Resoconto seduta n. 47 del 27/06/2001
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI MERCOLEDI' 27 GIUGNO 2001
PRESIDENZA DELPRESIDENTE LUIGI MINARDI
INDI DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPE RICCI

La seduta riprende alle 16,40

Comunicazioni della Giunta in ordine a: "D.P.R. n. 347, art. 6 — Articolazione per funzioni e sul territorio dell'ufficio scolastico regionale"

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: Comunicazioni della Giunta in ordine a: "D.P.R. n. 347, art. 6 — Articolazione per funzioni e sul territorio dell'ufficio scolastico regionale".
Ha la parola l'assessore Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. La Giunta regionale, nella seduta di ieri non ha espresso il parere che doveva esprimere, in attesa della discussione del Consiglio regionale di oggi, nel senso che la costruzione della nuova organizzazione del Ministero della pubblica istruzione nella nostra regione è un atto comunque molto significativo, anzi abbiamo la possibilità di discutere insieme il primo atto di federalismo regionale sulle questioni della scuola. Per questo, no solo abbiamo atteso la discussione di oggi, ma siamo stati attenti in tutta la fase preparatoria di costruzione del parere, a cercare di trovare insieme con il sistema delle autonomie locali una forma partecipata, perché si tratta di avvicinare il mondo della scuola al territorio.
Per questo, nella definizione della preparazione del parere da parte del direttore scolastico regionale l'Amministrazione regionale ha avuto incontri con gli assessori provinciali alla pubblica istruzione e successivamente abbiamo ragionato non solo con la Commissione consiliare com'era obbligatorio, ma anche con le forze sociali che ci hanno segnalato una serie di questioni.
Di cosa stiamo parlando? Del fatto che si ridisegna dal punto di vista del territorio, in una unica visione riformatrice, il mondo della scuola, quindi gli istituti scolastici autonomi, le competenze di Regioni, Comuni e Province e le direzioni generali regionali del Ministero della pubblica istruzione. Devo anche dire che il D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 900 è stato costruito sulla base di una normativa ormai consolidata e ridisegna complessivamente il sistema della pubblica istruzione. Di conseguenza questo atto è stato largamente partecipato a livello nazionale e si è definito, in accordo fra il Ministero della pubblica istruzione, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane un documento che si intitola "Linee guida per i provvedimenti di articolazione degli uffici scolastici regionali".
In questo documento si configura un sistema complesso nel corso del quale le istituzioni scolastiche acquisiscono una posizione di centralità e ciascuno degli attori, pur destinatario di competenze esclusive, agisce su aree che hanno significativi punti di contatto funzionale che richiedono l'individuazione di momenti di raccordo idonei a realizzare le necessarie sinergie e ad evitare sovrapposizioni, dispersioni e diseconomie.
L'ottimale perseguimento di questi obiettivi da parte di tutti gli organi della pubblica amministrazione costituisce un sistema allargato di erogazione del servizio formativo che dovrà essere confermato con atti, ed è per questo che dobbiamo lavorare per costruire un tavolo di concertazione permanente affinché, fra Regione, direzione scolastica regionale si costruisca un governo unitario della scuola, in raccordo con il mondo della scuola, ma d'intesa sulle questioni dell'educazione permanente, dell'educazione continua e anche nella transizione al lavoro, nel senso che solo con la verifica di questi atti che dovranno avvenire di volta in volta noi forse costruiremo un nuovo sistema che non è solo funzionale dal punto di vista amministrativo ma diventa un insieme di possibilità nuove per il mondo dell'istruzione e per la transizione al lavoro delle nuove generazioni.
Le linee alle quali si ispira il decreto che il dott. Iodice ha fornito alla Regione Marche si rifanno al principio di massima flessibilità, cercando di costruire nella nostra regione un modello minimo di relazioni con la nostra realtà. Questo modello parte dal fatto, così come viene declinato nelle linee generali, che la missione della direzione regionale e la riorganizzazione delle attività si devono integrare con la programmazione dell'offerta formativa della Regione, con le scuole, supportando anche i piani per l'offerta formativa (POF) delle singole istituzioni scolastiche e anche i progetti di rete fra scuole e territorio. Quindi la direzione regionale, indirizzando, monitorando e controllando dovrà fare coordinamento e integrazione con gli attori locali.
Da questo punto di vista la missione della direzione regionale dovrà non solo allocare al meglio le risorse umane e finanziarie, ma fare in modo che si assegni alle scuole un sistema di supporto affinché l'autonomia non sia vissuta singolarmente dalle scuole ma possa essere vissuta in modo sinergico.
Da questo punto di vista — lo dice l'art. 6, comma 2 del Dpr 347/2000 — ogni direzione scolastica si organizza per funzioni e, sul territorio provinciale, per servizi di consulenza e supporto alle istituzioni scolastiche, avendo in debito conto le specificità del contesto locale. Insisto su questa frase che è la norma, perché alcuni hanno sostenuto che alcune competenze non siano state lasciate agli ex provveditorati, oggi CSA e ciò prefigura come ci fossero, fra direzione scolastica regionale e CSA, due luoghi diversi, mentre invece, come dice la norma, la direzione regionale si organizza per funzioni e ,anche sul territorio provinciale, per servizi di consulenza e supporto. Quindi l'articolazione territoriale della direzione regionale non è una dimensione organizzativa a sé stante ma una diretta articolazione degli uffici della direzione regionale, un sistema che rende visibile e tangibile quella scelta di snellezza, flessibilità, prossimità all'utenza, configurando le attività e i servizi erogati, i ruoli lavorativi, le competenze professionali come legati molto all'utenza.
In ciascuna direzione regionale è prevista la costituzione dell'organo collegiale previsto dall'art. 75, comma 3 del D. Lgs. 300 e dall'art. 6 del Dpr 347 il cui regolamento è adottato sulla base degli indirizzi della conferenza unificata. Sono tutti organismi che dobbiamo mettere in moto e che sono i veri organismi dell'autogoverno della Regione.
Il decreto, che è il presupposto della messa in moto dell'autogoverno della scuola declina, all'art. 2 le funzioni assegnate all'ufficio scolastico regionale nella nostra regione e declina le aree — pianificazione, programmazione, integrazione politiche formative, area a supporto delle istituzioni scolastiche autonome, area organizzazione politiche di gestione delle risorse umane della scuola, area amministrativa e gestionale delle risorse finanziarie — di organizzazione e gestione risorse umane della direzione regionale.
L'art. 3 invece individua gli uffici (reclutamento, nuovi ordinamenti, sviluppo dei centri di riorganizzazione dei servizi, organizzazione politica della gestione delle risorse umane, gestione amministrativa e finanziaria, organizzazione, gestione e coordinamento dei quattro servizi amministrativi a livello provinciale).
Nella indicazione delle linee guida, anche questo decreto si definisce con le stesse modalità e quindi all'art. 6 definisce che il supporto amministrativo delle istituzioni scolastiche per facilitare l'accesso all'utenza definisce i quattro centri amministrativi che avranno la denominazione nelle sedi per l'area di Ancona, Macerata, Pesaro e Urbino e Ascoli Piceno. Diciamo quindi che questi CSA realizzano la presenza dell'amministrazione sul territorio e facilitano l'accesso ai procedimenti amministrativi in relazione alle competenze proprie dell'Amministrazione residuate dallo Stato come da D. Lgs. 300 del 1999, art. 75.
I CSA quindi sono uno per ogni provincia, proprio perché le linee guida questo dicevano. Voglio ricordare che le autonomie scolastiche sono 282, quindi in una logica puramente matematica ce ne sarebbero spettati 2,9, ma siamo nel caso in cui il numero dei CSA che ci spetterebbero è inferiore al numero delle province, per cui, opportunamente, l'art. 6 stabilisce che ogni provincia ha il suo CSA per l'area di riferimento. La responsabilità del CSA è affidata a un funzionario di area C. Fra le tante cose che sono state dette, ce ne sono alcune che non hanno riferimento perché già concordate in sede di linee guida.
L'art. 7 stabilisce i CIS. I centri servizi sono le istituzioni scolastiche autonome e sono il luogo del sostegno, della promozione, dello sviluppo, garantendo le competenze specialistiche a sostegno dell'autonomia scolastica. Sono un luogo molto importante su cui si scommette l'istituzione della rete fra le scuole e la verticalizzazione delle scuole ha bisogno di un sostegno nel raccordo territoriale dell'offerta formativa. Mentre questo lo faranno gli enti locali ai sensi della nuova direttiva del Ministero del lavoro e della pubblica istruzione del 2 aprile 2001, dovranno farlo anche, dal punto di vista della scuola, i centri servizi per le istituzioni scolastiche.
La proposta che viene avanzata dal dott. Iodice è quella di fare quattro CIS nelle sedi dei provveditorati, utilizzando le risorse umane legate ai centri studi del provveditorato. Questa è la proposta che viene avanzata.
Dal punto di vista del dibattito che si è fin qui sviluppato sulla questione dei CIS, noi abbiamo avuto una presa di posizione formale, anzi una deliberazione della Prima Commissione che ci indica la necessità di dislocare in luoghi diversi da quelli che hanno il CSA i CIS e la stessa Commissione ci segnala la necessità di un lavoro sull'organizzazione del sistema scolastico per i piccoli comuni, in particolare quelli montani.
La Giunta, ovviamente, si rimette alla discussione che si vorrà fare in questo ambito. Di una questione però siamo convinti: che la costruzione di un sostegno all'autonomia scolastica tramite CIS è un processo indispensabile, altrimenti non nascerà mai una forte rete di offerta formativa nel territorio locale, quindi i CIS sono necessari ben più dei quattro CIS sui quali comincia l'articolazione della discussione. E' per questo che noi saremmo favorevoli a una ipotesi nella quale si possa modificare, così come prevede la mozione che sta girando, l'art. 7 del decreto di riferimento del dott. Iodice, indicando che oltre alla istituzione dei quattro CIS presso i provveditorati, si possa contestualmente far nascere altri quattro CIS in territori diversi previa concertazione fra la Regione e il sistema delle autonomie, perché si tratta di individuare immediatamente le garanzie delle risorse umane, le garanzie logistiche che crediamo le istituzioni locali debbono mettere a disposizione anche del sistema della scuola, potenziando direttamente la funzione dei CIS. Così come riteniamo indispensabile accogliere ciò che dice la Commissione relativamente al progetto specifico per i Comuni montani e la costituzione di un tavolo istituzionale per il coordinamento e il governo integrato dell'istruzione, della formazione professionale, dell'educazione continua e permanente della transizione al lavoro con la direzione scolastica regionale. Riteniamo che in questo modo possa partire il nostro parere favorevole all'ipotesi di decreto inviatoci da Iodice, chiedendogli una modifica all'art. 7, costituendo, oltre ai CIS di collegamento con le sedi dei capoluoghi di regione, che hanno una grande possibilità di valorizzare la popolazione scolastica che nei capoluoghi c'è e ha bisogno anch'essa di essere sostenuta e valorizzata, altri quattro CIS da costituire in concertazione fra il sistema delle autonomie, la Regione Marche e l'ufficio scolastico regionale. In questo modo potremo costruire una direzione scolastica regionale più ramificata, più articolata sul territorio, che dia una risposta innovativa rispetto alla nostra regione, costruendo davvero quell'atto di nuovo federalismo della scuola che siamo tutti, anche se in ambiti politici diversi, a realizzare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Dall'intervento dell'assessore mi pare sia stata messa in evidenza la forte significatività di questo atto che assumerà la Giunta nei prossimi giorni, su una serie di indicazioni che il Consiglio si è impegnato a dare.
Tra le cose che vorrei segnalare, mi pare che ancora, complessivamente, nella classe politica regionale non ci sia un'adeguata consapevolezza sui poteri, le competenze che le Regioni andranno assumendo in materia di politica scolastica. Avverto che ancora c'è troppo poca sensibilità nella classe politica, spero che nel tempo si recuperi e che si sia in grado di capire l'importanza che ha questo comparto per tutti noi, perché le questioni della formazione toccano le famiglie, i cittadini e sono una delle questioni strategiche più significative.
In che cosa consiste questo atto sul quale la Commissione ha espresso un parere che la Giunta dovrà assumere? Questo atto, di fatto è una tessera significativa di quel mosaico di riforme che sono state messe in atto in questi anni. Viene radicalmente modificata l'attività del Ministero della pubblica istruzione il quale, così come l'abbiamo conosciuto negli anni — un Ministero che aveva le direzioni regionali, le competenze prevalentemente concentrate a Roma e che aveva degli unici punti di riferimento nei provveditorati, che molto spesso eseguivano soltanto scelte che venivano fatte a livello centrale e ministeriale — viene da questo atto trasformato radicalmente: gran parte delle competenze passano agli uffici scolastici regionali che dovranno essere il punto di riferimento anche della nostra politica scolastica.
Ricordo soltanto quali sono le competenze che d'ora in poi noi avremo dislocate nella nostra regione. L'ufficio scolastico regionale dovrà vigilare sull'attuazione degli ordinamenti scolastici, dovrà indicare proposte per lo sviluppo dell'offerta formativa, fare la ricognizione dei bisogni, collaborare con gli enti locali tutti, vigilare sulle scuole statali e non statali, assegnare risorse, finanziare personale, curare le relazioni sindacali. Avremo finalmente questi poteri concentrati nella nostra regione e con questi dovremo fare i conti.
Oltre a questa funzionalità dell'ufficio scolastico regionale — nella città di Ancona avremo una serie di uffici che si occuperanno di queste questioni — sul territorio verranno dislocate altre funzioni. Quali? Quelle che l'assessore ricordava adesso con delle sigle con le quali è bene che cominciamo a fare i conti. Sono il CSA (un centro di servizi amministrativi che dovrà occuparsi prevalentemente di offrire informazioni al personale scolastico) e i CIS, cioè un nuovo servizio, il più strategicamente importante, perché è quello che dovrà davvero sostenere e promuovere l'autonomia scolastica.
Il direttore generale dell'istruzione ha presentato alla Giunta un atto che aveva queste caratteristiche: dar vita nella città di Ancona all'ufficio scolastico regionale e mantenere nelle città capoluogo di provincia i due servizi CSA e CIS. Noi abbiamo, come Commissione, svolto un compito importante, allargando la partecipazione intorno a questo atto che, occorre dirlo, era nato non con il piede giusto, nel senso che il direttore scolastico aveva consumato la sua concertazione soltanto con la Giunta regionale, escludendo altri soggetti, o per lo meno altri soggetti erano stati ascoltati soltanto in via informale. Con il lavoro che la Commissione ha condotto in queste poche settimane, si sono fatti esprimere su questo atto gli enti locali e le loro forme organizzate, le associazioni sindacali ed anche gli studenti. Dalla discussione è emerso che quell'atto aveva dei limiti, cioè non decentrava adeguatamente sul territorio questi nuovi servizi, con il limite di mantenere, grosso modo, i nuovi servizi nelle vecchie sedi.
Noi abbiamo chiesto più coraggio e con il parere dato dalla Commissione, dopo una grossa discussione che ha visto anche posizioni diverse che si articoleranno nel corso del dibattito, abbiamo chiesto che ci fosse una valorizzazione non soltanto delle città capoluogo, non per ragioni campanilistiche o per affermare protagonismi territoriali generici, ma perché ritenevamo che questo atto, proprio per la sua carica innovativa, proprio perché va a ridisegnare l'amministrazione scolastica sul territorio avesse bisogno, anche nella scelta di ubicazione delle sedi, di un segno nuovo, quindi un'articolazione degli uffici che vedessero protagoniste non soltanto le città capoluogo. Questo è stato il senso e il segno della nostra partecipazione alla costruzione dell'atto.
Sappiamo che ogni atto innovativo fa registrare delle resistenze, e in questo senso abbiamo anche indicato il direttore generale a conoscere con più attenzione il nostro territorio e anche a governarlo, sapendo che poteva trovare nel Consiglio regionale, nei territori soggetti validi e alleati e che potessero aiutarlo anche a far vincere quelle resistenze del personale che doveva, ovviamente, ricollocarsi in maniera differente.
Voglio concludere questo mio intervento con queste considerazioni: l'amministrazione scolastica si va riformando, io credo che noi dovremmo darci una politica adeguata rispetto alle innovazioni cercando di far lavorare insieme il territorio.
Ho sentito pronunciare dall'assessore parole impegnative che io condivido, per evitare che il processo dell’autonomia diventi una parcellizzazione e un'autarchia. Questo è possibile se noi, come Regione, svolgiamo un ruolo di indirizzo forte e sappiamo far partecipare il sistema territoriale, il sistema degli enti locali nel suo complesso dandoci delle politiche, quindi facendo delle scelte, mettendo a disposizione risorse e individuando anche quei punti di debolezza che oggi sono, in particolare nei nostri territori, i piccoli comuni.
La regione Marche credo abbia le energie — perché conosco abbastanza bene il mondo della scuola di questa regione, un mondo della scuola attento, attivo, moderno, che si è reso protagonista anche rispetto alle innovazioni che in questi anni si sono attivate — per fare ciò e occorre che noi, come ente Regione siamo all'altezza di queste politiche. Il nuovo Governo ha riserve sull'applicazione della riforma così com'era articolata, ancora atti non ci sono stati, quindi mi auguro che da parte del ministro ci sia un'attenzione particolare. So che era un punto politico, quello del Governo di centro-destra di bloccare la riforma dei cicli; mi auguro che più che di un blocco si possa trattare di una sospensione, perché quella proposta aveva una sua organicità e aveva delle valenze forti che facevano uscire davvero il nostro sistema scolastico dal provincialismo, dalla conservazione e da proposte ormai storicamente datate e lo proiettava fortemente in Europa. Molto spesso diciamo che non vogliamo entrare nell'Europa soltanto con l'unione monetaria: uno degli atti più significativi e coraggiosi è stato proprio quello della riforma del sistema dell'istruzione e della formazione. Gradirei anche che la Giunta regionale su questo premesse o esercitasse la sua forza, il suo potere nei tavoli della Conferenza Stato-Regione che sicuramente si occuperà di queste cose, affinché si inviti il Governo a riflettere sul blocco della riforma. Se si vuole prendere tempo per capire si può anche convenire, ma bloccare questo processo di riforma che è un disegno articolato ed organico mi sembrerebbe sbagliato.
Invito la Giunta regionale a tener conto del nostro parere; se poi esistono condizioni e proposte migliorative noi converremo. Quello che mi auguro è che di qui a poco tempo sappiamo darci davvero, come Regione Marche, una politica adeguata rispetto a questi sistemi di riforma tornando a ragionare sul piano di dimensionamento scolastico e cercando di utilizzare anche le risorse che derivano dal fondo per l'istruzione oltre che dal fondo sociale europeo, evitando che questi siano interventi che sostengono singole scuole ma che siano invece interventi a sostegno di un preciso progetto riformatore.
Il Consiglio regionale si è già occupato di questo con un convegno; mi auguro che a quel convegno si dia conseguenza nei fatti anche con gli impegni che lì ci siamo presi. Invito anche la Giunta regionale, se possibile, a predisporre — non ce la faremo per l'avvio di questo anno scolastico, ma per il prossimo — una conferenza della Regione sui temi dell'istruzione nella quale presentare un progetto organico adeguato al nuovo processo di riforma.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Al di là della condivisione politica di questa riforma scolastica, su cui questa minoranza non si è mai soffermata in maniera pretestuosa ma ha sempre ugualmente collaborato per far sì che venissero esercitati appieno quei poteri che giustamente l'assessore ha definito di federalismo scolastico che la legge ci attribuisce, riteniamo di dover collaborare su questo parere che riguarda un atto così importante proposto dal direttore generale dott. Iodice nel rispetto, soprattutto, delle leggi vigenti, perché tutto può avvenire, questa riforma potrà rimanere sospesa o addirittura abrogata, oggi è legge, quindi riteniamo che sia serio, soprattutto per dei legislatori regionali che si fregiano o si reggeranno del termine di "parlamentari", essere rispettosi del diritto positivo oggi della riforma scolastica, che si articola in vario modo, in vari settori. Non sto qui a ripetere tutti i particolari, anche tecnici, doverosi, che l'assessore e la presidente della Commissione Mollaroli hanno evidenziato. Sicuramente, di tutto il corpus juris di questa riforma, a noi oggi interessa ciò che riguarda l'attuazione, l'implementazione dell'autonomia e il decentramento delle funzioni amministrative. Queste due cose sono profondamente collegate: non possiamo pensare oggi di disquisire esclusivamente di un decentramento amministrativo che è importante, che è sicuramente attuativo del federalismo scolastico, che va oltre l'aspetto meramente amministrativo perché delega funzioni vere e proprie, quindi rende soprattutto un servizio di supporto; quello che più mi preme sottolineare è proprio questo collegamento con l'autonomia. Da questo ho tratto un giudizio non pienamente positivo di quello che è stato, finora, l'operato della prima Commissione — comunque siamo aperti a qualunque modifica — quando mostriamo di non capire l'importanza di questo piano che è semplicistico dire che è soltanto un piano di riordino, soltanto un piano di decentramento di funzioni, di riassetto di servizi che comporta lo "spoglio" o la riorganizzazione del Ministero, che comporta l'organizzazione di uffici centrali, di unità operative. E' soprattutto il mezzo attraverso il quale l'autonomia delle scuole si va a realizzare, è il mezzo attraverso il quale con i CSA si va a dare un servizio forse più o meno lo stesso che veniva fornito dai provveditori, ma con i CIS si va a dare il supporto gestionale all'autonomia, si va ad aiutare le scuole nell'implementazione dell'autonomia, si va a dire alle scuole, qualora non ne fossero capaci, come e dove fare i POF, come organizzare il piano dell'offerta, come trovare i fondi, le risorse finanziarie, raccordarsi con il territorio.
Una delle critiche maggiori che a questa riforma scolastica abbiamo posto e che non voglio rimarcare ma che è doveroso rilevare, è che questa autonomia è più ostentata, più letterale, più normativa che effettivamente realizzata e voluta. Per riprendere il paragone di De Rita del "pugno aperto e pugno chiuso", è un pugno parzialmente aperto, ma in altri campi ancora chiuso per quanto riguarda un sistema di nomine ancora centrale. I rischi insiti in questa riforma sono che un nuovo neo-centralismo regionale, quindi anconetano, si crei per quanto riguarda, soprattutto, la pochezza delle risorse finanziarie.
Se la riforma, come purtroppo si dice espressamente nelle righe delle norme che abbiamo esaminato, va fatta senza mezzi, a costo zero, è chiaro che l'autonomia verrà con più difficoltà realizzata e probabilmente tutto quello che dovrebbe essere la distribuzione territoriale, l'articolazione capillare di questi servizi di supporto, cozzando con i limiti finanziari, le strettoie dello spostamento del personale, lo svuotamento che segue ai provveditori, la mobilità di personale che tutto questo comporta, andrà a scapito della realizzazione dell'autonomia. Non distinguiamo i problemi tra amministrativi, formali e sostanziali, qui c'è un problema di articolazione sicuramente amministrativa, che va ad incidere sulla sostanzialità vera della riforma che è quella della realizzazione dell'autonomia.
Dico questo perché il CIS deve aiutare le scuole ad organizzarsi in autonomia. Se ci si dice che non possono essere più di quattro perché i provveditori vanno in un certo senso riconvertiti, perché i vecchi uffici studi dei provveditori diventeranno, cambiando solo nome, i nuovi CIS, se addirittura ci si viene adire, come inizialmente si era detto, "non possiamo aumentarne il numero perché non abbiamo mezzi", è chiaro che ci siamo mobilitati, forse perché crediamo nella fase iniziale della riforma, crediamo in questa legge che comunque deve decollare. E' pur vero che è una legge che promette più di quanto effettivamente dia, però anche di quel poco che consente nella elargizione di mezzi normativi, finanziari in favore dell'autonomia ci dobbiamo appropriare per far sì che l'attitudine scarsa di questa normativa a produrre determinati effetti venga invece potenziata e la Regione eserciti quel ruolo forte che consenta di rendere idonei i mezzi di cui ci stiamo fornendo a raggiungere determinati obiettivi.
So che è difficile, ma abbiamo un ruolo importantissimo, che è quello, per ora, di esprimere un parere, soprattutto avendo spostato il baricentro dell'istruzione da Roma in Regione. Occorre una collaborazione necessariamente permanente con questo direttore generale che mi auguro non abbia i pregi e difetti dei direttori generali di sanitaria memoria ma che ci ascolti e sia meno manager e più operatore scolastico, soprattutto in concertazione con gli enti locali. Questi poteri cerchiamo di realizzarli appieno, cerchiamo soprattutto di realizzarli con coraggio, perché altrimenti saremo rinunciatari fin da subito dicendo "signorsì" ad una bozza che scontentava e ha scontentato tutte le associazioni che abbiamo ascoltato. La nostra poteva essere un'impressione finché non abbiamo svolto le audizioni; è una certezza per me, per chi con attenzione ha sentito tutte le associazioni territoriali — Anci, Upi, Uncem — e tutte le associazioni sindacali e la consulta dei giovani che si è risentita per essere stata convocata ai margini, all'ultimo momento. Non ho mai sentito un tale unanimismo nella contrarietà. Non c'è stata una di queste associazioni, di qualunque colore, di qualunque provenienza geografica che abbia spezzato una lancia in favore di questo atto. La prima critica riguarda la mancata concertazione, perché dicono che prima l'atto è stato depositato in Regione e qualche giorno dopo sono stati chiamati i sindacati (Gilda, Snals ecc.). La seconda critica riguarda il fatto che si realizza in maniera massiccia un neo-centralismo in favore dell'ufficio di Ancona che si articola in sette uffici. Il problema, assessore, non è tanto quello di capire che i CSA sono parte dell'ufficio regionale, quindi sono un'articolazione territoriale facente capo all'ufficio regionale scolastico del dott. Iodice, ma la discussione lì si è svolta sulla dirigenza. Privare questi uffici di dirigenza e mettere dei funzionari di livello C che dovessero rispondere ai dirigenti delle aree regionali fa sì — questo lo dice anche Iodice — che si alzino le mani, e a me questo continuo alzare le mani non va bene, se vogliamo davvero parlare di federalismo, in questo caso scolastico. Iodice stesso dice "mi fa paura che i presidi sul territorio siano privi di dirigenti". E' un passo indietro, perché prima il professore trovava il dirigente, trovava il provveditore quando voleva rivolgersi al provveditorato per tutte le questioni che sono e rimangono dei CSA, adesso non troviamo più niente, quindi questo può spostare il baricentro da Roma ad Ancona ma non lo sposta ulteriormente sul territorio e soprattutto crea quel vuoto effettivo che c'è tra le scuole come istituti dell'autonomia e Ancona, lasciando il territorio sguarnito.
Questa è stata una seconda critica, puntata soprattutto sul discorso della dirigenza. La terza, più grande ha riguardato i CIS. Non mi va bene il parere della Commissione che ha confuso, forse anche con grossolanità — la differenza è stata sicuramente afferrata, e con competenza, ma nel gioco politico dell'ultima votazione, dove c'è stata una netta spaccatura, si è confuso quello che sembrava molto chiaro — il CIS con il CSA. Dire che uno può stare nel capoluogo e l'altro in un'altra parte significa non aver capito le opposte, diverse, potrei dire complementari, ma sicuramente diversissime, funzioni dei CSA e dei CIS. Uno serve al professore, al mondo della scuola per conoscere la graduatoria, per sapere del concorso, per avere l'informazione amministrativa, come oggi avviene con i provveditorati, dove difficilmente vanno i ragazzi, e non esiste che si chieda loro aiuto su come fare il piano di offerta formativa, su come trovare i soldi per una scuola di Fano, di Fermo o addirittura della montagna, per realizzare un'autonomia che deve essere anche finanziaria e che viene, soprattutto, dopo tagli che ora lo Stato centrale fa. Per tutto questo non andiamo ai CSA ma ai CIS, quindi dire che non fosse necessario che nei capoluoghi convivessero queste due strutture di servizi e trovare quella soluzione compromissoria, salomonica — chiamiamola come ci pare — che non abbiamo condiviso, sicuramente dettata anche dal campanile, di sguarnire un capoluogo per mettere il CIS in altra parte, è comunque riduttivo del problema. Sicuramente è grave un approccio di questo tipo, perché va a sguarnire un territorio come quello dei capoluoghi che è comunque, di solito, più popoloso di scuole rispetto ad altri territori di una provincia e di una regione.
Qual era allora la nostra proposta? Mi sarebbe piaciuto trovare una proposta unitaria, dal momento che c'è una proposta di risoluzione anche della minoranza e dal momento che su questo concordiamo. La nostra proposta era per lo meno di partire con 8 CIS che non sguarnissero il ricco per dare al povero, perché fa ridere la logica del Robin Hood, "togliamo ai capoluoghi per avere in altre zone". La nostra proposta era che non si partisse dal presupposto che CSA e CIS realizzassero esigenze uguali, perché così non è. E' come dire "facciamo ad Ancona un museo, ma non ci facciamo una palestra perché c'è il museo". Sono esigenze profondamente diverse da soddisfare. Aumentiamone il numero, perché è necessaria una maggiore articolazione territoriale, se vogliamo far sì che le zone più dense e più popolazione di scuole abbiano a portata di mano il referente CIS per poter chiedere, per poter fare i piani dell'offerta formativa e tutto il resto.
La nostra richiesta era anche di estendere il livello dirigenziale ai CSA, era anche di fornire i CSA di competenze specifiche, perché le linee guida che sapientemente l'assessore ci ha ricordato e che noi riproduciamo addirittura nella nostra proposta di risoluzione, danno delle facoltà, dei poteri che comunque questo direttore generale non si è assunto. Anche i CSA potevano avere poteri e competenze specifiche, così sgravando la struttura che può apparire, effettivamente, una mega struttura centrale anconetana.
Transeat su questo; sul discorso degli otto CIS non solo ci piacerebbe che venisse accolto, ci piacerebbe anche conoscere il meccanismo di voto di queste due proposte di risoluzione e magari, non lo nascondo, poter addivenire su questo ad una mozione unitaria. Tralasciamo il resto, però sulla maggiore articolazione, anche numerica, dei CIS, dato che è stata una cosa comune e condivisa anche in Commissione, ci piacerebbe che questo Consiglio potesse addivenire ad una soluzione unanime.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Il percorso che abbiamo seguito nell'approfondimento di questa tematica e nel parere che è stato dato in Commissione è stato ricordato dalla presidente Mollaroli e dalla collega Romagnoli. Abbiamo avuto anche incontri con l'assessore Cecchini che ha puntualmente ricordato i vari elementi che abbiamo cercato di approfondire, rispetto ai quali, alla fine, è stato dato un parere. E' chiaro che la scommessa è sui CIS, quindi non ripeto le argomentazioni che sono state dette rispetto a una nuova organizzazione scolastica. La scommessa è sui CIS, noi dobbiamo cominciare a ragionare pensando ad una scuola diversa rispetto al passato. La direzione centrale che prima era organizzata a livello ministeriale, quindi a Roma, oggi è organizzata a livello regionale e questo è già un passo avanti, un elemento significativo: l'articolazione della scuola ha il suo momento di riferimento principale a livello regionale. Credo che questa sia la prima novità. Se poi la direzione generale è organizzata con sette aree, non so quanto possa essere produttivo pensare che queste aree abbiano una loro articolazione distribuita nel territorio regionale, ad esempio l'area amministrativa a Pesaro e l'area della pianificazione ad Ascoli Piceno. Di chi sarebbero referenti, in questo caso, le aree di coordinamento che comunque fanno capo alla direzione regionale? Potrebbero essere referenti immediate e dirette delle istituzioni locali di quei territori, dei sindaci, delle Comunità montane, delle Province che in quei territori sono presenti e agiscono, o degli insegnanti e del mondo della scuola, dei dirigenti scolastici che in quei territori agiscono. Ma pensate che sarebbero ugualmente referenti di una direzione generale che comunque ha una sua organizzazione centralizzata a livello, in questo caso, di capoluogo regionale o comunque potrebbero essere adeguatamente frequentate da coloro che magari rappresentano le istituzioni in un territorio della regione che è completamente opposto? Cioè, se l'area della pianificazione l'abbiamo ad Ascoli Piceno, che tipo di rapporto c'è fra il dirigente dell'area della pianificazione che vive ed opera ad Ascoli e le istituzioni, gli enti locali che stanno in provincia di Pesaro? Assolutamente nessuno. Allora è vero che si crea un'altra forma di centralismo in qualche modo diversa da quella del passato, imperniata sulla città capoluogo di regione, ma è anche vero che questo diventa un elemento di funzionalità, un elemento oggettivo di organizzazione funzionale ad un nuovo sistema che in ogni caso è di tipo decentrato rispetto al passato.
Ecco perché dobbiamo soprattutto pensare che la scommessa è sull'innovazione rappresentata dai CIS. E allora non mi preoccupo tanto se i centri servizi amministrativi sono quattro e vengono organizzati nei capoluoghi di provincia e nelle sedi che precedentemente erano dei provveditorati, e non mi preoccupo nemmeno se a dirigere queste sedi dei CSA saranno chiamati dei dirigenti scolastici o dei funzionari di fascia C, perché è chiaro che la risposta che questi centri debbono dare è tutta interna al mondo della scuola, quindi se debbono produrre graduatorie, rilasciare certificazioni, predisporre richieste alla direzione regionale di acquisto, di attività economali non è importante che ci sia una funzione dirigenziale rispetto ad un'organizzazione tutta interna al mondo scolastico; è invece importante investire sui CIS che sono delle attività di supporto alle istituzioni, quindi che servono a far crescere il mondo dell'autonomia, il mondo scolastico, così come dobbiamo già visualizzarlo rivoluzionato rispetto al passato.
Se è vero che rispetto alle dirigenze scolastiche si presume che il dato ottimale per avere una funzionalità dei CIS adeguata debba essere di 40-50 dirigenze, quindi 40-50 presidi, direttori dei diversi poli scolastici, è altrettanto vero che su circa 300 dirigenze che abbiamo nella regione il dato ci porta a dire che il numero ottimale è di 7 CIS.
Quando il dott. Iodice è venuto in Commissione e ha detto "io debbo sapere se ho disponibilità di personale, in questo caso dirigente, che mi si dedica a tempo pieno alla funzione che è propria del CIS, che deve essere quella di portare a sistema l'istituzione scolastica con il mondo produttivo, con le aziende, con le famiglie, con le istituzioni locali, con le Province, con i Comuni, con le Comunità montane. Questa è la nuova funzione del CIS, quindi una funzione propulsiva, di volano, dinamica. Se poi non ho il personale adeguato e sufficiente, se poi non ho le sedi adeguate e sufficienti è chiaro che parto da una proposta coraggiosa — lui definiva coraggiosa, ma in realtà era minimale — cioè dalle quattro sedi.
La carenza della proposta del direttore generale è stata quella di dire "per non andare a individuare le disponibilità che possono esserci nel territorio dico che comunque ho i provveditorati agli studi, quindi metto tutto all'interno dei sistemi attuali". Se si vuole pensare ad una scuola dinamica, diversa, organizzata con questa nuova funzione di relazionare il mondo scolastico con il mondo produttivo, con il sistema delle istituzioni e con le famiglie, non potevamo, come Commissione, avallare una proposta che di fatto non si sarebbe disarticolata o riaperta facilmente rispetto a questa nuova funzione che dovevano avere i Cis.
Tenendo conto che il dott. Iodice non era sicuro sulla opportunità o sulla possibilità di aumentare il numero dei CIS nell'immediato, la Commissione ha ritenuto di lanciare una sfida. E' stata una sfida, non è stato un atto pilatesco, un atto di basso compromesso. Ha detto "i centri servizi amministrativi sono un fatto tutto interno alla scuola, rimangano nelle sedi provinciali e nelle sedi dei provveditorati. I CIS che hanno questa funzione dinamica, propulsiva, della scuola del domani si organizzino, in questa prima fase, in sedi diverse rispetto al capoluogo provinciale. Di fronte a questo è chiaro che l'apertura è stata diversa, tant'è che pare di capire che il freno che inizialmente c'era rispetto alla verifica delle disponibilità o meno ad organizzare un numero maggiore di CIS oggi si sia un po' allentato, oggi c'è l'apertura, oggi c'è la disponibilità, oggi c'è la capacità di verificare se con gli enti locali, con il sistema complessivo delle autonomie locali si possono studiare addirittura nella prima fase, quindi con immediatezza e con contestualità, otto CIS anziché quattro. Ma questo era quello che volevamo, quindi nessuno di noi partiva dal presupposto che i capoluoghi di provincia dovessero essere indeboliti, il presupposto era esattamente il contrario: se nei capoluoghi di provincia organizzavamo un sistema scolastico come quello attuale fortemente radicato, difficilmente ci si sarebbe poi aperti al territorio. invece aprendoci al territorio da subito abbiamo ottenuto il risultato di dire "sì, si possono aumentare i CIS da subito" e quindi, oltre che nel territorio organizzarli anche nei capoluoghi di provincia. Mi pare quindi che la scelta della Commissione sia stata attenta, opportuna intelligente e oggi la proposta che viene avanzata dai gruppi consiliari di maggioranza di istituire otto CIS, quattro nei capoluoghi di provincia e quattro nel territorio da valutare insieme alle istituzioni scolastiche complessivamente intese, ma anche alla Regione, al sistema delle autonomie, è un esempio di come siamo riusciti, comunque, a rielaborare una proposta che tenesse conto delle diversità del nostro territorio regionale.
Credo che questa sia una proposta sulla quale possiamo trovare concretamente un punto d'incontro, credo che su altri elementi come la diramazione periferica delle aree che fanno capo alla direzione generale o la necessità che a dirigere i CSA debba necessariamente esserci un ex provveditore agli studi, non sia la sostanza reale del problema e che su questo si debba necessariamente andare ad un conflitto, ad un confronto che invece mi pare abbastanza proficuo e produttivo per come si è impostato fino a questo momento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

CESARE PROCACCINI. La volontà dichiarata del nuovo Governo di destra è quella di smantellare la riforma scolastica in atto e della quale discutiamo. Ma questo sarebbe poca cosa se non portasse con sé un'altra volontà, anch'essa dichiarata: quella che insieme alla riforma dovrà essere smantellata anche la scuola pubblica come sistema di istruzione nel nostro Paese. Si accentuerà, nella volontà concreta del centro-destra, l'aziendalizzazione ed in definitiva il modello lombardo che porterà alla privatizzazione della scuola pubblica. E' in questo contesto politico, non tecnico, che oggi il Consiglio regionale delle Marche è chiamato a decidere, per la verità in maniera un po' anomala, perché secondo noi questo atto politico doveva essere discusso ed approvato in maniera integrante, come parere, dal Consiglio regionale stesso e non attraverso questa modalità, ripeto anomala, che in qualche modo esautora da una decisione il Consiglio regionale. Infatti, in questo contesto così dinamico e per certi versi anche preoccupante rispetto allo scenario che ho appena indicatosi integra la scuola con la formazione, il sapere con il lavoro, entrano nella filiera scolastica nuovi soggetti che prima non c'erano, come quello degli enti locali ed in maniera opportuna i governi di centro-sinistra, a conclusione di una difficile conclusione e mediazione rispetto ai rapporti di forza che c'erano nel Parlamento allora, nel 1999 giunsero all'accorpamento dei diversi Ministeri: si accorparono l'istruzione, l'università e la ricerca, proprio in virtù e in prefigurazione di una nuova scuola, di una scuola più dinamica, più aperta, ma sempre di una scuola che avesse i connotati forti di scuola pubblica. Un ruolo diverso degli enti locali, non più semplici proprietari, come attualmente sono i Comuni e le Province, delle sedi fisiche delle strutture, ma attori decisivi per lo sviluppo della scuola pubblica. Si avvia in definitiva, secondo noi, un processo di giusta separazione tra l'Amministrazione scolastica e lo sviluppo dei programmi, scompaiono i provveditorati e si dà avvio a quella che potremmo chiamare, in maniera ancora impropria, una sorta di autonomia scolastica che si sostanzierà non a parole ma attraverso il convergere di finanziamenti, in primo luogo, per il sistema scolastico e per il suo sostegno.
In questo contesto il gruppo dei comunisti italiani, sia in Commissione in tempi non sospetti che ancor prima, aveva detto e sostiene tuttora che occorrerebbero, oltre quello che si è fatto, accentrare il più possibile i CSA, perché essi assolvono ad una funzione, o dovrebbero assolvere ad una funzione di macrogestione amministrativa e, viceversa, si dovrebbero decentrare al massimo i centri servizi per lo sviluppo delle istituzioni scolastiche autonome, i cosiddetti CIS, perché la riforma pone anche lo sviluppo della scuola ad un livello di soggettivismo, per alcuni per fortuna, per noi purtroppo, perché questo soggettivismo, come tutti i soggettivismi può essere giocato sia in senso positivo che negativo, vale a dire che se l'autonomia scolastica è ubicata in un comprensorio dinamico delle Marche e dell'Italia essa può avere uno sviluppo o, viceversa, se ubicata in zone marginali può addirittura regredire rispetto agli attuali livelli, quindi l'autonomia si sostanzia con le risorse. Dobbiamo evitare che ci siano separazioni, gerarchie tra i territori ricchi e i territori poveri per livellare in alto la scuola, e i CIS debbono fare questo. Pertanto essi dovrebbero, secondo noi, essere in numero sempre maggiore e il più possibile vicini a quelle scuole di frontiera che debbono avere il giusto sostegno per non perdere il passo.
Oggi vediamo che rispetto ad una impostazione diversa, per certi versi minimale, che la Commissione aveva correttosi propongono in partenza otto CIS, otto centri di servizio per l'autonomia scolastica. Questo è un fatto positivo, anzi molto positivo, ma è molto positivo se l'avvio avverrà effettivamente in maniera contestuale, altrimenti ciò potrebbe costituire da un lato una fuga in avanti e può esserci il rischio concreto che se guardassimo alla situazione attuale potrebbero partire solo quei CIS che avranno sede nei capoluogo di provincia. Sarebbe stato meglio quattro e subito in sedi diverse dai capoluogo di provincia, ma proprio per rifuggire da quella logica che abbiamo sentito, che leggiamo sulla stampa, per cui ognuno parla — consiglieri regionali e non solo — a seconda del luogo in cui si abita, mentre la scuola dovrebbe avere una visione meno provinciale, meno localistica e, secondo noi, vista la realtà concreta, non quella della fantasia, forse sarebbe stato meglio partire da subito con quattro CSA nei quattro capoluoghi e quattro CIS da subito in zone diverse, da individuare attraverso una collaborazione e partecipazione tra i diversi soggetti, siano essi tecnici ma soprattutto istituzionali, e mi riferisco agli enti locali.
In conclusione, tuttavia, abbiamo sottoscritto come gruppo questa risoluzione di maggioranza, perché siamo nella fase di vigilanza affinché gli otto CIS partano in maniera contestuale e non siano delle fughe in avanti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Purtroppo la discussione su questo argomento parte viziata da una questione di fondo, cioè da una competenza non legittima, in qualche modo affermata da questa maggioranza, cioè la competenza che è stata assegnata alla Giunta e non al Consiglio regionale di intervenire su questa materia, come avevamo segnalato nella Conferenza dei presidenti di gruppo e in Commissione consiliare.
La seconda considerazione che voglio fare è che mi sembra che i toni trionfalistici del consigliere Mollaroli e quelli molto ideologici del consigliere Procaccini si scontrano con una realtà di fatto molto diversa.
Intanto non condivido i toni trionfalistici rispetto agli effetti della "riforma Berlinguer", o se volete delle tante "riforme Berlinguer". Luci e ombre? Io dico più ombre che luci rispetto a quello che è stato fatto: da una parte la scelta di uno smantellamento progressivo di tutte le strutture periferiche dello Stato non solo nella pubblica istruzione ma che ha accompagnato tutta la seconda parte della "riforma Bassanini". Se da una parte si può riconoscere il positivo nella semplificazione, nello snellimento, rispetto a questo processo di smantellamento dei terminali dello Stato, specialmente nei territori, senza avere preparato canali, riferimenti alternativi ma scaricando sugli enti locali, specialmente sulle Province, tutta una serie di competenze, non ci sembra sia stata una scelta oculata. Ma io ci ho visto molto di punitivo, di ideologico dietro questa scelta, cioè una deriva sul sistema delle autonomie locali che partiva da una convenienza politica più che da un oggettivo riscontro...

MARCO LUCHETTI. Direi quasi una "sovietizzazione".

ROBERTO GIANNOTTI. Esatto... Credo che il consigliere Luchetti sia molto utile sul piano di queste esplicitazioni.
Ci troviamo davanti ad una riforma dei cicli nata come è nata, partita male, che mi auguro, al di là delle minacce del più numeroso sindacato italiano, sia bloccata dal Governo e sia rimandata, nel senso che si recuperi un confronto serio, vero nel Paese con chi nella scuola vive. La riforma dei cicli possiede questo grande deficit di essere una riforma imposta agli operatori della scuola. Ne è testimonianza concreta la bocciatura da del massimo organismo di partecipazione della scuola.
Così come — non me ne voglia il consigliere Procaccini — qui non è problema di privatizzazione della scuola ma del riconoscimento di un diritto che noi riteniamo giusto per garantire in questo Paese il pluralismo educativo e la pari dignità di tutte le famiglie italiane a scegliersi l'opzione educativa più consona al proprio modello. E su questo piano, purtroppo, dobbiamo registrare una chiusura, una blindatura in senso negativo da parte di questa Regione che continua, a differenza di tante altre Regioni italiane, a disattendere l'esigenza che noi abbiamo proposto dell'introduzione del buono scuola, cioè della possibilità concreta, per le famiglie, di poter recuperare parte degli oneri sostenuti.
Noi crediamo che le Marche in questo modo continuino a negare un diritto alle famiglie marchigiane, questa è la diversità di valutazione che ci separa tantissimo.
Ma fatta questa premessa di carattere generale credo sia giusto tornare al tema che ci interessa da vicino. Questo è il secondo passaggio di competenza diretta della Regione. Noi abbiamo già discusso di scuola in maniera approfondita un anno e mezzo fa, quando definimmo il nuovo dimensionamento scolastico. Anche in quell'occasione assistemmo ad una posizione di ambiguità della Giunta regionale che non svolse un ruolo positivo rispetto a questo processo, ma che si limitò a registrare il volere delle conferenze provinciali delle autonomie. Se vi ricordate tutta la partita relativa al dimensionamento, ci trovammo, in Consiglio, a dover prendere atto di questa mancanza di iniziativa da parte dell’Esecutivo regionale, al punto che dovemmo tutti registrare, in negativo, la necessità di adeguare quello strumento organizzativo che in qualche modo il Consiglio regionale approvò. Oggi ci troviamo di fronte a discutere il secondo passaggio che ci compete, quello relativo alla organizzazione del sistema scolastico, della struttura scolastica, cioè ad esprimere un parere rispetto alla proposta che è stata formulata dal nuovo direttore generale.
Che dire su questo percorso? Intanto il difetto fondamentale: questo atto è stato assunto dal nuovo direttore generale in carenza di una reale partecipazione degli enti locali, delle organizzazioni sindacali, degli operatori scolastici. Se i colleghi consiglieri si prendono la responsabilità di andare a leggere gli atti dell’audizione della prima Commissione consiliare fatta con quanti nella scuola operano, si rendono conto da soli quanto sia stato verticistico questo provvedimento. E’ mancata una concertazione reale, quindi questa proposta ha saltato qualsiasi esigenza di partecipazione.
Questa proposta si discosta apertamente dalle linee guida relative all’articolazione degli uffici scolastici regionali. Se qualcuno di voi vuole andare a vedere da vicino il documento di indirizzo licenziato dal Ministero si renderà conto da solo che c’è, comunque, una scelta diversa rispetto agli indirizzi che sono stati definiti, perché c’è un accentramento di competenze, di strutture, di personale sul livello regionale e c’è un alleggerimento di competenze, strutture e personale dai livelli provinciali. L’indirizzo sanciva un equilibrio armonico fra la nuova struttura regionale e le strutture provinciali che rimanevano, quindi fra la direzione regionale e il CSA, la proposta di articolazione del direttore generale realizza uno squilibrio reale, un appesantimento della struttura regionale, la creazione di una megastruttura, rimettendo tutte le competenze sul piano amministrativo.
Così come riteniamo che le scelte relative alla realizzazione, all’articolazione dei CIS non tengano conto, oggettivamente, delle esigenze del sistema scolastico regionale, né per quello che riguarda l’articolazione territoriale né per quello che riguarda le possibilità innovative che pure, in qualche modo, venivano affermate, cioè la possibilità di CIS tematici che pure, in qualche modo, recuperavano alcuni aspetti caratteristici del sistema e garantivano un supporto sul piano educativo concreto alle diverse esperienze regionali.
Il dibattito che è seguito alla presentazione di questa proposta secondo me è di basso profilo politico, cioè da una parte mi sembra che ci sia una preoccupazione smisurata di difendere la “riforme Berlinguer” con tutto quello che essa ha prodotto, quindi si è difeso il positivo e il negativo, non si è avuto il coraggio di dire che alcune cose sono sbagliate. D’altra parte c’è stata — credo che di questo debba darsi atto alle opposizioni — la volontà di cogliere l’effetto vero di questo decentramento. Noi abbiamo voluto rimarcare, nel dibattito in sede di Commissione consiliare — l’abbiamo fatto in maniera unitaria, a segnalazione con cui i commissari della Casa delle libertà hanno affrontato il problema — una posizione che ha puntato e punta su alcuni obiettivi che in qualche modo voglio solamente riassumere per titoli.
Intanto l’attenuazione di questa nuova forma di centralismo burocratico del sistema scolastico regionale. Secondo noi, le scelte fatte in ordine al ruolo e alle competenze del personale e della struttura della direzione regionale sono scelte che di fatto realizzano una nuova forma di centralismo burocratico: abbiamo sostituito al centralismo romano un centralismo “anconetano”, per dire regionale. La seconda questione che abbiamo posto e che poniamo nella proposta di risoluzione che abbiamo presentato è quella di una valorizzazione dei CSA, per rendere queste strutture un servizio reale all’utenza e agli operatori del mondo della scuola, facendole diventare un braccio operativo del sistema. La terza una accentuazione dei CIS sul territorio, cogliendo specificità diverse. Non ci sembrava e non ci sembra che la scelta difensiva di localizzare i CIS nei capoluoghi di provincia sia stata intelligente, tanto è che nel giro di una notte, anzi di un pomeriggio, la maggioranza ha cambiato idea, è entrata in Consiglio regionale questa mattina con la proposta di fare quattro CIS, lasciando indistinto il discorso della possibilità di allargamento e alle quattro e mezza del pomeriggio presenta una risoluzione con cui accetta la proposta dell’opposizione — ne prendiamo atto — di realizzare otto CIS nella regione. Siamo soddisfatti che la maggioranza ha accettato la proposta dell’opposizione, ci sembra però una conversione molto strumentale, molto propagandistica.
Credo che sia poco per modificare le posizioni assunte, il nostro è un giudizio complessivo autorevolissimo che interviene su tutta la materia e quindi ha dei punti di riferimento fondamentali che non mi sembra siano recepiti completamente dalla risoluzione della maggioranza, quindi mantengo questo giudizio positivo, quindi voteremo la nostra risoluzione, evidentemente, ma non possiamo fare a meno di riconoscere che questo aspetto dell’articolazione territoriale delle strutture a supporto del dimensionamento scolastico rappresentate dai CIS è una posizione che unifica, di fatto, le posizioni, quindi voteremo anche questo aspetto della risoluzione della maggioranza, nel caso venisse bocciata la nostra risoluzione, perché in questo modo, comunque, uno degli obiettivi che abbiamo richiamato sarà recepito. Come mi sia consentito di ironizzare, in maniera molto educata e gentile su questa importanza e questa esigenza di sostenere il sistema scolastico della montagna che era un altro dei punti di riferimento della nostra risoluzione che vedo ripreso nella risoluzione della maggioranza. Prendiamo atto di questa conversione al disagio delle zone montane: mi sembra risibile il richiamo dell’assessore Cecchini a costruire un tavolo istituzionale per il coordinamento di governo integrato rispetto ad una materia che già riconosce gradi spazi alla Regione, quindi un ruolo che l’assessore Cecchini può e deve svolgere insieme al Presidente, senza bisogno che venga richiamata questa possibilità dal Consiglio regionale attraverso una risoluzione. E’ bene che lo faccia con serietà e con competenza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Poche riflessioni in aggiunta a quelle fatte dai colleghi Romagnoli e Giannotti.
La prima è sullo stato d’animo che comprendo aver pervaso e condizionato il direttore generale della pubblica istruzione nominato dal Governo e calato nella periferia marchigiana. Sicuramente è il momento più difficile, più inopportuno per darsi linee precise e progetti chiari, quindi ho colto nel dott. Iodice una particolare timidezza nell’azzardare una proposta organizzativa. Il momento peggiore, perché si è trovato nella necessità di condividere tutto della riforma scolastica, anche quello che probabilmente andava rallentato. Quindi capisco questa situazione e vorrei dirgli che di fronte al fuoco di fila che ha avuto d parte delle organizzazioni sindacali e degli enti locali, lo comprendo, anche se non condivido i contenuti della proposta fatta.
Il pensiero del gruppo Ccd è dettagliatamente descritto nella mozione che abbiamo presentato. Mi ha colpito l’ansia con cui i rappresentanti delle organizzazioni degli enti territoriali, in particolar modo l’Anci, l’Upi e l’Uncem hanno affrontato questo problema. Diciamoci, come legislatori regionali — e lo dico a voi come componenti dell’Esecutivo — che questa è la risposta più delicata da dare. oggi, nella fase della costruzione dell’autonomia assistiamo a fenomeni di tutti i tipi, a presidi che fanno lunghe ore di fila dietro la porta dei sindaci per pietire un contributo che serve una volta per il corso di ceramica, una volta per la corale, una volta per la squadra di pallavolo; gli stessi operatori della scuola, insegnanti e presidi che si rivolgono al mondo dell’imprenditoria per avere la sponsorizzazione e far sopravvivere qualche corso. Queste sono tutte espressioni di un’ansia, una preoccupazione che va sicuramente ricondotta a un regime organizzativo abbastanza preciso. CSI, CSA, 4, 8, nei capoluoghi o non nei capoluoghi... Stiamo tutti azzardando una risposta. Prendo atto della buonissima volontà di apertura dell’assessore Cecchini, cioè siamo coscienti del limite che questa, comunque, è una fase di passaggio che comporterà, da qui alla fine dell’anno, uno sforzo più razionale di organizzazione e di risposta. Io dico che per ora la risposta migliore che la Regione nel suo complesso può dare — Esecutivo, Assemblea — è quella di un’importante apertura che dia fiducia agli enti locali, che ponga la scuola all’attenzione anche del mondo economico, sociale e culturale. Occorre un’importante apertura. Guai se la Regione desse la visione, la certezza di una volontà di riaccentramento. Penso che questo non sia, quindi sono soddisfatto delle aperture che ci sono state, mi sento di condividere, oltre alla mozione firmata dai capigruppo del centro-destra, anche quella in gran parte proposta dalla Giunta. Non so se è possibile un’operazione di unificazione per una “uscita” comune all’attenzione della società marchigiana nei confronti della scuola: lo gradirei particolarmente.

PRESIDENTE. Sono stati presentati due documenti: la proposta di risoluzione n. 1 a firma Romagnoli ed altri e la proposta di risoluzione n. 2 a firma Mollaroli ed altri. Le pongo in votazione secondo l’ordine di presentazione, quindi la prima proposta di risoluzione che pongo in votazione è quella presentata dalla minoranza.
(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la proposta di risoluzione n. 2.
Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Tutta la minoranza vota favorevolmente questa proposta di risoluzione che riteniamo parziale rispetto all’entità dei problemi che bisognava diversamente e in maniera generale affrontare e che riteniamo di avere invece affrontato con la proposta testé bocciata. Però, sul punto decisamente fondamentale di aumento del numero dei CIS, consequenziale a quella che è stata la nostra battaglia in prima Commissione, dove chiedevamo l’aumento ad 8, riteniamo di essere favorevoli alla vostra proposta di risoluzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.

UGO ASCOLI. La vicenda si conclude con una unanimità su questa mozione ed è un fatto largamente positivo, però volevo richiamare l’attenzione di tutti sul fatto che le politiche cominciano adesso, cioè adesso stiamo mettendo in piedi una struttura organizzativa che probabilmente funzionerà, ma poi dovremo riempire di contenuti questi CIS, questo nuovo ruolo della Regione nei confronti delle autonomie scolastiche, quindi il vero banco di prova, la vera discussione sui contenuti spero che l’avremo a partire da adesso e non tanto sul fatto che saranno 8, 9 o 10, quindi ci sarà modo di ritornare insieme su questo discorso per vedere concretamente, al di là delle ideologie o delle stereotipate visioni della scuola come, di fatto, vogliamo favorire l’autonomia scolastica sul territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Colgo positivamente questa dichiarazione del collega Ascoli che ritengo importante e che ribadisce quello che abbiamo già detto: inizia adesso uno studio, una sfida, una concertazione, quindi una grande missione da parte dell’Esecutivo regionale e dell’Assemblea legislativa. Richiamo l’attenzione sul terzo punto della mozione presentata dalla minoranza, ma anche sul punto b), che è praticamente identico, rappresentato dalla proposta di risoluzione della maggioranza che noi votiamo. E’ un impegno che avete assunto come Esecutivo, un impegno per tutti noi, ce lo siamo detti un anno fa quando il Presidente ha presentato le sue linee programmatiche: dimentichiamoci, in maniera sana e opportuna, di qualche mania da standard o di legge quando si tratta dei servizi per le zone montane: sappiamo che la scuola per le zone montane è un punto di riferimento essenziale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Sottolineo anch’io l’avvio della costituzione di una nuova dimensione per quanto riguarda la scuola. Vorrei fare una sola sottolineatura: attenti ad affrontare questa problematica in Consiglio regionale con l’occhio alla strutturazione che è la cosa più semplice di cui parlare, nel senso che quando si parla di novità dal punto di vista istituzionale, ragionare sulle istituzioni è la cosa che sembra semplice a farsi, ben sapendo i rischi che si corrono con la realizzazione di nuove strutture, strutture che nel pubblico impiego corrono il rischio di essere autoreferenziali e che probabilmente rischiano, qualche volta, di ingabbiare anche gli stessi processi di riforma.
La cosa essenziale su cui dovremmo soffermarci in maniera molto puntuale e con impegno, è la finalizzazione di tutta questa nuova strutturazione che significa una scuola più vicina ai ragazzi. Da questo punto di vista credo che dovremo fare un grosso sforzo perché l’autonomia non diventi autoreferenziale, perché queste strutture non diventino autoreferenziali, perché effettivamente siano a sevizio dell’educazione, soprattutto nella nuova dimensione che speriamo la scuola abbia. E in questo senso credo che la Regione Marche dovrebbe in massima parte svolgere questo ruolo di sburocratizzare e soprattutto essere pungolo per fare in modo che questa nuova realtà sia efficace e riesca a implementare effettivamente una nuova realtà educativa per la nostra comunità regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Vorrei esprimere l’insoddisfazione per il voto del Consiglio regionale sulla nostra proposta di risoluzione che avrebbe evitato guai al sistema scolastico marchigiano. Avete commesso un errore, ve ne assumete la responsabilità come su tutte le cose, spero di non tornare qui a prendere atto di questo errore fra poco, così com’è stato per le scelte fatte relativamente al dimensionamento scolastico.
La nostra era una proposta ragionevole che se avesse favorito un confronto privo di toni ideologici molto probabilmente ci avrebbe portato più lontano. Rispetto a questa risoluzione, evidentemente recepisce due delle questioni che noi avevamo posto. Primo, il discorso del decollo immediato dei CIS. Dono d’accordo con Ascoli quando dice “adesso si devono riempire di contenuti questo discorso”. Secondo, recepisce, anche se in maniera diversa, l’esigenza del disagio che vivono le zone montane, quindi la necessità di una attenzione particolare alle zone montane. Noi eravamo stati ancora più precisi, avevamo ripreso uno degli aspetti del documento del direttore generale che parlava di CIS tematici. Ci sembra che comunque questo sia un gesto di disponibilità della maggioranza, quindi senza confusione la nostra è una posizione diversa da quella della maggioranza su questo processo che oggi inizia nelle Marche, una posizione diversa sul piano del contenuto; evidentemente questa risoluzione, recependo una delle richieste ci soddisfa in parte, sarebbe sbagliato non votarla, quindi la votiamo per il valore che implica nella scelta della realizzazione di otto CIS nell’immediato e non in tempi remoti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

ADRIANA MOLLAROLI. Esprimo soddisfazione per la risoluzione che ci accingiamo a votare per il merito e per il metodo. Sono convinta che quel numero, quell’articolazione, quella modalità con la quale attiviamo nel territorio i centri di servizio alle autonomie scolastiche siano adeguati rispetto a un territorio marchigiano particolarmente complesso, che non poteva sicuramente essere assorbito soltanto da un centro servizi provinciale. Noi ci siamo contenuti nella Commissione, perché temevamo che non ci fossero risorse adeguate per poter dare vita a otto CIS. Oggi conveniamo che questa è una strada giusta, è un numero adeguato, quindi nel merito credo che il lavoro della Commissione e del Consiglio abbia fatto fare passi in avanti.
Pertanto sì al merito e alle scelte che stiamo compiendo, ma un rilievo voglio fare anche rispetto al metodo. Molto spesso si discute di trovare un nuovo rapporto tra Giunta e Consiglio: mi pare che questo atto che è partito con qualche freddezza e con qualche indecisione su chi doveva essere l’organo preposto ad assumere decisioni nel merito, abbia trovato una giusta dialettica tra Giunta e Consiglio e io credo che anche questo dato di coinvolgimento del Consiglio vada evidenziato. Siamo partiti da situazioni diverse, arriviamo ad un finale diverso da quello previsto, ci arriviamo però tutti insieme con un voto unanime, con una dialettica positiva tra maggioranza e minoranza, tra Giunta e Consiglio. Credo che questo dato sia da mettere in evidenza e spero che si possa imitare anche in altre situazioni.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Le linee guida del Ministero della pubblica istruzione Regioni-Province-Comuni e Comunità montane, a un certo punto recitano: “La responsabilità del CSA è affidata a un funzionario di area C. Ove regioni di particolare complessità del servizio lo rendano opportuno può essere costituito un posto di funzione dirigenziale, raggruppando almeno tre CSA. Tale posto di dirigente si rapporta funzionalmente all’ufficio competente per l’area organizzazione delle politiche di gestione delle risorse umane della scuola”.
Questo è il punto su cui non siamo stati favorevoli alla mozione della minoranza, mentre sulle altre due questioni eravamo d’accordo: l’attenzione alle zone di montagna attraverso una valorizzazione delle scuole pubbliche in questi territori e il raddoppio dei CIS.
Non solo è un buon inizio questo in cui il Consiglio regionale consegna alla Giunta una indicazione forte in quanto unanime, ma credo che la Giunta debba al più presto accogliere ciò che diceva il consigliere Ascoli e chiedere, nei tempi in cui la programmazione dei lavori del Consiglio regionale lo renderanno possibile, una discussione di merito sull’offerta formativa che ci consenta per la parte nostra di fare il nostro lavoro e di offrire a questa nuova struttura dell’organizzazione del Ministero della pubblica istruzione sul territorio la nostra parte di collaborazione che dovrà essere la valorizzazione delle risorse umane ma soprattutto un contributo sui contenuti di un lavoro comune, che devono partire sin da subito.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione n. 2.

(Il Consiglio approva)





Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Era stato convenuto di trattare contestualmente le interrogazioni abbinate alle mozioni. Le mozioni sono iscritte dopo, quindi è chiaro che le interrogazioni non possiamo trattarle in questa fase. Ci sono due interrogazioni che invece possono essere trattate, una del consigliere Ciccioli sulla istituzione del servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione e una del consigliere Amagliani sull’utilizzo degli olii combustibili e distillati pesanti di petrolio. Dopo queste interrogazioni abbiamo invece degli atti amministrativi, uno iscritto questa mattina all’unanimità sul quale non dovrebbe esserci discussione, poi due atti amministrativi, il 48 “Programma pluriennale regionale attuativo del regolamento Cee 2080” e “Programma triennale regionale aree protette”. C’è anche l’atto amministrativo n. 41 che riguarda il programma degli interventi a favore di giovani ed adolescenti. Mi pare di capire che la presidente Mollaroli ne chiede il rinvio in Commissione.

ADRIANA MOLLAROLI. Chiediamo il rinvio in Commissione di questo atto, perché l’assessore competente ha prodotto un atto amministrativo con il quale viene stralciato il primo triennio di attività e già sono state assegnate alla Provincia le risorse. Per la seconda a terza annualità si è aperta una possibilità che noi riteniamo si possa percorrere, quella di inserire le attività legate alla promozione dei giovani nei nuovi piani sociali che gli ambiti territoriali dovranno predisporre. Siccome la filosofia del nuovo piano sociale è quella non soltanto di costruire azioni riparative o di sostegno al disagio ma una politica di forte promozione anche rivolta ai giovani e all’infanzia e visto che per l’infanzia si è proceduto in maniera simile, cioè finanziando per quest’anno soltanto il piano attuale, noi riteniamo che questa proposta che l’assessore ci ha fatto possa essere presa in considerazione, quindi è bene che la Commissione torni ad esprimersi su questo atto.
Volevo dare delle motivazioni al Consiglio perché è la seconda volta che questo atto viene rinviato e oggi si chiede addirittura il rinvio in Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Questo è un atto di debolezza di questo Esecutivo: il congelamento e il rinvio di questo atto dimostrano in quale modo questa Giunta continua ad operare, cioè al buio. Nemmeno atti licenziati da tre mesi vengono sottoposti all’esame del Consiglio regionale: ripensamenti, delibere-stralcio, l’assessore che si muove in maniera disorganica rispetto ad un progetto complessivo. Il risultato è la dimostrazione della incapacità di produrre, sia sul piano legislativo sia sul piano degli atti amministrativi. Prendiamo atto e siamo contrari proprio perché segnala un livello di decadimento politico dell’azione del Governo regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Già questo atto era giunto in quest’aula ed era stato oggetto di rinvio. Ne avevamo fatto anche oggetto di riflessione in quinta Commissione, perché questo atto è nato viziato, poiché la competenza di Commissione consiliare doveva essere almeno duplice, congiunta, tra la prima Commissione consiliare e la quinta Commissione consiliare, perché si tratta di politiche comunque riguardanti un aspetto del sociale forse fra i più delicati: quello degli adolescenti e dei giovani. Già una prima volta ci eravamo espressi favorevolmente a questo rinvio, però constatiamo in questo secondo caso che il tempo trascorso non è stato utile ad affrontare le questioni né di metodo né di merito, quindi ha ragione Giannotti quando dice “abbiamo di fronte atteggiamenti della maggioranza che veramente sono censurabili sotto un profilo di linea politica tenuta”, perché noi avremmo voluto almeno ascoltare da parte della maggioranza quali linee volesse percorrere da qui al futuro, dopo il primo rinvio e questo non c’è stato. Questa è la dimostrazione di un grave malessere, per usare un eufemismo ed essere parchi nei giudizi. Spero che questo ennesimo rinvio sia finalmente occasione da parte della maggioranza, di offrire all’intero Consiglio regionale delle linee chiare di condotta su questo aspetto della politica sociale. Sotto questo profilo ritengo che noi non entreremo nel merito del voto favorevole o contrario ma ci asterremo, censurando un atteggiamento politico della maggioranza che è di grande difficoltà ma anche un atteggiamento che non ha dato nessun motivo di apertura ad un confronto verso le forze di opposizione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.

UGO ASCOLI. Credo che i problemi che sono stati messi in evidenza dai colleghi dell’opposizione siano argomenti rispettabili. Vorrei solo aggiungere una linea di riflessione. Questa legge sui giovani ormai ha cinque anni di vita ed è nata quando le politiche sociali in Italia erano lontane anni luce da quello che sono diventate, a prescindere dai giudizi di merito che si possono dare sulle leggi, nel quinquennio 1995-2000. Di conseguenza, la difficoltà che oggi si è riscontrata è stata quella di calibrare un nuovo intervento triennale su giovani ed adolescenti alla luce della nuova legislazione sociale che sta cambiando in itinere, quindi ci sono stati anche alcuni cambiamenti, alcune problematiche nuove emerse negli ultimi mesi e questo, al di là delle modalità che non hanno coinvolto fino in fondo tutte le giuste Commissioni, può essere anche visto come un motivo che ci ha invitato a ri-ragionare su questa vicenda e, penso e spero, a ripresentare un quadro più organico, più congruo, che vada più rapidamente al nodo delle questioni utilizzando tutta la nuova strumentazione delle politiche sociali.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di rinvio in Commissione della proposta di atto amministrativo n. 41.

(Il Consiglio approva)

PRESIDENTE. Relativamente alla proposta di atto amministrativo n. 43 ad iniziativa della Giunta, vorrei capire se, essendo stata iscritta questa mattina, c’è una richiesta di intervento, una richiesta di presentazione di emendamenti o può essere votata senza discussione. Mi pare di capire che sotto questo profilo dobbiamo chiarirci, perché il collega Moruzzi chiede la parola.

MARCO MORUZZI. Chiedo l’inversione dell’ordine del giorno e l’immediata trattazione della proposta di atto amministrativo n. 43 perché esistono una serie di scadenze che non permetterebbero di rispettare le previsioni di spesa del bilancio 2001-2003. Questo atto avremmo dovuto allegarlo al bilancio di previsione, siamo già fuori tempo, si rischia di impedire l’attuazione di spesa in un settore importante come quello delle aree protette, quindi il mio gruppo chiede la discussione immediata di questo atto, con l’impegno, di affrontare dopo l’atto iscritto all’ordine del giorno, agevolando il più possibile la discussione.

PRESIDENTE. Mi permetto di dire al collega Moruzzi che la proposta di discussione dell’atto amministrativo 51 era di sola votazione, nel senso che non c’era discussione, quindi se non ci sono osservazioni da parte dei consiglieri e la minoranza mi pare che non ne fa, mettevo in votazione direttamente l’atto, quindi non perdevo tempo. Poi, possiamo votare l’anticipazione come richiesto da Moruzzi.

ADRIANA MOLLAROLI. Credo che la proposta di atto amministrativo n. 51 possa essere discussa e approvata senza discussione, perché è già stata abbondantemente discussa e approvata all’unanimità in Commissione e ha anche problemi di tempo.

MARCO MORUZZI. Io insisto sulla richiesta di inversione dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Faccio una proposta complessiva cercando di fare la sintesi. Possiamo seguire questo criterio: sull’atto amministrativo 51 si rinuncia agli interventi e c’è una dichiarazione di voto di Procaccini. Si procede contestualmente all’anticipazione della proposta di atto amministrativo 43 e successivamente alla proposta di atto amministrativo 48.
Pongo in votazione questa proposta complessiva.

(Il Consiglio approva)


Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Programma degli interventi per l’anno 2001 — Criteri e modalità per la concessione dei contributi ai sensi degli artt. 2 e 3 della L. 51/97, “Norme per il sostegno dell’informazione e dell’editoria locale”» Giunta (51)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 51 ad iniziativa della Giunta. Diamo le relazioni per lette.
Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Una brevissima dichiarazione di voto per dire che il gruppo dei Comunisti italiani voterà a favore di questa proposta, tuttavia nella Commissione c’è stata una discussione anche nel merito rispetto alla proposta stessa. La discussione non può essere vincolata a tempi ristretti, perché quando fa comodo all’opposizione, in particolare a Giannotti vengono sollevate questioni di metodo e di democrazia, quando, viceversa, vi sono necessità particolari si vuol accelerare senza discutere. Quindi, Giannotti stia più calmo e rispetti anche le posizioni del Consiglio, perché questo è un atto significativo con finanziamenti pubblici erogati per le diverse voci e per i diversi meccanismi e priorità al sistema dell’informazione, siano quello della carta stampata che radiotelevisivo. Noi diamo il nostro assenso con una preoccupazione ma anche con un rilievo rispetto al fatto che questi finanziamenti vengano in qualche modo suffragati dalla effettiva finalità per la quale viene approvata la proposta e la legge stessa, perché non sempre riscontriamo una imparzialità, seppure riferita alla pluralità del contesto politico istituzionale. Invitiamo quindi gli organi politici e non solo, della Giunta regionale, oltre al nuovo organismo che si istituirà, il COREROM, a verificare l’effettivo ruolo pluralistico della stampa, che deve assolvere a questo compito non come un elemento di concessione rispetto a chi ha migliori canali ma in virtù di un fatto e di un diritto anche, e in questo caso soprattutto, del finanziamento pubblico di cui il sistema della stampa, locale in questo caso, fruisce.
Con queste considerazioni di tipo politico e di verifica noi diamo il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

(Il Consiglio approva)




Proposta di atto amministrativo (Relazioni e rinvio):
«Programma triennale regionale aree protette (PTRAP) 2001/2003 — Legge regionale 28 aprile 1994, n. 15, articolo 7, comma 5» Giunta (43)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 43, ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. L'atto amministrativo che ci viene sottoposto è il programma triennale regionale aree protette 2001/2003 il cosiddetto PTRAP, previsto dalla Legge regionale 15/94 all'articolo 7.
In base a questa legge la programmazione degli interventi relativi alle aree naturali protette e alla tutela dei valori ambientali del territorio regionale avviene attraverso un programma triennale che individua nuove aree di reperimento di interesse naturalistico nelle quali possono essere istituiti parchi e riserve naturali regionali; ripartisce le disponibilità finanziarie tra ciascuna area protetta con contributi per spese di finanziamento e di investimento; inoltre il PTRAP indica le aree nelle quali la Regione intende istituire nel triennio parchi o riserve naturali individuandone la perimetrazione provvisoria e fissando il termine per la loro istituzione.
Nella proposta in questione i consiglieri trovano l'elenco aggiornato delle aree protette istituite e beneficiarie dei fondi che sono 7, di cui 4 parchi naturali regionali: del Conero, della Gola della Rossa-Frasassi, del Monte San Bartolo e del Sasso Simone e Simoncello e 3 riserve naturali statali: dell'Abbadia di Fiastra, della Montagna di Torricchio e della Gola del Furlo istituita con decreto del Ministero dell'ambiente del 6 febbraio 2001 e, notizia di questi giorni, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2001.
A completamento dell'elenco delle aree protette ricordo che le Marche vantano nel loro territorio anche due parchi nazionali, quello dei Monti Sibillini e, in due comuni, il parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga; questi parchi ovviamente non rientrano nelle competenze del PTRAP.
Per quanto attiene alla individuazione di nuove aree di reperimento di interesse naturalistico l'atto riporta la proposta avanzata dalla Regione Marche al Ministero relativa a 80 siti di importanza comunitaria e a 29 zone di protezione speciale.
La programmazione finanziaria è stata effettuata prendendo a riferimento le disponibilità previste nel bilancio pluriennale 2001-2003 corrispondenti a 4 miliardi annui per spese di gestione e altri 4 per spese di investimento. I criteri di riparto sono gli stessi dell'ultimo anno ad eccezione dell'introduzione del parametro “Superficie delle aree protette Rete Natura 2000" che tiene conto delle zone di protezione speciale individuate e proposte dalla Regione Marche ai sensi della direttiva comunitaria 79/409/92 (Uccelli).
La IV Commissione nell'esaminare l'articolato ha ritenuto di accogliere alcune osservazioni effettuate da una associazione ambientalista volte ad ampliare la gamma degli interventi ammissibili indicati al punto 9 dell'articolato. In particolare si tratta di azioni a favore della conservazione del patrimonio faunistico con riferimento alle direttive comunitarie.
Da, ultimo ma solo per dare rilevanza al fatto, faccio presente al Consiglio regionale che il PTRAP contiene il documento di indirizzo per l'istituzione della riserva naturale regionale generale orientata Ripa Bianca di Jesi, attualmente oasi di protezione della fauna.
Ai consiglieri regionali voglio presentare questa mole di carta che vedete, che equivale a oltre 1.500 e-mail giunti alla segreteria del presidente della Regione per chiedere l’istituzione di detta riserva naturale regionale. Quindi, la “questione Ripa Bianca” in questi mesi, in questi anni ha sollevato un grande interesse da parte dell’opinione pubblica, da parte di un gran numero di nostri cittadini, tanto che hanno inviato alla Regione questa entità di lettere ed in ognuno di questi fogli potremmo rilevare una persona che ha chiesto l’istituzione di detta riserva naturale.
Con questo atto corrispondiamo ad un impegno della maggioranza e del Consiglio regionale assunto in sede di bilancio, con un emendamento D'Angelo, di istituire nel triennio questa oasi e quella della Sentina.
La riserva generale orientata Ripa Bianca si farà entro il 31 dicembre di questo anno, come recita il PTRAP.
Devo ringraziare l'assessore Ottaviani per aver impresso, nelle ultime settimane, una accelerazione all'iter amministrativo, per permettere l'approvazione di questo atto prima delle vacanze estive e la conseguente istituzione entro l'anno.
La legge 15 prevede infatti che ogni qualvolta la Regione intende procedere all'istituzione di parchi o riserve naturali indice una apposita conferenza cui partecipano i Comuni, le Province e le Comunità montane dei territori interessati.
Il Presidente della Giunta regionale ha ufficialmente convocato la conferenza per l'istituzione della riserva naturale Ripa Bianca in data 27 gennaio 2000; vi hanno partecipato i rappresentanti dell'Amministrazione comunale di Jesi e della provincia di Ancona in quanto competenti per territorio. La conferenza si è più volte riunita, alla presenza anche dell'assessore regionale e dei funzionari, ma non ha approvato il documento nei termini previsti.
Di qui la decisione di avvalersi dell'articolo 10 della L. 15 che prevede la possibilità da parte della Regione di prescindere dal documento della Conferenza: oggi con il Ptrap approviamo dunque un documento di indirizzo regionale contenente la perimetrazione provvisoria, l'analisi del territorio interessato, gli obiettivi da perseguire in termini di tutela e sviluppo dell'area, la valutazione degli effetti dell'istituzione dell'area, le soluzioni organizzative ritenute adeguate per la gestione dell'area. Per economia di tempo non entro nel merito dei contenuti del documento di indirizzo della riserva: avremo occasione di approfondirli in sede di discussione della delibera di istituzione.
Nell'allegato 1.4 i consiglieri possono prendere visione del documento, delle finalità e delle modalità organizzative. Sottolineo solo che facendo riferimento alla classificazione della L. l5/94, Ripa Bianca viene indicata quale riserva naturale regionale generale orientata, l'Associazione italiana per il WWF viene individuata come possibile soggetto gestore in considerazione al ruolo svolto nell'istituzione della riserva, nella gestione dell'area didattica naturalistica e dell'oasi di protezione della fauna. Tale Associazione ha i requisiti corrispondenti all'art. 12 della L.15.
Inizia da oggi una nuova fase istruttoria che interessa gli uffici regionali e coinvolgerà le rappresentanze sociali, economiche e ambientaliste e porterà ad una delibera del Consiglio regionale di istituzione della riserva regionale. L'impegno è di concludere entro il 31 dicembre e far fare così alla nostra Regione un passo avanti nella valorizzazione del proprio territorio e delle risorse florofaunistiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Come giustamente ricordava la relatrice di maggioranza questo atto, aderendo per lo più a dei criteri di riparto mutuati da una delibera analoga del 2000 va ad effettuare la ripartizione concreta delle risorse stanziate nell’ambito del bilancio di previsione 2001. Questo è l’elemento essenziale del provvedimento a cui, in corso d’opera, si è aggiunta l’opzione su Ripa Bianca in base a questo procedimento di sintesi normativa che è stato illustrato da Stefania Benatti.
Nonostante che l’essenza del provvedimento sia quella di risolversi in una ripartizione di fondi già stanziati, quindi un meccanismo operativo, di natura finanziaria, non possiamo non rilevare come rispetto al sistema e alla filosofia di questa maggioranza per quanto riguarda l’istituzione di aree protette vi siano delle considerazioni da fare di tipo squisitamente politico, di valori generali che Alleanza nazionale, ma credo di poter dire anche le altre componenti della Casa delle libertà nutrono a questo riguardo. E’ recente la nomina, peraltro, di un ministro di Alleanza nazionale come responsabile del dicastero dell’ambiente, con il quale, in occasione di confronti che pure vi sono stati anche recentemente, si condivideva un principio: non vi sono prevenzioni ideologiche nei confronti dei sistemi-parco nella loro generalità, è tuttavia necessario, probabilmente, valutare l’opportunità di modificare le regole di gestione e di fruizione dei parchi stessi. Questa maggioranza ha sempre, in maniera sistematica, indicato nel cosiddetto sviluppo sostenibile una delle proprie priorità. Ciononostante non possiamo non sottolineare come il regime vincolistico che spesso e volentieri esclude dalla possibilità di fruire il parco proprio gli autoctoni, coloro i quali per anni e per secoli, probabilmente, hanno vissuto nel parco e vivono tuttora nel parco, si trovano ad essere protagonisti di un grave paradosso: un’impostazione ideologica che esclude, comunque menoma in maniera piuttosto evidente proprio i diritti di coloro i quali hanno reso possibile che certe aree, certe situazioni non solo localizzate nella montagna ma soprattutto nella montagna, possano essere oggi elevate a rango di parco.
Questo tipo di regole, questa impostazione vincolistica delle aree parco rappresentano qualcosa meritevole di profonda rivisitazione, quindi nel momento in cui si prevedono o si preannunciano le istituzioni di nuove aree protette io ritengo che sia necessario porre l’attenzione anche su quelle che sono le regole di questa protezione per avviare un percorso che, senza devastare il principio del parco, possa essere però coniugato con quelli che sono gli interessi e i diritti di chi nei parchi vive, di chi nell’ambito delle aree protette deve comunque, suo malgrado o di buon grado, continuare a operare. Questo è il primo sunto che ci autorizza a nutrire delle perplessità, più che sul criterio di riparto finanziario sul principio che informa di sé la politica dei diversi Ptrap che si sono susseguiti da un decennio a questa parte. Non possiamo infatti non ricordare come il problema delle aree protette si sposi anche ad una programmazione che parte da un presupposto e da una premessa: per parlare di istituzione di nuove aree — è il caso della Sentina di San Benedetto — è necessario valutare nel complesso quali sono le percentuali all’interno di ciascuna provincia, di aree sottoposte, sia pure in misura e grado diverso, a vincoli protezionistici.
Io sono della provincia di Ascoli Piceno e posso dire che la provincia di Ascoli Piceno è interessata in maniera consistente e considerevole dalla presenza di due parchi ed è noto come la politica dei parchi, nazionali in questo caso, sia stata spesso e volentieri esercitata proprio in conflitto con quelli che da un lato sono i diritti delle abitazioni autoctone, ma anche, spesso e volentieri, procedendo ad una sottrazione progressiva, anche all’interno del parco, delle prerogative e delle funzioni amministrative degli enti locali che sono ricompresi all’interno del parco.
Queste sono valutazioni che ritengo necessario consegnare a questa Assemblea, anche in relazione alla possibilità preannunciata dell’istituzione di nuove aree protette. Mi riferisco alla Sentina: probabilmente in questo sarò in polemica evidente, scontata con Pietro D’Angelo, certo è che senza passare da unno o da visigoto penso di non meritare particolari critiche malevoli se dico che è necessario che il parco non sia il frutto di un’imposizione ma di un negoziato che al di là delle conferenze di servizio veda coinvolte e protagoniste soprattutto le popolazioni. E non mi riferisco esclusivamente a coloro i quali esercitano le attività venatorie, che pure meritano rispetto e considerazione. E’ noto come le leggi individuino percentuali massime di territorio provinciale sottratto all’esercizio venatorio. Nell’ambito della provincia di Ascoli Piceno siamo ben altre quelle percentuali proprio per la compresenza di due parchi nazionali, che potrebbe in qualche modo essere ulteriormente aggravata dalla istituzione del parco della Sentina, che peraltro è al centro di una vicenda amministrativa che proprio in questi giorni sta occupando da un lato le cronache, dall’altro i tavoli dei sindaci interessati, perché come noto l’area della Sentina è di proprietà del Comune di Ascoli Piceno, pur essendo dislocata nell’agro del comune di San Benedetto del Tronto, quindi un anello concentrico dal punto di vista amministrativo, che però prevede, anche in questo caso, la necessità di un coinvolgimento e di un procedimento che progressivamente non veda espunta dalla discussione e dalla valutazione dell’opportunità del futuro della Sentina proprio la partecipazione dei Comuni.
Quello che voglio in sostanza dire è che al di là dei criteri di riparto si pone con forza la necessità di interpretare la filosofia del parco in maniera diversa, non solo in senso meno vincolistico ma anche in modo che le risorse che oggi noi andiamo ad affidare a coloro i quali queste aree gestiscano, possano essere canalizzate anche in favore di quelle che sono le risorse e le attitudini di chi nel parco vive, di chi opera da sempre nell’ambito di queste aree, anche evitando qualche spreco di troppo che in qualche caso abbiamo registrato proprio nel momento in cui questa messe di risorse spesso e volentieri va a finanziare studi e progetti che fanno il paio con tanti quintali di carta documentale che recentemente risulta essere stata prodotta proprio sulla base di queste cose.
Il dimensionamento triennale del piano autorizza qualche dubbio anche sotto questo punto di vista, nel momento in cui, per l’appunto, si fa riferimento, nell’ambito di finalità che sono tutte protese a valorizzare più la presenza vegetazionale e animale che quella umana, anche a finanziare studi e indagini del patrimonio faunistico, floristico, vegetazionale, interventi di monitoraggio che sono necessari ma che probabilmente devono essere riservati ad organismi che in maniera unitaria ed omogenea possano evitare la dispersione di queste risorse nei mille rivoli delle valutazioni particolaristiche. Così come sappiamo che all’interno delle pieghe di queste risorse possono anche annidarsi delle situazioni di eccessivo appesantimento anche degli organismi di direzione e gestione di questi parchi.
Allora, al di là di quelle che possono essere facili considerazioni populistiche riteniamo che non possa essere dato un giudizio positivo, affermativo rispetto a questo piano, non tanto in ragione di quella che è la concreta allocazione delle risorse, ma proprio come espressione politica di un disagio che da parte del centro-destra viene vissuto rispetto ad un incremento esponenziale di queste aree riservate che tuttavia non tengono in adeguata considerazione i diritti e le aspettative di chi nelle aree “riservate” vive ed opera da anni ed anche in considerazione della necessità, quindi, di sposare meglio e di più l’esigenza, che tutti noi condividiamo, di una valorizzazione, di una tutela delle zone preziose della nostra regione, con quelle che sono le ragioni di una comunità che non vuole subire il parco, che non vuole subire l’area riservata ma vuole, probabilmente, vedere realmente in queste soluzioni amministrative e ambientali delle occasioni di sviluppo e non semplicemente dei vincoli.
Queste sono state le considerazioni che hanno spinto noi commissari del centro-destra all’interno della quarta Commissione a non dare parere positivo. Per quanto riguarda la riserva di Ripa Bianca è stata proposta una soluzione che sicuramente è un po’ particolare, nel senso che l’indirizzo viene inserito all’interno del Ptrap in maniera tale da accorciare, sostanzialmente, le procedure. Da questo punto di vista qualche perplessità rimane, ma è evidente che riserviamo anche al prosieguo della discussione ogni considerazione circa l’atteggiamento di voto sul piano nella sua complessità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Vorrei richiamare preliminarmente l’attenzione della presidenza e dei colleghi su una questione di rispetto delle procedure. La nostra legge regionale 15 del 1994 relativa all’istituzione di parchi e riserve naturali prevede, per quanto concerne il programma triennale delle aree protette la proposta della Giunta regionale, “sentito il comitato tecnico-scientifico regionale e la conferenza regionale delle autonomie di cui all’art. 2 della legge 46/92”. Di questo parere non viene data menzione nella parte di premessa del deliberato. Non so se perché non sono stati mai riuniti questi organismi o se è una dimenticanza da parte dell’estensore dell’atto. Seconda cosa, preliminare anch’essa, l’istituzione di una riserva naturale, pertanto il proprio documento d’indirizzo dice “può essere allegato, nell’ambito dell’approvazione del piano triennale”, ma solo il documento di indirizzo in tale sede approvato, cioè nella sede di conferenza delle autonomie, cioè degli organi che sono indicati come coloro che devono proporre il documento di indirizzo. Sappiamo, per stessa ammissione dei presentatori dell’atto, cioè della Giunta, che la conferenza, riunita in data 27 gennaio 2000 non ha approvato entro il termine di 60 giorni il documento d’indirizzo, perciò abbiamo una violazione del comma 6 dell’art. 7 citato da questa nostra deliberazione, perché il comma 6 dice “prima della presentazione di proposte di programma al Consiglio regionale il Presidente della Giunta indice la conferenza dell’istituzione aree protette dei rispettivi territori. I documenti di indirizzo, in tale sede approvati, sono allegati alla proposta di programma triennale”. A parte i termini che erano stati già ricordati da Moruzzi relativamente al fatto che il programma triennale doveva essere allegato addirittura al bilancio previsionale, mentre in realtà lo stiamo discutendo ampiamente fuori dei termini previsti dalla legge, il programma triennale non prevede, almeno nelle premesse, la preliminare acquisizione dei pareri che sono richiesti dalla legge, dei due organismi che abbiamo detto, comitato tecnico-scientifico regionale e conferenza regionale delle autonomie. Vorrei pertanto una risposta su questo punto per sapere se ci sono questi pareri, se sono stati acquisiti.
Inoltre, questo programma triennale vede in allegato un documento che non è stato approvato da alcuno, cosa che invece il comma 6 prevede come documento approvato. Poi allegarlo al piano triennale, ma solo nel momento in cui è un documento approvato dalla conferenza delle autonomie di cui all’art. 10 per l’istituzione di un’area naturale protetta.
Questi elementi giuridici, tecnici ostano, a mio avviso — l’ho detto dopo la relazione illustrativa dell’atto perché dalla relazione poteva evincersi altro che magari non era a mia conoscenza — alla discussione, perché si tratta di un atto irregolare, fino alla eventuale sua nullità perché non ha seguito le procedure di legge.
Su questo vorrei il parere della segreteria e vorrei capire l’intendimento dell’aula.

PRESIDENTE. Vorrei capire se lei pone una questione pregiudiziale, nel senso che ritiene che mancano gli elementi essenziali per poter discutere dell’atto, o se pone una questione di merito, cosa che non spetta giudicare né alla segreteria né ad altri, la questione di merito viene votata dall’Assemblea e in relazione al voto finale che ci sarà l’atto sarà poi sottoposto a controllo.

FABIO PISTARELLI. Pongo una questione pregiudiziale e sospensiva ai sensi dell’art. 39.

PRESIDENTE. La questione pregiudiziale, cioè che un dato argomento non debba discutersi, e la questione sospensiva, cioè che la discussione o la deliberazione debba rinviarsi, “possono essere proposte da un consigliere prima che abbia inizio la discussione. Il Presidente ha tuttavia facoltà di ammetterle nel corso della discussione...” ecc. “La questione pregiudiziale e quella sospensiva hanno carattere incidentale e la discussione non può proseguire se non dopo che il Consiglio si sia pronunciato su di essa”. Quindi, se le argomentazioni prodotte dal collega Pistarelli sono legate alla questione pregiudiziale e sospensiva, prima di procedere con la discussione dell’atto dobbiamo votare la questione pregiudiziale posta, per capire se si deve proseguire nella discussione o meno. Non è quindi problema che si possa discutere in relazione a un’interpretazione tecnica, tra l’altro legata ad una carenza di elementi che ad avviso del collega Pistarelli ci sarebbero nell’atto. A mio avviso è più una questione di merito che una questione pregiudiziale, per come l’ho interpretata in relazione a quello che il consigliere Pistarelli ha detto, però siccome l’aula è sovrana e lei pone una questione pregiudiziale, la questione pregiudiziale vede impegnata l’aula a votare e ad ammettere o meno la questione pregiudiziale che lei solleva. Questa è una interpretazione del regolamento. (Interruzione del consigliere Pistarelli). Lei pone una questione pregiudiziale: sulla questione pregiudiziale non si pronuncia il dirigente del servizio. Se fosse quello che dice lei, che sulla questione pregiudiziale si pronuncia il dirigente del servizio, non si voterebbe. Sulla questione pregiudiziale si pronuncia l’aula.
Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Io ero per una teoria sempre legata al buon senso. Siccome siamo arrivati in dirittura d’arrivo rispetto alle questioni che comunque, prima dell’intervento di Pistarelli era già vasto perché prevedeva l’iscrizione a parlare di un certo numero di colleghi e siccome penso che per questioni diverse sarebbe difficile e forse impossibile votare positivamente una seduta notturna alle 19,30, personalmente — ma penso di poterlo dire anche a nome dei colleghi del gruppo Ds — sarei favorevole ad un approfondimento, anche perché le questioni poste da Pistarelli non sono irrilevanti e noi non abbiamo alcun elemento, al momento per poter valutare la congruità delle medesime. Essendo il tempo tiranno ed essendoci questa questione che non mi sembra irrilevante ed essendoci il prossimo Consiglio comunque tra dieci giorni, proporrei di interrompere la discussione dell’atto a questo punto, consentendo a tutti noi un approfondimento e valutare se è utile o meno esaminare l’atto amministrativo 48, oppure chiudere, perché mi pare che il lavoro della giornata si sia comunque svolto positivamente. Rispetto a questo, procedere ci sembrerebbe una forzatura eccessiva, perché non abbiamo le idee chiare su questioni delicate.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Ottaviani.

ROBERTO OTTAVIANI. Su una delle osservazioni poste dal consigliere Pistarelli sono in grado di rispondere in questo momento, sull’altra ho qualche difficoltà perché mi mancano delle informazioni, ma sicuramente il Ptrap è stato oggetto di discussione nella conferenza delle autonomie, non a caso è richiamato nel documento, su questo non ho ombra di dubbio. Sul comitato tecnico-scientifico non so darle una risposta immediata, essendo decaduto nella precedente legislatura, quindi non avendo i miei organi tecnici a disposizione in questo momento non so darle un parere se possa essere scavalcato dal Consiglio con la sua potestà.
Faccio presente che c’è un’esigenza — anche se si può rimandare di qualche giorno — di avviare il Ptrap, tenendo conto che tutte le aree protette hanno la programmazione e i loro finanziamenti vincolati all’approvazione di questo piano, indipendentemente dalla specificità di questo passaggio.

PRESIDENTE. C’è una proposta del consigliere Amati che viene incontro alle richieste che sono state formulate da Pistarelli e allo stesso tempo ai dubbi interpretativi che ha l’assessore. Direi che non sarebbe opportuno, in questa fase, arrivare alla votazione sulla questione pregiudiziale e sospensiva, conviene rinviare, tenendo conto anche che si sono prenotati otto colleghi a parlare e che comunque non riusciremmo ad esaurire la discussione in serata. Quindi direi che conviene rinviare la discussione generale alla prossima seduta, previa verifica che invito l’assessore ad effettuare con la struttura, con il servizio e, contestualmente, la segreteria del Consiglio si attiverà per una verifica incrociata. Se siamo tutti d’accordo sospendiamo l’esame dell’atto, riprendiamo dalle iscrizioni di intervento che ci sono, previa comunicazione circa i quesiti che ha posto il collega Pistarelli. (Interruzione). Se le risposte sono soddisfacenti non votiamo, altrimenti si vota comunque sulla questione pregiudiziale posta.
A questo punto, sospendiamo l’esame dell’atto.

PIETRO D’ANGELO. Per quanto riguarda il gruppo Verdi dovrei fare un intervento per manifestare la nostra contrarietà.

PRESIDENTE. Qui c’è una richiesta di votazione sulla questione pregiudiziale e sospensiva, quindi metto in votazione la richiesta di sospensione per motivi pregiudiziali: o l’aula è in grado di dare una risposta politica e non di merito — perché l’assessore dice che non è in grado di dare una risposta di merito, quindi diventa una risposta politica — e proseguiamo la discussione, posto che abbiamo i numeri. Se viene accolta la questione pregiudiziale, l’atto non può essere esaminato nei sei mesi successivi, quindi siccome credo che tutti abbiamo interesse a portarlo a casa, non parlerei in questo momento in termini di rigidità ma di buon senso. L’assessore dice che in questo momento non ha gli elementi per dare una risposta rispetto alle questioni pregiudiziale sollevate da Pistarelli. Se questo è, credo che non si debba arrivare al voto. Se questa è una questione di buon senso che la minoranza accoglie, non credo che dovremmo essere noi a rifiutarlo.

PIETRO D’ANGELO. Presidente, colleghi, è chiaro che ciò che ha ispirato gli interventi in questo breve dibattito relativamente all’approvazione del Ptrap è un fatto di natura non tecnica ma politica. E’ emersa chiaramente la volontà politica, dall’intervento del relatore di minoranza e da quello del collega Pistarelli, di non approvare il piano triennale regionale delle aree protette.
L’aula si esprimerà come vuole, ma per quanto mi riguarda ritengo che l’aspetto sia politico e politicamente deve essere affrontato. Per questo motivo ritengo che debba essere respinta la proposta dei colleghi di destra che ancora una volta dimostrano la loro concezione sulle aree protette: le vedono come aree che penalizzano i cittadini, non come iniziative che valorizzano la vocazione del territorio. Questa è la verità, e se questa è la verità, per quanto mi riguarda non sono disponibile ad avallare alcuna richiesta di rinvio. D’altra parte il collega Castelli sulla riserva naturale della Sentina è stato molto chiaro, non l’ha detto esplicitamente ma ha fatto intendere che sono contro le riserve naturali.

GILBERTO GASPERI. Le riserve indiane!

PIETRO D’ANGELO. Vorrei ricordare ai colleghi che la Sentina — se vuoi ti fornisco tutta la bibliografia, carissimo Castelli, visto che non l’avrai sicuramente — è stata considerata da più pubblicazioni, compresa una del CNR del 1967 come “area umida di rilevanza europea”. E’ vero che nel frattempo è stata degradata, ma è altrettanto vero che per quanto riguarda la valorizzazione del territorio in base alla propria vocazione...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, ma non faccia l’intervento, non abbiamo aperto la discussione.

PIETRO D’ANGELO. Devo però dire che è un fatto politico per spiegare che la richiesta della destra è solamente politica e non tecnica.
Ritengo che fin quando si parte dal presupposto che un’area protetta va contro gli interessi dei cittadini e non nell’interesse dei cittadini, questa concezione delle aree protette non appartiene al centro-sinistra, non appartiene ai verdi, pertanto chiedo che venga respinta la richiesta della destra come motivo politico e non tecnico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi. Invito ad intervenire rispetto al tema sollevato dal collega Pistarelli e alla proposta che è stata fatta dalla collega Amati.

MARCO MORUZZI. Nelle legislature a cui ho partecipato — questa è la terza — ho assistito a tante votazioni su questioni pregiudiziali. A me sembra che sia grave che in questo Consiglio non la si voglia affrontare e peraltro mi sembra preoccupante che l’assessore, al quale va riconosciuto uno sforzo di accelerazione in queste ultime settimane, non sia preparato ad affrontare le questioni pregiudiziali, perché le procedure su questi atti sono state approfondite e ben definite. Ma a parte questo, vorrei dire con grande chiarezza a questo Consiglio che sarebbe un atto grave rinviare la discussione di questo argomento sulla scorta dell’assenza di un parere che non c’è stato perché nel frattempo l’organismo non è stato istituito e quindi di dare la possibilità effettivamente a chi oggi, sulla base di scelta politica, si oppone a questo atto, di inficiare la validità dell’atto. Quindi attenzione, perché questo gioco l’avevamo denunciato da tempo, per questo avevamo chiesto che l’atto fosse discusso prima delle elezioni. Sarebbe estremamente grave che noi rinviassimo, costituissimo l’organismo che non ha potuto dare il parere perché non è stato costituito fino ad oggi, e poi ci trovassimo effettivamente nella condizione di avere un atto che non ha validità. Sulle questioni pregiudiziali va quindi data una risposta rapida in tempi reali, perché su questo atto ci sono — e lo voglio ricordare ai colleghi che in quest’aula difendono i diritti delle attività dei residenti, delle iniziative economiche delle zone montane — delle risorse che vanno in direzione delle zone montane, perché i parchi li abbiamo soprattutto istituiti in queste zone e a queste risorse dobbiamo dare canali rapidi per arrivare in questi territori e non porre pregiudiziali, perché queste risorse passano attraverso organismi di gestione che si chiamano “parchi”. Il pacchetto di risorse legato a questo atto amministrativo è rilevante e avrebbe dovuto essere legato al bilancio di previsione, ma questo non inficia la validità dell’atto, se mai possiamo fare delle riserve sul bilancio di previsione e non sul Ptrap.
Credo quindi che la questione debba essere affrontata questa sera, il rinvio sarebbe un atto di debolezza oltre che una evidente dimostrazione di capacità di padroneggiare la materia amministrativa relativamente alle procedure stabilite dalla legge regionale 15 del 28 aprile 1994.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Presidente, prima di tutto ritengo che la pregiudiziale era solamente procedurale, a livello tecnico e non politico, perché a livello politico avremo altri argomenti per chiarire certi tipi di scelte, perché vediamo quali sono i fondi che vengono dati ai parchi, quanto va realmente ai parchi e quanto va invece alla classe che è stata messa lì ad occupare dei posti e delle rendite a livello ambientale.
Visto e considerato che l’esperienza di un consigliere regionale ci toglie dall’impasse, perché non c’è certezza nel procedere, ha chiesto di votare un rinvio, ritengo che la cosa migliore sia questa, poi sul piano politico vedremo quando si discuterà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Per fugare dubbi, legittimi, vorrei proporre ai colleghi di assumere l’impegno di mettere al primo punto della discussione del giorno 10 la prosecuzione di questo atto. Non credo che dieci giorni possano rappresentare una dilazione politica e neanche consentano di mettere in piedi nessun’altra attività. Successivamente a questo chiedo però che l’aula rispetti anche l’impegno, votando, di discutere la questione-G8 e quella dei treni, prima delle interrogazioni e delle interpellanze. Credo che, a ridosso delle 19,30 questa sarebbe una proposta di buon senso, con l’impegno di tutti che al primo punto del giorno 10 vi sarà la prosecuzione della discussione dell’atto e le due mozioni, poi quant’altro si riterrà.

PRESIDENTE. Questo aspetto mi pare predominante rispetto alla composizione complessiva dell’ordine del giorno del Consiglio. Ritengo che si possa votare adesso il rinvio, fermo restando la proposta che fa la collega Amati, cioè che non è un rinvio a tempo indeterminato ma al primo punto dell’ordine del giorno del prossimo Consiglio, con le relazioni già effettuate e quindi una prima risposta in merito alle questioni pregiudiziali poste. Se non sarà soddisfacente si andrà avanti con il voto e l’aula deciderà, e in ogni caso si proseguirà con gli interventi e con l’esame dell’atto. Si tratta quindi di un rinvio di 15 giorni. Per quanto riguarda gli altri punti all’ordine del giorno, voterei in un secondo momento, nel senso di fare adesso una votazione per quanto riguarda la questione pregiudiziale, poi faremo l’invito dell’aula a che, fra i primi punti, possano esserci quelli indicati. Poi vi sarà anche la Conferenza dei presidenti di gruppo, rafforzativa rispetto a questa proposta.
Pongo in votazione la proposta di rinvio dell’atto e di porlo al primo punto della prossima seduta.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione le proposte fatte dalla collega Amati, cioè, di seguito alla discussione di questo atto, quella sul G8 e sull’orario delle Ferrovie.

(Il Consiglio approva)

Comunque, si vedrà con la Conferenza dei presidenti di gruppo come comporre l’ordine del giorno nella sua interezza.
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 19,25