Resoconto seduta n. 96 del 03/07/2002
La seduta inizia alle 11,10


Approvazione verbali

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letti ed approvati, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, i processi verbali delle sedute nn. 94 e 95 del 12 giugno 2002.

(Sono approvati)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 128, in data 24 giugno 2002, ad iniziativa della Giunta: «Modificazioni alla legge regionale n. 34/1996 – Norme per le nomine e designazioni di spettanza della Regione», assegnata alla I Commissione in sede referente;
— n. 129, in data 27.06.2002, ad iniziativa della Giunta: «Approvazione del rendiconto generale dell’amministrazione per l’anno 2001», assegnata alla II commissione in sede referente;
— n.130, in data 28.06.2002, ad iniziativa della Giunta: «Modifica delle leggi regionali n.10/1999, sul riordino delle funzioni amministrative della Regione e degli enti locali e n.13/1999, sulla disciplina regionale della difesa del suolo», assegnata alla I commissione in sede referente.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 210, in data 21 giugno 2002 del consigliere Viventi: «Problemi della pesca»;
— n. 211, in data 21 giugno 2002 dei consiglieri Favia, Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Grandinetti e Trenta: «Predisposizione rendiconto esercizio 2001»;
— n. 212, in data 26 giugno 2002 dei consiglieri Silenzi, Mollaroli, Amati, Luchetti, Amagliani, Procaccini Moruzzi e Rocchi «Tutela dei beni culturali»;
— n. 213, in data 28 giugno 2002 dei consiglieri Avenali, Ascoli, Cesaroni, Gasperi, Moruzzi, Procaccini e Tontini: «Indirizzi alla Giunta regionale per la corretta attuazione della l.r. 20 giugno 1997, n.35 – Provvedimenti per lo sviluppo economico, la tutela e la valorizzazione del territorio montano e modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1995, n.12».



Promulgazione legge regionale

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato la legge regionale n.9, in data 18 giugno 2002, concernente: «Attività regionali per la promozione dei diritti umani, della cultura di pace, della cooperazione allo sviluppo e della solidarietà internazionale».



Nomine

PRESIDENTE. Con decreto n. 81 ho provveduto alla seguente nomina: “Istituto Zooprofilattico sperimentale dell’Umbria e delle Marche – elezione di n. 2 rappresentanti della Regione nel consiglio di amministrazione”.



Deliberazioni trasmesse dalla Giunta

PRESIDENTE. La Giunta regionale ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
— n. 1065, in data 11 giugno 2002, concernente: «Art. 27 della L.R. n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi per la protezione delle foreste contro gli incendi – programma Italia anno 2001 – reg. CEE n. 2158/92 (Euro 57.315)»;
— n. 1066, in data 11 giugno 2002, concernente: «Art. 27 della L.R. n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato e dalla Unione Europea per la realizzazione del programma comunitario azioni innovative FESR 2000-2006 (Euro 4.488.400,00)»;
— n. 1067, in data 11 giugno 2002, concernente: «Art. 27 della L.R. n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dallo Stato per la realizzazione di interventi in favore dei soggetti con handicap grave privi dell’assistenza dei familiari – art. 81 L. 388/2000 e iscrizione delle relative spese (Euro 1.541.273,39)»;
— n. 1068, in data 11 giugno 2002, concernente: «Art. 27 della L.R. n. 7/2002 – iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti da assegnazione statali a titolo di fondo nazionale ordinario per gli investimenti delle comunità montane per l’anno 2002 (Euro 356.989,31)»;
— n. 1125, in data 18 giugno 2002, concernente: «L.R. n.7/2002, art. 27 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2002 di entrate derivanti dall’assegnazione di fondi dello Stato per l’erogazione dell’indennità di abbattimento animali e delle relative spese - L.218/98 (Euro 432.088,50)».





Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale sullo stato della sicurezza nelle Marche
Proposte di legge (Discussione):
«Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità» Giunta (113)
«Interventi regionali in materia di sicurezza» Giannotti, Brini, Ceroni, Cesaroni, Favia, Grandinetti e Trenta (44)
«Diritto alla sicurezza dei cittadini» Silenzi, Avenali, Mollaroli, Tontini e Franceschetti (94)
«Interventi regionali per la legalità e la sicurezza dei cittadini a sostegno dell'azione statale di difesa dell'ordine pubblico. Costituzione osservatorio regionale sulla criminalità» Romagnoli, Castelli, Novelli, Gasperi, Ciccioli e Pistarelli (125)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la comunicazioni del Presidente della Giunta sullo stato della sicurezza nelle Marche e le proposte di legge n. 113 ad iniziativa della Giunta, n. 44 ad iniziativa dei consiglieri Giannotti ed altri, n. 94 ad iniziativa dei consiglieri Silenzi ed altri e n. 125 ad iniziativa dei consiglieri Romagnoli ed altri.
Ha la parola il Presidente della Giunta.

Vito D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Oggi affrontiamo un tema importante che in questo ultimissimo periodo ha avuto alcuni momenti di forte reviviscenza e di forte sottolineatura ed evidenziazione proprio nell'ambito dell'esperienza della nostra regione. Mi riferisco in particolare alle ultime due vicende, quella relativa al discorso della criminalità organizzata soprattutto di origine, di collegamento, di collocamento pugliese che girava attorno ad un traffico di videopoker e varie altre cose e l'altra centrata di più su movimenti romagnoli e dell'ascolano relativa ad ipotesi di riciclaggio di denaro attraverso compravendita di merce, soprattutto nell'ambito di criminalità organizzata di origine russa.
In vista di questo dibattito ho raccolto una ricca documentazione che poi distribuirò ai colleghi consiglieri, chiedendo in particolare alle quattro prefetture una relazione specifica su questo tema, con una sintesi della situazione nell'ambito delle quattro nostre province. Ho poi agli atti la relazione che il generale Zito, comandante della regione dei carabinieri, ha tenuto il 5 giugno alla festa dell'Arma, in cui c'è questo quadro generale complessivo. C'è poi un approfondimento di questa tematica svolto dal personale del mio gabinetto con il procuratore generale Angelucci e c'è anche un'intervista relativa a questi ultimi episodi del procuratore della repubblica di Ancona non in quanto tale ma in quanto procuratore responsabile della procura regionale distrettuale antimafia. Inoltre, due lettere da me inviate al ministro dell'interno il 27 febbraio 2002, al ministro della giustizia il 30 aprile 2002 rimaste finora senza risposta, che segnalavano, la prima la situazione strutturale del personale addetto a indagini e ordine pubblico, quindi il personale delle polizie che sul territorio regionale è sicuramente carente e l'altra al ministro della giustizia che segnalava l'inopportunità di procedere alla soppressione e accorpamento di alcuni tribunali in ambito regionale, voce ricorrente periodicamente, che in questo momento mi sembrerebbe particolarmente negativo che venissero accolte nell'ambito di una ristrutturazione che comunque pare si stia organizzando nell'ambito del Ministero della giustizia.
Fatte queste premesse vorrei portare una mia valutazione complessiva indicando poi gli elementi su cui si fonda. E' vero, come mi ha confermato ancora ieri il nuovo questore di Ancona che è venuto a trovarmi per la prima volta in visita di cortesia — questore che viene da Piacenza, il quale mi ha detto di avere letto, prima ancora di venire, i dati statistici dei reati commessi nell'ambito della provincia di Ancona — che per quasi tutti i titoli di reato la provincia di Ancona è agli ultimi posti nell'ambito di una classifica nazionale, salvo il trend relativo ai furti in appartamento che in questo momento sta seguendo l'andamento nazionale.
Per quanto riguarda specificamente la situazione non soltanto di Ancona ma delle Marche, faccio riferimento ai dati che avevamo raccolto ed elaborato anche sulla base dei dati ufficiali del Viminale, Ministero degli interni, nell'ambito della prima conferenza regionale sulla sicurezza e legalità fatta sei mesi fa, che indicavano sostanzialmente la situazione delle Marche come una situazione che aveva visto un incremento di alcuni tipi di reati, soprattutto reati contro il patrimonio, specie furti aggravati e rapine, che avevano segnato un tasso di incremento in linea o leggermente superiore a quello nazionale, partendo comunque dal dato 1995 particolarmente basso e quindi l'incremento aveva mantenuto la sostanziale situazione della nostra regione complessivamente fra gli ultimi posti in una graduatoria delle regioni italiane.
Avevamo visto anche — questo ritorna con una certa significatività in queste ultime due indagini, che sono l'operazione "Tela di ragno" del 10-11 giugno 2002 e l'operazione "Reclaim", che è invece successiva — un altro aspetto del fenomeno. E' questo l'aspetto su cui dobbiamo riflettere a fondo. Noi non siamo ancora in grado di dire con sicurezza se la situazione oggettiva, in cui non abbiamo presenti, come viene ampiamente confermato e ribadito dalle dichiarazioni ufficiali e anche dai dati ufficiali del procuratore antimafia dott. Luzi, dalla relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario del procuratore generale Angelucci, fenomeni significativi di criminalità organizzata nel territorio della nostra regione.
Che cosa questo significhi effettivamente non siamo però in grado di dirlo con assoluta certezza per due ragioni di fondo. La prima ragione è che è oggettivamente vero che tutti questi elementi e fenomeni non hanno origine nella nostra regione, hanno nella nostra regione dei momenti di inserimento, di collegamento, di utilizzo, ma vedono chiaramente il territorio regionale in posizione marginale. Abbiamo anche dei riscontri indiretti. Ad esempio, il bassissimo numero di estorsioni denunciate è un fenomeno che non va confuso con il bassissimo numero di reati di usura non denunciati, perché l'usura non denunciata è spesso un certo tipo di organizzazione di questo genere di reato. L'estorsione invece è vero che qualche volta non viene denunciata se c'è un timore, ma siccome, sostanzialmente, non abbiamo elementi che ci facciano pensare ad una rete di omertà o di timore che si sta diffondendo nella regione, possiamo prendere per buono il dato oggettivo di poche denunce per estorsione e i pochi casi di estorsione che abbiamo.
Questo però non significa che non ci sia il fenomeno e non significa che il fenomeno non sia territorialmente individuato e individuabile.
Dove sono i punti territorialmente più significativi? Quelli nei quali c'è maggiore circolazione di denaro, oppure una contiguità geografica con zone in cui il fenomeno esiste già ed è fortemente radicato. Nell'ambito del nostro territorio regionale, indubbiamente la parte che confina con la Romagna è a rischio più di altre e la parte intorno a Civitanova e nella zona calzaturiera è a rischio più di altre zone, per un dato semplicissimo e banalissimo: c'è una notevole circolazione di danaro.
Questo elemento — lo scarso numero di denunce per estorsione, di casi di estorsione, il fatto che comunque questi fenomeni di criminalità organizzata non nascono mai nella nostra regione, non vengono organizzati nella nostra regione, vedono il nostro territorio regionale come territorio marginalmente interessato — è un dato oggettivo che può farci ritenere che noi siamo ancora immuni da fenomeni di criminalità organizzata. I fenomeni di criminalità organizzata — questo è l'altro elemento che bilancia questa lettura che è quella più diffusa e che oggettivamente è la più fondata — sono fenomeni, ormai, non più soltanto di dimensioni nazionali ma di dimensioni transnazionali. E' molto difficile, statisticamente, che si diffondano a macchia di leopardo lasciando del tutto immune una regione intera del nostro Paese. Secondo elemento che ci deve far essere attenti a questo fenomeno è quello di una posizione di assoluto protagonismo nella conduzione delle indagini di reparti nazionali. Le indagini vengono cioè svolte, su questi fenomeni, con scarso interessamento e scarso coinvolgimento delle forze locali, territoriali di polizia e vengono governate soprattutto dalle organizzazioni centrali nazionali: lo SCO (servizio criminalità organizzata) per quanto riguarda la polizia di Stato; il ROS per quanto riguarda l'arma dei carabinieri. Queste ultime due indagini sono state sostanzialmente coordinate, pilotate, guidate da SCO e ROS con un interessamento soltanto marginale delle forze di polizia locale. Questo cosa significa, Significa soltanto che sulla base di elementi raccolti in ambito locale, territoriale, noi possiamo avere una visione parziale del fenomeno, mentre bisognerebbe invece avere una visione nazionale del fenomeno per capire dove ci sono i terminali e qual è il tipo di effetto che questo terminale può avere sul territorio regionale.
Faccio un esempio per comprenderci. E' certo, sulla base di una serie di indagini e di elementi, che il porto di Ancona è un punto di forte criticità in questo discorso, perché ci sono e ci sono stati, all'interno del traffico intensissimo del porto di Ancona, verso soprattutto le altre sponde dell'Adriatico, fenomeni notevoli di traffici illeciti, sia a livello di armi, sia a livello di stupefacenti, sia a livello anche, come ogni tanto la cronaca ci indica, di traffico di clandestini.
Però questo elemento che tutti segnalano, è accompagnato da un altro elemento, anche questo condiviso da tutti: sostanzialmente gli effetti di questi movimenti criminogeni non si verificano quasi mai sul territorio regionale. E' vero che ad Ancona sbarcano notevoli quantità di stupefacenti, è vero che c'è stato in passato e forse ci sarà ancora un certo traffico di armi, è probabilmente vero che ci saranno, non solo nel porto ma anche nel porto, flussi di immigrati clandestini, ma è altrettanto vero che sia le armi, sia la droga, sia gli immigrati clandestini non toccano, se non marginalmente, il territorio regionale, sono diretti ad altri territori nazionali, nelle regioni limitrofe. Questo è ormai accertato e sicuro.
Questi sono gli elementi sui quali sostanzialmente dovrebbe basarsi una nostra riflessione approfondita per capire anche la situazione dell'ordine e della civile convivenza e della cultura della legalità nell'ambito del nostro territorio regionale.
Sulla base di esperienze nostre del periodo del terrorismo, abbiamo avuto un fenomeno peculiare, che ricordo di avere seguito a suo tempo anche con alcuni riflessi professionali presenti, ma anche altri. Avevamo avuto, sostanzialmente, una provenienza dal territorio regionale di alcuni quadri terroristici importanti — un esempio per tutti, Peci — e invece abbiamo avuto una sostanziale salvaguardia del territorio regionale dai fenomeni terroristici, se non alcuni molto marginali ad Ancona e in poche altre zone. La ricostruzione successiva svolta sulla base delle indagini che interessarono tutta l'Italia indicò con precisione che in sostanza il territorio delle Marche era stato scelto come un territorio da lasciare tranquillo come possibile retrovia per i movimenti terroristici. In sostanza, venivano qui a sottrarsi alle ricerche, a recuperare un certo tipo di agibilità di movimento ecc. Questa era la situazione verso la metà degli anni '70. Non sappiamo se ci sia stata una scelta del genere anche in questo momento, anche se personalmente credo che, essendo ormai ampiamente globalizzata tutta la criminalità organizzata, mi sembrerebbe difficile che scegliessero soltanto il territorio di una regione come il territorio delle retrovie delle trincee di prima linea. Questo a livello di riflessione un po' dovuta alla lettura delle carte e un po' dovuta alla esperienza ultradecennale di professionalità esplicata in questo ambito, in questo terreno.
Per arrivare alla lettura oggettiva dei documenti, come i consiglieri potranno vedere dalla relazione delle quattro prefetture, il panorama che ne esce ci potrebbe far dire che noi siamo ancora sostanzialmente immuni e indenni da fenomeni preoccupanti. Tutte le quattro prefetture danno una lettura, sia pure con qualche segnalazione diversa, qualche indicazione specifica di peculiarità nell'ambito territoriale, abbastanza tranquillizzante, confortata anche dai documenti provenienti dall'autorità giudiziaria. La lettura tranquillizzante, paradossalmente, secondo me, almeno sulla base di indicazioni avute in scambi personali di opinioni con alti vertici, sia nell'ambito dell'arma dei carabinieri sia nell'ambito delle forze di polizia, che sostanzialmente accusano ricevuta — anche se formalmente nessuno ha risposto — della nostra segnalazione di una situazione comunque di sottodotazione di organico (questo è uscito in maniera lampante, numerica, oggettiva dai dati raccolti in occasione della conferenza regionale sulla sicurezza: si è visto che è diminuito il numero di addetti, quindi è aumentato il carico di lavoro), è l'osservazione che c'è sempre, da parte di alti vertici, sia dei carabinieri sia della polizia di Stato, che "comunque la situazione delle Marche è tale per cui non si ritiene che abbia bisogno di attenzione particolare perché è più tranquillizzante rispetto a quella di altre regioni italiane, di fronte a una situazione generale complessiva di sottodotazione di organico". Si sostiene quindi che, in quanto tale, la nostra è una priorità meno elevata delle priorità di altre regioni. Però, ripeto, a livello di colloqui personali ancora non abbiamo avuto risposta a queste lettere che farò distribuire.
L'ultimo elemento che segnalo con soddisfazione, almeno in questa fase, è l'avvio da parte nostra di un progetto — è la prima volta che capita, forse contemporaneo soltanto ad analogo progetto al confine russo-finnico — di azioni preparatorie per contrastare il traffico di sostanze stupefacenti alla Commissione europea. Proprio il 28 giugno 2002 ho mandato in triplice copia, in italiano e in inglese, la "Proposta di studio e sperimentazione di tecnologie avanzate per il contrasto al traffico di droghe sintetiche e precursori chimici", che abbiamo fatto e stiamo facendo in un partnerariato nazionale, regionale e anche privato. Lo facciamo coinvolgendo i tre porti di Ancona, Patrasso per la Grecia e Durazzo per l'Albania. All'interno di questo ci sono coinvolgimenti regionali, ma anche nazionali, specialmente a livello di polizia e richieste di investimenti per acquisto di attrezzature avanzate che possano collegare in tempo reale i posti di polizia, quindi un controllo di flusso di traffico di tutti gli elementi anomali che possano esserci in questi flussi, con in più alcune tecnologie avanzate, per esempio per la "scannerizzazione" dei Tir con apparecchi portatili che sono disponibili, oppure con collegamenti di apparecchi rilevatori di impronte digitali che possano scambiarsi dati in tempi reali e con una black-list di sostanze che sono non soltanto quelle stupefacenti ma anche le sostanze che ho saputo si chiamano "precursori chimici", quelle che sono innocue separatamente ma che, messe insieme danno origine a sostanze stupefacenti o ad effetti stupefacenti e psicotropi. Abbiamo quindi inviato questo progetto all'Ue, è una assoluta primizia e lo abbiamo fatto proprio perché sensibilizzati da un incrocio fra polizia di Stato (frontiera doganale) e i nostri uffici di Bruxelles. E' una indicazione significativa ed è un percorso che contiamo di continuare per avere risultati migliori di tutti.
Ovviamente non ho fatto numeri, perché verranno distribuiti. Credo di avere dato una fotografia abbastanza affidabile e completa della situazione attuale dell'ordine della cultura e della legalità nell'ambito del territorio della nostra regione che mi sembra possa essere la migliore introduzione ad una discussione sulle proposte di legge successive che ci faranno superare strumenti legislativi ormai ampiamente invecchiati e quindi arrivare alla fine di questa seduta, spero, all'approvazione di una proposta di legge che possa rilanciare un ruolo regionale in una materia importante come questa e che fra l'altro, paradossalmente, viene sentita, nonostante i dati oggettivi smentiscano elementi di allarme, sulla base di dati ormai unanimi che si rilevano da ricerche demoscopiche e sociologiche, come fattore di forte allarme, di forte ansia sociale anche nell'ambito della popolazione marchigiana.
Se dovessi riassumere in una frase, i marchigiani vivono in una situazione di legalità e di ordine pubblico generale e complessivo di cultura della legalità migliore di tante altre parti d'Italia, ma hanno lo stesso tipo di reazione ansiogena e preoccupata dei cittadini di quasi tutto il resto d'Italia. Questo è il dato su cui dobbiamo lavorare per cercare di capire come mantenere la situazione oggettiva e migliorare la situazione non solo soggettiva ma anche come interventi, come diffusione di dati di cultura, una cultura della legalità che ovviamente deve partire dalla scuola per andare a una sorta di percorso privilegiato e di educazione permanente.
Sono pronto a rispondere a eventuali richieste di ulteriori chiarimenti e approfondimenti, credo che questo possa essere sufficiente.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giuseppe Ricci, relatore di maggioranza.

Giuseppe RICCI. Presidente, colleghi, la relazione sulla proposta di legge in tema di sicurezza viene presentata in quest'aula incastonata all'interno del dibattito che il Presidente ha aperto con le sue comunicazioni sullo stato della sicurezza nelle Marche. Si è deciso di procedere a una discussione unitaria su un tema che è generale — quello della sicurezza nelle Marche introdotto dalla relazione del Presidente — e su un tema che è specifico, quello di una norma di legge che prevede il suo iter, il suo percorso e che oggi completa il suo percorso in quest'aula, proprio per evitare che, magari, trattandoli separatamente o in due sedute diverse, si potesse arrivare anche a una duplicazione degli interventi e quindi ad una valutazione che invece in qualche caso può essere integrata, rimessa ad una discussione unitaria.
Il problema della sicurezza è un problema reale, perché i cittadini marchigiani lo sentono, perché le nostre famiglie lo sentono, perché la comunità è preoccupata, anche se soprattutto per fenomeni di microcriminalità. La preoccupazione dei cittadini marchigiani è legata ai fenomeni di diffusione abbastanza significativa di furti, di sicurezza delle abitazioni. I piccoli fenomeni che in ogni caso ingenerano e determinano tensione, difficoltà nelle relazioni sociali, preoccupazioni nelle famiglie marchigiane. Esistono anche dei fenomeni diffusi a sistema, anche se in qualche modo riferibili ad aree che nel territorio regionale ne risentono maggiormente: parlo dei fenomeni che hanno delle punte preoccupanti ed hanno un significato, una rilevanza diversa anche rispetto a quelli della microcriminalità: la prostituzione, lo spaccio di droga che avvengono in modo particolare su alcune realtà della nostra regione.
Per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose giustamente il Presidente faceva riferimento non già a fenomeni riconducibili esclusivamente ad una presenza organizzata a livello nazionale quanto più a fenomeni di tipo internazionale, anche se a mio avviso queste presenze non sono legate ad una attività strutturale illecita nella nostra regione quanto, piuttosto, ad utilizzare il "sistema Marche", cioè il sistema diffuso che nelle Marche c'è in termini produttivi e quindi di presenza di aziende, proprio per reinvestire i proventi di attività illecite esterne alla regione stessa. Questo deve farci in qualche modo preoccupare — per un verso non determina una contaminazione del tessuto sociale marchigiano, ma per altro verso può rappresentare un timore, un pericolo nel momento in cui dovessero esserci investimenti forti di reati e di attività illecite provenienti anche da reinvestimenti di attività in altre regioni — perché a capo dell'organizzazione potrebbero esserci delle persone, dei soggetti funzionali ad un sistema che in qualche modo potrebbe sfuggire al controllo della nostra realtà.
Cercavo di spiegare che questa proposta di legge che discutiamo si incastona per il suo iter finale proprio all'interno della discussione sulla sicurezza delle Marche. La proposta di legge di sintesi che abbiamo elaborato in Commissione prende le mosse da quattro iniziative di legge, ma già leggendo i titoli delle quattro iniziative di legge si vede che lo spirito che le ha animate è diverso: ci sono due proposte di legge presentate rispettivamente dai gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale che prevedono un intervento diretto della Regione nel campo della pubblica sicurezza contro la criminalità — il taglio è già evidente nei titoli: "Interventi regionali per la legalità e per la sicurezza dei cittadini a sostegno dell'azione statale di difesa dell'ordine pubblico" — dando già un contenuto rispetto ad un'azione che si presume debba essere attiva, da parte della Regione, nel sistema complessivo della lotta alla criminalità e alla garanzia della pubblica sicurezza; c'è un'altra filosofia delle altre due proposte di legge, una di Giunta e l'altra del gruppo Ds che parla invece di "Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità". E' evidente che questo tipo di impostazione tende a discutere della sicurezza in senso lato, in senso generale, in senso ampio e vuole dare soprattutto una lettura in chiave integrata dei diversi fenomeni, sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista della capacità che i diversi soggetti, le istituzioni delegate al controllo della sicurezza pubblica — quindi le forze di polizia, quindi la magistratura per un verso — e le istituzioni delegate a rappresentare i cittadini — la Regione, gli enti locali — debbono avere per agire sinergicamente in settori che possono essere complementari.
L'obiettivo della proposta di legge che oggi presentiamo in aula è quindi quello di definire un raccordo e un coordinamento di tutti i soggetti istituzionali che hanno competenze complessivamente intese sulla materia della sicurezza.
C'è una parola che può in qualche modo sintetizzare il contenuto di questa proposta di legge, "integrazione". Con la legge che noi presentiamo si cerca di creare un'integrazione delle risorse, tentando di mettere in campo risorse che possono essere messe a disposizione dalle diverse realtà, quindi dall'Ue, dallo Stato, dalla Regione stessa e dagli enti locali. Poi c'è una integrazione degli interventi, regionali e degli enti locali nei diversi settori della sicurezza. Quando dico diversi settori della sicurezza, intendo oltre quella che normalmente noi intendiamo come sicurezza del cittadino, quindi come sicurezza anche pubblica e sociale; intendo anche sicurezza ambientale, alimentare, sui luoghi di lavoro. Non bisogna dimenticare che le Marche hanno un triste primato, quello delle cosiddette “morti bianche”, relative anche ad incidenti che capitano per mancanza di sicurezza negli ambienti di lavoro; l’integrazione fra le iniziative degli enti locali per la sicurezza sociale, con le iniziative di lotta alla criminalità di competenza degli organi statali; l’integrazione con il mondo della scuola, compresa l’università, per le iniziative di educazione alla legalità e per una adeguata promozione della cultura della legalità, soprattutto fra i giovani.
Quindi la legge ha volutamente rinviato il problema relativo alle funzioni di polizia locale, anche in attesa di una verifica dell’iter che la proposta di modifica costituzionale presentata dal ministro per le riforme istituzionali possa vedere o meno e in che forma e in che modo la sua definitiva approvazione da parte del Parlamento. Se questa proposta dovesse essere approvata, è evidente che il trasferimento completo delle competenze di polizia locale alle Regioni comporterebbe la necessità di rivisitare completamente la legge che abbiamo sulla polizia locale e in altro caso, qualora ciò non fosse e qualora le Regioni avessero un ruolo di coordinamento come hanno ora, avremmo comunque la necessità di rivedere la legge sulla organizzazione della polizia locale. In questo senso debbo ricordare che c’è una iniziativa di legge anche del gruppo dei Comunisti italiani, ma avrebbe un settore, una funzione diversa rispetto a quella che avrebbe un’ipotesi di competenza totale e diretta delle Regioni su questa materia.
Per declinare operativamente questa parola che io ho voluto individuare come parola chiave della proposta di legge, cioè “integrazione” alla base della proposta, si decide di intervenire con diverse misure, con diversi sostegni anche di natura finanziaria, che potendo sommare anche le risorse provenienti da diversi organi dello Stato, della Regione, dell’Unione europea ecc., possano produrre anche un effetto di moltiplicazione e ottimizzazione sugli esiti positivi dei vari interventi. In questo senso devono essere privilegiati i progetti che saranno presentati dagli enti locali singoli o associati, in raccordo con i soggetti sociali interessati, finalizzati a migliorare le condizioni di sicurezza. Spazio particolare va ai progetti innovativi e sperimentali che gli enti locali potranno proporre anche in attuazione dei protocolli d’intesa con le prefetture. Non dobbiamo dimenticare che molti enti locali hanno dei protocolli d’intesa anche per la sicurezza sociale e dei cittadini con le prefetture della nostra regione. Si dovranno promuovere intese e collaborazioni fra organi dello Stato, enti pubblici e università per uno scambio di conoscenze e informazioni sui fenomeni criminali, studiare iniziative da proporre per frenare l’impatto di questi fenomeni nel territorio regionale. Vanno effettuate iniziative volte alla formazione di specifiche professionalità e per l’aggiornamento del personale degli enti locali e della Regione e la Regione deve anche collaborare con la scuola, con l’università marchigiana per favorire lo sviluppo della coscienza civile e democratica, far conoscere, rispettare le diversità per educare alla legalità, alla lotta alla mafia, alla criminalità organizzata, ai fenomeni di devianza sociale, per rendere coscienti e consapevoli i cittadini e per comunicare più sicurezza alle famiglie marchigiane.
Ho esordito dicendo che c’è questa sete di sicurezza, questa attesa, questa preoccupazione che anche un sistema di comunicazione adeguato è quello che favorisce una tranquillità delle famiglie. Voglio ricordare che nell’ambito della conferenza regionale che si è tenuta per iniziativa della Giunta, una delle sessioni di lavoro è stata proprio quella del comunicare, cioè il rapporto tra il concetto di sicurezza e l’azione che può essere svolta dai media. La capacità di saper comunicare la reale entità dei fenomeni, non amplificare con titoli, con notizie che possano essere in qualche modo esasperati rispetto alla realtà dei fatti, quel senso di insicurezza e di timore da parte dei cittadini. Come pure la legge prevede una serie di interventi, di sostegni e di finanziamento a coloro che sono stati vittime della criminalità.
Per formulare indirizzi agli enti locali ai fini della predisposizione dei progetti previsti dalla legge, per coordinare le intese fra enti locali e istituzioni statali, per coordinare le iniziative tra i vari soggetti istituzionali e sociali per una tempestiva analisi dei fenomeni di devianza sociale e di illegalità, per elaborare studi e ricerche da presentare alla conferenza annuale sulla sicurezza, facendo seguito all’iniziativa già assunta dal Presidente della Giunta regionale, la legge prevede l’istituzione dell’osservatorio per le politiche integrate di sicurezza.
L’osservatorio è composto da due organi: un comitato di indirizzo che è presieduto dal Presidente della Regione e vede tra gli altri componenti una rappresentanza del Consiglio regionale, i prefetti, i rappresentanti della magistratura, i sindaci, i presidenti delle Province, i rappresentanti delle organizzazioni produttive e delle parti sociali, i rappresentanti della scuola. A fianco di questo organo che ha una funzione di indirizzo c’è un altro organo che è invece un comitato scientifico costituito da esperti esterni all’amministrazione regionale, che hanno una specifica preparazione nel campo delle politiche integrate di sicurezza e di prevenzione all’illegalità.
Non è prevista — questa è una delle critiche avanzate da parte dei colleghi del Polo — un’articolazione della rappresentanza delle forze di polizia nell’osservatorio, perché l’osservatorio non ha una funzione operativa, attiva, di proposta rispetto a delle azioni che debbono essere effettivamente svolte, ma ha una funzione meramente conoscitiva e di indirizzo, quindi in tal senso la rappresentanza dei vari organi di sicurezza pubblica è esercitata dal prefetto che è l’autorità provinciale che riassume in sé queste competenze.
Cosa diversa è e sarà, come si ipotizza, come si sta discutendo all’interno della Conferenza Stato-Regioni, se si dovrà istituire un organismo operativo in termini di sicurezza pubblica, che nulla ha a che vedere con un osservatorio, quindi non avrà funzioni esclusive di indirizzo ma avrà competenze vere in termini operativi. In questo caso, se sarà istituito con legge dello Stato il comitato regionale della sicurezza, al pari dei comitati provinciali che già oggi esistono, è chiaro che la funzione dovrà essere completamente diversa, ed è quella già codificata per i comitati provinciali e che attribuisce loro poteri propositivi, anche decisionali, nel settore della sicurezza pubblica e della lotta alla criminalità.
La legge prevede altresì un ruolo attivo dell’Assemblea regionale, di questo Consiglio che ogni anno esaminerà una relazione presentata dal presidente della Giunta sulla base delle indicazioni, dei suggerimenti, delle elaborazioni che verranno dall’osservatorio regionale e dalle risultanze della conferenza annuale sullo stato della sicurezza nelle Marche, quindi il Consiglio regionale, discutendo la relazione del Presidente indicherà le priorità di intervento in attuazione della presente legge, da attivare nell’anno successivo e conseguentemente definirà i criteri e le priorità per il finanziamento dei progetti che saranno presentati dagli enti locali.
La legge conferma infine la partecipazione della Regione al Forum europeo per la sicurezza urbana, un’associazione internazionale con sede a Parigi costituita fra Comuni, Province e Regioni d’Europa. In questo senso c’è anche una ulteriore codificazione, istituzionalizzazione della presenza della Regione Marche in un organismo internazionale anche ai fini di uno studio dei fenomeni così come essi possono presentarsi nelle diverse Regioni d’Europa che ormai possono essere considerate un unico Paese.
In conclusione possiamo affermare che, a Costituzione vigente, la Regione si propone come soggetto in grado di far dialogare i diversi attori istituzionali e sociali per una politica mirata alla sicurezza in senso lato: sicurezza pubblica, sicurezza sociale, sicurezza ambientale e dei luoghi di lavoro; per un’azione di raccordo con gli organi dello Stato deputati a garantire la sicurezza pubblica; per la lotta alla criminalità diffusa e organizzata; per una forte iniziativa di educazione alla legalità tendente anche ad emarginare fenomeni di devianza ed infiltrazioni malavitose.
Questa è la sintesi della proposta di legge. Su questa proposta e sulle motivazioni che la sostengono e che ho cercato di esporre nella mia relazione si chiede il voto favorevole dell’aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli, relatore di minoranza.

Franca ROMAGNOLI. Ci troviamo a discutere di sicurezza, l’abbiamo già fatto alla conferenza regionale del novembre scorso. Noi di Alleanza nazionale avremmo voluto farlo in maniera unitaria e poter approdare a un voto unanime di una proposta di legge che fosse stata davvero la sintesi di tutte quelle presentate. Proposta che abbiamo presentato non per dovere di firma ma proprio perché ci siamo resi conti — mi sono resa conto io in particolare, in prima Commissione — della profonda inadeguatezza, inefficacia e scarsa operatività di quella presentata dalla Giunta che comunque diventava ed è diventata poi il testo base che oggi andiamo a votare.
Per questo abbiamo inserito, pensando di poter operare una sintesi, il nostro porto con la nostra proposta di legge regionale: non è stato possibile perché abbiamo registrato in prima Commissione una forte differenza di impostazione tra le più proposte di legge, ma in particolare tra quelle della Casa delle libertà e quelle della maggioranza.
Dico subito, a scanso di equivoci, che le differenze sono nell’individuazione soprattutto di mezzi, di progetti finanziabili, di spirito operativo. Abbiamo detto che la nostra è una legge che va a produrre, non solo promuovere — considerando entrambe le fasi importanti, ma una preliminare all’altra — sicurezza, mentre riteniamo che la proposta della Giunta appartenga ad una fase ancora importante ma da superare, perlomeno da superare date l’emergenza e la trasformazione della criminalità che nelle Marche si stanno verificando.
Al di là di questo e al di là del fatto che abbiamo inserito, anche in maniera massiccia, la previsione di forze dell’ordine nell’osservatorio, abbiamo individuato le maggiori emergenze criminali e su queste finalizzato i progetti quali la droga e la prostituzione, pur essendo un’impostazione interventista, non risponde però ad un concetto di sicurezza “forcaiola”. Mi piace chiarirlo, perché probabilmente sul concetto di sicurezza mi auguro che tutti concordiamo, ma debbo dire qual è quello di Alleanza nazionale. Per noi la sicurezza è uno status, una condizione che deve garantire, consentire la realizzazione di diritti e doveri, la tutela e la realizzazione di beni giuridici individuati dall’ordinamento in un sistema di regole che deve essere comunque condiviso e dal quale il concetto di sicurezza non può naturalmente prescindere. A scanso di equivoci ribadisco che non abbiamo un concetto di sicurezza pubblica come valore assoluto. Dico assoluto intendono absolutus, “sciolto da tutto”? No, la sicurezza non può prescindere, ci piace ribadirlo, dalla legalità. La legalità è il sistema delle regole, la sicurezza deve far sì che proprio attraverso la realizzazione delle sue condizioni questo sistema delle regole venga rispettato. Sicurezza non significa quindi comprimere in maniera arbitraria determinati beni giuridici, diritti e doveri già individuati e dai quali non si può prescindere.
Dico questo perché se così fosse, se così fosse stato possibile, probabilmente dopo l’11 settembre tutte le nazioni sedute al tavolo con l’America a capo di questa grande concertazione internazionale, avrebbero individuato dei correttivi per far sì che quello che si è verificato con le Torri non si verificasse più. Così non è stato possibile, abbiamo dovuto constatare che per quanto a rischio, per quanto grave, per quanto pericoloso sia il momento, la sicurezza non può prevalere su altre libertà, la sicurezza non può far sì che, dato che è successo quello che è successo, si cancellassero i voli o si perquisisse tutto il mondo. Perché ci sono dei valori giuridici che anche su questo debbono prevalere. Ecco quindi il contrasto, o meglio la difficile sintesi tra sicurezza e legalità, ma solo nella sintesi riusciremo a creare sicurezza e a non creare Stati di polizia. Solo in questo riusciremo a far sì che la sicurezza sia una “condizione per” e non un fine. La sicurezza non è un fine, è una condizione per consentire la realizzazione e il pieno apprezzamento dei beni giuridici che l’ordinamento ci sottopone.
Altra cosa che mi piace precisare è che per Alleanza nazionale la sicurezza non può prescindere dalla solidarietà. Non si può parlare di sicurezza in termini di contrapposizione uno contro l’altro. Non può essere inteso come concetto individualistico, anche se a questo si è portati, perché naturalmente la sicurezza è un concetto egoistico: “sicuro io, sicuri tutti”. Non è così: occorre chiarire che non si può facilitare, fomentare l’un contro l’altro armati “per difendermi”, gli altri sono tutti avversari. Non è così. Tanto meno “io contro la comunità”. Tanto meno “io contro la comunità che si allarga: più la comunità si allarga, più la sicurezza è minata”. E’ così teoricamente, ma coniugando anche lo spirito di solidarietà e di tolleranza bisogna far sì che la sicurezza derivi da una cultura, la cultura della solidarietà. Possono esistere società solidali che siano anche società sicure, e noi a questo crediamo fermamente. Come possono esistere società estremamente non solidali e altrettanto non sicure, perché non è dal conflitto, non è dalla cultura della pura e semplice repressione che può scaturire un concetto duraturo, vero, serio di sicurezza.
Quando parlo di sistema di regole non parlo infatti di sistema di regole esclusivamente repressive o penali, parlo proprio di sistema di regole condiviso, sociali, dell’intera comunità da cui deve necessariamente scaturire un senso vero di sicurezza. Questo è il terreno e questo deporrebbe a favore dello spirito, parzialmente raggiunto, della proposta di legge della Giunta regionale; quando cioè si parla di integrazione, quando si parla di cultura alla sicurezza, quando si parla di educazione alla sicurezza. Questo riteniamo che debba essere un presupposto, che debba essere una premessa dalla quale però la Regione doveva partire ma non poteva lì fermarsi. Questa vostra proposta di legge si è lì fermata: una fase che non è più efficace, rispondente alle domande sempre più incalzanti, sempre più insidiose della criminalità e della nostra regione che, così come il prof. Ilvo Diamanti ci ha chiarito, non è più l’”isola felice”.
Sicurezza in questo senso ha un duplice significato: è quello che ognuno di noi percepisce come senso di sicurezza appunto, quindi la percezione del pericolo; è anche però, non possiamo tacerlo, una serie di dati obiettivi, è anche una serie di parametri da cui non possiamo prescindere, perché una valutazione oggettiva dello stato di sicurezza nelle Marche bisogna farla e bisognava con questa legge favorirla. La fase della conoscenza, che a nostro avviso non può prescindere dall’osservazione del territorio, quindi dalla ricerca per poter agire individuando e individuare azioni positive qui manca. Né può assolverla — lo dico dispiaciuta — un osservatorio regionale sulla criminalità che non prevede massicciamente, in maniera preponderante la presenza delle forze dell’ordine così come noi ci siamo permessi invece di individuare nella nostra legge e soprattutto ci siamo permessi di emendare la vostra legge con emendamenti di questo tipo.
C’è una serie di dati obiettivi, parzialmente riferiti dal Presidente D’Ambrosio, che però danno un’immagine parziale della situazione. Noi siamo in possesso, come sicuramente la Giunta, di dati aggiornati al giugno 2002 del Ministero degli interni riferiti alle Marche. Su questi l’inadeguatezza di questa legge è a mio avviso ancor più eclatante, ancor più evidente.
E’ vero che ci sono dei fenomeni malavitosi in calo; è vero, se andiamo a leggere bene, che ci sono nel primo semestre 2002 minori arresti per reati piccoli, minori furti, minori denunce di clandestinità, un numero inferiore di segnalazioni o arresti per reati minori. E’ però vero che questa relazione pone l’accento in maniera davvero preoccupante, se non drammatica, su una trasformazione che la malavita nelle Marche sta purtroppo subendo. Qui non è soltanto il discorso della sicurezza che non facilita lo sviluppo, che frana l’economia, che rende insicuro il singolo cittadino. Qui parliamo di una trasformazione dalla microcriminalità ad una sempre più massiccia — non ancora numericamente, ma già la presenza di vari gruppi in questo senso è preoccupante — di malavita organizzata.
Leggo in questa relazione che il problema della mafia russa che è vero parte dal 1993 ma ha trovato l’apice nell’operazione “Tela di ragno” di due mesi fa, ha individuato non solo come zona di passaggio ma proprio come zona di consumazione le Marche per queste organizzazioni mafiose russe. La cosa non può non preoccupare. Come non si può nascondere — e, ripeto, leggo alla lettera quello che figura in questo rapporto — che “la regione ha un rilevante profilo criminogeno, in quanto geograficamente snodo delle principali direttrici del traffico illegale, gode di attrattività criminogena per il diffuso benessere, ha sperimentato la presenza fisica di gruppi criminali dell’area di origine — Schiavone, Casalesi, Cirillo ecc. — ma soprattutto (sottolineato e riquadrato) particolare attenzione viene rivolta alla presenza di cittadini russi” proprio per questa evoluzione che poi c’è stata negativamente nella mafia russa.
Non possiamo non leggere un dato riguardo, ad esempio, l’attività antidroga: nel primo semestre 2002 sono diminuiti gli arresti e le segnalazioni dei singoli piccoli spacciatori o, spesso, tossicodipendenti che cascano nelle maglie della giustizia. Dato positivo rispetto il primo semestre del 2002; dato allarmante se proseguiamo la lettura e vediamo che, sempre nel primo semestre 2002, sono stati sequestrati 770 chili di droga a fronte dei 55 del medesimo periodo del semestre 2001”. Qual è allora la considerazione che dobbiamo fare? Diminuiscono del 40% i segnalati e gli arrestati, aumenta a 770 chili, rispetto ai 50 chili del 2001 il quantitativo di stupefacenti. Non può sfuggire che ci troviamo di fronte ad una malavita organizzata per lo spaccio, quindi non si prende più il singolo con il grammo e mezzo, che comunque va in carcere e costituisce numero per i dati degli arrestati, ma si prendono centinaia di chili di “roba” e centinaia di chili di “roba” è più pericoloso se si prendono in mano a 2-3 che 50, 100, 200 casi di tossici o di piccoli spacciatori, perché vuol dire che qui comincia il grande spaccio. Non possiamo dire, allora, che c’è una parziale diminuzione, che i dati non sono allarmanti, sono ancora confortanti: ci troviamo di fronte ad un’emergenza perché stiamo registrando — è il Ministero dell’interno che ce lo dice — una trasformazione della malavita marchigiana. Non più malavita di piccola criminalità, episodi, quindi distaccati, divisi, sporadici, ma sempre più massiccia per la prostituzione, per la tratta dei clandestini che vedono il porto di Ancona, lo sbarco. Nel rapporto del Ministero degli interni si individuano, proprio come snodo della prostituzione, quindi della tratta delle minori e delle prostitute, soprattutto di origine slava, le quattro aree che sono tutte della mia zona: via Fratte, Cascinare, Bonifica e Lido Tre Archi. Quattro zone individuabilissime.
Vengo allora a confermare l’inadeguatezza della vostra legge, perché da questa fase educativa, conoscitiva, riepilogativa del “discorso sicurezza” si deve passare ad un’altra, che è quella operativa legata ad un altro connubio: prevenzione-sicurezza da cui non si può prescindere.
Non è impossibile, non è neanche vietato o “forcaiolo” individuare le zone di maggior virulenza criminale. Non è impossibile nelle Marche, dato che sono così evidenti e così concentrate in un quadrilatero di 3, 4, 10 chilometri quadrati. E’ vergognoso non vederlo. Proprio per questa situazione particolare è facilissimo individuare le zone. E allora, come noi facciamo nei nostri emendamenti, occorre individuare, privilegiare, dare priorità a quei progetti che gli enti locali nell’integrazione, nella collaborazione, nella concertazione — tutto quello che volete — vanno a fare in quelle zone, a bonificare in quelle zone di maggior degrado, in quelle zone dove non c’è luce, in quelle zone dalle quali la gente va via, in quelle zone che si spopolano. Lì gli enti locali intervengono spesso — lo dico parlando di un sindaco che non è di centro-destra — il sindaco di Porto Sant’Elpidio Petrini si sta inventando le telecamere per via Fratte. Se funzionerà — vedremo se andrà a ledere altri diritti o la privacy di qualcuno — è un progetto da finanziare prioritariamente. Non possiamo far finta che tutte le Marche siano un territorio uguale, che tutte le Marche abbiano la stessa scarsa o meno scarsa emergenza: ci sono zone con emergenze diverse. Allora, una legge sulla sicurezza che non interviene su questo, una legge sulla sicurezza che esclude in maniera ideologica le forze dell’ordine dai comitati, dagli osservatori che essa stessa prevede, vorrei sapere che tipo di efficacia può avere. Noi non abbiamo voluto militarizzare la legge, però abbiamo voluto mettere questore, comandante dell’arma, polizia, forestale, tutti quanti nell’osservatorio, perché i dati chi che li fornisce se non ce li danno il questore, il comandate, i carabinieri? Non è per favorire o per militarizzare la legge, è per far sì che l’osservatorio funzioni, è per non dimenticarci che dalla conoscenza e dalla mappatura — una mappatura seria — può venire la ricerca, può venire l’azione, può venire quella seconda fase operativa che a questa legge manca. Mi permetto anche di dire che nella cultura che volete promuovere, che è cultura di pace prima, di solidarietà, di educazione alla sicurezza oggi, mettiamoci anche quello che noi riteniamo fondamentale: una cultura di non delegittimazione delle forze dell’ordine. Anche questo noi abbiamo voluto fare, individuandole come collaboratori di eccellenza, primari, prioritari in questa legge. Abbiamo voluto, a differenza di quanto avviene a Napoli e in molte altre parti d’Italia, esprimere il nostro apprezzamento, il nostro rispetto per chi primariamente può darci un aiuto, per chi primariamente è impegnato nella lotta alla criminalità, ripeto le forze dell’ordine.
Per quanto riguarda la singola analisi fatta dal Vicepresidente Ricci, ci riserviamo di farla in sede di emendamenti, perché la nostra legge abbiamo cercato di far sì che venga recepita come emendamenti nella vostra proposta di legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. La richiesta che i Comunisti italiani avevano fatto di riunire il Consiglio regionale per discutere dei problemi della sicurezza intesa come filiera di diritti, di convivenza civile e democratica e non già come esclusiva lotta alla malavita organizzata e soprattutto non già intesa come lotta agli immigrati o per istituire ulteriori ed improbabili vigilantes privati, ha preso le mosse dagli arresti di oltre 60 persone avvenuti nella nostra regione il 20 maggio di quest’anno per presunte infiltrazioni della vita organizzata. Con ciò non si vuol certamente creare un allarmismo ingiustificato rispetto al complesso della sostanziale sicurezza delle Marche, ma dare un giusto allarme nei confronti di un fenomeno che, come diceva il Presidente D’Ambrosio, non deve essere mai sottovalutato.
Si debbono esplorare le cause, quei ventri molli che si manifestano anche nella nostra regione. Gli enti locali debbono garantire un equilibrio di società;l le indagini e le repressioni spettano ad altri organismi, alle forze dell’ordine, anche se va coordinato il lavoro di conoscenza per rimuovere, eventualmente, le cause che portano ai fenomeni malavitosi.
Noi non neghiamo il fatto che il flusso migratorio, soprattutto da quella che era chiamata “Europa dell’est” abbia creato dei problemi. A parte il fatto che chi per tanti anni ha lottato contro la cosiddetta “cortina di ferro” dovrebbe avere, quanto meno, più tolleranza per quelle persone che cercano più fortuna nell’Eldorato dell’occidente e che dovrebbero essere accolte con minori pregiudizi.
Tuttavia un problema di controlli esiste anche da questo punto di vista, ma non lo si risolve certo con la criminalizzazione dei cosiddetti extracomunitari come fa la “legge Bossi-Fini”, una legge pericolosa con addirittura elementi di razzismo. Su questo punto dobbiamo essere chiarissimi: lo spaccio della droga, lo sfruttamento della prostituzione c’erano anche prima. Quello di cui parliamo oggi — mi dispiace che non sia presente il Presidente della Giunta D’Ambrosio — è un’azione diversa, qualcosa di più sofisticato che attiene alla possibilità di infiltrazione, anche nelle Marche, di una malavita invisibile che utilizza il commercio “normale”: le banche, le società finanziarie finalizzate al riciclaggio anche attraverso salvataggio di imprese in crisi. E, paradossalmente ma non tanto, siamo ad un fenomeno inverso al racket. Il racket, attraverso le imprese, il commercio si manifesta nelle economie forti; viceversa si utilizzano queste possibilità di riciclaggio proprio laddove insistono dei distretti economici forti ma che al loro interno e ai propri confini hanno una situazione di crisi. Proprio perché la nostra regione è tranquilla questo fatto può rappresentare una meta per le diverse forme malavitose, una sorta di “retrovia”.
Le forze dell’ordine stanno svolgendo una grandiosa opera, spesso lo fanno con organici troppo bassi, inadeguati, lasciati troppo soli dallo Stato. Essi svolgono un’attività repressivo, ma prima ancora preventiva nel narcotraffico, per quanto riguarda il traffico delle armi e, non ultimo, il traffico malavitoso delle persone. Questo lavoro va assecondato dalle istituzioni affinché le Marche rimangano quella città-regione vivibile.
Vorrei portare in maniera molto breve, a chi è più tentato non dall’allarme ma dall’allarmismo, un rapporto dell’Istat, che dice che il 60% dei soggetti intervistati, preposti a tale proposito anche con competenza istituzionale hanno detto che la situazione di vivibilità positiva delle Marche è uguale a quella del 2001; viceversa il 15% ritiene che non si debba abbassare la guardia. Siamo quindi in una situazione di possibile allarme che va sempre mantenuto, ma al tempo stretto, se vogliamo proprio risolvere i problemi non dobbiamo gettare le Marche nell’allarmismo, un allarmismo finalizzato sempre più a fini politici, di tipo molto spesso ideologico come è avvenuto nella discussione di questa proposta di legge, rispetto alla quale alcune forze hanno ritenuto di distinguersi e di sottrarsi ad una sintesi unitaria e positiva.
Noi diamo pieno sostegno alle forze dell’ordine, come Comunisti italiani, perché c’è la necessità di rafforzarle, di rendere sempre più integrate ad una filiera di sicurezza della società, sempre più coordinate. Ed anche per questo, allora criticammo lo sdoppiamento dell’arma dei carabinieri che è poi diventata un corpo a parte.
Questo fatto già oggi sta creando dentro le forze di polizia un problema di coordinamento, rischia una inutile competizione. Non lo diciamo certo in polemica o in contrapposizione ma perché, viceversa, vediamo la necessità del coordinamento. Gli enti locali debbono quindi avere un ruolo diverso ma non separato da quello delle forze dell’ordine; diverso perché ad esse forze istituzionali attengono i ruoli di coordinamento, coordinando per un controllo democratico del territorio, non di tipo repressivo. Anche la conferenza regionale sulla sicurezza che ha avuto un’eco molto positiva, va ripetuta negli anni successivi con indicazioni innovative.
Questa proposta di legge che si integra con la nostra richiesta di una discussione monotematica di questo Consiglio regionale, va in questo senso, perché essa interviene nei diversi settori della società: scuole, università, lavoro e sicurezza nel lavoro, perché quando parliamo di “sicurezza” più in generale non possiamo dimenticare che le Marche sono tra le prime regioni in Italia ad avere infortuni e morti sul lavoro. Ma al tempo stesso c’è anche un elemento di operatività da dare alla discussione odierna, non solo con la proposta di legge sulla sicurezza che rappresenta una sintesi avanzata e positiva, ma in prospettiva ed anche a breve dobbiamo dare risposte ai territori, in primo luogo ai Comuni, soprattutto a quelli piccoli ma anche a quelli meno piccoli, con una riforma più complessiva della polizia locale.
A questo riguardo il gruppo dei Comunisti italiani ha dato un contributo, vale a dire la presentazione di una proposta organica di legge per la riforma della polizia locale che in primo luogo preveda degli accordi di programma con gli enti locali, con risorse appropriate per meglio utilizzare le poche persone disponibili. Quindi un adeguamento delle piante organiche, un ruolo di programmazione e di lettura del territorio delle province per la predisposizione di progetti su area vasta, e infine — ma non ultimo — una verifica sistematica del lavoro e della qualità del lavoro svolto.
Crediamo che in questo senso si possa parlare in maniera molto seria della sicurezza, perché essa attiene ad una società civile e democratica.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Essere costretti a fare oggi una ulteriore esame della situazione generale della sicurezza è triste, perché i fatti da noi già sottolineati al momento della presentazione della nostra proposta di legge sulla sicurezza e che ci motivarono a quella iniziativa legislativa, si sono nel frattempo dimostrati in tutta la loro pericolosità. E dico subito che non condivido l’ottimismo di maniera del Presidente della Giunta che questa mattina ha detto “tutto va bene”. Noi siamo fortemente preoccupati della caduta di sicurezza dei cittadini delle Marche. IJl “rischio criminalità” è un rischio emergente, assolutamente emergente. Noi l’avevamo detto, avevamo fatto una lettura della realtà marchigiana che partiva dalle relazioni con il territorio, dai contatti quotidiani con le forze dell’ordine, dalle lettura della stampa. Avevamo fotografato, in sostanza, quello che l’opinione pubblica sapeva già sulla propria pelle: "le Marche non sono più, da tempo una isola felice”. Bisogna che ci abituiamo, anche sul piano del giudizio culturale a prendere atto di questa situazione. Le Marche non sono più un’isola felice dove i cittadini possano gestire il proprio quotidiano consapevoli di vivere in un ambiente di valori sostanzialmente divisi e condivisi, dove il fatto criminoso, bene identificato in alcuni soggetti e istituzioni poteva essere circoscritto e isolato.
Abbiamo già dato conto dei numeri inerenti la sicurezza e per questo ci riportiamo integralmente alla relazione del procuratore della Repubblica un quadro peraltro sintetizzato dal Presidente D'Ambrosio nel corso della prima conferenza stampa del novembre scorso. Alcuni dati sono però significativi e segnalano questa caduta della situazione per quanto concerne la sicurezza nelle Marche. Nel periodo dal 1995 al 2000 abbiamo avuto un trend in aumento degli episodi criminosi del 24%; abbiamo avuto un aumento dei fatti di associazione a delinquere del 43%. E’ stato detto anche questa mattina che non esiste il problema delle associazioni di stampo mafioso, anzi che c’è una retrocessione dal rischio su questo piano, salvo poi accertare, dalla lettura dei quotidiani, che il giudizio che i media danno è di altro tipo.
Cito alcuni articoli: “Mala ad Ancona: 67 arresti per associazione ritenuta di stampo mafioso. Rapine, ma anche la gestione del gioco d'azzardo, il riciclaggio di denaro, per finire alle estorsioni. Queste non sono vicende gestite dai principianti della criminalità ma sono questioni affrontate con tipici schemi mafiosi, di clan territoriali: il clan pugliese, il clan foggiano.
Gli stessi dati della criminalità messa in atto dagli extracomunitari sono pesanti: +6,72% i delitti imputabili ad extracomunitari, +21% di rapine, +51% di lesioni, +24% di furti.
Nelle Marche, caro Presidente, esiste peraltro — noi l’abbiamo denunciato — un problema grave: quello dei rati commessi per i quali non si riesce ad identificare gli autori. C’è un fatto grave nella relazione annuale al Parlamento: questo dato assume proporzioni estremamente pesanti e questo indice fa sentire i marchigiani veramente indifesi.
La nostra lettura dei fatti ci porta a dire chele cause di questa situazione sono legate a tre fattori fondamentali: primo, problema della carenza degli organici, ma non solo. Peraltro, anche qui va fatta chiarezza. La volontà del Governo di affrontare il problema degli organici della PS nelle Marche — di questo Governo, non di quello passato — è manifesta e lo dimostra il provvedimento relativo all’assegnazione degli organici nel periodo estivo che ha coinvolto, con 20 unità, tre delle principali province delle Marche. Un impegno, una disponibilità che devono essere confermati da una lettura adeguata della situazione che noi stiamo sollecitando come gruppo di Forza Italia in maniera assidua e che deve portarci ad affrontare il problema della difficoltà operativa dei commissariati costieri e delle questure. Un impegno preciso da parte nostra.
La seconda questione è quella delle attrezzature. Le forze dell’ordine devono essere dotate di tecnologie adeguate per poter affrontare meglio la situazione. Non crediamo che il livello di efficienza di dotazione delle attrezzature, oggi sia adeguato a raggiungere questo obiettivo. Così come rimane fondamentale il problema del coordinamento fra le diverse forze di polizia.
Su questi tre filoni si costituisce una strategia di aggressione alla criminalità efficace. In passato le forze di polizia potevano contare su una conoscenza diretta e personale del territorio, sostanzialmente caratterizzato dalla stanzialità degli abitanti ed era oggettivamente più facile sapere chi e come si muoveva al di fuori delle regole. Oggi tutto questo è cambiato e per conoscere i movimenti di chi si pone al di fuori delle convenzioni accettate dalla società occorre mettere in campo dei nuovi strumenti che certamente non possono essere ridotti alla istituzione di posti di blocco ogni 100 metri o la militarizzazione delle città.
Peraltro, come Casa delle libertà siamo contrari a forme di controllo esasperato del cittadino o che ne limitino ingiustificatamente la libertà. In questo contesto non possiamo far finta che non esista la questione dell’immigrazione che pone problemi non solo sul versante dell’integrazione, ma che richiama l’esigenza di una valutazione degli effetti che questo fenomeno determina sul piano della sicurezza dei cittadini. E’ indubbia infatti la correlazione fra la presenza dell’immigrazione clandestina e l’aumento della microcriminalità. Non aiuta a giudicare questa situazione un pericoloso relativismo culturale che traspare dalla posizione di qualche forza politica.
Capita di assistere spesso ad un atteggiamento di una certa sinistra che, vittima di un relativismo culturale, pone sullo stesso piano il diritto di chi è venuto in Italia per riscattarsi da una condizione di povertà e di negazione dei diritti umani esistente nel Paese d'origine, disponibile ad accettare le regole del Paese ospitante, con il diritto di chi arriva provenendo da un passato incerto e disposto a tutto. E' stato verificato che molti di quelli che sono approdati nel nostro Paese sono espressione della peggiore criminalità.
A questo proposito si pone un problema per le forze di polizia che, nel trattare con persone senza documenti e dal passato discutibile debbono utilizzare quelle stesse metodologie che vengono utilizzate per l'innocuo ladro di polli.
Persone che nulla hanno da perdere in un contesto culturale che non riconoscono come proprio e non accettano una pacifica e civile convivenza, impongono alle forze dell’ordine un contrasto serio con un legittimo e corretto uso della forza; ne va della serietà e della credibilità dell’intervento.
Ma che fare affinché le forze dell’ordine possano lavorare senza avere il continuo timore di finire sotto processo per accuse, sempre tutte da provare, circa il metodo deciso del contrasto?
Rispetto a questo la nostra proposta di legge si poneva degli obiettivi precisi, si poneva le finalità richiamate, che avevano motivato l’iniziativa facendo riferimento all’esigenza di prevenire l’atto criminoso, di dotare le forze di polizia degli strumenti tecnici idonei a contrastare la criminalità, di formare, di attivare un percorso sul piano formativo per quanto concerne le forze di polizia all’uso degli strumenti e delle tecniche informatiche, lo sviluppo di azioni positive e a carattere sociale, con iniziative finalizzate alla prevenzione dei fenomeni di violenza nei confronti di bambini, donne e anziani, l’incremento dei servizi festivi e notturni, gli interventi finanziari per coprire il prolungamento dell’attività di servizio connessa ad arresti, segnalazioni ecc.
Il senso della nostra proposta era di mettere in moto un meccanismo di partecipazione diretta della Regione attraverso un rapporto costruttivo con gli enti locali e con le prefetture per realizzare una sinergia che consentisse da una parte di acquisire una metodologia di conoscenza dei problemi del territorio che è propria, per esempio, dei corpi dei vigili urbani e delle forze di polizia, carabinieri e Ps in grado di affrontare e contrastare l’emergenza e la criminalità.
Questo non è stato, abbiamo assistito dall’indomani della nostra proposta ad una posizione minimalista della Giunta regionale, una posizione che si è piegata alla esigenza di immagine o comunque di garantire in qualche modo un minimo di visibilità ma non la volontà politica di affrontare questo problema. La stessa proposta di legge della maggioranza sta tutta dentro questa riduzione, questo limite.
Il nostro giudizio è quindi negativo sulla proposta di legge della Giunta regionale che rappresenta sostanzialmente una omissione di responsabilità da parte del Governo regionale rispetto a quella che riteniamo la principale emergenza delle Marche, cioè l’emergenza criminalità.
Tralascio le valutazioni, avremo modo di tornare su questo argomento nel discutere i singoli punti all’ordine del giorno. Rimane il fatto che una proposta di questo genere, anche perché non affronta assolutamente questo problema e non disegna un ruolo autorevole della regione Marche, non può assolutamente essere sostenuta dal nostro gruppo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. E’ stata dedicata a questo problema della sicurezza una discussione molto seria nella Commissione consiliare che ha ovviamente lasciato intendere che su questa questione esistono posizioni molto diverse tra il centro-destra e il centro-sinistra. Esaminando i dati che ci ha riferito in questa sede il presidente della Giunta ma che sono emersi anche dalla conferenza regionale sulla sicurezza, che possiamo attingere anche dalle relazioni della prefetture, non siamo in presenza di una situazione ad alto rischio nella nostra regione, come da parte della destra si intende avvalorare. Esiste un problema della sicurezza, un fenomeno nuovo: sono in aumento alcuni tipi di crimine che colpiscono prevalentemente le persone. I dati delle prefetture e i dati esaminati dalla conferenza sulla sicurezza tenuta alcuni mesi fa nella nostra regione dimostrano questo: crimini rivolti alle persone, furti, furti in appartamento, scippi sono un fenomeno in aumento. Questo dato determina nei cittadini un forte senso di insicurezza, perché per la prima volta in una regione come la nostra, ma anche in Italia, siamo di fronte a una serie di crimini che toccano direttamente le persone. Oltre a questo c’è una funzione non svolta sempre positivamente da parte degli organi di stampa, che vanno richiamati ad una maggiore attenzione rispetto a questi dati.
Noi non vogliamo sottovalutare il fenomeno sicurezza proprio per queste caratteristiche a cui ho fatto riferimento: una novità epocale quella dell’aumento dei crimini verso le persone, verso le case, fenomeni che toccano direttamente i singoli e che quindi alimentano complessivamente il senso di insicurezza, anche nella dimensione psicologica.
Ciò non vuol dire che la grande criminalità non deve continuare ad essere colpita e che non vadano sicuramente coordinati gli interventi e potenziate le strutture tradizionalmente predisposte a questo. Una moderna cultura della sicurezza chiede interventi di questa natura: continuare a combattere il crimine rendendo più efficienti gli apparati, aumentandoli e potenziandoli da un punto di vista numerico, fare attenzione alle novità che il “fenomeno criminalità” assume, ma cercando con grande attenzione di evitare dei rischi — quello di alimentare, da un punto di vista psicologico, il senso di insicurezza — ed evitare altre equazioni che vedono la nostra posizione diversa da quella della destra. Ad esempio, un’equazione che si tenta di affermare è quella che il “fenomeno immigrazione” di per sé è foriero di insicurezza, così come altri fenomeni.
Questo contesto che noi abbiamo teso a riconfermare nella sua credibilità, quindi a cercare davvero qual è il fenomeno criminale nelle Marche con una lettura attenta dei dati, ci porta a prendere in considerazione il problema nella sua portata, ma non generalizzando leggendo davvero che cosa accade nella nostra regione, e io credo che la legge che noi proponiamo oggi, frutto di una discussione intensa e significativa cerca di dare risposte alle specificità del fenomeno nella nostra regione. Questo è il dato forte di questa legge. Non generalizziamo il fenomeno sicurezza, non sottovalutiamolo, ma costruiamo uno strumento legislativo adatto a ciò che accade nella nostra regione. Credo che questi siano l’equilibrio e l’ispirazione che hanno portato alla proposta di legge nella quale la maggioranza si è ritrovata. Quindi cercare di tenere e di mettere insieme una legge che ha come dato forte quello dell’integrazione, nel senso che non servono politiche repressive, anche se la collega Romagnoli diceva “non chiamateci forcaioli”. Io so bene che non possiamo avere atteggiamenti demagogici, populisti o massimalisti nei confronti dell’azione repressiva; l’azione repressiva va svolta, ma accanto ad essa va svolta una funzione che vede ridurre il fenomeno se si interviene anche sulle dimensioni sociali, se si interviene superando anche il senso di insicurezza e di solitudine nel quale i cittadini marchigiani spesso si trovano o i cittadini italiani in senso lato. Quindi promuovere un’idea di società ancora più solidale nella quale i cittadini, le famiglie si sentano meno soli, dove dobbiamo riattivare pratiche di solidarietà, anche ricostruirle perché spontaneamente spesso non si generano più, quindi delle politiche sociali attente alla ricostruzione di legami sociali forti e insieme a questo un’azione di monitoraggio e anche di repressione laddove questa si rende necessaria, sapendo che non compete alla Regione dirigere questi settori ma che la Regione può ovviamente coordinarli e chiedere che questi svolgano al meglio la loro funzione. Ribadisco che il nostro testo legislativo ha queste caratteristiche, non sottovaluta il problema, chiede a chi deve svolgere una funzione repressiva di farlo al meglio, sollecitando anche gli apparati governativi perché attrezzino e dotino in maniera numerica e tecnologicamente aggiornata le forze di polizia e soprattutto promuova nella nostra regione il recupero, attraverso un’azione di politiche sociali, di una forte idea di convivenza, di socialità e di solidarietà, perché questo è uno degli strumenti che può apparire più fragile ma alla lunga è il più forte se siamo in grado di ribadirlo con convinzione.
Si tratta di un buon testo che riassume questi principi e io credo che attraverso questo strumento oggi noi diamo alla società marchigiana un atto che dimostra che c’è una Regione attenta che non trascura il problema e che si attrezza per risolverlo al meglio, ovviamente nel rispetto delle competenze non tutte in capo alla regione.
Credo che si possa quindi valutare con la giusta attenzione e coerentemente votare questo testo legislativo, perché risponde alle caratteristiche del fenomeno che nella nostra regione ha questi contorni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Finalmente ci è data l’opportunità di discutere in quest’aula di una problematica molto importante qual è quella della sicurezza dopo tutta una serie di interventi che si sono susseguiti e che a mio avviso, dopo sette anni di governo di questa maggioranza, ben poco hanno sortito o quasi nulla.
Non dobbiamo dimenticare come, nei Governi passati, strumentalmente e demagogicamente alcune forze politiche, allora di governo, oggi all’opposizione, con massimi esponenti della Giunta regionale giravano le Marche, soprattutto la costa, dando assicurazioni di potenziamento dei vari commissariati o delle questure, preoccupandosi più di una campagna elettorale anziché affrontare seriamente, realmente, come il ruolo e l’istituzione imponevano, il problema della comunità marchigiana.
Chi non ricorda il sottosegretario Brutti andare in giro in pompa magna per tutta la costa, promettendo a destra e a manca aumento di dipartimenti, di commissariati, potenziamento degli organici? Questo parlamentare non l’ha più visto nelle Marche: se capitasse in giro o avesse l’occasione di tornare a rivedere qualche suo compagno o il Presidente della Giunta D’Ambrosio, avremmo piacere di conoscere come ha lasciato la situazione e qual è la situazione attuale.
Quindi, a parte la propaganda e la demagogia che hanno caratterizzato negli anni ‘70-’70 l’allora Partito comunista, abbiamo l’impressione che oggi, anche se è una classe dirigente rinnovata, che guarda più all’Europa — ed era la prima a criticare, anche a livello nazionale, l’Europa — oggi non si preoccupa più di confrontarsi ma va avanti sempre con la solita demagogia.
Andando ad alcune considerazioni doverose, non bisogna dimenticare, caro Presidente D’Ambrosio, che nonostante i suoi sette anni di governo il popolo marchigiano vive in un clima di insicurezza. Abbiamo seguito attentamente la sua relazione, come auspichiamo che lei faccia altrettanto nei nostri confronti, ma purtroppo, se non si vive quotidianamente in mezzo alla gente e con la gente, non si riesce a capire quali sono i reali problemi. Lei deve scendere in mezzo alla gente, Presidente, cercando di capire che i fenomeni sono cambiati e stanno cambiando. Abbiamo ascoltato attentamente la sua relazione, ma rispetto a furti, rapine, estorsioni, riciclaggio, droga, estorsioni di giorno in girono, mentre le forze dell’ordine, la magistratura stanno lavorando per cercare di reprimere od abbassare questo fenomeno, altri stanno studiando altre formule e altre soluzioni per cercare di evitare l’arresto o di essere presi in flagranza.
Il ruolo della Regione è di prevenzione, per cercare di dare un’educazione a livello morale alla comunità, soprattutto — senza offendere nessuno — chi non ha le nostre origini, la nostra cultura e la nostra tradizione, perché non è giusto prendere tutti e subito senza sapere chi essi siano, e da qui possiamo vedere che molti fenomeni, oggi — rapine, furti ecc. — dipendono da extracomunitari, quindi non più dal marchigiano o dal mafioso che era soggiornante; oggi ci sono gli extracomunitari che fanno la parte del leone. C’è quindi una nuova fase in atto, e magari bisogna dare un nuovo messaggio, una nuova educazione affinché il popolo marchigiano non viva nell’insicurezza.
Le potrei portare alcuni esempi, che conosco stando sempre in contatto con cittadini comuni: un fenomeno che va per la maggiore adesso è quello di rubare le macchine all’interno delle abitazioni. Entrano negli appartamenti, prendono le chiavi e portano via l’auto. Attualmente, chi ha la “Mercedes” deve preoccuparsi, perché a Civitanova nel giro di qualche mese già tre “Mercedes” sono state rubate proprio all’interno delle abitazioni. Pensate voi lo stato d’animo dei genitori, dei congiunti che vivono in queste abitazioni sapendo che la notte chiunque può entrare nell’appartamento, prendere le chiavi, qualsiasi cosa.
Il problema è di fare un controllo molto dettagliato, molto preciso. Purtroppo dobbiamo ancora una volta denunciare — ce ne dispiace, perché il danno è per tutta la comunità marchigiana — che ancora una volta lei e la sua Giunta siete latitanti, Presidente, perché fino ad oggi non è stato fatto niente, a mio avviso avete sottovalutato questo problema, perché dalla proposta di legge che ha presentato per prima Forza Italia — criticati, ce ne sono state dette di tutti i colori perché pensavate che volevamo essere i primi della classe — niente è migliorato. Noi vogliamo essere un gruppo, un partito sempre disponibile al dialogo e a confrontarsi in qualsiasi modo anche con chi sta al Governo. Quindi anche in questa occasione non abbiamo mai fatto proclami che potevamo fare come avete fatto voi con il sottosegretario Brutti. Prontamente avremo adesso la replica di Silenzi che dirà “oggi governate voi, il problema lo dovete risolvere voi”, ma lui dimentica che da sette anni fa parte di questa maggioranza che ha avuto per altrettanti anni la responsabilità del Governo nazionale, ed è grave che un autorevole esponente del gruppo Ds qual è Silenzi rifiuti il dialogo e il confronto su una problematica. Sbagliare e ammettere che si è sbagliato è molto importante, nella vita. Non si deve sempre cercare di addossare agli altri le proprie responsabilità. Partiamo da queste basi per poter dialogare e su queste basi andiamo avanti.
Silenzi fa poco il consigliere regionale della propria provincia, ed è anche giusto perché, essendo presidente del gruppo, deve seguire tutta la regione: adesso si parla di Asl unica, se non sarà unica salterà quella di Civitanova; oppure delle 7 della Margherita. Lui si è ormai ritagliato il suo ruolo a livello regionale, e siamo in pochi, insieme agli amici Massi e Pistarelli ad occuparci della provincia di Macerata, quindi dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi perché sappiamo che da qualche anno Silenzi si sta occupando più di problemi regionali che a livello provinciale.
Come fa Silenzi a non sapere che la questura di Macerata è sottodimensionata e ha un organico del 10-15% inferiore? Come fa a dimenticare che il commissariato di Civitanova Marche non è passato a ruolo dirigenziale nonostante che il sottosegretario Brutti l’avesse promesso in campagna elettorale? Sarebbe sotto di 20 unità, qualora passasse a livello dirigenziale.
Caro Silenzi, è giusto che dedichi qualche ora del tuo tempo anche alla nostra provincia, perché noi ci troviamo in difficoltà sulla sanità, sulla viabilità, sulla sicurezza.
Abbiamo presentato una mozione con Pistarelli e Massi, e ci auguriamo che quella mozione venga accolta dal Presidente della tua Giunta. Devi fare tua questa mozione che noi abbiamo oggi presentato, perché permette di completare quel tratto di strada che il “tuo” presidente Pigliapoco in più di un’occasione ha caldeggiato.
Il problema della costa è molto serio. Non siamo, fortunatamente, a quei livelli in cui si trovano altre comunità, però non bisogna mai abbassare la guardia. Anziché fare propaganda e demagogia cominciamo a dire quanti soldi la Regione Marche intende mettere sul piatto affinché si faccia promozione, si potenzino le pulizie municipali, si faccia un confronto serio, si portino questi problemi nelle scuole. Io vedo che in ogni sua proposta di legge, Presidente, lei mette sempre un extracomunitario: è vero, ci sono extracomunitari seri, ma ci sono anche extracomunitari che creano problemi alla comunità marchigiana. E allora bisogna anche fare dei censimenti, bisogna cercare di capire quanti sono quei personaggi che creano problemi alla comunità marchigiana, quindi bisogna investire delle risorse per queste problematiche, cosa che fino ad oggi non abbiamo visto.
Ci siamo attivati, come consiglieri regionali, anche per cercare di capire quali sono le linee del Governo nazionale su questa problematica. Da quello che abbiamo potuto recepire, nell’ambito della strategia perseguita dal Governo in materia di sicurezza pubblica riveste particolare rilievo la razionalizzazione delle risorse e la dislocazione territoriale dei presidi di polizia, in una logica di efficienza e di miglioramento dell’intero assetto organizzativo.
La linea progettuale complessiva, oltre a verificare la rete dei presidi esistenti mira a perfezionare i moduli di intervento anche attraverso il sistema della cosiddetta “polizia di contatto” o “di prossimità”, a restituire ad impieghi operativi personale delle forze dell’ordine addetto ad attività amministrative, ad ammortizzare le attrezzature ed i sistemi tecnologici in dotazione nonché a favorire una più estesa partecipazione della polizia municipale al controllo del territorio. Questo, per grandi linee, quello che abbiamo recepito dal Governo nazionale. Ora sta a noi mettere in pratica, non con la demagogia o con la strumentalizzazione, queste cose, oppure per dire in maniera statistica che oggi la maggioranza di questo Consiglio regionale ha approvato una proposta di legge sulla sicurezza, perché ne avete approvate moltissime che tra non molto tireremo fuori, ma proposte approvate solo sulla carta, che non danno né risultati, né benefici. Quindi, più che approvare una legge apriamo un serio confronto a prescindere dal colore politico, perché la sicurezza non è né di destra né di sinistra. Il problema che dobbiamo affrontare è molto serio, al di là della demagogia e della strumentalizzazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Presidenza del Vicepresidente
GIUSEPPE RICCI

Fabio PISTARELLI. Il tema della sicurezza e della legalità è un tema centrale per Alleanza nazionale e divenuto finalmente centrale nel dibattito politico non solo regionale ma anche nazionale. Non è un tema da affrontare sotto un profilo tecnico o di tecnica legislativa, è un tema da affrontare principalmente sotto il profilo politico generale. Questo è il compito dell’istituzione “Consiglio regionale”, altri organi dello Stato sono demandati a compiere valutazioni di natura tecnica, giuridica, normativa generale.
Se questo è il nostro compito la riflessione di oggi deve essere quella di una istituzione — quella consiliare regionale che oggi è chiamata ad esprimere una valutazione su una proposta di legge — che, alla luce delle modifiche costituzionali ultime, ha sempre più ruoli e funzioni di indirizzo su tutte le materie che sono non rimaste di competenza statuale ma sono di primaria competenza regionale e su tutte le materie l’”istituzione Regione” è chiamata a svolgere questa funzione.
Sicurezza e legalità: certo siamo nel border-line dell’art. 117, perché la difesa è materia lasciata alla competenza statuale. Vi sono però tutta una serie di fattori che a cascata giungono nei territori locali, che riguardano direttamente le competenze regionali e quelle degli enti provinciali e comunali. Siamo allora in una linea di confine: per fare in modo di muoverci in maniera efficace dobbiamo muoverci in due direzioni, cioè leggere l’esistente e focalizzare l’ambito di intervento possibile per quanto riguarda la Regione.
Leggiamo brevemente l’esistente non solo nelle cifre relative alla criminalità piccola e grande — in realtà criminalità tout-court a nostro avviso, perché la cosiddetta microcriminalità forse è quella che crea più allarme sociale nel nostro territorio: i furti nelle abitazioni, l’insicurezza del vivere quotidiano — ma anche in quanto è stato svolto fino ad oggi per ridurre il numero dei reati nell’ambito dell’attività di prevenzione e per anticipare il più possibile l’opera di repressione, che se giunge in ritardo è opera che risulta assolutamente inefficace, soprattutto se non legata a meccanismi di espiazione della pena, di efficacia delle condanne che vengono emesse dall’autorità giurisdizionale, perché anche questa è riflessione che dobbiamo fare in termini di insicurezza. Il cittadino sente insicurezza anche perché osserva, guarda, verifica che delinquenti acclarati in realtà sono liberi il giorno dopo la sentenza passata in giudicato, perché con tutto un sistema di grande garanzia — ma garanzia processuale, dico io, poi ci deve essere l’efficacia — questo accade. La garanzia deve essere anche quella di rendere efficaci le pene, rendere il momento dell’esecuzione della pena effettivo, perché anche questo rientra nella garanzia. Quindi ipergarantismo, massima garanzia nella dialettica delle parti, ma poi efficacia, effettività della pena che al termine di un procedimento garantista giunge come conclusione di un iter logico, giuridico, normativo.
Di fronte a questo quadro fatto di numeri, di fenomeni ed episodi delittuosi riguardanti la nostra regione, non più isola felice ma regione esposta, soprattutto nella zona costiera ma anche nelle zone meno coperte dalla presenza dell’attività istituzionale di repressione, di controllo, di prevenzione — per esempio i piccoli centri dove vive la popolazione anziana e che quindi possono essere oggetto di intervento di gruppi o nuclei più o meno organizzati di delinquenza piccola, media o grande che sia — qual è l’attività svolta? Fino ad oggi il gap che forse è stato pagato dal nostro territorio è stato il fatto di avere un sottodimensionamento delle forze organizzate per fare prevenzione e repressione. Sottodimensionamento rispetto a una realtà che invece era molto cresciuta. Si guardi per esempio al caso clamoroso della provincia di Macerata, nel quale Porto Recanati che è centro ormai conosciutissimo non solo per motivi turistici ma anche per motivi purtroppo legati alla malavita, ha un distaccamento di polizia stradale e non ha un commissariato; la caserma dei carabinieri è sottodimensionata e da lungo tempo lamenta questa difficoltà. Solo da ultimo Porto Recanati è riuscita ad avere un distaccamento e ad aumentare i propri organici, ma sicuramente è un centro sottodimensionato a livello di organici di polizia. Civitanova Marche la stessa cosa: c’è stata la riclassificazione del commissariato, ma è rimasta sulla carta perché ancora non potenziata a livello di addetti e di forze in campo. Potrei continuare, sicuramente abbiamo pagato questo scotto, lo stiamo recuperando con l’attività di sollecito, di indicazione, di suggerimento che è venuta anche dagli organi istituzionali locali oltre che dagli esponenti, in generale, che si sono occupati di questi argomenti.
L’altra questione è quella della difficoltà di coordinamento tra forze di polizia già preposte all’attività di prevenzione e repressione complessiva — parlo delle autorità di polizia giudiziaria, cioè carabinieri, polizia, guardia di finanza — e le altre forze che sul campo potrebbero creare momenti di sinergia, per esempio la nostra polizia municipale. Perché dico “nostra”? Perché la Regione Marche da tempo ha compiti di selezione e coordinamento di questo tipo di forza. Certo, se continuiamo a considerarla una polizia di serie B è difficile essere in grado di fare questi discorsi, se invece la eleviamo ad un rango diverso — e qui tutta la problematica di come trattare questo tipo di polizia — allora potremmo più agevolmente fare certi discorsi per certi aspetti, mentre per altri si aprirebbe tutta la questione relativa, ad esempio, ad armare o meno questo tipo di corpo. E’ questione che da anni si sta affrontando senza aver risolto il problema.
Ritorniamo comunque al discorso del coordinamento, perché anche affrontare la questione sull’esistente, su quelle che sono già oggi le funzioni, le possibilità di una polizia regionale ma locale, ci permette di dire che l’indicazione per una più forte opera di coordinamento può essere data e può anche essere posta in capo, perché ci sono delle funzioni che, demandate agli organi di polizia giudiziaria tradizionale — polizia, carabinieri, guardia di finanza — distolgono dall’attività di prevenzione, di intelligente che è propria di questi tipi di organi, demandata alla polizia municipale, agli organi di polizia locale motivati e riqualificati sotto questo profilo potrebbe essere veramente un aspetto di incontro tra due funzioni che fino ad oggi si sono incontrate poco e male.
Tutto questo sembra un ragionamento generale, in realtà non lo è, perché se dobbiamo arrivare alla seconda parte del ragionamento, cioè analisi esistente e indicazioni politico-programmatiche tenendo conto di queste riflessioni di base, dobbiamo agire sugli organi che già sono costituiti: il comitato per l’ordine e la sicurezza che già c’è, indicazioni nazionali che vengono anche dalle interforze, perciò dalle indicazioni di collaborazione tra le forze di polizia, che stanno prendendo sempre più corpo come sintesi finalmente efficace ed effettiva di un certo lavoro di collaborazione che deve essere posto in campo. Se guardiamo a tutto questo, qual è il compito della Regione? Quali indicazioni può oggi dare la Regione Marche per favorire questi processi? Sicuramente non una “legge-manifesto” ma una legge che indichi operativamente dei ruoli e delle funzioni assegnati, per esempio ai corpi di polizia locale, che sono competenza regionale, nell’ambito di un quadro certo istituzionale che già funziona e deve essere potenziato.
La legge che oggi regola questi meccanismi, in realtà sotto un profilo territoriale regionale non c’è, ci sono esempi che vengono da altre Regioni, noi è la prima volta che affrontiamo questo tema in maniera diretta, finalmente. Le leggi nazionali non hanno dato fino ad oggi indicazioni quadro, non c’è una legge quadro nazionale nella quale le Regioni si inseriscono come successo per altre materie delegate nel passato dallo Stato alle Regioni. In questo caso siamo in una terra tutta da coltivare ex novo. Guardare allora l’esistente, inserirsi nella situazione che già funziona, potenziare gli aspetti positivi, eliminare quelli negativi è il compito di una legge regionale, altrimenti faremmo un’altra legge-manifesto, una legge che detti soltanto linee generalissime di discussione sulla questione dell’ordine pubblico e della sicurezza, sulla legalità e sicurezza, ma non sarebbe il caso di pubblicarla sul B.U. Potremmo fare un bel manifesto per tutti i cittadini marchigiani, dicendo che tutti siamo protesi verso una terra più certa, più sicura, più aderente alla realtà, alla legalità ecc.
Se vogliamo fare questo la proposta in campo a nostro avviso non è sufficiente, perché trascura aspetti operativi molto importanti, non coordina cose che potrebbero vedere invece la Regione protagonista in questo senso.
Mi fermo qui; negli articoli e negli emendamenti affronteremo le questioni puntuali.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Rocchi.

Lidio ROCCHI. Dagli interventi che ho ascoltato mi sembra che nessuno abbia detto che questa Regione è stata tra le prime ad avviare una politica della sicurezza e della legalità. Se ricordate la prima conferenza svoltasi nel mese di novembre 2001, ha dato il primo segnale forte dell’interesse che ha questa Regione alla sicurezza dei propri cittadini.
Questa esperienza ha conseguito un significativo risultato: quello di creare una coscienza tra i cittadini e tra tutti i soggetti che hanno competenze istituzionali in materia. In questi ultimi tempi c’è stata una forte integrazione in materia di sicurezza pubblica, ordine pubblico e polizia amministrativa. Si è passati da un generico coordinamento di competenze ad una più consapevole azione da parte della regione, degli enti locali nei diversi settori di competenza, c’è stata una forte volontà di raggiungere e produrre sicurezza all’interno del territorio regionale.
Certo, la situazione nelle varie province marchigiane, anche se esiste una diversità di reati, in generale è soddisfacente anche se raffrontata con le altre realtà nazionali. Quindi tessuto sociali, economico e culturale che regge adeguatamente all’urto di nuovi fenomeni disgreganti.
Esistono, tra i reati più diffusi e che destano maggiore allarme sociale quelli contro il patrimonio, le rapine a banche ed uffici, mentre per quanto concerne la criminalità organizzata credo che la regione sia ben protetta da possibili aggressioni, anche se vi sono pericolosi tentativi di radicamento, specie nell’area dello spaccio di sostanze stupefacenti.
Un altro problema che penso sia importante e da non sottovalutare riguarda le “stragi del sabato sera”. Anche per questi tragici casi occorre un grande impegno tra le forze di polizia e i vigili urbani, favorendo, se possibile, l’esperienza del vigile di quartiere. Per fare questo occorre una forte collaborazione della polizia locale nel controllo del territorio, ma secondo me occorre anche una forte e grande preparazione che comporta un cambiamento di stile nel lavoro dei maggiori copri di polizia di questa regione.
Quindi occorre una maggiore formazione professionale. Noi abbiamo la fortuna di avere una scuola regionale che ci può permettere di poter avviare dei corsi di perfezionamento a Treia e nello stesso tempo usufruire anche di istituti di formazione delle forze di polizia che abbiamo sul territorio.
Credo che questa Regione abbia assunto un ruolo centrale di coordinamento oltre che di comune e sinergica collaborazione con gli enti locali. Occorre certamente cercare nuovi percorsi tematici per contribuire alla creazione di moderne politiche integrate di sicurezza.
Il nuovo testo di legge sulla sicurezza e l’educazione alla legalità, se approvato comporta per la Regione Marche un ruolo di raccordo e coordinamento di tutti i soggetti istituzionali interessati. L’adesione della Regione Marche al Forum europeo per la sicurezza è un segnale molto importante.
Questa nuova legge tiene conto delle esperienze legislative maturate in altre regioni in cui risulta bene evidente il concetto di sicurezza locale come ordinata e civile convivenza nelle città e nel territorio regionale, ben distinto però dalle vere e proprie funzioni di ordine pubblico di competenza statale.
Si è quindi passati da un generico coordinamento di competenze in materia di sicurezza al concetto di integrazione che ai fini della promozione della sicurezza delle comunità locali fa riferimento all’insieme delle funzioni della Regione e degli enti locali nei diversi settori.
Questo nuovo provvedimento propone quindi un ruolo attivo della Regione prevedendo specifici settori di intervento quali la promozione di intese istituzionali Stato-Regioni-Enti locali sulla politica della sicurezza, l’utilizzo in maniera sinergica delle risorse finanziarie di Ue, Stato e Regioni, politiche locali da realizzare attraverso progetti sperimentali di Comuni e prefetture.
Sono iniziative di educazione alla legalità in collaborazione con le scuole e le università. Si istituisce l’osservatorio regionale per le politiche integrate della sicurezza quale organo di conoscenza dei fenomeni e di indirizzo delle azioni di intervento. Pertanto, secondo me, questa nuova proposta di legge è un atto significativo capace di attivare sinergie e di integrare i servizi, intervenendo soprattutto sui versanti della prevenzione, educazione e repressione, raggiungendo così le finalità con cui la Regione intende concorrere allo sviluppo di una civile e ordinata convivenza nelle città e nel suo territorio, promuovendo e sostenendo in collaborazione con il sistema delle autonomie locali, l’integrazione delle politiche sociali e territoriali proprie delle Regioni e degli enti locali, con le politiche di contrasto della criminalità di competenza degli organi statali.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa. Riprenderà alle ore 16.


La seduta è sospesa alle 13,30