Resoconto seduta n. 81 del 09/04/2002
La seduta inizia alle 12,55


Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell'art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute n. 79 e 80 del 27 marzo 2002.


Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 120, in data 25 marzo 2002, ad iniziativa della Giunta regionale: «Razionalizzazione ed ammodernamento della rete di distribuzione dei carburanti per uso di autotrazione», assegnata alla III Commissione in sede referente;
— n. 121, in data 26 marzo 2002, ad iniziativa dei consiglieri Martoni, D’Angelo, Amagliani, Franceschetti, Luchetti e Moruzzi: «Modificazione alla legge regionale 17 dicembre 1999, n. 33: Nuove norme e modifiche alla legge regionale 1 dicembre 1997, n. 71. Norme per la disciplina delle attività estrattive», assegnata alla IV Commissione in sede referente;
— n. 122, in data 25 marzo 2002, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta: «Nuove norme sull'organizzazione turistica regionale», assegnata alla III Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 195 del consigliere Viventi: «Legge regionale 35/2001. Provvedimenti tributari in materia di addizionale regionale all'IRPEF, di tasse automobilistiche e imposta regionale sulle attività produttive»;
— n.196 dei consiglieri Ricci, Romagnoli, Franceschetti e Ceroni: «Soppressione sede distaccata tribunale di S. Elpidio a Mare";
— n.197, a iniziativa dei presidenti dei gruppi: «Iniziative per la pace in Palestina promosse dalla Regione Marche».



Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Ascoli, Ceroni, Cesaroni e l'assessore Mattei.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. A nome della Conferenza dei presidenti di gruppo propongo l’inserimento all’ordine del giorno della mozione n. 1907.

Il Consiglio approva


Mozione (Discussione e votazione): «Iniziative per la pace in Palestina promosse dalla Regione Marche», presidenti dei gruppi consiliari (197)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la mozione n. 197 ad iniziativa dei presidenti dei gruppi consiliari.
Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Purtroppo dovrò andare a Roma per un appuntamento al Ministero per discutere l’intesa di programma. Vorrei comunicare le iniziative prese in questi ultimissimi giorni per rispondere alle richieste che sono arrivate soprattutto all’ospedale di Pesaro di interventi per permettere la partenza di 20 bambini talassemici, già individuati nel viaggio fatto qualche giorno fa in ambito di territori palestinesi occupati, che sono bloccati e che invece dovrebbero essere sottoposti subito alle cure del caso. L’altro elemento è una richiesta di intervento per sbloccare la situazione dell’ambulatorio per la cura del diabete istituito a Betlemme con una iniziativa congiunta dell’Inrca, della Regione Marche e del Comune di Betlemme che è bloccato e per il quale abbiamo chiesto la riapertura con lettere inviate al presidente del Consiglio dei ministri, al ministro degli esteri, a quello della salute, a quello degli affari regionali, a quello dell’interno, a varie Regioni e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio perché diventi punto coordinatore di tutte le iniziative.
Sono lettere di ieri e dell’altro ieri, di cui posso far avere copia.

PRESIDENTE. Do lettura della mozione concordata:
“Il Consiglio regionale delle Marche
— preso atto della tragedia che si sta consumando in Palestina, dove l’inaccettabile politica del Governo Sharon ha portato l’esercito israeliano ad occupare i territori palestinesi, a causare pesanti perdite di civili inermi, a violare i diritti elementari della persona, tutelati perfino in guerra, arrivando a bombardare addirittura la Basilica della Natività di Betlemme, mentre d’altra parte l’azione dei terroristi kamikaze alimenta la spirale dell’odio e causa vittime innocenti;
— constatata ancora una volta, purtroppo, la inadeguatezza della diplomazia internazionale e in primo luogo di USA e UE a promuovere una efficace e tempestiva iniziativa di interposizione e di pacificazione;
— constatato che le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU, che intimano l’immediato cessate il fuoco e il ritiro dell’esercito israeliano dai territori palestinesi rimangono inapplicate;
— chiede innanzitutto, in attuazione delle suddette risoluzioni, la immediata cessazione del fuoco e il ritiro dell’esercito israeliano;
— invita il Governo italiano ad intervenire con la massima determinazione e in tutte le sedi per fa ripartire il processo di pace;
— condanna, senza attenuanti, la scelta brutale e inaccettabile del Governo Sharon e respinge con altrettanta fermezza il ricorso ad attentati terroristici che debbono immediatamente cessare;
— esprime la propria solidarietà al Presidente eletto della ANP Arafat, condannato ad una intollerabile situazione di mancanza di libertà;
— ribadisce la propria solidarietà a tutte le vittime incolpevoli di questa allucinante tragedia;
— valuta con estrema preoccupazione i riflessi internazionali di una crisi sempre più allarmante, per un livello di scontro che vuole eliminare qualunque spazio di mediazione;
— respinge qualunque rigurgito di antisemitismo;
— rivolge il proprio appello a tutti i soggetti che sono in grado, come già avvenuto in altre occasioni, di mettere in campo strategie di diplomazia popolare, capaci di riannodare i fili di un dialogo per la pace tra israeliani e palestinesi, tra i loro movimenti per la pace e la convivenza, oggi ridotti al silenzio;
— esprime solidarietà e appoggio ai pacifisti israeliani, palestinesi e di ogni altra nazionalità, alle ONG ai volontari, ai medici e agli infermieri che stanno operando in Palestina per tentare la strada della pace e del rifiuto della violenza;
— Invita perciò le ong marchigiane, le associazioni di volontariato, laiche e confessionali, le organizzazioni per la pace della nostra regione, le forze sociali affinché progettino e attuino da subito concrete iniziative, che la Regione è disposta a coordinare. Lo stesso invito è rivolto a tutte le assemblee elettive affinché facciano sentire la loro voce.
— La Regione Marche ha aderito all’ordine del giorno che La Conferenza dei Presidenti di Regioni, ANCI, UPI, UNCEM hanno unanimemente approvato e consegnato al Presidente del Consiglio dei Ministri. In esso, condividendo le parole del Presidente Ciampi e l’accorato appello del Papa, le autonomie locali si mettono a disposizione per immediate iniziative atte a favorire la ripresa dei negoziati. La Regione Marche è pronta a dare concreta attuazione a progetti di solidarietà con il popolo palestinese, prevedendo risorse finanziarie da destinare ai Comuni più colpiti, come Betlemme, Ramallah, Calchiria; inoltre una delegazione del Consiglio regionale, guidata dal Presidente D’Ambrosio, intende dirigersi a Betlemme per consentire, con gli strumenti della trattativa e dell’appello umanitario e auspicabilmente con il sostegno del Governo italiano, la riapertura del nostro ambulatorio per la lotta al diabete, oggi impedita dai tank israeliani con grave pericolo per i malati in cura;
— il nostro sistema sanitario, l’ospedale di Pesaro, sono pronti ad accogliere i bambini palestinesi talassemici, che hanno urgente bisogno di cure.
Due popoli due Stati: questo deve essere l’esito di questa terribile tragedia di cui il Consiglio regionale non è osservatore neutrale.
Ci sentiamo tutti vulnerabili come i cittadini israeliani di fronte ai terroristi kamikaze, come i cittadini palestinesi di fronte alla furia distruttiva dell’esercito israeliano”.
Ha la parola il consigliere Silenzi.

Giulio SILENZI. Per sintesi esprimo la soddisfazione per avere trovato una risoluzione unitaria rispetto a questa problematica, a questo dramma che si sta consumando nel Medio Oriente. Dalla fine della seconda guerra mondiale al 1991 tra ebrei e palestinesi vi sono state posizioni in cui si cercava di affermare il proprio diritto negando l’altrui diritto. Questo ha portato a cinque guerre: nel 1948, nel 1956, nel 1967, nel 1973 e nel 1982. In mezzo secolo cinque guerre. Poi una politica di trattativa. Prevalgono la politica, l’accordo di Oslo e l’accordo di Washington. Perché questo? Perché ciascuna delle due parti riconoscere che il diritto dell’altro era legittimo quanto il proprio. Questa politica fu fondata su un duplice principio: “terra in cambio di pace; due popoli, due Stati”. Non è una formula generica “due popoli, due Stati” ma vuol significare il rispetto reciproco, rispettare l’autonomia, rispettare il diritto di un popolo ad avere il suo Stato autonomo e di vivere pacificamente. Poi, nel 1995 l’assassinio di Rabin: il processo di pace va in crisi, si ha un’inversione di tendenza perché in quelle società c’è chi prova a disconoscere la legittimità del diritto altrui, prevale la vecchia logica che aveva portato alla guerra. Fino alle ultime ore drammatiche di questi giorni in cui arriviamo al punto che non si rispettano i luoghi santi che, in quanto tali, devono essere da tutti sempre e comunque rispettati.
Ma l’approccio alla questione medio-orientale complessa deve far sì che non vi possano essere posizioni del tutto unilaterali, perché di fronte ai morti e alla tragedia non dobbiamo avere due pesi e due misure. Piangere un bambino ebraico che in un giorno di festa, mangiando la pizza non vive più, salta in aria equivale a piangere un bambino palestinese che viene colpito dalla furia di un esercito.
Di fronte ai morti noi dobbiamo avere una valutazione degli eventi tale che da una parte si protesti fermamente e ci si batta contro le scelte del governo Sharon. Io dissi alcuni mesi fa in quest’aula, che la politica del governo Sharon, il ricatto nei confronti del presidente Arafat a cui addebitava ogni e qualunque atto terroristico, avrebbe portato ad un vicolo cieco, avrebbe portato allo sterminio del popolo palestinese. Erano parole che a quel tempo sono state giudicate eccessive ma che poi, nella situazione data hanno testimoniato che una politica che persegue con l’occupazione militare la soluzione dei problemi e che rinvia senza un termine prestabilito la possibilità di riprendere un accordo, di sedersi, di dialogare, di trovare una soluzione pacifica avrebbe portato ad un massacro. E’ quello che stiamo vedendo in queste ore.
La politica del governo Sharon è una politica di repressione militare verso la popolazione palestinese, il sequestro e la delegittimazione. Questo si tenta: di delegittimare e di colpire nella dignità il presidente Arafat. Ma proprio perché vogliamo condannare questa politica cieca dobbiamo dire con altrettanta determinazione e fermezza che noi condanniamo il terrorismo, quel terrorismo che ogni sabato di festività ebraica semina terrore e morte nelle città israeliane, che non favorisce il dialogo, che non favorisce una tendenza che cerca di battere la linea oltranzista di Sharon, per cui chiunque voglia veramente la pace deve sottrarsi al rischio dell’unilateralità. Come non accettiamo l’equiparazione Arafat-terrorismo non si può accettare l’equazione tra la politica di Sharon e Israele, tra la politica di Sharon e il popolo ebraico e pertanto vanno respinti tutti questi rigurgiti di antisemitismo che a dire la verità, rispetto ad anni trascorsi sono molto inferiori, molto meno presenti, comunque per alcune frange estreme riaffioranti.
Non vogliamo essere equidistanti ma vogliamo essere vicini a entrambi i popoli, al popolo palestinese che vuole la sua terra, il suo stato colpito dalla furia di un esercito che sta massacrando un popolo. Ma nello stesso tempo vogliamo essere vicini agli israeliani, perché il loro bisogno di pace, il loro bisogno di vivere in maniera pacifica sia una necessità che non venga disconosciuta. Deve allora prevalere la politica e dobbiamo far sentire la nostra voce. La nostra voce può sembrare flebile ma non possiamo rimanere inerti; dobbiamo unire la nostra voce alla voce del Papa, alla voce dell’Onu, alla voce dell’Unione europea, dobbiamo chiedere una maggiore forza ed efficacia dei provvedimenti del Governo italiano, dell’Unione europea per far sentire il peso della comunità internazionale, per chiedere il ritiro immediato dell’esercito, la fine di ogni violenza e una nuova trattativa che dia due popoli e due Stati in quella terra così martoriata.
Da parte nostra, come comunità marchigiana dobbiamo dare il nostro contributo. In questi decenni abbiamo avviato molti processi di solidarietà, in questo ci siamo distinti con sensibilità verso quelle problematiche che hanno caratterizzato l’azione consiliare e del Governo regionale, per cui dobbiamo rispondere alle richieste che ci vengono. E allora finanziare alcune comunità, alcune città, dare una parte di finanziamenti a quelle città, ai sindaci di quelle città per far fronte ai bisogni immediati è una cosa giusta che possiamo fare. Sostenere il progetto pesarese per la cura dei bambini affetti da talassemia è un altro aspetto qualificante che dobbiamo sostenere e portare avanti, come dobbiamo continuare a portare avanti le azioni che il Governo regionale ha già attuato a Betlemme e in altri centri della Palestina. Non vogliamo un esercizio retorico o un dibattito politico giusto che veda confrontarci e poi trovare una sintesi che, rispetto a quella problematica è sulla scia di una tradizione di politica internazionale che ha caratterizzato l’Italia fino ad oggi, ma essere anche operativi per quel poco o tanto che possiamo fare.
Per questo salutiamo con soddisfazione una iniziativa che viene guidata al massimo livello della Regione Marche, dal presidente D’Ambrosio, per tutto quello che riusciremo a fare, dando così la testimonianza di un’azione solidale che la comunità anche in questo caso vuol prendere, distinguendosi in questa azione umanitaria.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. All’alba di ieri le forze militari israeliane hanno profanato uno dei luoghi santi della Palestina, la Chiesa della Natività, e ucciso un palestinese. Elicotteri “Apaches”, missili e carri armati vengono impiegati su vasta scala su tutto il territorio palestinese ed è di queste ore l’uccisione di altre centinaia di persone. I campi profughi mancano di tutto, la miseria è la condizione quotidiana. Eppure viene impedito l’accesso ai camion che trasportano i viveri e i farmaci per la popolazione civile. Crudeltà su crudeltà. Quanto dobbiamo ancora aspettare perché, ad esempio, il Governo italiano faccia la sua parte o la comunità internazionale faccia altrettanto la sua parte? Perché, ad esempio, non si ritira l’ambasciatore italiano da Tel Aviv? Perché non si fanno tutte le pressioni possibili affinché venga inviata in Palestina una forza di interposizione, una forza di pace? L’Unione europea è il principale partner commerciale di Israele, si tratta di uno strumento che può agire da deterrente all’azione militare ed in quanto tale va immediatamente utilizzato.
Una forza di interposizione e di pace e, paradossalmente, noi Comunisti italiani chiediamo anche l’intervento della Nato come forza internazionale di pace, proprio perché per molto meno sono state fatte da questa organizzazione cosiddette “guerre umanitarie”.
In quella terra viene ogni giorno cancellato il diritto internazionale. Vogliamo associarci anche noi con profonda solidarietà alla denuncia del direttore di Radio Vaticana sulla vera e propria omissione di soccorso da parte della comunità internazionale, degli Stati Uniti d’America, dell’Unione europea. Si sta attuando in Palestina un vero e proprio genocidio.
Si sta discutendo molto in queste ore sulla manifestazione del 6 scorso a Roma, di fronte alla morte di migliaia di civili innocenti, israeliani o palestinesi che siano, ma innanzitutto civili innocenti. Non sarebbe stato meglio che tutti fossero scesi in piazza per manifestare il loro impegno per la pace, per l’orrore, per la guerra dietro lo striscione su cui era scritto “Due popoli, due Stati” invece di rifugiarsi in casa per non essere contaminati da parole d’ordine e da travestimenti tragicamente sbagliati e inaccettabili che noi respingiamo con forza?
Gli sforzi di ogni persona democratica debbono essere, viceversa, indirizzati a porre fine a questa guerra crudele ed inumana come tutte le guerre. Occorre una vasta mobilitazione ma anche azioni concrete, innanzitutto per salvare la vita del presidente Yasser Arafat minacciata dall’esercito israeliano che ha invaso financo i suoi uffici, la sua sede. Arafat è il capo del popolo palestinese, è il presidente eletto dell’autorità nazionale palestinese, occorre una decisione degli organismi internazionali affinché, senza indugi, vengano inviate truppe di pace, truppe militari di interposizione e di pace. E’ un atto necessario, urgentissimo, perché se il presidente Arafat venisse ucciso le reazioni del popolo palestinese sarebbero ancor più drammatiche ed altro sangue sarebbe versato in terra di Palestina. Quello che sta avvenendo in queste ore, in questi giorni è la conseguenza tragica di una politica crudele e miope di Israele, la stessa già perseguita da Sharon nella strage di Sabra e Chatila, la stessa politica che chiama atti terroristici e rappresaglie senza fine. Atti terroristici dei kamikaze e non solo, che noi condanniamo in maniera irreversibile, senza appello. Ma non è in questo modo che si combatte il terrorismo, anzi non solo non si combatte il terrorismo, ma questa politica miope e sciagurata non garantisce neanche la sicurezza dello Stato d’Israele, ma anzi, senza un vero processo di pace questa politica, questa azione portano ossigeno al terrorismo stesso.
Per questi motivi e con questo impegno concreto i Comunisti italiani non da oggi si battono per una risoluzione politica ed equa per due Stati e per due popoli e voteranno la mozione unitaria avanzata dal Presidente D’Ambrosio, perché essa, oltre ad essere avanzata, democratica è anche concreta poiché ha nel suo dispositivo anche finanziamenti per quei Comuni, per quelle popolazioni e per quelle associazioni che si battono oggi, da sole, per la pace. Esse non debbono essere più da sole e credo che la voce di questo consesso sia una voce importante e da elevare con molta forza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Vorrei iniziare leggendo l’ultima dichiarazione di Ariel Sharon: “Anche dopo la guerra Israele non rientrerà nei suoi confini, non si ritirerà dai territori occupati ma li presidierà stabilmente e li dilaterà in una fascia di sicurezza”.
Questa è una dichiarazione rilasciata poche ore fa. L’ho voluta leggere a quest’aula per capire quali sono le parti in causa e per capire chi è in questa questione l’usurpato e chi l’usurpatore. Credo che ci troviamo di fronte a un personaggio — il capo del governo israeliano — che non è nuovo a questo tipo di atteggiamento. La sua azione, come militare, parte nel 1953 con migliaia e migliaia di morti, per poi prodursi in quello spettacolo — e lo dico tenendo conto delle parole, quindi affidandomi al fatto che la figura di Sharon deve essere in qualche modo ricompresa all’interno di un quadro e di una cornice che lo evidenzi non come uomo di Stato ma come carnefice — di Sabra e Chatila nel 1982. E oggi si rifà vivo negli stessi termini nei villaggi di Janin e Nablus. Questo è l’uomo che oggi governa lo Stato israeliano, questo è l’uomo responsabile della tragedia cui assistiamo nei confronti del popolo palestinese. Credo che qualsiasi atto di verità non possa che passare dal riconoscimento di quello che in queste ore sta accadendo e rispetto al fatto che bisogna stabilire con chiarezza e con nettezza chi è l’usurpato e chi è l’usurpatore.
Noi, come Rifondazione comunista condanniamo senza appello il ricorso al terrorismo. Lo è sempre stato. Lo abbiamo fatto, come comunisti, relativamente al ricorso a tale metodologia che è stata fatta negli anni ‘70 nel nostro Paese, quindi non vedo come non potremmo farlo nei confronti di qualsiasi forma che si esprima sotto queste vesti. Da questo punto di vista credo che l’intendimento di Rifondazione comunista sia limpido a tutti i livelli: lo è in Italia, lo è a livello nazionale, lo è in quest’aula, lo è ovunque.
Vorrei anche dire che rispetto a questo un bambino palestinese dalla tenera età di 12 anni è oggi necessariamente, potenzialmente un terrorista, proprio perché si è visto invaso fin dalla sua nascita nel proprio Paese, si è visto negare un principio essenziale per ogni uomo, si è visto negare la libertà. Credo che questo dobbiamo dirlo e rivendicarlo in ogni sede, perché la condanna del terrorismo senza attenuanti è tale solo ed esclusivamente se allo stesso modo si va a verificare quali sono state le cause che in questo caso, specificatamente, lo hanno determinato.
A me pare che il Consiglio regionale delle Marche e il Presidente D’Ambrosio che ha proposto questa mediazione che vede l’appoggio di tutte le forze presenti in Consiglio comunale, abbia trovato una mediazione veramente alta, che mette al centro le questioni principali attorno alle quali ruota tutta la questione e mette in evidenza quattro punti in modo particolare: il ritiro immediato dell’esercito israeliano dal territorio palestinese; l’attuazione piena delle risoluzioni dell’Onu, e quando dico piena intendo totale, per cui il ritiro deve essere totale dai territori occupati dopo la “guerra dei 6 giorni” del 1967 e quindi ristabilire i confini di allora, la libertà piena per il presidente Arafat, che significa libertà piena per quello che è il presidente riconosciuto ed eletto dell’autorità nazionale palestinese e senza infingimenti, quindi ridargli fin da subito almeno la possibilità della luce e dell’acqua, cosa che, a quanto so, gli viene negata in queste ore. Quindi gli venga riconosciuta l’autorità di poter tornare ad essere il presidente del suo popolo.
Infine, “due popoli, due Stati”. Con grande lungimiranza questa mattina, in un fondo su Il Manifesto Luigi Pintor diceva: “Attualmente ci sono due popoli ed un solo Stato, ma il popolo d’Israele è sovrano e il popolo palestinese è suddito”. Questo scempio deve finire immediatamente.
Questi sono i quattro punti cardine che noi rimarchiamo nel documento del quale ringrazio per l’alta sintesi trovata dal Presidente D’Ambrosio, e in questo documento c’è anche un atteggiamento che va al cuore dei problemi e cerca di intervenire, perché noi proponiamo di intervenire anche finanziariamente specificando quali sono i comuni su cui intervenire, i comuni più profondamente colpiti dai bombardamenti israeliani. Ma proponiamo anche che quel centro antidiabetico, del quale la Regione Marche deve farsi vanto, venga immediatamente riaperto e possa immediatamente ritornare a curare i colpiti da questa malattia che è fra le più frequenti nel popolo arabo. L’altra cosa che ci fa onore è l’accoglienza dei bambini talassemici nella nostra regione e nell’ospedale di Pesaro.
L’ultima questione è l’invio di una nostra delegazione. Io credo che sia davvero importante, perché così come hanno fatto i pacifisti italiani, che nei giorni scorsi facendosi scudo con il proprio corpo hanno affrontato l’esercito israeliano, credo che le istituzioni tutte debbano far sentire la loro voce forte, alta, perché possano davvero porsi come forza di intermediazione tra l’esercito israeliano e il popolo inerme palestinese.
Tutte queste cose assieme danno il senso dell’operazione grande che questa mattina stiamo facendo in quest’aula, in modo che le istituzioni per davvero, oltre alle parole mettano in atto atteggiamenti tali che possano determinare una soluzione definitiva di quel conflitto facendo sì che si verifichi quello che noi vogliamo essenzialmente, “due popoli, due Stati”

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

Carlo CICCIOLI. Su un tema così delicato credo che tutto il Consiglio e tutti i consiglieri debbano volare alto, perché è un tema che riguarda la vita, direi addirittura la sopravvivenza di migliaia di persone. Inoltre riguarda la pace nel Medio Oriente e forse la pace nel mondo. Se teniamo presente queste tre cose fondamentali, guardare la frase, guardare la sfumatura diventa veramente miope.
Detto questo, ho qualche dubbio che il testo sia totalmente equilibrato. Lo stato d’animo e psicologico con cui è stato scritto questo testo è sicuramente condizionato dagli eventi che stanno accadendo in questi giorni in Palestina ed ha uno spirito di fondo complessivamente antiamericano, antiisraeliano e antioccidentale, che consuma alcuni segmenti della maggioranza. Ma siccome lo spirito è quello di volare alto, credo che alla fine il testo che è stato definito, tutto sommato tiene conto degli aspetti più importanti della vicenda del Medio Oriente, cioè la necessità che sia salvaguardata la popolazione civile palestinese che in questo momento è in una morsa inaccettabile, però che sia anche salvaguardata la vita dei cittadini israeliani che in ogni spazio pubblico e talvolta anche privato rischiano la propria incolumità. Vorrei che le vicende inaccettabili di questi giorni in Palestina non ci facessero dimenticare gli scuolabus israeliani saltati in aria, non ci facessero dimenticare i bar e i ristoranti devastati dalle bombe, non ci facessero dimenticare il terrore che è stato consumato per anni e anni in Israele. Se vogliamo tornare indietro, vorrei ricordare che fino a pochissimo tempo fa in Israele c’era un governo, quello di Mubarak, che era fortemente appoggiato dalla sinistra palestinese espressione dei socialisti e che trovava collegamenti anche con il pacifismo internazionale. Quel governo è stato bocciato, prima che dagli elettori israeliani, dagli atteggiamenti di Arafat e delle organizzazioni della Palestina. E’ chiaro che si è consumata una reazione che ha portato all’elezione di Sharon e a tutto quello che si è sviluppato subito dopo.
Nel momento in cui i cittadini israeliani si sentivano minacciati fin nell’intimità delle loro case, si è creato un forte movimento di reazione che ha dato un grande consenso a Sharon che, non dimentichiamoci, in questi giorni nei sondaggi dell’opinione pubblica ha un indice altissimo di popolarità. Credo che chi ragiona in buona fede non può non riflettere su questo: come mai Sharon ha un altissimo consenso di popolarità che viene da tutti gli strati sociali, addirittura politici, trasversali d’Israele? Allora bisogna riprendere i fili di un dialogo, bisogna da una parte riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato palestinese e dall’altra parte la sicurezza e l’integrità fisica di ogni cittadino israeliano. non è semplice, perché quando si semina per anni odio è difficile che l’odio possa essere recuperato in accordi diplomatici.
Chi è andato negli ultimi tempi in visita, come osservatore o come delegato di associazioni in Palestina o in Israele, sa che l’odio reciproco è di un livello fortissimo che oscura ogni principio della ragione.
Il Consiglio regionale, anche se sicuramente in maniera minima è portato a dare un contributo in clima di distensione e di recupero del dialogo. Sicuramente questo documento contiene alcuni passaggi — lo voglio sottolineare io che ho condiviso il punto di mediazione — che non è possibile non tenere in considerazione. Quando si dice che la politica di Sharon è inaccettabile, bisognerebbe però premettere che è il risultato dell’azione dei terroristi-kamikaze che hanno innescato una spirale ormai inguaribile di odio. Invece nella sensibilità del documento scritto è stato prima condannata — e condivido — la politica di Sharon, ma solo successivamente e con grande sforzo del sottoscritto, del collega Viventi è stato cambiato un termine che apparentemente sembra modesto ma che è fortissimo: la parola “reazione” — dei kamikaze — in “azione”. Non si tratta di reazione di kamikaze, i kamikaze sono stati il presupposto di quello che è accaduto dopo. Quindi c’è l’uno e l’altro. Altri passaggi per fortuna sono stati fortemente modificati. Non è possibile dire che l’origine della tragedia è Sharon, ed è stato tolto. “La cessazione dell’occupazione dei territori deve essere associata alla cessazione degli attacchi terroristici” è stato inserito, però è stato faticoso. Le forze politiche della maggioranza devono chiedersele queste cose. Se non c’è equilibrio non ci sono i presupposti della pace, neanche della solidarietà.
Poiché credo che volare alto è meglio di reciproche critiche, pur con le riserve del caso credo sia importante che questo Consiglio regionale esprima un ordine del giorno unitario.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il proseguimento della discussione fino ad esaurimento.

Il Consiglio approva

Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Colleghi consiglieri, intervengo per motivare il mio voto non favorevole a questa mozione. Credo che la scorsa volta che ci eravamo occupati di questo argomento avevamo raggiunto un punto di mediazione estremamente equilibrato, che deve essere di condanna per le violenze perpetrate da entrambe le parti, di solidarietà per le sofferenze che entrambi i popoli stanno patendo e non credo che il documento di oggi rispetti quell’equilibrio che avevo trovato nel documento precedente.

Giulio SILENZI. Tra il vecchio e il nuovo c’è di mezzo solo la guerra...

David FAVIA. In base a questa filosofia bisognerebbe allora condannare anche la guerra in Afghanistan, perché le motivazioni per cui è stata iniziata questa guerra da Israele sono perfettamente identiche, cioè stanare i terroristi a casa loro.

Pietro D'ANGELO. Ma che dici? Ma tu sei un eretico!

David FAVIA. Tu sei dittatoriale perché non mi fai parlare. Posso finire?

Pietro D'ANGELO. Se fossi vissuto in un altro periodo avresti rischiato la guerra.

David FAVIA. Ho diritto di parola? Vado avanti...
Io sono per una posizione di totale equilibrio tra i due popoli. Concordo con la parte finale di questo documento — questo è il motivo per cui mi asterrò e non voterò contro — ma trovo assolutamente sbilanciati alcuni passaggi ove prevale la condanna del governo Sharon, la condanna addirittura all’inadeguatezza della diplomazia internazionale e in primo luogo di Stati Uniti ed Unione europea. Poi si dice “condanna senza attenuanti la scelta brutale e inaccettabile del governo Sharon”, quindi si smussa e si dice “respinge con altrettanta fermezza il ricorso ad attentati terroristici”. Non “condanna”, ma “respinge”. “Esprime la propria solidarietà al presidente Arafat”.
Credo che bisogna fare uno sforzo di assoluto equilibrio. Questo documento è permeato di unilateralità, cioè si capisce con chiarezza una volontà di condanna di Israele, del governo Sharon e poi, se Arafat non riesce a bloccare i terroristi, se i palestinesi compiono atti terroristici, tutto sommato ci si può passare sopra attraverso una censura anziché una condanna. Io credo che così non facciamo il bene della pace. Qui bisogna ragionare in positivo, auspicando che riparta la diplomazia in assoluto, la diplomazia mediatrice internazionale, riparta il processo di pace, ma non si può partire dal presupposto che le colpe principali sono quelle degli israeliani, perché è inutile che Silenzi ci dica che un bambino israeliano morto è uguale a un bambino palestinese — questo è ovvio e lo condividiamo tutti — quando poi le conseguenze sono un documento in cui c’è, di fatto, una condanna totale per Israele e una assoluzione etico-morale per i palestinesi che tale assoluzione non meritano, come non la merita chiunque porta avanti atti brutali di guerra ufficiale o ufficiosa.
Quindi ribadisco che la mia posizione è di assoluto equilibrio, di condanna per tutte le violenze, di auspicio per un processo di pace, ma un documento che parte da presupposti così unilaterali non lo voto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Parlando di questo argomento sono un po’ in difficoltà perché non nascondo il senso di impotenza che mi pervade nel parlare di queste cose. Questo documento è il frutto dello sforzo unitario che tutti i gruppi hanno svolto nella mattinata e ovviamente può non soddisfare pienamente le idee e le posizioni personali di tutti i consiglieri regionali. Però credo che il senso di responsabilità nei confronti di un fatto così grave debba prevalere. Io sono stato uno degli artefici, mi sono sforzato perché il documento fosse unitario, ritengo che questo atto che voteremo sia comunque abbastanza equilibrato. Certo le mie dichiarazioni, le mie posizioni non sono quelle del collega Amagliani di Rifondazione comunista, però credo che sia necessario uscire da quest’aula con questa posizione, perché sono stato due anni fa in Israele, nella parte araba e nella parte ebrea e non posso nascondere qui le condizioni economiche in cui comunque il popolo palestinese vive. Non posso qui negare, con sincerità d’animo, che ci sono operai palestinesi che vanno a fare lo stesso lavoro degli operai ebrei e prendono metà dello stipendio. Questi fatti non li possiamo negare. Tutto ciò, inserito in un contesto di odio storico, in cui i bambini nascono, ci mette in difficoltà quando parliamo di queste cose. Mia moglie ha una cugina che ha sposato un ebreo e vive in Israele. Hanno due figli, la mattina li mandano a scuola con due pullman diversi perché i genitori dicono “almeno uno ne ritorna vivo”. Capite che vivere in queste condizioni è drammatico. Non possiamo stare dalla parte di chi vuol fare la guerra. Mi emoziono anche un po’, perché ho vissuto esperienze personali durissime in quella terra, quando ci sono stato e per questo, con molta onestà intellettuale debbo dire che tutti gli sforzi che possono essere fatti per la ricerca della pace e per trovare una pacifica convivenza, perché due popolazioni possano vivere nel 2002 decentemente, rispettose, devono essere fatti. E’ un obbligo morale che abbiamo, non possiamo dividerci fra filo-israeliani e filo-palestinesi, questa è una pazzia. Non è possibile, non c’è discorso di destra e di sinistra, c’è solo discorso di buon senso.
Credo che questo debba essere il nostro stato d’animo nell’approvare il nostro documento, nessun altro. Quindi sicuramente da parte dei cristiano democratici c’è il voto favorevole a questo documento e anche il sostegno per tutte quelle iniziative che con tutti i limiti del caso la Regione Marche vorrà comunque prendere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non è che non partecipiamo a questo dibattito con una certa sofferenza sul piano culturale e sul piano politico rispetto alle cose che sentiamo. Mi preme però ribadire sostanzialmente che questo Consiglio è arrivato alla stesura di una risoluzione che rappresenta il massimo punto di equilibrio rispetto a posizioni che sono diverse. Non tenere conto di questo dato, che in questo Consiglio ci sono sensibilità, posizioni politiche diverse, molto diverse, rappresenta una disattenzione, una omissione. Non a caso ci abbiamo impiegato tanto per formulare, o se volete per emendare una proposta di ordine del giorno che qualcuno questa mattina in maniera diligente aveva preparato. Quel documento che è uscito è comunque il frutto di una concreta rivisitazione come i passaggi importanti che sono stati recepiti stanno a dimostrare. Quello che però è importante e che mi pare il documento colga, è l’alto valore rappresentato da un pronunciamento unitario di questo Consiglio. Secondo me è educativo ed è importante che l’opinione pubblica marchigiana percepisca che su alcune questioni di fondo — terrorismo, pace — questa Regione sa esprimersi, sa anche mettere da parte, per un momento, le differenze, le diverse sensibilità. Credo che questa sia la questione più importante e la questione per la quale, al di là delle differenze, abbiamo detto sì a questa proposta di risoluzione. Poi, se anche qualche mio consigliere ha qualche preoccupazione in più della mia ha fatto bene ad esprimerla, la libertà concede anche questo.
Il documento è una sintesi del problema palestinese, rispetto al quale abbiamo già detto questa mattina e diciamo oggi che alcune questioni sono irrinunciabili. E’ irrinunciabile la condanna del terrorismo, la condanna di atti di violenza nei confronti di persone inermi, di cittadini, di persone che non vivono una condizione di belligeranza, quindi è ancora più grave mettere in discussione la vita quotidiana di tanti cittadini israeliani come sta avvenendo. La nostra è una condanna dell’azione militare israeliana che è la condanna del governo israeliano, nessuno me ne voglia, ciò che è implicito nell’appello che fa il Papa: la preoccupazione del ricorso all’azione armata per risolvere questa questione. La nostra è una solidarietà al presidente Arafat che rappresenta, al di là di tutto, un punto di moderazione rispetto alla situazione palestinese e che non è utile che venga in qualche modo accantonata. La nostra è una richiesta forte di ritiro delle truppe israeliane, la nostra è una richiesta forte che ci sia un’azione decisa anche delle autorità palestinesi perché si ponga fine alla spirale terroristica che insanguina quel Paese, la nostra è una posizione che riafferma il diritto dei due popoli, cioè la possibilità della convivenza tra il popolo palestinese e quello israeliano.
Non voglio qui ricordare — questo non è stato detto, ed è forse uno dei limiti del documento — quanto sia da giudicare positivamente l’azione del Governo rispetto a questo problema. Al di là delle polemiche che possono essere fatte, credo che il Governo su questa questione abbia dimostrato una serietà, una coerenza anche rispetto ad alcune proposte che sono state formulate dal presidente Berlusconi, per esempio quelle relative al “piano Marshall” per ricostruire i territori devastati, che è una novità rispetto alla politica estera del nostro Paese.
C’è un’espressione di solidarietà concreta che secondo noi va rivolta a tutti i cittadini di questi due Paesi colpiti da atti di violenza che loro non hanno concorso a determinare, una solidarietà che si è espressa e che si esprime anche attraverso alcune iniziative, alcune delle quali possono essere più gradite o meno gradite ma che comunque rappresentano un segno tangibile: l’invio della delegazione. Su questo avevo qualche perplessità, però se si ritiene importante nel contesto del rapporto con le altre Regioni che una delegazione di consiglieri regionali possa esprimere direttamente il nostro punto di vista e portare l’aiuto del nostro Paese, credo che sia estremamente importante. C’è la necessità di procedere concretamente alla riapertura del nostro ambulatorio per la lotta al diabete che è un atto concreto di solidarietà così come quello di ospitare nella struttura ospedaliera pesarese 20 bambini talassemici, rispetto alla qual cosa avrei auspicato dal Presidente D’Ambrosio una disponibilità diversa.
Il fatto positivo è che mentre noi stiamo discutendo, qualche passo in avanti mi dicono si sta realizzando, pare che quanto meno Israele abbia iniziato l’avvio del ritiro.
Credo comunque che sia importante veramente, al di là di tutto, che dall’azione che si sviluppa anche nel nostro Paese, si possano ricreare le condizioni affinché le parti in causa si rimettano attorno a un tavolo e discutano serenamente la possibilità di una ricomposizione del conflitto medio-orientale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo che con questo documento a cui anche il gruppo della Margherita aderisce, si sia oggi fatta una sintesi buona e un incontro tra forze responsabili, di fronte a un atto di guerra, a una situazione estremamente delicata, complessa, ma molto pericolosa. Una riflessione, per iniziare questo breve intervento, la voglio fare a proposito di come noi affrontiamo queste problematiche di politica estera che nel dibattito italiano è sempre più relegata a una dimensione ridotta, nel senso che non si dà più quella valenza che proprio in un momento come questo di internazionalizzazione, di apertura di confini, di nuove aggregazioni di nazioni, ci fa dire che è necessario riflettere, soprattutto rendendosi conto di tutte le cose che abbiamo detto all’indomani dell’11 settembre, allorché ci siamo resi conto che occorreva, occorre, occorrerà senz’altro, nel futuro, avere addirittura un governo mondiale.
Non è più rinviabile questa decisione, questa scelta, vista la debolezza delle attuali autorità internazionali che non riescono non solo a reprimere, allorché vengono fatti dei soprusi, ma soprattutto non riescono a prevenire in quanto non hanno un’autorità sufficientemente adeguata. Questa è una riflessione che dobbiamo porre in campo e dobbiamo portare avanti con forza anche a livello nazionale per ripristinare una autorevolezza del nostro Paese e io dico dell’Europa sulle questioni internazionali.
Proprio il debordare della situazione israelo-palestinese ci dice quanto sarebbe necessario avere in Europa un punto di riferimento forte, non da “Paese-poliziotto” come in molti casi abbiamo visto fare gli Stati Uniti, ma una forza autorevole che riesca a riequilibrare un potere internazionale per affrontare queste situazioni. Dobbiamo assolutamente lavorare in questa direzione non solo per le problematiche dei conflitti ma anche per le altre problematiche che attengono comunque alla civile convivenza tra i popoli e dei popoli.
Ecco perché è importante che noi ci rivolgiamo come Consiglio regionale, come istituzione regionale delle Marche al nostro Paese perché faccia qualsiasi sforzo in questa direzione. Dobbiamo sempre più interessarci delle problematiche che riguardano il mondo e soprattutto le problematiche che sono più vicine a noi, che sono proprio nell’area del Mediterraneo, ben sapendo che, come è stato già detto, la questione israelo-palestinese non solo si riferisce all’ambito del settore del mondo che riguarda il Medio Oriente, quella situazione — e lo sappiamo anche dal punto di vista economico, per le decisioni che stanno prendendo alcuni Paesi proprio in queste ore — riguarda l’intera comunità mondiale.
Ecco perché l’11 settembre non deve rimanere un mero ricordo, pure se l’abitudine ad una comunicazione frettolosa non ci aiuta da questo punto di vista, non aiuta la riflessione, non aiuta soprattutto l’azione dei governi.
Per quanto riguarda la situazione israelo-palestinese credo che noi abbiamo espresso, nel documento, una posizione oggettiva.
Voglio esprimere qui non solo la solidarietà al popolo palestinese e al popolo israeliano per quello che stanno vivendo, per le condizioni di disagio e di terrore che stanno attraversando. Lo diceva l’amico Viventi quando ha parlato di come questi popoli vivono nella loro realtà. Credo che sia necessario che attraverso gli aiuti internazionali si riesca a risolvere anche queste problematiche che sono una parte determinante della convivenza civile, perché fino a che ci sarà la povertà, fino a che ci sarà l’indigenza, fino a che ci sarà una ingiustizia sociale in quelle regioni, non potremo affrontare la convivenza di due popoli che tradizionalmente, storicamente hanno sempre combattuto fra loro.
Ecco perché è importante che l’aiuto internazionale dia una risposta forte da questo punto di vista.
Ho colto con molto favore l’idea del presidente Berlusconi in merito al cosiddetto “piano Marshall” per la Palestina, è una buona idea che va sviluppata, che va portata avanti con determinazione, perché togliendo dall’indigenza il popolo palestinese noi potremo tramutare i possibili terroristi, che oggi sono i giovani, in giovani con una speranza e un futuro, con la possibilità di pensare ad una vita decente nei loro territori. Questa è la soluzione vera di una possibilità di convivenza di due Stati che vanno assolutamente realizzati, confermati e aiutati a crescere.
Per quanto riguarda il documento, siccome ho sentito alcune valutazioni su un passaggio che secondo me nasconde forse più una considerazione poco accettabile — la definisco così e mi fermo — per una capziosità che viene agitata come una diversità di posizione, credo che al sesto comma, quando si parla di “condanna senza attenuanti della scelta brutale e inaccettabile del governo Sharon”, invece che “respinge” si dica “condanna” se questo dovesse suonare come una diversa interpretazione della nostra condanna ad ambedue le pratiche che qui vengono indicate.
Spero che queste nostre considerazioni non si fermino alle miserie che molte volte i nostri dibattiti ci portano a considerare, ma spero che questo documento possa segnare un elemento di novità anche nella qualità del dibattito politico, cioè volare un po’ più alto rispetto a delle problematiche che interessano tutti e che coinvolgono tutti gli uomini liberi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Trenta.

Umberto TRENTA. Intervengo per fatto personale, però avevo preparato per questa discussione straordinaria un intervento abbastanza corposo che si intitola “Uno sguardo al mondo: gli ebrei e la Palestina”. Riporta all’attenzione del Consiglio “Mappamundi”, un libro “Psalter Londinese” del XIII secolo: “Al centro del mondo è Gerusalemme...”. Ma salto tutta l’analisi storica per arrivare ad un altro capoverso, “Israele, storia e pregiudizi”: “Errori e pregiudizi ignorando la storia: l’Onu purtroppo non è più quella del 1947. L’Italia, purtroppo, non è più quella del 1917. Israele difende la sua sopravvivenza. Il problema dei rifugiati”. E qui cito per intero la frase di Theodor Herzi. Dichiara: “Oggi ho fondato lo Stato di Israele, forse fra 50 anni tutti potranno vederlo”.
Qui si fa un errore di fondo, non si conosce la storia, ed è emerso da tutti gli interventi, non ultimo quello del consigliere Luchetti.
Passo ancora una volta su “La società e le nazioni: paure e speranze”. Uno dei fondatori del movimento Peace, Amiran Goldemblum, dice: “Oggi quando parlo di peace now mi guardano come se fossi un idiota”. Io, oggi, faccio mia questa definizione e mi autodefinisco un idiota a parlare di pace con voi.
Questo Consiglio regionale alle 14,15 non riuscirà ad evadere la proposta di legge sulla pace. Di cosa parlate, ipocriti! Voi parlate di cose per autolegittimarvi, per dire “anch’io ho detto la mia su questo tema, anch’io ho fatto la mia proposta di legge su questo tema”. Signori miei, la pace nasce dagli uomini liberi. L’uomo è nato libero ovunque e ha diritto a difendere la sua vita. Quando si proclama uno Stato, e l’Onu del 1947 non è più quella del diritto di voto ma quella del diritto di veto, nega questo fatto, cosa vogliamo dire? Cesare Procaccini, l’affetto e la stima che nutro per te saranno a vita. Oggi lo ribadiremo, perché il coraggio di dire, Luchetti che sorridi insieme a Viventi... Viventi, noi abbiamo il ceppo cristiano e i 10 Comandamenti...

Luigi VIVENTI. Ammiro la tua capacità di parlare.

Umberto TRENTA. Grazie. Non è la mia capacità di parlare ma di sentire. Oggi ho sentito le parole, e Hadolf Löos le definiva “parole nel vuoto”. Oggi questo Consiglio, in questa data, Presidente illuminato, ha dato dimostrazione che ci sono solo parole nel vuoto. Io mi propongo per andare in Palestina.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Credo che il mondo in questo momento senta la necessità di pace e di dialogo costruttivo in Palestina, luogo dove questa necessità è forte ma dove questo bisogno non trova espressione. Sappiamo che non sarà facile ripristinare il dialogo duraturo, ma sappiamo che non esiste alternativa al dialogo. Forse questo è il motivo per il quale anche in questo Consiglio, pur da posizioni diverse emerge un documento unitario, perché non esiste alternativa al dialogo, alla coabitazione fra due popoli e due Stati. I due popoli pagano la mancanza di dialogo, pagano la mancanza di pace, pagano la mancanza dei due Stati. In questi giorni le vittime sono quelle dei missili, delle granate dei tanks, dei proiettili dei cecchini, delle cariche esplosive, ma le vittime — ed è sotto gli occhi di tutti — sono anche quelle del blocco dei rifornimenti di cibo, di acqua, di medicinali e lo saranno ancora di più nei prossimi giorni se continueranno a non poter circolare le autoambulanze, se continuerà a essere mantenuto il blocco agli ospedali, se avvicinarsi a una finestra esporrà al rischio di essere uccisi dal proiettile di un cecchino, non da un proiettile vagante. I cadaveri rimangono all’aperto non recuperabili, ci sono notizie di giustizia sommaria. Questo è lo scenario, che chiamare “guerra” è anche un eufemismo, a mio avviso.
Tutto ciò non giustifica certamente alcuna forma di antisemitismo. Tutto ciò non giustifica nessuna azione di guerra da ciascuna delle due parti in contesa.
Quello che ci colpisce è che queste azioni di guerra svolte sul territorio della Cisgiordania nella striscia di Gaza sono decisioni valutate, studiate a tavolino, direttamente a livello governativo, un governo di un Paese democratico che risponde con azioni di questo genere, con rappresaglie di questo genere ad atti terroristici ingiustificabili.
Al terrorismo va certamente una condanna totale e completa, senza alcuna scusante. Se nel documento questa parola “respinge” può essere un equivoco si tolga subito e si sostituisca con la parola “condanna”, perché la condanna senza attenuanti va rivolta sia alla scelta brutale e inaccettabile del governo Sharon e con altrettanta fermezza a quanti ricorrono con attentati terroristici che, come dice giustamente il documento, debbono immediatamente cessare.
Gli attentati nella lunga e dolorosa storia di questo territorio si sono sempre succeduti nei momenti cruciali della trattativa. Lo stesso capo del governo israeliano è stato vittima dell’oltranzismo proprio in un passaggio fondamentale, in un momento storico importante. Interessi contrapposti tra chi non vuole la pace — e c’è chi sta da una parte e chi sta dall’altra — hanno fatto sì che le trattative, le soluzioni faticosamente giunte a dei punti di caduta siano state respinte e pregiudicate innanzitutto dall’azione del terrorismo, da filosofie estremistiche, e oggi queste filosofie guidano la mano di un esercito. Attribuire ogni responsabilità degli attentati kamikaze al presidente Arafat mi sembra sia più in linea con la vecchia strategia di decapitare il gruppo dirigente dell’autorità nazionale palestinese piuttosto che cercare una soluzione anche non condivisibile, anche brutale a un problema che lo Stato israeliano ha sempre avuto dal suo insediamento: quello di ricevere un riconoscimento, quello di ricevere il diritto ad esistere. Questo disegno di decapitare il gruppo dirigente mi sembra lucido nella sua follia ma preoccupante per gli effetti che avrà se riuscirà a giungere a compimento. Mi sembra che i timidi passi che stiamo registrando in questi giorni, in queste ore sono ancora troppo timidi per dire che questo progetto non continua ad andare avanti.
La politica occidentale è attendista di fronte a una situazione voluta e cercata. Le risoluzioni Onu sono carta straccia, ma quello che mi colpisce è anche il ruolo della nostra rappresentanza politica a livello internazionale. L’Unione europea è stata mortificata nel suo ruolo, i nostri rappresentanti non sono stati respinti all’aeroporto solo perché lo status diplomatico impediva questo, ma sostanzialmente la delegazione dell’Unione europea è stata trattata alla stregua dei pacifisti che, una volta arrivati all’aeroporto di Tel Aviv, sono stati rimandati indietro in quanto considerati soggetti non idonei a svolgere alcuna funzione.
Questo è il trattamento che è stato riservato ai Paesi dell’Ue. Credo che si debba fare un elemento di riflessione a proposito di questo. Se vogliamo che la nostra rappresentanza politica porti avanti una speranza di pace bisogna che esistano gli spazi anche per questo intervento. Speranza di pace che c’è a mio avviso anche nella società israeliana. Voglio documentare anche il coraggio delle migliaia di cittadini israeliani, di ebrei che contro corrente, proprio nella fase in cui l’opinione pubblica di questo Paese appoggia con forza le scelte del Governo, manifestano in piazza per la pace. Centinaia di cittadini esercitano il diritto all’obiezione di coscienza, e questo mesi fa non accadeva.
Quindi c’è nelle coscienze anche israeliane, una ribellione che dobbiamo assecondare e rafforzare con un’azione diplomatica, un intervento che cerchi di far prevalere il buon senso da una parte e dall’altra. Non l’uso del pugno di ferro ma la coesistenza pacifica tra gli Stati, tra i popoli e le azioni che la Regione Marche nelle sue modeste possibilità cerca di fare sono una dimostrazione concreta che se anche la nostra sarà una goccia la nostra goccia ci sarà, si unirà a quelle di tutti coloro che dai livelli istituzionali più alti, dalle posizioni di responsabilità religiosa e politica intendono e continueranno a spendersi per fare in modo che la situazione medio-orientale non continui a turbare le coscienze di tutto il pianeta e non continui a destabilizzare l’equilibrio internazionale e soprattutto la risoluzione di questi problemi garantisca che i diritti più elementari che oggi in tutta la Palestina non sono più garantiti vengano ripristinati fermando il massacro e lo sterminio.

PRESIDENTE. Mi pare di raccogliere dalla discussione una proposta di emendamento alla mozione. Si propone di sostituire al sesto capoverso la parola “respinge” con la parola “condanna”. Se non vi sono obiezioni, pongo in votazione la mozione così emendata.

Il Consiglio approva

La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 14,10