Resoconto seduta n.107 del 26/06/2008
Seduta n. 107 del 26 giugno 2008


La seduta inizia alle ore 11,00


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli




Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto i processi verbali delle sedute n. 105 e 106 del 17 giugno 2008 i quali, ove non vi siano obiezioni, si intendono approvati ai sensi dell’articolo 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
- n. 249 in data 17 giugno 2008, ad iniziativa delle Consigliere Mollaroli, Mammoli, Benatti concernente “Modifiche alla deliberazione legislativa “Istituzione del Consiglio regionale dell’economia e del lavoro”;
- n. 250 in data 24 giugno 2008, ad iniziativa dei Consiglieri Altomeni, Brandoni concernente “Istituzione del tributo regionale per autovetture aventi massa complessiva massima pari o superiore a 2.000 Kg.”.
E’ stata presentata la seguente proposta di atto amministrativo:
- n. 96 in data 20 giugno 2008, ad iniziativa della Giunta regionale concernente “Legge regionale 13 maggio 2004, n. 11, articolo 4 – Individuazione dei criteri e delle zone di mare territoriale e delle altre aree del demanio marittimo che possono essere utilizzate ai fini di pesca scientifica e acquacoltura”.
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 271 presentata dai Consiglieri Massi, Procaccini, Brandoni, Capponi, Rocchi, Pistarelli, Ricci, Viventi “Viaggio di studio dei ragazzi, componenti i consigli comunali dei ragazzi, nei lager di Kahla e di Buchenwald nella regione della Turingia, a ricordo dei deportati italiani caduti nei terribili campi di lavoro nazisti e posa di una lapide a ricordo dei deportati marchigiani”;
- n. 272 presentata dal Consigliere Binci “CIE (ex Cpt) Centri di Identificazione ed Espulsione a Balconata Marittima”;
- n. 273 presentata dai Consiglieri Bucciarelli, Procaccini, Rocchi, Ricci, Massi, Mammoli, Capponi, Brandoni, Pistarelli, Binci, Viventi “Libertà per Ingrid Betancourt”.
Comunico inoltre che il Consigliere Altomeni con nota n. 4639 del 13 giugno 2008 ha ritirato la propria firma di proponente sulla Proposta di legge n. 231 “Diffusione e valorizzazione del patrimonio ideale, storico, culturale e politico dell’antifascismo e della resistenza, della memoria dell’olocausto, nonché dei valori espressi dalla Costituzione Italiana”.
Hanno chiesto congedo per la seduta odierna gli Assessori Marcolini, Ascoli e Mezzolani.


Sull’ordine del giorno

PRESIDENTE. Prima di passare all’ordine del giorno propongo all’Assemblea legislativa di iscrivere, discutere e possibilmente approvare la mozione n. 273, firmata dal sottoscritto e da tutti i Capigruppo di maggioranza e di minoranza, relativa alla “Libertà per Ingrid Betancourt”.
Pongo quindi all’approvazione dell’Assemblea legislativa l’iscrizione e l’anticipo di questa mozione.

(L’Assemblea legislativa approva)


Mozione n. 273
dei Consiglieri Bucciarelli, Procaccini, Rocchi, Ricci, Massi, Mammoli, Capponi, Brandoni, Pistarelli, Binci, Viventi
“Libertà per Ingrid Betancourt”
(Votazione)

PRESIDENTE. Se non ci sono interventi passiamo alla votazione.

(L’Assemblea legislativa approva)

Vi ringrazio di questa votazione perché indubbiamente qualifica l’Assemblea legislativa delle Marche che è la prima in Italia ad approvare all’unanimità una mozione di questo tipo.
Inoltre comunico all’Assemblea legislativa che la madre di Ingrid Betancourt sarà presente nelle Marche il giorno 8 luglio p.v. dove incontrerà Mons. Tonelli Arcivescovo di Loreto. Ha chiesto anche un incontro con l’Assemblea legislativa. Pertanto al momento, anche sulla base delle sue esigenze, vedremo quando incontrarla; eventualmente potremo farlo o in via del tutto eccezionale all’interno dell’Aula oppure subito dopo la seduta.


Proposta di legge regionale n. 243 (tb)
della Giunta regionale
“Norme in materia di Comunità Montane e di esercizio associato di funzioni e servizi comunali”

Proposta di legge regionale n. 195
dei Consiglieri Giannotti, Tiberi
“Modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12 (Ordinamento delle Comunità Montane) come modificata dalla legge regionale 28 dicembre 1995, n. 66 e dalla legge regionale 20 giugno 1997, n. 35”

Proposta di legge regionale n. 239
della Comunità montana dell’Esino – Frasassi zona F
“Riordino istituzionale delle Comunità Montane ai sensi dell’articolo 2, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244"

Proposta di legge regionale n. 242
della Comunità montana Monti Azzurri zona L
“Riordino istituzionale delle Comunità Montane ai sensi dell’articolo 2, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244"

Proposta di legge regionale n. 244
della Comunità montana di Camerino zona I
“Riordino istituzionale delle Comunità Montane ai sensi dell’articolo 2, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244"

Proposta di legge regionale n. 245
della Comunità montana del Catria e Cesano zona D2
“Riordino istituzionale delle Comunità Montane ai sensi dell’articolo 2, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244"

Proposta di legge regionale n. 246
della Comunità montana dei Monti Sibillini zona M
“Riordino istituzionale delle Comunità Montane ai sensi dell’articolo 2, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244"

Proposta di legge regionale n. 248
della Comunità montana dell’Alta Val Marecchia zona A
“Riordino istituzionale delle Comunità Montane ai sensi dell’articolo 2, commi 17 e 18 della legge 24 dicembre 2007, n. 244"

(Abbinate)
(Inizio discussione)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le proposte di legge nn. 243, 195, 239, 242, 244, 245, 246, 248, abbinate ai sensi dell’articolo 66 del Regolamento interno. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Articolerò il mio intervento illustrando gli aspetti essenziali della legge così come proposta dalla Giunta, su questa darò un giudizio e poi illustrerò le proposte che ha approvato la Commissione. Aggiungo, e il Presidente ce lo ha già ricordato, che oltre al testo della Giunta esiste sullo stesso argomento anche un testo presentato dai Consiglieri Giannotti e Tiberi e tutta una serie di proposte presentate dalle Comunità montane.
Concludo questa premessa ricordando che oltre al lavoro fatto dalla Giunta e dall’Assessore Minardi anche la I Commissione ha condotto un grande lavoro, ha ascoltato l’Uncem, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei Comuni e tutti coloro che hanno voluto offrire su questo argomento proposte e considerazioni.
Credo sia necessario ricordare che sebbene la nostra Assemblea legislativa si fosse già espresso con un ordine del giorno con cui si chiedeva che la nostra Regione si impegnasse in questo processo di autoriforma, però non dobbiamo negare che l’accelerazione è dettata dalla Finanziaria 2007. E’ una Finanziaria che all’articolo 2, commi 17, 18, 19, 20, 21 e 22, nel più complessivo problema della riduzione dei costi della politica – grande questione aperta nel nostro Paese – chiedeva alle Regioni di riorganizzare le Comunità montane.
Questa Finanziaria dà delle indicazioni precise, quindi la nostra legge non si può fare senza tenere conto di questo. Ricordo anche che la stessa Finanziaria sancisce che entro il 30 giugno le Regioni devono legiferare altrimenti il processo di riforma delle Comunità montane verrà fatto dall’alto con indicatori precisi, quelli, appunto, dà la legge Finanziaria.
Quindi bene ha fatto la nostra Regine nell’assumersi la responsabilità di procedere con una legge, quella che oggi discutiamo in questa Aula.
Oltre la legge la Regione deve produrre – e questo è un aspetto altrettanto importante – una relazione finanziaria nella quale deve essere indicata la vera e propria riduzione dei costi. Per la nostra Regione la riduzione dei costi è di circa 1 milione e 600 mila euro. In Commissione abbiamo anche una relazione, che non è oggetto della discussione di oggi , ma che la Giunta approverà dopo la legge – e questa è la normativa da rispettare – e nella quale mi pare che quei tetti di spesa e di riduzione dei costi vengano rispettati.
Vorrei ora esporre che cosa proponeva la proposta di legge della Giunta regionale e quali modifiche sono state introdotte dalla Commissione.
La legge riorganizza le Comunità montane, incorpora parte della legge n. 2 – tra l’altro la legge regionale che oggi discutiamo ha un po’ l’ambizione di voler diventare una sorta di testo unico sui temi della montagna e sull’associazionismo dei Comuni –, ne individua degli ambiti, fissa i criteri di montanità; è questo che ci chiede la Finanziaria ed il criterio di montanità che la nostra Regione indica è il 30% del territorio di Comuni sopra i 400 metri. Inoltre istituisce il fondo della montagna, riassegna le funzioni che le Comunità montane debbono svolgere, funzioni che gran parte le Comunità montane svolgevano ai sensi della nostra legge e della normativa nazionale. Assegna alle Comunità montane anche un significativo compito in più, cioè quello di essere soggetti di promozione delle energie alternative.
La legge ridisegna il sistema degli organi, infatti agli articoli 9, 10, 11, 12, 13 vengono ridefiniti gli organi che si occupano delle Comunità montane. Sappiamo che in questo momento c’è una situazione abbastanza consistente sulla quale si riflettono anche i costi, pensate che attualmente ci sono 13 presidenti di Comunità montane, 371 consiglieri, 86 assessori.
La nostra legge, invece, prevede: un presidente e due vicepresidenti, un consiglio comunitario composto da un numero di consiglieri pari al numero dei rappresentanti dei comuni e aumentato di un terzo, una giunta composta dai sindaci e dai due vicepresidenti. Si fissano anche delle indennità, per il presidente c’è l’indennità prevista dalle leggi nazionali e per i due vicepresidenti c’è un’indennità massima di 500 euro, mentre i membri della giunta della Comunità montana essendo sindaci non ricadono su costi eccessivi.
La Commissione ha individuato punti di debolezza sui quali si è proceduto a delle proposte di modifiche oggi sottoposte al giudizio dell’Aula e che mi auguro vengano accettate anche se non è detto che questo accada, infatti sul testo sono già stati presentati 103 emendamenti di cui in ogni si vorrà discuterne con serenità.
Quali sono, a mio parere, i punti di debolezza della legge. Se le condizioni lo permettevano a mio parere si poteva lavorare meglio sulla questione della montanità, anche se sappiamo quanto sia difficile lavorare a progetti di riforma radicale. Cioè aggiungere al criterio della montanità, così come dice la Finanziaria, non soltanto l’altimetria ma alcuni indicatori socio-economici. Tra l’altro su questo l’Unione europea ci insegna che non è tanto la questione dell’altimetria che determina le condizioni di marginalità, quanto gli indicatori socio-economici, cioè la distanza dai centri più affermati e ricchi di servizi. Quindi su questo potevamo lavorare meglio.
Altro punto di debolezza è il non aver previsto la permanenza nelle Comunità montane dei grandi Comuni. Le altre Regioni su questo sono state un po’ più rigorose, ma sappiamo che la nostra è una regione particolare dove l’appartenenza territoriale e l’identità dei Comuni è molto forte.
A mio parere uno sforzo maggiore lo potevamo fare proprio approfittando di questa occasione…

PRESIDENTE. Mi scusi, Consigliere Mollaroli, ma invito i Consiglieri, ad iniziare i questo caso dai colleghi della relatrice, a fare silenzio, in quanto tutta l’Aula è impossibilitata ad ascoltare ciò che dice.

Adriana MOLLAROLI. Dicevo che potevamo insistere e lavorare meglio sugli indicatori assumendo con più convinzione la marginalità e i problemi dello svantaggio.
Alla luce di queste considerazioni critiche nel lavoro di Commissione – che non è stato semplice perché dettato da tempi abbastanza stretti – ha cercato di fare alcuni aggiustamenti che mi auguro, ripeto, che l’Aula li raccolga.
Ricordo che sul testo approvato dalla Commissione c’è stato il parere positivo del Cal espresso con una raccomandazione sull’appartenenza di due Comuni ad un ambito rispetto ad un altro, una modifica che la Commissione ha fatto e che credo necessaria.
All’articolo 1, comma 2 bis, abbiamo introdotto di nuovo un principio che indicava la legge Finanziaria, abbiamo riprecisato che per i Comuni classificati montani, e che possono anche non appartenere a Comunità montane o che sono parzialmente montani, non decadono quei benefici ed interventi speciali per la montagna stabiliti a loro favore da leggi statali e regionali dall’Unione europea.
Ci è sembrato importante riaffermare questo, è un’affermazione che prevede il testo della Finanziaria così come altre leggi regionali. Questo perché nella riorganizzazione i Comuni che erano precedentemente definiti montani o che sono tali ai sensi della legge nazionale, non vorremmo non potessero accedere a benefici delle normative europee e statali.
All’articolo 10 abbiamo introdotto, su suggerimento dell’Assessore, due vicepresidenti., mentre nel testo originario la giunta aveva soltanto i sindaci. Sappiamo che è opportuno che nella giunta venga rappresentato, anche attraverso lo strumento della vicepresidenza, il rispetto di una sorta di pluralismo politico che credo sia un valore fondamentale.
Al comma 3 bis dell’articolo 18 abbiamo introdotto una correzione. Diciamo che per la ripartizione delle risorse economiche dei grandi Comuni che fanno parte delle Comunità montane la popolazione deve essere considerata parzialmente.
All’articolo 20 ripristiniamo una parte della legge n. 2 sull’associazionismo dei Comuni. Abbiamo ritenuto opportuno riconfermare il programma di riordino territoriale. Questo programma, che tra l’altro è uno strumento che la nostra Regione non ha ancora utilizzato malgrado la legge n. 2 del 2003 lo consentisse, dovrebbe essere un piano che la Regione fa per aiutare i Comuni a darsi strumenti per gestire in maniera associata i servizi – questa è una delle questioni fondamentali – al fine di ridurre i costi per la popolazione e favorirne ovviamente l’offerta, il più grande interesse che la nostra Regione dovrebbe avere.
Modifiche significative sono state fatte all’articolo 20, fatte anche a seguito del dibattito scaturito in questo periodo sul territorio. La Giunta regionale nel compito difficilissimo – voglio assolutamente riconoscerlo – e obbligatorio, perché la legge lo prevede, di dover ridurre le Comunità montane, quindi di procedere ad una nuova riorganizzazione, in alcuni ambiti – quelli allegati alla legge – aveva proceduto a nostro parere ad alcune forzature. Mi riferisco in particolare all’ambito 3 dove veniva proposto un accorpamento che dal Comune di Apecchio arrivava fino ai Comuni di San Lorenzo in Campo e Fratte Rosa, includendo in questa Comunità montana i Comuni di Fossombrone e Pergola, realtà che nel corso degli anni hanno ormai consumato una differenza di ambiti territoriali, di riorganizzazione nella gestione dei servizi.
Quindi la Commissione ha ritenuto di depennare dalla Comunità montana che si configura nell’ambito 3 i Comuni di Fossombrone e Pergola e conseguentemente di Fratte Rosa e San Lorenzo in Campo, per i quali si prevede un accompagnamento nella nascita di un’Unione di comuni e anche di un’Unione di Comuni speciale, considerando lo svantaggio socio-economico in particolare della vallata del Cesano.
Su questo sono state fatte delle considerazioni abbastanza serie, non dettate da campanilismi. Credo sicuramente che la Giunta regionale abbia tentato di riaccorpare un territorio non facilmente riaccorpabile, ma con questa indicazione della Commissione si mantiene una Comunità montana intorno al Catria, mentre la vallata del Cesano deve impegnarsi a costruire un ambito nuovo di aggregazione tra i Comuni. Un ambito che la Regione, con un processo di destinazione di risorse e di accompagnamento politico, si impegna a far nascere.
Altra questione che abbiamo ritenuto di modificare è quella legata all’Alta Valmarecchia. So che questa legge e anche le modifiche da noi apportate sembrano interessare prevalentemente la provincia di Pesaro, ma bisogna sapere che è proprio in quel territorio che si consuma la riduzione del 50% delle Comunità montane. E’ un territorio che probabilmente in base alla vecchia legge regionale aveva un numero di Comunità montane eccessivo, ma a quel tempo tale non pareva. Oggi l’Aula deve sapere che non c’è una questione campanilistica, anche se molti di noi vengono da quel territorio, io stessa relatrice di questa legge, e si deve sapere, ripeto, che lì si consuma il 50% della riduzione delle Comunità montane. Quindi è il processo di riaggregazione più complicato che abbiamo davanti. Sappiamo anche che in questo stesso territorio – l’abbiamo trattato pochissimo tempo fa in quest’Aula – si è consumata la scelta di alcuni Comuni di volersi distaccare dal nostro territorio.
Quindi credo che la Giunta aveva sì fatto bene a mantenere l’Alta Valmarecchia come Comunità montana a sé, ma si era anche creato un accorpamento eccessivo perché l’ambito 2 veniva combinato con 22 Comuni accorpando due Comunità montane. Così noi abbiamo detto che una parte di quel territorio, esattamente la vecchia Comunità Montana indicata nella legge precedente come Montefeltro B, deve continuare ad esistere finché il Parlamento si pronunci sull’esito definitivo della vicenda dei Comuni della Valmarecchia. Quando questo sarà definito si potrà procedere o al mantenimento della stessa o all’accorpamento con l’Alta Valmarecchia che credo sia l’ambito di appartenenza più consono a quegli stessi Comuni.
Queste sono le modifiche sostanziali che ha fatto la Commissione, oltre, come vi ho già detto, alla reintroduzione di alcuni Comuni. Tutto questo al fine di ragionare con l‘Aula su un testo che cerca di assolvere ai compiti che dà la Finanziaria, cioè riaggregare i nostri Comuni, ma farlo anche con delicatezza per evitare forzature ed ascoltando anche il territorio.
Voglio dire, è presente il Presidente Spacca, che nella legge precedente sulle Comunità montane avevamo detto ai Comuni di chiedere addirittura di aderire, in questo caso invece i Comuni possono decidere se non vogliono far parte delle Comunità montane. Quindi c’è un procedimento inverso rispetto a quello che è stato adottato molti anni fa, ma è anche vero che un tempo non si avevamo gli strumenti di partecipazione che ha oggi la nostra Assemblea legislativa.
Questo è testo sul quale credo si possa ragionare anche se l’Aula, ovviamente, deciderà anche sulla base dei tanti emendamenti presentati. Credo comunque che risponda agli obiettivi della Finanziaria e che riorganizzi il nostro territorio con aggiustamenti a mio parere indispensabili. Tra l’altro si potrebbe ritornare in Aula magari anche quando sarà più chiaro il quadro normativo nazionale. Voglio ricordare che su questa vicenda ci sono stati alcuni annunci e alcuni rinvii da parte dell’attuale Governo, si erano diffuse notizie sulla stampa che si potesse già procedere con un decreto legge ad una riorganizzazione anche con un taglio drastico, poi è stato rinviato tutto alla riforma del codice delle autonomie locali.
Mi auguro, dunque, che si ragioni con molta serietà su questo testo e che l’Aula sia pronta ad approvarlo.
Voglio ricordare al Presidente e all’Assessore – lo sanno ovviamente meglio di me – che la nostra regione ancora regge bene da un punto di vista delle condizioni socio-economiche, dell’occupazione, abbiamo dati – ce lo ricordava anche l’Assessore Ascoli pochi giorni fa – abbastanza significativi, però in alcuni territori ci sono sofferenze, in particolare in alcuni territori montani e collinari. Quindi dobbiamo assumere con più convinzione l’obiettivo di farci carico e di darci strumenti anche per perequare le condizioni di vita dei cittadini dell’entroterra, condizioni di grande sacrificio, infatti vivere lì a volte costa molto di più che vivere in città in quanto non solo ci sono meno costi ma anche più spese.
Pertanto su questo dobbiamo darci strumenti veri perché, dobbiamo dircelo, non servono soltanto le aggregazioni dei Comuni più o meno ottimali (Comunità montane, Unioni di Comuni, strumenti), ma servono politiche di sostengo vere per consentire a cittadini che vivono in aree marginali di non avere differenze sostanziali in particolare in una situazione economica difficilissima come quella che sta vivendo la classe media del nostro Paese.
Mi auguro che tutto questo nella discussione emerga con convinzione.
Saremo senz’altro contenti di avere una Comunità montana in più o in meno oppure qualche Unione di comuni o strumenti nuovi da sostenere, ma la nostra Regione dovrà avere comunque il compito di garantire a tutti i cittadini, indipendentemente da dove vivono, le stesse condizioni di vita.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Massi. Chiedo ancora ai Consiglieri di prestare attenzione.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Questo è uno di quei momenti in cui pensiamo di poter dare delle risposte strutturali al nostro sistema di governance.
Nelle riflessioni accompagnatorie del testo tanta parte dell’intervento della relatrice Mollaroli è condivisibile.
Come al solito in Commissione abbiamo svolto un lavoro molto proficuo, ci siamo dati sensazioni e dati precisi – senza presunzione per il nostro ruolo – sulla situazione che c’è nelle nostre Marche.
Riscontro, collega Mollaroli, forse per un puro caso, che negli ultimi tempi le questioni più spinose, anche quelle dentro la maggioranza, fanno capo alla prima Commissione e in particolar modo al suo Presidente di maggioranza. Quindi le do atto che deve camminare sulle onde e sui crinali più pericolosi, a volte anche con la volontà di dover conciliare quelle posizioni che legittimamente nella stessa maggioranza sono a volte distanti e qualche volta – mi permetto di dire – anche incomprensibili. Infatti io non ho ben capito se la maggioranza ha una linea e quali tesi prevalgono, questo perché nel dibattito sia in Commissione che fuori si incrociano posizioni antitetiche tra loro. Però questo è normale, quindi andiamo avanti.
All’inizio di questo dibattito ho fatto una riflessione. Ho definito la manovra Lanzillotta-Prodi sulle Comunità montane la foglia di fico del Governo Prodi. Perché la foglia di fico? Perché il Governo Prodi ha rinunciato a mettere mano a una riforma strutturale, e questo lo annunciano tutti i Governi, anche il Governo di centro-destra dovrà essere vagliato alla prova dei fatti. Io sono abituato con qualunque governo, anche il mio, a non sottoscrivere nulla in bianco, pertanto vedremo quello che farà il Governo Berlusconi , governo che ha già comunque annunciato una rivisitazione complessiva del sistema della governance in questo Paese. Stavo poc’anzi dicendo che alla prova dei fatti il Governo Prodi, tra tutto quello che sulla governance italiana poteva fare di interventi strutturali, ha messo mano solo alle Comunità montane, cioè gli enti più piccoli e più deboli. Il Governo Prodi, a parte i casi eclatanti o il primo capitolo del libro La Casta che attacca le Comunità montane sottolineando lo scandalo di quelle marine, e quindi anche sotto la spinta emotiva di questo testo di grande successo, è andato a tagliare sulle Comunità montane. Ribadisco che è una foglia di fico il presentare ipocritamente agli Italiani la credibilità – quella che doveva essere – di un Governo che mette mano allo spreco e quindi si adopera per tagliare questo spreco.
E’ veramente ridicolo che si sia cominciato dalle Comunità montane. Lo dico come cittadino marchigiano e con l’orgoglio marchigiano, e lo dico anche a favore di quei colleghi amministratori di sinistra del nostro territorio che conosco personalmente e dei quali posso dire che molti non sono proprio operatori dello spreco.
Questo provvedimento Prodi-Lanzillotta, ripeto, è stato veramente ridicolo inserirlo nella Finanziaria.
Posso magari capire l’altro aspetto politico che probabilmente era quello di colpire le Comunità montane, colpire cioè quella lega che si annidava nella concezione Prodi e che si annida probabilmente – ora non lo è più – anche nelle alti valli alpine dove le Comunità montane sono forti e contano politicamente. Dunque questo politicamente lo posso capire, però sono state messe in difficoltà le Regioni e soprattutto la nostra. E qui entra in gioco l’Assessore Minardi che ha cercato di conciliare quello in cui credeva come politico di lungo corso, cioè la sottolineatura e la valorizzazione dei ruoli istituzionali dei nostri sindaci e dei nostri territori. Lo ha fatto con quello che lui ha definito apertamente nella Commissione – dall’opposizione gli dico sinceramente che ha fatto un gioco scoperto –, cioè cercare di conciliare con le ragioni istituzionali quelle della politica, e in particolar modo anche le ragioni politiche della maggioranza di questa Assemblea legislativa – guardo il segretario regionale del Pd –. Dentro questo provvedimento, infatti, c’è forte la vostra strategia di tutelare, di salvaguardare, di garantire anche per il futuro l’attuale grande coalizione che qui dentro esprimete e che regge il Governo del Governatore Spacca.
Sono tutte cose accettabili in politica, questo lo dico sempre, salvo quando queste ragioni nei testi che si articolano creano qualche farraginosità in più e qualche organismo troppo pletorico. Ed è contro questo che abbiamo presentato i nostri emendamenti.
Il relatore di maggioranza ha detto che sono stati due i piloni del dibattito. Prima però voglio fare una premessa. Quando la collega Mollaroli dice che è ora che in questa Assemblea legislativa mettiamo mano all’individuazione strategica degli ambiti territoriali locali per la gestione dei servizi, sottoscrivo quello che ha detto e lo rilancio alla Giunta, perché credo le nostre legislature saranno veramente utili se metteremo mano a questa strategia. Credo che questa sia la prima cosa che dovrebbe fare la Regione, ma siamo a due terzi della legislatura e non ci abbiamo messo ancora mano. Poi se verrà dichiarato che anche le Comunità montane potranno gestire il turismo o che ci sarà una strategia dell’energia delle fonti rinnovabili, chiaramente saremo d’accordo, però manca la seconda parte, cioè come cercare di unire, non dico fondere, i nostri Comuni in una comune strategia di territorio, passi o no per Comunità montane, Province, Unioni di Comuni, Consorzi o quello che volete, ma dobbiamo fare questo e finora non l’abbiamo fatto. Dunque questo credo sia un limite forte di questa maggioranza e di questo Governo.
Vado ora alla parte più illustrativa. Ho visto che qualcuno prima ironizzava e chiedeva se c’è anche una sintesi nella strategia della minoranza. Posso rispondere di sì. Infatti, cosa vi hanno detto fin dall’inizio tutti i gruppi della minoranza qui presenti? Mettiamoci d’accordo su due cose: i territori e i meccanismi di governo.
Sui territori è prevalsa l’impostazione della maggioranza, di fronte al quesito che vi ha fatto il duo brillante Prodi-Lanzillotta sulla strategia, come dicevo prima, della foglia di fico, di attenervi cioè a quei criteri cosiddetti stretti della montanità. Che cosa è prevalso nella maggioranza? E’ prevalso che nella montanità si potevano inserire, con diversi accorgimenti altimetrici, orografici, di confine, di servizi, insomma quasi a volersi arrampicare sugli specchi, anche certi territori di città, però che sono città che non vivono minimamente il dramma della gestione dei servizi dei territori montani. Questo lo dico anche per la mia città di Tolentino che per alcuni aspetti considero una città vicina a Fabriano, a Treia, a Urbino.
La strategia della maggioranza, dunque, è stata quella che le grandi città devono stare dentro, certo con una giustificazione di cui abbiamo parlato spesso, cioè che la grande città nell’ambito del territorio può servire a trascinare anche la qualità e la quantità dei servizi dei Comuni più piccoli. Questo è vero, ed io ho anche detto, sottolineandolo in un dibattito con l’Assessore, che anche il criterio francese è quello di creare un comune capofila e attorno comuni satelliti che programmano il territorio. Ma siccome questa programmazione noi qui non ce la siamo data mai, il criterio di inserire le città in questi ambiti ci lascia perplessi.
Allora, vi chiederete, c’è una sintesi nella minoranza? Parliamoci chiaro, colleghi, la politica è anche realismo. Perché prima dite che a cominciare da Fabriano – non è colpa mia se è la città del Governatore – le città devono stare dentro, poi cadete nella contraddizione con tre o quattro piccoli Comuni che sbattete fuori. Infatti noi abbiamo fatto emendamenti per reinserirli proprio perché non mi pare giusto che stiano dentro Fabriano, Tolentino e Urbino e poi si tirano fuori Loro Piceno, Rosola o Appignano del Tronto. Questo non è in nessuna razionalità. Avete scelto il criterio che i territori devono stare integralmente dentro, quindi anche le città, allora realisticamente cerchiamo di lavorare dentro.
Sappiamo bene che per il cittadino che ci guarda questo criterio desta grande perplessità e questo è pure uno dei motivi grandi della nostra perplessità.
Ora vi ho illustrato il primo argomento, mentre il secondo argomento è sui meccanismi di governo. In questo ricorro anche al lavoro che faccio – lo dico sempre e lo faccio senza presunzione –, a noi dirigenti degli enti locali di solito si chiede un po’ di semplificazione che mi pare sia anche la spinta che viene dalla cosiddetta società civile.
Qui abbiamo, infatti, giunte che hanno pari numero dei consigli e mi pare difficile trovare nel mondo un esempio simile. Nel meccanismo di governo delle comunità montane, così come le definite e le proponete voi cioè con l’integrità di territori, non ci siamo chiariti perché, allora, dobbiamo farle anche funzionare, cioè ci vuole efficienza, qualità, efficacia, risposte al cittadino, alle imprese, alla società, al volontariato, ai servizi. Quello che sempre ci diciamo.
La nostra impostazione sul ruolo dei sindaci nelle Comunità montane, invece, è stata solo una, ma su questo non siamo riusciti ad inchiodare la maggioranza su un certo tipo di discussione anche se avevamo sperato di farla ragionare. Secondo noi il sindaco che va a rappresentare un Comune nella Comunità montana deve garantire la programmazione e il controllo. Ecco perché con i nostri emendamenti abbiamo puntato su consigli costituiti dai sindaci. Mentre la proposta dell’Assessore era quella che la Giunta è formata dai sindaci visto che gestiscono sono l’esecutivo.
La nostra è un’impostazione diversa, noi vogliamo che i sindaci siano il consiglio e che garantiscano il loro Comune nella programmazione. Quando si parla di funzioni del consiglio, lo sapete – mi pare le riassuma un emendamento del collega Lippi –, si parla di grande programmazione, dal preventivo al consuntivo, dai grandi piani strategici al controllo. Nell’impostazione dell’Assessore, invece, c’è la scelta di dare più spazio ai sindaci nella gestione. La giunta diventa un organismo molto ampio a cui si affianca una triade fatta di un presidente e di due vicepresidenti. Nell’ultima proposta viene accettato un vicepresidente che rappresenta la minoranza e questo può anche andar bene. Noi in Commissione abbiamo detto che se ritorniamo al criterio degli anni ottanta, con il quale anche la minoranza per una parte può far parte della giunta, va bene, però siamo distanti sull’altro aspetto, cioè, ai sindaci la programmazione e ad altre persone la gestione. Se i sindaci fanno il consiglio comunitario e scelgono la giunta, possono mettere qualcuno di loro, come avviene adesso, perché ci sono presidenti e assessori che fanno i sindaci, ma possono scegliere anche altre persone purché siano – questo era nella nostra accezione – consiglieri comunali, quindi persone elette a cui delegare la gestione del territorio.
E se a questi territori ci teniamo – non me ne vogliano i sindaci, ne conosco alcuni che fanno bene i presidenti e gli assessori nelle Comunità montane –, se devono rimanere, se il Governo non li taglia, se vanno avanti con i territori che la maggioranza ha proposto anche in deroga a quel criterio stretto della montanità, facciamoli funzionare. E se li dobbiamo far funzionare creiamo una classe dirigente sul territorio della comunità montana che ci lavora e fa solo quello, gli limitiamo il numero degli assessori, gli limitiamo le indennità, però che facciano solo quello, e i sindaci programmano e controllano.
L’Assessore un giorno ci ha detto una bella frase romantica “che bello avere un’assemblea di tutti gli eletti che si ritrovano per un giorno e che diventa un po’ la giornata dell’identità di quel territorio montano”. Assessore, può essere anche questo, il problema era che in una situazione come questa forse sarebbe stato meglio prevedere un criterio molto più semplice. I sindaci sono il consiglio ed eleggono la giunta. Come? Anche con i criteri politici, al loro interno ci saranno sindaci con una tendenza e sindaci con un’altra, come avviene anche adesso, si governa otto contro sette, sei contro cinque, non c’è nessun problema, però mi rendo conto che la previsione di un consiglio comunitario con la rappresentanza di ogni comune, immagino uno per ogni comune con il criterio politico, consente lo spazio ad aggregazioni che non siano solo i due partiti di questo sistema, cioè Pd e Pdl, ma anche altri rappresentanti di partiti di altre espressioni.
Non sto gridando allo scandalo, sto solo dicendo che anche per ragioni della politica, accettabili, condivisibili, ecc., se questi enti devono andare avanti, se devono essere confermati, se vogliamo che tutelino il nostro territorio montano, cerchiamo di renderli efficienti e funzionali con persone dedicate a questa missione e che corrispondano, questo sì, ai sindaci in quanto sono eletti e quindi garanti del nostro territorio.
Mi pare che su questo ci potevamo accordare, ma non è stato fatto. Quindi se passa la vostra proposta avremo delle giunte che saranno costituite dal presidente e da due vicepresidenti e in certe Comunità montane da un numero di sindaci veramente enorme in quanto quasi pareggia il numero del consiglio comunitario.
Queste sono, senza presunzione, le sottolineature di quelli che riteniamo siano i limiti. Dico sempre che quando arriviamo a questo – e ci divideremo anche sugli emendamenti – dobbiamo accettare che abbiamo avuto una carenza di dibattito tra noi. Noi ce l’abbiamo messa tutta, ma probabilmente non ci siamo accordati e capiti fino in fondo.
C’era il limite imposto dal Prodi-Lanzillotta del 30 giugno, lo capisco, capisco l’ansia e la velocità, c’è stata una campagna elettorale di mezzo che ha precluso due mesi di dibattito, in ogni caso oggi arriviamo con un provvedimento che desterà sul territorio delle grandi perplessità.
Sono limiti della politica? Questo non lo so, ma sicuramente sono dei limiti che autocriticamente dobbiamo dire che ci hanno condizionato e che in qualche modo ci hanno quartato su un provvedimento che non credo che entusiasmerà molto né i cittadini delle Comunità montane né quelli più estranei a questo dibattito.

Presidenza della Vicepresidente
Stefania Benatti

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Ha la parola il Consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Prima vorrei fare una piccola premessa. I colleghi sanno che la mia opinione personale e anche del partito che rappresento, è sempre quella di dire che bisogna cercare di eliminare il più possibile i costi della burocrazia e la spesa pubblica improduttiva affinché si possa dare spazio alla crescita economica e quindi poter destinare denari per gli investimenti. Questa è sempre stata la mia idea quindi anche oggi sarò coerente al mio pensiero.
Rispetto a questo problema il Governo Prodi ha detto che bisognava iniziare a tagliare alcuni costi. E’ partito dagli organismi più piccoli, meno significativi, e anche se forse io avrei iniziato dalle Province poi la stessa cosa la direi anche al Governo Berlusconi, però vedo che al di là delle promesse elettorali quando si deve passare ai fatti per tutti c’è la difficoltà a metterci le mani seriamente.
Comunque visto che oggi dobbiamo discutere di questo, parliamo di questo.
Come Udc ci siamo seriamente confrontati rispetto alla proposta che la maggioranza ha presentato, tant’è che dove abbiamo visto degli errori vistosi ci siamo permessi di fare anche dei piccoli emendamenti per correggerla, ad esempio quello dell’esclusione di Rosora.
Però, cari amici, visto che sono abituato di entrare nel concreto, voglio dirvi che questa proposta ha dei limiti che ora cercherò di spiegare, e proprio perché abbiamo riscontrato questi limiti ci siamo permessi di presentare una proposta alternativa.
Intanto questa mattina dall’intervento della relatrice di maggioranza abbiamo appreso che non sono più nove Comunità montane più una, ma sono otto Comunità più una. E questo sicuramente è un aspetto positivo.
Il limite è che questa proposta rispetta sì il taglio del terzo previsto obbligatorio dalla norma nazionale, però non tiene conto che per il 2009 la proposta fatta dall’attuale Governo, e che voi tutti conoscete meglio di me, ha previsto un ulteriore taglio di un terzo, quindi la proposta di oggi è fuori logica. A luglio 2008 approveremo un riordino che a gennaio 2009, cioè fra pochissimi mesi, non sarà più rispettoso di quello che il Governo centrale ci obbligherà di fare.
E’ per questo che ci siamo permessi di elaborare una proposta emendativa, magari non perfetta per cui può essere anche emendata, che prevede: una riduzione da tredici a sette Comunità montane, anziché nove, con un risparmio calcolato di 2 milioni e 249 mila euro; una riduzione del numero dei componenti, degli organi e delle indennità per un risparmio di 983 mila euro; una riduzione di spese di funzionamento con un risparmio di 940 mila euro. Quindi con un totale del risparmio di 3 milioni 473 mila euro che percentualmente significa una riduzione del 71%, e che ovviamente porrebbe a riparo anche del successivo provvedimento governativo la legge che l’Assemblea legislativa oggi si appresta ad approvare.
Questo è l’argomento più consistente che possiamo addurre rispetto a questa proposta. E pur essendo tra coloro che hanno sempre sostenuto che l’organizzazione statale poteva essere completa con il Parlamento, la Regione e i Comuni, dico che in effetti non bisogna fare neanche della facile demagogia o del qualunquismo, perché quando si dice di abolire tutte le Comunità montane bisogna anche riconoscere che ci sono delle zone interne che conosciamo benissimo, sono nel maceratese, nel pesarese, nell’ascolano, un po’ meno nell’anconetano, in cui è giusto che ci sia un discorso di salvaguardia di queste realtà, di queste storie, di queste tradizioni o della possibilità che queste persone possano continuare a vivere in questi territori.
Quindi no al qualunquismo e non fare di tutta un’erba un fascio.
Sicuramente la maggioranza si è mossa in questa direzione, infatti ha cercato in parte di ridurre rispettando alcune cose, ma questo è insufficiente. Perché, ripeto, rispetto al gennaio 2009 questa proposta, che si sforza di rispettare il limite imposto dall’attuale legge per il 2008, non sarà già più attuale. E questo è il limite più grande che intravedo in tale vostra proposta.
Pertanto vi invito a valutare se è il caso di prendere in considerazione quello che stiamo dicendo, seppur rimaniamo con uno spirito di apertura rispetto alle proposte e alle considerazioni che verranno fatte in questa Assemblea legislativa.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Svolgerò alcune considerazioni più che altro di carattere generale perché su una questione così delicata avere la necessità della scelta rispetto ad un atto imposto a livello governativo e parlamentare è sempre difficile. E mi rendo anche conto che aver dovuto fare nel testo oggi qui in Aula una sintesi di tutti quelli presentati ha costituito una difficoltà.
Da un contesto più generale, riferito al decreto del precedente Governo che partiva dal cosiddetto decreto Lancillotta, scusate Lanzillotta, dobbiamo comunque partire da due esigenze. In primo luogo da quella del risparmio su cui voglio aprire una breve parentesi. Perché, attenzione, quando si parla del risparmio dei costi della politica, ed in definitiva con una ipocrisia consapevole da parte di tendenze qualunquistiche e reazionarie, in realtà non si vuole tagliare il costo della politica, ma si vuole ledere la rappresentanza, la democrazia. E in una visione di questo tipo alla fine ci sarà sempre qualcuno che dirà che l’Assemblea legislativa regionale costa troppo e che costa troppo anche il Parlamento e quindi che bisognerà chiudere le Assemblee elettive. Certo questo non vale per altri enti di secondo grado, tuttavia la tendenza della semplificazione o di quella tecnocrazia che sostituisce la politica è sempre in agguato in quanto c’è sempre qualcuno che pensa ad una democrazia di tipo autoritario e forse ancora peggio.
Il decreto del Governo, invece, partiva da una esigenza giusta, quella di legare la necessità della rappresentanza e quindi costituire Comunità montane effettivamente tali e con criteri più certi rispetto all’altitudine, alla popolazione e al tempo stesso, appunto, risparmiare.
Ancor prima c’era stata la legge n. 142/90 che al capo IX all’articolo 28 declinava quali enti locali le Comunità montane. Questa, secondo me, anche se era stata forse una risposta eccessiva, tuttavia coglieva una esigenza reale, quella di ottimizzare lo sviluppo del governo del territorio montano attraverso risorse certe.
Quindi in una visione seria nella nuova legge, anche se imposta, ripeto, da un contesto più generale, si dovrebbe partire da indicazioni oggettive, quelle cioè di costruire le nuove Comunità montane con Comuni effettivamente montani. Con questo, però, senza disperdere quelle funzioni associate della gestione dei servizi, funzioni consolidate da molti anni a questa parte anche da parte di quei Comuni che non saranno più nelle Comunità montane. Infatti questa funzione associata ha dato una risposta in larghissima parte positiva e quindi non deve essere dispersa. Non deve essere dispersa perché il rischio potrebbe essere sempre quello di voler concentrare le risorse negli ambiti demografici più grandi.
In una concezione di questo tipo, visto che si deve ridurre il numero delle attuali tredici Comunità montane, non si può dire, come è stato detto, che dobbiamo fare una Comunità montana per provincia, questo non sarebbe un criterio serio. Invece sarebbe stato serio parlare di una proposta che – come aveva fatto la Giunta regionale – declinava in un numero abbastanza ottimale che prevedeva sette Comunità montane, cogliendo le due maggiori specificità geografiche montane, le più significative nelle province di Pesaro Urbino e Macerata. Queste province attualmente di Comunità montane ne hanno rispettivamente sei e tre e dovevano passare a due per ogni realtà mentre il resto rimaneva invariato.
La proposta uscita dalla Commissione, alla quale devo rivolgere anche un attestato di plauso per aver fatto un’approfondita consultazione, modifica questo testo e secondo la nostra visione indebolisce quello della Giunta regionale, infatti porta la proposta prima a otto poi a nove ed oggi mi pare di aver sentito a dieci (otto più due), con una riduzione progressiva che si farà dopo un po’ di tempo, cioè un domani si accorperanno Cagli e Pergola.
Vorrei aprire e chiudere una piccolissima parentesi su Pergola. Se non vogliamo disperdere quel tessuto significativo di servizi, di democrazia e di risposte date, occorre che si faccia una riflessione. Nel senso che non possiamo lasciare alla spada di Damocle del Governo che a settembre deciderà, Comunità montane che attualmente hanno solo uno o due Comuni montani, il rischio potrebbe essere quello che il Governo in una necessità tecnica “giusta” di razionalizzazione le spazzerà via.
Inoltre c’è la specificità della Valmarecchia per la quale nella proposta si è scritto – se non ho capito male – “ti lascio la Comunità montana per non farti andare con la Provincia di Rimini, se resti nelle Marche e se il Parlamento non darà l’assenso ti accorperò” Secondo me pur essendo un discorso di mediazione serio, tuttavia è anche una contraddizione. E’ stato detto che i sindaci di quella realtà sono d’accordo ad una impostazione di questo tipo, ma secondo me compiono un errore, nel senso che in questo modo si indebolisce una proposta di prospettiva. Sarebbe stato meglio dire che Novafeltria e la Valmarecchia dovevano rivendicare e diventare il fulcro di una nuova, seria e grande Comunità montana e se il Parlamento darà l’assenso anche di una politica di sviluppo nelle Marche o in altra Provincia.
La mia conclusione la vorrei fare sulle forme di governo. La Comunità montana nuova introduce una forma più semplificativa e apprezzo anche lo sforzo dell’Assessore Minardi che ha cercato di tenere insieme un minimo di pluralismo e di rappresentatività. Tuttavia è ovvio che la rappresentatività non può essere soddisfatta del tutto da una istituzione. Voglio dire, cioè, che partiti ad esempio come il nostro dei Comunisti Italiani che è un partito piccolo e quindi ha pochissimi sindaci o pochissimi assessori, non possono trovare, visto che non hanno la sostanza nella società, un controaltare di rappresentanza nelle Istituzioni. Certo, nessuno pretende questo, ma voglio comunque porre a questa Assemblea legislativa, visto che sono partito dal fatto di non tagliare la democrazia e di risparmiare sui costi e sugli sprechi, che c’è un rischio. Qual è questo rischio? L’indicazione di costituire un presidente e due vicepresidenti e all’articolo 13 di costituire la giunta della Comunità montana con i sindaci che fanno parte dei Comuni della Comunità montana, in realtà è un concetto che va verso una sorta di bipartitismo. E non so se questo sarà utile alla democrazia, ma secondo me così si rischia di andare ad un’ulteriore divisione, si rischia di far implodere il sistema e soprattutto, guardando dal punto di vista della rappresentanza reale, si rischia di espropriare i consigli comunali, il consiglio della Comunità montana, e questo al di là della rappresentanza politica e partitica.
Pertanto penso che nell’attuale testo occorra trovare una sintesi più realistica. Noi valuteremo il dibattito e valuteremo le proposte al fine di poter dare il nostro contributo per un testo più equilibrato. Un testo che mi auguro possa uscire da una discussione seria tenendo conto di quello che è stato fatto.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Ho ascoltato attentamente gli interventi ma qualcosa mi sfugge, infatti non ho capito se la Consigliera Mollaroli ha parlato per la maggioranza o per se stessa. Dall’intervento del Consigliere Procaccini e dagli emendamenti che ho visto penso che qualche cosa non quadri sia nella sua relazione, sia nel numero delle Comunità e sia su come si vuole raggiungere gli obiettivi.
Pertanto deve essere fatta una riflessione più profonda per far comprendere alla gente che dovete fare meno demagogia e raggiungere più obiettivi.
Voi avevate un solo problema, quello di non scontentare quei Comuni che vi hanno chiesto di fare le Comunità montane, e non vi siete preoccupati assolutamente di quello che pensa e di quello che serve veramente alla gente.
Io non ho nessun problema in quanto vengo dalla costa, pertanto faccio una riflessione serena, tranquilla e non partigiana, però ciò non significa che non si può non evidenziare che nella maggioranza c’è poca chiarezza e tanta confusione.
Prendo a caso due emendamenti, uno e quello del Consigliere Binci – condivisibile o meno – che dice che la proposta della Consigliera Mollaroli non va bene e quindi chiede di passare a sette. Per carità, può essere anche giusto proprio per raggiungere quegli obiettivi del risparmio ribaditi anche il Consigliere Procaccini, che di fatto anche lui è in contrasto con quanto ha detto la Consigliera Mollaroli.
Inoltre c’è un emendamento del Consigliere Solazzi che dice: “la Regione può prevedere che i benefici di cui al comma 1 siano concessi anche nel caso di Comuni non compresi nell’ambito di Comunità montane”.
Pertanto chiamo in causa l’Assessore al turismo per cercare di capire se c’è un progetto, se c’è una programmazione, quanti fondi ci sono a disposizione e quanti anche quelli per tutto il litorale marchigiano. Noi, infatti, abbiamo una costa che richiama molto turismo, però abbiamo anche una pessima costa che non è a causa della manutenzione ma di quei danni che a volte procura il mare (ad esempio l’erosione) o anche per il fatto che molto spesso alcuni Comuni della costa, quelli magari anche definiti ricchi, non hanno soldi per intervenire con il ripascimento.
In questa Assemblea legislativa non ho sentito mai fare interventi complessivi, si parla di progetti, si parla del piano regolatore della spiaggia, ma è tutta aria fritta perché poi di sostanza non c’è niente. Se gli operatori tra mille sacrifici non facessero interventi anche con risorse personali sicuramente per i turisti non ci sarebbero tutti quei servizi.
Vorrei fare alcune domande che qualcuno potrebbe anche considerarle fuori tema, cioè: che turismo abbiamo nelle Marche? Perché un turista dovrebbe venire nelle montagne o nelle zone costiere delle Marche? Cosa offriamo? Cosa fanno la Regione Marche e le Province, governate dalla sinistra, per migliorare la qualità o per portare presenza? Pensate che andare alle fiere per pubblicizzare le Marche e il Conero sia sufficiente! Pensate sia sufficiente portare il salame, il vino o il formaggio! La gente viene sì nelle nostre montagne anche per i prodotti alimentari ma se poi non abbiamo le strutture! Quando facciamo una riflessione seria su questo? Vi preoccupate se le Comunità montane debbano essere cinque, sette, nove, ma secondo voi è questa la politica della Regione Marche?! La programmazione, la pianificazione, ma di cosa stiamo parlando!
Penso che un discorso serio da fare sia quello sulla riduzione dei costi della politica, anche se certamente anche la montagna deve avere delle risorse. Voglio ricordare che in questa Assemblea legislativa sono stato uno dei promotori di una proposta di legge sulla montagna, e non credo di sbagliare se dico che molto spesso i fondi venivano destinati per gli acquisti degli autobus anziché per ristrutturare le funivie della montagna. Poi nel tempo qualcuno ha anche capito che c’erano strutture vecchie che dovevano essere rifatte e che gli impianti avevamo molte difficoltà, ma a qualche intervento tampone non è seguita una programmazione.
Assessore ora non me ne voglia, ma di questo ne abbiamo parlato tante volte!
Per portare dieci turisti vi preoccupate di fare l’ascensore al Conero, ma quelli erano soldi che bisognava investire anche per la montagna. Certo, ognuno fa la propria scelta, condivisibile o meno, non contesto quello che avete fatto, magari serviva pure quell’ascensore, contesto però che l’avete preso da quei fondi europei che erano destinati anche alla montagna.
Ora bisogna dare atto che c’è stata anche una correzione, sono stati fatti degli investimenti in conto capitale o a fondo perduto per far sì…. ecc., però le difficoltà che hanno quei Sindaci non sono delle Comunità montane, sono dei Comuni. Allora di che cosa parliamo quando ci riferiamo a Sarnano o a Bolognola?! Quante risorse bisognerebbe dare a questi Comuni? Noi abbiamo delle zone meravigliose dove c’è anche un turismo pendolare, bene, allora sfruttiamolo. Con un’ora di macchina dalla costa si va in montagna; personalmente se voglio andare a prendere un po’ di aria buona preferisco andare a Sarnano che sulle Dolomiti.
Creiamo quindi le strutture adatte e invitiamo la gente, cominciamo a ragionare su una pianificazione. Invece siamo in difficoltà su tutto, lo siamo anche sull’aeroporto, infatti spesso per prendere un aereo dobbiamo andare a Bologna o a Pescara. Potrete dirmi che cosa c’entra questo con le Comunità montane, ma se la gente non riesce neppure ad andare a Falconara come possiamo pensare che possa andare nel nostro mare o nelle nostre montagne?! Come ragioniamo! Fate degli investimenti mirati, non le elemosine, il sottogoverno o il clientelismo, potenziate l’aeroporto, basta con l’assistenzialismo e il tenere sempre in agonia. Facciamo in modo che la gente venga nelle Marche e possa ammirare quelle, anche poco valorizzate, bellezze della nostra regione. Ripeto. E non è che facendo una fiera a Monaco, a Parigi o a Milano si fanno poi arrivare milioni di persone, perché alla gente bisogna dare delle aspettative, delle attrazioni, dei servizi.
Prima il Consigliere Procaccini diceva che non bisogna fare il qualunquismo, però un bell’azzeramento e ripartire dai progetti seri forse sarebbe stato salutare, per lo meno qualcuno si sarebbe potuto impegnare di più di quello che già sta facendo, infatti i Presidenti delle Comunità montane bisogna anche ringraziarli. Comunque ci sarebbe voluta una scossa proprio perché in questi giorni si è parlato solo o delle nove Comunità montane con questi o quei Comuni o del taglio di quella o quell’altra Comunità montana, ecc.. Ad esempio ho visto che in provincia di Macerata – Consigliera Giannini non me ne voglia – 37, 38 Comuni fanno parte della Comunità montana. Ma di che parliamo?! 38 Comuni!
Facciamo delle Comunità montane dove servono veramente, facciamole dove c’è carenza di servizi, dove c’è carenza di risorse. Facciamo le Comunità montane con una programmazione seria, e non che andate in giro a dire “abbiamo fatto le…”.
Io sono stato poco chiamato dai Sindaci delle Comunità montane, forse perché mi reputano uno del mare, però, signori miei, smettetela di dire che la costa è ricca e che non deve essere investita. Molto spesso quando si parla della costa sembra di parlare di Paperon de Paperoni, quando così purtroppo non è. Ad esempio i nostri operatori con il fermo della pesca non hanno solo sofferto, addirittura stavano per chiudere; la gente non ha più “l’anello al naso” e quindi se manca il pesce fresco mangia la carne.
Dunque mi auguro, se la maggioranza non è in grado di farlo, che il mio gruppo con tutti quelli dell’opposizione facciano dei progetti seri alternativi. Consigliere Giannotti, è inutile che parliamo di 7, 8, 9 Comunità montane, non ci rendiamo ridicoli anche noi, abbandoniamo l’Aula, rifiutiamoci di parlare di queste cose. E’ la maggioranza che fa del qualunquismo, è la maggioranza che non dà una proposta seria perché la Consigliera Mollaroli dice una cosa, il Consigliere Procaccini ne dice un’altra, il Consigliere Binci e il Consigliere Solazzi altre ancora. Ma qual è la maggioranza?!
Concludo dicendo che mi atterrò alla votazione del mio gruppo seppur con tutte le riserve che ho detto. Mi auguro che nella riflessione emerga un ragionamento serio sugli interventi e sui servizi che bisogna fare per la montagna e su quale tipo di legge bisogna applicare. Ho letto anche che l’Assessore propone il Commissariamento delle Comunità montane. Ma di cosa stiamo parlando! Vedetevi prima cinque minuti, non è la prima volta che ve lo diciamo! Su una proposta di legge avete presentato più di cento emendamenti, questo fa pensare allo stato confusionale che avete. Addirittura, ripeto, l’Assessore propone il commissariamento quando invece la relatrice di maggioranza si vanta di aver fatto una proposta di legge all’altezza della situazione. Questa è roba non dico da psichiatria ma ci siamo vicini! Quando uno propone il commissariamento in gergo si dice: “Ah! Già avete preso anche il caffè!”.
Quindi concludo dicendo che ci vuole maggiore chiarezza e vedere se si può raggiungere un accordo anche con le opposizioni in quanto noi vogliamo essere parte attiva di questa Assemblea legislativa regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Affrontando questo testo di legge credo che dovremmo riflettere anche sul contesto – quando parlo del contesto parlo dei provvedimenti del Governo precedente e degli annunci dell’attuale – e dovremmo anche pensare alla grande differenza che c’è tra senso comune e buonsenso. L’atto su cui stiamo legiferando oggi è più la sossunzione della politica del senso comune che una riflessione articolata sul buonsenso.
All’inizio del suo intervento il Consigliere Viventi ha dato una serie di motivazioni su una sua convinzione personale, motivata e centrata sull’idea che la semplificazione sia sempre e comunque un valore. Mi permetto di dissentire su questo perché credo che la semplificazione a volte sia un rischio. E’ un rischio quando diventa la cancellazione delle diversità, è un rischio quando produce la riduzione della partecipazione, è un rischio quando semplifica, e in alcuni casi in maniera drastica, la rappresentatività, e lo ricordava anche il Consigliere Procaccini in merito alla necessità della rappresentanza nelle istituzioni.
Ecco perché il senso della riflessione è sul contesto.
La legge nazionale che oggi ci impone di modificare ed intervenire sul riordino delle Comunità montane è nata da una attenzione più verso l’opinione pubblica che esprimeva senso comune anziché verso una riflessione sul buonsenso.
Sugli enti come le Comunità montane, e non solo, è necessaria sì una riflessione, un’articolazione, un’attenzione, che però non guardi solo alla riduzione finanziaria e alla semplificazione amministrativa, ma che guardi soprattutto anche alla costruzione dei livelli di partecipazione e all’efficacia dell’attività amministrativa.
Questo è il punto e questa è la riflessione che dovremmo costruire, altrimenti rischiamo, come stiamo rischiando, operazioni legislative che, per carità, sono il frutto di un impegno grande ma che direi del tutto contingente.
Ora abbiamo una proposta legislativa che parte da due necessità politiche e tutte e due molto importanti.
La prima è la riaffermazione in generale della valenza delle comunità montane nella strategia istituzionale del governo del territorio. Questo è un punto essenziale e lo ribadiamo proprio facendo l’azione legislativa di oggi.
La seconda è quella che dà alla Regione il suo ruolo, la sua dignità legislativa nella definizione delle strutture amministrative del territorio.
E’ a partire da questo contesto che misuriamo la nostra proposta di legge.
Salvo che, ed è un punto politico essenziale e importante, dovremmo riflettere sul fatto che abbiamo costruito una legge sotto lo spirito di una concitazione anfetaminica, nata dalla data del 30 giugno, e che quindi è una riflessione indotta. E’ una riflessione che probabilmente ha costruito difficoltà di comunicazione e di ascolto in quanto la comunicazione e l’ascolto rispetto alla funzione e al ruolo e al valore delle Comunità montane andava fatta, come è stata fatta, con le istituzioni esistenti, ma andava fatta e dovrà essere fatta anche con le popolazioni, con le articolazioni, misurando cioè l’efficacia dell’oggi per prevedere la costruzione, la proiezione dell’operazione legislativa di domani.
Il Governo attuale annuncia un giorno sì e l’altro pure sconquassi anche sul versante delle strutture amministrative – vedremo cosa accadrà, vedremo quale sarà il livello – quindi credo che questa maggioranza e la sinistra dovrà tener conto che questo è e pertanto deve esserci un confronto dal livello politico alto, anzi altissimo. Questo perché dietro la questione della semplificazione e dietro la questione della riduzione della spesa, che pure è necessaria, che pure è sentita, che pure è ad un livello di allerta che l’opinione pubblica ha, rischia di esserci una semplificazione democratica. Abbiamo una società in cui il soggetto e la soggettività diventa costituito da una “a” privativa, per cui fluttiamo dentro una vicenda a-democratica.
A volte l’intervento sulla semplificazione amministrativa e istituzionale degli enti, siano Province o Comunità montane, rischia obiettivamente questo tipo di confronto.
Questo è il quadro che in un dibattito come questo credo debba essere ribadito, altrimenti rischiamo la contingenza e la prossimità di alcuni interventi che qui ho ascoltato e che ovviamente non condivido.
Certamente alla questione del numero delle Comunità montane dovremmo dare un segnale vero di riduzione e di semplificazione il più alto possibile, è quello che ci consente anche di rispettare i dettami, che in alcuni casi hanno anche un senso, del provvedimento Lanzillotta. E il refuso, direi voluto, del Consigliere Procaccini su questo ex Ministro ne descrive meglio di tante altre cose l’inefficacia di alcuni elementi e di alcuni provvedimenti. L’ha chiamata Lancillotta e questo Lancillotta mi è sembrato molto vero, sembrava infatti l’atteggiamento non di una riflessione e della costruzione di una progettualità politica, ma la riflessione del famoso ammazzasette delle favole, cioè del ci penso io e del costruisco io. E quando si lavora così si producono quei provvedimenti , come quello che oggi, che ci mettono in difficoltà.
Peraltro gran parte del dibattito sulle Comunità montane è stato suscitato e costruito anche attraverso una intelligentissima campagna di stampa del più importante quotidiano italiano, il Corriere della Sera, fatta attraverso la valorizzazione degli articoli di una delle sue penne di punta, Gian Antonio Stella, il quale dopo questi provvedimenti ha dovuto ricorrere in soccorso delle Comunità montane e della specificità di certi territori e delle sue strutture.
Questo per dire che stiamo ragionando in una condizione indotta da cui dovremmo recuperare lo spirito di un’Assemblea legislativa, del suo ruolo, della costruzione di norme, leggi e articolazioni che devono avere, e ovviamente hanno, il senso non della contingenza e dell’effimero giornalistico e mediatico, ma quello della costruzione e della solidità di una norma legislativa.
Della proposta di legge arrivata dalla Giunta ne abbiamo apprezzato lo sforzo, la Commissione invece ha provato a lavorare nelle condizioni, di cui dicevo, di sudditanza anfetaminica producendo in alcuni casi modifiche non migliorative e, mi si conceda, un po’ arruffate.
Attraverso i molti emendamenti presentati nei prossimi passaggi il numero delle Comunità montane potrebbe anche essere ridotto e questo in parte forse supplisce anche all’articolazione e all’ascolto del territorio.
Spero che la maggioranza non faccia solo composizioni algebriche, composizioni che a me risultano per alcuni aspetti incomprensibili, nove più uno, otto più uno, non ho capito le differenze di queste espressioni algebriche, ma spero che si riesca a cogliere dentro questa riflessione un senso. Il senso è quello che accanto alla riduzione del numero delle Comunità montane deve essere colta la necessità, la specificità e la riflessione per un intervento della politica non solo della montagna, ma anche delle zone periferiche di questa regione. E dentro questa riflessione deve essere anche recuperata la possibilità di un’articolazione forte e democratica del valore di strutture che hanno sì l’efficacia di un’amministrazione, ma anche la forza di una rappresentanza delle Comunità. Infatti le Comunità montane hanno questo doppio valore, non per altro sono espressione di assemblee elettive, altrimenti sarebbero un’altra cosa.
Quindi questo doppio valore, questa doppia costituzione, questa doppia struttura e situazione deve essere colta, come pure va colta la necessità di un ulteriore intervento più articolato che consenta al territorio di trovare le possibilità dell’aggregazione dentro il governo, come è stato detto, di area vasta.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Intanto voglio dire una cosa che ho ribadito in Commissione e che emergerà anche nella discussione degli emendamenti, cioè che non mi piace il giochino dei due tavoli, quindi invito la maggioranza ad essere chiara perché non è consentito il gioco di assumere con una proposta una responsabilità come Giunta regionale e poi venire in Aula e fare una proposta contraria per accattivarsi le simpatie dei singoli territori. È un gioco maldestro che ritengo non possa essere accettato. (…) Questo lo devi dire al tuo presidente di Pesaro che ha il vezzo di scrivere ad intermittenza, scrive ai Ministri del centro-destra e non scrive ai Ministri del centro-sinistra! Lo dico i tuoi alleati che sostengono questa Giunta regionale e che hanno la responsabilità politica di questo imbroglio istituzionale che oggi ci proponete. Infatti si tratta di una grande ipocrisia ma soprattutto si tratta di un grande imbroglio istituzionale. Poi magari andate a Pergola a dire che qualcuno è favorevole al reinserimento di Pergola nella Comunità montana o andate a Fossombrone a sostenere altre cose – questo tanto per citare realtà territoriali che conosci bene -.
Ho detto questo perché il gioco è troppo scoperto, ripeto, questa proposta di riordino è un imbroglio istituzionale, non può essere definito altrimenti, perché non recepisce nessuna delle esigenze poste, e non quelle della Lanzillotta o del Governo Prodi, ma quelle dell’opinione pubblica che su tale questione esige chiarezza.
Qui non si tratta di ridurre i costi della politica, qui si tratta di destrutturare un sistema, un “mostro” messo in piedi in questi anni. Infatti in questi anni le Comunità montane come sistema hanno fallito proprio per il ruolo politico che impropriamente gli avete, gli abbiamo voluto dare. Il fallimento delle Comunità montane sta in questo e l’opinione pubblica ha percepito questa esigenza prima della classe politica.
Quella di stamattina è una parodia di un dibattito di Assemblea legislativa perché sapete tutti che comunque la scure arriverà e sarà una scure tagliente. Nel progetto di riforma del sistema delle autonomie locali del Governo Berlusconi ci sarà un processo di razionalizzazione vero del sistema delle autonomie locali, come ci sarà un riordino complessivo di questa pletora di organismi che non stanno più in piedi.
Quindi avete perso una grande occasione, quella di venire qui a proporre una riforma seria. Lo avete fatto con ritardo, vergogna! Ed è bene che tutti i cittadini delle Marche lo sappiano. Oggi è il 26 giugno, il 30 giugno, cioè fra quattro giorni, scade il termine fissato dal Governo per l’approvazione della legge. Qualche mese fa vi eravate anche scatenati nel dire “Ah, lesa maestà! Come si permette il Governo di intervenire su una materia di competenza regionale”. Ma se il Governo non avesse fatto quell’articolo sulla Finanziaria non saremo nemmeno qui a discutere questa mattina, questa è la verità! Quindi siete stati costretti a discutere e avete presentato una legge e tra l’altro anche dopo l’iniziativa di qualche altro Consigliere; voglio solo far rilevare che due proposte di legge presentate dal gruppo di Forza Italia sono arrivate in Assemblea legislativa con sei mesi di anticipo, questo a dimostrazione di una serietà. Oggi voi venite a proporci che cosa? Nulla! Infatti questa è una proposta che non innova, non razionalizza, non risparmia, non recupera il ruolo delle Comunità montane.
Intanto sgombriamo il terreno da un equivoco di fondo – il messaggio è per la Presidente dell’Uncem Assunta Paci -. Dire cioè che chi è per la razionalizzazione è contro la montagna è una bugia, perché si può affermare il diritto alla montagna e all’esistenza e si può sostenere il diritto alla montagna e alla non emarginazione, magari dalle scelte politiche regionali sostenute anche dalla Margherita, e poi fare anche un discorso di razionalizzazione del sistema delle Comunità montane. Invece le scelte che sono state fatte anche in sede di discussione dimostrano tutto il contrario, quindi non accetto l’equazione Comunità montana-montagna, ma accetto il fatto che sulla montagna vogliamo spenderci – lo ribadiamo questa mattina – la volontà di spenderci.
Perché dico che è un fallimento? Perché le Comunità montane sono nate come elemento sinergico di solidarietà fra le amministrazioni comunali. Il senso vero è questo, pensateci. Il compito prevalente – almeno dovrebbe essere questo – dell’esercizio della delega vuol dire gestire in forma associata i servizi per risparmiare e renderli più efficienti. Allora questo ruolo è stato perso per strada e ha assunto sempre più una connotazione politica, è diventato sempre più un riferimento della dialettica politica fra i partiti. Vedi lo scandalo della Provincia di Pesaro dove si comprano i sindaci eletti magari dalla lista unitaria per arrivare a fare la maggioranza in una comunità montana, infatti la Comunità montana dell’Alto Metauro è retta da una maggioranza di centro sinistra grazie al sindaco di un comunello piccolo che ha appoggiato questa possibilità. Questo è per dirvi dove arriva la politica, con un equilibrio sostanziale di pesi tra consiglieri espressi dal centro-destra e dal centro-sinistra, e anche qui nulla è valso al richiamo in tempi non sospetti ad una responsabilità più collegiale rispetto a questo.
Le Comunità montane sono diventate uno strumento politico, in certi casi sono diventate – questo ovviamente non vale per tutta la classe politica – anche l’occasione per la “sistemazione” di qualche politico trombato. Per cui ci sono paradossi grossolani, ad esempio il candidato a sindaco del centro-sinistra, sconfitto alle elezioni amministrative del suo Comune dal centro-destra, guarda caso va a fare il presidente della Comunità montana dove c’è il suo Comune con il sindaco che lo sta aspettando fuori dalla porta! Queste sono aberrazioni che vanno al di là di ogni logica. (…) Chi, le persone fregate, cioè quelle non elette in Parlamento? La cosa importante intanto, Consigliere Comi, è riuscire a farsi candidare (…) se lei ce la mette tutta può darsi che la prossima volta ci riesca! Quindi le auguro di essere candidato la prossima volta.
La crisi del sistema delle Comunità montane discende proprio dalla incapacità che si è avuta in questi anni di rappresentare una sintesi reale degli interessi amministrativi, proprio perché sono diventati luoghi politici.
Ho anche detto in più di un’occasione, quindi oggi lo devo soltanto ribadire, che le caratteristiche di questa crisi sono una dilatazione abnorme degli organismi, sono un appesantimento delle strutture burocratiche personale ma non solo, e anche qui c’è il vezzo degli incarichi, secondo me sono l’uso improprio delle risorse. Perché dico delle risorse, perché se facciamo tutti un minimo di fatica e andiamo a controllare i bilanci ci renderemo conto che c’è uno sbilanciamento sul versante delle spese di gestione rispetto alle spese di investimento creato da forzature statutarie, da statuti fatti su misura, statuti illegittimi nella loro definizione. Ora non vorrei essere frainteso, non mi permetterei, quindi parlo soprattutto della mia realtà territoriale che conosco bene, parlo dello statuto illegittimo della Comunità montana di Novafeltria, parlo dello statuto illegittimo delle Comunità dell’Alto Metauro. Dunque parlo di situazioni scandalose, non è pensabile che ci siano Comunità montane che hanno membri di giunta superiori al numero dei Comuni rappresentati, così come avviene oggi per Cagli e per Pergola. Ma, viva Iddio, dove siamo!
Pertanto la crisi ha rappresentato segnali forti.
Di fronte a questo quadro è legittimo l’atteggiamento di chi avrebbe voluto una posizione e una scelta più coraggiosa da parte della Giunta regionale, una scelta meno mediata da interessi e equilibri politici; interessi ed equilibri politici che purtroppo verificheremo in Aula anche oggi.
Troppe sono le Comunità montane attualmente in piedi, oggettivamente dobbiamo riconoscere che molte di loro non rappresentano la realtà montana della nostra regione, ci sono bacini territoriali impropri, ci sono Comuni che non hanno titolo e non hanno diritto. Su questo, Assessore, le voglio ripetere per l’ennesima volta che la presenza del Comune di Urbino nella Comunità montana dell’Alto Metauro è illegittima, perché la legge prevede espressamente che i capoluoghi di Provincia non possono far parte degli organismi comunitari e la città di Urbino è co-capoluogo di Provincia di Pesaro-Urbino. Quindi questo “co” non può essere usato quando fa comodo e non essere usato quando non fa comodo. Prendete atto dunque che questa previsione è illegittima, lo ripeto ancora.
La riforma era ineludibile, non avete saputo veramente cogliere la necessità di andare avanti su questo piano, penso si dovesse avere maggiore coraggio.
Le proposte emendative che ho presentato insieme al collega Tiberi sono un’altra proposta di strutturazione delle Comunità montane.
Abbiamo fatto una scelta semplice, non c’erano mica tanti problemi, collega Binci, eravamo partiti da un’ipotesi affascinante della quale non le nascondo che a seconda del dibattito alla fine mi potrò anche far paladino della proposta di emendamento che lei ha fatto e che poi ha modificato, quella cioè che si torni alla mia vecchia idea che diceva che in questa regione una Comunità per provincia basta e avanza, basta e avanza, basta e avanza, lo dico per la terza volta proprio perché non si può mediare su tutto.
Noi abbiamo voluto fare un gesto coraggioso, abbiamo voluto confrontarci con la proposta vostra e con i termini della Finanziaria, però senza rinunciare a tre condizioni fondamentali.
La prima è l’accettazione del principio della montanità, cioè una scelta netta sul fatto che devono stare dentro le Comunità montane solo i Comuni montani. C’è una norma della Finanziaria, la si prenda e la si applichi. E gli emendamenti che abbiamo proposto sono chiari, l’80% del territorio sopra i 500 metri e il 50% sopra i 400 metri per i Comuni limitrofi. Pensate che aberrazione, la provincia di Pesaro ha la montagna, la collina, la costa, dove l’arco territoriale è composto di 67 Comuni e 53 sono nelle Comunità montane Noi abbiamo fatto invece una scelta rigorosa, non ce ne vogliano i Comuni esclusi, da 53 Comuni passiamo a 22. Pensate che riforma, è meno della metà.
La seconda questione è sul fatto che le Comunità montane hanno un senso se sono lo strumento di unione dei Comuni, di sinergia dei Comuni, di gestione collegiale dei servizi. Allora per rispondere a questa logica occorre fare una scelta doverosa: fuori la politica, fuori i politicanti, dentro solo gli amministratori.
La Comunità montana la devono fare i sindaci e gli assessori, questa è la scelta di fondo. Noi abbiamo proposto un presidente sindaco della Comunità montana, una giunta comunitaria composta da sindaci, un consiglio comunitario composto da sindaci. Questa è la svolta radicale che non avete voluto cogliere. Infatti voi proponete una mega assemblea di 200 consiglieri che si riuniscono in seggio elettorale per rieleggere il politico di turno che va a fare il presidente perché non ha altra collocazione, mediando sulle altre ipotesi.
La scelta netta, oltre al criterio della montanità, è l’accettazione del criterio della responsabilità di gestione che affidiamo ai Comuni.
Terza scelta è la riduzione della spesa. Io, Assessore, gli contesto le cifre. La proposta vostra non corrisponde al requisito della Finanziaria di ridurre di un terzo la spesa per le Comunità montane. E’ falso quello che dite! Quindi da questo punto di vista la cosa è illegittima.
E’ chiaro che esiste anche il problema dei Comuni che fuoriescono da questo sistema per i quali vanno offerte garanzie e vanno fissati paletti che non consentano di disperdere servizi o cose di questo genere. Questo perché ci interessa che alla fine a rimetterci da una pessima riforma non siano i cittadini, però non potete pensare che il centro-destra, Forza Italia possa accettare di farsi imporre un riordino addomesticato.
Lo ripeto, fate pure, ma sappiate che potrebbe essere anche inutile. Personalmente sono addirittura per non votare questo atto, questa è una mia valutazione, ma chiedo ai colleghi dell’intero centro-destra un gesto di dissociazione politica se permane quella logica dell’imposizione che mi sembra di cogliere dagli interventi pur eterogenei della maggioranza. Se andate avanti su questa strada e se non ci sarà nessuna possibilità di lavorare sugli emendamenti sono perché il centro-destra non voti questo atto e lasci al centro-sinistra – quindi anche al Consigliere Solazzi che ha diversi mal di pancia ma che purtroppo dovrà votare questa legge – la responsabilità di questa brutta operazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Solazzi.

Vittoriano SOLAZZI. Presidente, colleghi Consiglieri, rassicuro che un po’ di mal di pancia qualche volta mi viene, ma soprattutto quando ascolto il Consigliere Giannotti, e sinceramente svolgere un intervento serio e pacato, come si pretende da un legislatore – le sembrerà incredibile, Consigliere Giannotti, ma lei in questo consesso è legislatore! – dopo lo show che ha messo in scena mi risulta un po’ più complicato.
Ho molte cose da dire rispetto a questo atto, a questa scadenza, e sono anche critiche perché chi mi conosce bene sa che non rinuncio mai a dire ciò che penso soprattutto nel momento in cui assumiamo la responsabilità di fare una legge importante. Però voglio chiarirle, Consigliere Giannotti, che il principio fondamentale nel momento in cui siamo chiamati ad assumere una responsabilità come quella legislativa è che la demagogia, che pur fa parte del gioco, che pur fa parte della necessità di distinguersi, che pur fa parte dell’atteggiamento che talvolta dobbiamo e siamo costretti ad assumere, dovrebbe avere un ruolo marginale e non mi pare che questo è.
Vede, Giannotti, chiamiamole come vuole, chiamiamole Comunità montane, ma la verità vera è l’associazionismo, quindi partiamo da questo concetto e vediamo se tutti ci si ritrovano. Il tema non sono le Comunità montane, il tema è il problema di una serie di Comuni, particolarmente in regioni che hanno una conformazione territoriale come quella delle Marche, che sono in difficoltà, che sono marginali, che spesso sono tagliati rispetto ai servizi, che scontano delle difficoltà oggettive, che hanno subito in questi anni lo spopolamento perché c’è stata una grossa concentrazione di servizi e di sviluppo sulla costa. Cioè forse non c’è il problema della montanità, ma c’è un problema della marginalità… Consigliere Brini, io a lei la ascolto nonostante che ascoltarla ci si può far male, però ascolto in silenzio! Quindi, Presidente, quando finirà di interrompere il Consigliere Brini io riprenderò il mio intervento.
Dicevo che c’è un problema di Comuni che vivono in situazioni di difficoltà, quindi è evidente che non si può non porre il tema di quali provvedimenti assumere per fare in modo che queste difficoltà che incontra un territorio come il nostro possano avere delle risposte di tipo istituzionale.
Secondo me questo è l’assunto dal quale dobbiamo partire, dopodiché è evidentissimo e sono assolutamente d’accordo che in questi anni c’è stata una degenerazione insopportabile nella costruzione di organismi pletorici, nella costruzione di istituti che finivano per essere molto spesso il viatico per qualche prebenda agli amministratori. Questo chi lo può negare, siamo assolutamente d’accordo, siamo consapevoli delle esagerazioni che la politica ha avuto in questi anni, da cui però nessun partito è escluso, nessuno! Non ci sono le vergini né qui né fuori da qui, non ci sono rispetto al fatto che la politica ha esagerato nei costi.
Ma cosa diversa è assumere un provvedimento legislativo che difenda le situazioni di difficoltà ai Comuni più marginali e che difenda l’entroterra anche al di là della montanità e cosa diversa è la legittima domanda da parte dei cittadini, quindi la doverosa risposta da parte delle istituzioni, di contenere il costo della politica.
E’ questo il ragionamento che volevo fare, non demonizziamo le forme associative, non demonizziamo quegli istituti che sono garanzia di sopravvivenza per molte entità locali.
L’esigenza di avere una risposta in termini di aggregazioni di Comuni, di momenti associativi, di istituti che mettendo insieme dei Comuni mirino al contenimento della spesa, mirino al raggiungimento dell’economia di scala, mirino a far mettere insieme dei servizi per il contenimento dei costi, sarà un’emergenza tanto più forte nei prossimi mesi quanto probabilmente saranno gravi i provvedimenti che verranno assunti in termini di tagli di trasferimenti agli enti locali da parte del Governo centrale.
Considerato questo tengo distinti due aspetti, la necessità e la condivisione di un taglio drastico dei costi attraverso organismi di governo molto più snelli e un ruolo fondamentale dei sindaci per quanto riguarda le forme associative, siano Comunità montane, siano Unioni di Comuni.
Premesso questo, e credo che tutti dovremmo essere d’accordo, dico in modo altrettanto forte, lo dico pur appartenendo alla maggioranza di cui è espressione l’Assessore che ha prodotto questo testo legislativo, che questo testo, appunto, purtroppo non coglie l’esigenza che questa Assemblea legislativa aveva davanti. Che non è quella di dare per una scadenza una risposta comunque sia alla domanda di diminuire i costi fatta dalla Lanzillotta, non era questo il problema fondamentale. Infatti la diminuzione dei costi si può raggiungere da subito, oggi stesso, ma il problema vero è che attraverso un provvedimento legislativo come quello di oggi dovevamo avere il coraggio di fare in questa regione una riforma vera del sistema delle autonomie locali.
A mio avviso si è persa l’occasione, tant’è che nei giorni scorsi ho detto e l’ho ribadito anche questa mattina che si poteva trovare una soluzione, quella cioè di tagliare immediatamente i costi, quindi raggiungere quel risparmio a cui la proposta fa riferimento, che sostanzialmente si incarna nel taglio dei costi per gli amministratori. Fatto questo si lasciava tutto così come era e si istituiva una commissione tecnico-politica che aveva sei mesi di tempo per costruire una riforma del sistema delle autonomie locali in questa regione. Perché il problema non sono solo le Comunità montane, ma sono anche le Unioni di Comuni. E questa legge ogni tanto contiene le parole Unioni di Comuni ma non le definisce, non le incardina in una vera riforma del sistema.
Un altro tema è addirittura quello delle fusioni dei Comuni, fusioni che se accompagnate, se incentivate possono essere un’ulteriore risposta rispetto ad una crisi che sarà sempre più forte per i Comuni piccoli, per quelli marginali, per quelli periferici, per quelli montani ma non solo, anche per quelli minuscoli che vivono nell’entroterra e che magari non hanno il requisito della montanità ma che comunque vivono in grandi difficoltà.
Tutto questo purtroppo la legge lo tralascia. Assessore, capisco che c’era questa scadenza e quando si è costretti a lavorare con la pistola sulla tempia si fanno le cose in modo affrettato e le cose fatte in modo affrettato rischiano di non essere le cose migliori che siamo chiamati a fare, ma a mio avviso, e lo ribadisco in questo consesso, la cosa che dovevamo fare immediatamente era dare un taglio al costo della politica prevedendo da subito per tutte le Comunità montane che non ci fossero più quei costi sostenuti fino adesso e poi prenderci sei mesi per fare una seria riforma delle autonomie locali prendendo in considerazione le Comunità montane, le Unioni dei Comuni e le fusioni dei Comuni.
Questa è la proposta che mi sentivo di fare, poi, certo, non posso non condividere il fatto che in questa proposta ci sono Comuni che se è vero che abbiamo preso come riferimento la montanità o la semimontanità o addirittura qualche aspetto di carattere socio-demografico non so cosa ci facciano in questa proposta di legge, e poi, invece, ci sono una serie di Comuni che vivono situazioni di grande difficoltà e questo a cominciare dalla provincia che rappresento.
Non so se questa mia idea, questa richiesta che vi faccio con forza troverà consenso in questa Assemblea legislativa, ma se questa dovesse essere la proposta che oggi passerà mi permetto di dire che nel giro di qualche mese comunque ci dovremmo rimettere le mani. Ci dovremmo rimettere le mani per non penalizzare il nostro territorio, per non umiliare i nostri amministratori, per non marginalizzare ancora di più Comuni e Comunità che sono in difficoltà. Perché c’è una crisi economica forte, siamo in una situazione di stagnazione economica e di inflazione crescente, ci sono tagli che cadranno sulle comunità locali e che colpiranno soprattutto quelle più deboli.
Quindi quando si legifera tutto questo non può non essere preso in considerazione.
La proposta che ho fatto, ripeto, credevo potesse essere accolta, ma se così non fosse allora veramente raccomando a tutti che ci dobbiamo mettere le mani in quanto la fretta purtroppo non ci ha consigliato un buon testo e non ci ha consigliato una buona risposta alle esigenze della comunità marchigiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Una sessione straordinaria dell’Assemblea legislativa farebbe pensare ad una convocazione avente carattere eccezionale il cui oggetto – così immaginerebbe un lettore ignaro dei contenuti reali – dovrebbe essere un provvedimento di sistema avente carattere di novità, dovrebbe essere una convocazione oggetto di una svolta o di un cambiamento. Invece così, colleghi, non è, in quanto oggi siamo chiamati a discutere di una proposta conservativa, una proposta che difende l’esistente, incapace di cogliere quello che tra la gente è considerata ormai una necessità, cioè quella di cambiare, di razionalizzare, di snellire a difesa di principi e non a difesa di quelli che sono ormai da tutti considerati orpelli, lacci, ostacoli al raggiungimento degli obiettivi.
Guardiamo l’impianto di questa proposta di oggi, i colleghi che mi hanno preceduto ne hanno provato a fare l’analisi ed io vorrei farla, se possibile, ancora più approfondita, cercando così di dare un contributo.
In questa proposta non c’è nessun atto di coraggio, nessuna volontà di affrontare la questione, ovvero snellimento, razionalizzazione, difesa vera dell’entroterra, ma c’è il tentativo chiaro di tenere tutto assieme, cioè fingere di modificare qualcosa ma sostanzialmente lasciare la situazione così com’è.
Questo si vede nel balletto degli ambiti. Nella prima tabella (Allegato A), quella che girava all’inizio delle consultazioni fatte anche a livello informale, c’erano sette ambiti, poi strada facendo nella loro ultima versione sono diventati nove, ma con una aggiunta, un’addenda, quella degli articoli 21, comma 5 ter e comma 7 ter, cioè il “ma anche” delle Comunità montane. Gli ambiti sono nove, in uno c’è anche l’altra Comunità, nell’altro si è soppresso formalmente da una parte, dall’altra si dice che con il fondo di cui all’articolo 20, con ulteriori risorse individuate con legge finanziaria regionale, possono essere sostenuti anche progetti sperimentali di aggregazione sub provinciale di Comuni montani e parzialmente montani non compresi nello stesso allegato A. Perciò non siamo neppure al nove più uno, siamo al nove più uno più uno, siamo arrivati a undici. Di questo passo se ci fosse stato un altro po’ di tempo a mio avviso avremmo trovato il modo di inserire anche le ultime due territorialità rimaste fuori!
Questa, colleghi, non è una cosa accettabile, non è accettabile perché è una finzione, non è accettabile perché: cos’è l’esistente? Quali sono le nostre realtà comunitarie? Quali sono le difficoltà che hanno avuto? Quali sono le cose effettivamente inutili da dover tagliare? E’ un problema di assessori, di giunte, di presidente, di consiglieri? Ma non scherziamo, non è questo, è altro! Sono le località che di montano non hanno nulla ma che hanno drenato risorse, sono le burocrazie, sono le poche risorse tra l’altro anche spese male. Questi sono i nodi che dovevano essere affrontati!
La Ministra Lanzillotta del vostro schieramento aveva provato a scrivere nella Finanziaria qualche criterio intorno al quale informare comunque una possibile riforma politica del sistema. Non ricordo i passaggi, i commi, gli articoli della Finanziaria scorsa ma li conoscete tutti, sono comunque indicati in maniera chiara. Ad esempio l’80% della superficie al di sopra dei 500 metri oppure le subordinate, i Comuni capoluoghi di provincia, i Comuni costieri, anche se a noi non interessano, o quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti che invece potrebbero essere calzanti anche per le Marche.
Dunque c’erano dei criteri ma nella proposta oggi in discussione non c’è traccia proprio perché per nulla si affrontano i nodi.
Allora ora voglio fare il quadro della situazione, lo voglio fare facendo alcuni esempi incrociati. Oggi nella Comunità Esino-Frasassi, che ricomprende dieci Comuni, Assessore Minardi, ci sono diciotto dipendenti, il fondo consolidato è di 188 mila euro, il fondo ordinario è di 726 mila euro. I Monti Azzurri di San Ginesio per quindici Comuni, rispetto ai dieci dell’Esino-Frasassi, ha solo nove dipendenti, il fondo consolidato è di 35 mila euro, il fondo ordinario è di 380 mila euro. Qual è la logica?!
Altro esempio. Nove Comuni ricompresi nell’Alto e medio Metauro, sedici dipendenti, fondo consolidato 103 mila euro, fondo ordinario 543 mila euro.
Ancora, Alta Valle del Potenza, nove Comuni, gli stessi dell’Alto e medio Metauro, cinque dipendenti, 24 mila euro il fondo consolidato e appena di 400 mila euro il fondo ordinario.
Queste sono le cose da affrontare, colleghi, questi sono i nodi veri. Quali sono stati invece i principi che hanno portato a queste scelte? Il doppio del fondo per la metà dei Comuni! Questo a parità di condizioni e senza mettere in discussione quali Comuni, e se entriamo in questa logica anche qui ci sarebbe da discutere e qualche collega lo ha già fatto prima di me. Infatti ci sono Comuni che di montanità hanno veramente poco. Qui salviamo tutto, queste situazioni e le altre, cioè quei Comuni che non hanno montanità e le situazioni di sperequazione.
Noi abbiamo fatto la scelta di non entrare nel merito di aggiungere o togliere questo o quel tassello, noi per coerenza abbiamo detto che è l‘intero impianto che non va bene. Poi, certo, nelle votazioni seguiremo quelli che saranno gli emendamenti più in grado di dare almeno dei segnali, ma è l’impianto complessivo che non è accettabile.
Potrei fare l’elenco di tutta la situazione delle tredici attuali Comunità montane, dei loro dipendenti, dei fondi a loro destinati, ma non la faccio per amore di brevità, però dico che la risposta ci deve essere. Comunque ci ritorneremo tanto, immagino, tra qualche mese ci sarà anche la novità legislativa nazionale in quanto quello di adesso è stato solo un rinvio relativo alle Comunità montane.
Comunque oggi stiamo già approntando una proposta organica, quindi dobbiamo parlare seriamente di entroterra e di montagna, dobbiamo parlare seriamente di Unioni di Comuni montani ai quali affidare completamente ed esclusivamente i fondi a disposizione dell’entroterra e del riequilibrio territoriale. Questo è il problema! Non si possono fare le nozze con i fichi secchi, anzi, qui quei pochi fichi secchi vengono dati a tutto tranne agli interventi veri, a quelli che servono. Non è possibile andare avanti così!
Il nostro punto di vista che ci dice, ripeto, che l’impianto complessivo non è accettabile, porterà il nostro gruppo a votare contro l’intera proposta.
Certo, verificheremo emendamento per emendamento – pur generosamente depositati dai Consiglieri non solo dell’opposizione ma anche dai colleghi di parte della maggioranza – se la proposta rimarrà così com’è, se ci sarà cioè un minimo di cambiamento ad una intelaiatura e ad un sistema che non funzionerà e che tra l’altro bloccherà ancora di più le funzionalità ridotte delle Comunità montane. Comunque il nostro atteggiamento generale rimarrà quello di una critica forte ad un tentativo conservativo e difensivo attuato proprio quando oggi in questa situazione tutti gli strumenti erano in campo per dire cambiamo e per farci fare un salto di qualità, un colpo d’ala in questa nostra regione.
Una regione che è piccola, che potrebbe essere considerata in maniera organica e seria da nord a sud perché ha le stesse caratteristiche, ha le stesse problematiche, l’entroterra si assomiglia da Pesaro ad Ascoli Piceno, e quindi tutto questo potrebbe essere affrontato in maniera forte. Questo lo dicono gli stessi sindaci, gli stessi territori che tante volte sono veramente impediti di fare cose che poi con il buonsenso vengono comunque fatte anche senza risorse. Perché quanti servizi associati, quante comuni progettualità piccole e medie sono state trovate senza l’ausilio di nessuno, anzi, in assenza di quei strumenti normativi che noi dovremmo avere il dovere di mettere a disposizione. Ho visto delle cose virtuosissime fatte per conto loro, fatte direttamente tra sindaci che si sono parlati e trovando un punto di riferimento comunitario hanno poi risolto dei problemi. E questo l’hanno fatto in assenza di nostri interventi.
Quindi c’erano tutte le condizioni per avere coraggio, per avere la possibilità di far ritornare a ragionare nella sostanza questa nostra Assemblea legislativa e l’intera nostra comunità territoriale. Una comunità territoriale che si aspetta questo non solo nell’ambito dell’equilibrio entroterra-costa, ma soprattutto nell’ambito di un nuovo rapporto. Non si possono usare le istituzioni per quello che è stato già ricordato da qualche collega, non si possono usare per altre finalità, per altri scopi. Infatti queste differenze enormi non si possono spiegare in altro modo, ci sono differenze di dipendenti, di dirigenze, di apicalità, differenze enormi da zona a zona, differenze enormi di numero di istituzione comunitaria. Che differenza c’è tra la provincia di Pesaro Urbino con la provincia di Ascoli o di Macerata? Eppure lì abbiamo trovato enormi differenziazioni e articolazioni.
Pertanto c’era la possibilità di farlo, stiamo sprecando un’occasione.
Noi comunque presenteremo una proposta organica di modifica dell’intero quadro. Lo faremo, certo, anche alla luce di quello che interverrà a livello nazionale, ma sarà comunque una proposta organica che affronterà questi nodi e cercherà di dare risposte, anche perché queste risposte sono attese. Noi qui stiamo parlando di linguaggi che nessuno comprende, non ci capiscono più, poi abbiamo il coraggio di lamentarci se la politica viene “massacrata”!
Abbiamo sentito il grido di dolore dei Consiglieri Procaccini e Brandoni, è vero! Dove sta la nostra capacità di essere veramente classe dirigente?! E’ chiaro che se la prenderanno con i Consiglieri se questi continueranno a non fare il loro dovere!
È chiaro, dunque, che se non daremo risposte l’esito sarà quello ed è una cosa che non voglio.
Anch’io credo che la democrazia si deve difendere nel pluralismo delle idee, della partecipazione, del confronto delle varie proposte, se però non svolgiamo quel ruolo affidato alle Istituzioni è chiaro che la stessa istituzione sarà travolta. E’ chiaro che si vorranno trovare scorciatoie e vie di una democrazia che però sarà sempre meno democrazia e sempre più decidente, perché fino ad oggi non c’è stata né democrazia né decisione.
Questo lo dico con senso di responsabilità e voglio fare anche appello, cioè se siamo in grado ancora di toccare quegli aspetti dell’intelaiatura, dell’impostazione complessiva, possiamo farlo anche in queste ore e facciamolo fino in fondo e con coraggio. Ma sono anche sicuro che ormai le condizioni non ci sono più, neppure quelle temporali, ed è per colpa di questa sinistra che governa in Regione, infatti è arrivata negli ultimi giorni a discutere di queste cose e invece di guardare avanti ha dato risposte conservative e difensive. E’ una colpa è una responsabilità che vi dovete assumere.
Noi depositeremo comunque nei prossimi giorni, coerentemente a quanto affermato, la nostra proposta organica che guarda le Unioni di Comuni montani e che affida a loro direttamente il compito di gestire il fondo della montagna e di quanto altro a difesa e per il riequilibrio costa-entroterra. Lo faremo appellandoci alla volontà di essere veramente un’istituzione seria, moderna, dinamica e che vuole produrre futuro e non passato, come invece questa proposta di legge purtroppo ancora sottolinea e ancora dimostra in questa Assemblea legislativa di oggi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Comi.

Francesco COMI. Una cosa dobbiamo subito dircela in questo dibattito così animato, un dibattito nel quale rischiamo tutti di non sottrarci alla facile tentazione della demagogia, della semplificazione e di finire, come è stato scritto, in una montagna di luoghi comuni che non entrano nel merito della riforma di cui stiamo parlando.
La prima questione è che dovevamo fare questa legge – lo abbiamo detto tutti – e che era doveroso non accettare supinamente l’invasione di campo che il legislatore in una visione ragionieristica ci aveva proposto, sottraendoci così una nostra competenza, cioè quella di legislatori regionali che devono riordinare il sistema.
Quindi era giusto ed è giusto che la Regione Marche, come le altre Regioni, svolga la propria prerogativa e si assuma il coraggio di fare una riforma seria del sistema. Questa è la prima considerazione.
Occorre dire, però, che a questa riflessione così generale non tutti hanno concorso, perché è facile dire facciamo una riforma coraggiosa e seria e poi non produrre alcun tipo di proposta unitaria.
Questo lo dico perché è alla Giunta e alla Commissione che va il merito di aver sintetizzato una proposta che non è emersa da nessun’altra parte, non è emersa né dall’Assemblea legislativa né dalla minoranza. Mi dispiace dirlo, ma alla foga del Capogruppo di Alleanza Nazionale che denuncia uno scarso coraggio non corrisponde poi un impegno concreto nell’elaborare una proposta dignitosa da porre sul tavolo del dibattito.
Quindi era doveroso farlo ma farlo non era facile e chi ha fatto una proposta ha dimostrato meno conservazione di chi si è limitato ad agitare argomenti qualunquistici senza produrre alcuna proposta concreta.
L’altra questione che dobbiamo dirci è che la proposta presentata sul piano economico è legittima, pertanto dobbiamo avere il coraggio di entrarvi nel merito senza agitare questo tema, e mi riferisco anche al parere che è stato emesso dal nostro ufficio legislativo e contabile. Infatti rispetto alla Finanziaria abbiamo messo l’impegno di ridurre la spesa corrente; in Italia ci era detto di ridurla di 33 milioni nel primo anno e di 66 milioni nel secondo anno, e nelle Marche è stata fatta una riduzione che porta da 4 milioni e 800 del 2007 a probabili 2 milioni circa del 2009.
La nostra proposta di legge doveva operare un taglio che si doveva reggere sulla dimensione di 1 milione e 640 mila euro e quindi ne opera uno superiore ai 2 milioni di euro.
Dunque agitare questi argomenti per denunciare l’inadeguatezza della proposta significa voler sfuggire ad un dibattito che, invece, richiederebbe la massima attenzione e la massima consapevolezza da parte di tutte le forze politiche dell’Assemblea legislativa, e anche quelle della minoranza che continuo ad invitare a partecipare seriamente al dibattito.
C’è un’altra cosa che dobbiamo dirci seriamente – noi Consiglieri regionali, gli amministratori e le classi dirigenti -, cioè che parliamo di questi argomenti con grande debolezza, anzi, dobbiamo dire anche con un po’ di ipocrisia, perché non è dal riordino delle Comunità montane che parte e si esaurisce l’impegno istituzionale di semplificazione della pubblica amministrazione e di riduzione dei costi della politica. Dovremmo associare questa foga, questa determinazione, questa indignazione anche quando si parla dei nostri costi della politica, quando si parla della riforma istituzionale del Parlamento. Perché l’unica proposta, seppur coraggiosa, di riduzione della Camera e del Senato che abbiamo visto rinviava al 2012, cioè ai posteri, la sua applicazione.
Quindi diciamo che dobbiamo avere il coraggio di discutere con la stessa determinazione su tutto il riordino del sistema delle autonomie e del sistema degli enti locali.
Ora entro nel merito. Anche su questo dobbiamo avere il giusto equilibrio nel dire che nella sostanza, al di là della ricerca di una formula istituzionale adeguata al territorio e coerente con l’esercizio della funzione di sviluppo che le Comunità montane devono svolgere, la nostra riforma regionale può fare poco. Perché il taglio già c’è stato nel 2007, c’è stato nel 2008, ci sarà nel 2009, e questo è merito soprattutto di una legge Finanziaria più che di altre – se l’opposizione questo lo vuole riconoscere -, proprio perché, appunto, la legge Finanziaria non ci invita ma ci comunica che il taglio è stato già fatto e che dobbiamo adeguare il nostro ordinamento a quel taglio.
La diminuzione delle indennità e degli stipendi non viene a noi sollecitata, infatti da 1 milione e due che spendevamo nella regione Marche nel 2007 passiamo ad 800 nel 2008 e a 700 nel 2009, quindi il taglio è stato già effettuato. Lo stesso dicasi per quanto riguarda il fondo ordinario della montagna.
Il nostro impegno, Consigliere Giannotti, era solo quello di rivedere l’ordinamento all’insegna dei tre criteri che la legge Finanziaria ci aveva suggerito: la riduzione del numero delle Comunità montane, la riduzione del numero degli organi e la riduzione delle indennità.
Noi stiamo dentro questa proposta in quanto abbiamo individuato otto ambiti rispetto ai tredici che ci sono, abbiamo individuato pertanto un numero di presidenti inferiore, abbiamo ridotto, Consigliere Giannotti, da 107 amministratori che governano le Comunità montane a poco più di 25, abbiamo ridotto il numero dei consiglieri da 366 a massimo circa 100. Dunque il taglio sugli organi nei fatti c’è stato. Manca, forse, quella spinta coraggiosa che poteva semplificare ulteriormente il numero e questo più per un’esigenza mediatica che per un’esigenza sostanziale.
Però il tema sul quale dobbiamo avere il coraggio di una seria meditazione – lo dico ai Capigruppo del centro-destra, Pistarelli, Capponi, Viventi, Massi, riguarda il ruolo e il numero dei Comuni.
Innanzitutto per il numero dei Comuni soffriamo un limite. Il limite è quello dei Comuni non montani che fanno parte di Comunità montane, questo limite risale ad oltre cinquant’anni fa quando la legge Fanfani aggiunse ai Comuni montani anche quelli fortemente disagiati, era stato fatto per soccorrere i Comuni marginali ad un’esigenza di gestione associata dei servizi. Oggi si è tentato di porre rimedio a questa complessità di Comuni trovando una semplificazione. Su questo forse un errore l’abbiamo fatto, quello di utilizzare solo il criterio altimetrico e non tutti gli indicatori socio-economici che la legge Finanziaria ci aveva suggerito, cioè il livello dei servizi, l’indice Istat sulla densità demografica e quindi il numero degli abitanti. Ripeto, noi per semplicità abbiamo utilizzato solo il criterio altimetrico, ma non abbiamo trovato altro criterio capace di sintetizzare meglio la montanità.
Il tema centrale riguarda, però, il ruolo e il numero dei Comuni. Prego i Consiglieri dell’opposizione di riflettere seriamente su questo. Dobbiamo tagliare il numero dei Comuni?! Dobbiamo togliere i grandi centri?!
Sui grandi centri c’è il modello della Francia evocato dal Consigliere Massi, lì sono state costruite tante Comunità montane tutte intorno ad un centro luogo di aggregazione, il Comune leader, quello che garantisce economie di scala capace di dare una gestione aggregata di servizi che altrimenti i piccoli Comuni non potrebbero realizzare.
Il tema è quale ruolo devono svolgere questi Comuni e se questo ruolo è utile alla montanità. Pertanto noi abbiamo ragionato innanzitutto dicendo che i grandi Comuni possono sì essere di aiuto ai piccoli Comuni, ma non debbono essere un limite nell’assorbimento delle poche risorse che abbiamo. Abbiamo detto che alcuni grandi Comuni che hanno questa funzione possono stare nelle Comunità montane, e in questo modo assolvono anche alla funzione di attirare più risorse dal fondo nazionale che ancora oggi è legato al numero degli abitanti, ma al tempo stesso non debbono assorbire tante risorse quanto è la loro consistenza demografica.
In Commissione è stato proposto un emendamento che dice che nei Comuni della prima fascia si assorbono risorse fino a 10.000 abitanti e nei Comuni della seconda fascia si assorbono risorse fino a 3.000 abitanti, io propongo di ridurre questo limite da 10.000 a 5.000. Questo per dimostrare ancora di più che il ruolo dei Comuni è quello di sostegno e non altro, è un ruolo che non serve a prevaricare ma a sostenere. Quindi è un emendamento che riduce ulteriormente i contributi che possono prendere Comuni come Fabriano o Urbino.
Sul tema del numero dei piccoli Comuni abbiamo molto discusso, Consigliere Giannotti, e la discussione è stata piuttosto complessa. E forse l’inadeguatezza dei tempi che a voi non ha consentito di fare una proposta organica, a noi ci ha messo nelle difficoltà di poterla elaborare più nel dettaglio. Dobbiamo ammettere che in questi tempi stretti tutti noi non siamo riusciti fino in fondo a svolgere un’analisi dettagliata, un’analisi che però possiamo anche continuare, nessuno ce lo vieta.
C’erano piccoli Comuni che con i criteri montani della vecchia legge rischiavano di rimanere esclusi dalle Comunità montane. Gli interrogativi sono stati: li escludiamo? Se li includiamo quale sarà il costo sociale che avranno? Quale sarà il costo che avranno per la politica?
Dovete sapere che attualmente il fondo nazionale della montagna – e non esiste una prospettiva di innovazione diversa – è assegnato alle Regioni sulla base della consistenza demografica che hanno le singole Comunità montane. Alla luce di questa valutazione la riduzione dei Comuni nella regioni italiane è stata al massimo del 10%, cioè tutte hanno ridotto il numero delle Comunità montane ma hanno ridotto di pochissimo il numero dei Comuni in quanto utilizzano anche i piccoli Comuni per attrarre risorse e per dare un servizio.
Il tema è quello di non ridistribuirle a chi non ha titolo e l’emendamento proposto, secondo me, va nella direzione giusta.
Un’altra cosa che ci dobbiamo dire – e non perché a questo dibattito assistono le Comunità montane – è che sul tema che riguarda le montagne non c’è tanto quello del sistema istituzionale, ma quello dell’equità nell’allocazione delle risorse.
Quindi alla coerente determinazione che opponiamo a disegni pseudo-conservativi di alcuni sistemi arcaici istituzionali – così sembrano essere descritti – dobbiamo porre altrettanta ferma determinazione nel rivendicare un’equa distribuzione delle risorse sui territori. E’ questa che deve essere la coerente azione di una classe dirigente di maggioranza e di minoranza, altrimenti al dibattito opponiamo solo demagogia senza dare alcun contributo.
Allora l’esigenza di ritrovarci anche annualmente in questa Assemblea legislativa per valutare l’equa distribuzione delle risorse sui territori è un dibattito che ci deve vedere tutti fortemente impegnati, sapendo che oggi – faccio un esempio – un milione e mezzo di euro che viene attirato dalle Comunità montane poi viene decuplicato in termini di investimenti. I nostri Comuni della collina e della costa rispetto alla stessa cifra riescono ad investire molto meno della metà.
Quindi non è che possiamo denunciare accanto alla politicizzazione una classe dirigente inadeguata, perché è vero pure che la montagna marchigiana, se è vero che quella nazionale ha una grande capacità di produrre reddito – la montagna italiana produce 5,6 miliardi – è quella che ha la più alta concentrazione di imprese, ne ha 66,8 ogni diecimila abitanti. Se restringiamo l’analisi al made in Italy la nostra regione è la prima in Italia per alta concentrazione di imprese.
Pertanto il discorso di dire che questo sistema ha prodotto una classe dirigente dispendiosa e inadeguata è sbagliato, diciamocelo almeno noi, non ci mettiamo noi marchigiani sullo stesso piano delle classi dirigenti di altre regioni, come la Sicilia, la Puglia, la Calabria, che hanno disperso risorse senza produrre alcun risultato. Noi marchigiani non ci dobbiamo mettere sullo stesso piano proprio perché siamo riconosciuti come i più virtuosi e i più capaci di determinare lo sviluppo.
Ultima questione è il tema della forma del modello istituzionale. Questo è forse il dibattito vero di tutta la nostra discussione, visto che il resto era la Finanziaria ad indurlo.
Noi sostanzialmente avevamo un modello al quale ispirarci e che potevamo semplicemente mutuare, il modello delle Unioni di Comuni. Questo era un modello bello e pronto che potevamo accettare di mutuare e fare nostro.
Abbiamo invece accettato la sfida di contaminare quel modello con alcune formule che ci potranno garantire stabilità e al tempo stesso gestione unitaria e istituzionale.
Io per esempio non ho condiviso fino in fondo l’elezione diretta, però riconosco che garantisce stabilità al governo della Comunità montana e quindi indebolisce tutte quelle azioni dietrologiche, politiche, partitiche che servono a minarne l’azione di governo.
E’ vero poi che l’introduzione della giunta dei sindaci e la presenza di due vicepresidenti, uno di maggioranza e uno di minoranza, sono la garanzia che le Comunità montane in questa estrema semplificazione, non saranno il governo di una maggioranza – lo dico soprattutto a lei, Consigliere Giannotti, che a Pesaro è condannato a veder governare gli altri! –, ma saranno il frutto di un governo collegiale condiviso e che impegna tutti allo stesso modo.
E’ vero – e questa è l’obiezione che faceva il Consigliere Massi – che ci sono giunte che potrebbero avere troppi sindaci, quindi la necessità di individuare due vicepresidenti consente di garantire un governo. Inoltre dobbiamo dirci anche un’altra cosa, cioè che non pensiamo mai alle conseguenze delle nostre semplificazioni. Infatti io sono contrario a non avere una giunta sia pure di un rappresentante, perché se non avremo una giunta sia pure di un rappresentate consegneremo il governo del territorio alla gestione burocratica amministrativa. Era sbagliato avere nove o dieci assessori, ma dire deleghiamo la funzione di governo togliendo gli assessori con i sindaci che non riescono ad assolvere pienamente la funzione di programmazione solo al presidente, significa consegnare il governo del territorio ai segretari e ai funzionari, il che per la politica significa abdicare dal suo ruolo.
Allora quando si dicono le cose dobbiamo avere questa coscienza. Noi passiamo da 107 a 20 amministratori che avranno un terzo dell’indennità che avevano l’anno scorso.
E questo è un atto di concreto coraggio.
Sulla questione della governance dobbiamo fare una riflessione più seria, dobbiamo rilanciare – ne discuteremo quando faremo il tavolo istituzionale – un progetto di governance che affondi le sue radici sulla sussidiarietà, sull’adeguatezza e sulla differenziazione. Questo però si può fare solo risolvendo – e questa legge inizia a farlo – alcuni problemi istituzionali, per esempio evitando le sovrapposizioni di competenze tra Unioni di Comuni e Comunità montane. Questo è un atto coraggioso che mai è emerso, per esempio nel pesarese nemmeno dall’opposizione, non è mai emerso neanche nei mesi scorsi quando il costo della politica non era alla ribalta della cronaca mediatica, eppure c’era già un’iniquità che però non veniva denunciata.
Quindi occorre evitare sovrapposizioni e fare delle Comunità montane l’unico strumento di governo semplificando dentro di esse tanti organi che non hanno funzioni, penso ai Gal e a tante altre strutture che complicano il governo del territorio e che dobbiamo avere il coraggio in tutte le sedi di denunciare.

Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli

PRESIDENTE. Prima di continuare l’Assemblea legislativa è chiamata a decidere se proseguire o se fare un’interruzione di venti minuti per poi riprendere con la seduta pomeridiana. Questo lo dovevamo fare prima delle ore 13,30, ma l’intervento di prima era già in corso. Io propongo la sospensione di venti minuti.
Ha la parola il Consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Scusate, ci sono altri cinque interventi e centocinque emendamenti e siccome credo che nessuno voglia arrivare a mezzanotte io insisto, invece, per andare avanti con la discussione mentre gli altri intanto possono anche fare la pausa pranzo e poi passiamo agli emendamenti. Non capisco perché dobbiamo sospendere la seduta! La sospensione significherebbe perdere un’ora, un’ora e mezza, pertanto la mia proposta è di proseguire.

PRESIDENTE. A questo punto direi di votare, comunque credo che se per una volta dobbiamo rimanere un’ora in più in Aula non ci fa male!
Pongo in votazione la chiusura della seduta antimeridiana.

(L’Assemblea legislativa approva)

La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 13,45