Resoconto seduta n. 78 del 20/03/2002
La seduta inizia alle 11,45



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 77 del 27 febbraio 2002.

(E' approvato)


Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 111 in data 20 febbraio 2002, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta: «Interventi della Regione a sostegno delle adozioni a distanza», assegnata alla V Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 112 in data 26 febbraio 2002, ad iniziativa del consigliere Viventi: «Sviluppo e promozione della produzione e dell'utilizzo di combustibile di origine vegetale», assegnata alla IV Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 113 in data 28 febbraio 2002, ad iniziativa della Giunta regionale: «Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— 114 in data 20 febbraio 2002, ad iniziativa dei consiglieri D'Ambrosio, Amagliani, Luchetti, Viventi, Rocchi, Ricci Giuseppe, Massi, Silenzi, Moruzzi, Ciccioli, Giannotti e Procaccini: «Iniziative regionali per la diffusione della conoscenza delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— 115 in data 13 marzo 2002, ad iniziativa della Giunta regionale: «Proroga dell'autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio per l'anno 2002», assegnata alla II Commissione in sede referente;
— n. 116 in data 13 marzo 2002, ad iniziativa dei consiglieri Mollaroli, Cecchini, Secchiaroli, Amati e Benatti: «Celebrazione del cinquantesimo anniversario della morte di Maria Montessori», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
— n. 117 in data 15 marzo 2002, ad iniziativa della Giunta regionale: «Provvedimento generale di rifinanziamento e modifica di leggi regionali per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2002), assegnata alla II Commissione in sede referente, e alle Commissioni I, III, IV, V, VI ai sensi dell'art. 70 del Regolamento interno;
— 118 in data 15 marzo 2002, ad iniziativa della Giunta, concernente: «Approvazione bilancio di previsione per l'anno 2002 ed adozione del bilancio pluriennale per il triennio 2002-2004» assegnata alla II Commissione in sede referente, e alle Commissioni I, III, IV, V, VI ai sensi dell'art. 70 del Regolamento interno;



Proposta di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E' stata presentata la proposta di atto amministrativo n. 84, in data 13 febbraio 2002, ad iniziativa della Giunta regionale: «Integrazione del programma finanziario di ripartizione dei finanziamenti per la ricostruzione post-terremoto sulla base degli ulteriori finanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2002», assegnata alla IV Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 185 del consigliere Avenali: «Direttiva comunitaria 2002/11/CE relativa alla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite»;
— n. 186 dei consiglieri Procaccini e Martoni: «Corso di laurea in Scienze della Formazione Università di Macerata»;
— n. 187 dei consiglieri Silenzi, Franceschetti, Avenali, Tontini, Amati e Mollaroli: «Riforma dell'art. 18 della legge 300/1970 e adesione alla manifestazione nazionale a Roma del 23 marzo 2002»;
— n. 188 del consigliere Moruzzi: «Impianto per il trattamento di rifiuti liquidi pericolosi»;
— n. 189 dei consiglieri Giannotti, Trenta, Brini, Grandinetti, Favia, Cesaroni e Ceroni: «Ripristino gratuità ticket medicina sportiva»;
— n. 190 dei consiglieri Mollaroli, Silenzi, Franceschetti, Secchiaroli, Amati, Tontini e Avenali: «Tagli agli organici delle scuole di ogni ordine e grado previsti dal Ministro Moratti».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Trenta e Amagliani.




Mozione (Discussione e votazione): «Condanna del feroce assassinio di Marco Biagi» Minardi, D’Ambrosio, Luchetti, Grandinetti, Andrea Ricci, Giannotti, Silenzi, Procaccini, Moruzzi, Massi, Viventi e Rocchi (191)

PRESIDENTE. A seguito del feroce assassinio di Marco Biagi, c’è una variazione del programma dei lavori dell’Assemblea, deciso dall’Ufficio di presidenza. E’ infatti stata presentata la mozione n. 191 sottoscritta da tutti i presidenti di gruppo ed è stata prevista la modifica del programma che prevede la sola seduta antimeridiana per consentire ai consiglieri di partecipare alle preannunciate manifestazioni indette in tutto il territorio regionale. Nella seduta antimeridiana si celebrerà un minuto di raccoglimenti, si discuterà la mozione n. 191 e si tratterà, rispetto all’ordine del giorno della seduta odierna, il solo punto relativo alla proroga dell’autorizzazione all’esercizio provvisorio del bilancio per l’anno 2002.
Comunico altresì che i dipendenti del Consiglio di servizio in aula aderiscono allo sciopero di due ore, ma per consentire lo svolgimento pieno del Consiglio sul problema dell’assassinio di Marco Biagi resteranno in servizio.
Invito il Consiglio ad osservare un minuto di silenzio.

(Il Consiglio osserva un minuto di silenzio)

Do lettura della mozione:
“Il Consiglio regionale delle Marche
rileva con sgomento e condanna con forza l’ulteriore sussulto di un terrorismo aberrante, che ancora una volta cerca di inserirsi in una fase di serrato confronto politico e sociale con un messaggio di morte;
spetta innanzitutto alle istituzioni di farsi carico di una risposta responsabile, che salvaguardi il nostro livello di democrazia e dimostri la massima compattezza nei confronti di un attacco terroristico barbaro e disperato insieme;
di fronte all’omicidio di Marco Biagi vittima incolpevole del suo senso di collaborazione istituzionale tornano alla mente i ricordi di altre figure, Tarantelli, Ruffilli e D’Antona, uccisi anche essi quando impegnavano le loro professionalità alla costruzione di momenti di dialogo e di incontro su temi particolarmente significativi;
il Consiglio ribadisce la sua ferma convinzione sulla validità del metodo democratico, che in quest’aula è sempre stato praticato anche nei momenti di più acceso confronto;
siamo certi che la politica, la società, i cittadini marchigiani sapranno dare come noi la risposta più convinta alla sfida del terrorismo, contribuendo a mantenere il clima del nostro Paese sul terreno del confronto anche aspro ma sempre democratico;
di questo siamo convinti, questo vogliamo testimoniare oggi in quest’aula e in tutte le altre occasioni odierne esprimendo tutta la nostra solidale e affettuosa partecipazione alla famiglia di Marco Biagi così barbaramente colpita”.
E’ aperta la discussione. Ha chiesto di parlare il consigliere Viventi. Ne ha facoltà.

LUIGI VIVENTI. Una breve dichiarazione a nome del gruppo del Democratici cristiani. Questi fatti fanno tornare le nostre memorie agli anni ‘70, al momento soprattutto del rapimento e dell’omicidio di Aldo Moro e, da lì in poi, tutta una serie di attentati e di attacchi terroristici alle istituzioni democratiche.
Credo che c’è un collegamento chiaro, soprattutto fra questo attentato e quello che colpì tre anni fa l’allora consulente del Ministero del lavoro D’Antona.
Entrambi questi professionisti si stavano impegnando l’uno con un Governo di centro-sinistra, l’altro con un Governo di centro-destra per analizzare e studiare tutte quelle possibilità che potevano favorire delle riforme di tipo europeo nell’ambito del mercato del lavoro e nel settore del welfare in generale. Entrambi, con due Governi di caratteristiche distinte, sono stati colpiti dal terrorismo nel momento in cui stavano affrontando e collaborando con i rispettivi Governi su queste materie.
Dobbiamo soprattutto trarre un insegnamento: che è necessario per tutte le forze politiche, sia nel momento in cui si è forze di governo, sia nel momento in cui si è forze di opposizione, avere sempre il massimo senso di responsabilità, essere lineari sui propri convincimenti e soprattutto essere uniti per non dare spazio a quel terrorismo che, non dimentichiamolo, può trovare molto spesso, in moti di piazza che vengono strumentalizzati dalle fasce estreme, un valido appiglio e anche persone disponibili, per pochi soldi, a creare confusione nel Paese e ad alimentare un clima di violenza e di scontro che non giova a nessuno.
Credo che nel rispetto che dobbiamo avere nei confronti di queste persone che sono dei martiri della democrazia, dobbiamo anche trarre questo insegnamento morale forte, che c’è un senso civico, un senso dello Stato, un senso della democrazia che deve unire tutte le forze politiche che si definiscono democratiche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silenzi.

GIULIO SILENZI. Esprimo il più convinto dolore e la più ferma condanna per la barbara uccisione del prof. Biagi. Ancora una volta la mano criminale dei terroristi ha colpito con lo scopo di far deragliare la nostra democrazia, come si tentò di fare uccidendo D’Antona. Il criminale attentato di ieri sera costituisce un attacco alla democrazia italiana e ai diritti costituzionali di partecipazione politica. Si ripete nella vita italiana ormai come un incubo, con una puntualità feroce. E’ evidente infatti che l’uccisione del prof. Biagi è un tentativo di criminalizzare e zittire il movimento sociale e sindacale, creando un’infame equivalenza: violenza uguale protesta sociale.
Questo disegno non può essere permesso e faccio appello anche in questa sede, un appello a tutte le forze politiche affinché non si strumentalizzi quanto è avvenuto a fini di lotta e di delegittimazione del movimento sindacale e dei lavoratori che si è organizzato sull’art. 18 in difesa dei diritti sociali. Sarebbe il più grande regalo ai terroristi. La difesa delle istituzioni democratiche impone innanzitutto l’isolamento dei criminali che vogliono colpire la libertà politica e impedire un civile, ancorché duro, conflitto politico e ideale.
Biagi come D’Antona sono uomini che nella continuità del loro lavoro mettono a disposizione la competenza, la loro conoscenza in quanto sono uomini di dialogo che hanno servito e servono le istituzioni. Biagi come D’Antona hanno servito le istituzioni in una continuità, a prescindere da chi reggeva il Ministero o dal colore politico dei governi che si sono succeduti. Uomini di dialogo, uomini di mediazione. Il loro compito è quello di confrontarsi per stabilire poi, nel dialogo, una sintesi, una mediazione che possa far risultare utile una contrattazione tra il Governo e le forze sociali ed economiche.
L’iniziativa dei terroristi prescinde dai toni che vi sono stati in queste ore, in queste settimane. Questa è una tesi priva di fondamento, perché c’è una logica molto autoreferenziale di questi terroristi che seguono quella risoluzione strategica del 1999 e colpiscono per dare seguito a quelle follie: si propongono la guerra civile, si propongono un clima di odio e di violenza nel Paese. Ma come non poter registrare che non c’è nel 2002 nessun clima favorevole, che sono isolatissimi, che non godono né di tolleranza né di simpatia, né nelle forze politiche né nei movimenti?
E allora, nel momento in cui il terrorismo cerca di colpire il sistema delle regole democratiche, il sistema del confronto, le regole che reggono il confronto tra Governo e sindacati si vuol colpire la democrazia colpendo il sistema che regola la vita democratica.
Per questo la democrazia deve rispondere con gli strumenti della democrazia, la democrazia si difende con i propri strumenti, con le sue regole, le sue dinamiche, non rinunciando alle proprie convinzioni e alle proprie idee, al confronto e alla passione civile ma rilanciandoli, sapendo che quello è il terreno che dà nerbo alla democrazia stessa.
Ma in momenti come questi è giusto riscoprire uno spirito di concordia tra le forze politiche e le forze sociali, che non significa rinunciare alle proprie idee o al conflitto sociale, al confronto aspro, ma un momento di concordia nella difesa degli strumenti della democrazia e pertanto della democrazia stessa.
E allora la libertà è indivisibile e noi dobbiamo difendere la libertà e la democrazia combattendo ogni forma di violenza, la violenza come si manifesta in tutte le forme. E’ in questo che possiamo anche dare un contributo se non vi sono, nel confronto aspro, i toni della violenza verbale. Un contributo delle forze politiche per trovare una concordia, per dare una risposta come in altri tempi le istituzioni hanno dato, il movimento sindacale in questo Paese ha dato contro la follia del terrorismo, in difesa delle istituzioni democratiche, chiamando la gente, i lavoratori a manifestare, a scioperare contro chi vuole scardinare la democrazia colpendo gli interessi dei lavoratori, delle forze democratiche, del Paese, dell’Italia democratica che abbiamo voluto costruire e che vogliamo tutelare, costi quel che costi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi.

FRANCESCO MASSI GENTILONI SILVERI. Un episodio tragico che ci riporta agli anni di piombo, agli anni ‘70, agli anni ‘80 quando le forze politiche trovarono una grandissima unità istituzionale per dare al Paese un segnale univoco di affidabilità, di forza delle istituzioni democratiche contro chi, come è stato detto anche da chi mi ha preceduto, cerca di distruggere le regole democratiche per fini sicuramente antidemocratici.
Ricordo che negli anni ‘70-’80 c’era chi giudicava questi episodi dichiarando di non appartenere né allo Stato né alle brigate rosse e questi esponenti della cultura, della politica — pochi per la verità — furono isolati dalle forze politiche principali e democratiche di questo Paese, dalle forze sindacali. Se permettete, se da cittadino trovo con soddisfazione questa mattina, ovunque, una grande unità di tutti gli schieramenti politici, debbo dire che questo idem sentire emerge solo, purtroppo, in questi momenti, ma non ne faccio una colpa alle forze politiche, ne faccio una colpa a una consuetudine tutto sommato comoda di atteggiamenti, anche di cittadini, spesso di associazioni, che inducono a volte i partiti a non intervenire.
Ho partecipato appena qualche decina di giorni fa ad assemblee sulla “riforma Moratti” e ho potuto constatare la grande superficialità di insegnanti, di genitori, in buona fede per carità, ma la gravissima diseducazione civica di docenti, di genitori, di cittadini qualunque che presentavano il “disegno Moratti” come una di quelle ordinanze degli squadroni della morte del Salvador, cioè blitz antidemocratici, anticostituzionali, colpi di Stato. Se noi non riusciamo come forze politiche a ripristinare anche nel dialogo, nel metodo, nel confronto democratico un linguaggio appropriato anche a chi ci ascolta non facciamo altro che alimentare, purtroppo nella ignoranza — spesso nella ignoranza in buona fede, ma nella quale poi attecchisce e cresce anche il germe della malafede, del terrorismo, della violenza e dell’odio — quello che non vorremmo fosse mai alimentato.
Faccio riferimento, per esempio, a quel sondaggio di cui ci parla De Rita nella ricerca sul policentrismo: cittadini italiani e marchigiani che differenziano la propria fiducia nelle istituzioni a seconda di chi governa. Questo è un sintomo di incredibile maturità di tanti cittadini, cioè si crede nella Regione o nello Stato a seconda di chi governa. Incredibile! Che cosa pensiamo possa crescere di fronte a questo atteggiamento di grande comodità, di superficialità, di improvvisazione di fronte al quale atteggiamento come forze politiche ed istituzionali dobbiamo assolutamente prendere posizione?
Chiedo e invoco, da cittadino, che il confronto democratico tra le forze sociali, tra le forze politiche e sociali, tra le forze sociali e istituzionali, tra le forze economiche e sociali sia un confronto sempre più civile. Lo so che detto così e detto così sembra una cosa ovvia e banale, però sicuramente dobbiamo fare di più come forze politiche, perché al di fuori di questi momenti nei quali ci troviamo saggiamente, spiritualmente, istituzionalmente e politicamente uniti, anche nella quotidianità della politica riusciamo a isolare atteggiamenti che sono del tutto disprezzabili e vanno assolutamente isolati.
Ripeto, come è stato fatto in periodi ben più difficili, perché era difficilissimo, anche per certi ambienti della sinistra italiana, sindacale e politica, negli anni ‘70, prendere quella posizione coraggiosa che presero Berlinguer, Lama nei confronti di un certo tipo di terrorismo. Oggi grazie a Dio — e agli uomini, mi sento di dire — c’è una situazione istituzionalmente più tranquilla. In fondo, allora eravamo solo a 25 anni dalla fine della guerra, oggi siamo in un’era diversa, più lontana, però questa tranquillità e questa serenità non ci devono assolutamente consentire di abbassare la guardia nei confronti di chi fa dell’odio e della violenza la predica e il credo quotidiano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Anch'io mi associo al profondo cordoglio per il criminale assassinio del prof. Biagi. Ancora non si hanno certezze in merito alla paternità di questo barbaro omicidio, ma la personalità colpita, il momento scelto e la modalità dell'azione lasciano supporre una matrice terroristica di stampo brigatista. E' la conferma, questo tragico omicidio, che ci troviamo di fronte, dopo l'omicidio del prof. D'Antona tre anni fa, ad un nuovo terrorismo. Questo nuovo terrorismo è diverso da quello degli anni '70 e '80, è certamente meno diffuso e organizzato politicamente, tuttavia non è meno pericoloso. Questo nuovo terrorismo ha un obiettivo e lo dimostrano le personalità colpite e i momenti scelti per compiere gli attentati terroristici. L'obiettivo di questo nuovo terrorismo è quello del restringimento degli spazi di democrazia nel nostro Paese, non soltanto colpendo personalità che servono lo Stato ma anche colpendo la possibilità di manifestare in forme civili e democratiche la conflittualità politica e sociale nel nostro Paese.
Questo nuovo terrorismo quindi, è innanzitutto contro il conflitto sociale e democratico, perché vuole presentare come unica strada quella del conflitto militare e violento. Per questo noi sentiamo questo nuovo terrorismo come un irriducibile nemico da sconfiggere del movimento di massa e popolare. Per questo tutte le forze politiche democratiche debbono certamente essere unite nella ferma e assoluta condanna di questi episodi terroristici, tuttavia l'unico modo per sconfiggere il disegno politico di questo nuovo terrorismo è quello di lavorare per parte nostra all'allargamento e alla crescita del movimento popolare democratico e di massa contro le politiche neo-liberiste di questo Governo, in modo tale che il confronto e il conflitto sociale e democratico si esprima nelle forme pacifiche e libere delle grandi manifestazioni di massa, rifiutando la logica razionale e aberrante di chi, invece, vuole presentare come unica e sola alternativa, restringendo e annullando qualsiasi spazio di libertà e di democrazia, il conflitto militare.
Per questo, infine, Rifondazione comunista aderirà a tutte le iniziative che verranno prese per protestare e condannare questo feroce atto terroristico così come sarà in piazza il 23 marzo per ribadire liberamente e democraticamente le posizioni politiche e sociali che stanno mobilitando il mondo del lavoro contro i disegni del Governo Berlusconi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. La prima cosa che mi sento di dire e che spero sia largamente condivisa è che non si può tornare al clima degli anni '70. Il Paese in quell'occasione tenne duro e resistette. Ha tenuto nei periodi più cupi, quelli delle stragi sui treni, sulle banche e dell'assassinio sotto casa di poliziotti, magistrati e attivisti politici. In quegli anni l'Msi pagò con 24 giovani uccisi, non uno, due o tre, ma 24. Il clima culturale e politico che preparò quel periodo nacque tra il 1968, il 1969 e il 1970. Prima ci furono le bombe, poi un paio di assassinii di prova — quello del commissario Calabresi e poi di due dirigenti missini che si trovavano per caso nella federazione di Padova — e da lì quel clima dilagò. Tutto il Paese pagò un prezzo altissimo.
Dobbiamo impegnarci tutti a non far rinascere quel clima. Non si può dare alcun tipo di copertura né culturale, né politica, né di altro tipo, perché il clima funziona così: qualcuno istiga, qualcuno parla di idee, idee anche legittime — all'epoca chi parlava di più era Toni Negri a Padova ma non solo lui — e poi qualcun altro, magari senza alcun collegamento diretto, uccide.
Vorrei ricordare qui che chi dà le idee spesso ha un livello culturale molto alto. D'Antona, Tarantelli, oggi Marco Biagi: queste sono persone sconosciute ai più, sono conosciute agli addetti ai lavori, quindi coloro che pensano e istigano sono persone addette ai lavori. Per quanto mi riguarda Marco Biagi era uno sconosciuto, avevo letto qualche fondo su Il Resto del Carlino, so che collaborava spesso a Il Sole 24 Ore, comunque credo che alla maggior parte delle persone, agli attivisti politici questo era un nome sconosciuto. C'è evidentemente qualcuno, ai piani alti delle istituzioni della politica, che fa da sponda a chi poi fa il terrorismo.
La stessa cosa mi permetto di dire per quanto riguarda la vicenda della lotta al mondialismo, dei "no global": tante persone per bene esprimono idee, tante persone per bene manifestano, pochi — sottolineo pochi: forse poche migliaia ma comunque pochi rispetto al movimento — devastano Genova. Però quei pochi si avvalgono di un qualche tipo di continuità con tante persone per bene, quindi questo è un meccanismo diabolico che va comunque spezzato.
Le istituzioni devono andare avanti più di prima e meglio di prima, con più impegno di prima, le istituzioni devono lavorare. Oggi condivido che la seduta del Consiglio regionale, dopo questo dibattito sia sospesa, ma la nostra risposta alle istituzioni è che noi si produca leggi, atti e buon governo. Ma accanto a questo chi ha responsabilità politica, chi fa politica, chi si sente classe dirigente deve rendersi conto che la polemica esasperata, se aizza può attivare — sottolineo inconsapevolmente, involontariamente — alcuni che decidono, sulla spinta di quella tesi politica, di arrivare fino in fondo, di arrivare alle estreme conseguenze, come estreme conseguenze sono l'assassinio di persone che presentano proposte che non si condividono. Marco Biagi elaborava e presentava proposte che non si condividono, quindi contemporaneamente accadono queste cose che non hanno alcuna continuità tra loro ma che sono sullo scenario della politica: alcuni che fanno una polemica durissima senza entrare nel merito della vicenda ma con loro tesi, qualcun altro che esaspera le tesi e poi colpisce. Questo non deve accadere, per il bene di tutti — destra, sinistra, moderati, riformisti — questo clima non deve accadere. Spero che ognuno abbia senso di responsabilità per evitare che questo accada. A questo siamo chiamati, a questo questa classe dirigente che governa l'Italia in maggioranza ed opposizione è chiamata: a non ripetere la triste stagione degli anni '70. Su questo, a nome del gruppo di Alleanza nazionale noi ci troviamo assolutamente schierati e questo è il credo al quale noi ci richiamiamo e andiamo con questo sentimento, con queste idee, con questa passione ad un congresso nazionale, tra qualche giorno, proprio per ribadire questa posizione politica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

CESARE PROCACCINI. Il barbaro assassinio di Marco Biagi è una gravissima provocazione da qualunque parte provenga. Esso si colloca contro il movimento dei lavoratori, alla vigilia della più grande manifestazione della nostra storia, quella di sabato prossimo. I Comunisti italiani esprimono il proprio cordoglio alla famiglia e il proprio sdegno contro questo efferato delitto, perché il terrorismo è stato sempre nemico del popolo e contro di esso i comunisti saranno fermissimi.
L'omicidio del dott. Biagi da parte di elementi e forze oscure rappresenta un tragico classico in una fase di lotta nel nostro Paese e di ritrovata unità del sindacato e dei lavoratori, in una sacrosanta e civile lotta democratica di massa, dinanzi alla possibilità di negare diritti fondamentali da parte del Governo.
Questo assassinio attribuito al terrorismo è in primo luogo contro i lavoratori, contro le masse popolari. Il terrorismo, gli omicidi oscuri sono stati sempre eseguiti per frenare l'avanzata della lotta unitaria, per nuove conquiste, è stato sempre così. E' stato così nell'uccisione di Aldo Moro che aveva fatto aperture significative al Partito comunista italiano, è stato così con l'assassinio dell'operaio comunista Guido Rossa, simbolo della lotta contro il terrorismo da dentro il cuore delle fabbriche.
Il terrorismo, gli omicidi oscuri sono contro l'avanzamento delle lotte dei lavoratori. Infatti la destra richiama all'ordine e accredita l'omicidio del dott. Biagi al presunto clima di odio che la mobilitazione dei lavoratori avrebbe creato nel Paese. Bisogna dire a questo proposito che lo scontro sociale, se mai, non è stato scelto dei lavoratori e dai sindacati ma dal Governo, quindi è inaccettabile attribuire alle lotte dei lavoratori che difendono i diritti di tutti questo omicidio. L'omicidio del dott. Biagi ha molte analogie con altri omicidi di alti funzionari e consulenti delle istituzioni e rappresenta un salto di qualità del terrorismo perché colpisce uomini sconosciuti al grande pubblico.
Il terrorismo si sconfigge in primo luogo con l'unità delle forze democratiche, delle forze politiche e di tutto il popolo, ripristinando appieno dal punto di vista culturale e sostanziale tutti gli spazi di partecipazione e di libero diritto a manifestare per la formazione di altri diritti, siano essi privati o siano collettivi, senza che ciò venga interpretato come istigazione all'odio.
I Comunisti italiani, che nella loro storia sono stati sempre in prima fila contro il terrorismo, perché esso nel nostro Paese, ma anche quello internazionale, nega il diritto dei popoli alla propria affermazione democratica, voteranno la mozione unitaria e parteciperanno con propri militanti e con proprie bandiere alle manifestazioni unitarie previste per oggi, indette dai sindacati e dalle forze democratiche, contro il terrorismo e per la democrazia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che sia non solamente rituale ma doveroso aprire questo intervento esprimendo un caloroso abbraccio alla famiglia del collaboratore del Ministero del lavoro di questo Governo. Credo che sia doveroso veramente esprimere cordoglio e solidarietà per un nuovo, purtroppo un ennesimo delitto politico che ha insanguinato il nostro Paese. Credo che da questo derivi un giudizio netto da parte di Forza Italia, da parte di tutti i cittadini marchigiani, di condanna di ogni forma di violenza, di ogni forma di ricorso alla pratica del terrore, che non può e non deve sostituirsi alla dialettica e al confronto politico. Questo per noi è un valore assoluto rispetto al quale ci siamo battuti e continueremo a batterci, perché riteniamo che questo valore debba essere difeso nell'interesse di tutti, anche di quelli che non la pensano come noi.
Con Biagi non è stato colpito un qualcosa di indistinto, è stato colpito un simbolo, il simbolo della possibilità di coniugare la modernizzazione di questo Paese con la tutela e la difesa dei diritti acquisiti. E' stata colpita la riforma a sostegno del diritto al lavoro degli italiani. Certo questo può anche dispiacere a qualcuno, qualcuno può anche non condividerlo, ma cominciamo a non farci violenza, consigliere Silenzi, nel rispettare le posizioni. Per noi il lavoro fatto da quel professionista, da quel consulente va in questa direzione, nel riformare il sistema del lavoro in Italia per garantire certo la difesa dei diritti ma anche un adeguamento del sistema a quello che è richiesto dalla nostra presenza in Europa.
Così come va detto e non può essere sottaciuto, altrimenti si rischia di essere omissivi e di non dire la verità, che certo il terrorismo non si fa condizionare dalle parole, ma l'esasperato verbalismo di queste ultime settimane può avere contribuito a creare le condizioni in cui il terrorismo si alimenta. Il clima di odio che si è creato attorno a questo problema, ad un problema che è politico, che deve essere oggetto di confronto e anche di scontro, ha generato, ha alimentato anche il terrorismo. Diciamocelo, perché è così. Da questo dobbiamo rifuggire, questa preoccupazione deve avere la classe politica del nostro Paese.
Di fronte a questo non possiamo che ribadire alcune questioni che riteniamo essenziali nel confronto e nel rapporto fra le parti politiche. Dobbiamo cioè mettere a capo della nostra azione politica il rispetto dell'avversario, la tolleranza per le idee degli altri, anche quando queste idee non le condividiamo, perché sta qui la forza della democrazia: la capacità di rispettare la diversità che viene espressa.
Se riusciamo a maturare questa convinzione, abbiamo dato un contributo decisivo alla difesa e soprattutto alla pratica della non violenza. (Interruzione). Anche le idee di Bossi vanno rispettate. Non dico che lei le deve condividere ma le deve rispettare, perché, collega Tontini, c'è un altro problema che deve essere posto sul tappeto: dobbiamo tutti, voi compresi, abituarci al rispetto della democrazia, al rispetto delle regole, il che vuol dire che se il popolo italiano sceglie da chi deve essere governato, bisogna avere la coscienza che in questo Paese qualcuno governa e qualcuno deve fare l'opposizione, e i ruoli vanno rispettati. Non può esservi un'azione di denigrazione permanente, una destabilizzazione... (Interruzione). Tontini, cerchiamo di rispettarci. La verità va affermata sempre, e vorrei chiudere citando l'intervento di un autorevole esponente della società civile, non certamente della sinistra, non certamente del centro-destra. Dice: "Hanno colpito un uomo che voleva un Paese normale; hanno ucciso un amico che lavorava a una grande riforma a sostegno del lavoro". Credo che questa sintesi dell'affermazione di questa persona di cui sono particolarmente amico, ci debba comunque far pensare, al di là dell'affermazione della verità che va sempre fatta, che occorre veramente mettere da parte ogni divisione, perché solo attraverso l'unità è possibile battere il terrorismo e fare in modo che il terrorismo non vinca nel nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Voglio esprimere il cordoglio e la solidarietà da parte dei verdi per questa vicenda che colpisce tutti e denunciare anch'io questo attacco alla democrazia, alla Costituzione, alle lotte sociali che sono la linfa della nostra democrazia e l'origine della nostra democrazia e della nostra Costituzione.
C'è una certa preoccupazione anche nell'ascoltare alcuni interventi, in questo dibattito. Sappiamo che la strategia della tensione serve ad allentare le garanzie democratiche e che il disegno terroristico è lucido nella sua brutalità. Agganciare consensi? In realtà l'attacco è alla democrazia, il tentativo di rialimentare un clima che ci riporta indietro.
Quindi attenzione — questo lo dico anche al collega di Forza Italia che mi ha preceduto — a richiamare il clima politico quale responsabile indiretto di queste vicende.

ROBERTO GIANNOTTI. Io ho detto "il clima di odio": è diverso.

MARCO MORUZZI. Non si vince la sfida al terrorismo con strumentalizzazioni che in questo momento creano divisioni politiche, quando una grande unità politica deve realizzarsi e rafforzarsi almeno sui principi, almeno sulla risposta, anche nella divisione dei giudizi e delle valutazioni rispetto all'operato di chi governa.
Non c'è stata una denigrazione permanente — sono preoccupato di queste parole — ma una battaglia sui diritti sindacali propri dello statuto dei lavoratori, esercitata nei modi e nei termini che la democrazia dà la possibilità di esercitare.
Non è un caso che questo brutale assassinio avvenga alla vigilia della grande manifestazione sindacale di sabato prossimo, non è un caso che questo diventi un vero e proprio attacco alla lotta contro la modifica dell'art. 18.
Dividere la società: questo è certamente un obiettivo, e il pensiero, ovviamente, va anche a Sergio D'Antona, a Tarantelli, a Ruffilli ma anche a tutte le altre vittime della strategia del terrorismo che credo vada sconfitta con la capacità di tutta la classe politica italiana ed una risposta chiara, decisa, estremamente ferma.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

MARCO LUCHETTI. Siamo tentati in queste occasioni, per non essere rituali, per non essere ripetitivi, anche se la ritualità e la ripetitività sono d'obbligo rispetto alle considerazioni di fondo che si devono fare su questi fatti criminali, di fare una semplificazione, di fare una riflessione quasi televisiva di quello che sta accadendo nel nostro Paese e che secondo me dovrebbe essere analizzato con più profondità. Il sacrificio di Marco Biagi ce lo consente e credo che è da considerare, anche questo, il contributo di sacrificio di un professionista, di un professore di università che tentava, attraverso la sua conoscenza, di dirimere delle questioni fondamentali, di dirimere delle questioni importanti per le tradizioni di vita democratica della nostra convivenza, del nostro Paese, del nostro dialogo istituzionale, politico e sociale.
E' complicato addentrarci in queste valutazioni perché il rischio è quello di esprimere parole in libertà, così come accaduto al collega Giannotti, in quanto non è riconducibile sicuramente al clima d'odio questo vile attentato che dovrebbe fare riferimento sì, allo stile brigatista, ma a qualche pazzo criminale che ancora si aggira indisturbato nel nostro Paese. Alle parole in libertà potrebbe e dovrebbe invece una riflessione saggia per fare il punto sulla nostra democrazia, sulle nostre modalità di essere democrazia e su come poter chiudere definitivamente con la violenza che, nonostante tutto quello che si è fatto in questo Paese, ancora alligna nella cultura di alcuni che forse non si sono resi conto di essere tagliati fuori dalla nostra comunità. Questa società ha già fatto la scelta della non violenza, contro la violenza ed è stata in grado di battere la violenza organizzata degli anni '70 e degli inizi degli anni '80.
Ma la cosa su cui dobbiamo riflettere è come estirparla definitivamente, e non è tanto il costume della democrazia su cui dovremmo riflettere in questi momenti, quanto come si affronta oggi la democrazia e come la nostra cultura si paragona con la democrazia. Probabilmente dobbiamo fare ancora passi in avanti da questo punto di vista.
La nostra società ha rifiutato la violenza, ma la nostra società culturalmente, probabilmente, deve compiere ancora un salto nella maturità della democrazia, perché rischiamo che contrapposizioni politiche diventino scontri molto forti in quanto non si tiene conto che la nostra democrazia deve avere dei capisaldi su cui tutti dobbiamo ritrovarci.
E' proprio il ritrovarci sui diritti fondamentali che non dovrebbe più porre in discussione il dibattito della politica, è quando si tenta di superare in maniera non condivisa alcune architravi su cui abbiamo costruito la nostra convivenza che si rischia lo scontro forte, che comunque non ha niente a che fare con la violenza criminale e assassina.
E' proprio partendo da qui che dobbiamo approfondire questa riflessione per arrivare a una conclusione che deve comunque partire dai valori costituzionali e che deve vedere una legislazione aderente fino in fondo ai principi costituzionali. Mettere in discussione valori e principi del mondo del lavoro è un rischio, così come abbiamo considerato rischioso mettere in discussione, nei momenti più difficili, anche i diritti e i principi di libertà individuale, di libertà collettiva.
Dobbiamo rispettare profondamente questi criteri perché non possano trovare e non dare spazio a pazzie e elucubrazioni politiche che portano fuori gioco coloro che non vogliono rispettare il gioco della democrazia.
Ecco perché questi approfondimenti devono portarci soprattutto a capire come la nostra società può evolvere da questo punto di vista e come coinvolgere in questo processo e in questo percorso soprattutto le giovani generazioni, che se hanno maturato e hanno in sé alcuni principi fondamentali come quelli della pace e della giustizia, devono avere la responsabilità — e dobbiamo richiamarli a responsabilità — perché questi principi siano esercitati attraverso la democrazia.
Ecco perché questo Paese non può mettere in discussione i suoi processi di dibattito, ecco perché dobbiamo continuare nel nostro lavoro. Oggi riflettiamo ma dobbiamo continuare cercando di fare al meglio il lavoro delle istituzioni, il lavoro della politica perché siano sempre più credibili agli occhi della gente.
Richiamavo quella riflessione che abbiamo fatto pochi giorni fa come Consiglio sulla fiducia della nostra gente, della nostra comunità nelle istituzioni. E' una fiducia che quando parliamo delle istituzioni locali segna qualche incrinatura. Questo significa che dobbiamo fare di più anche noi, dobbiamo fare in modo che le istituzioni diventino — soprattutto quelle locali — più vicine alla gente, diventino riferimento, diventino luogo veramente di crescita democratica.
Ecco perché, aderendo alle manifestazioni che in questi giorni si stanno facendo per ribadire e per aderire alle lotte dei lavoratori che vogliono difenderei loro diritti, noi vogliamo dare un contributo per andare avanti nel dibattito della democrazia, certamente non seminando odio, perché è fuori dal mondo chi dice questo. Dire queste cose — scusate la battuta — è anche meschino in questo momento, in un momento in cui si cerca un denominatore comune proprio per compiere quel cammino insieme necessario.
Un appello forte alla magistratura e alle forze dell'ordine, perché non è pensabile che questa gente possa ancora liberamente circolare nel nostro Paese. Non è accettabile che l'omicidio D'Antona rimanga ancora impunito, bisogna fare passi avanti da questo punto di vista, bisogna attrezzarci, perché una democrazia si regge soprattutto se è difesa dalle forze democratiche che la presidiano e che la difendono. Pertanto un appello anche in questo senso, perché il Governo faccia del tutto affinché gli assassini vengano consegnati al più presto alla giustizia.
Termino ribadendo quello che hanno fatto i colleghi: un grande abbraccio ed esprimendo il più vivo cordoglio ad una famiglia così martoriata. Purtroppo noi non facciamo altro che esprimere un cordoglio, ma speriamo che questa famiglia, attraverso questo sacrificio, questo esempio riesca ad essere simbolo per tutte le altre famiglie e per tutta la nostra intera comunità.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Rocchi.

LIDIO ROCCHI. A nome dello Sdi esprimo il cordoglio per il vile attentato di ieri. Credo che siamo ripiombati di colpo nel clima opprimente degli ani '70. Ritenevamo che fossero superati momenti bui come questi. I socialisti non possono non ricordare la lunga lista di nomi di economisti, di magistrati, di docenti universitari, di sindacalisti uccisi per avere servito questo Stato libero e democratico. E' vero che da quando è iniziata la discussione sull'articolo 18, da quando abbiamo iniziato a livello politico questa discussione, questo scontro politico che c'è tuttora e che era possibile evitare con un po' di buon senso da parte del Governo di questa nazione, siamo tornati all'improvviso alla famigerata P38. Nessuno di noi ha invece capito che occorre tornare ad un dialogo civile tra le forze politiche ed evitare contrapposizioni volente anche nelle parole di questi giorni.
Il terrorismo non guada in faccia né al centro-sinistra né al centro-destra, credo che sia una minaccia per tutti noi, per la nostra democrazia che deve reagire unita, senza che nessun coltivi meschini calcoli di parte.
Sentivo poc'anzi qualche polemica in più. E' negativo.
Se non dovessimo capire che occorre mettere da parte le polemiche, faremmo solamente un grossissimo regalo agli assassini di Biagi i quali otterrebbero il massimo, mentre invece dovranno vedere, in questi giorni la più grande contrapposizione nelle manifestazioni da parte di partiti e dei singoli cittadini.
Credo che questo debba essere un momento di unità da parte di tutti, in modo da poter mettere all'angolo un terrorismo che sta riemergendo e che può mettere in ginocchio questa democrazia, che secondo me è ancora una democrazia debole.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D'Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Credo che qui dentro, per ragioni delle trascorse esperienze professionali, chi ha avuto, ahimé, più a lungo e più numerose volte a che fare il fenomeni come questo sia proprio chi vi sta parlando. Abbiamo attraversato momenti drammatici in questo nostro Paese, abbiamo attraversato momenti in cui se le istituzioni, se tutta la società insieme non avesse mantenuto la barra ferma sul ristabilimento, sull'osservanza, sul rafforzamento di regole condivise di democrazia, avremmo corso rischi incredibili e la nostra esperienza democratica sarebbe stata messa a rischio.
Credo che però, come diceva qualcuno, la storia serve per insegnare e per dare momenti per il futuro.
Abbiamo visto, lo sappiamo, che ci sono strategie folli ma anche lucide, che tendono a colpire in maniera tragica nelle aree di riformismo ragionevole e razionante, quindi non un riformismo quale che sia ma un riformismo di chi comunque ritiene che ci siano spazi per un dialogo, per offrire proposte, per costruire ipotesi sulle quali poi misurarsi.
Credo che questo sia un elemento che non dobbiamo mai dimenticare, altrimenti corriamo il rischio di farci schiacciare sugli opposti estremismi, e allora sul serio il clima di questo Paese diventerebbe difficile da respirare.
L'altro punto su cui non mi stancherò mai di insistere è che non bisogna fare confusione, nessuno ha bisogno di unanimismo di facciata, nessuno ha bisogno di pasticciati ritornelli del "volemose bene", è una cosa completamente diversa.
Io ribadisco, io pretendo, io esigo che mi sia riconosciuto tutto intero il diritto di contrappormi politicamente alla linea di questo Governo con tutta la fermezza del caso, ma non può non essere accompagnato dal dovere ferreo di rispettare le regole della democrazia che sono regole condivise da tutti.
In questo periodo ci si riempie la bocca, spesso, di vocaboli alla moda, adesso si dice "bipartisan". Io dico che la cosa è molto più semplice: sulle regole del gioco, quando il gioco è democratico non è consentito né avere riserve mentali, né pensare a scorciatoie, né pensare a qualcuno che è più di altri legittimato ad interpretare quelle regole. Le regole della democrazia sono ormai solide, ormai stabili, che anche il nostro Paese sa applicare perché le ha applicate e sono ormai più di 50 anni che le applica.
Questi sono i dati dai quali noi dobbiamo partire. Al di là del rispetto, ripeto rigorosissimo, di questa regola, il resto è gioco democratico, la contrapposizione anche aspra è gioco democratico, non c'è scritto da nessuna parte che l'opposizione si fa leggendo il galateo. C'è scritto nelle regole della democrazia e della nostra Costituzione che l'opposizione si fa per cambiare eventualmente quel Governo che non ci piace con regole e metodo democratico. Questo è il dato di fondo che dobbiamo conservare, che dobbiamo tutti quanti rispettare.
E allora, nel momento in cui si cerca di mantenere la lucidità e la responsabilità istituzionale, di fronte a un episodio come questo, un episodio disperato e folle insieme, credo che questo sia un segno che non dobbiamo dare sbavandolo. Il Consiglio regionale delle Marche non può consentirsi di assumere altri atteggiamenti. Manteniamo, come abbiamo mantenuto spesso in quest'aula, momenti di contrapposizione anche dura, anche estremamente dura, ma nessuno mai qui si è sognato non solo di venir meno alle regole della democrazia ma di accusare chi nell'uno o nell'altro campo, nell'uno o nell'altro momento assumesse posizioni più dure, di accusare, di avvelenare il clima. Il clima non tollera avvelenamenti, non può essere avvelenato per quanto riguarda il rispetto del metodo democratico. Il resto non è un avvelenamento di clima, è soltanto una contrapposizione politica. Poi, ognuno la fa con gli elementi, con i toni che ritiene essere più appropriati a quel dato.
Se è fermo il presupposto, tutto il resto può essere consentito; se il presupposto vacilla il resto non ha più nessun senso.
Questo credo che sia il tipo di lezione che deve venirci dall'esperienza passata. Abbiamo superato momenti drammatici in questo nostro Paese quando sono stati uccisi magistrati, sindacalisti, poliziotti, industriali, rappresentanti di forze politiche, eppure siamo riusciti a reggere. Questo dobbiamo tenere presente. Se tutti siamo consapevoli di condividere questo metodo e queste regole, sul resto credo che si tratterà soltanto di impegnare ancora di più le strutture repressive e investigative dello Stato per arrivare a una conclusione positiva di vicende che non sono più allarmanti come prima, ma che comunque ci lasciano molto preoccupati, anche perché dopo tre anni sull'omicidio D'Antona sappiamo molto poco.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la mozione n. 191.

(Il Consiglio approva all'unanimità)



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Proroga dell'autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio per l'anno 2002» Giunta (115)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 115, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Se il relatore di minoranza è d'accordo non farei neanche la relazione e passerei subito al voto, visto che è un elemento e una proposta di legge del tutto tecnica.
Vedo però che il relatore di minoranza non è d'accordo, quindi farò una brevissima illustrazione, nel senso che con questa proposta di legge proroghiamo, di fatto di un mese l'esercizio provvisorio. Ricorderanno i colleghi che nel dicembre del 2001 questo Consiglio aveva approvato la legge che autorizzava la Giunta regionale all'esercizio provvisorio per tre mesi, fino al marzo 2002. Questo perché in base alla vecchia legge sulla contabilità erano previsti al massimo tre mesi, non era ancora in vigore la nuova legge regionale sulla contabilità, che in base alla legge quadro nazionale prevede fino a un massimo di quattro mesi, fino ad aprile compreso.
L'unica considerazione che faccio da questo punto di vista è che la proroga di un mese consentirà di non bloccare l'attività della Regione, sia riguardo alle uscite ma anche riguardo alle entrate, quindi fino all'approvazione del prossimo bilancio di previsione annuale e pluriennale che, come tutti i colleghi sanno, è stato già posto in discussione al Consiglio e che si prevede, come sessione, dal 15 aprile in poi. Questo dal punto di vista formale.
Dal punto di vista più di merito, il ricorso al prolungamento dell'esercizio provvisorio si rende necessario per alcuni motivi del tutto oggettivi e credo condivisibili, soprattutto in relazione alla necessità che c'è stata di attuare, come è stato fatto dal Governo regionale, una forte concertazione con le parti sociali, con gli enti locali, quindi con gli altri livelli istituzionali sulle scelte prioritarie che vanno fatte nel bilancio di previsione. Credo che questo sia un fatto importante, perché era un impegno che la Giunta regionale, la maggioranza, il Consiglio regionale avevano assunto nel momento in cui avevano approvato la manovra finanziaria del dicembre scorso, quindi credo che sia un fatto importante, fermo restando che poi la titolarità completa delle scelte, delle decisioni e dell'approvazione del bilancio spetta a questa sede, al Consiglio regionale nella sua interezza.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Favia.

DAVID FAVIA. La minoranza voterà contro questa legge. Credo che sia riduttivo il tentativo della maggioranza, attraverso il relatore omonimo, di chiudere su questa legge minimizzando, cioè dicendo che è un atto dovuto. E' pur vero che tecnicamente è un atto dovuto in quanto il bilancio sarà approvato nel quarto mese dell'anno, quindi l'esercizio provvisorio già votato fino al 31 marzo andava necessariamente prolungato fino al 30 aprile, però io debbo lamentare — e con questo voto contrario simbolico lamentiamo — un atteggiamento del Governo regionale assolutamente da censurare.
Abbiamo già avuto modo di far presente che tutti gli strumenti finanziari e di bilancio della Regione sono statisticamente in bilancio, come ben sapete l'esercizio provvisorio consegue ad un colpevole ritardo nella presentazione, nell'approvazione del bilancio preventivo che va presentato dalla Giunta al Consiglio entro il 15 ottobre e va approvato entro il 15 dicembre. Sarà approvato, in realtà, con 5 mesi di ritardo, così come con 5 mesi di ritardo è stato presentato.
E' stato presentato prima alla stampa che ai legittimi organi del Consiglio, e anche questo è un modo di proporsi al dibattito politico sbagliato. E' un bilancio che nel merito deprime gli investimenti alle categorie produttive, perpetua gli sprechi e scarica con le tasse sulla comunità marchigiana una forma di governo, un indirizzo politico che noi non condividiamo, ma in questa sede quello che a me preme pi dire è che nel mentre il Governo nazionale ha dato il buon esempio rispettando la tempistica di approvazione anche a tappe forzate, la Regione non l'ha fatto perché avrebbe ben potuto preparare il bilancio tempestivamente e presentarlo per primo agli organi legittimi che devono esserne informati, ciò non è stato fatto, non è stata fatta una corretta concertazione, tanto è vero che tutte le categorie della concertazione si sono lamentate, sono rimaste scontente di questo bilancio, quindi questi sono i motivi per cui noi voteremo contro, ma in sede tecnica quello che voglio confermare è che noi non condividiamo né lo sgarbo perpetrato nei confronti del Consiglio con una presentazione del bilancio prima alla stampa e poi al Consiglio stesso, né il ritardo che viene sfruttato nella presentazione del documento di contabilità, in quanto purtroppo non c'è sanzione. Auspichiamo che i marchigiani irroghino, a tempo debito, la sanzione più grave che è la sanzione politica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ceroni.

REMIGIO CERONI. E' noto che non sempre questo Governo regionale rispetta le leggi, i regolamenti e lo Statuto. Sorvolo sui ritardi che la Giunta regionale ha accumulato in questi anni rispetto ai termini di approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto perché ne ha parlato il collega Favia un istante fa, non posso però non sottolineare alcuni aspetti paradossali di quanto sta avvenendo quest'anno.
Con la legge 33 del 13 dicembre 2001 avete chiesto sulla base dell'art. 30 della legge 25 del 30 aprile 1980, l'autorizzazione all'esercizio provvisorio. L'aspetto più incredibile è che sullo stesso Bur in cui è avvenuta la pubblicazione di questa legge 33 in precedenza veniva pubblicata la legge 32 che abrogava la legge 25. Oggi, con la proposta di legge 115 voi chiedete la proroga dell'autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio di previsione 2002, autorizzazione che mi pare di dubbia legittimità.
Anche la richiesta di proroga dell'esercizio provvisorio è illegittima, perché contrasta con la legge 345 del 1971, cioè la legge dello Statuto della Regione Marche che non ci risulta essere ancora stata abrogata.
L'art. 40 dello Statuto regionale recita che "L'esercizio provvisorio può essere concesso con legge per un periodo non superiore a 3 mesi". E' chiaro che la norma statutaria è una norma costituzionale, quindi prevale sulla legge regionale 31 dell'11 dicembre 2001 che potrà entrare in vigore solo dopo la modifica dello Statuto.
Sarebbe stato più corretto procedere secondo l'art. 35 della già citata legge regionale 31 dell'11 dicembre 2001 che prevede, in via provvisoria, la gestione del bilancio limitatamente a un dodicesimo della spesa prevista per ciascuna UPB, ovvero nei limiti della maggiore spesa necessaria ove si tratti di spese obbligatorie previste per legge.
In questo senso chiedo alla dott.ssa Santoncini di esprimere un parere in merito a questo dubbio di legittimità, visto che è segretario del Consiglio regionale. Ci chiarisca se questa legge è legittima, visto che lo Statuto prevede la possibilità di prorogare l'esercizio provvisorio solo nel limite di 90 giorni.
Se i dubbi da me sollevati dovessero essere confermati, mi unisco alla posizione del collega Favia e pertanto il voto non può che essere negativo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Alcuni concetti sono già stati espressi, quindi non vorrei essere noioso e ripetere le stesse cose, ma visto che è gi deciso che il bilancio di previsione per il 2002 venga in aula per la metà di aprile, non capisco perché una legge per l'esercizio provvisorio per questo mese, che è palesemente in contrasto con l'art. 40 dello Statuto regionale che prevede i tre mesi. Si poteva andare con la gestione provvisoria per 15 giorni, per 20 giorni. C'è l'istituto della gestione provvisoria, perché fare una legge per l'esercizio, mettendosi nelle condizioni di cui parlava adesso anche il collega Ceroni, di contrasto con lo Statuto della Regione? Ormai mancano 15-20 giorni, quindi secondo me sarebbe stato molto più corretto non presentare questa legge, andare con la gestione per i 15 giorni e poi approvare il bilancio di previsione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Che la prima fase di ogni anno sia caratterizzata dall'esercizio provvisorio è un dato scontato. Tutti sanno che la finanziaria viene licenziata dallo Stato negli ultimi giorni dell'anno, che la sua pubblicazione, quindi le modifiche tecniche allo schema di bilancio sono un dato strutturale, fisiologico direi, che occupa il primo periodo dell'anno.
Quello che è un po' meno fisiologico è che i mesi che talvolta in alcune Regioni sono due, poi diventino tre e addirittura quattro. Tenendo conto che andremo ad approvare il bilancio a metà del prossimo mese, con tutti gli annessi e connessi, i tempi della pubblicazione e via di seguito, tendiamo a rallentare tutto un meccanismo di trasmissione che influisce anche sulle amministrazioni subordinate, sugli enti locali "minori".
Quindi è un problema che ha una rilevanza politica; Sull'atto in sé nulla quaestio, cosa si può dire di un ulteriore mese se non che quello è il dato? E' il dato politico che invece ci deve far riflettere, di un Governo regionale che ormai è fortemente rallentato e non riesce più a svolgere un ruolo di propulsione, questo è il dato politico, perché il dato che solo nella giornata di ieri il sottoscritto, che è vicepresidente della Commissione di bilancio, ha ricevuto l'atto stesso, la dice lunga. Io ho ricevuto l'atto nella seconda parte della giornata di ieri, il che significa che domani ascolterò la relazione dell'assessore ma è tutto ancora da cominciare a discutere. Tra l'altro — anche se è una circostanza occasionale — nel periodo di Pasqua, nel periodo dei congressi, c'è il nostro congresso nazionale ma non solo li nostro, quindi tutto un meccanismo fortemente stentato. Questo l'opposizione lo sottolinea, ma la stessa maggioranza non può fare a meno di rilevarlo. C'è qualcosa che non funziona nella macchina, si è inceppato qualcosa nel meccanismo di gestione amministrativa e politica di questo Governo, di questa Regione. Ne prendiamo atto, ovviamente l'opposizione fa il suo mestiere, non condivide questo slittamento e voterà contro, però anche chi vota a favore credo che debba riflettere, deve rendersi conto che, evidentemente, il problema è interno.
Come sempre accade i problemi politici più rilevanti non sono mai quelli che l'opposizione crea alla maggioranza ma quelli che accadono all'interno della maggioranza e dell'equilibrio della Giunta stessa. E questo è il dato che posso riconfermare anche oggi qui, in questo Consiglio, in questa Regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola l'assessore Agostini.

LUCIANO AGOSTINI. Mi pare che l'atto sia sostanzialmente tecnico, quindi esula dalle valutazioni politiche. Sulla sua legittimità dal mio punto di vista non ci sono dubbi, nel senso che l'atto che abbiamo proposto è pienamente legittimo, e tra l'altro rispetto alle ultime considerazioni e preoccupazioni del consigliere Ciccioli mi sento di rispondere che non c'è nessuna flessione, perché le stesse argomentazioni di "inefficienza" da parte dell'opposizione venivano portate anche lo scorso anno, quindi mi pare che non ci sia un aumento in questa critica che per ultimo faceva il consigliere Ciccioli.
Questa ulteriore proroga è maturata attraverso l'applicazione della nuova legge di contabilità, una legge nuova per tutti che noi abbiamo approvato nel 2001, che sicuramente porterà a una lettura migliore, oserei dire più trasparente, dello stesso bilancio regionale, più comprensibile. L'applicazione della legge che abbiamo approvato a ottobre ha reso alcuni passaggi molto difficoltoso: passare dai capitoli di spesa alle unità previsionali di base ha significato fare un lavoro tecnico, e metterlo anche in relazione alla partenza della nuova legge sull'organizzazione ha comportato alcuni rallentamenti e un lavoro tecnico molto complesso, per cui alcuni giorni trascorsi e la critica di essere arrivati con gli atti in ritardo in Commissione, sono dovuti al fatto che c'è stata questa complicazione tecnica che pensiamo per i prossimi anni sia assolutamente superabile, proprio in virtù dell'applicazione della nuova legge, che oltre a dare strumenti di programmazione ulteriore come il Dpfr, non solo consente una lettura migliore, una flessibilità migliore allo stesso bilancio regionale, ma accelererà sicuramente anche i tempi della sua redazione.
Rispetto alla legittimità, alle verifiche che il servizio e l'assessorato hanno fatto non ci sono dubbi.

PRESIDENTE. Do lettura del parere espresso dal servizio studi legislativi e fattibilità del Consiglio regionale: L'articolo 34, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 stabilisce che "L'autorizzazione dell'esercizio provvisorio del bilancio è concessa con legge, per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi". L'articolo 1 della proposta di legge n. 115/2002 prevede che "il periodo di tre mesi per l'esercizio provvisorio del bilancio 2002, autorizzato con l.r. 13 dicembre 2001, n. 33, è prolungato di un ulteriore mese ai sensi dell'articolo 34, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31". Il suddetto articolo, pertanto stabilisce che l'esercizio provvisorio è consentito per quattro mesi.
La legge regionale n. 31/2001 è stata emanata inapplicazione dei principi contenuti nel D. Lgs. 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali enorme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni, in attuazione dell'articolo 1, comma 4, della legge 26 giugno 1999, n. 208). Il D.O Lgs. in questione è stato approvato prima della riforma del titolo V, parte II, della Costituzione il quale ha peraltro espressamente stabilito all'articolo 117 che la materia inerente l'armonizzazione di bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica rientra nella competenza concorrente della Regione.
L'articolo 8, comma 2 del D. Lgs. 76/2000 ha sancito, in particolare, conformemente al precetto generale contenuto nell'articolo 81, comma secondo della Costituzione, in quattro mesi il limite massimo per l'esercizio provvisorio del bilancio. Tale disposizione di principio è stata integralmente recepita dall'articolo 34, comma 2, della l.r. n. 31/2001.
Pertanto, la proposta di legge n. 115/2001 è da considerarsi ammissibile in quanto in esecuzione del suddetto articolo 34, comma 2, per il quale, peraltro, il Governo non ha sollevato alcuna questione di legittimità costituzionale".
Ha la parola il consigliere Ceroni.

REMIGIO CERONI. Presidente, non mi pare che la risposta sia conforme a quanto da me sollevato. La legge lascia facoltà alle Regioni di stabilire fino a 120 giorni, ma lo Statuto regionale che ancora non è stato modificato prevede 90 giorni. Quindi se vogliamo far finta di niente accetto.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

CARLO CICCIOLI. Chiedo la ripetizione del voto.

PRESIDENTE. Pongo nuovamente in votazione l'articolo 2.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

(Il Consiglio approva)

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 13,20