Resoconto seduta n. 51 del 24/07/2001
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI MARTEDI' 24 LUGLIO 2001
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI
INDI DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPE RICCI

La seduta riprende alle 16,40

Comunicazione del Presidente della Giunta
Mozioni (Seguito della discussione e votazione):
«Manifestanti anti-G8 ad Ancona», Favia, Giannotti, Brini e Ceroni (130);
«Fatti accaduti giovedì 19 luglio 2001 nel porto di Ancona in occasione dell’arrivo dei manifestanti greci diretti a Genova», Amagliani, Moruzzi, Cecchini, D'Angelo e Andrea Ricci (131);
«G8: fatti di Genova e di Ancona», Luchetti, Giuseppe Ricci, Ascoli e Rocchi (132)
«Fatti del G8 per una commissione d’inchiesta», Amati, Silenzi e Mollaroli (133)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle comunicazioni del Presidente e sulle mozioni relative al G8.
Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Vorrei fare un breve intervento su questa vicenda sconcertante, legata alla violenza relativa all'incontro del G8 a Genova. Ritengo che nel dibattito di questa mattina, più che posizioni critiche di ogni consigliere siano prevalse motivazioni legate al proprio schieramento politico. Quando in un dibattito prevale l'appartenenza ad un gruppo politico piuttosto che alle ragioni e alla criticità di un intervento, è chiaro che il dibattito risulta falsato. In molti interventi ho notato questa deviazione di impostazione critica alla problematica della violenza relativa alla manifestazione di Genova e, come fatto collegato, alla situazione che si è venuta a creare al porto di Ancona.
Credo che non si possano condannare 300.000 persone, il mondo intero che, ad alta voce e manifestando, cerca di mettere in rilievo quelle che sono le distorsioni della globalizzazione e le distorsioni legate a un modo di concepire la politica.
Non mi sento di condannare coloro che hanno ricordato agli otto grandi del pianeta che esistono problemi ambientali notevolissimi che vanno affrontati e risolti; non mi sento di condannare persone che dicono che è indispensabile bloccare una certa logica legata al riarmo, che non è possibile avallare logiche che portano otto Paesi ricchi nel mondo a decidere su tutta la popolazione del nostro pianeta, popolazione che, come ricordava qualche collega, per i due terzi versa in situazioni di estrema difficoltà e di sopravvivenza. Ritengo che sia un atto dovuto ricordare che ci sono delle storture nella gestione politica mondiale attuale, storture dovute al fatto che si fa prevalere la logica dell'economia e del profitto alla logica della qualità della vita e alla logica che tutte le popolazioni del mondo hanno il diritto di sopravvivere con dignità e non è più possibile avallare che alcune nazioni, in termini energetici, in termini di risorse, in termini di consumo dell'ambiente debbano in qualche modo vincolare e condizionare tutti gli altri. Quindi ritengo che la manifestazione di Genova era una manifestazione dovuta, come atto che potesse far riflettere i grandi sulle problematiche che i cittadini del mondo hanno e sentono. E' chiaro che in questo contesto si sia poi inserita una frangia violenta, ma è una storia antica questa per chi, come me, viene dal 1968 e sa che ad ogni manifestazione di piazza, soprattutto quando è imponente, si infiltrano elementi che cercano la degenerazione e che cercano la violenza.
Io non ritengo di giustificare quella componente violenta che ha partecipato alla manifestazione di Genova, ma ritengo di difendere quella componente pacifista che ha cercato di far riflettere su un modello di sviluppo non corretto. Non è questo il modello di sviluppo che va perseguito. Ebbene, in questo contesto a Genova la componente che cercava la violenza ha avuto terreno facile per far degenerare una manifestazione pacifica, ritengo che si poteva, forse — aggiungo "forse" perché la situazione non era semplice — arginare ed emarginare questa componente violenta, però contestualmente consentitemi di dire che la reazione così violenta della polizia è stata un atto molto preoccupante. La reazione violenta della polizia, la successiva perquisizione della scuola dove erano ospitati i componenti del Genoa Social Forum è stata un atto quasi di provocazione, un atto di dimostrazione di forza di uno Stato che poteva essere evitato.
Ci siamo trovati di fronte ad una situazione di estrema violenza. La violenza va condannata da qualsiasi parte provenga. Io non mi sento di condannare la polizia dello Stato costituita, come ho visto anche al porto di Ancona, da giovani provenienti dal sottoproletariato della nostra nazione, giovani che erano stati probabilmente caricati. Dico a Giannotti e a coloro che hanno firmato la mozione di Forza Italia — cioè Favia, Brini e Ceroni, oltre a Giannotti — che sono profondamente addolorato dei contenuti di questa mozione nella quale si chiede la censura nei confronti di consiglieri che non sono andati, come scritto in alcuni giornali, allo scontro fisico con la polizia. Carissimo Favia, io non sono andato a cercare lo scontro fisico con la polizia e non sono andato lì a cercare un trattamento di privilegio mostrando il mio tesserino di consigliere regionale. Sono andato al porto di Ancona per cercare di evitare, o almeno per cercare di osservare che una situazione difficile non degenerasse nella violenza, null'altro. Non mi sono messo a fare il cuscinetto tra persone che in blocco venivano rispedite in Grecia, ho cercato di capire la dinamica di quel momento e, come dicevo poc'anzi, ho avuto modo di vedere da vicino lo stato d'animo della polizia, stato d'animo fortemente apprensivo e carico di nervosismo, tanto è vero che mi sono ritrovato spintonato e buttato a terra senza aver fatto niente, senza aver fatto assolutamente niente. Qualcuno mi aveva anche consigliato di fare una denuncia e qualcuno era anche disponibile a testimoniare, ma non penso che questa sia la via migliore, per me l'episodio è chiuso lì, perché ritengo che la responsabilità non sia di questi poveri ragazzi, come ritengo che non si debbano mandare a manifestazioni di questo genere ragazzi di leva di vent'anni che, colti dal panico, poi estraggono la pistola. Quindi, giustificazione per tutti, ma ritengo che non ci possano essere giustificazioni per coloro che hanno condotto queste operazioni.
Dispiace leggere sulla stampa che "alcuni consiglieri sono andati lì per avere un trattamento di favore". Io non sono andato a chiedere alcun trattamento di favore, io dicevo che non volevo violenza e non volevo violenza neanche nei confronti di questi giovani che stavano seduti sulla rampa d'accesso al traghetto per la Grecia, giovani che mi sono sembrati non violenti, come ha detto il collega Luchetti. E' certo che se fossero stati violenti non ci sarebbe stata una reazione come quella che c'è stata di qualche bottiglia di plastica gettata dal ponte della nave, peraltro vuota.
Si poteva affrontare la situazione con più delicatezza e con una maggiore finalità, con una maggiore azione finalizzata, se c'erano elementi violenti, ad impedire che questi elementi potessero creare problemi alla manifestazione.
Ebbene, sentirmi dire da colleghi che si voleva un trattamento di favore perché consiglieri regionali addolora; leggere una mozione presentata in quest'aula, dove si chiede la censura di alcuni colleghi perché hanno cercato in qualche modo di tamponare o di evitare che la situazione degenerasse in un'azione molto violenta dispiace.
Vi auguro, colleghi di Forza Italia che avete firmato la mozione, di trovarvi nella stessa situazione, di cercare di capire le motivazioni, di cercare di evitare che situazioni degenerino in atti di violenza e poi ritrovarvi con una mozione con la quale si chiede un atto di censura. Vi auguro di provare la stessa sensazione che ho provato io.
Ripeto, non è stato niente di eccezionale quello che è accaduto a me: forse qualche spintone di troppo, nulla più. Per me l'episodio è finito due minuti dopo, però ritengo che in situazioni di questo genere non si debba far prevalere l'appartenenza al gruppo politico e quindi le motivazioni politiche, quindi cercare lo scontro verbale, come è avvenuto questa mattina, anche forte, per trovare visibilità e cercare di rimarcare la propria appartenenza politica. Ritengo che in situazioni come queste sia più importante far prevalere, al di là dell'appartenenza politica, la ragione. Ritengo, e concludo, che in tutta questa vicenda della manifestazione a Genova — e spiegavo le giuste ragioni dei quasi 300.000 cittadini che hanno manifestato per riportare all'attenzione degli 8 grandi delle problematiche mondiali — bisogna cercare, con franchezza e con una certa oggettività, quali sono state le cause. Ritengo, senza con questo voler condannare la polizia, che responsabili per un'azione così violenta, una risposta così violenta di polizia che poteva essere concentrata sui provocatori — perché ce n'erano — sia stata una cosa troppo generalizzata. Ritengo che non si possa censurare nessun collega che tenti di difendere la libertà di azione e di circolazione di ogni cittadino. Ritengo che chiunque si batta per evitare distorsioni di carattere sudamericano o di tipo regimi sudamericani, siano persone che non debbano essere censurate ma persone con le quali cercare un confronto, una spiegazione, ma non censurate. Io non ho un curriculum come quello di Ciccioli, non sono mai stato processato, ho fatto il '68, sono stato fra i precari dell'università La Sapienza di Roma, ho avuto la mia esperienza politica ma non ho curriculum di quel genere lì. E allora ritengo che in una situazione di questo genere è importante il confronto, è importante capire ed è importante lasciar perdere, se possibile, l'appartenenza politica. Che in tutta questa situazione ci sia stato un eccesso di violenza da parte della polizia e da parte di una ristretta frangia di manifestanti che potevano essere bloccati è un dato di fatto.
Mi auguro, per il futuro, che non ci siano più degenerazioni di questo genere, ma soprattutto mi auguro che tra colleghi, anche se di diversa appartenenza politica, prevalga il confronto e, se volete, anche lo scontro alla demagogia politica. Quello che ho letto sui giornali ritengo che sia un atto di strumentale attacco politico, più che un'analisi attenta di quello che è avvenuto. Vi auguro di trovarvi nella mia stessa situazione in futuro — non si sa mai nella vita — in cui persone e consiglieri che hanno un ruolo e che tentano di far valere il loro ruolo per cercare di evitare la degenerazione violenta si sono ritrovate, poi, di fatto, censurate per un ruolo di pacificare e non di alimentare la violenza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Presidente, colleghi, è un intervento difficile, c'è molta carne al fuoco, dalle questioni massime della situazione nazionale genovese a quelle più "nostrane" dell'episodio anconetano. E' un intervento che faccio con un certo disagio, anche perché la mia antipatia epidermica per ogni forma di primato dell'economia sulla politica e ogni forma di affermazione della prepotenza del capitalismo transnazionale è tanto marcata che in genere mi trovo sempre a simpatizzare per chi si contrappone.
Va dato atto ai 300.000 manifestanti di Genova di essere stati molto bravi nel riuscire a comportarsi in maniera così politicamente sconsiderata, da restare invisi e intollerabili anche a chi, come me, per empatia avrebbe solidarizzato molto più facilmente con loro che non con i 13.000 di "Forte Apache" della zona rossa.
Un altro motivo di disagio è che nei due giorni in cui è avvenuto il simposio di Genova, nei bar, con la gente si parlava soprattutto di questo episodio del G8 e la gente mi chiedeva "tu sei più vicino ai 300.000 manifestanti o ai 13.000 asserragliati della zona rossa?". Io mi sentivo, francamente, distante dagli uni e dagli altri e vicino, invece, a quei 215.000 genovesi invitati e quasi costretti a lasciare le loro case per sgombrare il campo di battaglia agli esercizi verbali e ginnici — verbali degli 8, ginnici degli altri — e vicino a quei genovesi che esponevano alle finestre la biancheria da asciugare, perché forse era la migliore risposta da dare, da un lato alla arroganza di chi, in una città di mezzo milione di persone andava ad imporre riti francamente non necessari, dall'altro alla condotta di una manifestazione gestita politicamente male. Quindi mi sentivo vicino a coloro che esponevano la biancheria fuori dalle finestre e mi sono sentito molto rappresentato, dopo, da quello che ha dichiarato il premier canadese Cretienne in ordine alla organizzazione del prossimo incontro del G8. Ha detto "Noi pensiamo di fare il prossimo G8 a Montreal — grande città — tuttavia, visto quello che è successo, lo organizzeremo in un paesino delle Montagne Rocciose — Alberta — in modo che non c'è la ferrovia, non c'è l'autostrada, ci sono 350 posti letto: se gli americani vogliono venire ancora con una delegazione di 1.370 persone o se vogliono venire i manifestanti a spaccare tutto, facciano pure, ma portino il sacco a pelo perché c'è la neve alta". Si contestano, giustamente, i danni per 50-60 miliardi fatti dagli invasori di Genova, ma il costo del summit è stato di 550 miliardi, di cui 250 per migliorie alla città ma centinaia di miliardi per il costo strutturale degli accrediti, dell'accoglienza, degli stipendi, degli straordinari, e francamente mi è sembrato, quello sì, uno schiaffo alla miseria. Al tempo stesso evitare che possano essere consegnate città alla guerriglia è doveroso, e se una critica mi sento di fare ai ministri dell'interno, il documento dei colleghi Luchetti, Ricci ed altri che per molti versi è condivisibile, sbaglia là dove censura il ministro dell'interno, perché la scelta di gestire l'ordine pubblico in Genova come è stata fatta, nasce da una decisione del comitato di sicurezza e ordine pubblico del gennaio del 2001, all'indomani di Nizza, e allora il ministro dell'interno non era ancora l'on. Scajola. Credo quindi che sia abbastanza miope e fazioso cercare responsabilità, forse per dovere di parte, in una posizione politica. Certo che è stato sgradevole, da parte dei gestori succedutisi al Ministero degli interni e da parte delle forze di polizia della questura e della prefettura, sposare la tesi, nel gennaio di quest'anno a confermarla poi, di un quartiere riservato ai gallonati camerieri in livrea che in guanti bianchi servivano prelibatezza con giochi artificiali e d'acqua, mentre il resto della città veniva consegnato alla guerriglia urbana. La città si tutela tutta. Allora, la zona rossa deve cominciare alla periferia della città, delimitando lì gli spazi per manifestare, non lasciando persone e cose allo scontro. Questo, sotto il profilo di una migliore gestione dell'ordine pubblico.
Però non mi trovo in sintonia — e invito alla riflessione i colleghi della sinistra, che si sono espressi, in parte per dovere di ruolo, ma in parte con sincera convinzione — con coloro che hanno detto che la manifestazione era pacifica, turbata da alcune centinaia o migliaia di provocatori e che le forze dell'ordine non hanno saputo separare il grano dall'olio per reprimere gli uni e lasciar manifestare gli altri. Qui tutti hanno ricordato i loro trascorsi militanti giovanili, anch'io ho fatto militanza e non ricordo che c'era questa capacità di distinguere con la vista a raggi X il pacifico dal meno pacifico, anche perché eravamo insieme. Io ricordo un corteo contro il carovita nel 1981 a Roma, in cui noi del Fronte della Gioventù eravamo i pacifici. Con noi c'erano i meno pacifici Meridiano Zero ed altri, furono bruciate diverse camionette della polizia, fu un corteo caldo...

UGO ASCOLI. Tu eri tra i pacifici?

SERGIO NOVELLI. Io ero con il Fronte della Gioventù, ero anche molto piccolo. Però c'era una grossa sintonia tra i gruppi, così come a Genova esisteva una totale sintonia tra quelli buoni con la tuta bianca e quelli cattivi con la tuta nera.
Collega Ascoli, se erano buoni perché avevano la tuta bianca? Era una sorta di divisa? Se è così, è vietata dalla Costituzione.

ANDREA RICCI. Non avevano la tuta bianca, Novelli, non sei informato. Le tute bianche si sono sciolte il 18 luglio.

SERGIO NOVELLI. Ma con gli scudi di plexiglas, con gli elmetti, con i parastinchi, con i bastoni per la resistenza attiva. Abbiamo fatto un corteo contro la finanziaria di 500.000 persone, non siamo stati caricati dalla polizia, non avevamo i bastoni e gli scudi, non prevedevamo di averne bisogno. I programmi della vigilia — "sfonderemo la zona rossa" — erano certamente in una logica di previsione dello scontro, che può essere una forma politica anche comprensibile perché, ripeto, io ho fatto anche cortei "forti", ma chi fa un corteo di forte protesta sa che può succedere questo. Ma dire "andavo con i bastoni e non pensavo che ci fossero le bastonate", mi sembra come quello che va nella casa di tolleranza e poi si scopre intollerante.
Al tempo stesso noto una grossa contraddizione in termini fra le dichiarazioni del prima e del dopo degli Agnoletto e dei Casarin che ci vengono a dire, oggi, che "la polizia è gravemente responsabile per non aver fermato i violenti".
Nelle dichiarazioni di poco prima le stesse persone auspicavano che la polizia restasse nelle caserme, si disarmasse e non interferisse con l'afflusso dei manifestanti a Genova. Ovviamente, questi appelli dei promotori del Genoa Social Forum non potevano essere accolti dai responsabili delle forze dell'ordine. Ma se li avessero accolti, ancora più difficile sarebbe stato fermare i black-bloc, i facinorosi o chi altri, e allora ancora di più avrebbero protestato per non aver la polizia fermato i violenti. Quindi, avete fatto una doglianza per cui, se fosse stata accolta la vostra richiesta di prima della manifestazione sarebbe stata cento volte più fondata.
Dà fastidio chi dice con saccenza "io l'avevo detto", ma chi, avendo detto il contrario fa ugualmente il grillo parlante è sicuramente in contraddizione in termini.
Solidarizzo con i colleghi per l'episodio di Ancona, perché credo che nel bilanciamento di due diversi interessi pure costituzionalmente garantiti, ma uno in via attuale e uno in via potenziale, vada tutelato quello attuale, cioè se rispetto a un cittadino, che fino a prova contraria non ha commesso reati, io ho elementi per dire "no, per questo motivo tu non puoi entrare" lo faccio, ma se non li ho il semplice sospetto che tu potrai fare qualcosa, cioè il pericolo che tu possa mettere a repentaglio un bene, l'incolumità di una vita domani, non è motivo per comprimere oggi un tuo diritto. Certo che questo espone al rischio di conseguenze. Se voi dite che tutti devono entrare fino a prova contraria, cioè fino a dimostrata volontà di compiere atti contrari alla legge e all'ordine pubblico, nel pacchetto di far entrare tutti fino alla dimostrata violenza del manifestante ci sta anche che arriva la tuta nera, quello che vuole spaccare tutto e, tutto sommato non ho percepito, nei proclami degli organizzatori della vigilia, una così forte volontà di evitare che ciò fosse.
Certo, dispiace a tutti che ci sia stato un morto e sembra a chi parla che in quel momento ci sia stato qualcuno che si sia fatto prendere dal panico, mentre gli stavano tirando corpi contundenti (un estintore). Dal comodo della mia sala, del mio televisore ho pensato "poteva sparare in aria, poteva sparare a una gamba", però sono cose che si dicono meglio da casa che nella situazione in cui è più difficile ragionare. Dispiace che sia accaduto, però sono cose che succedono quando si consente che una manifestazione venga svolta in condizioni di così difficile tutela e verifica nel contesto di un centro urbano densamente popolato, con vie strette, una scelta improvvida che certamente doveva essere invertita da questo Governo, ma che era stata fatta, con tutto quello che consegue, dal precedente Governo.
Condivido il discorso fatto da chi dice "nell'essere presente lì ho fatto un gesto politico che può essere censurato dai miei elettori ma non dai miei colleghi", e questo è giusto e condivisibile. Solidarizzo quindi con i consiglieri che si sono trovati in difficoltà al porto. Io sarei andato, poi sono stato chiamato da impegni di studio e non sono potuto andare. Non sarei certamente andato per spaccare nulla ma per vedere quello che accadeva. Il povero poliziotto è un lavoratore che va tutelato — questo lo ricordo a voi e a me stesso, perché è grave che qualcuno abbia criticato l'operato di forze di polizia costrette a lavorare in condizioni estreme difficili — tuttavia, benché sarebbe facile e pagante contrapporre nell'immaginario collettivo, il buon poliziotto al cattivo consigliere regionale super pagato che va lì a fare arrogante ostentazione del suo tesserino, esprimo la mia solidarietà perché anch'io mi sono trovato in quelle ore e per lo stesso motivo del G8 a fare un arrogante uso del consigliere regionale, e vi racconto il perché in trenta secondi. Ero a Civitanova con il collega a pranzo, poi ho deciso di andare a vedere la manifestazione sul G8 promossa da Forza Nuova all'Hotel Miramare. Il mio capogruppo aveva detto "non bisogna andarci", però io ho questa convinzione che bisogna ascoltare tutti, quindi sono andato volentieri ad ascoltare, anzi sarei andato volentieri ad ascoltare, se non fosse che in quella manifestazione, con 40 presenti, c'erano un centinaio di ragazzi agitati che protestavano... (Interruzione). Erano circa 100, e lo posso dire perché ho attraversato le file dei manifestanti, passando in mezzo a loro e c'erano quasi 200 poliziotti in assetto antisommossa che non mi avrebbero fatto entrare all'albergo se non avessi esibito il tesserino.
Allora dico ai colleghi verdi, di Rifondazione: è sacrosanto il diritto dei giovani di Genova a manifestare, ma perché gli altri no? E' forse vero che tutti hanno il diritto di manifestare tranne gli altri? Su questa riflessione invito tutti a una valutazione più serena di quello che è accaduto, per evitare che riaccada.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Signori Presidenti, egregi consiglieri, io ho partecipato alle giornate di Genova, sono stato a Genova nei giorni 19, 20 e 21 e ho quindi partecipato a tutte e tre le giornate di manifestazioni di massa che si sono svolte in quella città. Ho visto e assistito a diversi momenti di repressione poliziesca e di scontro tra le forze dell'ordine e i manifestanti, compreso quello che ha portato alla morte del compagno Carlo Giuliani, un ragazzo di 23 anni, in quanto mi trovavo insieme ai parlamentari di Rifondazione comunista alla testa del corteo che è partito dallo stadio Carlini. I parlamentari erano lì per svolgere funzioni di intermediazione, funzioni che sono state rese impossibili dalla assoluta impossibilità di avere un qualunque contatto con le forze dell'ordine. Potrei quindi raccontare molte cose che ho visto personalmente o testimonianze che ho raccolto. Non ho però il tempo, in questa sede di farlo.
Anche da questa esperienza diretta mi sono però fatto una convinzione radicata. A Genova è stata attuata una strategia premeditata e pianificata di repressione poliziesca, finalizzata alla criminalizzazione del movimento antiglobalizzazione. Questa strategia a dire la verità era iniziata prima del 20 luglio, era iniziata con il precedente Governo, nel momento in cui si è deciso di istituire a Genova una zona rossa, cioè un quartiere blindato, trasformato in fortezza e inaccessibile, sia per i cittadini di Genova sia per i liberi manifestanti, ed era continuato con il precedente Governo quando si era già messa in cantiere la ripetizione di quanto era avvenuto a Nizza, cioè la sospensione del Trattato di Schengen. Però con questo Governo questa strategia è stata accentuata e portata alle estreme conseguenze.
Nel corso della manifestazioni di Genova, per chi vi è stato, è apparso evidente che le forze dell'ordine hanno operato un utilizzo strumentale dei manifestanti violenti — poche centinaia — appartenenti ai black-bloc, per attaccare i cortei. Bastava osservare le scene che si svolgevano sotto i nostri occhi, con questi manifestanti vestiti di nero che si attrezzavano, si bardavano e si armavano di fronte agli occhi della polizia schierata davanti a loro, la quale attaccava soltanto quando il corteo raggiungeva questi manifestanti. Oppure bastava parlare con i cittadini di Genova, dei quartieri e delle vie sconvolte dagli scontri che ci dicevano, in una città dov'erano presenti 20.000 poliziotti, di aver chiamato da più di un'ora la polizia. Erano venuti i vigili del fuoco, erano venute le ambulanze, non si era visto un solo poliziotto, mentre questi signori vestiti di nero distruggevano le vetrine e bruciavano le auto.
Questa strategia è andata avanti attraverso chiare ed evidenti infiltrazioni di poliziotti italiani e stranieri, all'interno dei nuclei violenti dei black-bloc e anche attraverso provocazioni palesi di parte delle forze dell'ordine nei confronti dei manifestanti, con insulti e saluti nazisti al passaggio del corteo da parte delle forze di polizia. Queste sono cose che i 300.000 che sono stati a Genova hanno osservato con i loro occhi e sicuramente ci sono ore e ore di filmati televisivi che possono testimoniarlo.
L'irruzione e il massacro dentro la sede del GFS è stato l'episodio conclusivo e più violento di questa strategia premeditata e pianificata di repressione violenta del movimento. A Genova si effettuavano rastrellamenti e pestaggi indiscriminati e di massa. Vi invito, cari colleghi del Polo, a leggere quello che i vostri giornali stanno pubblicando in questi giorni nelle cronache. Non negli editoriali, dove vi esprimono l'intera solidarietà. Corriere della Sera di oggi, un giornale che in questi mesi è stato dalla vostra parte. Si riferisce a Fabrizio Fileni, 28 anni, residente a Genova, professione fruttivendolo. Dice: "Venerdì scorso sono uscito di casa alle 15 per andare a lavorare, con me avevo i soldi da utilizzare in negozio. Appena uscito sono stato fermato dai poliziotti. Mi hanno preso il portafoglio con dentro 900.000 lire. Sono stato picchiato nella caserma di San Giuliano, in faccia e sul corpo, poi portato in carcere a Pavia. Mi hanno accusato di avere addosso due aste, due scudi di plexiglas, due caschi, bombe molotov e di carta. Con me avevo solo il portafoglio e il telefonino. Adesso voglio andare fino in fondo. Dichiarazione dopo che è uscito dal carcere di Pavia. E ce ne sono decine, decine e decine di esperienze di questo tipo, di persone pronte a testimoniare anche pubblicamente, sui giornali, la loro esperienza.
Credo che il ragazzo di Ancona che è stato arrestato ha vissuto un'esperienza simile. Non si tratta di casi isolati e individuali. E' stato messo in opera un atteggiamento pianificato e premeditato. Perché è avvenuto questo? Perché sono state sospese le più elementari garanzie costituzionali in quei giorni, a Genova? Perché il movimento fa paura, perché ci si era accorti, nel corso dello sviluppo del movimento, che il movimento era forte, cominciava a influenzare strati larghi dell'opinione pubblica. Il movimento vedeva scendere in campo per la prima volta, dopo anni, una nuova generazione intesa a lottare per un mondo migliore, contro le ingiustizie e il potere. E' questa la ragione di questa strategia, perché si vuole, attraverso questa strategia di repressione violenta, far degenerare il movimento, innescare una spirale di violenza, di azione e di controreazione che porta il movimento a isolarsi, a rinchiudersi in una logica militare.
Vorrei dire al collega Giuseppe Ricci che richiamava al senso di responsabilità, che noi di Rifondazione comunista, che siamo parte integrante, attiva di questo movimento, sentiamo forte la responsabilità di evitare questa spirale di violenza, di evitare la ripetizione di quanto è accaduto nel corso degli anni '70, di evitare la ripetizione degli anni di piombo. E lo facciamo non per ragioni morali, perché sappiamo che quella sarebbe la nostra sconfitta politica. Siete però anche voi, colleghi che appartenete alla maggioranza di governo e gli altri colleghi degli altri partiti di opposizione, a dover sentire ugualmente questa responsabilità. Ho sentito tante parole al vento, oggi — "lotta armata" e altre — ma ricordate che a Genova non si è toccato, anche da parte delle frange violente e assolutamente minoritarie del movimento, il limite estremo della violenza. Vi sono altri gradi ben peggiori dello sfascio delle vetrine delle banche, e voi lo sapete bene. State attenti, la responsabilità è anche la vostra di evitare la spirale di violenza che già in passato, nel nostro Paese si è innescata. La responsabilità deve essere di tutti, ma questa strategia messa in atto dalle forze dell'ordine e dal Governo, invece, punta proprio a quell'esito. Ma il movimento è forte e maturo, perché nonostante il clima di terrore che a Genova è stato messo in campo da parte del Governo, delle forze dell'ordine e dell'informazione, nonostante tutto questo sono scese in piazza 300.000 persone. Nonostante il terrore, 300.000 persone sono piovute da tutta Italia e da tutta Europa per manifestare, senza che la stragrande maggioranza di queste abbia compiuto, pure di fronte ad atti barbari di violenza da parte della polizia, un minimo gesto violento. E' la dimostrazione della forza e della maturità di questo movimento. Spero che questa forza e questa maturità resista anche di fronte alle provocazioni che sono messe in campo e questo sarà il nostro compito: evitare la degenerazione violenta, respingere la spirale di violenza in cui il Governo e le forze di polizia vogliono costringerci.
Voglio dire una cosa sulle forze di polizia. Noi non criminalizziamo tutti i poliziotti e i carabinieri, non siamo così ingenui, però noi facciamo un'analisi anche di quelle che sono le forze di polizia. Dentro le forze di polizia ci sono componenti democratiche che in questa occasione ancora non si sono espresse ma dovrebbero farlo rispetto a quanto è accaduto, ma ci sono forze che democratiche non sono. E di fronte a una guida politica da parte del ministro dell'interno, da parte del capo della polizia e de comandante dei carabinieri, queste forze non democratiche hanno preso il sopravvento.
I fatti di Ancona si inseriscono in questa strategia. Già i consiglieri regionali coinvolti hanno espresso come sono avvenuti i fatti. Io credo che sia palese agli occhi di tutti l'illegalità del comportamento delle forze dell'ordine ad Ancona, il respingimento alla frontiera che non ha avuto, come dovrebbe avere sulla base del diritto, carattere individuale ma carattere collettivo: illegalità. Le cariche e l'irruzione dentro la nave greca, in territorio quindi greco e non italiano: illegalità. L'oltraggio e il disprezzo verso i consiglieri regionali, gli assessori, i parlamentari: illegalità. L'esautoramento del prefetto — che non so se è di fatto o di diritto: se fosse di diritto vorrei sapere sulla base di quel norma sia stato fatto — dalle funzioni di coordinamento delle forze dell'ordine e di tutela dell'ordine pubblico.
Penso che questo Consiglio regionale, di fronte a quanto accaduto ad Ancona che certo, rispetto a quanto accaduto a Genova è una piccola cosa, dovrebbe però avere la forza, la dignità e il coraggio di tutelare innanzitutto questa istituzione, questa Assemblea, non i singoli consiglieri che sono stati coinvolti, ma questa Assemblea. E questa Assemblea non la si tutela cambiandone il nome, cari consiglieri. Ho sentito nelle discussioni della Commissione Statuto da parte del gruppo di Forza Italia, della quasi totalità dell'opposizione e anche di buona parte della maggioranza, grandi parole sulla necessità di rafforzare il ruolo di questa Assemblea, dicendo che siamo un Parlamento. Noi, la nostra dignità la tuteliamo se facciamo valere fino in fondo, nei confronti di tutti, anche di chi porta una divisa, la dignità e il ruolo che spettano al Consiglio regionale, così come al Parlamento italiano. Ed è per questo che noi, così come a livello nazionale chiediamo le dimissioni del ministro e dei capi delle forze dell'ordine, chiediamo le dimissioni del questore di Ancona.
Concludo dicendo che è assolutamente ridicola la richiesta che è stata avanzata dall'opposizione, in quest'aula e fuori, di dimissioni o di revoca dall'incarico dell'assessore Cecchini. Vorrei ricordare che a Genova, nonostante tutto il terrore che avete seminato, c'erano 300.000 persone e fra queste 300.000 persone c'era il presidente della Regione Toscana, c'era il presidente della Provincia di Ancona, c'erano decine e decine di parlamentari, centinaia di amministratori. Insieme a loro 300.000 persone. Che cosa volete, sospendere i diritti civili e politici di queste persone che sono andate a Genova a manifestare in modo pacifico? Volete questo? Sulla base di che cosa voi chiedete le dimissioni di un assessore che ha partecipato in maniera assolutamente pacifica ad una manifestazione? Questa è una deriva pericolosa di tipo autoritario, vuol dire che voi avete pieno disprezzo per le istituzioni, non siete in grado di cogliere nemmeno che cosa vuol dire il rispetto delle istituzioni.
Per tutto questo io credo che voi potete soltanto vergognarvi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Non so quanto l'aula sia interessata ad ascoltare le mie dichiarazioni, a questo punto. Faccio uno sforzo come sempre per essere concreto e conciso. L'invito che il consigliere Andrea Ricci ha appena fatto ai firmatari di una mozione a vergognarsi credo che sia totalmente fuori luogo. Sui fatti di Ancona non entro, non ho visto, non so, ho ascoltato questa mattina, ho letto sui giornali, ma non penso, amici e colleghi di Forza Italia, che si debbano chiedere le dimissioni dell'assessore Cecchini per questo. Probabilmente la vostra è stata una considerazione basata su quello che è accaduto e voi conoscete meglio di me altre situazioni che io non conosco, ma credo che il problema sia più grave ed è sicuramente più politico.
La preoccupazione che vorrei esprimere oggi in questo dibattito per dare un senso politico a queste discussioni è la seguente. Abbiamo in questi anni assistito ad una evoluzione, ad una maturazione in senso democratico, in senso istituzionale, in senso economico, della sinistra politica italiana. Io sono fra quelli che sa apprezzare anche i risultati, quando sono positivi, che vengono raggiunti da un'altra parte. La mia preoccupazione su questo scontro di Genova è che questa sinistra, che ha guadagnato in questi anni il rispetto per il suo ruolo, si faccia trascinare indietro in una deriva qualunquista, demagogica ed estremista, dalle frange della sinistra estrema. Questa è una preoccupazione a livello politico nazionale, che rivolgo anche alla maggioranza che governa la Regione Marche.

GIULIO SILENZI. Vedete voi di non farvi fagocitare dalla destra estrema.

ROBERTO GIANNOTTI. La destra estrema chi sarebbe, scusa?

GIULIO SILENZI. Alleanza nazionale e alcune frange vostre.

LUIGI VIVENTI. Io non ho mai interrotto nessuno, sono sempre stato presente al dibattito, ho ascoltato tutti gli interventi. Il mio è un ragionamento molto pacato, che invita alla riflessione.
Perché dico queste cose? Perché nel momento in cui il centro-sinistra ha perso le elezioni, sta per certi versi assumendo certi atteggiamenti che non sono consoni, a volte, a una grande forza democratica come io gli riconosco di essere, e di governo. Anche voi Ds avete preso posizioni disdicevoli, che non vi portano vantaggio. Prima organizzate il forum, poi nel momento in cui non siete più maggioranza si va a manifestare contro, poi ci si ripensa e non ci si va più. C'è una confusione di fondo. Non vorrei che queste frange estreme possano trovare direttamente da parte di alcuni in malafede, o indirettamente da parte di altri in buona fede, un substrato culturale nel quale sguazzare, crescere e proliferare. Questa è la mia seria preoccupazione, perché a persone di buon senso non si può venire a raccontare che si tratta di alcune centinaia di scalmanati che hanno combinato tutta quella confusione a Genova per colpa delle forze di polizia che non li hanno fermati in tempo. Avete visto come me i Tir pieni di armi, e quei Tir erano probabilmente a Genova da mesi. Quindi, connivenze queste centinaia di matti — come si volevano far passare queste persone — le avevano, non possiamo negare delle cose che sono ovvie.
Non credo che la polizia non abbia commesso alcun errore, ma sono solidale con le forze di polizia, perché chi si trova in quelle situazioni — il vice questore di Genova è una donna candidata alle elezioni per i Ds — obiettivamente si trova sempre e comunque in grandissime difficoltà, e non possiamo nemmeno dimenticare che in Italia non abbiamo corpi attrezzati, specifici per fare certi servizi.
Se c'è stato un errore da parte del Governo di centro-destra, del presidente Berlusconi è quello di aver dato affidabilità e credibilità al movimento rappresentato da Agnoletto e ritirarsi quindi dalla linea rossa alla linea gialla. Quello è stato un errore sicuramente, avere dato credibilità e affidabilità, perché tantissime persone saranno andate in buona fede, pacificamente, ma anche dentro quel movimento ci sono sicuramente persone conniventi con i violenti, e se c'è stato un errore, in una città come Genova, è stato quello di avere accettato di ritirarsi dalla linea rossa alla linea gialla. Quando si è in ballo non si può far finta di ballare, o si balla o non si balla.
Non voglio entrare nel merito, non sono un esperto di guerriglia urbana, non sono esperto in niente, tanto meno in manifestazioni, cerco solo di fare un ragionamento politico ed esprimo una forte preoccupazione che in Italia si ricrei un clima che avevamo conosciuto e che abbiamo dimenticato. Ci sono state delle elezioni, prima ha governato il centro-sinistra, ora governa il centro-destra, ma questo Paese ha bisogno del senso di responsabilità da parte di tutti, questo Paese ha bisogno di una grande forza della sinistra democratica, di un partito del socialismo europeo, l'ho scritto e l'ho detto più volte.
Credo che soprattutto il partito dei Ds abbia in questo momento un ruolo importante da svolgere, e voi, caro Silenzi, capite benissimo quello che voglio dire. E' possibile fare opposizione al Governo, lo si deve fare in un certo modo, in maniera anche dura, in maniera però sempre corretta. Non si può fare opposizione al Paese, non si può fare opposizione alle istituzioni. Noi abbiamo, anche nel nostro Parlamento regionale la responsabilità di dare un senso alle nostre azioni anche all'esterno, su argomenti come questi. Non sono d'accordo con le richieste di dimissioni del questore, dell'assessore Cecchini, di nessuno. E' troppo facile dire "è colpa del questore, è colpa di Scajola, è colpa di Berlusconi, è colpa dell'altro". Non è così, amici miei.
Per quanto riguarda il G8 vi dico una mia opinione personale. Si sono incontrati due soggetti giuridici. Uno sono i cosiddetti "grandi", o Paesi più industrializzati che sono soggetto giuridico solo ed in quanto approfittano della latitanza dell'Onu. Se l'Organizzazione delle Nazioni Unite avesse la capacità e la forza di svolgere appieno il suo ruolo, questi summit del G8 non avrebbero senso. Dall'altra parte c'è un movimento che si è dato un riconoscimento giuridico da solo, il cosiddetto "popolo di Seattle", che per alcuni versi può essere anche affascinante, è un movimento moderno, che vuole conservare certi valori. Io sono un conservatore di certi valori, profondamente, ma sono altrettanto convinto che il progresso economico, se gestito, se guidato con umanità, con intelligenza è l'unico strumento che può dare una risposta nei confronti di quelle persone più svantaggiate o di quei Paesi più poveri. E' questo che dobbiamo fare insieme. Le risposte politiche — sono passate totalmente in secondo piano in questo vertice — non sono state eccezionali, però sono state delle risposte. Sapevamo tutti che c'era il problema dell'Aids anche quando a questi convegni andavano Prodi, D'Alema e Amato; che c'è il problema della povertà dell'Africa e di tante persone. Però si è cominciato ad affrontare. Hanno destinato 3.500 miliardi. Sono pochi? Benissimo, ma intanto sono 3.500 miliardi. Cerchiamo di prendere quello che c'è di buono da questi incontri. Che poi ci sia un presidente del Governo che è socialdemocratico — Schroeder — o di Forza Italia — Berlusconi — non importa, su questi temi devono essere uniti i governanti dei grandi Paesi del mondo che sono stati più fortunati degli altri. Per questo dobbiamo lavorare, per questo ci deve essere una grande maggioranza nel Paese, non una minima maggioranza. Non c'è su questo una maggioranza di centro-destra o di centro-sinistra, ci sono delle persone di buon senso che lavorano per questo e poi, sicuramente, ci saranno degli estremi da una parte e dall'altra. Tra l'altro credo che questo sia un movimento transnazionale che prende blocchi dell'estrema destra come dell'estrema sinistra.
Il mio invito è di superare — lo dico anche agli amici e colleghi di Forza Italia, per quanto riguarda la richiesta di dimissioni dell'assessore Cecchini...

ROBERTO GIANNOTTI. Vorremmo sapere chi rappresentava: se la Giunta o se stessa. Se ci dice che rappresentava se stessa...

LUIGI VIVENTI. Però dobbiamo dimostrare, da parte nostra, tutto il senso di responsabilità che abbiamo e dire che condanniamo con forza certe cose, però non scendiamo a chiedere questo. Dall'altra parte rinunciate a richieste di dimissioni, che tra l'altro lasciano il tempo che trovano, del questore o del ministro Scajola che non dipenderanno sicuramente da noi. Questo è un invito che faccio con la mente e con il cuore, poi i consiglieri sono sicuramente più intelligenti di me e sapranno decidere per conto loro ciò che è meglio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Dopo la morte violenta di un ragazzo di 23 anni ucciso in una manifestazione che doveva essere pacifica, con un colpo di pistola da un militare, tutte le analisi, tutte le riflessioni passano in secondo piano e rischiano di lasciare il tempo che trovano.
I fatti di Genova, di Ancona dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto fossero giuste le preoccupazioni dei Comunisti italiani in caso di vittoria delle destre. Sono oggi in gioco, nel nostro Paese, i fondamentali diritti democratici. Oggi sono al governo gli eredi del fascismo, appoggiati da fascisti dichiarati e in quest'aula ci sono consiglieri che rivendicano con orgoglio il loro passato di violenza e di condanne. Questa è una destra pericolosa, populista e aziendalista, quindi chi continua ancora a commettere l'errore di dire che centro-destra e centro-sinistra sono la stessa cosa, rischia di portare il movimento di lotta alla disperazione.
Dopo tanti anni nel nostro Paese sono riapparse la provocazione, la repressione, la violenza in pubbliche manifestazioni. A differenza degli anni in cui le masse popolari manifestavano a volto scoperto, non esistono più né i grandi partiti di massa, né i grandi sindacati, né sedi internazionali autorevoli, anzi anche la politica è più debole, quella politica che prima orientava le grandi scelte e oggi non organizza più, anzi a livello internazionale è l'economia a guidare le scelte. In realtà il cosiddetto G8 rappresenta, in questo momento, una inutile passerella di scelte già fatte e anche una inutile passerella cinica che non si è fermata neanche dinanzi ad un ragazzo morto.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIUSEPPE RICCI

Dopo la caduta del muro, non solo in Europa e nel mondo non si è dispiegata la democrazia, ma si sono affermate nuove e peggiori dittature: il capitalismo reale ha aumentato i problemi e gli squilibri nel mondo, chi si estranea da un'analisi di questo tipo compie un errore, perché è impossibile delegare in maniera esclusiva ai movimenti una improbabile battaglia che incida su una globalizzazione capitalistica di questa portata. Oggi le forze democratiche, quelle di sinistra, quelle anticapitaliste sono in una situazione di difesa. A Genova sono accaduti fatti drammatici: la morte di un ragazzo, la morte di un'altra giovane ragazza rappresentano una tragedia senza fine. A Genova doveva dispiegarsi la critica alla globalizzazione capitalistica, doveva levarsi forte e civile la voce degli ultimi della terra. Invece hanno parlato le armi, si è dispiegato in un macabro ruolo il gioco della violenza. Quello che è certo è che c'è stato un uso indiscriminato degli apparati di sicurezza. Il ministro degli interni Scajola di cui chiediamo le dimissioni, ha blindato in modo grottesco una libera città, ma non è stato in grado di tutelare né l'incolumità di chi contestava il vertice pacificamente né quella delle forze dell'ordine, anzi c'è stata una palese connivenza con frange di teppisti utilizzate all'uopo.
Alla luce di quanto è accaduto, anche gli organizzatori della protesta dovrebbero, secondo noi comunisti italiani, fare una severa riflessione autocritica, perché i violenti ed i provocatori vanno sempre isolati prima, e messi nelle condizioni di non danneggiare il movimento di massa democratico. Coprire e non contrastare talune frange minoritarie ma pericolose è un errore che il movimento operaio, ed in primo luogo il Partito comunista italiano, non hanno mai commesso nel nostro Paese.
Questi incidenti debbono far riflettere tutti, sia quelle forze degli apparati dello Stato che hanno utilizzato le frange teppistiche, sia anche chi ha tollerato forme estreme di manifestazioni che sono contigue con i teppisti stessi. Il movimento senza una direzione politica seria, rischia di assumere quei connotati di ambiguità che lo indeboliscono, perché oggi le forze politiche di sinistra, quelle anticapitaliste, debbono fare una riflessione rispetto alle possibilità, alle necessità e alle modalità di accrescere il movimento attraverso una reale e possibile politica di alleanze sociali, senza le quali non ci sarà sviluppo per il movimento, ma anzi esso sarà portato alla disperazione e alla sua estensione. Se non si separano prima, e non dopo i fatti gravi, i movimenti teppistici, anzi i soggetti teppistici — perché non sono movimenti, sono frange minoritarie — dal grande e grandissimo movimento di massa, c'è il rischio che il movimento stesso contro la globalizzazione si separi dalle masse popolari. E' questa la lezione della storia che ci viene da quella intuizione marxista e comunista, che mai separa la battaglia per nuove frontiere verso l'umanità attraverso forme ristrette o ristrettissime di lotta, bensì la collega ai grandi movimenti, a tutte le forze democratiche, tant'è che anche negli anni più duri dello scontro politico i comunisti in Italia non si sono mai, pur avendo progetti autonomi di superamento della società, divisi dal resto delle forze democratiche. Si sono persi di vista gli obiettivi politici del movimento stesso, che doveva essere contro lo scudo spaziale, contro il debito pubblico e, talvolta, l'obiettivo è parso essere il varcare le linee rosse o gialle. Si è caduti, in certa parte, nella provocazione messa in atto dal Governo.
Chiediamo le dimissioni del ministro degli interni, perché esso, insieme a tutto il Governo, è il principale responsabile della gestione. Oggi, purtroppo, di fronte a quel ragazzo morto siamo costretti a parlare di ordine pubblico come per i fatti di Genova. Il gruppo dei Comunisti italiani esprime la propria solidarietà ai cittadini e ai consiglieri regionali coinvolti in quei fatti rispetto ai quali non si parla, perché passa proprio in secondo piano, di quello che dovrebbe essere il contenuto. In realtà, oggi dovremmo parlare della fine del G8, di un organismo sovranazionale non certo rappresentativo della volontà dei Paesi del mondo, non solo perché essi ormai sono autoreferenziali, ma perché non rappresentano una nuova realtà. Se questo vertice aveva un senso — e noi lo negavamo — nel passato, oggi non ha più senso di esistere, perché nel mondo, purtroppo — lo diciamo senza nostalgie — esiste un solo campo, esiste il capitalismo reale. Qualcuno potrà sorridere, consiglieri del Polo, ma questa è la realtà. Con tratti democratici e molto spesso con tratti autoritari, tuttavia quello che era chiamato "campo dei Paesi socialisti" costituiva un contrappeso alla globalizzazione capitalistica. Lo diciamo senza nostalgie, ma questi sono i fatti. Chi fa la politica con i desideri è destinato ad essere sconfitto, nel bene e nel male. Intanto, quel blocco è caduto, in primo luogo, sotto il peso delle proprie responsabilità, tuttavia oggi siamo di fronte ad un capitalismo reale, ad un nuovo ordine mondiale unipolare e questi sono i risultati, tant'è che nel cuore stesso dell'Europa, dopo la liberazione che voi avete ottenuto e quindi, giustamente, la caduta del muro, dopo mezzo secolo c'è stata una guerra che ha distrutto i Balcani e l'Europa. Oggi quella è una polveriera in corso di esplosione.
Quindi la globalizzazione si combatte attraverso un'analisi, e soprattutto si combatte evitando di separare il movimento di lotta dalle istituzioni democratiche, perché chi pensasse che solo le istituzioni sono funzionali alla risoluzione dei problemi, rischia di cadere nella subalternità e nell'omologazione, come pure chi pensa che lo possano fare i movimenti di massa, estraniandosi dalle istituzioni, dai governi, dalle battaglie dentro i governi e dentro i Parlamenti è destinato a far deviare il movimento in forme estremistiche che porterebbero alla sua fine e alla sua autoreferenzialità.
Abbiamo presentato, insieme agli altri gruppi di maggioranza, in maniera autonoma all'inizio, una mozione-risoluzione che sintetizza quello che ho cercato in maniera molto schematica di dire e che non ho il tempo di approfondire in questo intervento. Tuttavia, proprio perché i fatti sono gravi, perché oggi la democrazia è più debole, il gruppo dei Comunisti italiani è disponibilissimo ad addivenire ad una mozione unitaria che dia più forza a questo Consiglio, in una battaglia in primo luogo di agibilità democratica che possa riaprire, anche nel nostro Paese, una nuova politica economica e sociale che recuperi i guasti di un capitalismo sempre più selvaggio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

FABIO PISTARELLI. Vorrei, in maniera molto serena o il più possibile serena, fare una riflessione e portare un contributo, molto breve, perché già tanti interventi hanno detto cose condivisibili. Quello che è da stigmatizzare in tutti i passaggi, in tutte le discussioni su tutti gli argomenti, è l'ipocrisia. Si dice oggi che non è stata garantita la sicurezza da parte dello Stato, pertanto anche la possibilità di parlare dei temi del G8. Io affermo serenamente, in maniera proprio piana: chi è che non ha garantito? Chi è stato a portare un elemento di scontro, di violenza e pertanto ad offuscare tutto quello che poteva essere e che poteva essere anche per gli sforzi del Governo che ha aperto, ha riconosciuto soggettività politica ai tanti movimenti che chiedevano di parlare nel merito, di confrontarsi nel merito delle questioni? Lo ha fatto il Governo italiano, ha fatto decine di incontri con le associazioni, con i gruppi e gli enti non governativi. Chi è il soggetto che ha la responsabilità di questo? Io dico obiettivamente, serenamente: chi ha avuto l'onere di organizzare una manifestazione o delle manifestazioni e aveva il dovere di evitare, neutralizzare qualsiasi tipo di atto violento, contrario alla logica del confronto, del dibattito, delle idee? Questo è nelle cose, lo capiscono tutti questo ragionamento, e la sinistra si attarda ancora su posizioni che mi fanno ricordare le teorie delle doppie verità: da una parte c'è i buono se fa comodo; quel buono diventa cattivo il giorno dopo perché non fa più comodo. E' un ragionamento che si applica a tutti gli aspetti dell'espressione sociale, politica, sindacale, della manifestazione del pensiero.
Se fossimo stati noi promotori di certe manifestazioni, sfociate poi nelle violenze inaudite che abbiamo visto a Genova, chi sarebbe stato chiamato sul banco degli imputati? Gli organizzatori, i segretari politici. Se fosse stato un sindacato a organizzare in piazza, chi avrebbe dovuto rispondere delle eventuali violenze perpetrate? L'organizzatore. O no? Ecco dove sta la riflessione. Sta su questo punto centrale. Non possiamo parlare delle conseguenze senza parlare delle cause, delle responsabilità. Si è preparato un terreno che si sapeva essere già dall'inizio minato. E ora si tende a scaricare su altri le responsabilità, le volontà precise di taluni movimenti.
Vi faccio un elenco. Volontà pacifica significava e significa presentarsi alle televisioni, anche una settimana prima e dire "Questo è il nostro armamento"? Maschere antigas, giubbotti di protezione, scudi. Volontà pacifica significa dire "sfonderemo la zona rossa"? Tanti colleghi hanno parlato di "resistenza attiva". Cosa significa? "Sfonderemo la zona rossa" significa andare contro una decisione legittimamente presa, per motivi di ordine pubblico, da parte dell'autorità, da parte dello Stato, del ministro e dei suoi organi locali e nazionali: questore, prefetto, sindaco, presidente della Regione. Questo l'ha detto il Genoa Social Forum. Si è detto che era da fascisti controllare le frontiere, chiudere le frontiere, "un atto assolutamente intollerabile". Poi, oggi si dice che in realtà non ci sono stati controlli preventivi perché sono entrati tutti. Io ricordo le frasi, le leggiamo sui giornali, le possiamo rivedere nelle rassegne stampa. Quando si disse che si potevano fare controlli almeno a campi, nelle frontiere, anche per i cittadini comunitari, sospendendo gli accordi di Schengen, il Genoa Social Forum si scagliò contro questa decisione, dicendo che era un'intollerabile compressione del diritto di libera circolazione e di partecipazione alla manifestazione di Genova. Si disse di più. Si chiese che fossero aperte le stazioni che il disegno del precedente Governo, pertanto dei precedenti titolari del dicastero degli interni e dei responsabili delle forze di polizia, aveva previsto che fossero chiuse: Brignole, guarda caso, è diventata l'epicentro degli scontri più feroci. Quella stazione doveva essere chiusa, invece è rimasta aperta proprio perché il Genoa Social Forum e tutti gli altri dicevano che quella stazione doveva essere aperta. Si è chiesta e ottenuta l'apertura della zona gialla, che doveva essere anche quella controllata e limitata, talune aree di Genova. Aperte anche quelle, ma per richieste precise dei movimenti che andavano a sfilare a Genova.
E ora si protesta per le questioni di Ancona, cioè quando un'azione di prevenzione viene fatta, da parte delle forze dell'ordine? C'è una doppia verità, l'uso doppio di situazioni e fatti che invece hanno e devono avere un solo orientamento, una sola versione. Si dice che non c'è stato controllo e si protesta su Ancona, si dice che non c'è stato controllo e si protesta sui fatti che hanno allargato le maglie del controllo, dagli stessi soggetti che hanno chiesto questi atti e queste decisioni.
Su questo bisogna essere assolutamente chiari, non ipocriti. E' facile questo atteggiamento da parte di taluno di scaricare su altri, perché vi è la necessità di giustificare atti ingiustificabili: oltre 50 Miliardi di danni. Ne ha stanziati 15 il Governo per gli aiuti a Genova, hanno detto tutti che sono assolutamente insufficienti, perché sono stati attaccati negozi, auto private, banche, uffici. Questi chi erano? I poliziotti, i carabinieri, o era una risposta alle provocazioni della polizia e dei carabinieri? La risposta alle provocazioni? Bruciare macchine, assaltare negozi, saccheggiarli? E oggi si dice "non si è intervenuti". Come? Con quali presupposti, quando alla vigilia delle manifestazioni di Genova si chiedeva altro, tutt'altro, l'opposto? Si chiedeva di allargare, di non dare la possibilità nemmeno alla zona rossa di essere protetta, cioè di non avere la polizia. Ricordo che Agnoletto diceva "la polizia deve rimanere nelle caserme, non deve essere presente". Ma che volete, allora? Che linguaggio usate, state usando?
Queste sono le riflessioni che dobbiamo fare in maniera il più possibile serena, perché non è possibile portare nella politica questi elementi, in quanto significa avvelenare un clima, delle situazioni e ciò non porterà giovamento a nessuno, nemmeno a coloro che da sinistra intendono cavalcare il movimentismo o a coloro della destra che dicono "approfittiamo perché sono estremisti, ricaveremo qualche beneficio". Non ricava nessuno beneficio da queste situazioni, anzi si creano le condizioni che abbiamo visto a Genova: scontri, violenze, morti e lutti. Inevitabili, certamente, quando una camionetta rimane bloccata di fronte ad un muro e circondata da decine di persone che buttano di tutto contro quella camionetta, addirittura un palo, sfasciano completamente vetri antiproiettile. Quanti colpi sono stati inferti a quella camionetta? Quelli sono vetri antiproiettile, vetri speciali, non sono quelli delle automobili. Quanti colpi sono stati dati? Una trave dentro la camionetta. I poliziotti all'interno, cosa dovevano fare? Che cosa dovevano subire di altro? E' chiaro che può partire il colpo, ma chi si augura questo, chi vuole questo? Nessuno. Io non penso che il poliziotto sia stato orgoglioso del gesto che ha fatto. Il poliziotto nello stato di necessità, nella legittima difesa deve purtroppo usare anche cose che non devono essere mai usate, come le armi. Attaccato da decine di persone, inerme dentro una camionetta, una trappola per i topi. Poteva scapparci il morto dentro, c'è scappato fuori. Questa è la conseguenza di certi atteggiamenti, anche di certe frasi che si usano e continuano ad usarsi dopo questi fatti: "la violenza dei carabinieri", "la caccia all'uomo"... Ma scherziamo? Ma i poliziotti e i carabinieri si divertono a fare la caccia all'uomo nei confronti di persone inermi che stavano lì pacificamente? Ma voi pensate che sia successo questo? Ricci che era presente, ci risponda su questo. Ha iniziato o no qualcuno del movimento, della manifestazione a fracassare tutto, a potare violenze inaudite? O no? Altrimenti non c'era il fumogeno o l'intervento dei poliziotti. Hanno iniziato o non a presentarsi già una settimana prima, due settimane prima con gli scudi? Questo è il nostro atteggiamento pacifico? Chi ci credeva? Nessuno, lo sapevamo benissimo. Se si vuol essere pacifici non si va in piazza con gli schermi, con gli scudi, con le protezioni imbottite, con le maschere antigas. Queste sono le responsabilità che non coinvolgono tutti, che anzi non azzerano certi discorsi di merito che sono, come diceva il collega Novelli — che ha fatto poi, in parte, altre considerazioni che non sono completamente condivisibili — argomentazioni serie, sensate, disperse nella violenza.
Concludo, perché già si è detto molto, il dibattito è stato molto approfondito, però spero che sia non più dettato da volontà di parte ma dall'amore della verità.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Il collega Pistarelli ci chiedeva di capire meglio il linguaggio che stiamo usando. Credo che lo sforzo di questa nostra giornata, sia quello, se ce la facciamo, di ritrovare il senso comune di un'Assemblea legislativa nella quale ogni abuso, ogni violenza dello Stato di diritto debbono essere condannati. Ogni abuso allo Stato di diritto è la premessa per un abuso successivo più grave, e se si continua così si arriva sino alla catastrofe. Questo, in un'Assemblea legislativa dovrebbe essere la parola d'ordine, il linguaggio comune al quale rapportarsi e la storia del nostro Paese ci ha insegnato che le forze democratiche non sono mai state attente alla difesa della legalità. Credo invece che attenti debbano essere tutti, sia le forze che sono in quel momento all'opposizione, sia le forze che in quel momento stanno al Governo, sia le forze che si rapportano e che stanno soltanto sul sociale.
Credo che non sia possibile dire che nessuno debba rispondere di quello che è avvenuto quando ci sono un ragazzo morto quattro ragazzi in coma, 500 feriti e 270 fermati. E' il segno di un qualcosa di gravissimo che è accaduto nel nostro Paese. E allora non si può soltanto dire che si devono isolare i violenti, respingere ogni forma di violenza, perché questo è scontato e va ribadito, e necessario, fra di noi. E' invece interesse di tutti, forze di opposizione e forze di maggioranza, che i movimenti possano esprimersi nel nostro Paese, che le forze organizzate e non organizzate possano avere la possibilità di mobilitare le loro idee.
Quando in Parlamento, ieri, il ministro Scajola ha detto che i pacifisti sono uguali a terroristi, ha compiuto un'operazione molto grave. Dopo avere infatti distinto le piccole frange violente dalla stragrande maggioranza dei manifestanti, a un certo punto dice testualmente: "Con tutti i mezzi abbiamo fermato i gruppi antagonisti". "Antagonisti" non è equivalente a "violenti", sono due cose molto diverse. Antagonisti vuol dire essere contro la realtà esistente, volerla modificare o sognare di modificarla.
I parlamentari presenti a Genova, gli avvocati, gli osservatori, i giornalisti hanno fatto il loro dovere per dare a tutti una corretta informazione, hanno anche salvaguardato l'incolumità di molti: ragazzi, donne, anziani. Da questo punto di vista era importante esserci, era doveroso per chi crede nella pace, nella giustizia, nella solidarietà, essere dalla parte di migliaia di persone che volevano esprimere la loro protesta civile. Quel popolo, quel corteo è stato stretto da una micidiale tenaglia. Da una parte chi — Governo e forze dell'ordine — voleva distruggere, sconfiggere, brutalizzare, impaurire ogni dissenso e creare le premesse per impedire la nascita di questo movimento che mandava un messaggio a tutte le forze politiche, nessuna esclusa, non solo a sinistra ma anche oltre la sinistra. Forse questo movimento, anche perché in un momento di crisi degli ideali, fa paura, le idee fanno paura e gli abusi sono stati enormi. Le regole dello Stato di diritto — lo dico al collega Favia che dovrebbe essere attento sulle regole del diritto — sono state stracciate e i diritti calpestati. Non è possibile assistere passivamente dicendo che nessuno deve rispondere, perché ognuno deve rispondere degli abusi, delle violazioni di diritto, qualunque sia la funzione istituzionale, dalla più piccola alla più grande, a cui deve rispondere.
Qui ognuno ha raccontato la storia della propria giovinezza. Non c'entra niente con la storia dei vent'anni precedenti, non c'entra niente con la storia di ognuno di noi. Questo movimento diverso, pacifico, non violento non ha niente a che vedere con le forme di violenza degli anni '50, '60, '70, '80 di cui possiamo parlare noi. Un movimento che ha e potrà avere una storia propria nella misura in cui tutti noi, qualunque sia la nostra collocazione politica, creeremo le condizioni possiamo camminare, portare avanti le nostre idee, confrontarci.
Si è parlato della polizia. Ovviamente la polizia aveva degli ordini precisi, la polizia risponde degli ordini che sono stati ad essa dati. L'uso della polizia è stato sbagliato e contro il corteo, non ha protetto il corteo, la polizia non c'era né alla coda del corteo, né ai fianchi del corteo né nelle vie laterali. Tutta la polizia era concentrata nella zona rossa, mentre il corteo era lasciato solo. E quando la polizia caricava, caricava il corteo. Voglio dirlo al collega Pistarelli che ci ha chiesto "raccontateci, voi che eravate lì". Posso raccontare di una ragazza di 15 anni che è stata picchiata dalla polizia nel momento in cui i black-bloc correvano lungo corso Sardegna, e quando sono arrivati nella piazza dove c'erano questa ragazza e tanti altri, la polizia ha smesso di inseguire i black-bloc e se l'è presa con i manifestanti.
Faccio fatica a pensare alla polizia fascista, ovviamente, voglio dirlo a Giuseppe Ricci. Io sono figlia di un agente di pubblica sicurezza che mi ha insegnato due cose: primo, che la polizia risponde sempre agli ordini superiori; secondo, che la legge va rispettata e la legalità è la prima regola di comportamento ogni volta, in ogni momento.
Voglio allora dire al collega Favia, proprio perché lui è avvocato, che dovrebbe comprendere ciò che è accaduto al porto, anche se è stato molto reticente nella descrizione delle cose, mentre mi aspettavo una maggiore spiegazione del fatto giuridico alla base del respingimento.

DAVID FAVIA. No, l'ho spiegato bene.

CRISTINA CECCHINI. L'hai spiegato bene, perché purtroppo non c'è altro da spiegare oltre quello che tu hai detto. La difesa della legalità vale per tutti, vale nel nostro Paese, vale per tutti i cittadini, comunitari ed extracomunitari. A quei ragazzi greci, 120 o 150 — non sappiamo ancora bene quanti sono, perché non abbiamo i nominativi di quei ragazzi, quindi è difficile dire quanti sono stati respinti —...

ROBERTO GIANNOTTI. Li aveva la polizia greca.

DAVID FAVIA. C'è un solo problema: che non siete voi deputati alla difesa della legalità.

CRISTINA CECCHINI. Fammi finire il ragionamento, poi intervieni in sede di replica.
Quale legge è stata applicata? Non è stato applicato il testo unico di pubblica sicurezza del 1936, perché le norme sul respingimento alla frontiera sono state abrogate negli anni successivi. Non è stato utilizzato il Trattato di Amsterdam — non parlo di Schengen perché era sospeso — che non ha alcun riferimento a mezzi di polizia o azioni di questo tipo. E' stata applicata — questo conferma la prefettura di Ancona — la legge sui cittadini extracomunitari, la quale dice che si possono respingere alla frontiera questi cittadini soltanto con provvedimento motivato, scritto, individuale e soltanto per alcune casistiche molto precise, che in questo caso non c'erano perché non sono stati individuati, non avevano i passaporti se non quelli...

ROBERTO GIANNOTTI. Non avevano i documenti, molto probabilmente.

CRISTINA CECCHINI. No, questi avevano i documenti, perché sono passati alla frontiera, sono tutti passati alla frontiera, il mattino. Si sono imbarcati casualmente, secondo le amicizie individuali, scelte dai greci, in territorio italiano, ad Ancona, si sono mischiati nei pullman come volevano loro e la collocazione nei tre pullman poi fermati è stata decisa dai ragazzi greci sulla base delle loro amicizie. Quindi la polizia locale — polizia di frontiera, questura — non era nelle condizioni di sapere i nominativi, tanto è vero che a un certo punto li ha chiesti. Non c'è stato alcun provvedimento della polizia greca, come dice l'ambasciata in queste ore, come dicono i fax di protesta che arrivano al Governo italiano, comunque non c'è un titolo giuridico che si possa nominare per giustificare il respingimento alla frontiera. E questo è irrilevante? Tu che come me, in quanto esercitante funzione amministrativa, sei pubblico ufficiale, in quanto consigliere regionale chiamato a rispondere anche delle cose a servizio della popolazione marchigiana e comunque a servizio anche di tutto quello che succede in questa regione, ritieni indifferente che ci sia un abuso della polizia...

DAVID FAVIA. Ma c'è un giudice... Giudichi tu?

CRISTINA CECCHINI. Il giudice poteva fare un provvedimento di espulsione e non è stato nemmeno chiesto. Nessun giudice ha emesso provvedimento di espulsione con sentenza. Questo per te è indifferente? Certo, forse la tua coscienza politica è diversa dalla mia, non c'è dubbio. Evidentemente, ciò che a me pare gravissimo, a te pare affidabile alle forze di polizia, anche quando queste non dicono, non vogliono, non sanno rispondere.

DAVID FAVIA. Io do prima ragione alle istituzioni, poi ci penso.

ANDREA RICCI. Istituzioni siamo anche noi, prima di tutto noi. Istituzioni non sono le forze di polizia.

DAVID FAVIA. Non quando ti metti a quei livelli.

ANDREA RICCI. Istituzioni sono le assemblee elettive. In questo Stato, ancora democratico, c'è la sovranità popolare. Mi meraviglio di te che fai l'avvocato.

DAVID FAVIA. Io mi meraviglio di te.

ANDREA RICCI. "Sto con le istituzioni"... Chi è istituzione?

PRESIDENTE. Colleghi, lasciamo proseguire l'assessore Cecchini. Assessore Cecchini, si avvii alla conclusione.

CRISTINA CECCHINI. Credo che questa sia, se lo vogliamo, se non ci nascondiamo dietro altre verità o schieramenti politici che alla fine vanno a cancellare ogni possibilità di ascolto reciproco, una modalità di rapporto fra le istituzioni, anche fra di noi, perché se neghiamo la possibilità di rappresentare l'istituzione complessivamente intesa, veniamo meno a dei compiti che ci sono stati dati. Altrimenti per quale ragione ci sarebbe l'articolo 289 del codice penale il quale dice che "Chiunque commetta un fatto diretto a impedire in tutto o in parte, anche temporaneamente, alle assemblee regionali l'esercizio delle loro funzioni viene punito..."? Per quale ragione ci sarebbe una garanzia alle istituzioni per fare oltre cose oltre le leggi e oltre manifestare le opinioni e votare in un modo o nell'altro un atto amministrativo? Anche perché una funzione di garanzia democratica la dobbiamo comunque svolgere.
Credo che il senso di questa nostra discussione, il modo con cui vogliamo rapportarci alla fase politica che si apre si giochi molto nelle modalità con le quali apriamo e chiudiamo questo dibattito, perché se tutto è strumentalmente diviso secondo lo schieramento politico in Parlamento, credo che facciamo solo una registrazione delle singole parti politiche, cosa legittima, ma troppo sottotono rispetto al compito che le istituzioni hanno.
Innanzitutto, nel nostro Paese è accaduto un fatto gravissimo che riguarda migliaia di giovani, che riguarda la democrazia. Rispetto a questo, qualunque sia la collocazione che chiunque di noi ha nei confronti del Governo nazionale, il compito di rapportarsi con i fatti che sono avvenuti per dare loro uno sbocco democratico, riguarda tutti noi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Il dibattito si è aperto con le comunicazioni del Presidente D'Ambrosio, e mi pare che il Presidente D'Ambrosio con umiltà e competenza abbia riferito sulle cose che sapeva. Sinceramente mi è parsa una relazione corretta, anche se conscia del fatto che occorreranno approfondimenti.
Esprimo, come ha già fatto il collega Viventi, anche se soffermandomi su altri aspetti, un grande disagio e quindi non me ne vogliano tutti gli altri colleghi se preannuncio che non voterò alcuna delle mozioni presentate. Non suoni ad offesa per alcuno. Dico subito che queste mozioni hanno tutte — in buona fede — una parte di verità, però non mi consentono e non mi suggeriscono un'adesione perché alcune mi trovano d'accordo nelle premesse e non nelle conclusioni, altre viceversa.
Idealmente trovo più vicine alla realtà di pensiero a cui appartengo le mozioni firmate dai colleghi di Forza Italia, e da Ricci, Luchetti, Ugo Ascoli e Rocchi, anche se non ho trovato neanche in quelle la completezza che avrei voluto vedere. Quindi non parteciperò alla votazione delle mozioni, a meno che non arrivino altri documenti. Il disagio che esprimo è per un dibattito per forza di cose "drogato" dal fatto che in questo gioco delle parti si aspettano delle soluzioni che possono fare comodo alle posizioni di ognuno. Naturalmente questo è legittimo, è pienamente comprensibile. La "droga" di questo momento, tra l'altro, ci fa passare sopra tante cose, a parte gli atti amministrativi e legislativi che oggi siamo stati costretti a rimandare, e anche questo è comprensibile e legittimo. Faccio presente sia alla presidenza del Consiglio che della Giunta, che per esempio ci sarebbe stato bene, all'inizio di questa sessione di lavoro del Consiglio, anche un ricordo del senatore a vita Carlo Bo recentemente scomparso, ma in questa giornata mi pare che siamo tutti abbastanza eccitati da un dibattito che, se permettete, mi ricorda anche qualche momento ansioso e preoccupante degli anni '70. Io ho avuto questa sensazione — che hanno avuto molti cittadini — di esserci nuovamente proiettati nel clima che esisteva nel 1978, nel 1979 ecc. E dirò anche perché.
Prima ancora che consigliere regionale, io sono un cittadino che ha bisogno di conoscere le responsabilità vere, quindi non criminalizzo neanche quello che ha detto Andrea Ricci quando ha affermato che, secondo lui, c'erano componenti delle forze dell'ordine che alimentavano le tute nere. Non criminalizzo neanche chi dice che ci sono precise responsabilità nell'intervento sulla nave greca, quindi su territorio non italiano. Aspetto di conoscere approfondimenti e responsabilità. Dico solo che ogni volta che su episodi di questo genere, o anche di minor clamore, si proietta una cortina densa di attese, ansie e anche aspettative ideologiche, la realtà e la verità sono sempre più lontane nel tempo, perché chi si arrocca nella difesa del Governo, chi lo attacca perché è all'opposizione, e la verità difficilmente si è avuta in tutti gli episodi in cui abbiamo voluto impregnare di politica tutto. Sono quindi pessimista sull'accertamento delle verità e delle responsabilità e non ho pregiudiziali. Figuriamoci sulle autorità. Mi è capitato, nel mio lavoro, di fare rapporti al Consiglio superiore della magistratura su magistrati, di denunciare militari addetti ai servizi di leva. Non ho assolutamente paura di dire che se ci sono prefetti, questori che hanno responsabilità, queste responsabilità siano accertate e loro paghino, assolutamente. Però, ogni volta che contorniamo queste cose di ideologia, la verità la vediamo lontana nel tempo.
I componenti del centro-sinistra che hanno parlato hanno preferito passare sopra una cosa, che adesso vi dirò. Qui vi sono due tendenze che sono anche sintomo di confusione. Se devo giudicare l'intervento di Silenzi e quello di altri, che cosa posso dire? Che il centro-sinistra, oggi si divide nella corrente di chi dice che Scajola è da indagare, da inquisire perché è stato poco duro e altri che dicono che è stato poco duro. E allora il povero cittadino che cosa dovrebbe capirci? E se è stato troppo duro — e io sono uno che vuole anche ragionare ideologicamente, è legittimo per tutti — che cosa dovrei dire della polizia che sotto il Governo D'Alema è andata a manganellare gli albanesi che sbarcavano in Abruzzo e in Puglia? Ce lo ricordiamo quell'episodio. Una sola voce protestò: la Caritas, dicendo che quella era una cosa ingiusta. Furono presi a manganellate donne e bambini, dalla polizia, sotto il Governo D'Alema. E non ho sentito particolari proteste nella sinistra.
A Silenzi che dice che il Governo deve essere più severo, controllare, chiedo: come si controlla? Con le bombe d'acqua? Con cosa si dovrebbe reprimere l'azione di 200-300-400 scalmanati criminali, manipolati o no? Voi pensate che se il Governo fosse stato più duro — "alla Scelba", come qualcuno ha detto — non ci sarebbero scappati più morti?
Vengono fuori due messaggi completamente contrastanti: Governo troppo cattivo, Governo troppo buono, ergo Governo incapace, e su questo il centro-sinistra trova l'unanimità. Mi pare troppo poco rispetto a partiti che potevano benissimo avere Rutelli al vertice, Fassino al vertice.
La domanda che mi faccio e vi faccio e che mi dovete consentire, è la seguente: voi credete veramente che oggi in Italia, al di là di chi governa, o a causa di chi governa da un mese, ci sia uno Stato di polizia? Voglio sapere da voi se c'è qualcuno che ritiene che oggi, in Italia ci sia uno Stato di polizia, perché se è così siamo tornati veramente trent'anni indietro e sono passate invano tante cose, compresi i poliziotti, i carabinieri morti fuori degli stadi, accoltellati da scalmanati di tutti i tipi.
Concludo con tre concetti molto veloci: il capitalismo assassino; un vertice fatto da superpotenti; non abbiamo avuto i risultati sociali. In tutti i vertici a cui hanno partecipato Dini, D'Alema, D'Amato e Prodi, quali risultati sociali ci sono stati? Io non me ne sono accorto, né ho visto che la Chiesa, come dice Silenzi, abbia fatto salti di gioia quando il vertice si è concluso con la partecipazione di un Dini che non è certo rappresentante del proletariato di questa nazione, ma è rappresentante del vero capitalismo europeo e internazionale, è stato nel Governo di centro-sinistra a pieno titolo e appoggiato anche a Rifondazione comunista. Non ho visto risultati sociali, con il dott. Dini. Quindi non ci prendiamo in giro per favore, almeno sui risultati del vertice.
MI dovete anche capire quando, con sorpresa, vengo a sapere dai vostri documenti che invece l'Onu oggi riscuote, soprattutto da certi partiti di sinistra, una grande fiducia. Non siamo nati ieri: l'Onu è stata o no sempre giudicata l'organizzazione al servizio degli Stati Uniti? La guerra dell'Iraq è di nove anni fa, non di novant'anni fa. Per quanto ricordi io, partiti come Rifondazione comunista, Comunisti italiani hanno sempre candidamente detto che l'Onu è un'organizzazione al servizio degli Stati Uniti. Oggi gode della vostra fiducia? Questo mi fa piacere. Ho più fiducia dell'Onu che del G8, lo dichiaro anch'io. Sono contento che ci sia l'unanimità sull'Onu, ma quando ci sono stati i missili a Bagdad l'Onu era serva degli Stati Uniti, così come si è sempre detto, fino a poche settimane fa, che nei confronti di tutte le guerre in Africa, le colonizzazioni, gli sfruttamenti l'Onu non può far niente perché schiava degli Stati Uniti e delle grandi superpotenze mondiali.
Silenzi ci richiama tutti sulla questione cattolica, ci richiama sul fatto che molti di noi non hanno accolto l'appello, non hanno tenuto in considerazione l'appello. Vi faccio una conclusione che può essere sorprendente per il partito a cui appartengo, per gli ideali a cui ho sempre aderito. Rispetto a certi vescovi che hanno detto con forza, spero in buona fede, che i Paesi ricchi devono guardare ai Paesi poveri, che hanno parlato di estinzione del debito, come cattolico avrei voluto, con molto più piacere, che qualche vescovo d'accordo con il Governo di centro-sinistra avesse rinunciato a tanti miliardi per il Giubileo, perché il Governo di centro-sinistra — dovrebbe farlo un laico questo discorso, ma non l'ho sentito mai dai laici di centro-sinistra — ha dato 4-5 mila miliardi per il Giubileo, e da cristiano sono contentissimo di avere partecipato alla festa del Giubileo. Ma se qualche vescovo avesse detto "rinunciamo a qualche miliardo per darlo ai Paesi poveri" e se nel centro-sinistra vi fosse stata la dovuta attenzione per questo, da credente sarei stato più contento, forse anche più contento di Silenzi, altrimenti mi chiedo come mai tutti questi soldi dati alla Chiesa, per chiese e oratori vari sono stati dati al Giubileo, per il Giubileo, sotto il periodo del centro-sinistra. Era perché dovevano arrivare le elezioni? Non voglio crederlo e dico che forse qualche soldo, lì si poteva dare per i Paesi del Terzo Mondo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.

UGO ASCOLI. Considerate l'ora e la stanchezza sarò ancora più breve di quel che pensavo e andrò per punti.
Credo che in un Consiglio regionale non si debba parlare di globalizzazione e antiglobalizzazione. La globalizzazione è un processo irreversibile, come lo è stata la rivoluzione industriale: il problema non è quello di fermarla, è quello di governarla. Il senso delle questioni che stiamo discutendo riguarda, se mai, i contrasti fra chi vuole una globalizzazione senza regole, una globalizzazione selvaggia e chi vuole una globalizzazione con una governance, cioè un equilibrio e una tutela dei diritti, delle diversità, delle diversità biologiche, delle diversità culturali, delle diversità etniche.
Il problema è proprio questo: abbiamo assistito, con il Genoa Social Forum, alla crescita di un movimento molto complesso, molto eterogeneo, che per la gran parte dei casi si pone proprio l'obiettivo di avere una governance equilibrata, equa di questa globalizzazione, che salvaguardi i diritti di tutti, dei cittadini del primo, come del secondo, come del terzo mondo. C'è chi invece ritiene che la globalizzazione debba seguire le vie del mercato, le vie della deregolazione, le vie del selvaggio far west, in cui prevalgono i più forti e i più deboli possono solo raccomandarsi l'anima al Signore, se ci credono.
Qui c'è un problema. Noi dobbiamo ragionare sul significato di questo movimento che si è formato — perché 200-300 mila persone che sfilano a Genova significa che si è formato un movimento nuovo, con caratteristiche interessanti — e tutti noi siamo interessati, come consiglieri regionali che vogliono governare la crescita a favorire lo sviluppo sano, maturo, consapevole di questo movimento.
Ci sono invece alcuni aspetti molto problematici — sarò cauto nell'interpretazione, ma mi pare che sia possibile porre gli interrrogativi — che fanno emergere un quadro interpretativo assolutamente on confortante e direi che ormai alcune ipotesi interpretative si vanno costruendo in base alla documentazione dei giornali, dei media, alle affermazioni degli stessi protagonisti che dichiarano le loro esperienze, e di chi ha fatto da testimone oculare.
E' già emerso in quest'aula che c'è il sospetto che non si sia voluto o saputo prevenire l'intervento di gruppi di provocatori, di delinquenti, di terroristi che nessun interesse avevano al dialogo e alla costruzione di nuove politiche. C'è anche il sospetto che il Genoa Social Forum non abbia saputo isolare gruppi di violenti che in qualche modo si sono infiltrati nel movimento delle centinaia di migliaia di persone. E c'è il sospetto che tutto ciò sia stato utilizzato, sostanzialmente, per appannare l'immagine di un movimento che si stava determinando con grande vigore e per infangare tutte le analisi che da quel movimento sono partite, in poche parole per attribuire la causa di tutti i mali ad una variegata, eterogenea, variopinta, incerta, contraddittoria sinistra sociale e culturale. Credo che questo sia un argomento che ci deve far riflettere come consiglieri di una Regione, a qualsiasi parte siamo legati, per capire qual è il senso degli avvenimenti che si sono manifestati.
Credo che occorra riconoscere sicuramente il sacrificio di quanti lavorano nelle forze dell'ordine, l'alto valore civico della funzione che viene assicurata al Paese, però credo che alcune posizioni non possiamo non prenderle, e credo che le stesse dichiarazioni di procuratori della Repubblica, non certo di uomini politici o di esperti, ci inducano a condannare il metodo, spesso assai duro, assai rude e — usando un termine sudamericano — "cileno" con il quale la polizia o le forze dell'ordine sono spesso intervenute. L'apogeo di tutta questa storia è stata l'irruzione nella scuola Diaz. Mi pare che la procura ha sequestrato la scuola, sta producendo un'indagine su tutto ciò e ci sono elementi per pensare che si sia fatta un'irruzione con metodi assolutamente inaccettabili, colpendo degli inermi e, soprattutto, sequestrando tutti i materiali che lì erano consegnati, fra cui documentazioni fotografiche e filmiche, evidentemente per ridurre la memoria degli eventi. Così come credo occorra condannare un atteggiamento che tutte le autorità competenti hanno assunto, di difesa acritica, totale, globale di quanto è accaduto, senza mettere nessuna evidenza su criticità che pure sono emerse, su scricchiolii che sono emersi, soprattutto sul mancato coordinamento fra i servizi di intelligence e i servizi di repressione delle forze dell'ordine, perché è vero che i poliziotti e i carabinieri non possono inseguire tutti i violenti in una città come Genova, però è anche vero che i servizi di intelligence servono per prevenire che bande armate o bande di guerriglia armata possano tranquillamente arrivare e scorrazzare per la città, con tutto quello che abbiamo visto.
Queste due condanne credo che debbano essere ferme da parte di un'istituzione democratica, quindi chiudo con due interrogativi e un'osservazione.
Mi chiedo se tutto quello che abbiamo visto o che abbiamo letto non sia il primo atto di un copione che si vorrebbe riscrivere in senso repressivo e reazionario di un capitolo che si intitola "democrazia, diritti di espressione, di opinione e di manifestazione". Mi auguro che questo non sia, mi auguro che sia un timore che comunque è bene tirar fuori per esorcizzarlo. Spero che non sia questo il primo atto di un copione assai triste che si va a sviluppare nel Paese. Come pure credo che siamo alle soglie della nascita di un nuovo movimento sociale, molto importante, un movimento che mira a costruire una governance più equa e più rispettosa dei diritti di tutti, e che mira a spingere per delle politiche che possano governare i processi di globalizzazione che sono irreversibili. Nessuno si può sognare di dire no alla globalizzazione.
Tutto ciò mi induce a chiudere con un auspicio. Così come già accaduto nel porto di Ancona, così come già accaduto con le dichiarazioni del Presidente della Giunta, mi auguro che questi avvenimenti, queste riflessioni, questo lungo dibattito, che peraltro ci ha distolto da compiti cruciali che oggi avremmo dovuto assolvere, servano a far sì che il Consiglio tutto alzi la soglia dell'attenzione per garantire sempre e comunque il rafforzamento del tessuto democratico e dei diritti di cittadinanza.

PRESIDENTE. Ha la parola, per l'intervento conclusivo, il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Colleghi, avevo promesso questa mattina — e quindi mantengo la promessa — che avrei letto, dopo averla invitata, la lettera che ho spedito al ministro degli interni, quindi la leggo subito: "Egregio sig. ministro, il 19 luglio sono accaduti al poto di Ancona i fatti di cui lei è certamente a conoscenza e sui quali ho svolto la relazione al Consiglio regionale che le allego. Non è mio compito istituzionale sindacare i comportamenti delle forze dell'ordine, mentre è mio dovere tutelare ruolo, dignità e anche incolumità dei consiglieri regionali nello svolgimento delle loro funzioni politiche e di rappresentanza. In questo senso, poiché ritengo che il comportamento delle forze di polizia nel porto di Ancona nella giornata del 19 luglio abbia compromesso le prerogative dei consiglieri regionali presenti, le chiedo di accertare le responsabilità in ordine ai fatti accaduti e di informarmi sui provvedimenti che riterrà di dover adottare". Questa è la lettera che ho spedito questa mattina.
Sul dibattito debbo dire che non essendo io un soggetto qualunque ma avendo un ruolo istituzionale, farò un minimo di riflessione soltanto sui problemi di Ancona, perché sono problemi soltanto apparentemente secondari e marginali, ma invece sono problemi di una certa importanza. La verità è che due istituzioni si sono pesantemente contrapposte.
Vorrei allora dire ai colleghi, al di là di alcune intemperanze che un po' fanno parte del folclore, un po' erano prevedibili e tutto il resto: attenzione, un Paese libero e democratico non ha zone franche da critiche e soprattutto non ha zone opache. Non può esserci da nessuna parte un intervento che non possa essere seguito, controllato, non perché i consiglieri regionali lì presenti si arrogassero il compito di giudici, sarebbe sciocco, ma semplicemente perché chiunque ha diritto di fare questo e più di altri lo hanno coloro i quali sono comunque eletti direttamente, sono comunque rappresentanti di interessi generali senza limiti di mandato e di territorio e coloro che poi, in fondo, si trovano coinvolti in un momento difficile, in un passaggio complesso e vorrebbero che le procedure fossero rispettate, perché il rispetto delle procedure è un dato fondamentale della nostra democrazia.
Nel momento in cui c'è stato un forte sospetto di un mancato rispetto delle procedure — elemento sul quale in questa sede nulla voglio dire, pur avendo ben precise idee sul tutto — i consiglieri regionali non hanno fatto altro che mettere in moto un meccanismo di inserimento per evitare che ci fossero aggravamenti della situazione. Hanno sbagliato? No. Hanno sbagliato i modi? No. Nessuno di loro è arrivato a utilizzare la violenza fisica, non mi risulta, nessuno credo l'abbia accusato. Hanno semplicemente svolto — vogliamo dire con eccesso? No — il compito di controllare che le procedure venissero rispettate anche da parte di chi — anzi, soprattutto da parte di chi — aveva il dovere di controllare questo tipo di cose, aveva il dovere di seguire le procedure.
Volevano controllare l'intervento dell'istituzione alla quale era delegata — e noi non sappiamo nemmeno con precisione come fosse strutturata, in quel momento — la catena di comando. Ma anche questo è un elemento che in questa fase e in questa sede non approfondisco. E' vero che non si può intervenire con il bisturi in sede di ordine pubblico, come ha detto questa mattina, ma è anche vero che non erano 50 consiglieri regionali, erano 3-4. Probabilmente si poteva fare un intervento che isolasse e che portasse via i consiglieri regionali. Non c'era nessuna difficoltà nel fare questo, e non è stato fatto. I consiglieri regionali sono stati spinti, sicuramente non su tappeti rossi e con offerta di fiori, all'interno di una nave nella quale sono stati violentemente spinti una serie di cittadini greci. Individuati bene? Non lo so. Il problema mio, consigliere Favia, non è quello di vedere se la polizia ha agito bene o male nel respingere cittadini greci, secondo molti individuati a casaccio e secondo loro individuati sulla base di indicazioni del Governo greco che ha smentito, non è questo il mio dato. Il mio dato è quello di vedere se si è agito — non parlo del comportamento materiale dei poliziotti singoli, questo discorso dovrebbe ormai essere superato. Noi non ci rifacciamo a casi specifici di qualcuno che ha oltrepassato il limite dell'ordine, non lo sappiamo: se è così si vedrà successivamente — secondo l'ordine "ricacciate nella nave chiunque", compresi i consiglieri regionali che, dopo ore, erano chiarissimamente individuati. Se non avevano capito che erano consiglieri regionali sarebbe preoccupante per tutti.
A questo punto il comportamento di chi aveva la responsabilità di gestire la questione dell'ordine pubblico, per me è lesivo delle prerogative dei consiglieri regionali. Questo è il dato che io ho posto a base del mio intervento presso il sottosegretario Letta, delle mie dichiarazioni il giorno dopo, della conclusione finale della mia ricostruzione dei fatti e della mia relazione introduttiva di questa mattina e della lettera che ho scritto al ministro degli interni. E questo è il tipo di posizione che, secondo me, è corretto, è giusto, è istituzionalmente, per me almeno, doveroso. E l'avrei fatto chiunque fosse il consigliere — mi sembra abbastanza pacifico, questo — che si fosse trovato in quelle stesse condizioni.
Non do giudizi a priori, chiedo al ministro di svolgere il suo compito che è quello di accertare i fatti e, se condivide le mie valutazioni, di farmi sapere quali provvedimenti intende prendere. Se il ministro non prende provvedimenti vuol dire che dà una valutazione dei fatti diversa dalla mia. A quel punto, però, sarà ulteriore mio compito capire come andare avanti, in un momento nel quale io garantisco soltanto le posizioni istituzionali dei componenti di questa Assemblea e non altro. Io non intervengo su altro. Spero che il Consiglio abbia notato una cosa: un self-restrict assoluto da parte del Presidente. Quello che qui si è detto sui trascorsi di gioventù io ce l'ho ampiamente, ma dall'altra parte: a 24 anni facevo il pretore a Lecco, in piena contestazione studentesca, in pieno '68, quindi ho ricordi molto precisi, ho esperienze molto precise che non richiamo perché non voglio parlare di Genova; Su Genova parlerei come privato cittadino, su Ancona parlo come Presidente della Giunta della Regione Marche. Questo è il ruolo che io ritengo di aver dovuto giocare e di aver giocato, questo è il punto. Su questo punto penso di non aver commesso nessun abuso, nessun errore di valutazione, penso semplicemente che a questo punto è il responsabile istituzionale del Governo che deve darmi la risposta, perché questa risposta io la pretendo dal Governo e pretendo che il Governo si confronti con me sulla valutazione dei fatti, non perché deve dare conto o deve contrattare con me, non deve contrattare nulla con me, deve semplicemente misurare la sua valutazione dei fatti con la mia valutazione dei fatti, lui nella veste di responsabile di una istituzione, io nella veste di responsabile e di garante della tutela della posizione istituzionale dei soggetti che siedono in quest'aula. Questo e non altro è il mio intervento finale.
Proprio perché ritengo che tutti quanti dovremmo fare un passo di riflessione, forse un passo indietro, penso di poter proporre al Consiglio regionale, un momento di riflessione e di silenzio per il morto che c'è stato, senza nessun tipo di valutazione, se non che si tratta di un ragazzo che è morto in un momento tragico in cui tutti noi ci siamo comunque sentiti coinvolti in questo tipo di angoscia. Questo penso di poterlo chiedere.

PRESIDENTE. Invito i colleghi ad accogliere la proposta del Presidente della Giunta.

(Il Consiglio osserva alcuni istanti di silenzio)

Con l'intervento del Presidente D'Ambrosio si è conclusa la discussione generale. Sono state presentate alcune risoluzioni, quindi dobbiamo procedere alla votazione secondo l'ordine con cui sono state presentate. Occorre capire se alcune di queste risoluzioni sono assorbenti rispetto alle mozioni presentate in modo da avere un minor numero di documenti e quindi procedere con dichiarazioni di voto di sintesi, senza tornare a discutere su ogni atto.
La prima mozione è a firma dei consiglieri di Forza Italia, la seconda mozione a firma dei consiglieri dei gruppi di Rifondazione comunista e Verdi, la terza mozione firmata da Luchetti, Ascoli, Ricci e Rocchi, la quarta mozione firmata dai consiglieri del gruppo Ds, quindi una proposta di risoluzione a firma Procaccini e Martoni, una proposta di risoluzione a firma Amagliani, Cecchini e Andrea Ricci, quindi una ulteriore proposta di risoluzione firmata da diversi presidenti dei gruppi di maggioranza che dovrebbe assorbire alcuni dei documenti precedentemente presentati.
La prima mozione a firma dei consiglieri di Forza Italia rimane; la seconda mozione a firma Amagliani, Moruzzi ed altri rimane; c'è poi la n. 132 dei consiglieri del gruppo La Margherita, più Rocchi, che viene ritirata in quanto abbiamo firmato la proposta di risoluzione; la 133 del gruppo Ds è stata assorbita e quindi è ritirata; la risoluzione del gruppo Comunisti italiani è ritirata perché assorbita; la risoluzione di Rifondazione comunista è ritirata. Rimane la risoluzione dei gruppi di maggioranza.
Riassumendo, rimangono le mozioni n.130/01, 131/01 e la proposta di risoluzione dei gruppi di maggioranza.
Invito i consiglieri a limitare le loro dichiarazioni di voto a tempi inferiori a quelli previsti, tenendo conto che per tutto l'arco della giornata abbiamo parlato su questo tema. Chiedo, altresì, una dichiarazione di voto unica rispetto ai tre documenti.
Ha la parola il consigliere Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Faccio una dichiarazione di voto molto breve, cogliendo l'occasione per ringraziare innanzitutto il Presidente della Giunta, perché con un intervento finale lucidissimo ha rappresentato esattamente le motivazioni per cui due consiglieri regionali e un assessore erano là, sono stati spinti a forza come già detto. Lo ringrazio per questo, perché non c'era altra motivazione perché noi fossimo lì. Noi eravamo lì per eseguire esattamente il compito che gli elettori, i cittadini ci hanno dato, quello di rappresentare le istituzioni, e per cercare di far sì che un sopruso avvenuto non si perpetuasse.
Ma voglio anche dire che noi ci differenziamo dalle altre forze di maggioranza in un punto specifico: noi chiediamo le dimissioni del questore di Ancona, chiediamo che gli venga ritirato l'incarico, non a caso. Al di là delle cose che questa mattina ho detto, al di là delle cose che conoscevo, c'è un fatto in più che proprio in questo momento, in queste ore ho conosciuto, che ci spinge a reiterare questa richiesta. Il fatto in più è che le parole pronunciate dal questore di Ancona a cui questa mattina mi riferivo, quindi che ci sarebbe stato un accordo da parte dei dirigenti del Synaspismos lì presenti non è assolutamente vero, tant'è che vi leggo la lettera invitata dal Synaspismos stesso, comitato centrale, che smentisce le dichiarazioni del questore: "Il Comitato centrale del SYN denuncia la brutale aggressione della polizia italiana contro la pacifica spedizione della gioventù del partito SYN. L'aggressione della polizia italiana crea un precedente politico per il governo greco in quanto avvenuta su nave greca che trasportava i manifestanti, cioè su suolo greco. Chiediamo al Governo greco una spiegazione per la piega presa dagli avvenimenti, dal momento in cui era stato informato dal pomeriggio in modo che fossero presi i provvedimenti necessari per autorizzare la partenza dei manifestanti del SYN per Genova. Nonostante ciò ci siamo ,ovati ad affrontare la violenta aggressione della polizia italiana con il conseguente ferimento dei membri della gioventù del SYN su nave greca. La domanda che nasce spontanea è se questa aggressione sia avvenuta senza l'opinione favorevole del Governo greco".
In questo modo si smentiscono definitivamente le dichiarazioni del questore di Ancona che, bontà sua, ha detto cose del tutto sconsiderate da questo punto di vista.
Pertanto, pur apprezzando la quasi totalità delle cose scritte sulla mozione presentata dalla maggioranza, noi riteniamo che sia opportuno, a fronte di quanto accaduto, continuare nella nostra richiesta di far sì che chi è responsabile di quell'atteggiamento, di quelle dichiarazioni peraltro non rispondenti al vero, venga rimosso dal suo incarico. Quindi manteniamo la nostra mozione. Avete anche preso visione di un ordine del giorno del Consiglio comunale di Corfù, un Consiglio comunale governato dalla destra, il quale è sulle stesse, identiche posizioni di condanna degli atteggiamenti tenuti dalla polizia italiana, in modo particolare al poto di Ancona.
Ripeto, pur apprezzando le cose che sono state scritte nella mozione della maggioranza, noi manteniamo la nostra mozione presentata ieri.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Siamo rimasti in aula per senso di responsabilità e per attaccamento alle istituzioni. E' giusto dirlo ed è anche un avvertimento. Se le minacce che ho sentito in aula oggi da parte del rappresentante di Rifondazione comunista, e se soprattutto le offese dovessero essere ripetute, non rimarremmo inermi e non rimarremmo qui ad ascoltarle, faremmo in modo che il consigliere Ricci, la prossima volta, parlasse ai banchi del Consiglio e non a uomini liberi che hanno esercitato il loro diritto e il loro dovere di esprimere in questo Consiglio regionale il loro punto di vista sulla materia. Si può essere d'accordo o non d'accordo, però che mi debbo vergognare non me lo deve dire lei collega, anche perché io non mi vergogno affatto delle cose che il nostro gruppo ha fatto e ha detto. Sono convinto che io ho detto la verità, e lei ha detto delle bugie, eventualmente. Aperta e chiusa parentesi.
Oggi abbiamo assistito ad una grande operazione di mistificazione da parte di Rifondazione comunista che è venuta in quest'aula a ritorcere contro le forze dell'ordine, contro lo Stato, contro il Governo responsabilità sue proprie, perché se c'è un responsabile politico in questo Paese, rispetto a quello che è accaduto, è essenzialmente il partito della Rifondazione comunista, che è l'unica formazione politica che ha partecipato alla organizzazione e alla espressione della manifestazione del Genoa Social Forum a Genova, al punto che tutti sanno che la stessa segreteria nazionale dei Democratici di sinistra si è dissociata da questa posizione, non ritenendo opportuno, per la piega che stavano prendendo quei fatti, partecipare a quella manifestazione. Oggi lei ha tentato, in aula, questa grande operazione di mistificazione, di ritorcere contro il Governo, contro il ministro degli interni, contro le forze dell'ordine la responsabilità dell'accaduto, quando tutto il Paese sa di chi è la responsabilità.

ANDREA RICCI. Ci sono migliaia e migliaia di persone in questo momento, in piazza Roma...

ROBERTO GIANNOTTI. Spesso ho l'impressione che tu abbia una chiave di lettura della sensibilità popolare di questo Paese, che o è spostata sul versante dell'Europa orientale o altro, perché se tu esci da quest'aula e non vai alla tua manifestazione ma parli con i cittadini di questo Paese, ti accorgi che l'80% dei cittadini di questo Paese ti dice che avete sbagliato.

ADRIANA MOLLAROLI. Non è così.

ROBERTO GIANNOTTI. Non è così? Continuate a fare queste affermazioni. Così come eravate convinti di vincere le elezioni, anche adesso perdete il contatto con il Paese reale, con quello che pensa l'opinione pubblica di queste cose. Questa è la prima considerazione: un tentativo inaccettabile di scaricare su altri responsabilità che sono proprie di chi ha organizzato quella manifestazione, di chi ha caricato di quei toni quella manifestazione, di chi, in qualche modo, ha tollerato la crescita, la nascita e lo sviluppo della protesta violenta che ha distrutto una città.
L'altro aspetto è quello della strumentalizzazione politica. Ho ammirato il consigliere Silenzi per la capacità di inventare l'impossibile, di dire tutto e il contrario di tutto. In politica questa esercitazione verbale può avere una logica nei comizi elettorali, ma poteva evitarci, consigliere Silenzi, questi riferimenti, perché le accuse che lei ha rivolto sono il risultato di una polemica ormai datata rispetto alla ipotetica assenza, incapacità del Governo di gestire la situazione dell'ordine pubblico. Oggi ho risentito addirittura le battute polemiche del mancato premier Rutelli sulle fioriere, tutte questioni che poteva in qualche modo evitarci.
Potrei cavarmela con una battuta: se ci fossero possibilità sul piano dell'ordine pubblico, credo che comunque il capo della polizia qualche responsabilità l'avrà avuta. Capo della polizia scelto da un governo precedente a quello che oggi governa il Paese.
Ma credo che anche il consigliere Silenzi oggi si sia lasciato prendere la mano, lasciandosi andare ad accuse gratuite che rimandiamo al mittente. Credo che la sinistra, che ha affrontato questo problema — l'ha detto qualche collega della maggioranza — in maniera molto articolata, per non dire divisa, abbia molto da imparare da questi fatti rispetto alla posizione che non è stata capace di assumere, ma credo che rilanciare l'accusa di inettitudine al Governo o di un deficit di cultura democratica da parte della maggioranza, sia solamente un luogo comune, utilizzato per fare solo strumentalizzazione politica, e i fatti parlano da soli in ordine a queste questioni. Credo che la situazione sia estremamente chiara e non ci sia bisogno di spendere molte parole. E' stata un'operazione di prevenzione, è stato detto è stato ripetuto. Qualcuno, non so per quale motivo, continua a insistere sul fatto che la polizia italiana avrebbe agito di propria iniziativa senza alcun collegamento con la polizia greca, mentre tutti sanno che la segnalazione rispetto a quei tre pullman era stata formalizzata dai servizi della polizia greca che metteva l'accento sulla pericolosità del carico umano.

GIULIO SILENZI. Sulle targhe, non sui nomi.

ROBERTO GIANNOTTI. Lascia stare...
Nessuno ha detto che su mille persone che erano su quella nave, 900 hanno proseguito regolarmente il loro viaggio verso Genova e hanno partecipato, da cittadini liberi, alla manifestazione del venerdì e del sabato e solamente quei 150 sono stati rimandati indietro, evidentemente perché c'erano dubbi sulla correttezza, quindi c'erano problemi sulla pericolosità.

MARCO LUCHETTI. Non è vero...

ROBERTO GIANNOTTI. Non è vero dice il consigliere Luchetti, che probabilmente aveva un rapporto particolare con i servizi segreti greci.
Quindi è stata un'operazione di prevenzione che non deve scandalizzare e la polemica oziosa sta nel fatto che su questa questione, da tre giorni, su tutte le televisioni di Stato, su tutti i mezzi di informazione state accusando il Governo di non aver fatto opera di prevenzione, di non aver voluto, di proposito, isolare i violenti. Quindi non va bene nemmeno l'opera di prevenzione, perché bisognava, anche qui, non fare distinzione fra buoni e meno buoni, far entrare tutti, alla faccia dei cittadini genovesi che hanno subito questa cosa.

PRESIDENTE. Prego i colleghi di non interrompere e il consigliere Giannotti di concludere.

ROBERTO GIANNOTTI. Il mio è un intervento sulle due mozioni.
L'altra questione riguarda il ruolo dei consiglieri regionali. Credo che su questo piano possa fare ammenda rispetto a una valutazione, la nostra, che forse è stata non opportuna. Probabilmente la valutazione in ordine alla partecipazione dei consiglieri D'Angelo e Moruzzi mi è stata riportata impropriamente. Forse c'è stata una sopravalutazione, una non corretta valutazione del ruolo dei due consiglieri regionali che, in quanto tali sono liberi di fare quello che ritengono più giusto e opportuno: partecipare a tutte le manifestazioni che vogliono.
Quello che poniamo è un problema politico, rispetto alla presenza alla manifestazione di due rappresentanti, di due organismi politici di questa Regione: un rappresentante della Giunta regionale, non l'usciere e non l'addetto alla biblioteca ma il responsabile delle politiche del lavoro, e un membro dell'Ufficio di presidenza, che quando si muovono e assumono iniziative e responsabilità coinvolgono direttamente e indirettamente il livello di operatività al quale appartengono, quindi coinvolgono l'Ufficio di presidenza del Consiglio, coinvolgono la Giunta regionale.
Questo è un problema politico rispetto al quale ci interessa capire se il consigliere Cecchini rappresentava in quella manifestazione, in quanto membro di un organismo, la Giunta regionale e se il consigliere Amagliani rappresentava il Consiglio regionale. Questa responsabilità non è divisibile. Non è che uno fa l'assessore solamente tre giorni alla settimana, mentre per il resto dei giorni fa il consigliere. Rispetto a questo noi riteniamo che sia giusto e doveroso porre la questione.

ANDREA RICCI. Il Consiglio regionale delle Marche ha espresso appoggio e solidarietà. Ha votato una mozione.

ROBERTO GIANNOTTI. Siccome ci sembra di capire che rispetto a questo il consigliere Cecchini non ha concertato con il Presidente D'Ambrosio, così come il consigliere Amagliani non ha concertato con il Presidente del Consiglio la propria presenza, ci sembra impropria la partecipazione.

MARCO AMAGLIANI. Ha partecipato anche il Vicepresidente Spacca.

ROBERTO GIANNOTTI. Il Vicepresidente Spacca ha partecipato dopo che voi avete combinato il guaio, perché è stato invitato dal Presidente della Giunta regionale che era a Roma, a venire a salvarvi, a cercare di alleviare il disagio e le difficoltà, anche di carattere personale, e ha fatto una cosa probabilmente doverosa, quella di cercare di togliere dai guai i consiglieri che in qualche modo avevano creato quella situazione.
Ho letto i documenti che sono stati consegnati e che questa sera siamo chiamati a votare, mi permetto solamente di polemizzare in maniera molto educata con il documento della maggioranza, consigliere Silenzi. Anche qui si può dire tutto e il contrario di tutto, il vostro documento dice tutto e il contrario di tutto. Esprime solidarietà a tutti, alla polizia e ai giovani, quindi non la esprime a nessuno, sostanzialmente, perché non interviene, non entra nel merito delle questioni come coerentemente fa il gruppo di Rifondazione comunista che dice che i soli responsabili sono i rappresentanti politici che governano questa macchina — "da guerra" loro dicono — e quindi c'è questa responsabilità. Ma voi non avete il coraggio di dirlo. C'è addirittura un tentativo, nel nostro documento, di dividere i militari di leva dai militari professionisti. Anche questo è un tentativo subdolo, un tentativo inopportuno. Soprattutto la pretesa politica di riconoscere una responsabilità politica che forse il consigliere Silenzi voleva fosse esercitata da un ministro della Margherita o del proprio partito rispetto ad un ministro espresso dalla nuova maggioranza. Ma c'è soprattutto — questo è molto grave — una precisa presa di posizione sui fatti di Ancona che noi non accettiamo. Mi preoccupa questo differente atteggiamento assunto dalla maggioranza, che sul versante nazionale assume una posizione di ambiguità, quindi una posizione infeconda, imprecisa, mentre sul problema di Ancona assume una posizione più precisa, non so in base a quali elementi di valutazione, di informazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Torno a ripetere, Presidente e colleghi, che di fronte alla morte di un ragazzo, dividersi per questioni risibili diventa grottesco, tuttavia questo Consiglio si sta dividendo su grandi questioni, perché oggi c'è una valutazione diversa sullo scenario che si è aperto, rispetto alla vittoria della destra. Durante una manifestazione di massa sono infatti iniziati meccanismi di repressione sistematica e connivenze con gruppi di teppisti.
Oggi, per noi Comunisti italiani diventa poca cosa affermare "l'avevamo detto", inascoltati sia dai partiti di destra — ovvio — sia dai partiti di sinistra che di centro-sinistra. Ci caratterizza ancora adesso, seppur piccoli, questa originalità di analisi, perché pur votando — e dobbiamo votare — noi siamo in pieno accordo e sintonia con questo documento dei partiti, di tutti i partiti di centro-sinistra, in quanto rispetto a tutte le altre mozioni riteniamo la nostra la più avanzata. Infatti non si limita a fare la cronistoria dei fatti, ma entra nel merito dell'oggetto, già dà un giudizio sul G8 e dice anche quali sono gli effetti della globalizzazione.
Pensavamo che fosse possibile addivenire ad una firma più larga del Consiglio, tuttavia già questo è un risultato di grande dignità per questo Consiglio, perché è in pienissima continuità con la mozione-risoluzione votata l'altra vota, che indicava, tra le altre questioni, la partecipazione del Consiglio regionale a tutte quelle manifestazioni pacifiche, di massa, non violente che chiedono, debbono chiedere e chiederanno un mondo migliore.
Noi, anche qui siamo stati i più seri, i più chiari a chiedere la separazione netta, irreversibile del movimento da gruppi di teppisti che rischiano e rischieranno, se queste connivenze ci saranno ancora, di portare il movimento stesso su una deriva pericolosa, perché oggi non esiste più una sponda politica istituzionale a livello di massa con una presenza significativa delle forze progressiste, anticapitaliste e comuniste. I rapporti di forza, oggi non sono quelli che pongono all'ordine del giorno il cambiamento e il rovesciamento del sistema. Non siamo all'ora ics, siamo in una fase di difesa e in questa fase noi ci collochiamo in primo luogo per difendere un contesto di agibilità democratica, senza il quale non potrà esserci nessuna possibilità di far avanzare nuove politiche economiche e sociali. Quindi, questa mozione la riteniamo molto avanzata, una sintesi avanzatissima.
Rispetto a quella dei consiglieri Amagliani e Moruzzi ci permettiamo di dire che essa ha il limite di non intervenire nel merito, ma io la voterò per parti separate, perché essa fa una cronistoria precisa di quello che è accaduto in Ancona. La voterò per parti separate, perché non condivido, anzi ritengo un errore politico chiedere la rimozione di un funzionario da parte di un organismo politico come il Consiglio regionale. Infatti, questa richiesta indebolisce la battaglia politica per l'obiettivo delle dimissioni del ministro dell'interno. Non ha nessuna "responsabilità" il funzionario, sia esso questore sia esso prefetto, ma esistono tuttora responsabilità politiche, e chiedere un'ipotesi di questo tipo lo ritengo riduttivo.
Per questi motivi voterò la mozione dei partiti del centro-sinistra e rispetto a quella dei consiglieri Amagliani e Moruzzi voterò tutto, tranne l'ultimo capoverso in cui si chiede la rimozione del questore, per i motivi che ho detto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

DAVID FAVIA. Il nostro voto sarà ovviamente favorevole alla nostra mozione e contrario alle altre.
Ho molto apprezzato il suo intervento, Presidente D'Ambrosio, e lo condivido al 99%. Non lo condivido sul presupposto della funzione svolta dai consiglieri regionali. Per il resto è ampiamente condivisibile, sarebbe stato auspicabile che questi consiglieri, il cui comportamento noi riteniamo non essere stato corretto, avessero preso esempio da lei, dalla sua prudenza, in quanto lei ha svolto, a mio giudizio, un'attività corretta come, peraltro, un'attività corretta, magari censurabile politicamente, hanno svolto altri consiglieri regionali, perché io stesso sono stato in porto il giorno dopo, c'è stato il Vicepresidente Spacca, c'è stato il consigliere Silvana Amati, c'è stato Silenzi, c'è stata la senatrice Magistrelli. Condivido quando lei dice "non posso io giudicare l'attività svolta dalla polizia, anche se ho delle idee precise, ho fatto una lettera al ministro degli interni in cui ho chiesto che venisse indagato se l'attività della polizia è stata corretta", perché fa par te dell'armamentario corretto, giuridicamente, che noi consiglieri abbiamo. La cosa sulla quale sono fortemente dubbioso è che il consigliere regionale, nella fattispecie i nostri tre colleghi, che ad altro titolo e personalmente stimo e apprezzo, si siano interposti fisicamente, come ha detto lei parlando di "scontro tra istituzioni". Ebbene, questo scontro tra istituzioni è proprio quello che io censuro: c'è stato, tra rappresentanti del Consiglio regionale e rappresentanti del Governo, del Ministero degli interni, della polizia.
Arrivo anche a pensare un'altra cosa: che se questi dimostranti greci — e lei correttamente ha ricostruito i fatti questa mattina dicendo che non c'era stata una segnalazione nominativa ma c'era stata una segnalazione di targhe di autobus...

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Io ho riferito la versione che è stata data.

DAVID FAVIA. Io ho questa stessa versione riferita dal Presidente D'Ambrosio. Se la versione è corretta — stiamo tutti alle versioni, non essendo nelle segrete stanze dove arrivano le notizie — cosa doveva fare la polizia?

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Toglierli fisicamente di mezzo.

ROBERTO GIANNOTTI. Infatti li ha tolti di mezzo.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ma non così.

DAVID FAVIA. Presidente, così come altri consiglieri, io per primo, non hanno ritenuto opportuno frapporsi fisicamente tra i manifestanti e le forze dell'ordine, credo che anche i nostri colleghi di cui oggi parliamo avrebbero potuto avere questa sensibilità istituzionale, questa etica istituzionale di non frapporsi fra questi signori e le forze dell'ordine. Non è venuto in mente che il sentirsi tutelati dalle loro figure — anche fisiche — istituzionali, probabilmente ha reso un po' più aspra la questione? Che forse, se voi non aveste assunto questi atteggiamenti, probabilmente questi signori sarebbero rientrati poi pacificamente dentro la nave, avrebbero ottemperato agli ordini della polizia?

STEFANIA BENATTI. Pacificamente non so: prima, sicuro.

DAVID FAVIA. Penso che non sentendosi così spalleggiati avrebbero, probabilmente, ubbidito con più bonarietà all'ordine della polizia. Che poi quello che ha fatto la polizia sia corretto, non sia corretto, io come lei ho le mie idee, però sono altre le sedi nelle quali vanno prese queste decisioni. Come dicevo questa mattina ci sono delle sedi giudiziarie e ci sono delle sedi politiche. Lei ha tutto il diritto di chiedere spiegazioni al ministro degli interni il quale le chiederà al questore, però secondo me dobbiamo rispettare le regole, tutti. Io non credo che tra i poteri del consigliere regionale ci sia quello di scendere in piazza e tentare di far giustizia da solo alle proprie idee o ai presunti diritti di questi signori.
E' tutto qui il punto. Io non credo, come consigliere regionale di avere il diritto di andarmene in piazza e di dire alla polizia "penso che tu sbagli, quindi non ti azzardare ad attuare le tue decisioni". Lei crede che il consigliere regionale abbia questo diritto, da giurista?

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Mi consenta di interromperla. Lei ha il diritto di visitare tutte le case di reclusione di questa Repubblica, in quanto consigliere regionale.

DAVID FAVIA. Questo cosa vuol dire? Io entro in un carcere, e se vedo che in un carcere viene commesso un abuso, anziché fare una denuncia alla magistratura picchio la guardia carceraria che commette l'abuso? Non sto ovviamente dicendo che voi avete picchiato, sto facendo un esempio avulso da quello che è successo al porto.

ANDREA RICCI. Io vado dal direttore del carcere e gli chiedo spiegazioni. Così vado dal questore e gli chiedo spiegazioni.

DAVID FAVIA. Ma non ti frapponi fisicamente tra il detenuto e la guardia carceraria che eventualmente commette un abuso.

ANDREA RICCI. Se le spiegazioni non mi vengono date...

DAVID FAVIA. Credo che noi dovremmo fare una seduta sui poteri o sulle funzioni del consigliere regionale, perché non ho mai sentito dire questa cosa. Voi avete messo in conto uno scontro fisico a quel punto, perché era palese che ci poteva essere.

CRISTINA CECCHINI. Nessuno ha messo in conto lo scontro fisico.

PRESIDENTE. Collega Favia, non è che in questo momento dobbiamo ricostruire una storia. Invito il collega Favia a fare un intervento che sia connotato alla dichiarazione di voto, senza interloquire, ma invito anche i colleghi a non interrompere.

DAVID FAVIA. Mi piace il dibattito democratico, mi piace anche interloquire.
Comunque, pur condividendo la forma dell'intervento del Presidente D'Ambrosio rimango contrario alla sostanza, penso che non ci fosse legittimazione, da parte dei consiglieri regionali, a tenere quel comportamento. Se poi la polizia ha sbagliato e c'è stato un errore, a mio giudizio questo andava fatto valere in altra sede. Ovviamente noi siamo contrari alla censura del Governo e delle forze dell'ordine, voteremo la nostra mozione, voteremo contro le mozioni della maggioranza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione della seduta fino ad esaurimento di questo punto.

(Il Consiglio approva)

Ha la parola il consigliere Ciccioli.

ROBERTO GIANNOTTI. Questa mattina il Presidente aveva parlato di alternanza degli interventi...

PRESIDENTE. Io non ho problemi, però i primi che si sono iscritti nelle dichiarazioni di voto...

ROBERTO GIANNOTTI. Ma vi sono stati tre interventi del Polo...

PRESIDENTE. Collega Giannotti, se il consigliere Ciccioli è d'accordo io non ho problemi a dare la parola al consigliere D'Angelo. Essendo dichiarazione di voto credevo che potesse essere presa male dal collega Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Non c'è problema...

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo. Comunque, le dichiarazioni di voto non c'entrano con gli interventi.

PIETRO D'ANGELO. Presidente, colleghi, non voglio ripetere quanto già emerso dal dibattito generale, perché mi sembra che dagli interventi che si sono avuti fino adesso per dichiarazione di voto, in qualche modo si sono ripercorse tematiche già affrontate nel dibattito generale. Ritengo che ancora una volta, nei molti interventi che ho ascoltato, prevalga, più che l'obiettività, l'appartenenza di gruppo, pertanto credo che non possa essere condivisibile la posizione espressa nella mozione di Forza Italia, nella quale si censura l'atteggiamento di alcuni consiglieri regionali che nulla hanno fatto se non verificare che tutte le operazioni avvenissero nel rispetto dei diritti dei cittadini. Ritornare ancora una volta, in ambito di dichiarazione di voto, sul ruolo più o meno appropriato che i consiglieri regionali hanno avuto in una manifestazione che, rispetto a quanto accaduto a Genova è marginale, è del tutto inutile. Comunque è chiaro che c'è stata una manifestazione di forza, di cui si poteva fare a meno.
Ho assistito personalmente alla non violenza dei ragazzi greci al molo di Ancona, ho assistito personalmente — e ne ho avuto conseguenze — al "nervosismo" — chiamiamolo così — di alcuni agenti di pubblica sicurezza che non voglio criticare, perché in situazioni di quel genere il controllo è estremamente difficile, però non posso non criticare le azioni di fortissima violenza che si sono avute a Genova.
Quindi non una messa in stato di accusa della polizia, ma gli atteggiamenti del questore di Ancona — abbiamo presentato una mozione congiunta come Verdi e Rifondazione — potevano essere più consoni ad una vita di un Paese democratico.
Dare calci a manifestanti che non sono violenti, dare spintoni a rappresentanti di questo Consiglio senza alcun motivo ritengo che sia stato almeno un "eccesso di zelo", lasciatemi usare questo eufemismo.
Come Verdi ribadiamo il sostegno alla mozione presentata e condanniamo nuovamente con forza gli atti di violenza che si sono verificati nei confronti di parte di cittadini che volevano solamente manifestare ai grandi del mondo le prerogative di una convivenza civile tra tutti i popoli della terra, ricchi e poveri. Non è possibile criticare giovani e meno giovani che cercano di spostare l'attenzione su grandi problematiche mondiali, da affrontare immediatamente. La violenza c'è stata, si poteva arginare da una parte e dall'altra, non è stato fatto, noi riteniamo che una condanna a questo debba essere fatta. D'altra parte raccogliamo anche l'appello del collega Procaccini che chiede di mettere in votazione per parti separate la mozione presentata dai gruppi Verdi e Rifondazione. Questa proposta deve essere accolta, in modo da dare a ciascuno la possibilità di esprimere la propria posizione. Ritengo che quanto manifestatosi durante il G8 è un elemento di grande inquietudine e ritengo altresì che è indispensabile che ognuno di noi vigili contro la violenza, da qualsiasi parte essa arrivi: da civili organizzati o da una polizia, anzi da una dirigenza che pensa di trovarsi in Sudamerica anziché in un Paese europeo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Sto ancora riflettendo sull'utilità della seduta di oggi, perché alla fine ci siamo confrontati, se serve per fare chiarezza sui nostri reciproci schieramenti di appartenenza sicuramente è una cosa utile, una buona seduta di psicoterapia di gruppo; se invece serve ad arrivare a qualche cosa di più utile non lo so. Per quanto riguarda la dichiarazione di voto mi riferisco soprattutto alle mozioni unificate 132 e 133 che poi sono quelle della maggioranza, che danno la linea di tendenza. Su questa proposta di risoluzione non ci si può assolutamente ritrovare da parte del nostro gruppo, perché per quanto riguarda alcuni aspetti che credo fossero largamente condivisi sono fortemente ambigue. Quando si condannano le forme di violenza subite dalle forze dell'ordine e dai giovani pacifisti, sono quelle cose come la scoperta dell'acqua calda, perché penso che si possano condividere affermazioni opposte. Quando andiamo sul nucleo si riscoprono pezzi, addirittura, di archeologia politica. Quando diciamo "le dimissioni del ministro dell'interno che non ha saputo gestire l'incolumità...", se c'è una critica da rivolgere a questo ministro dell'interno è che ha fatto un mese di trattative, di atteggiamenti flessibili a tutti i costi, che addirittura ha avuto un approccio estremamente morbido per cercare di trovare una soluzione e come misure organizzative ha concentrato su Genova fino a una punta massima di 18.000 unità, tutto ciò che avevano disponibili le forze dell'ordine in questa fase organizzativa. Non so se di più fosse possibile fare.
I fatti del porto di Ancona sono fatti minori, sicuramente spiacevoli, tutto quello che si può dire, ma si parla di "forme repressive adottate dalle autorità nel porto di Ancona" e non è praticamente successo niente. Si è andati in direzione del punto precedente ove si chiedeva di isolare coloro che potevano, in via presuntiva, provocare disordini. Il Presidente della Giunta regionale è un magistrato e può confermare che il processo alle intenzioni è sempre molto difficile. Finché il reato non è stato compiuto, in via di previsione nessuno può essere colpevole, quindi l'intervento preventivo è un intervento su coloro che presumibilmente hanno avuto nel passato comportamenti simili. Su Libero di oggi c'è la lista degli arrestati — non nome e cognome ma soltanto le iniziati — e c'è una sfilza di persone che, in effetti, hanno fino a 11-12 precedenti nel settore giuridico della resistenza a pubblico ufficiale. Quelle persone sono passate, quindi al porto di Ancona questo è successo. Che poi nelle circostanze ci siano stati anche comportamenti non urbani, come denunciava il collega D'Angelo probabilmente è accaduto, ma sono di quelle cose ineludibili: quando i fatti accadono, accadono.
Il documento della maggioranza non ha proprio lo spirito di colui che da osservatore corretto esamina i fatti quali sono accaduti. Se a rinforzo di questa linea di tendenza si porta l'ordine del giorno approvato dal Consiglio comunale di Corfù che ho letto, per fortuna c'è scritto "traduzione non ufficiale", e voglio sperare che essendo la traduzione non ufficiale ci sia un errore di traduzione, perché a un certo momento si dice "cruda violenza che la polizia italiana ha esercitato dopo degli ordini del governo italiano durante i recenti avvenimenti di Genova". "Cruda violenza della polizia italiana" dopo tutto quello che è accaduto? Poi: "Esprime condoglianze alla famiglia dell'eroe Carlo Giuliani". Per carità di Dio, condoglianze. Ma questi hanno bisogno di una rieducazione culturale. Io sono uno di quelli che ha votato contro la pena di morte in varie occasioni, come mia scelta politica, e l'ho fatto in epoca non sospetta, 10-12 anni fa, quando c'erano anche vicende vivaci interne al mio partito, però questo povero ragazzo coinvolto, Carlo Giuliani, era uno che partecipava a uno scontro fisico tirando l'estintore, rompendo in più punti i vetri della camionetta dei carabinieri. Adesso si definisce "eroe"... Bisogna anche misurare i termini.
Su tutto questo non mi ritrovo. Noi di An deliberatamente non abbiamo presentato un documento, perché non riteniamo che alla fine di questa cosa sia opportuno partecipare al voto, perché comunque sia queste valutazioni non sono condivisibili e sono ampiamente strumentali di una situazione politica. Non ci mettiamo, infatti, a esaminare i fatti quali essi si sono svolti in maniera obiettiva, con meriti e demeriti che sono individuabili in tutte le parti in causa, in tutta la vicenda. Non ci ritroviamo tra coloro che sostengono la globalizzazione ad ogni costo, l'abbiamo detto, l'ho ripetuto questa mattina, l'hanno ripetuto negli altri interventi, ma non ci ritroviamo neanche in questo sistema di contrasto e di ipocrisia, termine usato questa mattina dopo l'intervento di Silenzi. Il festival dell'ipocrisia non ci attrae e il gioco delle parti, per cui al posto di Fini e Berlusconi ci sarebbero stati Rutelli e Fassino, per cui a seconda dello scambio di campo ciascuno dice l'opposto, non ci piace. Detto tutto questo, il gruppo di An non parteciperà al voto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Non voglio ripetere l'intervento che ho già fatto anche perché questo rituale di intervenire nuovamente per ripetere le cose che sono state già dette, dopo una giornata di dibattito non so a che cosa possa servire. Sull'ipocrisia voglio dire al collega Ciccioli che la questione può essere molto soggettiva, perché se pensiamo alle posizioni da lui espresse, questa critica può essere molto bene a lui rivolta.
A me non interessa riprendere alcune valutazioni che sono state già sviluppate nel dibattito. Ringrazio i colleghi che hanno firmato la mozione senza bisogno, per ogni gruppo, di ripetere gli interventi come solitamente assistiamo da parte dell'opposizione.
Noi pensiamo che sia avvenuto qualche cosa di straordinario in quest'ultimo periodo e che la fiducia critica nella capacità del mercato globalizzato di risolvere i problemi aperti dell'umanità è venuta meno. Finalmente non c'è più questa fiducia acritica ma c'è una critica rispetto a un ordinamento economico mondiale che fa sì che i quattro quinti dell'umanità stiano in condizioni di povertà. Questa è la questione più rilevante sulla quale ognuno deve essere chiamato a confrontarsi. Un limite che ho colto nel dibattito è che ci si è molto soffermati su alcune problematiche contingenti ma poco si è voluto discutere rispetto alle tematiche aperte, alle questioni umanitarie che dovrebbero invece impegnarci di più in un confronto ravvicinato e concreto.
Partendo da questo, noi vogliamo mantenere aperti un dialogo e un confronto con tutte quelle associazioni laiche e cattoliche che fanno parte del Genoa Social Forum, vogliamo mantenere un confronto sapendo — e questo è un aspetto importante del dibattito — che vanno eliminate tutte quelle contiguità con i violenti, che la violenza va isolata e che ognuno di noi deve essere impegnato ad isolare la violenza, perché vanifica i temi di fondo del movimento. L'impegno è allora delle forze politiche ma anche dello stesso movimento per isolare tutti coloro che sono violenti.
Quindi un dialogo, un confronto su alcune tematiche che sono al centro dell'attenzione del dibattito politico in Europa e nel mondo. Questo può essere foriero di un nuovo equilibrio mondiale che dia all'Onu un nuovo ruolo. Troppe volte, fino ad oggi, l'Onu è stata relegata ad un ruolo marginale, secondario in quanto le grandi potenze decidevano, poi, sulla testa di tutti i popoli.
Nella nostra risoluzione abbiamo evidenziato questi aspetti, perché li riteniamo centrali nel momento in cui parliamo del G8 di Genova e di quello che è avvenuto in questi giorni. La riunione del G8 non ha prefigurato un'adeguata soluzione per un reale governo dei problemi mondiali. Questo limite è emerso e anche i potenti del mondo debbono fare i conti con questo aspetto che fino a qualche tempo fa veniva sottovalutato dagli Stati economicamente più avanzati.
Vogliamo ribadire che le richieste di Kofi Annan per affrontare le malattie e la miseria dei poveri non si risolvono con le elemosine e che l'Onu deve avere un suo ruolo fondamentale, perché riconosciamo l'Onu come unica sede che può governare la globalizzazione autenticamente a servizio dell'umanità e riconosciamo — questo è un aspetto importante — che l'incontro con i rappresentanti dei Paesi poveri e la decisione di riduzione del debito sono passi positivi. Non smarriamo la strada di un giudizio rispetto anche agli eventi positivi che una pressione internazionale ha portato alle risoluzioni del G8. Dire che la soluzione dei problemi della democrazia e dello sviluppo risiede solamente nel libero mercato è un'affermazione falsa, perché c'è bisogno di una cooperazione tra i popoli e di un rispetto dei diritti umani.
Poi parliamo dell'ambiente, di Kyoto dove c'è stato un nulla di fatto e dove è grave un allineamento alle posizioni americane da parte di forze governative italiane, perché sui problemi dell'ambiente, sulla "rapina" all'ambiente che i Paesi sviluppati hanno fatto non è possibile che manchino risposte adeguate e rispettose dell'intera umanità.
In merito a quanto avvenuto a Genova esprimiamo cordoglio per la morte del giovane Carlo Giuliani, il cordoglio che va espresso ogni volta che una giovane vita viene stroncata in maniera violenta, in qualunque parte possa allocarsi rispetto alle posizioni politiche.
C'è una condanna, nel documento, di tutte le forme di violenza perpetrate che hanno trasformato le pacifiche manifestazioni in guerriglia urbana e si solidarizza con i cittadini genovesi per quanto sono stati costretti a subire. Si condanna tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno dato copertura a quelli che definiamo teppisti, che andavano denunciati e isolati preventivamente. Si condanna tutti coloro che direttamente o indirettamente, in questi giornate genovesi hanno dato comunque una copertura. Il documento solidarizza con le forze dell'ordine e con i giovani pacifisti che hanno subito ingiuste violenze. Non cadremo nel tranello della "polizia difesa dalle forze della destra", ci sono responsabilità nella direzione politica che fanno capo al ministro e al Ministero degli interni. La nostra non è certamente una condanna nei confronti degli agenti, dei poliziotti che eseguono gli ordini e che vengono messi in condizioni nelle quali la violenza è inevitabile, quelle condizioni che sarebbero state rimosse se ci fosse stata un'intelligence seria che voleva evitare gli scontri con i facinorosi, con i violenti, con i teppisti.
Condanniamo l'impiego inopportuno dei militari di leva e la conduzione dell'azione organizzativa di presidio della città di Genova che non è riuscita a prevenire l'ingresso dei movimenti di guerriglia. Pertanto chiediamo le dimissioni del ministro dell'interno che non ha saputo gestire l'incolumità di chi manifestava pacificamente e delle forze dell'ordine, senza peraltro isolare le frange minoritarie dei violenti.
Per i fatti di Ancona, considerato che l'operazione di espulsione dal suolo italiano ai danni di cittadini greci risulta in palese violazione delle norme del diritto alla libera circolazione in quanto carente delle previste notifiche individuali — e non delle targhe dei pullman: se questo è il livello di prevenzione e di repressione del Governo c'è di che preoccuparsi. Un conto è organizzare Forza Italia e un conto è organizzare le forze dell'ordine per prevenire...

DAVID FAVIA. Se tanto mi dà tanto, avremo un Ministero perfetto.

GIULIO SILENZI. Forse, come Stato di polizia lo farete perfetto...
Censuriamo le forme repressive adottate dalle autorità nel porto di Ancona, che senza un motivo plausibile hanno respinto indiscriminatamente dimostranti pacifici, violando inoltre le prerogative dei consiglieri regionali e dei parlamentari nazionali. Non abbiamo mai chiesto dimissioni, ma la censura di un comportamento anomalo che, non riconoscente della rappresentanza istituzionale del Governo regionale, dell'istituzione regionale e dell'istituzione statale, ci sembra di dover sottolineare e di dover votare.
La proposta di risoluzione è firmata dai consiglieri Rocchi, Benatti, Amati, Mollaroli, Avenali, Secchiaroli, Ascoli, Franceschetti, Tontini, Luchetti, Giuseppe Ricci, Procaccini e Silenzi. In definitiva, sono le forze politiche dell'Ulivo che hanno voluto dare risposte chiare e una sintesi unitaria che ci sembra importante, che invitiamo anche gli altri consiglieri che non l'hanno fatto a sottoscrivere, perché darebbe ancora più forza alle questioni chiare che in questa risoluzione sono contenute.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Intanto debbo fare una dedica al presidente del gruppo Ds Silenzi, perché a questo punto meriterebbe veramente una telefonata di gratitudine e di stima, almeno da parte di D'Alema e Veltroni: non so se arriverà. Capisco lo sforzo che è stato fatto. Ha invocato la chiarezza di quel documento. Sia chiaro che io rispetto i colleghi che sono andati al porto non ho alcuna intenzione di condannarli. Qualcuno ha detto che hanno cercato la vetrina, ma la vetrina la cercano in tanti: si cerca quando si vanno a visitare gli ospedali, quando si scende al mercato, dappertutto. Quindi non voglio condannarli per questo, li rispetto, pur non condividendo. Le mie parole, quindi, non suonino condanna per alcuno. Dico solo che in quel documento c'è uno sforzo enorme per conciliare le posizioni più distanti, ma questo si fa per "ragione di Regione", quindi non mi scandalizzo. Però non prendiamoci in giro dicendo che vogliamo fare chiarezza con quel documento. Penso che nella profonda coscienza di ognuno questo non c'è nemmeno il minimo tentativo di volerlo fare. In quel documento c'è chi dice che siamo in uno Stato di polizia e chi dice che la polizia è stata troppo leggera. Dico a Silenzi e ad Andrea Ricci che se lo Stato avesse dovuto veramente reprimere quei fenomeni di teppismo, ci sarebbe stato bisogno della polizia militare segreta e di un clima di orgia del potere: i films di Costa Gravas li conosciamo tutti quanti, perché hanno segnato la nostra adolescenza. Ci sarebbe stato veramente bisogno di uno Stato di polizia. Non oso credere questo, per cui diciamo che questa giornata è stata molto interessante, abbiamo assistito a un dibattito anche abbastanza divertente, se non vi fossero stati quegli aspetti drammatici che tutti sappiamo, ma di costruttivo c'è stato poco. Non sta sicuramente in quel documento che lascia le cose come stanno e forse ci allontana dalla verità e dall'accertamento delle vere responsabilità.
Come ho già detto, insieme al collega Viventi per questi motivi non parteciperemo alla votazione e abbandoneremo l'aula prima della votazione stessa.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione dei documenti.
Pongo in votazione la mozione 130/01 a firma dei consiglieri del gruppo di Forza Italia.

(Il Consiglio non approva)

Alla mozione 131/01 dei gruppi Rifondazione comunista e Verdi c'è un emendamento del consigliere Procaccini, il quale propone di sostituire le parole "chiede la rimozione del questore di Ancona" con "chiede la censura del comportamento del questore di Ancona". Pongo in votazione l'emendamento.

(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la mozione.

CESARE PROCACCINI. Chiedo la parola per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Sono già state fatte le dichiarazioni di voto. Le chiedo scusa, ma questo punto non posso darle la parola.

CESARE PROCACCINI. E' per mozione d'ordine.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.

CESARE PROCACCINI. Tutto il dispositivo della risoluzione ricompreso anche in quella degli altri partiti del centro-sinistra lo voto tranne il punto in cui...

PRESIDENTE. Quindi, chiede la votazione per parti separate?

CESARE PROCACCINI. Esatto.

PRESIDENTE. Lei chiede di estrapolare tutta la parte relativa a "chiede la rimozione dell'incarico..."?

CESARE PROCACCINI. Esatto. Annuncio di votare favorevolmente la mozione, mentre voto contro il punto in cui si chiede "la rimozione dell'incarico..." ecc.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la mozione, senza il penultimo capoverso.

ANDREA RICCI. Presidente, chiediamo che si voti comunque la mozione nella parte adesso stralciata.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la mozione, senza la parte in cui si dice "chiede la rimozione dall'incarico..." ecc.

(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la mozione nella parte in cui si dice "chiede la rimozione dall'incarico..." ecc.

(Il Consiglio non approva)

ANDREA RICCI. Presidente, chiedo la votazione per parti separate della proposta di risoluzione che si sta per mettere in votazione come segue: la prima parte fino ad "esprime il proprio cordoglio", la seconda parte, da "condanna" fino al capoverso che finisce con "movimenti di guerriglia", la terza parte da "chiede le dimissioni del ministro" fino alla fine".

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione fino a "esprime il proprio cordoglio per la morte del giovane Carlo Giuliani".

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la seconda parte, da "condanna tutte le forme di violenza perpetrate..." fino a "condanna l'impiego inopportuno dei militari di leva e la conduzione dell'azione organizzativa di presidio della città di Genova...".

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la terza parte, da "chiede le dimissioni del ministro", fino a "censura le forme repressive adottate dalle autorità nel porto di Ancona...".

(Il Consiglio approva)

La seduta è tolta. Riprenderà domani mattina alle 10.


La seduta termina alle 20,20