Resoconto seduta n.143 del 14/07/2009
SEDUTA N. 143 DEL 14 LUGLIO 2009


La seduta inizia alle ore 10,30


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli



Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 142 del 30 giugno 2009, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell'art. 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
- n. 332/09 in data 1 luglio 2009, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: "Interventi della Regione per il riavvio delle attività edilizie al fine di fronteggiare la crisi economica, difendere l'occupazione, migliorare la sicurezza degli edifici e promuovere tecniche di edilizia sostenibile" assegnata alla IV Commissione in sede referente, al Consiglio delle autonomie locali per il parere di cui al comma 2, art. 11 della l.r. 4/07 e al Consiglio regionale dell'economia e del lavoro per il parere di cui alla lett. b), comma 1 dell'articolo 4 della l.r. 15/08"; n. 333/09, in data 9 luglio 2009, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: "Modifica della l.r. n. 60/1997 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche - ARPAM)", assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 334/09, in data 9 luglio 2009, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: "Riconoscimento delle associazioni dei marchigiani residenti in altre regioni italiane", assegnata alla III Commissione in sede referente e alla I Commissione per il parere facoltativo.
Sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
- n. 122/09, in data 7 luglio 2009, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: "Approvazione con prescrizioni della variante generale al Piano del Parco del Conero comprensiva della variante parziale al Piano del Parco per la realizzazione di un centro equestre regionale in località Varano – Comune di Ancona e della variante parziale alle norme tecniche di attuazione del Piano del Parco", assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 123/09, in data 9 luglio 2009, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: "Art. 138 – d.lgs. 112/98 linee guida per la programmazione della rete scolastica del sistema educativo marchigiano per gli anni scolastici 2010/2011-2011/2012", assegnata alla I Commissione in sede referente e al Consiglio delle autonomie locali per il parere di cui al comma 2, art. 11 della l.r. 4/07.
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 352/09 del Consigliere D'Anna "Sostegno al popolo Iraniano";
- n. 353/09 dei Consiglieri Procaccini, Brandoni "Tutela dei diritti degli immigrati";
- n. 354/09 del Consigliere Binci "Difesa del grano duro nella regione".
Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato le seguenti leggi regionali:
- n. 15, in data 7 luglio 2009: "Nome in materia di delocalizzazione e incentivi alle imprese";
- n. 16, in data 7 luglio 2009: "Norme a sostegno del consumo dei prodotti agricoli di origine regionale".

Prima di passare all’ordine del giorno credo di poter interpretare anche i vostri sentimenti se saluto, nella persona del Presidente della Provincia di Fermo, On. Cesetti, l’ingresso ad ogni effetto della quinta Provincia marchigiana. Auguro a tutto il Consiglio provinciale di Fermo un proficuo lavoro a favore e a sostegno delle popolazioni amministrate.


Commemorazione in memoria di Pietro Tombolini

PRESIDENTE. Invito l’Assemblea legislativa ad osservare un minuto di silenzio in memoria dell’ex Vicepresidente dell’Assemblea legislativa Pietro Tombolini che, come tutti sappiamo, è venuto a mancare e di cui ieri si sono svolti i funerali.

(L’Assemblea osserva un minuto di silenzio)

Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Vorrei chiedere, come fatto anche durante lo svolgimento della Conferenza dei capogruppo, che venga discussa la mozione n. 308 “Contrarietà della Regione Marche ad individuare sul proprio territorio siti idonei per l’attivazione di centrali nucleari” che ho presentato un paio di mesi fa. Siccome è stato approvato il decreto sul nucleare ritengo importante che l’Assemblea legislativa discuta oggi di questo argomento

PRESIDENTE. La sua richiesta è per discuterla oggi?

Massimo BINCI. Eventualmente durante la discussione delle mozioni.

PRESIDENTE. Propongo all’Assemblea legislativa di votare la proposta di anticipazione del punto 9) all’ordine del giorno, relativo alla mozione n. 308 del Consigliere Binci, subito dopo la mozione n. 353 dei Consiglieri Brandoni e Procaccini di cui al punto 5).

(L’Assemblea legislativa approva)


Rapporto sulla montagna – articolo 5 legge regionale 1° luglio 2008, n. 18
(Discussione e votazione risoluzione)

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all’Assessore Carrabs invito, così come previsto dalle norme, i rappresentanti del Cal e del Crel ad entrare in Aula. Prego, Assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. Presidente dell’Assemblea legislativa, Consiglieri regionali, questo è il primo rapporto sulla montagna di cui all’articolo 5 della l.r. 18/08.
Il rapporto sulla montagna, approvato dalla Giunta regionale con delibera n. 499 del 30 marzo 2009 ai sensi dell'art. 5 della I.r. 18/08, è stato elaborato con la collaborazione di tutti i Servizi regionali, ai quali è stato chiesto, per quanto di competenza, di contribuire alla stesura della relazione.
Il quadro di insieme che emerge dalla lettura della rapporto è caratterizzato dalla presenza di politiche regionali attente alle specificità dei territori montani, specialmente nelle singole materie dell'ambiente, della forestazione, dell'agricoltura, della protezione civile, della sanità, dell'informatica e dei servizi sociali.
In tale rapporto i singoli interventi sono stati descritti fin nei minimi particolari.
Per quanto attiene all'analisi dell'impatto delle politiche regionali, la seduta assembleare dedicata alla discussione del rapporto ci offre l'occasione per valutare e cercare di risolvere i due problemi che, a ben vedere, il rapporto evidenzia.
Problemi finanziari. In primo luogo, va sottolineato che il taglio del 90% dei trasferimenti statali mette in una situazione di instabilità le finanze delle Comunità montane, che nel nostro entroterra rappresentano i punti di riferimento fondamentali per la programmazione e la gestione dei progetti regionali di sviluppo, nei singoli settori di intervento. Senza dimenticare che le Comunità montane gestiscono anche molteplici funzioni comunali delegate e funzioni regionali a loro conferite, come la forestazione, la prevenzione incendi, la protezione civile, gli usi civici e la vigilanza sulla raccolta di funghi e tartufi.
Il dibattito sull'utilità e sull'efficienza delle Comunità montane che si è sviluppato in Italia ha generalizzato tutte le esperienze associative in un unico, ingiusto, giudizio negativo. Nelle Marche le Comunità montane non si sono rese responsabili di sprechi e disservizi, occupano solo 130 dipendenti, e nel complesso meno dipendenti di altre Regioni simili alla nostra, ed operano in modo generalmente positivo e in sinergia con la Regione.
Il taglio del 90% dei fondi statali, in un arco di tempo così breve, complica il difficile lavoro di riconversione organizzativa delle Comunità montane che la Regione sta promuovendo.
La Regione intende mantenere le otto Comunità montane previste dalla I.r. 18/08, ma è chiaro che il taglio alla spesa statale dovrà accompagnarsi ad una riorganizzazione delle Comunità montane.
Le Comunità montane, con difficoltà legate al poco tempo a disposizione per raggiungere il pareggio di bilancio, dopo i tagli stanno cercando di ridurre i costi per il personale, senza smantellare la rete dei servizi offerti ai piccoli comuni, che non sarebbero in grado di andare avanti da soli o senza un forte sostegno delle Comunità montane.
Altre misure da assumere possono essere quelle relative a:
- taglio dei servizi non fondamentali, non assistiti da contributi statali, regionali o comunali, e gestiti dalle Comunità montane;
- avvio di nuovi servizi remunerativi per delega comunale e regionale. Su questo piano, la Regione dovrebbe cercare un accordo con i Comuni montani affinché tutte le Comunità montane possano ricevere la delega dai Comuni per svolgere le funzioni di ambito territoriale sociale, e sia possibile, raggiunto l'accordo, adeguare gli ambiti montani esistenti a quelli nuovi, che sono otto e non più tredici.
Con queste misure le Comunità montane dovrebbero cercare di riconvertirsi in modelli organizzativi più snelli e flessibili, come Unioni montane di comuni.
I territori montani, costellati da piccoli Comuni, non possono fare a meno del supporto di forti forme associative intercomunali, altrimenti non si potrebbero più gestire i servizi fondamentali ed i progetti regionali con le risorse dei piccoli Comuni, limitate spesso a pochi dipendenti "polivalenti" e a poche migliaia di euro in bilancio.
La discussione del rapporto, nell'Assemblea legislativa allargata al Crel ed al Cal, ci offre l'occasione per individuare soluzioni alternative o aggiuntive rispetto a quelle proposte, relativamente al descritto problema finanziario.
La seconda questione molto importante riguarda la settorializzazione degli interventi regionali.
Come è stato giustamente rilevato dai funzionari della Giunta e dell'Assemblea legislativa che hanno studiato il rapporto, gli interventi della Regione, che prevedono il riparto dei fondi di settore fra gli enti locali e le Comunità montane per l'esercizio delle singole funzioni, sono gestiti in modo accurato, e sulla base di studi approfonditi delle dinamiche sociali, economiche e demografiche che determinano le priorità di finanziamento.
A ben vedere, però, in questo scenario di crisi che investe tutti i settori, tale settorializzazione rende impossibile la misurazione di un unico impatto delle varie politiche regionali di settore sui territori montani, ed appare arduo pensare ad un possibile rilancio dello sviluppo sostenibile delle aree interne in assenza di una cabina di regia unica, che elabori una visione di insieme dei problemi del territorio a livello economico e sociale e sulla quale possa essere meglio calibrato il flusso delle limitate risorse regionali per le scuole, per il sociale, per il lavoro, per la sanità, per la protezione civile, per le imprese, ecc..
In altre parole, sarebbe il caso di valutare l'opportunità di promuovere maggiormente politiche per la montagna che partano dai problemi di un singolo territorio, quindi che definiscano gli interventi regionali in modo maggiormente congiunto e coordinato. Per esempio, i problemi della scuola sono legati ai problemi del trasporto pubblico, che a sua volta sono connessi alla manutenzione stradale ed al consolidamento delle mediante forestazione, ecc.. Questo esempio lascia intendere che un maggiore coordinamento degli interventi regionali potrebbe meglio orientare le scelte. La Regione Marche opera già in questa direzione, ed intende intensificare questo impegno.
La discussione del rapporto, nell'Assemblea legislativa allargata al Crel ed al Cal, ci offre l'occasione per individuare nuovi scenari per addivenire a nuove strategie di sviluppo, partendo dalla riflessione sull'esigenza di potenziare lo sforzo di coordinamento degli interventi regionali per la montagna, nonché il livello e la qualità dei servizi che le Comunità montane gestiscono per delega dai Comuni.
E’ importante mantenere gli impegni che il Governo regionale ed anche l’Assemblea legislativa hanno preso con la sottoscrizione della Carta di Fonte Avellana. Uno scenario che ancora una volta viene rafforzato da questa relazione, dove bisogna integrare e creare questa unica cabina di regia che possa fare della montagna una promozione e un volano per l’economia marchigiana, e non un problema come viene visto oggi.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Ritengo che la seduta odierna dell’Assemblea legislativa regionale dedicata al rapporto sulla montagna sia di estrema importanza. E’ la prima volta, infatti, a prescindere dalla sessione sulle politiche comunitarie, che l’Aula si riunisce per discutere non dell’indirizzo e della produzione legislativa, ma di un atto che dovrebbe servire a valutare lo stato delle nostre politiche.
Ho molto apprezzato il rispetto dei tempi con cui la Giunta ha fornito il rapporto all’Assemblea legislativa. La legge n. 18 del 1° luglio 2008, ricordata dall’Assessore Carrabs, all’articolo 5 prevede che entro il 31 marzo di ogni anno la Giunta riferisca all’Aula sullo stato di applicazione della legislazione e delle politiche per la montagna. Ciò ha prevalentemente un carattere sperimentale per cui siamo di fronte ad un atto che ha molti contenuti innovativi.
Fare un rapporto significa valutare ciò che la Regione ha fatto, quindi rilevare se rispetto alla produzione di leggi o di atti si è verificato un cambiamento, capire cosa è cambiato e capire se è frutto delle scelte che la politica ha effettuato o se tutti i cambiamenti potevano prodursi anche spontaneamente.
E’ una questione che interessa anche l’attività dell’Assemblea legislativa, sulla quale credo che in futuro tutti dovremmo attrezzarci meglio, dobbiamo quindi capire che cosa significa valutare.
In Italia la valutazione degli atti e delle politiche è ancora una funzione troppo fragile. Ricordo di aver avuto la fortuna, partecipando ad un convegno organizzato dall’Associazione Capire, della quale peraltro fa parte questa Assemblea legislativa, di ascoltare una relazione sulla valutazione delle leggi in Olanda fatta da un giovanissimo relatore che dimostrava come il Parlamento olandese – lì ci si riferiva all’attività parlamentare non all’attività regionale – ha una dotazione strumentale capace di valutare le politiche. Noi invece da questo punto di vista siamo assolutamente ancora inadeguati, quindi, a partire dalla funzione di questo atto, mi auguro che per il futuro ci attrezzeremo in maniera più adeguata.
Come abbiamo lavorato? Essendo a carattere sperimentale, come vi dicevo, abbiamo fissato delle procedure. Intanto abbiamo scelto di non fare una seduta di Assemblea esclusiva bensì una seduta mista alla presenza sia di rappresentanti del Cal che del Crel, mentre la legge dava la possibilità di fare un’Assemblea esclusivamente dedicata a questo.
La I Commissione ha studiato l’atto, sono stati ascoltati due Assessori, l’Assessore Carrabs che ha competenza sulle politiche per la montagna e l’Assessore Benatti. Abbiamo esaminato il giudizio che è stato dato dal Cal e dal Crel.
Quindi oggi vogliamo, pur riconfermando il carattere assolutamente sperimentale, svolgere il nostro lavoro con grande sincerità. Credo serva a noi, quindi alla politica, alla funzione dell’Assemblea legislativa e della Giunta, oltre a poter lavorare in futuro con più corrispondenza su ciò che significa costruire un percorso di valutazione.
Siamo di fronte ad un atto di Giunta, la delibera ci è stata presentata, quindi dobbiamo riconoscere con molta onestà che ciò che ci è stato consegnato è sì una buona ricognizione il cui aspetto valutativo, però, è assolutamente insufficiente.
Dobbiamo infatti evidenziare che l’atto di Giunta ha un carattere di ricognizione e che è una ricognizione burocratica. Alcuni Servizi hanno risposto in maniera adeguata fornendo informazioni, riferendo di azioni, altri hanno risposto di non aver fatto azioni precise nei confronti della montagna, altri ancora non hanno neppure risposto.
Inoltre, come ammesso con molta onestà durante l’audizione da entrambi gli Assessori, per le politiche della montagna – ha evidenziato l’Assessore Carrabs – non c’è un lavoro trasversale, una vera e propria cabina di regia politica – il termine da lui usato –, facendo così cadere conseguentemente anche un modello organizzativo e operativo che risponda a quei bisogni. L’Assessore Benatti ha evidenziato, invece, che la Giunta nel suo insieme non è stata adeguatamente coinvolta. Non è possibile, infatti, che il Servizio istruzione dica di non avere politiche per la montagna quando invece sono stati fatti atti significativi, predisposti dalla Giunta e sostenuti dall’Assemblea legislativa, come ad esempio il Piano delle scuole nel quale la scelta di mantenere sedi scolastiche nel territori dell’entroterra è una delle azioni più forti. Così come a me pare impossibile che non ci sia, come il Servizio ha riferito, una politica turistica con indicazioni che si riferiscono alla valorizzazione della montagna.
Rispetto al testo consegnatoci dalla Giunta abbiamo anche cercato di integrare, in quanto ci è sembrato che alcuni Servizi non hanno adeguatamente riferito per quanto riguarda le politiche che effettivamente si fanno. Mi riferisco ad esempio alla questione dell’informatica, per la quale sappiamo che sulla partita della banda larga, tra risorse europee e interventi specifici c’è un’azione molto forte della Regione. Addirittura vi è un’intesa sottoscritta con la Telecom che ci vede tra le prime Regioni che aggrediscono la questione e che hanno scelto l’autostrada dell’informatica come uno dei segni che punta a garantire a tutti i cittadini delle Marche, a prescindere dal luogo in cui abitano, pari opportunità.
Ci sono parse invece molto accurate alcune relazioni, come quella del Servizio ambiente e quella dei Servizi sociali che hanno messo in evidenza come nella gestione dei servizi, ad esempio, la coincidenza dell’ambito sociale con la Comunità montana ha dei vantaggi. Anche il Servizio agricoltura ha lavorato abbastanza bene.
Più generica è stata la relazione del Servizio sanità, sappiamo invece che ci sono stati interventi molti significativi, in questi anni, infatti, abbiamo inteso mantenere dei presidi sanitari oppure potenziare l’emergenza.
Insomma, il nostro giudizio è abbastanza articolato.
Non sono state tenute in sufficiente considerazione, come andrebbe fatto, le funzioni delegate. Noi deleghiamo alcune funzioni alle Province sia in materia di formazione professionale sia in materia di trasporto, manca però un feedback. Ovvero abbiamo delegato funzioni alle Province in materia di trasporti, ma nella relazione che l’ufficio ci fornisce si illustra soltanto il servizio a chiamata, un servizio rimasto in capo alla Regione, mentre non c’è un’adeguata informativa su come funziona il trasporto locale, come è cambiato e come serviamo il territorio dell’entroterra. Lo stesso per quanto riguarda il trasporto ferroviario.
Le evidenze critiche sono dunque abbastanza chiare, quindi, ripeto, dovremo più adeguatamente attrezzarci per fare in modo che si correggano i difetti.
Un difetto è della politica, come si diceva, per cui occorre correggerlo. Perché, guardate, la nostra Regione ha investito moltissime risorse. L’Assessore Carrabs riferiva delle risorse messe a disposizione per le Comunità montane, sulle quali ci sono stati tagli pesantissimi del Governo e che noi, appunto, abbiamo reintegrato, in ogni caso le risorse complessive – di cui abbiamo richiesto i dati – che la nostra Regione ha speso per la montagna, considerando gli indicatori a cui ho fatto riferimento, sono comunque altissime
Quindi è una Regione che spende per la montagna, che investe sui territori dell’entroterra, che però non è adeguatamente attrezzata nella costruzione di politiche di integrazione e di valutazione.
Questi sono i rilievi che con molta sincerità e franchezza ci siamo sentiti di fare.
La Commissione ha dunque prodotto una serie di suggerimenti che, se siamo d’accordo, potremmo trasformare in proposta di risoluzione.
Le questioni principali sono: avere una maggiore regia nella direzione politica, costruire l’operatività, quindi anche i Servizi devono lavorare in raccordo tra loro, costruire degli indicatori che consentano la misurazione delle nostre politiche, usare meglio gli strumenti della telematica – basti pensare a quanto è importante la georeferenziazione, cioè la possibilità di vedere cosa succede nei luoghi –, infine prevedere un feedback di ritorno, ovvero la Regione deve verificare se le funzioni delegate alle Province hanno davvero prodotto fatti e modifiche nel territorio.
Questi sono i suggerimenti che ci sentiamo di dare, sapendo che siamo di fronte ad un primo atto dal carattere innovativo. Potevamo fare meglio? Probabilmente potevamo scegliere un’altra strada, magari quella di ragionare prima su che cosa significa costruire un rapporto, in ogni caso siamo sufficientemente soddisfatti e tutti impegnati a far sì che il rapporto che produrrà la Giunta l’anno prossimo possa correggere i difetti oggi evidenziati.
E’ questo lo spirito con il quale abbiamo lavorato. Ringraziamo il Cal e il Crel che allo studio del rapporto hanno dedicato apposite sedute e hanno prodotto dei documenti.
Questo significa che vogliamo davvero fare sul serio. La nostra è una regione dove la maggioranza dei Comuni dell’entroterra sono di piccole e medie dimensioni, e spesso diciamo, a partire dalla Carta di Fonte Avellana, che la montagna è una risorsa. Una risorsa che è reale e per la quale gli investimenti in materia sono notevoli, quindi occorre soltanto che ci attrezziamo per definire meglio le nostre scelte e per poi misurarne gli effetti.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. In gran parte condivido la relazione fatta dalla collega di maggioranza, ne abbiamo parlato in Commissione, dove, come sempre, si è fatto un ottimo lavoro di riflessione sugli enti locali e in particolare sulle Comunità montane.
Collega Mollaroli, ritengo che le sue valutazioni in gran parte siano coraggiose, siamo infatti, lasciatemelo dire, in un contesto politico di fine legislatura dove si accentuano le pressioni di controllo ideologico sulle situazioni e dunque anche sulla montagna. Su questo mi spiegherò meglio in seguito.
Assessore Carrabs, con lei condivido quando ci ha parlato delle gesta eroiche fatte finora dagli amministratori delle Comunità montane. A questi amministratori, infatti, va dato atto di un grande coraggio e di una grande saggezza, che è tipica della nostra montagna. Hanno saputo gestire, cercando di ottimizzare l’erogazione dei servizi, bilanci veramente minimi e minimali. Sarò quindi sempre riconoscente ai Sindaci, ai Consiglieri e agli Assessori dei piccoli Comuni, che sono stati gli eroi di questi anni.
C’è inoltre da valutare che cosa ha fatto la Regione in questi anni, per cui nel suo ruolo l’Assessore nel rapporto sulla montagna elenca gli interventi fatti, però la Consigliera Mollaroli ha sottolineato che in tale ricognizione manca la valutazione dell’impatto.
Nessuno disconosce quanto è stato fatto in termini di erogazione di fondi ai servizi per i rimboschimenti o la difesa anticendi ecc., il problema è che oggi non abbiamo una valutazione precisa sull’economia complessiva della montagna.
Perdonatemi allora se con un po’ di provocazione, ma con puro stile democratico, vi voglio sottolineare alcune mie riflessioni.
La prima riguarda una cosa che abbiamo già detto nelle passate discussioni, quelle che ci hanno portato alla legge n. 18 del 2008 – saluto i rappresentanti del Cal e del Crel.
Cioè, la Regione agli occhi del cittadino ha chiarito bene cosa per essa sia il territorio montano, oppure per motivi politici nell’ultima legge abbiamo fatto una raffazzonata mettendo dentro Comuni che con la montagna non c’entrano niente?! Parliamoci chiaro, se vogliamo parlare di difesa della montagna bisogna che qui, con il pennarello sulla cartina geografica, disegniamo per bene quale sia veramente il territorio montano.
Sapete che comuni come quello di Tolentino (il mio comune) e Fabriano non possono essere considerati montani con le stesse difficoltà dei piccoli comuni delle zone disagiate e che sono veramente montani. Però l’ultima volta, solo per motivi politici, abbiamo fatto uno sgarbo ai cittadini della vera montagna per mettere dentro comuni che con la montagna non c’entrano niente.
Questa è dunque la prima cosa che dobbiamo affrontare se vogliamo essere incisivi nelle nostre politiche.
Assessore, stanno crollando diversi tabù ideologici della vostra maggioranza. Vengono alla luce manovre che ci porteranno alle prossime elezioni – lo capisco, non mi scandalizzo per questo, ve l’ho detto tante volte –. Però come devo considerare quelle proposte estemporanee – mi dispiace che non ci sia il Presidente – dell’Assessore alla sanità, del Presidente e di vari Consiglieri, che a quelle scie – permettetemelo di dire – di cortei di primari osannanti della sanità, prima vengono promesse aziende ospedaliere e aree vaste, poi all’improvviso sui giornali si vedono scritto: “l’Asl montana”!
Allora voglio precisare una cosa, ovvero di quando con il Consigliere Viventi nel 2001 proponemmo le Asl montane e ci avete degnato di una risata in faccia. Non avete voluto le Asl provinciali, parlate di Zone e area vasta, poi ora solo per un messaggio politico tirate fuori l’Asl montana! Per correttezza, per il rispetto che deve esserci tra noi, non prendiamoci in giro!
Altra questione, le scuole. Un anno fa, parlando della Gelmini, il cui obiettivo è quello di abolire le pluriclassi in tutto il Paese, qualcuno disse: “le pluriclassi sono uno stimolo socio-psico-pedagogico-educazionale per tanti bambini”, questo è quello che è stato detto, lo possiamo verificare anche dalle registrazioni.
Oggi allora ringrazio l’Assessore Benatti, che ieri ha presentato l’atto di indirizzo della rete di ridimensionamento scolastico, perché vi ha scritto che oggi un obiettivo della Regione è proprio l’abolizione delle pluriclassi (se non erro nella provincia di Pesaro ce ne sono 52).
Perché vi dico tutto questo? Perché voglio evidenziare che dobbiamo fare meno politica ideologica, la gente non la capisce!
Quando oggi si parla di scuola, chiariamoci – ieri abbiamo iniziato un discorso che continuerà –, sappiamo che non ci potrà essere più una scuola materna o elementare su ogni piccolo paese della zona montana, programmare significa fare in ogni zona montana una grande scuola, un grande complesso scolastico, sicché certamente dobbiamo lavorare sugli altri servizi di sostegno alla scuola, trasporto, mensa, ecc..
Assessore Carrabs, so che avere un assessorato alle politiche per la montagna comporta fare integrazione tra i diversi settori o tra i diversi Servizi, però, lasciatemelo dire, la vostra amministrazione regionale è caratterizzata da compartimenti stagni dove per la divisione – certo, capita anche in tante altre amministrazioni –, in particolare di un ramo dell’amministrazione, l’assessorato, non sa cosa fa l’altro.
E questo è anche quello che purtroppo emerge da tale rapporto, come sottolineato anche dalla Consigliera Mollaroli.
Pertanto l’invito è quello di fare una maggiore integrazione sulla sanità e sulla scuola.
Andiamo avanti. Nel rapporto, come giustamente già sottolineato, non si parla di cultura, di turismo oltre che di formazione di quelle risorse umane che dovranno stare al servizio dei territori montani.
Dunque permettetemi di toccare un tema a me è caro, il management.
Prima di parlare di organismi politici o amministrativi dobbiamo individuare quel management, e parlo di risorsa umana dirigenziale altamente formata possibilmente nella pubblica amministrazione, che sia in grado di fare marketing territoriale. Assessore, il marketing territoriale non è la pubblicità dei prodotti, significa andare in giro per l’Europa e attrarre finanziamenti per le nostre zone montane, peraltro come si faceva una volta. Negli anni cinquanta-sessanta i nostri sindaci, infatti, pur non essendo laureati, tutti avevano i calli sulle mani, riuscivano a parlare con gli imprenditori e a portarli con ogni tipo di incentivi nelle zone montane, nelle zone industriali, per le urbanizzazioni.
Oggi invece rischiamo di fare della montagna la riserva naturale di un animale specializzato e speciale, l’uomo! Perché se non ci portiamo il lavoro la gente va via. Certo, serve l’ospedale, serve la scuola, ma dobbiamo portarci il lavoro.
Però non mi pare che oggi nei programmi, nonostante gli sforzi in buona fede, ci sia una coscienza per portarci il lavoro, ovvero per portarci aziende, imprese, oppure quelle facilitazioni come c’erano una volta in queste zone; io sono stato segretario comunale in piccoli comuni quando la piccola zona industriale beneficiava di grandi contributi dalla Regione, quando l’imprenditore spesso si insediava a costo zero nelle zone montane per quanto riguardava le aree o le urbanizzazioni.
Oggi siamo andati terribilmente indietro. Si dice: non ci sono i fondi statali? Però ci sono quelli europei! Pertanto su questo una programmazione mi pare sia abbastanza indietro.
L’ultima cosa riguarda il personale che abbiamo lì, ovvero gli agronomi, i geometri, quelli che quotidianamente vivono il dramma e la difficoltà della gestione del territorio montano.
Chiedo all’Assessore al personale, all’Assessore agli enti locali, all’Assessore alla montagna, a chi deve gestire le risorse umane e la programmazione, di vedere per questo personale, prima che se ne vada per sfiducia o per rassegnazione in qualunque altro tipo di ente (Inps, Inail, ecc.), che venga fatta una programmazione volta a valutare la gavetta fatta sul campo, volta a valutare quelle risorse che possono ancora dare moltissimo. Quindi, prima ancora di parlare di nuovi assetti, di Unioni di Comuni, cerchiamo di non perdere questo personale.
L’ultima parte riguarda la nuova organizzazione. Si è parlato di Calderoli, allora anche qui inviterei a non avere un approccio ideologico. Perché se Spacca si vanta dicendo: “abbiamo tagliato enti, istituzioni, ecc.”, e tutti applaudono, poi se c’è qualcuno dice che dobbiamo rivedere l’assetto degli enti, che non venga messo al rogo! Pertanto sulle valutazioni non si devono usare due pesi e due misure.
Ricordate il dibattito dell’anno scorso? In montagna abbiamo ridotto i politici, va bene, ma non abbiamo aumentato le risorse del management e soprattutto, permettetemelo, non abbiamo aumentato la democrazia. Tutti i nostri bravi commissari non hanno fatto i commissari, hanno fatto gli 007! Senza alcun controllo sul territorio hanno fatto i “ministri”! Ricordate quale fu l’appunto della minoranza? Quello che avete voluto una legge con la quale si è mandato in soffitta il controllo politico. Noi avevamo chiesto di mantenere il controllo politico sulla programmazione e sulla gestione dei commissari ad esempio fatto giorno per giorno dai sindaci. Non so perché non l’avete voluto, sono quei momenti di contrapposizione in cui bocciate qualunque proposta che viene dalla minoranza solo perché è tale. Peraltro voi stessi avete avuto le critiche anche dei vostri Sindaci che, appunto, si sono lamentati del fatto che nessuno controlla i commissari. Quei Commissari che non controlla nessuno! Quindi per un anno abbiamo dato vita ad una fase assolutamente anomala e inusitata per il nostro territorio.
Caro Assessore, anche il Cal e il Crel hanno dato indicazioni, ne colgo due.
Il Cal chiede di individuare i servizi da gestire in maniera associata, però quelli che noi in Regione intendiamo come obbligatori, ciò per consentire ai Comuni di uscire se non vogliono – Giuliani, mi sembra che sia questo quello che avete detto –. Ed è molto giusto, perché dà una spinta ad una programmazione e ad una valutazione dei Comuni, oltre a come organizzare il loro impatto nella gestione dei servizi.
Il Crel ribadisce che occorre una regia unica, che condivido, perché occorre un management unificante dappertutto nella gestione dei servizi pubblici, anche con i soggetti privati.
Serve quindi coraggio, non ci bastano i convegni che fate sul turismo in montagna! Cara collega Mollaroli, come anche lei ha sottolineato, di turismo in montagna ne abbiamo bisogno però raramente lo vediamo.
Pertanto se il vostro approccio in futuro sarà di apertura e non di chiusura, come minoranza, come sempre, daremo il nostro contributo.

PRESIDENTE. Prima aprire la discussione e di passare la parola ai Consiglieri, chiedo, se non altro per dovere di ospitalità, ai rappresentanti del Cal e del Crel se vogliono prendere la parola. (…) In rappresentanza del Crel ha la parola Nevio Lavagnoli.

Nevio LAVAGNOLI. Presidente, innanzitutto grazie, anche a nome del Crel e del Presidente Gattari, per l’occasione offerta.
Il Comitato si è riunito, ha esaminato il rapporto ed ha espresso all’unanimità il documento che le è stato trasmesso e che ora vi leggo.
Il Presidente dell'Assemblea legislativa ha trasmesso al Crel la d.g.r. n. 499/09 "Il rapporto sulla montagna - articolo 5 l.r. 18/08".
Il rapporto in oggetto è sicuramente un apprezzabile tentativo di lettura degli impatti della legislazione e della programmazione regionale rispetto a quel territorio classificato montano e che nei decenni scorsi ha risentito di uno sviluppo ridotto e diverso se paragonato ad altre aree della nostra regione, con fenomeni di spopolamento, maggiore invecchiamento medio della popolazione, minor dinamismo economico ed imprenditoriale.
Indicatori, in virtù dei quali, i programmi dell'Unione europea (ex 5 b, ex 2, Leader, PSR, ecc.) hanno apportato consistenti risorse alle imprese, agli Enti locali e alle comunità in genere, con lo scopo di riattivare e/o consolidare lo sviluppo in una logica di rispetto dell'ambiente e di mobilitazione delle risorse endogene.
Naturalmente il rapporto non può non richiamare le considerazioni di fondo che portarono le Istituzioni e tanta parte delle forze sociali a sottoscrivere, nel maggio del 1996, la Carta di Fonte Avellana, ovvero quello di considerare la montagna anche un'opportunità dalla quale partire per un nuovo e diverso sviluppo della nostra regione.
Un nuovo e diverso sviluppo inteso anche come momento di riequilibrio territoriale dove le questioni della montagna diventano parte integrante e "trasversale" dello sviluppo più generale.
In questo senso emerge chiaramente l'esigenza di un coordinamento e di una regia unica nello spirito della d.g.r. n. 286 del 14 Febbraio 2000, rettificata ed integrata con d.g.r. del 25 Luglio 2001, ovvero di quel tavolo interdisciplinare per la realizzazione degli interventi pubblici nelle zone montane, allo scopo di utilizzare nel modo più produttivo e sostenibile le risorse, finalizzandole ad obiettivi chiari e verificabili, tutelare e valorizzare l'integrità del paesaggio, la salubrità dei prodotti, dare certezze di lavoro e di crescita professionale ai soggetti attuatori.
In questa logica siamo a segnalare l'esigenza di:
- sollecitare tutti i settori dell'Amministrazione regionale ad un'analisi preventiva e ad uno sforzo di programmazione per individuare, nei propri atti di programmazione e poi di valutazione, gli interventi più appropriati per perseguire nelle particolarità e specificità delle aree montane quelle solennemente affermate nell'articolo 1 della l.r. 18/08 (sono emblematiche le note dei Servizi istruzione formazione e lavoro e quelli del turismo);
- poter leggere gli interventi e le risorse assegnate per annualità e comunque distinguendo tra periodi di programmazione chiusi e relativi risultati, e programmazioni aperte come nel caso degli interventi di derivazione europea in un quadro di progettualità coordinata e armonizzata delle risorse;
- prevedere un momento di riflessione, almeno annuale, congiunta e concertativa tra Amministrazione regionale, Crel e Cal al fine di sollecitare ogni settore a compiere lo sforzo richiesto per la montagna in sede preventiva ai bilanci e ai programmi, e dare quindi al rapporto il giusto momento di valutazione e verifica.
Inoltre abbiamo il dovere di richiamare l'attenzione in merito alla drastica riduzione del Fondo ordinario statale che da 4,9 milioni di euro è sceso a 235.000 € con la conseguenza che le Comunità montane non hanno più alcuna certezza finanziaria per far fronte anche alle "spettanze retributive fondamentali" per il proprio personale.
Nella nostra regione le Comunità montane hanno svolto un ruolo importante per mantenere alta l'attenzione sui territori delle aree interne e montane, per la progettazione di nuove linee di sviluppo, per l'attuazione di politiche per la montagna che la frammentazione comunale non avrebbe consentito.
Quindi occorre costruire un quadro di certezze istituzionali che ispirato ad una logica di semplificazione e decentramento, in un giusto equilibrio di vincoli ed opportunità, non solo non disperda le esperienze e le competenze accumulate in tanti anni, ma neppure disperda quella particolare funzione di "agenzia dello sviluppo montano" che ha caratterizzato il lavoro delle Comunità montane, ma in un contesto di nuove e diverse funzioni, migliori la gestione del territorio in armonia con l'ambiente, con il sentire e la volontà delle popolazioni montane.

PRESIDENTE. Ha la parola Fabrizio Giuliani in rappresentanza del Cal.

Fabrizio GIULIANI. Vorrei ringraziare, anche a nome del Presidente del Cal Luana Angeloni, per l’opportunità che ci è data. E’ un’occasione unica che non voglio sprecare, comunque non credo porterò via molto tempo a questa Assemblea legislativa.
Venendo qui mi sono chiesto se dovevo usare il cervello o il cuore, quindi mi è venuto in mente, vedendo la situazione delle nostre zone montane e pensando a quello che si è detto e stradetto, magari di leggere l’orazione funebre di Ottaviano Augusto sul corpo di Cesare! Penso sia questo il livello a cui siamo ormai arrivati. Ritengo che le cose dette in questi ultimi due anni abbiano fatto strame di un’esperienza istituzionale politica e amministrativa unica; qui ringrazio il Consigliere Massi per le parole che ha espresso sugli amministratori delle zone montane.
Credo che la scelta che avete fatto con la legge n. 18, ovvero quella di dedicare un pezzo del vostro tempo alla montagna, sia stata una grande scelta.
Condivido dalla prima all’ultima parola ciò che ha detto la Consigliera Mollaroli, quindi condivido il lavoro fatto dalla Commissione. E’ la prima volta che vi confrontate, che ci confrontiamo in questo modo, capisco tutte le difficoltà che ci sono state, in ogni caso è comunque importante averlo fatto, anche con tutti i limiti e gli errori che sono stati sottolineati, che sottoscrivo e che forse erano inevitabili.
Occorre fare un passo in avanti rispetto a quello che sta succedendo a livello nazionale. Non ci stracciamo le vesti perché a livello nazionale qualcuno pensa alla razionalizzazione, Consigliere Massi, ci stracciamo le vesti nel momento in cui la valutazione non viene fatta nel merito bensì sull’onda di un’emozione, è un agnello che deve essere offerto in sacrificio che però non tiene conto delle esperienze fatte negli anni.
Ritengo che l’Assemblea legislativa debba riflettere sul fatto che la montagna non solo è una risorsa e non più un problema, ma che è anche una grande opportunità territoriale, amministrativa e politica, nel piccolo infatti è possibile sperimentare con più semplicità e con meno soldi. E’ questo ciò che vi chiediamo.
L’altra domanda che ci si deve porre è quali sono gli strumenti per poterlo fare.
Credo che l’Assemblea legislativa, nel darsi gli strumenti di valutazione, debba essere molto libera nel giudicare se la Comunità montana sia stata uno strumento giusto ed utile. Allora, se la risposta sarà sì, dateci gli strumenti e i mezzi finanziari per andare avanti, se invece la risposta sarà no, e potrebbe essere così, diciamo con altrettanta serenità che bisogna decidere di superare tale esperienza.
Però noi riteniamo che questa esperienza non sia superata. Qui prima vorrei aprire una piccola parentesi. Consigliere Massi, noi stiamo facendo i commissari con sofferenza, non so a quali commissari che pontificano lei si riferisca, ma personalmente le dico che sto facendo questa esperienza con molta difficoltà, proprio perché vedo quei dipendenti, di cui lei ha parlato… (…) Li stiamo utilizzando, ad esempio so che il presidente del pesarese fa una conferenza di servizi ogni quindici giorni, e così fanno quasi tutti. Personalmente sto mandando tutti gli atti più importanti ai Sindaci e a tutti i Capigruppo dell’ex Consiglio. E’ un’esigenza che abbiamo sentito, ma aggiungo anche, ripeto, che stiamo facendo questa esperienza con molta sofferenza, proprio perché vediamo quel personale, di cui lei ha parlato, che se ne sta andando con la testa, sta andando via, lo stiamo depauperando. Sul territorio, invece, tali professionalità ci sono, quelle appunto che fanno da argine al depauperamento di carattere sociale e territoriale.
Quindi, stavo dicendo, se deciderete che lo strumento della comunità montana è utile dateci anche gli strumenti e i finanziamenti necessari per poter poi svolgere il nostro lavoro. Un lavoro che non è solo di carattere economico, anche se, certamente, dobbiamo migliorare i servizi – come Cal abbiamo anche fatto una proposta, ci confronteremo pure con l’Anci. Siamo molto convinti che bisogna arrivare ad individuare dei servizi e delle funzioni comunali da gestire obbligatoriamente in maniera associata, fermo restando l’autonomia e la potestà di ogni singolo Comune di decidere se starci oppure no.
Ripeto, il nostro non è solo un lavoro economico, ancor prima è un lavoro culturale. Perché il problema che abbiamo è sì quello del lavoro, ma è anche quello più grande di non far partire i cervelli dai nostri territori.
Sicché oltre al lavoro serve anche un’azione sociale in quei settori che avete individuato.
Concludo dicendo che potremo chiamarci Comunità montane oppure, come dice qualcun altro, Unione dei Comuni, non importa, ciò che importa è che capiate che il nostro ruolo non è stato, non è, non potrà essere solo quello di una unione di servizi in gestione associata. C’è bisogno di un qualcosa in più, c’è bisogno per i nostri territori di un’agenzia di sviluppo, cioè di un luogo di pensiero. Che però non possiamo chiedere ai piccoli Comuni, non solo e non tanto perché questi non hanno gli strumenti di carattere tecnico ed economico, ma perché non hanno neppure il tempo materiale. Come sapete nei nostri Comuni, tutti gli amministratori, tranne forse qualche lodevole eccezione, svolgono questo ruolo nel tempo libero; molti di voi, se non tutti, venite da questa esperienza, quindi sapete che cosa significa.
Dunque la Comunità montana, anche da questo punto di vista, è un luogo utile, è un luogo importante, è l’unico luogo di pensiero che può essere usato da quei territori.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Non vorrei andare fuori dal coro, ma penso che su questo argomento occorra fare un’attenta riflessione, a mio avviso non tutto – parlo per la provincia di Macerata – va come dovrebbe andare.
Non so se avete letto sui giornali le polemiche fatte su quei commissari che autonomamente gestiscono e utilizzano i fondi a loro disposizione; su questo ho presentato anche un’interrogazione.
E’ giusto che le Comunità montane – come si legge nelle relazioni – debbano svolgere un ruolo importante, anche se hanno visto ridotta la somma relativa al proprio funzionamento. Nelle relazioni si legge inoltre che hanno svolto un ruolo importante per mantenere alta l’attenzione sui territori.
La Consigliera Mollaroli ha detto che bisogna investire nella montagna, è stato inoltre detto che bisogna ragionare con il cervello e con il cuore, ma io vorrei porre anche alcuni interrogativi. Ovvero che a volte, quando cioè certi fondi vengono utilizzati male e chi ne paga poi le conseguenze è tutta la comunità marchigiana, il cervello e il cuore non sono sufficienti.
Quindi i fondi fin da subito devono essere mirati, si deve sapere come devono essere investiti ed utilizzati, quindi non in base a chi è presidente o commissario.
Se la Comunità montana cresce ne beneficiano tutte le Marche, se invece viene utilizzata ad uso proprio sicuramente vi è un arretramento ed il livello si abbassa.
Si parla di migliorare il rapporto tra la montagna e la costa e viceversa, però bisogna anche capire – mi dispiace che ora la Consigliera Mollaroli sia uscita – chi controlla gli attuali commissari e sapere come vengono utilizzati i fondi.
Questa campagna elettorale, se è vero ciò che alcuni Comuni hanno riferito, è una cosa incredibile, va al di là del ruolo della funzione della Comunità montana.
Invito quindi il Presidente dell’Assemblea legislativa di iscrivere subito all’ordine del giorno l’interrogazione da me presentata relativa a questa problematica, potrebbe essere utile anche per il dibattito successivo, cioè di quando andremo a parlare della prossima legge.
Tutto questo comunque non significa che non c’è nulla di buono, non bisogna essere insofferenti, ognuno infatti ha la sua problematica, ognuno ha il suo territorio, però, visto che si tratta di denaro pubblico, bisogna saperlo utilizzare al meglio e non dunque per fini che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo, la crescita e l’ammodernamento del territorio delle Comunità montane.
Pertanto chiedo – mi dispiace se vado fuori dal coro – una maggiore attenzione ed un maggiore controllo su questi organismi. Organismi che in questa fase di transizione stanno ancora operando. Sembrava che con l’avvento dei commissari la situazione migliorasse, mentre ad esempio nel territorio della provincia di Macerata – nulla osta per le altre Comunità montane – è peggiorata.
Condivido la riflessione del collega Massi quando ha detto che bisogna avere il coraggio di non mettere quei Comuni che nulla hanno a che fare con le Comunità montane. E’ un fatto logico, ad esempio la mia città, Civitanova, non è possibile che venga messa con la Comunità montana di Camerino. Così come altri comuni, il Consigliere Massi ha fatto riferimento alla città di Tolentino che nulla ha a che fare con la Comunità montana del maceratese.
Si chiede quindi una maggiore attenzione. Le relazioni sono precise, puntuali, serie, però poi bisogna vedere chi attua i progetti, i programmi, la tutela e la valorizzazione del territorio, l’agricoltura, i trasporti, il turismo, l’istruzione e la formazione lavoro, i servizi informatici. Ad ogni voce bisogna mettere a fianco il risultato ottenuto. Poi chi verifica i risultati ottenuti? Rimane solo sulla carta!
E’ importante pertanto che la Regione Marche metta a disposizione una persona che verifichi l’attuazione dei progetti, altrimenti sulla carta avremo del denaro che potrebbe essere utilizzato per interventi effimeri e non per interventi sostanziali per il territorio.
Non ho nulla in contrario sulle Comunità montane, sono una risorsa molto importante per il nostro territorio, però occorre fare una valutazione dando dei criteri giusti, occorre fare una valutazione dell’attività svolta. Con il cervello devono essere utilizzati i fondi delle Comunità montane, mentre il cuore occorre per far funzionare al meglio e restituire al nostro territorio quel ruolo importante come quello, appunto, della Comunità montana.
Dunque sotto questo aspetto possiamo anche essere d’accordo, ma non vorremmo ancora una volta che ciò che si dice in quest’Aula poi venga disperso, nessuno ne fa tesoro, continuando così ad utilizzare del denaro non per valorizzare e migliorare il territorio marchigiano bensì per sperperarlo in tante cavolate.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Saluto anch’io i rappresentanti del Cal e del Crel che hanno voluto portare un contributo per una riflessione sulla montagna che dovrà comunque proseguire.
La nostra analisi sulla legge regionale n. 18 del 1° luglio 2008 è articolata.
Il gruppo dei Comunisti Italiani su questa legge si astenne. Secondo noi, infatti, le norme che regolavano la materia delle Comunità montane non erano dettate dalla necessità di una verifica e di una ricognizione più attenta, erano dettate dalla necessità dei tagli imposti dalla finanza più generale del Governo e degli Enti locali. Tagli che oggi con il federalismo fiscale si aggraveranno ulteriormente.
Al contrario serviva, come serve tutt’oggi, una riflessione per migliorare le funzioni delle Comunità montane. Enti che secondo noi hanno operato con oculatezza, con serietà, ed hanno favorito moltissime funzioni associate dei Comuni, che prima venivano disperse in mille rivoli e che oggi hanno trovato una sintesi positiva e democratica.
Vi è un paradosso, che però non è emerso nella riflessione fin qui svolta, ovvero che nella confusione determinata dalla modifica del Titolo V della Costituzione, che alcuni costituzionalisti autorevoli hanno definito “nuovismo ingenuo”, vengono sciolte assemblee elettive, seppure di secondo grado come le Comunità montane, e si creano e si consolidano sovrastrutture di tipo tecnico, come Ato e Ambiti vari, che molto spesso sostituiscono nella programmazione anche le Assemblee elettive.
In questo senso la Regione Marche ha svolto, secondo me, un’opera positiva, sia in termini di risorse con la legge originaria sulla montagna, sia in termini di politiche attive per il lavoro.
Se guardiamo le ultime iniziative delle misure cosiddette anticrisi noteremo che molti dei distretti in crisi, come quello della meccanica e del suo indotto, sono ubicati in zone montane.
Questa analisi non deve comunque rifuggire dalla necessità di una riflessione attenta, ovvero non vuol dire che non serve una verifica rigorosa sulle aree montane. Noi infatti siamo per una verifica per quei Comuni, ad esempio, che sono effettivamente in area montana e per aree omogenee.
Sicché la legge regionale n. 18 da questo punto di vista andrebbe migliorata e verificata. Vi sono ambiti molto disomogenei perché vi era la necessità di accorpare alcune Comunità montane con criteri molto spesso più di tipo di mediazione dei rapporti di forza esistenti nei territori che per aree effettivamente omogenee.
Faccio un esempio per tutti: si mette nella stessa Comunità montana un Comune piccolo come quello di Sefro insieme ad uno come quello Cingoli, quando Sefro è a due passi da Camerino che ha una Comunità montana a se stante.
Quindi se vogliamo fare un’operazione di servizio alle aree montane serve una verifica seria.
Voglio concludere dicendo che serve uno sviluppo più generale, non bisogna guardare alla montagna come ad un’area “protetta” però senza risorse. Le zone montane hanno peculiarità positive e difficoltà, hanno punti a favore e punti critici, ma sarebbe un gravissimo errore pensare alle aree montane come zone residuali e sottosviluppate e pertanto descriverle come aree che si piangono addosso.
Il problema delle risorse secondo noi non si risolve con una visione antagonistica montagna contro costa. Il club qui creato “Assemblea legislativa regionale - Amici della montagna”, al quale il nostro Gruppo non ha aderito, è un’iniziativa lodevole ma secondo noi sbagliata, fa apparire la montagna come il brutto anatroccolo.
In questa visione antagonistica la costa non avrà mai rivali né in termini di risorse né di rapporti di forza economici e demografici. Quindi in una visione del genere la montagna sarà spazzata via.
Pertanto è meglio pensare ad un riequilibrio complessivo dello sviluppo.
Sulle questioni della scuola mi dispiace che il Consigliere Massi, che pure stimo, abbia fatto un cattivo esempio. E’ il decreto Gelmini che reintroduce le pluriclassi, taglia nelle Marche decine e decine di istituti di scuola superiore e media, taglia circa 3.000 posti di lavoro tra personale insegnante e personale di sostegno, per non parlare del personale di supporto alla scuola, e non solo nella montagna ma anche sulla costa, quindi in tutta Italia.
Occorre un riequilibrio sul lavoro, sulle questioni del turismo, sulle questioni della cultura. Come pure sulle questioni delle infrastrutture, ed anche qui dobbiamo metterci d’accordo, occorrono infatti quelle che necessitano al territorio dunque non intese a farlo morire, come accaduto in quella visione dove l’infrastruttura doveva servire a collegare i grandi poli su strada sminuendo la ferrovia e tagliando fuori i piccoli paesi.
Esistono problemi misti, montani, di vallata e costieri, per cui ritengo che dovremmo parlare più di un sistema Marche che veda nella montagna una risorsa.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Da parte della Giunta regionale mi sarei aspettato, come è stato già detto, una proposta più che un atto ricognitivo. Sostanzialmente, infatti, l’atto che stiamo discutendo è una ricognizione dell’esistente, delle cosiddette azioni promosse nei diversi settori di intervento della Regione, non disegna, non sviluppa una proposta organica.
Credo che il significato vero della opportunità data dalla presentazione del rapporto in Assemblea legislativa e dalla discussione che ne deve scaturire dovesse essere altro.
Anche l’intervento dell’Assessore sul piano politico mi sembra un po’ patetico, è un tentativo di richiamare meriti che assolutamente non vedo.
Ciò mi consente di dire, per esempio, che si rileva un quadro deficitario degli interventi regionali, se leggiamo il rapporto ci rendiamo conto che per alcuni settori l’intervento della Regione sulla montagna è una parola sconosciuta, inesistente.
Ma soprattutto questo atto consente di registrare un dato, ovvero che manca una politica vera per la montagna marchigiana. In questi anni la Giunta regionale, al di là delle campagne di immagine, al di là della convegnistica ambientata in monasteri in località mistiche splendide dal punto di vista paesaggistico, non ha prodotto una vera politica per la montagna. Questo lo si evince chiaramente dalla lettura del documento.
Se oggi portassi a casa mia la proposta della Giunta regionale e la facessi leggere a mia figlia diciassettenne, che non ha esperienza in questo campo, la domanda che mi farebbe sarebbe: “Babbo, ma cosa fa la Regione per la montagna marchigiana?!”. E’ la domanda spontanea che verrebbe fuori.
Quindi manca soprattutto un’attenzione politica per la montagna. In questi anni abbiamo assistito ad un drammatico impoverimento delle zone montane. Credo che l’emergenza marchigiana, più della crisi dei settori produttivi, sia proprio quella che si riferisce ad un progressivo stato di abbandono delle zone montane, e questo in ragione di una mancata attenzione politica.
Voglio richiamare tre dati, tanto per fare esempi che stanno a sottolineare questo fatto.
L’emergenza della viabilità nelle zone montane ha raggiunto un livello da collasso. Partendo dalla constatazione della viabilità della mia provincia, non ho difficoltà a dire che la viabilità montana della provincia di Pesaro è da paese del terzo mondo, non da paese civile. (…) Io ho perso le elezioni, è vero, ma la sinistra ha perso 20 mila voti, ha perso il 6%, ha perso un consigliere provinciale, è riuscita ad evitare la burla del ballottaggio per 8.000 voti, Consigliere Ricci! Certo, io ho perso le elezioni, ripeto, ma se c’è una sconfitta politica è proprio la vostra. Peraltro siete anche responsabili di aver consentito una progressione così forte di un partito autonomista che certamente non vi è alleato.
La seconda emergenza è quella dei servizi sanitari nelle zone montane per i quali registriamo un impoverimento dell’offerta.
La terza questione a cui assistiamo è quella della progressiva riduzione del patrimonio di servizi pubblici. Qualcuno ha citato le scuole ma potremmo parlare ad esempio del servizio postale e di tante altre cose.
Quindi è mancata una politica che evidentemente doveva essere tradotta in un disegno globale di intervento, c’è stata invece una caduta dell’attenzione politica che ha portato all’emarginazione della montagna.
Per cui la prima considerazione che voglio fare è che partendo da questi dati poi dobbiamo discuterne, certo, con il concorso di tutti, e soprattutto dobbiamo discutere di come mettere in piedi un intervento che consenta di realizzare concretamente il tanto conclamato riequilibrio tra costa ed entroterra, che è forse la sfida principale persa da questa Giunta regionale.
La seconda considerazione è relativa al problema delle Comunità montane. Anche oggi abbiamo affrontato il problema della montagna producendo di nuovo l’equazione montagna-comunità montana. Io non sono assolutamente d’accordo su questa impostazione, credo infatti che il vero nemico della montagna siano state e lo sono tutt’oggi le comunità montane, per come sono state organizzate, per come sono state gestite, per la caduta di credibilità rispetto all’opinione pubblica. D’altronde non potrebbe essere diversamente. E questo è il grande limite che ovviamente vale sia per le Comunità montane sia per le Associazioni dei comuni.
Quando organismi come questi, che avrebbero dovuto rappresentare un punto di riferimento per la politica, poi finiscono per diventare il parlamentino dei trombati – tanto per usare un termine chiaro –, oppure finiscono per non essere funzionali a questo progetto limitandosi ad una mera gestione dell’esistente – c’è una ricerca, credo della Corte dei Conti, sull’uso delle risorse –, e quando tali organismi spendono il 70% delle proprie risorse per la gestione, evidentemente c’è qualcosa che non va.
E’ questo il vero nemico della montagna!
Quindi la legge di riforma si è dimostrata un fallimento, a prescindere da quei richiami strumentali sulla riduzione del finanziamento statale che, invece, sta dentro un disegno chiaro, che mi auguro con il brogliaccio Calderoli venga realizzato, che riesca a porre fine a tale strumento di rappresentanza istituzionale.
Quindi c’è una scelta del Governo che è richiamata anche dalla riduzione delle risorse finanziarie destinate a questi organismi. E c’è la riforma della legge sulle Comunità montane che avete approvato e che non era adeguata e non coglieva l’esigenza della situazione, al punto tale che oggi siete costretti a presentare una proposta di modifica. Che, peraltro, riprende a grandi linee una delle questioni che avevamo posto, ovvero che la Comunità montana non doveva e non poteva essere un organismo di proiezione politica, bensì doveva essere un organismo di associazione di Comuni dove si giocava in prima persona la responsabilità degli amministratori comunali.
Era questo il senso della nostra proposta di quando dicevamo che bisognava dare potere ai Sindaci, proposta che oggi mi pare richiamata anche dalla bozza dell’Assessore Benatti.
Questa è la seconda considerazione che mi sono sentito di fare, che ci deve portare dentro la chiarezza della mancanza di una politica per la montagna, un problema culturale da risolvere per non continuare in questa equazione.
C’è la necessità di una svolta radicale, di una politica vera per la montagna, partendo da un presupposto, ovvero che la montagna non è né un’area sottosviluppata da aiutare, né una riserva indiana da utilizzare, è una risorsa che la Regione, proprio in un momento di crisi del suo modello produttivo, quale quello attuale, non può non cogliere in quanto apre grandissime possibilità. Penso per esempio al turismo, una grande sfida di sviluppo, che non può prescindere da quello che di positivo può rappresentare la montagna, o ad un rapporto sinergico con altre cose importanti che ha la nostra regione, come il mare, il prodotto enogastronomico e i beni culturali.
In questo contesto credo si possa e si debba fare uno sforzo maggiore affinché la Regione possa finalmente avere una politica vera in questo settore.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Mammoli

Katia MAMMOLI. Innanzitutto vorrei ringraziare la Presidente della I Commissione per l’attenzione che ha dedicato al testo che ci è stato presentato, oltre per la sincerità ed il coraggio con cui ha esposto le proprie convinzioni senza enfatizzare affatto l’atto che stiamo discutendo.
Avrebbe infatti potuto dire che abbiamo fatto tante cose, che abbiamo messo questo o quell’altro, che abbiamo investito tanti finanziamenti, invece ha preferito dire che abbiamo una relazione fatta da vari servizi che mettono in evidenza ciò ciascuno di loro ha fatto su questo tema, dove però manca un discorso omogeneo.
A seguito di questa mia valutazione, fatta anche in Commissione, il pensiero mi è andato alle varie forme di bilancio.
Per anni abbiamo approvato i bilanci regionali, i bilanci degli enti pubblici, poi abbiamo iniziato a parlare di bilancio partecipato, ovvero quando è stato chiesto ai nostri cittadini di partecipare, soprattutto negli enti locali – molto meno avviene in Regione – alle scelte di bilancio. Abbiamo poi iniziato a parlare di bilancio sociale, di bilancio di genere, di bilancio ambientale. Va tutto benissimo, però sono scelte che non sono andate a termine e che quindi sono state una specie di sovrastrutture messe su una situazione che rimane la stessa da anni.
Quindi ci riempiamo la bocca di tante belle parole, ma poi se non riorganizziamo la gestione del bilancio dal punto di vista politico, come pure dal punto di vista tecnico, sia nei Comuni sia nelle Province sia in Regione, non risolveremo mai niente, o meglio, metteremo solo un’infrastruttura in più, metteremo una richiesta in più, metteremo una volontà in più a cui però non potremo dare risposte.
Oggi in letteratura si usa molto il termine “destrutturare”, per cui anche qui probabilmente dovremmo destrutturare la macchina organizzativa della Regione per dargli questo tipo di connotazione. Però mi chiedo – magari potrebbe essere anche fatto –: “Dobbiamo destrutturare anche il territorio regionale?” Una certa riflessione anche su questo l’ho fatta. C’è l’associazione “Amici della montagna”, certo, dobbiamo dedicare particolare interesse alla montagna, ma il rischio è che anche altri potranno chiedere che ci sia un interesse particolare per altri settori.
Pertanto, visto che la montagna ha la necessità di un’attenzione particolare, probabilmente non è questo lo strumento attraverso il quale riusciremo a risolvere i problemi.
Ciò che secondo me è soprattutto mancato è una valutazione di quelle che dovrebbero essere le politiche per la montagna; anche oggi dai vari interventi si è avuta la sensazione che le politiche per la montagna dovrebbero avere un carattere diverso.
Quando si parla di imprenditoria, va bene, però se qualcuno pensa che la gente rimanga in montagna perché ci portiamo le industrie significa che della montagna non si è capito niente. O meglio, se vogliamo trasformare la montagna in una brutta copia della pianura o della costa sicuramente non andremo a risolvere i problemi della montagna.
Va benissimo, invece, il discorso del turismo e della cultura, non soltanto per lo sviluppo di questi settori, ma anche perché se all’interno di piccoli paesi con pochi abitanti non portassimo un discorso di carattere culturale, che non sia per forza legato soltanto ad un discorso turistico, sicuramente sempre più potrebbe essere spogliato di quella sua peculiarità intrinseca e spirituale diventando piuttosto un discorso di carattere economico.
Sul tema delle infrastrutture, rispetto agli interventi che ho ascoltato, ancora non ci siamo chiariti.
Le infrastrutture debbono servire, come dice il Consigliere Procaccini, per un collegamento all’interno delle zone montane, oppure per un collegamento tra la costa e la montagna o la costa e l’altra costa passando per la montagna?
Scuola. Pensare che i bambini che abitano in paesi montani possano frequentare le pluriclassi sicuramente non è all’altezza dei giorni attuali. Però è anche vero che se pensiamo di togliere ai piccoli comuni anche quella piccola scuola elementare che hanno, che magari non è all’altezza ma che sicuramente costituisce un nucleo di aggregazione per quegli abitanti, allora, arricchiremo o impoveriremo quei piccoli comuni? E’ una valutazione di cui non ho la risposta ma che sicuramente va fatta per capire cosa vogliamo fare della montagna.
Altro punto richiamato un po’ da tutti è: quali sono gli enti istituzionali che intendiamo mettere in campo per gestire il discorso politico della montagna?
Al di là di quello che ha scritto “La casta”, che rispetto ad altri ha fatto molto effetto sull’opinione pubblica, ha parlato di comunità montane a 48 metri di altezza, oppure di quanto si spendeva per personale o per gli incarichi piuttosto di quanto veniva speso per gli interventi veri e propri, il problema comunque esiste. Un problema che non si è neppure risolto con la legge che abbiamo fatto, eravamo consapevoli che sarebbe servito solo per dare un’immagine diversa rispetto a ciò che pensava l’opinione pubblica di un ente che fatto in quei termini non poteva gestire.
Se continuiamo a pensare che i problemi della montagna sono diversi tra chi raccoglie tre-quattro paesi di montagna oppure tra chi vicino ne raccoglie tre-quattro-cinque-sei, significa che non saremo mai in grado di approfondire i problemi e le scelte specifiche di tutta la montagna marchigiana.
Voglio certamente evidenziare il lavoro e le difficoltà di cui ha parlato Giuliani. Mi rendo conto, infatti, che quanto meno si crede in un ente, tanto più faticano i rappresentanti a dimostrare invece che è necessario ed utile. Inoltre troviamo anche un personale insoddisfatto quando abbiamo un ente che cade nelle critiche dell’opinione pubblica per una serie di motivi di carattere economico, organizzativo, e che è un ente che non riesce a dare le risposte che vuole. Quindi tanto più si fatica e tanto meno si ottiene.
In ogni caso anch’io ritengo che ci sia da fare un’organizzazione diversa. Se pensiamo che la montagna abbia la necessità, l’utilità e il diritto di avere ciò che gli compete, ci deve anche essere una struttura pubblica diversa che possa approfondire i problemi in essa contenuti. Problemi che non riguardano la montagna del pesarese, del maceratese, dell’anconetano o dell’ascolano, bensì riguardano, se parliamo di un servizio di carattere regionale, tutta la montagna delle Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Parrucci.

Pietro Enrico PARRUCCI. Questa è per me la prima opportunità che ho di parlare in quest’Aula, peraltro lo faccio su un argomento che mi vede particolarmente interessato. Vengo infatti da una realtà montana, San Ginesio, che è la sede della Comunità montana dei Monti Azzurri, che fra l’altro in questi quarant’anni non ha visto nemmeno un suo presidente. Per cui i problemi di cui hanno parlato ora vari Consiglieri noi di quella zona li abbiamo sicuramente vissuti sulla nostra pelle.
Da tutti i banchi di quest’Aula, quindi sia da parte della sinistra che da parte della nostra rappresentanza di centro-destra, ho sentito parlare di cose giuste.
Dalla mia esperienza personale di Presidente del Consiglio della Comunità montana, posso certamente dire che in questi anni abbiamo effettivamente assistito ad uno svilimento della nostra montagna. Soprattutto perché le Comunità montane che si sono realizzate non sono state fatte con certi criteri – come qualcuno ha evidenziato –. In esse abbiamo visto farne parte Comuni che non avevano i requisiti e che di conseguenza hanno sottratto fondi a quelli montani che invece ne avevano bisogno.
La Comunità montana, infatti, serve soprattutto per quei piccoli Comuni realmente montani, che altrimenti non avrebbero i servizi necessari per portare avanti la politica del loro territorio. Sono loro che devono servirsi della Comunità montana per i servizi sociali, per la scuola, per i trasporti, per i piani regolatori e per tutti quei servizi che, appunto, un piccolo Comune da solo non riuscirebbe a portare avanti.
In realtà in questi anni abbiamo visto che tutto quello che è stato proposto, dalla economia di scala alle autorità d’ambito, non ha portato a risparmi, anzi, spesso ha creato solo costi. Ad esempio ricordo che quando un piccolo comune organizzava il servizio di trasporto rifiuti aveva un costo determinato poi una volta entrato nel Consmari si raddoppiava o addirittura triplicava.
Non parliamo della scuola! Oggi ho ascoltato alcuni dibattiti in merito alla contestazione nei confronti del decreto Gelmini, delle pluriclassi. Proviamo però ad immaginare come un paesino come Bolognola possa mantenere una classe con un solo iscritto! Anche nelle nostre università abbiamo assistito a corsi universitari con un solo iscritto. Non è più concepibile! Certo, quanto si parla di riordino e di tagli chiaramente si vanno a guardare le istituzioni più deboli, ed in questo caso sono le Comunità montane, è da qui che partiamo per poi arrivare alle Province e ai Comuni, tutti enti che in questi anni gli argomenti in materia di tagli li hanno vissuti sulle loro spalle. Però dobbiamo anche dire che in questi anni abbiamo assistito a molti sprechi, a molti sperperi, a pletore di assessori, di consiglieri, ecc..
Peraltro l’assurdo, sempre parlando di scuola, è che in una Comunità montana in cui ci sono degli ambiti scolastici e degli istituti comprensivi ben definiti, qualche politico in un’ottica di ridimensionamento di presidenze si inventa, guarda caso, un istituto comprensivo in più o una presidenza in più. Che però va tutto a scapito dei comuni montani, perché in realtà si riequilibria l’assetto scolastico verso valle e non verso la montagna. Poi si arriva al punto che bisogna fare la pluriclasse.
Pertanto, visto che in quest’Aula c’è un atteggiamento costruttivo da parte di tutte le forze politiche, cerchiamo di capire veramente qual è il problema; ad esempio nella mia Comunità montana c’erano tre istituti comprensivi, poi la politica di sinistra in un certo periodo decise di crearne un altro, danneggiando così altri istituti comprensivi di quell’area montana, perpetrando quindi un riequilibrio verso valle anziché verso la montagna.
Dove ci sono ad esempio i fenomeni di spopolamento dovremmo cercare di potenziare il servizio trasporti – cioè un bambino di Bolognola non deve trovare difficoltà nell’andare a scuola magari ad Acquacanina, e così come per altri comuni – in modo da poter creare una prima classe con 10-15 bambini anziché averne una per comune.
Creando servizi razionali sul territorio si eliminerebbero sia le difficoltà che hanno i genitori sia quelle che hanno gli insegnanti.
Anche per quanto riguarda il servizio idrico non possiamo pensare che quei comuni che hanno un bacino enorme di reti idriche poi se passano sotto un ambito vengono penalizzati sul contributo che lo stesso ambito gli cede, e questo rispetto ad altri comuni con una popolazione più densa.
L’acqua è un bene montano, è un bene di tutti, in montagna ne abbiamo una disponibilità tale affinché se ne possa servire un intero bacino, ma se questo serve poi a penalizzare unicamente i Comuni montani non credo sia giusto.
I tagli che sono stati fatti nei Comuni montani con le economie di scala e le autorità d’ambito che si sono create sono notevoli.
Dunque sono queste le considerazioni che dobbiamo fare per addivenire ad una legge che, come qualcuno ha detto, dia un quadro istituzionale funzionante, affinché ci sia un’integrazione fra tutti i comuni e gli enti che ne possono far parte e che si riduca lo spreco e si razionalizzino le risorse. Una logica che dovrebbero avere tutti gli enti che amministriamo e che sono preposti all’uopo.
Quindi la Regione, che in questo momento deve deliberare, deve sentire le varie realtà per fare in modo che tutte le proposte abbiano poi come ultima considerazione il fatto che la montagna, come qualcuno ha detto, debba essere ritenuta una risorsa utile da non penalizzare ulteriormente.
Venendo da quella realtà posso dire che purtroppo in questi anni ho assistito innanzitutto ad uno spopolamento e poi ad una riduzione dei servizi. Spesso l’ottica del potere politico, oserei dire, partitico, ha fatto sì che si guardasse di più all’interesse del partito piuttosto che agli interessi dei cittadini di quelle realtà, sia per quanto riguarda le strutture che sono state create, sia per quanto riguarda i servizi da fornire. Queste sono zone a bassa densità di popolazione per cui politicamente purtroppo contano ben poco.
Quindi benvenga questa legge, che faccia chiarezza su quanto avvenuto in questi anni e soprattutto su cosa non ha funzionato. Non si può accettare che facciano parte delle Comunità montane Comuni che sono a livello del mare! Ad esempio Civitanova, che qualcuno ha citato, non potrebbe farne parte, ma non dovrebbero farne parte anche tanti altri comuni che magari hanno un’altezza di 100 metri e che sono vicini mare, sicché senza alcuna caratteristica di comune montano. Qualcuno ha citato anche Tolentino, Fabriano, comuni grandi che dalla Comunità montana hanno solo da prendere, spesso succhiano, ma poi quando devono dare delle deleghe non lo fanno proprio perché sono autonomi nei loro servizi.
Quindi nei confronti della montagna le risorse non sono state distribuite in maniera equa e giusta.
Mi auguro che da questo dibattito scaturisca una legge che possa effettivamente raccogliere gli interessi della montagna e che sia soprattutto di soddisfazione per le popolazioni di quelle zone.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Aggiungerò poche cose a quelle che ho ascoltato e che per la maggior parte condivido.
Vorrei innanzitutto dare atto, visto che hanno parlato sia rappresentanti di Comunità montane che del Crel, del lavoro impegnativo svolto in questi anni dai Comuni e dalle Comunità montane al fine di poter garantire servizi e una buona amministrazione a quei territori.
I problemi che questa mattina ho ascoltato sono purtroppo gli stessi di qualche anno fa, anche se da un punto di vista dell’attenzione delle risorse comunitarie e regionali si è avuta la possibilità di aver potuto calare sui territori interni interventi che sono arrivati dai Leader, dai Gal, dalle stesse Comunità montane, dalla programmazione europea sull’agricoltura, inoltre si è recuperato anche tanto tempo, ci sono state tantissime iniziative positive, si è lavorato molto per il potenziamento dei servizi.
Nonostante questo devo anche dire con molta franchezza che questa mattina ho continuato ad ascoltare un linguaggio che non condivido neppure nel merito.
Ormai quando si parla di montagna nelle Marche bisogna anche capire la dinamica delle aree interne nelle Marche. I due terzi della popolazione delle Marche vive sulla costa, il resto è un territorio di grande interesse, come voi sapete, che riconoscere soltanto come montagna è abbastanza singolare.
Penso che se continuiamo ad usare la formula del riequilibrio, cioè pensare che concettualmente possa essere trasferita una dinamica della costa nelle aree montane, è sicuramente sbagliato. Sono anni che discutiamo di queste cose, allora ritengo sia necessario far fronte ad una politica di sistema, di rete, di integrazione vera di ciò che sono i servizi complessivi, dalla viabilità alla formazione, dalla sanità al sociale, altrimenti non coglieremo l’essenza di un problema che riguarda la gestione complessiva di un territorio come quello delle Marche.
Dobbiamo investire risorse, competenze, anche stabilire una cabina di regia – come qui è stata chiamata – sul tema della tutela, valorizzazione e sviluppo delle aree interne, ovvero sostenere le eccellenze, le vocazioni che stanno nei cosiddetti territori montani, nelle aree interne di questa regione.
Questa secondo me è la strada che dobbiamo percorrere. Io non sono tra quelli che non si rendono conto dei dati statistici che riguardano la riduzione demografica di alcune aree interne, come ad esempio la difficoltà occupazionale in alcune vallate, però, anche su questo, io stesso più volte ho chiesto alle Province di individuare attraverso gli strumenti di programmazione territoriale aree industriale da collocare in media vallata, di far concentrare gli sforzi su quei siti, in termini di formazione i famosi poli sanitari, poli scolastici, ecc..
Quindi occorre una politica che non vada solo a riequilibrare, cioè trasferire da un posto all’altro una dinamica sociale ed economica, ma che possa essere integrata da possibilità di costituire in rete in un territorio come le Marche servizi come la viabilità – come diceva il Consigliere Giannotti, con il quale mi permetto a volte di polemizzare anche in amicizia – e altri servizi come i trasporti e la formazione.
I problemi della montagna ci sono e le Marche secondo me hanno fatto un grosso sforzo, lo hanno fatto i Comuni, lo hanno fatto le Comunità montane.
Anch’io sono convinto che dal punto di vista normativo finora non abbiamo fatto la miglior legge possibile, anzi, è una legge abbastanza lacunosa e che speriamo di aggiustare con la proposta che arriverà dalla Giunta.
Questi sono dunque i problemi che rimangono sul tappeto.
Devo dire, però, che è altrettanto sbagliato, come spesso si fa, dipingere la realtà delle aree interne come un elemento di debolezza. Le aree interne sono un elemento di forza.
Estrapolando soltanto una parte del programma di questa Giunta, inserito anche in alcune misure specifiche dei fondi strutturali, troviamo che il sistema turismo, cultura, agricoltura e formazione sono per le Marche e per le aree interne un elemento di eccellenza da sostenere con forza, accanto ovviamente alle questioni che riguardano l’occupazione e i servizi di trasporto.
Occorre quindi passare ad un’elaborazione strategica che vada dal problema del riequilibrio al problema della vera integrazione del sistema rete di un complesso territorio come quello delle Marche.
E questa forse è la strada più appropriata per dare la giusta valorizzazione alle aree interne, alle aree montane di questa regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi. E’ logico che parlare di montagna, in una fase dove la situazione economica in generale è drammatica per tutto il Paese, è molto difficile.
I Comuni classificati montanti sono 4.201, quindi il 51,9%, sono 16.371.000 ettari della superficie italiana, il 54% del territorio, però ci sono soltanto 10 milioni di abitanti, quindi il potere contrattuale politico e di rappresentanza è praticamente zero.
Queste problematiche nascono dal peccato originale degli anni settanta, ovvero con l’istituzione delle Regioni e la non soppressione delle Province. L’ispirazione dei padri costituenti era di creare dei contenitori più ampi rispetto alle Province e poi garantire per territori omogenei la rappresentanza istituzionale con determinati comparti e settori, quindi anche le Comunità montane avevano la loro funzione. Se quindi venissero soppresse le Province ed istituite le zone omogenee montane dove poi esercitare la reale sussidiarietà con risorse e fondi destinati ad esclusiva garanzia dei servizi di quei cittadini che presidiano, garantiscono e tutelano tale risorsa fondamentale per il nostro paese, sarebbe un atto fondamentale.
Bisogna dunque ricostruire un nuovo patto. E’ certamente giusto sopprimere ma allo stesso tempo bisogna avere le idee chiare su come riorganizzare la rappresentanza istituzionale, la distribuzione delle risorse e soprattutto una garanzia di permanenza su questi territori.
Qui occorre fare una scelta. Ci sono gli ambientalisti che nella montagna vogliono il deserto, quindi istituiscono parchi, parchetti, ecc., che però fanno solo fuggire i cittadini da quei territori, dall’altra parte c’è chi ancora con le unghie vuole rimanere aggrappato a questi territori, in quanto nel loro dna hanno ancora un concetto di tutela e soprattutto di progressivo modellamento dei territori antropizzati.
Quindi dobbiamo scegliere se vogliamo territori antropizzati oppure territori praticamente liberi dall’essere umano.
Se li vogliamo liberi la strada la stiamo percorrendo in maniera opportuna, basta solo istituire il parco della montagna italiana, vedremo così la fuga di tutti gli italiani montanari da queste zone!
Queste istituzioni fanno solo garanzia di qualche colletto bianco, e quando dico così mi riferisco a tutte quelle istituzioni come le forze di polizia, quelle forze che garantiscono, tutelano e che quindi reprimono chi va ad operare in quei territori, contrariamente a chi invece deve produrre e garantire l’economia di un paese.
Quali sono le problematiche fondamentali? L’incertezza delle risorse. Qui parliamo di enti montani che devono gestire con un bilancio totalmente derivato che è una vergogna; io se sono un commissario non mi posso neanche dimettere, però non ho i soldi per pagare gli stipendi ai dipendenti a fine luglio! Pensate che problema c’è di esercizio della democrazia! Non ci sono le risorse, e non è per il 70% ormai è per il 100%, infatti le poche risorse destinate servono esclusivamente per pagare gli stipendi dei dipendenti delle Comunità montane.
Quindi in una fase come questa è vergognoso parlare di tali argomenti.
La programmazione delle risorse a lungo termine fatta negli anni sessanta-settanta-ottanta oggi si è tradotta in eccellenze e in prodotto di occupazione. Mi riferisco alla zona industriale realizzata dalla Comunità montana di Cingoli, che ha fatto diventare la zona montana non più depressa, contrariamente a Jesi, visti i suoi parametri di disoccupazione; la Fileni da Jesi è venuta a Cingoli, quindi i 1.500 dipendenti mancano sulla contabilità del comparto jesino creando così lì la depressione contrariamente alla normalizzazione dell’occupazione a livello montano.
Questo è avvenuto grazie alla programmazione di chi ci ha preceduto negli anni passati e che ha creduto e quindi investito nel futuro di questi territori.
Gli investimenti per le infrastrutturazioni. Oggi vediamo che l’isolamento non è solo sulle strade o sui collegamenti ma anche sulla telematica. Grazie all’ultimo forte intervento forse anche noi della montagna, come avviene sulla costa, potremo diventare comunicatori di internet in tempo reale. E’ un plauso che voglio fare a chi ha creduto in questi investimenti, però devono anche essere realizzati e messi nelle condizioni di funzionare.
Bisogna quindi ridisegnare istituzionalmente questa rappresentanza, bisogna rivedere la destinazione delle risorse. Io non posso avere lo scoperto di cassa in banca perché ho anticipato tutte le risorse per pagare le aziende che hanno lavorato con i fondi europei e poi non ho neanche i soldi per pagare i dipendenti in quanto ho raggiunto il massimo di scoperto in banca. Questo è vergognoso! Peraltro il rendiconto delle risorse europee viene fatto dopo un lungo percorso burocratico, da quando viene erogato a quando vengono restituite le risorse si perdono due anni.
Occorre indirizzare le risorse per evitare l’esodo, se ci si crede. In una fase di sviluppo del turismo, della storia e della cultura di questi territori bisogna avere in essi anche un potenziale umano. Territori che per forza di cose devono essere gestiti e garantiti dalla presenza di persone che vi lavorano correttamente e concretamente. E questo bisogna farlo in maniera accentuata e veloce.
Quindi bisogna esplicitare tutte quelle risorse sussidiarie fondamentali, peraltro anche per dare una risposta concreta ai giovani in modo tale che possano programmare anche il loro futuro.
Ricordiamo che abbiamo avuto illustri illuminati che vivevano in queste montagne che hanno insegnato e costruito (vedi la Carta di Fonteavellana o il Codice di Camaldoli) un progetto che oggi è fondamentale, ovvero quello delle risorse naturali rinnovabili. E questo è stato scritto 400-500 anni fa, ma oggi lo applichiamo perché sono attuali. Infatti bisogna utilizzare le risorse rinnovabili anche in forme di energia e in forme di sussistenza di questi territori.
Dunque non dobbiamo cancellare un patrimonio storico e culturale tramandatoci da questi illustri illuminati, che erano anche cristiani, credenti che si arroccavano in quei romitori, in quelle sedi, persone che avevano il tempo di valutare quanto era importante, come lo è ancora, il valore dell’uomo nel suo essere cristiano.
Vorrei fare come montanaro una drammatica costatazione. Ricordo che Cingoli aveva momenti di massimo splendore proprio quando c’erano guerre o conflitti a fondovalle, mentre quando c’era un’economia solida e gli scambi commerciali avvenivano sulla Salaria e sulla Flaminia, che erano vie troppo lontane, andava in depressione.
Quindi oggi questo è il momento in cui la montagna sta pagando questa depressione.
Non cancelliamo con un colpo di spugna questi secoli di storia, di sacrifici, di opere d’arte, di patrimonio edilizio, che ci hanno fatto giungere i nostri avi. Continuiamo a credere in questa risorsa fondamentale per lo sviluppo futuro di questa nazione, di questa regione e delle nostre comunità.

PRESIDENTE. Ha la parola per l’ultimo intervento il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. La seduta odierna si svolge nelle forme che abbiamo praticato anche per la buona volontà di tutti i Gruppi, in particolare quelli dell’opposizione, ricordo infatti che la legge n. 18 individua un passaggio dedicato al rapporto sulla montagna con forme particolari. E se oggi ci troviamo in una seduta assembleare come quella odierna è proprio perché la sensibilità, l’impegno, la particolare attenzione che da sempre dedichiamo ai temi dell’entroterra, ci hanno portato ad esprimere una grande disponibilità e a fare in modo che con queste forme si potesse svolgere un dibattito sui temi della montagna.
Gli interventi del Cal e del Crel all’interno di questa Assemblea legislativa, che appunto ha individuato forme in grado di assolvere al dovere di svolgere una relazione – che doveva essere fatta entro marzo ma comunque ci troviamo ancora nel primo semestre dell’anno –, hanno un particolare significato nel senso che ho detto.
Perché? Perché abbiamo fatto prevalere la sostanza rispetto alle forme, cioè abbiamo fatto prevalere la necessità di discutere di questi temi piuttosto che fare dei formalismi che avrebbero di fatto impedito un dibattito o si sarebbero potuti trasformare in un ostacolo per lo svolgimento di un dibattito a tutto tondo come sta avvenendo oggi.
Nella sintetica relazione che voglio svolgere, come contributo dato insieme a quello dei Consiglieri che mi hanno preceduto, voglio seguire l’impostazione data dall’Assessore e dalla sua relazione.
La legislazione. Diciamo fuori dai denti che la mancanza di coraggio che avevamo sottolineato in sede di discussione della legge n. 18 si è purtroppo rivelata fatale anche nelle ricadute pratiche di quella che è stata una semi riforma, una riforma parziale, una riforma mediata in basso e che ha creato notevoli problemi, che devo dire sono stati evidenziati da tutti i banchi, come pure dagli interventi dei rappresentanti del Cal e del Crel.
Inoltre c’è stata anche una mancanza di visione, perché in realtà quando ci si era apprestati a fare la riforma delle Comunità montane si doveva parlare di altro. Si doveva parlare della necessità di un cambio di modello, si doveva parlare di modello di sviluppo, di modello di comunità, che però fino ad oggi ha visto la montagna penalizzata, ma non perché qualcuno ce l’avesse con la montagna bensì perché sono prevalse altre logiche, altri modelli.
Faccio esempi molto veloci. La sanità, la scuola, il sociale. Diceva bene prima il Consigliere Parrucci, quanti interventi sono stati fatti guardando i numeri, guardando la quantità e non alla qualità degli stessi! E questo ha significato per forza di cose uno scivolamento verso valle, verso territori più popolosi, non solo delle risorse e degli interventi ma anche delle capacità di indicare sviluppo e di produrre futuro.
Quando si tolgono scuole, presidi sociali e sanitari, è chiaro che poi non si incentiva una famiglia o una comunità a continuare ad essere coesa ed orgogliosamente in grado di continuare ad abitare, a guardare, a progettare in avanti la propria esistenza, le proprie attività.
Quindi è il modello culturale, prima ancora che politico, che deve cambiare. Non è possibile ragionare ancora sotto questo profilo. Però quante scelte facciamo ancora sotto questo profilo esclusivo! Infatti si guarda ancora alla necessità di accorpare, di unificare, e poi il tutto lo si imbelletta con una parola magica, razionalizzazione.
Allora quando si razionalizza poi è chiaro che si va fuori dalla lettura di un contesto, da una visione che prima di tutto deve essere culturale e poi politica e amministrativa.
La mancanza di coraggio e di visione hanno portato anche a problemi di natura pratica, come peraltro tutti hanno evidenziato.
Oggi la gestione delle Comunità montane è assolutamente difficile, è una gestione alcune volte priva anche degli opportuni momenti di controllo e di confronto e di quanto è necessario nel momento in cui obiettivamente funzionano anche tutti i meccanismi di democrazia e di partecipazione.
Oggi ci troviamo in una fase bloccata, in una fase transitoria, che però è anche una fase molto delicata. Una fase che dovrebbe portare al nuovo, ma che mi pare che la Giunta regionale, la maggioranza attuale, stia già modificando, visto che è in itinere una nuova proposta che modifica ulteriormente il quadro dell’assetto.
Questo significa che le critiche non vengono solo da noi, che istituzionalmente facciamo la parte del controllo e dell’opposizione, ma vengono anche da coloro che hanno l’onere, il compito e l’onore di indicare le linee di governo.
Le critiche, inoltre, sono anche nei numeri. Perché se guardiamo la tabella allegata delle risorse destinate allo sviluppo della montagna, che sono sia risorse proprie della Regione sia risorse statali, e se sommiamo tutte le voci vedremo che non arriviamo neppure alle spese dedicate alla gestione – faccio questo esempio macro, ma ci capiamo! – del Piano di sviluppo rurale. Abbiamo accantonato il 4% della sessennalità del Piano di sviluppo rurale, cioè il massimo consentito, che è pari a circa – guardo l’Assessore Petrini – a 9 milioni, che sono superiori a tutto quello che gestiamo per la montagna sia a livello di fondi statali che regionali.
Questo è uno dei tanti esempi che possono essere fatti, ma politicamente possiamo anche fare l’esempio delle critiche venute da zone che hanno addirittura detto di volersi distaccare dalle Marche: la Valmarecchia non è un entroterra! E’ avvenuto qualche cosa in questi anni!
Le critiche non sono nostre o vostre, sono obiettive rispetto ad una linea di intervento che deve cambiare come modello, come definizione e come visione delle scelte.
Cal e Crel hanno indicato un percorso, minimale, io dico, perché almeno occorre una cabina di regia, una cosa che guardi in maniera più organica e seria agli interventi.
Questo dunque può essere un elemento di discussione, certo è che dobbiamo rivedere scelte che, ripeto, per mancanza di coraggio e di visione non hanno assolutamente soddisfatto né le nostre né ancor più le richieste del territorio.
Chiudo ricordando che abbiamo modellato la riforma delle Comunità montane più su esigenze particolari – diciamo così! – che su una visione nuova e che guardi seriamente al futuro. Perché si è voluto salvaguardare centri che con la montagna non c’entrano niente più per motivi politico-partitici e particolari che per una visione diversa.
Le nostre volontà sono quindi quelle di confrontarci su un modello nuovo, un modello che guardi veramente all’equilibrio dei territori, che dunque non guardi in maniera strabica ad uno sviluppo e ad una produzione in futuro, ciò che fino ad oggi ha fortemente penalizzato le Marche e tutto il nostro entroterra.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Benatti.

Stefania BENATTI. Credo che il dibattito che ha animato questa mattina l'Assemblea legislativa dimostri che l'intuizione prevista nella legge n. 18, ovvero quella di dedicare una sessione tematica e soprattutto di redigere un rapporto annuale sulla montagna, sia stata un'intuizione felice e utile per i lavori dell'Assemblea legislativa.
Ora siamo alle fasi iniziali di questo cammino, però ci dà comunque il senso di un modello con cui l'Assemblea legislativa vuole lavorare, basato su contenuti e su documenti che possano permettere la valutazione delle politiche che la Giunta e anche l'Assemblea legislativa attueranno nel corso degli anni.
Quindi mi limiterò soltanto ad alcune valutazioni di metodo, sarebbe troppo lungo entrare nel merito. Molte cose che sono state dette da entrambi gli schieramenti di maggioranza e di minoranza meritano degli approfondimenti, che credo saranno oggetto anche di una valutazione trasversale, così come è stato chiesto soprattutto per quanto riguarda la predisposizione di una cabina di regia che anch’io ritengo utile per un migliore coordinamento dei lavori.
Siamo in una fase di avvio di un metodo diverso che si deve sempre più caratterizzare come definizione di un programma, l'attuazione di una politica e la valutazione dei risultati.
La questione montagna si presta molto bene a questo tipo di approccio perché, appunto, è un tema trasversale che riguarda tutta la regione e riguarda tutte le politiche che la Regione attua.
In questo senso credo che affrontando questi temi dovremmo fare un patto tra di noi. Possiamo sicuramente valutare se la Giunta dedica più o meno attenzione alle questioni della montagna, però, collega Pistarelli, certo, le do ragione quando dice che è una questione assolutamente culturale prima che politica, ma credo che alla fine la sostanza delle politiche, un milione di euro in più o un milione di euro in meno, nelle diverse Regioni non vede, purtroppo, dico io, una grande differenza tra il modello di approccio del centro-sinistra e il modello di approccio del governo di centro-destra. Non credo che ci siano regioni dove la montagna gode di finanziamenti adeguati o quant’altro, a meno che ci siano territori, come quello ad esempio delle Dolomiti, già ricchi di per sé.
Ogni amministrazione certamente si caratterizza per una sua impostazione, però il problema culturale che lei ha posto è un problema che riguarda tutti quanti.
Quindi, a partire da questo, credo che dovremmo cominciare a mettere mano a quel modello di sviluppo che vogliamo, una delle cose che necessariamente dobbiamo consegnare alla prossima legislatura.
Abbiamo iniziato con la legge di riordino n. 18, abbiamo proseguito con la discussione che stiamo facendo anche oggi e che a fine mese proseguiremo con la modifica della stessa legge n. 18, e che soprattutto la stiamo ragionando insieme a tutti gli attori, stiamo infatti preparando gli atti che ci porteranno il 1° gennaio 2010 ad una diversa articolazione dei territori montani.
Parallelamente stiamo ragionando in sede di Conferenza Stato-Regioni su quale assetto istituzionale ci sarà in futuro.
Pertanto anche su questo argomento credo che dovremo stringere un patto, collega Massi. Certamente non dobbiamo demonizzare le proposte finché non diventeranno leggi dello Stato, ma sicuramente sulla bozza Calderoli dobbiamo trovare un punto di incontro che, a mio giudizio, deve essere quello di ribadire al Governo che le Regioni hanno la potestà, e devono mantenerla, di articolare il territorio e di predisporre strumenti istituzionali di gestione nell'ambito, appunto, dell'autonomia e della competenza statutaria delle Regioni stesse. Quindi, fatti salvi quelli che sono gli organi dello Stato previsti dalla Costituzione (Comuni e Province), per quanto riguarda le articolazioni del territorio credo dovremmo essere tutti d'accordo che se devono esserci delle articolazioni istituzionali in montagna oppure – faccio un altro esempio eclatante – se debbano esserci parchi regionali, questo lo può decidere soltanto le Regioni.
E’ una questione che dobbiamo porre al Governo, ma è anche un impegno che dobbiamo assumere nei confronti dei territori montani. Dobbiamo cioè ribadire, e anche operare affinché quello che diciamo diventi realtà, che le riforme si devono fare nei territori, quindi non soltanto con i territori cioè con la cosiddetta concertazione.
Per decidere le modalità con cui la Regione vuole articolarsi, con cui vuole individuare gli ambiti minimi ottimali dei propri servizi, dobbiamo andare nei territori e da lì far crescere un progetto. Non è la Regione che ha un suo progetto e poi lo cala nel territorio facendolo realizzare dal territorio stesso, bensì è proprio dalla consapevolezza di come il territorio vive, dai bisogni che ha, che deve scaturire questa risposta. Dunque il nostro ruolo è quello di rendere omogenee le diverse risposte che vengono proposte dal territorio; per cui una Comunità montana che sta sui Sibillini deve avere le stesse opportunità di una che sta sul Catria.
Questo significa che potremo decidere se mantenere le Comunità montane, se le sostituiremo con le Unioni dei Comuni oppure se ci sarà comunque un'articolazione.
In ogni caso in futuro due cose sono sicuramente utili e necessarie. Primo, che rimanga un'organizzazione istituzionale in area montana e che questa organizzazione istituzionale abbia una forte connotazione politica, che dunque non sia soltanto burocratica, non sia soltanto di servizi che le Regioni articolano sul territorio, non sarebbe sufficiente. Perché? Perché è utile e opportuno che le popolazioni che vivono nei territori montani abbiano la possibilità di organizzarsi come meglio credono e di autodeterminarsi. Quindi l'autogoverno e l'organizzazione dei servizi a partire dai territori deve restare il cardine della nostra azione politica.
E' evidente che poi dovremo ragionare su quali saranno le modalità migliori, le più moderne, le più articolate. Colgo con interesse la proposta del rappresentante del Cal che dice “ragioniamo in termini di un'agenzia per lo sviluppo”. Credo infatti che il passo che dovremmo fare, proprio nell'ordine del cambiamento culturale, sia quello di passare da una visione dove la Regione e lo Stato individuano dei finanziamenti dedicati – una visione che sta scemando proprio per mancanza dei finanziamenti – ad un’idea dove territorio per territorio (parlo della montagna ma intendo arrivare anche alla costa) ci siano dei luoghi e delle istituzioni che curino lo sviluppo del territorio stesso. Quindi va bene sia per la montagna che per la costa.
E' pertanto un'idea che mira a rendere il territorio attore del proprio sviluppo.
Questa potrebbe essere la prospettiva futura e che a mio giudizio potrà guidare anche la prossima legislatura. E’ evidente che in questo momento tutti siamo interessati a fare questo matrimonio con la montagna, però siamo ai fichi secchi! Nel senso che i finanziamenti sono al minimo storico. C'è un approccio del Governo che dice: “intanto taglio, poi semmai vedo come poter ricostruire”. Purtroppo il settore delle Comunità montane, così come avviene in altri settori – per quanto mi riguarda faccio riferimento alla scuola – è un modello che non aiuta né una serena riprogettazione del futuro né l'ottimizzazione delle risorse che pur si dichiara come premessa a qualsiasi ragionamento.
Nel concludere ribadisco che la discussione, come ho detto poc’anzi, sia solo all'inizio. Inoltre ritengo che la bozza di risoluzione che si intende presentare riprenda molte cose del dibattito e soprattutto dà la possibilità alla Giunta di lavorare su dei binari più organizzati.
Potremo quindi arrivare l'anno prossimo ad un vero e proprio rapporto che verrà redatto, io credo, da tutti gli attori all'interno della Giunta, ovvero dai Servizi e dagli Assessorati interessati in via trasversale, per poi consegnarlo all'Assemblea legislativa che con lo stesso metodo potrà farlo esaminare non solo dalla Commissione in materia di affari istituzionali, ma anche da tutte le altre Commissioni, da quella per le attività produttive, all’ambiente, istruzione e formazione, insomma tutte quelle che hanno un qualche interesse.

PRESIDENTE. La discussione generale è chiusa. E' stata presentata, a firma dei Consiglieri Mollaroli, Mammoli, D'Isidoro, Giannini, una proposta di risoluzione ed un emendamento a firma del Consigliere Massi.
Do lettura della risoluzione:

“L'Assemblea legislativa delle Marche
Premesso che:
- l’art. 5 della l.r. n. 18/2008 prevede che la Giunta regionale presenti entro il 31 marzo di ogni anno un Rapporto sulla montagna che valuti l’impatto delle politiche regionali ed i relativi effetti sulle zone montane della Regione Marche;
- la Giunta regionale con deliberazione n. 499 del 30 marzo 2009 ha presentato tale Rapporto;
- l’Assemblea Legislativa nell’odierna seduta si è riunita per l’esame del Rapporto secondo la procedura definita dalla Conferenza dei Capigruppo;
Preso atto che:
- dal Rapporto sulla montagna presentato dalla Giunta regionale emerge chiaramente una frammentazione delle politiche regionali per la montagna, nel senso che, seppur tutti i Servizi della Giunta fanno un’azione rivolta alla montagna (esistono politiche per la difesa del suolo, per il sociale, per la scuola, ecc.), manca una vera e propria cabina di regia che vada ad integrare queste azioni settoriali;
- dal Rapporto emerge, altresì, un forte taglio dei trasferimenti statali per le Comunità montane che rende più difficile la copertura finanziaria delle spese di funzionamento di tali enti nonché l’attuazione del Piano di riordino territoriale di cui alla l.r. n. 18/2008;
Constatato che dall’audizione dell’8 luglio 2009 in prima Commissione assembleare con gli Assessori agli Enti locali ed alle Politiche per la Montagna è emersa la necessità di assicurare un maggiore coordinamento anche nella fase di stesura del Rapporto in modo da coinvolgere non solo i Servizi ma tutti gli Assessori competenti per materia, facendo in modo che tutte le strutture regionali trasmettano relazioni adeguate con una valutazione dell’impatto degli obiettivi contenuti nei Piani e nei Programmi regionali;
Impegna la Giunta regionale
ad attivarsi affinché il Rapporto del 2010 sia elaborato con una maggiore consapevolezza istituzionale superando la logica di settore per assumere una logica trasversale, uscendo dal generico sia nelle leggi, sia nelle azioni e nei piani e programmi indicando con precisione gli obiettivi e rendendoli calcolabili e verificabili mediante un idoneo sistema di indicatori;
ad adottare le conseguenti misure organizzative in modo che sia previsto un feed back delle informazioni per tutte le funzioni delegate e decentrate, nonché un maggiore coordinamento tra tutti i Servizi di Giunta nonché tra gli assessorati competenti;
ad avviare la prevista programmazione per il riordino territoriale in modo che la Regione possa promuovere un’incisiva azione di razionalizzazione organizzativa e di semplificazione del sistema degli enti locali; indirizzando le risorse soprattutto verso i Comuni che operano nelle difficoltà e nei disagi organizzativi determinati dalle caratteristiche di svantaggio del proprio territorio;
ad avviare, altresì, azioni finalizzate a superare la descritta situazione di frammentazione in modo da dare completezza alle previsioni della l.r. 18/08 con relative risorse finanziarie e organizzative”.

Emendamento presentato alla risoluzione dal Consigliere Massi:
Al termine del terzo capoverso, dell'impegno alla Giunta regionale, aggiungere dopo le parole “enti locali” le parole: “indirizzando le risorse soprattutto verso i Comuni che operano nelle difficoltà e nei disagi organizzativi determinati dalle caratteristiche di svantaggio del proprio territorio”.

Ha la parola il Consigliere Procaccini per dichiarazione di voto.

Cesare PROCACCINI. Credo che la proposta del Consigliere Massi si configuri come un diniego alternativo del documento iniziale. Secondo me è anche sbagliato in quanto non affronta il tema di cui ha parlato anche lo stesso Consigliere Massi, egli infatti ha detto che occorre rivedere gli ambiti, è di questo che si tratta, cioè di rimettere i Comuni al loro posto.
Però se si parla di un attacco generalizzato senza nessun costrutto noi voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Invito il Consigliere Massi a ritirare l’emendamento e a votare la risoluzione. Perché? Perché le preoccupazioni che lei esprime mantengono una loro genericità, infatti dovremmo andare a definire quale sia lo svantaggio, qual è il territorio, quindi non ci aiuta. Semmai sarà il programma di riordino che la legge n. 18 dice di fare, che quindi indicherà quali sono i territori e darà anche strumenti e strutture per definire che cosa è lo svantaggio, qual è il territorio, ecc.. A mio parere è quindi dentro il programma di riordino che le sue preoccupazioni potranno trovare la giusta collocazione.
Sicché la invito a ritirare l'emendamento e a votare la risoluzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. L'emendamento è scaturito da una comune riflessione che ho fatto insieme a tutti i Consiglieri del centro-destra. Non mi pare uno scandalo che in un ordine del giorno ci sia un tale invito rivolto alla Giunta. Ovviamente so che deve passare attraverso la riorganizzazione, certamente non è questo l'atto che detta legge, però è comunque la sede opportuna per dare un indirizzo, un invito, un sollecito alla Giunta.
Parliamoci chiaro, non è che con questo tra noi chiariamo la sostanza, infatti la sostanza non è chiarita proprio perché un anno fa in quest'Aula ci siamo divisi sulla questione dei territori montani. Cioè tra chi riteneva che Comuni di grandi dimensioni non hanno i problemi drammatici dei piccoli Comuni e chi, invece, sulla scia del passato, diciamo anche del periodo delle vacche grasse, ha ritenuto metterci dentro tutti.
Ne siamo stati tutti responsabili, non sto facendo un'accusa verso qualcuno. La vicenda delle Comunità montane risale agli anni settanta e, ripeto, ci abbiamo messo dentro tutti.
Ora visto che dobbiamo stringere la cinghia dobbiamo andare a privilegiare quei Comuni che veramente sono in difficoltà. E questo è solo un indirizzo, non è che si fa una norma di legge!
Quindi alla collega Mollaroli ribalto l'invito, ovvero chiedo alla maggioranza di approvare questo emendamento, a meno che non vogliate rimanere ancorati a quella scelta che sapete benissimo non vi trova consenzienti neppure i sindaci del centro-sinistra.
Sicché, ripeto, sono io che invito la maggioranza a votare l'emendamento in modo che poi noi voteremo tutto il testo della risoluzione.

PRESIDENTE. Ha la parola l'Assessore Benatti.

Stefania BENATTI. Ritengo che possiamo accogliere questo emendamento però con una precisazione, collega Massi, cioè che è una indicazione di tendenza politica. Perché poi dovremo, come ha detto la collega Mollaroli, individuare cosa si intende per condizione di disagio, e dovremo anche trovare dei sistemi premianti, per cui premiare quei Comuni che hanno razionalizzato e si sono messi nelle condizioni di essere meno disagiati per colpa loro.
L'emendamento dice “disagi organizzativi determinati dalle caratteristiche di svantaggio del proprio territorio”, per cui questo lo intendo non come Comuni in difficoltà in senso assoluto, bensì che riguarda situazioni indipendentemente dalla gestione. Cioè se ci sono dei Comuni che oggettivamente hanno una situazione di disagio di contesto poi vanno più premiati degli altri. Ad esempio non farei una graduatoria sulla base dei bilanci.
Quindi se lei intende dare questa impostazione credo che l’emendamento possa essere accolto.

PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi passiamo alla votazione dell'emendamento.

(L'Assemblea legislativa approva)

Votiamo la risoluzione, così come emendata.

(L'Assemblea legislativa approva)

Salutiamo ora il rappresentante del Cal Fabrizio Giuliani e il rappresentante del Crel Nevio Lavagnoli, ringraziandoli per aver partecipato ai lavori.


Proposta di deliberazione n. 10
dei Consiglieri Bucciarelli, Comi, Santori, Castelli, Altomeni
“Modalità di nomina della rappresentanza della Regione Marche in seno all’Associazione “Università della Pace” articolo 15, comma 5, della legge regionale 18 luglio 2002, n. 9”
(Discussione e votazione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di deliberazione n. 10 ad iniziativa dei Consiglieri Bucciarelli, Comi, Santori, Castelli, Altomeni. Ha la parola la relatrice di maggioranza Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. L'Ufficio di Presidenza ha elaborato una procedura per nominare i rappresentanti della Regione nell'ambito dell'Università della Pace, che come sappiamo è stata costituita con legge regionale e poi ci fu un apposito statuto a suo tempo elaborato ed approvato dagli organi competenti.
Rispetto al testo che l'Ufficio di Presidenza aveva presentato la Commissione ha ritenuto introdurre delle modifiche.
Il testo originale prevedeva che nei tre organi previsti nell'associazione della pace, cioè l'assemblea, il consiglio direttivo e il collegio dei revisori dei conti, potessero essere presenti solo Consiglieri regionali. Invece la Commissione con molta serenità e ascoltando anche varie sollecitazioni porta oggi in Aula un atto che prevede la presenza di un Consigliere regionale nell'assemblea dell'associazione e la possibilità di designare rappresentanti della Regione, anche se non necessariamente Consiglieri regionali, nel consiglio direttivo e nel collegio dei revisori dei conti.
Comunque di tutto questo sarà l'Assemblea legislativa che deciderà.
Presentiamo quindi all'Aula un atto con queste modifiche, sulle quali tra l'altro c'è stato un percorso informale con l'Ufficio di Presidenza che è stato tenuto informato sui passaggi che stavamo compiendo. Per cui mi auguro che l'Aula possa approvarlo.
Sarà comunque l'Assemblea legislativa che designerà i rappresentanti Consiglieri regionali garantendo anche la rappresentanza della minoranza così come indica lo Statuto.

PRESIDENTE. La Consigliera Romagnoli, relatrice di minoranza, non è presente in Aula, quindi apriamo la discussione. Se nessuno chiede la parola passiamo alla votazione.

Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Proposta di deliberazione n. 10. La pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)


Proposta di atto amministrativo n. 117
della Giunta regionale
“Proroga per l’anno 2009 del programma degli interventi a favore dei giovani per gli anni 2001/2003”
(Discussione e votazione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 117 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola la relatrice di maggioranza Consigliera Mammoli.

Katia MAMMOLI. Anche quest'anno, come facciamo ormai da diversi anni, portiamo in Aula la proroga degli interventi sulle politiche giovanili. Ogni anno viene fatta un'illustrazione rispetto ai risultati provocati dall’intervento e come vengono divisi i finanziamenti.
Quindi abbiamo già detto che questi finanziamenti sono poca cosa, ci sono circa 400 mila euro che transitano direttamente alle Province, che poi li utilizzano soprattutto per l'apertura degli sportelli informagiovani e per qualche altra attività di carattere civile.
Negli anni scorsi abbiamo anche parlato dell'Apq giovani, ovvero di quei finanziamenti più consistenti, come venivano erogati, come si intendeva procedere per le iniziative approvate.
Ma soprattutto ogni anno, prima dell'approvazione di questo atto, si chiedeva che venisse modificato, perché c'era stata una successione di settori, di interventi, come pure una visione culturale e sociale diversa. All'inizio questo atto era partito come un intervento a sostegno del disagio sociale dei giovani poi nel corso degli anni si è cercato di trasformarlo in un intervento che valorizzasse la ricchezza che i giovani stessi portano in sé.
Quindi ci sono stati vari cambiamenti, quello però che non si è modificato nel corso del tempo è proprio l'atto stesso. Perché? Perché essendosi succeduti vari Assessori, essendosi modificata anche la sensibilità culturale, andare a modificare il Piano nel contesto di una legge (quella pregressa, quella su cui stiamo operando in questo momento) non aveva senso. E di questo ne erano convinti sia l'Assemblea legislativa che la Giunta.
Si erano iniziati degli interventi, dei momenti di ascolto, dei momenti di confronto con i giovani per capire quali fossero le esigenze di una nuova legge rispetto, appunto, ai giovani, per poi dar seguito alla legge stessa. Però poi ci fu ancora un cambio assessorile, quindi il nuovo Assessore, subentrato subito dopo l'approvazione dell’ultima proroga, avrebbe dovuto proporre una nuova proposta di legge.
Oggi finalmente possiamo dire che sarà l'ultima volta che approveremo questa ennesima proroga, mi risulta infatti che l'Assessore ha già portato in Giunta la nuova proposta di legge sulle politiche giovanili. Per la quale, secondo me, da parte dell'Assemblea legislativa come pure della Commissione ci sarà la necessità di fare un approfondimento serio, anche se gli indirizzi che sono nella nuova proposta di legge contemperano già tutto quello che è stato sempre detto.
Oggi pertanto si ripropone sempre la stessa proroga, con l'impegno però, lo voglio ricordare, che venisse proposta una nuova legge. Ora la nuova legge c'è, ma visto che non è stata ancora approvata dalla Giunta, dobbiamo comunque procedere ancora una volta con la proroga, visto che le Province hanno già speso i finanziamenti.
Però è chiaro, ripeto ancora, che l'impegno più importante sarà l'esame della nuova legge.

PRESIDENTE. Il Consigliere Giannotti, relatore di minoranza, non è presente in Aula quindi apriamo la discussione. Se nessuno chiede la parola passiamo alla votazione.

Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

Proposta di atto amministrativo n. 117. La pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)


Proposta di legge regionale n. 289 (testo base)
del Consigliere Sordoni
“Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della regione Marche”

Proposta di legge regionale n. 192
dei Consiglieri Brini, Capponi, Giannotti, Bugaro, Cesaroni, Ciriaci, Santori, Tiberi
“Modifiche alla legge regionale 28 marzo 1977, n. 9 “Disciplina dell’orario dei turni e delle ferie delle farmacie nelle Marche”

Proposta di legge regionale n. 313
dei Consiglieri Massi, Comi
“Orari di apertura e turni di servizio delle farmacie della regione Marche”

(abbinate)
(Rinvio in Commissione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 289 ad iniziativa del Consigliere Sordoni, la proposta di legge n. 192 ad iniziativa dei Consiglieri Brini, Capponi, Giannotti, Bugaro, Cesaroni, Ciriaci, Santori, Tiberi, la proposta di legge n. 313 ad iniziativa dei Consiglieri Massi, Comi, abbinate. Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. A parte che questa mattina mancano i relatori sia di maggioranza che di minoranza, in ogni caso è stata colta la necessità di un rinvio in Commissione di questa proposta di legge per poter avviare una discussione ex novo ed un accordo definitivo e poi tornare in Assemblea legislativa con le idee chiare.
Ripeto, oggi è assente sia il relatore di minoranza Castelli, che comunque secondo me, seppure sia stato nominato Sindaco, sarebbe dovuto essere presente lo stesso, però visto che è assente anche il relatore di maggioranza, credo sia abbastanza normale prenderne atto, come peraltro è stato colto anche durante la Conferenza dei Capigruppo.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brini.

Ottavio BRINI. La verità è che ancora all'interno della maggioranza non c'è l'accordo. E se questo accordo non si dovesse trovare neppure la prossima settimana non vorrei che l’atto venisse poi automaticamente reinserito all'ordine del giorno della prossima seduta assembleare, per cui ne chiediamo il rinvio in Commissione...

PRESIDENTE. Consigliere, mi scusi se la interrompo, però vorrei chiarire che se si richiede il rinvio tout court l’atto poi viene riproposto nella seduta successiva, se invece, come in questo caso, voteremo il rinvio in Commissione poi all'ordine del giorno...

Ottavio BRINI. Certo, siamo d'accordo anche noi, era soltanto per rimarcare che la maggioranza su questa problematica è ancora divisa.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il rinvio in Commissione della proposta di legge n. 289 (testo base) abbinata alle proposte di legge n. 192 e n. 313.

(L'Assemblea legislativa approva)


Mozione n. 353
dei Consiglieri Brandoni, Procaccini
“Tutela dei diritti degli immigrati”
(Discussione e votazione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 353 presentata dai Consiglieri Brandoni, Procaccini. Ha la parola il Consigliere Procaccini per illustrarla.

Cesare PROCACCINI. Il dibattito su una questione così delicata è aperto nella società nazionale come pure nelle Marche.
L'approvazione a suon di voti di fiducia del disegno di legge 733 da parte del Governo, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, genera allarme tra la popolazione. Diversi soggetti, non solo politici e istituzionali, ma anche culturali, religiosi e del mondo delle associazioni, hanno dettato il loro allarme.
Infatti tale decreto, imposto, non dimentichiamolo, da una mediazione interna al Governo e dalla Lega Nord che ha nei suoi principi culturali fenomeni e pulsioni di tipo razzistico, fa aumentare la percezione dell'insicurezza, non genera “ordine”, induce alla clandestinità. Inoltre sul versante della salute introduce un elemento molto pericoloso, perché con l'equiparazione del reato di immigrato clandestino, poi lo stesso, che appunto viene considerato un soggetto che delinquere, se ha problemi di salute non si rivolgerà più alle strutture pubbliche bensì alla malavita organizzata.
Questa è un'analisi svolta anche da agenzie di studio di organizzazioni cattoliche che ora non voglio strumentalizzare.
La sicurezza, al contrario, è un sistema integrato di politiche attive per il lavoro, per la salute, per la scuola, per lo sport. In questo senso le Marche e la sua legislazione costituiscono un buon esempio. La nostra Regione, infatti, ha introdotto una legislazione attiva che prevede non solo risorse ma anche integrazione a livello più generale negli enti locali, nel mondo del lavoro e soprattutto nella scuola. Anche se con il nuovo decreto della pubblica istruzione, o della istruzione senza la parola pubblica, in realtà si sta introducendo anche nel settore della scuola, con il fenomeno legato al disegno legislativo n. 733, la richiesta di classi separate. Dunque una scuola non più in una visione di separatezza come elemento dell'inclusione, ma addirittura come richiesta da parte della popolazione di classi separate.
Nelle Marche la popolazione straniera è del 10%, gran parte di essa proviene da paesi impoveriti e da paesi che sono i nuovi impoveriti da altre parti dell'Europa e del mondo.
Noi presentatori di questa mozione, che non è di parte ma raccoglie un'adesione più ampia – la nostra firma è quasi solo tecnica per ragioni di tempo –, riteniamo invece che questa visione non solo generi insicurezza tra la popolazione e induca alla insicurezza, ma sia addirittura contraria ai princìpi costituzionali.
E' un atto inutile e dannoso che compie il Governo per una sua mediazione interna.
Vogliamo quindi esprimere contrarietà al pacchetto sicurezza, che pur essendo forse il punto meno discusso anche da quelle forze che pure hanno una visione nazionale, che risiedono dentro il Governo e sono state costrette dai voti di fiducia e dall'accordo Berlusconi-Bossi a piegare la testa e la schiena, è comunque il più importante.
C'è una violazione ed una espropriazione costituzionale delle Forze dell'ordine, perché la creazione di forze parallele, come le ronde, è l'espropriazione effettiva del ruolo costituzionale demandato, appunto, alle Forze dell'ordine.
Qualcuno potrà anche sorridere ma c'è il rischio che chi di spada ferisce un domani di spada ferisca! Perché le ronde non solo costituiscono un fenomeno pericoloso, a parte e a latere degli organismi dello Stato preposti dalla Costituzione, ma oggi, come vediamo in altre parti del mondo, e domani in Italia sarà così, potranno essere istituite, organizzate e forse armate dai poteri forti economici che magari si vorranno difendere da quella parte della popolazione che preme per avere più risorse o per avere più diritti.
Basti vedere il fenomeno delle cosiddette badanti. Persone che nel nostro paese, in una indotta e macerata concezione di sussidiarietà orizzontale, hanno sopperito alla carenza dello Stato, hanno sopperito ai servizi sociali. Per cui un domani, vedrete, colleghi Consiglieri delle Marche, che cosa succederà con il federalismo fiscale!
C'è un dimezzamento del fondo statale per la Regione Marche e per tutte le Regioni sui servizi sociali. Per cui le badanti hanno assolto ad una funzione primaria, ma sono state equiparate a soggetti contro la legge, sono sul filo della legalità, anzi, sono contro la legalità. Poi però con un provvedimento tampone, con una multa simbolica – peraltro mica tanto simbolica, sono 500 euro che per molte costituisce la paga di un mese – si dice che verranno regolarizzate.
Quindi, colleghi Consiglieri, Assessori di questo Consiglio regionale, che avete voluto chiamare Assemblea legislativa, dobbiamo levare una voce di dignità in difesa della Costituzione, in difesa dei diritti e anche in difesa delle Forze dell'ordine, così come previsto dalla nostra Costituzione.
Occorre che la Giunta regionale, Vicepresidente Petrini, faccia pervenire la sua voce al Parlamento della Repubblica, dove forze come le nostre, piccole ma significative, non possono risiedervi in virtù di leggi capestro; ad esempio in virtù di queste leggi 3 milioni di voti non sono rappresentati nel Parlamento europeo!
Mi auguro inoltre che oltre al Governo si possa interagire anche con la Conferenza Stato-Regioni e con tutto il Parlamento.
E’ per questo che chiediamo l'approvazione di tale mozione.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Ha la parola la Consigliera Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Sono estremamente contenta che i colleghi abbiano presentato questa mozione. Ritengo sia sempre un'offerta opportuna di discussione visto che già in diverse occasioni e sotto diverse forme abbiamo trattato l'argomento dell'immigrazione.
Dopo un inverno di proteste e di manifestazioni da parte della società civile e delle più autorevoli organizzazioni nazionali e internazionali e per il fatto che sia stato approvato in via definitiva questo provvedimento, pericoloso proprio perché ha come principale punto l'introduzione di reato di clandestinità, questa discussione di oggi è quanto mai opportuna. Dovremmo infatti provare a discutere insieme che la reazione a questo non solo debba essere di alcune parti politiche ma, ragionandola bene, potrebbe anche essere condivisa di più.
Molte cose sono state dette dal collega Procaccini, però vorrei aggiungere che oltre alle sanzioni che vanno dai 5.000 ai 10.000 euro, si trasferisce sul piano penale l'ingresso irregolare nel territorio italiano. Questo significa che i pubblici ufficiali, quindi anche i medici e i presidi delle scuole, saranno tenuti a denunciare il potenziale criminale, reintroducendo così dalla finestra il tanto discusso obbligo di segnalazione per il personale medico – i cosiddetti medici-spia di cui abbiamo parlato anche in un'altra seduta assembleare – eliminato dal testo di legge dopo le accese polemiche anche in seno allo stesso PdL.
Nel decreto c'è anche l'aumento del periodo di detenzione dentro i centri di identificazione ed espulsione (i famigerati CIE), si passa dai 60 ai 180 giorni.
Inoltre vi è l'obbligo di presentare il permesso di soggiorno per ogni atto di stato civile, che renderà generalizzata la denuncia, ma soprattutto andrà a ledere alcuni dei diritti fondamentali della persona, ad esempio la registrazione delle nascite, creando così un esercito di “bambini invisibili” che privi di ogni tutela diventeranno facili prede delle organizzazioni criminali.
Ci sono tasse proibitive per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno, subordinato addirittura al superamento di un test linguistico.
Maggiori difficoltà per ottenere la cittadinanza, nuove restrizioni per i ricongiungimenti familiari.
Inoltre il decreto introduce, come sappiamo, le ronde di cui già si iniziano a vedere gli effetti, un fenomeno pericolosissimo di cui abbiamo già avuto modo di discutere.
Secondo me è un cocktail già di per sé esplosivo, ma è ancora più pericoloso e aberrante se lo colleghiamo al trattato italo-libico del 14 maggio scorso che ufficializza i respingimenti collettivi, riportando al punto di partenza persone in fuga da guerre, da oppressioni, senza dar loro il modo di presentare regolare richiesta di asilo politico, mettendo così a repentaglio nuovamente e volutamente le loro vite.
E' accaduto nei giorni scorsi – basta leggere i giornali – che un gruppo di novanta disgraziati migranti, tra cui molte donne e bambini, è stato respinto dalle coste di Lampedusa e abbandonato da una nave della Marina italiana su una piattaforma dell’Agip. Da lì una motovedetta libica ha riportato a Tripoli questi migranti, poi di essi, come di tanti altri, si sono perse definitivamente le tracce.
Colleghi, ritengo, come credo tutti, perché anche noi siamo stati un popolo di migranti, che emigrare non sia un reato, essere poveri non è un reato, essere ultimi non è un reato. In Italia, invece, diventa legge un testo che fa diventare un fenomeno criminale quel fenomeno sociale come l'immigrazione.
L'ingresso e il soggiorno illegale dei migranti, che vengono a tratti dal luccichio della nostra opulenza, dall'immagine di un’Italia ricca, dell'Italia del “mulino bianco”, non rappresentano fatti che ledono, che colpiscono beni individuali e collettivi meritevoli di tutela penale. L'ingresso illegale è l'espressione di una condizione, non di un reato, è una condizione individuale così come è la condizione del povero o del senzatetto.
Dunque punire queste situazioni significa solo punire una persona per il fatto che è nata in una parte sbagliata del mondo.
E' una brutta legge, colleghi, Presidente, è una legge cattiva, è una legge che attraverso strumenti repressivi rinuncia a governare un fenomeno delicato e sicuramente difficile come l'immigrazione.
Sicchè mi appello ai colleghi di tutte le forze politiche, e soprattutto mi rivolgo a voi del PdL – per la verità ora non c’è quasi nessuno –, che sempre ci sommergete proprio con il discorso della libertà, che volete essere sempre ipergarantisti quando si tratta di tutelare i forti, che però poi diventate improvvisamente durissimi e cattivi quando dovete confrontarvi con i deboli, con gli emarginati, con gli indifesi.
Vedo un futuro buio per il nostro Paese, una cartolina a tinte fosche, è un bel paese ma che è bello solo nelle espressioni. Vedo l'immigrato senza permesso e destinato a nascondersi negli angoli bui della società, denunciabile da chiunque, come l’ebreo nei tempi delle leggi razziali, punito e discriminato per effetto della sua stessa disgraziata condizione di irregolare.
Insomma l'Italia diventerà sempre di più un inferno per un milione di persone di cui, come ci ha ricordato anche il collega Procaccini, fanno parte 600 mila badanti. Per cui ci saranno conseguenze drammatiche per le lavoratrici straniere irregolari ma anche per le migliaia di famiglie che le ospitano.
Siamo con tutta evidenza di fronte alla più grave deriva razzista italiana dal 1945 ad oggi. Quindi, colleghi di maggioranza e di minoranza, proviamo insieme a fare barriera, ad erigere una diga di civiltà, altrimenti la deriva travolgerà e trascinerà tutto. Questa è l'ultima occasione per conservare coscienza e compassione.
Alex Zanotelli, un sacerdote della Chiesa cattolica da sempre impegnato in mezzo agli ultimi degli ultimi, dice: “Mi vergogno di essere italiano e di essere cristiano”. Ebbene, anch’io provo gli stessi sentimenti di vergogna e di avvilimento!

PRESIDENTE. Se nessuno chiede la parola passiamo alla votazione.

Mozione n. 353. La pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)


Mozione n. 308
del Consigliere Binci
“Contrarietà della Regione Marche ad individuare sul proprio territorio siti idonei per l’attivazione di centrali nucleari”
(Discussione e votazione)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 308 del Consigliere Binci che ha la parola per illustrarla.

Massimo BINCI. Il Governo ha approvato il decreto che prevede l'entrata dell'Italia nel nucleare ed entro sei mesi scriverà i criteri per scegliere le localizzazioni delle centrali, con autorizzazione semplificata da parte di un solo Ministero e con l’impossibilità per le Regioni di non condividere l'individuazione.
Quindi tale mozione vuole ribadire la contrarietà della Regione Marche ad individuare sul proprio territorio siti per l'attivazione di centrali nucleari, sia per la pericolosità, sia perché l'energia prodotta dal nucleare a livello mondiale è molto modesta, è del 6,4%.
In molti Paesi sono stati chiusi o ridotti i programmi di costruzione di nuove centrali, l'Italia invece non si è ancora dotata di un piano energetico nazionale soprattutto per considerare le fonti fossili, politiche e misure rivolte al risparmio e all'efficienza e ad altre fonti energetiche, insomma un piano energetico nazionale che programmi le esigenze energetiche.
Molte Regioni, tra cui la nostra, hanno adottato dei piani energetici che prescindono totalmente dall'energia nucleare, si sono fatti investimenti in favore del risparmio, dell'efficienza, delle fonti rinnovabili e delle tecnologie per produzioni energetiche efficienti.
Questa mozione impegna quindi la Giunta a sollecitare, ripeto, l'adozione di un piano energetico nazionale basato su fonti rinnovabili, sul risparmio, sull'efficienza energetica nella direzione già sviluppata dal Pear delle Marche.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se nessuno chiede la parola passiamo alla votazione.
Mozione n. 308. La pongo in votazione.

(L'Assemblea legislativa approva)

La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 13,30