Resoconto seduta n. 95 del 19/06/2002
La seduta riprende alle 16,35



Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale in merito alle dimissioni dell'assessore Cecchini
Interpellanza (Svolgimento): «Gara di fornitura per la predisposizione di quaranta giornate di corsi seminariali ai sensi della L. 215/92 per donne imprenditrici» Giannotti, Ceroni, Cesaroni, Trenta, Favia, Brini e Grandinetti (65)

PRESIDENTE. Ricordavo questa mattina al termine dei lavori antimeridiani che abbiamo ancora 7 iscritti a parlare più le conclusioni del Presidente D'Ambrosio. Seguiamo l'ordine che abbiamo tenuto anche questa mattina, con due interventi dei colleghi di minoranza e uno dei colleghi di maggioranza, tenuto conto delle iscrizioni che abbiamo.
Invito a rispettare i tempi e do la parola alla collega Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Innanzitutto mi sento, senza retorica, di dover chiedere scusa, in un certo senso, alle donne proprio come categoria cara alla sinistra — difficilmente noi ci rivolgiamo in questi termini alle donne — perché il casus belli è proprio la legge 215, il co-finanziamento di questa legge sull'imprenditoria femminile fatta dalla Regione. Avrebbe dovuto, a mio avviso, indipendentemente da qualunque valutazione o autovalutazione farlo la stessa assessore dimissionaria, proprio perché con lei più volte, in quanto donna, ci siamo tutti occupati, in maniera trasversale e con grande collaborazione, di questo tema. Con lei e con le altre colleghe abbiamo discusso di quanti pochi soldi su questo argomento e a questo settore fossero stati destinati, di quanto non bastassero a finanziare le tante domande che c'erano e soprattutto le tante aspettative. Ci siamo viste ai convegni di Abbadia di Fiastra, ero addirittura relatrice in un convegno di Pesaro, ripeto sempre in nome di questa sana trasversalità che ci caratterizza quando si tratta di parlare di temi femminili. Questa è l'occasione per scoprire quello che io ritengo un pentolone, non certamente un episodio, come ottimisticamente vuol definirlo il capogruppo Silenzi, al quale già in maniera veramente esaustiva la stessa collega Cecchini e lo stesso Collega Ricci hanno fornito una risposta, ma ci tornerò. Comunque, ripeto, non è un episodio ma qualcosa di ben più grave che è venuto fuori, è venuto a galla dall'occasione del decreto riguardante l'imprenditoria femminile. Mi dispiace che l'occasione sia stata questa, perché ci siamo comunque prese gioco di un tema così importante: quando i soldi mancavano addirittura per i finanziamenti e tanti progetti rimanevano fuori, altri soldi, destinati alla preparazione e quindi alla formazione, proprio per far sì che i progetti non venissero in grandissima parte esclusi — perché di questo si parlava in maniera precipua, proprio del fatto che c'era una moria enorme di progetti esclusi proprio per formare, per aiutare le donne a fare questi progetti — ci si comportava male così come il servizio si è comportato, così come questo assessorato ha messo poi a nudo.
Qui ci sono vari protagonisti. Il protagonista principale è sicuramente la collega Cecchini, protagonista è sicuramente il partito della Rifondazione comunista, protagonista grande, importante è la Giunta con il Presidente D'Ambrosio. Non ci possiamo permettere di dimenticare, di trascurare o di tacere questo.
Non vedo come protagonista un moralizzatore, così come il Presidente del partito di Rifondazione comunista Ricci vuole erigersi e come tutto il partito di Rifondazione comunista vuole apparire. Mi spiego.
Attualmente l'ingresso della magistratura in questa vicenda è avvenuto per via occasionale ed incidentale, è stato detto strumentale. Io ritengo che faccia parte proprio della filosofia, della ideologia di quel partito di cui ci stiamo occupando, perché non stiamo parlando di un partito a caso ma parliamo comunque di un partito che si rifà alle ideologie e ai metodi del partito comunista è che è, ancora oggi, partito della Rifondazione comunista, quindi non credo che questa chiamata in causa della magistratura sia potuta avvenire casualmente. Comunque non è ancora un protagonista, lo diventerà, mi auguro, per fare luce sulla vicenda.
Protagonista è sicuramente la Cecchini che, dice Procaccini, ha gestito in maniera centralista e assessorile il suo mandato. Noi riteniamo che avvisaglie di questa gestione molto personalistica comunque ci fossero, una gestione che attiene sicuramente anche ad un modo di fare della sinistra. Un atteggiamento non dico tenace, ma un po' spregiudicato di chi ha un io abbastanza ingombrante? Sicuramente, però di avvisaglie ne avevamo avute di questa visione veramente individualistica del proprio assessorato, da parte della collega Cecchini, per esempio quando abbiamo dovuto stigmatizzare con la presidente della I Commissione Mollaroli la distribuzione del fondo per l'istruzione che era avvenuta totalmente in dispregio di quelli che erano stati i criteri stabiliti dalla stessa I Commissione. Ne ho avuto sentore quando cominciai a vedere come questa gestione del co-finanziamento della 215 si andava prefigurando. Mi sono trovata addirittura — lo dico quasi per fare una battuta ma è vero, il foglio esiste — un mio appunto del convegno ad Abbazia di Fiastra quando la Cecchini ci disse che proprio per evitare la moria di progetti che era avvenuta precedentemente questa Regione avrebbe gestito in proprio i bandi, avrebbe indicato il suo assessorato come destinatario delle domande, a differenza di altre scelte di altre Regioni. Io ho un appunto trovato a margine del mio foglio, dove dico "tenere d'occhio la cosa": forse avevo un presagio che qualcosa di non normale o di anomalo o di fuorviante potesse avvenire in tal senso. Se andiamo a vedere l'elenco degli uffici ai quali tutte le Regioni chiedono di presentare le domande sulla 215, tutte fanno riferimento ai dipartimenti di economia, di attività produttive, quindi assessorati diversi da quello in questione: politiche per lo sviluppo, assessorato all'industria. Qui si indica esclusivamente destinatario delle domande il servizio formazione professionale. Questa gestione quindi non ci è nuova, in alcune occasioni l'abbiamo anche censurata, però non pensavamo che dal suo interno e dal suo partito venissero le maggiori censure.
Qui subentra il secondo protagonista, il partito della Rifondazione comunista che non possiamo far passare per il grande moralizzatore di questa vicenda, né per colui che si reca, proprio in preda a questo spirito di furore giustizialista, presso la magistratura e vuota il sacco.
Perché dico che questo non può avvenire? Innanzitutto perché probabilmente questo assessorato, per Rifondazione comunista era diventato ingombrante, totalizzante il modo di fare della Cecchini, totalizzante, se non qualcosa di diverso lo stesso spirito del partito di Rifondazione comunista. Non possiamo tacere a mio avviso — se non sono venute abiure della ideologia operatrice gramsciana proprio delle strutture partitiche di chi non mi risulta abbia abiurato — che il partito, per Rifondazione comunista — e vi leggo un breve passo tratto da una dichiarazione di Gramsci — "tende ad incorporare tutte le organizzazioni o strutture in modo che nulla sia estraneo al partito-Stato, al partito- principe; ad assorbire tutti i suoi membri e le attività e manifestazioni".

Luciano AGOSTINI. E' meglio che citi Pol-Pot e non Gramsci.

Franca ROMAGNOLI. Cito Gramsci perché è l'ispiratore del partito della Rifondazione comunista. Comunque il discorso ha una sua linea e quindi vorrei poterlo terminare.
In questo senso, in questa incorporazione ci può essere spazio per l'utilizzo incidentale, strumentale — sicuramente ringraziamo di quello che è avvenuto, perché probabilmente dovevamo forse noi essere più attenti a scoprirlo — della magistratura per eliminare quello che stava diventando un assessorato ingombrante.
Perché dico questo? Perché i giustizialisti non si frenano nella voglia di fare giustizia in ogni occasione e sempre. Non quindi quando sono messi all'angolo da un assessore che fa una conferenza stampa che esce fuori, che spiazza tutti dicendo quello che ritiene di dover dire, che lancia delle accuse precise e dice — le ho già esposte a D'Ambrosio — "andrò io dalla magistratura". Ricci aveva già di questo avuto notizia, perché erano giorni che questo balletto di colloqui più o meno riservati — dirigente, Presidente di Giunta, la stessa convocazione della Cecchini tra di loro — avveniva...(Interruzione). Fammi finire, Silenzi. Ricci è andato dalla magistratura dopo che la cosa notoria l'aveva resa la Cecchini.

Giulio SILENZI. Ma quando i terzi gliel'hanno detto, tu come fai a saperlo?

Franca ROMAGNOLI. Ti dico che l'uso della magistratura è avvenuto quando il partito era nell'angolo e quando non poteva rimuovere questa mina, forse bomba a orologeria che comunque era scoppiata e quindi non poteva fare diversamente. E dico di più: il disagio nei confronti della Cecchini era stato manifestato da tempo, le accuse erano continuamente state fatte di ogni tipo, anche sui giornali, addirittura si riprende il discorso dei Bronzi. E' forse la Cecchini che ha spiazzato il proprio partito dicendo "allora lo faccio io" e il giorno dopo il presidente del partito si è recato alla magistratura.
Ma dico di più, e questo è il passaggio che più mi duole sotto certi aspetti, considerando la grande stima personale che ho del Presidente D'Ambrosio e che più penso debba caratterizzare il nostro intervento politico di oggi.
Il presidente Andrea Ricci ha detto un'altra cosa ben precisa, oggi...

PRESIDENTE. Collega, la invito a chiudere, comunque.

Franca ROMAGNOLI. Però questo è molto importante. Il presidente Andrea Ricci ha detto "io ne ho parlato con il Presidente D'Ambrosio il quale mi ha consigliato — poi ha detto "invitato", questa mattina — ad andare dalla magistratura". Per me questo è molto grave, risponde anche a quello che ti chiedevi tu Silenzi, quando dicevi lineare il comportamento di Ricci. Mi va bene. Se l'atto di Ricci è lineare ed era un atto dovuto, do anche questa buona fede alla quale non credo, perché secondo me è avvenuto per altre ragioni questo intervento forzoso della magistratura, ma se così era, prima di lui il dovere ce l'aveva il Presidente D'Ambrosio che, a detta di Ricci e non a detta mia, era stato non solo formalmente informato ma addirittura — gravissimo — Ricci dice "mi ha detto di andare dai magistrati.

Giulio SILENZI. I terzi mica si sono riferiti a D'Ambrosio. I terzi non sono andati da D'Ambrosio.

Franca ROMAGNOLI. Ricci è andato da D'Ambrosio, gli ha riferito i fatti e D'Ambrosio gli ha detto di andare dalla magistratura. Questo è importantissimo, non essendo una cosa interna del partito della Rifondazione comunista ma essendo una cosa istituzionale — perché i fatti a cui Ricci si riferiva riguardavano un assessore della Giunta D'Ambrosio — il Presidente D'Ambrosio-magistrato non doveva "consigliare" al presidente del partito di andare dalla magistratura, doveva lui con il suo assessore, e magari con Ricci o con chi voleva, fare l'esposto e portare le carte e gli atti alla magistratura. Se l'atto di Ricci è stato lineare, come tu lo definisci, qualche altro atto non è stato lineare. Se dovuto era il suo intervento, dovuto era prima, primariamente, l'intervento del Presidente D'Ambrosio.

PRESIDENTE. Collega, sta parlando da 15 minuti.

Franca ROMAGNOLI. Voi dite che non regge la tesi, però secondo noi, politicamente è il punto più debole di questa vicenda.
Ugualmente ti ha risposto la Cecchini, Silenzi, quando oggi ha testualmente detto: "Molte altre determine, molti altri decreti sono stati elaborati non in sintonia con gli indirizzi politici, con gli atti, con le deliberazioni". Questo non è l'unico caso, ce ne sono altri". Ce lo ha detto questa mattina.
Allora non è un episodio, Silenzi; non siamo quindi visionari quando ci chiediamo perché un assessore della tua Giunta questa mattina è venuto a dircelo. Quante alte cose ci sono state taciute e non l'abbiamo saputo? E non siamo visionari neanche quando ci chiediamo: noi consiglieri di minoranza che non abbiamo accesso a determinati canali (e la Giunta, se vuole, può non dirci tutto), che abbiamo una democrazia pressoché sospesa qui in Consiglio — sappiamo a quanto si riduce il nostro intervento dialettico in Consiglio regionale — dovremmo avere gli uffici e i dirigenti come punti di riferimento. Possiamo noi, consiglieri di minoranza, fidarci di dirigenti sui quali lo stesso assessore, che aveva sicuramente una stretta e una morsa ben più forte della nostra, ha riferito tutte le gravi, gravissime cose di questa mattina? E' un problema che ci poniamo, perché noi dei dirigenti, fino ad oggi eravamo comunque costretti a fidarci, perché se voglio sapere qualcosa sul bilancio vado da La Micela, perché siamo abituati al fatto che questi presiedono e assistono a tutti i lavori delle nostre Commissioni... (Interruzione) No, io sono una di quelle che veramente è presente. Ricorriamo alle telefonate ai funzionari e ai dirigenti: abbiamo saputo questa mattina che non possiamo fidarci. Perlomeno dei rappresentanti politici sapevamo quale poteva essere la provenienza e quindi l'informazione, ma dei dirigenti...

Giulio SILENZI. Si tratta di sapere di chi ci si può fidare...

Franca ROMAGNOLI. Noi non lo sappiamo, noi sappiamo solo che qui c'è stata una vicenda grave. Amagliani si chiede "Rifondazione comunista uscirà a testa alta?". Io credo che qualunque siano le conclusioni, Rifondazione, per come è stata gestita la vicenda, anche per regolamento di conti interni, non ne esce a testa alta dove c'è stato utilizzo dell'azione giudiziaria che può sicuramente contribuire a far luce, ma per le modalità, la tempestività, i modi, il ricorso stesso all'azione giudiziaria si è trattato di una cosa strumentale e non depone a favore di quell'assetto moralizzatore che si vuol dare, dove soprattutto c'è una forte responsabilità non della Giunta o del Presidente, che dice Silenzi poteva non sapere. No, qui non vale l'assioma berlusconiano, qui sapeva, perché ce lo dice Ricci che è stato invitato dallo stesso Presidente ad andare dalla magistratura.
Ci troviamo quindi di fronte, se non ad una copertura, ad una omissione grave di quello che da parte di un presidente-magistrato, anche a tutela di questo Consiglio e delle minoranze, doveva avvenire.

PRESIDENTE. Ha la parola, ai sensi dell'art. 54 del regolamento, il consigliere Andrea Ricci.

Andrea RICCI. Intervengo ai sensi dell'art. 54 del regolamento regionale relativo a fatti lesivi della onorabilità. La collega dott.ssa Romagnoli nel corso del suo intervento ha ripetutamente affermato che io, nella mia qualità di consigliere regionale avrei strumentalmente, per fini politici utilizzato la magistratura. Siccome questa affermazione è grave, lede il mio onore e la mia dignità di consigliere regionale, chiedo al Presidente di turno dell'Assemblea, sulla base dell'art. 54 la nomina di una commissione la quale giudichi la fondatezza dell'accusa. E' una richiesta formale.

PRESIDENTE. Questa richiesta non è soggetta a discussione, è consentita dall'art. 54 del regolamento e impegna il presidente di turno a nominare una commissione composta da tre consiglieri, alla quale viene assegnato un termine per presentare le conclusioni al Consiglio. Quindi questa presidenza si riserva di nominare con proprio atto una commissione composta da tre consiglieri, assegnando alla stessa il termine per riferire in Consiglio, dopodiché il fatto di riferire al Consiglio non comporta alcuna discussione né presa d'atto delle conclusioni a cui arriva la commissione.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Gilberto GASPERI. Presidente, chiedo allora che ci sia tutela nei confronti della registrazione.

PRESIDENTE. Gli atti saranno messi a disposizione.

Gilberto GASPERI. Io le chiedo di avere non solamente quello che verrà trascritto ma una copia della registrazione.

PRESIDENTE. Collega Gasperi, lei non pensi che io non intenda tutelare l'aula nella sua interezza. E' evidente che nella composizione della commissione terremo conto anche della composizione dell'aula, terremo conto di tutti gli atti che risultano dalla registrazione che deve essere — questo sì, lo chiedo — fedelmente trascritta, senza i correttivi che a volte vengono aggiunti per rendere la lingua più pertinente con l'italiano. In questo senso credo che debba essere integralmente trascritta nella forma dovuta.
Voglio comunque precisare che questo è un atto amministrativo interno, non ha alcuna valenza dal punto di vista giuridico e legale, è una norma interna che determina una condizione, per il consigliere che si sente leso nella sua onorabilità, di avvalersi di uno strumento rispetto al quale una commissione fa una sua valutazione e riferisce all'aula, finisce lì, non c'è niente di diverso e niente di più. Mi sembra che sia oggettivo. In questo momento non sono in condizioni né di nominare la commissione, né di individuare i consiglieri, né di definire i termini.
Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. L'articolo 54 recita che la commissione... (Interruzione del consigliere Andrea Ricci). Abbiamo diritto di parola, o no? Se volete fare tutto come vi pare fatelo, ma fateci parlare.

PRESIDENTE. Qui ci vuole, come sempre, un equilibrio. Collega Ricci, io non metto in discussione la sua richiesta che è legittima e che questa presidenza fa propria. Ho già detto che con mio provvedimento, essendo presidente di turno, nominerò la commissione, assegnerò ad essa un congruo termine e farò in modo che la commissione abbia a disposizione tutti gli atti fedelmente registrati, e su questo non c'è dubbio.
Chiede di intervenire sull'articolo 54 per chiarimenti il collega Favia, credo che non ci sia problema. Se il collega Favia vuole poi entrare nel merito della polemica io non sono in condizioni di dare una risposta.

David FAVIA. Presidente è tanto semplice darmi tre minuti per parlare senza fare tutto questo polverone.
L'art. 54 secondo me può essere attivato quando sia verificata l'esistenza del presupposto, cioè una condizione di procedibilità. Recita: "Quando nel corso di una discussione un consigliere sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità...". Chi decide se è stata lesa la sua onorabilità? Lei ha fatto, a mio giudizio, un'affermazione troppo precipitosa dicendo "nominerò una commissione". Io posso accettare se lei dice "valuterò se sussiste il presupposto della lesione dell'onorabilità", perché considerato il momento che stiamo vivendo, l'attenzione...

PRESIDENTE. Collega Favia, sono costretto ad interromperla. Prego di togliere l'amplificazione.

David FAVIA. Perché, mi scusi?

PRESIDENTE. Per un motivo molto semplice. Se lei legge l'articolo completamente si dice che la commissione giudica la fondatezza dell'accusa: è la commissione che la giudica, non può esserci un giudizio preventivo del Presidente, è evidente, perché è la commissione che deve giudicare e fare una relazione. Se io dicessi che la collega Romagnoli ha torto assumerei una responsabilità che non mi sento assolutamente di assumere. La garanzia la deve dare la commissione che deve essere composta con equità e tenendo conto della rappresentanza di quest'aula. Comunque, a mio avviso si sta entrando in un settore che è una palude, non c'è un problema. Andrea Ricci si è sentito offeso nella sua onorabilità, ha fatto richiesta ai sensi dell'art. 54, ritengo che il presidente possa nominare la commissione che poi esprimerà le sue valutazioni. Proseguiamo con il dibattito. Collega Castelli, ha la parola. (Interruzione)

Franca ROMAGNOLI. Leggeremo quello che ha detto sul Presidente questa mattina...

PRESIDENTE. Dobbiamo proseguire il dibattito. Mi pare che ci stiamo impaludando su una vicenda che tra l'altro ha un valore esclusivamente interno e non ha alcuna rilevanza dal punto di vista esterno.

Franca ROMAGNOLI. ...leggerò il resoconto di questa mattina, tu leggerai quello di questa sera.

Guido CASTELLI. Mi sia consentito iniziare con una battuta: oggi eravamo riuniti a parlare di legalità, poi un folletto dispettoso ha fatto sì che nella seduta che doveva essere oggetto di una discussione sontuosa e prestigiosa sugli strumenti che questa Regione pone in essere per fronteggiare la criminalità, in qualche misura abbiamo preso atto, siamo tornati a prendere atto che la legalità è un concetto che può essere vulnerato anche nell’ambito amministrativo. Questa è una cosa giusta e utile da rammentare, perché vi sono tante forme di illegalità. La sicurezza è un sentimento che nasce dalla convinzione di essere protetto nei propri diritti fondamentali. Io sono convinto che anche la criminalità amministrativa possa essere un elemento di dissesto sociale.
Perché lo dico? Mi rivolgo a Giulio Silenzi il quale questa mattina si è dichiarato in qualche misura avvilito dall'impostazione data da alcuni colleghi di minoranza ai nostri lavori.

Giulio SILENZI. "Avvilito" no... "Disagio personale".

Guido CASTELLI. Hai detto "avvilito", me lo sono segnato. Per evitare l'avvilimento di Silenzi essendo persona che stimo, voglio fare un discorso di natura politica, però molto serio, cogliendo anche una parte delle considerazioni di Amagliani che giustamente ha detto "non è una questione di Rifondazione comunista". E' vero. Tutto quello che è successo e su cui non entro perché tutti noi abbiamo avuto orecchie per sentire, non è una questione di Rifondazione comunista, è una questione che riguarda tutti e sarà bene tenere a mente questo aspetto, perché la prima valutazione che dobbiamo fare è questa: si tratta di un caso isolato come dici tu, Silenzi, o si tratta invece di un sistema come dice qualcun altro? Questa è la prima valutazione che dobbiamo fare e nessuno può dire oggi di avere gli strumenti per essere sicuro di questo. Tu tratteggi un'immagine arcadica e paciosa delle attività amministrative di questa Regione, il Polo delle libertà sostiene — ha portato anche indicazioni di tipo diverso — che invece questa situazione non sia così tranquilla, che la liceità e la legittimità non siano valori coltivati in misura troppo superiore alla media nella nostra regione. Questo è il primo argomento che dobbiamo affrontare, perché già qualche anno fa qualcuno, a fronte di un episodio simile — poi ti dico chi l'ha cambiato per la prima volta il falso in bilancio: il tuo Governo, caro Luchetti, riformandolo e rendendolo inattuabile — disse "è un mariuolo", già qualcuno volle minimalizzare. Non sei tu Giulio Silenzi, ma i vasi di Pandora si scoprono solo dopo che il coperchio è saltato via, quindi oggi nessuno può dire con certezza, perché mancano gli strumenti, che vi sia un sistema di illegalità dilagante o che questo gravissimo fatto sia episodico. Non esistono gli strumenti per dirlo, perché il nostro problema è questo: questo nostro sistema amministrativo ha gli strumenti, ha gli elementi per dirsi immune a tutto ciò che ha denunciato prima l'assessore Cecchini e dopo Andrea Ricci? Li metto insieme, perché comunque la si voglia valutare quella vicenda è gravissima. Allora andiamo a ripercorrere quelle che sono le tappe di un sistema di costruzione normativa che in realtà ha espulso dalla possibilità di controllo tutto ciò che è il criterio di legittimità. Lo diceva prima Massi:; il decreto 29 del 1993 ha codificato la figura del super dirigente, del burocrate pressoché legibus solutus. Successivamente la 127 — la "Bassanini bis" — ha decapitato le funzioni di controllo di legittimità dei segretari comunali, è stato abolito di fatto il controllo del Co.Re.Co. Nel momento in cui questa nazione aveva probabilmente bisogno di più controllo di legittimità — e parlo anche e soprattutto della produzione normativa che si è sviluppata tra il 1995 e il 2000 — siamo andati nel senso opposto, dando la possibilità di individuare nel dirigente una figura che oggi ha il controllo e la possibilità di poter fare non dico ciò che vuole ma certo di godere di una discrezionalità che deve trovare un punto di verifica e di controllo. E' un'esigenza non di Alleanza nazionale ma un'esigenza anche tua, Silenzi, perché non è possibile che i dirigenti siano oggi controllati solo sulla base di indicatori di efficienza e di gestione.

Giulio SILENZI. Voi l'avete appoggiata, quella legge.

Guido CASTELLI. Lascia perdere, "vola alto", come tu, oggi, invitavi noi a fare. Vola alto e non pensare a Domodossola o a Treviso, pensiamo alle Marche. Pensiamo quindi alla necessità di correggere quello che oggi è successo e che potrebbe succedere di nuovo.
La Provincia di Milano proprio qualche giorno fa ha dato avvio ad un'iniziativa che penso e credo debba essere valutata con molta attenzione per le importanti implicazioni che potrebbe avere: il fatto di costituire un'agenzia, un osservatorio per reintrodurre il controllo di legittimità all'interno delle pubbliche amministrazioni, perché il problema denunciato dalla Cecchini e da Andrea Ricci è problema di tutte le amministrazioni comunali, perché il problema dell'onnipotenza dirigenziale è un problema di tutti e ce ne dobbiamo far carico senza cercare di trovare il pannicello caldo oppure di coprirsi dietro la foglia di fico del fatto che Galan piuttosto che D'Ambrosio o Ghigo piuttosto che Storace sono più o meno meritevoli di partenti di legalità e di moralità. Questo è il problema, allora impegniamoci su questo, altrimenti è inutile parlare del controllo e della funzione di indirizzo del Consiglio regionale nel momento in cui le designazioni dei dirigenti rispondono ai criteri che prima qualcuno ricordava e successivamente dopo vi è questa impossibilità-incapacità di poter controllare l'attività del dirigente. Questa è la situazione in cui si è sicuramente trovata l'assessore Cecchini, se è vero come è vero che ha dovuto far ricorso a delle iniziative drammatizzanti del confronto politico proprio perché non c'è nessun altro tipo di antidoto. Questo è il vero problema che noi oggi dobbiamo affrontare. L'eventuale illegittimità degli atti oggi in Italia e nelle Marche — non solo nelle Marche, ovviamente — è virtualmente esente da una possibilità di controllo formale che sia diverso da quello che porta alla magistratura, che porta alla procura penale e quant'altro. Siamo nella condizione necessitata di dover drammatizzare ogni tipo di valutazione del provvedimento amministrativo perché — e lo sappiamo, non è stato certamente il Governo Berlusconi — dal punto di vista dello stesso controllo contabile è stata riformata la normativa sullo stato soggettivo. VOi sapete che oggi, per danno erariale si può perseguire un pubblico funzionario solo nel caso in cui sia accertata la colpa grave. E' una prova diabolica quella che ciascuno di noi o ciascuno di voi deve in qualche modo affrontare per poter censurare in senso anche solo contabile il comportamento di un pubblico amministratore, di un pubblico funzionario. Questo è un problema serio. Io propongo che si studi in maniera molto attenta una riforma anche del sistema della dirigenza recentemente approvato perché possa essere individuato un meccanismo di controllo che consenta a quest'aula e a questi consiglieri di svolgere un ruolo che sicuramente è di indirizzo politico, ma anche facendo riferimento a professionalità oggettivamente super partes — mi riferisco agli avvocati dello Stato, mi riferisco ai giudici del Tar, mi riferisco ai procuratori della Corte dei conti — che ci consenta di essere protetti da qualsiasi male che potrebbe più o meno allignare nella nostra pubblica amministrazione. Già il disegno di legge La Loggia prevede meccanismi di questo genere, o almeno li prevedeva inizialmente quando è stato licenziato, successivamente, e giustamente si è avocato al Ministero degli interni il compito di integrare il testo unico degli enti locali alla luce di meccanismi modificativi dell'attuale sistema dei controlli che non esistono, non ce lo possiamo permettere. La nostra cultura purtroppo, ahimé, non è così intrisa del senso della legalità così come sarebbe necessario a fronte di uno strapotere del sistema politico — parlo degli esecutivi — e burocratico. Questa è la realtà. La realtà è che la distruzione di questo sistema dei controlli di legittimità ha portato a un vero e proprio vulnus di quello che è un principio che nelle Costituzioni occidentali è sempre stato praticato dal 1776, ovvero che a un tot di responsabilità, o meglio a un tot di potere deve fare da contrappunto un tot di responsabilità. Qui siamo al 100 di potere e all'1 di responsabilità e questo è un problema che riguarda tutti e che solo dopo si riverbera sul piano politico e amministrativo.
Una delle cose che invece cito dell'assessore Cecchini è un aspetto che non riguarda il codice penale ma il nostro codice politico nel momento in cui l'assessore Cecchini dice che non ci sono solo aspetti di natura penale o di reati e di criminosità ma c'è un problema di lentezza nel disbrigo delle attività di quel servizio e di quel settore. Mi pare di aver capito che la Cecchini non dicesse — c'è poi stata la precisazione del presidente della Commissione — che la Co;missione tardava ma che era il servizio che tardava nell'implementare una serie di attività che riguardano la formazione, l'avvio di normative che hanno una diretta incidenza sulla creazione d'impresa e quant'altro, che evidentemente segnano il passo. Questo è grave se è vero che il Fse oggi viene pressoché gestito completamente dalla Regione in simbiosi con le Province e che non si sa neanche se e quanto riesce ad essere puntualmente adempiente rispetto ad obblighi che dal punto di vista comunitario sappiamo essere cogenti e prevedere come alternativa la decadenza dal finanziamento. Questo è un problema. Non è solamente un problema di ordine pubblico ma un problema di malcostume potenziale — perché solo la questura, il tribunale, il Gip ci diranno — che però si riverbera in un tasso minore di efficacia, poiché la legalità è una condizione di efficacia. Non è solo un aspetto l'elemento morale, ma anche di utilizzo delle risorse migliore, più puntuale e più corretto. E guarda caso, questo psicodramma si apre proprio su una legge, la 215, nel primo anno che viene delegata alla Regione. Nel momento in cui la nostra Regione doveva implementare i meccanismi per poter arrivare dalla modulistica all'assegnazione delle risorse, alla gestione dei fondi sull'imprenditoria femminile succede questo disastro. D'altro canto l'ex assessore ci dice che siamo in ritardo sul Fse: è o non è questo un problema che vi offro come valutazione attenta di consiglieri, al di là di quelle che sono le rispettive impostazioni ideologiche, al di là di quelle che sono le notizie che poi si riesce ad avere? Perché ha ragione Franca Romagnoli nel momento in cui dice che la cosa grave è che tutta questa situazione di cui noi stiamo complessivamente pagando lo scotto — perché l'immagine dell'istituzione-Regione non esce rafforzata da questo ambaradan — avviene nel silenzio ma soprattutto nella totale ignoranza dei consiglieri regionali, ridotti oggi più che mai al ruolo di peones. E allora, anche questo aspetto di indirizzo e controllo... E questo è controllo, vivaddio. Io credo che se le funzioni di controllo non si ancorano anche alla possibilità di intervento e censura su questi argomenti, che ci stiamo a fare? Facciamo un consiglio di amministrazione regionale, probabilmente ciascuno sarà favorevole in ragione delle percentuali elettorali che il proprio schieramento ottiene in quel posto.
Non volevo qui evocare il Pio Alberto Trivulsio, caro Silenzi, che ora no mi ascolti, quando parlavo del "mariuolo". Evidentemente mi riferivo al pericolo di fornire giudizi affrettati senza avere uno strumento per capire qual è lo stato della condizione di legittimità di questo ente. Tu ti voti — non potevi fare altrimenti — alla convinzione fideistica che tutto vada bene, noi siamo tenuti per gli stessi motivi a supporre o comunque a dubitare il contrario, certo è che ciascuno di noi dovrà prepararsi perché ci sia, alla fine, un giudice — non parlo del giudice del codice di procedura civile e penale — un soggetto, un organismo in grado di dire la parola finale sul coefficiente di legittimità dei provvedimenti amministrativi, è questo il problema.
Un personaggio di Von Kleist che sicuramente conoscerà il nostro Presidente, Michael Kolhaas continuava a dire, disperato, che "ci sono dei giudici a Berlino"... (Interruzione). Ma io torno a monte per dire che questo povero Michael Kolhaas bistrattato da tutti e da tutto continuava a essere convinto che ci dovrebbero essere dei giudici a Berlino. Noi, i giudici non li abbiamo per il momento, quindi creiamo il giudice ma non facendo riferimento alle figure del codice processuale, sia penale che civile. Abbiamo bisogno di questo, altrimenti, diversamente, tu continuerai ad avvilirti, caro Giulio Silenzi, ma noi continueremo a fare non una polemica politica ma una giusta considerazione di un fatto gravissimo, che se sarà episodico lo dovremo dimostrare con dati certi, non perché tu lo dici ma perché un organismo di controllo a ciò deputato, il Consiglio regionale, sia convinto di questo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Presidente, colleghi consiglieri, confesso che sono in imbarazzo a intervenire a questo punto del dibattito, perché una parte degli appunti che ho buttato giù qualche minuto fa attengono alle questioni che ha posto il consigliere Castelli adesso. Ovviamente non concordo con le valutazioni e i giudizi politici dello stesso consigliere, ma credo che quello che Castelli ha detto sia un contributo alto al dibattito su un tema di questo genere. In questa occasione, probabilmente il Consiglio regionale dà dimostrazione di senso di responsabilità non soffermandoci sul pettegolezzo ma cercando di capire le cause dei problemi.
E allora voglio anch'io svolgere una valutazione politica sulla base delle comunicazioni che ci sono state offerte questa mattina dal Presidente e dai colleghi Cecchini e Ricci, riservandomi nei prossimi giorni di approfondire la questione anche grazie a questo piccolo dossier che ci è stato dato in tarda mattinata. Voglio fare delle considerazioni che non rimangano soltanto nell’ambito delle analisi ma cerchino anche di portare un piccolo contributo per individuare delle piste di lavoro.
La prima considerazione che voglio fare è che quando la politica cede il passo alla magistratura, a mio giudizio c'è qualcosa che non va. Arriverei anche a dire che ci perde la democrazia e questo sarà il tema del mio intervento, con una premessa: non dobbiamo offuscare l'oggetto del dibattito. In questo dissento fortemente con quanto ha detto il consigliere Castelli: non giova a nessun generalizzare, non giova alla maggioranza e secondo me non giova neanche all'opposizione, perché mettere in giro la voce che in Regione si fanno "affari", adombrare una nuova questione morale significa addentrarsi nuovamente in un terreno antico di lotta politica. La denuncia è nobile se vera, altrimenti è difffamazione. Quindi nessuno può dire che il caso specifico di cui parliamo è sintomo di degenerazione della morale politica, nessuno può far diventare una situazione molto circoscritta un sistema di affari. E' vero anche quello che ha detto il collega Castelli, che nessuno può dire il contrario, però dire il contrario vuol dire insinuare, quindi in qualche modo si fa opinione pubblica, si fa opinione politica. Quando il politico entra in questo dibattito si addentra su un argomento e uno strumento di lotta politica che a mio giudizio è pericoloso. E' palese in questa vicenda l'estraneità del Presidente della Giunta è palese l'estraneità dei componenti della Giunta, della maggioranza che governa questa Regione dai fatti narrati che abbiamo appreso dal tg delle 14. Attenzione dunque a non diffamare, perché in realtà i cittadini guardano noi e ci vedono molto simili. Noi ci vediamo molto differenti dall'altra parte politica, che i due poli sono molto differenti l'uno dall'altro, ma i cittadini ci guardano come il ceto politico, se posso dirlo in anconetano, se si insinua questo tipo di mentalità, alla fine si dice "mazza mazza, è tutta una razza".
Altra cosa è confrontarsi sul terreno dell'efficacia dell'azione amministrativa, sulla congruità degli strumenti rispetto agli obiettivi, sugli sprechi e così via. Su questo terreno è legittimo ed anzi doveroso confrontarsi, ma è altro da questioni amministrative e io credo che anche l'intervento del collega Castelli abbia in qualche modo dato la possibilità di iniziare un dibattito su questi argomenti.
Quando la politica cede il passo alla magistratura è il segnale che comunque c'è qualcosa che non va e anche da queste considerazioni io parto per dire che le possibili, diverse verità che sono dietro anche i fatti che ci sono stati narrati e sui quali la magistratura si esprimerà, evidenziano carenze della politica che già conosciamo ma che dobbiamo comunque affrontare. Qui è in discussione la responsabilità dei dirigenti, il rapporto tra dirigenti e assessori, le competenze di un assessore nel seguire l'attuazione delle decisioni e soprattutto il potere di controllo dei consiglieri.
Non credo che usciamo da questa fase ripristinando tutta la burocrazia dei controlli che era solo formale, perché il limite all'intervento di Castelli lo vedo nel limite di dire: "prima, quel sistema di controlli era efficace?". "Tangentopoli" è nata in quel periodo, quindi è evidente che non era efficace. Non possiamo dire "abbiamo buttato a mare un sistema che funzionava e adesso siamo orfani". Possiamo dire che oggi siamo orfani perché abbiamo dovuto buttare a mare un sistema che non funzionava, senza sostituirlo. Questo è il fronte su cui ci dobbiamo misurare anche al di là delle ideologie, perché è vero che essere amministratori a Torino è uguale a esserlo nelle Marche, è uguale a esserlo in Puglia, quindi questi problemi attengono a tutte le amministrazioni al di là del colore politico.
Il fatto che si vada alla magistratura per chiedere il controllo e il rispetto di questi normali rapporti dimostra che qualcosa non ha funzionato. Noi conosciamo approfonditamente questo problema, lo viviamo sulla nostra pelle tutti i giorni, quindi dobbiamo porlo come il problema centrale del nostro lavoro nei prossimi mesi, lo dobbiamo fare con lo Statuto ma lo dobbiamo fare anche con l'attuazione della legge sulla riorganizzazione del personale, perché è evidente che cambiano i rapporti tra l'organismo politico e l'organismo dirigenziale che dovrà gestire la Regione. Dobbiamo fare questa riflessione e attuare queste leggi che ci siamo dati e le altre che dovremo darci perché il fine sia la garanzia di trasparenza e della facilità di controllo. A questo punto ci auguriamo di avere reso più efficiente la Regione, adesso la dobbiamo rendere più trasparente e dobbiamo far sì che non soltanto i consiglieri ma il singolo cittadino possano capire, dato il programma elettorale con cui si è presentata la maggioranza, come questo programma viene attuato e soprattutto se le decisioni politiche che sono state intraprese hanno una attuazione corretta in fase finale. Anche perché credo che noi potremmo andare tutti a casa, come consiglieri regionali, se i cittadini iniziassero a vederci come i collaboratori dei magistrati. E' evidente che il nostro ruolo di controllo deve essere visibile alla comunità marchigiana per un'azione amministrativa e non possiamo inserire nell'opinione pubblica l'idea che se ho qualcosa da dire al magistrato vado dal consigliere che diventa il nuovo difensore civico; deve essere chiaro il ruolo che ognuno di noi svolge.
Concludo dando un giudizio sulla richiesta della commissione d'inchiesta. Credo che la commissione d'inchiesta sia l'ennesimo pannicello caldo per scimmiottare la magistratura, per far vedere che siamo molto bravi a esercitare questi poteri di controllo, ma nella realtà andiamo a fare un'azione su un settore che a questo punto è in mano a un organismo diverso. E' quindi evidente che su questo caso specifico nessuno più della magistratura sarà autorevolmente riconosciuto come il garante dell'accertamento della verità. Se c'è quindi un argomento su cui è inutile che noi facciamo una commissione d’inchiesta è questo. Comunque mi rimetto alla valutazione che faremo complessivamente, ma se vogliamo essere più conseguenti con tutto quello che abbiamo detto tutti oggi, dobbiamo riflettere su come dare più possibilità di intervento alla commissione bilancio nell'esaminare la congruità degli atti, degli incarichi, vedere a posteriori se questi incarichi sono stati realizzati, come sono stati realizzati, con quale efficacia, con quale risultato. Invece di fare degli atti eclatanti che ci mantengano sui giornali per una settimana dovremmo fare degli atti più ordinari, che però diano maggiori garanzie ai cittadini marchigiani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia.

David FAVIA. Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, colleghi consiglieri, il mio sarà un intervento un po' fuori dei binari che siamo stati abituati ad ascoltare in questa giornata. Di certo posso dire due cose che di me sono note: credo di non essere mai stato tenero in quest'aula con la Cecchini della quale tanti atti non ho condivido, da ultimo ricordo tutta la storia dei "no global", dei Bronzi, del porto di Ancona ecc. Così come non amo chi delega con troppa facilità la politica alle aule di giustizia o comunque chiama la magistratura ad intervenire a volte anche a sproposito.
Sono d'accordo con Amagliani su una cosa: che oggi si sta scrivendo una pagina nera per la politica marchigiana, però non mi commuove il dolore mostrato nei loro interventi da Andrea Ricci e da Amagliani. Posso crederlo vero, ma francamente non mi commuove. Io sono convinto che ci sia dietro un problema politico interno a Rifondazione comunista, che tutto sia nato per problematiche politiche interne e che oggi noi stiamo vivendo questa brutta pagina per colpa di questa problematica dentro la quale siamo stati chiamati. La conclusione, qualunque sia la decisione finale, è sempre una: una conclusione di inaffidabilità politica di un partito della maggioranza, che travolge l'intera maggioranza che governa questa Regione.
Come dicevo i casi sono due: o la Cecchini è penalmente responsabile di un qualche reato — si è parlato di concussione, di abuso d'ufficio, tentativo di entrambe le cose — e allora il fatto sarebbe gravissimo in re ipsa, ma consentitemi, essendo persona estremamente pragmatica e un po' deviata dalla mia professione, di dire che una valutazione che do "a volo d'uccello" non mi porta a gridare allo scandalo o alla questione morale in questi termini. Io grido allo scandalo per un altro motivo: sono convinto che lo scandalo è stato tirato fuori dalla Cecchini per motivi egualmente meno nobili di quelli per i quali la Cecchini è stata accusata dal suo partito anche con questa dependance pseudo finale che credo finirà in una bolla di sapone.
Credo che la cosa grave, la questione morale grave della quale dobbiamo lamentarci e parlare è proprio ciò di cui la Cecchini ci ha parlato questa mattina quando ha confessato, di fatto, il fallimento di un'azione di governo e ha confessato una sorta di gestione "allegra", di un appalto per 60-70 milioni che poi è diventato, con un decreto dirigenziale, di oltre 400 milioni. Credo che questo sia il fatto grave del quale bisogna parlare. Non parlo di questioni penali, francamente non credo — deciderà ovviamente la magistratura, sovrana e indipendente nel suo lavoro, perché noi non conosciamo tutte le carte — ci sia un risvolto penale in quello che è successo, ma credo che ci sia un risvolto gravissimo dal punto di vista amministrativo. Credo che la Giunta, lei in prima persona Presidente sarebbe dovuto intervenire. Mi sembra che ciò che è successo, questa deliberazione forse non presenta nemmeno questa elementi di censura penale ma mi sento di dire che presenta elementi di censura amministrativa e politica. E' chiaro che condivido completamente sia l'intervento di Castelli che, in parte, quello della Benatti — sarebbe stato gran parte del mio intervento, ma avendolo già detto loro mi limito soltanto a volarci sopra — e credo che sul sistema dei controlli (facendo parte della Commissione Statuto me ne faccio carico, ma faccio appello a tutti i colleghi) bisogna lavorare molto. Probabilmente è vero che il vecchio sistema dei controlli non era sufficiente ma non è possibile che non ci siano controlli e che il Consiglio regionale non abbia facoltà di controllo, di intervento e di sanzione su delle cose che non funzionano. Così come faccio appello a che vadano avanti il dibattito e delle conclusioni concrete sulla forma di governo, perché penso che mai come in questo momento sarebbe stato produttivo un dibattito serio all'interno della maggioranza, tra maggioranza e opposizione, sulla continuazione di questo Governo regionale che probabilmente, se ci fossero stati gli strumenti sarebbe cambiato ma che non può cambiare perché la legge attuale imbalsama questa situazione.
Non posso condividere i tentativi di coloro che sono intervenuti per la maggioranza, di salvare la Giunta, di salvare la maggioranza e di limitare la questione ad un problema interno a Rifondazione comunista. C'è sicuramente un problema interno gravissimo a Rifondazione comunista ma è un suo problema. Io credo che ciò che viene fuori è un problema gravissimo della maggioranza e della Giunta. Vengono fuori dei problemi gestionali ed amministrativi dei quali in qualche modo, a mio giudizio, dovrà discutersi, volando alto, in maniera molto più approfondita.
Attendo con curiosità le conclusioni del Presidente D'Ambrosio perché voglio capire bene se dai gesti politici, dai sottintesi politici che abbiamo appreso dai giornali in questi giorni verrà confermato il congelamento di Rifondazione comunista — giustamente il Presidente ha detto "le deleghe le ho prese io, ne riparleremo dopo la soluzione del problema-sanità", il che è lodevole perché ci sono delle problematiche sicuramente più importanti da discutere prima — ma vorrei capire anche se dietro a ciò c'è una sorta di sconfessione di Rifondazione comunista nell'ambito della maggioranza, che già sarebbe un primo segnale di "moralità", sempre politica. Oppure voglio capire se, non volendo compiere questa dolorosa amputazione il Presidente non giungerà con una critica del suo Governo e quindi non giungerà con le dimissioni... (Interruzione). Non ho dubbi, Presidente, lo dicevamo prima quando lei doveva arrivare: so bene che andrebbe escluso, ma credo che politicamente, come rappresentante dell'opposizione, della minoranza, è un appello che debbo fare.
Quindi auspicherei che ci fosse un segnale forte, un segnale alto. Quello che, concludendo, voglio pregare gli amici di Rifondazione comunista di non fare, quello che penso non sia dovuto a quest'aula è la presa in giro della sofferenza politica. Questi problemi risolveteveli altrove, non venite a riversarli in quest'aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

Sergio NOVELLI. Colleghi, è questa una vicenda che può essere affrontata da più angolazioni, alcune delle quali credo non siano di pertinenza di quest'aula, anche se devo marcare una differenza rispetto ai colleghi che hanno pensato di trincerarsi dietro l'attesa quasi messianica del risolutivo intervento della magistratura. Qualcuno in mattinata ha anche detto, tra l'altro, che il Presidente della Giunta è anche magistrato, quindi massima autorità per dare una lettura di questo tipo sulla vicenda. Mi è sembrato un po' fuori delle righe perché noi siamo un sovrano, cioè siamo espressione di voto popolare e se i marchigiani avessero ritenuto di eleggere una qualunque altra figura professionale, il sovrano popolo esprime questa scelta e non è che il controllo degli atti debba essere mediato attraverso un passaggio successivo a una verifica di liceità. Quello che manca alla vicenda è una valutazione del merito politico, e questo credo che appaia già evidente dalla lettura di queste note che cortesemente ci sono state consegnate questa mattina, con lo spoglio di quello che è stato il carteggio del mese di giugno di questa vicenda.
Dico "cortesemente consegnato", perché rispetto all'intervento del presidente Andrea Ricci che ho ascoltato e mi ha colpito, dissento da una cosa: quando ha detto "informato di una situazione che mi sembrava investire altri profili, ho fatto quello che ogni consigliere regionale avrebbe dovuto fare, cioè ho rimandato gli atti agli organi competenti". Dissento perché il presidente Ricci è segretario regionale di un partito e comunque consigliere di maggioranza ed è una valutazione ottimistica quella che esprime dicendo che ogni consigliere regionale, informato dei fatti, li ritrasmette a chi di dovere, perché in questo Consiglio sono informati dei fatti soltanto alcuni consiglieri regionali e in maniera assolutamente episodica e sporadica. Lo dice chi, a fronte di decine di interrogazioni ha avuto risposta solo a due o tre, alle richieste di documenti, a differenza del collega Gasperi — che ha detto di avere ottenuto documenti grazie alla generosa intercessione casuale dell'assessore Agostini — non ha mai ricevuto risposta. Vi forniremo la casistica di decine di episodi, uno anche divertente. Mi è capitato di vedere che un'azienda ospedaliera di questa regione ha dato 310 milioni di consulenza a una società inesistente — controllato alla Camera di commercio — fatturando alla partita Iva di un negozio di videogiochi. Avendo scoperto e portato all'attenzione della presidenza della Giunta e dell'assessorato competente la vicenda i revisori dei conti di quell'azienda, ho detto "avete fatto almeno un esposto alla Corte dei conti? Avete revocato la consulenza? Mi fate vedere queste consulenze che il negozio di giochi ci ha scritto per 310 milioni?". L'osservazione dei revisori dei conti è di novembre, la mia interpellanza è di febbraio, "interrogato il morto non rispose", questi episodi di piccola patologia — 310 milioni questa consulenza, 400 la gara dell'appalto in argomento — fanno una cosa media, quindi il problema è sintomatico. Quando il presidente Ricci dice "ho fatto quello che ogni consigliere regionale potrebbe e dovrebbe fare", questo Consiglio regionale lo farebbe nella misura in cui i documenti che chiede gli venissero consegnati. Io chiederò forse l'intercessione del collega Ricci, perché a lui forse i documenti glieli danno. Però, sicuramente esiste un problema di approfondimento della funzione ispettiva di questo Consiglio che ci investe subito del problema che hanno posto i colleghi Castelli e Benatti. Se è vero che non è dignitoso, per un organismi che è eletto dal popolo e che ha una sua sovranità che verrà ribadita dallo Statuto perché è espressione di un voto popolare, quindi non sottoponibile a tutele di organismi sterili nel solo controllo di legittimità, allora dobbiamo trovare il modo di darci dei meccanismi di controllo interno.
Noi dovremmo quanto meno far rivivere dei meccanismi di controllo di quest'aula, perché il problema che ho posto a livello personale di consigliere che chiede un documento tre volte, si stufa, poi Gasperi, più tignoso di me, minaccia la "piazzata", la fa e il documento glielo danno per paura del baccano, non riguarda il fatto che il meccanismo di controllo possa passare attraverso la disponibilità dei consiglieri di prospettare che si spogliano nudi in aula, deve esistere un meccanismo. Qualcuno ha criticato l'idea della commissione di approfondimento. Io ho vissuto la vicenda, mille volte più rilevante per gli aspetti economici che coinvolgeva, mille volte più grave per gli aspetti formali che abbiamo dovuto scoprire, della commissione d'inchiesta che il Comune di Ancona istituì sul piano di ricostruzione: le frasi formalizzate in aula dai colleghi consiglieri comunali che non ritenevano opportuna per vari motivi la commissione consiliare di indagine, erano le stesse che sono state dette oggi, cioè "c'è la magistratura". Ci fu una spaccatura verticale nel gruppo della Democrazia cristiana, tuttavia quelli che votarono no, dissero "non perché non vogliamo che si faccia luce, ma c'è la magistratura, lasciamo fare, non ci mettiamo bocca". Si istituì la commissione e scoprimmo anche che come consiglieri votammo un atto che non era mai pervenuto al protocollo del Comune perché era stato alterato con un astuto cambio fra l'"1" e il "9".
Credo che compito di questo Consiglio sia mettersi in grado di conoscere bene quello che succede. Sulla vicenda del merito amministrativo di questo episodio, di una consulenza che ha prodotto una gara, degenerata la gara due parole vanno dette. Tutti abbiamo espresso la forte preoccupazione che il ricorso sistematico alla consulenza esterna con un uso sicuramente troppo forzato delle facoltà concesse dalla "legge Cassese" finisse col creare un meccanismo di intreccio troppo stretto fra la struttura tecnica e la struttura politica che devono mantenere un'attività parallela, intersecata ma non possono essere intrecciati con il rischio che accada quello che allora prospettammo in termini di possibilità che questo episodio su cui nessuno vuole stracciarsi le vesti, che può essere al più sintomatico, ma che comunque c'è, pone all'attenzione di tutti noi.
Da questo punto di vista mi sembra che la prima lettura da dare è che la situazione non è risolta con le dimissioni spontanee dell'assessore Cecchini, atto di sensibilità di cui credo questo Consiglio debba ringraziarla, al di là del ringraziamento più o meno sentito o marcato che le va fatto come assessore, ma rimangono i problemi posti in maniera clamorosa dallo stesso contenuto del parere che il Presidente della Giunta ha sollecitato al direttore del servizio sviluppo economico con il parere di un avvocato del servizio legale, che non dicono affatto che la situazione sta bene come sta, dicono che effettivamente è vero che nel bando ci doveva essere un affidamento per 38.000 euro, che in maniera non illegale ma non corretta — su questi due termini credo non ci sia neanche bisogno di andare ad approfondire quanto e come — questi 38.000 euro sono andati lievitando attaccandoci dei pezzi di forniture parallele per altri 100.000 euro e oltre, che la cosa non è conforme a correttezza, quindi si suggerisce che venga corretto il capitolato di servizio per riportarlo nei termini dimensionali ed economici di cui al bando.
Se questo è opportuno fare, signor Presidente, io le pongo due ordini di problemi.
Un'altra cosa interessante che pongono i tre tecnici che le rispondono...

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ho dato atto che si sta facendo, nella mia comunicazione.

Sergio NOVELLI. Però la stessa comunicazione pone un altro ordine di problemi. Nel momento in cui si dice "non ci sono gli elementi per ritenere violazione di legge, quindi annullamento dell'atto per illegittimità", visto che siamo tutti un po' prestati dal mondo giuridico a questo servizio, ci sono altri due profili che sfuggono al controllo di legittimità ma pongono la necessità di una funzione di merito. Il primo è l'annullamento... Cioè la rivalutazione possibile oggi, nella misura in cui l'atto non ha ancora prodotto gli effetti, o non li ha completamente prodotti, degli elementi di pubblico interesse che hanno portato all'adozione dell'atto allora, perché al di là dell'episodio della violazione di legge che comporterebbe tutta una serie di possibilità, esiste sicuramente il dato che i consulenti ci confermano, che la parità delle condizioni dei partecipanti alla licitazione e alla trattativa privata non è stata assicurata.
Che sapendo questo i profili di pubblico interesse ad andare avanti con la procedura avviata persistano, richiede una riflessione di merito che non compete al Consiglio ma all'organo esecutivo e amministrativo. I consulenti non dicono "va tutto bene", dicono "non sta a noi. Io posso dirti se ci sono gli elementi di violazione di legge". Che ci sia stata una violazione procedurale è evidente non solo dalla lettera dell'assessore Cecchini del 10 giugno ma dallo sviluppo della circostanza. Su questo, sulla possibilità di revocare l'affidamento credo sia necessario procedere.
C'è poi un altro aspetto appena sfiorato. L'ultimo capo della nota del 10 giugno dell'assessore Cecchini dice che al di là delle procedure di affidamento il 30 maggio si è svolta la prima sessione di corso e una serie di circostanze che erano assicurate perché richieste nel capitolato e quindi assicurate nell'offerta — il camper, i lucidi ecc. — non erano presenti. Quindi si pone il problema non solo dell'illegittimità dell'atto ma anche dell’annullamento in via di autotutela ed eventualmente della risoluzione sotto il profilo del non corretto adempimento dell'incarico. Siccome qui si parla di correggere il capitolato per la conservazione del rapporto, io ci leggo che l'intenzione non è né di dar corso né di approfondire, né all'eventuale autotutela sotto il profilo della rivalutazione per pubblico interesse, né della risoluzione sotto il profilo della asseritamente riscontrata non adempienza del contraente alle condizioni del capitolato.
Pongo un ultimo problema politico che forse è rilevante. Abbiamo detto che il problema dell'incarico è un problema di controllo. Abbiamo visto che la normativa per l'azione diretta dei vertici degli enti ha introdotto una personalizzazione — l'Msi l'ha sempre chiesta, An ne ha fatto un argomento forte della propria azione politica — tuttavia ci troviamo in una situazione in cui — è accaduto al centro-destra, in Liguria, in Abruzzo; questa situazione si verifica a Verona, a Gorizia — si è introdotta, con la "Cassese", una forma di spoil-system spurio, per cui si dice "sì, tu hai il potere di decidere, quindi ti prendi qualcuno non con la corretta procedura della struttura ma con l'affiancamento alla struttura in maniera sintetica e fiduciaria, perché poi rispondi tu di fronte al corpo elettorale la prossima volta.
Ricordo che ogni volta che furono conferiti questi incarichi esterni da questi banchi polemizzavamo con quelli e da quei banchi l'assessore Cecchini ci diceva "fa parte della scelta, rientriamo nel limite del 10-15%, per cui fatecelo fare", e l'avete sempre fatto. Se di fronte a questo dato — e ogni volta ci rispondevate "hanno durata solo per cinque anni e sono sempre revocabili nel momento in cui le condizioni vengano meno — non viene meno il rapporto fiduciario, di fronte ai dirigenti di servizio richiesti di parere che dicono "scelta nel merito non condivisibile, procedura probabilmente non corretta", mi chiedo e chiedo: quand'è che viene meno il rapporto fiduciario? Di fronte all'atto penale quando c'è direttamente la procura con la rimozione dall'incarico e la sospensione dal servizio? Oppure esiste un margine al di qua della linea della violazione di legge, che però comporta una riflessione di merito?
Un'altra cosa che mi sto chiedendo e che le chiedo, Presidente, è la seguente. Lei ha escluso al consigliere Favia di volersi dimettere e questo le fa onore, perché lei ha fatto una proposta ai marchigiani che l'hanno accettata, le hanno conferito un incarico che lei intende espletare. Se è così bisogna che lo faccia. L'aspetto che mi preoccupa di questa vicenda è che di fronte a una situazione patologica — interna a Rifondazione comunista? Non ci spendo una parola perché lungi dall'intenzione mia e di ciascuno di noi andare a interferire nella dialettica interna di un partito, e fra l'altro sono tanto animate anche le nostre dialettiche interne — il problema in maggioranza non è solamente quello che accade all'interno di un partito. Ciò che mi sorprende è che di fronte a questo problema qualcuno ha detto "vado alla magistratura". La magistratura interverrà, non interverrà, comunque l'assessore ha fatto una comunicazione al Presidente della Giunta che secondo me è una procedura estremamente corretta: c'è un problema, una squadra ha un problema di spogliatoio, la mezzala e l'ala non si passano la palla, o interviene l'allenatore oppure lo spogliatoio degenera e la partita difficilmente si può vincere. Noto che la richiesta del 10 giugno dell'assessore non ha avuto risposta se non dopo che la vicenda è esplosa. Sembra allora che veramente, se non c'è una risposta dell'organo deputato inevitabilmente, non per mera necessità ma per scelta precisa, la risposta la danno altri organi che non sono deputati a intervenire su una sede politica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

Marco MORUZZI. Colleghi consiglieri, sembra che questa mattina ci sia una discussione aperta, soprattutto quando i tono polemici e strumentali lasciano spazio alla riflessione. La discussione avviene fornendo al Consiglio gli elementi o i documenti del caso e devo dire che la maggioranza in questo caso è stata trattata con par condicio rispetto alla minoranza, perché, almeno per quanto mi riguarda, il dossier è giunto sul mio tavolo questa mattina.
E’ chiaro che di fronte a vicende così complesse, che vanno oltre la nostra capacità di valutazione immediata non si può che dire che la magistratura debba fare il suo corso senza per questo volersi sostituire alle funzioni politiche, alle valutazioni che a livello politico devono essere fatte, quindi i magistrati entrano nel merito di una vicenda che nasce dal contrasto tra un funzionario dirigente e un amministratore. A questo proposito voglio fare una riflessione: la limitazione del ruolo del politico a favore del funzionario è l’evoluzione conseguente alle vicende di “Tangentopoli” dove tanti atti discrezionali sono stati sottratti agli eletti ed inseriti nei procedimenti amministrativi. Le strutture della pubblica amministrazione sempre più si vedono attribuiti funzioni e poteri e in alcuni casi assistiamo a degli atti, addirittura le strutture si autoattribuiscono delle funzioni, dei poteri, addirittura si autoattribuiscono funzioni che comportano automaticamente, direttamente o indirettamente, maggiori compensi e questa è materia politica su cui discutere e dibattere anche oltre questa vicenda, perché credo che noi eletti abbiamo non soltanto il dovere di rispondere alle leggi di questo Stato ma anche di rispondere a tante regole che non sono scritte ma fanno parte del patto con i nostri cittadini, con i cittadini che ci hanno votato ma anche con quelli che non ci hanno votato, addirittura quelli che non sono andati a votare.
La maggioranza si è presentata in modo aperto e anche l’assessore lo ha fatto rimettendo il suo mandato. Io mi sento di respingere l’attacco delle minoranze che in quest’aula pongono una nuova questione morale, perché si dice che in questa Regione sono tornati gli affari illeciti, cercando di coinvolgere in queste aree di illecito il Governo, la maggioranza. Addirittura nell’intervento del collega di Forza Italia c’è stato il suggerimento di sconfessare Rifondazione comunista quale atto di moralità. Mi sembra quanto meno azzardato questo tipo di suggerimento. Ho sentito anche un attacco al decentramento e pure questo mi preoccupa, della serie “in questi dibattiti si può dire qualsiasi cosa ed arrivare ad affermare qualsiasi cosa”. Si è detto che questo è il primo anno di applicazione di questa legge, come per dire che le leggi è meglio applicarle a livello centrale. Queste affermazioni a mio avviso denotano uno stato di confusione, la difficoltà anche a definire un’analisi precisa e a segnare una rotta a seguito di una vicenda che invece ci richiama alcune questioni politiche su cui abbiamo i poteri. La funzione è quella di implementare i poteri di controllo e di indirizzo anche da parte del Consiglio, trovando anche gli strumenti in uno scenario nuovo, che peraltro abbiamo discusso anche in altre sedi, che rafforzi le funzioni dei soggetti che governano, le possibilità dei soggetti che governano di svolgere addirittura loro le funzioni di controllo in luogo del Consiglio o dei consiglieri stessi. E qui ci troviamo in una situazione in cui, a torto o a ragione, è stata sollevata una questione a seguito di un’azione di controllo svolta da parte di un assessore.
Devo anche dire che in questa sede si chiede al Consiglio di trasformarsi e improvvisarsi in inquirente, magari attraverso l’inadeguato strumento della commissione d’indagine. Io ritengo che questo sia un inadeguato strumento, cari colleghi della minoranza, pur avendo praticato e utilizzato questo strumento in passato, in diverse situazioni e in condizioni diverse, avendo proposto spesso commissioni di questo genere su vicende che hanno avuto anche una certa rilevanza.
Penso che questo sia uno strumento inadeguato e temo che sia più utile oggi per marcare una presenza piuttosto che per portare a delle conclusioni.
Questo Consiglio nella sua interezza ha rallentato le riforme statutarie e questa riforma statutaria che poteva darci oggi o poteva in prospettiva darci strumenti nuovi e diversi proprio per noi consiglieri, che oggi siamo anche abbastanza poco attrezzati rispetto a vicende di questo genere, poco attrezzati di strumenti, poco attrezzati della nostra intelligenza politica, della nostra capacità ma certamente poco attrezzati ad affrontare questa situazione. Temo che anche questo aspetto, quello dei nuovi strumenti di cui il Consiglio si deve dotare, una volta chiuso il dibattito sulla vicenda che ha visto coinvolto l’assessore Cristina Cecchini passi nel dimenticatoio per poi riproporsi alla prossima occasione.
In quest’aula si spara in modo generalizzato sull’affidamento esterno degli incarichi e credo che si debba sollevare la questione negli incarichi soltanto nel merito di ciascuno di essi, specifico. Lo dico come rappresentante di un gruppo politico che in alcuni casi ha obiettato, giungendo anche a non votare o a ottenere il ritiro di alcuni provvedimenti che erano stati proposti.
Mi sembra esagerato da questa vicenda a giungere a parlare di “incaricopoli”. L’incarico è un atto discrezionale con tutti i limiti e i vantaggi di provvedimenti di questo genere e a proposito degli incarichi mi sento di denunciare anche una certa destrutturazione dell’ente regionale, peraltro portata avanti non solo e non tanto qui all’interno ma anche all’esterno. Noi dovremmo internalizzare alcune attività, dotarci di personale, di professionalità. In realtà questa logica con cui la Regione deve essere smontata — è troppo grande, è troppo elefantiaca, deve giustamente decentrare le funzioni ma non deve privarsi della sua capacità di operare — ha accelerato la necessità delle consulenze esterne. In questa accelerazione accadono anche situazioni in cui ci si dota di collaborazioni, di collaboratori che certamente non sono all’altezza di svolgere il lavoro così come dovrebbe essere svolto. Talvolta abbiamo necessità anche di collaborazioni per funzioni elementari che sono sempre state svolte. Su questo non ho sentito una parola, non ho sentito analisi. Dietro le parole d’ordine di snellire la struttura, della banalizzazione dell’utilizzo del personale, dell’uso di figure professionali inadeguate a svolgere funzioni precise che richiedono invece professionalità e preparazione si dice che è cresciuto il ricorso all’incarico esterno. Ma c’è anche un altro fenomeno, pericoloso a mio avviso quando si tende a destrutturare, a ridimensionare troppo gli enti e gli organismi: l’accentramento della conoscenza su pochi. Questo fa sì — il fatto che poche persone sappiano, che poche persone conoscano — che la pubblica amministrazione sia esposta a un rischio sempre maggiore: che si sbagli, certe volte in buona fede, e che anche persone che vogliano operare al di fuori delle regole possano operare nel più indisturbato isolamento, perché né questa sede può esercitare il controllo rispetto a quella funzionalità e rispetto a quella correttezza che sempre dovrebbe essere garantita nella pubblica amministrazione, né la struttura in alcune situazioni è in grado di esercitare questa funzione di autocontrollo. Quindi dovremmo fare una riflessione anche su questo. Forse potremmo farla con maggiore serenità una volta che il soggetto preposto a dare una valutazione nel merito della vicenda avrà detto dove stanno le responsabilità e dove non stanno, ma su questi temi penso che il Consiglio possa comunque pronunciarsi al di là dello scontro maggioranza-minoranza che anche su una vicenda come questa non può non esserci e non sono certo io a dire che non deve esserci.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Preliminarmente vorrei chiedere al collega Andrea Ricci di ritirare la sua istanza formulata ai sensi dell’art. 54. Questo non solo per una questione di buon senso, ma anche per una questione sostanziale: siamo di fronte ad un dibattito nel quale da parte di tutti c’è stato lo sforzo della massima correttezza e compostezza proprio per giungere a delle conclusioni il più possibile vicine non solo alla realtà dei fatti ma anche all’obiettivo di dibattiti come questo, cioè focalizzare l’attenzione su di un fatto, chiedere chiarimenti al nostro livello, demandare poi le valutazioni che le sedi giurisdizionali sono state chiamate a compiere, a quelle sedi. Intanto chiedo che il consigliere Ricci, proprio cogliendo questo spirito che dovrebbe essere sempre lo spirito che ci vede impegnati nella discussione e nel confronto, ritiri la sua istanza formulata ai sensi dell’art. 54: sarebbe un pericoloso precedente, perché quest’aula vedrebbe ogni volta occasioni di censura o comunque verifica di atti, di pareri, di attività svolte dai consiglieri nell’espletamento delle loro funzioni, il limite labile tra lo svolgimento dell’attività amministrativa e perciò l’esercizio anche del diritto di critica politica, con quello che può essere interpretato invece come espressione lesiva della onorabilità del singolo o del gruppo. Ritengo pertanto che si debba evitare questo pericoloso precedente per non incorrere in decine di altre situazioni nelle quali un’espressione un po’ più forte potrebbe motivare qualsiasi altro consigliere regionale ad invocare la commissione da istituirsi da parte del Presidente del Consiglio per la valutazione delle espressioni usate. Anche perché l’art. 54 non è molto ben definito nei suoi contorni, perché dice all’inizio “quando, nel corso della discussione un consigliere sia accusato di fatti che ledano”, cioè vi deve essere un riscontro obiettivo, un riscontro condiviso da tutto il Consiglio. Non mi sembra che in questo caso ci sia stata un’accusa su fatti precisi ma una ricostruzione, questo sì, fattuale nella quale è stata espressa un’opinione: si poteva fare diversamente. Ripeto, chiedo al consigliere Ricci di ritirare la propria istanza e di fare in modo che quel canale di discussione che deve essere sempre il nostro punto di riferimento, la nostra stella polare — cioè una discussione aspra nei toni ma corretta nella sostanza — possa essere senz’altro percorso fino in fondo. Cercherò di farlo anch’io brevissimamente, perché siamo al termine di una discussione faticosa, non piacevole nemmeno per le opposizioni. Infatti vi è una delibera a contrattare, vi è una lettera d’invito, vi è un’aggiudicazione all’unica ditta partecipante. E’ un appalto non di grande entità economica perché quella che è stata l’interpretazione della Cecchini ma anche dell’ufficio legale era vedere l’appalto limitato ai 75 milioni di organizzazione delle linee generali di un’attività in favore dell’imprenditoria femminile, scevra dal contenuto puntuale della scelta dei relatori, della utilizzazione di uno strumento propagandistico particolare cosiddetto “camper itinerante” e della scelta di altre forme di pubblicizzazione degli eventi.
Questi sono i fatti obiettivi. Dice l’assessore Cecchini, oggi dimissionario, “io ho rilevato che prima dell’effettuazione di qualsiasi tipo di gara il dirigente adotta la delibera ma in maniera errata, la lettera d’invito non è conforme alla deliberazione che io conoscevo, quella della Giunta regionale di applicazione della legge 215/92”, dice che la lettera non contiene il capitolato d’oneri, dice che non è conforme perché non distingue nettamente gli incombenti della ditta aggiudicatrice e dice che quello che è avvenuto con la lettera d’invito e l’affidamento di incarico avrebbe superato i limiti consentiti per la licitazione privata e avrebbe obbligato il dirigente a fare altro percorso procedimentale, perché la soglia comunitaria è ampiamente superata se si sommano tutte le spese che erano necessarie a compiere l’opera di implementazione del sistema di conoscenza e diffusione degli strumenti della 215. Vero? Non vero? Ha ragione? Non lo so. L’ufficio legale non esprime un parere assolutamente pacifico per quanto riguarda l’operato del dirigente con la lettera d’invito, con la deliberazione a contrattare, perché dice che vi è un contrasto interpretativo, perlomeno: “si considera necessario eliminare l’art. 3 del capitolato, stabilendo che i preventivi per le spese ed altre attività dovranno essere sottoposti in via preventiva al servizio il quale individuerà i soggetti a cui affidare gli incarichi”. Cioè non doveva essere fatto dalla ditta aggiudicatrice ma dal servizio. Questo dice il parere acquisito in atti e conosciuto da tutti. Dice inoltre “deve rilevarsi che la trattativa privata avrebbe dovuto condursi in modo più corretto”. Bisogna allora modificare il capitolato d’oneri e contestualmente redigere un contratto al fine della conservazione del rapporto ma nel senso sopra indicato. Non annullare tutto ma comunque modificare, perché sicuramente c’è qualcosa che non va. Questo da ultimo però, prima le cose erano già molto avanti, le ha raccontate sinteticamente il consigliere Cecchini, ma anche il consigliere Ricci. Erano molto avanti perché? Perché l’ex assessore Cecchini ha chiesto delle risposte: perché non le sono state fornite dal direttore del dipartimento per esempio, che ha semplicemente riferito, invece, l’opinione del dirigente? Dal Presidente D’Ambrosio, perché è stato richiesto un suo intervento, prima informalmente e poi formalmente.
Perché il consigliere Ricci riferisce al Presidente e il Presidente dice “riferisci alla procura”? Ha appreso, caro Presidente, una notizia comunque grave, importante: perché non chiede spiegazioni all’assessore Cecchini, al dirigente o fa un minimo di verifica e sollecita, invece, il consigliere Ricci ad andare in procura?

Giulio SILENZI. Sono le stesse cose.

Fabio PISTARELLI. No, non sono le stesse cose, perché dobbiamo dire: chi è questo dirigente? Chi è la ditta aggiudicatrice? C’è qualcosa di più. Io non vorrei sollecitare e solleticare la tua attenzione dicendo una cosa forte, però questo qualcosa di più ritengo sia un sistema di questa Regione, un sistema dei partiti di questa Regione che poi si inserisce nel quadro descritto da Castelli nel quale il controllo è difficile, ma c’è un sistema a monte in questa Regione, di scelta non solo dirigenziale ma anche dei consulenti che deve far riflettere. E’ un sistema che va oltre il merito delle questioni, tocca altre questioni, tocca altri elementi di valutazione, non è solo il fatto che sull’Aso o su Fabriano bisogna studiare un po’ di più e pertanto affidare un incarico in più. Dietro questo incarico si sono addentellati che, questi sì, devono preoccupare, scelte riferite ad un meccanismo che, questo sì, deve preoccupare. Perché non è in sé il meccanismo di selezione, non è obiettivo, non è una scelta fatta valutando curricula obiettivi, visti da un gran giurì lontano dalle segreterie dei partiti, dai gruppi, è un qualcosa che invece si inserisce in maniera stretta, stridente, stringente dentro il meccanismo del controllo dei partiti e delle scelte che si fanno.
Se questo è, la riflessione vera è su questo sistema che è stato ingenerato dalla sinistra dal 1995 ad oggi, un sistema scientifico, di caselle che devono essere poste al punto giusto, nel luogo giusto, decisionale ma anche nel luogo giusto per le scelte anche di natura economica, di natura finanziaria che devono essere fatte. Sono centinaia di casi di dirigenti e di consulenze scelti così.
Per chiarezza e per trasparenza chiedo che a fianco delle dimissioni, che fanno onore alla collega consigliere Cecchini, ci sia anche un provvedimento cautelare nei confronti del dirigente. Questo è un atto secondo noi opportuno se non doveroso: tutti allo stesso posto, cautelativamente in attesa delle risultanze di istruttorie che saranno svolte dalla procura e dalla magistratura, ma tutti cautelativamente sospesi dalle funzioni. La Cecchini l’ha fatto volontariamente, lo faccia altrettanto volontariamente, o se non lo fa intervenga il presidente nei confronti dell’apicale responsabile del procedimento. Mi si dirà che è stato già sostituito con il direttore del dipartimento per quanto riguarda la responsabilità di questo atto, ma il suo comportamento non è riferito solamente a questo atto, è riferito, in generale, ad una conduzione dell’ufficio.
Concludo dicendo che la riflessione vera che i marchigiani devono fare non è quella di andare a valutare se ha ragione l’uno o l’altro, se gli esposti sono a favore dell’una o dell’altra versione. La riflessione vera è che sta emergendo, è emersa una problematica riguardante un sistema che in questa Regione ha avuto così tanta diffusione da venir fuori anche in maniera clamorosa e fragorosa in questo momento, ma c’è un sistema da rivedere ed è su questo che noi chiediamo che la sinistra emendi, corregga subito, se vuole salvare faccia e dignità, cosa che fino ad oggi non ha fatto né in questo caso né negli altri casi che in tempi non sospetti questa opposizione aveva sollevato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Vorrei chiarire qualora ce ne fosse bisogno ma soprattutto nei confronti del consigliere Andrea Ricci il tenore del mio intervento e della frase che ha ritenuto di dover censurare lo stesso collega Ricci con la richiesta fatta, dando quindi l’interpretazione autentica del mio pensiero.
Chiarisco innanzitutto che non intendevo ledere od offendere l’onorabilità e la rispettabilità del consigliere Ricci, lungi da me e peraltro non è nel mio stile ma non è sicuramente all’indirizzo di alcuno e tanto meno del collega Ricci che potevo rivolgere accuse personali. Ritengo di chiarire che la frase da me detta deve essere collocata nell’ambito dell’intero intervento e quindi come mera critica politica e non altro.
Chiarisco, da ultimo, di aver parlato di “azione giudiziaria”, non di “magistratura” — almeno penso di aver detto chiaramente questo — che richiama sempre una sorta di discrezionalità nell’adire o meno l’azione giudiziaria. Il Presidente lo sa meglio di me: ognuno di noi compie delle valutazioni nel momento in cui va o non va dalla magistratura. C’è una mentalità più o meno diffusa di politica giudiziaria, di ricorrerci, di abusare o di andare più o meno. In questo ambito, non “nell’utilizzo della magistratura”, come mi pare di aver sentito dire dal collega Ricci, ma nel ricorso o meno all’azione giudiziaria si svolgeva questo mio discorso che andava appunto a criticare politicamente quella decisione di adire o meno la magistratura. Non nel merito, nessun altro era lo spirito e se qualcos’altro fosse apparso ritengo di dover chiarire che nessuna censura alla rispettabilità del consigliere Ricci intendevo assolutamente muovere.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

Andrea RICCI. Prendo atto del chiarimento del consigliere Romagnoli che ha specificato che non intendeva in alcun modo ledere od offendere la dignità, l’onorabilità e la rispettabilità della mia persona, quindi in tal senso ritiro la richiesta fatta sulla base dell’art. 54 di istituire una commissione per valutare i fatti sulla base dei quali ritenevo essere lesa la mia onorabilità.
Voglio fare una precisazione. Io non ho sviluppato nessuna azione giudiziaria nei confronti di alcuno dei soggetti coinvolti in questa vicenda, ho semplicemente riferito alla procura della Repubblica fatti e circostanze attinenti alla vicenda in oggetto e riguardanti l’insieme dei soggetti coinvolti, quindi non c’è stata un’azione giudiziaria da parte mia.

PRESIDENTE. Anche questa presidenza ringrazia i colleghi Andrea Ricci e Franca Romagnoli per il chiarimento intervenuto, togliendola anche da una situazione di grave imbarazzo e dando la giusta interpretazione politica — come è giusto — alle dichiarazioni e agli interventi resi in aula.
Ha la parola, per le conclusioni, il Presidente D’Ambrosio.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Intervenire alla fine di questo dibattito non è difficile, ma mi costringe a mettere in fila banalità, ovvietà e cose che sono scontate, però lo faccio tranquillamente.
Diceva la collega Romagnoli “perché il Presidente non è andato lui direttamente a denunciare i fatti al magistrato?”. Quali fatti, Romagnoli? Ricci mi ha esposto qualche cosa di molto vago sulla base non di fatti ma di notizie che aveva avuto, quindi il discorso è molto semplice e mi meraviglia che la sua cultura garantista non la assista in questo: non si va a riferire fatti di quarta mano, io non l’ho mai fatto. Si va quando si ha notizia precisa e se uno ha notizia precisa valuta la fondatezza delle notizie e poi fa questo.
Altri punti. Si vede che questa mattina la mia comunicazione non è stata ascoltata, o meglio diciamo che è stata ascoltata da chi già sapeva quello che doveva dire e quindi non aveva alcun interesse a prendere nota di quello che io dicevo. Pregherei i colleghi consiglieri di tener conto delle date. La nota è del 10 giugno, il giorno successivo io mando — e ho allegato tutti gli atti in mio possesso — al dirigente del servizio, cosa che devo fare, la documentazione. Perché questo? Perché la mia cultura professionale mi insegna che quando c’è un’accusa, da qualunque persona provenga, per qualunque fatto provenga vada accertata la fondatezza, non perché ci sia sfiducia, semplicemente perché vanno approfonditi i fatti e vanno valutati, ma soprattutto va salvato il diritto, in generale chiamiamolo del contraddittorio. In fondo io che cosa chiedevo al dirigente? Chiedevo di accertare non i fatti ma la fondatezza di una indicazione specifica — perché la lettera dell’assessore Cecchini al dirigente Sunzini e al direttore del dipartimento Costa era rivolta a me per conoscenza — che si concludeva così: “gli elementi per risolvere in autotutela il contratto ci sono tutti. Spero nell’interesse dell’Amministrazione che voglia far prevalere il buon senso”. Il buon senso può prevalere nei suoi interlocutori, in me non doveva prevalere il buon senso, doveva prevalere innanzitutto la necessità di accertare se esistevano i presupposti per revocare, come autotutela, questo atto, sulla base di quello che era stato indicato.
Ho chiesto questo parere l’11, poi sono stato due giorni a Roma per impegni istituzionali, ho accelerato questa cosa e appena ritornato, il giorno 14 ho avuto sul tavolo il parere, il quale parere, non ricordo chi l’ha detto... Perché la verità è che il gruppo di Alleanza nazionale è molto agguerrito: quando parlate voi io devo sempre difendermi dalla tentazione di accettare di scendere sul terreno vecchio, perché qui siamo in politica, quindi non è un discorso di requisitorie ecc. Io non scendo nella valutazione mia dell’atto, perché di questo non si tratta, in questo è stato molto corretto Novelli: il fatto che io sia magistrato in aspettativa è del tutto incidentale e accidentale, qui ci poteva essere qualunque soggetto, ci poteva essere un ingegnere, oppure poteva esserci semplicemente un perito chimico o persona che sapesse leggere e scrivere perché è sufficiente ciò.
Non è questo il discorso, io non valuto, quando mi si chiede di valutare un decreto dirigenziale, lo faccio valutare, poi ne parlo, ovviamente, ed è chiaro, perché anch’io leggo che sulla base di quello che era stato mandato il parere mi dice “non ci sono gli estremi per la revoca, ci sono alcune necessarie integrazioni da fare”, perché alcune ipotesi del contratto sono ambigue, quindi in quanto tali vanno chiarite, tanto è vero che questo si sta facendo e io ne ho dato atto. Questi sono i dati.
Il discorso del futuro, quindi della ulteriore prosecuzione parte da un presupposto. Io non ho detto, non mi sono mai sognato di dire che è finito tutto qui. Questo è il primo spezzone di procedimento che è dovuto all’urgenza di accertare se ci fossero degli elementi tali da revocare il decreto. Mi si dice di no, ma non significa che non si potrà arrivarvi, tanto è vero che è stato corretto per strada il contratto, tanto è vero che, proprio per evitare dubbi sull’imparzialità dell’Amministrazione ho invitato il dirigente del dipartimento a proseguire lui, come responsabile del procedimento, la cosa. Non significa ritenere Sunzini colpevole o innocente, perché non è questo l’elemento. Ma nel momento in cui si è acceso questo tipo di conflitto, è un conflitto che non può e non deve — ed è mio dovere impedirlo — intaccare la credibilità e quindi il dovere di imparzialità dell’Amministrazione. E il dirigente del dipartimento assume lui la veste di responsabile del procedimento. Questo è l’altro passaggio importante.
Successivamente è chiaro che si farà un ulteriore, più approfondito accertamento, con maggiore tranquillità, per vedere tutto ciò che forse non è corretto proceduralmente, forse non è corretto dal punto di vista della legittimità, forse è corretto sotto il secondo profilo e non è corretto sotto il primo, non lo so, ma nel parere c’è scritto, alla fine, che sul resto l’ufficio legale darà ulteriori pareri, e i consiglieri possono essere tranquilli: quando avrò il parere dell’ufficio legale lo porrò a disposizione, non ci sono problemi.
Vorrei far notare un’altra cosa. Proprio perché si tratta di una vicenda non piacevole io ho fornito ai consiglieri regionale tutto il materiale che era in mio possesso e ho terminato la mia dichiarazione di oggi dicendo “il resto sono notizie di giornale”, quindi che cosa il consigliere Ricci abbia detto al procuratore della Repubblica di Ancona o a chi per lui lo ha ascoltato io l’ho letto sul giornale. A parte che non ha valutato a priori su questo tipo di problema che è quello di vedere la correttezza di questo percorso che tipo di effetto può avere o può non avere, comunque le notizie che il consigliere Ricci ha detto io non le conoscevo. Il discorso della eventuale rilevanza penale: anche qui, dovessi pensare a me tenderei ad escluderlo, ma non sono io che deve valutare. Mi è stata totalmente eliminata l’opportunità di questo, perché l’assessore Cecchini nella lettera di dimissioni, che è in atti, mi dice “questa mattina ho consegnato la mia nota — quella del 10 giugno — alla magistratura”. Era quindi inutile che l’avessi mandata anche io, sarebbe stato abbastanza ridicolo. Questo per dire che noi stiamo cercando di capire, non come si è detto questa mattina, se è tornata l’epoca degli “affari” in Regione. Non è tornata l’epoca degli “affari” in Regione. Questo non significa che non possa accadere che in un angolino si depositi della polvere, significa solo che in quel caso dobbiamo lavorare perché gli aspirapolvere possano raggiungere tutti gli angoli.

Carlo CICCIOLI. Presidente, qui c’è tanta polvere sparsa...

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Ciccioli, io gradirei di poter proseguire ma va bene uguale, perché, battuta su battuta, anch’io ho visto prima una cosa simpatica. Durante il “question-time” alla Camera ho visto il capogruppo del suo partito che chiedeva di trasformare un’interrogazione in interrogazione urgente sull’azione svolta o non svolta dal Governo in ambito di tutela delle ragioni della nazionale italiana di calcio ai Mondiali. (Interruzioni). Tanto è vero che mettiamoci d’accordo: invece di continuare voi a chiedere mie dimissioni che non avrete, chiediamo insieme le dimissioni di Carraro e Trapattoni e forse le avremo.
Ma a prescindere da questo, che ho detto per sdrammatizzare, non siamo alla fine del mondo. E’ un caso sgradevole, spiacevole che sarebbe stato molto meglio che non accadesse, che però non è venuto alla luce perché all’improvviso qualcuno, da qualche parte, orecchiando dal buco della serratura ha detto “ecco qui!”. Di questo do atto al consigliere Andrea Ricci: lui è venuto a conoscenza di cose che ha ritenuto fossero sufficientemente pesanti da giustificare una sua segnalazione all’autorità giudiziaria e non si è posto il problema di chi andava a colpire o comunque a mettere nella lente dell’autorità giudiziaria. Era l’assessore del suo stesso partito o no? Questo credo che sia il dato politicamente significativo. Poi, altre cose le vedremo.
Ma sul serio qualcuno qua dentro pensa che io aspetto la commissione d’inchiesta? Venga o non venga fatta la commissione d’inchiesta, l’approfondimento degli atti è dovuto innanzitutto non a me stesso come persona ma a me stesso come autorità istituzionale. E’ un atto dovuto, questo. Il Consiglio potrà fare, deciderà nella sua assoluta sovranità se fare o non fare commissioni d’inchiesta su tutto, ma la correttezza dell’azione dell’Amministrazione è soprattutto un mio dovere e soprattutto è un mio profondo interesse politico, giuridico, morale, personale. Credo che questo sia talmente ovvio, che non c’è proprio bisogno di dirlo.
Vi prego di notare che non ho mai detto, non dirò mai e non ho scritto mai che assicuro la massima collaborazione all’autorità giudiziaria: questa è la frase tipica di chi non vuole collaborare con l’autorità giudiziaria. Io non ho bisogno di dirlo, non perché siamo colleghi, che è cosa stupida, ma semplicemente perché è nella mia abitudine.
Oggi ho sentito alcune cose qui, che esaminerò nel resoconto stenografico, e se riterrò che in queste cose ci siano denunce di possibili, fondate, affidabili ipotesi di reato non avrò nessun problema, non ho mai avuto problemi; ho sempre avuto problemi a innescare azioni giudiziarie strumentali, non l’ho mai fatto non ho mai querelato chi a suo tempo, quando ero al consiglio superiore ha scritto, mi ha accusato... Non ho mai fatto di queste cose. Una sola volta mi è capitato, ma perché chiamato in un’azione civile ho ovviamente fatto una “riconvenzionale”: mi era stato chiesto un miliardo di danni, ne ho chiesti due, ovviamente da devolvere alle vittime della criminalità organizzata e il procedimento civile è stato abbandonato da chi lo aveva iniziato contro di me e anche contro un quotidiano. Comunque non ci sono problemi da questo punto di vista, prego i colleghi consiglieri di ritenere che 28 anni di magistratura mi hanno reso sufficientemente attento a questi problemi da non avere bisogno di dirlo, da non avere bisogno di nessuna spinta per farlo, da non avere nessuna tentazione di riferire all’autorità giudiziaria pettegolezzi sperano che così si faccia la “guerra dei dossier”. La “guerra dei dossier” io non la faccio, io faccio cose più serie, io cerco di accertare se ci sono state irregolarità penalmente rilevanti o anche contabilmente rilevanti, non c’è problema.
La Corte dei conti sta facendo — lo fa a campione — un’indagine su tutte le consulenze che noi abbiamo fatto. Benissimo, stiamo ovviamente collaborando con la Corte. La Corte dei conti ha chiesto a noi di collaborare per accertare alcune irregolarità nel sistema sanitario marchigiano, non lo ha chiesto alla guardia di finanza. Perché lo ha chiesto a noi? Semplicemente perché, come è scritto un milione di volte nelle relazioni della Corte, sulla base di pregressi tipi di rapporti ritiene questa Amministrazione sufficientemente affidabile. Che poi ci sia un responsabile che abbia un certo tipo di qualifica professionale è del tutto indifferente, credo.
Il consigliere Giannotti è andato via: non potevo ricambiare la tenerezza con la tenerezza perché sarebbe eccessivo, però posso dire che avendo avuto due anni di coabitazione da “separati in casa” quando appartenevamo entrambi al gruppo misto, forse è rimasto un certo senso di amicale, occasionale contatto un po’ più marcato che altrove, quindi se io faccio tenerezza a lui ricordo che siamo stati insieme, quindi, come tutte le separazioni che si fanno civilmente, dopo i divorzi civili si mantengono poi dei rapporti decenti.
Consigliere Ceroni, lei può dire tutto, però non può parlare della ricostruzione. Sulla ricostruzione lei ha una password, lei ha un computer, lei ha la capacità o comunque qualcuno ce l’ha: su Tellus, che è il nostro sistema informatico, c’è tutto fino alla lira. E se vuole ulteriori notizie chieda al sindaco delegato dell’Anci per il terremoto che è il sindaco di Cingoli. Quindi consigliere Ceroni, quando lei dice queste cose afferma cose inesatte. Sul sistema Tellus lei può sapere tutto, dall’inizio alla fine della pratica: chi ha concesso i finanziamenti — che non sono nostri — chi ha fatto i progetti, quale esito hanno avuto i progetti. Può ricostruire tutto, basta che possa arrivare a un computer in cui qualcuno è in grado di digitare questo. Se ha qualche problema del genere me lo dica, lo faccio io.
A Novelli credo di avere risposto: c’è ancora da approfondire, non finisce qui. Il diritto-dovere della pubblica amministrazione di autotutela, di garanzia non finisce mai. Ogni volta che viene meno, anche a livello di semplice sospetto, scatta il dovere-potere di accertare, il dovere-potere di autotutela dell’Amministrazione, che è soprattutto autotutela del rispetto dell’art. 97 della Costituzione. Direi, come dicono gli avvocati all’inizio, “lo ricordo a me stesso”, invece no, lo ricordo a tutti: l’art. 97 della Costituzione impone alla pubblica amministrazione soprattutto l’imparzialità.
A Romagnoli mi pare di aver detto che io non riporto pettegolezzi ma riporto dati.
Castelli ha messo in luce un problema reale, ma non è un problema della Regione Marche, è un problema che si pone in questo momento in cui noi come “sistema Italia” stiamo cercando di capire come uscire da tutto quel terremoto che è nato con il “mariuolo”, cioè “Tangentopoli”, Mario Chiesa detto “il mariuolo” da Bettino Craxi. Il pendolo dell’organizzazione oscilla sempre tra uno strapotere politico e uno strapotere burocratico, perché ogni volta è difficile trovare un punto di mediazione. Il decreto 29 con le successive modifiche del 1993, sul quale appena eletto ebbi un lungo confronto pubblico con l’estensore prof. Sabino Cassese, era un tentativo che indubbiamente va perfezionato ulteriormente. Sono d’accordo con lei che bisogna stare attenti allo strapotere dei tecnici che a quel punto possono diventare loro i punti di snodo e quindi i punti oggetto degli scontri per gli equilibri politici, ma questo elemento non ci esime dal non percorrere vecchie strade. Tutto il potere ai politici? No, assolutamente. Tutto il potere ai dirigenti senza alcuna forma di controllo? Assolutamente. Abbiamo approvato una legge che imposta il problema, che dà alcune linee di garanzia, che prevede il nucleo di valutazione dei dirigenti che fra un po’ verrà nominato e che dovrà essere controllo dei dirigenti e dell’azione dei dirigenti. Questo è il modello che oggi noi stiamo cercando di far funzionare nella Regione Marche. Ci può essere qualche inconveniente? Certo, perché no? Non esistono sistemi che nascono perfetti, ci sono sistemi, specie quelli nuovi, che vanno sperimentati sul campo e poi ci si può pensare, si possono aggiustare, si possono modificare, si può arrivare a qualche cosa, vediamo. La legge che abbiamo appena approvato sta entrando a regime, non è ancora nemmeno entrata del tutto a regime.
Consigliere Cecchini, una sola cosa vorrei rispondere a lei, per il resto rispettando tutto: non si preoccupi, sulla scuola di talassemia abbiamo chiesto chiarimenti, vedremo. Questa Giunta ha perso con lei un elemento, ma non ha perso la capacità di fare quello che doveva fare, altrimenti sarebbe drammatico. Io non credo che lei l’abbia detto così, quindi volevo rassicurarla: noi controlliamo, noi siamo capaci, nei limiti, ovviamente, della possibilità che c’è di fare queste cose, ma siamo sufficientemente capaci.
La questione morale, oggi è nata per un caso, dopodiché possiamo anche dire che è la questione morale. Nessuno lo minimizza, nessuno lo banalizza, nessuno dice niente, è un caso. Vediamo, può essere un sintomo. Abbiamo la febbre, abbiamo delle gravi malattie in atto? Lo escludo. Questa Regione ha recuperato una sua credibilità anche sul campo della questione morale, ma l’ha recuperata fortemente e ha dovuto arrancare in salita fortemente. Qui dentro tutti lo sanno: ha dovuto arrancare ed è riuscita a recuperare. Questa Regione, oggi ha una sua credibilità nazionale, internazionale, europea che non è dovuta alla bacchetta magica del Presidente, sarei stupido se lo pensassi, è dovuta ad un lavoro fatto tutti insieme per cercare di recuperare quello, per mantenere e confinare il dissenso politico al campo della politica, non al campo del malaffare. Il campo del malaffare non c’è, c’è questo caso, andremo in fondo, vedremo per quello che riguarda noi. Non tocca a me dire se qualcuno — assessore, non assessore — ha commesso reati. A me tocca garantire che la credibilità di questa Amministrazione continui, senza guardare in faccia nessuno, perché la questione morale significa assumere le decisioni indipendentemente dal colore politico, indipendentemente dall’appartenenza, indipendentemente da tutto. Chi fa questo ha a cuore la questione morale, chi non fa questo non ha a cuore la questione morale, questo è il punto cardine. Il resto sono tutte polemiche politicamente comprensibili, non entusiasmanti, comunque non si può avere tutto. Non vorrei aggiungere altre cose ovvie, perché l’operato di questa Amministrazione su questo piano è molto attento e sarà ancora più attento a fare chiarezza nel suo insieme, nel suo interno, a guardarsi dentro.
Se per caso qualcuno di voi consiglieri richiede un atto e non lo riceve me lo segnali, perché è questo l’unico imperativo che, sia perché c’è scritto nello Statuto della Regione Marche, sia, e molto di più, perché ho a cuore il compito di controllo che il Consiglio e, all’interno del Consiglio la minoranza in particolare può e deve esercitare, che ho dato fin dall’inizio: i consiglieri chiedono e ai consiglieri va dato. Una o due volte l’abbiamo rifiutato e abbiamo secretato l’atto, nella scorsa legislatura, ma per questioni strettamente e temporalmente limitate perché ritenevamo che ci fosse anche da garantire il rispetto della legge sulla privacy. Ma se qualcuno di voi chiede un atto, qualunque esso sia, e non ce l’ha, fatemelo sapere: avrete l’atto immediatamente e chi non avesse dato l’atto avrà le conseguenze di questa sua cattiva, pessima interpretazione di un input che è stato sempre questo da parte mia.
Questo è il tipo di conclusione a cui volevo arrivare, perché nel momento in cui svolgo il mio compito istituzionale ritengo di essere investito dal dovere di garantire e tutelare tutta l’istituzione. Non che io sia il vostro tutore, sarebbe folle, ma nel senso che garantire l’esercizio dei diritti dei consiglieri è anche compito mio, anche fuori di qui. Per questo ho agito e continuerò ad agire nella massima richiesta di collaborazione. Se qualcosa non va, se qualcosa non funziona, benissimo: io cestino le denunce anonime ma accolgo tutte le segnalazioni di cose che non vanno, la qualificazione giuridica viene dopo ma anzitutto bisogna cercare di far andare le cose.
Questo è l’impegno che io ho preso dai marchigiani sette anni fa, che continuo a mantenere e che, ovviamente, mantengo, prendo e ribadisco anche con voi che siete stati eletti dai marchigiani come me.

PRESIDENTE. A conclusione di questa aggiornata avverto che entro questa sera sarà in rete la trascrizione integrale degli interventi della seduta di questa mattina ed entro domani mattina alle 9 sarà in rete il resoconto della seduta del pomeriggio.
Data l’ora tarda credo non sia opportuno proseguire con il punto che era previsto all’ordine del giorno della giornata di oggi, quindi tolgo la seduta.

La seduta termina alle 18,55