primo firmatario di una proposta di legge su questa materia già nella scorsa legislatura. I colleghi di allora ricorderanno che ad iniziativa del gruppo Cdu fu presentata una proposta di legge specifica su questa materia già negli ultimi tempi della scorsa legislatura, che è stata ripresentata all’inizio di quella attuale. Purtroppo io e il collega Giuseppe Ricci abbiamo fatto scelte diverse, quindi i due testi rispettivamente presentati sono la conseguenza di quell’iniziativa. Quindi, da questo punto di vista non posso che esprimere soddisfazione, perché quest’atto, comunque, oggi compie il suo iter e può diventare legge regionale, una norma a cui i cittadini della nostra regione dovranno attenersi.
Non ripeto le cose che sono state dette dal consigliere Avenali, che su questa materia dimostra, peraltro, una capacità di sintesi abbastanza elevata. L’esigenza era quella di introdurre rispetto a questa pratica alcune regole che sono fondamentali, con l’obiettivo di allineare comunque la raccolta dei funghi a quanto avviene già per altri prodotti, quindi da questo punto di vista è una risposta positiva. Si introducono alcune regole, si recupera l’esigenza di maggiore garanzia per la salute dei cittadini attraverso una sollecitazione ad una maggiore conoscenza delle specie di funghi commestibili. Si introducono meccanismi più precisi per quello che riguarda il controllo sanitario del prodotto raccolto e che deve essere consumato. Questa legge recepisce anche l’esigenza di una maggiore tutela dell’ambiente, attraverso la definizione di precisi riferimenti sulla quantità e sulla qualità del prodotto raccolto.
Noi manteniamo una critica di fondo all’impianto della legge: quella di non aver voluto scegliere sul piano della delega. Non ci sembra che la scelta compiuta dalla Giunta e poi dalla maggioranza del Consiglio, di non delegare di fatto a nessuno ma di delegare a tutti sia una scelta pertinente. Noi avremmo preferito, nella logica di un intervento unitario, che le Amministrazioni provinciali fossero destinatarie della delega e non le Comunità montane per le zone montane e le Province per le zone non montane. Avremmo fatto una cosa migliore se avessimo compiuto una scelta più diretta, nella logica di un provvedimento che mantenesse i caratteri di unitarietà. Poi abbiamo visto quanto sia importante questa valenza unitaria. Non a caso il consigliere Moruzzi ha presentato un emendamento specifico rispetto ad un passaggio della legge proprio per richiamare l’esigenza della validità dell’autorizzazione su territorio regionale, perché il rischio al quale siamo andati incontro era addirittura di una delega piena alle Comunità montane che potessero autogestirsi creando una logica di frammentazione e di divisione che non sarebbe stata utile.
Questo discorso della delega è stato però recuperato, alla fine, nel senso che viene mantenuta la delega alle Comunità montane ma è stato recuperato lo spirito unitario del provvedimento sia sulla validità del patentino sia sulla validità dell’autorizzazione.
Mi sembra che il dibattito che abbiamo fatto ha anche favorito una semplificazione amministrativa che era doverosa. A me sembra utile intanto sottolineare che il versamento è la dimostrazione del possesso della autorizzazione. Non si è introdotto un altro passaggio amministrativo che avrebbe complicato la vita a chi deve mettersi a fare questa cosa. Così come mi sembra che il fatto che sia accettata l’ipotesi del corso di abilitazione come strumento informativo e non si sia fatto riferimento all’esame di abilitazione sia un altro successo in questa logica della semplificazione e del provvedimento.
Credo che alla fine, comunque, complessivamente questa legge vada incontro alle esigenze delle persone che fanno raccolta ma soprattutto dei cittadini marchigiani e rappresenta un punto d’arrivo positivo del Consiglio regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Presidente, sono contento del lavoro che abbiamo svolto su questa proposta di legge in terza Commissione. Lavoro che nel suo complesso ha portato degli emendamenti che nell’ambito della Commissione sono stati anche sostanziali per mantenere l’indirizzo e lo spirito con cui questo tipo di attività deve essere svolta per salvaguardare il problema dell’ambiente e nello stesso tempo per dare la possibilità di avere un attaccamento a coloro che vogliono svolgere questa attività come hobby per rimanere all’aria aperta. C’è una filosofia che non ho sentito dai precedenti interventi, una filosofia di cui si era discusso in Commissione. Debbo però dare atto che erano state fatte anche delle considerazioni che non erano tutte negative. La condizione era di poter dare il più possibile dei vantaggi a coloro che risiedono nelle zone dove si svolge l’attività di raccolta dei funghi, in modo particolare nelle realtà dell’entroterra, per riconoscere che il loro operato, ma soprattutto il loro attaccamento all’ambiente permette e dà garanzia a noi che viviamo sulla costa di salvaguardare il più possibile il territorio stesso.
Pertanto, con questo spirito ho ripresentato degli ulteriori emendamenti e devo dare atto al presidente della Commissione di averla di nuovo riunita per poterne discutere. Siccome alcuni andavano a rivedere particolarità che in una legge forse non debbono essere previste, parte ne ho ritirati, salvo l’accoglimento di alcune parti degli stessi, maturato proprio grazie a quella discussione e a quell’approfondimento che è stato fatto in concreto nell’ambito della Commissione.
Per questo modo di operare e di svolgere l’attività, debbo riconoscere che la Commissione ha lavorato come spesse volte noi dell’opposizione chiediamo, cioè riguardare gli argomenti a 360 gradi, prendendo la proposta della Giunta come testo base, dando però lo spazio a un organo qual è la Commissione di poterlo rivedere per presentarlo in Consiglio nel modo più corretto, ma soprattutto in un modo che da un punto di vista politico possa essere discusso e votato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Siccome il collega Viventi si è dovuto assentare per motivi di salute, formulo anche a nome suo un paio di osservazioni. La prima riguarda la proposta, nel testo di legge, di subordinare il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di questa attività previo corso obbligatorio. Il collega Viventi che fa parte della terza Commissione ha evidenziato una certa perplessità su questo corso. Forse sarebbe meglio subordinarlo al superamento di un esame unico, non dico finale, consentendo una procedura più snella ma comunque garantista, perché l’esame può essere garantito a livelli particolari di qualità e di severità.
In secondo luogo il collega Viventi ha evidenziato l’inopportunità di prevedere una tassa, seppure di lieve entità. Il concetto è che probabilmente è più la spesa che l’impresa, nel senso che il controllo sulla riscossione effettiva di questa tassa, l’incentivo a pagarla e a rispettarla probabilmente costa di più che non esentarla fin dall’inizio.
Sono due perplessità che formulo a nome anche del collega Viventi, su cui vorremmo delucidazioni da parte dell’Esecutivo.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Agostini.

LUCIANO AGOSTINI. Esprimo una grossa soddisfazione, nel senso che di una proposta di legge che regolamentasse la raccolta e la commercializzazione dei funghi nella nostra regione ce n’era assolutamente bisogno, tant’è che le stesse altre proposte presentate dai vari consiglieri regionali danno la dimostrazione che ce n’era assoluto bisogno per regolamentare ed andare incontro e agli appassionati alla raccolta di funghi, amanti della montagna e quant’altro e verso quelle popolazioni della montagna e le stesse istituzioni-Comunità montane che in qualche modo ci chiedevano una regolamentazione.
Questa legge è stata modificata in Commissione tenendo presente le esigenze e gli equilibri anche in relazione alle proposte che erano state avanzate e trova il Governo regionale pienamente soddisfatto per il testo che è stato licenziato dalla Commissione e che siamo qui chiamati ad approvare, perché sostanzialmente tiene conto dei principi della proposta di iniziativa della Giunta. Non è una legge burocratica, tiene conto delle vere esigenze. Speriamo che con l’approvazione da parte del Consiglio regionale ci sia la soddisfazione anche delle Comunità montane, delle popolazioni e delle associazioni che hanno fortemente voluto questa legge.

PRESIDENTE. E’ conclusa la discussione generale. Dato che sono le 19,05 e abbiamo numerosissimi emendamenti e subemendamenti. E’ già stata avanzata una richiesta di chiudere la seduta con la discussione generale, vorrei sapere cosa ne pensa il Consiglio.

FERDINANDO AVENALI. Al 99% c’è una sintesi unitaria, comunque nulla osta che possiamo metterlo come primo punto all’ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. La prossima seduta cominceremo con questo punto, prima ancora delle interrogazioni.
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 19,05