Resoconto seduta n. 52 del 25/07/2001
RESOCONTO INTEGRALE

SEDUTA DI MERCOLEDI 25 LUGLIO 2001
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUIGI MINARDI

La seduta inizia alle 10,40

Nomine

PRESIDENTE. Con miei decreti ho provveduto alle seguenti nomine:
— Cooperativa artigiana di garanzia "Artigiancoop", con sede in Ascoli Piceno — Sostituzione di un componente nel consiglio di amministrazione;
— Cooperativa artigiana di garanzia "Giuseppe Salomoni" di Macerata — Elezione di due componenti nel consiglio di amministrazione;
— Consiglio di amministrazione dell'Ersu di Urbino — Elezione di n. 2 rappresentanti della Regione



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Castelli, Romagnoli, Gasperi, Donati e Trenta.



Proposte di legge (Discussione generale):
«Norme sull'organizzazione e sulla dirigenza della Giunta regionale» Giunta (32)
«Norme per la semplificazione e il riordino della legislazione regionale in materia di personale» Giunta (49)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge nn. 32 e 39 ad iniziativa della Giunta regionale.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Signor Presidente, signori consiglieri, affrontiamo oggi la discussione per approvare una delle più rilevanti leggi di questa prima fase della legislatura, che attiene l'organizzazione complessiva dei servizi della Regione. La discussione delle due proposte a iniziativa della Giunta, la n. 32 e la n. 49, viene unificata in modo da semplificare anche l'ordinamento giuridico della nostra Regione.
Credo che a nessuno sfugga l'importanza di questo provvedimento dopo undici anni dalla legge 30, che viene così abrogata. Quindi, dopo undici anni la Regione ritorna sulla propria organizzazione, perché in questo tempo sono avvenute cose molto importanti che modificano sostanzialmente il rapporto di pubblico impiego. Si sono introdotte delle novità sostanziali, quindi oggi ci accingiamo a rivedere funzionalmente anche l'organizzazione della nostra Regione. Per la verità, da tempo, da più parti si sottolineava questa necessità che è basata essenzialmente sulla necessità di rendere più funzionale l'operatività degli uffici regionali rispetto alle modificazioni, sia istituzionali, sia politiche, sia contrattuali intervenute in questo frattempo.
Sottolineo uno dei principali aspetti che sono intervenuti e che riguarda, appunto la privatizzazione del rapporto di lavoro del pubblico impiego. Fino ad oggi il rapporto di lavoro era disciplinato da norme giuridiche di derivazione legislativa, oggi invece il rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, quindi anche dei dipendenti regionali, si basa su un contratto di natura privatistica.
La seconda questione, sempre attinente il rapporto di lavoro dei dipendenti, riguarda la novità che il Dpr 29 e successivi hanno introdotto rispetto alla dirigenza. Queste novità sono sostanziali in rapporto alla nuova responsabilità che la dirigenza pubblica viene ad avere nella gestione della funzione pubblica e, in sostanza, queste novità pongono in capo alla dirigenza una grande responsabilità non solo nella continuità gestionale, ma anche nella responsabilità che il dirigente viene ad avere rispetto agli atti esterni alla stessa amministrazione. Pertanto dovremmo uscire, sostanzialmente, da una amministrazione di tipo autoreferenziale, per andare ad una amministrazione che procede per obiettivi e per processi, cioè una novità sostanziale di organizzazione. Mentre prima gli uffici, statici, provvedevano alle proprie incombenze indipendentemente dalle novità che potevano in qualche modo intervenire, oggi grazie a questa nuova impostazione anche l'Amministrazione può agire attraverso nuove procedure che fanno assomigliare l'organizzazione pubblica più ad una organizzazione di carattere privatistico. Sottolineo questo aspetto non perché voglio per forza dire che il privato è bello, non è questo il problema, ma dobbiamo sottolineare che proceduralmente l'amministrazione è assai indietro rispetto a tutte le tecniche e tematiche che presiedono l'organizzazione di altre strutture non pubbliche.
Uno dei concetti che dobbiamo tenere presente è che per raggiungere questo obiettivo, per creare un'amministrazione per obiettivi e per processi dobbiamo sicuramente tendere ad una organizzazione flessibile, non ingessata. Da questo punto di vista c'è un emendamento proposto dai Comunisti italiani che vedono nella parola "flessibilità" quasi una parole demoniaca. Non è da intendere così. Con "flessibilità" non si intende una liberalizzazione dell'organizzazione quanto una capacità di adeguamento della propria struttura a quanto sta avvenendo intorno alla pubblica amministrazione e per gli obiettivi che essa deve raggiungere.
E' chiaro che questo concetto si sposa con una questione essenzialmente nuova, quella della nuova funzione della pubblica amministrazione locale che, attraverso la "Bassanini" prima e le successive leggi, anche istituzionale, pone a livello regionale e agli enti locali una novità sostanziale dal punto di vista funzionale e della responsabilità.
Un altro obiettivo che ci vogliamo porre con questa legge, tenendo conto anche delle nuove tecnologie che possono essere introdotte e che già sono state introdotte nell'apparato organizzativo, è la necessità di rendere adeguata la struttura anche a queste nuove esigenze tecnologiche che hanno il pregio di snellire e di rendere molto più efficace l'azione della pubblica amministrazione.
Tre sono le caratteristiche principali di questa legge. Una prima caratteristica è organizzativa. Sostanzialmente si introducono nella nuova realtà organizzativa i dipartimenti, strutture omogenee, strutture che incorporano nella loro struttura materie omogenee, rendendo più dinamico il rapporto dei singoli servizi, strutture sottoordinate ai dipartimenti.
I dipartimenti sono cinque. Sono strutture che, grazie alla loro omogeneità, dovrebbero rendere molto più efficace il collegamento tra struttura e struttura, cosa che oggi è abbastanza complicato realizzare. La questione del dipartimento è una novità sostanziale, anche per il fatto che diventa una realtà organizzativa vera e propria, diversa dal ragionamento che fino ad oggi si è fatto sulle aree che contrattualmente erano previste, che avevano la possibilità di coordinarsi ma in maniera molto più blanda. Invece il dipartimento diventa una struttura a tutti gli effetti e pertanto può collegare in misura più adeguata le strutture interne allo stesso dipartimento.
Le sinergie oggi diventano sostanziali nel portare avanti le questioni organizzative. Se non riusciamo a mettere in sintonia le singole strutture non andremo avanti. Difatti, uno dei problemi più importanti è questa incomunicabilità che esiste tra i vari servizi attuali.
A conferma che il dipartimento viene ad essere una struttura vera e propria, c'è la novità del direttore che assume la veste di direttore generale. Ma su questa prima caratteristica, che è del tutto organizzativa, vorrei sottolineare un altro aspetto: è in questo ambito che si realizza quello che il Dpr 29 e successive variazioni ha voluto introdurre, cioè la separazione tra il momento politico e il momento gestionale che in qualche modo realizziamo in maniera originale in questa legge, non prendendo tout-court quello che il 29 ha preordinato, cioè la netta separazione tra il momento politico e il momento gestionale. In maniera originale abbiamo tentato di realizzare questa separatezza, dando comunque all'Esecutivo un potere di sovraordinazione, non di dipendenza funzionale. Questo è un elemento originale, soprattutto quando andremo a parlare del rapporto funzionale all'interno della dirigenza. Credo che questo dia garanzia all'Esecutivo di poter affidare alle proprie strutture missioni abbastanza precise, grazie alla dinamica originale che siamo riusciti a porre in questa legge.
La seconda caratteristica attiene proprio alla dirigenza, tant'è che questa proposta di legge, quando non era collegata all'abrogazione delle leggi successive che riguardano l'intero personale, aveva la caratteristica di organizzare soprattutto la nuova realtà dirigenziale, tentando di mettere in essere i contenuti del Dpr 29.
La dirigenza, con questa legge ha il pieno riconoscimento. Già dalla legge 30 si era impostata questa autonomia e responsabilità. Oggi chiudiamo il cerchio, cerchiamo cioè di dare alla dirigenza la massima responsabilità.
Abbiamo fatto una scelta molto importante che secondo me avvalora ancora di più questa struttura organizzativa così com'è stata concepita. Noi concepiamo la dirigenza unicamente su due livelli: il livello della direzione del dipartimento e il livello del servizio. Qui c'è una polemica, e ho visto che alcuni colleghi hanno presentato degli emendamenti, tentando di porre in discussione il rapporto tra questi due livelli che l'impostazione della legge prevede in maniera equilibrata, cercando di rendere massimamente responsabili tutti e due i livelli, sia il primo che il secondo, sia il livello di dipartimento, che ha la maggiore responsabilità organizzativa, ma senza ledere l'autonomia dirigenziale, come il Dpr 29 prevede, del dirigente ad esso subordinato.
Perché abbiamo fatto la scelta di due livelli? Proprio per dare la massima responsabilità al dirigente e automaticamente, con questa scelta non abbiamo fatto altro che avvalorare e arricchire l'apporto dei quadri intermedi che attualmente, per una scalettatura dirigenziale abbastanza marcata, rischiano di essere esautorati da qualsiasi responsabilità. Questo dal punto di vista formale. Sappiamo perfettamente che dal punto di vista sostanziale l'ossatura portante di tutta la struttura regionale sta in capo proprio ai quadri intermedi, alla cosiddetta fascia D nella quale c'è la parte più giovane del tessuto organizzativo, ma anche perché l'apporto sostanziale di nuove energie determina un maggiore peso organizzativo. Pertanto, questa esaltazione dei quadri intermedi la vorrei sottolineare.
Noi facciamo un'operazione molto importante riqualificando la dirigenza, cercando di darle maggior peso di responsabilità proprio per questa funzione nuova che viene ad ottenere, ma chiamando a responsabilità anche il personale sottostante, che proprio per queste nuove responsabilità si preparerà meglio, nel futuro, a garantire una continuità della dirigenza, cosa che fino ad oggi abbiamo visto messa in discussione.
Una delle cose importanti è che questa legge presuppone anche la necessità di una formazione. Con questa legge, sostanzialmente mettiamo in essere una formazione continua anche per la dirigenza e non solamente per il personale addetto alle strutture, in quanto la stessa normativa presuppone che all'interno della Regione si innesti una procedura di formazione che consenta una preparazione adeguata ai quadri sottostanti la dirigenza, per accedere poi, nei momenti in cui si libereranno i posti, alla dirigenza stessa.
Terza caratteristica che voglio sottolineare è questo disboscamento che si è fatto delle leggi sul personale, snellendo di molto il panorama normativo del personale stesso che attualmente viene ad essere regolato essenzialmente dal contratto di lavoro proprio perché la privatizzazione comporta questo tipo di impegno, cioè attribuire alla contrattazione la massima capacità normativa. Da questo punto di vista si vanificano tutte quelle che erano state le leggi di approvazione dei contratti passati. Voi sapete che in precedenza le normative contrattuali dovevano essere assolutamente rese efficaci dalle leggi, pertanto con questa legge abroghiamo completamente tutte le leggi che fino ad oggi erano inefficaci, proprio perché erano state fatte per rendere efficaci contratti ormai superati dalla nuova contrattazione, pertanto veniamo a snellire notevolmente tutta la farraginosa normativa del personale.
Credo che da questo punto di vista è importante tener presente che quello che stiamo facendo è un atto coraggioso, che potrebbe comportare anche qualche svista — lo diciamo con molta sincerità — perché aver fatto questa operazione così imponente potrebbe comportare anche qualche dimenticanza. Spero — abbiamo cercato di fare, attraverso gli uffici, tutti gli approfondimenti necessari — che qualora ci fosse la necessità di qualche integrazione, si possa umilmente metterci le mani. Ma credo che gli approfondimenti fatti ci consentano di stare abbastanza tranquilli.
La legge è composta di 6 capi e di 38 articoli, con i bis. Il primo capo introduce un'impostazione di fondo della struttura. In pratica si riprendono i principi e le finalità che prima enunciavo, cioè impostare l'organizzazione in termini nuovi. C'è qui una riconferma di quello che dicevo prima sul potere di organizzazione della Giunta regionale. In buona sostanza il potere organizzatorio che oggi viene ad essere, con il 29, in capo agli stessi dirigenti, la legge lo fa condividere con l'Esecutivo, almeno nelle prime istanze, nelle fasi di avvio, in modo tale che ci sia una strutturazione condivisa. Qui abbiamo introdotto un concetto importante sulla formazione. La formazione deve cioè diventare uno degli aspetti più importanti della nuova realtà organizzativa. Credo che sia una scommessa questa, ma così come si sta facendo in tutte le altre realtà organizzative, sia aziendali, sia imprenditoriali, c'è la necessità di tener presente che la formazione oggi diventa essenziale per fare in modo che l'organizzazione funzioni. Non mi soffermo sulla necessità di adeguamento alle nuove tecnologie. Abbiamo oggi la necessità di toccare elementi nuovi nelle fasi organizzative che non sono solamente quelle tecnologiche ma sono anche quelle organizzative e relazionali. Oggi l'organizzazione ha bisogno di questi requisiti perché la pubblica amministrazione deve essere sempre più a supporto della vita delle comunità, e se gli operatori non hanno queste caratteristiche il rischio di mantenere il fossato tra la pubblica amministrazione e la comunità è scontato. Ecco perché la formazione viene ad avere un ruolo decisivo, come confermato dall'inserimento della scuola nel dipartimento organizzativo, quello degli affari generali. La scuola dovrebbe svolgere un ruolo non solo interno, anche esterno, importante per garantire questa funzione.
Il secondo capo riguarda i dipartimenti. Abbiamo puntato su cinque dipartimenti. Il dibattito è stato in Commissione approfondito, perché la scelta di cinque dipartimenti in questa prima fase non è dogmatica ma abbiamo ritenuto di farla in quanto ci sembra che in questa prima fase, in una fase che io definirei anche sperimentale, perché ci accingiamo a varare un modello che non abbiamo mai avuto prima, è stato possibile fare queste riflessioni di andare con i piedi di piombo dal punto di vista della quantità dei dipartimenti, cercando di tenere conto di quanto questa nuova fase poteva risentire della nuova organizzazione.
Il dipartimento affari generali è una fase orizzontale, cioè vorremmo che questo primo dipartimento fosse di aiuto a tutta la struttura. Ecco perché al proprio interno dovrebbe contenere tutte quelle strutture che hanno valenza, in aiuto anche agli altri dipartimenti. Quindi, in questo dipartimento dovrebbe figurare tutta quella strutturazione che attiene al personale, all'organizzazione, all'informatizzazione ecc., in modo tale che ci sia un riferimento funzionale forte, che dovrebbe fare da motore alla nuova realtà organizzativa la quale ha bisogno di riferimenti tecnologicamente avanzati e specializzati. Abbiamo ritenuto che questa rimanesse una competenza del Consiglio, perché il Consiglio, oltre all'informativa che può avere su come vanno le cose dal punto di vista organizzativo, dovrebbe avere un controllo, da questo punto di vista, pur rispettando in toto le competenze dell'Esecutivo.
Le materie che fanno parte dei dipartimenti sono competenza della Giunta. In uno dei suoi primi atti la Giunta dovrà inquadrare la nuova dipartimentalità. Qui balzano subito in evidenza le attribuzioni dei direttori di dipartimento che sono i principali responsabili delle nuove strutture. Ecco perché attribuiamo a questi direttori di dipartimento un trattamento economico del tutto particolare che viene ripreso negli articoli successivi, ma questi direttori devono avere una esperienza e una capacità organizzativa notevole proprio per fare quel lavoro di cui parlavo prima, di organizzazione e di interrelazione tra le strutture ad essi sottoposte.
Questo potrà essere un lavoro organizzato e coordinato proprio grazie ad una struttura che si prevede, cioè il comitato di coordinamento, una struttura autoorganizzata dai direttori di dipartimento. Dovrebbe essere il banco di verifica della organizzazione complessivamente intesa, perché da questo organismo dovrebbero poi partire tutte quelle proposte non solo di coordinamento, ma anche di stimolo a che l'organizzazione proceda in termini coordinati e di efficacia e di efficienza.
Da questo punto di vista, oltre a questo comitato che sovrintende l'intera organizzazione si prevedono momenti anche di responsabilizzazione complessiva, sia all'interno dei dipartimenti sia all'interno dei servizi. In sostanza abbiamo previsto in questa legge che ci sia il coinvolgimento complessivo della gente che lavora in queste strutture, in modo tale che tutti abbiano la capacità di apportare la propria attività in termini costruttivi e coordinati. Ecco perché c'è la necessità di fare delle conferenze di dipartimento.
I dipartimenti sono articolati in servizi, oltre ai servizi ci sono altre strutture di pari rilevanza, dirette dagli stessi dirigenti, cioè posizioni di progetto e di funzione. Abbiamo confermato la struttura del gabinetto del Presidente: questa figura viene ad essere rilevante dal punto di vista della rappresentanza dello stesso Presidente, sia in termini di struttura interna sia in termini esterni. Di fronte alla proposta iniziale che prevedeva la struttura del comitato di controllo e della scuola di formazione fuori dalla dipartimentalità, abbiamo ritenuto di portarli dentro il dipartimento per rendere tutto funzionale dal punto di vista della organizzazione. Inoltre si prevede l'attribuzione delle responsabilità ai dirigenti di servizio.
Qui c’è una variazione che abbiamo fatto al testo iniziale, proprio per riconfermare una responsabilità diretta dei dirigenti dei servizi rispetto alla rappresentanza dell’ente. Abbiamo trovato quel giusto equilibrio di cui parlavo, per fare in modo che la dirigenza sia pienamente responsabile dei propri atti e sia essa stessa capace di interloquire direttamente con l’esterno.
Da questo punto di vista dovrebbe notevolmente scendere l’attività deliberatoria della Giunta, proprio perché, tenendo cono anche della nuova legge di contabilità, la responsabilità dell’attuazione dei piani, dei programmi e degli indirizzi viene posta in capo alle strutture.
Il capo III riguarda tutta la normativa inerente la nuova dirigenza. Già ho detto molto da questo punto di vista, non mi ci soffermo ulteriormente.
Il capo IV riguarda le dotazioni organiche. Sostanzialmente si riprendono le normative che vengono abrogate con le leggi di cui parlavo prima. Ecco perché in questo capo ci sono tutte quelle normative che interessano la pianificazione della dotazione organica, la disciplina del lavoro e i regolamenti.
Nel capo V ci si interessa degli enti, delle agenzie e delle aziende. Sapete che da diverso tempo a questa parte la Regione ha fatto la scelta di dotarsi di strumentazioni extrastruttura, pertanto da questo punto di vista si sono venuti ad organizzare molti enti, molte aziende, molte agenzie. Da questo punto di vista la Commissione ha ritenuto di procedere ad una revisione di questa realtà organizzativa. Ecco perché si demanda alla Giunta la predisposizione di un apposito progetto di legge per riordinare il panorama di queste strutture, anche perché devono essere messe in sintonia, oggi, con la dipartimentalità così come la legge prevede.
Nelle norme finali ci sono alcune cose da rilevare, per esempio riguardo l’abrogazione del centro beni culturali, ma anche qui c’è un rinvio ad un riesame di questa problematica così importante, dopodiché si dà alla Giunta la possibilità, nel caso di particolari esigenze — per esempio il terremoto — di intervenire direttamente a realizzare strutture ad hoc.
Dopodiché seguono le abrogazioni delle leggi di cui parlavo. La legge demanda alla Giunta una grande mole di lavoro. Ecco perché penso abbia insistito per fare in modo che questa legge venisse approvata prima delle ferie, perché ho contato che ci sono circa 18 atti da mettere in essere per realizzare la struttura nel suo pieno assetto. Questo è un lavoro molto rilevante, una cosa molto importante, perché al di là di quello che la legge propone, la parte esecutiva e di messa a punto rimane essenzialmente in capo alla Giunta, pertanto prima saranno messi in essere tutti gli atti che la legge demanda alla Giunta, prima la legge troverà conferma nella sua effettiva portata.
Credo che nella discussione degli emendamenti che sono stati già presentati avremo modo di approfondire i singoli aspetti che la relazione iniziale può tralasciare. Credo che siano emendamenti per alcune parti anche accoglibili, mentre altri vanno spiegati in quanto vengono a confliggere con l’impostazione della proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. La proposta di legge è un atto necessario e a lungo atteso. La prima considerazione è che c’è molta attenzione per l’organizzazione della dirigenza e molto meno attenzione per l’organizzazione complessiva dell’ente. Rispetto al testo originario, in Commissione molti passi in avanti sono stati fatti. Sono abbastanza soddisfatto, perché in genere, in Commissione, le leggi rimangono più o meno quelle che sono, in questo caso il relatore di maggioranza si è fatto carico di entrare nel merito di molti articoli della legge e c’è stato un atteggiamento di apertura da parte di alcuni componenti la Commissione, cosicché alcuni passi in avanti, significativi, sono stati fatti. Rimangono molti aspetti sui quali mi sento invece di dover svolgere una relazione critica, in particolare il fatto che on ci sia stato il coraggio di proseguire fino in fondo sulla linea intrapresa.
Non andrò a ripetere tutto ciò che ha detto il relatore di maggioranza, perché impiegherei tempo e credo che non porterei alcunché di nuovo. Viceversa vado ai passaggi che ci vedono critici e che non ci permettono tuttora di votare la legge. Siamo aperti a votarla, però con ulteriori cambiamenti che possono essere apportati attraverso l’approvazione di alcuni emendamenti.
Primo punto, l’organizzazione dei dipartimenti. Crediamo che sia importante creare dei dipartimenti che abbiano una funzione di rappresentanza verticale, però siamo contrari allo svuotamento dei servizi, perché questa legge tende a verticalizzare eccessivamente l’ente, nel senso che colui che dirige il dipartimento sicuramente ha un ruolo importante rispetto alla fase attuale, ma lo svuotamento dei servizi porta a una demotivazione dei quadri intermedi che di fatto sono la forza organizzativa dell’ente stesso. Anche sulla ripartizione dei dipartimenti, che sono attualmente cinque — è pur vero che possono essere modificati con atto della Giunta che poi deve essere approvato dal Consiglio — ho trovato conforto in alcuni componenti della Commissione e non componenti che hanno presenziato ai lavori, che avevano delle perplessità. Vi dovrebbero essere sei aree omogenee, non cinque così come previsto. In particolare sottolineo l’area dei beni culturali che in questa fase dello sviluppo e delle prospettive future della nostra regione rappresentano un punto centrale sul quale crediamo non ci possano essere confusioni con altri settori. L’inquadramento nel dipartimento dei cosiddetti “servizi alla persona” ci sembra del tutto insufficiente, e comunque non è possibile mettere tutti insieme, perché si rischia di perdere di vista, da parte di colui che coordina, dirige, stimola, un settore che è fondamentale da qui ai prossimi anni e comunque un settore in forte crescita e che può svilupparsi ulteriormente.
L’altro aspetto è quello della quota esterna. Quale percentuale di personale può essere chiamato all’interno della struttura? La quota indicata era il 15%. Noi, su questa modalità di chiamata siamo critici. Non siamo critici in assoluto sul fatto che ci sia la possibilità di collocare persone esterne alla Regione se ci sono competenze comprovate, ma perché di fatto questa previsione di legge viene sfruttata per chiamare persone particolari, cioè fiduciari politici. Abbiamo allora ristretto questa quota, affinché nel 15% sia compreso anche tutto il personale in mobilità che proviene da altri enti. Con un emendamento, noi andiamo al di là: non solo personale che arriva in Regione tramite mobilità o tramite chiamata esterna, ma anche coloro che si trovano in posizioni di comando, perché di fatto i comandi, in Regione diventano poi stabilizzati e si trasformano in posti di ruolo, quindi quel 15%, a partire dalla legge non può superarsi e deve ricomprendere comandi, mobilità e personale esterno.
Ulteriore passaggio in avanti, che definirei epocale. E’ stato modificato, in Commissione, un articolo relativamente agli incarichi e alle consulenze. Fino ad oggi gli incarichi e le consulenze venivano dati dalla Giunta e poi la Giunta sentiva il parere della Commissione, che doveva essere dato obbligatoriamente, ma era facoltativo nell’uso. Viceversa arriviamo ad un passaggio in cui l’incarico deve essere approvato dalla Commissione, se la Commissione non l’approva la Giunta non può procedere all’assegnazione di incarichi e consulenze.
L’emendamento che mi ero fatto carico di apportare prevedeva anche la modalità con cui vengono dati questi incarichi, cioè un avviso, ovviamente da valutare discrezionalmente da parte della Giunta, con procedura di evidenza pubblica, perché invece che essere stimolati gli incarichi sottobanco, l’avviso pubblico — fatte salve le prerogative di valutazione e selezione da parte della Giunta — renderebbe quella trasparenza che tuttora manca. Questo è uno dei passaggi qualificanti. Se si arriva da parte di questa Assemblea ad approvare anche l’avviso di evidenza pubblica, certamente come opposizione mi faccio carico di portare — parlo del mio gruppo, ma penso di poter parlare anche del gruppo di Forza Italia — a un voto positivo sulla legge, perché significherebbe che per la prima volta in questa Regione gli incarichi esterni vengono proposti dalla Giunta, ma approvati con voto determinante dalla Commissione consiliare competente, inoltre la procedura di ricerca del cosiddetto soggetto con competenze specifiche, sia esso privato, ente, università od altro avviene attraverso un avviso pubblico, tutti sanno che in quel momento la Giunta regionale cerca delle competenze specifiche che non trova all’interno della Regione, quindi i curriculum o tutto ciò che può essere prodotto per certificare è di evidenza pubblica.
Per quanto riguarda il centro beni culturali siamo contrari alla sua soppressione. Anche qui la legge ha fatto un grande passo in avanti: si dice che entro quattro mesi dalla pubblicazione della legge ci sarà un articolato specifico che prevederà la nuova organizzazione dei beni culturali della Regione Marche. Però siamo contrari a sopprimere e dire “ci sarà una legge fra 3-4 mesi”, perché tutti sanno quali sono i tempi della Regione, quindi rischiamo di creare un vuoto che non venga riempito in tempi certi. Riteniamo quindi di sopprimere questo passaggio. Quindi l’emendamento che presentiamo propone di “sopprimere la soppressione” ed attuare entro quattro mesi la nuova organizzazione dei beni culturali. E anche qui insisto e sottolineo: i beni culturali sono uno di quei settori che lo Stato delegherà alle Regioni in parte più significativa di oggi. Nel momento in cui lo Stato fa le deleghe in questo settore la Regione Marche toglie il centro beni culturali. E’ veramente una cosa che grida vendetta.
Il coordinatore dei direttori di dipartimento. Dopo una lunga contrattazione si è arrivati a nomine annuali, ogni anno il coordinatore viene nominato. Io ho proposto, attraverso un emendamento, “per non più di due mandati”. Non si devono creare delle incrostazioni per cui c’è uno che di fatto, illimitatamente, riceve ogni anno lo stesso mandato. Credo che sia un valore aggiunto che più dirigenti possano svolgere questo ruolo di coordinamento. L’emendamento in sé non è dirompente. Un solo mandato è forse limitativo, ma uno che ha in mano il vertice della Regione per due anni, se ha idee e capacità le può spendere e realizzare.
Abbiamo detto che due conferenze dei servizi l’anno sono cosa modesta, bisognerebbe che fossero almeno trimestrali. Credo che nel corso dell’anno solare sia importante fare almeno quattro incontri. Non è niente di rivoluzionario, ma si tratta di un tentativo di portare un contributo in questo senso.
Per quanto riguarda la ristrutturazione di enti e agenzie non ce la siamo sentita di dare impostazioni subito, anche se problemi ci sono. Oggi la materia dell’organizzazione degli enti, agenzie e strutture collegati alla Regione è molto confusa e incerta, ci sono disparità di trattamenti, di poteri, di ruoli. E’ una cosa da ritoccare e si è detto “facciamolo con legge a parte”. E’ una politica del rinvio, ma meglio un po’ fatto bene che tutto insieme fatto male.
Quindi atteggiamento aperto, legge attesa, nodi non totalmente sciolti. Se vi sarà l’accettazione di tre-quattro passaggi significativi, alcuni dei quali sono anche condivisi, pur con qualche modifica, da parti della maggioranza, il nostro voto sarà positivo. Il consigliere Ascoli che è venuto in Commissione, pur non facendone parte, ha dato delle indicazioni che sono anche nostre, per esempio sul dipartimento beni culturali che secondo noi è un passaggio importante. Noi diamo un contributo a una Giunta, a un Governo che non è il nostro, ma crediamo che la Regione valga di più del rapporto maggioranza-opposizione.
Se ci saranno questi passaggi bene, altrimenti il giudizio complessivo sulla legge non è sufficiente. Per votarla bisogna raggiungere il 6, ancora al 6 non ci siamo, siamo arrivati al 5. Questo è il mio giudizio allo stato dei fatti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Cari colleghi, come è stato già sottolineato dai relatori, si ha la sensazione di essere di fronte a un appuntamento importante, a una svolta organizzativa dell’ente Regione. Pongo qui alcune rapidissime riflessioni, in attesa di conoscere se c’è la volontà di rispondere a questi spunti che mi sono suggeriti anche da un po’ di esperienza nei rapporti tra gli enti locali e la Regione e soprattutto dalla sottolineatura del ruolo che la Regione dovrà avere nei prossimi anni.
La premessa generale è che in qualche modo ci troviamo ad anticipare, con l’organizzazione, la struttura stessa della Regione, le risposte che dovrà dare, quindi, di conseguenza, anche l’organizzazione ottimale dei servizi che sarà chiara soltanto fra qualche mese. Ma non mi crea problemi anticipare anche ideologicamente e concretamente la riflessione sull’organizzazione dell’ente Regione se ci chiariamo alcuni aspetti che ritengo fondamentali.
Intanto c’è da dire che con questa organizzazione, forse nella volontà dell’Esecutivo c’è senz’altro la tendenza a ridurre tutto quel giro di consulenze che spesso è stato qui stigmatizzato. L’occasione, da non perdere, è quella di organizzare l’ente Regione in modo tale da valorizzare, se e quando possibile, anche le personalità dei propri dipendenti, dei propri dirigenti e nello stesso tempo ricorrere di meno al mercato esterno, quindi dare la risposta di una Regione che riesce ad organizzarsi facendo leva anche sulle proprie potenzialità interne.
Dato che nella premessa ideologica all’atto si parla di concetti che sono sempre più ricorrenti, quindi obiettivi di efficacia ed efficienza della macchina buocratico-amministrativa e legislativa regionale, pongo un problema molto chiaro all’Esecutivo: avete mai pensato all’istituzione della direzione generale della Regione? E’ una cosa da distinguere dalla segreteria generale della Giunta, ad esempio. Se si pensa a criteri di managerialità di un sistema che va improntato a piramide, non vedo perché non debba essere presa in considerazione l’ipotesi della previsione di un direttore generale della Regione. Se piramide ci deve essere, la piramide deve essere completa e il coordinamento vero dei superdirigenti delle macroaree deve essere, in un ente di queste dimensioni, riferito a un vertice nominato come si nominano tutti i direttori generali nei Comuni o anche in enti e istituzioni private, cioè il direttore generale di fiducia del Presidente. Non ne ho sentito parlare, vorrei chiarimenti su questo.
Mi sembrava più opportuna una coincidenza numerica, quantitativa e qualitativa, dei dipartimenti con gli assessorati, perché le disfunzioni possono essere facilmente prevedibili. Capisco la polemica che ci potrebbe essere sul numero delle macroaree, ma credo che, per funzionalità, la coincidenza tra assessorato e dipartimento doveva essere pressoché millimetrica.
Crediamo o no a un sistema ispirato allo spoil-system? Lo spoil-system deve essere a mio avviso totale, quindi quando si parla di cinque anni, voi avete pensato al dirigente nominato ad inizio di mandato e che finisce con il termine del mandato...

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ma c’è, il termine di mandato.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Non l’ho visto. Si parla di cinque anni, non di “termine di mandato”. Comunque, se crediamo allo spoil-system, il dirigente — e io suggerisco anche il direttore, nel caso siate disposti a cambiare questa normativa — debbono decadere con la fine del mandato del Presidente.
Si è poi parlato a lungo dei requisiti. Mi sembra che l’impianto, anche ideologico, di questa normativa, sia riferito a criteri abbastanza vecchi. Capisco che forse, nel profondo della vostra coscienza, del vostro intento c’è un obiettivo diverso, però mi pare che sia fatto eccessivo riferimento alla caratteristica standard del dirigente troppo burocrate. Quindi, meno burocrate e più manager: nel manager io contemplo anche tutti i requisiti che riguardano la conoscenza del diritto, quindi non sono contro il burocrate vecchia maniera per forza, dico che se il burocrate si managerializza è meglio.
Mi pare che il riferimento ai requisiti sia molto vago e non contempli il riferimento ad un mercato, esterno e interno, e ho detto prima che io sono per la valorizzazione anche delle potenzialità esterne, per la valorizzazione di coloro che dimostrano di sapersi aprire a una velocità di cambiamento del mondo esterno molto forte che in qualche modo la Regione deve eseguire. Quindi io avrei fatto riferimenti anche a conoscenze di lingua, di informatica, di mercato, di economia, di sociologia ecc., quindi un insieme di valori di riferimento più ampi di quelli che sono i vecchi standard del burocrate, con tutto il rispetto per il burocrate vecchio stampo.
Non mi è chiaro l’aspetto del comitato tecnico per la legislazione, non ho ben capito se è quello che valuta l’impatto della regolazione, comunque mi sembra a tutti gli effetti un doppione, perché il comitato tecnico per la legislazione dovrebbe essere all’interno di ogni macroarea, quindi nella parte istruttoria dell’iter complessivo di un atto che promana dal superdirigente della macroarea dovrebbe essere compreso. O è un organo di staff alle dipendenze del Presidente. Non mi è chiaro, come non mi è chiara la funzione del capo di gabinetto del Presidente: se assurge al livello di dirigente di macroarea o di staff, oppure no. C’è una confusione tra gli organi in linea e gli organi di staff che non mi sembra chiarita in questo impianto.
L’altro aspetto che è stato più volte, almeno da me, evidenziato, riguarda l’organo tecnico di controllo interno e di valutazione. Qui si parla di tre componenti, io direi di sancire che deve essere completamente esterno, perché ci sono molti enti che prevedono questo organo e poi fanno ricorso a personale interno, magari tecnicamente valido, però mi pare che sia meglio porlo in condizioni di terzietà rispetto all’ente.
All’art. 19, comma 2 mi pare abbastanza improprio che la Giunta, il Presidente o gli assessori possano addirittura determinare gli organici delle segreterie particolari. Penso che si possa fare uno sforzo, in questo schema normativo — oppure rimandandolo ad un regolamento — per stabilire la quantità degli organici delle segreterie particolari e non rimandare di volta in volta. Questo lo ancorerei a un criterio di valutazione che mi pare possa essere oggettivo.

VITO D’AMBROSIO, Presidente della Giunta. L’art. 19, comma 2 va letto alla luce dell’art. 19, comma 1 che ha un limite massimo, cioè “fino ad un massimo di...”. L’importante è stabilirlo in meno, non in più.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Penso che si possa quantificare, ma non in una legge bensì in un regolamento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Vorrei fare riflessioni di altro genere rispetto a quanto già detto dai colleghi Ciccioli e Massi. Sei anni or sono il Presidente D’Ambrosio ci disse che si sarebbe occupato della questione del personale. Oggi è un momento importante, perché facciamo la legge di organizzazione relativa a tutti gli uffici della Giunta e poi, probabilmente, faremo qualcosa per quanto riguarda anche gli uffici del Consiglio, c’è una bozza da vedere, quindi proporremo anche una legge.
Molte cose sono state dette, anch’io ho presentato alcuni emendamenti, uno dei quali finalizzato ad avere uguali punti di partenza fra i funzionari pubblici e quelli privati che aspirano ad essere dirigenti o capi dipartimento nel settore pubblico, perché non solo spoil-system, ma anche libera scelta vuol dire che la competizione ci deve essere in tutti i momenti, quindi la riflessione da fare è che ognuno di noi deve essere preparato nel proprio settore, adeguandosi man mano che le situazioni cambiano, adeguandosi ai tempi. Oggi non è più possibile diplomarsi, laurearsi e poi abbandonare gli studi in un mondo che progredisce velocemente. Una riflessione da fare è quella di cercare di essere sempre preparati e liberi alla competizione all’interno della macchina in cui si lavora, ma anche alla competizione con quelli che aspirano a lavorare in quel sistema, in quella macchina, in quella organizzazione.
Un emendamento prevede di liberalizzare senza mettere nessun paletto, nessuna percentuale. Io Giunta regionale posso chiamare ci voglio a lavorare con me, perché faccio una scelta di cui poi devo rendere conto al mio consiglio di amministrazione e ai miei soci, che in questo caso sono ovviamente i marchigiani.
Un altro emendamento parla del comitato di valutazione. Secondo me il comitato di valutazione non può essere interno, deve essere almeno per i due terzi esterno, vedendo con occhi diversi e non ovattati dal fatto di lavorare comunque insieme.
Il terzo emendamento parla dell’annullamento di un comma che parla del 50% della riserva. Un altro va a specificare che non è possibile la liberalizzazione in determinati concorsi per cose molto specifiche: ad esempio rapporti con l’estero (se sono rapporti specifici con l’America Latina può servire lo spagnolo, mentre se sono rapporti più complessivi può servire l’inglese).
Sono quattro emendamenti molto snelli.
Voglio invece insistere sulla filosofia che deve animare il Governo regionale nel gestire la legge, perché leggi sono state fatte anche da altre Regioni e ritengo che in certi articoli siano similari. Bisogna però vedere con quale mentalità si gestisce tutto questo.
Vi sono parole che nel pubblico stanno spuntando da qualche anno, mentre nel privato sono state una costrizione da diversi anni, perché si compete in quel modo. Primo, la meritocrazia: dobbiamo cercare di fare scelte a seconda dei meriti delle persone che non riguardano solo la capacità ma anche l’impegno e la competenza. E’ una valutazione complessiva che dobbiamo fare, avendo il coraggio non solo di fare i capi dipartimento, ma, come diceva Massi, di nominare anche un direttore generale che sovraintenda a tutti, senza paura che diventi una figura troppo forte, un alter ego di quello che poi lo comanda, perché è il Presidente della Giunta che dà l’input. Quello che deve adempiere alle linee che dà il leader politico è il massimo dirigente.
Altro discorso riguarda la responsabilità. Non ha nessun significato dire che il privato è migliore del pubblico; caso mai il sistema privato delle volte è stato più efficiente per forza di cose, perché cerca degli obiettivi che sono tangibili, mentre gli obiettivi del pubblico sono più astratti, ma altrettanto, se non più importanti del privato. Bisogna dare la mentalità al dirigente pubblico di cercare gli obiettivi e centrarli anche se non si tratta di questioni di risultati economici o di risultati di bilancio, ma per esempio di qualità di gestione dei subordinati.
Molti dirigenti — non tutti — vengono dalle segreterie politiche e l’occupazione sistematica che c’è stata negli ultimi decenni è derivata da divisioni tra partiti: “tre a me, due a te, uno lo diamo al partito più piccolo”. Questa mentalità ha prodotto anche persone capaci che si sono giovate di queste tessere e poi sono cresciute e diventate persone preparate nei vari settori. Però questa cosa deve cessare, e mi sembra superfluo dire che deve cessare la lottizzazione in queste cose. Spero che sia già cessata, ma vedo delle consulenze che hanno determinati agganci: anche i membri della maggioranza della mia Commissione che non hanno ancora dato il cervello all’ammasso, delle volte fanno degli appunti perché hanno ancora un po’ di libertà per giudicare consulenze che a volte sono discutibili, riferite anche a questioni molto discutibili.
Penso di avere fatto delle riflessioni importanti. Un’altra cosa da dire è che la persona che cresce senza molta meritocrazia, ha problemi, specialmente nell’apparato pubblico. Il dirigente deve essere prodotto sia dall’Ufficio di presidenza, quando faremo la legge, sia dalla Giunta quando prende determinate decisioni, perché se c’ la possibilità del subordinato, del quadro, del dirigente verso il capo dipartimento di reagire dicendo “vado dal mio assessore”, si rende nullo tutto il lavoro. Qui vi sono una specie di “protettorati”: gli assessorati, il consigliere che protegge, dal dirigente alla più piccola pedina dello scacchiere, quindi il dipendente diventa intoccabile anche se è un quarto o quinto livello, perché magari ha una protezione alta. Ritengo che questo sia un fatto di mentalità che dobbiamo cercare di scalzare, altrimenti le leggi non vengono messe in pratica con una giusta mentalità.
Cosa si evince dopo sei anni di esperienza? Che spesso il dirigente non esercita il suo potere sul subordinato, sul funzionario, perché non lo tocca, non dà gli input, non fa le riunioni di servizio che sono molto utili per organizzare il lavoro, lascia fare, lascia vivere.
Voglio portare questo tipo di contributo, perché ritengo che sia importante per un cambio di mentalità: quello che nessuno dice ma che tutti pensano. Il dirigente non deve essere solo una persona erudita, preparata, piena di nozioni giuridiche o di altro in altri settori, ma deve essere una persona che capisce le esigenze e sa gestire non con l’autoritarismo ma con l’autorevolezza che gli deriva dalla propria persona, dalla propria capacità e dalla propria preparazione. Deve essere il leader che può ordinare, può riprendere, può chiamare il proprio subordinato e dirgli “io ho questo obiettivo”. Ciò secondo me non succede in questa organizzazione, invece deve succedere, perché essere dirigente vuol dire avere la capacità di “gestire le risorse umane”, una brutta parola. Ho invece l’impressione che la gerarchia nel senso moderno del termine, cioè di lavoro di squadra in questa istituzione non esista, né per quanto riguarda il Consiglio né per quanto riguarda la Giunta, in molti settori.
Ecco il cambio di mentalità da fare da parte dei politici che devono cercare di far lavorare i dirigenti e da parte dei dirigenti che devono fare i dirigenti, devono cercare di adempiere alla loro funzione, perché quando si tratta di responsabilità a volte c’è una repulsione e uno scarico sulla delibera del politico, quando invece quando si tratta di giovamento, di stipendi o di premi uno si sente più dirigente, più a suo agio nel prendere i benefici di tutto ciò.
Ecco come bisogna governare una legge. Fino adesso, a mio avviso questo non è stato fatto, è stato uno dei più grandi fallimenti storici, una grande promessa che non si è riusciti mai ad attuare. Addirittura, quello che mi preoccupa è la filosofia che è stata estrapolata dal Presidente D’Ambrosio nella conferenza stampa di fine anno: “dobbiamo essere un tutt’uno, voglio che voi siate un tutt’uno con me”. Cioè: “state con me, politicamente, io ho bisogno di voi”. Il burocrate dice “tu passi, io rimango”, poi, magari, rimaniamo qualche anno anche noi. Questa è la logica che ormai si è insediata nella mentalità di molti. Allora, qualcuno ha paura e dice “state con me, non state con gli altri”. In questo modo diventa un mostro: ci vuole un rapporto di pari dignità, ci vogliono delle competenze di linea, che siano rispettate. Le competenze dei dirigenti devono essere rispettate e il politico deve coprire il dirigente senza sconfessarlo perché “l’amico degli amici” ha detto che bisogna proteggere l’autista Tal dei Tali, il sesto livello Tal dei Tali o l’ottavo livello Tal dei Tali. Questa è la logica che ci deve prendere tutti, quindi la filosofia che c’è stata fino adesso e che è stata ribadita qualche mese fa è una filosofia che ci dice “io li voglio solo con me, non mi interessa questo efficientismo, questa novità, questa gestione nuova del personale”. Questo mi preoccupa, quindi preannuncio già da adesso il voto contrario, perché sostanzialmente, per sei anni abbiamo subito questa politica del personale che non ci piace. Volete portare linfa nuova? Fatelo. Cercate di potenziare gli uomini che meritano e non appiattite quelli che meritano con quelli che non meritano, fate delle scelte nette e fate anche la scelta del direttore generale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Anch’io ritengo, come hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto, che questa legge rappresenti uno snodo importante nell’organizzazione della nostra Regione, della Giunta regionale, in relazione soprattutto ai nuovi compiti a cui le Regioni sono chiamate da un processo di federalismo, di decentramento, di nuovi e diversi compiti rispetto al passato.
Credo che noi facciamo questa nuova legge di organizzazione non solo per questa esigenza ma anche partendo da una valutazione dell’attuale organizzazione della nostra Giunta regionale. Nella precedente legislatura è stato fatto uno studio, lo “Studio Thelos”, che è servito non solo a dare alcune indicazioni ma a dare alcune indicazioni in relazione a un’analisi, a un quadro della situazione attuale. Penso che oggi abbiamo un’organizzazione inadeguata rispetto ai compiti nuovi che ci attendono e che lo “Studio Thelos” ha abbastanza bene evidenziato. C’è una frammentazione nell’attuale organizzazione, con un numero eccessivo di aree e di servizi che sicuramente non aiuta una politica di integrazione fra i diversi settori e servizi, anzi, al contrario credo che questa organizzazione porti a una sovrapposizione di compiti, di ruoli, a un incremento di passaggi, a una sostanziale macchina amministrativa molto ampia, elefantiaca, lenta. Basti pensare al fatto che oggi ci sono, in media, meno di due uffici per ogni servizio o che più del 40% dei servizi coordina un solo ufficio. A questa frammentarietà della situazione attuale va aggiunta anche una debolezza dei ruoli dirigenziali. Sia chiaro, non è una critica alle persone, ma credo che questa struttura sia inadeguata perché è stata pensata in altri momenti, in epoche lontane, quindi risente di tale impostazione, di un’impostazione pensata per un ente che gestisce, che amministra piuttosto che per un ente che deve caratterizzare la propria funzione sotto l’aspetto legislativo, sotto l’aspetto degli indirizzi, della programmazione più generale di questa nostra Regione.
Penso che lo snodo politico, il significato di fondo di questa nuova legge di organizzazione sia basato su questo aspetto: trasformare, anche dal punto di vista strutturale, organizzativo una Regione per i nuovi compiti che vengono attribuiti alle Regioni da questo processo di federalismo e di decentramento, che cambia anche sostanzialmente i ruoli, con ruoli di gestione affidati sempre più ad altri livelli istituzionali come i Comuni e le Province e con un ruolo che viene sempre più affidato alla Regione dal punto di vista della programmazione e dell’indirizzo.
Credo che questo sia il punto politico che dobbiamo evidenziare, e la filosofia che c’è dietro questa legge va in questa direzione, tenta di dare risposte in questa direzione.
Già il relatore Luchetti ha evidenziato i punti nodali della nuova legge di organizzazione, io vorrei ricordare brevemente alcuni aspetti. Penso che con questa legge noi attiviamo una struttura che tende sempre più ad essere snella e flessibile, con un accorpamento delle grandi aree che oggi chiamiamo dipartimenti, tendendo a una riduzione dei servizi, all’individuazione di cinque grandi dipartimenti. Nel corso del dibattito c’è stata la proposta di aumentare il numero dei dipartimenti a sei, prefigurando un dipartimento che riguardi le attività e i beni culturali. Sono d’accordo con quanto diceva il relatore Luchetti, cioè questa è una legge che approviamo oggi e che deve muovere i propri passi, quindi andrà anche sperimentata nel corso del tempo, perché nulla e nessuno vieta che nel corso della stessa applicazione di questa legge possano essere apportati dei correttivi.
Altro punto importante, strettamente collegato all’individuazione di questi cinque grandi dipartimenti credo sia la questione della individuazione dei direttori di dipartimento. Penso che il direttore di dipartimento costituisca la figura centrale, uno snodo nell’applicazione e nel funzionamento della legge stessa. Credo che in questo modo si apporta un correttivo molto importante rispetto all’attuale situazione, cioè si individuano delle responsabilità precise, dando a questi compiti molto importanti e responsabilità molto importanti. Il che non significa demotivare, come ha detto il relatore di minoranza Ciccioli, le altre figure dirigenziali, anzi io credo che attraverso una discussione che c'è stata in Commissione abbiamo individuato alcuni correttivi che potenziano le responsabilità e le motivazioni anche degli altri dirigenti a livello di servizi.
Credo che questi siano alcuni dei nodi importanti di questa legge. L’altro elemento importante è che attraverso essa non diamo soltanto una nuova organizzazione ma stabiliamo una più netta distinzione fra il ruolo della politica, quindi dell’Esecutivo regionale rispetto a un ruolo più preciso, quello amministrativo-gestionale che spetta ai dirigenti, al personale.
Voglio sottolineare un altro aspetto che mi pare sia stato poco evidenziato: che insieme alla legge di organizzazione diamo attuazione anche a una legge di semplificazione delle leggi regionali che riguardano il personale, che porterà alla soppressione di circa cinquanta leggi e quattro regolamenti, quindi continua questo processo di snellimento, di semplificazione che avevamo già iniziato con l’approvazione di un’altra legge che ha eliminato tutta una serie di leggi regionali non più utilizzate e utilizzabili.
Il nostro giudizio su questa proposta di legge è quindi sicuramente positivo, anche per i miglioramenti che sono stati introdotti dalla Commissione. Credo che la legge rappresenti uno snodo importante per le nuove funzioni che la regione dovrà svolgere. Accanto a questo deve esservi una continuazione della politica di decentramento che abbiamo iniziato con l’approvazione della legge regionale 10, quindi con il recepimento delle “Bassanini” e che ora deve trovare nel modo più rapido possibile una concretizzazione attraverso un trasferimento reale di funzioni, di risorse e di personale agli altri livelli istituzionali, Comuni e Province, per attuare realmente quel decentramento senza il quale queste nuove funzioni di programmazione e di legislazione la Regione difficilmente potrà realizzare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Noi avremmo preferito una legge unitaria, che prevedesse una riorganizzazione complessiva sia del Consiglio che della Giunta, perché riteniamo che all’interno delle due diverse funzioni del Consiglio regionale e della Giunta dovesse permanere una unitarietà rispetto all’organizzazione, proprio perché accentuare anche dal punto di vista operativo e legislativo i due aspetti, in prospettiva, secondo noi, rischia di accentuare da un lato la separazione, dall’altro di configurare compartimenti stagni e, in prospettiva, non solo dal punto di vista politico-istituzionale ma anche dal punto di vista organizzativo, gli antagonismi tra le diverse direzioni di Giunta e di Consiglio dal punto di vista della burocrazia.
Tuttavia questa legge realizza un aspetto, quello della semplificazione legislativa, perché vengono abrogate diverse leggi che però lasciano aperte alcune questioni. Non si capisce bene che fine faranno le graduatorie in atto, non si capisce bene come si agirà su un comparto molto delicato, quello del personale assunto con contratto a termine per le funzioni riferite al sostegno agli enti locali sul terremoto: molti giovani, tecnici che rappresentano, secondo noi, una leva di tecnici utilissimi per la filiera degli enti locali.
All’interno di questo vorremmo anche dire che questa legge, per la verità prende atto, collega Grandinetti, di un’aziendalizzazione già in essere e per la verità non è che questa aziendalizzazione abbia prodotto degli effetti rivoluzionari dentro la pubblica amministrazione, anzi l’esperienza che si è chiusa anche in questa Regione, testimonia che molto spesso l’immissione dall’esterno è stata negativa per due motivi: in primo luogo, perché la qualità di chi veniva dall’esterno in definitiva non era migliore di quello che già esisteva; in secondo luogo perché questo fatto, se accentuato, frustra, penalizza, non qualifica la dirigenza e la cosiddetta “burocrazia interna”, per cui una riflessione rispetto al passato si dovrebbe fare, e non credo che introdurre questa possibilità del 15% per incarichi esterni sia funzionale all’impostazione che ho detto, ma anzi accentua una immissione dall’esterno di personale che a nostro modo di vedere è eccessiva. Sarebbe quindi opportuno un equilibrio tra i compartimenti, tra quello che esiste e la necessaria ricerca esterna.
Come pure non ci affascina per nulla la tanto decantata “funzione a termine”, “all’americana”, quella per cui “termina il politico e termina anche il dirigente, il funzionario”. Non so se questo va bene per il sistema anglosassone, ma non certo per l’Italia e per le Marche, dove questo non solo è in previsione ma ce lo portiamo alle spalle con fatti negativi e devastanti. In realtà non si mettevano a disposizione della pubblica amministrazione dei cosiddetti manager, ma personaggi funzionali agli apparati politici dell’assessore, del suo partito, più ancora della sua corrente. Stiamo attenti, colleghi consiglieri, a non ripercorrere queste strade, perché sono vecchie, conservatrici, non innovano, anzi addirittura fanno danno alla pubblica amministrazione, per cui un equilibrio occorre e un conto è la Giunta che ha una scadenza, un mandato politico e un conto è la funzione, la qualità che vi deve essere a prescindere dalla funzione politica. Certo persona di fiducia, ma deve rappresentare la capacità e non la fedeltà. Da questo punto di vista credo che la legge, come diceva il relatore, abbia bisogno anche di una sperimentazione nel tempo, di un rodaggio.
Con queste perplessità ci accingiamo a un voto positivo alla legge stessa, con alcune proposte di modifica che abbiamo presentato, che mi auguro possano essere accolte dall’aula anche come fatto non di mera critica ma di una critica costruttiva, tesa a migliorare la legge stessa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Il collega Massi ha già parlato di alcune questioni, quindi non ripeterò le cose già dette.
Ho apprezzato l’intervento del collega Franceschetti, perché mi sembra che abbia posto al centro dell’attenzione il problema reale, cioè la necessità di questo organismo della Regione Marche di adeguarsi a quella che dovrà essere la sua funzione, sempre più forte, nel prossimo futuro. Non a caso oggi parleremo anche del “Consiglio-Parlamento delle Marche”. In effetti, anche la struttura, l’organizzazione che l’ente si accinge a darsi deve necessariamente essere pensata in funzione, in relazione a quello che l’ente vuole essere, oggi e domani.
Ci sono delle indicazioni nella proposta presentata dal relatore, che possono anche essere condivise. Ci sono delle aperture, delle novità che vanno comunque apprezzate in termini di flessibilità, di riduzione degli uffici, di accorpamenti, quindi di razionalizzazione della macchina stessa. Credo però che ci sarebbe stato bisogno di ancora più coraggio. Se è vero che quest’aula deve diventare un’aula parlamentare a tutti gli effetti, bisogna capire che le competenze gestionali devono essere trasferite agli altri livelli, quindi Province, Comuni, Comunità montane ecc. Questo significa, per quanto riguarda il personale, per quanto riguarda l’organizzazione interna, che qui deve rimanere un corpo più snello di persone che devono essere altamente qualificate. Non possiamo fare un ragionamento di un certo tipo e poi fermarci a metà strada nell’organizzazione. Questo è un tentativo di adeguamento e mi rendo anche conto, avendo fatto l’amministratore anche in settori pubblici, quanto è difficile andare a modificare situazioni che sono ormai consolidate negli anni, quindi non faccio mai demagogia nei miei interventi, cerco sempre di essere molto pratico e concreto, però c’era la necessità di uno sforzo maggiore.
Francesco Massi parlava prima della opportunità, in una struttura piramidale, di un direttore generale come c’è nelle aziende. Io la ritengo una cosa buona, perché sostituirebbe il discorso del vertice di coordinamento dei capi dipartimento, però in una struttura privata ha probabilmente un suo senso e una sua funzionalità, ma non so se in una struttura pubblica come la Regione Marche questo direttore generale non possa rappresentare, se dotato dei pieni poteri che dovrebbe avere come amministratore delegato, un alter ego del Presidente della Giunta.
Prendiamo allora atto di questo primo passo. Per quanto mi riguarda il voto su questa proposta sarà di astensione. Ho anche presentato dei piccoli emendamenti che non sono particolarmente significativi. Credo che ci bisognerà però tornare su questo argomento, se poi la Giunta e il Consiglio vorranno veramente adeguare la propria struttura organizzativa a quella che dovrà essere la funzione della Regione Marche nei prossimi anni.
Mi rendo anche conto di altre difficoltà, per esempio nel trasferire agli altri enti le competenze, quella della formazione professionale non decolla con le Province, perché non possiamo nasconderci che alcuni di questi enti per alcuni anni sono stati completamente abbandonati, esautorati, quindi credo che anche il livello dirigenziale del personale sia piuttosto scadente. Noi possiamo anche decidere, ma se poi non c’è tutta la macchina che segue, dalle Province ai Comuni ecc., è chiaro che vi sono delle difficoltà. Trasferire competenze, trasferire personale, ma chi riceve deve essere all’altezza della situazione. Ricordo quando facevo l’assessore a Fabriano, qualche volta andavo in questi uffici della Provincia, percorrevo interi “viali non alberati” — li chiamavo così — privi di personale, con uffici aperti in cui non c’era nessuno e mi chiedevo “può funzionare così?”. Queste cose non ce le possiamo nascondere.
Quindi mi rendo conto di tutti i problemi che esistono, però invito in questo caso la Giunta regionale che ha una competenza ben precisa su questo argomento, a essere disponibile a rivedere la propria organizzazione anche nel prossimo futuro, per adeguarla ai ruoli che competeranno a questa Regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ascoli.

UGO ASCOLI. Credo che siamo di fronte a un atto molto importante, molto impegnativo per questa Assemblea regionale, per questa Giunta, un atto impegnativo al passo con le riforme organizzative, con i nuovi moduli che si stanno sperimentando dappertutto. Se andassimo a dare parole chiave a questa proposta di legge, troveremmo “organizzazione dipartimentale”, “flessibilità organizzativa”, “formazione”, “valutazione”, “trasparenza”. Sono le parole che si usano in tutti i moderni percorsi di ridisegno delle macchine organizzative pubbliche. Però sono anche parole molto impegnative, quindi saranno le parole che reggeranno o non la sfida dei tempi.
Per poter veramente ripensare la macchina organizzativa della Regione, per poter dare un senso, un contenuto nuovo ai dipartimenti che non siano somme di servizi o degli ex uffici, per poter avere dei dirigenti che abbiano la consapevolezza dei nuovi poteri ma anche delle nuove responsabilità, quindi la necessità di rendicontare le loro azioni, occorrerà veramente un’azione culturale e politica all’altezza della sfida, altrimenti avremmo ridisegnato per l’ennesima volta una macchina organizzativa lasciata poi con pericolo di navigazione incerta di fronte agli umori e/o alle arroganze o alle resistenze di questa o quella classe dirigente o di questo o quell'assessore. Occorrerà quindi che tutte le sfide che Luchetti prima citava, gli impegni che sono richiamati nella proposta di legge e che attengono ai compiti della Giunta vengano soddisfatti in tempi che siano congrui rispetto alle modalità di lavoro, perché se ad esempi la rivisitazione degli enti, delle agenzie e delle aziende non fosse fatta entro i quattro mesi che sono richiamati all'art. 33 bis, ma fossero fatti entro un anno o due, questo svierebbe il discorso. Se l'organizzazione dei beni culturali fosse fatta entro un anno o due dopo aver soppresso il centro regionale dei beni culturali, di nuovo avremmo uno svuotamento della capacità di innovazione, e così via. Non la faccio lunga ma voglio richiamare i compiti della Giunta. Con questa legge la Giunta si assicura grandi e nuovi poteri, ma anche nuove e grandi responsabilità, quindi non è che con l'approvazione, oggi, di una proposta di legge noi cambiamo in profondo l'organizzazione di questa Regione, il cambiamento dovrà derivare da una forte azione consapevole, mirata, molto coerente e congrua, della Giunta, dei dirigenti e dei consiglieri.
Siamo perfettamente d'accordo che una macchina complessa non possa andare avanti con una miriade d'uffici e di servizi, che occorra semplificare e organizzare un discorso in dipartimenti, personalmente ho presentato un emendamento perché ritengo che la proposta dei cinque dipartimenti non sia sufficiente a captare e valorizzare tutte le potenzialità di questa macchina regionale, però i dipartimenti dovranno diventare una modalità nuova di lavoro, quindi occorrerà pensare veramente a valorizzare la formazione la quale non può essere un optional nella carriera di un dirigente, nella carriera neanche di un impiegato o di un funzionario a qualsiasi livello ma deve essere lo strumento fondamentale di acquisizione di competenze e di nuove capacità.
Accanto alla formazione, l'altro discorso fondamentale che introduciamo con questa proposta di legge è la valutazione. Non è più pensabile che un soggetto pubblico non sia in grado di valutare quello che fanno le proprie organizzazioni, i propri servizi, addirittura in un'epoca in cui dovrebbe valutare quello che fanno altri soggetti privati per proprio conto. Qui non siamo in una società o in un'organizzazione che lavora in outsorcing, però certamente c'è un discorso di capacità di valutare la congruità dei percorsi di lavoro.
L'altra importante innovazione è stata già richiamata: quella della trasparenza degli incarichi e delle consulenze che passeranno attraverso il vaglio della Commissione, e questo mi fa bene esaltare una questione: Marco Moruzzi ed io abbiamo presentato una proposta di legge per l'istituzione di un albo per la trasparenza degli incarichi e delle consulenze dei beneficiari di questa regione, la proposta giace sommersa in Commissione, non si riesce a farla uscire dai cassetti della Commissione, io credo che invece, nel momento in cui noi approviamo questa proposta di legge che parla di trasparenza, sarà necessario completare questo discorso della trasparenza, riportando alla luce, facendo emergere questa proposta di legge, discutiamola in aula e sarà di gran giovamento per il funzionamento concreto di questa proposta di legge che oggi andiamo approvare e che è la sfida di questa legislatura, perché la legislatura precedente si è chiusa dicendo "occorre fare la riforma della macchina organizzativa", questo impegno era nelle proposte con le quali sono state vinte le elezioni, questa maggioranza arriva dopo poco più di un anno ad approvare la riforma e adesso dovrà realizzarla questa riforma, quindi la sfida sarà quella di fare concretamente quello che si deve fare. I dipartimenti non potranno non essere un oggetto di sperimentazione organizzativa. Ecco perché penso che fin da adesso occorra sperimentare al meglio e non sacrificando certe aree. La flessibilità organizzativa è una grande questione ma anche una grande difficoltà, e chi è esperto di organizzazione sa che la flessibilità non deve diventare arroccamento di posizioni selvagge ma deve diventare una modalità di lavoro. Far entrare la formazione nei percorsi sarà impegnativo e soprattutto avere un comitato concretamente autonomo e professionalmente capace di valutare sarà un altro impegno, e sono d'accordo che dovranno essere membri esterni a far parte di questo comitato.
Sicuramente una proposta di legge assai importante, su cui come Democratici esprimiamo un giudizio nettamente positivo, però dovremo puntualmente verificare quali sono le funzioni e i tempi, che debbono essere rispettati per rendere concretamente nuova questa Regione, al passo con le sfide dei tempi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D'Angelo.

PIETRO D'ANGELO. Riteniamo che dagli interventi che ci sono stati si sia detto abbastanza sull'importanza di questa proposta di legge sulla organizzazione e sulla dirigenza della Giunta regionale. Era una legge che si aspettava da molto tempo, già si discuteva della sua necessità nella precedente legislatura. Era indispensabile affrontare con determinazione, quindi con un atto così importante il problema della macchina organizzativa della Regione, quindi l'efficacia della stessa azione organizzativa della Regione. L'istituzione dei dipartimenti, il discorso della trasparenza, i poteri affidati alla Giunta dovrebbero in qualche modo rendere più efficace questa azione amministrativa.
Riteniamo comunque che sia indispensabile, per un periodo, tenere — anche se in una valutazione completamente positiva di questo atto — in "vigilanza" l'efficacia di questa legge ed eventualmente essere pronti ad apportare correzioni nel caso ci dovesse essere bisogno, relativamente a interventi che oggi possono sfuggire a questo Consiglio.
Per quanto riguarda la posizione del gruppo Verdi, ribadisco l'importanza di questo atto, anche se relativamente a due aspetti abbiamo già manifestato in Commissione le nostre perplessità. Una perplessità l'abbiamo manifestata relativamente all'articolo 17, comma 4 quando chiediamo che per gli incarichi di Giunta vi sia un parere conforme della competente Commissione. Abbiamo chiesto questo per cercare di portare quella trasparenza di cui parlava il collega Ascoli. E' indispensabile, per la credibilità delle istituzioni, che ci sia trasparenza; è indispensabile che per la credibilità di una Giunta gli incarichi siano in funzione della necessità e della professionalità di coloro che ricevono questi incarichi stessi. Non sempre è stato così, quindi occorre apportare dei correttivi che possano garantire questa trasparenza e fermare eventuali distorsioni che si dovessero verificare.
Pur ribadendo perplessità sull'emendamento presentato dal collega Franceschetti riguardante la soppressione del conforme parere della Commissione per incarichi di Giunta, faccio appello a questa maggioranza affinché, in qualche modo, si garantisca la trasparenza negli incarichi e affinché si possa evitare che le Giunta si riempiano — non è sempre così, ma può capitare — di persone vicine alle forze politiche piuttosto che di dirigenti veramente professionali e capaci.
Altro aspetto che i verdi hanno manifestato riguarda una perplessità relativamente all'art. 25, quando si va a discutere del conferimento di incarichi dirigenziali. L'art. 25 dà la possibilità di un conferimento di incarichi di funzione dirigenziale agli esterni. Ancora un aspetto che secondo noi va attentamente vagliato.
Il Dpr 29 dà la possibilità alle Regioni di attingere a incarichi di funzioni dirigenziali esterne fino a un massimo del 5%. Questa legge, all'art. 25, comma 3 dà la possibilità di attingere, per ciascuna delle posizioni istituite, ad incarichi di funzione dirigenziale esterna fino a un massimo del 15%, quindi ci scostiamo dal 15% di percentuale massima dettata dal Dpr 29 fino a un massimo del 15% in riferimento a ciascuna posizione istituita. Con questa legge si dà quindi possibilità alla Regione di attingere in modo fortissimo a dirigenti esterni. Non voglio dire che è un fatto negativo, ma ritengo che sia indispensabile una limitazione e che sia indispensabile garantire quel ricambio attraverso concorsi pubblici. Con percentuali così alte, con la mobilità e con i trasferimenti si va ad incidere negativamente sulla possibilità di concorsi interni e pubblici, che sono fondamentali per un ricambio, anche generazionale, dei dirigenti di questa Regione.
Abbiamo presentato in Commissione un emendamento affinché in questo 15% fossero compresi almeno i dirigenti in mobilità per cercare di tamponare, altrimenti con la mobilità, con i comandi e con i trasferimenti, la possibilità di indire nuovi concorsi in questa Regione sarebbe stata zero. Questo noi non lo condividiamo e con estrema franchezza, senza fare barricate diciamo che non siamo d'accordo, pertanto, anche se la valutazione generale della legge da parte del gruppo Verdi è positiva, rispetto alla trasparenza degli incarichi e rispetto all'aspetto che ho appena citato abbiamo delle perplessità, quindi verificheremo in futuro, di fatto, se queste nostre perplessità sono solamente preoccupazioni prive di fondamento o se in effetti queste preoccupazioni si concretizzeranno con atti che possano in qualche modo penalizzare l'aspetto del ricambio dei dirigenti e soprattutto degli incarichi dati ai professionisti esterni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.


ROBERTO GIANNOTTI. Credo che deluderò le aspettative del consigliere Cecchini e del Presidente D’Ambrosio non sposando i toni trionfalistici che ho sentito da parte di diversi esponenti della maggioranza di governo. Credo che si possa dire tutto ma non che questa è una buona legge sulla nuova organizzazione della Regione. Una lettura di questo provvedimento evidenzia ancora una volta come manchi un indirizzo di fondo, un orientamento complessivo della Giunta regionale rispetto alle problematiche del personale. Non c’è una linea attraverso cui muoversi, attraverso cui operare le scelte che sono conseguenti ad un indirizzo generale. Basti per tutti un esempio. Noi abbiamo, non tanto tempo fa, preso atto di una delibera della Giunta regionale con cui si favoriva l’esodo incentivato dei dirigenti, cioè la “morte dolce” di alcuni dirigenti regionali. Fra l’altro, su questo c’è stata materia di discussione, noi abbiamo detto che questa fuoriuscita “dolce” dall’incarico che ricoprivano aveva anche motivazioni politiche, cioè serviva a sgomberare il campo da tanti intralci, da tanti funzionari che avevano avuto il torto di non attaccare il carro al nuovo padrone, quindi che non rispondevano ad una logica di appiattimento politico. Rispetto a questo abbiamo assistito, in questa prima parte della legislatura, all’aumento indiscriminato degli incarichi esterni, cioè la Giunta si è arricchita di tutta una serie di consulenze esterne e questo implica un giudizio negativo sulla valenza della struttura interna della Giunta regionale. Credo che a nessuno sfugga che il favorire la fuoriuscita dei dirigenti e la contemporanea acquisizione di professionalità esterne sia un elemento di evidente contrasto.
Caro Presidente, caro assessore... Non c’è... Vedo che l’assessore non ha perso il malvezzo...

MARCO LUCHETTI. C’è Carmen Mattei, assessore all’organizzazione.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che questa legge passi attraverso le maglie dell’organizzazione, ma non è una legge di organizzazione — e ti dirò perché — bensì una legge sul personale, è bene che l’assessore al personale sia presente in aula, qualche volta, almeno quando, anche se di sfuggita, si toccano questi problemi.
Mi dovete spiegare il senso di questa linea di condotta dell’assessorato: si prevede l’espulsione “dolce” dei dirigenti, si fa ricorso ai consulenti esterni, ma si dà una valutazione positiva, ai fini dell’indennità, di tutto il gruppo dirigente della Giunta regionale. E’ un’altra contraddizione. O avete dato troppi soldi ai dirigenti che non li meritavano, quindi la valutazione non è stata oggettiva, o c’è qualcos’altro dietro.
Questa non è una legge sull’organizzazione, Luchetti; è inutile che tu e i tuoi “azionisti” di maggioranza insistiate. Questa è una legge per sistemare la dirigenza regionale tout-court. La struttura si riorganizza in funzione di un obiettivo: qual è l’obiettivo della Giunta regionale rispetto a questo provvedimento? Non c’è scritto nella relazione, non l’ho sentito dalla tua relazione, spero di sentirlo dal Presidente della Giunta regionale nella replica. Mi auguro che il Presidente dica “nostro obiettivo è il paradiso, quindi vogliamo andare in paradiso e per andare in paradiso abbiamo bisogno di creare questa cosa”. Ma fino adesso non l’ho sentito. Questa è una legge che serve esclusivamente a sistemare alcune posizioni dirigenziali, attribuendo posizioni di particolare vantaggio ai dirigenti della Giunta regionale, senza incidere assolutamente sulla organizzazione complessiva della macchina regionale e sulla semplificazione procedimentale. Se una cosa è logica, è che la struttura della Giunta regionale debba essere modellata per rispondere ai bisogni dell’utenza, dei cittadini. Non mi sembra che tale preoccupazione sia dentro questo provvedimento. Manca un parametro: quanto costa questo provvedimento, D’Ambrosio? Quanto incide sulla finanza regionale? Non ce lo avete detto. E cosa produce in termini di vantaggi? Un minimo di sforzo per dirci “ci costa 10 miliardi, però produce un aumento dell’efficienza del 10-15%” avreste dovuto farlo, per consentirci, quanto meno, una valutazione comparativa, cosa che non possiamo fare.
La valutazione del rapporto fra dirigenti e personale è completamente assente: sembra che parliamo di due cose diverse: la classe dirigente è una cosa, il resto del personale della Giunta è tutt’altra cosa. Non ci sembra che venga definito con accuratezza questo aspetto. Con questa legge realizzate una cosa gravissima per tacitare i dirigenti: si introduce il criterio dello sfondamento del meccanismo contrattuale, si prevede una norma che prevede di pagare più di quanto fissi il contratto collettivo. Tanto per essere chiari, i direttori di dipartimento e gli addetti alle funzioni di progetto sono agganciati alle retribuzioni di alti dirigenti pubblici. Se poi si parla di dirigenti pubblici del sistema economico, evidentemente la frittata è fatta: tutti sanno che in quel campo il livello retributivo è molto più elevato. Si introducono privilegi: anche qui, che sia una Giunta di sinistra, “addolcita” con un po’ di centro mi sembra significativo. Il privilegio dell’aspettativa, Luchetti, non dovrebbe essere consentito.
Si aumenta in maniera smisurata il ricorso alle professionalità esterne. Siamo già a livello del 15%, sopra la media del 5 o del 10%, a seconda di come la si voglia interpretare. Rimane il fatto che c’è lo sfondamento e c’è addirittura questo passaggio inaccettabile in base al quale prevediamo la presenza di consulenti esterni addirittura nei comitati di supporto, fino ad oggi riservati ai dirigenti interni all’ente.
Rimane aperta tutta la partita del trasferimento del personale agli enti locali, stiamo sforando rispetto ai tempi previsti: 31.12.1999-31.12.2000. Non credo, caro Presidente D’Ambrosio, che sia solo un problema di rapporto con le organizzazioni sindacali, ma questo ritardo è fondamentalmente legato all’incapacità della Giunta regionale di compiere una scelta rispetto a quella che deve essere la macchina della Regione, rispetto alle funzioni che deve svolgere, di legislazione, di indirizzo e soprattutto rispetto all’applicazione del principio del decentramento, che pure viene richiamato e che viene completamente disatteso.
Le ultime due cose riguardano la politica della stabilizzazione — e per questo ho chiesto che l’assessore Cecchini entrasse in aula — e alla gestione del personale. Sulla politica della stabilizzazione mi permetto di dire che manca un disegno unitario, c’è una insufficienza di analisi e di capacità di orientare le proprie scelte. Non ho capito da che parte volete andare. Vogliamo riempire la Regione di LSU? Vogliamo recuperare le esigenze legittime poste dal personale assunto per l’emergenza-terremoto? Vogliamo rinnovare il patrimonio e le risorse professionali attraverso nuove assunzioni? Non mi sembra che ci sia un’immagine chiara rispetto alle scelte che si vogliono fare. Assistiamo a provvedimenti presi a stralcio, alla giornata, a seconda di chi li assume.
Mi dite com’è pensabile che l’assessore Cecchini gestisca, da sola, tutta la politica del personale? Mi dite dov’è l’unitarietà di giudizio e di posizione della Giunta rispetto ad una problematiche che comunque è unitaria? Il personale non è un fatto dell’assessore che ha la delega ma è responsabilità di ogni assessore. Dobbiamo prendere atto, tutti insieme, che si assiste a una gestione personalistica del personale, manca una collegialità, manca una organicità.
Tanto per non esprimere parole al vento, cito due esempi di clientelismo politico, assumendomi la responsabilità di quello che dico. La Giunta regionale non meno di un mese fa ha approvato un atto deliberativo che riguarda il ripiano degli organici degli Ersu. Per quanto riguarda l’Ersu di Urbino la delibera della Giunta dice in maniera plateale “io ti do i soldi per pagare il personale, ti do i soldi per ripianare l’organico carente, a condizione che tu mi assuma quarti livelli”. Ma dove sta l’autonomia degli enti? Ma scherzate? La Giunta regionale si sente in diritto di fare clientelismo al punto di intromettersi nell’autonomia gestionale degli Ersu indicando i livelli professionali da assumere?
C’è una delibera che riguarda l’assunzione degli LSU. Nulla da obiettare riguardo a questo, ma la legge va rispettata, Presidente D’Ambrosio. Nell’interrogazione che ha avuto sul tavolo ieri le ho dimostrato che avete costretto la Asl di Urbino ad assumere provvedimento illegittimo. La legge sulla collocazione obbligatoria degli LSU prevede che i lavoratori socialmente utili possano essere stabilizzati solo dagli enti che li hanno in carico, e allora la Asl di Urbino non ha in carico i 26 Lsu che ha assunto, è personale assunto a suo tempo dal Comune di Cantiano, dal Comune di Cagli, dalle Comunità montane, e la legge non lo consente. Io le ho fatto un’interrogazione, spero che lei annulli quel provvedimento, dopodiché, siccome è un danno evidente per le casse della Regione, mi farò carico, se lei non interverrà, di presentare una riserva formale alla Corte dei conti.

PRESIDENTE. La discussione è chiusa. Ha la parola, per la replica, il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. C'è molto da dire, in quanto sono stati sollevati diversi problemi. Cercherò di essere molto sintetico.
Per quanto riguarda le problematiche sollevate da Massi dico che non siamo ancora in un sistema di spoil-system, anzi il decreto 29 dà un'altra formulazione della dirigenza e il mercato della managerialità in Italia, ancora non è probabilmente preparato a far fronte ad una cosa di questo genere.
Tra l'altro, il problema della coincidenza tra l'assessorato e i dipartimenti va contro lo spirito della dirigenza del 29, nel senso che se dobbiamo rendere la dirigenza più autonoma dal decisore politico, è chiaro che una coincidenza perfetta ripercorrerebbe la via ministeriale che si sta cercando di superare proprio per cercare di impostare in maniera diversa la questione funzionale.
Per quanto riguarda i requisiti che devono essere previsti, questa è una competenza della Giunta. Noi abbiamo pensato che sia da flessibilizzare questo tipo di realtà in modo tale da non fissare per legge cose che invece possono essere decise con atti amministrativi.
Per quanto riguarda il comitato tecnico della legislazione è un organo che già esiste, cioè abbiamo ripreso, sostanzialmente, un istituto che funziona in questo momento e pertanto l'abbiamo confermato.
Per quanto riguarda la figura del capo di gabinetto abbiamo precisato che è un istituto il quale funzionalmente corrisponde a due esigenze di carattere di rapporto soprattutto interno, ma anche esterno, fra il Presidente e la struttura, il Presidente e la sua rappresentatività esterna.
Per quanto riguarda quanto sollevato da Grandinetti, che ringrazio per la collaborazione che ha dato in Commissione, come gli altri colleghi, a cominciare dal presidente della Commissione stessa, che è stato artefice quanto me di questa proposta di legge, il problema dell'accesso alla dirigenza l'abbiamo affrontato con molta oculatezza, sia per quanto riguarda l'accesso dall'esterno ma anche per quanto riguarda la possibilità di utilizzare chi si prepara bene e quanto si potrà fare per la preparazione alla dirigenza, attraverso la valorizzazione dei quadri interni.
Per quanto riguarda i requisiti della dirigenza, anche questo sarà un problema di atto amministrativo, perché è chiaro che fissare per legge queste cose non avrebbe fatto altro che rendere farraginosa la normativa.
Circa alcune valutazioni fatte da Procaccini sul discorso dei giovani utilizzati a seguito del terremoto, credo che questa questione sia già superata dalla normativa iniziata già in finanziaria, pertanto credo che non si tratta altro che definire quella normativa là, darle le gambe, in altri termini. Si è scelta una strada, se ne poteva scegliere anche un'altra. Nel caso in cui la strada scelta dovesse fermarsi sul piano della sistemazione complessiva che deve essere garantita ai giovani, vedremo di intervenire ad hoc con la stessa finanziaria.
Per quanto riguarda il discorso sollevato da Viventi circa lo snellimento dell'organico regionale, ci si sta incamminando sul trasferimento di parte del personale della Regione, però cercherei di puntualizzare questo aspetto del decentramento, tenendo conto anche delle dimensioni della modularità della struttura della Regione Marche, che non è sicuramente pari alla Lombardia. I ragionamenti che si fanno sul decentramento nella Regione Marche si devono fare tenendo conto che la regione Marche ha un territorio dato, ha 1.460.000 abitanti, pertanto alcune funzioni, probabilmente, non potranno essere delegate. Parlo per esempio di funzioni sul tipo di quella che ultimamente è stata realizzata con la delega dell'industria. Quindi, alcune cose dovranno continuare ad essere gestite direttamente dalla Regione, pure se condivido questo tipo di impostazione di decentramento tout-court.
Relativamente a quanto diceva Ascoli, condivido le osservazioni che ha fatto rispetto al discorso della formazione e alla sua valutazione. Il problema delle consulenze è un problema aperto, che dovrà essere ripreso nel momento in cui dovremo definire la legge che lui ha presentato, in modo tale da poter contribuire fattivamente con la Giunta nel risolvere questo problema, qualificando sempre di più le consulenze di cui la Regione ha bisogno, tenendo conto che questa cosa delle consulenze non va vista sempre in termini negativi. Le consulenze servono, in molti casi, e se si fa ricorso a diverse consulenze, le questioni sono due: c'è uno scarso adeguamento interno a causa di una scarsa formazione, e pertanto dovremo fare uno sforzo in più per adeguare le risorse interne a far fronte alle nuove problematiche; le nuove problematiche sono così tante e così variegate, che oggettivamente le consulenze esterne qualche volta sono assolutamente necessarie.
Per quanto riguarda le osservazioni del consigliere D'Angelo ne abbiamo parlato molto diffusamente in Commissione e penso che il compromesso che si è trovato su questa cosa del 15% sia una cosa abbastanza equa, anche perché abbiamo trovato una formula per l'accesso alla dirigenza da parte anche del personale interno, abbastanza favorevole, in modo tale che si è trovato un equilibrio tra le due questioni. Il problema dell'accesso alla dirigenza diventa comunque fondamentale, perché deve essere collegato alla questione della formazione.
Vengo infine a fare una valutazione molto succinta e molto sintetica di quanto ha detto il consigliere Giannotti, che spero si rapporterà con il suo collega Grandinetti — che ha partecipato direttamente alla formulazione di questa legge, così come il collega Ciccioli — nella valutazione. Credo che le sue valutazioni divergano molto da quanto Grandinetti ha detto, sono delle valutazioni a volte un po' estemporanee. Tra l'altro lui ha parlato di politica del personale in generale, non della legge, pertanto non mi soffermerò sulle cose che lui ha detto rispetto alla conduzione del personale e a quanto ha detto dell'assessore Cecchini e dei provvedimenti presi ultimamente dalla Giunta. Le sue osservazioni sono per larga parte non giuste, non corrette, qualche volta addirittura inesatte, pertanto credo che se vogliamo fare un approfondimento avremo modo di capirle meglio, perché ritengo che un passo avanti, comunque, questa legge l'ha fatto e, tutto sommato, non è sicuramente una legge di supporto e di clientela per la sistemazione di alcuni dirigenti, anzi questa legge qualifica di più la dirigenza, la vuole qualificare attraverso la formazione e attraverso un diverso rapporto tra parte politica e parte gestionale. Non ravviso le cose che lui ha detto, anzi difendo l'impianto della legge come un buon risultato di sintesi e se oggi riusciremo ad approvarla spero che la Giunta sia in grado di attivarne subito i contenuti, in modo tale da metterla entro l'anno in funzione.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Cecchini.

CRISTINA CECCHINI. Intervengo sulle questioni relative all'Ersu e ai lavoratori socialmente utili, perché per il resto sarà il Presidente della Giunta a completare.
Circa i lavoratori socialmente utili la nostra Regione, così come quasi tutte le Regioni — la nostra fra le prime, in verità — hanno stipulato una convenzione con il Ministero del lavoro e hanno preso in carico il bacino degli LSU. Ovviamente ci siamo mossi nel rispetto pieno della normativa che riguarda la 469, il D. Lgs. 28.2.2000, n. 81 e nelle varie modalità che le leggi ci consentivano abbiamo lavorato mettendo anche a disposizione degli enti locali, con diverse delibere di Giunta che da maggio 2000 a luglio 2001 abbiamo approntato, cercando di arrivare alla scadenza del 30 giugno 2001, scadenza ultima dopo la proroga consentita dall'art. 78 della legge finanziaria e che quindi diventava perentoria. A quella data diversi enti si trovavano nella necessità di stabilizzare i lavoratori socialmente utili, per mantenere gli impegni che si erano presi con la Regione Marche, per il 50% almeno. Stabilizzare o trasferire ad altri enti, a condizione che questi fossero in grado di poterlo fare. Leggo l'art. 1 del D. Lgs. 28 febbraio 2000, n. 81.

ROBERTO GIANNOTTI. Non è possibile. L'interpretazione del Ministero è diversa.

CRISTINA CECCHINI. Non so che cosa ha scritto il Ministero funzione pubblica perché non ho visto niente, ma qualunque sia il funzionario che dica delle cose, rispetto a un decreto legge pubblicato nella G.U., nella gerarchia delle fonti non si discute nemmeno. Quando un decreto legge è pubblicato in G.U. nella gerarchia delle fonti non si discute nemmeno, fa legge, è legislazione italiana. Quando il nuovo Governo vorrà abrogarlo, lo farà con altro decreto legge da pubblicare in G.U.

ROBERTO GIANNOTTI. Dopo, le parlerò di due pareri...

CRISTINA CECCHINI. Senti, siccome tu parli di cose fuori dalla logica giuridica, che non so che cosa sia se non uno strillare a vuoto, quando in campagna elettorale avete mandato ai lavoratori socialmente utili lettere nelle quali dicevate che avreste garantito la loro assunzione...

ROBERTO GIANNOTTI. Devi dire chi. Non puoi fare speculazioni politiche. Chi te lo ha detto?

CRISTINA CECCHINI. Chi oggi è ministro della Repubblica. (Interruzione del consigliere Giannotti). Senti, smettila: se vuoi una risposta giuridica, dato che siamo un'assemblea legislativa te la do; se invece cerchi la rissa perché non hai argomenti da contrapporre a un decreto legislativo di questo Stato, allora possiamo continuare la rissa, perché come sai sono pronta allo scontro fisico, non come tu dici. Allora, se vogliamo fare un altro scontro fisico lo facciamo.
Leggo: "I soggetti di cui all'art. 3, comma 1 del D. Lgs. 1 dicembre 1997, n. 468 possono continuare a utilizzare i soggetti di cui all'art. 2 — i lavoratori — anche attraverso il trasferimento dei soggetti medesimi ad altri enti". Quello che è accaduto alla Asl di Urbino è un trasferimento da enti locali alla Asl sulla base di apposite convenzioni stipulate fra enti interessati secondo le procedure di cui all'art. 5. Non si tratta che di questo, cioè un trasferimento di alcuni lavoratori socialmente utili da enti locali alla Usl per coprire vacanze d'organico che la Asl può in questo modo coprire, mentre facendo il concorso avrebbe coperto con molto più tempo. Infatti i concorsi si faranno secondo le modalità necessarie, quindi bando pubblico, selezione, e passerà circa un anno. Nel frattempo si è adottata una procedura di legge correttissima.
Relativamente all'Ersu, la Regione Marche in data 18.4.2001 ha adottato la delibera 833 che non si chiama "Urbino", ma "Ersu delle Marche", per la gestione diretta del personale.
Il ragionamento che ha fatto la Giunta, concertato con le organizzazioni sindacali — dopo avere lungamente trattato e ottenuto l'assenso...

ROBERTO GIANNOTTI. E non con il consiglio di amministrazione dell'Ersu.

CRISTINA CECCHINI. Il consiglio di amministrazione dell'Ersu non è un soggetto di concertazione, qui ci vuole un minimo di relazioni sindacali, bisogna capire cos'è che concerta, quali sono gli enti e qual è la responsabilità secondo la legge 38.
Qual è l'interesse dell'Amministrazione regionale? Garantire il diritto allo studio degli studenti, questa è la cosa che ci interessa. Nella regione Marche, per quanto riguarda i servizi mensa e alloggi gli Ersu utilizzano le borse di studio. Abbiamo voluto rompere questa procedura che danneggia gli studenti, caricando nel bilancio della Regione la spesa del personale, non per assumere dirigenti, amministrativi, livelli alti come gli Ersu delle Marche, compreso quello di Urbino, ci avevano manifestato nel corso dell'anno precedente. Abbiamo detto "noi vi diamo disponibilità alle assunzioni come da pianta organica in data 1997 — per accordo sindacale c'è questa stipula al 31.5.1997 — e vi incrementiamo fino alle unità che erano allora in servizio, a condizione che garantiate il servizio mensa e il servizio alloggi agli studenti. Si tratta di personale di categoria B.
In questo caso gli Ersu delle Marche stanno provvedendo a organizzare questi servizi, con le procedure loro consentite faranno delibere del consiglio di amministrazione, delibere che sono in questo momento al Co.Re.Co. Nel momento in cui queste delibere torneranno dal Co.Re.Co., la Regione Marche farà una presa d'atto di questa nuova dotazione organica e si procederà alle eventuali selezioni come da legge. Quindi non c'è niente di quanto lei adombra. Non so perché lei adombri clientelismo: questa è un'accusa che respingo al mittente. Se questo è il tono, avrà adeguate risposte.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente della Giunta.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Vorrei rispondere molto rapidamente ad alcune osservazioni sull'impianto generale della legge, per dire due o tre cose che mi pare siano state sottolineate da alcuni ma dimenticate da altri.
La prima, quanto ci costa questa legge. Può non costarci una lira in più per una ragione molto semplice, che forse dimostra che lei, consigliere Giannotti, non l'ha approfondita: il budget è prestabilito, solo che viene distribuito in maniera diversa. Questo significa che non è una legge che ci costa di più. Potrebbe anche costare di più, ma se ci fossero previsioni fisse; non ci sono previsioni fisse. Oggi il personale si governa in maniera diversa da come si governava prima, proprio per questo. Ma non debbo io dirlo qui, perché ci sono soggetti — penso anche lei — in grado di capirlo e di conoscerlo questo tipo di meccanismo. Il meccanismo retributivo consta di tre voci, una sola è fissa mentre le altre sono variabili per una serie di elementi che sono contrattualmente collettivamente, o singolarmente, nel caso della dirigenza, stabilite.
Il secondo elemento riguarda il discorso della efficienza ed efficacia. Consigliere Giannotti, io credo che lei sappia che il problema dell'efficienza della pubblica amministrazione è problema generale, collettivo, problema complessivo che riguarda tutti, sul quale non ci sono delle ricette definitive ma ci sono solo tentativi e ci sono solo modelli che vengono man mano applicati sperimentalmente, poi vengono aggiustati, sulla base di due-tre principi che sono quelli dei D. Lgs. 29, 80 e che è inutile dirci per l'ottocentesima volta.
Dopodiché, per rispondere alle critiche costruttive, quelle che faceva anche il consigliere Ascoli, è chiaro che il funzionamento del modello richiederà un'applicazione, richiederà anche una strategia, il trovare e impostare il discorso degli obiettivi ecc., ma questi sono i punti forti su cui si verificherà la funzionalità di questa legge, che per fortuna non è una legge ingessante perché non è ingessata, è una legge che ogni anno prevede un meccanismo di monitoraggio del suo funzionamento, dopodiché potrà essere parzialmente modificato il meccanismo proprio sulla base dei risultati che avrà. Questi sono i punti fondamentali.
Per rispondere poi al consigliere Massi, il direttore generale unico, che potrebbe essere una figura, sostanzialmente corre il rischio di diventare veramente una figura burocraticamente apicale talmente, da diventare alternativa o comunque da far nascere tentazioni di dualismo — anche se del tutto improprio — quindi il meccanismo che noi abbiamo scelto e che si va diffondendo sempre di più è quello dell'organizzazione dipartimentale, dove è chiaro che ci sono bilanciamenti fra poteri e doveri dei direttori dei dipartimenti e poteri-doveri del resto della dirigenza, che ha il diritto e il dovere di raggiungere gli obiettivi e di essere messa in grado di raggiungere gli obiettivi, perché quello diventa l'elemento fondamentale.
Una pubblica amministrazione che funzioni meglio è fondamentale, altrimenti passeremmo tanto tempo a parlare, ma la verità è che poi gli utenti continuerebbero a vedere una pubblica amministrazione che non funziona o che funziona secondo modelli molto vecchi. Questo è sicuramente un modello nuovo, un modello che oggi spero approviamo e che successivamente verrà testato sulla concretezza delle varie previsioni e anche delle varie modifiche e riforme che l'istituzione-Regione avrà, che saranno in parte modifiche di competenze e in parte modifiche di funzioni. Questo meccanismo ci consentirà di stare più attenti a rispondere nel modo più efficace possibile e soprattutto più veloce possibile.
Questi sono i meccanismi alla base di questa legge che non è stata facile da scrivere, perché le leggi di riorganizzazione sono leggi non facili, perché ci sono una serie di ragioni che spingono in un modo e in una direzione e altre che spingono in un altro, perché bisogna superare vecchi modi di affrontare le questioni. Mi sembra che di questi vecchi modi abbiamo avuto alcune plateali dimostrazioni, manualistiche dimostrazioni. Noi pensiamo che questa legge possa servire per far funzionare meglio la Regione Marche, qualunque sia la Giunta che la governerà e soprattutto per dare il servizio migliore ai cittadini marchigiani, che è quello che tutti, qui dentro, dovremmo volere.

PRESIDENTE. Se siete d'accordo, in considerazione del fatto che abbiamo concluso la discussione generale con un quarto d'ora di anticipo, propongo di procedere, secondo l'accordo fatto nella Conferenza dei capigruppo, nel sospendere la discussione su questa proposta di legge, avviando la discussione del punto n. 13) riguardante la proposta di legge statutaria n. 62.
Pongo in votazione questa proposta.

(Il Consiglio approva)




Proposta di legge statutaria (Discussione e votazione): «Istituzione del Consiglio-Parlamento regionale delle Marche» Minardi, Giuseppe Ricci, Cesaroni e Grandinetti (62)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 62, ad iniziativa dei consiglieri Minardi, Giuseppe Ricci, Cesaroni e Grandinetti.
Ha la parola il relatore, Vicepresidente Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è senza enfasi ma sottolineando la solennità istituzionale dell'atto che stiamo per approvare che mi accingo a svolgere la relazione cercando di illustrare le motivazioni della proposta ed anche le argomentazioni che hanno impegnato la Commissione Statuto in un confronto appassionato ed approfondito. L'articolo 9 dello Statuto della Regione Marche, approvato con legge della Repubblica 22.5.71 n. 345, nel rispetto dell'articolo 121, 1° comma della Costituzione, stabilisce che sono organi della Regione il Consiglio regionale, la Giunta ed il suo Presidente.
E' evidente che la proposta di legge odierna non vuole confliggere con le leggi della Repubblica, né tanto meno con la Carta costituzionale che rappresenta per me e per tutta l'aula il punto di riferimento imprescindibile per ogni iniziativa di natura istituzionale e, se vogliamo, guida fondamentale del nostro agire quotidiano come cittadini dello Stato.
Certo è che le Regioni, che hanno iniziato il loro percorso di vita con oltre 20 anni di ritardo rispetto alla loro istituzione, hanno visto nel tempo modificare il loro ruolo per funzioni nuove, delegate o conferite dallo Stato, per i rapporti dello Stato italiano con l'Unione europea e certamente e non da ultimo, per una nuova e maggiore consapevolezza dei cittadini di trovarsi di fronte ad un interlocutore, attento, attraverso i suoi organi di rappresentanza e di governo, a cogliere i mutamenti di carattere sociale economico e culturale che hanno attraversato il Paese.
Va per questo motivo ricordato anche il percorso delle Regioni a Statuto speciale, che lungi dall'essere cassa di risonanza di spinte separatiste, hanno dimostrato la piena consapevolezza della condivisione degli interessi generali della Repubblica - una ed indivisibile - da armonizzare con l'esigenza di salvaguardare e considerare come momenti di ricchezza le diversità e le minoranze. Percorso che ha aiutato a far nascere nel legislatore nazionale e nel Parlamento della Repubblica una nuova sensibilità verso un processo di federalismo solidale.
Nasce così la proposta, sostanzialmente unitaria, della Commissione bicamerale per la modifica del titolo V° della Costituzione che non ha visto la luce per momenti di diffrazione politica che hanno superato un lavoro sicuramente pregevole, costruito con l'apporto di tutte le forze democratiche del Paese.
In questo contesto si sviluppa un nuovo percorso di riforma per tappe e per gradi separati, che proprio per la mancanza di un tavolo comune di confronto ed elaborazione ha visto nascere un progetto di stato federale con leggi costituzionali - approvate in periodi diversi e con posizioni troppo spesso contrapposte - che hanno tutte, comunque, accentuato la necessità di una nuova e più pregnante forma di autonomia e potestà legislativa delle Regioni.
Così la legge costituzionale 1/1999 ha due obiettivi precisi: il primo è rappresentare la pienezza di poteri in termini di responsabilità gestionale ed amministrativa in capo al Presidente della Regione ed alla Giunta da lui nominata; il secondo è affermare la pienezza di competenze legislative dell'Assemblea, alla quale viene demandata la responsabilità di definire statutariamente forma di governo, principi fondamentali, organizzazione e funzionamento della Regione.
Lo Statuto, peraltro non è più soggetto ad alcuna approvazione con legge del Parlamento nazionale, né ad alcuna verifica da parte del Governo. L'unico vincolo che viene correttamente posto è quello dell'armonia con la Costituzione dello Stato.
La Legge costituzionale approvata dal Parlamento concernente "Modifica al titolo V° della parte seconda della Costituzione", licenziata dalle Camere nello scorso mese di marzo, seppure soggetta a referendum popolare definisce con ulteriore chiarezza il ruolo e le funzioni delle Regioni che l'attuale Governo, dalle prime dichiarazioni rese, non appare sicuramente intenzionato a ridurre, ma tutt'al più a rafforzare e forse anche enfatizzare.
Non è mio intendimento, né compito di questa relazione analizzare le differenziazioni politiche di parte sul principio di autonomia regionale, ma è indispensabile invece sottolineare come l'art. 117 della Costituzione viene sostanzialmente rovesciato, attribuendosi oggi il potere legislativo allo Stato ed alle Regioni in maniera paritaria e senza subordinazione gerarchica fra i due poteri, salvo per entrambi il rispetto della Costituzione.
La competenza legislativa dello Stato, tra l'altro viene predefinita, mentre quella delle Regioni diventa generale e residuale per tutte le materie non espressamente riservate al Parlamento nazionale, o attribuite alla legislazione concorrente.
E' evidente, quindi, che la staticità di un nome che ha definito fino ad oggi l'Assemblea legislativa regionale non ha più ragione d'essere. Infatti non c'è più un Consiglio che ha potere legislativo derivato, in commistione con attività amministrativa pura, essendo l'Assemblea regionale dotata di potere legislativo primario e generale ed essendo correttamente e definitivamente il potere amministrativo affidato alla responsabilità diretta del Presidente e del Governo da egli nominato.
Appare pertanto indispensabile adeguare il nomen iuris dell'organo assembleare alle funzioni obiettivamente svolte dallo stesso quale organo di legislazione, controllo politico e rappresentanza degli interessi della collettività marchigiana, nell'ambito dell'unità ed indivisibilità della Repubblica.
Giova ricordare che questa raccomandazione è stata approvata, sostanzialmente all'unanimità, dal Congresso delle Regioni il 7 marzo 2001 e che deliberazioni e leggi statutarie sono già state adottate in questo senso o sono in discussione nelle competenti commissioni in Regioni quali la Liguria, la Toscana, la Basilicata, la Calabria, senza considerare le 5 Regioni a Statuto speciale che hanno già istituzionalizzata l'Assemblea legislativa. E' opportuno anche ricordare che l'ultimo documento riguardante la situazione creatasi nella Regione Molise, tendente a riaffermare parallelamente al ruolo del Governo regionale, anche quello del Parlamento regionale - con funzioni e competenze distinte in capo ad ognuno dei due organi - porta la firma dei presidenti delle Assemblee della Basilicata, Marche, Sardegna, Umbria e Valle d'Aosta presenti ad un convegno a Perugia svoltosi il 17 luglio scorso.
Tutto ciò a dimostrare che la sensibilità che riconduce ad unico percorso le Assemblee regionali - che Cassese definirebbe "potere contrapposto" e che io più semplicemente indico come potere parallelo e non confliggente - attraversa tutti gli schieramenti politici indipendentemente dalle coalizioni elettorali e dalle maggioranze regionali e ancor più slegato dalle formule politiche nazionali e dal Governo dello Stato.
Voglio anche ricordare che esiste già il Parlamento europeo senza che esso limiti n interferisca sulla sovranità degli Stati membri e delle Camere Nazionali e che Parlamenti regionali sono già le Assemblee di Andalusia, Baviera, di Scozia e del Tirolo.
Concludo invitando questa Assemblea ad assumere nella sua interezza e con la dignità che le compete, senza retropensieri e senza fughe autoreferenziali, il nome proprio di Parlamento regionale, come elemento di chiarezza sul nostro ruolo e per contribuire a mantenere una aggregazione solida delle nostre comunità, che rifuggono separatismi e scissioni e che anzi sono permeate da uno spirito di grande solidarietà e dalla consapevolezza di essere parte inscindibile dello Stato unitario e della Repubblica italiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Grandinetti.

FABRIZIO GRANDINETTI. Signor Presidente, colleghi, ho apprezzato molto la relazione del Vicepresidente che, come suo costume, ha voluto essere preciso, leggendo, e non ha voluto enfatizzare un fatto che, pure importante, ha un significato, per adesso, sicuramente formale ma che è la tappa di un percorso, non certo la finalizzazione, iniziato nella precedente Commissione Statuto di cui era presidente l'on. Pacetti e di cui io ero vicepresidente, nella quale si è parlato molto. Questa Commissione si fermò poi per motivi dei quali non cerco di colpevolizzare né la Commissione stessa né questo Consiglio, motivi nazionali inerenti il collegamento con il lavoro che dovevamo fare. Oggi la Commissione Statuto sta lavorando per portare al nuovo Statuto e ad eleggere il Consiglio regionale del 2005. Intanto noi abbiamo ritenuto, come pattuglia di rappresentanti marchigiani, insieme ad alcune altre Regioni insieme a questo nuovo organismo, che è monco in quanto non c'è la rappresentanza delle Giunte regionali italiane — si può definire una proto- Camera delle Regioni, un proto-Senato — di fare le nostre proposte. Lì è emersa la forte esigenza dei Parlamenti regionali ad avere delle competenze. C'è il timore che il Governo di centro-sinistra — ma teoricamente potrebbe esserlo anche il Governo di centro-destra — ha dimostrato di essere nei fatti federalista, ma chi non era prima centralista lo può diventare; c'è anche un timore di non avere le competenze che chiediamo, per esempio sulla sicurezza, sull'istruzione e anche sulla sanità. Si è quindi deciso di adottare nei nostri documenti, fin da marzo, questa denominazione "Parlamenti regionali" a fianco di "Consigli regionali". Tutte le regioni italiane sono state invitate — il documento è passato con il voto contrario di una sola Regione — ad adottare una leggina che prevedesse l'affiancamento di questa dizione a quella di "Consiglio regionale". Nulla di enfatico, però penso che sia anche un messaggio corretto, molto democratico nei confronti dei centralisti e anche del Governo, un invito a tenere conto che delle volte le richieste devono essere fatte, devono trovare anche una forma importante, perché non dobbiamo aspettare che venga la manna dal cielo e che il Governo ci mandi le competenze, ma bisogna ridare una forza e una dignità, anche formale, a questo Consiglio che diventa Parlamento se viene approvata questa legge in doppia lettura. Quindi, senza dargli un significato superiore a quello che ha, secondo quello che è stato il percorso iniziato nelle prime Commissioni Statuto che si insediarono nella scorsa legislatura. Noi riteniamo che il nostro voto favorevole possa essere dato — parlo a nome del gruppo di Forza Italia, che si è impegnato a fare un solo intervento perché il calendario dei lavori è nutrito — e il nostro discorso si ferma qui. Il voto favorevole è la tappa di un percorso che sappiamo essere lungo e al quale bisogna dare sostanza, ma ritenevamo che questo passo andasse fatto. Ne abbiamo parlato a livello nazionale, abbiamo voluto trasferire la discussione, senza enfasi, qui. E' inutile dilungarsi sul discorso del federalismo che è auspicabile fare, sulla Camera delle Regioni, sugli Statuti e sulle altre incombenze, perché in questo momento è superfluo, magari lo faremo in seguito, perché non dobbiamo dare significati diversi a un messaggio forte, ma esclusivamente formale, di questa legge che andiamo a votare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Come già evidenziato nella relazione del Vicepresidente Giuseppe Ricci, questa proposta di legge ha un valore esclusivamente simbolico e politico, poiché non modifica in alcun modo la sostanza dei ruoli e delle competenze di questa Assemblea fissati dalla Costituzione e dallo Statuto regionale. Conseguentemente, il giudizio che noi esprimiamo rispetto a questa proposta di legge non può che essere di tipo politico, essendo impossibile, data la pura formalità di questa proposta di legge, esprimere un giudizio sul contenuto.
Sul piano del giudizio politico noi riteniamo che questa proposta di legge si inserisca all'interno di due tendenze che hanno dominato nel corso dell'ultimo decennio il dibattito intorno alla ridefinizione dell'assetto istituzionale della Repubblica italiana. Da un lato una tendenza che ha portato ad una progressiva, costante e fino ad oggi inarrestabile riduzione dei poteri, delle funzioni e dei ruoli delle assemblee elettive. Questa tendenza si è iniziata nei primi anni '90 con la legge sulla elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle Province ed è continuata fino alla legge del 2000 che ha previsto l'elezione diretta dei presidenti delle Regioni. Ma oltre all'elezione diretta degli organi esecutivi e alla trasformazione di tutto il sistema delle autonomie locali e regionali da un sistema di tipo parlamentare ad un sistema di tipo presidenziale, anche a livello nazionale il ruolo, i poteri e le funzioni del Parlamento e quindi delle assemblee elettive Camera dei deputati e Senato della Repubblica è stato investito, nel corso dell'ultimo decennio, da un profondo processo di ridimensionamento. Basti citare quanto è avvenuto nel 1999 con l'entrata in guerra del nostro Paese senza una previa deliberazione del Parlamento della Repubblica.
La seconda tendenza dominante nel corso di questo decennio in merito alla riforma della struttura istituzionale della Repubblica italiana è stata quella del federalismo. Il federalismo ha avuto vari accenti, varie interpretazioni e ha prodotto varie ipotesi di riforma. Per alcuni aspetti e per alcuni settori del dibattito politico-costituzionale, il federalismo doveva e deve essere uno strumento per rafforzare il ruolo delle autonomie e delle comunità locali, senza mettere in discussione l'unitarietà della Repubblica italiana e anche i criteri di solidarietà e di eguaglianza dei diritti civili, politici e sociali che ogni cittadino di questa Repubblica, indipendentemente dal territorio di residenza deve avere. Ma sappiamo benissimo che per altri settori del dibattito politico-costituzionale, invece, il federalismo ha esplicitamente assunto una dimensione di tipo separatista e indipendentista, tesa a mettere in discussione l'unità della Repubblica italiana e soprattutto a mettere in discussione l'eguaglianza dei diritti civili, sociali e politici.
Noi, oggi dobbiamo constatare che il ministro per le riforme e per la devolution del nuovo Governo è il principale esponente di questa seconda tesi di tipo separatista e indipendentista. Come si colloca questa riforma della denominazione di questa Assemblea all'interno di queste due tendenze? Nell'ambito del primo aspetto. Come voi sapete, Rifondazione comunista è contraria alla tendenza che in questi anni ha ridotto il potere, il ruolo e la funzione delle assemblee elettive, è contraria all'elezione diretta degli esecutivi, riteniamo che gli esecutivi debbano essere espressione delle assemblee elettive in quanto le assemblee elettive, con il loro pluralismo sono i massimi rappresentanti della sovranità popolare alla base della Costituzione repubblicana. Questa modifica di nome, tuttavia, non si inserisce all'interno di una riforma complessiva dello Statuto regionale che può far ritornare all'interno dell'assemblea legislativa la funzione di elezione del governo regionale, quindi per quanto riguarda ruoli, funzioni, poteri e competenze dell'assemblea elettiva, questa legge non modifica nulla. D'altra parte abbiamo visto già nel corso del dibattito di ieri come, per rafforzare ruoli, funzioni e competenze del Consiglio regionale, più che una modifica di denominazione serve, invece, una difesa e una tutela piena dei diritti e delle prerogative di ciascun componente di questo Consiglio regionale e ieri, non da parte di tutti questa difesa è venuta. Ringrazio il Presidente della Regione Vito D'Ambrosio, perché nelle sue conclusioni con forza ha rivendicato questa prerogativa.
Quindi, su questa prima tendenza la proposta di legge che stiamo discutendo non incide. Invece assume un valore simbolico e politico, per noi negativo, per la seconda tendenza che contrastiamo fermamente, quella di una trasformazione in senso federale, pienamente federale, della Repubblica italiana. Noi siamo preoccupati per questa possibile evoluzione della struttura istituzionale del nostro Paese. Noi siamo una forza politica, in coerenza con le tradizioni della sinistra italiana, che rivendica una impostazione fortemente regionalista ma contraria alla trasformazione in senso federale della struttura istituzionale del nostro Paese, perché la trasformazione in senso federale equivarrebbe nei fatti, indipendentemente dalle dichiarazioni di fedeltà al valore dell'unità nazionale, in linea di principio a sancire una autonomia ed una potenziale indipendenza dei singoli territori che si federano all'interno di uno Stato. Infatti, in qualunque Repubblica federale esistente nel mondo, è presente il diritto alla rescissione dal contratto di unità federale da parte degli enti e degli organi federati. Se così non fosse, smettiamo di parlare di federalismo. Poiché noi, oggi abbiamo un ministro delle riforme e della devolution che invece è un propugnatore di queste idee, ci sembra che una trasformazione simbolica e politica al di fuori di qualsiasi contenuto sostanziale possa rafforzare queste tendenze pericolose che minano l'unità nazionale; unità nazionale intesa, lo ripeto, non solo nel senso dell'unità territoriale e politica, ma anche dell'unità e della garanzia dei diritti politici, civili e sociali.
E' questo il senso politico che una proposta di trasformazione della denominazione in "Parlamento regionale" potrebbe avere. Dobbiamo stare attenti — e mi rivolgo a tutte le forze che non condividono questo tipo di possibile evoluzione della struttura istituzionale italiana — a non dare strumenti, armi politiche, ideologiche, culturali ed anche istituzionali verso questa ipotesi.
Sono queste le ragioni che spingono il gruppo di Rifondazione comunista a votare contro questa proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Presidente, consiglieri, credo che questa discussione meriti molta attenzione, proprio perché, pur partendo da un fatto simbolico si introdurrebbe, se passasse una impostazione di questo tipo, anche una modificazione di sostanza del ruolo, delle funzioni delle Regioni, della nostra Regione e dentro lo Stato.
Noi crediamo che il modo con cui si è arrivati a questa proposta sia stato sbagliato anche nel metodo, perché in primo luogo ci si estrapola dal contesto di una discussione più compiuta dello Statuto. Lo Statuto è una cosa molto seria, che fissa le regole, i principi, i comportamenti di una Regione e non si può realizzare la sua piena attuazione attraverso una sorta di spezzatino. In secondo luogo il Congresso delle Regioni che ha suffragato un'impostazione di questo tipo, è un organismo informale. Non solo, ma anche chi ha partecipato, per le Marche, a questo Congresso delle Regioni, non aveva nessun mandato per ipotesi rispetto ai "Parlamenti regionali", anzi vorrei ricordare per memoria, diversi gruppi non erano neanche d'accordo sulla rappresentanza dell'Ufficio di presidenza nel cosiddetto Congresso delle Regioni.
E' un errore, secondo il gruppo dei Comunisti italiani, anche dal punto di vista tattico e politico, perché secondo noi la maggioranza compie un grave errore. In realtà, con questa legge non si danno più poteri al Consiglio regionale. Da questo punto di vista vorrei attenzione da parte dei presentatori, ma anche da parte della direzione istituzionale e politica della Regione, oltre che da parte dei rappresentanti politici della maggioranza. Una proposta che asseconda una pericolosa china in atto nel Paese sulla cosiddetta devoluzione: c'è un atteggiamento di subalternità politica e culturale che segnala una difficoltà ad avere un progetto istituzionale autonomo.
Nel merito, il "Parlamento regionale" è una fuga in avanti, accentua i localismi, suscita spinte ad una autoorganizzazione di particolarismi — Comuni contro Province, Province contro Regioni, Regioni contro lo Stato nazionale — e spinge ad un antagonismo, del resto già in atto, tra i diversi livelli istituzionali.
La nostra architettura costituzionale, tra le più avanzate ed attuali del mondo, prevedeva e prevede tuttora la distinzione di competenze nella gerarchia istituzionale, in modo che ogni livello non faccia la parte dell'altro: il Parlamento, in uno Stato unitario è uno e unico. Una forte rappresentanza si esercita dentro un'assemblea parlamentare, appunto Camera e Senato, di tipo nazionale, né potrebbe essere diversamente. Era proprio nella previsione dei costituenti funzionale a realizzare, attraverso questa forte rappresentanza nazionale della sovranità popolare, quella Repubblica delle autonomie, come la chiamò Togliatti, che in larga parte non si è ancora compiuta. Non solo non si è realizzata quell'autonomia, ma anche lo stesso federalismo rappresenta oggi una fuga in avanti ed un'accentuazione del federalismo ha anche una pericolosità in sé perché è gestito da un Governo della destra con al suo interno la Lega, con tutto quello che comporta.
Vorrei aprire una riflessione seria, non demagogica, anche su questa impostazione di grande respiro che non potrebbe essere fatta attraverso una leggina di questo tipo, sul federalismo. Il federalismo, dove si è realizzato è servito ad unire Stati che erano divisi in nazionalità ed in etnie, in tutto il mondo, in forme diverse, sia federali che federative, dagli Stati Uniti d'America alla Germania e nelle ex Repubbliche sovietiche. Quella era l'unità possibile ed anche nelle Regioni italiane a Statuto speciale, che pure vivevano forti contraddizioni e spinte separatiste, quella formulazione dello Statuto speciale rappresentava l'unità possibile. Viceversa, nel nostro Paese che è unito da poco, questa opzione rischia di dividere, tant'è che si cerca di frenare, di attenuare il federalismo con delle aggettivazioni: "solidale", "cooperativo" ecc.
In Italia questa concezione rischia di dividere anche dentro il sistema delle autonomie locali. Noi abbiamo un concetto unitario della nazione non certo inteso come concetto nazionalistico ma politico, di sostanza, unitario per diritti uguali per tutti, a prescindere dal luogo in cui uno è collocato. Il concetto di "Parlamento regionale" accentua una sorta di nazionalismo regionale che, se non fosse per il contesto in cui si colloca — Bossi ministro, la destra al Governo, la Lega in quelle posizioni — sarebbe poca cosa e sarebbe financo pittoresco. In realtà, anche le motivazioni ci paiono poco convincenti. Si dice che bisogna adeguare il nome alle funzioni che in realtà già si svolgono, ma allora si contraddicono le motivazioni sulla sostanza. Si dice che bisogna cambiare nome perché si vogliono altre funzioni. Come pure appaiono improprie le motivazioni sul fatto che il Parlamento regionale risolverebbe il problema della partecipazione dei cittadini. Sappiamo che il nostro Paese è cambiato, il mondo è cambiato, il discorso sulla partecipazione sarebbe troppo lungo e nessuna ingegneria istituzionale potrà risolvere, a breve e a medio periodo questo problema se la politica con la "P" maiuscola non riprenderà il proprio spazio sulla scena politica attraverso le masse popolari, nei gangli della società. Anzi, per rappresentare dal basso, così come si vuole nella proposta, i cittadini e le proprie istanze, è proprio il "Consiglio", per definizione, che esalterebbe questa realtà e non certo il "Parlamento" che è visto dai cittadini come una fuga in avanti che li distanzia dalle istituzioni che già vedono lontane. Come pure è un errore dire che il Parlamento regionale darà più potere agli ex Consigli nei confronti delle Giunte. Noi siamo nettamente contrari al fatto che in qualche modo siano i presidenti delle Regioni che vadano assumendo impegni per conto dei Consigli in sedi nazionali, come pure per il fatto che essi, presidenti delle Giunte, prefigurino già organismi di rappresentanza per tutte le Regioni. Ma al tempo stesso, per cultura politica siamo altresì nettamente contrari ad una esasperazione dei rapporti tra Consiglio e Giunta. Togliatti diceva — lo vorrei ricordare a chi ha la memoria corta — che i comunisti debbono avere una politica di governo, a prescindere se si è al Governo, e i comunisti in Italia hanno governato per pochi frangenti, perché bisogna avere una politica pronta a risolvere i problemi, quindi questo antagonismo di ruoli, a seconda di dove ci si trovi, è del tutto fuori luogo e non aiuta a prefigurare un progetto di tipo riformatore che in qualche modo dia più potere ai Consigli. Anzi, proprio perché riteniamo necessario ed urgente recuperare maggiore incisività ai Consigli e maggiore autorevolezza, siamo contrari a questa modalità estemporanea e del tutto fuorviante. Ci sono ben altri sistemi per recuperare il ruolo delle assemblee elettive. In primo luogo l'elezione del Presidente della Giunta e degli assessori da parte del Consiglio regionale, quindi abolire in prospettiva l'elezione diretta del Presidente della Giunta, recuperando un potere reale di controllo del Consiglio regionale sulla Giunta stessa.
In definitiva, siamo contrari a queste forme così come venivano indicate a Pesaro da esperti costituzionalisti nazionali, che definivano questa fase della politica italiana di "nuovismo ingenuo". Siamo contrari a queste forme di autoorganizzazione estemporanea che generano solo assemblearismo che, in realtà accentuano i fenomeni presidenzialisti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. Presidenti, colleghi consiglieri, il gruppo de I Democratici concorda con lo spirito che ha mosso la predisposizione di questa proposta di legge nel momento in cui va nella direzione dell'organizzazione federale dello Stato e del pieno sviluppo delle autonomie locali. Ciò si traduce nel decentramento delle funzioni a Province e a Comuni e nella piena spoliazione da parte delle Regioni e dei Consigli regionali dei compiti di gestione nel momento in cui siamo chiamati a vestire pienamente le vesti dell'assemblea legislativa.
La stagione statutaria che stiamo vivendo ci auguriamo porterà a tutta la comunità marchigiana la piena consapevolezza dei nuovi compiti e soprattutto delle nuove responsabilità. Ciò nondimeno, noi abbiamo espresso, in Commissione, un voto di astensione rispetto a questa proposta di legge, perché riteniamo che se tutto ciò che abbiamo detto è vero, il cambiamento deve essere prima compreso e condiviso da tutta la comunità marchigiana. E' lo Statuto la sede primaria di elaborazione della nuova immagine e delle nuove funzioni che la Regione dovrà assumere, e quanto più il lavoro dello Statuto sarà un lavoro condiviso, accompagnato da una costante concertazione da una parte ma anche da un costante ascolto della società marchigiana, tanto più sarà uno strumento che la Regione potrà utilizzare per rappresentare appieno la comunità che in qualche modo la esprime. In questo senso noi crediamo che un lavoro unitario sia importante, e sia importante che le tappe significative, anche da un punto di vista nominalistico, di questo cammino vengano accompagnate da un lavoro di ascolto della comunità marchigiana.
Giungiamo oggi alla discussione di questa proposta di legge, contrariamente a quella che era stata la richiesta, non solo del nostro gruppo, di discuterla a settembre accompagnata da una mozione che potesse far esprimere già il Consiglio regionale su alcune norme di indirizzo di principio che dovranno poi guidare la Commissione Statuto. Lo facciamo perché questa richiesta ci è stata avanzata dall'opposizione, quindi, in questo senso oggi noi teniamo conto di questa eventualità, il gruppo I Democratici ritiene di esprimere in questa Assemblea, oggi, un voto tecnico a favore di questa proposta. Questa è una questione che noi non consideriamo ideologica come detto negli interventi che mi hanno preceduto, non riteniamo cioè che ci siano pericoli per la democrazia, riteniamo invece che la completa assunzione di responsabilità da parte delle Regioni e delle autonomie locali è l'espressione più piena di uno Stato altamente democratico, quindi uno Stato che a partire dai livelli locali costruisce la democrazia.
Riteniamo anche che la dignità delle singole assemblee debba essere pari a tutti i livelli, perché lo Stato è tale sia nel momento in cui esplica le proprie funzioni nel Parlamento nazionale, che quando esplicherà le funzioni in quella che è l'assemblea legislativa a livello regionale, quindi è evidente che funzioni diverse sono quelle della Regione e del Parlamento da un punto di vista legislativo da quelle che esplicano, con la stessa dignità, i Comuni e le Province nel momento in cui agiscono nella vita amministrativa, nella gestione della cosa pubblica. Quindi il principio di democrazia si basa su livelli di dignità, sulla medesima rappresentanza dei cittadini in capo al consigliere comunale o al parlamentare, seppure con responsabilità e funzioni diverse. Ripeto, questo è un voto tecnico, nel senso che noi crediamo che più comprensibile per la comunità marchigiana sarebbe stato accompagnare questo cambio di nominativo con uno stato avanzato dello Statuto, quindi se già avessimo avuto modo di presentare un primo pacchetto, i primi capitoli dello Statuto sarebbe stato più visibile. Riteniamo comunque che in questo momento, se anche assumiamo le funzioni del "Parlamento regionale", non abbiamo la pregnanza di un Parlamento regionale e credo che al di là del contenuto, il metodo di lavoro che ci siamo dati ieri ne sia la dimostrazione, proprio a partire da questa riflessione su quello che il Consiglio regionale fa, su come lo porta avanti, sugli strumenti di cui si dota, su quali sono gli strumenti della nostra democrazia interna. La giornata di ieri, da questo punto di vista — non parlo assolutamente dei contenuti — ci ha dimostrato quello che non dovrà fare un Parlamento regionale.
In questo senso affermo che noi riteniamo giusta l'impostazione, riteniamo altamente inopportuno il tempo, ci rendiamo conto che questo è anche un segno di apertura all'opposizione che su questo terreno deve essere coinvolta, perché il tema delle regole non può essere di una sola parte politica, neanche di una coalizione, ma deve essere una posizione condivisa, quindi dobbiamo arrivare ad uno Statuto che sia quanto più rappresentativo della comunità marchigiana. Con queste indicazioni confermo il voto tecnico a favore del gruppo de I Democratici.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Noi abbiamo riflettuto molto, all'interno del gruppo, sul significato che assume questo cambiamento, la trasformazione da "Assemblea" a "Parlamento". Abbiamo ragionato in termini essenzialmente di prospettiva politica.
La scelta che sta facendo il centro-destra, in particolare Alleanza nazionale, va nella direzione di un'accentuazione delle possibilità di dare alle identità locali spazio e peso, perché noi crediamo che uno dei punti di riferimento della storia dei popoli sia quello legato alla tradizione locale. Noi abbiamo un'identità nazionale proprio perché siamo radicati sul territorio e crediamo che il territorio possa essere scomposto anche nelle identità locali. In questo senso è la direzione della devoluzione die poteri dallo Stato centrale alla periferia, mantenendo però un assetto più ampio che è nel riconoscimento dello Stato unitario, attraverso la rappresentanza del Presidente istituzionale che, a nostro parere — il Presidente del Consiglio, in questo caso in Italia — deve avere più potere, più ruolo rispetto all'attuale capo del Governo. Nel presidenzialismo — del capo dello Stato, del Presidente del Consiglio dei ministri — è il riconoscimento della somma delle identità locali. Aggiungo una cosa che ha un riferimento culturale: cosa succede oggi nel mondo? C'è una forte esigenza, al di là di quelle che sono le polemiche, in particolare di questi giorni, sulla gestione politica della vicenda, alla globalità: tutti vogliono essere cittadini del mondo, vogliono essere ovunque nel mondo, vogliono avere la possibilità di partecipare alle scelte globali del mondo. Dall'altra parte ognuno cerca di ritrovare la propria identità nel territorio e nelle radici dov'è collocato. Questa, apparentemente, è una tendenza contraddittoria: essere cittadini del mondo e contemporaneamente appartenere a un'identità precisa nel luogo. Però è anche, probabilmente, il punto di mediazione, il punto di caduta tra l'esigenza di essere globali e l'esigenza di essere se stessi.
In questo senso è in fase di accelerazione la costituzione dell'Unione europea attraverso una unione che sia l'unione degli Stati delle Regioni europee. Sempre di più ogni Regione dell'Europa cerca di avere una sua identità che sia in connessione con tutte le altre Regioni europee, anche perché ci sono omogeneità regionali, molto spesso, in Europa, molto forti che addirittura sono più salde della unità degli Stati.
Allora, proprio per non andare a una scomposizione degli Stati nazionali che dal punto di vista sociale, economico, culturale hanno avuto una maturità ed oggi appaiono per certi aspetti superati, occorre ritrovare una unità più ampia nel contesto continentale. Quindi rafforzamento delle regionalità in una centralità dello Stato nazionale attraverso la sua rappresentanza presidenziale e riunificazione nel contesto più ampio dell'Unione europea. Questo è quanto mi sembra, più che dalle scelte dei partiti politici e della politica, sta venendo fuori dai problemi sociali, dai problemi economici. Ormai ci sono dei bacini sociali precisi e consolidati, ci sono dei bacini industriali ed economici, distretti industriali ed economici regionali e interregionali precisi e consolidati.
La Regione Marche non deve fare una fuga in avanti, deve fare una anticipazione su quanto, comunque, andremo a costruire, perché qualche giorno fa c'è stata una visita che politicamente ormai è ininfluente ma storicamente è importante, quella di Gorbaciov. Gorbaciov fu tra i primi a parlare della "casa comune europea" che andava dalla penisola iberica, passava per quella balcanica e arrivava fino agli Urali. In questa scomposizione e ricomposizione d'Europa, degli Stati nazionali europei, delle Regioni d'Europa, probabilmente accentuare il dato della territorialità, dell'identità regionale è importante. Su questa sponda noi ci poniamo, su questa sponda noi diamo un voto favorevole all'istituzione del Parlamento marchigiano, di qualcosa di più di una semplice Assemblea regionale, perché su questa sponda noi riteniamo che si possano costruire istituzioni che abbiano un rapporto di partecipazione forte con il territorio, abbiano la possibilità di influire sulle grandi scelte e soprattutto nasca una nuova classe dirigente, perché il problema delle rappresentanze regionali è quello di dare classi dirigenti che siano all'altezza. Non sempre le classi dirigenti che fin qui sono state conosciute, hanno poi avuto uno spessore pari a quelle che dovevano essere le necessità e i problemi da affrontare.
Non vado oltre perché ciò che volevo dire credo che sia stato sufficientemente chiaro. Noi daremo voto favorevole, sottolineando però che questo non significa assolutamente che attraverso questa scelta, in maniera strisciante possano passare altre decisioni. Addirittura, qualcuno ipotizzava "facciamo i parlamentari regionali, i deputati regionali, così ci sono poi gli aumenti degli stipendi dei consiglieri regionali", cose che dico per mettere le mani avanti, affinché questo comunque, non possa accadere. Non può passare in maniera strisciante nessun tipo di impostazione che faccia crescere il potere dei singoli consiglieri regionali, non il potere più alto dell'Assemblea regionale, cioè di quello che è un Parlamento regionale che deve recepire le istanze del territorio.
Credo che Regioni forti possano concorrere alla costruzione di uno Stato nazionale forte, possano concorrere a una Unione europea forte che possa prendere decisioni politiche. Cosa è mancato in fasi anche recenti della politica nazionale italiana? La possibilità di fare un discorso forte europeo e concordare con gli altri Paesi d'Europa un discorso, nel nostro continente, che possa sottolineare i valori sociali, della solidarietà, dell'identità dei popoli e delle culture. Quindi, se questa è una piccolissima, microscopica fase di passaggio per questo progetto, noi diamo il nostro voto favorevole superando delle perplessità che pure c'erano state all'interno del nostro gruppo. All'interno del nostro gruppo non è mai passata una linea di dare un voto contrario, ma abbiamo avuto perplessità, tempi lunghi di riflessione nel decidere se era più opportuno astenersi o dare un voto favorevole. Con generosità facciamo una scelta di voto favorevole affinché questo cambiamento, che dal punto di vista della sostanza è ininfluente, ma che è una prospettiva politica su cui costruire le istituzioni del domani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. A nome dei Cristiano-democratici uniti, Ccd e Cdu esprimo il parere favorevole nei confronti di questa proposta di legge. La nostra tradizione culturale è federalista, sturziana, per cui non abbiamo obiettivamente necessità di dover giustificare una nostra posizione, è nel nostro DNA.
Vorrei però dare delle motivazioni più aggiornate rispetto a don Sturzo. Vorrei dire a quei colleghi consiglieri che hanno annunciato la loro contrarietà, che per le motivazioni stesse per le quali loro dicono di essere contrari io affermo che bisognerebbe essere favorevoli. Perché dico questo? Se è vero che c'è una preoccupazione per l'eccessivo ruolo dato ai presidenti — presidenti delle Regioni, presidenti dei Consigli ecc. — bisognerebbe essere d'accordo nel riconoscere un ruolo sempre più qualificato alle assemblee, ivi compresa quella regionale. Mi sembrerebbe logico portare avanti questo ragionamento.
Al tempo stesso, circa l'altra preoccupazione che oggi, in Italia, il ministro della devolution sia il ministro Bossi, vorrei ricordare ai colleghi e amici che la Lega ha avuto la possibilità di crescere e proliferare politicamente proprio perché le forze politiche di quei tempi erano nettamente in crisi e non seppero più interpretare le necessità di cambiamento che venivano con forza dalla società italiana. Se le forze politiche di allora avessero avuto la capacità di questa interpretazione, di questa gestione dei bisogni della comunità italiana, la Lega non sarebbe nemmeno sorta. Ecco un altro motivo in più per dire sì a una presa d'atto di un ruolo che obiettivamente già si svolge e che nella previsione di una concretizzazione dei contenuti della riforma federalista approvata dal Governo precedente, tra l'altro un Governo di centro sinistra, ripresa da un Governo di centro destra, con tutte le limitazioni e con tutte le argomentazioni che molto bene il Vicepresidente Ricci ha prima spiegato, deve però andare avanti e fa parte anche di un progetto politico che, se non siamo ipocriti, appartiene sia al centro-destra che al centro-sinistra. Allora andiamo avanti con serietà e con decisione su questa strada, senza nemmeno falsi moralismi. Il consigliere Ciccioli ha prima detto "però non si pensi che il consigliere regionale venga chiamato parlamentare..." ecc. Ma qual è la paura? Io non avrei nessun problema, non vedo queste preoccupazioni che non sono reali, mi sembrano molto populiste, completamente fuori luogo. Questo lo dico con simpatia, ma anche con sincerità. Per esempio, voi dite "il presidente della Repubblica eletto direttamente dal popolo". Ma nel momento in cui il presidente della Giunta è eletto direttamente dai cittadini, lo stesso ruolo del presidente della Repubblica va completamente ripensato.
Comunque, noi siamo favorevoli.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Esprimo il voto favorevole da parte del gruppo Ds e approfitto di questa dichiarazione di voto per dire pochissime cose.
Sono convinta che la proposta di legge che andiamo a votare rappresenta il recepimento formale di una situazione che viene sollecitata dal Congresso delle Regioni, proprio perché, come dicono molti colleghi, si vive in questo periodo un grande disagio delle aule dei Consigli regionali. Tra l'altro ricordo ai colleghi che già in altre Regioni — Toscana, Liguria, Puglia, Calabria e adesso anche in Basilicata — procedimenti analoghi stanno svolgendo impegni significativi. In Toscana e Liguria si parla di mozioni del Consiglio, in Puglia e Calabria si è arrivati a votazioni delle Commissioni Statuto positive e si deve ancora andare in aula, in Basilicata il presidente del Consiglio ricordava, proprio all'ultimo Congresso delle Regioni, che era loro intenzione approvare in aula questo procedimento prima dell'estate, ma non so se questo percorso, date anche le numerose difficoltà e i molti impegni si sia risolto positivamente. Dico questo per ricordare che è comunque un orientamento diffuso, comune e significativo proprio per il simbolico che esso rappresenta.
Sono convinta che l'utilizzo del simbolico sia una questione propria che riguarda anche le donne e sia importante. D'altra parte abbiamo tutti la consapevolezza di come il termine esclusivamente mass-mediatico di "governatori" abbia in sé rafforzato, oltre le competenze, peraltro ancora definite in norma transitoria, il valore della gestione del governo dei diversi presidenti delle Regioni italiane. Quindi anche le parole hanno un peso. Per questo non viviamo complessi di inferiorità e tanto meno di superiorità se si modifica nominalmente "Assemblea" in "Parlamento" e si parifica il ruolo del consigliere. D'altra parte ricordo ai colleghi che da sempre, in Sicilia, esiste una terminologia differenziata, e non credo che le funzioni dei consiglieri regionali siciliani siano diverse, né in meglio né in peggio, da quelle — almeno dal punto di vista formale — che noi andiamo ad esercitare.
Non mi pare che questa sia la sede per porre altri problemi. Si tratta di una definizione nominalistica, simbolica che ha questo valore e non altre funzioni e che non stravolge l'unità dello Stato né altre cose, che tra l'altro riconosce visibilmente un significato alle assemblee che, ripeto, oggi vivono grandi, oggettive difficoltà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Avenali.

FERDINANDO AVENALI. Una breve dichiarazione di voto. Contrariamente ai colleghi e compagni del gruppo Ds esprimo voto contrario a questa proposta di legge, intanto perché ritengo che sia urgente e fondamentale predisporre e approvare quanto prima il nuovo Statuto della Regione Marche capace di recepire le nuove istanze che le sono state attribuite e le altre che verranno. Credo che questo sia l'aspetto essenziale che serva veramente a dare risposte ai problemi che vogliamo affrontare.
Personalmente ritengo che nel contesto del nuovo Statuto si poteva discutere anche dell'aspetto nominalistico, se continuare a chiamarci "Consiglio regionale" o "Parlamento delle Marche", quindi "parlamentari delle Marche", perché non credo che si possa definire il "Parlamento" e non chiamarci "parlamentari" come diceva Viventi. Non ho capito, allora, che senso avrebbe questa votazione e questa decisione.
Non condivido la proposta di legge in discussione, nel merito, per le ragioni che adesso dicevo in quanto non credo che questo voto dia una risposta di maggiore efficienza ed efficacia da parte di quest'aula e dell'intera Regione Marche. E' un fatto puramente nominalistico. Credo che i cittadini che tutti noi invochiamo, delle volte impropriamente, abbiano bisogno di risposte di merito sulle cose concrete. Dobbiamo avere un'aula e una Regione più efficiente e più efficace e questo non si risolve con le diciture nominalistiche, perché credo che questo argomento debba essere affrontato all'interno del nuovo Statuto, non è una parte insignificante. Se ha il valore degli interventi che qui sono stati fatti, è sbagliato modificare le regole fondamentali, quelle dello Statuto a spezzoni. Continuiamo a fare questa cosa, personalmente non la condivido e per queste ragioni voto contro.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. Non debbo fare né repliche né dichiarazioni di voto, chiedo soltanto il coordinamento tecnico, perché il titolo della proposta di legge non corrisponde esattamente alla dizione che c'è nell'articolo. Alla dizione "Consiglio regionale" viene affiancato "Parlamento delle Marche", quindi il titolo deve essere "Consiglio regionale-Parlamento delle Marche" e non come è stato scritto. Pertanto chiedo anche il coordinamento tecnico, per evitare che ci sia poi un dubbio interpretativo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione l'articolo unico e, con esso, l'intera proposta di legge.

(Il Consiglio approva)



Mozioni (Votazione proposta di risoluzione):
«Orari estivi Ferrovie dello Stato» Avenali (113)
«Disservizi ferroviari» Giannotti, Favia, Brini, Ceroni, Cesaroni, Trenta e Grandinetti (121)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le mozioni n. 113 del consigliere Avenali e n. 121 dei consiglieri Giannotti, Favia, Brini, Ceroni, Cesaroni, Trenta e Grandinetti.
E' stata presentata una proposta di risoluzione da parte di tutti i gruppi.
Ha chiesto di parlare l'assessore Agostini. Ne ha facoltà.

LUCIANO AGOSTINI. Condivido la proposta di risoluzione che è stata presentata, però a seguito degli interventi che il sottoscritto ha fatto a partire dal 23 luglio, c'è stata una risposta, ieri, da parte di Trenitalia, quindi per quanto riguarda il periodo estivo saranno ripristinate due corse nella tratta Ancona-Fabriano, il treno 12060 delle 5,05 da Fabriano e ad Ancona centrale alle 6,11, e il treno 12065 da Ancona alle 6,27 e a Fabriano alle 7,41. Per un totale, nel periodo estivo, di 2.698 chilometri. Inoltre c'è stata la comunicazione, sempre di Trenitalia, che a partire dal prossimo orario che andrà in vigore il 29.1.2002, non ci saranno più i cinque minuti di ritardo del treno 12064 e quindi si ritorna alla normalità nella stazione di Albacina per Ancona Marittima.
Al di là della condivisione dell'ordine del giorno, soprattutto per la parte di carattere generale in cui si invita la Giunta a rivedere con le Ferrovie dello Stato tutta la programmazione, soprattutto in termini di orario, comunque le lettere e le proteste che abbiamo avanzato nell'ultima fase per la tratta Fabriano-Ancona hanno prodotto alcuni risultati positivi di cui credo che il sottoscritto e l'intero Consiglio regionale debbano prendere atto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)



Mozioni (Votazione proposta di risoluzione):
«Tagli all'organico delle Poste italiane» Giannotti, Ceroni, Brini, Trenta, Cesaroni, Favia e Grandinetti (122)
«Taglio sportelli ed organici delle Poste italiane S.p.A.», Pistarelli (127)


PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le mozioni n. 122 dei consiglieri Giannotti, Ceroni, Brini, Trenta, Cesaroni, Favia e Grandinetti e n. 127 del consigliere Pistarelli.
Anche in questo caso è stata presentata una proposta di risoluzione unitaria. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 14,20