Resoconto seduta n.132 del 17/02/2009
SEDUTA N. 132 DEL 17 FEBBRAIO 2009


La seduta inizia alle ore 10,40


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli


Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 131 del 10 febbraio 2009, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’articolo 29 del regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
- n. 295, in data 9 febbraio 2009, ad iniziativa del Consigliere Ricci, concernente: “Impianti alimentati da biomasse”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 296, in data 12 febbraio 2009, ad iniziativa dei Consiglieri Bugaro, Capponi, Silvetti, Cesaroni, concernente: “Modifiche all’art. 18 della legge regionale 16 dicembre 2004, n. 27 “Norme per l’elezione del Consiglio e del Presidente della Giunta regionale”, assegnata alla I Commissione in sede referente;
- n. 297, in data 12 febbraio 2009, ad iniziativa dei Consiglieri Capponi, Bugaro, Cesaroni, Ciriaci, Brini, Giannotti, Santori, Tiberi, concernente: “Le nuove nome di edilizia rurale per la multifunzionalità e la pluriattività delle aziende agricole marchigiane”, assegnata alla IV Commissione in sede referente e al Consiglio delle autonomie locali per il parere ai sensi del comma 4 dell’articolo 11 della l.r. n. 4/2007;
- n. 298, in data 12 febbraio 2009, ad iniziativa dei Consiglieri Castelli, D’Isidoro, Ciriaci, Ricci, Bugaro, Sordoni, Santori, Pistarelli, Romagnoli, Massi, Giannotti, Lippi, Mammoli, Ortenzi, Luchetti, concernente: “Ordinamento regionale delle professioni turistiche di maestro di mountain bike e di ciclismo fuori strada”, assegnata alla III Commissione in sede referente.
E’ stata presentata la seguente proposta di regolamento, per la quale è stata richiesta la procedura d’urgenza ai sensi dell’articolo 80 del regolamento interno:
- n. 15/09, in data 16 febbraio 2009, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Modifica al regolamento regionale 24 ottobre 2008, n. 2 recante: “Criteri per il calcolo dei canoni locativi degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata. Attuazione dell’articolo 20 quaterdecies della legge regionale 16 dicembre 2005, n. 36”, assegnata alla IV Commissione in sede referente e della quale è stata chiesta la procedura d’urgenza ai sensi dell’articolo 80 del regolamento interno e di cui poi parlerò.
Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato il seguente regolamento:
- n. 3, in data 9 febbraio 2009, “Attività funebri e cimiteriali ai sensi dell’art. 11, della legge regionale 1° febbraio 2005, n. 3”;
Il Presidente della Giunta regionale ha trasmesso, in data 2 febbraio, le seguenti deliberazioni:
- n. 120: “Art. 43, comma 1 lettera a) della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di recuperi accertati nell’anno precedente. € 10.919,19”;
- n. 121: “Art. 43, comma 1 lettera a), della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie accertate relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 1.207.835,49”;
- n. 122: “Art. 43, comma 1 lettera a), della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie accertate relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 13.939.422,46”;
- n. 123: “Art. 43, comma 1 lettera a), della l.r. n. 37/2008 Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie accertate relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 999.345,48”;
- n. 124: “Art. 43, comma 1 lettera a), della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio d previsione per l’anno 2009 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 1.278.426,60”;
- n. 125: “Art. 43, comma 1 lettera a), della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 2.355.346,90”;
- n. 126: “Art. 43, comma 1, lettera a) della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie accertate relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 267.298,72”;
- n. 127: “Art. 43, comma1 lettera a) della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie accertate relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 1.440.000,00”;
- n. 128: “Art. 29, comma 1, della l.r. n. 31/2001 e art. 26 della l.r. 38/2008 – Variazione integrativa e riduttiva di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte dello Stato e dalle UE vincolati a scopi specifici e delle relative spese iscritte nel bilancio di previsione per l’anno 2009. € 4.436.665,00”;
- n. 129: “Art. 29, comma 1, della l.r. n. 31/2001 e art. 26 della l.r. 38/2008 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte di soggetti terzi vincolati a scopi specifici e delle relative spese. € 100.000,00. Modifica al Programma operativo annuale 2009 approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1917 del 22 dicembre 2008”;
- n. 130: “Art. 29, comma 1, della l.r. n. 31/2001 – Variazione compensativa al Programma Operativo annuale 2009 approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1917 del 22 dicembre 2008 e sue successive modificazioni ed integrazioni. € 266.680,00”;
- n. 131: “Art. 29, comma 2, della l.r. n. 31/2001 – Variazione compensativa al Programma Operativo annuale 2009 approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1917 del 22 dicembre 2008 e sue successive modificazioni ed integrazioni. € 561.000,00”;
- n. 132: “Art. 43, comma 1 lettera a), della l.r. n. 37/2008 – Reiscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di economie accertate relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. € 230.000,00”;
- n. 133: “Art. 29, comma 1, della l.r. n. 31/2001 e art. 26, comma 1 della l.r. 38/2008 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte dello Stato vincolati a scopi specifici e delle relative spese. Spese di personale € 223.289,97”;
- n. 134: “Art. 29, comma 1, della l.r. n. 31/2001 e art. 26, comma 1, della l.r. n. 38/2008 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2009 di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte dello Stato vincolati a scopi specifici e delle relative spese. € 902.500,00”;
- n. 135: “Fondo regionale straordinario di sostegno alle PMI e di solidarietà sociale € 10.000.000,00. Art. 29, comma 2 della l.r. 31/2001 – Variazione compensativa al Programma operativo annuale 2009 approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 1917 del 22 dicembre 2008 e sue successive modificazioni ed integrazioni.”.
Comunico, inoltre, che con delibera n. 1248 del 10 febbraio 2009 l’Ufficio di presidenza ha preso atto dell’adesione del Consigliere Katia Mammoli al Gruppo assembleare “Partito Democratico” .
Ha chiesto congedo l’Assessore Marcolini.

Proposta di regolamento n. 15
della Giunta regionale
“Modifica al regolamento regionale 24 ottobre 2008, n. 2 recante: “Criteri per il calcolo dei canoni locativi degli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata. Attuazione dell’articolo 20 quaterdecies della legge regionale 16 dicembre 2005, n. 36”

Proposta di legge regionale n. 283
della Giunta regionale
“Modifiche della l.r. n. 20/2001 concernente: “Norme in materia di organizzazione e di personale della Regione”

(Votazione dichiarazione d’urgenza ai sensi dell’articolo 80 del Regolamento interno)

Ricordo che la Giunta regionale ha presentato due richieste d’urgenza ai sensi dell’articolo 80 del regolamento interno in ordine alla proposta di regolamento n. 15/09, sulla sospensione dei canoni per gli edifici ERAP, e sulla proposta di legge n. 283, già assegnata alla II Commissione, relativa alla modifica della l.r. 20 concernente l’organizzazione degli uffici regionali.
Le due proposte sono state discusse in Conferenza dei Presidenti dei Gruppi Assembleari e si è convenuto di proporre per entrambe l’esame in sede referente nelle prossime sedute delle Commissioni competenti già convocate per questa settimana, in modo da procedere alla loro iscrizione all’ordine del giorno della seduta dell’Assemblea legislativa convocata per il giorno 26 febbraio p.v..
L’Assemblea legislativa è quindi chiamata a votare, ovviamente separatamente, la procedura di urgenza richiesta dalla Giunta regionale su questi due atti.
Pongo in votazione la dichiarazione d’urgenza della proposta di regolamento n. 15/09.

(L’Assemblea legislativa approva)

Pongo in votazione la dichiarazione d’urgenza della proposta di legge n. 283.

(L’Assemblea legislativa approva)


Comunicazioni del Presidente dell’Assemblea legislativa delle Marche in merito al Giorno del ricordo (10 febbraio 2009)
(Discussione)

PRESIDENTE. Sulla base della decisione dell’Assemblea legislativa presa nell’ultima seduta oggi parliamo della Giornata del Ricordo.
Con la legge n. 32 del 30 marzo 2004, approvata all'unanimità dal Parlamento italiano, la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del Ricordo", al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, per le quali credo di poter esprimere anche a nome vostro una netta e ferma condanna.
Infatti, come dice il Presidente della Repubblica, non possiamo certo dimenticare le sofferenze, fino ad un’orribile morte, inflitte a italiani assolutamente immuni da ogni colpa. E non possiamo non sentirci vicini a quanti hanno sofferto comunque di uno sradicamento a cui è giusto che si ponga riparo attraverso un’obiettiva ricognizione storica ed una valorizzazione di identità culturali, di lingua, di tradizioni che non possono essere certo cancellate.
Il Giorno della Memoria non ha nulla a che vedere con il revisionismo storico, con il revanscismo ed il nazionalismo. La memoria innanzitutto che noi italiani coltiviamo è quella della dura esperienza del fascismo e delle responsabilità storiche del regime fascista, delle sue avventure di aggressione e di guerra.
Dopo sessant'anni è forse possibile comprendere meglio, si sono infatti superati gli effetti di una prolungata rimozione, mantenendo gli esiti di una memoria dolente e di una significativa lacerazione.
In questo periodo si svilupparono fenomeni quali: la radicalizzazione nazionalistica provocata dalla prima guerra mondiale e l'annessione all'Italia di territori in cui vivevano centinaia di migliaia di sloveni e croati; il violento affermarsi del fascismo e poi la politica del regime; l'occupazione italiana e tedesca della Jugoslavia nel 1941, quindi l'operazione, dopo l'8 settembre del 1943, della "Zona di Litorale Adriatico" alle dirette dipendenze della Germania.
Questo è il quadro incandescente in cui gli odi tra nazionalità erano già portati all'estremo, nel quale si inserisce la politica Jugoslava di annessione dell'intera Venezia Giulia. Di qui i traumi drammatici della fase finale della guerra e del dopo dopoguerra, con la tragedia delle foibe e l'esodo della quasi totalità degli italiani da quelle zone.
Solo il 10 febbraio del 1947 viene siglato il Trattato di Pace di Parigi tra la Repubblica italiana e le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, con la prevista cessione alla Repubblica Federale di Jugoslavia di parte dell'Istria, della Slovenia e della città di Fiume. Trieste e le aree circostanti vennero incorporate in un nuovo Stato indipendente denominato "Territorio Libero di Trieste, che nel 1954 fu risuddiviso tra l'Italia e la Jugoslavia.
Una storia lunga, dunque, un intrecciarsi di dolori e lacerazioni che possiamo comprendere appieno solo ponendo a confronto punti di vista differenti, facendo dialogare le diverse e opposte memorie che in questa storia si sono sedimentate al di qua ed al di là dei confini che dovrebbero ora avviarsi a scomparire.
Qualche cosa ancora ci manca e dovremo ancora lavorare molto per colmare tale lacuna. In questo quadro possono acquistare un positivo significato quegli atti simbolici ed istituzionali di pacificazione tra i Paesi interessati. Ed è questo il nostro pressante auspicio.
All'interno della costruzione di una Europa più ampia atti pubblici di questo tipo sono stati compiuti da tempo in Paesi segnati da lacerazioni del passato ancora più profonde. Naturalmente gli atti simbolici possono divenire realmente fecondi se accompagnati da processi culturali capaci di coinvolgere profondamente la società, la scuola e tutte quelle istanze e libere espressioni differenti e molteplici.
Siamo ancora lontani da tutto ciò. Siamo lontani da un confronto di conoscenze e di vissuti che ci facciano comprendere la sofferenza ed il dolore di tutte le vittime, chiedendo ad ogni comunità di riconoscere anche le proprie responsabilità. Misurarsi con ferite ancora nascoste, rimuovere sordità, far dialogare memorie ancora tenacemente divise, appare oggi l'aspetto non secondario e non superfluo di un impegno culturale che ci deve vedere tutti costantemente presenti ed attivi.
Sulla base di quanto concordato con i Presidenti dei Gruppi assembleari apro ora la discussione, con la richiesta di rispettare quanto deciso, cioè se possibile che parli un solo Consigliere per Gruppo.
Ha la parola il Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. La decisione del Parlamento italiano di dedicare una giornata al ricordo degli infoibati, dei martiri istriani e dalmati e alla tragedia dell’esodo, è stata una di quelle decisioni che, come ebbe a dire il primo firmatario On. Roberto Menia di Alleanza Nazionale, ha dato un significato a tutta una legislatura. Perché di fronte al dramma delle Foibe la circostanza che fa affiorare il dolore maggiore non è solo il dato oggettivo di quello che accadde a Buie, Pisino, Pirano, Zara, Ragusa, ma è anche un’operazione di rimozione storica, violenta, ideologica, partitica, voluta da chi, pur avendo contribuito a sottoscrivere la nostra Costituzione, dimenticava verso se stesso l’obbligo di ricordare.
Determinare la cancellazione della memoria è l’atto più grave che si possa infliggere ad un dato storico come quello di un genocidio, perché è di questo che si tratta.
Il fatto che i nostri ragazzi per cinquant’anni non abbiano potuto leggere una sola riga nei libri di testo, quelli che hanno formato la loro coscienza sui banchi delle scuole, è una vergogna che solo in parte viene riscattata da quella legge. E il fatto che alcuni storiografi di regime abbiano voluto qualificare e definire le foibe come doline carsiche dove i nazifascisti erano tenuti e portati a far piombare i propri avversari politici, dà il senso di questa damnatio memoriae che solo recentemente è venuta meno. Ed è venuta meno nonostante che tanti di quei 350 mila italiani di Dalmazia, di Fiume e dell’Istria si erano dovuti sentire stranieri in patria.
Una di quelle vergogne, che anche la città di Ancona porta scolpita nella propria storia, è quando da Zara i profughi dell’ultima ondata, dopo essere stati espulsi dai comunisti titini, arrivarono in questa nostra terra e furono accolti da comunisti del porto che sputarono addosso loro. Alcuni di questi poveracci furono segregati e tenuti nel campo di Servigliano, lo stesso campo in cui i nazisti avevano tenuto i loro prigionieri e che - oggi lo ricordiamo - fu usato per tenere – ma questo non si dice - per cinque anni anche quei nostri profughi, e che poi si dispersero.
Uno di questi profughi, che io conosco perché abita ad Ascoli, mi disse: “nessuno ci voleva, però tutti volevano dimenticare il fatto che nello stesso campo di concentramento destinato agli ebrei eravamo stati segregati anche noi”.
Solo un’operazione vergognosa di rimozione ha portato alla cancellazione di questa memoria. Una memoria che non deve alimentare divisioni e rancori, ma deve porci quella domanda che Paul Valéry di fronte ai primi genocidi, quelli dell’Armenia, subito dopo la prima guerra mondiale, formulò come appellativo a tutta l’umanità: ovvero, che non è più necessario capire di chi sia la responsabilità, però è necessario capire come sia stato possibile che dai territori italiani nell’assoluta ignoranza, nell’omissione, anzi, addirittura in combutta con parti importanti del Governo di questa Italia, fu possibile cancellare la memoria di questa tragedia.
E mi riferisco anche ad un’altra macchia, che riguarda solo ideologicamente e peraltro geograficamente questa regione, infatti fu proprio a Osimo che si consumò il secondo schiaffo ai danni degli italiani di Istria e di Dalmazia. La zona B venne regalata, senza che vi fosse nessun obbligo internazionale, ai comunisti titini per un bieco e vergognoso ragionamento di convenienza internazionale. Questo perché quell’Italia imbelle non voleva dispiacere, su indicazione degli Stati Uniti d’America, a quel Tito che dopo aver parteggiato con Stalin si ricordava di diventare quasi anche lui un anticomunista. Quindi un pezzo d’Italia fu venduto nella nostra Osimo che fu, ahimè, teatro di questa ulteriore e vergognosa operazione.
Dunque è una storia che dobbiamo ricordare come fosse un dovere morale, perché quegli italiani sono gli italiani migliori. Quella gente che ha affollato le nostre case e che oggi fortunatamente ha riottenuto il diritto a una vita normale, per anni è stata dileggiata e schernita, perché c’era da vergognarsi di essere profughi, c’era da vergognarsi di avere quei nomi strani.
Oggi, quindi, anche come marchigiani dobbiamo ricordare che l’italianità di quelle terre è un’italianità di cui è intrisa la nostra regione. Non dobbiamo mai dimenticarci che le Marche sono state arricchite da quella cultura adriatica che ha visto proprio negli istriani e nei dalmati alcuni elementi fondamentali per descrivere, appunto, il volto delle nostre Marche. I torricini di Urbino furono disegnati dal dalmata Laurana, la parte migliore di Ancona fu costruita con la pietra d’Istria da Giorgio da Sebenico, il Crivelli venne a dipingere nella nostra Ascoli, nel nostro Fermo, nella nostra Sant’Elpidio a Mare, e lo fece dopo aver imparato nelle botteghe di Zara il suo mestiere, ancora, il clero dalmata veniva preparato nel collegio dalmatico di Fermo.
Questa, dunque, è parte della nostra storia, è parte della nostra vita, è parte di quel vissuto che oggi ci deve in qualche modo far sentire riconciliati non solo con la storia dei dalmati ma anche con la storia delle Marche.
Noi tutti siamo un po’ istriani, noi tutti siamo un po’ dalmati, e lo siamo almeno per due motivi: come marchigiani, per le ragioni che ho detto, e come italiani, perchè dobbiamo fare ammenda nei confronti di quel popolo per i troppi torti che il veleno e l’odio ideologico ha inflitto loro.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Comi.

Francesco COMI. Da qualche anno si moltiplicano le giornate della memoria per ricordare le violenze, gli stermini di massa, i genocidi, i crimini contro l’umanità, l’orrore nazifascista. Sono occasioni positive di riflessione comune e tributi dovuti agli innocenti.
La Regione Marche ha onorato queste giornate, lo ha fatto partecipando alle iniziative, addirittura lo ha fatto anche con leggi proprie. Penso alla legge del 2002 che venne fatta, dopo quella del Parlamento del 2000, proprio per riconoscere la Giornata della Memoria. Penso anche al riconoscimento della Giornata del Ricordo che abbiamo fatto nell’ultima seduta assembleare e che oggi cerchiamo di celebrare insieme. E insieme occorre denunciare le ingiustizie che ci sono state e riconoscere il sacrificio di tanti cittadini.
Credo che questa sia una giornata importante. Però mi sia consentito di dire con la forza necessaria che queste giornate troppo spesso rischiano di diventare, nel momento in cui nelle Aule dei Consigli comunali, provinciali e regionali le celebriamo quasi ritualmente o con scarsa consapevolezza, o proiezioni dei passati conflitti, oppure strumenti di reciproche accuse e recriminazioni da spendere magari nel mercato dei conflitti politici locali e attuali o, peggio ancora, come avviene spesso, occasioni di un invito, tanto più odioso quanto apparentemente generoso, ad azzerare magnanimamente le differenze tra tutte le parti, ovvero col dire che tutte hanno ugualmente sbagliato.
Occorre sì un giudizio chiaro ed inequivoco contro tutti coloro che hanno esercitato violenze o che hanno limitato i diritti inviolabili dell’uomo, ma dobbiamo comunque mantenere viva la memoria.
Quando accade questi dibattiti diventano rituali e accade anche che la memoria viene ridotta a merce di scambio, e il tema difficile, quanto irrinunciabile, della ricerca e della valutazione delle responsabilità viene privato di ogni significato - questo mi è capitato di dirlo anche in alcuni Consigli comunali -. Se nel grembo dell’umana pietà, se nell’esigenza di pacificazione di un Paese, se per l’esigenza dell’unità di tutti gli italiani è importante che tutte le vittime possano essere composte insieme e tutti i carnefici possano essere condannati incontrovertibilmente e insieme, il giudizio storico, politico e morale non potrà mai pareggiarle.
Assumo qui – me lo consentano i colleghi di quest’Aula – due clamorosi esempi di violenza politica, che nel loro opposto significato simbolico credo siano incontrovertibilmente eloquenti: le uccisioni di Matteotti e di Mussolini. Il primo è un democratico, assassinato da un gruppo di sicari assoldati da un dittatore dopo che in Parlamento, luogo simbolo delle Istituzioni democratiche, aveva espresso la sua posizione. Il secondo venne ucciso dopo essersi dato alla fuga travestito da tedesco e dopo aver abbandonato i suoi fedeli ai quali, invece, aveva indicato il sacrificio come ultimo estremo gesto d’onore, infatti aveva detto agli italiani “se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi”.
Nessuna equa memoria potrà mai pareggiare l’Italia di Matteotti e dei Resistenti all’Italia di Mussolini e delle brigate di Salò. Quindi se si vuole una memoria condivisa occorre fondarla e distinguerla sui valori e sui fatti di ciascuno.
Io credo in queste cose. Credo inoltre che queste giornate vadano valorizzate, a mantenimento della memoria storica e del giudizio storico, per riconoscere tutte quelle vittime ingiustamente uccise durante la guerra.
Comunque il giudizio sulla storia ci deve essere, e voglio parlare di una vicenda che credo sia clamorosa proprio per quello che è successo agli italiani, di cui è bene che tutti in questo Paese ne conoscano la storia.
Nel 1920 venne siglato il Trattato di Rapallo con il quale il Regno d’Italia e quello dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni siglarono l’annessione all’Italia della Gorizia, di Trieste, Istria e Zara, riconoscendo Fiume città libera. I confini geografici della regione Friuli Venezia Giulia si estesero al di là dei confini naturali e politici che oggi conosciamo.
Negli anni successivi il regime fascista, per utilizzare esso stesso quel regime che si era dato in quella fase storica, di fronte a nuove popolazioni, a nuove etnie, a nuove regioni, a nuove lingue, a nuove culture che si integravano anche violentemente sul territorio, impose su tutto il Venezia Giulia una severa politica di snazionalizzazione. Iniziò dunque quella che venne definita dallo stesso regime una campagna di snazionalizzazione delle differenze, una campagna di eliminazione delle minoranza etniche e politiche e di disintegrazione anche delle diverse identità. Ci fu quindi una campagna caratterizzata da un rastrellamento e dal deportare nei campi, che erano stati anche quelli dello sterminio, di tutti coloro che non soggiacevano a questa campagna di snazionalizzazione. Furono sequestrati i loro beni, furono incendiate le loro case. La mano dura di quel regime fece sì che più di 100 mila slavi fuggirono dai confini che erano allora del Friuli Venezia Giulia.
Negli anni successivi, con l’armistizio dell’8 settembre 1943, a causa anche di questo retroterra, si determinò un fatto ingiustificabile. Cioè che gli istriani, i sloveni, i croati e i serbi che rimasero lì e che quindi avevano subìto queste cose, esercitarono una vendetta ingiustificabile, incomprensibile, da censurare, da condannare, da ricordare oggi, contro tutti gli italiani. E’ questo che è successo.
Oggi siamo qui per ricordare quella storia, ma siamo qui anche per condannare quell’atto di violenza che si consumò nei confronti di tanti italiani.
Noi quindi abbiamo il dovere, come ho detto all’inizio, di celebrare queste giornate, abbiamo il dovere di frequentarle e di celebrarle in modo non rituale ma consapevole, dobbiamo farlo in modo istituzionale e non in termini di appartenenze e di parte, perché dobbiamo scongiurare, attraverso anche una seria analisi delle responsabilità e della storia, che quei conflitti possano diventare nuovi conflitti o nuovi strumenti di reciproche accuse e recriminazione da spendere ancora oggi sul mercato dei conflitti locali.
Dobbiamo scongiurare che l’esigenza di unità di un Paese, di salvaguardia della memoria, di pacificazione di un popolo che guarda avanti, poi si traduca in una incomprensibile, per quanto generosa, esigenza di mettere tutti sullo stesso piano.
Sullo stesso piano dobbiamo mettere tutti i carnefici, dobbiamo mettere tutti coloro che hanno esercitato queste violenze, dobbiamo anche equiparare tutte le vittime che la storia ha sacrificato, ma non potremo mai equiparare i giudizi politici e morali.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Vorrei partire proprio dalla conclusione del Consigliere Comi, ovvero che dobbiamo evitare che analisi che riguardano il passato siano utilizzate per le lotte politiche di oggi, e su questo sono assolutamente d’accordo. Non sono d’accordo, invece, sull’impostazione che lo stesso Consigliere Comi ha dato al suo intervento; peraltro con lui ho avuto la possibilità di confrontarmi anche in un recente Consiglio comunale a Tolentino. Ritengo che la volontà dell’una o dell’altra parte di pareggiare presunti debiti e crediti sia completamente fuori luogo quando celebriamo date che all’unanimità il Parlamento italiano ha voluto sancire per ricordare agli italiani il Giorno della Shoah (27 gennaio) e il Giorno delle Foibe (10 febbraio).
Voglio dire al Consigliere collega Comi che non c’è nessun bisogno di ricordare a qualcuno come monito gli orrori del nazifascismo. Ci mancherebbe! Nessuno di noi si è mai sottratto a questo.
Io ho un sogno che voglio esternare in quest’Aula, cioè che nel Giorno della Memoria del 27 gennaio, nel Giorno delle Foibe del 10 febbraio, come pure il giorno del 25 aprile o del 1° maggio, tutto il popolo italiano e le Istituzioni si ritrovino insieme senza divisioni.
Una famosa canzone di Fabrizio De André – in questi giorni abbiamo ricordato i dieci anni dalla sua morte – dice “volta la carta”. Allora voglio ricordare quei due personaggi delle nostre Istituzioni che con coraggio hanno voltato la carta, il Presidente Napolitano e il Presidente Fini. Entrambi hanno dato un grandissimo messaggio: quando Napolitano si è recato a Budapest ha dire “sì, avevo poco meno di trent’anni quando credevo che per il popolo certe soluzioni fossero le migliori; quando Fini è andato ad Auschwitz dicendo la stessa cosa su quelle cose in cui credeva da giovane. Questi due personaggi hanno non solo voltato la carta, ma hanno aperto al popolo italiano un messaggio di speranza e di grandissima unità.
Noi questi messaggi li dobbiamo recepire, però al Consigliere Comi dico che dobbiamo farlo chiamando la storia e i personaggi con i loro veri nomi.
Quando Jan Palach si è dato fuoco, lo ha fatto contro i carri armati sovietici, quindi non dobbiamo dire che non era vero. E quando dico questo chiedo, pretendo, auspico che coloro che hanno militato nel Partito comunista italiano non si offendano per niente. Perché ritengo – l’ho sempre detto – che coloro che hanno votato e militato nel Partito comunista italiano probabilmente non hanno avuto la possibilità di essere informati dai loro capi di che cosa stesse succedendo. Tanti operai, tanta parte degli italiani hanno votato quella sinistra pensando che il modello sovietico fosse la soluzione.
Allora se un’idea iniziale è stata stravolta e gestita con la violenza, oggi proprio dagli amici della sinistra mi aspetto che venga riconosciuto, così come ha fatto il Presidente Napolitano.
Dunque se questa analisi la utilizziamo con i nomi veri sicuramente facciamo un passo avanti. Ricordando come sui valori della Resistenza e della Liberazione si ritrova quasi tutto il popolo francese e anche quello spagnolo che addirittura ha inteso seppellire nello stesso cimitero le vittime di tutte e due le parti.
Quando il Consigliere Comi chiede la differenziazione dei giudizi sui carnefici è certo che c’è, però dico sempre che quando ci troviamo di fronte a crimini contro l’umanità, cioè lo sterminio di gente innocente, di chiunque l’abbia commesso lo dobbiamo dire; quando ad esempio a Piazza Tiananmen i carri armati hanno puntato i cannoni contro gli studenti quello era un crimine contro l’umanità, infatti quello studente davanti al carro armato è diventato un simbolo.
Credo che nessuno in Italia oggi possa porre un problema di disconoscimento di quella parte della storia, quindi non c’è bisogno, lo dico al Consigliere Comi, di ricordare – noi abbiamo partecipato a tutte le manifestazioni –, come fosse una volontà di pareggio, i crimini del nazifascismo o la vergogna delle leggi razziali.
Chiedo dunque un passo avanti nella maturità e nel dialogo. Peraltro in questi giorni siamo andati nelle scuole, abbiamo organizzato convegni, abbiamo parlato con i giovani, quei giovani a cui le Istituzioni credo debbano dare questo messaggio. Non è possibile che oggi, pur nelle diverse provenienze, non ci ritroviamo tutti insieme sugli stessi valori e sulla stessa identità.
Ripeto, Napolitano e Fini sono stati in questi giorni due personaggi che hanno aperto sicuramente una fase nuova della politica italiana. Spero che questo mio sogno diventi realtà.
Il Consigliere Castelli ha ricordato il Trattato di Osimo, quindi, solo per la cronaca, da marchigiano voglio ricordare che nei giorni in cui il Parlamento votava quel Trattato, che anch’io ritengo doloroso per tanti italiani, un solo Parlamentare della Democrazia Cristiana votò contro, era mio padre che nel 1975, quando sedeva in Parlamento, fu ripreso da Fanfani perché andò contro la linea del partito, non se la sentì infatti di votare quel trattato che puniva e restituiva alla dittatura tanti italiani.
Caro Consigliere Comi, questa giornata l’abbiamo celebrata insieme, quindi andiamo avanti e non creiamo divisioni.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Il fatto che finalmente ci sia una legge che riconosca e renda giustizia a quei gravissimi episodi che hanno visto come vittime gli italiani è sicuramente un aspetto positivo.
In ogni caso, al di là delle discussioni che molto spesso si fanno nei vari consessi, credo ci sia una parte degli italiani che comunque non riesce a digerire la presenza di questa legge. Perché se si devono commemorare i martiri delle foibe o se si deve ricordare l’esodo di 350 mila italiani, poi non si può tirare fuori ciò che c’entra poco o addirittura niente, oppure, come è stato fatto anche in quest’Aula soprattutto dal Consigliere Comi ma in parte anche dal Presidente dell’Assemblea legislativa, quasi una sorta di giustificazione.
Ritengo che questa giornata voglia ricordare ciò che è successo. E quello che è accaduto è molto semplice: i partigiani comunisti titini hanno preso degli italiani, che poi solo per il fatto di essere italiani sono stati da loro uccisi in uno dei modi più barbari che possa esistere. Questo è!
Il resto riguarda l’esodo di 350 mila italiani, che una volta affidati alle varie realtà del nostro territorio sono stati anche rifiutati. Quindi a loro vanno le nostre scuse, a loro vanno le scuse di una Nazione che non è stata capace di accogliere dei fratelli. Su questi fatti c’è un’immagine di un’anziana signora esule che nel suo misero ricovero aveva pochi oggetti, tra questi la bandiera italiana.
Quindi la contropartita è stata il rifiuto degli italiani; ad esempio episodi simili a quelli citati dal Consigliere Castelli successi ad Ancona sono accaduti anche a Bologna.
Oggi finalmente c’è una legge, ma per rendere veramente giustizia a quelle vittime non si può continuare ad andare ad arrampicarsi sugli specchi e girare completamente il discorso. Le vittime erano gli italiani, mentre gli aguzzini erano i partigiani comunisti titini. Punto! Non si può continuare a dire che era perché gli italiani erano andati in quelle zone, ecc. ecc.. Certo, questo fa parte della storia, ma comunque i responsabili, i carnefici sono i partigiani comunisti titini. Quei partigiani titini che hanno preso Norma Cossetto, una donna passata alla storia, in diciassette l’hanno violentata e poi l’hanno buttata in una foiba.
Quindi sono molto chiare le vittime come molto chiari sono i carnefici.
Vorrei sapere se il Consigliere Comi ritiene che tutto quello che è accaduto nella recente guerra dopo la morte di Tito, sia ancora responsabilità degli italiani oppure se sia un retaggio di alcune popolazioni che hanno continuato, dopo la seconda guerra mondiale e anche molto di recente, a fare delle pulizie etniche.
Vogliamo forse giustificare anche quello che è accaduto dopo la morte di Tito?!
Quindi se si vuole ricordare con serietà quello che è accaduto si deve dire che le vittime sono gli italiani ed i carnefici i partigiani comunisti titini.
Io sono andato ad una commemorazione alla Camera dei Deputati presieduta dall’On. Fini e lì mi ha fatto molto piacere vedere parteciparvi anche l’On. Violante. In quella sede credo ci sia stata veramente un’unità di intenti nel ricordare gli episodi avvenuti, quindi senza cercare giustificazioni nè da una parte nè dall’altra, perché la realtà è solo una.
Sempre a Roma c’è una bellissima ed interessante mostra fotografica e filmata sulle foibe. Peraltro, visto che è fatta a moduli, credo sarebbe opportuno, Presidente, richiederla nei prossimi anni anche sul territorio delle Marche, affinchè anche il nostro territorio abbia la possibilità di visionare tutta quella documentazione. Una documentazione raccolta in tutti questi anni che dice chiaramente come sono accaduti i fatti e che potrebbe essere addirittura molto più utile di quelle manifestazioni che necessariamente vogliono giustificare o comunque addolcire ciò che è successo.
Quello che è accaduto, lo ripeto per l’ennesima volta, è molto chiaro: i partigiani comunisti titini hanno ammazzato gli italiani solo perché volevano impedire che in quelle terre rimanesse qualsiasi segno e qualsiasi presenza italiana.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Condivido, Presidente, la sua comunicazione di contesto e di grande equilibrio rispetto a quei fatti tragici post guerra. Tuttavia voglio rilevare un qualcosa che qui è rimasto in ombra, cioè mi pare che attraverso il giusto ricordo delle foibe si voglia giustificare la pulizia etnica del fascismo, anzi, in alcuni interventi viene del tutto rimossa.
Noi Comunisti italiani non vogliamo negare questi fatti così tragici, è giusto che si ricordino tutte le forme di barbarie che hanno colpito cittadini innocenti, in particolare italiani, ma vogliamo denunciare il fatto che quando si parla di foibe si vuole rimuovere alla radice il ricordo e i fenomeni che provocarono quel dramma. Si rimuove il fatto che fu l’Italia fascista a pianificare la pulizia etnica del confine orientale dell’Italia contro le popolazioni slave e di lingua slava. Decine di migliaia di donne e di uomini furono uccisi, torturati, le donne vennero violentate solo per il fatto di parlare una lingua che non fosse quella italiana.
Lo vogliamo ricordare questo fatto oppure vogliamo ricordare che la foiba è l’effetto drammatico di una causa ancora più drammatica?!
Paesi interi furono bruciati dai fascisti e dalle forze armate italiane.
Infine, a tutti voi che parlate di identità nazionale, vorrei ricordare anche un altro fatto storico rimosso, ovvero che Mussolini regalò Trieste alla Germania, al terzo Reich, a Hitler, divenendo così complice concreto della costruzione del campo di sterminio della Risiera di San Sabba.
E dispiace, e lo voglio dire senza polemica ma riflettendo anche sulla fase politica dell’oggi, che insieme ai fascisti e agli ex fascisti in questo grossolano revisionismo storico siano caduti anche esponenti di partiti democratici e del centro-sinistra.
La storia, caro Consigliere Massi, non si può riscrivere per una reciproca legittimazione, dove cioè in una zona grigia carnefici e vittime sono tutti uguali. Questo fatto va respinto, perché un conto sono le vittime e un conto sono i carnefici. Altrimenti nel mondo, in Europa ed anche in Italia, si rischia il riaffiorare del nazionalismo e del razzismo.
Con il pretesto delle foibe si vuole normalizzare la storia ed addomesticarla per la politica dell’oggi. Noi, invece, vogliamo parlare un linguaggio diverso, un linguaggio di storia, di drammi, di attualità e di prospettiva. Senza la storia non c’è nessun futuro.

PRESIDENTE. Con questo intervento si conclude la commemorazione della Giornata del Ricordo.


Interrogazione n. 1200
del Consigliere Binci
“Quote a carico degli utenti della residenza sanitaria assistenziale “Anni Azzurri” sita a Torrette di Ancona”

Interrogazione n. 958
del Consigliere Brandoni
“Aumento della retta giornaliera a carico degli ospiti deliberato dalla direzione della residenza Anni Azzurri di Ancona”
(abbinate)
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni n. 1200 del Consigliere Binci e n. 958 del Consigliere Brandoni, abbinate. Per la Giunta risponde l’Assessore Mezzolani.

Almerino MEZZOLANI. In merito a tali interrogazioni cito prima gli atti formali e poi dirò quali sono le valutazioni.
In data 21 giugno 2000 è stata stipulata una convenzione tra l'Azienda USL n. 7 di Ancona (ora Zona territoriale n. 7) e l'Ente per l'esercizio dell'attività socio-assistenziale e a rilievo sanitario rivolta a soggetti prevalentemente anziani non autosufficienti affetti da patologie psichiatriche croniche e/o patologie neuropsichiatriche stabilizzate e da demenze (morbo di Alzheimer in particolare). Tale convenzione aveva validità triennale, prorogabile per altri tre anni, previo accordo tra le parti. In tale atto la struttura veniva configurata come RSA.
Si è proceduto al rinnovo della suddetta convenzione in data 13 dicembre 2006, con validità fino al 30 giugno 2008. In tale atto la retta alberghiera è stata definita con le stesse modalità previste nel precedente accordo.
In data 4 marzo 2008 tra la Direzione generale ASUR e la Società Anni Azzurri s.r.l., si è provveduto alla stipula di un atto di transazione che prevede un aggiornamento delle tariffe sanitarie, rimaste invariate dall'anno 2000, pari al 10%.
In tale atto, relativamente alla tariffa alberghiera, viene specificato che "...per quanto attiene la quota di partecipazione degli ospiti per i servizi alberghieri, le parti si impegnano a rispettare i contenuti dell'art. 18 della convenzione tipo di cui alla d.g.r.m. 704/2006...".
A tal fine, secondo quanto disposto dalla d.g.r.m. 704/06, la Struttura Anni Azzurri del Conero avviava il percorso volto alla determinazione della tariffa alberghiera con la Zona Territoriale n. 7 di Ancona interessata, consultando come previsto il Coordinatore sociale d'Ambito di Ancona, che dichiarava la propria incompetenza nella materia, non essendo la struttura stessa residenza protetta.
A fronte della mancata definizione della tariffa nei termini di cui al provvedimento regionale, con la conseguente autoriduzione da parte degli utenti della struttura della quota alberghiera, la struttura Anni Azzurri ha effettuato ricorso al TAR per annullamento della d.g.r.m. 780/2008, che proroga la validità della d.g.r.m. 704/06 a tutto il 2008.
In data 22 dicembre 2008 si è proceduto alla stipula di un accordo tra Regione Marche, ASUR Marche e Struttura Anni Azzurri, in cui si è deciso di rinviare la definizione della quota alberghiera a carico dell'utente, alle disposizioni che saranno adottate dalla Regione Marche, mediante promulgazione e applicazione della nuova convenzione tipo per le residenzialità, congelando per l'anno 2008, la quota a carico dell'utente al valore in essere anteriormente all'applicazione della d.g.r.m. 704/06. Tale quota è pari a 50 euro/die, tenuto conto anche degli standard assistenziali erogati che assicurano un'assistenza superiore ai 120 minuti/paziente, come rilevato da apposita relazione della Direzione di Distretto in data 6 novembre 2008.
Le valutazioni, invece, sono le seguenti.
Si sottolinea che la retta alberghiera in questione riguarda solo una parte degli assistiti della struttura, essendo applicata ai soli ospiti anziani con demenza.
La retta è stata definita nella stesura della primo accordo contrattuale tra le parti, risalente all'anno 2000, in assenza di normativa specifica. Tale retta non è mai stata rivisitata nei successivi atti di convenzionamento e non è mai stata adeguata in base agli indici ISTAT per circa un decennio.
La d.g.r.m. 704/06, aveva prefigurato la possibilità e non la obbligatorietà di applicare i meccanismi ivi contenuti anche alle RSA, proprio tenendo conto della diversità assistenziale in termini quali-quantitativi rispetto a quella erogata presso le residenze protette.
II percorso dell'applicazione dell'articolo 18 della d.g.r. 704/06 è stato attivato nella impossibilità di trovare altre forme di individuazione condivisa della retta alberghiera.
Inoltre, la situazione determinata dalla mancata emissione del parere da parte del Coordinatore d'Ambito, motivata con la natura di RSA della struttura e non di residenza protetta, necessitava di una formula diversa per addivenire ad una definizione della retta. Pertanto si è proceduto all'atto transattivo citato valevole per l'anno 2008, che attraverso la valutazione dei livelli assistenziali erogati ha ricondotto ad euro 50 la tariffa alberghiera, confermando quanto sostenuto dalla struttura sulla base dei dati in suo possesso. La sottoscrizione di detto accordo transattivo ha determinato il ritiro del ricorso al TAR pendente sulla Regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Mi ritengo assolutamente insoddisfatto della risposta dell’Assessore, non vedo purtroppo uno sforzo fatto in difesa degli utenti.
Sono state fatte delle convenzioni, ci sono delibere della Giunta regionale, la n. 704/06 prevedeva una quota a carico dell’utente fissata in 33 euro, con una variazione contenuta in +/- 25% a seconda del servizio garantito. Però sono due anni che i parenti degli utenti lamentano una scarsa assistenza, a volte sono loro stessi che devono andare a dar da mangiare ai propri familiari.
Dunque ritengo che quando il servizio non garantisce per tutti almeno la somministrazione del cibo, non penso si possa parlare di alto livello di minutaggio.
Nella sua relazione l’Assessore ha detto che si conferma quanto sostenuto della struttura, ma il problema è proprio questo, ovvero che è proprio la Regione che deve verificare i livelli di assistenza.
Secondo i familiari dei pazienti in molte RSA, tra cui “Anni Azzurri”, il livello di assistenza è inferiore ai 100 minuti, sicuramente sarà attorno ai 70-80 minuti. Allora vorrei sapere come si può accettare un’autodeterminazione di una RSA che afferma che di dare 120 minuti di assistenza! Sappiamo che 120 minuti sono due ore, in un tempo simile non c’è la possibilità di dar da mangiare ai pazienti!
Quindi, ripeto, non sono assolutamente soddisfatto. Secondo me l’Assessore deve andare in direzione di un ricorso al TAR in modo che si possa far valere la delibera n. 704 con la quale, ripeto, si fissa una quota di 33 euro, con una variazione contenuta in +/- 25%, quindi si può arrivare sino a circa 42 euro.
Oltretutto la posizione della Regione, che per il 2008 accetta una quota pari a circa 50 euro, chiesta agli utenti dalla struttura “Anni Azzurri”, non tiene conto del fatto che i parenti si sono autoridotti e hanno versato solo ciò che era previsto nella delibera. Quindi come minimo l’Assessorato avrebbe dovuto sostenere che per l’anno 2008 andava rispettato quanto previsto tale delibera, inoltre doveva difendere questa impostazione attraverso un ricorso al TAR.
Non è possibile che gli utenti delle RSA, soprattutto quelle convenzionate con la Regione Marche, non abbiano nessuna tutela sotto i profilo dei costi.
Mi ritengo dunque totalmente insoddisfatto dell’azione fatta dall’Assessorato verso le RSA; peraltro tali questioni coinvolgono il rapporto Regione Marche e sanità privata, quindi vanno affrontate con coraggio.
Non è possibile accettare le autocertificazioni delle imprese. Secondo me l’Assessorato deve andare nelle RSA, deve verificare i minutaggi, i servizi, ascoltare il grado di soddisfazione degli utenti, poi in base a questo determinare la tariffa. Inoltre potrebbe anche aumentare la propria quota in modo da permettere alle famiglie, quando non sono nelle condizioni di farlo, di poter mantenere i loro cari; perché 50 euro al giorno sono 1500 euro al mese! Il che significa che molte persone, purtroppo, non possono usufruire di questo servizio.
Quindi, considerato anche il momento economico, chiedo un impegno maggiore, un impegno diverso, soprattutto chiedo un controllo da parte dell’Assessorato, della Regione Marche, rispetto alla qualità dei servizi erogati. Questo perché i parenti hanno segnalato che il servizio non viene erogato, i 120 minuti non ci sono. Certo, se ci fossero sarei d’accordo per l’aumento della retta, ma questo non è!


Interrogazione n. 978
del Consigliere Castelli
“Acquisto di volumi (mai distribuiti) in occasione dell’Agorà dei giovani di Loreto”
(Ritiro)

PRESIDENTE. Sull’interrogazione n. 978 do la parola al Consigliere Castelli in quanto deve fare una dichiarazione.

Guido CASTELLI. Chiedo all’Assessore Donati, che è dello stesso avviso, di evitare che su un argomento del genere si possano determinare delle strumentalizzazioni, ciò soprattutto per la delicatezza della questione.
Quindi ritiro questa mia interrogazione, previa consegna della risposta scritta, in quanto, ripeto, voglio evitare che sia dato inutile strepito ad un argomento che potrebbe prestarsi a strumentalizzazioni.


Interrogazione n. 1045
del Consigliere Pistarelli
“Revoca concessione da parte dell’Enac ad un vettore aereo”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 1045 del Consigliere Pistarelli. Per la Giunta risponde l’Assessore Rocchi.

Lidio ROCCHI. In riferimento all’interrogazione in oggetto preciso quanto segue.
La compagnia aerea Club Air aveva avviato le operazioni all'aeroporto il 15 maggio 2007 a copertura dell'operativo che avrebbe dovuto svolgere la SkyWing il cui contratto è stato risolto con delibera del Cda del 27 aprile 2007.
II contratto con la Club Air prevedeva un costo per Aerdorica di 2,5 milioni di euro per cinque mesi, sia che gli aerei fossero pieni sia che fossero vuoti. Essendo questo un contratto molto oneroso per Aerdorica lo stesso è stato risolto in data 30 maggio e ne è stato stipulato uno nuovo, con delibera del Cda del 27 giugno 2007, con condizioni più favorevoli secondo il quale la società ha pagato in base al numero di passeggeri che di volta in volta salivano sugli aerei.
II credito attuale di Aerdorica, per servizi di assistenza aeroportuale nei confronti del vettore, ammonta a euro 1.681.372 così formatosi: euro 259.594 nell'anno 2006, euro 908.687 nell'anno 2007 ed euro 513.091 relativi all'anno 2008.
Le azioni intraprese dalla società per il recupero del suddetto credito sono state le seguenti:
- inizialmente si è perseguita la definizione stragiudiziale al fine di evitare costi e lungaggini di una controversia giudiziale: il piano di rientro predisposto che comportava da parte di Club Air il pagamento in 24 mesi dell'importo transattivamente determinato di € 1.000.000 (con obbligo solidale di Immobiliare Negri sas e lettera di patronage fermo della sas Studio Fassi) non ha avuto esecuzione anche a seguito della sospensione della licenza da parte di Enac che ha bloccato ogni attività di Club Air con conseguente impossibilità di quest'ultima di sottoscrivere qualsiasi impegno;
- si è poi proceduto alla messa in mora della compagnia aerea;
- in data 27 maggio 2008, subito dopo aver avuto notizia della sospensione della licenza, Aerdorica ha presentato e ottenuto istanza di sequestro conservativo a tutela dei crediti privilegiati al tribunale di Verona riguardante gli aeromobili Avro BAE AR J70 con marche I-FASI e Avro BAE AR J85 marche I-CLBA utilizzati da Club Air;
- in data 27 giugno 2008 è stata depositata istanza di fallimento innanzi alla Sezione fallimentare del Tribunale di Milano;
- con decreto dell'11 dicembre 2008 il Tribunale di Milano ha dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo di Club Air ed ha convocato i creditori, per la data del 19 febbraio prossimo, per la deliberazione sulla proposta concordataria.
Attualmente è in via di predisposizione la procedura per far ammettere al Tribunale il credito di Aerdorica maggiorato dell'importo della penale. L'Aerdorica, infatti, ha previsto nel contratto stipulato con la Club Air una penale di euro 3.000.000 per inadempimento da parte della compagnia aerea.

Presidenza del Vicepresidente
Vittorio Santori

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. L’interrogazione riguarda una vicenda ed un periodo risalente a qualche mese fa. E’ un’interrogazione importante, come importante è anche la risposta dell’Assessore, in quanto si innesta in una discussione che fra un po’ ci vedrà impegnati anche come Aula. Infatti l’atto che avremo sul riassetto statutario ed economico-finanziario di Aerdorica discende da quel tipo di vicende e da quel tipo di gestione che io, tra le righe ma comunque in maniera abbastanza aperta, ho stigmatizzato.
Per quale motivo? Primo. Ben due sono stati i vettori che abbiamo scelto come leva per il rilancio dell’Aerdorica, però entrambi sono stati un fallimento non solo sotto il profilo operativo, cioè aerei che non sono mai partiti, voli e tratte che non sono state mai realizzate, ma soprattutto sotto un profilo economico, ci sono state perdite secche di Aerdorica, SkyWing e poi Club Air.
Secondo. Da questa situazione disastrosa in realtà ancora non si è usciti. Abbiamo i debiti e non abbiamo ancora risolto il problema del rilancio del ruolo dell’aeroporto, della sua capacità di offrire in maniera sempre più ampia un pacchetto decente ad un traffico e ad un’utenza commerciale e turistica, cioè siamo ancora impantanati su situazioni che oggi l’Assessore, nella sua onestà intellettuale che lo contraddistingue, ovviamente ha dovuto ricordare.
Cosa ci ha detto l’Assessore? Ci ha detto che con Club Air avevamo un contratto assurdo onerosissimo, che peraltro non è stato rispettato e che ha ingenerato debiti di Club Air verso Aerdorica di 1 milione 650 mila euro. Quindi per coloro che dovevano fare il rilancio di Aerdorica è stato prodotto un ulteriore buco, questo perché a quello principale non sono stati onorati determinati rapporti contrattuali paralleli, in particolare il carburante.
Inoltre i tentativi del rientro del milione e 650 mila euro sono andati tutti perduti o comunque sono stati infruttuosi: l’accordo di chiudere a un milione di euro è saltato, il sequestro conservativo non è servito a nulla perché nel frattempo c’è stata anche la procedura fallimentare che ha visto il Tribunale di Milano prendere la posizione intermedia di concordato. E tale concordato – lo sanno i colleghi avvocati ma anche coloro che hanno esperienza nel settore societario e aziendale – porterà, se siamo fortunati, neppure alla metà della cifra che deve essere incassata dal creditore. Ripeto, questo se siamo fortunatissimi, perché di solito i concordati si fermano al 20-30%.
Allora abbiamo due problemi. Uno è il fatto che il prossimo atto parla di assetto societario, quote sociali, apertura ai privati, equilibri economici-finanziari, ma come presupposto, perché l’abbiamo messo in bilancio, dispone che la posta di 1 milione 650 mila euro deve rientrare tutta. Cosa che non sarà! Quindi bisogna rifare i conti, perché con il concordato preventivo di Club Air 1 milione e 650 mila euro non ce li darà mai nessuno, in realtà per la società sarà una perdita secca.
Il secondo problema è che mi preoccupo per il futuro, perché se ancora non abbiamo un vettore di riferimento, se ancora ci sono difficoltà, poi come facciamo a fare in modo che anche l’ingresso di soci privati, ecc., possa non dico perdere ma guadagnare posizioni? Quindi non per fare cassa e poi rimanere ancora con una situazione di difficoltà e di equilibrio, ma guardare per il futuro ad un rilancio vero e proprio. Perché, ripeto, siamo di fronte a ciò che doveva essere centrale della leva (addirittura dovevamo avere decine di rotte in più) che però è venuto meno come fosse un frutto maturo che cade dall’albero; Club Air ha fatto questo rumore!
Facciamo quindi una riflessione seria con l’attuale management, con l’attuale assetto societario e per il futuro guardiamo con chiarezza a quelli che devono essere gli aspetti, che non sono solo quelli tecnico-economici, su cui ci sono già tante perplessità, ma anche e soprattutto quelli strategici di progetto industriale e di progetto di rilancio vero. Peraltro tutto questo lo state annunciando da tre-quattro anni ma niente è mai avvenuto, da Wendler al direttore che è seguito, al successivo assetto, ecc..
Quindi siamo non dico soltanto preoccupati ma ormai stanchi di ripetere che per le Marche questo che doveva essere un punto di forza è invece diventato un punto di grande debolezza, che costa tanti danari pubblici e non fa rientrare quello che potrebbe essere, invece, la potenzialità di un aeroporto centrale come quello di Ancona.


Proposta di legge regionale n. 257
del Consigliere Luchetti
“Nuove disposizioni in materia di prevenzione e cura del diabete mellito”
(Discussione e votazione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 257 ad iniziativa del Consigliere Luchetti.
Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Signor Presidente, colleghi, la legge che oggi discutiamo probabilmente dovrebbe, perlomeno lo auspico, essere l’ultima legge di settore di questa Assemblea legislativa. La quinta Commissione, infatti, con la realizzazione del testo unico delle leggi sanitarie dovrebbe essere in grado di rimodellare anche il sistema amministrativo con cui regolare meglio la materia sanitaria di settore attraverso, appunto, l’adozione di atti amministrativi piuttosto che di leggi.
La realizzazione di questo testo unico è una cosa molto importante, quindi speriamo di portarlo a termine entro la legislatura.
Ma veniamo alla proposta di legge n. 257. Come sapete il diabete è una patologia piuttosto delicata che purtroppo è in costante espansione. L’Organizzazione mondiale della sanità fa delle previsioni catastrofiche, per il 2020 parla addirittura di una triplicazione della malattia. E questo riguarda soprattutto i paesi sviluppati, perché le modalità degli stili di vita che culturalmente oggi sono state realizzate purtroppo determinano obesità e malattie vascolari.
Nella nostra realtà regionale in passato questa patologia è stata affrontata con la legge n. 38/1987. Una delle leggi cardine del nostro sistema sanitario che fece da riferimento anche per altre Regioni. Questa legge, una delle più efficaci in termini di organizzazione sanitaria, prevedeva la costituzione dei famosi centri antidiabete che tanto hanno fatto per la nostra popolazione.
Ora è chiaro che l’aumento proprio in questo periodo di tale patologia segna la drammatica realtà per il fatto che i nostri centri non riescono più a dare una risposta esaustiva (infatti le liste di attesa aumentano), anche perché sono chiamati a dare risposte su interventi che, invece, grazie all’evoluzione della ricerca e della tecnologia, potrebbero essere risolti direttamente dal medico di medicina generale.
Quindi la realtà di questi centri dobbiamo in qualche modo rimodularla per far fronte in maniera più adeguata alle esigenze di coloro che soffrono di diabete.
Pertanto la legge n. 38/1987, che è comunque stata di notevole efficacia, va rimodellata chiamando a responsabilità organizzativa tutto l’apparato dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, e questo va fatto sia per il diabete di tipo 2, il diabete degli adulti, che per il diabete di tipo 1 che purtroppo riguarda i nostri giovani.
La nuova impostazione oltre che rafforzare il sistema dei centri cercando di realizzarne alcuni come strutture di secondo livello (uno per provincia, gli altri rimarranno centri di primo livello), tenta anche di collegare a questi centri l’operatività dei medici di medicina generale.
Quella di responsabilizzare i medici di medicina generale è una questione che è stata affrontata anche a livello nazionale, sede dove l’associazione dei diabetici ha stretto con i sindacati nazionali dei medici di medicina generale accordi adeguati.
Noi, infatti, abbiamo ripreso la finalizzazione di quegli accordi e proprio all’articolo 2 abbiamo individuato le corresponsabilità del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta con i vari centri.
Una delle questioni che dovrà essere affrontata è ovviamente un periodo di transizione attraverso il quale potrà esserci la possibilità di educare tutti gli utenti alla nuova realtà, perché, nel tempo, non si dovrà più fare riferimento direttamente ai centri, ma si dovrà passare attraverso il medico di medicina generale. Però, ripeto, occorrerà un periodo di interregno – uso questo termine per farmi capire – che servirà sia per la formazione dei medici di medicina generale, sia alla organizzazione dell’accesso ai servizi da parte di chi ne ha bisogno.
Un’altra questione fondamentale è quella di affrontare la malattia in termini preventivi. Quindi l’unità operativa che si realizzerà presso il Salesi avrà il compito di sollecitare in particolare i pediatri di libera scelta di prevenire la malattia, per quanto possibile, sia in termini di diagnosi, sia in termini di prevenzione e preparto. Infatti cosa molto importante, dato che è una malattia ereditaria, è proprio quella di individuare quei genitori che potrebbero dare origine a bambini con questa patologia. Ecco perché presso il Salesi abbiamo collocato il riferimento regionale.
Inoltre c’è una particolare attenzione alla realtà dei bambini diabetici nella scuola. Su questo attraverso la formazione si dovrà fare – in parte si sta già facendo –un’informazione ai docenti e alle famiglie affinchè questi bambini possano frequentare adeguatamente la scuola senza eccessivi problemi. Sapete che ultimamente sono accaduti fatti molto gravi, parlo in particolare dell’ultimo fatto accaduto a Servigliano dove un bambino è entrato in coma diabetico, ma fortunatamente, attraverso il nostro sistema di urgenza-emergenza, si è riusciti ad intervenire, in ogni caso occorrono comunque precauzioni di notevole rilevanza.
Altra questione è quella del piede diabetico. Sapete che una delle conseguenze più drammatiche di questa malattia è la complicazione degli arti, addirittura qualche volta, se non doverosamente prevenuta, si arriva alla loro amputazione.
Su questo abbiamo fatto riferimento all’INRCA, già centro specializzato, affinchè si affronti specificamente tale patologia.
L’impianto, che ovviamente dovrà essere regolato da una normativa realizzata dall’Assessorato alla sanità, dovrà anche tenere presente, nella nuova organizzazione sia ospedaliera che territoriale, della Facoltà di medicina che opera attraverso la Clinica di endocrinologia presso gli Ospedali Riuniti, affinchè si proceda anche ad una ricerca che consenta una prevenzione e cura più adeguata di questa patologia.
L’ultima cosa che voglio sottolineare è il fatto che a questa legge si affiancherà un progetto speciale che avrà proprio un riferimento nella prevenzione e cura del diabete, ovvero il progetto sull’attività motoria. Una delle cose, infatti, che si sono scoperte nella cura dei diabete negli ultimi anni è proprio l’efficacia dell’attività motoria, addirittura alcuni diabetici, dopo una attività motoria di almeno sei mesi preordinata e curata attraverso dei protocolli, sono in grado di fare a meno dell’insulina.
Ecco perché tra i progetti speciali abbiamo inserito questa nuova attività. Un’attività che dovrà essere svolta su tutto il territorio, attualmente è in via sperimentale ma successivamente speriamo potrà essere in via curriculare un’attività motoria come cura e prevenzione delle malattie metaboliche.
Questa legge è stata concordata un po’ con tutti gli interessati, quindi sia con l’associazionismo delle famiglie che con i sindacati medici e i professionisti. E questa concertazione dovrà continuare anche nella elaborazione di quell’atto di Giunta che dovrà programmare l’effettiva concretizzazione della strutturazione che prevede questa legge.
Quindi spero che l’Assessorato in tempi rapidi possa addivenire a tale regolamentazione, in modo che si possa mettere subito mano a tutte quelle azioni positive che spero nel giro di almeno due anni potranno, appunto, concretizzare la nuova struttura prevista da tale legge.

Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Nel valutare questa legge non possiamo che associarci a quella che è una considerazione di fondo, ovvero che il diabete è una patologia a cui non possiamo non riservare un’attenzione particolare e dedicata.
Indubbiamente questa è una legge che si muove soprattutto sotto il profilo della distribuzione dei compiti, dell’organizzazione, quindi non è una legge sul diabete ma attiene al layout – così direbbero i colti –, ovvero alla gestione dei problemi che nascono dalla presenza di soggetti portatori di questa malattia.
Quali sono le uniche due perplessità? Una è di carattere normativo generale. Nel nostro Piano sanitario abbiamo da tempo – anche se la minoranza, come noto, non lo ha approvato – espresso una linea di indirizzo piuttosto precisa, quella di procedere alla riorganizzazione del corpus normativo regionale sulla sanità in modo da poter arrivare anche alla redazione di testi unici.
La redazione di un testo unico è stata una esigenza avvertita da un ampio settore di questa Assemblea legislativa, quindi non possiamo disconoscere che una legge di settore concepita in questi termini, anche se intimamente meritevole della nostra condivisione, registra una discontinuità rispetto a quel principio. Il testo unico probabilmente poteva consentire una visuale più ampia e più articolata dell’intero sistema di intervento sanitario sulle patologie.
Abbiamo ritenuto, invece, partendo da una valutazione sociale che fa riferimento a questa delicatissima patologia, di fare una scelta diversa. Però questo è un punto su cui l’Assessore Mezzolani dovrebbe fornirci un chiarimento, perché questa è un’iniziativa promossa dal Presidente della V Commissione, che quindi segna una vitalità dell’Assemblea legislativa in quanto il fatto che si intervenga nell’organizzazione è importante. Dall’altro canto, però, è anche importante capire e valutare quale sia l’opinione dell’Esecutivo, che in realtà è quello che poi assume dei compiti importanti. Infatti questa legge, che si intrattiene, come ho detto prima, sulla definizione funzionale, rimette poi ai compiti della Giunta alcune importanti, significative, dirimenti questioni.
Paradossalmente da questo punto di vista – lo ha detto anche qualche rappresentante delle associazioni dei pazienti diabetici – potrebbe addirittura essere ritenuto quasi un passo indietro. Nel senso che mentre le leggi di settore affidano all’Assemblea legislativa il compito di definire certi elementi, certi profili organizzativi, certe decisioni, in questo momento è vero che interveniamo con la legge di settore, ma rimettiamo alla Giunta, quindi ad un livello superiore, se non altro dal punto di vista della cornice istituzionale, la decisione di alcuni importanti e vitali argomenti della problematica diabetologica.
Quindi anche per questo motivo è necessario che la Giunta ci faccia sapere cosa ne pensa.
In definitiva, l’unica perplessità che sorge in noi rispetto a questo documento normativo, che comunque intimamente sentiamo di condividere, è proprio quella che si riconduce alla coerenza che può o meno intravedersi tra un’iniziativa di questo genere e quella che invece è la dinamica che ha riguardato in materia di organizzazione sanitaria la nostra Regione. Una Regione che ultimamente ha proceduto per passi ad una fortissima centralizzazione delle decisioni e dell’organizzazione in materia sanitaria, oggi invece si procedere in una maniera tale che ricorda quella che era stata un’impostazione anteriore al 2003. Cosa voglio dire? La stagione delle leggi di settore – ricordo per esempio quella per i pazienti neuropatici rispetto ai quali, tra l’altro, il Presidente Luchetti ha sempre dimostrato una particolare sensibilità – era avvenuta nella seconda metà degli anni novanta, successivamente con i Piani sanitari delle due ultime legislature questa Assemblea legislativa aveva imboccato una strada diversa.
Allora forse questo è un punto di valutazione che va in qualche modo affrontato e risolto con un’interlocuzione con la Giunta.
Quindi diciamo che ad un giudizio sostanzialmente positivo sull’iniziativa posta oggi al nostro vaglio, non possiamo non rimetterci anche per un giudizio compiuto sulle considerazioni che ci vorrà fare l’Assessore Mezzolani, così da comprendere quali sono le iniziative che la Giunta vuole assumere per riempire di contenuti organizzativi e di dettaglio questa legge.
Una legge che, ripeto, è sicuramente un segnale di attenzione, ma che andrà successivamente nutrito di ulteriori decisioni e valutazioni che ci faranno capire, solo allora, se questo importante intervento dell’Assemblea legislativa sarà andato nel senso di migliorare complessivamente la risposta del sistema alla problematica diabetica.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se non ci sono interventi passiamo alla votazione.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Proposta di legge n. 257. La pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)


Proposta di atto amministrativo n. 75
della Giunta regionale
“Organizzazione su area vasta dell’esercizio delle funzioni dell’azienda sanitaria unica regionale (ASUR), nell’ambito del servizio sanitario regionale”
(Discussione e inizio votazione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 75 ad iniziativa della Giunta regionale.
Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Questo atto rappresenta l’attuazione di una delle indicazioni previste nel Piano sanitario regionale, laddove si indicava l’ipotesi di una organizzazione per area vasta dell’attività sanitaria dell’Azienda sanitaria unica.
Il Piano dice che con atto di Giunta si sarebbe dovuto prevedere una diversa organizzazione dell’ASUR. Ovvero che su area vasta, segnatamente per le aree delle nostre province, si prevedesse un coordinatore con una funzione di programmazione congiunta di tutto il territorio. Si doveva inoltre prevedere anche il supporto politico da parte degli Enti locali, pertanto una ridefinizione anche su area vasta della Conferenza dei Sindaci. Ancora, precisi indirizzi organizzativi dei servizi di supporto, uno dei temi fondamentali che l’ipotesi di area vasta dovrà prevedere, ovvero quello di mettere insieme le sinergie più adeguate sui cinque territori per economizzare e rendere più efficaci i servizi di supporto – si parla infatti della costituzione di centri-servizi –. Infine il Piano stabilisce che bisognerà monitorare i risultati.
L’atto che è stato presentato, che per la verità è rimasto giacente per lungo tempo in Commissione, prevede proprio una messa a punto delle funzioni organizzative, sia del livello centrale dell’ASUR, sia del livello territoriale, sia dell’area vasta.
E’ chiaro che nell’impostazione di questo lavoro non possiamo sottacere la posizione sostenuta soprattutto dalla minoranza in sede di approvazione del Piano, cioè quella di superare l’organizzazione dell’azienda unica per tornare alla realizzazione di aziende sanitarie sul territorio, che è dunque la disputa che ha portato a riflettere sulla organizzazione di area vasta.
Pertanto questo atto vuole dimostrare che al di là della titolarità giuridica l’organizzazione di area vasta può in qualche modo dare sia la possibilità di una maggiore funzionalità della nostra organizzazione sanitaria a livello periferico, da fare con il coinvolgimento degli amministratori locali che devono mettersi insieme per realizzare un servizio efficace sul territorio, cercando di evitare repliche di strutture che poi non servono e pertanto agire proprio sull’appropriatezza dei servizi sanitari, sia di consentire, attraverso la messa insieme delle strutture che attualmente operano nelle zone, la semplificazione dell’apparato organizzativo.
Probabilmente nella discussione che seguirà tornerà fuori la problematica della capacità giuridica, cioè dell’aziendalizzazione sul territorio piuttosto che sull’ASUR, però vorrei sottolineare che uno degli aspetti – e non per ergermi a difensore di un modello che per la verità nella passata legislatura, quando venne ipotizzato, ne fui un fiero avversario, nel senso che anch’io ritenevo che l’ASUR fosse una struttura assolutamente impraticabile – di cui dobbiamo vantarci in questa regione, a differenza di quanto sta avvenendo in altre realtà regionali, è che l’ASUR ha consentito in larga parte di attutire i campanili.
La sanità è assolutamente sensibile alla gente, quindi anche ai territori e agli amministratori locali che pur non essendone competenti hanno a cuore un servizio di questa portata, e in passato si è avuto modo di verificare quanto sia difficile mediare nelle scelte sul territorio tra amministrazioni locali. Questa volta, invece, l’ASUR ha dimostrato il contrario, cioè che è possibile, attraverso l’organizzazione di un’azienda regionale, gestire comunque il servizio sanitario. E questo va al di là dei ritardi e delle difficoltà che abbiamo tutt’oggi, che non voglio sottovalutare, però di fatto è stato dimostrato che con una buona organizzazione è possibile gestire un’azienda di questo tipo.
Teniamo conto anche di un altro dato non indifferente, cioè che uno dei messaggi principali del Piano sanitario è stato proprio quello di individuare per la sanità regionale un sistema di rete regionale - non possiamo sfuggire da questa logica - e anche i conti economici, che non possiamo sottovalutare neppure quando parliamo di servizi sanitari, ci dicono che un’organizzazione di questo tipo dà la possibilità di risparmiare e di rendere più efficaci i servizi.
Voglio dire che oggi con la tecnologia, con la ricerca, il baricentro delle attività sanitarie, sempre più volte sul territorio e sempre meno accentrate negli ospedali, si sta spostando. Pertanto dobbiamo lavorare sempre di più verso ospedali qualificati e non ospedali polvere.
Dobbiamo prendere atto che questa è un po’ la storia della sanità in tutto il mondo. Quindi proprio per le sue peculiarità una comunità come la nostra di 1 milione e 500 mila abitanti credo non possa non tenere conto di una organizzazione che prenda atto di tali criteri.
L’impostazione in area vasta, che ovviamente non ha una validità giuridica e non potrebbe neppure averla proprio per il fatto che la titolarità giuridica viene incardinata nell’ASUR, va ad avere una dimensione più adeguata a livello territoriale per cominciare quella operazione di riorganizzazione complessiva che può portarci a delle sinergie assolutamente importanti da un punto di vista sanitario attraverso un’integrazione su area vasta delle strutture che sono presenti. Ormai, infatti, dobbiamo tener conto che non possono più sussistere certe strutture sanitarie, in particolare le ospedaliere; ad esempio non potremo più pensare a servizi di maternità che almeno non abbiano un plafond di 500 parti l’anno - per la verità la società scientifica parla di 800 -, che è la soglia minima che si deve rispettare per tenere in piedi un servizio di ostetricia. Così come le chirurgie oggi hanno bisogno di bacini di utenza ben più ampie, anche perché quello che una volta in chirurgia si affrontava in decine di giornate di degenza, oggi possono essere affrontate con il semplice day surgery (intervento che si svolge in una sola giornata).
Quindi, tenendo conto di questi dati, certamente una organizzazione di questo tipo agevolerà tutta la riorganizzazione.
Ritengo, inoltre, che il coordinamento previsto a livello di area vasta faciliterà tutto questo, in quanto i piani che potranno essere realizzati dai territori e dall’area vasta dovranno rispettare tali requisiti, ma soprattutto dovranno rispettare quelle che saranno le esigenze di un’azione sanitaria efficace ed efficiente.
Quindi non è un caso che la Giunta regionale, con la delibera n. 811 dello scorso anno, ha previsto di partire con una sperimentazione di questa strutturazione. La sperimentazione è partita nell’area del maceratese e sta andando avanti; ecco perché con un emendamento presentato dal Consigliere Castelli e ripreso da me, dalla Consigliera Giannini e dal Consigliere Comi, sostanzialmente si vuole dare forza a questa sperimentazione che, guarda caso, è in capo alla Regione, quindi non tanto e non solo all’ASUR, proprio per fare in modo che ci sia un monitoraggio specifico di questa realtà. Una realtà che dovrà poi consentire anche la modificazione dell’atto aziendale dell’ASUR, perché una volta consolidata la sperimentazione dovremo prendere atto di strutturare l’atto aziendale dell’ASUR in quel determinato modo.
E’ importante, dunque, che questa sperimentazione vada avanti e che dia i risultati. Ed è chiaro che di questa organizzazione per vedere quali saranno stati gli esiti si farà un monitoraggio.
Comunque, ripeto, questa organizzazione si inquadra perfettamente nell’organizzazione complessiva dell’ASUR, così come importata non travalica la legge n. 13 - una norma che abbiamo detto di non toccare in questa legislatura -, affinchè attraverso questo strumento ci sia sul territorio una maggiore aderenza dell’azione dell’ASUR.
Nel concludere ribadisco il concetto della necessità - in Commissione ne era emersa una volontà specifica – di andare attraverso l’area vasta oltre la norma della legge n. 13. Quindi questo atto non deve essere preso come un cavallo di Troia per modificare, appunto, la legge n. 13, ma deve essere inteso come una migliore organizzazione della realtà territoriale.
C’è anche una forte polemica che sta emergendo sulla questione dei rapporti organizzativi tra i territori e l’ASUR, ma credo che proprio questa sperimentazione ci consentirà di superare quelle situazioni di incomprensioni e di cattivo rodaggio della struttura regionale. La Giunta infatti riuscirà a superare con questa sperimentazione anche quelle incrostazioni organizzative che, dunque, andranno superate anche con il miglioramento dei servizi di supporto.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Bugaro.

Giacomo BUGARO. In genere nei toni e nel modo in cui approfondisce gli argomenti apprezzo il Consigliere Luchetti, però l’esercizio che ha fatto oggi in quest’Aula per presentare questa proposta di atto amministrativo è veramente ammirevole. E lo dico senza ironia, perchè la Giunta regionale, Assessore Mezzolani, sta girando attorno al grande convitato di pietra di questo atto amministrativo che è la legge n. 13. Ovvero quella legge che avete voluto la scorsa legislatura, che avete imposto a questa nostra regione e che oggi, a distanza di sei anni – se non sbaglio era il 2003 –, non ha prodotto nulla in termini di benefici nel servizio erogato al cittadino.
Prendiamo ad esempio i due grandi parametri della sanità: da una parte la mobilità passiva e dall’altra le liste di attesa. Non mi sembra che sostanzialmente sia cambiato nulla.
E’ vero, i Governi che si sono succeduti e che si stanno succedendo, hanno premiato le Marche nell’erogazione dei servizi di trasferimento dal sistema nazionale a quello locale, e questo è dovuto in larga parte anche ad una capacità di contrattazione che elementi dell’Amministrazione regionale hanno saputo mettere in campo nella vicenda romana - e non penso di svelare nessun segreto se dico che il dott. Ruta gode di ottimi rapporti con l’attuale Sottosegretario Fazio, che in realtà è un facente funzioni del Ministro della salute, e questo agevola il rapporto fra l’Ente regionale e il Governo nazionale -, però questi trasferimenti aumentano perché aumenta anche la spesa. Ed è vero che parte del deficit regionale è stato abbattuto, ma è stato fatto grazie ad alcune dismissioni e a questi aumenti di trasferimenti, ma che in realtà non hanno risolto in radice il problema.
Perché ho fatto questo ragionamento di carattere generale? Perché è doveroso, infatti se non inquadriamo nel complesso, l’atto di oggi, se preso singolarmente, per astratto potrebbe essere anche condivisibile.
Ma il problema è altrove, infatti è la legge n. 13 che è sbagliata. Quindi oggi andiamo a mettere un’ulteriore articolazione nell’organizzazione della sanità regionale che non produrrà nessun effetto positivo, da una parte ai fini del servizio erogato, dall’altra ai fini dei costi-benefici per i conti della Regione.
Questa è la storia di questi sei anni. Io cerco di essere moderato ed equilibrato nel giudizio, perché quando uno fa una riforma ci vuole un volano di tempo sufficientemente ampio affinché questa vada a regime e a buon fine, ma dopo sei anni – viva Iddio! - il volano di tempo si è esaurito, ormai siamo nel pieno dell’esercizio della legge n. 13, però questi benefici non si sono ancora visti.
Pertanto questa sarà un’ulteriore sovrastruttura e un’ulteriore moltiplicazione di strutture, di poltrone, di luoghi di decisione, ovvero di non decisione nel sistema della sanità, che è il più importante degli argomenti e degli ambiti che trattiamo a livello regionale. Infatti sappiamo che oltre l’80% del nostro bilancio è assorbito dalla sanità, ma poi, invece, si vede appesantito da una macchina burocratica, il primo nemico della decisione che con questo atto amministrativo non potrà che aumentare.
Quindi sono questi i motivi per cui il gruppo di Forza Italia in quest’Aula, come ha fatto in Commissione, si esprimerà con un voto contrario. Peraltro senza nemmeno, collega Luchetti, entrare nel merito delle questioni, perché, se vogliamo, la struttura potrebbe anche essere condivisibile, ne abbiamo discusso approfonditamente, questo atto è stato in Commissione per diverse sedute, sono stati accolti alcuni emendamenti, alcuni indirizzi sono stati recepiti, ma è il contesto generale nel quale questo atto si inserisce che respingiamo. E lo facciamo non in maniera preconcetta, ma in maniera assolutamente razionale, in quanto fa parte di un ragionamento e di un percorso che assolutamente non possiamo e non vogliamo condividere con voi.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Ha la parola il Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Il ritardo con cui questa proposta viene esaminata dall’Assemblea legislativa di fatto svuota il significato originario che questa decisione doveva avere secondo gli intendimenti di chi, io fra questi, pretendeva che anche un certo atteggiamento verso il Piano sanitario dovesse dipendere da alcuni momenti di chiarezza, sui quali avevamo impegnato la maggioranza proprio quando cominciammo a discutere il Piano sanitario.
Il Piano sanitario del dott. Ruta, infatti, era stato concepito in una maniera che poteva dirsi ambivalente per ciò che concerneva poi la fase successiva. Cioè era un piano processo, era un piano liquido – come si usa dire –, era un piano, quindi, che per capire se le belle parole di Ruta si sarebbero poi confermate come effettive, richiedeva un’attenta verifica di post-piano.
Chiedemmo, pertanto, che entro il novembre successivo – mi sembra eravamo ai primi di agosto di due anni fa – la Giunta chiarisse che cosa intendeva per area vasta.
Quindi come minoranza, interpretando sopratutto l’esigenza dei territori, chiedemmo di comprendere in profondità il significato dell’espressione “area vasta”, che la maggioranza e l’Assessore Mezzolani in particolare utilizzavano in maniera ambivalente, quasi fosse un segnale lanciato al territorio di una possibile mitigazione dell’asprezza centralistica dell’ASUR.
Sicchè da parecchie parti, da Pesaro fino ad Arquata del Tronto, si era formata una certa attenzione.
Il Piano era un po’ indefinito, ricorderete che inizialmente fu concepito con qualche migliaio di pagine - sembrava l’elenco telefonico di New York - ma finì con l’essere un Piano di 120-130 pagine. Ed è proprio in questo processo che venne fuori, come argomento di disputa, l’area vasta. Ritenuta salvifica da alcuni, mentre da altri, come il Consigliere Luchetti, una sorta di piccolo specchietto per le allodole che poi in qualche modo doveva essere contenuto in limiti angusti, quelli che vediamo oggi.
Il ritardo di cui ho parlato prima, infatti, è diventato così importante e profondo da rendere quasi dannosa la scelta che oggi dovremmo fare approvando questo atto.
Però questo è un atto che non solo non da nulla di più ai territori, ma addirittura contrasta con quanto di potenzialmente positivo era contenuto nel documento elaborato dal dott. Ruta. Questo atto è la sconfitta dell’impostazione del Piano da lui voluto, egli infatti parlava di reti cliniche come momento funzionale che avrebbe potuto arricchire la vivacità della nostra offerta sanitaria.
Qui le reti cliniche, invece, vengono totalmente cancellate, vengono del tutto opacizzate sull’altare di questo moloc, l’ASUR, che nel frattempo che a Roma si discuteva, rappresentava la Sagunto espugnata. Perché? Perchè in questi due anni Malucelli non è stato fermo, in questi due anni il Direttore generale dell’ASUR ha costruito con cinismo organizzativo un percorso con il quale, con dispacci, note di agenzia, provvedimenti, lettere, circolari e indirizzi, si è arrivati addirittura a destrutturare la legge n. 13.
Oggi non solo non ha più senso parlare di area vasta, ma non ha neppure più senso parlare di zona sanitaria, perché ciò che ha fatto Malucelli ha svuotato anche la zona sanitaria.
Oggi abbiamo un totale e assoluto controllo dell’organizzazione da parte dell’ASUR che non era né voluto né previsto né prescritto né normato nella legge n. 13.
Noi abbiamo visto e registrato come anche le funzioni che la legge n. 13 riconduceva alla zona sanitaria siano state di fatto avocate a sé dall’ASUR. Mi riferisco al controllo degli atti che oggi viene effettuato da un nucleo centralizzato che ha sede ad Ancona. Mi riferisco alla valutazione dei dirigenti, dei primari, che parte e promana da valutazioni assunte in sede ASUR, peraltro ad Ancona e non più a Pesaro o Fano o Senigallia, ecc.. Mi riferisco addirittura alle due delibere con cui questo processo viene portato a compimento anche in maniera obiettivamente irrazionale e disfunzionale in materia di contabilità e di bilancio. Sono due delibere del novembre scorso che elevano alla massima potenza il controllo - che, ripeto, sarà difficilissimo poter eseguire - in materia di contabilità. Pensate che qualche mente un po’ audace è arrivata addirittura a concepire che la stessa sequenza di spesa - che in materia di contabilità pubblica sappiamo partire dall’impegno per poi svilupparsi verso la liquidazione - in sede ASUR viene perfino assegnata a più centri di gestione. Per cui secondo la determina (delibera n. 774) di Malucelli l’impegno doveva essere preso a Senigallia e poi la liquidazione fatta altrove. Pertanto, in questo caso, secondo una versione federalista dell’impegno di spesa, che nel momento in cui verrà portato ipoteticamente a compimento determinerà un’entropia atomica che porterà probabilmente i fornitori della ASL a doversi lamentare di un raddoppio dei tempi di liquidazione delle loro forniture.
Insomma, i due anni hanno segnato la vittoria dell’ipotesi autocratica dell’ASUR, che oggi esiste e opera in assenza totale di un qualsiasi contrappeso di carattere decisionale e clinico. Le reti nel frattempo scompaiono e impallidiscono perché vengono ormai considerate nell’ambito del Piano un ammennicolo da incorniciare senza la possibilità di esprimersi.
Ma c’è di peggio! Ovvero che l’area vasta perde qualsiasi ragione d’essere.
Quindi ritengo che questo atto sia meglio non votarlo in quanto potrebbe addirittura essere pregiudizievole di quelle stesse intuizioni, che vanno ascritte alla responsabilità dell’Assessorato, di costituire un’azienda unica Pesaro-Fano e auspicabilmente un’azienda unica San Benedetto-Ascoli. Ma questa roba va in senso opposto alle reti cliniche, va in senso opposto all’ipotesi di razionalizzazione, va addirittura in senso opposto a quell’ipotesi - che era stata formulata da Ruta - di creare cinque piattaforme tecnologiche che avrebbero dovuto costituire la trama produttiva della nostra offerta sanitaria, ovvero i cinque super ospedali.
Sicchè, a mio modo di vedere, questo è un atto che creerà non pochi problemi all’Assessorato. Questo è un atto che fa registrare un dominio assoluto della discrezionalità in sede ASUR. Non c’è infatti elemento che dovrebbe comporre il tessuto dell’area vasta che non sia riconducibile alla volontà del Direttore generale dell’ASUR, il quale ormai assomiglia sempre più ad una specie di sultano che con un semplice sbattere di ciglia decide della sorte anche dei luoghi più lontani dalla sua reggia.
Quindi, al di là delle metafore più o meno opportune quando si parla di sanità, vi dico che l’area vasta, così come si profila da questo atto, non è né un livello organizzativo né un livello gestionale, è una superfetazione che probabilmente fa parte più del teatrino della politica che non delle ragioni effettive dei territori decentrati e non solo.
Ho proposto insieme al gruppo di AN alcuni emendamenti, uno è stato citato anche dal Presidente Luchetti. Il Consiglio delle autonomie locali – noi abbiamo riassorbito questa proposta – ha preteso – dico per fortuna – che per lo meno fossero state fatte salve le sperimentazioni gestionali, che nel frattempo Malucelli attraverso questo strumento ha cercato di polverizzare, di vaporizzare come si fa con lo spray.
Questo era stato il tentativo, ma per fortuna il Consiglio delle autonomie locali ci ha messo le mani, quindi almeno si è sancito con chiarezza che quelle poche sperimentazioni iniziate – anche se prima o poi sarà il caso che finiscano – siano fatte salve da questa specie di tritacarne che è l’area vasta in salsa malucelliana.
Noi poi abbiamo fatto una serie di proposte che non solo nobilitano il collegio di area vasta e la Giunta regionale in luogo della discrezionalità e dell’arbitrio del Direttore generale dell’ASUR, ma abbiamo cercato di fare una proposta che almeno vada nel senso di assicurare all’area vasta un minimo di autonomia sotto il profilo dell’organizzazione delle risorse.
Che cosa voglio dire? Che pur vigendo la regola del bilancio unico sarebbe possibile riconoscere alle aree vaste almeno il diritto di fare un sezionale di area vasta che consenta la cosa più semplice e più utile che questo sistema sanitario esige, ovvero che si abbia una valutazione precisa in sede di area vasta del come vengono utilizzate le risorse. Perché stiamo andando in un sistema che disincentiva la virtuosità delle aree, in quanto non c’è un motivo per cui il Direttore di zona faccia risparmi, non c’è un motivo per cui il Coordinatore di area vasta incentivi i suoi a fare meglio. E sapete perché? Perché chi fa meglio produce risorse che nulla e nessuno garantisce rimangano in quel territorio.
Quindi il meccanismo è leninista nel senso deteriore, ovvero che chi si comporta bene viene ritenuto immeritevole di qualsiasi premio - che poi la premialità sarebbe la possibilità di reinvestire nel territorio e nel sistema il frutto del proprio sforzo -, però poi si va addirittura verso un sistema che va a premiare questo grande moloc dell’ASUR, che sta espropriando – forse non lo sapete – le stesse zone della possibilità di reclutare personale. Mi riferisco ad un concorso per dirigenti sorto due anni fa nel presupposto che fossero due i dirigenti da reclutare. Ma – pensate! - qualcuno ha consentito che quella graduatoria arrivasse a decuplicare le assunzioni, in maniera tale che tutti gli ultimi dirigenti della nostra ASUR venissero assunti per effetto del concorso fatto da Malucelli e poi addirittura riassegnati alle Zone. Un vero e proprio colpo di stato, che oggi per certi versi ha privato anche quelle persone che non avevano partecipato a quel concorso in sede ASUR e che oggi moltiplica i suoi effetti. Siamo arrivati a questo.
Non è un caso, infatti, che il bilancio dell’ASUR intesa come struttura, come superfetazione centralistica, sta via via aumentando i propri costi. Questo perché siamo di fronte ad un sistema che, a mio modo di vedere, se non si ritirerà questo atto amministrativo, non tarderà a produrre gravissimi danni per la salute dei marchigiani.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Intanto va detto che questo dibattito si svolge in un contesto di sanità marchigiana pubblica di buon livello, dove alcune scelte hanno portato anche alla riduzione di quel deficit pregresso che, vorrei ricordare a tutti, nel 1995 era di 1.000 milioni di lire. Quindi è stato fatto un lavoro di razionalizzazione positivo, si è cercato, infatti, di salvaguardare i presidi sanitari, in definitiva si è cercato di salvaguardare la sanità pubblica del nostro contesto regionale.
Ritengo che di fronte allo scenario di federalismo fiscale l’aver messo queste condizioni sia un fatto molto positivo per tutta la comunità.
Il Consigliere segretario Castelli, in maniera molto argomentata, ha fatto riferimento alle disfunzioni e agli squilibri che esistono all’interno della sanità regionale, ed io credo che in un dibattito, se si è proiettati verso l’obiettivo giusto, vadano assunte anche le critiche. Però vorrei ricordare al Consigliere Castelli che se passasse il federalismo fiscale proposto da Calderoli e dal Governo forse nelle Marche potrebbero rimanere solo tre o quattro presidi ospedalieri, perché non ci sarà una razionalizzazione bensì un razionamento.
Quindi secondo noi l’area vasta è un’organizzazione giusta. Certo, giunge tardiva, peraltro, se ricordate, nel 2005 noi avevamo proposto di modificare la legge n. 13 anzichè fare la delibera di istituzione dell’area vasta, e questo proprio per dare maggiore dignità, se non già un primo riconoscimento giuridico, ad una organizzazione più stabile.
Comunque nel breve futuro dovremmo prevedere realisticamente, al di là di cioè che pensa ognuno di noi, il superamento dell’ASUR e di conseguenza anche dell’Agenzia sanitaria. Altrimenti anche un’organizzazione giusta di razionalizzazione del sistema potrebbe rischiare, se non risolta e scompaginata in maniera positiva, di creare una nuova sovrastruttura.
Quindi, Assessore Mezzolani, sostanzialmente dobbiamo aggredire due questioni – so che la Giunta sta lavorando con l’area vasta –. In primo luogo il problema delle liste di attesa, che al di là delle parole si risolve con l’investimento sulle persone (medici, infermieri, tecnici), in modo si possano fare più turni nelle strutture della diagnostica. In secondo luogo, però, si può anche tentare di risolvere con un utilizzo più appropriato di quelle strutture dislocate nei tre gangli dei presidi ospedalieri. Ovvero quello di tipo regionale di alta specializzazione, quello di rete di media specializzazione (i vecchi ospedali provinciali), infine gli ospedali di polo che possono diventare ospedali di comunità d’intesa con il distretto sanitario che deve leggere e orientare i bisogni sanitari nella struttura più appropriata (oggi nell’ospedale di polo sono allocate strutture di tipo tecnologico che sono anche poco utilizzate).
Allora il messaggio da dare al Direttore generale della zona deve essere quello non di accentrare nell’ospedale di rete tutto, fino alla chirurgia a ciclo breve, aumentando le liste di attesa, ma facendo una panoramica su quello che esiste in quella zona sanitaria e poi con un sistema a pettine dislocare in andata e in uscita l’offerta sanitaria. E’ in questo contesto che si potranno accorciare i tempi di attesa delle liste delle prenotazioni per la diagnostica, come la TAC, le risonanze, le mammografie ecc..
Il Consigliere Luchetti nella sua relazione – che condivido nella quasi totalità – ha parlato di un sistema ospedaliero polverizzato. Certo, se lo lasciamo tale e quale rischia di diventare un problema e non una risorsa, ma nel drenaggio delle liste di attesa e soprattutto della mobilità passiva - che il Piano sanitario annoverava in quasi 26 milioni annui - i tre gangli del sistema ospedaliero potranno in qualche modo sopperire alla riduzione della mobilità passiva. Una mobilità passiva che abbiamo visto che non c’è solo per le altissime prestazioni, ma anche per prestazioni sanitarie di tipo ordinario, sulle quali quindi il sistema sanitario regionale ha tutta la possibilità e la potenzialità di dare una risposta.
Non so se più tardi riusciremo a discutere, come ha deciso la Conferenza dei Capigruppo, anche di una mozione sul federalismo fiscale, ma in ogni caso, perché insisto su questo? Perché l’area vasta può essere anche una risposta non di tipo sovrastrutturale, ma di tipo organizzativo per poter salvaguardare la sanità e il sociale nell’entroterra. Altrimenti andremmo ad una concezione per la quale il fondo perequativo dell’eventuale federalismo non avverrà sulla spesa storica, ad esempio se la sanità dell’entroterra delle Marche mi costa 10 dal fondo di perequazione dovrò avere 10. Ma non sarà così! Perché il costo standard sarà la media del costo della comunità regionale, e la sanità di Ancona costa molto meno della sanità dell’entroterra, come pure i trasporti e la scuola.
Quindi se non attrezziamo il sistema per una difesa pubblica del diritto sanitario e del diritto alla salute come comunità regionale saremo spazzati via. E’ per questo che l’area vasta – altro messaggio da dare al Direttore generale della zona – deve servire come ampliamento dell’offerta sanitaria, e deve avvenire in tutta l’area vasta, quindi non solo accentrare e cogliere l’occasione per accentrare di nuovo, perché questo sarebbe un suicidio.
In definitiva, noi crediamo che ci sia una possibilità dinamica di andare verso una razionalizzazione dell’organizzazione, fermo restando l’obiettivo della sanità pubblica.
E’ con tale spirito che voteremo questo atto. Secondo me nel 2010 – e dico nel 2010 perché voglio essere realistico, non sarà possibile farlo prima, in quanto c’è stato un approccio anche ideologico drammatizzato da più parti –, con la nuova legislatura, penso si dovrà andare verso un superamento di quelle che, come l’ASUR, sono ormai delle sovrastrutture.

Presidenza del Vicepresidente
Vittorio Santori

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Sono diversi anni che ci occupiamo di sanità, ne parliamo, ne discutiamo, prima il collega Bugaro ha parlato anche della legge n. 13/2003. Però mai come questa volta l’Assessore alla sanità è stato bravo a presentare delle scatole cinesi vuote, quindi non so cosa potremo discutere e deliberare.
Alcune considerazioni del Consigliere Procaccini le condivido appieno, ovvero di quando parla dei problemi delle liste di attesa o dei rapporti tra pubblico e privato. Quindi è importante che su queste problematiche le scelte non siano unilaterali ma vengano condivise. Una cosa grave, però, è quando le scelte non si fanno, che sono, appunto, quelle famose scatole cinesi di cui oggi dovremmo parlare.
Non si riesce a capire come mai, nonostante siano passati tanti anni, non si vogliano affrontare problematiche importanti come le liste di attesa, i rapporti tra pubblico e privato oppure come la centralizzazione degli acquisti, sulla quale, condivisibile o meno, la legge del 2003 qualcosa di buono ha portato. La centralizzazione degli acquisti, infatti, anche se qualcuno la critica, è un metodo importante, corretto, perché se qualcuno compera delle siringhe a Pesaro poi le deve poter comperare allo stesso modo anche ad Ascoli.
Si dovrebbero centralizzare anche i dipendenti della Regione Marche, non è possibile avere una miriade di libri paga per ogni ASL, ci sono dei costi enormi a livello di personale che dunque deve essere utilizzato meglio, per recuperare peraltro figure che sono importantissime.
Purtroppo però non c’è stata la volontà di questa scelta, non si dibatte. Oggi, infatti, dopo aver discusso di area vasta usciremo da qui ma senza aver risolto nessun problema ed aver ottenuto niente.
Ciò che ha detto prima il Consigliere Procaccini sulle liste di attesa è importantissimo. Però, Assessore, quando lei risponde alle interrogazioni dice che la situazione è migliorata, ma poi quando lo vediamo direttamente sul posto verifichiamo che così non è, anzi, che si è peggiorato, peggiorato e ancora peggiorato.
Quindi, Assessore, lei deve intervenire, e lo deve fare anche con scelte difficili. Voglio fare un esempio: noi non sappiamo quanto un medico può impiegare per visitare una persona, può utilizzare cinque-venti-trenta minuti, può soffermarsi a parlare con il paziente, allora perché non mettiamo dei tetti dicendo magari che ogni giorno si devono fare, con coscienza e fatte bene, che so, venti visite? Forse in questo modo ci potranno essere meno liste di attesa e anche meno persone che si rivolgono agli ambulatori privati.
Allora visto che questo è un nodo difficile speravo almeno che voi uomini di sinistra - posso capire la Margherita che ha sempre difeso i colletti bianchi! - avreste fatto, come una volta, battaglie in difesa di quei poveri cristi che devono pagare 100, 200, 300 euro per una visita.
Bisogna cominciare a parlare di queste cose. Lei, Assessore, si dovrebbe fare un check-up regionale da quei dirigenti che paga profumatamente – Consigliere Bugaro, questi dirigenti non è che sono bravi, sono strapagati! E nessuno ha il coraggio di dirlo –, che quindi devono dare anche dei risultati, altrimenti bisogna mandarli a casa e non farli rimanere magari perché qualcuno ha dei buoni rapporti con l’uno o l’altro Ministro. Questi dirigenti sono strapagati proprio per far funzionare meglio la sanità delle Marche, non contano le amicizie, se non danno dei risultati devono andare a casa! Ripeto, sono strapagati, sono pagati anche più di noi, che veniamo sempre mortificati sulla stampa pensando chissà quanto prendiamo. Questi sono pagati addirittura il doppio di un Consigliere regionale, ma nessuno ha il coraggio di dirlo! Quindi, ripeto ancora una volta, questi dirigenti, ovvero i direttori sanitari, i manager oppure quei “capoccia” che vogliono stare sempre in alto, devono poter dare dei grossi risultati.
L’ultima cosa a cui voglio riferirmi riguarda il rapporto tra pubblico e privato. Anche su questo non c’è stato il coraggio di aprire un serio dibattito, un serio confronto, però questo è un momento che si devono saper fare anche scelte difficili, ognuno si deve assumere la propria responsabilità. Bisogna difendere il pubblico? Benissimo. Bisogna mettere in competizione il pubblico con il privato? Benissimo. Però non creiamo due-tre-quattro doppioni, perché poi non ci sarà più competizione, non ci sarà più concorrenza, ma sarà solo assistenzialismo.
Voglio fare un esempio banale, Assessore, cioè di quando posi un problema, del quale però non ho avuto mai risposte, né da lei, né dai manager, né dai “capoccia” da ovunque essi arrivino, e mi auguro che prima o poi qualcuno me la dia altrimenti farò sempre questa richiesta. Il fatto era questo: in una clinica privata venne potenziato con centinaia di migliaia di euro un reparto, perché in quella relazione di cui ha parlato prima il Consigliere Bugaro era stato detto che per fermare la mobilità passiva bisognava potenziare, appunto, il reparto di una clinica privata. Ma se questo è vero o non è vero, ci fate vedere i risultati, ci fate sapere se questi soldi sono stati spesi bene o no! Oppure è servito magari…, ma mi fermo qui! Perché siete persone intelligenti che capiscono qual è la situazione.
Pertanto, Assessore, lei qualche conto bisogna che ce lo porta, non può solo portarci queste scatoline vuote che non ci fanno vedere niente.
Certamente ha capito il ragionamento sul pubblico e privato che ho fatto prima, allora se con la sua maggioranza, oppure con i suoi dirigenti o con i suoi consulenti, ha ritenuto opportuno fare un investimento e poi ha ottenuto dei risultati, venga a dirlo in quest’Aula, ma se non li ha ottenuti bisogna che dica “il progetto lo abbiamo sbagliato, cambiamo registro”. E questo può valere sia per l’ortopedia come per la chirurgia, per la medicina, per l’oculistica, insomma per tutte le specialità.
Noi quando andiamo in giro la gente ci pone delle domande a cui dobbiamo essere in grado di poter dare anche delle risposte, però ora cosa possiamo dire, che Mezzolani ci ha presentato delle scatole cinesi?! Oppure che quel dirigente che ha rapporti con Fazio ha fatto un bel progetto?! Ma questo al cittadino non interessa! Al cittadino interessa solo una sanità efficiente, non chiede di più, e nel momento di crisi che stiamo attraversando vuole mettere il meno possibile le mani in tasca. Quindi una battaglia per aumentare ad un operaio che lavora al porto 70 euro al mese non serve se poi ne deve pagare 300 per una visita per il figlio!
Consigliere Procaccini, questi sono i ragionamenti che si devono fare oggi. E questo era il vostro cavallo di battaglia, Consigliere Procaccini, però ho capito che ora con questa Margherita vi siete annacquati!
Lei, Assessore, sa bene che sono stato sempre corretto nei suoi confronti, sulla sanità non ho mai speculato o fatto della demagogia, perché gli ospedali devono essere sempre difesi, anche nei momenti difficili, le anomalie devono comunque essere tolte. Migliorare la sanità è per il bene di tutti i cittadini, proprio perché la salute è un bene di tutti.
Il Consigliere Bugaro si è limitato a dire di votare contro, io invece ero per uscire dall’Aula quindi non so neanche se questo atto lo voterò, però vorrei concludere con una raccomandazione, ovvero che le scelte sulla sanità e sulle altre problematiche devono essere condivise da tutti. La sanità non è né di destra né di sinistra!

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Mi sembra che anche rispetto all’esperienza di questa tornata legislativa – che è quasi conclusa, sono infatti passati tre anni e mezzo – si debba riconoscere che l’azione di questo Governo regionale, in modo particolare dell’Assessore alla sanità Mezzolani ma anche di tutti i Consiglieri quindi non solo quelli di maggioranza, ci possa dare due dati che contraddicono nettamente quanto ha detto il Consigliere Brini.
Il primo è che le Marche in termini di dati sono fra le prime quattro-cinque regioni italiane che possono sottolineare caratteristiche virtuose del sistema sanitario di questo nostro Paese.
Secondo, abbiamo una sanità che in pochi anni ha azzerato il suo debito, quindi non pesando sul bilancio regionale di conseguenza non pesa neppure sulle tasche dei marchigiani. Pertanto ormai siamo in una situazione tale che ci può far stare tranquilli.
I grandi risultati sulla sanità sono anche questi, tuttavia è evidente che ci sono alcune questioni – come ci ha ricordato anche il Consigliere Procaccini - che segnalano ancora una situazione di crisi, che comunque non riguarda solo le Marche, infatti le liste di attesa sono un fenomeno nazionale. Certamente questo è un fenomeno grave, in alcuni casi per richieste di analisi di importanza non vitale i tempi di attesa si allungano di mesi, siamo al ridicolo, forse certe analisi sarebbe opportuno non prescriverle neppure. Ovviamente mi preoccupo se un malato cardiopatico chiede una visita importante e poi gli viene fissata dopo qualche settimana o qualche mese, mentre mi preoccupo meno se per una verifica della consistenza del dato mineralogico dell’osteoporosi si deve aspettare invece qualche mese di più.
Voglio dire che quando si parla di liste di attesa bisogna capire bene che cosa significa. Significa che occorre fare una grossa riforma anche rispetto ai medici di base, bisogna capire bene cosa significa fare una formazione costante del medico di base magari rispetto alla prescrizione di alcune analisi.
Anche la mobilità passiva è un altro elemento abbastanza preoccupante che abbiamo in questa regione e dove bisogna fare passi in avanti. Per esempio se riuscissimo a focalizzare l’attenzione sul fatto – previsto anche nel piano sanitario - che questa Regione deve individuare e potenziare i poli nord e sud delle Marche, rendendoli rispetto ad alcuni settori dei punti di eccellenza, già di per sé sarebbe una risposta al problema della mobilità passiva.
Quindi questo atto - lo voglio dire al Consigliere Castelli ma anche a quei Consiglieri che sono stati molto critici - prendiamolo per quello che è. L’area vasta non è il tentativo di scardinare la legge n. 13, e rispetto alla struttura della sanità delle Marche la trasformazione in itinere non viene bloccata né da questo né da altri atti. Ritengo ci sia la possibilità per il futuro, quindi anche per la prossima legislatura, di considerare alcuni miglioramenti.
Pertanto, ripeto, questo atto deve essere colto per quello che è, cioè come un sistema, una proposta che disciplina meglio i rapporti tra ASUR e territorio. A pag. 7 dell’atto quando c’è scritto: “sono gestite a livello di area vasta le attività tecnico-amministrative concernenti: l’acquisto di beni e servizi, la gestione dei magazzini e della logistica, l’esecuzione dei lavori compresa la gestione delle relative procedure d’appalto, la gestione del patrimonio immobiliare, il supporto alla gestione del sistema informativo, il supporto al controllo di gestione aziendale…omissis”, vengono indicate in maniera precisa le funzioni di questa area vasta, non cerchiamo di fare un’altra cosa.
Allora credo che questo sia un elemento di equilibrio che può aiutare molto il sistema ospedaliero nei territori, in relazione all’ASUR e in maniera particolare riferito proprio a quelle funzioni descritte in questo documento.
Ritengo che il periodo di sperimentazione stia andando avanti dando anche risultati soddisfacenti.
L’area vasta rimane una struttura senza personalità giuridica, è esclusivamente funzionale ad un disegno, perché in qualche modo vengono chiamati i medici, le Istituzioni, il coordinamento dei Sindaci a verificare l’appropriatezza degli interventi in materia sanitaria sui territori. Inoltre ottimizza i servizi orientando la cura.
Insomma mi pare che come cuscinetto questa area vasta possa svolgere bene una funzione di equilibrio fra l’attuale ASUR e i territori.
E’ evidente che nel momento in cui acceleriamo rispetto per esempio all’azienda unica Pesaro-Fano o a quella che si farà al sud delle Marche, potremo registrare ulteriormente la struttura che si mette in campo oggi, però mi pare che all’interno di una trasformazione del sistema sanitario marchigiano sia comunque un elemento che aiuta. Forse poteva essere irrobustita di più, magari con un profilo giuridico, ma allora fatto un’altra cosa, avremmo fatto la riforma dell’ASUR.
Penso che oggi ci troviamo a dover scegliere di mettere in campo un ulteriore strumento utile a generare equilibrio tra territori e ASUR scelti con la legge n. 13.
Quindi all’area vasta deve essere dato il valore che ha, evitando la strumentalizzazione sia da chi vuole scardinare la legge n. 13, sia da chi addirittura dice che non serve a niente. Secondo me, invece, questa struttura può dare quei risultati che ci siamo preposti con questa proposta.
Questo è il significato dell’area vasta, non è nessuna scatola cinese, quanto è scritto in questo atto è abbastanza chiaro, è per rendere possibile una migliore attività tra le strutture esistenti del sistema sanitario marchigiano.

Presidenza del Vicepresidente
Francesco Comi

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Santori.

Vittorio SANTORI. Non potevo non intervenire su questo importantissimo argomento in discussione oggi in questa Assemblea legislativa.
Innanzitutto vorrei far rilevare come siamo arrivati a portare in discussione una delibera su indirizzi propri dell’Assemblea legislativa che però ci vengono proposti in allegato. Praticamente ci vergogniamo di dare indirizzi alla Giunta allora li mettiamo in un allegato volante, appiccicato, perché qui non si vuole parlare neanche dei principi, ma solo di un allegato di cui poi la Giunta dovrà prendere atto. Ma questi stessi indirizzi ci provengono dalla Giunta, quindi!
E’ una cosa che ritengo vergognosa, anche perché tutto questo non porta alcuna utilità ai cittadini, ma neppure alcuna utilità agli stessi principi contenuti nel Piano sanitario.
Penso che in questo momento potremo correggere definitivamente il vizio di questo atto, non solo indicando quei principi che riteniamo giusti, facendoli far parte dell’atto deliberativo quindi non allegandoli, ma anche aggiungendo una frase di sole quattro parole “riconoscimento della personalità giuridica”.
Dunque se l’area vasta la riconosciamo come personalità giuridica allora sì che potranno scaturire tutti quegli effetti che la gente si aspetta, cioè il controllo della spesa e il rispetto del budget a livello provinciale, la gestione in autonomia della spesa, come pure quel controllo che oggi non fa nessuno.
Concludo dicendo che questo atto, così come viene proposto, non apporta nessuna utilità alla collettività, è un’aggiunta alla già elevata burocrazia in materia sanitaria, che costerà ulteriori spese ai cittadini senza però che venga raggiunto nessun tipo di scopo.
Se pensate che la capillarità in materia sanitaria l’abbiamo già ottenuta con le Zone territoriali, allora una sovrazona territoriale andrà solo a sovrapporsi a quelle già esistenti. Quindi, al di là di quelli che potranno essere i rapporti interni o le competenze esclusivamente amministrative, per il cittadino certamente non potrà che essere un ulteriore appesantimento della spesa e un ulteriore aggravio di ciò che oggi già subisce a livello di servizio.

Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Questo atto lo ritengo importante in quanto funzionale all’organizzazione della sanità regionale, esso infatti propone un’organizzazione elastica, e questo è fondamentale.
Ritengo, diversamente da ciò che ha detto il Vicepresidente Santori, che sia più importante una struttura elastica, che il riconoscimento giuridico di una struttura che in questo modo diventerebbe fissa perdendo così il senso del motivo per cui deve esistere.
Un coordinamento gestionale può essere fatto da tutte le aree vaste che, per esempio, si mettono insieme per fare un acquisto unico, però poi per un coordinamento ad esempio sul bisogno di un’ortopedia bastano due aziende vicine che indicano specializzazioni diverse per i propri centri ortopedici, e magari per un altro settore, che potrebbe essere l’oncologia o di qualsiasi altro tipo, necessita una sola area vasta tra tre o quattro aziende.
Quindi il riconoscimento giuridico di un’area vasta andrebbe ad ostacolare la messa in rete e le possibili sinergie tra le varie aziende.
Inoltre un riconoscimento giuridico creerebbe una nuova struttura burocratica, quindi un aumento dei costi ed un contrasto nelle decisioni tra poteri che sono in qualche modo separati, insomma un rallentamento gestionale.
Il Consigliere Bugaro ha detto: “in astratto va bene ma…”. Però ora potremo sicuramente vedere se andrà bene anche in concreto. Poi ha anche detto: “la struttura è condivisibile ma c’è il rischio di una burocratizzazione”. Ma il rischio di burocratizzazione ci potrebbe essere solo se questa struttura da flessibile diventasse rigida, ovvero diventasse una struttura parallela con i carichi, ecc..
Il Consigliere Castelli, invece, ha detto che la proposta va bene ma è in ritardo. Ma oggi l’abbiamo fatta, quindi in questo momento c’è. Inoltre ha detto che è un atto che non dà niente di più ai territori. Anche questo non è vero, infatti dà la possibilità ai territori di usufruire in maniera organica dei servizi disponibili nei territori vicini. Addirittura il coordinamento con i territori vicini crea una specializzazione e non quindi un semplice doppione di servizi.
Pertanto questa organizzazione è bene che vada avanti. Anche perché il Piano sanitario prevede, per esempio, la centrale unica di acquisti, e voglio ricordare che gli acquisti della nostra sanità riguardano circa 1 miliardo di euro sui 2 miliardi e mezzo dell’intero bilancio. La centrale unica di acquisto prevede un risparmio che va dal 5% al 10%, allora su un miliardo anche solo con il 5% si risparmierebbero 50 milioni di euro. Ovvero ciò che questa maggioranza, il Piano sanitario, lo stesso Assessore e il Presidente Spacca, hanno detto che dovrà essere la risorsa in più da liberare per poter aumentare i servizi socio sanitari, per i quali, infatti, a causa delle difficoltà che ci sono a livello generale e dei tagli che ci sono stati sempre a livello nazionale, non ci sono risorse disponibili.
Sicchè questa organizzazione di area vasta ci permetterà di fare la centrale unica di acquisti, ci permetterà di liberare 50 milioni di euro per i servizi socio-assistenziali, ci permetterà di aumentare i servizi sanitari ai cittadini dei vari territori.
Sono quindi a favore di questo atto. Chiedo che gli impegni sulla carta diventino impegni concreti. Inoltre ritengo che in base ai risultati raggiunti in ambito di area vasta debba poi essere fatta una valutazione dei Direttori di Zona e dei responsabili ai massimi livelli dirigenziali della nostra sanità. In questo settore deve essere valutata la capacità di lavorare in squadra e si devono mettere da parte i personalismi, ciò per favorire i cittadini ed una buona amministrazione della nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Ho deciso di intervenire perché, oltre la posizione del relatore di minoranza Bugaro, era doveroso dopo le cose che ho sentito dire in quest’Aula.
Ritengo, infatti, che partiamo già con un handicap, ovvero quello di ritenere – e questa è una questione di natura politica – che la legge n. 13/2003 sia un moloc, cioè che non sia rivedibile. Questo è stato fino ad oggi il motivo per cui nell’interpretazione di questa legge ci si è arrampicati sugli specchi pur di non modificarla, perché avrebbe significato una grande sconfitta politica per il centro-sinistra. Il motivo è tutto qui.
Io ritengo, invece, che la legge n. 13 non sia un moloc, può essere modificata e reinterpretata.
Alcune valutazioni che ho sentito sono del tutto confutabili, si cerca di arrabattarsi per realizzare qualcosa che, invece, era possibile realizzare decidendo di dare personalità giuridica a quelle Zone territoriali che oggi definiamo aree vaste. Questo a mio avviso avrebbe comportato di perpetuare quei percorsi virtuosi avviati sul territorio, e non quindi definire un’ulteriore incertezza nel funzionamento di queste aree. I
Infatti il contrasto con l’ASUR è continuo, come continue sono le imposizioni che essa fa alle Zone territoriali. Non si va nella direzione che voi auspicate, Consigliere Binci, perché c’è l’imposizione e perché c’è una direzione verticistica anche di tipo politico; probabilmente il modello di questa flessibilità che avete creato è di tipo politico e non di tipo gestionale.
Non vi potete più appellare alla riduzione dei trasferimenti, perché questo non è stato, addirittura con questo Governo i trasferimenti sono aumentati più dell’inflazione programmata. Ho sentito, infatti, che mancano anche i finanziamenti.
Inoltre questo atto, Consigliere Binci, produce un altro effetto, quello che i territori conteranno ancora meno di oggi. E questo nell’organizzazione sanitaria e sociale – il nostro Piano si chiama infatti socio-sanitario – è un ulteriore handicap. Quando invece gli enti locali hanno un ruolo importantissimo per svolgere quell’azione di filtro e di collaborazione affinché questa rete di protezione, che va dal sanitario al sociale, si possa manifestare totalmente.
Qualcuno si è riempito la bocca di questa sperimentazione. Ad esempio non so perché qualcuno si preoccupa di dire che nell’area vasta maceratese viene fatta la sperimentazione. Infatti è una sperimentazione che in questo atto non viene recepita, perché non è coordinata, non viene indicata, e soprattutto è una specie di contentino, perché nelle altre Zone si pensa all’aziendalizzazione mentre nel maceratese si pensa di perpetuare un modello sperimentale che però sperimentale non è in quanto è succube e veicolato dalla organizzazione centralistica dell’ASUR di Ancona.
Pertanto il riconoscimento della personalità giuridica avrebbe evitato di mantenere una precarizzazione delle Zone territoriali e avrebbe dato un elemento di tranquillità e di responsabilità alle aree vaste.
Se poi l’integrazione, Consigliere Binci, fosse avvenuta attraverso aree vaste o attraverso Zone territoriali o attraverso le indicazioni dell’ASUR, quell’ASUR peraltro che penso non abbia la sensibilità di conoscere bene tutte le problematiche che ci sono sui territori; infatti è molto più facile che a livello territoriale si riescano a capire ed armonizzare gli interventi rispetto alle necessità che via via si modificano sul territorio.
Quindi esprimiamo un giudizio nettamente negativo di questo atto. Non è possibile annacquare sempre tutto. Questa maggioranza ha il vizio di passare sempre per quella che fa le cose molto belle e talmente ideali che poi bisogna per forza approvarle.
Ma questo atto non è un atto ideale, non è un atto che produce un rafforzamento dei servizi sul territorio, anzi, addirittura tende a penalizzare ulteriormente proprio quei territori che finora sono stati penalizzati.
Allora mi domando: un atto di questo tipo non avrebbe dovuto prevedere, ad esempio, una programmazione triennale dei budget? Penso che l’organizzazione di area vasta non possa fare a meno, Consigliere Binci, di avere una prospettiva temporale, non credo che un budget annuale, che ogni anno può essere rimodificato a capocchia, possa poi definire uno sviluppo dei servizi tranquilli sul territorio e rafforzare alcune linee.
Per cui in quest’atto poteva essere indicato un budget triennale, così come poteva essere rafforzata la presenza degli enti pubblici locali, oppure come potevano essere definite meglio le funzioni che rimangono in capo all’area vasta. (…) Sappiamo benissimo di chi è il coordinamento! E’ dell’Assessorato e del dirigente dell’ASUR, questo è e allora non se ne vuole discutere minimamente!
Riteniamo che questo atto non vada nella direzione auspicata. Anche perché rafforza ancor di più la confusione che è stata generata con il nuovo Piano sanitario regionale 2007/2009. Di quel Piano, infatti, che è agli sgoccioli, non è stato attuato praticamente nulla, ancora si sta parlando di sperimentazione dell’area vasta o di attribuzione di specifiche specialità alle Zone, come l’oncologia a Macerata o l’emodinamica, previste due anni fa ma delle quali ancora non c’è traccia.
Quindi rimaniamo nel dubbio che questo serva un’altra volta ad ammantare le responsabilità della Regione, questo perché alcune Zone si sentono fortemente penalizzate.
Non parliamo poi delle liste di attesa o della strategia che sta facendo l’ASUR di farle artificialmente in modo che la gente ricorra poi al pagamento dei servizi. Questa è una delle cose più eclatanti e visibili che sta avvenendo in questa regione. Tra l’altro, Consigliere Binci, lei che difende i poveri, ed io penso di difenderli allo stesso modo…

Massimo BINCI. Se sostiene questo, deve fare anche una denuncia!

Franco CAPPONI. Esatto, l’abbiamo già fatta, ma in questa Regione non c’è molto da aspettarsi dalle denunce che fa l’opposizione!
Pertanto questo atto per quanto riguarda l’organizzazione è negativo. Da maceratese dico che è ulteriormente penalizzante per l’area vasta maceratese in quanto non determina nessuna certezza per i territori, tutto infatti verrà lasciato alla libera interpretazione di chi dirigerà questa struttura a livello regionale.
Riteniamo, inoltre, che debba essere aperta anche una nuova fase. Noi, al momento dell’approvazione del Piano sanitario regionale, chiedemmo di capire, Assessore, come si muovevano i servizi sui livelli territoriali, volevamo capire qual era la qualità erogata in tutte le varie Zone, oppure quali erano le diversità delle liste di attesa o le problematiche più rilevanti. Però di questa relazione che vi eravate impegnati a riferire annualmente all’Assemblea legislativa non c’è traccia, e sono passati due anni!
Ecco, dunque, perché ancora non ci possiamo fidare di modifiche che lasciano le cose esattamente come stanno, perpetuando così quella gestione centralistica e verticistica della sanità della nostra regione.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola alla Consigliera Romagnoli dobbiamo votare la prosecuzione dei lavori oltre le ore 13,30.

(L’Assemblea legislativa approva)

Ha la parola la Consigliera Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Intervengo soltanto per evidenziare quello che io definisco un paradosso che si verifica in particolare nella zona di Fermo, che se confermato confermerebbe anche la totale inutilità di questo atto, quindi la giustezza di quanto già dichiarato in sede di discussione generale.
Confermo infatti e faccio mie tutte le considerazioni espresse dai colleghi di minoranza sulla inefficacia e totale inappropriatezza di questa figura di area vasta. Una struttura che è a mezzadria tra l’ASUR e le Zone, quindi un passo indietro, una sconfessione di quanto scritto sulla legge n. 13. Però non si ha neppure il coraggio di farlo definitivamente, a queste Zone intermedie è stata infatti negata la personalità giuridica.
Invece sarebbe stato proprio questo il momento di assumere le responsabilità, di fare il punto su una legge che non ha funzionato, e restituire non solo personalità giuridica in senso formale, ma anche dignità e potere decisionale ai territori, quindi alle Conferenze dei Sindaci, insomma a tutto quello che diciamo da tempo.
I problemi sono irrisolti, c’e dunque una totale non necessità di questo atto.
Voglio soffermarmi su quello che viene definito un paradosso, e non lo faccio per spostare il discorso sul localismo o su quella che sarà un’area vasta del fermano piuttosto che dell’ascolano, che non mi interessa. Qui si dice che il senso dell’area vasta è principalmente, come leggo nelle funzioni – Assessore Mezzolani, la prego di ascoltarmi, perché da lei vorrei anche una risposta, che non mi serve solo per capire se avremo dei nuovi e diversi confini delle aree vaste -, quello di coordinare i territori e di coordinare le Zone territoriali comprese nell’area, addirittura si dice di fare la Conferenza chiaramente tra Direttori e tra Sindaci perché si presume – voglio sapere se è così o se ho capito male – che un presupposto di questa area vasta è la pluralità di Zone e quindi una certa extraterritorialità dell’area vasta per far sì che ci sia la necessità un coordinamento.
Mi chiedo quindi se così è, ovvero se questo è uno dei compiti principali che giustifica il coordinamento di area vasta generale e unico oppure che giustifica quello che leggo a pag. 8 sul coordinamento dei Sindaci e dei territori, proprio per – leggo espressamente – “dei Sindaci delle Zone territoriali comprese” - si parla sempre al plurale -.
Allora cosa accadrà, qualora i confini verranno confermati così come indicati negli atti precedenti, quando l’area vasta si troverà, come quella di Fermo, ad essere monozonale?
Noi in questo modo avremo una Zona, questo lo dico da tempo, che avrebbe addirittura confini ridotti rispetto a quelli provinciali. Sappiamo infatti che non si è ancora provveduto ad inserire i territori montani di Amandola, ecc.. Però non è questo il problema, perché in ogni caso l’area vasta di Fermo è monozonale, quindi si raccorda con se stessa.
Sicchè il paradosso è logico, Assessore, allora vorrei sapere se tutto questo porterà ad una revisione dei confini delle aree in maniera che ci possa essere davvero una omogeneità; perché qui ci troviamo ad essere schiacciati tra un’area vasta degna di questo nome con più Zone come quella di Ascoli e un’area vasta che ha ugualmente più Zone territoriali come quella di Macerata, mentre l’area vasta di Fermo ha confini più angusti e in pratica, ripeto, si raccorda con se stessa.
Io però abolirei questo modo veramente illusorio di procedere. Infatti, essendo lo spreco sotto gli occhi di tutti, qui si verificherebbe che: la Conferenza dei Sindaci è la stessa Conferenza che abbiamo ora, non abbiamo altri Sindaci che parteciperebbero perché la Zona è quella; il raccordo del direttore è con se stesso, non so chi sarà il Coordinatore di area vasta di Fermo, ma comunque sarà una figura che andrà a duplicare quella del Direttore di Zona, coinciderebbe addirittura in minus e non in qualcosa di più grande, perché, ripeto, abbiamo delle Zone della provincia che non sono nella Zona territoriale e che tanto più non saranno neppure nell’area vasta.
Dunque tutto questo significa, come io credo, che sia tutta una sorta di spot, cioè va a smascherare quella che è una fiction, ovvero che le aree vaste saranno effettivamente delle scatole cinesi vuote dove ci saranno dei coordinatori che prenderanno le loro indennità e non faranno altro che ratificare le scelte centralistiche che farà l’ASUR. Dunque significherà che tutte non avranno una reale funzione così come si vuol far credere con questo atto. Oppure significherà, invece, che le altre la funzione ce l’avranno e allora non si potrà consentire che ci sia un’area vasta che coordina se stessa, che non si rapporta con nessuna, e che, ovviamente, non avrà mai i numeri per avere e giustificare delle richieste?
Se ricordo bene nel Piano si dice che i bacini di utenza dell’area vasta devono essere omogenei, qui invece abbiamo una penalizzazione a priori.
Allora le cose sono due: o è tutta una farsa, quindi davvero si voterà, come io credo, un atto vuoto nei contenuti e soprattutto su quelle che saranno le funzioni, cosa che viene maggiormente avallata dal fatto che non si vuol concedere la personalità giuridica, quindi la capacità giuridico-gestionale a queste aree, per cui, ripeto, avremo la stessa gestione di oggi spostata con delle organizzazioni che richiederanno organigrammi, ecc.; oppure, se così non è, provvediamo, ma impegniamoci oggi in Aula a rivedere i confini delle aree vaste, in maniera che tutte e cinque possano avere la caratteristica della plurizonalità, perché una monozonale e altre quattro plurizonali significherebbe partire definitivamente con l’handicap di una monozonale come è, appunto, quella fermana.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Sarò brevissimo, Presidente, perché sarò aiutato anche da uno schema che mi sono fatto scorrendo l’atto amministrativo.
Gli interventi che si fanno in Aula possono essere di due tipi di approccio: il primo è quello demagogico, quindi sparare sulle disfunzioni del sistema, sull’area vasta, sulle liste di attesa; il secondo è quello di fare un minimo di analisi.
Allora questa analisi facciamola assieme.
Direttore dell’ASUR e la sua struttura col piano strategico aziendale. Sotto, prima delle Zone e dei direttori, che rimangono 13, ci mettiamo il coordinamento funzionale dei direttori di area vasta con un coordinatore. Quindi c’è l’organismo, che è il coordinamento, e c’è il coordinatore del coordinamento stesso. Quest’ultimo ha la funzione di proporre un piano di area vasta che è approvato dal direttore generale, di proporre i centri servizi sempre approvati dal direttore generale, inoltre ha i dipartimenti sovrazonali e le funzioni in materia sanitaria a loro destinati, che però vengono stabiliti dal piano strategico aziendale. Per l’INRCA e le Aziende ospedaliere occorrono altre strutture che sono i coordinamenti strategici e le cabine di regia, come dalle note delibere di Giunta regionale. Infine deve avere a che fare con un coordinamento dei Sindaci dell’area vasta che si sovrappone alla conferenza dei Sindaci già prevista dalla legge regionale.
Ditemi voi se questa scelta agevolerà il processo di responsabilizzazione delle Zone con il coinvolgimento diretto nelle scelte territoriali, oppure se sarà un ulteriore passaggio di appesantimento, di sfinimento di un sistema. Un sistema che dobbiamo avere l’onestà intellettuale di dire che così come concepito ha avuto la ricaduta di tutta quella discussione fatta nella scorsa legislatura, finita poi per essere una riffa nella quale si è rilanciato al +1; è successo come in quella barzelletta: “tutto quello che hai detto tu più 1”, la stessa cosa è successa lì, è stato detto 5-7-8, ma a un certo punto si è detto basta, si sono chiusi i termini, si sono chiuse le discussioni, e si è deciso per un’azienda sanitaria unica regionale.
Quella ricaduta lì, quello schema lì, che ha dovuto avere come orpello le tredici Zone da non toccare (le ex ASL territoriali non sono state toccate almeno nel loro scheletro ma comunque spolpate), non ha funzionato. E’ un continuo ricevere da parte dell’Assessorato, da parte della struttura, da parte del Governo politico della sanità, di lamentazioni, di cahiers de doléances lunghissimi o delle Zone o del direttore generale che dice: “questi fanno come vogliono”, mentre gli altri dicono: “no, è lui che ci impone delle scelte”.
Quindi questa cosa doveva essere affrontata con coraggio ai tempi del Piano. Allora dicemmo - e lì fummo tutti d’accordo, e fu una nostra proposta alla quale aderiste -: vediamo di dare a questa area vasta funzioni forti, dirette, decise, in grado di.
Con questo tipo di schema le abbiamo date? No! Infatti ancora una volta siamo stati costretti ad un compromesso che, a nostro avviso, non migliorerà la situazione.
Quindi questo è il motivo che non solo ci vede critici riguardo al ritardo, alla gestione, non solo ci vede critici sulle cose dette non dette – come detto sia dal Consigliere Castelli che da altri colleghi -, ma ci vede soprattutto critici sotto il profilo della mancanza di coraggio, era infatti questo il momento che doveva essere fatta la scelta delle cinque ASL. Questa Assemblea legislativa regionale la poteva fare, ne aveva tutte le possibilità, le condizioni politiche, amministrative, tecniche. Le aveva tutte! L’Assemblea legislativa mai come in questo momento è stata orientata a questo tipo di scelta: né 7, né 8, né 10, ma 5, una per provincia.
Ci si poteva arrivare, bastava accelerare un po’. Questo è il nostro rammarico.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Mezzolani per la replica.

Almerino MEZZOLANI. Ho apprezzato molto gli interventi di quanti dai banchi della maggioranza e dell’opposizione hanno sottolineato la necessità di una discussione pacata sul sistema sanitario, quindi sgombra da impianti demagogici o facili polemiche.
Credo, inoltre, che questa discussione sia tanto più valida se da una parte – io per quanto mi riguarda lo farò – si accolgano le sottolineature delle criticità che servono per migliorarsi, a patto però che dall’altra vi sia anche il riconoscimento del lavoro che è stato fatto nel corso di questi anni.
Se dovessi racchiudere con uno slogan il concetto di area vasta in questo momento lo definirei così, ovvero come un’ulteriore elemento che immettiamo nel sistema per regolarlo a legislazione invariata, quindi in un sistema che dobbiamo migliorare perché siamo di fronte ad una sfida che abbiamo aperto, che stiamo vincendo, lungo la quale però qualche rischio si corre. Perché nel momento in cui si fa questa discussione dobbiamo sempre tenere presente quello che eravamo, quello che siamo oggi e il cammino che abbiamo intrapreso.
Quando discutiamo di queste cose non possiamo dimenticare - esse hanno a che fare anche con queste discussioni - che solo due anni fa questo nostro sistema sanitario regionale era sull’orlo dell’accompagnamento. Non è passato molto tempo, quindi se oggi possiamo vantare un risanamento economico, questo certamente non ci è piovuto dal cielo. Certo, è vero che sono state messe risorse da questo e dall’altro Governo, ma quelle risorse non sono arrivate nelle Marche per caso, come qualcuno dice, ma perché abbiamo fatto solide battaglie al tavolo nazionale e soprattutto perché a quel tavolo, in virtù di queste battaglie e del lavoro che abbiamo fatto in questa Regione, possiamo oggi vantare una credibilità e un’immagine che è fortemente migliorata nel corso di questi anni. Nessuno ci ha regalato niente.
Perché è avvenuto questo? I moloc nei sistemi complessi – lo dico al Consigliere Capponi – non possono esistere, però abbiamo affermato una cosa, ovvero – badate! - che non può essere questo il tempo di una discussione sul nostro modello organizzativo. E per fortuna l’abbiamo presa così. Perché se oggi possiamo vantare un risanamento economico, se oggi possiamo vantare quella credibilità che ci siamo conquistati a livello nazionale, è perché abbiamo smesso di parlare di organizzazione come elemento che ci avrebbe tirato fuori da tutti i guai, cominciando quindi a pianificare una seria programmazione sanitaria.
Secondo me abbiamo invertito un’idea, quella che a fronte di un modello organizzativo potavamo calare su di questo una programmazione sanitaria. E’ l’esatto inverso! Quindi se ce la siamo cavata è proprio perché abbiamo rovesciato questo concetto.
E a fronte di una corretta programmazione sanitaria, che rispecchia la risposta ai bisogni della nostra collettività, un domani potremo anche pensare alla ridefinizione di un modello organizzativo. Ma sovrapporre queste due discussioni sarebbe stato sbagliato.
Proviamo a guardare la sanità italiana. Dalle Marche e l’Umbria in giù abbiamo una sanità commissariata o in fase di commissariamento, mentre dalle Marche in su abbiamo regioni, come le Marche, l’Umbria, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia e il Veneto, che oggi possono vantare la migliore sanità del Paese.
Allora credo che questo abbia un significato, infatti noi nel novero di queste regioni vi siamo entrati non a caso. Però non è detto che ci rimaniamo, perché è chiaro che se faremo discussioni sbagliate e non affronteremo i problemi che abbiamo davanti rischieremo di riscivolare verso quella china che avevamo intrapreso in virtù della nostra frammentazione. Quel sistema che avevamo, infatti, ci avrebbe affossato, era la nostra pietra al collo, quindi solo uscendone, smettendo di parlare di organizzazione e applicando in maniera rigida la legge n. 13, siamo riusciti a risalire la china e a mettere a posto i nostri conti.
Oggi nelle Marche abbiamo un sistema sanitario dove stabilizziamo personale, e mentre il settore privato licenzia e mette sotto cassa integrazione noi lo assumiamo e lo facciamo in virtù del fatto che i nostri conti oggi sono a posto. Quindi non c’è solo il risanamento del debito del passato, ma ci sono anche i bilanci a pareggio, e il 2008 finirà ancora meglio del 2007. E non è vero che lo abbiamo fatto strangolando il sistema o perché lo Stato ci ha dato di più, ma per una semplice ragione, cioè che questo sistema comincia a dare risposte appropriate, perché le economie in sanità si fanno quando si danno le risposte più appropriate al bisogno e senza dequalificare il sistema.
Noi dunque stiamo inseguendo correttamente la linea dell’appropriatezza e lo possiamo fare in virtù della flessibilità che abbiamo dato al nostro sistema.
Se vi ricordate l’area vasta è stata introdotta, e l’abbiamo voluta in questo modo, da una parte per riequilibrare la necessità di uscire dalla frammentazione organizzativa che avevamo, dall’altra per la paura di un accentramento senza partecipazione.
L’area vasta è questo, oggi possiamo vantare l’equilibrio dei nostri conti, l’appropriatezza del nostro sistema e il miglioramento anche su quei temi che avete sollevato, dai quali faticosamente stiamo cercando di uscire.
Infatti la mobilità esterna, anche se lentamente, proprio in virtù delle azioni che abbiamo condotto, delle sperimentazioni che facciamo e del modello di investimenti che abbiamo tracciato, sta dando l’idea di una regione che comincia a riassorbire, ed anche se è ancora poco ha comunque un trend in controtendenza rispetto a quello che abbiamo avuto fino adesso.
Le liste di attesa non sono soltanto un problema delle Marche, ma è anche dei sistemi sanitari dell’occidente e del nostro Paese complessivamente. In ogni caso è un problema che andrebbe affrontato in maniera più profonda e per altri versi, considerato che siamo dentro ad un modello di sanità che prevede l’autoconcorrenzialità.
Le liste di attesa appartengono alla nostra cultura, al nostro modo di approcciare il sistema e di come il cittadino entra in qualche modo nel circuito. Inoltre c’è la formazione dei medici di medicina generale e via via tutte le altre questioni che stiamo affrontando.
Domani uscirà il bando per il CUP unico e anche qui saremo tra quelle regioni che potranno vantare, da qui a qualche mese, quell’elemento regolatore tra domanda e offerta, elemento principe che regola e che potrebbe alleviare in via definitiva il problema.
Nel frattempo non stiamo con le mani in mano, sul territorio stiamo attivando una serie di azioni che vanno incontro proprio a questa criticità, naturalmente lo facciamo dispiegando il massimo delle nostre forze, sapendo però che è una situazione complessa.
Dunque l’area vasta è l’elemento equilibratore che aiuta le sperimentazioni che facciamo.
Anche qui, dobbiamo smettere di accavallare le discussioni, perché un conto è il modello organizzativo, un conto è la partecipazione.
La partecipazione appartiene a noi, alla politica, al coinvolgimento che dobbiamo dare ai territori, quindi alle conferenze dei Sindaci che sono vicine al bisogno, quella lettura che ci serve per conoscere e per dare risposte adeguate.
Altra cosa, invece, è l’organizzazione. Se vogliamo costruire quelle reti l’area vasta è un modello flessibile che abitua il nostro sistema a lavorare insieme e che va al di là dei confini, Consigliera Romagnoli. C’è già una sperimentazione che affronta questo tipo di problema, che abitua a ragionare i nostri direttori. Certo, poi c’è anche uno che coordina, Consigliere Pistarelli, però è comunque un modo di lavorare insieme, come si sta facendo sul territorio, per far sì che si eliminino i doppioni, che si diano risposte appropriate, che ci si specializzi anziché fare tutti le stesse cose. E questo è quello che sta avvenendo al nord tra Fano e Pesaro, al sud tra Ascoli e San Benedetto e dentro l’area vasta di Macerata.
Certamente non possiamo sperare nel miracolo, sono cose che vanno avanti magari anche lentamente, ma che appartengono comunque all’inversione di una cultura che si era annidata nel nostro territorio in virtù di una frammentazione dalla quale dobbiamo uscire se vogliamo mantenerci stabili dentro il novero di quelle Regioni che oggi possono vantare la sanità migliore del Paese.
Ma questo non è un dato scontato, non so se ci resteremo per sempre, dipende da noi. Quindi abbiamo aperto una sfida e l’atto che votiamo oggi è un elemento che ci aiuta ad affrontare tale sfida. Siamo in campo per questo.
Poi, una volta che avremo reso più appropriato il sistema e risposto meglio ai bisogni, potremo tornare a ragionare su questo nostro modello organizzativo, di come potremo plasmarlo meglio sulla nostra programmazione. Ma ora non è ancora tempo per queste cose, perché se ci attardassimo in discussioni come queste perderemo un treno che costerà caro – allora, sì - ai nostri cittadini.
Dunque abbiamo avviato un processo difficile sul quale anch’io chiedo l’impegno di tutti a non fare né polemiche politiche né discussioni demagogiche. Perché laddove abbiamo aperto sperimentazioni queste poi ci servono per migliorare il sistema e non, invece, per penalizzare questa o quella realtà.
Ricordo le prime discussioni che abbiamo fatto sul Piano sanitario. Quel Piano sanitario oggi nel bene o nel male è un progetto di sanità per le Marche che traccia il profilo della sanità che dobbiamo costruire per questa regione, e lo stiamo facendo. Però se lo carichiamo di eccessiva polemica, di eccessiva demagogia, rischiamo di farlo crollare. Viceversa, se faremo un ragionamento pacato e sereno, aiuteremo questo processo e riusciremo a dare ai nostri cittadini le risposte migliori.
Voglio inoltre annunciarvi che con questo atto andiamo a regolare meglio quei rapporti necessari. Se andate a vedere nell’atto c’è anche la necessità di dare risposte a quei problemi che ci ha posto il sindacato, cioè di come rapportarsi meglio con le organizzazioni sindacali, di come definire meglio il ruolo dell’ASUR da quello dell’area vasta e da quello delle Zone. È una necessità proprio per cercare, se vogliamo costruire un modello a rete, di affinare quel rapporto necessario. Perché se rimanessimo dentro la separatezza questo modello rischierebbe di affossarsi e quindi lo perderemo.
Dunque credo che questo atto significhi prima di tutto questo, ovviamente va poi accompagnato con tutto quel lavoro che stiamo compiendo sul territorio.
Ad esempio domani parte l’appalto del CUP unico, il 24 andrà in Conferenza Stato-Regioni il nostro accordo di programma che naturalmente riaprirà agli investimenti. Infatti, mentre da una parte anche il nostro modello marchigiano dentro la crisi economica che stiamo attraversando rischia, dall’altra parte abbiamo però una sanità che non è più un peso per la popolazione, bensì un elemento di sviluppo, perché non solo manteniamo l’occupazione e stabilizziamo il personale ma riapriamo una stagione di investimenti che credo aiuterà molto anche la nostra economia.
Quindi dobbiamo stare attenti, ed ecco perché non immagino un modello rigido. Guai a pensarlo! Dobbiamo infatti adeguarci anche alle modificazioni del territorio. Ad esempio, di qui a breve, anzi, forse già da domani, dovremo interrogarci su che cosa avverrà nel nostro modello sanitario una volta che ci sarà la Quadrilatero finita. E’ chiaro che quelle strade sono un’opportunità, esse trasportano questa opportunità dal mare Adriatico al di là del nostro Appennino, ma è anche vero che può essere un motivo di preoccupazione, perché di là i servizi potrebbero essere più appetibili dei nostri. Ecco perché dobbiamo strutturarci bene e quindi pensare a questa modificazione. (…) Infatti la mia qualità è anche il modo con cui la distribuisco sul territorio, e può darsi che sia qualcosa di diverso da quello che avevamo immaginato nel momento in cui abbiamo fatto il Piano sanitario - non è che sia passato molto tempo, sono passati meno di due anni -.
Voglio dire, in sostanza, che dobbiamo mantenere una flessibilità, una mente aperta, un’attenzione particolare a ciò che cambia attorno a noi, perché i nostri modelli organizzativi, le nostre risposte, variano in virtù di questo. Guai a consegnare ad un sistema complesso come quello sanitario modelli rigidi e indiscutibili.
Il problema, però, è che c’è un tempo per tutto, e questo era il tempo della programmazione sanitaria, e di quello che abbiamo fatto ne stiamo raccogliendo i risultati. Certo, arriverà anche un tempo dove questa organizzazione andrà plasmata meglio su questi bisogni, e questo sarà quello che faremo.
Questo atto va esattamente in questa direzione, forse è vero che arrivato un po’ in ritardo, si poteva fare prima, però credo sia meglio arrivare dopo aver fatto tutti i dovuti approfondimenti, piuttosto che fare cose di cui ci si potrebbe pentire.

PRESIDENTE. La discussione è chiusa, passiamo alla votazione degli emendamenti.
Emendamento n. 1 dei Consiglieri Castelli, Pistarelli, D’Anna, Silvetti, Romagnoli:
All’allegato A, punto 1, secondo capoverso: l’espressione “possono essere” è sostituita dall’espressione “sono”.
Ha la parola il Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. La maggior parte degli emendamenti che abbiamo presentato sono sostanzialmente finalizzati a modificare l’espressione facultizzata della possibilità o meno di costituire certi organismi con la previsione certa, invece, che alcuni organismi operino. Mi spiego meglio, credo di non essere stato chiaro. In sostanza, per le funzioni elencate nel punto primo dell’allegato c’è scritto che possono essere esercitate mediante i centri servizi, quindi si lascia tutto nell’indeterminato, nel generico, nel facultizzato, nella possibilità. Quindi io con gli amici della minoranza abbiamo proposto delle espressioni che utilizzano l’indicativo presente, ovvero abbiamo eliminato il riferimento alla possibilità che una certa cosa accada.
Quindi le funzioni “sono” esercitate mediante i centri servizi e non più “possono essere”.
In questo modo cerchiamo di dar pregio e consistenza ad un atto che altrimenti sarebbe davvero un’esibizione retorica di nessun significato.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Vorrei intervenire, oltre che per illustrare l’impostazione come già delineata dal Consigliere Castelli, anche per fare un’aggiunta.
I nostri emendamenti sono tutti volti a dare più significato all’area vasta. Sono tutti volti a dare all’area vasta quello che, purtroppo, una maggioranza ed un Esecutivo non coraggiosi non hanno voluto dare, cioè la personalità giuridica, quindi la divisione del nostro territorio – perché è verso l’aggregazione, Assessore, che la spinta sarebbe stata veramente forte – in cinque zone con una personalità giuridica, per cui con il concetto di azienda sanitaria locale. Ma questo non è stato fatto. Per carità, in linea di principio le sue perorazioni le condividiamo tutte, è il momento dell’attenzione, è il momento di tenere il alto il sistema e di fare in modo che questa qualità possa proseguire, però, domanda: dove sta il tutto in questo tipo di scelta? Lei ha parlato di rigidità, ma la rigidità è proprio quella che vediamo oggi nell’ASUR, con Zone territoriali che molte volte sono chiamate solo ad essere passacarte e non considerate, invece, luoghi nei quali si deve fare veramente confronto e decisione.
Con le Aziende sanitarie locali ridotte a cinque, dove poi ogni Zona – intesa nel senso territoriale del termine, nel senso di istituzione, tra virgolette, perché si riunisce nel concetto di provincia – sarebbe stata gioco forza costretta a fare riferimento con la qualità alta, con l‘integrazione dei servizi, con la razionalizzazione delle scelte. Invece, così facendo, siamo ancora a metà.
Lei dice che bisogna fare una cosa alla volta, una fase, un grado alla volta, ho capito, ma questo era già scritto nel Piano. Il Piano sanitario, infatti, era già impostato per area vasta, tra virgolette, cioè i ragionamenti di sistema venivano fatti già con quel tipo di taratura intermedia.
Allora, dov’è che andiamo a fare un passo ulteriore?! Con le conferenze, i coordinamenti, le cabine di regia, i coordinamenti strategici!
La mia quindi vuole essere una dichiarazione di voto, infatti non riteniamo come opposizione che questo sia un atto serio, in grado di essere in linea con i ragionamenti di fondo che, invece, quelli sì, sono seri, che però non si ritrovano in questo atto.
Pertanto, ritenendo che sia serietà da parte nostra verificare se in quest’Aula ci sono le condizioni per votare, chiedo la verifica del numero legale perché, appunto, non mi pare ci siano non solo le condizioni qualitative ma neppure quelle quantitative per portare avanti questo atto.

PRESIDENTE. Quindi prima di proseguire passiamo alla verifica del numero legale. Prego, Consigliera Mammoli, proceda all’appello.

Katia MAMMOLI. Procedo alla chiama:
Michele Altomeni assente
Marco Amagliani assente
Fabio Badiali presente
Stefania Benatti presente
Massimo Binci assente
Giuliano Brandoni assente
Ottavio Brini assente
Raffaele Bucciarelli presente
Giacomo Bugaro assente
Franco Capponi assente
Guido Castelli assente
Enrico Cesaroni assente
Graziella Ciriaci assente
Francesco Comi presente
Giancarlo D’Anna assente
Antonio D’Isidoro presente
Sandro Donati presente
Sara Giannini presente
Roberto Giannotti assente
Leonardo Lippi assente
Marco Luchetti presente
Katia Mammoli presente
Francesco Massi assente
Almerino Mezzolani presente
Luigi Minardi assente
Adriana Mollaroli presente
Rosalba Ortenzi presente
Paolo Petrini assente
Fabio Pistarelli presente
Cesare Procaccini presente
Mirco Ricci presente
Lidio Rocchi assente
Franca Romagnoli assente
Vittorio Santori assente
Daniele Silvetti assente
Vittoriano Solazzi assente
Vincenzo Sordoni presente
Gian Mario Spacca assente
Oriano Tiberi assente
Luigi Viventi assente

PRESIDENTE. I Consiglieri presenti sono 16, quindi manca il numero legale. La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 14,10