Resoconto seduta n. 5 del 16/06/2000
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI VENERDI' 16 GIUGNO 2000
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI

La seduta riprende alle 15,20

Comunicazione del Presidente della Giunta regionale in ordine a "Indirizzi programmatici della Giunta regionale" (Seguito della discussione)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Presidente della Giunta regionale.
Ha chiesto di parlare il consigliere Romagnoli. Ne ha facoltà.

FRANCA ROMAGNOLI. Signor presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, signori colleghi, ho piacere di prendere per la prima volta la parola in quest'aula, per quanto semivuota, in occasione della mozione programmatica che dovrebbe essere uno dei pochi grandi atti politici che il Presidente della Giunta regionale può svolgere. Sappiamo come le riforme legislative abbiano esautorato gli amministratori di buona parte degli atti amministrativi e come la mozione programmatica debba rimanere un momento significativo.
E' vero anche, come ha detto il mio collega di partito Pistarelli, che non si ravvisa grande solennità a questo momento, non si ravvisa un interesse particolare né da parte degli stessi consiglieri né da parte della stampa, quindi non c'è quella doverosa risonanza, a mio avviso, che soprattutto una neofita vorrebbe che certi momenti avessero. Spero di non adeguarmi a questo clima che a tratti è davvero di rilassatezza, e che si mantenga alta la mia forte considerazione per le istituzioni e per questi momenti di dialettica politica.
La mozione che andiamo a discutere è a mio avviso non all'altezza della valenza politica che invece dovrebbe avere. Una mozione, come già è stato detto, piena di enunciazioni astratte, una mozione priva di apporti significativi e soprattutto di apporti attuativi, che contiene delle forti generalizzazioni, che è vero, parla per slogans, ma soprattutto che risulta indifferenziata nella sostanza, nella considerazione anche geografica del territorio delle Marche, che risulta indifferenziata anche nell'approccio con le singole, diverse problematiche di questa regione.
Sembra da una prima lettura, ma anche da una lettura più approfondita, che le problematiche delle Marche siano omogenee, sembra che l'economia abbia, a nord e a sud, le stesse problematiche e abbia la stessa portata, che le imprese siano uguali, che la sanità, soprattutto, sia uguale. Invece non è così e io mi accingo a fare, in punto di localismo, quindi anche in rappresentanza del mio territorio, un appunto forte a questa mozione, perché ritengo che l'attenzione non debba solo riguardare un decentramento federale che va dallo Stato centrale alla Regione, che va dalla Regione ad enti, associazioni e momenti periferici; il localismo si realizza anche difendendo e dando voce a quelle che sono delle istanze locali, anche in maniera intraregionale. E' quindi giusto che il mio intervento abbia una valenza anche territoriale forte, valenza territoriale che non ravviso rispettata minimamente in questa mozione programmatica che di politico ha forse più ciò che manca che ciò che mostra di avere. Ravviso l'aspetto politico di questi indirizzi programmatici se vado a ricercare ciò che questa non dice. Quindi ci sono delle prese di posizione precise in ciò che è carente in questa mozione, per esempio manca ogni accenno ad istituzioni importanti come la famiglia, manca ogni accenno alla risoluzione di problemi importanti come l'economia, come l'imprenditoria.
Dico anche che il grande assente di questa mozione programmatica è il federalismo, come è già stato detto. Non condivido, se non in linea di principio, le provocazioni autonomistiche-federalistiche di certi "governatori" del nord, comunque "governatori" del centro-destra. Sono profondamente rispettosa dell'unità nazionale e del valore dello Stato centrale. Dico però che dietro certe provocazioni — così vanno chiamate — comunque si nasconde un'ansia federale vera, un anelito che non ravviso minimamente in questa mozione programmatica e che certamente non la pervade. La provocazione può passare anche attraverso quello che quotidianamente leggiamo sui giornali quando questi presidenti del nord si recano da Amato e chiedono un'accelerazione dell'iter parlamentare-costituzionale per avere più autonomia possibile, quindi più campi possibili in cui esplicare la propria autonomia e chiedono addirittura coordinamenti di sicurezza pubblica, cercando di investirsi come coordinatori delle forze dell'ordine, coordinatori soprattutto delle polizie municipali, quando invocano una totale autonomia della sanità, quando invocano una totale indipendenza — è di oggi la notizia — e autonomia scolastica, presentando proposte di legge e richieste relative a questo bonus dell'istruzione, sicuramente provocatorie, sicuramente passi in avanti in questo momento eccessivi. Queste provocazioni dimostrano che il senso del federalismo è stato capito, che la portata rivoluzionaria, importante della legge costituzionale, per la quale ci troviamo qui, che non ha caso ha fatto sì che gli statuti non venissero più emanati con legge di Stato ma con legge regionale, è stata in altre Regioni afferrata e non qui.
Qui c'è un freno a mio avviso forte, che pervade tutta questa mozione, tutta questa relazione programmatica. Una paura che è forse ancestrale, nella sinistra, di aprirsi al nuovo e soprattutto di abbandonare dei retaggi e dei privilegi che derivano da una mentalità fortemente centralista e fortemente statalista.
Non chiediamo con questa mozione di avere tutta quell'autonomia che ci sarebbe consentito avere e nello stesso tempo non diamo autonomia ai corpi intermedi, alle associazioni come anche potremmo fare. Quindi, la mentalità centralista che si ravvisa nel non chiedere tutto quello che potremmo avere ma anche nel non dare, applicando quella sussidiarietà, soprattutto orizzontale, che ci consentirebbe di fare di più e che in questa mozione è appena ventilata, appena accennata, quando, addirittura, in una conclusione di una pagina si dice ""va bene il decentramento, va bene l'affidamento e l'allocazione di compiti e di funzioni anche ai corpi intermedi, anche alle associazioni, anche al volontariato, purché non ci sia sostituzione, purché la gestione rimanga diretta". A me questa frase ha insospettito, perché è sintomatica di una mentalità. Non significa commettere nessun peccato istituzionale dire che la sussidiarietà, anche orizzontale così come è stata recepita dalla Costituzione e dalla legge 10/99 della Regione, consentirebbe di andare oltre, consentirebbe non solo di delegare mediante convenzioni, mediante concessioni, ma di dismettere determinate fasi procedimentali o funzioni che non siano prettamente pubbliche, tutte quelle funzioni che alla sussidiarietà è possibile affidare.
Questo significa sgravare i compiti della Regione centrale, questo significa svolgere meglio, in molti casi, compiti in favore dei cittadini, questo significa anche reperire in questo modo risorse, significa non fare quello che il privato può fare bene come il pubblico e meglio del pubblico, senza nocumento, senza svantaggio per i cittadini e per la resa finale dei servizi.
C'è un freno in questo senso, un freno contro il federalismo che sia richiesta di compiti dal centro ma sia anche delega e quindi affidamento di compiti di questa Regione ad altri.
Ravviso in questa mozione che si arroca molto su un linguaggio generalizzato, generico e non pregnante, non incisivo, una difficoltà della sinistra odierna a parlare con la gente: prima con gli elettori, oggi con i cittadini. D'Alema stesso dice "abbiamo portato l'Italia in Europa, però i cittadini, le categorie non ci capiscono". Io dico che la difficoltà è invece di intercettare le istanze e i bisogni della gente; intercettazione che, con forme forse eclatanti o provocatorie, il centro-destra, soprattutto in chiave regionale, oggi sta facendo.
Dico anche che questa laconicità della mozione programmatica può essere attribuita e dovuta a difficoltà contingenti intrinseche, attuali di questa maggioranza su cui non mi soffermo perché ritengo che i miei colleghi abbiano egregiamente fatto il punto della situazione su quello che è apparso, perché a nessuno è stata nascosta la problematica interna al centro-sinistra marchigiano. La stessa elezione del Presidente del Consiglio passata con 19 voti, fino ad oggi è stato il nocciolo duro della maggioranza, però non siamo andati oltre, anzi lo abbiamo riconfermato in altre occasioni. Quindi una difficoltà interna che frena, che fa sì che i documenti escano dal compromesso, che fa sì che se non ci fosse stato questo taumaturgico rinvio ad oggi — al di là della facoltà del Presidente D'Ambrosio di dare o non dare questo documento, però non ci nascondiamo che il documento il Polo e tutti gli altri consiglieri lo hanno avuto la sera prima, non perché il Presidente avesse dubbi sull'esercizio o meno di questa facoltà di tenere segreto o meno, fino al mattino, il documento stesso, ma perché fino all'ultimo momento è stato rifatto, rivisto, rimaneggiato — il documento avrebbe potuto essere diverso. Quando si rimaneggia, quando fino all'ultimo momento si media, si crea il compromesso, anche dialettico, perché le forze in maggioranza sono divise, poi si verifica un parto che non è dei più eccellenti.
Ma voglio dare rilevanza al localismo anche intra regionale, quindi anche a quelle che sono le istanze locali che doverosamente devo portare in quest'aula, tanto più doverosamente dopo aver letto questo documento che mi sembra che determinate zone delle Marche le trascuri completamente, quasi a dire che non ci siano. Quando sento parlare di cittadinanza regionale, quando sento parlare di patto con gli elettori, mi chiedo se io Franca Romagnoli che vengo dal territorio di Fermo, cittadina regionale, lo sono; mi chiedo se questo patto con gli elettori è stato mai fatto dal Presidente D'Ambrosio con i "miei" elettori, cioè coloro che mi hanno votato. Vedo una lontananza tale ed una mancanza assoluta di ogni riferimento a determinate zone che sono problematiche, non perché io voglia sbandierare il campanile, ma se ci sono problemi di povertà, di problematiche di sviluppo in questo documento, è giusto che esso si caratterizzi anche geograficamente, cosa che non è minimamente avvenuta.
Mi sento allora in dovere di dire alcune cose affinché, successivamente, certi ragguagli possano venir presi per buoni. Le maggiori divergenze sono in punto di analisi economica di questo documento e in punto di analisi sanitaria. Quando si parla di economia non so a quali imprese ci si riferisca. Parlo peraltro del programma della Giunta, perché l'altro lo considero un preambolo. Probabilmente ci si riferisce alle grandi imprese, perché se si conoscesse il tessuto delle piccole e medie imprese così come io ritengo di conoscerlo nel distretto industriale del fermano, non si potrebbe dire che si sta passando dalle strategie difensive fondate sul prezzo alle strategie offensive che dovrebbero comportare un risparmio di lavoro e quindi un maggiore investimento, una maggiore qualità ecc. Questo è quello che si auspica, ed è vero che la Regione potrebbe, anche su questo, fare tanto, per esempio prendendo in considerazione quella che è una richiesta della zona calzaturiera riguardo alla tutela del marchio che va proprio verso la tutela della qualità.
Dico però che non si può pensare che le piccole e medie imprese, proprio per la loro formazione, possano abbandonare strategie difensive come quella che deriva dalla competitività sul prezzo. Non possiamo dimenticare che il punto dolente, qualunque evoluzione il mercato abbia, è e rimane quello dell'aumento smisurato del costo del lavoro. E' questo che le nostre imprese dicono e su questo lo Stato, la Regione, il fiscalismo possono fare tanto, ma è questo il grande assente, purtroppo, di questo documento.
Qui non si parla di delocalizzazione, ma le nostre imprese, le imprese soprattutto della mia zona, piccole, medie, cominciano a delocalizzare dividendo le fasi di produzione. Queste hanno bisogno di sostegno in termini di costo di produzione.
Come farlo? Attraverso strategie fiscali. Il federalismo fiscale è quindi nominato esclusivamente per dire "siccome i trasferimenti statali verranno a mancare, dovremo in qualche modo sopperire con il fisco, l'autonomia fiscale e normativa regionale", magari aumentando l'Irap, ritoccando qualcosa in danno dei nostri imprenditori. La leva fiscale è questa, quindi la mancanza totale di ogni accenno su questa problematica mi preoccupa. Come mi preoccupa che si possa parlare di investimento, quando tutti sappiamo che è una regola elementare di economia non invocare gli investimenti quando c'è crisi. Se la Svim ci aiuta — vedremo se sarà in grado di aiutarci: mi pare che non abbia operato e che non abbia ancora il direttore generale — se si invoca aiuto dalle banche non è sufficiente ad aumentare la propensione all'investimento dell'imprenditore. L'imprenditore investe se ha più denaro per investire, quindi se gliene rimane di più da una minore pressione tributaria.
Concludo con degli accenni, anche polemici, alla sanità. E' di oggi su tutti i giornali la reazione di sindaci di centro-sinistra, di onorevoli di questa maggioranza — Cesetti, il sindaco Offidani ed altri — al piano sanitario regionale. Oggi hanno capito, non so se per ragioni loro interne, di candidature, quello che noi andiamo dicendo da mesi: che il piano sanitario — ammesso che ci sia andato bene — in una zona precisa delle Marche — parlo del maceratese, ma soprattutto del fermano — non lo stanno attuando.
Quando leggo in questo documento che gli obiettivi sono di raggiungere l'eccellenza — in gergo scolastico l'eccellenza è 10 — per le specializzazioni e la ricerca di Ancona, del nord delle Marche, dove la sanità viaggia a livelli a noi ignoti, sconosciuti, non posso non pensare che noi, più che passare dal 9 al 10 dovremo ancora passare dal 3 al 4, dal 4 al 5. Nel fermano siamo a livelli di Terzo Mondo, addirittura — così mi sono espressa in questi mesi — di Far West, perché se è vero che ci eliminano gli anestesisti negli ospedali dove dovrebbero rimanere — non parlo di un piano che ha detto "questo ospedale deve chiudere", perché allora sarebbe stato corretto e serio farlo — non si può dire altro. Da sette mesi nei reparti di ostetricia siamo senza anestesista, si invita le madri a partorire con "anestesia fatta con il whisky" o con li rischio di andare incontro a parti pericolosi o a partorire a Fermo o in altre zone dove l'anestesista è presente. Quando leggo che si cercherà nei prossimi anni di raggiungere il completamento dell'emergenza evitando od eliminando i rischi, non posso non dire che i rischi nella nostra zona si stanno creando quotidianamente proprio per non dire determinate cose, perché 130.000 abitanti con un unico pronto soccorso — quello di Fermo — senza aver detto che gli altri hanno chiuso, non possono che correre rischi. Si gira per ore cercando un primo intervento che non può avvenire, perché non abbiamo più il portiere di notte, non abbiamo più gli anestesisti e i rianimatori in questi punti di primo intervento. Non è un problema di transizione, è un problema ormai consolidato e consolidato da mesi. Si sta andando contro quelle che sono le stesse direttive e direttrici del piano sanitario nazionale, tanto da indurre dei sindaci a dire "chiediamo la testa dei direttori generali, Garuso deve essere revocato, destituito". Non può la Regione fare un discorso indiscriminato, indifferenziato su questi temi, perché ci sono più sanità, come ci sono più realtà locali, imprenditoriali, come ci sono situazioni che possono diventare davvero nuove povertà, perché una zona ricca come è stata fino ad oggi la mia zona, che non è più competitiva proprio per la globalizzazione, può rappresentare, un domani, nella prossima mozione programmatica di questo Consiglio, una nuova povertà.
Al di là delle considerazioni politiche, questa mozione programmatica non può fungere da volano così come dovrebbe essere uno strumento politico, anche finanziario, per l'economia di una regione che altrimenti si troverà ad essere stretta tra la morsa di regioni ricche e regioni non ricche come le altre, ma che comunque hanno ancora delle provvidenze. Le Marche non hanno né l'una né l'altra caratteristica, quindi qualcosa di più dovevamo dare per rilanciare questo "modello marchigiano".

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Nel primo intervento di questo dibattito il consigliere Giannotti, presidente del gruppo di Forza Italia ha perorato a lungo una tesi stravagante. Egli ha argomentato, tentando di convincere questa Assemblea, che chi ha perso le elezioni nelle Marche, il 16 aprile, in realtà le avrebbe vinte, mentre chi ha vinto le elezioni nelle Marche il 16 aprile e si trova oggi a sedere sui banchi del Governo, in realtà le ha perse. Auguro al consigliere Giannotti e ai suoi colleghi di opposizione tante altre vittorie di questo tipo. In realtà il 16 aprile, nelle Marche c'è stata la conferma delle radici democratiche progressiste di questa regione. Questo risultato che ha visto la coalizione di Marche democratiche conquistare il governo delle Marche, è reso ancor più rilevante dalla vittoria nazionale delle forze del centro-destra, perché il risultato politico generale delle elezioni regionali è stato quello di un successo delle forze del Polo e della Lega. Questo risultato politico generale delle elezioni del 16 aprile suona come una bocciatura forte e netta delle politiche neo-liberiste portate avanti dagli ultimi due Governi di centro-sinistra in questo Paese; una bocciatura che è stata anche accolta da parte del centro-sinistra, con le dimissioni del Governo D'Alema. Tuttavia la strada imboccata dal centro-sinistra a livello nazionale con la costituzione del Governo Amato, di certo non aiuta a risolvere i problemi che il risultato nazionale delle elezioni regionali ha evidenziato, perché siamo di fronte ad una mancata risposta ai bisogni, alle esigenze che quel voto così pesante per le forze del centro sinistra e della sinistra ha messo in luce. Siamo cioè di fronte ad un'ulteriore accentuazione neo-centrista e moderata delle politiche dei Governi nazionali.
In questo modo diventa difficile nel prossimo anno, se non avverranno prima le elezioni politiche, impedire alle forze del centro destra di conquistare il Governo del Paese, indipendentemente dal fatto se ci sarà o meno un accordo tra il centro-sinistra e Rifondazione comunista, una prospettiva che, ad oggi, non sembra perseguibile a causa delle politiche che questo Governo sta portando avanti.
Rifondazione comunista afferma che è necessario un mutamento di rotta, il rilancio di un progetto riformatore su scala nazionale. Rifondazione comunista ritiene che sia indispensabile addivenire ad un superamento della formula politica del centro-sinistra che oggi risulta così clamorosamente fallimentare sul piano strategico.
Credo che i risultati del referendum segnano anch'essi un momento essenziale della vicenda politica italiana, perché con il fallimento dell'ipotesi referendaria fallisce un progetto di sistema politico e di società che nel nostro Paese in questo decennio è stato portato avanti da forze molto potenti. Fallisce il tentativo di rendere omogeneo il sistema politico e sociale italiano a quello americano.
In questo quadro così negativo, al contrario di quello che afferma Giannotti, il risultato delle Marche in un certo senso è in controtendenza, perché nelle Marche la coalizione tra centro-sinistra e Rifondazione comunista vince in una situazione di difficoltà generale. Per questo noi esprimiamo una piena soddisfazione per il risultato elettorale, anche perché riteniamo che Rifondazione comunista abbia dato un apporto importante, anche determinante, non solo sul piano numerico ma anche su quello politico. Tuttavia il risultato elettorale — sarebbe da sciocchi non saperlo leggere — evidenzia anche nelle Marche delle difficoltà per le forze della sinistra e del centro-sinistra.
In primo luogo una difficoltà che riguarda questa parte politica, ma credo l'intero spettro delle forze politiche che operano in questa regione deriva dalla crescita dell'astensionismo, un fenomeno che si è accentuato in queste elezioni regionali se si sommano i dati degli astenuti a quelli delle schede bianche e nulle. Per la prima volta in una elezione generale che ha riguardato tutta la regione, più di un terzo degli elettori marchigiani non hanno espresso il proprio voto, o attraverso l'astensione o attraverso l'annullamento delle schede.
In secondo luogo, credo anche che le elezioni regionali nelle Marche abbiano evidenziato una avanzata delle forze della destra, di Alleanza nazionale in particolare.

ROBERTO GIANNOTTI. Come fai i conti?

ANDREA RICCI. Io li faccio anche senza calcolatrice, Giannotti. Rispetto alle elezioni europee c'è stato un calo di Forza Italia più che compensato dall'avanzata di Alleanza nazionale, caro Giannotti, la quale ha superato anche il risultato, ottimo, che aveva ottenuto nel 1995. Non lo dico con grande soddisfazione, anzi lo dico con profondo rammarico, però riesco a leggere i dati così come sono, cioè in modo realistico.
Ho apprezzato l'intervento del Presidente, innanzitutto sul piano del metodo, perché non era affatto dovuta, come è stato più volte ricordato, l'esposizione del programma che il Governo regionale fa proprio per i prossimi cinque anni di legislatura, così come non era affatto scontato un pieno, coerente, esplicito e integrale richiamo al documento programmatico che le forze politiche che sostengono questa maggioranza hanno presentato agli elettori marchigiani. Il cardine dell'esposizione del Presidente D'Ambrosio delle linee programmatiche di questa Giunta regionale è costituito dalla coppia "continuità e innovazione". Credo che sia giusto impostare il lavoro dei prossimi mesi e dei prossimi anni su questi due elementi, tuttavia noi riteniamo che vada dato un maggior peso all'elemento dell'innovazione, anche alla luce del risultato elettorale complessivo e locale che abbiamo avuto il 16 aprile, non perché nella precedente legislatura non sia stato impostato un lavoro proficuo e positivo, perché ritengo che nella precedente legislatura, una legislatura di discontinuità rispetto ai precedenti 25 anni di governo regionale, cose significative e importanti siano state fatte, prima fra tutte quella di dotare le Marche di un quadro di strumenti di programmazione e di pianificazione generali e settoriali che mai questa regione aveva avuto. Ora si tratta di attuare quegli strumenti di programmazione perché nella precedente legislatura non sempre siamo riusciti, tutti noi — anche comunista ha fatto parte di quella esperienza di governo — a tradurre il quadro programmatorio e pianificatorio che questo Consiglio regionale si era dato in realtà. E non ci siamo riusciti sicuramente perché è complicato e complesso il meccanismo di realizzazione della pianificazione, sicuramente perché la realizzazione degli strumenti di pianificazione e programmazione richiede tempo, richiede cambiamento di mentalità, di comportamenti e di pratiche. Ma vorrei dire che a volte non ci siamo riusciti anche perché realizzare quegli strumenti di programmazione significa vincere resistenze e interessi costituiti che agiscono nella società marchigiana e anche dentro l'ente Regione.
Occorre quindi una battaglia politica, accompagnata da una forte volontà che non sempre, in passato, abbiamo dimostrato.
Il dibattito si è molto incentrato sul giudizio politico rispetto alla Giunta regionale che si è costituita, rispetto ai problemi che sono emersi all'interno della maggioranza regionale. Penso che fino ad oggi la dialettica interna alla maggioranza regionale sia stata di natura fisiologica, tuttavia credo che siamo arrivati ai limiti della fisiologia: se oltrepassiamo questa soglia entriamo nella patologia.
Elementi fisiologici perché, ad oggi, gli attriti che ciascuna forza politica di maggioranza ha avuto, compresa la nostra, hanno riguardato le questioni relative agli equilibri, agli assetti, alla necessità e all'esigenza di visibilità di ciascuna forza politica di questa maggioranza. Fino ad oggi nessuna forza ha accennato ad un dissenso esplicito sul progetto politico e programmatico che questa maggioranza si è data nel momento in cui ha sottoscritto il programma.
La Giunta che si è formata è quindi forte o debole? Io credo che il giudizio rispetto alla forza o alla debolezza di questa Giunta regionale, così come di ogni possibile Giunta regionale dipenda dalle cose che questa Giunta regionale insieme alla sua maggioranza sarà in grado di fare. Penso che questa Giunta regionale, insieme alla sua maggioranza sarà forte se riuscirà a introdurre con grande energia elementi di innovazione, di rinnovamento, di riforma della società marchigiana e della politica marchigiana. Questo è l'elemento che può costituire l'asse di una presenza, di un'azione forte ed efficace del Governo regionale e della sua maggioranza. Di certo non potrà essere forte questa Giunta e questa maggioranza se si farà semplice paladina di interessi che già sono dominanti e che costituiscono, spesso, un elemento di freno al processo di rinnovamento, di riforma e di risposta ai bisogni dei cittadini marchigiani. La forza di questa Giunta e di questa maggioranza sta nel perseguimento di un progetto riformatore anche rispetto ai cinque anni precedenti, non considerandoli come anni negativi, ma pensando oggi di poter andare oltre i limiti che la precedente esperienza ha incontrato.
Credo che su questa questione si misurerà la forza o meno di questa Giunta regionale, non sulla sua composizione, perché io ritengo che la composizione di questa Giunta regionale esprima le risorse migliori che nello scenario politico marchigiano vi siano, non perché rappresenti gli individui, le persone, le forze migliori, denigrando chi da quella Giunta regionale è rimasto fuori, ma perché espressione di un progetto politico a cui tutti abbiamo partecipato.
Quel progetto di riforma, di rinnovamento, quel rilancio del profilo riformatore credo che lo misureremo intorno a quattro sfide che sono presenti nella relazione che il Presidente ci ha consegnato.
La prima è quella del lavoro e dello sviluppo economico, sia in termini quantitativi che qualitativi. Il problema del lavoro nella nostra regione esiste, non è risolto nonostante che il tasso di disoccupazione marchigiano sia di gran lunga inferiore a quello medio nazionale. Esiste nella nostra regione una disoccupazione strutturale, che coinvolge in particolar modo i giovani, le donne ad alta scolarizzazione, e negli ultimi anni abbiamo assistito ad un fenomeno molto preoccupante, cioè l'aumento costante della disoccupazione di lungo periodo.
Le condizioni di lavoro sono anche un problema aperto nella nostra regione. Ho accolto con molto favore che questo elemento sia stato assunto con forza dal Presidente della Regione nella sua relazione, perché è vero, nelle Marche l'incidenza degli infortuni sul lavoro è molto maggiore di quella media nazionale. L'anno scorso ci sono stati oltre 32.000 infortuni sul lavoro, ci sono stati 52 morti bianche, una ogni settimana. Il rapporto tra morti sul lavoro e occupati-dipendenti nella nostra regione è doppio rispetto a quello medio nazionale. Questo non è il frutto di una semplice casualità, della sfortuna dei lavoratori marchigiani, questo è il frutto di un modello di sviluppo come quello marchigiano che è stato incentrato e ha trovato il suo punto di forza, spesso, in passato, sulla compressione del costo del lavoro, sia in termini salariali sia in termini di sicurezza, di qualità della prestazione lavorativa.
Non è un evento fortuito e occasionale il fatto che nelle Marche vi siano così tanti infortuni e così tanti morti sul lavoro. Le sue radici stanno nel modo in cui è organizzato il processo lavorativo e, in fin dei conti, nel modo in cui l'economia marchigiana funziona. Condizioni di lavoro che riguardano anche, ormai, una questione di remunerazione salariale. La collega Romagnoli prima diceva che il principale problema che incontrano le imprese marchigiane è l'alto costo del lavoro. Di certo questo non dipende dall'alto livello salariale, perché nelle Marche il livello salariale medio è ancora inferiore rispetto a quello nazionale, e anche quello nazionale abbiamo visto, con i dati della relazione del governatore della Banca d'Italia, fa rilevare una perdita di potere d'acquisto molto consistente nell'ultimo decennio. I realtà, nelle Marche c'è troppa flessibilità del lavoro e poca flessibilità dell'impresa, perché l'impresa marchigiana deve trovare il modo, la forza per innovare profondamente i propri processi tecnologici e organizzativi. Basta ricordare che il 35% dell'occupazione dipendente marchigiana è precaria, che l'80% delle nuove assunzioni sono atipiche, per dare l'idea di quanto alto sia il grado di flessibilità del lavoro nella nostra regione.
La seconda sfida è quello della costruzione di un sistema di protezione e di sicurezza sociale che parta dalla difesa del carattere universalistico del welfare regionale e che parta, quindi, come necessario strumento di questo carattere universalistico dalla piena valorizzazione della responsabilità pubblica nella programmazione e anche nella gestione dei servizi sociali, per dare risposta ai nuovi bisogni che dai processi di modernizzazione della nostra società e della nostra economia vengono.
La sfida sulla costruzione di un sistema di sicurezza sociale si gioca soprattutto sul terreno della sanità, dove occorre rompere vecchi equilibri che all'interno di quel mondo esistono e sono forti, e questo lo dobbiamo fare a partire da risposte concrete che nel programma allegato alla relazione del Presidente esistono e che io voglio ricordare: l'abolizione dei tickets sul pronto soccorso per le prestazioni urgenti, interventi rapidi e immediati per la riduzione delle liste d'attesa, vero e proprio flagello della sanità marchigiana, una risposta seria ai problemi dell'assistenza agli anziani. Credo che queste debbano essere priorità per il Governo regionale e per la sua maggioranza.
La terza sfida è quella del risanamento ambientale e del riequilibrio territoriale, partendo dal risanamento delle zone ad alto rischio ambientale che nella nostra regione esistono, in primo luogo la questione dell'Api di Falconara.
Infine, la quarta sfida è certamente quella del nuovo assetto istituzionale dello Stato.
Prima dell'architettura istituzionale, credo però che bisogna affrontare le fondamenta di questa architettura. In questi anni noi abbiamo subito, come Regioni, un continuo taglio alle spese e ai trasferimenti dello Stato. Questo è derivato dall'assunzione, anche a livello interno, del famigerato patto di stabilità che a livello europeo ha condotto all'unione monetaria. Credo che da parte delle Regioni, compresa la Regione Marche, occorra mettere in discussione questa politica economico-finanziaria che sta dando soltanto frutti disastrosi sul piano sociale.
Credo che vada rifiutato il tentativo del Governo nazionale di additare le Regioni e gli enti locali come gli spreconi di turno, perché in realtà le Regioni e gli enti locali in questi anni hanno dovuto supplire ad una carenza profonda che lo Stato nazionale ha prodotto in merito alle risposte ai bisogni sociali a causa delle politiche neo-liberiste e monetariste che sono state impiantate. Ci vuole uno scatto, primo di dignità delle Regioni, secondo la rivendicazione del ruolo reale e concreto, al di là delle impalcature istituzionali e dei grandi paroloni sul federalismo, che le Regioni e gli enti locali debbono svolgere a tutela dei diritti del cittadino.
Sicuramente bisognerà affrontare la fase costituente, la realizzazione di un nuovo Statuto, incentrandolo sui cardini della partecipazione democratica, del pluralismo politico e sociale, della solidarietà. Siamo di fronte a un'innovazione istituzionale profonda come l'elezione diretta del Presidente della Regione. Credo che nella fase costituente che andiamo ad aprire non debbano esserci paletti rispetto alla futura impalcatura regionale, tutto deve essere discusso. In ogni caso, alla luce delle novità emerse, occorre ripensare e rafforzare i ruoli delle assemblee elettive; Così come occorrerà che questo Consiglio regionale approvi una legge elettorale che noi riteniamo debba essere, fondamentalmente, di tipo proporzionale, facendosi carico del problema della stabilità di governo.
Penso che queste quattro sfide dovranno rappresentare il cardine dell'azione politica e programmatica di questa Giunta regionale e della sua maggioranza. Su queste questioni, su queste sfide misureremo la coesione, il consenso, la forza che questa maggioranza ha. A meno che non ci arrestiamo prima di iniziare ad affrontare queste sfide. Questa è una cosa possibile, una cosa che può avvenire, perché nella vita di un essere umano o di una istituzione o di una coalizione politica, è sempre possibile che si faccia avanti l'opzione, l'ipotesi del suicidio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Signori Presidenti, colleghi, accelererò al massimo il passaggio della riflessione politica, soprattutto per gli aspetti che riguardano connessioni, coerenze, collegamenti tra risultato elettorale e formazione della Giunta esclusioni più o meno eccellenti rispetto alle previsioni. Quindi la mia riflessione sarà rapidissima su questo, per rappresentarle soltanto una impulsiva impressione.
Io provengo da una provincia nella quale il centro-sinsitra ha perso, in maniera anche consistente, e ha vinto quantitativamente il centro-destra. Pur pensando di conoscere diversi aspetti di questa sconfitta me ne sfuggono altri, quindi non ho forse avuto il tempo di approfondire tutto, però mi sono chiesto il perché di questa mancanza di consenso rispetto anche ad amministrazioni che la sinistra aveva conquistato negli ultimi tempi, anche nell'entroterra maceratese tradizionalmente ostile alla sinistra, almeno per quanto riguarda il passato. Quindi non ho risposte. Debbo solo dire che la mia impressione è che mi trovo di fronte ad una Giunta sicuramente molto sbilanciata a sinistra a scapito del centro, e mi fermo qui, perché poi, l'altra riflessione è se ci troviamo di fronte ad una "Giunta del governatore", oppure ad una "Giunta dei partiti". L'altra mia impressione in proposito è che sia una "Giunta del governatore", quindi credo che lei, Presidente, abbia scelto la Giunta e abbia dosato con criteri suoi, di fiducia, come le prerogative di legge ormai le assegnano, i suoi collaboratori.
Parto proprio da questo, e penso che il Presidente D'Ambrosio si trovi ad affrontare una legislatura densa di sfide, non solo quantitative ma anche qualitative. Se il Presidente D'Ambrosio continuerà ad amministrare con il piglio del governatore, per me cittadino marchigiano questo può rappresentare una garanzia, non per me consigliere. Alcuni l'hanno accennato: si chiede, nell'organizzazione dei nuovi assetti istituzionali, federalisti, caratterizzati da sussidiarietà, autonomia o meno, un passo indietro dell'ingerenza partitica. Alcuni lo hanno accennato. Quindi, Presidente, se lei potrà garantire in futuro questo passo indietro che deriva, forse, da una necessità connessa a difficoltà che ci sono state, a disagi dei cittadini, di alcune istituzioni, di associazioni che hanno avvertito una eccessiva politicizzazione di alcune scelte nella gestione delle risorse umane, nell'assegnazione degli incarichi; se avverrà che lei favorirà, con la sua azione, questo passo indietro non dell'ispirazione programmatico-politica bensì dell'ingerenza della peggiore degenerazione spartitoria e partitica, penso che rispetto ai cittadini marchigiani lei avrà svolto un grande compito.
Mentre si facevano alcune riflessioni che trovo molto appropriate, ho pensato ad una seconda sfida: attendiamo i tempi organizzativi, oltre la norma, del trasferimento della globalità della nuova potestas dallo Stato alla Regione. Il coraggio da dimostrare da parte vostra — e per quanto ci riguarda da parte nostra, ma prima di tutto da parte dell'Esecutivo — è di forzare nel senso del federalismo. E' stato detto che ci chiameremo "Parlamento delle Marche": è un aspetto formale pur esso importante, però mi interessano aspetti sostanziali verso federalismo e sussidiarietà consentiti, passaggi necessari all'insegna di un coraggioso principio che penso dovrebbe ispirarci un po' tutti, in questa fase, che richiede coraggio, richiede qualche forzatura: tutto quello che non è esplicitamente vietato è possibile. Lei lo ha accennato, io debbo dire che in quello che molti chiamano il dream book del suo programma ho trovato un grande sforzo di completezza, di attenzione per quel che riguarda tanti, tutti, forse, gli aspetti della realtà marchigiana. Le do atto di uno sforzo di analisi molto completa, però è vero che nella fase attuativa le sfide sono dense di difficoltà.
Me ne viene in mente un'altra. Dobbiamo dare l'impressione di non ripetere quello che lo Stato ha fatto quando, per esempio, nei confronti degli enti locali — vedasi legge 142, e parlo di dieci anni fa — ha delineato spazi di autonomia dell'ente locale da una parte e dall'altra parte ha coartato e tagliato questi spazi con una miriade di norme, tra l'altro di valore e forza ben inferiori a leggi e regolamenti, perché spesso circolari hanno dettato legge, nei confronti degli enti locali più vicini al cittadino, per esempio i Comuni. Non sfugge a nessuno che la 142 ha aperto la porta, poi abbiamo visto tante cose, come le leggi sulle funzioni della Corte dei conti, che sono leggi liberticide nei confronti degli enti locali. C'è la 127, poi abbiamo chiusure del Ministero che ancora pensa che l'ente locale possa essere un ente etero diretto: tesorerie uniche, abolizione dell'obbligo del riscosso per il non riscosso, tutte cose che hanno colpito l'ente locale più vicino al cittadino.
Lei ha detto "ci piace programmare, puntiamo a programmare la vigilanza su questo passaggio, su questo trasferimento di potestas dallo Stato alla Regione e agli enti locali". A noi piace questa idea della vigilanza che lei ha espresso. La prego solo di non pensare ad authority, perché ne abbiamo fin troppe e abbiamo sostituito le norme di leggi con i regolamenti delle authority, che ormai sul modello americano e anglosassone — quando parliamo di Stati Uniti e Paesi anglosassoni siamo pronti a imitarli con entusiasmo — entrano in ogni angolo della nostra vita.
Non si ecceda sui controlli. Faccio un riferimento, molto rapido, anche a momenti abbastanza negativi della vita istituzionale regionale e anche italiana. Che cosa è successo? Si è pensato, in questo Paese, di reagire ai fenomeni di Tangentopoli con una miriade di norme che dovevano legare tutto e tutti, senza puntare all'unico rimedio che c'è anche nei confronti di situazioni o istinti morali nella gestione della cosa pubblica da parte della burocrazia, da parte del politico: la responsabilità. Tante norme, senza andare a capire chi è il responsabile del procedimento. Sì c'è scritto, abbiamo scritto i procedimenti, abbiamo scritto le fattispecie di migliaia di procedimenti, poi per il cittadino, per l'azienda, per la famiglia, per l'associazione, quando vanno a cercare il responsabile di un atto si tratta sempre di un'impresa molto difficile.
E allora, la sfida è quella di lasciare grandi spazi di libertà, ritirarsi progressivamente, lasciare spazio alla programmazione dell'ente locale. Mi si consenta un riferimento territoriale, locale alla mia Provincia che ha varato il Ptc (piano territoriale di coordinamento) che verrà presto in Regione, con aspetti che da qualcuno sono stati definiti dirigistici, ma dire dirigistici è poco: aspetti allarmanti di blocco dello sviluppo. Voi avete parlato — ho notato questo passaggio quinquennio per quinquennio — di sviluppo integrato (se ne parlava nel 1995), adesso si parla di sviluppo compatibile e sostenibile. Sono frasi di fronte alle quali provo soggezione e una certa riverenza. Accetto questo linguaggio, ma poi, quando si va ad attuare quello che tutti questi piani dicono — parlo di territorio ed ambiente — si vede che si blocca lo sviluppo, si bloccano le autonomie decisionali degli enti locali, si vanno a coartare tanti spazi di libertà.
Apprezzo quanto è stato detto circa la riduzione delle norme e la delegificazione. E' una grande sfida di fronte alla quale siamo molto attenti, partecipi e aiuteremo, per quello che è possibile, questo processo. Ma chi crea, prima ancora della norma, tanti problemi sono gli standards ottimali, di quantità, qualità.
Non voglio intimidire nessuno se faccio qualche esempio. Non siamo in Patagonia o in Lapponia, siamo nelle Marche, ma ci sono tanti bambini dell'entroterra di questa regione che si debbono svegliare, all'età di 7-8 anni, alle 5,45 per prendere il bus e andare a scuola. Questo avviene ancora, da noi. Ci sono paesi dell'entroterra che hanno la farmacia più vicina a 15 chilometri di distanza, perché per gli standards regionali non è possibile avere lì una farmacia: basterebbe dare un contributo al Comune perché aiuti a fare una convenzione autonoma. Ci sono paesi che attendono questi provvedimenti. Ci sono ospedali che per dotarsi di una Tac debbono aspettare la colletta del cittadino, quando una Tac o una risonanza magnetica costa più o meno come qualche consulenza affidata dalla Giunta regionale, di quelle neanche tanto ricche.
Io le faccio un appello, Presidente: meno consulenze esterne, cercate di valorizzare il personale, la dirigenza che è in questo apparato. Mi sento vicino al personale della Regione, perché per lavoro mi trovo nel management dell'ente locale, quindi mi occupo di questi aspetti e di gestione della risorsa umana, come si dice in gergo neanche tanto apprezzabile, però credo che vada valorizzato al massimo il personale della Regione, perché sicuramente questo può servire anche a tagliare spesa corrente, come è stato evidenziato.
Mi hanno colpito due espressioni del prof. Ascoli, di rilievo hollywoodiano, quando parlando di consulenze esterne ha detto "assalto alla diligenza" e "navigazione a vista" con il rischio dell'iceberg. Credo che sia un riferimento al Titanic.
Presidente, c'è l'"assalto alla diligenza", soprattutto ad inizio legislatura, quando tante attese, spinte dai partiti porteranno tanti consulenti, tante società, tanti professionisti ad interloquire con voi.
Come cittadino al di fuori della politica vi dico: cercate di dare un taglio di grande trasparenza a questi rapporti, limitandoli soltanto a fasi o procedure necessarie.
I servizi sul territorio. Come accennavo prima, nel programma ci sono tanti riferimenti, si parla di parità. L'altra grande sfida — dico purtroppo, e me ne scuso, cose sicuramente scontate — è far capire al cittadino marchigiano che la divisione fra cittadino di serie A e di serie B — e parlo di discriminazione geografica, ma poi ci sono quelle sociali, di famiglie in difficoltà, di famiglie emarginate — è un'esperienza da mettere alle nostre spalle, però, cari colleghi — questo lo sapete tutti — questo c'è. Ci sono zone della nostra regione in cui i cittadini, non per colpa loro, spesso però per merito loro, nella loro vita non hanno mai da protestare per un servizio sanitario, per una scuola che manca, per una razionalizzazione che irrazionalmente toglie loro, giorno per giorno, qualche servizio. E ci sono cittadini che invece debbono combattere mese per mese per non perdere certi servizi primari.
L'ho detto, sono cose ovvie e scontate, come qualcuno considererà ovvio e scontato il programma che è stato presentato. Io, Presidente, a nome del Ccd che rappresento, le dico qui, e lo dico a tutto l'Esecutivo, che se ci si dimostrerà coraggio necessario per forzare l'autonomia, il federalismo, la sussidiarietà, il nuovo assetto organizzativo, se ci sarà coraggio nel disperdere certe diseguaglianze geografiche o sociali, noi faremo parte di questa battaglia per il nostro ruolo di consiglieri, ci potete contare.
Qualche sindaco promette sempre il programma dei primi 100 giorni. Rapportato alla Regione non lo faccia il "programma dei 100 giorni" che ritengo un'impresa davvero difficile, Presidente, però le chiedo il programma dei primi sei mesi. Ci consenta, a fine anno, di capire se questo nuovo Esecutivo avrà la forza di dare coraggio a questa Regione, alle sue istituzioni, alle sue famiglie, ai suoi cittadini e alle sue persone, perché quello che ci interessa è il valore del metodo sì, ma anche il metodo del valore.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Signor Presidente della Giunta, colleghi consiglieri, il risultato elettorale del 16 aprile riconferma la coalizione del centro-sinistra alla guida delle Marche. Un risultato importantissimo, che si pone in controtendenza rispetto alle altre Regioni dove il centro-destra continua ad avanzare e conquista importanti realtà, a cominciare emblematicamente dal Lazio, tanto da determinare la crisi e la fine del Governo D'Alema.
Il risultato elettorale delle Marche in questo contesto assume un significato politico di grande rilievo, ed oltre a costituire un presidio democratico contro le politiche delle destre, è anche, secondo noi, il premio per l'opera di rinnovamento morale e di scelte programmatorie compiute nella trascorsa legislatura. Possiamo dire — ed è questo il nostro giudizio — che ancor prima delle scelte concrete è stata premiata l'onestà, la pulizia, l'effettivo avvicinamento dell'istituzione Regione ai cittadini. Non dimentichiamo mai che anche le Marche erano state investite dal ciclone di Tangentopoli. E' stato compreso ed incoraggiato lo sforzo innovativo, legislativo e un nuovo rapporto, non più clientelare, con il sistema diffuso degli enti locali. Anche le vicende del terremoto e della ricostruzione, pur nella complessità del dramma, hanno consolidato un rapporto anche critico, in certe fasi, ma che ha fatto crescere la credibilità della Regione.
Le scelte rigorose di bilancio che hanno permesso — unica Regione d'Italia — di non aumentare nessuna tassa, anzi di abolirne alcune, il piano sanitario regionale, il piano socio-assistenziale regionale, il piano regionale di sviluppo, lo scardinamento di alcuni presidi clientelari costituiscono la base concreta per continuare l'opera di rinnovamento iniziata nel 1995 ed alla quale i Comunisti italiani hanno dato il loro contributo, in alcune circostanze decisivo.
Tuttavia, le Marche non sfuggono del tutto al vento di destra in atto nel Paese. Si accorcia anche qui la distanza tra centro-sinistra e centro-destra. Nelle circoscrizioni provinciali di Macerata e di Ascoli Piceno il centro-destra è la prima coalizione. Molti Comuni sono già oggi governati, da tempo, dal centro-destra e da sindaci di destra. Le forze politiche democratiche, in primo luogo quelle della sinistra, dovrebbero, anziché declamare la classifica, la graduatoria di chi è primo, secondo o terzo nella coalizione, analizzare, riflettere e correggere posizioni ed impostazioni di esclusività, autosufficienza e visioni localistiche tuttora presenti. L'insediamento della destra, al di là della propaganda, non avviene per una propria vittoria, anzi il centro-destra rispetto al 1995 perde qualche consigliere regionale, dal 1995 in cui il centro-destra aveva 26 milioni di voti, è passato a 25.300.000 voti. La destra si consolida pur rimanendo al palo, perché è la coalizione democratica che arretra, perché arretra la sinistra, perché cresce l'astensionismo al voto. Il partito dei Comunisti italiani non può in questo contesto dirsi soddisfatto, non è certo la sede, ma non possiamo sfuggire ad un'analisi, anche critica e severa, sul voto delle regionali, dove anche a sinistra vince chi perde di meno o chi recupera appena rispetto alle sconfitte delle europee e delle provinciali di undici mesi fa.
Per i Comunisti italiani un risultato negativo, deludente: 2,4% a fronte del 3,2% del 1999, che decreta, per ora, il nostro partito tra i più piccoli della coalizione, che indebolisce il gruppo consiliare regionale, che aumenta la difficoltà della ricostruzione di un partito moderno come noi lo concepiamo, erede della migliore storia dei comunisti italiani.
La nostra analisi deve continuare anche in modo autocritico, sugli errori commessi, in primo luogo per non aver capito appieno quello che avveniva fuori di noi.
Questa non è la sede, ma la riflessione deve continuare per tentare di recuperare alla partecipazione quelle masse di cittadini che hanno voltato le spalle alla partecipazione ed alla sinistra. Tuttavia, in questa situazione di restringimento complessivo possiamo dire che al pari degli altri e con le dovute proporzioni, anche i comunisti sono stati decisivi per la vittoria di Marche Democratiche e di D'Ambrosio a Presidente. Comunque sia, è questo il dato crudo e difficile da cui noi ripartiamo, vogliamo ripartire, per costruire e rafforzare sul territorio il nostro partito.
Vorremmo che questo dato, che per noi è di partenza, venisse rispettato, perché i Comunisti italiani hanno raccolto le firme, si sono presentati alle elezioni ed hanno eletto, anche nel proporzionale, un proprio consigliere regionale, il compagno Martoni al quale rivolgo i migliori auguri. E' per questo che al pari degli altri partiti del centro-sinistra e della coalizione, avrebbero dovuto partecipare a pieno titolo, secondo noi, nei diversi organismi del Consiglio regionale, visto che non sono in Giunta, alla gestione piena del programma al quale ci sentiamo profondamente legati e per la cui attuazione siamo impegnati a lavorare, sia per l'oggi sia per il futuro.
In realtà così non è stato. Ci è stata negata la possibilità di essere ricompresi in un quadro complessivo dove tutti i partiti di Marche Democratiche dovevano e potevano partecipare, in un rapporto di pari dignità ed in base al peso politico, alla gestione piena dell'accordo politico-programmatico sottoscritto prima delle elezioni che noi comunisti abbiamo già rispettato e vorremmo rispettare al 100%. Di quel patto anzi saremo, nelle condizioni date più difficili, la sentinella della sua attuazione.
Ci sentiamo profondamente legati a quell'accordo e lo vogliamo, contrariamente ad altri, rispettare fino nei minimi particolari e negli aspetti formali più significativi, come abbiamo fatto a cominciare dal voto puntuale dato al Presidente del Consiglio, mentre, viceversa, partiti che sono in Giunta non lo hanno fatto, partiti che hanno sottoscritto l'accordo non lo hanno fatto, con due franchi tiratori. Ma non potevamo avallare, sostenere e partecipare noi stessi allo strappo che gli altri hanno compiuto contro di noi. Non abbiamo votato né il Vicepresidente del Consiglio né il consigliere segretario perché l'esclusione da questi organismi dei Comunisti italiani non è stata dettata dalla, a volte, inevitabile necessità, per mancanza di spazi, di "sacrificare" i partiti più piccoli, bensì dalla incapacità o dalla non volontà di giungere ad una sintesi di direzione politica e dalla volontà, da parte di taluni, di occupare tutti gli spazi possibili, talvolta con il metodo rivendicato del manuale Cencelli. Sono un po' tutti responsabili di questo strappo contro il partito dei Comunisti italiani in primo luogo, coloro che nei Ds hanno avuto la direzione della trattativa, mossi più da spirito di ritorsione nei nostri confronti per aver proposto noi, sin dall'inizio, la continuità di D'Ambrosio e della sua esperienza che dalla ricerca di un accordo di pari dignità e di unità del centro-sinistra e della coalizione negli organismi del Consiglio regionale. Una pessima conduzione. I Ds hanno la principale responsabilità della mancanza dei Comunisti italiani dall'Ufficio di presidenza. — lo dico senza polemica — anch'essa responsabile, ha visto nei nostri confronti un avversario che non avrebbe dovuto avere nulla in termini di rappresentatività di Consiglio.
giustamente rivendica con orgoglio di essere la seconda forza della maggioranza. Questo è vero, ma vorrei ricordare che dal 1995 al 1999 ha perso il 60% dell'elettorato, 1.800.000 voti che non sono venuti al nostro partito. Oggi, rispetto a quel dato recupera, nazionalmente, lo 0,6% e nelle Marche, al di là della propaganda, occupa, con una forza quasi dimezzata rispetto al 1995, tutti gli spazi possibili.
Noi proponiamo a di entrare nel centro-sinistra per rafforzare la sinistra della coalizione. Pensiamo che questo sia nell'interesse dei lavoratori e delle masse popolari. Sta scadendo il tempo per la politica del dentro e fuori. Forse per le politiche del 2001 sarà costretta a fare quello che non fu fatto nel 1998, forse sarà costretta a farlo con un quadro politico e sociale più arretrato, con una sinistra più divisa e più debole. Serve una politica contro le destre, non contro i comunisti italiani. Salti mortali del dentro e fuori, alla fine favoriscono il distacco, portano alla disperazione ed alla continua torsione lo stesso elettorato di riferimento, costretto, in definitiva, non già ad un improbabile antagonismo ma alla subalternità, perché alla fine, al di là dei posti, di fatto ci si aggrega al centro-sinistra. E allora sarebbe meglio rafforzare la sinistra del centro-sinistra.
Proponiamo a Ds,, verdi, socialisti e ad altri soggetti una confederazione non come soggetto unico, ma come l'esaltazione dell'autonomia di ogni partito che rafforzi con proprio programma la sinistra del centro-sinistra, ancora oggi l'unica coalizione capace di fermare le destre. Altre ipotesi, oggi, sarebbero destinate a portare alla sconfitta le sinistre per molto tempo. Anche il 16 aprile, se le sinistre si fossero presentate da sole anche qui nelle Marche avrebbero perso e avrebbe vinto la destra con danni immani per la democrazia e per i lavoratori. Anche i partiti del centro, in primo luogo il Ppi o la Margherita hanno le loro responsabilità nell'esclusione dei comunisti dagli organismi del Consiglio. E' vero, essi si sono assicurati molti posti, ma con una condizione autoreferenziale hanno dato uno schiaffo al partito — Comunisti italiani — più lucido e che in tutta la coalizione, in tutta la trattativa aveva sostenuto le ragioni del centro come componente essenziale alleata della sinistra per sconfiggere le destre.
Noi non siamo mossi né da vendette né da ritorsioni, siamo un piccolo partito che in tutta la fase delle trattative — vorrei ricordarlo ai distratti — per primo ed unico ha ricandidato il Presidente D'Ambrosio come elemento di continuità che anche altri, nel centro sinistra, volevano interrompere. Con lealtà e stima ci siamo sempre mossi in maniera disinteressata, tant'è che non c'è nessun comunista nella nuova Giunta. Ma non per questo abbiamo partecipato al teatrino dell'insoddisfazione, talvolta ipocrita, di chi era, in realtà, soddisfatto.
Prendiamo atto della Giunta e prendiamo atto con preoccupazione dello strappo che gli altri hanno compiuto, ma noi siamo legati ad un accordo, ad un progetto, soprattutto ad un programma che, insieme ad altri, abbiamo elaborato e che vogliamo insieme ad altri realizzare.
Siamo legati a un patto con i lavoratori e con gli elettori delle Marche. Per noi battere le destre continua a rimanere, anche nelle Marche, ancora l'obiettivo principale. I Comunisti italiani hanno sempre anteposto gli interessi generali a quelli propri. Questo era il Partito comunista italiano, e modestamente è ancora oggi la differenza, qui nelle Marche, tra questo piccolo partito e tutti gli altri. Noi lavoreremo in maniera incessante affinché il programma della coalizione venga realizzato. Verificheremo con spirito costruttivo ed unitario, atto per atto, proposta per proposta, se tutto ciò corrisponde al programma e all'accordo che oggi diventa, per noi, il nostro riferimento principale.
Oggi i comunisti italiani vengono posti in una condizione oggettiva di appoggio esterno a questa Giunta. E' un fatto inedito, per noi. Abbiamo sperato vanamente nella saggezza politica degli alleati. Al contrario, è riapparso il manuale della spartizione. Ci auguriamo che questa impostazione venga superata nel concreto, altrimenti non si continuerà a fare un danno ai comunisti ma a tutta la coalizione che, per noi, rimane l'unico strumento per una politica di rinnovamento sociale. E' per questo che noi riteniamo che anche attraverso forme più strette di collaborazione, la sinistra debba farsi valere ed essere più forte dentro la coalizione. Non abbiamo chiesto poltrone, bensì la possibilità di stare in un rapporto di pari dignità, di partecipare in pieno alla gestione di un programma e di un progetto al quale siamo legati, che per certi versi gli altri hanno indebolito.
Occorre guardare avanti. Noi non siamo prigionieri dello strappo che gli altri hanno compiuto. Occorre superare impostazioni ritorsionistiche, rafforzare la sinistra del centro-sinistra, attuare il programma che ha battuto le destre. Questo è e sarà l'impegno dei Comunisti italiani.
Voglio fare, molto brevemente, alcune considerazioni rispetto alla relazione del Presidente che condividiamo in larga parte. Abbiamo assistito anche ad un giusto confronto da parte dei banchi dell'opposizione, ma vorrei dire a questi colleghi che i problemi delle Marche non sono iniziati nel 1995. Se c'è da superare un'impostazione di tipo economico lo si deve fare e noi siamo qui per discutere, ma i problemi, purtroppo, sono più annosi, quindi noi apprezziamo sia la relazione che è la sintesi del programma che il programma stesso, che va anzitutto verso la ricostruzione, lo sviluppo economico, individua le nuove emergenze, anche quelle che sono legate ai flussi che vengono dall'estero come l'immigrazione e, spesso, una immigrazione non certo voluta ma subita. Quindi uno Stato sociale di alto profilo. Non esiste solo l'impresa nelle Marche, anzi se il "modello marchigiano" va rivisto, è proprio perché deve essere superata una concezione che vede impresa contro impresa. Dobbiamo costituire dentro i distretti industriali un "sistema Regione" che possa essere competitivo con gli altri Paesi dell'Europa. Siamo all'interno di una ridiscussione di questioni concrete, di questioni molto concrete, molto materiali — appunto il programma: passiamo dalla programmazione all'attuazione — ma anche di cose immateriali che costituiscono e costituiranno, domani, aspetti materiali, come il nuovo Statuto. Non facciamo fughe in avanti, non ci interessano i "governatori", parliamo della democrazia reale, parliamo di dare piena attuazione ai programmi. Anche la forzatura sul federalismo rappresenta una grossolana rimozione storica, una ignoranza della storia del mondo, sia di quello occidentale che di quello orientale, perché il federalismo, dove si è realizzato in forme diverse, forme federaliste o federative, si è realizzato per unire Paesi che erano divisi, che erano dilaniati. Oggi, viceversa, c'è il rischio che l'unità statuale, democratica del nostro Paese, attraverso un grossolano cavalcamento di aspetti eterogenei, possa, con il cosiddetto federalismo, separare l'Italia ricca dall'Italia povera, rompere quel principio di solidarietà che ha fondato la nostra Repubblica. Ci sono aspetti istituzionali che vanno per proprio conto, obbligatori, dei quali noi siamo rispettosi. Ci sono aspetti politici, viceversa, che vanno costruiti, come quello di creare opportunità concrete per permettere alla coalizione, a tutta la coalizione, anche a parte della coalizione che oggi non è nella Giunta, di partecipare appieno alla gestione e alla realizzazione del progetto. Se ci sarà attenzione a tutta la coalizione, l'impegno dei comunisti, come al solito, non mancherà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Ci troviamo ad affrontare questa sera un importantissimo argomento, quale quello degli indirizzi programmatici e non potevano mancare, in questa fase, anche alcuni interventi a carattere politico. Critiche sono state mosse al presidente del nostro gruppo Giannotti su delle tesi stravaganti, secondo alcuni rappresentanti della maggioranza, su dati elettorali che potevano essere migliori se, all'inizio della campagna elettorale, qualche forza politica si fosse dimostrata più tollerante nei confronti del rispetto dei partiti del Polo. Oggi il risultato sarebbe stato ben diverso, anche se è stato un buon risultato, e sicuramente avremmo ottenuto maggiori consensi.
Oggi il Polo è rappresentato in questo Consiglio regionale da ben quindici consiglieri. Il nostro candidato Presidente Bertucci ha ottenuto un risultato al di là di ogni previsione, viste le critiche che ci venivano mosse anche all'interno della nostra maggioranza. Quindi prendiamo atto di questo risultato. Questi elementi ci permettono di portare avanti questo difficile confronto all'interno del Consiglio regionale.
Alcune considerazioni debbono essere fatte, perché c'è una vittoria risicata da parte della sinistra, al di sotto del 50%. Non è quindi stravagante la riflessione fatta dal presidente del nostro gruppo Giannotti, come non è stravagante che il Presidente del Consiglio ha ottenuto 19 voti sui 25 disponibili, e anche dal dibattito che è emerso si registrano alcuni distinguo nei confronti dello stesso Presidente D'Ambrosio e della stessa maggioranza. I Comunisti italiani dicono che saranno le sentinelle di questo Consiglio regionale, il presidente Silenzi dice che ci sarà un impegno, un sostegno e soprattutto un controllo dei Ds sul comportamento della Giunta e su come il programma verrà portato avanti e rispettato. Una Giunta che ha creato e crea ancora alcune turbative, alcune perplessità, anche se notiamo dei sorrisi ironici quando questo viene evidenziato, ma è una realtà sotto gli occhi di tutti. Il Presidente D'Ambrosio ha effettuato pochissime conferme (il solo Spacca), ha optato per una scelta di discontinuità rispetto alla vecchia gestione e questo dimostra che lo stesso Presidente D'Ambrosio si è reso conto che l'operato della sua Giunta o non è stato all'altezza della situazione o all'interno della stessa Giunta ha trovato difficoltà nell'impostazione con alcuni suoi componenti, alcuni suoi rappresentanti.
Io provengo dalla provincia di Macerata, conosco personalmente il consigliere Silenzi, chi lo conosce sa che è un grande lavoratore, si è sempre impegnato. Personalmente, con lui ho fatto battaglie decennali, quindi abbiamo avuto scontri anche duri, difficili, pochissime volte ci siamo trovati su posizioni affini nelle battaglie politiche a Civitanova. Una cosa però ci ha lasciato amareggiati, visto che il Presidente D'Ambrosio è venuto e ha partecipato a una grandissima festa, con un uomo di spettacolo qual è Vecchioni, alla chiusura della campagna elettorale con video, films, una cosa eccezionale. Pensavamo che la provincia di Macerata agli occhi del Presidente D'Ambrosio rappresentasse qualche cosa di più rispetto al passato, invece abbiamo letto sui giornali che una figura forte o ingombrante — non so come poterla definire — per il Presidente D'Ambrosio è stata estromessa in malo modo, a nostro avviso, dalla Giunta regionale.
La riflessione che abbiamo fatto in questi 20-30 giorni, è che non si è voluto tanto penalizzare il consigliere Silenzi bensì un'intera provincia, la provincia di Macerata, considerata da molti la cenerentola in base agli investimenti e alla programmazione di cui molto spesso si parla. Quindi c'è un disegno politico, altrimenti non si spiega come un assessore, che in cinque anni ha portato lustro anche a livello di Giunta regionale, con l'immagine del turismo all'estero, impegnato sul terremoto in prima linea, sempre presente, sia stato accantonato. C'è quindi un disegno politico che va al di là dell'assessore Silenzi, e questo deve essere spiegato, altrimenti ancora una volta la provincia di Macerata sarà la cenerentola di questo Consiglio regionale.
Penso che le riflessioni fatte dal consigliere Giannotti, sia a livello politico che programmatico siano giuste, non certo stravaganti, perché le difficoltà emerse già da questi due-tre Consigli regionali sono talmente evidenti e palpabili, che non prenderne atto significa veramente voler galleggiare, non certo programmare per questi cinque anni, e assumersi delle grosse responsabilità politico-amministrative nei confronti di una Regione che pretende molto dalla Giunta regionale che poc'anzi si è insediata. Noi non abbiamo nulla a che fare o da rimproverare all'ex sindaco di Recanati Ottaviani a cui è stata data una delega importantissima per quanto riguarda la Giunta regionale. Lo aspetteremo, verificheremo con i fatti. Già c'è un grosso problema nella provincia di Macerata che riguarda una discarica: c'è un'assenza totale di dibattito su questo problema e anche questo era uno dei motivi di riscontro con il consigliere Silenzi il quale propagandava l'immagine della regione con il calciatore Mancini e la Provincia, con il silenzio della Regione, tenta di mettere una discarica a 100 metri dall'Adriatico. E' una cosa vergognosa, scandalosa. Abbiamo sentito parlare di ambiente: invito i verdi, che non ho mai sentito esprimersi su questa posizione, a dire come mai si possano avallare scelte così scellerate, che non hanno fondamento per quanto riguarda la tutela dell'ambiente e la programmazione del turismo. Tenteremo quindi di confrontarci su queste problematiche, se ce ne saranno date le possibilità, e chiederemo risposta a chi di dovere.
Il turismo ci sta molto a cuore, come il problema che riguarda la costa. Dalla relazione del Presidente non si è capito se il lavoro impostato nel passato avrà una sua continuità oppure assumerà una discontinuità, rispetto a quello che è stata fatto fino ad oggi, con il cambio dell'assessorato. Quindi ci vogliamo confrontare anche su questa tematica, cercheremo di capire e di essere sempre attenti su questo tema che è molto delicato, cercheremo di capire se il lavoro impostato da Silenzi avrà un futuro e una prospettiva o se ci sarà un cambiamento di rotta anche su questa tematica.
Altro tema che affronteremo e svilupperemo nei prossimi mesi è quello della sanità. Alcune cose sono state dette, condividiamo l'intervento di Massi, meno consulenze per centinaia di milioni e più Tac agli ospedali che sono in forte difficoltà. Molto spesso si dice che bisogna migliorare i servizi e la loro qualità, ma spesso ci troviamo in alcune realtà in cui non solo i servizi vengono smantellati ma vengono anche messi nella condizione di non poter più dare quelle risposte che semplici cittadini e mamme pretendono dalla sanità pubblica. Abbiamo assistito ad un balletto, con l'ex assessore alla sanità Mascioni che ha agevolato il direttore sanitario della Asl 8 nell'opera di smantellamento del materno-infantile. Pensate il disagio creato nella comunità civitanovese avere smantellato un servizio così importante e delicato quale quello materno-infantile. Pochissimi oggi vanno all'ospedale di Civitanova e quando vi sono difficoltà il bambino viene trasferito ad Ancona, con un disagio palpabile. Però, qui dentro sentiamo ancora parlare di programmi, prospettive, tavoli ed incontri. Bisogna cambiare rotta per quanto riguarda il discorso della sanità. L'impressione che abbiamo avuto è che la vecchia Giunta si sia preoccupata più di parlare di primari che di dare risposte ai cittadini. Molto spesso arrivano primari dall'Emilia Romagna. Non abbiamo nulla contro l'Emilia Romagna, ma le professionalità stanno anche nelle Marche e bisogna cercare di capire come mai a livello di sanità c'è una continua corsa a cercare professionisti, che a volte stentano ad inserirsi, che a volte non conoscono il territorio, che non sono in contatto con i medici di base. Grossissime difficoltà che avvertiamo tutti i giorni, e mi meraviglia che a livello regionale non si senta questa preoccupazione che è sotto gli occhi di tutti.
Un altro tema molto importante è quello della viabilità. Silenzi ci ha parlato per mesi, dicendo "bisogna che progettiamo". Noi siamo disponibili a progettare e a confrontarci, purché ci siano le risorse. Se parliamo di realizzare grosse strutture quando non abbiamo le risorse, significa prendere in giro i cittadini. Dobbiamo allora avere il coraggio di fare poche scelte, serie e concrete, che siano finanziabili, che abbiano delle risorse pronte, in modo che possiamo dare delle risposte.
Abbiamo vissuto insieme la tragedia dello svincolo di Civitanova: dieci anni per realizzarlo. Penso che nel 2000 una cosa del genere non dovrebbe succedere.
Noi diamo la massima disponibilità al confronto e al dialogo, non saremo la stampella di questa maggioranza, non voteremo occasionalmente i provvedimenti per mettere in difficoltà il Presidente D'Ambrosio, abbiamo la pretesa di avere un ruolo principale in questo Consiglio regionale, visto anche l'andamento e gli interventi che si fanno di volta in volta. Vogliamo essere dei protagonisti per lo sviluppo della crescita delle Marche del 2000.
Massi le ha dato sei mesi Presidente, noi siamo per i 100 giorni come hanno già detto alcuni rappresentanti di Forza Italia. Le diamo 100 giorni perché lei proviene già da un'esperienza di cinque anni, non è un neofita della politica, quindi ha una macchina già ben calda, in corsa, ha fatto le sue scelte, ha i suoi nuovi assessori, deve pretendere il massimo da questi nuovi assessori affinché diano delle risposte immediate e su questo ci confronteremo.
Per concludere, un invito al Presidente del Consiglio. Questa mattina il Consiglio doveva iniziare alle 10 ed è iniziato alle 10,45. Io le avevo fatto un'osservazione e lei nemmeno mi ha risposto, Presidente, però non mi sono preoccupato più di tanto. Successivamente avete votato, con il mio solo voto contrario, l'anticipazione dalle 16 alle 15. Fino alle 15 eravamo in tre, alle 16 eravamo ancora in dieci. E' una questione di etica, di rispetto. Diamoci delle regole. Non dipende da lei, ma da tutti i consiglieri regionali, quindi diamoci una controllata e rispettiamo le persone che sono puntuali.

PRESIDENTE. Non solo non dipende da me, ma sono d'accordo con il consigliere Brini.
Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Presidente, colleghi, finalmente abbiamo la possibilità di dibattere la relazione presentata dal Presidente D'Ambrosio relativamente al programma di coalizione e, contestualmente, di chiarire alcune situazioni che hanno creato malumore e malessere all'interno della coalizione di maggioranza. Partirei proprio da qui, per arrivare al merito del programma.
Mentre in ambito nazionale si assiste alla disaffezione dei cittadini per la politica, attraverso il boicottaggio dei referendum e alla crisi del centro-sinistra relativamente ai risultati delle recenti elezioni regionali e all'incapacità di fatto di governare la nazione, tanto da portare diversi leader politici a formulare proposte per il rilancio della coalizione attraverso aggregazioni di area politica — federazione di sinistra, sinistra pluralista, confederazione della sinistra — a un rilancio politico del centro sinistra che ha perso tanto rispetto alla partecipazione, alla pari dignità politica, alla trasparenza che avevano ispirato la costituzione dell'Ulivo e che tanta fiducia avevano suscitato nei cittadini, contestualmente, nella nostra regione si è andati in direzione totalmente opposta. Non solo si è ignorato questa emergenza — perché di emergenza politica si parla — ma si è andati — Ds, Ppi, Udeur e comunista — ad un accordo molto più ristretto nell'ambito della più ampia coalizione di centro-sinistra, che ha portato poi, oltre che a vincere le elezioni regionali, a determinare l'assetto di governo e quello istituzionale del Consiglio.
Rilanciare in una situazione di questo genere la confederazione di sinistra, caro Procaccini — non voglio polemizzare con te — quando si parla di unire nella pari dignità le varie forze politiche del centro-sinistra, quando si parla di una forte coalizione di centro-sinistra nella pari dignità e nella valorizzazione delle diversità, contestualmente, per motivi probabilmente di natura politica o di altra natura, di voracità politica, si è andati nella direzione di escludere parte della coalizione che ha portato a vincere le elezioni in questa regione. Non si può da un lato auspicare — lo dico anche al presidente del gruppo Ds, che ha fatto un intervento che ha evaso totalmente il nodo politico e il malessere politico di questa maggioranza, che si è manifestato in modo chiaro durante la votazione dei rappresentanti istituzionali del Consiglio — un centro-sinistra più coeso e dall'altra essere registi di una politica di marginalizzazione dei verdi, delle problematiche ambientali e anche di altre forze politiche del centro-sinistra. Un centro-sinistra con contestuale emarginazione di alcune forze che ne fanno parte, è un chiaro sintomo di schizofrenia politica. Ebbene, questo si è verificato nella nostra regione, purtroppo. Ci auguriamo che si possa in qualche modo recuperare questa falsa partenza. Ci è sembrato che fosse importante assicurare visibilità politica ed incarichi istituzionali e di governo solamente al trio suddetto. D'altra parte gli incarichi distribuiti ne sono una dimostrazione: siamo ritornati alla logica del pieno impiego, anzi farei una proposta di legge per utilizzare qualche presidente di Commissione esterno, così la voracità di qualche forza politica presente potrebbe avere un'ulteriore possibilità di occupare posti di appagamento. Questo non rientra nella cultura dei verdi. I verdi, nella loro assemblea regionale hanno deciso di restare all'interno di questa maggioranza, i verdi sono parte fondamentale del centro-sinistra. Abbiamo dimostrato come uno dei punti fondamentali della costruzione dell'Ulivo sia la componente ambientalista. Io ritengo che la prima partenza falsa — questo va detto a chiare lettere, perché non vorrei che le responsabilità di quanto avvenuto fossero limitate solamente a questo accordo scellerato tra le tre forze politiche — sia stata proprio la costituzione della Giunta. Nessuno vuole entrare nel merito delle scelte del Presidente, il quale ha ampie possibilità, ma riteniamo che sia stata costituita con una certa miopia politica. Ebbene, speriamo — non so come — che questa situazione di impasse debba cessare, anche perché i verdi, pur rimanendo fortemente convinti di far parte di questa coalizione di maggioranza, ribadiscono a chiare lettere che dopo quanto avvenuto l'unico legame forte che c'è fra loro e questa coalizione di maggioranza, passa attraverso il rispetto degli indirizzi programmatici della coalizione.
Noi, per tranquillizzare qualcuno, non saremo qui per fare opposizione demagogica all'interno di una maggioranza, non saremo qui per fare opposizione per l'opposizione, per mettere in crisi la maggioranza, ma saremo in questo Consiglio regionale in una posizione di garanti degli impegni assunti nella piattaforma programmatica sottoscritta dall'intera coalizione, impegni che l'attuale assetto di Giunta non ci sembra poter garantire. Ma al di là di questo, riteniamo che la responsabilità politica più volte dimostrata dai verdi nella precedente legislatura, debba essere ancora una volta dimostrata, anche se questa volta, permettemelo, far passare in silenzio quanto è successo, cercando di fare appello alla responsabilità politica sarebbe stato più un atto di complicità che di responsabilità politica stessa. Noi non vogliamo essere complici di quanto è avvenuto, di questo malessere che non è una questione dei verdi. Passare da una maggioranza di 25 consiglieri a 19 — e potevano anche essere 17 — nella elezione del Presidente del Consiglio non è un fatto da addebitare ad un singolo consigliere o ad una singola forza politica, evidentemente c'è stato del malessere.
Per rispondere al collega Andrea Ricci, mi auguro che non si arrivi al suicidio politico, al suicidio di tutti gli organismi viventi e quant'altri possano arrivare al suicidio, quindi, diceva lui, anche questa Giunta, anche questa maggioranza potrebbero arrivare al suicidio prima di affrontare le grosse tematiche programmatiche che i cittadini aspettano. Io mi auguro che questa maggioranza non arrivi al suicidio politico, ma va altrettanto detto al collega Ricci che quando qualcuno si suicida, evidentemente qualche elemento di malessere esiste, perché nessuno va verso il suicidio se, contestualmente, non ha grandi motivazioni di malessere e di sconforto.
Noi faremo i possibile per non andare in questa direzione, però punti programmatici, carissimo Presidente D'Ambrosio, come l'Api di Falconara e l'attuazione della dichiarazione di area ad alto rischio ambientale della zona Falconara-Bassa Vallesina, punti programmatici come l'incompatibilità tra la SG Carbon di Ascoli Piceno e la città, punti programmatici come la problematica dell'elettrosmog, ma più che altro la problematica relativa al saccheggio del territorio con elettrodotti fatti con istruttorie sommarie, che per la verità abbiamo stoppato già nella precedente legislatura, debbono essere bloccati, punti programmatici come lo sviluppo dell'agricoltura biologica o la riduzione degli aiuti PAC alle aziende che ospitano prodotti transgenici, la tutela del territorio, i piani di bacino, la gestione dei bacini interregionali — e mi riferisco al bacino interregionale del fiume Tronto: proprio oggi c'è l'udienza penale presso il tribunale di Ascoli per l'esondazione del Tronto del 1992... Perché uno dei più grossi problemi italiani è quello che i cittadini non percepiscono di vivere in uno Stato di diritto. Oggi, ad Ascoli Piceno, potrebbero essere date le attenuanti generiche per le richieste di rinvio a giudizio di tre risultati colpevoli dalle indagini dei pm. Ebbene, se verranno date le attenuanti generiche, oggi tutti i reati relativi all'esondazione del Tronto del 1992 verrebbero prescritti. Io non so, Presidente, se lei ha già nominato il presidente dell'autorità di bacino del fiume Tronto, ma vedremo anche lì le competenze, vedremo anche lì l'iniziativa. Riteniamo che punti come la centralità dei parchi nella politica istituzionale delle nuove aree protette, il risanamento dei fiumi... Come ultimo atto del precedente Consiglio regionale approvammo l'emergenza del risanamento delle acque superficiali. Ebbene i colleghi che erano presenti — qualcuno ancora è qui — avranno visto bene che i fiumi della nostra regione sono in condizioni pessime, soprattutto negli ultimi tratti, con acqua fortemente inquinata e non utilizzabile neanche per scopo irriguo. Su questi punti, sull'attività estrattiva saremo molto attenti e valuteremo l'operato della maggioranza, su questi punti collaboreremo affinché la maggioranza riesca a soddisfare queste emergenze e contestualmente riteniamo che, pur dando tutta la nostra disponibilità per affrontare e risolvere queste tematiche, se dovessero essere disattese, la posizione dei verdi all'interno della maggioranza dovrà essere rivista.
Ringrazio il Presidente, che nella sua comunicazione questa mattina ha messo al primo punto la strategia di uno sviluppo ordinato che rispetti l'ambiente. Mi auguro che queste non siano solamente parole, mi auguro che veramente si vada nella direzione di interventi decisi su questa materia.
Noi siamo disponibili a dare il nostro contributo. Abbiamo detto che saremo fuori da ogni incarico, non chiediamo incarichi di nessun genere, neanche quelli che scadevano oggi, quella miriade di incarichi e incarichetti che scadevano oggi, non ci interessano. Questo per dimostrare ancora una volta che a noi interessano i contenuti. Ma ritengo, per questa maggioranza, che potrebbe essere molto più caro pagarci in contenuti che in altre forme che si sono viste durante questo periodo.
Noi andremo con coerenza a sostenere questo centro-sinistra. Mi fa piacere che nella comunicazione del Presidente si faccia riferimento alle linee programmatiche della coalizione, alla cui stesura hanno partecipato anche i verdi, quindi ripeto che oggi ciò che ci unisce a questa maggioranza è proprio questo blocco con su scritto "linee programmatiche della coalizione Marche Democratiche per le elezioni regionali del 16 aprile 2000".

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. Signori Presidente, colleghi, nel fare proprie le valutazioni che già i colleghi del mio gruppo hanno espresso in ordine a questa prima manifestazione d'intenti effettuata dal Presidente D'Ambrosio nelle sue comunicazioni, non posso che richiamare alla mente quella figura cara alla letteratura francese di un personaggio di Voltaire, in particolare Penglos, il filosofo che è sempre vicino a Candido e che, per quante disgrazie capitino a lui e a Candido stesso, continua a dire che questo è il migliore dei mondi possibili e questa la migliore delle situazioni che possono essere fruite. Un ottimismo che trasuda da questo documento e che — senza voler entrare in fatti che non ci riguardano perché attengono alla maggioranza — non sembra confortato da una piena, concorde unità d'intenti. Quindi una illustrazione sicuramente doverosa, che significativamente viene ritenuta parte integrante anche dello stesso programma amministrativo, ma che, a mio modo di vedere, ha indotto in noi una certa delusione, non perché pensassimo che dalle prime comunicazioni del Presidente dovessero venire elementi di convinzione o di esaltazione, ma approssimandosi a questa legislatura — la legislatura storica, la legislatura del federalismo regionale, la legislatura attraverso la quale dovremmo arrivare addirittura a dare il nostro contributo per la ridefinzione dell'impianto costituzionale della nostra nazione, almeno pro-quota — a fronte di questa grande attenzione, di questi grandi problemi che dovremo affrontare credo che la comunicazione del Presidente tradisca una certa laconicità che probabilmente, in parte, deriva anche da qualche difficoltà di composizione interna della maggioranza, ma che credo non sia sufficiente a darci le linee guida per capire anche noi della minoranza quali saranno i valori forti che genereranno la politica regionale di qui al quinquennio che si concluderà nel 2005. Quindi ottimismo, laconicità, una tendenza a descrivere i problemi più che proporre soluzioni ed interventi ai problemi stessi.
Mi pare che far riferimento alla programmazione è sicuramente fatto apprezzabile dal punto di vista amministrativo, ma certo non indica e allude alla soluzione dei problemi. I problemi vengono descritti, il metodo è anche quello della programmazione, tuttavia manca in questa grande società moderna e modernizzata la certezza che questo Governo regionale possa, di fronte a problemi che fra l'altro richiedono delle soluzioni rapidissime — si legge, si ascolta giorno per giorno, accendendo la televisione, nei telegiornali, che la globalizzazione, la new-economy, tutto ciò che determina il nostro presente si gioca nella frazione di un secondo — far fronte ai tempi e alle soluzioni necessari alle tantissime scadenze, si potrebbe dire epocali, che non vengono focalizzate in maniera apprezzabile.
Il Presidente preferisce fare dei richiami generici all'identità di coalizione, oppure all'identità regionale. Leggo nelle sue dichiarazioni del riferimento al patto con gli elettori, ma ha ragione chi ritiene insufficiente un richiamo al patto con gli elettori, soprattutto in una regione dove quel patto è stato sottoscritto solo con una parte degli elettori, perché non credo sia fuori luogo ricordare e ribadire che in due province importanti, che comunque rappresentano la metà del territorio regionale, quel patto ha visto esiti diversi da quelli che hanno invece condotto il centro-sinistra a vincere complessivamente. Quindi il patto con gli elettori non può essere un richiamo soddisfacente, soprattutto dotato di quelle caratteristiche operative di cui la Regione ha bisogno, e men che meno lo è il secondo richiamo identitario alla cittadinanza regionale. Ma esiste una cittadinanza regionale? Esiste già? Si può parlare di questo richiamo allo heimat regionale come qualcosa di esistente? A mio modo di vedere no, non solo e non tanto perché le Marche sono la regione al plurale, ma perché, effettivamente, manca, ed è praticamente impossibile rintracciare nella storia di questa nostra società regionale, un qualcosa che possa, per tradizioni, identità sociale, economica e anche politica, rappresentare il canovaccio per affrontare la strada del cambiamento, del federalismo in maniera serena, tranquilla e sicura. Le Marche sono tutte da costruire, e da questo punto di vista il nostro compito è diverso da quello di altri "governatorati", dove, probabilmente, quella coesione, quell'identità nasce, si è enucleata, per ragioni sulle quali sarebbe troppo lungo e assurdo intrattenersi. Ma quella cittadinanza va costruita, se non c'è. E se non sono la storia, la coerenza, la continuità socio-economica a suggerire quali sono gli elementi di quella cittadinanza li dobbiamo costruire. Se questo è vero, voglio sperare — non ho motivi per ritenere il contrario — che sia autentico quel richiamo che faceva nelle sue considerazioni a margine il Presidente D'Ambrosio, quando diceva "una cosa è certa: un assioma dobbiamo spenderlo anche questa mattina nel dire che i servizi dovranno essere di pari qualità ovunque". Credo che questo sia un elemento veramente centrale, la pietra angolare di questa sfida del federalismo.
Il federalismo — ne sono piene le cronache dei giornali — alimenta discussioni di ogni genere, quindi il Presidente ci comprenda se manifestiamo qualche stupore rispetto alla laconicità del suo documento, ma nel mentre questo federalismo vede impegnati i Presidenti delle varie Giunta regionali nel dibattere in che misura la politica sanitaria e quella scolastica dovranno risentire di questa ridefinizione istituzionale, nel mentre i giornali la Conferenza Stato-Regioni dibattono sui grandi elementi, sui grandi trasferimenti che dovrebbero provenire dal centro alla periferia, vediamo invece una sostanziale elusione dei problemi e la cosa non può che allarmarci e allertarci.
Allora, noi proviamo a dare qualche indicazione, a fare qualche proposta perché questa ridefinizione in senso decentrato, questo federalismo amministrativo "alla marchigiana" possa essere costruito.
Innanzitutto, l'equità territoriale come elemento fondante per far sì che non possano determinarsi sacche di estraneità rispetto a quelle che sono le dinamiche istituzionali che dobbiamo affrontare. LO ha detto la collega Romagnoli, lo hanno detto anche altri colleghi: è obiettivo ed oggettivo il dato che vede una forte disparità tra territori. Non voglio fare tirate di natura localistica e demagogica, ma quando facevamo la campagna elettorale più di una volta ci capitava di commentare certi inserti elettorali del candidato Presidente D'Ambrosio il quale faceva riferimento a un dato percentuale sulla disoccupazione che era, secondo l'aforismo di Trilussa, solo la rappresentazione numerica di una situazione — mi pare il 4% o il 6% — che però, tra Mondolfo e Acquasanta Terme, è paurosamente differenziata. Se questo è vero, bisogna evitare che il neo-centralismo anconetano possa in qualche modo conculcare le grandi possibilità che il federalismo, invece, può dare ai nostri territori.
Circa l'infrastrutturazione, leggevo qualche richiamo, breve, al discorso sul Corridoio Adriatico. Ebbene, dalla periferia meridionale di questa regione più di una volta abbiamo commentato le tracce che dovevano in qualche modo originare e ispirare il Corridoio Adriatico e dicevamo allora, ma lo ripetiamo adesso, che non è sufficiente pensare al Corridoio Adriatico solo come a un elemento che migliori e renda più fruibile la comunicazione fra l'est e l'ovest della regione passando da Ancona, perché il raddoppio della Orte-Falconara spesse volte è stato considerato quasi l'elemento centrale assorbente di tutte le politiche della mobilità che dovevano riguardare il Corridoio Adriatico. E questo problema diventerà drammatico nel momento in cui la Regione dovrà prendere atto di quel decreto ministeriale che, in attuazione di una previsione contenuta nel codice della strada, porterà all'avvenuta declassificazione delle strade. Questo è un altro forte problema, perché saranno poche le strade che manterranno l'egida e lo stigma di strade statali, molte saranno quelle regionali, e su questo dobbiamo capire che ci sono argomenti di cui dobbiamo sostanziare il federalismo. Il federalismo non può essere solo l'applicazione normativa di convenienze che ci dà la legge quadro, la "legge Bassanini", la prima in particolare, ma rappresenta un terreno da costruire giorno per giorno. E veramente noi siamo convinti che l'equità territoriale debba rappresentare la mano invisibile che dovrà guidare il legislatore in questa opera di creazione. Se questo vale per quanto riguarda il federalismo considerato dal punto di vista territoriale, il problema di una identità tutta da costruire, di una partecipazione, di un afflato regionale che non si respira in maniera compiuta, soprattutto nelle parti periferiche della regione, dobbiamo anche intrattenerci — anche se per pochi minuti — su altri problemi che si dovranno affrontare e che mi sembrano solo minimamente citati nella relazione.
Mi riferisco in particolare al trasferimento di deleghe alle Province. Io sono stato per cinque anni — lo sarò ancora per qualche giorno — consigliere provinciale e ho vissuto la difficoltà, la poca operatività che ha riguardato un meccanismo che spero non si reiteri in questa legislatura: vedere il trasferimento delle deleghe alle Province e ai Comuni come un addossare, un bersagliare l'ente sottoordinato di funzioni, senza contestualmente affidargli le risorse economiche, ma anche di personale, necessarie perché quelle funzioni non siano meramente frutto di uno spogliarsi — qualche volta anche con sospiri di sollievo — di funzioni, ma siano effettivamente elementi di raccordo, di operatività istituzionale che devono essere giudicati volta per volta nel loro concreto esercizio. E' il caso, ad esempio, delle funzioni che di qui a poco dovrebbero essere affidate alle Province. Mi riferisco soprattutto alla difesa del suolo: esiste una legge regionale che allude alla necessità improcrastinabile di affidare alle Province che erano degli ex uffici del genio civile e dei servizi decentrati opere pubbliche, però si respira in quegli ambienti un'atmosfera abbastanza pesante perché non vi è chiarezza, nel momento in cui, invece, il dissesto idrogeologico rappresenta una delle voci più significative che devono in qualche modo essere affrontate da questa Regione e non solo da questa Regione...
...la sussidiarietà, oltre che quella orizzontale, deve essere animata e attivata in senso verticale, senza che gli enti sottoordinati debbano avere per forza la sensazione di vedersi scaricare funzioni senza il cittadino possa goderne benefici effetti amministrativi.
Un altro argomento che a mio modo di vedere doveva sostanziare la relazione del Presidente è il nodo gordiano della politica fiscale. Il federalismo amministrativo, per asserzione ormai dichiarata, ufficializzata dal legislatore nazionale, si accompagnerà al federalismo fiscale e su questo si configurerà un terreno non voglio dire di scontro, certo di confronto. Ormai la società moderna, la società economica vede nella competitività fra sistemi locali l'elemento di snodo della competizione economica, della ricchezza, della capacità di produrre, ma sappiamo anche che uno degli elementi che può arrestare o drenare la capacità di attrarre investimenti è proprio la condizione fiscale. E allora andiamo a vedere, stabiliamo, confrontiamoci su quello che dovrà essere il protagonismo fiscale di questa nuova regione anche in riferimento alle sperequazioni del territorio, perché sarà impossibile e non potrà essere praticata la strada di una omogeneità fiscale fra territori che omogenei non sono. Pensate che l'anno scorso — è un dato che forse vi esprimo in modo grezzo, ma che potrebbe costituire motivo di riflessione — i Comuni del pesarese che in occasione della prima applicazione dell'addizionale Irpef — facoltà prevista da un anno circa — hanno utilizzato la leva fiscale sono pari al 41%. In provincia di Ascoli Piceno i Comuni che, parallelamente, hanno utilizzato la stessa facoltà, sono pari al 74%. Questo vuol dire che la fiscalità non può essere considerata in maniera omogenea e indifferenziata come strumento che è impermeabile a una valutazione di quelli che sono invece gli elementi e i momenti critici di ciascun territorio.
Non possiamo pensare a un federalismo che eluda uno dei problemi centrali: il problema della protezione e della tutela del cittadino. Il bisogno di sicurezza rappresenta e costituisce uno dei grandi temi su cui si gioca anche la capacità dei poli, la capacità delle coalizioni di dimostrarsi realmente vicini al cittadino. Una sicurezza che non è solo quella dell'ordine pubblico, ma che è anche quella dell'ordine pubblico, elemento non citato — non so se per ragioni di natura ideologica — nel documento. Ma al di là di quelle che sono le competenze formali della Regione a questo proposito, ritengo che l'ordine pubblico, quello che prima citavo come elemento di importanza fondamentale, cioè il dissesto idrogeologico, la tutela sanitaria sono tutti argomenti che compongono una esigenza complessa del cittadino di vedersi tutelato dalle istituzioni. E la rappresentatività politica, la legittimazione delle forze politiche spesso non passa più dai riferimenti ideologici. Questo è un dato, può essere considerato un fatto positivo o negativo, certo è che la capacità di prestare tutela rappresenta una delle grandi sfide.
Ci attendiamo da parte del Governo regionale delle risposte, perché l'elusione di questi temi non può essere sicuramente una strada possibile. Da parte nostra sarà sicuramente assunto l'impegno di uno stimolo non solo di carattere critico — rientra nel nostro codice genetico — ma anche di natura propositiva, incalzando questa maggioranza sui problemi che veramente misurano la capacità di consenso.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Rocchi.

LIDIO ROCCHI. Signor Presidente, signori consiglieri, prendo la parola come presidente del gruppo Sdi.
Ho ascoltato questa mattina, e condivido, le dichiarazioni del Presidente, che credo abbia svolto una sintesi efficace del programma sottoscritto dalle forze politiche di questa maggioranza. La legislatura regionale che si apre ha molti significati di straordinaria importanza per la vita della comunità marchigiana. La sfida della globalizzazione deve trovare nell'ente Regione un protagonista attento e non uno spettatore passivo. Accanto al sostegno all'innovazione, alla qualità e all'internazionalizzazione del nostro sistema produttivo, industriale, artigianale e turistico, occorre puntare con forza ad un'azione di governo che coniughi lo sviluppo con l'equità.
Questo è il vero senso della coalizione che i marchigiani hanno premiato con il voto. Questo il compito più importante della nuova Giunta ma anche dell'azione che l'intero Consiglio dovrà svolgere.
La capacità di guida del Governo regionale si giocherà proprio su come saremo in grado di interpretare il modello di crescita del sistema socio-economico della nostra regione, dal duplice punto di vista: di lavoro, impresa e occupazione e competitività.
L'equità sarà appunto la nostra principale sfida. Le nuove marginalità sociali, le nuove povertà poste dal modello di sviluppo globale dovranno essere affrontate con chiare politiche di risarcimento sociale, di difesa delle fasce deboli della popolazione, di un nuovo modello di Stato sociale.
La maggioranza deve anche essere ben cosciente che il risultato elettorale positivo nelle Marche si è accompagnato al risultato elettorale negativo in altre regioni, quindi questo ci deve far riflettere. Anche da noi dobbiamo saper far fronte a quella che è stata definita la sfida, su tre grandi problemi: la sicurezza, la scuola, la sanità.
Per quanto riguarda la sicurezza credo che l'isola felice non vi sia più. Non passa giorno che di fatti, in passato sporadici, rarissimi, come rapine e furti nelle case, violenza alle persone, non parlino le cronache della nostra regione. La nostra azione di governo dovrà farsi carico sempre di più di non delegare solo alle istituzioni dello Stato le politiche di sicurezza, ma perfezionare l'efficacia dell'intervento regionale come coordinamento delle forze sociali, degli enti locali e delle istituzioni.
Per quanto riguarda la scuola, inizia adesso la grande sfida della realizzazione di una riforma che ha posto al centro il ruolo della Regione.
Infine la sanità. Occorre passare veramente dalla sanità alla salute, come recita un importante slogan del nostro programma. Dobbiamo dare seguito al piano sanitario, in particolare attraverso la rapida realizzazione delle strutture alternative agli ospedali per acuti. Nello specifico, per quanto riguarda le patologie croniche della popolazione anziana.
Ma la legislatura si apre anche all'insegna, per quanto ci riguarda, come socialisti democratici italiani, di un fatto nuovo. Dopo l'inopinata stagione dell'ostracismo, dell'emarginazione, dei veti nei confronti dell'area socialista, la nostra presenza in Giunta segna una questione politica rilevante. Il Presidente eletto dai marchigiani è stato garante del rispetto di un accordo politico e non ha ceduto a tentativi di deviarne il contenuto che, permettetemi di dirlo, spesso sono stati delle vere e proprie cadute di stile, in presenza di un accordo verbale o sottoscritto.
Signor Presidente, per quanto mi riguarda e riguarda i socialisti marchigiani, noi siamo qui, ancora una volta, per fare fino in fondo la nostra parte, per garantire con lealtà il nostro impegno, come abbiamo fatto anche negli ultimi cinque anni quando, nonostante il grande apporto che abbiamo portato alla vecchia maggioranza siamo stati fuori senza creare problemi alla Giunta, senza creare problemi alla maggioranza, cercando di dare un forte contributo, come cercheremo di darlo anche in questa legislatura.
Sappiamo tutti che ci sono state novità importanti in questi ultimi tempi. E' stato eletto direttamente il Presidente della Giunta ed a questo Presidente, a questa Giunta noi socialisti cercheremo di garantire il massimo impegno e non lasceremo nulla di intentato per fare bene il nostro lavoro e per elevare il profilo e la percezione, da parte dei cittadini, dell'azione di Governo che ci apprestiamo a condurre. Sapremo corrispondere con i fatti alla fiducia accordataci, come abbiamo fatto sempre. Ci aspettiamo però spirito di forte solidarietà da parte dell'intera maggioranza per svolgere questo difficile compito che ci aspetta. Così come ci aspettiamo un atteggiamento responsabile dell'opposizione che, nel rispetto dei diversi ruoli, può dare un contributo per far crescere le Marche.
Noi siamo qui, siamo decisi a portare avanti la nostra immagine e cerchiamo anche di poter spegnere molte polemiche che in questi ultimi tempi ci sono state tra i partiti di maggioranza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. Colleghe e colleghi consiglieri, iniziamo oggi una legislatura con una novità rilevante, quella dell'elezione diretta del Presidente sulla base di un programma sottoscritto dalle forze politiche, che costituisce un patto con i cittadini. In questo primo intervento voglio dichiarare quello che sarà l'atteggiamento dei Democratici in questo Consiglio regionale e voglio stringere un patto di lealtà istituzionale con il Consiglio regionale stesso. Noi vogliamo proporre a tutti i consiglieri un patto per evitare che alla fine di questa legislatura i cittadini dicano "siete tutti uguali", che, tradotto, significa "dovreste tutti andare a casa". E' questa una delle frasi più ricorrenti nell'esperienza di ognuno di noi durante la campagna elettorale.
Per chi fa la politica la prima attività, almeno per cinque anni, della propria vita, un nemico comune da sconfiggere è la sfiducia generalizzata, alimentata da chi gioca allo sfascio, da chi ha interesse a delegittimare. In questa logica i Democratici stanno in politica e in Consiglio regionale sulla base di alcuni principi fondamentali che voglio richiamare.
Il primo è quello del bipolarismo, che per noi significa il diritto dei cittadini a scegliere con chiarezza, fra proposte diverse, presentate con semplicità, in modo che i cittadini possano discernere e scegliere. Questo impegno per il bipolarismo noi lo giocheremo nella Commissione Statuto che è chiamata a scrivere le regole del nostro stare insieme, è chiamata anche a scrivere la legge elettorale della nostra Regione, per garantire la governabilità e un adeguato sistema di controlli democratici. Ma il bipolarismo lo perseguiremo anche in quest'aula, con un confronto chiaro e serrato con l'opposizione.
Oggi, in realtà, c'è in Italia un "bipolarismo all'italiana" tra il polo dei politici che parlano lo stesso linguaggio, usano schemi politici, rivendicazioni, compromessi, compreso il gioco delle parti tra maggioranza e opposizione e il polo del resto del mondo che la politica la subisce, ma purtroppo non la stima. In questo gioco delle parti tutto è scontato, non c'è vera competizione, non c'è una competizione evidente, chiara. Noi crediamo che sia necessario spezzare questo sistema che non fa crescere il dibattito, quindi non aiuta il Paese, non aiuta la Regione.
Bipolarismo per noi è un confronto reale, che non ha paura di evidenziare quelle che sono le differenze e non ha paura neanche di comporre quelli che possono essere gli spunti utili che vengono dall'una o dall'altra parte. E allora se I Democratici votano l'emendamento Pistarelli sulla base di un criterio non ideologico ma logico, come avvenuto l'altro ieri, su una questione istituzionale e non politica, ciò non significa, come qualcuno ha temuto, che vogliono minacciare la maggioranza. Quando vorremo distinguerci politicamente — lo dico in virtù di questo patto di lealtà — lo diremo prima, lo diremo con chiarezza. Significa, invece, che noi riconosciamo legittimità e talvolta valore alla proposta che può venire anche dai banchi dell'opposizione. Noi conosciamo i rischi della strumentalizzazione, anche da questo punto di vista — votare con la minoranza può essere travisato, oppure può essere dalla minoranza stessa utilizzato — però vogliamo correre questo rischio, perché crediamo che serva per spezzare questo circolo non virtuoso del gioco delle parti, e serva ad arrivare al confronto sulle cose da fare e a mostrare le carte, arrivando ai contenuti.
I rischi della strumentalizzazione e rischi della lotta politica. A questo riguardo non posso non rimarcare quello che è avvenuto questa mattina. Io conosco il consigliere Ciccioli da tanti anni, stimo la persona, ne conosco la vis polemica, quindi non mi ha stupito come ha affrontato il primo intervento di questa legislatura e l'accenno che ha fatto nei confronti del nostro assessore Ottaviani. Dico a Ciccioli che è legittimo che un consigliere prenda la parola e dica alcune cose. Se mi posso permettere, non l'ho vista come una cosa altamente professionale, perché nel momento in cui un consigliere regionale parla, credo che abbia il dovere, prima di dire delle cose, di usare lo strumento dell'insinuazione, di documentarsi fino in fondo. Ma questo sarà oggetto della discussione che faremo alla fine di questio dibattito.
Noi lavoreremo in questo Consiglio regionale per facilitare, nei confronti dei cittadini, la comprensione delle cose che stiamo facendo, per la chiarezza programmatica che è il diritto dei cittadini a capire quello che fanno gli amministratori che hanno eletto. Dobbiamo quindi fornire criteri di discernimento concreti. Ciò significa, innanzitutto, informazione tempestiva, corretta, esauriente, accesso all'informazione come strumento primario di democrazia. Anche qui, chiarezza programmatica nel bipolarismo, sapere fino in fondo quali sono le proposte, qual è la diversità tra di esse e quali sono le scelte e le opzioni. Chissà, al di là della discussione di oggi forse potrebbe essere interessante dare una diffusione al programma della coalizione, presentarlo all'esterno, darne una pubblicazione per poterne fare oggetto di dibattito con le forze sociali, prevedere delle verifiche periodiche. Questa mattina il consigliere Ascoli ha accennato a un'iniziativa interessante: quella della relazione semestrale della Giunta, che va in questa direzione, nell'ambito della concertazione ma anche con assemblee pubbliche dei cittadini. Credo che lo spirito del rapporto fra il Presidente eletto direttamene e il suo elettorato debba essere inteso anche in questa direzione.
Potremmo prevedere e istituzionalizzare nello Statuto e farne una prassi mediata, in analogia con la Conferenza Stato-Regioni, una Conferenza governo regionale-governo delle autonomie, per verificare il livello di corresponsabilità e anche di corrispondenza della sussidiarietà verticale. Noi siamo chiamati a interventi di decentramento sia territoriale che funzionale, che prevedono la riorganizzazione dei compiti realizzata non sulla base di elementi di tip gerarchico o di priorità, ma piuttosto attraverso la delegazione di funzioni a compiti ai livelli più prossimi ai cittadini, in un senso non solo spaziale ma soprattutto relazionale. In questo senso il ruolo della Regione è di coordinamento e di sintesi fra la sussidiarietà verticale e la sussidiarietà orizzontale nei rapporti tra Stato, Regioni, forze sociali. Quindi un bilanciamento tra il principio di autorità e il principio di democrazia, secondo il quale il potere pubblico interviene solo laddove i privati non possono efficacemente gestire le funzioni.
Ma non solo questo. A mio modo di vedere la Regione è chiamata a fungere da agente di sviluppo in un'ottica di deregulation e di liberazione di energie, in un'ottica anche di integrazione delle energie presenti sui territori, siano esse finanziarie, organizzative o di logistica. IL federalismo deve essere una risorsa istituzionale per lo sviluppo economico del sistema produttivo locale, quindi nazionale. Il federalismo sarà un altro grande tema di dibattito in sede di Commissione Statuto, ma anche e soprattutto nelle politiche che nei diversi settori saremo chiamati ad attuare, a partire dal concetto di cittadinanza regionale. Certo, è un concetto e una identità da costruire; dovremo definire i diritti e i doveri, ma soprattutto dovremo individuare le opportunità. Una riflessione che non potrà prescindere, ma anzi che si arricchirà se combinata con il concetto di cittadinanza europea, con questa nuova visione della vita e della comunità che prima come cittadini e poi come amministratori siamo chiamati a maturare. Una nuova visione del rapporto con l'Unione europea che non è solo utilizzo di fondi e di opportunità finanziarie, ma che è proprio insito in un modo di concepire lo sviluppo anche economico e i rapporti tra territori e istituzione.
Una riflessione questa assolutamente originale e nuova, che dovrà portare a rinsaldare un rapporto dialettico tra i cittadini e le istituzioni, dove queste ultime non si accontentino di assecondare ed adeguarsi ai cambiamenti sociali, ma cerchino di assolvere anche a un ruolo di guida.
Nel rapporto comunità locali, dimensione regionale, proiezione europea, in questi anni sono state gettate le fondamenta attraverso l'accesso ai fondi comunitari. A partire dall'utilizzo dei fondi comunitari si sono, probabilmente dapprima inconsapevolmente, ma poi con sempre più consapevolezza, sviluppate delle esperienze felici: penso ai programmi Leader, penso alle progettazioni dei patti territoriali, penso all'esperienza della rete della formazione professionale. E' emersa nel territorio una coscienza che ha dato corpo ad un concetto tutto europeo di gestire lo sviluppo a partire dalle realtà, dalle risorse del territorio, esaltando la capacità imprenditoriale degli attori locali, dando loro una dimensione comunitaria in collegamento con le altre esperienze europee e attivando la sussidiarietà verticale e orizzontale che vede collaborare categorie sociali diverse, fino a poco tempo fa talvolta in conflitto, e gli enti locali ai vari livelli di responsabilità, tutti uniti da una comune partecipazione, anche finanziaria, che aiuta a sentire proprio un progetto e a perseguirlo fino in fondo.
Lo sviluppo locale è lo strumento per valorizzare trasversalmente tutto il territorio, si fonda sulla molteplicità delle risorse di cui dispone la nostra regione da un punto di vista ambientale, storico, architettonico, culturale, agroalimentare, artigianale e delle professionalità. La "marchigianità", alla base della nostra identità regionale, ha come spina dorsale il sistema delle imprese, come oggetto la molteplicità delle risorse e come immagine la qualità.
La qualità è un altro dei grandi temi di questo nuovo millennio. Pensiamo a cosa è successo a Seattle, a Genova e in questi giorni a Bologna. La qualità richiama e ha come presupposto la sicurezza dei cittadini nei confronti delle nuove emergenze.
Tutto ciò, per noi si traduce in termini molto concreti per il lavoro della nostra legislatura, in un'azione che la Regione può e deve fare per aiutare lo sviluppo, quindi una macchina regionale che funzioni. Occorre ridare e rinfrescare la voglia di lavorare nel pubblico, lavorare alla formazione professionale, anche dei dipendenti regionali; lavorare a trasmettere questa mentalità europea ai dipendenti regionali; potenziare l'ufficio di Bruxelles perché svolga un ruolo anche in questo senso.
Penso anche all'informatizzazione, che non vuol dire solo mettere la Regione in condizioni di lavorare meglio, ma anche di dare dei servizi ai cittadini che gli stessi cittadini aspettano. L'assessore Agostini ci potrebbe raccontare di come ancora, in questi giorni, gli allevatori, i produttori zootecnici non possono accedere a delle provvidenze comunitarie perché non esiste una banca dati adeguati. Decentrare, delegificare significa aiutare lo sviluppo, ma non ritorno sulle cose che hanno già detto i colleghi. Significa dare anche certezza nelle regole, assicurare dei controlli effettivi, perché non basta avere finanziamenti e realizzare dei depuratori se questi non vengono poi fatti utilizzare perché non ne viene curata la manutenzione. E' compito della Regione seguire tutte queste fasi.
Aiutare lo sviluppo è aprire una riflessione importante su come noi stiamo facendo promozione della nostra regione, quindi investire su questo settore, ma soprattutto coordinare tutto quello che in Regione si sta facendo, in rapporto con i Comuni, con le Comunità montane, con gli organismi che sono preposti a questo, con gli enti parco ma soprattutto anche con la Camera di commercio. Noi abbiamo ante piccole cose sul territorio, ma rischiamo, in qualche caso, di promuovere, per esempio, l'olio di Cartoceto quando, dopo qualche mese, l'olio non è più disponibile perché la quantità prodotta è limitata. Dobbiamo quindi svolgere un ruolo di raccordo in questo senso.
Una riflessione dovrà investire anche il ruolo delle agenzie regionali, che sono nate per svolgere compiti operativi e che, probabilmente, non sempre sono state messe in grado di svolgere questo ruolo, perché talvolta, magari, si è disperso quello che si intendeva portare avanti.
Concludo, Presidente, augurandole buon lavoro in questi cinque anni per assolvere a un ruolo fondamentale che la legge sempre più le assegna: quello di governare, di realizzare concretamente le cose che abbiamo detto e che lei, con la "squadra" che ha ritenuto di doversi scegliere vuole portare avanti.
Noi saremo dalla sua parte e saremo, come siamo stati, d'accordo nell'assicurarle, per quanto ci riguarda, di poter svolgere appieno questo ruolo nella piena autonomia, che è anche piena libertà e capacità di guardare al tutto e non alla parte, alla coalizione e non al partito. Per quanto ci riguarda noi non porremo questioni da questo punto di vista, lei sa che non le abbiamo poste fino ad oggi. Ci permettiamo di darle un consiglio che non vediamo ancora nei suoi atteggiamenti ma che è il frutto dell'esperienza che abbiamo visto in tante esperienze anche vicine a noi, di alcuni sindaci: che questa autonomia e questa libertà non la spingano a diventare lei stesso o ad avere lei stesso la tentazione di farsi una sua parte. E' questa l'esperienza deleteria di alcuni" partiti del sindaco" che anche nella nostra regione si è verificata.
Credo che lo scopo di questa legge sia quello di avere un Presidente che sia autonomo, libero, che abbia un rapporto stretto con gli elettori sulla base di un programma, ma che sia anche il Presidente di tutta la regione. Credo che se questo non è stato in campagna elettorale, come era logico, deve tuttavia essere un obiettivo fondamentale.
Noi saremo qui per svolgere la seconda parte del lavoro che la Regione deve portare avanti. Se a lei e alla sua Giunta spetta il compito di governare, a noi, come Consiglio regionale, spetta il compito di incarnare il concetto della rappresentanza. Noi siamo consiglieri regionali del tutto e non della parte, non siamo consiglieri di un territorio, non siamo consiglieri di una categoria ma siamo i consiglieri di tutta la regione e intendiamo svolgere pienamente questo mandato. Lo facciamo con tutte le difficoltà, e anche qui, prendendo atto di quella che è la situazione. La maggioranza di centro-sinistra è partita in salita, con il freno a mano tirato e in quarta.
Registriamo che anche voi minoranza non state meglio, perché gli effetti della votazione dell'Ufficio di presidenza hanno evidenziato che se tanto mi dà tanto, non c'è da stare allegri. Credo che questo sia il sintomo di un malessere. Noi siamo, come Consiglio regionale ma come politica, in questo momento, il frutto della frammentazione dei partiti, della incapacità di ragionare, di lavorare in termini di coalizione. Siamo il frutto, in questo momento, in alcuni casi, anche dei personalismi che hanno il sopravvento laddove la frammentazione genera confusione, quindi non c'è neanche più lo spirito del partito, ma ogni singolo consigliere si sente di poter esercitare un diritto di veto.
Questa è la cronaca di questi giorni, questa temo che sia anche la cronaca delle prossime settimane. Mi auguro, comunque, che a partire da oggi possiamo iniziare anche a confrontarci sui contenuti e possiamo mettere da parte le rigidità che si sono verificate sugli assetti e invece, sui contenuti, sui programmi, sulle leggi che dovremo portare avanti potremo realmente svolgere, per quanto ci riguarda, un lavoro come maggioranza e come coalizione, quindi auspichiamo che dal Consiglio regionale possa emergere per tutta la comunità, anche all'esterno, un nuovo impulso e che complessivamente, come Consiglio regionale, possiamo lavorare riuscendo ad essere efficaci nell'azione, in un confronto fra maggioranza e opposizione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

UMBERTO TRENTA. Signor Presidente, colleghi, il mio è un intervento da neo eletto consigliere regionale. Ho avuto modo di assistere in questi primi dibattiti alla difficoltà con la quale ci si muove in Consiglio regionale. Io sono dell'opposizione, e avendo letto la relazione programmatica del Presidente, che rappresenta la summa dei concetti che per cinque anni affronteremo, questo dibattito acceso, critico nei confronti di questa Giunta, di questa maggioranza un po' mi stupisce, perché mi mette in condizioni di non capire se io faccio parte di una minoranza o, come dice Brini, mi debba adeguare all'opposizione della maggioranza. E faccio una proposta a tutti, quindi dalla protesta alla proposta.
Questo programma è interessante nelle sue fasi o nelle sue proposte e rispetto ad esso chiedo a tutti collaborazione per un lavoro proficuo. Noi parliamo delle cinque regioni centrali, ma parliamo del federalismo europeo. L'Europa economica è già stata fatta, l'Europa dei popoli è in essa. L'Europa delle Regioni è compito nostro, e in questo il cammino potrebbe essere proficuo se tutti, per un attimo, capissimo che all'esterno c'è bisogno di decisioni rapide, perché con la globalizzazione il rischio è che le minoranze economiche portino grosse disparità nell'attuazione dei nostri programmi. Questo porterà sempre più, in futuro, a far sì che le scelte passino, attraverso il concetto della democrazia che insieme abbiamo costruito, a una plutocrazia che non avrà scrupoli a decidere. Gli interventi fatti in aula decretano che tutto il lavoro fatto da queste Commissioni, il lavoro politico di cinque anni che io non conosco, sia stato un lavoro forte. Per noi che sosteniamo il presidenzialismo, il Presidente avrà sicuramente lavorato con intelligenza. Ma questo ci semplifica, perché la responsabilità sarà individuata nel Presidente e nella "squadra" che si è scelto.
Rispetto a tutte queste rinunce di partecipazione a questo Governo, mi sento di fare una provocazione: visto che c'è tanto rifiuto a partecipare, a prendere incarichi, mi rendo disponibile, umilmente, a far parte...

CARLO CICCIOLI. Ce ne sono altri...

UMBERTO TRENTA. L'importante è che il discorso venga fatto sempre in un dibattito libero, tranquillo, perché io ho una tradizione democratica alla quale faccio appello, e ritengo di essere in un'aula che dà lezioni di democrazia.
Farò una scelta, sempre in raccordo con il gruppo di Forza Italia, quindi con il mio presidenti di gruppo Giannotti che difenderò sempre, sosterrò sempre anche se non ce n'è bisogno perché si difende bene da sé: valuterò di volta in volta gli aspetti politici delle proposte e, proprio perché proposte, riterrò di sostenerle o meno. Questo significa che, disciplinatamente, gli ordini di partito — anche se oggi non si vota più per partitismo... (Interruzione). E' così: si votava per partitismo e per contrapposizione ideologica; oggi, con la globalizzazione sono altri i concetti che determinano le soluzioni.
Concludo con una proposta molto semplice. Sarò disponibile a lavorare nel pieno rispetto di questa nostra opposizione, con le proposte che riterrò utili per il buon governo di questa regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Vorrei svolgere alcune brevi considerazioni. Debbo dire che ho visto quello che non so se definire un gioco delle parti, però qualcosa che mi ha stupito, a cui non ritenevo di dover assistere.
Ovviamente concordo con la relazione del Presidente, ma non "ovviamente" perché faccio parte di questa maggioranza bensì perché la relazione del Presidente dice a chiare note che si rifà a quelle che sono le linee programmatiche che questa maggioranza si è data.
E allora, essendo un rappresentante delle forze politiche che fanno parte di questa maggioranza, come potrei non concordare con quella che è la relazione del Presidente, che a chiare lettere dice che la sua è una sintesi di quanto è racchiuso all'interno di un ragionamento di maggioranza che si sviluppa complessivamente e completamente all'interno di queste note?
La cosa che più mi stupisce è che non sento assolutamente, da parte della minoranza, riferirsi a questo programma. E dire che c'è stata anche una richiesta precisa rispetto alla possibilità e alla necessità di ottenere le linee programmatiche prima che questo Consiglio regionale fosse convocato. Ma invece quello che noto dagli interventi di molti rappresentanti della minoranza, alle volte è un elogio sperticato nei confronti di personaggi, compagni, amici della maggioranza che nella legislatura precedente appartenevano alla Giunta o avevano ruoli diversi all'interno della maggioranza. Potrei fare alcuni esempi.
L'amico Ciccioli lamenta il fatto che non viene utilizzato Silenzi come assessore o che in Giunta non viene utilizzata la ex Presidente del Consiglio Amati. Io noto una contraddizione. Chissà quante volte il consigliere Ciccioli avrà sferrato attacchi sul piano politico, con l'eleganza che lo contraddistingue, nei confronti di Silenzi e di altri che oggi non ricoprono incarichi. Mi sembra quindi contraddittorio notare che quegli stessi che ieri abbiamo attaccato si lamenta non essere oggi presenti.
C'è poi un motivo di fondo, e lo dico a coloro i quali sono oggetto di elogi, in qualche caso sperticato. Quando un avversario politico mi dice "sei bravo", cerco di capire dove ho sbagliato. Così come quando qualcuno mi dice "vuoi fare un affare?". Se è proprio un affare, fallo tu, perché lo fai fare a me?
Quindi metto in guardia tutti da questo gioco che ha le gambe corte, veramente corrette. Mi sembra davvero voler girare il coltello in una piaga aperta per motivi di carattere personale che esistono. Come non capire che esistono motivi di carattere personale, magari per una apettativa tradita o che non si è potuta...(Interruzione). Per favore, io non interrompo mai nessuno...

ROBERTO GIANNOTTI. Se sei così, in cinque anni... Divertiamoci un po', altrimenti...

MARCO AMAGLIANI. Divertiamoci, per carità...

ROBERTO GIANNOTTI. Se non ammetti la battuta...

MARCO AMAGLIANI. Non l'ammetto? Fuori di queste stanze sono una persona allegra che ama il divertimento, in tutti gli ambiti e in tutte le forme, puoi stare tranquillo.
Dopodiché, mi aspettavo che venisse fuori — e per certi versi è anche venuto fuori — da parte di molti membri della maggioranza, una sorta di atteggiamento come di guardiani del programma che ci siamo dati. Guardiani di questo programma lo siamo tutti, e ve lo dice uno che vi richiama, intanto, al fatto che questa è una coalizione di centro-sinsitra più comunista, e il sottoscritto, per dimostrare la diversità tra il Governo nazionale e il Governo locale e quali erano i fondamenti che dimostravano questa diversità, ha avuto il suo bel da fare all'interno del suo partito, nel senso che per convincere coloro i quali ci hanno dato quel 6,5% di voti che oggi ci permettono di essere la seconda forza della maggioranza, abbiamo dovuto far capire quali erano le motivazioni di fondo per cui noi non solo non eravamo in contraddizione, ma davvero stavamo dimostrando la diversità tra la logica nazionale, tra alcune politiche programmatiche nazionali e quelle che sono linee diverse.
E dove sta questa diversità? Siccome l'ho fatto in tante assemblee interne, vorrei dirlo anche qui, ma in maniera molto breve.
Per esempio, come non notare che c'è una parte davvero rivoluzionaria in questo programma? Per la prima volta in un programma della Regione Marche — e non poteva essere diversamente da ciò, visto che dopo l'incidente del 25 agosto 1999 alla raffineria Api di Falconara il Comune di Falconara, la Provincia, la Regione all'unisono votarono una delibera univoca — c'è un passaggio che vi leggo: "la sottoscrizione dell'intesa Regione-Ministero dell'ambiente all'obiettivo della soluzione definitiva dei problemi posti dalla raffineria, dalla presenza della Liquigas e dalla delocalizzazione di quest'ultima; la messa in sicurezza immediata dell'Api; la redazione di un progetto di dismissione della raffineria, coerentemente con l'incompatibilità evidente di questa con il territorio, risolvendo preventivamente il problema dell'occupazione".
A questa questione io ho creduto fortemente, e per la prima volta nella mia vita ho sfilato e manifestato — e pensate quanto sia stato pesante per me, sul piano politico, non personale — sotto le stesse bandiere di Alleanza nazionale, di Forza Italia. Chiedo ai colleghi di Alleanza nazionale e di Forza Italia se quella manifestazione messa in piedi in quei giorni caldi, in quella città, e nei giorni seguenti, se quell'impostazione politico-programmatica vale ancora. Per esempio, i guardiani di questa parte del programma facciamoli tutti insieme. Ci sono altre parti del programma, che non vado a leggere, ovviamente...

CARLO CICCIOLI. Noi l'abbiamo votato.

MARCO AMAGLIANI. E questo mi fa felice, perché qui non ci sarà soltanto la maggioranza, che coerentemente si schiererà nella difesa di quella parte del programma, ma ci sarà un Consiglio regionale che tiene conto della salute, della vivibilità dei cittadini di Falconara e non solo. Quindi, insieme riusciremo a raggiungere, probabilmente, un buon risultato che quella città e questa provincia si aspettano da tantissimo tempo.
Ma altre sono le parti fortemente rivoluzionarie. Tutta la parte che riguarda la sanità, è o no fondamentale, rivoluzionaria rispetto alle cose che abbiamo visto? Perché non si può da una parte criticare l'atteggiamento dell'ex assessore Mascioni e non prendere atto, poi, che le cose che noi qui abbiamo scritto insieme, si differenziano fortemente da un atteggiamento del passato.
Vorrei dire anche all'amico D'Angelo che ci ha richiamato dicendo "noi saremo le sentinelle di questo programma", che noi tutti, anch'io sarò la sentinella di questo programma. Questo è stato un accordo programmatico tra centro-sinistra e comunista, e colgo l'occasione per dire al compagno Cesare Procaccini, che da parte nostra non c'è stata nessuna volontà né di vendetta né di rivincita. Noi abbiamo ritenuto che le richieste che abbiamo messo in essere per quello che riguarda la ripartizione degli incarichi istituzionali fossero le richieste logiche per la seconda forza politica di questa regione. Anzi, a chi in qualche modo ci accusa di avere chissà quale potere strappato, indicherei soltanto una possibilità d'uscita per dimostrare se le cose stanno così: andiamo a verificare in questa regione e in questa provincia che io conosco molto bene, avendo svolto e svolgendo ancora l'incarico di segretario provinciale del mio partito, qual è il potere reale dal punto di vista istituzionale rispetto alla forza che il nostro partito esprime: assolutamente inferiore rispetto al consenso popolare nei nostri confronti. Quindi non ci si accusi. Chi lo fa o non conosce le cose o mente sapendo di mentire, perché la verità è che il potere istituzionale che noi gestiamo è infinitamente inferiore al consenso che abbiamo.
Io credo che alla fine riusciremo a comporre il quadro, perché c'è un elemento di fondo: tutti i gruppi della maggioranza si sono richiamati al rispetto degli impegni che si sono dati, quindi credo che alla fine riusciremo a comporre il quadro. Questa è la soluzione migliore.
Noi non entreremo nel centro-sinistra, però è certo che rispetto a questo centro-sinistra che ha fallito, nel senso che a livello nazionale paga un prezzo altissimo — lo ha pagato in questi ultimi mesi, dopo il voto delle regionali che è chiarissimo — noi diciamo, in modo particolare alle forze della sinistra e alle forze ambientaliste, che sulla base di questo progetto, sulla base di questo programma non andrete lontano. O l'asse del vostro disegno politico si sposta a sinistra, o se la risposta che vogliamo dare assomiglia alle risposte economiche della destra, su quel terreno siamo già stati sconfitti e saremo sconfitti ancora. Ma noi lavoreremo, perché nel 2001 anche noi vogliamo sbarrare la strada alla destra nel nostro Paese.
E' questo il contributo che abbiamo dato in questa regione, è questo il contributo che vogliamo dare e che daremo lealmente. Io credo che di tutto possiamo essere accusati. Non possiamo certo essere tutti dei fedeli, ma certamente leali sì. E noi, leali nei confronti di questa maggioranza lo saremo; saremo leali a tal punto che anche noi ci sforzeremo a trovare le soluzioni, ma tutti quanti dobbiamo fare un passo in avanti perché questa maggioranza ritrovi la propria coesione sulle questioni di fondo che dobbiamo risolvere.
Credo che questo possa essere l'impegno della comunista in questo Consiglio regionale, un impegno che rispetteremo fino in fondo. Io gradirei e terrò sempre un rapporto corretto con l'aula, in modo particolare anche per il ruolo istituzionale che svolgo, anche con le forze d'opposizione. Gradirei rapportarmi, d'ora in avanti — questa è la prima seduta, che si basava sulle comunicazioni del Presidente, quindi non avevo dubbi che si svolgesse in questo modo — sulle cose reali e non sulle debolezze altrui.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Non vedo il collega Giannotti, con il quale volevo scherzare, dicendo che avrei preso la parola per fatto personale, perché tenendo conto di tutti gli apprezzamenti e le considerazioni positive espresse dai colleghi del centro-destra nei confronti di assessori uscenti e non riconfermati e di potenziali assessori qualificati non inseriti in Giunta, tra i primi non potevo esserci, tra i secondi speravo di esserci, quindi il fatto personale si configurava in questo.
Per la verità dobbiamo prendere atto di un dibattito che ha avuto qualche battuta probabilmente eccessiva, che credo abbia superato la volontà dei colleghi nell'esposizione del loro pensiero e che mi auguro possa trovare composizione facendo in modo che i colleghi che hanno usato toni, considerazioni o apprezzamenti non opportuni, non consoni, non rispondenti nemmeno ad una equilibrata azione di responsabilità che attiene alla funzione che si svolge in quest'aula, possano ricomporre la situazione sul piano personale e, se vogliamo, con una presa d'atto e con una dichiarazione diretta nell'aula. E' un invito, ma non presumo e non pretendo di dare lezioni o di suggerire cose particolari ad alcuno.
Voglio invece cogliere sul piano più strettamente politico, le novità che sono state introdotte nella nostra legislazione dalla legge costituzionale 1/99, della quale abbiamo parlato a lungo l'altro giorno quando abbiamo approvato le modifiche al regolamento.
Sostanzialmente, c'è un nuovo momento che dobbiamo prendere in considerazione per quel che attiene la strutturazione e l'organizzazione delle fasi politiche che portano al dibattito al quale siamo arrivati oggi. Il processo si costruisce in tre fasi. Una fase di elaborazione della proposta politico-programmatica, e quindi vi sono state due coalizioni principali che si sono confrontate in questa proposta, in questa elaborazione, in questa idea, in questo progetto, in piena libertà, condividendo un progetto che comprendeva un programma, un candidato Presidente, una squadra che era quella del premio di maggioranza che doveva accompagnare il candidato Presidente. Poi c'è una seconda fase, che è la traduzione di questo progetto, che la legge costituzionale affida al Presidente. La traduzione compete al Presidente, perché esso nella sua autonomia traduce l'insieme che è stato elaborato dalle forze politiche in un assetto di governo che compete esclusivamente alla sua sensibilità. C'è poi una terza fase che è quella dell'interpretazione, e l'interpretazione è quella che oggi stiamo dando in quest'aula rispetto a quanto insieme avevamo tentato di costruire, di elaborare. E' il principio dell'ermeneutica: conoscere, tradurre, interpretare. Però non è possibile che l'interpretazione possa essere diversa rispetto a quella sensibilità che c'è stata nel momento dell'elaborazione. I soggetti che hanno partecipato all'elaborazione della proposta e del progetto sono gli stessi che oggi intervengono in quest'aula non più come partiti ma come gruppi consiliari, quindi appartenenti alle forze politiche che li hanno indicati, per dare interpretazione a quel progetto che insieme hanno inizialmente elaborato.
Allora, i distinguo possono e debbono esserci. Il consigliere esercita la sua funzione in piena libertà, ma il distinguo può esserci, deve esserci e potrà esserci nel momento in cui si andrà a concretizzare sul piano operativo qualcosa di diverso rispetto a quanto preventivamente era stato insieme studiato e sottoscritto. Quindi, le prese di distanza che ad oggi si sono verificate, le dichiarazioni esserne che oggi in qualche modo sono risuonate in quest'aula come eco, quasi, di dichiarazione, come se quest'aula fosse cassa di risonanza di malumori, di dissensi, di insoddisfazioni che all'esterno sono già state dichiarate, quelle non le trovo convenienti al momento dell'interpretazione che io ritengo debba considerarsi la seduta di oggi.
Sul Governo regionale ognuno può avere soddisfazione o insoddisfazione per come è stato composto. Ci sono delle forze politiche che ritengono di non essere state opportunamente impegnate o valorizzate, alcune forze politiche che non hanno avuto rappresentanza nel Governo regionale; ci sono altre forze politiche che possono ritenere che questo Governo regionale non è perfettamente in linea con il quadro politico che noi abbiamo disegnato nel momento in cui ci siamo presentati agli elettori: centro-sinistra più. Voglio ricordare che le elezioni regionali del 2000 sono state vinte con una coalizione di centro-sinistra; le elezioni regionali del 1995 sono state vinte con una coalizione di sinistra. Il dato è sostanziale e le percentuali che oggi ricordava Giannotti, ancorché semplificate — quindi non è necessario che le riprendiamo o che le ripetiamo in quei termini — stanno comunque a testimoniare che c'è un soggetto nuovo, il centro, che partecipa a questa azione di Governo. Se il Presidente D'Ambrosio parla di continuità ma di innovazione, lo fa con cognizione di causa, perché è chiaro che nella parte di legislatura che si è conclusa sono state elaborate delle proposte, dei programmi, si è fatta una grande opera di programmazione, si è prodotto molto in termini di volontà di verificare le condizioni dei servizi nella nostra regione e di volontà di creare ulteriori condizioni di sviluppo per la regione stessa.
Ma oggi noi vogliamo passare a una successiva fase, quindi una caratterizzazione politica diversa che deve trovare anche nella esplicitazione dell'azione di Governo una diversa impostazione rispetto a quella passata. Quindi passiamo dal momento della produzione al momento della traduzione sul piano pratico di quello che è stato prodotto. I progetti ed i programmi debbono essere immediatamente alla portata dei cittadini: dobbiamo tradurre quanto si è sviluppato nei cinque anni della precedente legislatura in scelte operative concrete che i cittadini possano conoscere ed eventualmente apprezzare.
Questo può essere il suggerimento, questo può essere il criterio con il quale noi, oggi, facciamo l'invito alla Giunta ad operare. Non possiamo oggi dare i compiti alla Giunta e sulla base di essi dare i voti. I voti sono quelli che abbiamo già ricevuto come coalizione nel momento in cui ci siamo presentati agli elettori. I voti sull'operato della Giunta è troppo presto per darli: li daremo nel momento stesso in cui verificheremo che c'è rispondenza o meno nell'azione dell'Esecutivo rispetto alla proposta programmatica che è tata portata avanti.
Credo allora che non sia ininfluente il risultato elettorale, e lo voglio ricordare, perché come ognuno ricorda con orgoglio la propria appartenenza, anche noi del centro ricordiamo con orgoglio la nostra appartenenza, anche noi rivendichiamo la nostra appartenenza.
Voglio semplicemente far presente ai colleghi della sinistra al plurale, che da quando il Governo nazionale è stato presieduto dall'on. D'Alema all'attuale Governo nazionale presieduto dal presidente Amato, le componenti di sinistra e di centro, ancorché rappresentate in maniera diversa nello schema complessivo del Parlamento, trovano una eguale, identica, sovrapponibile rappresentanza nel Governo, cioè c'è un'identica percentuale tra rappresentanti della sinistra rispetto a quelli del centro. La composizione è esattamente al 50%. E allora, come ognuno rivendica le proprie diversità e chiede spazio per le proprie diversità, noi ricordiamo che il progetto è della Margherita, che si è presentata unitariamente al giudizio degli elettori, con una volontà che non è dipesa nemmeno da noi nella sua consistenza ultima che è ridotta rispetto alla proposta iniziale con la quale eravamo partiti. Nel giudizio complessivo è risultato un progetto abbastanza accettato, quindi credo che nella sua organizzazione come momento di centro del sistema politico di questa regione dovesse e potesse trovare ulteriore momento di presenza anche nell'Esecutivo. Quand'anche abbiamo manifestato condizioni di suggerimento, abbiamo manifestato il nostro intendimento, ci siamo mai allontanati al rispetto del progetto politico che avevamo sostenuto. C'è stata una nostra proposta con la quale avanzavamo l'idea di una più significativa presenza nel Governo, dicendo che eventualmente — almeno per quanto riguarda la mia parte politica — si sarebbe potuto anche arrivare alla non presenza complessiva nell'Esecutivo come scelta, fermo restando che noi avremmo votato tutti gli atti, a partire dall'insediamento dell'Ufficio di presidenza agli atti successivi, a conferma della convinzione con la quale avevamo sottoscritto un progetto politico.
E allora non si può dire che si crede in un progetto politico, che si crede in una coalizione, che si crede nella forza della coalizione e poi trovare comunque il momento del distinguo, perché poi, al momento del voto, questo non si traduce in un voto di adesione, di compartecipazione, di scelta piena. E' troppo semplice, è troppo facile ed è troppo tardi per dirlo: si sarebbe dovuto dire nella fase iniziale, nel momento della elaborazione, non nel momento della interpretazione, che è quello attuale.
Invito i colleghi della coalizione con i quali ci siamo presentati a questo appuntamento elettorale, invito i colleghi dei gruppi consiliari che rappresentano sensibilità diverse, ad interpretare fino in fondo il mandato che hanno ricevuto dagli elettori, coerentemente in quest'aula, nelle altre sedi istituzionali, nelle Commissioni, nel rapporto da costruire libero, paritario, di rispetto reciproco, ma nel rapporto da costruire in piena sintonia tra Governo regionale ed aula consiliare.
Questo non significa dare mandati o deleghe in bianco alla Giunta, nessuno lo vuol fare. Ci sarà modo per giudicare l'operato della Giunta. Nessuno vuole sminuire la portata di quegli strumenti di programmazione di cui parlavo poc'anzi che debbono essere trasferiti nell'azione amministrativa pratica che la Giunta regionale dovrà portare avanti. Basti ricordare il piano sanitario, il piano socio-assistenziale, il piano d'inquadramento territoriale, la più grande rivoluzione di programmazione che sia stata attuata in questa regione nell'ultima fase della legislatura che rappresenta il codice per le programmazioni settoriali che dovremo attuare ed applicare in questa legislatura. Queste sono azioni concrete, operative sulle quali la Giunta non potrà trasgredire rispetto ad un impegno complessivo preso.
Ma noi dobbiamo svolgere anche un altro ruolo. Io mi sarei aspettato, oggi, una ulteriore sottolineatura rispetto a degli elementi che il Presidente ha fatto propri nella sua relazione ma che sono più attinenti alle competenze di quest'aula consiliare. E' indubbio che le comunicazioni del Presidente della Giunta debbono riguardare tutto, l'azione di governo e l'assetto istituzionale, ma quest'aula consiliare, che ha competenze soprattutto per quel che riguarda la riorganizzazione del sistema istituzionale della regione a seguito della riforma in parte avviata ma che sicuramente dovrà essere completata, del sistema federale dello Stato, a questo deve mirare, e ci potrà vedere protagonisti sul livello basso, di semplici recettori di quanto altrove viene deciso e quindi riportato alla esigenza, alla necessità della regione Marche e ci potrà vedere protagonisti in maniera alta, qualificata, mettendo il meglio di quel che sappiamo mettere per dare dignità al ruolo istituzionale che ricopriamo.
Quindi il nostro impegno di consiglieri regionali è di essere a fianco del Governo regionale, da posizioni di maggioranza e da posizioni di minoranza. A fianco, per quanto riguarda la maggioranza, per sostenere l'azione del Governo; a fianco, per quanto riguarda l'opposizione, per verificare che l'azione del Governo sia rispondente realmente alle esigenze dei cittadini marchigiani, alle esigenze complessive dello sviluppo del "sistema Marche". Ma per quel che riguarda noi, indipendentemente dall'azione di governo, dobbiamo garantire a questa istituzione la più alta qualità di funzionamento.
E' questo l'augurio che faccio al Governo, ma è questo l'augurio che faccio a me che inizio questa legislatura insieme a voi, e lo faccio insieme a tutti voi colleghi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente della Giunta Vito D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Tenuto conto dell'ora e della ricchezza del dibattito, credo di poter fare una replica abbastanza rapida.
Innanzitutto vorrei ammettere francamente un mio errore. Io ho pensato — bisogna sempre tener conto di questo — che i consiglieri che già erano qui nella precedente legislatura conoscessero le cose e che le ricordassero e che i consiglieri che non c'erano le avrebbero quanto meno ricercate, perché ci sono atti di questo Consiglio. Invece non è stato così. Per esempio, una proposta di legge sulla riorganizzazione dell'ente c'è, l'abbiamo mandata agli atti di questo Consiglio nel novembre del 1999. Per esempio, un discorso sugli strumenti di informazione che riguarda in particolare la possibilità di leggere su Internet tutta la vita della Regione esiste, e noi abbiamo una Intranet che è una delle più diffuse e analitiche e abbiamo perfino la rassegna stampa on-line.
L'altro elemento mi sembrava che fosse abbastanza conosciuto o conoscibile: il discorso della previsione di un principio per cui tutto ciò che non è vietato è permesso, come ha detto il consigliere Massi. Per cinque anni io l'ho detto e ho cercato di farlo nella precedente legislatura. Anche il discorso dell'esigenza di cogliere divisioni, mappature, inquadramenti dei territori è legato a tutta la tematica che abbiamo già impostato e che è qui. Sullo stato dei fiumi, sul dissesto idrogeologico ecc., ci sono stati non solo atti di programmazione, ma leggi approvate da questo Consiglio sulla difesa del suolo, sull'impostazione dell'autorità di bacino regionale: l'abbiamo impostata, l'abbiamo insediata, abbiamo mandato i progetti e i programmi per i primi interventi che prevedono un impegno di spesa intorno o sopra i 50 miliardi. Queste sono "dimenticanze che è colpa mia aver dimenticato", che però si potevano rivedere. Forse avrei dovuto allegare alla mia relazione non soltanto il programma elettorale ma tutto quello che abbiamo fatto prima. O forse indicare a pie' di pagina "nota: vedi pagina..." ecc. Ma io non ho scritto un manuale universitario, non ho scritto nemmeno una bozza di questo; ho scritto semplicemente quello che mi sembrava fosse necessario scrivere, per cercare di ottenere una quadratura del cerchio, come dice in un suo libretto molto stimolante Ralph Durendorff, mi pare Coriandoli, ove afferma: "Come riusciamo a quadrare il cerchio che ci faccia capire che c'è un modello di sviluppo economico che tiene conto dei principi della democrazia — lui lo chiama "il modello occidentale" — e un modello di sviluppo economico che sembra apparentemente più veloce e che invece fa a meno della democrazia, cioè il modello di sviluppo asiatico?
Parafrasando Durendorff, volevo tentare di dire: come facciamo a tenere insieme le necessità di un modello di sviluppo che è estremamente elastico, estremamente vivace ma anche con grossi settori di fragilità come quello marchigiano, con un'azione di governo un'azione politica che non tenga soltanto conto e che non sia impostata soltanto sul fatto economico e produttivo? Altrimenti sarebbe una lettura molto limitante, che non è quella che questa maggioranza si proponeva di fare, di svolgere e di proporre soprattutto all'elettorato marchigiano.
Quanto poi al discorso del patto con gli elettori, quando uno fa un certo tipo di introduzione e di riflessione dà per scontati una serie di elementi. E' chiaro come il sole che il patto con gli elettori l'ho fatto all'inizio proponendolo a tutti gli elettori e successivamente, nel momento elettorale, a quelli che hanno votato, ma mi sembrerebbe folle dire che adesso io sono quello che governa i 429.000 marchigiani che mi hanno votato e non i 360.000 che non mi hanno votato. Sarebbe follia pura. E' chiaro che una volta finito il confronto elettorale con la vittoria netta di una coalizione, il Presidente eletto direttamente assume le responsabilità anche di rappresentare gli interessi dei cittadini e dei territori di quella regione dove non è stato votato, altrimenti sarebbe gravissimo.
Come pur volevo dire al consigliere Brini, che lamentava in un suo intervento — abbastanza simpatico per tipo di lettura, se confrontato con alcuni elementi di qualche mese fa — che l'articolo 18 dello Statuto di questa Regione, parafrasando la Costituzione italiana dice "Ogni componente del Consiglio rappresenta l'intera regione ed esercita le funzioni senza vincolo di mandato". Se questo è vero per i componenti del Consiglio, è altrettanto, anzi forse ancora di più vero nell'ambito del Governo regionale.
In questo modo noi non aiutiamo la Regione Marche a superare il localismo come elemento di debolezza, ma la frantumiamo ancora di più, mentre invece mi sembra che sia giusto e opportuno quello che è stato detto nell'intervento del presidente del gruppo Ds Silenzi, quando affermava che la nostra è una regione al plurale, che però dobbiamo organizzare in sistema. Questa è la sfida vera che abbiamo di fronte a noi e un punto fondamentale.
Quanto poi al discorso della tempistica, anche qui non si possono allegare tutte le cose che sono state fatte, ma la tempistica è indicata anche dai fatti, da quello che abbiamo già fatto e dalla logica. E' chiaro che non è possibile pensare ad un'azione più incisiva dell'ente Regione se non lo riorganizziamo prima, altrimenti avremmo un'azione più incisiva in una struttura che ha dimostrato fino ad ora di essere in grado di fare certe cose ma certe altre no, tanto è vero che ce lo siamo posto come punto principale o come punto importantissimo del nostro programma elettorale. E per quanto poco possa valere quello che ognuno di noi dice fuori da quest'aula, mi pareva, in alcune interviste, di avere sottolineato con forza che il primo punto era quello di riorganizzare l'ente perché la pubblica amministrazione diventasse amica, o quanto meno non nemica.
Quanto ad ulteriori scadenze, questa era una riflessione programmatica, non un cronogramma. I cronogrammi si fanno con altri atti e con il concreto procedere. Era quindi una riflessione programmatica che, ovviamente, non finge di ritenere che tutto si sia fermato alla stesura del programma elettorale, sarebbe anche questa una sciocchezza colossale. Ma io non penso che chi mi ascoltava, veramente questo abbia capito, salvo che per spirito giustissimo, comprensibilissimo, di polemica e di critica che ognuno fa nell'ambito del ruolo che esercita. Il patto programmatico per lo sviluppo ce l'ha una sua tempistica; il Prs ha una sua tempistica; una serie di altri atti e di piani hanno una loro tempistica. Il processo di trasformazione della struttura di questa regione e di trasferimento di poteri e di responsabilità agli enti locali hanno una loro tempistica. Io non posso pensare di ripensare tutta la tempistica delle leggi e degli atti che abbiamo fatto perché la do per scontata. Forse anche questo è stato un errore, ma c'è una tempistica. Allora, la tempistica c'è, una serie di priorità ci sono ben chiare, ben precise, quindi a questo punto si tratta anche di fare un'operazione di intelligenza, coniugando tempistica, priorità, valore politico, tenendo conto che abbiamo governato per cinque anni, abbiamo vinto le elezioni sulla base di un programma e ci accingiamo a rispondere anche alle nuove esigenze che sono state poste dal procedere veloce, impetuoso della trasformazione e dell'organizzazione di questo Stato, sia con il procedere del "pacchetto Bassanini" sia con la messa all'ordine del giorno del Parlamento del passaggio agli articoli del progetto di riforma della seconda parte della Costituzione, sia della legge costituzionale 1 del 1999.
Queste cose sono la sfida del nuovo, ma il resto è già scritto ed è già un elemento forte non di condizionamento ma di fedeltà al programma, perché — l'ho sentito dire anche da voci della maggioranza non proprio allineatissime — è chiaro che quel patto che noi abbiamo stipulato è soprattutto un impegno nostro. Io non voglio ricorrere a tecnicismi giuridici, però quello è un impegno che noi abbiamo preso, e quell'impegno dobbiamo mantenere, pena la perdita della nostra credibilità politica. La responsabilità è politica, questo è il punto.
Con queste letture e con questi aggiornamenti è chiaro che alla luce di tutto quello che è stato detto noi non potremo pensare ad un processo di attribuzione di responsabilità e di poteri come se fosse uno scarico di responsabilità e di poteri — lo dico al consigliere Castelli — perché questo abbiamo sempre cercato di evitarlo, abbiamo costruito una macchina che non avesse questo tipo di responsabilità. Questo significa farsi carico di tutta una serie di problemi di cui ho parlato questa mattina e che non ripeto. Significa che non si possono attribuire responsabilità senza poteri e senza risorse per esercitare responsabilità e poteri. Ma questo l'abbiamo detto l'abbiamo scritto ed è addirittura previsto nelle nostre leggi regionali.
L'altro elemento che ho sentito oggi abbastanza, è quello di tener conto — ripeto l'espressione di Castelli, perché mi è parsa particolarmente significativa — "dell'equità territoriale". L'equità territoriale è la traduzione, nel linguaggio di oggi di un consigliere regionale, peraltro capace di articolare molto bene il ragionamento, di quello che è il principio del riequilibrio su cui questa maggioranza e questa proposta politica si è impostata nel corso dei precedenti cinque anni e del progetto che abbiamo fatto oggi. Cosa significa riequilibrio territoriale se non equità territoriale? Cosa significa se non farsi carico che non può esistere un piano di uno standard ottimale per i servizi che sia uguale per tutti — come ha detto Massi — senza tener conto che i servizi nelle zone interne costano molto più di quanto costano nelle zone costiere? Se non altro perché è una zona di rarefazione di abitanti, quindi i trasporti, quindi la scuola, quindi la sanità nelle zone meno abitate di questa regione e nelle zone meno abitate d'Italia vanno valutati in maniera diversa da come vengono valutati nelle zone intensamente popolate e dove c'è una ricchezza maggiore della popolazione. Ma questo è ovvio. Se si vuole dire che mancava questo nella relazione, io sarei capace di scrivere altre sei relazioni indicando altri ulteriori elementi che mancano. Ma io non ho voluto fare una relazione che trattasse dell'universo mondo, non ho voluto indicare un programma che partisse come se oggi noi ci insediassimo per la prima volta a governare questa regione, e non ho voluto, soprattutto, lasciare tutti gli spazi completamente indicati perché sarebbe sciocco e non avrebbe nessun senso. La proposta che è al fondo di queste mie considerazioni è quella della necessità di una forte collaborazione fra il Governo di questa Regione e il Consiglio regionale, fra il Parlamento di questa Regione e il Governo di questa Regione. Ma se io avessi messo tutto quanto in fila... Sul federalismo qualcuno ha detto che sono stato timido, qualcun altro ha detto altre cose. Sul federalismo ci saranno almeno 40 teorie diverse nell'ambito degli studiosi e dei politici. Basta leggere l'ultimo articolo di Sabino Cassese, che non è l'ultimo degli amministrativisti italiani, che parla di questo. Se io avessi già indicato il modello di federalismo, è chiaro che avrei negato quello che invece dico: che il federalismo sarà quello che noi costruiremo qua dentro, sulla base di alcuni principi senza dei quali non c'è federalismo ma c'è un'altra cosa.
Così come ho cercato di non utilizzare parole che hanno ormai assunto un valore diverso da quello lessicale, anche per scelta politica. Ho preferito non parlare di federalismo ma ho preferito parlare di un regionalismo spinto a Costituzione invariata. Non ho mai usato il termine "governatori" e non userò mai il termine "governatori" perché certo che è mia responsabilità principale governare questa Regione, ma se con il termine di "governatori" si vuole indicare una cosa diversa, che potrebbe portare pure — e ringrazio il consigliere Benatti che mi ha assolto dicendo che non ci sono elementi di sospetto in questo senso — ad una specie di deriva demagogica, per cui c'è poi il "partito del presidente" come ci sono stati movimenti in favore del "partito dei sindaci", allora io non uso il termine "governatore", ma uso il termine "presidente" che mi pare anche un momento di serietà nell'uso del linguaggio. E' vero che dobbiamo sfuggire alle tentazioni del "politichese", però dobbiamo anche sfuggire alle tentazioni di farci dettare mode che appaiono semplificatorie e invece sono fortemente distorcenti. Da questo punto di vista sono stato molto attento a non dare messaggi che fossero, in questo senso, interpretabili in maniera diversa.
Qualcuno parla di sussidiarietà e dice che mancano indicazioni di sussidiarietà. Ma signori, in Italia e in Europa si parla di principio di sussidiarietà dopo che è stato inserito nel trattato di Maastricht, ma tutto l'impianto del cosiddetto "pacchetto Bassanini" è impostato sulla sussidiarietà. Potremmo discutere quanta ce n'è di verticale e quanta ce n'è di orizzontale, ma che il principio di sussidiarietà sia sotteso talmente tanto che fare riferimento specifico sarebbe stato fondamentale e non nominarlo sarebbe una carenza di questa riflessione, di questa relazione, mi rifiuto di credere che risponda ad altre logiche che non siano quelle di una dialettica politica, che pure, ovviamente, ha tutta la sua legittimazione nell'ambito del dibattito di oggi.
Se l'opposizione è un'opposizione dura ma corretta e leale, la maggioranza non può che ringraziare, perché questo significa che la sfida è alta. Se l'opposizione invece ha cadute, come questa mattina ci sono state, con accuse o insinuazioni a carico di soggetti, di assessori, parlando di condanne per questioni ambientali, mentre invece si tratta di una cosa assai più banale, di un banalissimo procedimento civile per procedimento d'urgenza, in cui il giudice ha ingiunto al Comune — e non al sindaco, ovviamente — un certo tipo d'intervento e il Comune, pur essendo stato condannato dal Tar in prima istanza e riteneva di aver ragione non l'ha fatto in tempo, per cui adesso stanno discutendo sulle spese e nel merito, e al Consiglio di Stato la sentenza è stata ribaltata, questo, francamente, soltanto chi non ha mai vissuto in Italia può pensare che non possa accadere a chi esercita funzioni amministrative.
Allora vogliamo dire che il fatto che il Tar delle Marche ha annullato le nomine di tutti i direttori generali della sanità precedentemente nominati o che ne ha annullati uno o due di quelli nominati da noi, rende meno limpida l'immagine del responsabile politico e giuridico nel senso di persona giuridica, nel senso della rappresentanza processuale? Credo che questo sia ampiamente superato, consigliere Ciccioli. Io conosco la sua vis polemica, però questo è un gioco abile, un utilizzo abile di argomentazioni che però mostrano moltissimo la loro inconsistenza, se poco poco si approfondiscono.
Quanto poi al fatto del consigliere Gasperi relativo all'assessore Mattei, vorrei non scendere in particolari, vorrei dire soltanto che io ritengo di avere fatto una buona scelta e soprattutto ritengo di avere fatto una buona scelta a livello ovviamente personale, come sempre, anche perché ho ritenuto molto significativo un certo tipo di forte apertura.
Mi sembrava di aver colto nell'intervento di Ciccioli una critica ai criteri seguiti per formare questa Giunta, una specie di rimpianto di governo tecnico. Io non ho mai pensato che il governo tecnico fosse la risposta ai problemi politici. Io credo moltissimo al politico che è in grado di indicare le linee. Il compito del tecnico è quello di tradurre tecnicamente. Il governo tecnico è debole dal punto di vista politico, quello sì. Che poi io abbia nominato assessore una persona come Carmen Mattei, significa due cose. Primo, che ho fiducia in lei. Secondo che so benissimo — perché nella sua limpidità me lo ha detto subito — che i suoi limiti d'impegno sono minori, quindi di questo tengo conto. Ma credo che tutti ne tengano conto. O dobbiamo superare una visita medica? La sana e robusta costituzione fisica serve soltanto per alcune cose, non serve per fare l'assessore regionale, non serve proprio.
Quanto al discorso sui criteri con cui è stata formata la Giunta, signori dell'opposizione, io ritengo di doverne dare conto — l'ho dato, lo darò e continuerò a darlo — ai cittadini marchigiani. Quella è responsabilità politica mia principale e sono i cittadini marchigiani, non solo quelli che mi hanno eletto ma tutti, che hanno ragione di chiedermi come sono arrivato a un certo tipo di scelte. E su questo risponderò senza nessuna prudenza, senza nessuna cautela. Ho esercitato i miei poteri pensando di rispondere al meglio a un certo tipo di esigenza. C'era un articolo di giornale uscito qualche giorno dopo le elezioni, che nell'approvare le mie scelte diceva "Si dirà che la Giunta è debole. Se fosse stata fatta in maniera diversa si sarebbe detto che era formata dai soliti noti". E' chiaro, non è possibile soddisfare tutti, ma è necessario esercitare al meglio le responsabilità che si hanno. Io ritengo di averlo fatto, comunque è chiaro che il Governo si giudicherà in base a quello che farà. Determinare a priori che sia debole o forte è un esercizio di dialettica molto ai limiti del sofisma.
Il Governo non può, non vuole, non è nato per governare da solo. Il Governo ha un senso e un significato se ha una sua maggioranza forte e compatta. A prescindere da alcune battute immaginifiche che sono venute da alcuni interventi — una specie di "rischio di volontà di suicidio", un "pericolo di trovare degli iceberg nell'Adriatico" e cose del genere — penso che questo sia il dato politico di fondo di cui questa maggioranza è avvertita e non può non esserlo. Su questo verrà giudicata la capacità del Governo regionale, su questo verrà giudicata la capacità di chi è stato eletto direttamente dai cittadini per cercare di ricordare che non c'è una soluzione taumaturgica, non c'è un demiurgo, non c'è uno con la bacchetta magica; c'è o ci può essere soltanto chi tenacemente, testardamente, umilmente pretende di esercitare le sue responsabilità e di far fronte alle sue responsabilità nella maniera più chiara possibile. Le sue responsabilità saranno anche quelle derivanti da una maggioranza che non trovasse forza, compattezza e coesione sufficiente per svolgere il suo lavoro. Ma io non credo che questa maggioranza non le troverà.
Tutti dobbiamo assestarci, tutti quanti dobbiamo adattarci alle grandi novità che questa riforma ha comportato e comporta. Il tempo, come diceva qualcuno, c'è stato; il tempo, probabilmente, sarà un medico attento, efficace, efficiente. Si tratta di capire che però questo tempo non può essere troppo lungo. Non perché manchino o perché non manchino i voti, ma perché a questo punto dobbiamo una risposta forte alla società marchigiana, a quelli che ci hanno eletti e a quelli che non ci hanno eletti, che non possono aspettare i nostri tempi, ma hanno il diritto di pretendere che noi rispettiamo i loro tempi. Su questo si misurerà la forza e la capacità di questa Giunta, di questa maggioranza e di questo Presidente.

PRESIDENTE. Con l'intervento del Presidente D'Ambrosio è chiusa la trattazione dell'ordine del giorno. Restano aperte due richieste di intervento per fatto personale. Le questioni sono state riprese nell'intervento conclusivo del Presidente della Giunta, non so se coloro che hanno avanzato la richiesta hanno intenzione di sostenerla. Prendo atto che rinuncia l'assessore Ottaviani e rinuncia l'assessore Mattei.
Come concordato nella Conferenza dei presidenti di gruppo del 7 giugno, la prossima seduta del Consiglio si terrà il 28 giugno. In quella sede, se non saranno pervenuti dalle Commissioni atti per l'iscrizione all'ordine del giorno, saranno trattate le interrogazioni, interpellanze e mozioni già presentate.
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 19,10