Resoconto seduta n. 50 del 24/07/2001
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI MARTEDI' 24 LUGLIO 2001
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI

La seduta inizia alle 11,10

Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute nn. 48 e 49 del 10 luglio 2001.

(Sono approvati)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 71 in data 17 luglio 2001 ad iniziativa del consigliere Viventi, concernente: «Modifica della L.R. 23 gennaio 1996, n. 4 “Disciplina delle attività professionali nei settori del turismo e del tempo libero”», assegnata alla I Commissione in sede referente;
— n. 72 in data 11 luglio 2001 ad iniziativa della Giunta, concernente: «Promozione e sviluppo della cooperazione sociale», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 73 in data 13 luglio 2001 ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Cesaroni, Ceroni, Grandinettl e Trenta, concernente: «Istituzione, organizzazione e funzionamento dell’Autorità regionale per i servizi di pubblica utilità», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;



Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 56 in data 17 luglio 2001, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Art. 53 dello Statuto regionale e art. 38, comma 6, della L.R. 42/1988, come sostituito dall’art. 12, comma 3, della L.R. 54/1997 - Assunzione a tempo determinato per la esigenze del servizio decentrato Agricoltura e alimentazione di Macerata del Dott. Graziano Pallotto», assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 57 in data 13 luglio 2001, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Criteri di ripartizione delle quote del fondo sanitario nazionale conto capitale anni 2000 e 2001 finalizzato alla manutenzione straordinaria e ricambio tecnologico», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;


Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 127 del consigliere Pistarelli: «Taglio sportelli ed organici delle Poste italiane S.p.A.»;
— n. 128 del consigliere Castelli: «Istituzione ufficio del giudice di sorveglianza ad Ascoli Piceno”;
— n. 129 del consigliere Viventi: «Disciplina delle attività professionali nei settori del turismo e del tempo libero»;
— n. 130 dei consiglieri Favia, Giannotti, Brini e Ceroni: «Manifestanti anti-G8 ad Ancona»;
— n. 131 dei consiglieri Amagliani, Moruzzi, Cecchini, D’Angelo e Andrea Ricci: «Fatti accaduti giovedì 19 luglio 2001 nel porto di Ancona in occasione dell’arrivo dei manifestanti greci diretti a Genova».
— n. 132 dei consiglieri Luchetti, Ascoli e Rocchi: «G8: fatti di Genova e di Ancona»
— n. 133 dei consiglieri Amati, Silenzi, Mollaroli: «Fatti del G8 per una commissione d’inchiesta».



Legge regionale restituita vistata
dal commissario di Governo

PRESIDENTE. Il Commissario di Governo nella regione Marche ha restituito, vistata, la legge regionale: «Modifica del comma 12 dell’art. 6 della legge regionale 7 maggio 2001, n. 11 “Provvedimento generale di rifinanziamento e modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2001)».
Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo per le giornate del 24 e 25 luglio 2001 i consiglieri Castelli, Donati, Gasperi, Romagnoli e Trenta.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull’ordine dei lavori, il consigliere Pistarelli. Ne ha facoltà.

FABIO PISTARELLI. Rispetto alla problematica delle Poste ho presentato una mozione. Vorrei che fosse iscritta e riunita, nella discussione, a quella presenta dai consiglieri del gruppo di Forza Italia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Chiedo l’iscrizione e la trattazione di una interrogazione riguardante i fatti di Ancona di giovedì 18 luglio, che il nostro gruppo ha presentato e che potrebbe essere abbinata alla discussione sulle mozioni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Nell’ultima seduta del Consiglio avevamo stabilito che ai primi punti dell’ordine del giorno sarebbero stati inseriti due argomenti importantissimi, tanto è vero che lei aveva chiesto qual era prioritario, dei due. Uno riguardava la A 14 e l’altro il tema della sicurezza. Purtroppo, ancora una volta notiamo che l’ordine del giorno, quando viene stilato salta completamente gli impegni assunti dal Consiglio regionale, tanto è vero che nella discussione con il consigliere Amati avevamo stabilito dei punti da inserire all’ordine del giorno, mettendo al secondo e terzo posto quelli relativi alla A14 e alla sicurezza. Ancora una volta devo esternare il mio rammarico perché la mozione n. 27 non è all’ordine del giorno.
Inoltre, ho visto che è stata fatta applicare una etichetta sulle bottiglie di acqua minerale con scritto “Consiglio regionale”. L’acqua viene da Parma: vogliamo nascondere che viene da fuori regione? Non ci vergogniamo a prendere acqua fuori regionale, però abbiamo acqua buona anche nelle Marche, quindi prendiamo acqua nostra.

PRESIDENTE. Il consigliere Brini si lamenta perché la mozione sulla A14 è inserita al quindicesimo posto dell’ordine del giorno, mentre era stato discusso in Consiglio l’anticipo di questa mozione, che in effetti è stata anticipata rispetto alla posizione che aveva, ma per l’economia dei lavori nella Conferenza dei presidente di gruppo si è decisa questa posizione. La mozione è salita rispetto alla collocazione originaria ed è la prima mozione tra quelle da discutere nella seconda giornata.
Per quanto riguarda la richiesta del consigliere Pistarelli credo che sia senz’altro legittima e va accolta, perché c’è già un’abitudine a discutere tutti insieme gli atti ispettivi.
Per quanto riguarda la questione sollevata dal consigliere Procaccini, è stata avanzata nella Conferenza dei presidenti di gruppo la richiesta di discutere oggi le mozioni sul G8, c’è anche una comunicazione del Presidente della Giunta, quindi credo che questa richiesta e tutte le altre debbano essere accolte.



Comunicazione del Presidente della Giunta
Mozioni (Discussione):
«Manifestanti anti-G8 ad Ancona», Favia, Giannotti, Brini e Ceroni (130);
«Fatti accaduti giovedì 19 luglio 2001 nel porto di Ancona in occasione dell’arrivo dei manifestanti greci diretti a Genova», Amagliani, Moruzzi, Cecchini, D’Angelo e Andrea Ricci (131);
«G8: fatti di Genova e di Ancona», Luchetti, Giuseppe Ricci, Ascoli e Rocchi (132)
«Fatti del G8 per una commissione d’inchiesta», Amati, Silenzi e Mollaroli (133)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le mozioni n. 130 dei consiglieri Favia ed altri, n. 131 dei consiglieri Amagliani e altri e n. 132 dei consiglieri Amati e altri, che saranno precedute da una comunicazione del Presidente della Giunta il quale ha la parola.

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Premetto che, non essendo presente personalmente, perché impegnato a Roma dapprima nella Conferenza dei presidenti delle Regioni e poi nella Conferenza Stato-Regioni, ho raccolto notizie su quanto avvenuto ma non sono un testimone personale.
Il giorno 19 luglio alle ore 11,50, con il traghetto “Blue Star Ferries” è sbarcato al porto di Ancona il primo gruppo di manifestanti greci diretti a Genova per partecipare alle manifestazioni indette dal Genoa Social Forum. Circa 900 persone. Ad accoglierli, 300 tra poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa con 25 automezzi al seguito.
I manifestanti sono saliti su 16 autobus e sono sbarcati dopo il controllo individuale dei documenti da parte della polizia. Dei 16 autobus, 13 hanno superato il varco doganale e sono usciti dalla città mentre gli ultimi tre della colonna sono stati fermati e fatti rientrare nella nave. Quindi, tecnicamente sono stati respinti alla frontiera. Negli autobus, circa 150 manifestanti che hanno subito inscenato proteste e chiesto spiegazioni.
Sin dal primo momento i consiglieri regionali presenti, che mi hanno immediatamente informato — ho ricevuto le telefonate, in rapida successione, dei consiglieri Amagliani e Cecchini — mi hanno avvertito e hanno tentato l’avvio di una trattativa, in verità senza interlocutori poiché il prefetto e il questore non erano reperibili. Dialogo, quindi, con gli ufficiali di polizia e i carabinieri presenti e con il comandante della nave.
Il respingimento dei manifestanti è stato motivato con la “probabile presenza tra loro di elementi pericolosi” che sarebbero stati segnalati dalle autorità greche, anche se il ministro degli esteri greco Papandreu, con una dichiarazione all’agenzia di stampa ANA nega di aver mai consegnato alle autorità italiane alcuna lista di nomi di facinorosi diretti a Genova. La versione è stata cambiata successivamente e si è precisato che non di nomi si trattava, ma la segnalazione indicava targhe di autobus su cui si sospettava che i teppisti fossero saliti.
La vicenda si è trascinata senza sbocci e il Vicepresidente Spacca, immediatamente da me avvertito e coinvolto perché personalmente seguisse la vicenda, con il quale mi sono tenuto in collegamento telefonico durante tutta la giornata, ha chiesto il “formale rispetto delle procedure di legge” nel compiere l’operazione di polizia e non un respingimento di massa e immotivato. Questo, parlando con il responsabile dell’ordine pubblico, che si è qualificato come tale.
I consiglieri Cecchini, Moruzzi, Amagliani e D’Angelo, presenti dall’arrivo della nave, si sono seduti tra i manifestanti e hanno solidarizzato con loro in prima fila, di fronte al cordone di polizia. Lo stallo è andato avanti fin dopo le 17, tra le crescenti proteste dei passeggeri e il prodigarsi degli onorevoli Duca, Giacco e Magistrelli che nel frattempo erano arrivati.
Il sottoscritto, avendo ricevuto l’ennesima informativa sul clima sempre più teso e trovandomi a Palazzo Chigi alla conferenza unificata Stato-Regioni-Città ha chiesto chiarimenti al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Letta, presente alla riunione, spiegandogli la situazione e chiedendogli formalmente, con cortese decisione, di aiutarmi a non far nascere problemi. Il sottosegretario Letta mi ha assicurato, si è allontanato dalla Sala Verde di Palazzo Chigi e qualche minuto dopo, al termine della conferenza, mi ha raggiunto, mi ha presentato un funzionario del Ministero degli interni e mi ha rassicurato con queste parole: “stia tranquillo per i suoi consiglieri”.
Mentre questa rassicurazione ho fatto pervenire ai miei collaboratori e ne ho parlato subito con Spacca e con il mio addetto alla comunicazione, quasi contemporaneamente la polizia ha caricato i manifestanti, li ha sollevati di peso, strattonandoli e spinti nel traghetto a suon di manganelli. Stessa sorte hanno subito anche i consiglieri Cecchini, Moruzzi e Amagliani. D’Angelo invece, è stato malmenato e scaricato dal pontone che collegava il traghetto alla riva. All’interno del traghetto sono continuati gli scontri, dopodiché la polizia si è ritirata e la nave, chiuso il pontone, è salpata. Cecchini, Amagliani e Moruzzi sono tornati a terra più tardi, grazie al comandante della nave che si è preoccupato, lui, di farli prendere a bordo dalla “pilotina” del porto.
Questo è accaduto circa alle ore 18, quindi per più di sei ore i poliziotti hanno avuto a che fare coni consiglieri regionali che avevano appeso al collo il tesserino di riconoscimento, ma nonostante ciò le forze dell’ordine non hanno tenuto in nessun conto questa loro veste e quindi hanno, secondo me, violato i loro diritti di cittadini italiani e di rappresentanti delle istituzioni. Tra l’altro solo la disponibilità del pilota del porto, che non aveva nessun obbligo di prenderli a bordo, ha evitato che si trovassero confinati su una nave straniera.
Non posso dunque che ribadire la ferma condanna per l’accaduto espressa nelle dichiarazioni rilasciate all’indomani dei fatti che riguardano, si noti bene, non il comportamento delle forze dell’ordine nei confronti dei manifestanti greci, ma il comportamento delle forze dell’ordine nei confronti dei consiglieri regionali, cioè di componenti di questa Assemblea. Ho quindi chiesto formalmente — e oggi ho inviato la lettera al ministro dell’Interno — di accertare i fatti, di sanzionare in modo rapido ed esemplare le responsabilità in ordine al comportamento tenuto dalle forze di polizia e dai responsabili al porto di Ancona.

FABIO PISTARELLI. Quali responsabilità?

ROBERTO GIANNOTTI. Se ci sono...

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho detto “eventuali”.

ANDREA RICCI (al consigliere Giannotti). Ci sono, ci sono. Sono le vostre, fascisti!

FABIO PISTARELLI. ...poi se uno controlla le frontiere fate questa confusione. Ma cosa volete? Basta con queste farse! Sono farse! Abbiamo visto tutti i filmati del TG3 e abbiamo visto come sono andate le cose.

PRESIDENTE. Consiglieri, per favore...

CARLO CICCIOLI. E’ stata sfortuna che non sia morto un carabiniere, altrimenti le cose si sarebbero rovesciate...

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Volevo aggiungere soltanto due riflessioni.
Per quanto riguarda la solidarietà che è necessario esprimere alle forze dell’ordine che svolgono il proprio lavoro in condizioni spesso molto difficili, vorrei chiarire due punti. Il primo è che solidarietà non può né deve significare acritica copertura di ogni e qualsiasi comportamento. Le illegalità vanno esemplarmente sanzionate, messe in atto da tutti, ma specialmente se vengono messe in atto da chi è istituzionalmente tenuto a rispettare e a far rispettare le regole. In ogni caso l’attenzione va sempre rivolta, ovviamente, ai diversi livelli di responsabilità, quindi ai vertici e non a chi si trova ad eseguire ordini sulla cui fondatezza ha ben poco da valutare. Non si può consentire un uso distorto e fuorviante che alcuni vorrebbero fare, tentando di tornare alla poetica pasoliniana sui poliziotti figli del popolo che vengono aggrediti dai figli di papà. Le cose sono cambiate da 25 anni. Adesso noi abbiamo una solida, condivisa democrazia basata su regole e queste regole vanno rispettate da tutti. Se qualcuno le viola, chiunque esso sia, questa violazione va accettata a sanzionata in relazione al livello di responsabilità, in relazione agli incarichi istituzionali che si rivestono.
Questo ritenevo di dover dire come introduzione e come racconto di fatti ai quali, ripeto, non sono stato presente.
Non leggo la lettera inviata al ministro Scajola, la leggerò, se volete, più tardi, semplicemente perché ritengo corretto inviargliela prima — la sto stendendo materialmente — e poi darne notizia leggendo il testo ad altri soggetti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

DAVID FAVIA. Purtroppo non posso essere d’accordo con le dichiarazioni del Presidente D’Ambrosio e sono stupito che un giurista stimabile come il Presidente possa aver fatto dichiarazioni di questo tipo. Premetto che non è in discussione il diritto di manifestare pacificamente, non sono in discussione i temi che nel dibattito che ha preceduto il G8 si voleva che fossero discussi al G8 che peraltro, secondo me ha avuto un ottimo risultato anche nella direzione di favorire i Paesi più sfortunati, i Paesi più poveri.

ANDREA RICCI. C’è stato un morto, Favia, ottimo risultato... Un ragazzo di 23 anni.

ROBERTO GIANNOTTI. Ricci, smettila. Tu pensa i cittadini di Genova come stanno, pensa anche a quelli, a quello che avete fatto in quella città.

PRESIDENTE. Consigliere, per cortesia vada avanti.

DAVID FAVIA. Presidente, vorrei fare un appello ai colleghi di mantenere questo dibattito in termini civili, perché io sono indignato come te, caro Ricci, dispiaciuto per la morte del ragazzo di 23 anni, però non vorrei ripeterti le parole di Ciccioli: volevamo forse che ci fossero tre carabinieri uccisi, o vogliamo fare un discorso civile? Cerchiamo di mantenere il dibattito nei limiti della civiltà.
Stavo dicendo che non sono in discussione i diritti di recarsi a Genova e di manifestare civilmente, questo è ovvio e scontato, non è assolutamente in discussione, né sono in discussione le volontà che pacificamente volevano essere manifestate e che, secondo me, hanno ottenuto dei risultati tangibili.
I fatti, Presidente, sono certamente molto vicini a come lei li ha raccontati, ma il taglio finale è completamente diverso. I 20, o quanti fossero, pullman, i loro occupanti sono stati prima controllati — sono stati controllati i documenti — poi, a seguito dei controlli, delle identificazioni e della corrispondenza delle targhe con quelle che erano state segnalate — si sapeva che a bordo dei pullman recanti quelle targhe c’erano degli elementi indesiderabili, degli elementi pericolosi — costoro sono stati respinti. Credo che il problema stia tutto qui: è stata prodotta, di fatto, un’attività amministrativa che non può essere contestata. I consiglieri regionali e i parlamentari che si sono recati al porto e che hanno cercato una immunità che loro non spetta, non avevano nessun tipo di legittimazione, né giuridica né istituzionale per inficiare le decisioni prese dalla pubblica utilità — e così facendo hanno creato una lesione istituzionale — per impedire quello che la polizia stava facendo. Sono veramente addolorato, rattristato, sconvolto di quello che voi, cari colleghi, avete fatto. Se va avanti la riforma del federalismo l’assessore Cecchini è praticamente un ministro. Il segretario dell’Ufficio di presidenza è anch’egli un’istituzione. Ogni consigliere eletto dal popolo che fa parte di questo consesso è un’istituzione e ci si va a scontrare fisicamente...

PIETRO D’ANGELO. Ma che cosa dici? Tu sai i fatti quali sono!?

ROBERTO GIANNOTTI. D’Angelo, hai il diritto di replica, dopo...

PIETRO D’ANGELO. ...non conosci i fatti, non li conosci! Ad esempio, io non sono andato lì a scontrarmi con alcuno.

ROBERTO GIANNOTTI. Tu non sei assessore e nemmeno dell’Ufficio di presidenza.

DAVID FAVIA. In televisione io ho visto Amagliani, Cecchini e Moruzzi: più della ripresa televisiva credo sia impossibile, per conoscere la verità dei fatti.
La polizia su determinate indicazioni, su determinate informazioni che credo sia legittimo, in uno Stato di diritto, siano riservate, sapeva che a bordo di quei pullman c’erano dei personaggi pericolosi, dei personaggi indesiderabili. La polizia ha facoltà in frontiera, ritenuti indesiderabili dei personaggi, ritenuto sussistere la presenza di personaggi indesiderabili in quanto pericolosi, in quanto quegli anarchici che poi a Genova hanno fatto quello che hanno fatto, di respingerli. Che diritto avevate voi di discutere una decisione amministrativa della questura, della prefettura, del Ministero degli interni, della polizia in primis? Non ne avevate legittimazione, né voi né i parlamentari, e chi è giurista in quest’aula lo sa.
In secondo luogo, che diritto avevate di interporvi — perché di fatto vi siete interposti — tra quei soggetti che legittimamente, a mio giudizio, venivano respinti dal suolo italiano — poco valendo se stando sul portellone, quello poteva essere suolo greco o suolo italiano: lì c’era la polizia che stava tentando di far rispettare l’ordine pubblico e di proteggere la nazione da quello che poi è successo a Genova, perché questi signori che sono stati respinti erano della stessa razza di quelli che hanno fatto quello che hanno fatto a Genova — e le forze di polizia? Voi che rappresentate l’istituzione regionale, dal più alto livello dell’assessorato, dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale avete fatto scudo con i vostri corpi contro una decisione legittima, a mio giudizio, della polizia. Ma se anche questa decisione legittima non fosse, è censurabile lo stesso quello che avete fatto, perché contro quel provvedimento ci sono sedi deputate, che sono dal punto di vista giuridico la magistratura — perché sono tutti provvedimenti impugnabili in sede amministrativa e in sede penale, se un abuso potesse essere riscontrato — e la sede politica che può censurare come oggi stiamo facendo in questo dibattito. C’erano quindi tutte le armi per far uscire un giudizio politico.
Quindi, al di là della stima che si può avere a livello personale per i colleghi, mi sento veramente leso nella mia figura di appartenente a questa Assemblea per quello che avete fatto e credo che una determinazione di censura da parte di questa Assemblea vada presa, perché siamo veramente tornati indietro nel tempo. Credo che abbia prevalso in voi la radice della gioventù: non so se negli anni passati siate stati abituati a manifestare in piazza, ma credo veramente che non abbiate fatto un buon servizio a questa nostra istituzione, perché le istituzioni non esistono soltanto quando al governo c’è il centro-sinistra con la grisaglia ministeriale. Voglio ricordare una cosa che mi ha colpito molto: quando questa stessa polizia ha picchiato nelle piazze gli agricoltori che manifestavano nel nord Italia non ho sentito una parola da parte del centro-sinistra a favore di chi manifestava per il pane, per andare avanti giorno dopo giorno. Oggi invece, siete stati capaci...

FERDINANDO AVENALI. Anche il vino, non solo il pane...
DAVID FAVIA. Non credo che sia un argomento da ridicolizzare.

PRESIDENTE. Consigliere, concluda: ha finito il suo tempo.

ROBERTO GIANNOTTI. Ricordatevi Ocalan, che è meglio...

DAVID FAVIA. Oggi avete ritenuto di andare a difendere con i vostri corpi e con le vostre figure istituzionali che coinvolgono tutti noi, dei personaggi che — ponetevi almeno il dubbio — potrebbero essere dei delinquenti.

MASSIMO AGOSTINI. Come se lo è posto Scajola.

DAVID FAVIA. Se lo è posto, sì.

OTTAVIO BRINI. Se c’era Bianco, cosa cambiava?

DAVID FAVIA. Se c’era Bianco non succedeva niente...

DAVID FAVIA. Io ho detto che i nostri colleghi si dovrebbero porre il dubbio di avere difeso dei delinquenti. I fatti di Genova sono tutto un altro tipo di discorso, però anche sui fatti di Genova bisogna riflettere che se il carabiniere non avesse sparato sarebbe morto lui, e forse non solo lui.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Cari colleghi, Presidente, ho notato la difficoltà con cui il consigliere Favia ha cercato di attaccarsi sugli specchi. Vedi, Favia, ti chiedo almeno di raccontare un fatto se ne sei stato testimone oculare. Io sono stato testimone oculare e non ho fatto nessuna passerella. Questo lo dico per i giornalisti de Il Resto del Carlino che l’hanno citata come una passerella. Ho inviato la smentita. Io sono stato testimone oculare di una violenza inaudita...

FABIO PISTARELLI. Ma dài...
MARCO AMAGLIANI. Pistarelli, per favore! Io e te siamo molto diversi per storia, per cultura, ti prego di stare al tuo posto e di non rompere! E di non rompere!

FABIO PISTARELLI. C’è la registrazione del TG3. C’è la registrazione della Rai.

MARCO AMAGLIANI. Io sono stato testimone oculare. Pistarelli, per favore!

FABIO PISTARELLI. C’è la registrazione della Rai.

MARCO AMAGLIANI. Finiscila, te lo dico io: finiscila!

PRESIDENTE. Consigliere Pistarelli!

MARCO AMAGLIANI. Finiscila. Ritorna nell’alveo da cui sei venuto. Io sono stato testimone...

FABIO PISTARELLI. Caro Amagliani, rispetta tutti!

MARCO AMAGLIANI. Io ti rispetto, tu rispetta me.

FABIO PISTARELLI. Io non ti sto dicendo “ritorna da dove sei venuto”, ti sto dicendo che non puoi...

MARCO AMAGLIANI. Lasciami parlare! Lasciami parlare.

FABIO PISTARELLI. ...ci sono filmati della Rai, ente pubblico.

MARCO AMAGLIANI. Lasciami parlare.
Caro Favia, tu hai parlato di cose che non conosci, tant’è che dici delle assurdità. Tu parli di anarchici. La verità è che in quei tre pullman c’era l’ala moderata dell’ex KKE, tant’è che abbiamo fermato tre pullman di gente inerme e ne abbiamo fatti partire altri tre in cui è stato trovato materiale contundente. Non c’era una sola prova, perché l’atteggiamento assunto da me, da Cristina Cecchini, da Marco Moruzzi, dalla senatrice Magistrelli e da altri consiglieri che poi sono arrivati — Marco Luchetti, Ferdinando Avenali ed altri che si sono trovati lì — è stato sempre teso a far sì che il questore di Ancona ci dimostrasse quali erano i motivi reali...

DAVID FAVIA. Ma voi che legittimazione avevate?

MARCO AMAGLIANI. Ma per favore, Favia. Tu hai una scarsa considerazione dell’istituzione. Noi cercavamo di tutelare il diritto, per cittadini della comunità europea, di scendere sul nostro territorio, soltanto questo abbiamo fatto. E noi non siamo saliti su quella nave.

DAVID FAVIA. Ma chi sei? Presidente, gli faccia una lezione di diritto.

MARCO AMAGLIANI. Per favore, Favia... Tanto la bocca non me la chiuderai, quindi perdiamo soltanto tempo. Poi chiedo il recupero, perché non ci chiuderete la bocca, né qui né altrove.
Capisco bene che tu cerchi di nascondere, con questo atteggiamento, le responsabilità gravissime di un atteggiamento vergognoso, in primo luogo del ministro dell’interno Scajola, che si è dimostrato qui ad Ancona ma che si è dimostrato fino in fondo nella città di Genova. Voi avete fatto la caccia all’uomo, la vostra polizia, perché in questo caso voi parlate, ancora una volta, di cose che non conoscete.

DAVID FAVIA. Ma basta... Ma Presidente!

MARCO AMAGLIANI. Io stesso per raggiungere la stazione di Brignole di Genova sono dovuto fuggire letteralmente! Questa cosa mi accalora, perché ho pagato sulla mia pelle, perché l’ho vista con i miei occhi. Ho visto i partecipanti a un corteo pacifico fuggire terrorizzati, perché la polizia di questo Stato governato da voi e dal vostro ministro dell’interno non ha fatto altro che inseguire un popolo...

DAVID FAVIA. Quando eravate al governo voi...
MARCO AMAGLIANI. Favia, per favore! Io sto riportando qui la verità dei fatti. La polizia ci ha inseguito letteralmente, ha fatto la caccia all’uomo. Al mio fianco sul treno c’era una ragazzina di 15 anni con un trauma cranico. Ditemi voi quanto una ragazzina potesse rappresentare un pericolo per questo Stato. Ma questo è stato il vostro atteggiamento. E l’atteggiamento nostro, come istituzioni, è stato quello di fermarci sulla panchina del molo di Ancona, quell’Ancona che fa parte della regione Marche, e cercare di far sì che non venisse commesso un sopruso, quello di non avere fatto scendere cittadini sui quali non può scattare — tu che chiami i giuristi — un provvedimento complessivo. Chiunque viene trovato in possesso di materiale contundente o non ha documentazione adeguata deve essere rimandato indietro: questo non è accaduto.

DAVID FAVIA. Ci sono informazioni riservate...

MARCO AMAGLIANI. Per favore, Favia. Io non ti ho interrotto una sola volta. Le stesse cose che tu dici sulla stampa locale: “è stato trovato un vero e proprio arsenale locale”. Ma tu l’hai visto. Io ho visto personalmente questo famoso arsenale. L’ho visto io, l’ha visto l’on. Duca, l’ha visto l’assessore Cecchini, l’ha visto la senatrice di questa Repubblica Marina Magistrelli. Abbiamo visto di cosa si trattava: un seghetto, un martello e un cuscinetto, peraltro dichiarato dall’autista del pullman essere propri per piccoli lavori di manutenzione. Il grande materiale di cui tu parli sarebbero: tre caschi, dieci bandiere con bastoni di plastica e altrettanti cartelli con bastoni di legno. Questo è il materiale che noi abbiamo visto. Ma subito dopo si è capito che quel materiale — perché l’abbiamo visto la mattina seguente — era materiale peraltro trovato sui pullman arrivati nel pomeriggio. Il mattino non è stato trovato assolutamente nulla.
Quando diciamo del questore voglio capire, perché non è mai accaduto che un prefetto — in questo caso il prefetto della città d Ancona — venisse esautorato dai suoi compiti per tre giorni — questo ci è stato detto, ma vogliamo verificarlo — tant’è che nella nostra mozione chiediamo che venga dimesso il questore, non il prefetto. Ma vogliamo capire se anche il questore era in questa condizione, oppure no. Da quello che ci risulta no, ma risulta no dalle sue stesse dichiarazioni. Avevamo fatto di tutto per riportare l’ordine e la normalità, come spetta a una istituzione, l’andare a chiedere a un servitore di questo Stato, come deve essere un questore, che tutto funzionasse nel migliore dei modi, che venisse rispedito indietro chi non era in regola, che fosse fatto passare chi in regola lo era. Questo abbiamo chiesto, ma questo non è stato fatto. A tutt’oggi non c’è un solo provvedimento individuale che dimostri che questi signori sono anarchici, come dici tu, o cos’altro sono. E’ vero Favia, siamo tornati indietro nel tempo. Io, quegli anni tremendi e brutali non li ho vissuti perché non ero ancora nato, mi riferisco agli anni ‘50, mi riferisco alla polizia di Scelba e di Tambroni, mi riferisco ai caroselli della polizia a piazza Roma in Ancona, quando gli operai del cantiere navale venivano trattati allo stesso modo. In questo caso siamo tornati indietro. Ma la vostra polizia che ferma qui in Ancona, perché è la vostra polizia...

ROBERTO GIANNOTTI. E ne siamo orgogliosi... Ma smettila, tu sei un rappresentante delle istituzioni, dovresti avere il coraggio tu di dimetterti, perché rappresenti tutti.

MARCO AMAGLIANI. Giannotti, se mi fai finire ti dico perché è la vostra polizia, perché nella nostra mozione, alla fine noi cerchiamo di riportare tutto nell’alveo costituzionale. Questa è la nostra richiesta, leggete la nostra mozione. Dico “la vostra polizia” perché in questo momento è gestita da un vostro ministro, dal ministro dell’interno Scajola. Voi non siete stati in grado di bloccare mille personaggi, i famosi black-bloc, a Genova, che, quelli sì, hanno creato le condizioni perché si arrivasse ai 50 miliardi di danni che ho visto con i miei occhi. I giornali italiani, e non solo, hanno dimostrato come alcuni di questo black-bloc avessero connivenze precise, reali con la polizia italiana, addirittura ci sono foto che dimostrano come questi black-bloc stiano uscendo da caserme... (Interruzioni). C’è una foto su tutti i giornali che dimostra questa cosa. E allora, se così stanno le cose, credo che alla fine non si possa che chiedere le dimissioni del questore di Ancona, per due motivi: per l’atteggiamento assunto ma anche per le dichiarazioni rilasciate. Vi invito a rivedere la registrazione del TG3 del 20 luglio, ore 14, in cui, addirittura, il questore di Ancona dichiara due cose. La prima, che c’era un accordo con i manifestanti che volevano soltanto ritornare indietro con una sorta di “resa autorevole”, quindi erano d’accordo a farsi rimandare indietro, tant’è che sono stati picchiati selvaggiamente all’interno della nave, e i famosi bulloni, le bottigliette... Eravamo tanti lì: voi avete visto bulloni?. Chi era lì con me ha visto dei bulloni? Ha visto delle bottigliette?

DAVID FAVIA. I feriti nella polizia sono una invenzione?

MARCO AMAGLIANI. Io ero su quella nave. L’unica cosa che è partita è un estintore vuoto, per difesa nei confronti di quello che stava diventando un massacro. La polizia su quella nave li ha massacrati, e probabilmente...

ROBERTO GIANNOTTI. Non essere ridicolo.

MARCO AMAGLIANI. Tu non c’eri, Giannotti, ridicolo sei tu e non cominciare a offendere. Ridicolo sei tu quando pronunci cose che non conosci.
La seconda questione è che il questore dichiara che quello che è avvenuto ad Ancona sarebbe stato un atteggiamento giusto in relazione ai fatti di Genova. Io non capisco cosa “c’azzecchi” quello che è avvenuto ad Ancona con i fatti di Genova.
Voglio chiudere questo mio intervento per far capire qual è il clima che ormai aleggia nel nostro Paese: il comportamento dei mezzi d’informazione. Ho già detto poco fa del comportamento assunto da alcuni giornalisti de Il Resto del Carlino ai quali ieri mattina ho mandato una smentita, ma anche...

DAVID FAVIA. Per tre giorni i giornali di Ancona non hanno pubblicato una nostra parola.
MARCO AMAGLIANI. ...ma anche la Tv. Mi sono informato, ci sono cinque regole per un giornalista, che devono corrispondere a questi presupposti iniziali: il chi, il cosa, il dove, il quando e il perché. Rispetto a queste cinque regole si rientra nella cronaca reale ed obiettiva, differentemente si fa un commento. Vi inviterei a sentire l’ultimo servizio di ieri sera, di un giornalista, che si riferisce alla conferenza stampa svolta dalla rete di Ancona, e che si abbandona, nel finale, ad un commento. E’ un giornalista, presidente dell’ordine del giornalisti, al quale chiederei conto, perché ha anche del denaro da parte di questo Consiglio regionale per la sua professione. A questo giornalista chiederei quali di queste cinque regole lui ha rispettato facendo quel pezzo di cronaca che ha fatto. Non c’è bisogno di fare né nomi né cognomi, andate a vedere il TG3 di ieri sera alle ore 19,30, guardate qual è il giornalista che fa la cronaca di questo pezzo, e poi mi direte a quali di queste cinque regole risponde il signor che ha fatto questo pezzo.
Io credo che da quest’aula debba venire un grido forte. E mi aspettavo, colleghi consiglieri, che da tutti voi venisse un acuto rispetto al fatto che noi tutti quanti, al di là delle nostre posizioni politiche, dovremmo essere rispettati per il lavoro che svolgiamo e per le istituzioni che rappresentiamo, ma questo non è stato perché c’è una difesa a oltranza della propria posizione politica, c’è una difesa a oltranza anche quando l’evidenza dei fatti dimostra il contrario. C’è una difesa ad oltranza anche quando dei consiglieri pagano sulla propria pelle, non la protesta ma un’attività che punta a reprimere un qualcosa che non va e a difendere un diritto costituzionalmente garantito, quello dei cittadini di scendere sul nostro territorio. Voi ve ne assumete la responsabilità fino in fondo, e noi continuiamo a chiedere le dimissioni del primo responsabile, in questa città, di quanto è accaduto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Credo che i fatti accaduti a Genova abbiano abbondantemente superato quanto è avvenuto ad Ancona. Per quanto sentito prima di me, credo che ci siano delle valutazioni unicamente motivate da posizioni di parte e che non colgano, effettivamente, i significati di quanto è avvenuto in questi giorni, sia a Genova che ad Ancona.
Penso che con il G8 di Genova abbiamo perduto tutti, nel senso che hanno perduto i G8 i quali si sono sforzati di dare dignità ad un incontro che cercava di promettere cose non del tutto mantenute. Credo che il dialogo dei G8 sia un fatto da non sottovalutare, qualcuno dice da superare. Io non la penso così, penso che il dialogo sia per lo meno un presidio, seppure non eccezionale, di una pace che i popoli che sono rappresentati nel G8 hanno messo in discussione nel secolo scorso e pertanto il dialogo è di per sé un fatto positivo.
Certo, la consapevolezza che questi 8 Paesi detengono le più grandi ricchezze del mondo a scapito di tanti Paesi in via di sviluppo la dice lunga sulle responsabilità che di fatto sono in capo a questi Paesi più ricchi e il fatto che la stessa richiesta del segretario generale dell’Onu sia stata presa in considerazione solo parzialmente — non metto in secondo ordine il fatto che c’è stata una decisione anche sul debito, lo stesso incontro con i rappresentanti dei Paesi in via di sviluppo è sicuramente positivo — la dice lunga su una incapacità di rapportarsi con un governo mondiale che oggi è estremamente necessario e di cui il G8 si deve far carico, se vogliamo dare una risposta positiva ai problemi che riguardano tutti, che riguardano soprattutto la gente che muore ancora di fame, che ancora non ha l’acqua potabile. Ci sono 1.200.000.000 di uomini che non hanno acqua potabile ed è chiaro che il G8 doveva dare una risposta più positiva rispetto a queste problematiche e farsi carico direttamente di quelle questioni ambientali che sono sotto gli occhi di tutti e che non riescono a trovare svolte decisive. L’incontro di Bonn, tutto sommato ci dà una speranza rispetto a quanto è stato sottoscritto a Kyoto, però non basta, occorre andare oltre, occorre un impegno più forte.
Abbiamo perso tutti a Genova, perché non siamo riusciti a mantenere pacifica una manifestazione che è stata abbondantemente soverchiata da frange estremiste che purtroppo non siamo riusciti ad isolare. E queste frange hanno indubbiamente trovato anche connivenze, dirette o indirette, diciamocelo molto chiaramente, perché migliaia di persone non possono girare per conto proprio in una città senza che nessuno sappia dove dormono, dove mangiano. Non è possibile questo, per esperienza diretta vi dico che non è possibile. Così come non è possibile che giri per la città di Genova un camion che distribuisca spranghe e bombe Molotov, questo è inaccettabile. Se da una parte c’è stata una connivenza di accettazione di queste frange per dare loro una copertura, un anonimato, dall’altra parte non è possibile che una città venga assolutamente messa in condizioni di non essere protetta, perché la zona rossa era super protetta e il resto era allo sbando. Questo è inaccettabile. Vi posso assicurare che ci sono stati dei pullman nella stessa giornata di sabato, che sono arrivati dentro Genova senza aver subito neanche un controllo. E questo è inaccettabile sul piano della sicurezza, per cui dico che ci sono state delle componenti che ci fanno pensare fortemente, da una parte ad una sottovalutazione, soprattutto del Genoa Social Forum, di queste frange, perché nessuno qualche giorno prima parlava di black-bloc, si parlava di tute bianche. Sono venute fuori queste frange cui nessuno aveva neanche lontanamente pensato e sicuramente sono arrivate a Genova aiutate da qualcuno, perché alle frontiere qualcuno si sarà accorto di che genere erano questi soggetti.
Pertanto c’è una responsabilità che coinvolge tutti da questo punto di vista, e dobbiamo ammetterlo, perché anche coloro che pacificamente dovevano manifestare, dovevano prendere tutti quei provvedimenti di denuncia, di isolamento di queste persone che hanno sicuramente una capacità fortissima di pilotare guerriglie urbane, per aver fatto già esperienza in altre città, e che hanno coinvolto di fatto anche i cortei pacifisti, perché si nascondevano dentro i cortei pacifisti proprio per coinvolgere nella guerriglia le forze di polizia. E’ una tattica vecchia da questo punto di vista, abbondantemente conosciuta nelle manifestazioni di piazza. Queste cose vanno denunciate chiaramente, vanno ammesse, e sono state fatte delle dichiarazioni anche da esponenti del Genoa Social Forum, con la velleità di rendere pacifista quello che non è pacifista — abbiamo sentito dichiarazioni anche dei responsabili delle tute bianche in televisione, che veramente sarebbero stati da prendere a pedate — e questa velleità è stata abbondantemente smentita. Ed è una grande responsabilità quella di non aver saputo guidare il movimento pacifista su queste cose.
Per quanto riguarda le forze di polizia, proprio perché siamo un popolo che ha maturato una democrazia forte e consolidata, credo che dobbiamo smetterla di attestarci pro o contro le forze di polizia. Spero che almeno da questo punto di vista ci sia, da parte di tutti, la consapevolezza di dover difendere comunque tutte le forze dell’ordine, perché non è pensabile che giovani che militano nei carabinieri, nella polizia, nella guardia di finanza non trovino la solidarietà delle istituzioni, di tutte le forze democratiche per il lavoro che svolgono quotidianamente, soprattutto quando si trovano coinvolti in queste questioni. Ho visto direttamente i giovani che erano coinvolti al porto di Ancona nelle fasi in cui c’era il contenimento dei manifestanti greci sulla nave; giovani che sono stati ore ed ore sotto il sole a svolgere un compito assai ingrato. Quindi, anche questo sforzo fisico da parte loro merita tutta la nostra solidarietà.
Diversa è la capacità organizzativa di chi li comanda, che deve trovare in questi momenti una preparazione che sicuramente, a Genova, non c’è stata, nel senso che dovevano essere prevenute tutte quelle cose che sono avvenute.
Pertanto c’è una responsabilità del ministro dell’interno che credo sia chiara, perché dobbiamo essere oggettivi da questo punto di vista, e io invito le forze di opposizione in questo Consiglio ma di maggioranza al Governo, ad essere oggettive rispetto alle cose accadute, perché non si possono chiedere, da una parte, le dimissioni a un ministro che non riesce a organizzare bene le elezioni, dopodiché a un ministro che lascia completamente sguarnita una città si dice bravo. Credo che da questo punto di vista bisogna essere oggettivi: se da una parte si dice che il ministro bianco doveva dimettersi, non potete non considerare che c’è una città devastata rispetto a delle frange che hanno cominciato a fracassare tutte le macchine di Genova senza che nessuno potesse intervenire. E’ una responsabilità grave, consentitemelo, perché doveva essere evitata questa cosa.
Per quanto riguarda le questioni di Ancona, siccome sono stato anch’io testimone di questa vicenda, dico che è stata una pagina abbastanza comica se la si vede con certi occhi. Io sono d’accordo con quanto ha detto Amagliani, che questa era gente sicuramente non violenta, questo ve lo posso garantire anche io. Anche la reazione che hanno avuto quando la polizia li ha spinti in malo modo dentro la nave ne è una dimostrazione: se fosse stata gente violenta le cose non sarebbero andate come sono andate, questo è evidentissimo. Se fosse stata gente violenta sarebbe successa l’iradiddio in quella sede e non sarebbero volate le bottiglie di acqua minerale, probabilmente sarebbe volato qualcosa d’altro. La dimostrazione è proprio questa: sarebbero venute fuori altre modalità e lo scontro avrebbe avuto un’altra dinamica.
Sicuramente le cose potevano essere valutate in altro modo anche da parte dei colleghi, non facendosi spingere dentro, perché tutto sommato si poteva evitare.
La cosa che sottolineo è che sicuramente è stata una manovra sballata dal punto di vista della polizia che — ero testimone — ha controllato che era gente pacifica che non aveva armi contundenti, non aveva nulla ed è stata mandata via solamente per un’azione di polizia che — stava nella testa di qualcuno — poteva dissuadere altri dal venire ad Ancona. Solo questo, perché non c’è altra spiegazione. La sera sono arrivati dei pullman con gente che aveva spranghe ecc.: sono state sequestrate e quella gente è stata mandata ugualmente a Genova.

DAVID FAVIA. E’ un’impressione tua...

MARCO LUCHETTI. No, no, è stata proprio una “frescaccia”, e uso questo termine per farmi capire. Questa gente è stata rimandata indebitamente in Grecia, questo lo posso affermare con tutta tranquillità. Poteva essere evitata questa sceneggiata che è durata 7-8 ore senza che ci fosse il benché minimo motivo di respingimento, quindi è una responsabilità...

FABIO PISTARELLI. Come fai a saperlo? Sei del Ministero dell’interno, tu?

MARCO LUCHETTI. Ci è stato confermato quello che vi sto dicendo, dal console onorario di Grecia che era presente sul posto. Pertanto, se vogliamo difendere anche l’indifendibile si può fare, ma da questo punto di vista non c’è niente da difendere. Questo fatto ha una certa gravità dal punto di vista politico, perché potevano essere adottate diverse misure. C’è una bella differenza tra l’aver respinto 130 persone che erano sicuramente pacifiche, rispetto al fatto che al centro di Genova sono arrivate le tute nere con tutto quello che avevano con loro.
Non condivido i toni usati da Amagliani rispetto al fatto di Ancona; lo considero rispetto a quanto accaduto a Genova un fatto assolutamente marginale. E’ un fatto grave, perché non dovevano essere respinti manifestanti pacifici, però rientra nell’azione generale di prevenzione — la metto così — rispetto ad una questione che assume una dimensione assolutamente non paragonabile.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Quali erano i compiti che gli organi di sicurezza dovevano assolvere in occasione del G8 di Genova? Schematizzando possiamo dire che erano due: da una parte proteggere il regolare svolgimento del vertice istituzionale e, con esso, la sicurezza e le proprietà pubbliche e private; dall’altro garantire la libertà di manifestazione di quanti intendevano esprimere pubblicamente le loro opinioni. Su questo si doveva lavorare nei mesi che precedevano il vertice del G8. Si trattava, a ben guardare, di realizzare un’unica finalità: garantire la legalità, che nel nostro ordinamento democratico comprende pari dignità costituzionale, sia la difesa dell’ordine pubblico tradizionalmente intesa, cioè la difesa dei diritti civili, politici e delle proprietà dei cittadini e degli enti pubblici, sia la libertà di organizzazione politica e di manifestazione del pensiero. Questo è quello che prevede la nostra Costituzione repubblicana. Ebbene, qual è il bilancio su questo versante? E’ un bilancio fallimentare. Non sono stati protetti né i diritti dei cittadini di vivere pacificamente vedendo tutelati i loro beni e la loro serenità, né sono stati garantiti i diritti, anch’essi costituzionalmente protetti, di manifestare liberamente e pacificamente.
Il Governo italiano si era assunto anche, di fronte alla comunità internazionale, la responsabilità istituzionale di garantire la legalità democratica, questo è il punto. Non solo il posizionamento delle fioriere, ma la legalità democratica dei manifestanti e dei partecipanti al vertice istituzionale.
Questi obiettivi non sono stati colti e c’è un clamoroso fallimento: il Governo ha mancato clamorosamente il suo dovere, poiché è stato inetto a prevenire e reprimere le azioni delle frange violente che sono state lasciate agire in modo pressoché indisturbato, questo è il punto politico sul quale noi vogliamo ragionare. Le frange violente non vanno solamente allo stadio e ci si organizza per non farle arrivare a degli eccessi; le frange violente erano annunciate, erano frange che non hanno nulla a che vedere con un movimento che vuol parlare un linguaggio che molte volte è anche il linguaggio della chiesa cattolica, che vuol porre all’attenzione il fatto che il 98% dei bambini che muoiono sotto i cinque anni muoiono nei Paesi in via di sviluppo, che il 90% dei morti di Aids muoiono nei Paesi in via di sviluppo, che i due terzi dell’umanità vivono con due dollari al mese. Queste sono le tematiche che il movimento pacifista, cioè la stragrande maggioranza, la moltitudine, le centinaia di migliaia di persone che sono andate a Genova volevano manifestare in maniera gioiosa, come hanno fatto in altre occasioni. Questa era l’anima, il senso politico di quel movimento: porre all’attenzione del mondo che non è più possibile decidere le sorti dell’umanità a prescindere dalle condizioni di morte che i due terzi della stessa umanità sono costretti a vivere perché i Paesi ricchi si preoccupano solo della loro ricchezza e del loro benessere. E’ su questo che noi ritroviamo le ragioni politiche di un discorso globale, di un discorso che attraversa e valica i confini delle nazioni, e bisogna porre l’attenzione su queste problematiche, così come il Genoa Social Forum ha fatto, così come la Chiesa cattolica ha fatto, altrimenti rischiamo — e forse questo era un obiettivo politico — di parlare di violenza, di parlare di ministri incapaci, poi perdiamo il vero contenuto politico, che erano appunto queste questioni.
E allora, queste frange violente non sono state la rivelazione dei giorni di Genova, ma erano annunciate, erano organizzate, che provenivano per larga parte dall’estero, erano minoranze, estreme minoranze di poche centinaia di violenti, e noi volevamo far prevalere il discorso politico di condanna di Paesi sempre più ricchi e sempre più egoisti, di un capitalismo non umano; volevamo e dobbiamo condannare l’uso sistematico della violenza che non permette di porre al centro dell’attenzione i temi dell’umanità, di un nuovo ordine economico mondiale, che ci fa discutere di altro, perché questa è la funzione dei violenti. E allora, come non poter contestare la violenza da parte di un movimento che si rifà al pacifismo, a cui aderiscono tante associazioni laiche e cattoliche?
Pertanto la gravità della situazione è che nel mentre ci si preoccupava delle fioriere non ci si preoccupava di neutralizzare per tempo estremisti conosciuti...

FABIO PISTARELLI. Ma chi li doveva neutralizzare se non gli organizzatori delle manifestazioni?

GIULIO SILENZI. Pistarelli, dopo puoi intervenire e dire quello che vuoi. Io non ho interrotto nessuno, non siate intolleranti, ascoltate e io ascolterò quello che voi direte. Non siate intolleranti, almeno in questa sede.
Il problema di fondo era come neutralizzare questi estremisti violenti. E’ impensabile che l’intelligence mondiale, i servizi segreti, gli organi di cui dispone un governo siano incapaci a neutralizzare un migliaio di estremisti. Questo è il fallimento dell’azione di prevenzione e la dimostrazione dell’incapacità che il ministro e il Governo hanno dimostrato in questa occasione. Su questo punto va richiamata la responsabilità politica.
Le ragioni di questa situazione sono da ricercare prevalentemente nel deficit di cultura democratica che caratterizza la maggioranza di governo di questo Paese...
CARLO CICCIOLI. Basta, basta! E’ vergognoso. Non è possibile...

GIULIO SILENZI. Devi essere tollerante, Ciccioli. In altre situazioni non sei tollerante, in questa sede devi essere tollerante.

DAVID FAVIA. Ma bisogna che parli correttamente.

GIULIO SILENZI. Devi tollerare, Ciccioli. So che per te è contro natura, ma qui devi tollerare e devi ascoltare.

CARLO CICCIOLI. Non bisogna essere ipocriti.

GIULIO SILENZI. Ogni cosa può essere rispedita al mittente, Ciccioli, quando interverrai tu, dopo. Io la penso così.

DAVID FAVIA. Per fortuna la maggioranza degli italiani non la pensa come te.

GIULIO SILENZI. La maggioranza degli italiani non la pensa come la pensate voi, poi i sistemi elettorali vi fanno governare, ma la maggioranza degli italiani non la pensa come pensa Berlusconi, vivaddio.
Un deficit che si è mostrato in tutta la sua gravità in occasione del blitz notturno condotto con metodi inaccettabili e illegali nei confronti del Genoa Social Forum e finanche nelle irresponsabili e menzognere parole di Berlusconi durante la sua conferenza stampa. E’ in questo contesto che trova la sua spiegazione la tragica morte del giovane Giuliani, in questo clima, in questa incapacità che si è dimostrata. Noi non vogliamo indulgere in alcuna operazione di dietrologia, né ci sembrano sensati i ragionamenti di coloro che parlano come se ci fosse stata solo la violenza della polizia. Sappiamo benissimo ciò che è avvenuto a Genova, è opera di gruppi organizzati di violenti che hanno agito con grande determinazione, ma ciò in nulla diminuisce la responsabilità politica del Governo, che doveva saper isolare questa minoranza, proteggere i cittadini e il diritto di manifestare di centinaia di migliaia di italiani, ricorrendo all’uso della forza in modo finalizzato e misurato, come impone il nostro ordinamento, proprio per prevenire la violenza. E’ questo che è mancato.

ROBERTO GIANNOTTI. Dicci perché il tuo partito ha deciso di non andare a Genova.

GIULIO SILENZI. Qui ad Ancona abbiamo avuto, nei giorni immediatamente precedenti il vertice di Genova, una conferma di quello che sto dicendo, nella maniera superficiale con la quale ci si è mossi, senza individuare, finalizzando le responsabilità dei singoli, per esercitare un’azione di repressione che doveva essere esercitata qualora quei singoli fossero legati a movimenti estremisti o violenti. Invece è stata una classica operazione che ha lasciato tutti i dubbi e che noi abbiamo definito superficiale.
Da anni è in atto una ossessiva campagna di eccitazione dell’emotività dell’opinione pubblica nei confronti di alcuni fenomeni di criminalità. Di questa campagna si è fatta interprete soprattutto la destra, che ne ha approfittato per sfruttare il malessere sociale. Chi non ricorda i manifesti di Berlusconi che prometteva città sicure? Ecco la prima verifica: Genova è una città devastata...

ROBERTO GIANNOTTI. Devastata da Berlusconi...

GIULIO SILENZI. Devastata dalla violenza di chi non è stato preventivamente messo nella condizione di non esercitare quella violenza. E’ qui la responsabilità politica del Ministero degli interni che aveva tutti gli strumenti per eliminare queste frange o per isolarle e non farle confondere con il grosso dei manifestanti creando il disordine che abbiamo visto tutti. Questo è il punto politico.
Non voglio affrontare altri aspetti di queste giornate, delle immagini che abbiamo visto, dei commenti della stampa internazionale, perché per me qui è il punto sul quale il Governo non può defilarsi. Diceva giustamente il collega Luchetti che per le cabine elettorali si sono chieste le dimissioni di un ministro: come potete giustificare una responsabilità oggettiva del ministro degli interni che aveva tutti gli strumenti a disposizione?
Di fronte a tutto questo il Governo si nasconde dietro alibi puerili, o peggio: cerca di criminalizzare tutto il movimento antiglobal, sia per un irresponsabile disegno di delegittimazione politica delle forze di opposizione sia per cercare di attenuare le sue incapacità, esagerando i suoi antagonisti.
I risultati del G8 sono inesistenti sul versante del debito dei Paesi poveri, che è ancora tutto lì, sulla lotta all’Aids, dove c’è stato uno stanziamento di un quinto rispetto a quello che serve, e le nazioni ricche si possono permettere di più, perché i quattro quinti significano milioni di persone che muoiono senza quel finanziamento, ed è ridicolo rispetto alle potenze economiche che lì erano presenti.

FABIO PISTARELLI. E’ ridicolo che non c’era una lira, fino a ieri. E adesso c’è.

GIULIO SILENZI. Concludo, citando padre Zanatelli: “Non serve l’elemosina ma un ordine internazionale nuovo e giusto”. E’ per quello che centinaia di migliaia di persone hanno manifestato, ed è su questo che dobbiamo concentrare il nostro impegno politico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Una delle cose che sopporto di meno — forse è un mio limite — è l’ipocrisia. L’ipocrisia è una delle cose più antipatiche, che si vivono più male, che generano rabbia e reazioni. Spero che non sia, oggi il teatrino dell’ipocrisia, in cui ognuno dice le cose come se fosse da un’altra parte o come se in passato non avesse avuto delle responsabilità precise.
I temi sono due. Uno riguarda i problemi di Genova, l’altro i modesti problemi del porto di Ancona. Credo che la cosa più importante, visto che si fa un dibattito politico, siano i fatti di Genova.
Io rappresento una forza politica che non è per niente soddisfatta della globalizzazione. La cosa non ci piace, l’abbiamo detto in vari interventi, l’ho detto io, ultimamente l’ha detto il consigliere Novelli con un lungo intervento nell’ultima seduta di questo Consiglio. La globalizzazione è un’opportunità che, gestita male, non porta assolutamente bene. E’ pericolosa per i poveri, perché come ormai tutti dicono, i poveri diventano sempre più poveri e i poveri non hanno occasioni di sviluppo, ma è pericolosa, a ben guardare, anche per i ricchi, perché se i ricchi vivono assediati e sono costretti a difendersi, quindi non possono esercitare il loro ruolo di ricchi vivono male e la vita non è bella. E’ un po’ come nelle città americane dove i ricchi vengono circondati dalle guardie private perché altrimenti nei loro quartieri entrano le bande, quindi non possono uscire e devono restare nelle loro bellissime case, senza poter utilizzare le città. Inoltre è pericolosa per i ricchi, anche perché con i criteri attuali della globalizzazione finanziaria, da un minuto all’altro, con un semplice tasto di computer anche coloro che sono ricchi, dopo pochi secondi possono diventare ex ricchi e perdere tutte le prerogative, per cui si assiste a una fluidità dei percorsi del capitale internazionale finanziario che destabilizza il mondo. A noi che rappresentiamo il pensiero politico di destra, tutto questo non piace assolutamente. Quindi l’abbiamo detto, cerchiamo di creare una sponda su una battaglia politica che governi la globalizzazione.
Detto questo però, a Genova sono successe cose diverse, e secondo me Genova rappresenta, per la sinistra, un grave dramma, il dramma nel dramma, perché se la sinistra non scioglie dei nodi, dal nostro punto di vista siamo contenti, rimarrà qualche decennio all’opposizione, ma la sinistra è fortemente divaricata tra la necessità di fare un’opposizione senza però riuscire a scegliere tra quella para-rivoluzionaria di Genova — un tipo di opposizione rispettabile dal punto di vista dei contenuti ideologici, certamente non rispettabile dal punto di vista dei comportamenti — e un’opposizione di alternativa di governo, quella che in qualche modo hanno delineato Rutelli e Fassino che, se avessero vinto le elezioni sarebbero stati al posto di Berlusconi e di Fini a Genova. Non ci sfugga questo: è una circostanza della vita che a Genova c’erano Berlusconi e Fini, ma la casualità della vita avrebbe potuto determinare che a Genova ci fossero stati Rutelli e Fassino, senza nessun cambiamento, sarebbe stata la stessa cosa, probabilmente con una opposizione para-rivoluzionaria in piazza un po’ depotenziata, perché con minori coperture, ma di fatto sarebbero più o meno successe le cose che sono successe in tutti i Paesi dove si sono svolti negli ultimi tempi questi vertici e che hanno prodotto le stesse devastazioni. In altri Paesi d’Europa si è visto e in altri Paesi del G8 si è visto. Questo è il nucleo centrale dell’ipocrisia, veramente una cosa stucchevole, secondo me.
Cosa è stato fatto a Genova? Mi sono un po’ interessato, ho visto, ho stampato qualcosa da Internet: a Genova c’erano, fluttuanti, tra 15 e 18 mila uomini delle forze dell’ordine per controllare circa 200.000 persone dei cortei fra le quali erano inserite 3.000 persone sicuramente violente e con pratica della lotta armata e circa 10-20 mila fiancheggiatori di questi. Controllare questo meccanismo...

ANDREA RICCI. Ma cosa dici? Tu sei ipocrita, che giravi con la pistola nei cortei, 10 anni fa.

CARLO CICCIOLI. Di questo ne parlo nell’ultima fase...

ANDREA RICCI. A chi dici “violento”? Portavi le armi nelle manifestazioni, 15-20 anni fa. Tu sei l’ultimo che ha diritto di parlare di violenza e non violenza.

CARLO CICCIOLI. Questa è l’ultima fase del mio intervento, già previsto.

ANDREA RICCI. Andavi con le armi alle manifestazioni!

CARLO CICCIOLI. Siccome ho interrotto, accetto le tue interruzioni. Questa è l’ultima fase del mio intervento, che ho scritto e quindi documentabile e riguarda il ruolo dei consiglieri regionali in quest’aula.

ANDREA RICCI. Con la pistola, giravi! Con la pistola!
CARLO CICCIOLI. Il risultato è stato una città devastata. Per un attimo vorrei farvi pensare se a devastare Genova fossero stati attivisti cosiddetti “neri” e non di estrema sinistra. Pensate quello che sarebbe successo in Italia, se ci fossero stati migliaia di violenti “neri”, “di destra”, o “anticomunisti”, a fare quello che hanno fatto a Genova. Pensiamoci un attimo.
E’ vero, è molto doloroso, è morto un giovane. Però non dimentichiamoci che è morto mentre colpiva e chi va alla guerra può anche avere danni.
Capisco che da certi punti di vista sarebbe stato molto meglio che fosse morto un carabiniere, perché se fosse morto un carabiniere le polemiche avrebbero avuto tutto un altro versante, se fosse morto quel carabiniere — mi dispiace per quel povero ragazzo che potenzialmente era vittima, è toccato all’altro — le cose, le polemiche, tutto il resto sarebbero andate in un’altra direzione. Però questa è dietrologia molto discutibile, quindi credo che quello che accade accade e questo è accaduto, ma a Genova c’è stato un morto, si è voluto, si è cercato quel morto, i morti potevano essere molti di più,; probabilmente l’acceleratore si è fermato quando si è avuto il primo morto, altrimenti poteva andare molto peggio. Comunque la si guardi, Genova e ciò che è accaduto a Genova non è una bella pagina.
Non tutto quello che si fa al G8 è condivisibile, per lo meno dal nostro punto di vista, alcune cose ci sono piaciute, alcune aperture ottenute oggi dal Governo Berlusconi soprattutto ci sono piaciute, altre cose certamente andranno riviste, ma io credo che nell’immaginario collettivo Genova non è una pagina politica che ha giovato alla sinistra, comunque la si dica.
Ancona, poche cose: arrivano i manifestanti dalla Grecia, c’è una lista di manifestanti cosiddetti pericolosi, questi manifestanti vengono individuati in modo giusto o non giusto, perché quando si fa ordine pubblico gli interventi chirurgici non sono possibili, si colpisce nel mucchio. Se i nomi segnalati erano 150, 130 o 160 quelli sono stati separati.

FERDINANDO AVENALI. Ma perché li hanno fatti scendere?
DAVID FAVIA. Perché prima hanno controllato i documenti, poi li hanno identificati.

CARLO CICCIOLI. C’è stato un problema di organizzazione di procedure. La sinistra dice “bisognava prevenire”. Magari non era giusto per tutti i 150, perché 50 erano pericolosi e 100 no, ma quella era la lista, quelle sono state le persone.
Tutto il resto folclore di piccolo livello locale, a mio parere. Torno poi al tema del consigliere Andrea Ricci.
Uno dei passaggi del mio intervento era questo: qui, quasi nessuno è vergine. Io siedo davanti al Presidente D’Ambrosio che mi dette cinque giorni di reclusione 28 anni fa, poi un altro mi ha fatto fare due mesi di carcere, e quello era il fatto a cui si riferiva Ricci. Io ho avuto almeno una quindicina di processi nei miei anni che vanno da 17 in poi, il primo me l’hanno fatto al tribunale dei minorenni perché ero minorenne.

OTTAVIO BRINI. Hai un buon curriculum, allora...

CARLO CICCIOLI. Un buon curriculum: una quindicina di processi, qualche condanna, D’Ambrosio mi dette cinque giorni che però in appello riuscii a modificare. E fra l’altro D’Ambrosio, che era pretore, aveva ragione: mi dette cinque giorni giusti, corteo non autorizzato con aggravante dell’organizzazione. Era reato di pretura e non era reclusione ma arresto. Credo che Amagliani abbia fatto militanza politica a sinistra, la Cecchini sicuramente, non so gli altri. Ricordo il prof. Ascoli che all’università di economia e commercio pontificava: io venivo all’assemblea ogni tanto, ascoltavo, non era dei più buoni, me lo ricordo bene. Poi tutti siamo cresciuti, ognuno ha ruoli istituzionali diversi, ognuno si sceglie nella vita un percorso. Nel momento in cui uno inizia a svolgere un percorso istituzionale deve essere coerente con le istituzioni che frequenta. Per esempio, io ho avuto più volte inviti da Forza Nuova a partecipare alle loro manifestazioni, a volte non condividevo, a volte sì, non ci sono andato, ho fatto una scelta istituzionale politica, perché non mi sembrava opportuno che un consigliere regionale potesse partecipare. Lo dico con molta franchezza dopo averci riflettuto ed essere anche perplesso dentro me stesso, su quello che era opportuno fare, ma alcune volte è meglio evitare, anzi ogni qualvolta non ho manifestato la prudenza che si addice al ruolo dei consiglieri regionali, delle istituzioni in generale, me ne dolgo e faccio autocritica. A Genova ci sono stati — come sempre capita nella vita, non tutto è perfetto. Se uno vivesse due volte, la seconda volta, probabilmente, sceglierebbe altri studi, altre mogli, altri mariti, altre persone...

UGO ASCOLI. Altri partiti, magari...

CARLO CICCIOLI. Anche altri partiti, perché no? Ma in questo senso io sono un po’ testardo e ripeto nell’errore.
Comunque, il leader Agnoletto... L’estrema onnipotenza, permettersi di dire “abbiamo umiliato i potenti”... Dal punto di vista dei fatti concreti e reali neanche si sono accorti. Certo, nei sistemi circolari ognuno è influenzato, ma non mi sono piaciute tante cose. Cosa significa porsi il problema della resistenza attiva? Cos’è la resistenza attiva, quando si manifesta? La resistenza passiva è mettersi per terra, sdraiarsi. E la resistenza attiva qual è? Fino a che punto arriva il grado di resistenza attiva?
Insomma, io credo che anche per coloro che hanno organizzato, in buona fede, la mobilitazione di Genova sia stata un fallimento, così come le forze dell’ordine non tutto hanno centrato, ma hanno fatto quello che si poteva fare. Per un mese hanno lavorato, fatto piani, cambiato i piani, fatto trattative con gli organizzatori delle manifestazioni, con i vari settori. Tutto si può dire, meno che non c’è stato un atteggiamento di elasticità da parte del Governo.
Concludo, dicendo che la pagina del porto di Ancona è episodio minore e trascurabile, anche se fastidioso. La parte di Genova è invece parte grave che ci deve far riflettere per il futuro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Farò un intervento breve, articolato in due parti. La prima parte riguarda il ruolo e la funzione del Consiglio regionale e il ruolo e la funzione che sono propri dei consiglieri regionali. leggo l’art. 18 dello Statuto della Regione marche: “Ogni componente rappresenta l’intera Regione ed esercita le funzioni senza vincolo di mandato. I consiglieri non possono essere chiamati a rispondere per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”. Leggo, in analogia, gli artt. 67 e 68 della Costituzione della Repubblica: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. “I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”.
Le funzioni che sono proprie del consigliere regionale — e mi auguro che questa Assemblea prenda atto e domani voti una legge istitutiva del “Parlamento regionale” — e le funzioni che sono proprie del parlamentare nazionale, sono garantite da una parte dallo Statuto e dall’altra dalla Costituzione e ogni componente di questa Assise, come ogni componente del Parlamento nazionale ha diritto, nello svolgimento delle proprie funzioni, ad assumere informazioni atte a poter espletare nella sua pienezza il mandato, senza vincolo di mandato.
Se questo è e se questo è sancito, i colleghi consiglieri regionali — che hanno partecipato attivamente ad una azione che tendeva ad evitare uno scollamento e un confronto duro, un’azione di non ingresso nel nostro Paese di cittadini extracomunitari, cercando di conoscere, eventualmente, quali fossero le ragioni per cui alcuni di essi potevano non essere accetti nel suolo italiano o cercando di estrapolare (se era possibile e se le forze dell’ordine avevano conoscenza di ciò a seguito di informative riservate) quella parte di cittadini stranieri che non erano graditi al popolo italiano per loro precedenti, per un’informativa, per notizie che potevano essere in possesso delle forze dell’ordine — avevano il diritto sacrosanto di esercitare questa funzione, come diritto sacrosanto aveva il deputato Marina Magistrelli in ragione della sua funzione di rappresentante del Parlamento. Ogni parlamentare rappresenta lo Stato, ogni consigliere regionale rappresenta la Regione, quindi nel momento in cui io rappresento la Regione o lo Stato ho il diritto di esercitare le mie funzioni; non di ostacolare l’azione amministrativa della pubblica sicurezza, ma di essere comunque messo in condizioni di esercitare il mio mandato e di avere informazioni precise rispetto a delle domande, a dei quesiti che io pongo.
E’ chiaro che c’è stata un’azione che è andata a ledere non i singoli Cristina Cecchini, Marco Amagliani, Marco Moruzzi, Pietro D’Angelo o Marco Luchetti, ma i diritti sacrosanti di questo Consiglio regionale e dei rappresentanti di questo Consiglio regionale. Ecco perché oggi, per lo meno su questo, dovremmo essere tutti d’accordo.
Io non intervengo nel merito, e dico che se c’era comunque da fare un’azione, tale azione andava fatta col bisturi, perché se è vero — e non ho modo di dubitare — quello che dice il sen. Magistrelli, cioè che le persone sono state fatte salire nei pullman a caso, non si estrapolano tre pullman, che vengono fermati in questo modo, ma si selezionano sulla base dei documenti prodotti i cittadini provenienti, si selezionano sulla base delle informative, anche segrete, che non devono essere messe all’esterno con bandi pubblici o con manifesti pubblici, quelli che possono essere pericolosi, si estirpa il male alla radice e si rimpatria per evitare che ci siano problemi per la sicurezza nazionale. Questo è il primo discorso che volevo fare.
Il secondo discorso è di altra natura e riguarda i fatti di Genova. Io sono uno che ha militato sempre nella Democrazia cristiana, ma che ha fatto il ‘68: partecipavo alle manifestazioni, le organizzavo, andavo in questura e firmavo, assumendomi la responsabilità delle manifestazioni che organizzavamo, a dimostrare che non è vero che i movimenti che si organizzano in determinati periodi storici debbano essere necessariamente caratterizzati da ideologie di destra o di sinistra; sono molto spesso movimenti che nascono in ragione di una sensibilità che tra i giovani matura, e in ragione di quella sensibilità i giovani manifestanti. Non è che oggi l’azione che noi abbiamo potuto verificare a Genova — vedi anti global — ma che comunque è stata preceduta a Seattle, in ogni parte del mondo e che diventa sempre più significativa e importante, possiamo ridurla ad un confronto ideologico fra destra e sinistra. C’è una sensibilità, nei giovani, che deve essere colta in positivo, perché c’è una tensione nuova, una tensione verso l’ambiente, una tensione verso i problemi dell’umanità, una tensione verso i Paesi del Terzo Mondo, una tensione verso quei milioni di bambini che muoiono nei Paesi del Terzo Mondo. Quindi, questo fatto va considerato in positivo e guai se ognuno di noi, in ragione di una posizione predeterminata o precostituita ideologicamente rifiutasse il confronto e l’attenzione nei confronti di questi movimenti.
Altro discorso è la degenerazione dei movimenti, e qui richiamo alle responsabilità di chi organizza e di chi assume la gestione delle organizzazioni. Così come fino a quando i movimenti del ‘68 sono stati controllati dagli organizzatori non hanno prodotto fenomeni di violenza, non hanno prodotto distruzione, non hanno prodotto morte, non hanno prodotto sconquasso nello Stato, ma nel momento in cui non sono stati più controllati hanno determinato la nascita delle ideologie, la successiva nascita delle Brigate Rosse, le forme di violenza, il terrorismo, così oggi noi dobbiamo saper estirpare quegli ingressi che non hanno al loro interno queste forti motivazioni ideologiche ma che anno al loro interno esclusivamente delle motivazioni di natura violenta, di aggressione e di messa a soqquadro di una città, creando disordine all’interno di uno Stato o all’interno del sistema nazionale e internazionale. Ecco allora che una responsabilità c’è, perché quando Casarini dice “noi non ci opporremo in alcun modo a qualsiasi forma di ingresso nelle zone che sono state riservate e che non sono state ammesse alle manifestazioni pacifiche, in parte, comunque con un messaggio, se non altro, si rende partecipe di un’operazione che può sfociare anche in disordini. Quando si organizzano delle manifestazioni bisogna essere primi a dare informative alle forze di polizia, per fare in modo che esse possano fare azione di prevenzione. Quando le forze di polizia ricevono le informazioni, debbono agire preventivamente. Qui sta la responsabilità del ministro degli interni, che avendo avuto notizia che c’erano movimenti strani e pericolosi — la notizia è stata data da istituzioni anche pubbliche, non ultima una delibera adottata dall’Amministrazione provinciale di Genova nella giornata di ieri, che denuncia il fatto che precedentemente allo svolgimento del G8 aveva informato che ci sarebbero state delle forme di violenza, avendo notato dei movimenti, avendo notato l’utilizzo e l’organizzazione di gruppi, avendo notato che comunque c’erano delle armi improprie che si stavano accatastando e accantonando — non è intervenuto e sembra che la motivazione ufficiale sia quella di non essere intervenuto “per evitare di esasperare gli animi”. Gli animi si esasperano dopo, quando c’è l’azione violenza, non si esasperano prima, quando si fa l’azione di prevenzione.
Ma detto questo non condivido — e qui parlo per un minuto con un’altra veste, non quella di consigliere regionale — che in quest’aula si facciano processi sommari alle forze dell’ordine. In questo caso sono anche emozionato: io ho un figlio che sta in polizia, nel reparto mobile della polizia, un figlio che ogni giorno, da cinque anni partecipa a tutte le manifestazioni di piazza, alle violenze negli stadi, alle violenze nelle manifestazioni, alle violenze ovunque esse siano, per garantire e tutelare l’integrità e la dignità di questo Stato, per garantire e tutelare la salute dei cittadini di questo Stato, per garantire la proprietà dei cittadini di questo Stato ed in prima persona con la pioggia, con la neve, con il caldo soffocante, non in tenuta da guerra come dicono alcuni, ma in tenuta antisommossa, che significa avere in testa un casco e in mano uno scudo. Sta lì a cercare di garantire quest’ordine. Ebbene, non accetto che una istituzione pubblica quale può essere quest’aula o qualsiasi altra istituzione, faccia processi sommari alle forze dell’ordine, perché da genitore so che quando mio figlio parte va a rendere un servizio a questo Stato ed è figlio di questo Stato, ma è anche figlio di questo genitore e io so che mio figlio parte ma non so se rientra, quindi non è giusto fare condanne e sommari processi, da parte di nessuno.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.
FABRIZIO GRANDINETTI. Penso anzitutto che sia doveroso porgere il cordoglio e le condoglianze del gruppo alla famiglia del ragazzo che è morto nei disordini di Genova, perché di fronte alla morte ognuno di noi deve il massimo rispetto. Ma ritengo anche che ci sia da esprimere solidarietà non solo alle forze dell’ordine che compiono il loro dovere, ma anche ai consiglieri regionali che, se hanno esibito il loro tesserino e si sono presentati alle forze dell’ordine, sono stati, eventualmente, malmenati o respinti e sotto questo aspetto vorrei fare anche un appello, un invito alla riflessione ai consiglieri che eventualmente sono stati colpiti pur essendosi presentati.
Alcuni di noi forse hanno un complesso di inferiorità nei confronti del Parlamento nazionale e magari nella Commissione Statuto che qualche giorno fa ha esaminato una proposta di legge che vuol aggiungere al nome di “Consiglio regionale” il nome “Parlamento delle Marche”, hanno avuto un moto quasi di insicurezza e hanno detto “ci dobbiamo ancora pensare, per adesso ci asteniamo”. Ragionate sul fatto che questo o diventa un grosso Consiglio comunale come oggi, disconosciuto quasi, nonostante la potestà legislativa, dai cittadini marchigiani, oppure si dà una dignità e una forza, e questo viene probabilmente a coinvolgere tutta la società marchigiana e anche quel rispetto che si deve quando si presenta un parlamentare della Repubblica che non è diverso da un parlamentare di questa Regione.
Detto questo ritengo che occorra fare alcune riflessioni, riportando un po’ di tranquillità in quest’aula, perché si può consumare un rito della protesta e dell’interruzione che non serve a nessuno. Ho sentito i colleghi che hanno manifestato le loro opinioni in modo convinto, seppure diverso. Togliendo qualche eccezione che è sembrata una recita di partiti che non trovano più la loro identità e sono talmente incerti, talmente in crisi di riflessione e di identità per cui non sanno più da che parte stare, ho apprezzato più un estremismo convinto. E allora, quando parliamo di incompatibilità del Presidente del Consiglio riguardo ai suoi affari di imprenditore, riflettiamo pure su come si troverà il Presidente D’Ambrosio quando ritornerà a fare — penso che non sia intenzione, da parte sua, rientrare a fare il suo lavoro...

DAVID FAVIA. Potrebbe essere costretto.

FABRIZIO GRANDINETTI. Penso che la volontà, da quello che affermò quando iniziò la legislatura, sia quella di proseguire l’avventura politica in una carica, magari importante, ma che non sia più quella di Presidente della Regione Marche. Questa fu l’affermazione: “non abbandonerò magari, ma lascerò sicuramente, dopo la seconda legislatura”. Come farà a collaborare il magistrato con le forze di polizia, che oggi non sono state trattate nel miglior modo possibile? Lasciamo perdere Pasolini, le forze di polizia, questi giovani e non più giovani adempiono a delle funzioni, cercano di difendere tutte le istituzioni, non esiste una forza di polizia nostra e una forza di polizia vostra, consigliere Amagliani, esistono le forze di polizia e devono esistere rapporti di rispetto tra istituzioni. Questo bilanciamento, che è riuscito molto bene, tra l’essere Presidente della Regione Marche ma anche magistrato, con grande rispetto anche per la magistratura e le forze dell’ordine, nelle dichiarazioni, oggi è uscito un po’ dall’orbita, quasi che la decisione per il futuro sia quella della politica e non del ritorno alla professione. Io lì sarei molto cauto, perché le forze dell’ordine devono essere rispettate, sia le forze dell’ordine, sia chi le guida e chi le comanda, chi ha cercato di fermare questi disordini, forse delle volte reagendo eccessivamente. Quel giovane ha reagito eccessivamente, cercando di salvarsi dal linciaggio? Dentro una camionetta non si può sparare per aria. Certo è stato un fatto gravissimo quello di un morto, ce sarebbero potuti essere degli altri.
Qualcuno ha parlato qui di manifestazioni di piazza. Le manifestazioni di piazza sono una cosa legittima in democrazia, guai se non si potesse manifestare in piazza. La politica non si deve fare solo all’interno delle aule, di livello alto o più basso, ma si può fare anche nelle piazze, però con grande rispetto. Il giorno dopo che sono accaduti quei disordini, forse doveva essere evitato di fare un’altra manifestazione, si capiva che gli animi erano infuocati e che c’era pericolo: e ci sono stati feriti, forse anche degli eccessi, tanto che la magistratura sta indagando sul famoso blitz. Vedremo. In un Paese democratico rispettiamo le varie istituzioni che si stanno occupando di questi problemi. L’invito è a cercare di riflettere su queste cose.
Il consigliere Amagliani ha parlato di violenza dei mass-media. Io sono d’accordo su questo punto, la violenza non si fa solo nelle piazze, si fa anche non avendo correttezza e obiettività sui giornali, in televisione. Ben lo sa questo gruppo, che nella precedente legislatura era sparuto e che è stato oggetto di violenza, come lo è anche oggi, dalla televisione di Stato, anche nelle Marche. Questo sarà oggetto di una conferenza stampa che faremo a settembre, perché la televisione di Stato fa violenza tutti i giorni, dando spazio al centro-sinistra e non dando spazio al centro-destra, o facendo dei patti individuali con qualche elementi della Casa delle libertà che è colpevole ancora di più, lui, perché contratta la visibilità a danno del proprio schieramento. La violenza dei mass-media è terribile quando colpisce molto più terribile della manganellata.
Sono d’accordo con quello che diceva il Vicepresidente Giuseppe Ricci, e ho rispetto di questi ragazzi: era difficile agire con il bisturi, tirare fuori la tuta nera dal contesto ed arrestarla. E’ vero che ci sono state anche delle connivenze, e l’abbiamo visto anche dalle riprese della televisione, di tutti i telegiornali, magari un po’ di parte, qualcuno da una parte, qualcuno dall’altra. Abbiamo visto anche le connivenze che ci sono state non solo con le tute nere ma anche con le tute bianche nel Genoa Social Forum. Ci sono state collaborazioni, non solo nel senso di cui diceva il collega Luchetti nel suo equilibrato intervento, ma anche da parte di Agnoletto, di quel “santo Agnoletto” che si è fatto una grande pubblicità e qualcuno ne ricerca l’anima per ridare un po’ vigore e linfa ala propria politica che ormai è diventata equivoca e non si regge più.
Ho sentito parlare più volte di “Chiesa cattolica”. Fa un po’ specie sentire da atei convinti — e che rispetto, perché rispetto tutti — parlare sempre di “cattolici”, “cattolici”, “cattolici”... Si vorrebbe connivenza anche del Papa a sostegno delle proprie dichiarazioni. Qui non c’entrano né il Papa né la Chiesa cattolica. Certo che il Papa, i cardinali e i sacerdoti devono invitare alla bontà, delle volte a una bontà anche un po’ cieca, perché bontà significa anche subire, e quella città in doveva subire tutto quello che ha subito. Cerchiamo di comprendere che la polizia e i carabinieri difendevano una città e il diritto a manifestare, ma anche il diritto dei G8 a riunirsi. I G8 si riuniscono per cercare di affrontare i problemi a livello mondiale, e qualcuno ne stanno risolvendo, in favore di tutti, non solo di alcuni o per colonizzare il mondo. Dovete pensare che nei decenni scorsi ci sono state delle guerre tra le nazioni, c’è stato il muro di Berlino che è crollato e che ha aperto degli scenari nuovi, anche più confusi di prima quando era facile governare divisi in due blocchi. Cinque mesi fa, quando non si parlava di G8 — potete leggere il giornale del Consiglio — già parlavo di questo fenomeno a cui bisogna prestare molta attenzione, il fenomeno della globalizzazione e della protesta contro la globalizzazione, che andava rispettata, per certi versi e non andava politicizzata.
Stiamo attenti, lì non c’era il male, ma si cercava di fare qualcosa di utile che non era stato mai fatto. Dunque perché protestare contro una cosa utile? Perché rifare un corteo questa sera, nelle città italiane, alle 17,30 con il pericolo di contestazioni, di disordini che non ci farebbero onore?
Qui non c’è stata mancanza di democrazia, qualsiasi Governo si alterni alla guida dell’Italia, di centro-sinistra o di centro-destra oggi non deve far temere mancanza di democrazia. Ma il presidente di un gruppo il cui partito è stato al Governo fino all’altro giorno, non deve nemmeno affermare “dichiarazioni menzognere del presidente Berlusconi”. Io lo trovo di cattivo gusto, se non vogliamo far riprendere un clima cattivo, di odio, di avversità, di inimicizia che non deve più andare a finire in queste aule, specialmente in un Paese dove i giovani qualche decina di anni fa si sono scannati, si sono sparati per le strade per i loro ideali, per le loro ideologie. Noi, ancora più degli altri abbiamo il dovere di riportare la discussione e l’opposizione su un piano di democrazia assoluta. Questo dobbiamo cercare di fare tutti e non recitare il solito rito di chi è a favore della polizia e di chi è contro, di chi è solidale con i manifestanti e di chi è contro. Bisogna cercare di avere quella bonomia — non “buonismo” — quella bontà vera che ci deve portare a difendere e anche a discutere sulle nostre opinioni, ma non riportare un clima di avversità forte che si trasferisce sulla piazza. Attenti quando facciamo le dichiarazioni, al di là dello spazio che ci danno i mass-media, che è talmente residuale che non c’è pericolo di vedere dichiarazioni di alcuni di noi in nessun giorno: si possono fare ogni dieci minuti ma non le vedrete mai, vedrete solo le dichiarazioni chilometriche delle istituzioni. In Lombardia, forse daranno spazio al Governo, ma nelle Marche danno spazio solo al Governo.
Se volete fare un’opera positiva, cercate di impedire che questa situazione, che questo movimento, nato per ragioni encomiabili, contro certe cose che portano alla globalizzazione... Non quello che dice il collega Ciccioli, “siamo contro la globalizzazione”, perché significa essere contro l’elettricità e tornare nelle caverne. La globalizzazione è un fatto ineluttabile, è il progresso che porta a diversi strati nel corso della vita, nei decenni, nei secoli, oggi in modo molto veloce. Oggi si chiama “mondializzazione”, “globalizzazione”, “circolazione delle idee, delle merci”. Dobbiamo cercare di governare questo fenomeno in favore di tutti, ma non possiamo tornare alle caverne.

PRESIDENTE. Come Conferenza dei capigruppo avevamo preso accordo di votare in mattinata la proposta di deliberazione legislativa statutaria concernente «Disciplina transitoria in attuazione dell’art. 3 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1». Se siete d’accordo, direi di concludere questa discussione con un altro intervento, dopodiché passare alla votazione del punto 2) dell’ordine del giorno.
Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Avevamo anche raggiunto l’accordo, che a questo punto penso possa essere tranquillamente rispettato, di votare la legge per la galleria di Ancona. Se non ci sono problemi, è un articolo unico e si potrebbe fare subito.

PRESIDENTE. Si tratta di votare l’anticipazione del punto 10. Pongo in votazione questa proposta.

(Il Consiglio approva)

Ha la parola il consigliere Moruzzi per l’ultimo intervento sul dibattito di questa mattina.

MARCO MORUZZI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, sono stato veramente dispiaciuto, non sorpreso, di vedervi leggere sulla stampa le dichiarazioni di alcuni colleghi consiglieri e poi di leggere la mozione di censura presentata dal gruppo di Forza Italia nei riguardi di altri colleghi che hanno svolto, nel porto di Ancona, una funzione che è stata quella di evitare una situazione di abuso — e in questo non siamo riusciti, perché l’abuso si è perpetrato — e di evitare l’uso della violenza sul territorio della nostra regione, perché questo stava succedendo e questo è successo.
Mi sembra che questo sia un tentativo analogo a quello del ministro degli interni: tutta la colpa al movimento, una criminalizzazione generalizzata, così una criminalizzazione di tutti coloro che vogliono intervenire perché questo movimento non sia criminalizzato ma abbia la possibilità di esprimersi rispettando le regole. Ci deve essere una distinzione fra chi queste regole non le vuole rispettare facendo uso della violenza e chi invece, all’interno di queste regole rivendica il diritto democratico a manifestare contro una globalizzazione che oggi viene condannata non solo da chi ha partecipato alla manifestazione ma da fasce ben più larghe. E’ questo il pericolo che oggi si teme: che a questa contestazione si aggreghino delle masse che travalichino, come in passatola destra e la sinistra, e che travolgano chi, da governi di centro-destra o di centro-sinistra, voglia imporre delle soluzioni che vanno in direzione di questa globalizzazione selvaggia, di questa negazione dei diritti e della pari opportunità che oggi nel nostro mondo si rivendica per tutti.
Pur essendo un fatto minore quello del porto di Ancona — sono d’accordo con quanti l’hanno detto — è però un fatto significativo. Nel nostro porto è arrivata una delegazione della sinistra moderata greca, peraltro di un partito politico che partecipa al governo e questa delegazione, nella quale potevano anche esserci delle infiltrazioni, dei personaggi che non intendevano manifestare pacificamente — ma anche qui con il punto interrogativo — è stata accolta da parlamentari e consiglieri regionali, si sono ricevute assicurazioni dai rappresentanti delle istituzioni presenti al porto, sul regolare svolgimento di tutti i controlli, di tutte le perquisizioni, di tutte le operazioni di frontiera, e c’è stata anche la richiesta da parte di chi era presente di capire, perché vedevamo una mobilitazione di forze di polizia, di mezzi, di attrezzature che era sinceramente spropositata, sia rispetto al numero, sia rispetto alla natura delle delegazioni che avevamo visto attraccare al porto. Quindi, c’era un elemento di preoccupazione e questo era palpabile. Chiunque c’è stato quella mattina, ha potuto verificarlo. Abbiamo ricevuto assicurazioni che non esisteva alcun problema, anzi abbiamo addirittura ricevuto assicurazione che non sarebbero stati più controllati successivamente allo svolgimento di tutte le operazioni di controllo. Alcuni minuti dopo lo svolgimento di tutti i controlli, di tutte le perquisizioni — controllo dei bagagli, controllo dei pullman, e peraltro avevamo avuto notizia che nulla era stato trovato, neanche a livello di armi improprie all’interno di quei pullman — tre pullman sono stati fatti rientrare.
A quel punto abbiamo chiesto, visto che eravamo piuttosto sorpresi, considerato tutto quello che era successo e considerato anche il dialogo con queste persone — quasi nessuna parlava italiano, poche parlavano inglese: noi abbiamo svolto anche questo lavoro di relazione, di rapporti con istituzioni che ovviamente, nel loro comportamento negavano un diritto del cittadino — per quale motivo l’accesso veniva negato. Questo accesso è stato negato per sette ore all’interno del porto di Ancona. Ebbene, nonostante questo nessun provvedimento individuale è stato formalizzato nei confronti di questi soggetti, nessuna informazione è stata data a questi soggetti, anche quando è stata offerta la disponibilità a un secondo controllo individuale, quindi a far conoscere chi era rimasto sul ponte levatoio e chi era partito, a fare una differenza se esistevano queste liste degli indesiderati. C’era la disponibilità, da parte di queste persone, di sottoporsi a questo ulteriore screening, a verificare se questi indesiderati c’erano. Se questa era la funzione dell’operazione di polizia, mi chiedo per quale motivo non è stato accertato quali erano i nomi delle persone che sono state respinte, perché sono state respinte in blocco senza neanche conoscere chi respingevamo e chi non respingevamo, chi passava e chi non passava. Questo mi sembra grave, è una questione di diritti democratici che va comunque garantita. Domani potrebbe accadere anche al consigliere Favia di sbarcare in Grecia ed essere respinto perché associato in un pullman o in un’auto.
Credo anche che le operazioni di polizia hanno mostrato tutto il loro dilettantismo per quello che è successo durante e anche nella fase successiva, prima della carica della polizia. Fortunatamente ce n’è stata una sola, e credo che questo si debba anche al lavoro di interposizione dei consiglieri, che non hanno fatto da scudo nei confronti di nessuno, hanno lavorato perché non ci fossero azioni di violenza, non hanno fatto scudo a nessuno, hanno difeso i diritti affinché nel territorio della nostra regione non ci fossero azioni di violenza, ed è un diritto che va garantito sia a un cittadino greco che sbarca nel nostro territorio, sia a un poliziotto che svolge la propria azione su questo territorio, perché gli scontri non sono mai indolori da nessuna delle parti. E soltanto garantendo la democrazia e il rispetto delle regole si evita il verificarsi di violenze.
Questa è stata l’azione che noi abbiamo voluto svolgere e che secondo i colleghi di Forza Italia è stata un’azione di fiancheggiamento dei violenti o dei possibili violenti che sono stati respinti. A nostro avviso è stata un’azione di difesa dei diritti democratici, dei diritti di tutti coloro che in quel momento si trovavano sulla nave, sulla banchina e non è stato reso noto né è stato fatto conoscere ai diretti interessati, né ai rappresentanti delle istituzioni, del Parlamento e di questo Consiglio cosa stava succedendo, quali erano le intenzioni, quali erano i motivi per i quali alcune persone venivano respinte, chi erano le persone respinte. Devo dire che se in un’operazione di polizia vengo a contatto con persone violente, non le individuo e le rimando indietro, non faccio un grande servizio di polizia, perché domani queste stesse persone potrebbero nuovamente partecipare, con lo stesso anonimato di questa volta, ad un’azione.
Quindi, caro collega Favia — peraltro tu sei anche un tecnico di questo settore — mi sorprende quello che hai affermato a più riprese in quest’aula e altrove.
Dicevo che ci siamo qualificati fin dal primo momento ai dirigenti delle forze dell’ordine, così come ai graduati e anche agli agenti con cui siamo venuti sempre più a contatto, e abbiamo parlamentato e lavorato perché non fosse fatta un’azione di violenza nei confronti di cittadini che avevano il legittimo diritto di sapere se erano indesiderati o no, ma individualmente, non in blocco, non perché erano saliti su un autobus su quale, peraltro, nulla era stato trovato, così come nulla era stato trovato nei bagagli. E noi abbiamo parecchie domande a cui deve essere data una risposta.
Se l’azione di polizia serviva a respingere o a individuare delle persone potenzialmente pericolose, perché il giorno stesso, all’arrivo della seconda nave, avendo le forze di polizia trovato sì, in quel caso, nel pullman, alcuni oggetti contundenti — bastoni, randelli — gli appartenenti a questo gruppo non sono stati respinti, sono partiti tranquillamente per Genova? Noi abbiamo il diritto di conoscere questo: perché nei confronti di alcuni cittadini greci arrivati nel porto di Ancona sono state esercitate azioni che noi riteniamo al di fuori delle regole e invece, nella stessa giornata, nel pomeriggio ad altre persone per le quali c’erano motivi oggettivi non è stata fatta alcuna azione di restrizione? Questo ci deve essere spiegato, questo abbiamo chiesto fin dal primo momento. E denunciamo anche che, nonostante fossimo riusciti a convincere le parti a una ritirata utilizzando le forme della resistenza passiva — quindi un atto simbolico, un atto politico — affinché le persone fossero prese di peso e portate all’interno della nave, e in questo abbiamo dato la disponibilità delle nostre persone, a garanzia che questo si svolgesse senza violenze, questo accordo è stato rotto, l’azione di violenza c’è stata. All’interno della nave si è svolta una carica ingiustificata, e questo è particolarmente grave. Se ne sarebbe svolta una seconda, con un lancio di lacrimogeni, all’interno della nave. Di questo, collega Favia, ci devi dare atto, perché io non sono qui a raccontare una cosa perché ce l’ho più con la polizia, più con i manifestanti della seconda nave che non aderivano al Genoa Social Forum e che si dichiaravano “gruppi antimperialisti”. Di questo, caro collega Favia e cari colleghi di Forza Italia, ce ne dovete dare atto, anziché accodarvi a un corteo filogovernativo che cerca di criminalizzare il movimento in tutte le sue manifestazioni, anche quelle di garanzia.
In Grecia ci sono state delle reazioni pesanti nei confronti dell’Italia, alcune pacifiche, altre violente. Se ci fossimo comportati diversamente, respingendo individualmente coloro che le forze dell’ordine ritenevano come responsabili, avremmo fatto un’altra azione. Chiediamo perché di 13 pullman partiti solo 3 sono stati respinti, perché solo 130 persone sono state respinte e non altre, perché, se il respingimento è stato un provvedimento individuale, non si è provveduto a identificare tutti i 130. Perché nello sbarco successivo, in presenza di oggetti contundenti, non c’è stata nessuna azione restrittiva nei confronti dei manifestanti? Perché è stata ordinata la carica dentro la nave, quando non ce n’era alcuna necessità, quando ormai tutti i manifestanti e anche noi consiglieri eravamo all’interno della nave? Questa carica ha impedito che i consiglieri potessero scendere dalla nave, restringendoli nella nave contro la loro volontà. Perché non è stato fatto un controllo individuale dei passaporti, di tutti coloro, tra i greci, che erano sul ponte della nave a manifestare? Se c’erano dei violenti, noi oggi avremmo avuto una lista e non una targa di un pullman. E su quella lista si sarebbe potuto fare, a posteriori, un’azione di prevenzione. Evidentemente c’era proprio la volontà di fare un’azione generalizzata, un’azione di polizia che ci riporta a uno Stato di polizia che noi non vogliamo.
I consiglieri non inficiavano le posizioni, né le decisioni della pubblica autorità, i consiglieri garantivano il rispetto di alcune regole che a nostro avviso, stante i fatti e le situazioni che abbiamo verificato, non sono state assolutamente garantite.
Sulla violenza sono convinto che non si debba fare sconti a nessuno, né alle forze dell’ordine né alle bande di violenti che, così come si infiltrano nelle manifestazioni sportive, si infiltrano in iniziative di valenza politica come quelle che sono state convocate a Genova in questi giorni.
Sono convinto che c’è l’obiettivo di criminalizzare l’intero movimento, e l’operato dei black-bloc e di quanti l’hanno voluto sostenere è parte essenziale del tentativo di perseguire questa finalità, inquinando la manifestazione di Genova e riuscendo a far caricare, da parte della polizia, cortei di persone pacifiche, cortei di persone che non hanno e non hanno mai avuto nessuna intenzione di ricorrere ad atti violenti, né nei confronti delle persone né nei confronti delle cose.
Non a caso dopo il giorno 19, dopo la prima manifestazione pacifica, partita e riuscita senza nessuna violenza, con una partecipazione straordinaria, c’è stata l’éscalation della violenza. Anche il giorno 20, durante l’invasione simbolica della zona rossa, individuata come impedimento alla libertà di manifestare, le manifestazioni violente non si sono verificate a ridosso della zona rossa, si sono verificate al di fuori, spesso molto lontane da questa linea di confine, da questo perimetro, a dimostrazione del tentativo di voler criminalizzare tutti, anche coloro che magari oggi, come si denuncia, non prendono posizioni decise e forti contro tutta la violenza che c’è stata ma cercano di fare dei distinguo. Ma io dico con chiarezza che dopo la manifestazione del 19 e anche con le manifestazioni del 20 di disobbedienza civile, c’è stata una éscalation della violenza in altre zone lontane da queste, al di fuori delle iniziative proclamate dal Genoa Social Forum, perché su questa violenza si basa una strategia che colpisce le forze dell’ordine, i cittadini, le cose dei genovesi e che va a colpire tutti. Il 21 c’è stato il culmine dell’éscalation della violenza e il risultato, a mio avviso, di azzerare o tentare di azzerare l’effetto politico e mediatico di questa partecipazione straordinaria di 250.000-300.000 persone a una manifestazione importante e significativa.
Credo che le forze dell’ordine siano state mandate allo sbaraglio, al di fuori della zona rossa, perché a questo abbiamo assistito: le forze dell’ordine sono state lasciate allo sbaraglio, tutti sono stati esposti alla violenza — cittadini manifestanti, gli stessi singoli poliziotti — perché da parte del Governo si vuol far pagare a questi tre soggetti il prezzo per rafforzare il consenso politico. E’ stata fatta un’operazione politica squallida da parte di questo Governo: far pagare prezzi altissimi a tutti i soggetti coinvolti nel territorio di Genova e poter poi giustificare una svolta autoritaria all’interno di questo Paese, e magari anche coprire la mancanza di risultati in sede G8, su tutti quei temi per i quali la sensibilità in questo Paese è accresciuta e ha valicato tutte le frontiere politiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Il dibattito riguarda un tema molto importante, un tema che coinvolge tutta la nostra nazione sul futuro anche degli incontri da parte del G8. Nel dibattito si è dimenticato di dire che per la prima volta c’è stato un confronto anche con il sindacato, anche con alcuni Paesi poveri. E’ un peccato che nel dibattito qusete cose siano passate in secondo ordine, anche se la gravità degli incidenti e della morte di quel giovane, devono far fare una riflessione a chiunque, poiché eventi così gravi non rientrano nella normalità. Abbiamo assistito a manifestazioni di milioni e milioni di cittadini italiani senza che vi siano stati scontri, senza spranghe, senza niente, sono state letteralmente invase città, però guarda caso, una città scelta dal precedente Governo, un capo della polizia indicato dal precedente Governo in 30 giorni ci fanno riscoprire Scelba, Tambroni, la polizia di destra, degli anni ’50. Se usiamo questi toni, che poi vengono trasmessi all’esterno, i giovani, sia da una parte che dall’altra, nelle piazze, avranno atteggiamenti diversi rispetto a un civile confronto e a una civile dimostrazione.
Che abbiamo punti di vista diversi si vede anche dalle mozioni che sono state presentate: il gruppo Margherita ha presentato una propria mozione, i Ds una propria mozione, Forza Italia una propria mozione, i Comunisti italiani una risoluzione sulle varie mozioni, quindi c’è una diversità di vedute e di impostazione dei vari problemi che obiettivamente pone una riflessione a tutti noi. Ma i toni troppo accesi, con aggressioni anche verbali in apertura dei lavori — volavano parole come “fascisti”, dall’altra parte si diceva “la vostra storia” — sono indicativi del clima che si è creato. Ognuno comunque ha la propria storia, non si può cancellare. Noi abbiamo la nostra storia, quella di cattolici democratici, ognuno ha le proprie origini, però bisogna che il buon senso, la moderazione siano patrimonio di tutti. Manca la cultura della moderazione? Bisogna lavorare anche su questo, chi è più moderato deve intervenire nei confronti di chi usa toni troppo aggressivi, riportandolo alla normalità.
Mi ha toccato molto l’intervento del Vicepresidente Giuseppe Ricci, più come padre che come consigliere regionale. Vorrei vedere chiunque di noi avesse un figlio in polizia nella bolgia di Genova. Cosa avrebbe potuto pensare nel vedere le immagini alla televisione? Penso che lo stato d’animo, la tensione del padre, della madre, dei parenti non sia quello di una persona tranquilla. E fortunatamente non ho la preoccupazione che mio figlio partecipi a quelle manifestazioni, anche se è un pacifista, ma un ragazzo tranquillo e un moderato.
Devo ringraziare la classe dirigente Ds di Civitanova che durante una manifestazione — Giulio Silenzi era assente, ma c’erano altri dirigenti del partito, tra cui i consiglieri comunali — hanno fatto opera di persuasione, di moderazione nei confronti di 200-300 manifestanti, magari anche un po’ agitati, spiegando loro qual era lo spirito e l’obiettivo della manifestazione. A Genova hanno fatto tutti la stessa cosa? Si sono adoperati tutti per questo?
E’ stata occupata una scuola e si dice che c’erano 96 tipi “strani” con spranghe, bombe molotov, tute nere... Come sono entrati?

SILVANA AMATI. Gli è stata data. Non l’hanno chiesta: è stata loro data.
OTTAVIO BRINI. Ma queste tute nere che sono entrate lì dentro, hanno avuto un filtro da parte di qualcuno? O doveva essere la polizia a porre una frontiera anche nella scuola? Questi sono grossi interrogativi. Non criminalizziamo o penalizziamo chi fa una manifestazione spontanea, pacifista, democratica, sostenuta anche dalla Chiesa, dal mondo laico. E’ un diritto sacrosanto quello di manifestare, però preoccupiamoci anche di chi, nel momento in cui va a manifestare in buona fede, trova a dormire accanto a lui chi è pronto a dare una coltellata al primo poliziotto che entra in una scuola. Questa è la riflessione che noi tutti dobbiamo fare. E io chiedo scusa a Moruzzi, perché molto spesso le immagini televisive ingannano. Io ho visto il TG3 come molti altri e ho anche visto lo stesso Moruzzi e l’assessore Cecchini su questa nave che andavano in Grecia con il sorriso sulle labbra: o era un momento di rilassamento, per cui si pensava “finalmente siamo riusciti a superare questo difficile momento”, oppure si poteva pensare “non è successo niente”. Oggi Moruzzi ha dato una sua spiegazione e io ne prendo atto, ma quello che mi preoccupa è che vedo molto imbarazzo da parte del gruppo Ds, perché sicuramente ognuno ha il proprio travaglio, fa la propria riflessione. Sicuramente, oggi vengono spinti a sinistra piuttosto che verso il centro dov’è La Margherita. Dopo la batosta elettorale è normale che vi sia questa riflessione all’interno del proprio partito, e mentre c’è questo travaglio interno al partito, sicuramente non si può perdere di vista Bertinotti, non si può perdere di vista Cossutta, però si sta perdendo di vista il sig. Rutelli, candidato premier, che diceva “se avessimo vinto le elezioni avremmo dovuto gestire il problema dell’ordine pubblico a Genova”. Se un ministro non è stato capace di mettere tre cabine elettorali, pensate come avrebbe potuto gestire l’ordine pubblico in una situazione come quella di Genova. Questa è una riflessione che si pone, che è normale. Però nessuno ha parlato del capo della polizia. Ci preoccupiamo di far dimettere Scajola ma nessuno parla del sig. De Gennaro. Che cosa ha fatto? Come ha operato? Perché non chiediamo queste cose?
I Ds hanno effettivamente questo travaglio, questo problema di andare a sinistra oppure al centro, ma lo vedremo, perché ognuno avrà il proprio congresso e alla fine si saprà dove andrà il partito da qui a novembre, a dicembre, nelle fasi congressuali. Ecco lo spirito della mia firma su quella mozione, Moruzzi: non è un censura, ma mi ero preoccupato, vedendo quelle immagini in televisione, e avevo pensato “forse non tutto risponde a verità e pertanto farebbe bene il Presidente D’Ambrosio a fare un richiamo a livello istituzionale”, ma prendo atto di quello che hai detto. Su una cosa non torno indietro però, per quanto mi riguarda: le dimissioni dell’assessore Cecchini. Favia si è dimenticato di dirlo, perché ha fatto un’esposizione più generale del problema. Per quanto mi riguarda, non è la prima volta che faccio presente al Presidente che l’assessore Cecchini in Consiglio regionale non brilla per la sua partecipazione,. Molto spesso richiamiamo il Presidente per questa scarsa partecipazione dell’assessore, perché non ci informa sugli atti che sta portando avanti, mentre la vediamo sui giornali e spesso in televisione, ai convegni. Però l’abbiamo vista in prima fila, nella nave, con il sorriso sulle labbra, forse soddisfatta di aver raggiunto un obiettivo, uno scopo. A meno che quelle immagini non fossero state falsificate...

DAVID FAVIA. Falsificate da Mediaset...

OTTAVIO BRINI. Caro Presidente, la nostra richiesta di dimissioni lei non l’accetterà, però a lei hanno fatto gioco due cose, in questo momento. Anzitutto il dibattito sul vuoto per quanto riguarda l’Anas, i famosi 96 miliardi: abbiamo detto per una giornata che i soldi erano spariti e, guarda caso, i giorni ci sono.

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ma io l’avevo scritto, sulla lettera.

OTTAVIO BRINI. Lei aveva detto che non ci avrebbe risposto e non ci ha fatto discutere in Commissione, mentre il Consiglio regionale, anziché fare una commissione d’inchiesta sul Cornello ha detto “no, questa è una competenza della quarta Commissione, dovete discutere di questo problema”. L’altra cosa riguarda il G8. Lei ha preso fiato, Presidente, quindi si parlerà a settembre di fare una verifica all’interno della sua maggioranza. Per quanto mi riguarda, dal 1999 c’è una richiesta fatta in Regione per un problema secondario, tanto per far capire il rapporto che c’è tra l’assessore, i, consiglieri comunali e le istituzioni. Riguarda l’istituto alberghiero di Civitanova. E’ bene che l’assessore Cecchini si preoccupi dei greci, del G8 e di tutto ma che dia anche delle risposte a chi vuole istituire un istituto alberghiero a Civitanova e Recanati, positive o negative che esse siano, ma lei dia le risposte, assessore, e sia più presente in aula, relazionando su tutti i provvedimenti che adotta, perché molto spesso capita di leggerli su News o nei comunicati stampa. Per quanto mi riguarda, Presidente, chiediamo — credo che tutti i colleghi la pensino così — con forza queste dimissioni e la invitiamo a far sì che l’assessore Cecchini, ove lei non ritenesse opportuno accettare la nostra richiesta di dimissioni, sia responsabilizzata a livello istituzionale. Deve essere presente in aula, deve relazionare e bisogna che abbia un rapporto più stretto con tutti i colleghi consiglieri regionali.

PRESIDENTE. Interrompiamo la discussione e passiamo al punto 2) dell’ordine del giorno.



Deliberazione legislativa statutaria concernente: «Disciplina transitoria in attuazione dell’articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1» (Seconda votazione)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la deliberazione legislativa statutaria concernente: «Disciplina transitoria in attuazione dell’articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1».
Ha la parola il relatore, consigliere Silvana Amati.

SILVANA AMATI. Non intendo usufruire di nessun momento di discussione. Si tratta di una seconda lettura, i colleghi sanno già che questa disposizione temporale vale a dare maggiore garanzia alle norme statutarie, ma siccome l’argomento in oggetto è a tutti noto e l’orario ampiamente passato, penso che si possa votare direttamente senza discussione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la deliberazione legislativa statutaria.

(Il Consiglio approva)


Proposta di legge (Discussione e votazione): «Delega al Comune di Ancona delle funzioni relative agli interventi di cui alla legge 12 agosto 1993, n. 317« Giunta (70)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 70, ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore, consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. La proposta di legge consta di un unico articolo. La Regione ha ricevuto dallo Stato le competenze relative agli interventi di ricostruzione previsti dalla legge 317/93. Per quanto attiene alcune opere pubbliche, in particolare la galleria San Martino e gli annessi espropri da effettuare, ha ritenuto opportuno non subentrare al Ministero nella convenzione con il Comune di Ancona, ma preferisce — e in questo senso credo sia opportuno — delegare completamente la materia al Comune di Ancona, assegnandogli le relative risorse finanziarie pari a 15 miliardi. In pratica viene a verificarsi uno snellimento considerevole delle procedure e delle questioni burocratiche, ivi compresi la rendicontazione e il controllo che verranno affidati ad una attestazione che periodicamente il sindaco provvederà ad effettuare e ad inviare alla Giunta regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

OTTAVIO BRINI. Forza Italia si era già espressa favorevolmente in sede di Commissione e ribadisce il voto favorevole a questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Riteniamo opportuno che il Comune di Ancona abbia questa competenza, sia per motivi legati alla devoluzione delle possibilità di autogoverno alle strutture locali, sia in continuità con quanto è già stato fatto in passato per altri interventi. Questo atteggiamento della Regione di delegare al Comune le opere, e in questo caso le risorse per realizzare le opere riteniamo sia opportuno. Abbiamo votato a favore in quarta Commissione con il nostro rappresentante consigliere Castelli, ho votato io favorevolmente nella seconda Commissione, riconfermiamo il voto favorevole, secondo le richieste e le aspettative della città d Ancona.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo unico e, con esso, la proposta di legge.

(Il Consiglio approva)

La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.